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Presentazione
di Luciano Gallino
In questi discorsi di Adriano Oliveti a operai e impie-
gati della Societ, tenuto uno a Pozzuoli nel 1955 in
occasione dellinaugurazione del nuovo stabilimen-
to, laltro a Ivrea nel 1954, colpiscono sia i modi del
comunicare, sia alcune afermazioni che sulle prime
si potrebbero defnire datate, salvo scoprire che sono
quanto mai atuali e per ignorate dai contemporanei.
Lingegner Adriano parla di comune partecipazione
alla vita della fabbrica, di fnalit materiali e morali
del lavoro, di impresa che crede nelluomo e nelle sue
possibilit di elevazione e di riscato. Ma cos dicendo
non vuol sembrare un imprenditore amico che parla
agli amici operai; non fnge siano superate le contese
tra capitale e lavoro; non si ateggia a imprenditore
che vuol dare a intendere ai dipendenti che lui e loro
sono nella stessa barca. Parla in modo spiccio e diret-
to come un dirigente cosciente delle proprie respon-
sabilit e determinato a farvi fronte.
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Loccupazione creata dalla sua fabbrica, da mantene-
re e accrescere, era la prima delle responsabilit che
sentiva su di s. Ricorda subito, nel discorso alle Spille
dOro i dipendenti con pi di 25 anni di anzianit
un ammonimento di suo padre Camillo: La di-
soccupazione involontaria il male pi terribile che
afigge la classe operaia. Per cui lintroduzione dei
nuovi metodi di organizzazione del lavoro, promossi
da Adriano fn dagli anni Trenta a Ivrea, non doveva
portare n aveva portato a licenziare nessuno. E nei
primi anni Cinquanta, quando su sollecitazione del
Ministro dellIndustria Campilli fu intrapresa la co-
struzione dello stabilimento di Pozzuoli, che sarebbe
giunto ad occupare 1300 persone, il ritmo delle as-
sunzioni a Ivrea si ridusse ma nessuno perse il lavoro,
come invece era accaduto a migliaia di altri che erano
occupati nel setore tessile e nel setore meccanico sia
in cit sia in altre parti del Canavese.
Accanto allimpegno a creare occupazione al Sud
come al Nord che fgurava al primo posto nellagenda
dellingegner Adriano, nei suoi discorsi ne traspaio-
no altri che erano gi realizzati o furono poco dopo
puntualmente mantenuti. Larchitetura della fabbrica
di Pozzuoli era studiata, pur rispetando le necessit
delle tecniche produtive, come se fosse un edifcio
di alto pregio residenziale, i reparti pieni di luce, con
vista mare come stato deto, atorniati da giardini e
fontane; ma certo non a scapito o in cambio di servizi
sociali, mense, biblioteche, colonie, che erano identici
per qualit ed estensione a quelli di Ivrea.
Ci si pu chiedere come riuscisse la Oliveti, tuto in-
sieme, a pagare alti salari; a costruire nel Nord come
al Sud stabilimenti che entravano subito nella storia
dellarchitetura; a investire capitali ingenti in servizi
sociali allora inarrivabili e ativit culturali; ad assume-
re in pochi anni 10.000 lavoratori in Italia e altretanti
allestero (oltre a quelli gi ativi nel 1946); infne a
moltiplicare in pochi anni la produzione di macchine
per ufcio per dieci o quindici volte. In ambedue i
discorsi vi sono diverse indicazioni al riguardo, alcune
pi chiare, altre pi sfumate. Nel discorso alle Spille
dOro lingegner Adriano sotolinea come lequilibrio
tra produzione e vendita abbia sempre preoccupato la
direzione della Oliveti. I risultati di tale preoccupa-
zione si vedevano sia nellelevato tasso dinnovazione
dei prodoti, combinato con una incessante evoluzio-
ne tecnico-organizzativa degli stabilimenti, sia nello
sviluppo dellorganizzazione commerciale e nel cor-
relativo aumento delle vendite. In tema di innovazio-
ne, essa derivava da sostanziosi investimenti in ricerca
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e sviluppo. Sul totale dei dipendenti italiani, gli addet-
ti alla Ricerca e Sviluppo (R&S), comprendendo in
questa anche le ativit di progetazione e sperimen-
tazione dei prototipi, erano gi a met degli anni 50
circa il 10 per cento, la maggior parte occupati a Ivrea:
una quota molto alta per unazienda industriale, allora
come oggi. Le macchine da scrivere Oliveti si afer-
mavano per le loro qualit tecniche, non meno che
per il design; le calcolatrici eletromeccaniche erano,
per lintelligenza della progetazione, praticamente
senza rivali.
Quanto al setore vendite, nellanno in cui lingegner
Adriano tenne il suddeto discorso, il 1954, la Oliveti
aveva alle sue dipendenze, in Italia, 30 addeti allorga-
nizzazione commerciale per ogni 100 addeti agli sta-
bilimenti. Un rapporto quasi mai registrato allora n
dopo in aziende industriali. Quei venditori, in media
assai giovani, dopo essere passati atraverso un severo
periodo di formazione erano capaci di vendere, spes-
so a rate, qualsiasi macchina da scrivere o calcolatrice
Oliveti a qualsiasi negozio, imprenditore o profes-
sionista; nonch, per certi aspeti, a qualsiasi prezzo.
Quale risultato degli investimenti nellorganizzazione
commerciale, non meno che per la superiorit tecno-
logica e per il design, le macchine per ufcio della Oli-
veti erano vendute a centinaia di migliaia in pi di
100 paesi. Spuntando in media un prezzo molto alto
rispeto ai costi di produzione. Da quei ricavi deriva-
vano per la Societ di Ivrea utili rilevanti. I quali per
non si trasformavano, come invece avviene ai giorni
nostri nella maggior parte delle imprese, in larghi di-
videndi per gli azionisti, n in compensi per i massi-
mi dirigenti pari a tre o quatrocento volte il salario
di un operaio, n in spericolate operazioni fnanzia-
rie. Diventavano, come s visto, alti salari, magni-
fche architeture, una buona qualit del lavoro, una
crescente occupazione, nonch servizi sociali senza
paragoni. Una risposta concreta quanto non comune
allinterrogativo che proprio Adriano Oliveti ebbe a
formulare nel discorso di Pozzuoli: si trovano, i fni
dellindustria, semplicemente nellindice dei profti?
La sua risposta era negativa non solo a parole bens,
anzituto, con il modo in cui governava la Societ.
Una volta acquisito che erano la ricerca, lorganizza-
zione del lavoro, la forza dellapparato commerciale i
fatori che procuravano alla Oliveti le risorse per le
sue inusitate iniziative in campo sociale e culturale,
rimane da chiedersi perch mai essa decidesse di in-
vestirli in quel modo, e sopratuto perch cos volesse
Adriano Oliveti. Sebbene siano adombrati in modo
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meno palese in questi discorsi, si ritrovano in essi due
motivi soggiacenti al modo di agire dellingegnere.
Uno era un motivo morale e civile, che riassumerei nel
conceto di risarcimento. Ricorre in molti luoghi degli
scriti di Adriano Oliveti. Stando a questo conceto,
i lavoratori traggono indubbiamente un vantaggio
dallimpresa che fornisce loro i mezzi di produzione.
Da questi derivano i salari che poi si trasformano in
pane, vino e casa, come egli dice nel discorso di Poz-
zuoli. In questo senso essi sono in debito con limpre-
sa. Per un altro verso, limpresa contrae un debito reci-
proco con i lavoratori a causa della fatica che richiede
loro, delle capacit professionali che sfruta, degli one-
ri che a causa dei suoi tempi e modi di produrre sca-
rica sulla famiglia. Pertanto essi maturano il dirito ad
essere risarciti in diverse forme, non solo economiche.
Le condizioni di lavoro che la sua fabbrica ofriva,
fosse quella di Ivrea, di Pozzuoli o di altre parti dItalia
e del mondo, erano un modo per risarcire i lavoratori
per tuto quanto loro davano ad essa.
In simile idea di corrispondenza tra due forme di de-
bito, di un lavoratore che riceve i mezzi per lavorare
ma con la sua forza lavoro pone limpresa in condizio-
ne di produrre e guadagnare, e per questo matura il
dirito a un risarcimento al tempo stesso economico,
culturale e morale, insita unidea di persona, di im-
presa, di societ in cui si vorrebbe vivere, la cui scom-
parsa nella prassi delle imprese come delle politiche
sul lavoro avvenuta dopo di allora non lultima causa
dei problemi che nella nostra epoca assillano il mon-
do del lavoro. Al tempo stesso essa costituisce una
proposta tutora atuale per provare a superarli.
Un secondo motivo del modo di agire dellingegner
Adriano, che afora in pi punti dei due discorsi ma
solo in altri scriti appare sviluppato appieno, in-
trinsecamente politico. sintetizzato nel discorso di
Pozzuoli: Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea
risponde a una semplice idea: creare unimpresa di
tipo nuovo al di l del socialismo e del capitalismo.
Codesto tipo nuovo di impresa si trova defnito in det-
taglio ne LOrdine Politico delle Comunit, pubblicato
in Svizzera e poi a Ivrea nei primi mesi del 1945. Nel
suo disegno il capitale azionario delle grandi e medie
fabbriche deve appartenere in parte alla comunit
locale, ed alla loro propriet e gestione partecipano
insieme i lavoratori, la Comunit, lo Stato regionale.
Una forma di governo delle imprese che, si fosse mai
realizzata, andava ben al di l dei casi di autogestione
sperimentati pi tardi in Jugoslavia, o della cogestione
padronato/sindacati introdota in Germania.
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Dieci anni dopo, quando pronuncia i discorsi qui ri-
prodoti, Adriano Oliveti non aveva messo nel cas-
seto la sua idea di unimpresa di tipo nuovo. At-
tendeva che i tempi fossero pi favorevoli. Intanto si
adoperava per dar vita a unimpresa dove il lavoro, la
cultura, la scienza, infne gli ideali di giustizia fos-
sero elementi operanti ogni giorno nella vita di cia-
scun lavoratore. Il destino gli ha tolto la possibilit di
proseguire sulla impervia strada che portava verso la
realizzazione di quel progeto. Sappiamo tutavia che
non aveva mai smesso di pensarci, ipotizzando pure
tappe intermedie come la creazione di una fondazio-
ne che avrebbe assunto il controllo dellimpresa di
Ivrea e avrebbe visto negli enti di governo la parteci-
pazione dei lavoratori fanco a fanco dei dirigenti.
Quale distanza ci tocca misurare tra quel progeto,
quelle idee, quelle pratiche imprenditoriali, e la realt
del presente nelleconomia come nella politica.
Indice
Ai Lavoratori
Presentazione di Luciano Gallino
Ai lavoratori di Pozzuoli
Alle Spille dOro di Ivrea
Nota biografca
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Collana Humana Civilitas
Cinque scriti di Adriano Oliveti per rifetere su altretan-
ti temi chiave nella discussione politica e culturale atuale,
presentati da alcune tra le voci pi autorevoli del panorama
culturale italiano, per permetere ai testi originali di libera-
re la loro straordinaria modernit.
1. Ai Lavoratori
2. Democrazia senza partiti
3. Il cammino delle Comunit
4. Dovete conoscere i fni del vostro lavoro
5. Noi sogniamo il silenzio

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