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Ca’ Pesaro

martedì 8 luglio 2014 ore 21.00


giovedì 10 luglio 2014 ore 21.00
venerdì 11 luglio 2014 ore 21.00

Francesco Cavalli
L’Eritrea
prima rappresentazione in lingua originale
in tempi moderni

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice


in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia
in coproduzione con il Venetian Centre for Baroque Music
L’ERITREA Orchestra Barocca del Festival
Stefano Montanari maestro concertatore
dramma per musica in un prologo e tre atti
Giorgio Fava, Mauro Spinazzè violini, Clelia Gozzo viola, Serena Mancuso
violoncello, Mattia Corso violone, Alberto Busettini clavicembalo e organo,
libretto di Giovanni Faustini Ivano Zanenghi, Pierpaolo Ciurlia tiorba e liuto

musica di Francesco Cavalli



prima rappresentazione assoluta: Venezia, Teatro di Sant’Aponal, 17 gennaio 1652 direttore dell’allestimento scenico Massimo Checchetto
direttore di scena e di palcoscenico Lorenzo Zanoni
prima rappresentazione in lingua originale in tempi moderni
maestro di sala Alberto Busettini
Edizioni Fondazione Teatro La Fenice altro maestro di sala Alberto Boischio
Partitura tratta dal manoscritto originale conservato presso la Biblioteca Nazionale Marciana altro direttore di palcoscenico Valter Marcanzin
Legato Contarini 1843, Mss. It. IV, 361 (=9885)
assistenti alla regia Kristina Selén, Laura Pigozzo
Trascrizione di Alberto Busettini
capo macchinista Massimiliano Ballarini
capo elettricista Vilmo Furian
personaggi e interpreti capo audiovisivi Alessandro Ballarin
Borea / Alcione / Niconida / Argeo Renato Dolcini capo sartoria e vestizione Carlos Tieppo
Iride / Eritrea Giulia Semenzato capo attrezzista Roberto Fiori
responsabile della falegnameria Paolo De Marchi
Nisa / Laodicea / Lesbo Francesca Aspromonte
Eurimedonte Anicio Zorzi Giustiniani costumi, attrezzeria, calzature Laboratorio Fondazione
Dione Elena Traversi Teatro La Fenice (Venezia)
Misena Giulia Bolcato trucco Effe Emme Spettacoli (Trieste)
Teramene Rodrigo Ferreira

maestro concertatore e direttore


Stefano Montanari
regia
Olivier Lexa
Orchestra Barocca del Festival

nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice


in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia
in coproduzione con il Venetian Centre for Baroque Music

L O CA NDI NA 2 3 L OC AN D I N A
L’Eritrea, un gioiello riscoperto anche l’abbandono dell’operazione a favore di opere con partiture già pubblicate.
Per essere chiari: se avessimo avuto per Cavalli materiali musicali simili a quelli
di Olivier Lexa1 delle opere di Mozart, Rossini e Verdi, il compositore veneziano sarebbe, da molto
tempo, al centro del repertorio delle sale liriche di tutto il mondo; e infatti Cavalli,
le cui opere sono state le più eseguite nell’Europa del Seicento, piace sempre di più
Con l’iniziativa di promuovere la prima esecuzione in tempi moderni dell’Eritrea al pubblico di oggi.
di Cavalli e Faustini, la direzione del Teatro La Fenice riprende quella che era una Con le sue arie brevi, istantaneamente seducenti, e la sua ineguagliabile arte del
lunga tradizione veneziana, l’ambizioso revival cavalliano. Ovviamente è all’Italia recitativo, Cavalli è uno dei pochi musicisti del diciassettesimo secolo a comporre
e più particolarmente alla Città dei Dogi che dobbiamo la riscoperta del suo più in uno stile immediatamente riconoscibile; stile che non abbandonò a nessun costo,
grande compositore del Seicento: nel 1913 Taddeo Wiel è il primo a programmare scelta che lo rese vittima, alla fine della sua carriera, del cambiamento della moda.
delle scene d’opera di Cavalli – in questo caso al Conservatorio «Benedetto La fluidità contraddistinse questo autore, capace, all’interno della stessa opera,
Marcello». Più tardi, dopo la Didone del Maggio Musicale Fiorentino, diretta da di passare con sconcertante disinvoltura dal recitar cantando all’aria passando
Carlo Maria Giulini, è alla Biennale di Venezia che dobbiamo la prima esecuzione per l’arioso, dall’emozione tragica alle scene più spassose; fu inoltre in grado di
in tempi moderni delle Nozze di Teti e Peleo, avvenuta nel 1959. L’opera è diretta fare in modo che la musica non intralciasse mai il teatro – l’una sostiene l’altro e
da Filippo Crivelli a San Giorgio Maggiore e lo spettacolo è oggetto di una delle si abbelliscono vicendevolmente raggiungendo un livello di perfezione raramente
prime trasmissioni d’opera dalla RAI. Due anni più tardi, il Teatro La Fenice concepita nella storia. Non ci pare strano dunque che, più di chiunque, Cavalli
programma Ercole amante, prima di tornare più recentemente a Cavalli con un sia stato imitato; è lui che fissò i canoni dell’arte lirica. I suoi lamenti ispirarono
nuovo allestimento della Didone nel 2006 (spettacolo ripreso alla Scala due anni tantissimi compositori – tra cui Purcell nella sua famosa aria di Didone, «When
più tardi), e nel 2008 con La virtù dei strali d’amore. I am laid in earth». I sonni (Atys di Lully), le scene infernali (Rameau), le arie
Oggi sappiamo che interessarsi a Cavalli non è meno fondamentale che con tromba (Händel) e, oltre il periodo barocco, il buffo domestico (Leporello),
studiare Rossini o Verdi: non fu l’autore del Giasone il compositore che raggiunse il travestimento (Cherubino), il duetto d’amore (Tristan und Isolde), la scena di
più popolarità durante la sua vita, prima dell’avvento dei due maestri del belcanto pazzia (Lucia di Lammermoor), la scena della lettera (Tatjana in Evgenij Onegin),
ottocentesco? Non è adesso recitato nei quattro angoli del mondo, incontrando l’invocazione (Ulrica in Un ballo in maschera)… Tutto questo trova origine in
un successo sempre maggiore? Se a Cavalli è capitato di essere meno eseguito di Cavalli.
altri grandi compositori d’opera italiani (Monteverdi incluso), ciò è dovuto alle Non posso dunque nascondere la mia felicità nel partecipare alla prima
difficoltà che si incontrano nella produzione delle sue opere, certamente maggiori esecuzione in tempi moderni di uno dei suoi capolavori, L’Eritrea. Come La Calisto,
di quelle, ad esempio, di un Orfeo – per cui è sempre stata a disposizione una quest’opera è il punto d’arrivo di una decina di creazioni di Cavalli e Faustini, il
magnifica partitura, limpida, precisa, stampata e pubblicata a Venezia nel 1609. tandem lirico più fecondo del Seicento italiano. Nell’Eritrea, la prima cosa che
Prima delle trascrizioni moderne, nessun lavoro di Cavalli ebbe modo di essere colpisce è la concentrazione dell’intreccio, che si sviluppa attorno a un numero
oggetto di stampa, come fu d’altronde destino di molte opere veneziane del limitato di protagonisti: l’opera ne conta solo undici, circostanza che permette
Seicento, le cui riprese erano rare e non giustificavano, in un contesto economico una grande efficacia del ritmo teatrale. Tutto il primo atto è particolarmente
complesso, la pratica faticosa e costosa della pubblicazione. Le sole fonti spassoso. I travestimenti di Eritrea danno infatti luogo a vari malintesi: il principe
disponibili per gli interpreti del ventesimo secolo erano dunque i manoscritti, Teramene ama il re Periandro (Eritrea travestita), che a sua volta è folle d’amore
spesso incompleti e difficili da decifrare. Era perciò inevitabile che i coraggiosi che per il principe Eurimedonte (riassumiamo: un uomo ama un uomo che ama un
preferivano produrre una Didone piuttosto che un’Aida si ritrovassero a dover altro uomo). Più tardi Misena, che non sa che Periandro è in realtà Eritrea, ha la
trascrivere e pubblicare una partitura, comprensiva delle parti d’orchestra e dei favolosa idea di travestirlo da donna per farlo evadere dal palazzo (riassumiamo:
ruoli dei numerosi cantanti (da dodici a venticinque). Questo comportava una a una donna travestita da uomo viene proposto di travestirsi da donna). Né è da
drastica lievitazione dei costi di produzione e dei tempi di preparazione, e spesso trascurare Laodicea, innamorata di Periandro, che, non sospettando che egli sia
in realtà una donna, si lamenta esplicitamente del carattere platonico della loro
1
Regista della produzione e direttore artistico del Venetian Centre for Baroque Music.

UN GIOIELLO RISCOPERTO 4 5 UN GIOIELLO RISCOPERTO


relazione. Alla fine, tutti si trovano d’accordo sull’incoronazione di Teramene,
definitivamente impazzito: la demenza è chiamata a salire sul trono! Dopo la L’Eritrea
sua grande opera mitologica La Calisto, il librettista firma un’opera quasi priva drama undecima, postumo, di Giovanni Faustini
di divinità, al punto che Laodicea viene a lamentarsi: «Oh dio, che si farà? […] da rappresentarsi nel novissimo Teatro di S. Apponale l’anno 1652.
Per noi nume custode in ciel non è?» (II, 10). All’epoca della sua composizione, Posta in musica dal signor Francesco Cavalli
L’Eritrea ebbe un successo immenso; entrò infatti nel Pantheon delle rare opere dignissimo organista di San Marco
riprese a Venezia vari anni dopo la loro creazione.
Confesso che vivere e lavorare a Venezia da ormai cinque anni mi ha molto
aiutato nella comprensione di questo repertorio, così tipicamente veneziano… Per
L’Eritrea, il mio lavoro si appoggerà soprattutto su due punti: la dimensione comica
del testo e la gestualità barocca. Peraltro contare sulla collaborazione dei Musei
Civici è una grande fortuna: trattandosi di un intreccio che si svolge in un palazzo Delucidatione della favola
reale, disporre di Ca’ Pesaro corrisponde a un sogno… Per concludere, grazie
alla fiducia del Teatro La Fenice, abbiamo la felice opportunità di organizzare un Periandro, giovanetto re dell’Assiria, ed Eurimedonte, prencipe dell’Egitto d’anni
convegno internazionale il 12 luglio, che riunirà i più grandi specialisti di Cavalli. pari all’assiro, ambo nutriti nella reggia di Menfi ed animati quasi da un solo
Oggi, tramite la volontà della direzione del teatro, Venezia è capofila del revival spirito e retti da un solo volere, navigando il mare de’ Fenici approdano a Sidone
del suo repertorio lirico, ed è un privilegio potervi partecipare. dove, raccolti da Lisia, re di quella regione, Eurimedonte di subito ardé per il
bello della prencipessa Laodicea, unica erede della Fenicia, dimenticatosi la fede
data ad Eritrea, sorella di Periandro. Questa, destinata dal re fratello moglie di
Teramene, prencipe del sangue, s’innamorò dell’amico fraterno ed alienatosi
dagl’affetti dell’assegnatoli marito, diede secreti giuramenti di esser sua all’egizio,
che, riscaldato dalle faci amorose, accelerava la partita dall’Assiria per ritornare
al regno con Periandro, desideroso anch’egli di rivedere l’Egitto e colà trattare col
mezo del re suo padre il maritaggio dell’amata prencipessa.
Messi replicati della madre chiamarono dalla Fenicia e da’ suoi proposti
viaggi Periandro, invasa l’Assiria da’ nemici persiani, i quali non sì tosto intesero
l’arrivo del re che, dimmassato l’essercito, desisterono dall’invasioni. Eritrea,
bramosa del ritorno del fratello per saper qualche nova dell’amato prencipe, intese
da Periandro le rivoluzioni de’ suoi affetti e come voleva, giunto nel regno, far
chiedere a Lisia per moglie Laodicea; vessata perciò da un’acuta e mortale passione,
infermò repentinamente, riuscendo vana ogni diligenza fisica per ritornarla nella
primiera salute. Da cause diverse e da naturali stemperamenti fu gettato nel letto
Periandro dove, ardendolo internamente una febre lenta ma pestifera, terminò di
regnare e di vivere. Era legge nell’Assiria che la corona reale non ereditasse testa di
femina, onde, morto Periandro, succedeva nel trono Teramene. Marsilla, la reina
madre, avezza alla reggia, stabilì di tentare l’inganno per non vivere gl’anni della
canizie tra fortune private. Erano nati gemelli Periandro ed Eritrea, cresciuti così
simili di statura e d’effigie che solo nell’apparenza gl’abiti distinguevano i sessi,
né la voce ingrossata dal tempo e da disordini o la lanugine del mento poteva far
discernere l’equivoco, perché morì Periandro in quell’età ch’appena chiudeva il

UN GIOIELLO RISCOPERTO 6 7 IL LIBRETTO


giro dell’anno decimo quinto. Fece la sagace vecchia portare da pochi confidenti Interlocutori
e parziali nel letto dell’inferma amante il cadavere regio, ed acconciatolo all’uso
borea, iride, prologo
femminile, condusse Eritrea in quello del re defonto, ed ingannando anco le stesse
damigelle custodi, sparse voce che la prencipessa era morta. La similitudine de’ nisa, alcione, pescatori
cambiati, la secretezza degl’interessati nelle fortune di Marsilla, occultò l’inganno, eurimedonte, prencipe d’Egitto che, data la fede secretamente di maritaggio ad
colorito da apparenze troppo veridiche. Eritrea, erasi poscia innamorato di Laodicea
Eritrea, vedendosi cambiarsi personaggio, racconsolata da’ suoi pensieri, dione, capitano fenicio
riebbe fra pochi giorni la sanità; ed appena cangiati gl’abiti ed ereditato con la
corona il nome di Periandro, essequì quei consigli ch’amore li aveva dettati nei laodicea, reina di Fenicia, innamorata e sposa d’Eritrea creduta Periandro
respiri delle sue languidezze. Mandò di nascosto della madre e sotto altri pretesti misena, sua dama
in Fenicia pomposa ambasciata a chiedere a Lisia in moglie Laodicea; sollecita eritrea, prencipessa assiria creduta Periandro, il re morto suo fratello. Questa,
di prevenire le richieste egizie e di sturbare le nozze di quella prencipessa col già destinata moglie di Teramene, innamoratasi di Eurimedonte, se ne passa alle
suo Eurimedonte spergiuro. La grandezza dell’impero assirio e le virtù cospicue nozze di Laodicea come re, per levarla all’amato egizio che, scordatosi di lei,
del finto Periandro persuasero Lisia acconsentire a quel maritaggio anco caro amava la prencipessa fenicia
a Laodicea, affezionata in parte ai costumi di quel re giovanetto che era stato
teramene, prencipe assirio che, credendo morta Eritrea al cui letto era stato
suo ospite. Giunto Eurimedonte in Egitto, ritardò per certe occupazioni politiche
del re suo padre le dimande della fenicia, onde intempestivo inviando a quella chiamato dal morto Periandro, adorava anco le bellezze giudicate defonte e con
reggia gl’ambasciatori, ritrovò preoccupate e stabilite le nozze tra la sospirata sua esse delirava
bella ed il finto Periandro. Credde d’essere stato tradito dall’amico al quale aveva lesbo, suo paggio
confidate le determinazioni dell’animo; onde vedendosi decaduto dalle speranze niconida, capitano assirio
con le quali Amore l’aveva lusingato, precipitoso ne’ suoi furori armò l’Egitto
argeo, capitano egizio
e, fattosi condurre dall’Africa confinante agguerriti elefanti, spinse per terra
formidabile essercito alla desolazione della Fenicia; ed egli, radunata a Pelusio
un’armata non meno poderosa della terrestre, drizzò le vele verso Sidone in cui
dicevasi ritrovarsi con la sposa il creduto traditore. All’apparato marziale ed alle
minacce strepitose dell’Egitto s’armò alla difesa della Fenicia e corse Eritrea alla
custodia delle sue ragioni, morti di già Marsilla la genitrice ed in quei giorni il
suocero Lisia, riscaldatosi nelle sollecitudini de’ preparamenti.
Seguì l’armi dell’adorato suo re Teramene; quel Teramene che, più prossimo
alla successione della sede reale, era stato da Marsilla e da Periandro chiamato al
letto d’Eritrea: morì quasi il povero prencipe a’ funerali delle sue consolazioni e
sempre mesto teneva fisso il pensiero nelle defonte bellezze; anzi, scorgendo nel
falso Periandro il loro ritratto, delirava a quelle similitudini; rare volte scostandosi
dal fianco del re mentito e spesso come pazzo adorando quel volto, sfogava con
diletto della sua infedele la veemenza delle passioni crudeli.
Intanto, devastata la Fenicia, era giunto l’essercito egizio per le strade di terra
all’assedio di Sidone ed attendevasi per mare Eurimedonte, il quale, combattuto da
un mare turbolente, a vista delle spiagge sidonie, veduta profondata la nave regia,
salì sopra del palischermo e si diede, costretto dalla necessità, alla discrezione
dell’onde rabbiose.

L’ ER ITRE A 8 9 IL LIBRETTO
PROLOGO ATTO PRIMO Pescatori cortesi, dione
fatemi manifesta, O prigionier o morto
Scena orridamente nubilosa.
scena prima dite, che spiaggia è questa? restar qui dei, così del regno impone
(Borea, Iride) la gelosia: renditi a noi prigione.
Le spiaggie sidonie. alcione
borea (Eurimedonte, Nisa, Alcione) eurimedonte
Questo spazio che miri
De l’iperboreo giaccio, ali nevose, di vasto e immenso mare è degl’assiri, Pria che codardo abbandonare il brando,
alcione, nisa
grandinate procelle, vo’ morire pugnando.
Cinto d’ostri reali, d’armate custodite
nubi mie tempestose, carco d’armi pompose, son fenicie le sponde, dione
trionfate del sol l’auree fiammelle. o morto o tramortito nel lontano è Sidone in braccio a l’onde. Generosa follia.
Tumido a’ vostri soffi il mar sonante, io vi conduco un cavaliero al lito. Eh la spada deponi.
eurimedonte
fiati miei dipendenti, Bagnate, amici, il piede; in su l’arene eurimedonte
Ohimè, cielo, che sento?
liquidi monumenti, sbarchiam l’essanimato, Eh la spada deponi.Iniqua sorte
Oh maledetto vento,
formi al suo domatore, al legno errante. sia da noi disarmato mi vedrà sempre invitto.
e con pietosa cura per darmi prigioniero al reo fellone
Ne’ gorghi suoi l’algoso imperatore suscitasti il furore; dione
s’abbagli a’ nostri lampi, arrechiamoli o vita o sepoltura.
e quel crudel d’Amore, Resterai qui trafitto.
più si condensi e avampi, alcione
per far le mie speranze anco cattive, eurimedonte
rinforzando i stridori, il nostro orrore. Come augusto ha ’l sembiante.
ne la calma mi trasse a queste rive. Almen cadrò da forte.
iride nisa A l’acque si ritorni;
Ne le grotte arimaspe, Io lo vedo spirante. che più, che più qui indugio? scena terza
Vedete ch’anco vivi Ma se ne porta il mare il mio rifugio. La reggia di Sidone.
procelloso Aquilon, torna quel gelo.
serba in parte del volto infra i pallori Lasso, la mia salute,
Rieda sereno il cielo, (Laodicea, Misena)
de le rose i colori. povero amante, ove non so sperare,
tranquilli il mar l’orgoglio suo vorace, laodicea
alcione, nisa ho per nemici il vento, Amore, il mare.
abbi il pino agitato e calma e pace. Povera in mezo a l’oro
Aliti forma: è vero,
A l’aure, ai zeffiretti le mie fortune io ploro.
agonizante spira il cavaliero. scena seconda
ceda il suo sibilar furia rifea. Amor mi stempra al foco
alcione (Dione, Eurimedonte, Alcione, Nisa) di sconsolate faci,
A la face febea,
ch’in più vaghezze mi rifulge in grembo, Ritorna al corpo i moti dione
tolto il mio cor per gioco
l’anima e gl’occhi il poverin disserra. mi nutre sol de’ baci,
dilegua l’orridezze orrido nembo. Cavaliero, chi sei?
e qual or mi querelo
Senza aiuto ificleo, eurimedonte di Fenicia, d’Assiria o pur del Faro?
Ove son io? Qual terra in grembo del mio cielo
o de l’Idra Pangea gran domatrice Quai venti ti portaro
de le sciagure mie poco dolce mi porge ond’io più n’ardo,
anco il Turbo infelice over quai brame a le sidonie arene che non mi sazia un vezzo, un bacio,
m’ha fatto scena il cielo? di sospetti guerrieri ingombre e piene?
svanirà da’ tuoi mari e in chiuso velo [un sguardo.
Dal tempestoso gelo
il tuo leon scintillerà nel cielo. che m’agitò notturno, a un sol ridente eurimedonte misena
qual mi trasse a l’arene astro clemente? Un vomito de l’acque, L’armigero tuo sposo,
Sotto qual clima io spiro forestier semivivo cinto d’armi nimiche e minacciato
di novo aure vitali? d’Eolo un ludibrio a queste rive arrivo. dal pretensor rivale,
L’ ER ITRE A 10 11 AT T O P R I M O
sin che non ha l’egizio ardir fiaccato laodicea viva contemplo e miro de l’estinta sorella,
t’alimenta di speme e di parole: Mi nega mercé. del pianto mio risuscitata Aurora; de l’amata gemella.
carico di trofei goder ti vuole. Mi rende ritroso il cor, bellezze estinte, anco v’adora. Ma tranquillando i rai
Ti saran le dolcezze, te, dolce mio sposo. l’infruttuose pene
eritrea
soffri di loro le tardanze amare, discaccia, Teramene.
eritrea (Il prence delirante.)
quanto stentate più, tanto più care. Col disperato amor ch’in sen tu porti:
Sarà, cara vita,
laodicea
laodicea la gioia infinita lascia d’amar sì vivamente i morti.
(Sposo infelice e sfortunato amante.)
Dolcezze, e quando al core ch’alfin ti darà.
teramene
porgerete il ristoro? eritrea
laodicea
Teramene gentil, real cognato, Che morti? In te vagheggio,
Non vedete che moro in sen d’Amore? Conforto, pietà. ove vassi mai sempre qual fenice risorta,
A le vostre pigrizie io mi tormento.
da tormentose cure accompagnato? la mia speranza morta.
Portatemi il contento. eritrea
Feci voto al Tonante Quel rogo che non ebbe
Dolcezze mie, bramate teramene
di non entrare nel fenicio letto d’estinguere possanza il mio gran pianto
da l’acceso pensiero, Oh care mie vaghezze,
se pria l’emulo mio, l’egizio amante, in me cresce e sormonta,
voi vedete che pèro, e sì tardate? a voi corro, rapito
Correte, entrate, entrate in questo petto. domato, inerme e vinto, dal vostro bello, adorator marito. la bellezza defonta
Portatemi il diletto. non mi vedessi a’ piè da funi accinto. Adorata Eritrea, scorgendo in te rinata, in te scolpita;
Per l’acque egli sen viene qual nume ti ritoglie nel viso tuo, morto il mio bene, ha vita.
scena quarta a restar prigionier; lieta, o mio bene. del Tartaro dannato laodicea
da le caverne orrende, Non vuol rivali Amore,
(Eritrea sotto nome di Periandro, Lao- eritrea e laodicea
e viva a me ti rende?
dicea, Misena) Il letto pur gl’acconsente il core.
diletto Volto amato, E senza gelosia
eritrea
s’appresti, sospirato, godo ch’altri vezzeggi
Oh bella lagrimato:
che presti l’unica speme mia.
facella dolcissimi e veri mio ristoro,
de l’anima mia. verranno i piaceri. bel conforto, misena

laodicea
se già morto (Sta bene il re così,
Amato scena quinta t’arsi incensi e accesi faci, se sazïar vorrà
or che spirti hai tu vivaci due fameliche voglie:
mio fato, (Teramene, Eritrea, Laodicea, Misena)
dal tuo sposo accogli i baci. è marito de l’una e a l’altro moglie.)
chi qua mi t’invia?
teramene
Che parlo? ove trascorro? laodicea e teramene
eritrea Il cor, bellezze estinte, anco v’adora. Del noto sconsolato
Amore, Sepolto m’innamora O luci belle,
il vaneggiante ardire voi che fiammelle
mio core. quell’immortal sembiante scusa, perdona, o sire.
che miro nel cognato ancor spirante; aventate a’ seni amanti,
laodicea
de le sue fiamme spente misena deh ver me,
L’ignudo, Amorosa pazzia. per mercé,
l’ardor l’anima sente:
quel crudo? rivolgete scintillanti
m’avampa fredda cenere, e la morte eritrea
eritrea de la bella consorte, Sempre grata mi fia vostri rai. Fiamme novelle
Quel crudo? perché? perché eterno sen resti il mio sospiro, quella memoria ch’hai brama il core, o luci belle.
L’ ER ITRE A 12 13 AT T O P R I M O
eritrea lesbo lesbo eurimedonte
Doppio sguardo, a formar le parole.Ora attendete, Il prencipe d’Egitto… Perfidissimo, indegno
doppio dardo ho nove, ho nove liete. de l’assirie tiare,
eritrea
doppio ciglio in voi discocca. de le viscere mie più belle e care
Tutto incendio e tutto foco eritrea (Ohimè, cor mio, che senti?) E che
ingordo traditor, mostro rapace:
parte omai dal natio loco: Questo mai che sarà? [gl’avenne?
ti scopro la mia face
morto è il cor, s’egli lo tocca. lesbo lesbo ed ardi a quelle fiamme
Ah ah ah, Il prencipe… ma, ma… … che vuol le mogli a forza… ch’esser devean la pira,
qual diletto anco s’amavi tu lo stesso oggetto
eritrea eritrea
per il petto ora mi va. de l’adorante affetto?
Qual prencipe? Che gl’accadé?
teramene e laodicea Ma che, se mi rapisti, amico infido,
O felice morire lesbo lesbo le dolci mie speranze,
degl’occhi amati ai raggi, e incenerire. Qual prencipe?Mi tarda, Che gl’accadé?L’altero… ne l’empia infedeltade almen pietoso
passata la stanchezza, il ferro tuo mi dia qualche riposo.
eritrea
scena sesta a dirlo l’allegrezza.
Che fa, dov’è? teramene
(Lesbo, Teramene, Laodicea, Eritrea, teramene Infelice amatore.
lesbo
[Misena) È gran pena soffrire
Che fa, dov’è?…sen viene prigioniero. misena
lesbo
di costui la sciocchezza:
mi si destano l’ire. eritrea, laodicea, teramene, misena
Mi si fa molle il core.
Sostenetemi, ohimè,
non può reggermi il piè; O luminoso a punto e fausto giorno, eritrea
lesbo
sia d’aviso sì grande fa in te la nostra pace Uccideria la spada
Il prencipe… Oh felice, oh lieto dì
il premio preparato. scolorita e fugace a noi ritorno. chi avesse del tuo sangue avida sete.
in cui ci svanì
l’orribile nembo, La tua vita m’aggrada.
teramene
scena settima
Che arrechi tu? del giubilo in grembo eurimedonte
si giochi, si canti, si balli così. (Dione, Eurimedonte, Eritrea, Tera- Dispietato tiranno,
lesbo
Il prencipe… Oh felice, oh lieto dì. mene, Laodicea, Misena) mi vuoi vivo a l’affanno.
Che arrechi tu?D’esporlo io non ho fiato.
eritrea dione eritrea
laodicea
Dillo, importuno, omai… Sire, al rettor de’ venti Vo’ che meco tu vivi
Respira.
si votino felici de la tua vita gl’anni anco festivi.
teramene
eritrea le fenicie e l’assirie alte corone.
Respira.E che d’allegro … se i premii tuoi non vuoi che sieno Eolo le dà prigione eurimedonte

m’apporti frettoloso? [i guai. il prencipe del Nilo. Al nostro lito Serpentine ritorte
giunse al sorger del sol su pin sdruscito. de le Furie uniranci insino a morte.
lesbo lesbo

Un poco di riposo Flemma, flemma, signore. eritrea


eritrea
se volete ch’il dica. Se dir mel lasciarete io lo dirò. Intrecciate di rose
(Anima, non lasciare,
Loco per la letizia in sen non ho. l’alme ci legheran funi amorose.
misena confusa nel piacer, gl’usati impieghi,
O quanta gran fatica teramene e se d’essercitarli ora tu neghi eurimedonte
a formar le parole. Non più; provar tu vuoi nostro rigore. vola quel volto bel, vola a baciare.) Mai sempre ti odierò.
L’ ER ITRE A 14 15 AT T O P R I M O
eritrea eritrea del rigor pur ti assolve, amato sposo; Generoso uscirò; le sue ruine
Sempre mai ti amerò. Dione? corri, i voti adempiti, vedrà l’audace assediatore, e miei
nel regio letto a’ maritali inviti. saran l’alte sue fere alti trofei.
eurimedonte dione
Sempre mai ti amerò.Nemico. Dione?Sire? eritrea laodicea
Vo’ trionfante a pieno Non più dimore!
eritrea eritrea
venirti illustre in seno.
Sempre mai ti amerò.Nemico.Amico. Dione?Sire?Sarai eritrea
Liberate le mura,
l’Argo del prigioniero. Vanne, mio core!
teramene sgombrata la pianura
Parolette d’amante. eurimedonte de le belve africane e torreggianti, laodicea
Dentro profondo, nero dormirò teco di Sidone a’ canti. Tutta mi sfaccio…
eurimedonte
e disperato carcere
Oh mio divin sembiante, su tosto conducetemi,
laodicea eritrea
scusatemi se intento Ancora mi ritardi, Che tosto in braccio…
cortesi sepellitemi,
a sfogare il mio duol col traditore. mio caro, il ben che tanto brama il core?
a questo sol toglietemi, laodicea
Non vidi quel splendore Poco m’ami e non ardi. … a’ crudi rai.
da questo dì partitemi.
al quale ospite vostro il core accesi. Pianger del viver mio la trista serie eritrea
Io partecipe resi eritrea
vo’ tra l’orror, l’orror di mie miserie. Che parli, anima mia? … bella, m’avrai.
del nobil genio, il fallo mio confesso,
il mentito fedele, ed egli al foco eritrea Ch’io non arda a quei tuoi lumi
depositato a la sua fé mendace Va’ lieto e spera. sì vivaci? scena nona

arse, avampò, rubello e contumace. Taci, taci, (Eritrea)


eurimedonte
Precorse i miei messaggi nel martir tu mi consumi.
L’empia Megera eritrea
il reo che già sapea ch’io volea farvi Ch’io non arda a quei tuoi lumi?
teco sen resti. Cigni de l’alma mia,
luce del faro mio, lucidi raggi. laodicea affetti miei canori,
eritrea
Per ragione d’Amore, Vieni adunque al tuo ristoro. con dolce melodia
bella voi, voi mia siete e come tale Tuoi casi mesti
Medicina palesate solinghi i saggi errori.
svanir vedrai.
inanzi al tribunale, pellegrina Perch’altra non usurpi il mio riposo,
benché scherzo mi sia di fato orrendo, eurimedonte farà sano ogni martoro. vergine amante io mi trasformo in sposo.
d’Amor a punto ancora io vi pretendo. E sempre mai Vieni adunque al tuo ristoro. Quel che brama la moglie
t’agiti il core dal marito desio:
laodicea teramene, misena
Furia severa. adulatrici voglie
Sopisci quel desio, Bella sposa
prencipe, che ti ferve eritrea desiosa, il vago ribellante han fatto mio.
inutilmente in sen: l’assirio è mio. Va’ lieto e spera. soffri in pace il tuo languore È stata fortunata, Amor, la frode,
T’amerò quanto chiede e quanto basta che più dolce, amico Amore miei saranno i suoi frutti e tua la lode.
l’amico amar del sposo a sposa casta. scena ottava ti darà
la sua manna e porgerà. scena decima
eurimedonte
(Laodicea, Eritrea, Teramene, Misena)
(Niconida, Eritrea)
Crude repulse e fiere laodicea teramene
più de la mia fortuna! Il supplicato Giove, Accelerare io voglio, niconida
Nel ciel per me stella non splende del mio penar pietoso, o del mio caro re vaga reina, Eritrea, quando, quando
[alcuna? senza feroci e sanguinose prove con forte destra a le tue brame il fine. ti vedrò saggia a racquistar l’ingegno?

L’ ER ITRE A 16 17 AT T O P R I M O
Tu vuoi, la vanità pazza adorando, eritrea
ATTO SECONDO eurimedonte
con le perdite sue perdere il regno. scompiglierà l’Assiria.Il mondo pera Abbruscierebbe un regno
L’egizio ecco prigione; pur ch’abbi Eurimedonte. scena prima il duplicato foco mio vivace:
le ingiottiro le navi il mar vorace, Cortile del palagio dentro del quale ve- a l’amorosa face
niconida
render l’oste terrestre omai fugace niva custodito Eurimedonte. congiunge le sue fiamme anco lo
La patria caderà.
fia lieve impresa e liberar Sidone. [sdegno.
(Dione, Eurimedonte)
Dimmi, che far destini eritrea
eritrea
ne le vittorie tue del prigioniero? Politici riguardi Amor non ha. dione
Eurimedonte, il re Sdegno? contro di chi?
A Niconida tuo scopri il pensiero.
per consolar le tue sventure acerbe eurimedonte
eritrea
su la soglia de l’atrio ha posto il piè. Contro chi mi tradì.
Ne l’Assiria condurlo
e con felice sorte eurimedonte eritrea
renderlo mio consorte. Deh, perché di fuggir l’orrido oggetto Il traditor chi fu?
non m’è, non m’è concesso?
niconida eurimedonte
Ne l’infernal recesso,
Prencipessa, vaneggi? Oh dio, che sento? Tu.
spalancando le gole,
Non sai ch’a crin di femina non lice
mandami, Rea pietosa. eritrea
portar nel patrio regno aurea corona?
Laggiù ne la magion caliginosa Io?
A le regie cadute Amor ti sprona.
de l’odioso oggetto
eurimedonte
eritrea avrò meno in orrore
Io?Che, la colpa nota,
Regni e scetri non curo, la paura, il terrore.
possessor del mio ben, fors’anco neghi?
mi scoprirò donzella e sarà mio La fera del mio Nilo
l’idolo che desio. men cruda è del fellone: ella sul morto eritrea
purga col pianto il torto D’una defonta a’ preghi
niconida
che fece a la natura; d’Amor tradito ho vendicato i torti.
Che pensi, col spiegare
questi schernir non cura
Eritrea ritornata, i veri ardori, eurimedonte
un cor ch’estinse, un’anima ch’uccise,
il tuo vinto piegare Io non offesi i morti,
anzi scherzò sovra i defonti, e rise.
a le tue nozze ed a’ recenti amori? né sei da l’ombre tu campione ascritto.
eritrea
dione Vaneggi nel delitto.
Prencipe, il duol correggi:
Vorrò che mi mantenga eritrea
con sembianze serene
quella nascosta fede Te confonde l’errore,
accogli il re che viene.
ch’in Assiria mi diede. amato traditore.
niconida scena seconda
Tu tradisti la fé di regia amante.
Vorrà pria Teramene, e con ragione, D’Eritrea ti ricordi? Alma incostante,
(Eritrea, Niconida, Eurimedonte, Dio- quel rossor vergognoso
sollevato dal sangue ne)
e da’ natii decreti a le corone, di cui le guance imporpori sul volto
tratte le false spoglie, eritrea or ti registra il mancamento ascoso.
aver l’amata e ravivata moglie. Giove t’assista, amico, Le tue incostanze udite
Questi mal nati affetti dal cielo fulminando i tuoi rancori, sconsolata languì,
scompiglierà l’Assiria. e ancor vivi ti torni i spenti ardori. ardé, gelò, morì;

L’ ER ITRE A 18 19 AT T O S E C O N D O
e morendo m’espose quel che celato insino a l’aure ho reso: a voi scendo, a voi vegno ombra amorosa. lesbo
il reo del suo passaggio, e la vendetta per serbarti la moglie ho moglie preso. Qui felice riposa Misena, e tu che sei
ne l’essalar de l’anima m’impose. (Parte) del martire mio cor l’anima bella, sì strettamente avinta
Io volea che la spada se salita nel ciel non splende in stella. da le braccia del prencipe?
ti trafiggesse il cor tanto leggiero, scena terza Chi, chi quaggiù m’addita
misena
poscia mutai pensiero. l’eternata mia vita?
(Eurimedonte, Dione) da le braccia del prencipe?Felice.
Per renderti infinita Cara sposa, ove sei? dove t’annidi?
la pena del peccato dione Beati questi lidi E da l’insanie sue traggo il diletto.
ti levai quella vita Risolvo di salvarti trovo muti scortesi e pesti rie lesbo
per cui fiamma cangiasti, amante con la mia patria, ed in mirabil dono mi tormentano in lor le gelosie. Eh lo vorresti in letto.
[ingrato. darti la sposa, e di Fenicia il trono.
scena quinta teramene
Così de la sorella eurimedonte
(Misena, Lesbo, Teramene) Ravivata fenice,
ho dolcemente vendicate l’onte Oh promesse insperate,
e serbatomi amico Eurimedonte. a le dolcezze mie
voi, voi mi ravivate; misena
tra questo eterno die
eurimedonte non perché viver brami, Che fa il tuo delirante? di baciarti mi lice.
Mentir non vuo’, né devo ma per goder vivendo il mio conforto. lesbo
di sì nobile foco il primo ardore, Voi promettete doppia vita a un morto. Ne le sue frenesie
misena

ma volubile Amore, Questo no.


dione è più che mai costante.
de l’umane potenze arbitro ingiusto, L’armi fenicie amiche Vedilo a punto immoto, lesbo
l’estinse, se l’accese, e a novo lampo al mio nome devote e così sta, se ben lo chiamo e scuoto. Questo no.Pazzarella,
risuscitar lo fece, ond’anco avampo. radunerò, spalancherò le porte ricevi i baci e godi; i gusti tuoi
misena
Incolpevole io son: sforzato amai, improviso, repente, ed il tuo campo fieno, senza rossore,
Fia ben, Lesbo, ritrarlo
per destino peccai. scusati da l’errore.
qui con prospera sorte da quel profondo in cui sommerso ei
eritrea introdurrò nel balenar d’un lampo. [giace. misena
Sugl’omeri d’Amore lesbo Qual nube, qual letargo
eurimedonte
gettato viene ogni mortale errore; Io no, benché cagione avrei di farlo. l’intelletto ti vela? Ah Teramene,
Premi equali a l’evento
onde questo incostante Sì dolcemente il vaneggiar li piace svegliati da’ tuoi sonni.
avrai, Dion, da prencipe redento.
de’ nostri falli è tenerello Atlante. ch’avendo io rotto a tai deliri il corso
dione lesbo
eurimedonte mi rompé quasi il dorso.
Vado. I fiati sonori svegliati da’ tuoi sonni.Egli rinviene.
Fur le tue voglie volontarie erranti; Destarlo a te conviene.
degl’oricalchi tuoi qui tosto attendi
i fulmini tonanti misena
teramene
rimbombar libertà, suonare amori. Oh dio, dove mi trovo?
sovra del capo aspetta. Prencipe Teramene…
Onorata donzella,
eritrea scena quarta teramene condona il delirante;
Ti dissi, fu vendetta L’atrio della reggia. Ah mia cara Eritrea, senza speranza amante
quella ch’ingiuria chiami. de la mia viva voce al noto suono
(Teramene delirante) ne la mia frenesia
Ma vo’ ch’aurei legami, su questo prato ameno
quel che mai spero di fruir fruia.
posto il tuo petto in calma, teramene mi corri pure in seno.
ci unischino tenaci alma con alma. Colli, boschi odorati, Beato anch’io tra voi beati or sono. lesbo
Odimi, ti rivelo Elisi fortunati, (Abbraccia Misena) Signor, l’assirie e le sidonie schiere,
L’ ER ITRE A 20 21 AT T O S E C O N D O
piene d’alto piacere, Quando un uomo vedete, fragile senso abbiamo. laodicea
de l’egizio nemico par che mirate un dio. Donne, tali noi siamo. Sanatemi omai
le sventure sapute, Tutte, tutte desio le piaghe, bei rai,
bevono liete a la real salute; d’occulta fiamma ardete. scena ottava la doglia è infinita.
e immerse ne’ conviti Le luci vi sfavillano, (Laodicea, Eritrea) eritrea
negano armarsi a’ tuoi feroci inviti. li spirti al cor vi brillano,
laodicea Pazienza, mia vita.
e se non fosse di modestia il freno
teramene Speranza non giova,
li correreste in seno.
Differita l’impresa, promessa non vale scena nona
Per allettarci, il labro
l’assediator, nel commun fasto, attendi a far che lo strale (Lesbo, Eritrea, Laodicea)
mordete lusinghiere
le sue ruine in breve. Io vado intanto ch’affisso ho nel core
e lasciate vedere lesbo
a’ dolci rai del sol che mi ricrea, m’accheti il dolore.
la lingua di cinabro. Fuggi, o re, fuggi. Al porto
per rasciugar del mio funesto il pianto. Tardanza indiscreta
Fatte per un miracolo la gioia mi vieta, porta la tua salvezza, e de l’antenne
A te vengo, Eritrea. de le mamme spettacolo, ne l’Assiria ti portino le penne.
la piaga rinova.
discoprite del piè le nevi ardenti. Speranza non giova. Apert’il tradimento
scena sesta
Oh donne continenti. ha le porte sidonie a l’inimico;
(Misena, Lesbo) eritrea
entra l’egizio e le sue schiere immense
scena settima Pazienza, mia face, fanno i nostri cattivi assisi a mense;
misena
fugace e morto è chi resiste. Ah non tardare,
A l’insanie ritorna. (Misena)
sarà quel martire fuggi, o re, fuggi al mare.
lesbo misena ch’udire
Così ti ritornasse Quasi ancora lattante, mai sempre mi fai;
in braccio e ti baciasse. de l’arte feminile vedrai scena decima
come sa ben lo stile, donarti in momenti
misena come l’epilogò contenti (Eritrea, Laodicea)
M’hai ben per poco casta. in brevi voci il tristo e lo spiegò. e sorger tua pace. eritrea
Pazienza, mia face. Di questi eventi artefice tiranno,
lesbo Donne, tali noi siamo,
T’ho per femina e basta. e nate a pena amiamo: laodicea oh ciel, ch’udir mi fai?
la natura ci diè Non posso, mio caro, laodicea
misena
troppo tenero cor gustar più l’amaro, Amor ne’ traditori ordì l’inganno,
Credi tanto le donne incontinenti?
e con tremulo piè nutrir più le pene. perfido, per rapirmi
Degl’anni tuoi nascenti
l’esperienza, che germoglia a pena, a la scola d’amor eritrea quel tesor che mi diede.
balbettanti corriamo. Pazienza, mio bene. Ah più de l’ali il fier lieve ha la fede.
ci stima ben bramose
Donne, tali noi siamo.
de le cose virili ed amorose. laodicea eritrea
Il petto avem sì frale
Già mai mi consolo, Ohimè del mio diletto,
lesbo ch’ogni sguardo ci è strale:
La pratica de’ giorni cred’io che ’l mio duolo del mio bel prigioniero
mirata gioventù
ch’a punto ho di voi belle ti serva per gioco. la Fenicia sarà preda e consorte.
n’è insieme esca e focil,
mi dà notizia e lume né giova in noi virtù, eritrea laodicea
d’ogni vostro costume. ch’a l’aspetto viril Pazienza, mio foco. Proterva, iniqua sorte.
L’ ER ITRE A 22 23 AT T O S E C O N D O
eritrea eritrea eritrea laodicea
Orribile pensiero degl’umani voleri Amor monarca. Oh nemico destino, Amor bugiardo. Quante triste vicende
che ne la mente mia nasci repente e di pesti e di mali un giorno solo
laodicea eurimedonte
e consiglier m’insegni a vendicarmi a l’anima arrecommi; altre n’attende
va’, fuggi. Care vaghezze ond’ardo,
d’Amor, de la fortuna, empi nemici, la destinata al duolo,
miraste voi se merta il traditore
barbari i tuoi ricordi ed infelici eritrea e la maggior fia questa:
mirar del doppio cielo,
mi dan fierezza al cor, la mano a l’armi. va’, fuggi.Fuggirò, che converrammi simulare i vezzi
de l’etereo e del vostro, il doppio sole.
ma prima ucciderò. perché il rigor si spezzi
laodicea Pur le dolci parole
Oh dio, che si farà? laodicea di quella bocca ambita e l’ira e ’l telo del pretensor nimico, e raddolcito
Chi, chi difenderà Ti portino in sicuro i flutti, i venti. sospendono, e spirare mi conservi il marito.
la ragion di duo regni ed il mio re? lascian l’aure al fellon ch’indarno eurimedonte
eritrea
Per noi nume custode in ciel non è? [avrebbe Luminosi splendori
Barbara son contro de’ miei tormenti.
eritrea
trovato al suo peccar rifugio o scampo; gravidi di rugiade,
La destra mi sospende conduci, Argeo, lo scelerato al campo. per temprarmi gl’ardori
scena undicesima
de l’innocenza tenerezza amica, Nascondetemi agl’occhi quelle perle disciolte or scaturite,
(Eurimedonte, Argeo, Eritrea, Laodi- quest’aborrito oggetto.
e la propria virtude quell’umor partorite.
cea)
aborre l’opre meditate e crude. eritrea
eurimedonte
Ma che, lascierò viva eurimedonte quest’aborrito oggetto.E pur saprai Se non m’ami, che m’odii, o bella amata.
al traditor la diva? Ferma, crudo tiranno, che t’amo più che mai.
Svenar la contentezza sitibondo di sangue. laodicea
eurimedonte
al mio rubello io vo’. Non ha la Libia un angue Odiarti dovrei come nemico
Or tiranneggio il braccio. Arresta. Ah no. Più che malvagio, s’ama
di te più velenoso. distruttor del mio regno,
colui che morto si ricerca e brama?
laodicea Sono questi di sposo ma cangio l’odio in sdegno.
Raggio degl’occhi miei, gl’amplessi? È questa d’Imeneo la face? eritrea
eurimedonte
Con le barbarie tue, scita rapace, Se t’amo Amor lo sa;
Per placarti che chiedi,
eritrea
involarmi volevi e trucidarmi l’acerbo mio nemico,
Morta che fia costei, iraconda mia diva?
del mio bello l’acquisto. Il proprio ch’in testimonio invoco, il ver dirà.
laodicea [ferro, Vado e la morte aspetto. Ombra laodicea

adorata sembianza, disonorato e infame, [vagante Che Periandro viva.


de l’empia vita ti recida il stame. trarrò dal pianto tuo qualche conforto;
eritrea eurimedonte
lagrimerai la fedeltà d’un morto.
lieta rinverdirà la mia speranza. laodicea Ohimè qual strazio fai,
Prencipe, ohimè, signore, scena dodicesima
gelosia, del mio core?
laodicea
trattien quel colpo, a cavalier non lice Rallenta il tuo rigore,
unica mia bellezza, (Eurimedonte, Laodicea)
svenare un infelice. cruccioso martir; ahi tu m’uccidi,
eritrea
L’anima in petto m’agoniza e more. eurimedonte ti vedo, Amor crudel, mi scherni e ridi.
Scolperà la fierezza Lascia viver chi vive, Anco le colpe note
laodicea s’ama il tuo core, e apprezza tenta velar con parolette il finto
la tua salute imbarca, quest’infausta bellezza. reo di tanti misfatti. Il ciel l’ha vinto.
L’ ER ITRE A 24 25 S E C O N D O AT T O
scena tredicesima ATTO TERZO teramene (delirando) fa’ che splenda il volto amato
(Argeo, Eurimedonte, Laodicea) Cara Eritrea, va’, va’; che spirato
scena prima pur che salva tu sia mi raviva Amor pietoso;
argeo Teramene non solo lieto sposo
Prencipe. Sala reale.
ma cada anco l’Assiria, anima mia. tra sue spoglie
(Eritrea, Teramene) Protegerò la frode fa’ che goda ancor la moglie.
eurimedonte
qui, tuo guerrier custode,
Prencipe.Ch’è di novo? eritrea Armi, soldati? Olà,
Sei ferito? sin ch’io stimi essequita
di qua volgete il piè.
laodicea l’opra a me dolce e grata.
Tutte lacere ha l’arme. teramene
Ti rivedrò, ti bacerò tornata scena quarta
Sei ferito?Son morto. ne’ primi arnesi tuoi forse, o mia vita.
eurimedonte (Dione, Teramene)
eritrea
Stilla sangue e sudori. eritrea
Ohimè che sento, ohimè. Fato nocente, Addio, parto, rimanti. dione
argeo ahi quanto ingiustamente Te lascio a Giove in cura. Spada tra noi non è
Tratto da l’atrio fuori l’uno con l’altro m’incateni i mali, del tuo sangue bramosa,
il piede e ’l prigioniero, con novelle tempeste ognor m’assali. teramene prencipe.
improviso guerriero Caro mio difensor, liberatore, Te lascio a Gi [I tuoi sembianti
teramene
ci assalì quasi folgore scoccato dov’è la piaga? che ritratti ho nel core,
rifiuto ogni difesa, prencipe.Chi cercate?
da la mano di Giove,
e con feroci ed inudite prove
teramene mi faran vincitore in ogni impresa. dione
dov’è la piaga?Al core. prencipe.Chi cercate?A punto te.
uccisi e dissipati
scena terza Te chiede Eurimedonte e degl’assiri
i custodi soldati,
scena seconda
partì col re. (Teramene) re ti acclama, ti vuole.
(Misena, Teramene, Eritrea)
eurimedonte teramene teramene

partì col re.Codardo, misena Dolce frode, A me tocca l’Assiria, il regno è mio.
che non seguirlo, tu con altre genti Mio sire, quel bel viso che già spento dione
d’un cavalier paventi? la salvatrice tua per tormento Felice il ciel per te risplenda e giri.
esser vogl’io, vien meco; rimirai, lugubre amante, Viva il re degl’assiri.
argeo io senza bellicosi tentativi or spirante
Solo, stanco, ferito, vo’ serbarti a la moglie, al regno, a’ vivi. ne’ suoi fregi a me ritorna; scena quinta
dopo l’esito fier de l’aspra pugna De le mie spoglie adorno, resa adorna
vuoi che ritolto avessi al vincitore regolati del crine i maschi errori di sue spoglie, (Lesbo)
de la tenzon l’onore? e di gemme implicatoli e di fiori, fa’ che baci ancor la moglie. lesbo
Pugnai sin che potei. vo’ trasformarti in femina, così Dove sì frettolosi
Armi, soldati? Olà,
ch’i tuoi fedeli nel felice inganno vanno costoro? S’a pugnar, perduto
laodicea di qua volgete il piè
Ne l’Assiria ti porti, non ti raviseranno. col capitan che è guida hanno l’ingegno;
se di viver bramate. Alcun non v’è.
Ma partiam frettolosi, o re, di qui. non ha rimedio il male, è perso il regno.
dolce consorte, il ciel; raduna l’armi,
Dolce frode, È la fortuna in questo mondo un gioco
ne l’Egitto t’aspetto a liberarmi. eritrea
di bei serti il crin fiorito, dove, quando più crede
Ti seguo. Teramene,
al marito d’aver vinto il rivale il giocatore,
di te mai che sarà?
L’ ER ITRE A 26 27 AT T O T E R Z O
ingannato si trova e perditore. lesbo misena io possa il mio cordoglio,
Se li cangiano in mano dove si trova?Al campo L’aura immortal di questa tua prudente e se, qual aspro scoglio,
le prospere figure con il novo marito. Oh di voi quante incostanza d’affetti mover non ti potranno i miei sospiri,
in orrende sventure. vorrian mutar così sposo ed amante. ogni lugubre e tragico accidente i sfogati martiri
D’aver vinto credea che più fiero minaccia anco tre regni da te, cruda, ascoltati
Sempre il gusto e l’appetito farà svanire, e di due nozze al canto diveran fortunati.
Periandro a la sorte pronto avete,
e perditor si trova in un baleno. imperlerà duo scettri un lieto pianto.
né vi sazia un sol marito! laodicea
Il ciglio suo sereno Indiscrete, eritrea e misena Non son, non son crudele,
la perduta consorte sempre il vago, e senza affetto, Invan col destin ho del tuo duol pietà;
or deve lagrimar torbido e mesto: senza amar, vorreste in letto. si può calcitrar. ma vo’ serbar la fede al mio fedele.
peso così molesto Costanza è mutar
eurimedonte
però l’aver nel gioco uman perduto pensiero e desir
scena settima Barbara fedeltà.
molestar nol dovrebbe; chi sempre languir
(Misena, Eritrea) non vuole, e inciampar Di me più fido
v’è più d’un che vorrebbe,
misena nel terreo camin. non ha Cupido
per dar essilio a le continue doglie,
Con noi costui la vuole; Invan col destin seguace amante.
perdere coi denari anco la moglie. Di me
il più tristo fanciul non vide il sole. si può calcitrar.
Sempre garisce e grida non è
la donna col marito, eritrea scena ottava cor più costante,
e mentre ella s’adorna e s’abbellisce Misena, a Teramene bella severa,
L’essercito egizio con le spoglie della città
per farsi vagheggiare, la nascosta corona, dolce mia fera.
saccheggiata.
vuol che casto e romito suo legitimo erede,
(Eurimedonte, Laodicea) laodicea
stia de’ figli i vagiti ad acchetare. appresenta, rinunzia e dilli come
Non son, non son crudele
Feminil scortesia; sola il piacere la manda a le sue chiome eurimedonte
ho del tuo duol pietà;
del commercio d’amor vorria godere. spirante il re d’assiri. Bella mia, son ferito, aita, io moro.
ma vo’ fida serbarmi al mio fedele.
S’irrita minacciata, Io, da tanti martiri laodicea
peggio divien battuta, combattuta e invilita, Prencipe, se la piaga
eurimedonte

ed al rigido suo che l’ha oltraggiata di Periandro con l’infausto nome Barbara fedeltà.
ch’egro a morte ti rende
fa lunata la fronte, lascio le spoglie e ceder voglio a’ fati da me salubre attende
scena nona
benché brutta e canuta, che nemici ho provati. il balsamo, ella spera
con dolce offese vendicando l’onte. Sprezzatrice scortese la sua salute invano, (Dione, Laodicea, Teramene, Eurime-
del mio prencipe sposo, ah, con ragione non perché in petto alberghi un cor di donte)
Far si devrian di some così amare
come fece colui: gettarle in mare. mi fulmina l’offese [fera, dione
su l’empia testa Anterote e Nemesi. ma perch’al mio diletto Ecco, signor, l’assiro.
scena sesta I strali e gl’archi tesi, votai tutto l’affetto:
laodicea
numi vendicatori s’anco amar ti volessi
(Misena, Eritrea, Lesbo) amar non ti potrei, Anco rubello Teramene io miro?
di miscredenti errori,
misena deponete, allentate; io, rea pentita, gl’affetti non son miei. eurimedonte
E la reina confesso il fallo e publicando il torto eurimedonte
Prencipe amico, ereditario germe
dove si trova? al marito fedele ora mi porto. Lascia almen che sfogare de l’alto diadema

L’ ER ITRE A 28 29 AT T O T E R Z O
de l’impero d’Assiria, a destra inferma laodicea scena undicesima teramene
cadono i scettri; e chi la testa ha scema Costei ch’arreca? Oro da industre mano
(Teramene)
di virtù regia, alfin, stolto tiranno, misena
ridotto in orbe, il cui principio è fine
si fabrica il suo donno. Costei ch’arreca?A pena
teramene e il fin principio, eterni
Effeminato Periandro e vile, Silenzio doloroso, in te si gireranno i miei dolori,
s’era spogliato il re de’ ferrei arnesi,
tante volte protervo, che da cardini svelti e a terra stesi cedi, da’ loco al grido, ed il furore tu la rota sarai de’ moti interni,
perdé così lo scettro; a te virile, fur gl’usci de la stanza, e d’armi piena essanimato, oh dio, m’animi il core. nel volgere perpetua aspri rancori;
o magnanimo spirto, io lo riservo. si fe’; d’armi spietate, Spiriti miei feroci, di te, de le tue gemme
T’innesteran sul crine che le membra reali e disarmate apprestate le faci, sfavillanti e vivaci
i serti imperiali esposte a’ lor furori, ahi, trucidaro. fiamme, fochi voraci più puri ed infocati,
quest’armi e queste schiere ardino per vendetta da queste labra mie ricevi i baci;
eurimedonte
di torreggianti fere. de l’estinta due volte alma diletta o baci sfortunati,
È morto Periandro?
la Fenicia, l’Egitto; il braccio apporti le reliquie baciate
teramene
laodicea stragi vendicatrici, incendi e morti. del dolce ben che mai baciar poteste.
Non del mio re rubello, È morto Periandro?Ah sposo caro, Silenzio doloroso, Stelle, perché tanto ad un core infeste?
non traditor, ma dal destin chiamato mori seco, cor mio. cedi, da’ loco al grido, ed il furore
al vertice di stato, eritrea
misena essanimato, oh dio, m’animi il core.
da te ricevo il regno. Usurpator scortese
Di sì gravosa mole Fatto di sangue un rio, Della mia bella sposa
de’ regni altrui, così virtù s’oblia?
le vene spalancate, sfiorita, essangue imago, ombra
rettor mal cauto e languido sostegno, Lasciala a me, questa corona è mia.
con voci a pena intese e mormorate [adorata,
Periandro infelice Stupido ancor non mi ravisi? Io sono
così mi disse il moribondo: «Prendi tra paci eterne il tuo vagar riposa:
giudicò de le stelle il re dei re. Eritrea ravivata al regno, al trono.
quella corona e a Teramene, al fido formerò di duo regni al capo bello
L’assiria sede è mia s’egli cadé. marito d’Eritrea porgila e rendi: E se legge maligna
illustre monumento, eccelso avello. mi vieta d’impugnar lo scettro aurato,
laodicea a le sue tempie l’usurpai. L’errore Armi, fochi accendete,
Oh de’ regni ingordigia empia ed scusi: l’autor fu de la colpa Amore.» la spada lacerato
desolate, struggete. farà che cada ogni decreto. Noto
[ingiusta, Morì ciò detto. Prendi
Ma cedete ancor voi il mio volto non t’è? Che pensi,
che non fai, che non puoi con le tue l’aurea corona, e le sue gemme e l’oro
per breve spazio, o Furie, al duolo, al [immoto?
[tede! disacerbino in parte il tuo martoro.
[pianto.
Covando il tradimento ardi la fede. eurimedonte Cedete insino a tanto teramene
De le sue tenerezze che lagrimando baci il don reale Stupor, disciolti i sensi
scena decima mi colma in seno la pietà nascente; del mio signor spirato, che legasti, acconsenti
(Misena, Teramene, Eurimedonte, La- ordini miei non fur queste fierezze. del mio sol tramontato. che de’ conforti miei smarriti e spenti
odicea, Dione) laodicea
baci l’ombra amorosa.
Ciel protervo, inclemente, scena dodicesima Oh lagrimata sposa,
misena
perché m’agiti tanto? a consolarmi così tardi ascendi
Funesta messaggiera, (Eritrea, Teramene)
perché così d’un’anima innocente da’ bassi Elisi? Nel tartareo speco
nunzia di casi tragici a te vegno,
ami ’l duol, brami ’l pianto? eritrea vo’ venir, alma bella, a viver teco.
prencipe Teramene.
Già che ’l mio lagrimar tanto t’aggrada, (Eccoti lagrimoso,
teramene vo’ che pianga incessante il doppio lume suscitata Eritrea,
Ohimè vacilla il piè, né mi sostiene. sin che smorzi tua sete un largo fiume. il legittimo vago, il fido sposo.)
L’ ER ITRE A 30 31 AT T O T E R Z O
scena tredicesima risuscitato. Anch’ella torno a quel primo ardor che niconida

(Laodicea, Eritrea, Teramene) con i morti delira, anima bella. [m’infiammò. La genitrice sua, che non volea
viver privata, incanutita al regno,
teramene
laodicea scena quattordicesima con mirabile ingegno
Per aver al mio pianto Del mio penar pietoso, Eurimedonte,
(Eurimedonte, Laodicea, Eritrea, Te- vestir fece il cadavere reale
lagrimoso compagno, da’ regni de le fiamme
ramene) di feminili addobbi e sparse il grido
prencipe, a te ne vegno. mi mandò Radamanto
ch’era morta Eritrea; coprì l’inganno
laodicea la tanto pianta a inaridirmi il pianto. l’età gemella, la sembianza, il panno.
eritrea
Ché vuoi, ben mio, celarti eurimedonte L’egra, fatta già sana,
Prendi, prendi del regno anco a la tua fedele? De la defonta tua real gemella prese, tronche le chiome,
la corona, amor mio, te la ritorno; S’il destin m’è crudele, invan tenti, malvagio, con il purpureo manto,
e viva al sole, al giorno, tu che puoi raddolcire i suoi rigori le sembianze mentire, e con portenti deposto il suo, di Periandro il nome.
ricevi la consorte non mi negar l’amplesso.
che ti tolse la morte e ’l fato avaro. coprire i tradimenti. eritrea
Ohimè, dubbio e perplesso Chi more non risuscita, né mai Così la serie io voglio
laodicea in accogliermi stai? che, forse fatta vidi l’ombre vagar del sole a’ rai. seguir de’ casi miei.
(Oh ciel, questi è ’l mio caro tua rubella mi credi e traditrice?
Al Fenicio chiedei
sotto mentite spoglie.) Ah Periandro mio, scena ultima per sposa questa bella
gelosia che ti dice?
teramene (Dione, Niconida, Misena, Eritrea, Eu- che ti fe’ ribellare al primo affetto,
O vaga, o dolce moglie, eurimedonte rimedonte, Teramene) per torti di ottenerla
parmi ne l’abbracciarti Periandro colei? la speranza, e d’averti io per averla.
eurimedonte
di non palpar fantasme o nudi spirti. Svelato avete il tradimento, o dei. Or, vedendo ch’Aletto
Eritrea sei, d’Amor invece i nostri regni assale,
Con vincoli di mirti Scelerato, qua vieni
e come Periandro ti cedo la rivale.
così ci leghi eternamente Amore. fintoti morto a procurar ch’io mora?
scolpar ti vuoi? Perfido amico, io spiro, E a te chiedo perdono,
Così spira veleni
laodicea tosco più che ti miro. Teramene, signor, d’averti tolto
tra i fior nascosto l’angue
Oh re mio, mio signore, con arti ingiuste e torte
come tu del mio sangue teramene
che fai qui tra nemici? ingiustamente il regno e la consorte.
aspe bramoso tra le rose e i gigli, A difesa del core
che, gl’auguri infelici Prevaricai nocente,
tra le gonne dorate preparati a far strage, o destra forte.
del tuo morir diffusi avverar vuoi? eccomi penitente.
copri, tieni celati
Torna agl’imperi tuoi niconida
del mio morir le brame: ah traditore, misena
e vieni poderoso a liberarmi. (Vedo che vuol la sorte,
del tuo men finto hanno le tigri il core. Che donna sia costei
Saprò vergine bene a te serbarmi. o chi la regge, che si sbenda e scopra
laodicea l’occulta frode di Marsilla, e l’opra.) giustificar vel ponno i lumi miei.
eritrea
Anco sazia non sei Eurimedonte, ascolta e l’ire accheta. teramene
Chi è questa, Teramene,
de l’angosce d’un’alma, empia Fortuna? Sai che l’Assiria legge Fu d’assenzio la frode,
real donzella che suo re mi chiama,
lo scettro a man di donna e toglie e pur la pace che chiedi io ti concedo,
ch’amante mi ragiona? eritrea
[vieta. traditrice diletta e convertita,
Adirar non ti dei,
teramene Periandro morì mentre languia de la vita e de l’alma anima e vita.
da l’imago ingannato,
De la fenicia e lacera corona anco in letto Eritrea.
prencipe: il re d’Assiria estinto giace, laodicea
la sconsolata erede.
viva Eritrea son io, che t’adorò; eurimedonte Sposo fecondo e fertile compagno
Periandro ti crede
la guerra del tuo sen ricalma in pace, I tuoi spergiuri intesi. concesso Amor m’avea.
L’ ER ITRE A 32 33 AT T O T E R Z O
eurimedonte teramene
Oh, sagace Eritrea, Tra cari abbracciamenti Biografie
attonito rimango le memorie perdiam dei rei tormenti.
di tua costanza ai generosi effetti. eritrea
De’ miei cangiati affetti Son viva. Stefano Montanari
a le mutanze, a le memorie io piango. Maestro concertatore e direttore d’orchestra. Diplomato in violino e
Se non posso esser tuo, teramene
pianoforte, si perfeziona con Pier Narciso Masi a Firenze e con Carlo
che ragion, che dover, ch’Amor non vuole, Son viva.Ne godo. Chiarappa a Lugano. Dal 1995 è primo violino concertatore dell’Accademia
t’ammirerò com’ammirar l’uom suole eritrea Bizantina di Ravenna, ensemble specializzato in musica antica, con cui effettua
di lontano le stelle. Son tua. tournée in tutto il mondo. È docente di violino barocco al Conservatorio
eritrea (a Laodicea) di Verona e presso varie accademie di alto perfezionamento e ha di recente
teramene
Voi, voi, sembianze belle, pubblicato un suo Metodo di violino barocco. È da diversi anni direttore
Son tua.Tua mercé.
scusatemi s’in sposo io v’ingannai; del progetto giovanile europeo «Jugendspodium Incontri musicali Dresda-
de le speranze mie mute e secrete eurimedonte Venezia». È stato protagonista nel 2007 del Concerto di Natale e nel 2011 del
la varia e scorsa istoria udito avete. Mio ben. Concerto per la Festa della Repubblica al Senato, dove ha diretto l’Orchestra
Pronubi tutti i dei laodicea
Barocca di Santa Cecilia eseguendo come violino solista Le quattro stagioni
v’acclamano marito Eurimedonte; Mio ben.Mio contento. di Vivaldi. All’attività di solista affianca quella di direttore, ospite regolare di
gl’imperi occidentali e i regni eoi teatri quali il Donizetti di Bergamo (La Cecchina di Piccinni, Così fan tutte
eurimedonte di Mozart, Don Gregorio, L’elisir d’amore e Don Pasquale di Donizetti), la
serbar non pon più degno re per voi.
Mia diva. Fenice di Venezia (Le quattro stagioni di Vivaldi, la Messa in si minore di
laodicea Bach, Così fan tutte di Mozart, L’inganno felice e La cambiale di matrimonio
laodicea
Sterile mio desio, di Rossini, L’elisir d’amore di Donizetti e numerosi concerti sinfonici, tra cui
Mia diva.Mio re.
s’Amor già mi ferì tre Concerti di Natale in Basilica) e l’Opéra di Lione (trilogia Mozart-Da
con infecondi strali e mi tradì, eritrea, teramene
Ponte, Die Zauberflöte, Carmen, Le comte Ory). Ha inoltre diretto Il barbiere
al suo foco mentito e a lui perdono; Il cielo saette di Siviglia a Palermo, Don Pasquale a Novara, L’elisir d’amore a Lucca,
e mentre a te condono, per noi più non ha.
Semiramide riconosciuta di Porpora a Beaune, Don Giovanni a Toronto,
lusinghiero mendace, eurimedonte, laodicea Dido and Aeneas di Purcell, lo Stabat Mater di Rossini e il balletto Casanova
la simulata face, Amor ci promette Remix a Verona, Così fan tutte al Bol’šoj di Mosca. Accanto a quella come
fiamma più propria ravivando in petto tranquilla l’età. direttore e come violinista, intensa è anche la sua attività alla tastiera, come
Eurimedonte per consorte accetto. direttore dal cembalo o dal fortepiano e come accompagnatore su tastiere
eritrea, teramene, eurimedonte, laodicea
eurimedonte Amor, a la fine storiche. Collabora con il jazzista Gianluigi Trovesi, con cui ha partecipato a
Oh suscitato ardore, da l’aspre tue spine importanti festival internazionali.
vivrà tra tue faville la rosa germoglia
salamandra il mio core, e da la tua doglia,
od arderà fenice dolcissimo arciere,
per sorger più felice. ha vita il piacere.
Oh pene fortunate Fortunato quel cor
per te sofferte, l’amarezze Amore che pena per Amor.
ha convertite in nettare e stillate.
Oh pene fortunate. il fine della favola

L’ ER ITRE A 34 35 B I OG RAF I E
Olivier Lexa Giulia Semenzato
Regista. Svolge studi universitari (storia, scienze politiche), teatrali e musicali Soprano, interprete dei ruoli di Iride e di Eritrea. Diplomata al Conservatorio
(violino), diplomandosi alla Sorbona, all’Università di Aix-en-Provence e ai di Venezia, si perfeziona attualmente nel repertorio barocco con Rosa
Conservatori di Parigi e Tolone. Nel 1998 è assistente di Geneviève Hurtevent Dominguez alla Schola Cantorum Basiliensis di Basilea. Ha frequentato le
per Sallinger di Koltès ad Aix-en-Provence, di cui firma anche le musiche. master class di Christopher Robson, Cinzia Forte, Vivica Genaux, Gemma
Nel 1999 è tra i fondatori dell’orchestra Les Folies Françoises, di cui rimane Bertagnolli e Maria Cristina Kiehr. Vincitrice dei concorsi Città di Bologna
amministratore generale per otto anni. Contemporaneamente è impegnato, (Premio Farinelli) e Toti Dal Monte 2012, ha debuttato a Treviso come
dal 2004 al 2007, nell’associazione Les Conversations essentielles a Parigi Elisetta nel Matrimonio segreto, poi riproposto a Ferrara, Rovigo, Lucca e
e a New York, che lotta contro i settarismi con tavole rotonde e concerti in Ravenna. Nel 2013 è stata ammessa all’Académie Européenne de Musique
vari luoghi delle due capitali. Nel 2006 incontra il regista Benjamin Lazar, del Festival d’Aix-en-Provence e selezionata per il ruolo eponimo in Elena di
di cui sarà assistente per tre anni in produzioni liriche e di prosa. Sempre nel Cavalli con Leonardo García Alarcón e la Capella Mediterranea, debuttando
2006 è nominato codirettore del festival Opéra des Rues a Parigi, e dal 2007 a Lilla e Lisbona nell’aprile 2014. Tra gli impegni precedenti, Sandrina nella
al 2010 è direttore generale della Fondazione Palazzetto Bru Zane - Centre Cecchina di Piccinni, Maria nei Due timidi di Rota e Zerlina in Don Giovanni
de Musique Romantique Française. Nel 2010 fonda il Venetian Centre for a Venezia, e concerti con l’Orchestra Barocca di Villa Contarini diretta da
Baroque Music, di cui è tuttora direttore artistico, e nel 2011 pubblica il Alfredo Bernardini e Roy Goodman. Nel maggio 2014 si è esibita sotto la
suo primo romanzo, Morceaux choisis, e il saggio Venise, l’éveil du baroque. direzione di René Jacobs alla Fondazione Cini in un programma di cantate
Itinéraire musical de Monteverdi à Vivaldi, che esce per l’inaugurazione del inedite di Stradella.
Centro. Autore di una biografia di Francesco Cavalli, come specialista di
opera veneziana e direttore del Venetian Centre for Baroque Music collabora Francesca Aspromonte
con musicisti e ensemble quali Les Arts Florissants, Jordi Savall, Leonardo
Soprano, interprete dei ruoli di Nisa, Laodicea e Lesbo. Nata nel 1991, dopo
García Alarcón, René Jacobs, Rinaldo Alessandrini, Fabio Biondi, Gabriel
aver concluso gli studi di pianoforte e clavicembalo entra nella classe di canto
Garrido, Andrea Marcon, Vincent Dumestre, Jean Tubéry, Claudio Cavina.
di Maria Pia Piscitelli. Ha seguito master class con Barbara Bonney, Luciana
A Venezia collabora regolarmente con la Fondazione Pinault, la Fondazione
Serra, Victor Torrez e Gloria Banditelli e prosegue attualmente gli studi con
Prada e la Fondazione Teatro La Fenice. Dal 2012 è membro permanente
Boris Bakow al Mozarteum di Salisburgo. Dal 2012 è allieva di Renata
della giuria del Concorso Internazionale di Musica Antica di Vicenza.
Scotto all’Opera Studio dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Vincitrice
Renato Dolcini del Concorso Città di Paola 2009, si è esibita in Italia e all’estero (Parco
della Musica e Festival Frescobaldi di Roma, Opéra di Vichy, di Montpellier,
Basso, interprete dei ruoli di Borea, Alcione, Niconida e Argeo. Nato a Milano di Versailles, Bozar di Bruxelles, festival di Ambronay, Aix-en-Provence e
nel 1985, laureato in musicologia, studia canto lirico con Vincenzo Manno Brema) collaborando con ensemble specializzati nel repertorio barocco quali
(Accademia del Teatro alla Scala; Scuola Civica di Milano). Nel 2009 e 2010 la Cappella Mediterranea di Leonardo García Alarcón (la Musica nell’Orfeo
si specializza con Cecilia Bartoli alla Gstaad Vocal Academy e dal 2010 di Monteverdi, Rad nel Diluvio universale di Falvetti, Erginda, Giunone e
approfondisce il repertorio barocco con Roberta Invernizzi. Ha all’attivo Castore in Elena di Cavalli) e Concerto Romano di Alesandro Quarta (Maria
produzioni operistiche (Don Alfonso in Così fan tutte allo spazio Assab One Vergine nella Sete di Christo di Pasquini).
di Milano e all’Opera di Tenerife, il conte Robinson nel Matrimonio segreto
a Mantova, Death in Savitri di Holst al Teatro Dal Verme di Milano, Figaro
nel Barbiere di Siviglia a Guastalla) e recital (cantate di Vivaldi e Händel al
Festival BaRoMus di Rovigno, Liederabende a Palazzo Marino di Milano e al
Festival Mozart di Rovereto, arie di Mozart e Ferrari con Claudio Astronio e
la Bozen Baroque Orchestra, duetti da camera di Steffani con Roberto Balconi
e l’Ensemble Fantazyas). Nel 2014 viene scelto da William Christie tra i sei
giovani talenti che frequenteranno la VII edizione di Le Jardin des Voix.

B IO G RA FI E 36 37 B I OG RAF I E
Anicio Zorzi Giustiniani Giulia Bolcato
Tenore, interprete del ruolo di Eurimedonte. Fiorentino, ha studiato violino e Soprano, interprete del ruolo di Misena. Nata a Vicenza nel 1990, nel 2011
canto presso il Conservatorio Cherubini e si è perfezionato con i maestri Lowe, debutta come Mariuccia nei Due timidi di Rota al Teatro Malibran di Venezia.
Ansorena e Cordeiro Opa. Vincitore dei concorsi Pio IX e Toti Dal Monte, Terzo premio al Concorso Musica in Canto 2012 di Jesolo e secondo premio
ha debuttato nel 2001 nel Te Deum di Charpentier al Teatro della Pergola di al Concorso Velluti 2013, ha cantato lavori di Purcell (Belinda in Dido and
Firenze. Ha cantato in importanti teatri italiani (Firenze, Venezia, Verona, Aeneas a Tarvisio, Villach e Castelfranco), Mozart (Susanna nelle Nozze di
Ravenna, Martina Franca, Bergamo, Jesi, Barga) e internazionali (Festival Figaro al Teatro Olimpico di Vicenza), Rossini (Fanny nella Cambiale di
di Salisburgo, Theater an der Wien di Vienna, St. Gallen, Madrid, Liegi, matrimonio al Teatro Malibran, Ninetta nella Gazza ladra al Mainfranken
Nizza, Tolone, Buenos Aires, Muscat) in un repertorio che comprende lavori Theater di Wurzburg), Furlani (la regina nel Vestito nuovo dell’imperatore a
di Monteverdi (Il ritorno di Ulisse in patria), Cesti, Händel (Giove in Argo, Venezia). In ambito sacro ha cantato lo Stabat Mater di Pergolesi a Pordenone
Ezio, Berenice), Scarlatti, Vivaldi, Porpora (Mitridate), Hasse (Artaserse), e il Miserere di Platti e la Cantata BWV 119 di Bach a Villa Contarini e
Galuppi, Haydn (La vera costanza), Mozart (La finta giardiniera, Betulia all’Olimpico di Vicenza.
liberata, Così fan tutte, Die Zauberflöte), Moneta, Rossini (La cambiale di
matrimonio, Il barbiere di Siviglia, Il viaggio a Reims), Mercadante (I due Rodrigo Ferreira
Figaro), Bellini (I Capuleti e i Montecchi), Cilea, Gounod, Lehár (Die lustige
Controtenore, interprete del ruolo di Teramene. Nato a São Paulo, vive a Parigi dove
Witwe). Ha collaborato con direttori quali Muti, Sardelli, Fourniller, Curtis,
studia con Christiane Patard presso il CRR de Paris. Laureato HSBC all’Académie
Cavina, López Cobos, Manacorda, Spering.
Européenne de Musique del Festival d’Aix-en-Provence, ha partecipato alle
prime assolute di Thanks to my Eyes di Oscar Bianchi e Written on Skin di
Elena Traversi
George Benjamin, e ad Elena di Cavalli con Leonardo Garcia Alarcón. Interprete
Contralto, interprete del ruolo di Dione. Diplomata al Conservatorio di Brescia assiduo del repertorio contemporaneo, è stato Re Orso nell’opera omonima di
nel 1996, si è perfezionata con Alain Charles Billard. Nel 2000, vincitrice Marco Stroppa con l’Ensemble Intercontemporain all’Opéra Comique, Albin in
del concorso Primo palcoscenico, debutta a Cesena come Suzuki in Madama
Claude di Thierry Escaich e Robert Badinter all’Opéra di Lione e Woyzeck in
Butterfly. Da allora ha cantato in Italia (Verona, Venezia, Firenze, Bologna,
Chantier Woyzeck di Aurélien Dumont. Con l’ensemble Le Balcon ha cantato
Trieste, Genova, Ravenna, Bari, Cagliari, Reggio Emilia, Ferrara) e in Europa
in prima assoluta per controtenore Le marteau sans maître di Boulez, Les noces
(Francoforte, Madrid, Wexford), collaborando con direttori quali Giulini, De
Bernart, Frühbeck de Burgos, Chung, Palumbo, Dantone, Cremonesi, Luisi, di Stravinskij e Le balcon di Peter Eötvös. In ambito barocco è stato Ritornello
Marcon, Webb, Carminati. Ha interpretato lavori di Monteverdi (Il ritorno nell’Opera seria di Gassmann diretta da Raphaël Pichon e ha tenuto concerti
di Ulisse in patria, L’incoronazione di Poppea), Purcell (Dido and Aeneas), con l’ensemble Desmarest e il clavicembalista Ronan Khalil ad Ambronay, Lille e
Händel (Ariodante), Rossini (L’italiana in Algeri, Il barbiere di Siviglia, Il alla Fondation Polignac con musiche di Sances, Pergolesi, Vivaldi, Bach, Purcell,
turco in Italia, La gazza ladra), Donizetti (Anna Bolena), Verdi (Rigoletto, Dowland e Blow. Col pianista Alphonse Cemin ha presentato il ciclo The Lover
La traviata, Otello, Falstaff), Puccini (Suor Angelica, Manon Lescaut), in the Winter di Adès, i Rückert Lieder di Mahler, Les mirages di Fauré e vari
Zandonai (Francesca da Rimini), Rendano (Consuelo), Gounod (Roméo et Lieder di Strauss. Su invito di Pierre Bergé ha interpretato lo Stabat Mater di
Juliette), Strauss (Capriccio, Salome), Čajkovskij (Evgenij Onegin), Martinů Vivaldi nel funerale di Yves Saint Laurent. Ha collaborato con la coreografa
(Mirandolina), Britten (A Midsummer Night’s Dream), Berio (Folk Songs), Robyn Orlin e con varie compagnie di Teatrodanza.
Vacchi (Flow my Dowland).

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