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La lingua nuova:
Dante e la musica del Duecento
Commedia
Giraut de Bornelh, Bertran de Born, Arnaut Daniel, Folquet
de Marselha, Sordello da Goito
Il corsivo indica gli autori citati sia da Dante sia da Petrarca
estetica registro acuto degli uccelli (olcel sopran) opposto a tutte le contrade di Paradiso risuonano di strumenti
timbrica quello grave delle voci demoniache (vox sotan); cun vox melodïae; i beati cantano ad alta vox de testa
in Paradiso:
dulz versi, canti con delectevre (dilettevole) acordo,
stradulci canti con grand strasonaria (risonanza),
canti stradolcissimi
grotte dotata di canto ammaliatore al pari della classica Sommo Maestro e scossi da correnti di energia in tutte
sirena, ma in alcuni dialetti nord e centro-italici pare le membra – mani, cuore, piedi, occhi – potrebbe sug-
identificabile con l’airone cinerino. L’accezione orni- gerire un’esecuzione quanto mai vibrante, aperta a
tologica è favorita dal contesto in Bonvesin, quella favo- variazioni contrappuntistiche ‘alla mente’ a mo’ di
loso-antropomorfa in Giacomino e in più tarde fonti jam session. La mirabile prosa senza titolo cantata dalle
madrigalistiche dell’Ars nova quali il Codice Vaticano monache davanti a Cristo e alla sua Madre può rispon-
Rossi 215, veneto, e il Panciatichi 26, fiorentino. La dere invece al genere delle sequenze allelujatiche in
musica eseguita dai beati è senza dubbio un organum gregoriano, intonate da un(a) solista in alternanza con
quadruplum, dove il tenor, o vox principalis, è armo- un coro a due voci nota contro nota.
nizzato da un superius all’ottava (in diapason), un altus Altre glosse sparse: il catalogo bonvesiniano dei
alla quinta (in epidiapente) e da un bassus forse alla quarta repertori terreni evoca l’esecuzione pubblica – tipi-
inferiore (in diatessaron). Purtroppo fra Giacomino non camente realizzata da un giullare o cantastorie con
specifica se le tre voces organales procedano unicamente ricorrente intonazione strofica accompagnata da uno
per moto parallelo oppure si concedano melismi strumento a corda – di ‘cantari’ del ciclo carolingio
improvvisati o spunti di moto obliquo e contrario. (cunti de Rolando) e bretone (cunti de luxuria; come le
Sarebbe chiedere troppo, sebbene la successiva descri- vicende di Tristano e Isotta o di Lancillotto e Gine-
zione dei cantori in estasi nella contemplazione del vra). A tali soggetti futili e moralmente pericolosi (cfr.
«Galeotto fu il libro e chi lo scrisse», Inf. V, 137), era di Dante (Convivio III) musica di Casella purtroppo
meglio preferire, deplora tardivamente un dannato, i perduta, ammesso che sia mai esistita. Tutti, compreso
cantari agiografici (de alcun bon sancto). Ancora: le Virgilio e le anime in attesa di salire il monte, ne restano
‘novellette urbane’ paiono rimandare a un repertorio incantati, finché non giunge a rampognarli Catone Uti-
comico-realistico o comunque borghese, di cui è inte- cense, l’austero guardiano del luogo. Nel corso della
ressante la distinzione rispetto a versit (versetti) e can- sua ascesa alle stelle Dante farà altri incontri musicali
zoni ‘di cortesia’, cioè amorose e cavalleresche. di vario livello, come il liutaio Belacqua, uomo di pro-
Tornando al viaggio di Dante nell’aldilà, occorre verbiale pigrizia (canto IV), i trovatori Sordello da
avvertire il lettore che un’accuratissima cartografia Goito (canti VI-VII) e Arnaut Daniel, il quale piange,
delle sue stazioni musicali si trova già in forma di in musica e in lingua provenzale, i suoi peccati: «Ieu
repertorio alfabetico per lemmi nell’Enciclopedia dan- sui Arnaut, que plor e vau cantan» (canto XXVI, 142).
tesca Treccani, imponente impresa interdisciplinare Per non parlare dei molti brani di uso liturgico che
cui lavorarono negli anni Settanta del Novecento i risuonano sulle bocche delle anime purganti; si pre-
maggiori specialisti dell’epoca. sume in canto gregoriano, ma talora a voce sola, talal-
Come nei poemetti di Bonvesin e Giacomino, non tra come coro all’unisono, in alternanza antifonica o
ci sono musicisti all’Inferno. Il mitico cantore Orfeo in combinazione di soli e coro. Evidente la loro fun-
sta nel Limbo a fare anticamera con gli spiriti magni zione catartica, volta perlopiù a cancellare i residui
che non conobbero Cristo: l’élite morale e intellettuale dei peccati commessi meditando sulle virtù contrarie
del mondo classico da Omero a Giulio Cesare e Vir- e sulla divina misericordia. Il loro catalogo include
gilio, più due musulmani come Averroè e il Saladino. l’antifona mariana Salve Regina, due antifone per il
Alloggiati in un confortevole castello, sono in preda proprium Missae, tre citazioni dall’ordinarium e altret-
a un «duol sanza martìri» (Inf. IV, 28) ; dopo il giorno tanti inni, sei salmi, due allusioni parafrastiche alle
del giudizio potranno sperare nell’amnistia (apokatà- litanie dei santi e a un responsorio basato sul Cantico
stasis)? Dante evita di pronunciarsi su tale antica tesi dei cantici. Nel 13° sec. era ancora lontana la tipizza-
teologica sospetta di eresia. Di dannati a pieno titolo zione unica del rituale romano; arduo immaginare
c’è solo Bertran de Born, il cavaliere-trovatore che quali intonazioni e quale stile melodico (sillabico,
aveva abusato della propria arte per spingere alla guerra semiornato o melismatico) Dante avesse in mente di
civile il regno d’Inghilterra. Lo troviamo nel girone volta in volta. Magari a partire dalla sua esperienza di
dei «seminator di scandalo e di scisma» in compagnia cristiano fiorentino praticante, visto che i suoi scritti
di Maometto e altri eresiarchi; passeggia e si lamenta teorici non contengono accenni in materia.
reggendo in mano la propria testa recisa (Inf. XXVIII, Un salto di qualità avviene con l’entrata nel Para-
112-42). diso terrestre, e poi con l’ascesa lungo i nove cieli mobili
La non musica infernale è riservata al gigante Nem- del Paradiso vero e proprio dove ormai tutto è musica
brod, il progettista della biblica torre di Babele. Sof- («la dolce sinfonia di Paradiso» evocata in XXI, 59).
fiando nel suo smisurato corno costui produce un Proseguono beninteso i canti liturgici e le monodie in
rumore più forte di ogni tuono, poi lancia orrendi latino e in volgare; anzi cantano un po’ tutti: dagli
vocalizzi in un gergo dalle vaghe assonanze semitiche «augelletti per le cime» ai ventiquattro seniori, da Pic-
ironicamente paragonato a un salmo (Inf. XXXI, 67- carda Donati a Matelda e alla biblica Lea, sorella di
69). E in chiusura del XXI canto udiamo lo scambio Rachele, dal trisavolo Cacciaguida degli Alighieri a
di segnali paramilitari fra il caporale Barbariccia e i san Pietro e a Giustiniano. Ed è proprio l’antico basi-
suoi diabolici soldati: «Per l’argine sinistro volta dienno; leus bizantino che, in apparenza ben informato sugli
/ ma prima avea ciascun la lingua stretta / coi denti ultimi progressi dell’arte, rende conto al Poeta del-
verso lor duca per cenno; / ed elli avea del cul fatto l’uguale felicità di tutti i beati, anche i meno vicini a
trombetta» (136-39). Fanfara di pernacchi con peto Dio: «Diverse voci fanno dolci note; / così diversi scanni
solista; l’ignobile concerto evoca nell’immaginazione in nostra vita / rendon dolce armonia tra queste rote»
del Poeta un affresco alla futura maniera di Ambro- (VI, 124-26). Danzano pure, come le tre ancelle di
gio Lorenzetti: eserciti in marcia fra castelli e navi, Beatrice che nel canto XXXI del Purgatorio intrec-
battaglie e tornei combattuti a suon di trombe, cam- ciano un «angelico caribo», una danza in tondo certo
pane, tamburi e cennamelle (Inf. XXII, 1-12). Pezzo molto somigliante al genere profano e amoroso della
di bravura descrittiva concluso da uno sberleffo che canzone a ballo. E continuano i richiami al trobar pro-
schernisce la natura ‘diversa’ – cioè strana, insolita – venzale; uno palese, l’incontro con Folchetto da Mar-
di quella cennamella corporea. siglia (canto IX), l’altro occulto (XX, 73-75) dove
La magia della musica ricompare solo nel secondo Dante riecheggia la quartina iniziale della più celebre
canto del Purgatorio, dove il primissimo incontro di canso di Bernart de Ventadorn: «Can vei la lauzeta
Dante è con un caro amico: il musico Casella. Una rim- mover / de joi sas alas contra·l rai, / que s’oblid’e·s laissa
patriata che è una discreta autopromozione, giacché il chazer / per la doussor c’al cor li vai»; nella parafrasi
vivo prega il morto di cantargli qualcosa, e la scelta dantesca in terzine: «Quale allodetta che ’n aere si spa-
cade proprio su Amor che nella mente mi ragiona, parole zia / prima cantando, e poi tace contenta / de l’ultima
dolcezza che la sazia». Oltre un secolo dopo la morte Il passo dantesco in questione, tuttora al centro di
dell’autore originale, la stupenda canzone della lodo- recentissimi dibattiti, parla di «cantar con organi», prassi
letta continuava a circolare, come attestano le molte che lo studioso statunitense riferiva non già allo stru-
fonti manoscritte e i rifacimenti in più lingue, anche mento bensì all’organum vocale polifonico. Sullo sfondo
in grazia della sua ‘moderna’ gravitazione cadenzale e del suo deciso riduzionismo stava la denuncia di un
di una melodia continua ricca di espansione lirica pur deserto di fonti italiane in notazione polifonica fra il
entro un ambito che eccede di poco l’ottava. Codice laurenziano plut. I/29, collezione di organa e
La vera novità della musica paradisiaca sta però conductus di provenienza parigina databile fra 1245 e
nella sua dimensione polifonica, dalle forme più anti- 1255, e i primi testimoni di un’Ars nova italiana nata
che (bordone, discanto) fino a ipotesi di contrappunto verso il 1330 a partire dalle figure di Giovanni da Cascia,
più moderne o addirittura futuribili adombrate in allu- Jacopo da Bologna e i due padovani Bartolino e Gra-
sioni che hanno destato accese controversie fra gli ese- zioso. Non una ma due Artes novae, due correnti distinte
geti a causa di una terminologia elusiva, circa la quale e distanti per forme metriche, sistemi di notazione, lin-
Guido Salvetti fa però sensatamente notare: «la pre- gua dei testi intonati: l’italiana influenzata da moduli
sunta genericità di tali riferimenti, determinata in trobadorici e popolari, la francese derivata per li rami
primo luogo da un linguaggio non tecnico, è spesso dalla precedente scuola ecclesiastica di Notre Dame.
riducibile a brevità e laconicità» (1971, p. 162). E di La questione si riaprì nel decennio successivo con
rincalzo Giulio Cattin: «nel Duecento in Italia non era la scoperta di documenti toscani e veneti circa prati-
nota una denominazione univoca e comune a tutti per che di polifonia sacra cui Dante dovette essere espo-
indicare l’esecuzione a più voci» (1995, p. 44). sto sin dagli anni fiorentini, e ancor più nelle sue pere-
grinazioni di esule (v. in particolare Cattin 1995 e
1998). Ciò anche a prescindere dalla sua ambasceria
La polifonia in Dante: vecchie alla corte pontificia, dove Bonifacio VIII, cui fin dagli
interpretazioni e nuovissime polemiche anni universitari era familiare la via di Parigi, colle-
zionava codici di organa, conductus e mottetti in nota-
Dante moriva nella notte fra il 13 e il 14 settem- zione mensurale francese. Vero è che teneva a libro
bre 1321. E qui c’imbattiamo in un’insidia della sto- paga Bonaiuto da Casentino, modesto seguace del-
riografia manualistica e delle sue pur utili periodiz- l’Ars antiqua del quale è nota una curiosa sequentia a
zazioni. Al triennio 1319-21 risalgono i due trattati due voci (Haec medela corporalis) per allietare una
Notitia artis musicae di Johannes de Muris e Ars nova seduta purgativa del suo signore secondo il concetto
di Philippe de Vitry, da cui si fa datare la sistemazione già esposto di musica humana. Dopo l’esilio anche
teorica di un nuovo stile musicale e di un sistema di Dante fu a Parigi? Lo credeva Giovanni Villani pare
notazione mensurale atto a registrarlo. Ars nova /Ars confermarlo un passo in Par. X, 133-38. Certo è che
antiqua, così come in campo poetico si era parlato di i suoi spostamenti fra il Veneto e la Romagna si sovrap-
«dolce stil novo»; ed è ironico che quest’ultima defi- pongono alla carriera del teorico e compositore d’avan-
nizione Dante la faccia coniare a titolo di pentimento guardia Marchetto da Padova. Due i periodi di spe-
postumo da un esponente della vecchia scuola siculo- ciale interesse: a Padova nel 1305-08 e a Verona nel
toscana: il già citato Bonagiunta Orbicciani. Se, come 1309-18. Per il primo si segnala l’inaugurazione della
opinano le cronologie più attendibili, l’ultima cantica Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto (25
della Commedia fu composta fra il 1316 e il 1320, marzo 1305), cui forse rimanda il mottetto politestuale
quanto di quella formidabile rivoluzione musicale a tre voci di Marchetto Ave Regina celorum / Mater
avrebbe fatto in tempo a filtrare nei suoi versi? Molto, innocencie. Circa il secondo abbiamo la testimonianza
aveva affermato sin dal 1904 Arnaldo Bonaventura, di ‘Immanu’el ben Šelomoh alias Manoello, poeta
erudito bibliografo e critico musicale livornese, alli- giudeo-romano che descrive con floride onomatopee
neando un’ampia scelta di passi. Nulla o quasi, soste- le attività musicali e il clima cosmopolita presso la cor-
neva la potente musicologia anglofona di metà Nove- te di Cangrande Della Scala. Il suo poemetto intitolato
cento, certo più versata nello spoglio delle fonti Bisbidis (dopo il 1312) si compone di 53 quartine ani-
musicali che non nell’esegesi dei testi in lingua ita- sometriche in stile giullaresco. Vi compaiono fra l’al-
liana antica o moderna. tro «Viole et flaùti / voci alt’ e agute» (ancora l’estetica
Per tutti Leonard Ellinwood affermava ore rotundo timbrica di Bonvesin e Giacomino!); poi «bon cantori
a proposito di Dante: con intonatori», «trovatori» e torme di «Tedeschi / Latini
Le allusioni alla musica nelle opere minori parlano et Franceschi / Fiammenghi e Ingheleschi».
di molti aspetti della musica profana, ma descrivono In tale crogiolo multiculturale poteva mancare a
le monodie del secolo precedente. A parte la soprad- Dante, ospite stabile in quella corte, l’occasione di
detta citazione [Purg. IX, 144] non esistono riferi- familiarizzare con le ultime tendenze della musica
menti che possano rimandare alla nuova polifonia d’Oltralpe? Vien voglia di dar ragione a Francesco
descritta dagli autori successivi (The new Oxford Ciabattoni, il giovane italianista che nel suo volume
history of music, 3° vol., 1960, p. 40). Dante’s journey to polyphony (2010) sostiene con gran
copia d’indizi e profusa rassegna delle più recenti sco- ‘mirabili proportione’ con le altre. In subordine,
perte archivistiche: aggiungiamo noi sempre restando nel futuribile, si
potrebbe anche intendere: due ‘ternari’ angelici can-
Le prove storiche e musicologiche ci dicono come
Dante fosse talmente esposto alla polifonia che in tano all’unisono e uno a tre voci; totale cinque.
effetti dovremmo stupirci se egli non avesse fatto del Sulla scorta di altri commentatori coevi e del senso
canto polifonico un elemento importante del suo comune, Ciabattoni (2010, p. 167) scarta la suddetta
poema (p. 11). ipotesi di Bonaventura come «disgraziata» (ill-fated),
preferendo parlare di organum a tre voci. Quanto a
Ma gli dà sulla voce il collega Riccardo Drusi Drusi (2013), non pare considerare con serietà nep-
(2013), diffidente verso il paradigma indiziario e soste- pure la versione più prudente. Per lui non uno solo
nitore di una scepsi da advocatus diaboli cui non sono dei primitivi esegeti della Commedia
estranei il cavillo retorico e il sarcasmo.
ha il potere di smentire categoricamente un eventuale
Non senza buoni argomenti, Ciabattoni si difende
correlativo polifonico dei passi danteschi; ma proprio
dal suo critico in un successivo saggio monografico perché rappresenta l’approccio alla Commedia da parte
(2015); entrambi i duellanti sono armati di vasta eru- di quelli che lo stesso Dante poteva presumere sareb-
dizione e vigore argomentativo, sicché si presume che bero stati i suoi lettori ideali [sic!], quanto a equipag-
lo scontro possa continuare a beneficio della loro repu- giamento dottrinale, ciascuno di questi esegeti per
tazione accademica oltreché, in via subordinata, della proprio conto rivela nella sostanziale indifferenza per
problematica in oggetto. Dai primi fendenti par piut- l’una o l’altra possibile connotazione musicale, melo-
tosto di rivivere le dispute della Scolastica fra realisti dica o polifonica che voglia essere, la parallela irrile-
e nominalisti: nei superstiti tronchi di una foresta vanza della connotazione stessa in rapporto agli obiet-
disboscata dal tempo Ciabattoni scorge il piano pre- tivi semantici del testo (p. 46).
stabilito di un bel giardino alla francese; Drusi un
ammasso pietrificato di fenomeni dalla consistenza Meglio una sintesi ambiziosa, benché ipotetica e
impenetrabile. Anche per il secondo esisterebbe nella largamente rivedibile, o la tabula rasa? Al paziente
Commedia una sola attestazione univoca di polifonia, lettore che fin qui ci ha seguito porgiamo pochi essen-
ma – diversamente da Ellinwood – egli la colloca in ziali sussidi bibliografici onde possa evadere dalla selva
Par. VIII, 17-18: «e come in voce voce si discerne / oscura della ‘semiosi ermetica’ (copyright Umberto
quand’una è ferma e altra va e riede». Meno sicura Eco) senza farsi sbarrare il passo dalla lonza del pen-
ritiene quella di Purg. XXVIII, 16-18, dove si men- siero debole.
ziona un elementare discanto fra i gorgheggi degli
uccelli e il ‘bordone’ (ecco un termine tecnico!) tenuto
dallo stormire delle foglie. Bibliografia
E l’Osanna dei nove ordini angelici cantato «con
tre melòde, che suonano in tree / ordini di letizia onde A. Bonaventura, Dante e la musica, Livorno 1904 (rist. anast.
Sala Bolognese 1978).
s’interna» (Par. XXVIII, 119-20)? L’esegesi letterale N. Pirrotta, Ars Nova e stil novo, «Rivista italiana di
offertane da Bonaventura (1904, pp. 127-28) vi scor- musicologia», 1966, 1, pp. 3-19.
geva «nientemeno [che] un coro a 9 parti reali», ossia N. Pirrotta, Dante ‘musicus’. Gothicism, scholasticism, and
un organum a nove voci. Passeranno ancora tre secoli music, «Speculum», 1968, 43, pp. 245-57 (trad. it. in N.
prima che la musica dei mortali possa realizzare cotanta Pirrotta, Musica tra Medioevo e Rinascimento, Torino
impresa, eppure si sa che a Dio nulla è impossibile, e 1984).
Enciclopedia dantesca, Istituto della Enciclopedia Italiana, 6
del resto non mancavano certo a Dante le facoltà di
voll., Roma 1970-1978, ad voces.
estrapolazione visionaria dal dato empirico. Inoltre, G. Salvetti, La musica in Dante, «Rivista italiana di
un tenue appoggio si potrebbe cercare nel trecente- musicologia», 1971, 6, pp. 160-204.
sco Comentum di Benvenuto Rambaldi da Imola, dove G. Cattin, Il Medioevo I, in Storia della musica, a cura di A.
«omnes angeli dictorum novem ordinum [...] cantabant, Basso, 1° vol., parte II, Torino 1979.
hosanna, idest, salvifica, quia omnes praecantur salu- G. Cattin, “Secundare” e “succinere”: polifonia a Padova e
tem omnium» e il secondo ‘ternaro’ angelico, formato Pistoia nel Duecento, «Musica e storia», 1995, 3, pp. 41-
120.
da Dominazioni, Virtù e Potestà, G. Cattin, Novità dalla cattedrale di Firenze: polifonia, tropi
cantat hosanna, sicut et alii de aliis choris, [...] con tre e sequenze nella seconda metà del XII secolo, «Musica e
melode, scilicet, trium cantuum, quia omnis ordo facit storia», 1998, 6, pp. 7-36.
R. De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella Divina
suum cantum distinctum [...] qui tamen omnes mira- Commedia, Fucecchio 2000.
bili proportione conveniunt et consonant (a cura di F. Ciabattoni, Dante’s journey to polyphony, Toronto 2010.
G.F. Lacaita, 5° vol., 1887, pp. 417 e 419; il corsivo R. Drusi, Musica polifonica nella Commedia: indizi storici e miti
è nostro). storiografici, «L’Alighieri», 2013, 53 (42 n.s.), pp. 5-58.
F. Ciabattoni, Il dolce ruggito del tuono: per un’interpretazione
Ergo, se tutti cantano a pro di tutti, ognuno dei di Purgatorio IX 144 e Paradiso XVII 44, «Dante e l’arte»,
nove ordini avrà la sua melodia distinta e consonante 2015, 2, pp. 65-86.