antichi miti e leggende sui confini del mondo conosciuto, quel limite estremo e invalicabile oltre cui non era possibile spingersi, pena la vendetta divina. Adesso un gruppo di ricercatori in Spagna porta nuova luce sui resti proprio di quelle colonne di Ercole su cui tanto, a cominciare da Dante, la letteratura occidentale si è interrogata.
Un team dell'Istituto andaluso del
patrimonio storico in collaborazione con l'università di Siviglia ha individuato infatti la possibile ubicazione del mitico tempio di Ercole Gaditano a Cadice sulla costa atlantica della Spagna, ritenendo che questo sarebbe stato più grande di quanto originariamente si pensasse, estendendosi più a nord, verso la spiaggia di Camposoto a San Fernando.
Le origini del tempio di Ercole
Gaditano risalgono all'epoca dell'insediamento fenicio nella baia di Cadice: l'informazione viene riportata nella Geografia di Strabone, opera scritta tra il 14 e il 23 d.C., e il santuario noto per essere stato un popolare luogo di pellegrinaggio migliaia di anni fa sarebbe stato visitato anche da personaggi importanti come Annibale e Giulio Cesare. Il tempio doveva essere un insieme di edifici a cui si accedeva attraverso una porta con ai lati due grandi colonne, mentre la facciata recava rilievi con le raffigurazioni delle dodici fatiche di Ercole. Ma la sua posizione era andata perduta e gli archeologi la stanno cercando da anni.
Le informazioni scoperte ora sull'area
e gli ultimi ritrovamenti corrispondono alle notizie sul tempio di Ercole tramandate dagli antichi scrittori dell'epoca. Per confermare i loro sospetti, gli archeologi indagheranno l'area nel tentativo di ricostruire la storia e determinare la cronologia, la tipologia e gli usi di ciascuna delle strutture che hanno scoperto.
I ricercatori del Dipartimento di
Preistoria e Archeologia dell'Università di Siviglia hanno utilizzato un metodo di telerilevamento che ha consentito di individuare quelle che potrebbero essere alcune strutture di grande interesse archeologico nei fondali marini e lungo la costa. Secondo lo studio il sito dedicato al semidio greco sarebbe stato un grande complesso portuale, attivo tra III e I secolo a.C..
L'annuncio della scoperta, arrivato a
metà dicembre a Cadice, sta sollevando non poche perplessità e suscitando un vasto dibattito tra gli accademici spagnoli: c'è chi parla di "archeologia spettacolo" o addirittura di "fanta-archeologia".
"Come ricercatori siamo sempre
molto riluttanti a trasformare l'archeologia in spettacolo, ma in questo caso ci troviamo di fronte a risultati davvero spettacolari" ha detto a El País il direttore del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell'Università di Siviglia Francisco José García. "Abbiamo trovato indicazioni molto ragionevoli, reperti per lo più subacquei che ci portano a credere che ci fossero grandi strutture, tra cui edifici, frangiflutti e possibili moli, tra Sancti Petri e Camposoto", ha aggiunto García. Finora si pensava che il tempio si trovasse solo sull'isolotto di Sancti Petri, nel comune di Chiclana. I progressi tecnologici hanno anche permesso la scoperta di nuovi indizi che finora erano stati solo intuiti, ma mai provati.
L'esistenza di un "porto interno" alla
bocca del canale di Sancti Petri rafforzerebbe ulteriormente questa teoria, che dovrà essere corroborata conclude García con "molto lavoro nei prossimi anni. I risultati che abbiamo ottenuto sono in linea con la tradizione, con tutte le fonti classiche e con la bibliografia esistente. Quello che è stato trovato, quello che dice il terreno millenario e l'ultimo programma informatico si adattano perfettamente a quello che hanno scritto gli antichi a cominciare da Strabone. Parlavano di enormi maree che lasciavano le navi senz'acqua, di colonne che erano da una parte e dall'altra, tra Spagna e Africa; di marinai che aspettavano il ritorno dell'acqua per sollevare le loro navi, di un tempio superbo a cui si prendevano continuamente le misure. In breve, la scienza sta dando ragione alla leggenda. I dati, le scoperte, rafforzano i miti".
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