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Cari artisti,

vi invio in allegato il bando su santa Sinforosa ( è l'ultimo allegato in word), ho inviato di nuovo qualche immagine che
potrebbe servirvi. La mostra su Santa Sinforosa si terrà il 10 settembre e le opere dovrebbero essere consegnate il
primo, poi sarà itinerante, la mostra successiva ci sarà alla fine di ottobre a bagni di Tivoli, per esempio e poi a seguire
le altre in altre chiese di Tivoli. Santa Sinforosa è una santa vissuta sotto l'impero di Augusto, che fu prima torturata,
con percosse e appesa per i capelli ad un olmo presso il santuariio di Ercole vincitore , poi fu gettata nel fiume aniene
con unapietra al collo, per essersi rifiutata di onorare la statua di Giove; prima di lei era stato martirizzato suo marito
san Getulio e dopo di lei i suoi sette figli. Il tema è di straordinaria modernità ,poichè offre il tema del femminicidio, del
morire per tener fede alle proprie idee e del destinare alla morte persino i propri figli per tener sostenere tali idee; infine
le persecuzioni cristiane perpetrate dallo splendido Adriano, gettano un'ombra sul tanto decantato imperatore , tanto
amante della cultura e dell'arte. Penso che qualsiasi artista troverebbe ispirazione per un tema del genere.
per qualsiasi chiarimento potete telefonarmi al 333 2151787
un caro saluto,
Lucrezia

Santa Sinforosa e sette figli


Santa Sinforosa e sette figli Martire
18 luglio
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Roma al nono miglio della via Tiburtina, commemorazione dei santi
Sinforosa e sette compagni, Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Stacteo ed Eugenio,
martiri, che subirono il martirio con diversi generi di tortura, divenendo fratelli in Cristo.
Santa Sinforosa era la moglie di San Getulio.
Sulla via Tiburtina, al IX milliario (oggi km. 17,450) viveva una donna chiamata Sinforosa con i
suoi 7 figli che si chiamavano Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Statteo ed
Eugenio.
La donna viveva nei pressi della maestosa villa dell’imperatore Adriano, colui che aveva ordinato la
morte del marito Getulio, del cognato Amanzio e dell’amico di questi Primitivo.
L’imperatore Adriano dopo aver ultimato la sua grandiosa villa, si dice che volesse, prima di
inaugurarla, consultare gli dei, i quali gli dissero, che la vedova Sinforosa e i suoi sette figli, li
“straziavano ogni giorno invocando il suo Dio, perciò, se Sinforosa e i suoi figli sacrificheranno per
loro, essi faranno quanto l’imperatore gli chiedeva”. Adriano allora, chiamò il prefetto Licinio, e
ordinò che Sinforosa fosse insieme ai suoi figli arrestata e condotta al tempio di Ercole.
Poi con lusinghe, con minacce e con ricatti, cercò di farla desistere e a sacrificare agli idoli, ma la
Santa con animo nobile si appella all’esempio di Getulio e degli altri compagni di martirio del
marito. Visto che la donna non si piegava ai suoi voleri, l’imperatore rinnovò di sacrificare insieme
ai suoi figli agli dei pagani, oppure sarebbero stati sacrificati essi stessi, ma la Santa fu irremovibile,
come pure lo fecero i suoi sette figli.
L’imperatore, visto vano ogni tentativo, ordinò che Santa Sinforosa fosse torturata a sangue. Dalla
tortura però l’imperatore non ci ricavò nulla, e spazientito da quella resistenza, diede ordine alle
guardie di legare un grosso sasso al collo di Sinforosa, e di gettarla nel fiume Aniene, affinché
annegasse.

Poi venne la volta dei figli; furono presi da parte, e l’imperatore chiese a loro di sacrificare agli dei.
Vista la resistenza dei ragazzi, ordinò che fossero condotti anch’essi al tempio di Ercole, dove con
minacce e con lusinghe tentava condurli dalla sua parte; ma visto che non ci riusciva, ne con le
buone e ne con le cattive, l’imperatore ordinò che tutti e sette fossero posti alla tortura, ed infine
fossero trafitti con la spada, poi li fece gettare in una fossa comune e profonda del territorio
tiburtino, che i pontefici chiamarono “ai sette assassinati”.
Dopo circa 2 anni, essendosi calmato il furore delle persecuzioni contro i cristiani, il fratello della
martire Sinforosa, Eugenio “principalis curiae Tiburtinae”, ne raccolse i corpi e li seppellì “in
suburbana eiusdem civitatis”.

Il giorno 18 luglio il M.R. riporta quanto segue: “A Tivoli santa Sinforosa, moglie di san Getulio
Martire, con sette suoi figlioli, cioè Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Statteo ed
Eugenio. La loro madre, sotto il Principe Adriano, per l’insuperabile costanza, prima fu lungamente
percossa con guanciate, quindi sospesa per i capelli, e da ultimo legata ad un sasso, precipitata nel
fiume; i figli poi, legati a pali e stirati cogli argani, con diverso genere di morte compirono il
martirio. I loro corpi furono trasportati a Roma, e sotto il Papa Pio quarto, furono ritrovati nella
Diaconia di sant’Angelo in Pescheria”.
La passio ci dice ancora che il “Natalis vero sanctorum martyrum Christi beatae Symphorosae et
septem filiorum ejus Crescentis, Juliani, Nemesii, Primitivi, Justini, Stattei et Bugenii celebratur sub
die XV Kalendas Augusti. Eorum corpora requiescunt in Via Tiburtina milliario ab Urbe nono…”.
Oggi noi consociamo una chiesa dedicata alla Santa nei pressi di Bagni di Tivoli. Durante le lotte
per le investiture tra papato e impero, l’imperatore Enrico V nel ricondurre Papa Pasquale II a
Roma, si accampò nel “Campo qui Septem fratum dicitur”, dove un tempo si vedevano dei ruderi di
un’antica chiesa dedicata a Santa Sinforosa e sette figli, e dove i proprietari di questo terreno hanno
eretto nel 1939, proprio sulla collinetta dinanzi al nuovo santuario, una magnifica cappella,
dedicandola a questa Santa e ai suoi sette figli martiri.

Santa Sinforosa era la moglie di San Getulio.


Sulla via Tiburtina, al IX milliario (oggi km. 17,450) viveva
una donna chiamata Sinforosa con i suoi 7 figli che si
chiamavano Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo,
Giustino, Statteo ed Eugenio.
La donna viveva nei pressi della maestosa villa dell’imperatore Adriano, colui che aveva
ordinato la morte del marito Getulio, del cognato Amanzio e dell’amico di questi Primitivo.
L’imperatore Adriano dopo aver ultimato la sua
grandiosa villa, si dice che volesse, prima di
inaugurarla, consultare gli dei, i quali gli dissero,
che la vedova Sinforosa e i suoi sette figli, li
“straziavano ogni giorno invocando il suo Dio,
perciò, se Sinforosa e i suoi figli sacrificheranno per
loro, essi faranno quanto l’imperatore gli chiedeva”.
Adriano allora, chiamò il prefetto Licinio, e ordinò
che Sinforosa fosse insieme ai suoi figli arrestata e
condotta al tempio di Ercole.
Poi con lusinghe, con minacce e con ricatti, cercò di
farla desistere e a sacrificare agli idoli, ma la Santa
con animo nobile si appella all’esempio di Getulio e
degli altri compagni di martirio del marito. Visto che la donna non si piegava ai suoi voleri,
l’imperatore rinnovò di sacrificare insieme ai suoi figli agli dei pagani, oppure sarebbero stati
sacrificati essi stessi, ma la Santa fu irremovibile, come pure lo fecero i suoi sette figli.
L’imperatore, visto vano ogni tentativo, ordinò che Santa Sinforosa fosse torturata a sangue.
Dalla tortura però l’imperatore non ci ricavò nulla, e spazientito da quella resistenza, diede
ordine alle guardie di legare un grosso sasso al collo di Sinforosa, e di gettarla nel fiume
Aniene, affinché annegasse.
Poi venne la volta dei figli; furono presi da parte, e l’imperatore chiese a loro di sacrificare agli
dei. Vista la resistenza dei ragazzi, ordinò che fossero condotti anch’essi al tempio di Ercole,
dove con minacce e con lusinghe tentava condurli dalla sua parte; ma visto che non ci riusciva,
ne con le buone e ne con le cattive, l’imperatore ordinò che tutti e sette fossero posti alla
tortura, ed infine fossero trafitti con la spada, poi li fece gettare in una fossa comune e
profonda del territorio tiburtino, che i pontefici chiamarono “ai sette assassinati”.
Dopo circa 2 anni, essendosi calmato il furore delle persecuzioni contro i cristiani, il fratello
della martire Sinforosa, Eugenio “principalis curiae Tiburtinae”, ne raccolse i corpi e li seppellì
“in suburbana eiusdem civitatis”.
Il giorno 18 luglio il M.R. riporta quanto segue: “A Tivoli santa Sinforosa, moglie di san Getulio
Martire, con sette suoi figlioli, cioè Crescente, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Statteo ed
Eugenio. La loro madre, sotto il Principe Adriano, per l’insuperabile costanza, prima fu
lungamente percossa con guanciate, quindi sospesa per i capelli, e da ultimo legata ad un
sasso, precipitata nel fiume; i figli poi, legati a pali e stirati cogli argani, con diverso genere di
morte compirono il martirio. I loro corpi furono trasportati a Roma, e sotto il Papa Pio quarto,
furono ritrovati nella Diaconia di sant’Angelo in Pescheria”.
La passio ci dice ancora che il “Natalis vero sanctorum martyrum Christi beatae Symphorosae
et septem filiorum ejus Crescentis, Juliani, Nemesii, Primitivi, Justini, Stattei et Bugenii
celebratur sub die XV Kalendas Augusti. Eorum corpora requiescunt in Via Tiburtina milliario ab
Urbe nono…”.
Oggi noi consociamo una chiesa dedicata alla Santa
nei pressi di Bagni di Tivoli. Durante le lotte per le
investiture tra papato e impero, l’imperatore Enrico
V nel ricondurre Papa Pasquale II a Roma, si
accampò nel “Campo qui Septem fratum dicitur”,
dove un tempo si vedevano dei ruderi di un’antica
chiesa dedicata a Santa Sinforosa e sette figli, e
dove i proprietari di questo terreno hanno eretto nel
1939, proprio sulla collinetta dinanzi al nuovo
santuario, una magnifica cappella, dedicandola a
questa Santa e ai suoi sette figli martiri.

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