Un capitalismo pienamente sviluppato può costituire la precondizione per l'unificazione del
proletariato; il compito della socialdemocrazia è quello di sostenere la lotta borghese per la democrazia, ma sempre dal punto di vista dell’indipendenza della classe operaia che deve avere obiettivo finale la liberazione dal lavoro salariato; c'è la necessità di un'organizzazione degli operai di fabbrica che svolga la propria propaganda anche tra agricoltori e artigiani, allo scopo di unificare il proletariato come soggetto rivoluzionario, in quanto sono le condizioni arretrate del capitalismo russo a isolare gli operai dell'industria come avanguardia rivoluzionaria. La teoria presuppone due convinzioni fondamentali: non può esserci movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria; il momento politico deve prevalere su quello economico perché le lotte economiche devono trasformarsi nella decisione politica di conquistare il potere per distruggere l'ordine capitalistico; il partito è il dispositivo che conduce a una sintesi teorica-politica dei bisogni del proletariato portandoli un'espressione generale; c'è bisogno di un'organizzazione centralizzata nazionale che unifichi di tutte le manifestazioni di opposizione politica: teorizza un partito gerarchico fondato sulla professionalità, centralizzazione, divisione del lavoro e guidato da un avanguardia giacobina che disciplini le masse; la lotta economica sviluppa un germe di coscienza di classe (bisogni immediati) e che può maturare nella consapevole elaborazione di partito; il salto organizzativo permette di ricomporre l’unità politica, di sfruttare l'energia politica sviluppata dalle lotte spontanee traducendola nella volontà di un soggetto politico unitario. La precondizione per la disciplina di massa è rappresentata dal sistema della grande fabbrica, il punto più alto dello sviluppo capitalistico russo che rappresenta l'avanguardia del processo rivoluzionario della classe operaia che deve rovesciare la legge dello sviluppo capitalistico sfruttando la sua potenza produttiva per impadronirsi dell'intero processo trasformandolo in senso rivoluzionario. A coloro che sostenevano che il proletariato avrebbe dovuto aiutare la borghesia nella rivoluzione democratica contro l'autocrazia e solo in un secondo momento prendere iniziativa, L. risponde che il proletariato russo avrebbe dovuto realizzare fino in fondo la rivoluzione borghese democratica mantenendone la direzione. Il grado di sviluppo economico della Russia e quello di coscienza delle grandi masse del proletariato rendono impossibile un’emancipazione immediata e che il maturare delle condizioni di essa dipende dal carattere progressivo dello sviluppo capitalistico; il proletariato deve sostenere la rivoluzione democratico-borghese partecipare attivamente pur sapendo che l'abbattimento dell'autocrazia è soltanto un obiettivo provvisorio. Inoltre, il proletariato deve realizzare una dittatura democratica-rivoluzionaria insieme ai contadini per imporre alla borghesia il contenuto politico-sociale più avanzato della democrazia come precondizione del socialismo; così facendo rende la dittatura democratica permanente assumendone il controllo. La rivoluzione del 1905 è stata democratico-borghese per il contenuto sociale, ma proletaria per i mezzi di lotta, soprattutto per quanto riguarda l'insurrezione armata; la rivoluzione diventa strategia insurrezionale il che significa, da una parte, che essa debba appoggiarsi su una classe d'avanguardia e sullo slancio rivoluzionario del popolo e dall’altra, che la socialdemocrazia deve guidare l'energia sovversiva popolare così da incanalarne la potenza sovversiva fino a che l’avanguardia possa concentrarla in insurrezione armata. Rapporto complesso con i soviet: durante la loro nascita, legata all’ondata degli scioperi nel 1905 ritiene che siano utili strumenti di insurrezione, ma che non possono essere trasformati in organo di autogoverno rivoluzione di massa come pensavano i menscevichi; durante la rivoluzione di febbraio del 1917 sono rivalutati come strumenti di dittatura del proletariato, ma solamente nel momento in cui possa essere risolto il dualismo di potere tra i questi e il governo provvisorio; nel momento in cui i soggetti risultano controllati dai menscevichi e dai socialisti rivoluzionari si compromettono con il governo provvisorio e quindi non possono più svolgere una funzione rivoluzionaria; dopo il conseguimento della maggioranza da parte di bolscevichi nei soviet di Pietrogrado e Mosca saranno difesi come organizzazioni statali contro i menscevichi. La guerra è la crisi generale che accelera la rivoluzione perché è imperialistica e l'imperialismo è il capitalismo giunto alla fase di sviluppo in cui In cui ha l'effetto di portare al massimo sviluppo l'unificazione delle condizioni di vita dei popoli e la socializzazione della produzione. Lenin critica la scelta patriottica dei partiti socialisti di proseguire con la guerra che rappresenta la loro rinuncia alla rivoluzione. Il 3 aprile 1917 Lenin torna in Russia e con le sue Tesi d'Aprile lancia la parola l'ordine di “Tutto il potere ai soviet” il ritiro dalla guerra “senza nessuna annessione”, è convinto che l'essere un paese contadino possa conferire alla rivoluzione un carattere tipico facendo un movimento di massa di cui il partito bolscevico sarà alla guida. Comprende che i rapporti di forza fra le classi impongono al proletariato di perseguire l'obiettivo di rovesciare il governo provvisorio- borghese attraverso i soviet e questo perché i essi rappresentano un tipo nuovo di Stato e il loro obiettivo spezzare la macchina di oppressione dello Stato borghese impedendo che la repubblica parlamentare possa tornare alla monarchia. Quindi si tratta di sostituire la dittatura dello Stato borghese con la dittatura dello Stato proletario superando le forme parlamentari e facendo esplodere il conflitto su quale classe dovrebbe esercitare il potere dello Stato. Lo Stato è il prodotto dell'inconciliabilità degli antagonismi di classe ed è impossibile pensare che lo possa rappresentare un interesse generale della società, così come lo è negare il rapporto di continuità tra rivoluzione democratico borghese e proletaria. La conferma di questa teoria è la prima fase della rivoluzione: sconfiggere l'autocrazia, edificare il potere democratico parlamentare che però si rileva come potere particolare della classe borghese e quindi viene isolato per poterlo abbattere dando inizio alla seconda fase della risoluzione (solo la distruzione dello Stato borghese può mettere in movimento il processo rivoluzionario della sua estinzione). Lenin riconosce due fasi della rivoluzione: l’abolizione dello Stato borghese e l’estinzione dello Stato proletario e di ogni Stato. Tra queste esiste una fase di transizione, ovvero la dittatura rivoluzionaria del proletariato che prevede la repressione della minoranza degli sfruttatori e la trasformazione della proprietà privata in proprietà sociale. Durante la dittatura avviene anche il passaggio dalla democrazia capitalistica a una democrazia per il popolo. Lenin distingue il socialismo ingiusto dal comunismo (due fasi): nella prima avviene la socializzazione dei mezzi di produzione, ma rimangono le ingiustizie dovute alla legge del valore, quindi nel socialismo il diritto borghese non è abolito ma solo nella misura in cui mezzi di produzione da privati diventano proprietà comune, così come non è abolito lo sfruttamento del lavoro salariato; la fase transitoria è dominata dalla dittatura ma è anche una fase socialista e la sua prima condizione è l'eliminazione della divisione fra lavoro fisico e intellettuale, mentre la seconda è lo sviluppo delle forze produttive del lavoro.