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Le tappe della pedagogia speciale

Itard e il ragazzo selvaggio


Introduzione
Nella Francia del 1797, avvistato un ragazzo “selvaggio” in un bosco.
Catturato nel 1800, viene affidato a Sicard.
Affidato poi a Pinel, che lo considera un ritardato irrecuperabile.
Nel 1801 viene affidato a Itard che non lo ritiene ne un malato mentale e ne un idiota.
Nel 1811, viene affidato a Madame Guèrin che se ne occupa fino al 1828, anno della sua morte.
Jean Marc Gaspard Itard
Nato a Parigi nel 1774 e muore nel 1838.
Medico, pedagogista e educatore francese.
Considerato padre fondatore della pedagogia speciale.
Lavora presso l’Istituto nazionale dei sordo-muti di Parigi insieme all’abate Sicard.
Pubblica due memorie riguardanti gli anni passati con Victor, il ragazzo “selvaggio” dell’ Aveyron.
Pubblicherà altre 2 opere riguardanti l’interazione tra i fenomeni fisico-organici e quelli psicointellettuali.
Cerca di rispondere agli interrogativi posti da Rousseau.
Victor, il ragazzo “selvaggio”
Soggetto che visse la sua infanzia allo stato animalesco.
Presenta molte cicatrici e ferite sul volto.
Non presenta nessuna forma di comportamento civile.
Analisi medica di Pinel 🡪 soggetto con funzioni sensoriali poco sviluppate.
Incapace di esercitare una funzione intellettuale ed è privo di sentimenti.
Perchè è cosi? È Già nato così?
Pinel: - Soggetto malato mentale o idiota.
- Forse abbandonato dai genitori per questo motivo.
- Non può essere soggetto a un trattamento pedagogico.
Itard: - Il soggetto non aveva anomalie genetiche
- Non era imbecille
- Può essere soggetto a un trattamento pedagogico.
- In quest’ottica gli da il nome di Victor.
Ci sono stati due momenti: quello cattura e quello della visita.
Obiettivi di Itard
Era interessato al ragazzo e fece di tutto per prenderlo in casa con sé e di studiarlo.
4 Obiettivi per Victor: Inserirlo nella vita sociale.
Risvegliare la sua sensibilità nervosa.
Aumentare i suoi rapporti con le altre persone.
Insegnargli a parlare.
Avvia un lavoro sistematico e rigoroso di 5 anni.
Percorso educativo di Victor
Itard gli insegna la posizione eretta e a camminare.
Lo abitua gradualmente alle temperature, passando dalla vasca con acqua bollente a lasciare la finestra
della sua camera aperta per fargli imparare l’utilità dei vestiti.
Costruisce materiale pedagogico partendo da una logica di natura visiva, cercando poi di fargli associare il
disegno alla parola.
Costruisce un alfabetiere in legno mettendo le lettere in ordine e poi disordinandole per indurlo a
riconoscere l’alfabeto.
Lo sviluppo cognitivo: udito e linguaggio
Il nome Victor perché prima di tutto è sensibile al suono della lettera “o”, successivamente cercando tra i
vari nomi si gira solo al nome Victor.
Reagisce quando viene chiamato o quando un oggetto cade dietro di lui.Nel film, si capisce che non è sordo
quando riproduce i suoni degli strumenti musicali (tamburo e campanella) prima prodotti da Itard.
Attraverso il rinforzo, prima cerca di fargli dire la parola “latte” per poi fargliela scrivere con le lettere.
Lo sviluppo cognitivo e morale: l’intelligenza
Grande senso dell’ordine
Itard lo considera un inventore perché costruisce un porta-gessetti.
Inventa una strategia per mettere in ordine le lettere nell’alfabetiere, senza imparare il vero ordine
dell’alfabeto.
Senso morale
Applica la logica del rinforzo.
All’inizio premia ogni azione giusta, mentre punisce ogni azione sbagliata.
Per vedere se aveva il senso di giustizia, lo punisce dopo un’azione giusta per capire se Victor si sarebbe
ribellato.
Risultati raggiunti
Risultati raggiunti: camminare, mangiare con le posate, riconoscere e associare i suoni agli oggetti, a livello
di percezione sensoriale differenza caldo/freddo, impara a vestirsi, capisce differenza tra giusto e
sbagliato, riesce a esprimere le proprie emozioni, pronuncia qualche monosillabo
Obiettivi mancati: Imparare a parlare, costruire rapporti sociali, acquisire competenze legate all’astrazione.
Conclusioni
Quindi l’uomo può o no essere educato allo stato di natura?
Itard prende le distanze da Rousseau, perché il primo pensa che l’uomo non possa essere educato allo stato
di natura.
Lo sviluppo psico-fisico deve avvenire nell’età evolutiva.
Ci sono differenze con l’Emilio di Rousseau?
Si ci sono differenze, perché Victor vive allo stato brado e non è affiancato da un adulto, cosa che prevedeva
Rousseau.

Edouard Sèguin
Nato a Clamecy nel 1812 e morto nel 1880.
Studi presso Collège d’Auxerre e Lycèe Saint-Louis (Parigi).
1837 diventa allievo di Itard.
1840 fonda prima scuola privata per bambini disabili a Bicetre.
1846 “Traitement Moral, Hygiène et Education des Idiots”.
Si trasferisce negli Stati Uniti dove fonda istituti per “idioti”.
“Traitement Moral, Hygiène et Education des Idiots et des autres enfants arrières”
Lo scrive dopo aver lavorato con bambini considerati “idioti ed epilettici”.
Bambino: debole nella sua mobilità e sensibilità, debole nella sua percezione e ragionamento, debole nella
sua affettività e volontà.
Si tratta di “partire da quello che il bambino sa e può, per condurlo passo passo al conosciuto e al possibile
di tutti”.
Bisogna far giungere il bambino alla consapevolezza della propria unità fisica e del proprio schema
corporeo.
Per promuovere l’educazione sensoriale, motoria e gli apprendimenti astratti è necessario utilizzare un
materiale educativo specifico (giochi per distinguere i timbri di voce, odori, sapori…)
Metodo fisiologico punta a riattivare con interventi mirati:
Educazione muscolare (esercizi per stabilità, posizione eretta, prensione …), educazione sensoriale (collega
le operazioni dei sensi e dell’attività mentale), alfabetizzazione (considera limiti degli allievi e dei possibili usi
pratici), trattamento morale ( esercizio della volontà ad un uso più completo e corretto dell’intelligenza).
Diventa fondatore dei “metodi attivi”.
Nella pedagogia di Sèguin è fondamentale l’idea di contesto entro cui il bambino è inserito, sia nella
relazione con l’educatore, sia nelle attività del bambino.
La storia clinica di Paul
Bambino di 5 anni e mezzo, cranio un po' largo, fronte schiacciata, deformazione labbra, estremità corpo
corte e gli organi della parola difettosi. È affettuoso, allegro, no crudele né aggressivo e non ha infermità
notevoli. Il suo stato non era cambiato dall’età di 3 anni.
In generale non rivelava i disordini nervosi caratteristici dell’idiozia quindi capì che era un bambino
semplicemente ritardato.
Con l’aiuto del medico curante gli prescrisse una nutrizione sapida, bagni tiepidi prima di dormire,
passeggiate regolari, igiene opportuna. Richiamo l’attenzione sui colori, lo fece disegnare figure solide per
poi riconoscerle e imparò le lettere per imitazione.
Per sviluppare la voce e l’articolazione gli fece fare esercizi che durarono quasi 1 anno prima di dare risultati.
Paul ebbe bisogno delle cure di Sèguin per 3 anni: all’età di 8 anni ha cominciato ad imparare le cose che
vengono insegnate a tutti i bambini.
Contesto storico
Con il 700’ e la prima metà del 800’ le persone diversamente abili vengono gradualmente distinte in “folli” e
vengono definiti come portatori di deficit sensoriali o intellettivi.
Nascono così modalità di intervento specifiche e si moltiplicano le istituzioni specializzate nelle attività di
recupero per bambini anormali.
“LO SCOPO DELL’EDUCAZIONE, LUNGI DALL’ESSERE LA PASSIVITA’, E’ LA LIBERTA’, E LA PRIMA CONDIZIONE
PER ESSERE LIBERO E’ DI VOLERLO”.

Maria Montessori (1870-1952)


“Il bambino è insieme una speranza e una promessa per l’umanità”.
1900 > Inizia una ricerca nel manicomio Santa Maria della pietà a Roma dove convivevano adulti e bambini
con disturbi mentali anche profondamente gravi, in un ambiente quasi totalmente privo della dimensione
affettiva. I reparti pediatrici inizialmente erano due, uno per bambini “tranquilli” di 50 posti e l’altro per
bambini “sudici” di 40 posti. Successivamente aprirono il padiglione 90 e il reparto pediatrico ospitava in
totale 3758 bambini.
La sperimentazione
Maria sviluppa un trattamento alternativo, questo metodo viene applicato sperimentalmente a tutti i
bambini fornendo l’evidenza che i classici strumenti dell’apprendimento passivo e mnemonico non erano
abbastanza efficaci. Dopo numerosi tentativi, anni di osservazione e prove sul campo, la Montessori arriva
così ad elaborare un nuovo e innovativo metodo educativo per i bambini disabili volto a stimolare la voglia
di crescere dei fanciulli che si rivela migliore delle tradizionali cure mediche.
Il metodo Montessori
Uno dei concetti basilari del metodo è centrato sulla constatazione che i bambini hanno fasi di crescita
differenziate, in cui sono più propensi a imparare alcune cose per trascurare delle altre. Da qui ecco allora
una differenziazione dei piani di studio e di apprendimento. I risultati del metodo sono molto efficaci, in una
prova infatti i bambini disabili ottengono un punteggio più alto di quelli considerati <<normali>>. Nel 1904 la
Montessori applica il suo metodo a tutti i bambini, iniziando a occuparsi dell’organizzazione educativa degli
asili infantili. Nel 1907 apre la prima <<Casa dei Bambini>> un centro destinato all’educazione secondo il suo
originale metodo che accoglieva i figli delle famiglie operaie.

Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948


Un quadro generale
La Dichiarazione universale dei diritti umani venne adottata il 10 Dicembre 1948 dall’Assemblea generale
delle Nazioni Unite. È il primo documento che riguarda i diritti di tutte le persone del mondo senza
distinzione. Diritti di cui ogni essere umano può godere per la sola ragione di essere al mondo.
 La Dichiarazione è composta da un preambolo e 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici,
economici, sociali e culturali di ogni persona.
Un po' di storia
Nel 1946 viene iniziata la stesura della Dichiarazione per poi essere confermata nel 1948.
La Dichiarazione venne stilata dalla commissione dei Diritti Umani, un comitato creato dal Consiglio
economico e sociale delle Nazioni Unite e composto da membri provenienti da otto stati, selezionati sulla
base del criterio della più ampia rappresentatività geografica. La Commissione dei Diritti Umani, così
composta, era presieduta da Eleanor Roosevelt, attivista politica e sostenitrice dei diritti umani.
Il preambolo
Il preambolo della dichiarazione riconosce il valore intrinseco di ogni uomo, sottolineando che la dignità di
ciascun membro della “famiglia umana” costituisce la base della libertà, giustizia e pace nel mondo.
L’articolo 1 e 2 stabiliscono i concetti fondamentali di dignità, eguaglianza, libertà e fratellanza senza
distinzione alcuna, che costituiscono la chiave di volta dell’intero documento.
Gli articoli 3-11 stabiliscono altri diritti individuali.
Nell’articolo 3 si stabiliscono altri diritti individuali quali: diritto alla vita, alla libertà e sicurezza, diritto di
ogni uomo a non essere schiavo e sottoposto a torture e punizioni.
L’articolo 9 dice che nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato; di
conseguenza gli articoli 10 e 11 citano il diritto dell’uomo ad avere un’equa e pubblica udienza davanti ad un
tribunale, e che se l’individuo fosse accusato di reato sarà presunto innocente sino a che la sua colpevolezza
non sia legalmente provata in un pubblico processo.
Gli articoli 12-17 stabiliscono i diritti dell'individuo nei confronti della comunità.
L’articolo 14 parla del diritto di ogni essere umano di non essere perseguitato in altri paesi, con possibilità,
non essendo, ricercato per reati, di poter invocare il diritto di asilo.
L’articolo 16 stabilisce il diritto al matrimonio e di avere una famiglia; tutti gli individui possono sposarsi
senza limitazioni di razza, cittadinanza o religione
Gli articoli 18-21 hanno il tema delle libertà fondamentali.
Si identificano le libertà:
- di pensiero, coscienza e religione
-di riunione ed associazione pacifica
il diritto:
- di partecipare al governo e di accedere ai pubblichi impieghi
Articoli 22 - 27 — diritti economici, sociali e culturali In particolare si parla di: - diritto alla sicurezza sociale
(art 22) - diritto al lavoro (art 23) - diritto al riposo e allo svago (art 24) - diritto all’istruzione (art 26)
Gli articoli 22- 27 trattano di diritti economici, sociali e culturali.
In particolare si parla di:
-diritto alla sicurezza sociale
-diritto al lavoro
-diritto al riposo e allo svago
-diritto all’istruzione
Gli articoli 28-30 trattano di applicazione della dichiarazione.
- Ogni individuo ha: dei diritti e dei doveri, le uniche limitazioni sono imposte dalla legge per il rispetto dei
diritti altrui.
-Ciò che viene enunciato non può essere interpretato per distruggere i diritti e le libertà della dichiarazione.
La Dichiarazione universale dei diritti umani venne votata dall'assemblea formata in quel momento da 58
paesi:
-48 di essi si dichiararono a favore e firmarono il documento
-8 paesi si astennero
-2 paesi non parteciparono al momento del voto
-nessun paese votò contro.
La dichiarazione ha ispirato per la stesura di alcuni patti successivi come:
-il Patto internazionale sui diritti civili e politici.
Nei decenni trascorsi dalla sua adozione, la Dichiarazione si è evoluta, passando da strumento non
giuridicamente vincolante a perno del sistema internazionale della protezione dei diritti umani.
Particolarmente significativa è stata la produzione internazionale normativa rivolta alle donne. Le Nazioni
Unite hanno infatti riservato negli ultimi decenni alle donne un numero consistente di raccomandazioni e di
dichiarazioni.
A proposito di questo, anche all’interno della stesura della stessa Dichiarazione il ruolo delle donne è stato
fondamentale. In particolare Eleanor Roosevelt.

Dichiarazione sui diritti delle persone mentalmente malate (ONU 1971)


L’argomento trattato dal nostro gruppo fa riferimento alla dichiarazione sui diritti delle persone
mentalmente ritardate approvata dall’ONU nel 1971. Questa dichiarazione rappresenta una delle prime
iniziative dell’ONU nei confronti della disabilità, è infatti un documento molto generale in cui si sottolinea la
necessità di intervenire in favore delle persone con disabilità mentale.
La dichiarazione sui diritti delle persone mentalmente ritardate è stata adottata precedentemente dalla
“Lega internazionale delle società per gli handicappati mentali” nel 1978. L’assemblea generale dell’ONU in
un secondo momento ha riesaminato ed emanato la dichiarazione e l’ha ufficialmente riconosciuta il 20
dicembre 1971.
Questa dichiarazione equipara i diritti delle persone con ritardo mentale ai diritti riconosciuti a tutti gli
esseri umani, con particolare attenzione al bisogno di protezione contro i rischi di sfruttamento in modo da
potersi tutelare con appropriate procedure legali.
Nel testo della dichiarazione si sottolinea inoltre come essa per quanto riguarda il progresso e lo sviluppo
sociale abbia proclamato la necessità di proteggere i diritti e assicurarsi il benessere e la riabilitazione delle
persone con disabilità fisiche e mentali, tenendo comunque presente la necessità di aiutare le persone con
ritardo mentale a sviluppare le loro capacità in vari settori di attività e di promuovere la loro integrazione il
più possibile nella vita normale, essendo comunque consapevoli del fatto che alcuni Paesi in via di sviluppo,
potessero dedicare solo sforzi limitati per cercare di raggiungere questo fine.
La dichiarazione sui diritti delle persone affette da Ritardi mentali è composta da sette articoli e rappresenta
una tappa fondamentale per il riconoscimento dell’identità del soggetto, che permette la sua inclusione nel
mondo. I diritti sono collegati alla salute, all’istruzione, al sostegno delle sue capacità residuali senza che
l’handicap sia considerato un ostacolo. Il diritto al lavoro fa emergere le potenzialità e le capacità, non
sempre visibili.
La famiglia e i legami affettivi sono fondamentali per il benessere, per cui anche l’inserimento in una
struttura comunitaria deve essere un percorso che non distacchi il disabile dai suoi affetti familiari e sociali.
La persona affetta da ritardo mentale ha il diritto di avere un accompagnatore qualificato che deve
proteggere il suo benessere e i suoi interessi e deve essere garantita la protezione da sfruttamenti e
violenze sessuali.
Infine nel caso in cui il soggetto sia ritenuto incapace di esercitare i propri diritti autonomamente, vi può
essere la sospensione o la modifica dei diritti in seguito alla valutazione di esperti qualificati.
Il 30 marzo del 2016 si è svolta a Palazzo Quirinale la giornata delle persone con disabilità intellettiva
fortemente voluta dal Presidente della Repubblica ed organizzata in collaborazione con numerose
associazioni quali Fish, Fand, Anfass, Angsa e AIPD. Il Presidente Mattarella dice una frase molto importante:
“discriminazione significa non conoscenza”, la conoscenza è il primo mattone per spezzare questo muro
perché la non conoscenza significa rifiuto di conoscere l’altro e accettarlo, e giornate come queste servono a
contrastare questa mentalità.
L’evento è stato affidato alla conduzione di Flavio Insinna e ha visto la piena ed attiva partecipazione delle
stesse persone con disabilità che hanno consegnato al Capo dello Stato la dichiarazione di Roma approvata
nel 2015 per la promozione e il sostegno dell’auto rappresentanza. Auto rappresentanza significa sapersi
rappresentare, significa autonomia, indipendenza, riconoscimento dell’essere cittadini.
Il Presidente della Repubblica, in un articolato discorso, afferma che i disabili siano ancora troppo relegati
all’invisibilità e sperimentano ogni giorno discriminazioni. Ha riconosciuto l’importanza del contributo delle
persone con disabilità affermando che la diversità sia un fattore di ricchezza per la società.
Ha infine evidenziato altre due questioni: l’inclusione professionale e quella scolastica. Il diritto al lavoro è
infatti di fondamentale importanza per la libertà e l’autodeterminazione di queste persone. Molte società
purtroppo preferiscono ancora andare incontro a sanzioni piuttosto che osservare le norme sull’inserimento
lavorativo delle persone con disabilità.

Dichiarazione dei diritti delle persone handicappate 1975


Partiamo dalle radici
● mondo classico: culto del bello → disabilità vista come colpa
● chiesa:
- pre - cristianesimo: disabilità →forma demoniaca
- post-cristianesimo: disabilità → da proteggere
● Medioevo:
- nani e gobbi → giullari di corte
- 1321 Francia → congiura, disabili accusati di essere i responsabili della fine del Regno di Francia
● età moderna:
primi manicomi → malati di mente allontanati dalle città
● Illuminismo : disabilità → medicalizzata VS manicomi
● rivoluzione industriale:
nuovi mezzi industriali → disabilità fisica
● I e II Guerra mondiale: disabilità → aumento notevole:
invalidi, mutilati, pazzi (“scemi di
guerra”)
● Nazismo: eliminazioni fisiche di
persone con disabilità → incompatibili con il culto della razza
I primi cambiamenti
La nuova visione della disabilità
● 1898 Montessori→ protezione deficienti per Lega Nazionale
● 1899 Roma → primo asilo scuola per bambini con deficit
● 1900 scuola magistrale ortofrenica → prima formazione specifica per maestri di disabili
● 1923 riforma Gentile → inserimento scolastico di ciechi e sordomuti
● 1948: giochi Paralimpici Art.3 della Costituzione
Verso il 1975
● 1971 inserimento di alunni con lievi disabilità nelle classi comuni→ solo con la legge 517 del 1977
avvenne l’eliminazione delle classi differenziali
● 1975 dichiarazione sui diritti delle persone handiccappate
L 'Assemblea Generale,
Consapevole dell'impegno che gli Stati Membri hanno assunto, in virtù dello Statuto delle
Nazioni Unite, di agire sia congiuntamente che separatamente, in collaborazione con
l'Organizzazione delle Nazioni Unite, per favorire il miglioramento dei livelli di vita, il pieno
impiego e condizioni di progresso e di sviluppo nell'ordine economico e sociale;
Riaffermata la sua fede nei diritti dell'uomo e nelle libertà fondamentali e nei principi di pace,
di dignità e di valore della persona umana e di giustizia sociale proclamati nello Statuto;
Proclama la presente Dichiarazione dei Diritti dei Portatori di Handicap e chiede che venga
intrapresa un'azione, su piano nazionale ed internazionale, affinché tale Dichiarazione
costituisca una base ed un riferimento comuni per la protezione di tali diritti.
1)Il termine "portatore di handicap" designa qualunque persona incapace di garantirsi per proprio conto, in
tutto o in parte, le necessità di una vita individuale e/o sociale normale, in ragione di una minorazione,
congenita o no, delle sue capacità fisiche o mentali.
2) Il portatore di handicap deve fruire di tutti i diritti enunciati nella presente Dichiarazione. Tali diritti
debbono essere riconosciuti a tutti i portatori di handicap senza eccezione alcuna e senza distinzione o
discriminazione per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica e di altro
genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di qualunque altra condizione relativa al
portatore di handicap stesso o alla sua famiglia.
3) Il portatore di handicap ha un diritto connaturato al rispetto della sua dignità umana. Il portatore di
handicap, quali che siano l'origine, la natura e la gravità delle sue difficoltà e deficienze, ha gli stessi diritti
fondamentali dei suoi concittadini di pari età, il che comporta come primo e principale diritto quello di
fruire, nella maggiore misura possibile, di un'esistenza dignitosa altrettanto ricca e normale.
4) Il portatore di handicap ha gli stessi diritti civili e politici degli altri esseri umani; l'articolo 7 della
Dichiarazione dei Diritti del Disabilitato Mentale si applica a qualunque limitazione o soppressione di tali
diritti di cui fosse oggetto il portatore di handicap mentale.
5) Il portatore di handicap ha diritto alle misure destinate a consentirgli la più ampia autonomia possibile.
6) Il portatore di handicap ha diritto a trattamenti medici, psicologici e funzionali, ivi compresi gli apparecchi
di protesi e di ortesi; al riadattamento medico e sociale; all'istruzione, alla formazione, al riadattamento
professionale, agli aiuti, ai consigli e agli altri servizi intesi a garantire la valorizzazione ottimale delle sue
capacità ed attitudini e ad accelerare il processo della sua integrazione o reintegrazione sociale.
7) Il portatore di handicap ha diritto alla sicurezza economica e sociale e ad un livello di vita decente. Egli ha
diritto, a seconda delle sue possibilità, a ottenere e a conservare l'impiego o ad esercitare un'occupazione
utile, produttiva e remunerata e a far parte di organizzazioni sindacali.
8) Il portatore di handicap ha diritto che i suoi bisogni particolari siano presi in considerazione a tutti gli
stadi della pianificazione economica e sociale.
9) Il portatore di handicap ha il diritto di vivere in seno alla propria famiglia o ad un focolare alternativo e di
partecipare a tutte le attività sociali e creative o ricreative. Nessun portatore di handicap può essere
obbligato in materia di residenza, ad un trattamento differenziato che non sia richiesto dal suo stato o
dal miglioramento che possa essere apportato ad esso. Qualora il soggiorno del portatore di handicap in un
istituto specializzato risulti indispensabile, l'ambiente e le condizioni di vita debbono rispecchiare il più
possibile quelli della vita normale delle persone della sua età.
10) Il portatore di handicap deve essere protetto contro ogni sfruttamento, ogni normativa o trattamento
discriminatorio, abusivo o degradante.
11) Il portatore di handicap deve poter beneficiare di un'assistenza legale qualificata allorché tale assistenza
si riveli indispensabile alla protezione della sua persona, e dei suoi beni. Qualora risulti oggetto di
procedimenti giudiziari, egli deve beneficiare di una procedura che tenga pienamente conto della sua
condizione fisica o mentale.
12) Le associazioni di categoria possono essere utilmente consultate su tutte le questioni relative ai diritti
dei portatori di handicap.
13) Il portatore di handicap, la sua famiglia e la sua comunità, debbono essere pienamente informati con
ogni mezzo appropriato dei diritti contenuti nella presente Dichiarazione.

Education for all handicapped children act


Emanato dal Congresso degli Stati Uniti nel 1975.
Pari accesso all'istruzione e un pasto gratuito al giorno per i bambini con disabilità fisiche e mentali.
Procedure amministrative in modo che i genitori dei bambini disabili potessero contestare le decisioni prese
in merito all'istruzione dei loro figli.
L’Unesco ha contribuito insieme alla “The word bank” per raggiungere 6 obiettivi:
1. espandere e migliorare l' assistenza e l’istruzione per la prima infanzia
2. istruzione primaria completa, gratuita e obbligatoria di buona qualità
3. accesso equo a programmi adeguati di apprendimento e di competenze di vita
4.miglioramento del 50% nell’alfabetizzazione degli adulti entro il 2015
5.- eliminare le disparità di genere nell'istruzione primaria e secondaria
- raggiungere la parità di genere nell’istruzione
6. risultati di apprendimento riconosciuti e misurabili siano raggiunti da tutti.
‘800: Stati Uniti- forte immigrazione
fine ‘800: primi programmi di educazione speciale
1965: ESEA
1972: introduzione al Congresso
1975: The Education for All Handicapped Children Act
2004: IDEA 2004

Legge 517/77
“Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché
altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico”
Il 4 agosto 1977 venne emanata la Legge 517, formata da 17 articoli, e con essa la scuola italiana accoglieva
il modello di integrazione scolastica: modificò l’organizzazione della scuola italiana abolendo le classi
speciali, previste nella legge n. 1859 del 1962, e inserendo nelle classi comuni gli alunni disabili. Tuttavia
rimasero ancora attive le scuole speciali per gli alunni sordomuti (art. 10). La legge fu il risultato di una
significativa fase di studio e di lavoro che consentì di superare le logiche dell’esclusione e dell’educazione
separata, individuando modelli didattici flessibili in cui attivare forme di integrazione trasversali, esperienze
di interclasse o attività organizzate in gruppi di alunni e affidate ad insegnanti specializzati.
Stabilì i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni con
disabilità, in un quadro di riforma della scuola riguardante la programmazione, la flessibilità, le attività
integrative, la funzione formativa della valutazione e l’abolizione degli esami di riparazione. Questa legge
permise di evitare una transizione verso un sistema scolastico che si accingeva a rendere “ordinaria”
l’integrazione, superando la logica del mero inserimento introdotta dall’art. 28 della Legge 118/71,
permettendo un’effettiva integrazione della persona con disabilità in tutta la scuola.
Gli articoli principali su cui occorre soffermarsi dal punto di vista dell’inclusione scolastica sono l’art. 2,
rivolto alla scuola primaria, e l’art 7, rivolto alla scuola secondaria di primo grado; dispongono che “al fine di
agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli
alunni, i docenti sono impegnati a redigere la programmazione educativa che può comprendere attività
scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della classe oppure di classi diverse anche allo scopo
di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”. L’alunno disabile non
viene soltanto “inserito” nelle classi comuni, ma viene “integrato” nel gruppo classe e a tale scopo è
necessaria la presenza e il servizio di “insegnanti specializzati nel sostegno”, il cui ruolo nasce appunto con
questa legge. L’insegnante di sostegno ha il compito di accogliere e mettere a proprio agio l’alunno che deve
seguire, e per far questo al meglio deve accogliere anche la famiglia del ragazzo. Deve raccogliere poi le
informazioni dell’alunno, e successivamente sviluppare una programmazione ad hoc. Deve quindi sviluppare
un Piano Educativo Individualizzato (PEI) per ogni alunno con disabilità, in collaborazione con la famiglia, i
docenti e gli operatori socio-sanitari, stabilendo anche come verificarne lo svolgimento.
Inoltre, si definiscono i parametri di riferimento dell’integrazione: “Le classi che accolgono alunni portatori
di handicap sono costituite con un massimo di 20 alunni. In tali classi devono essere assicurati la necessaria
integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le
rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità”.
Le maggiori novità apportate da questa legge:
● Non definisce e non impone un modello prestabilito di integrazione, favorendo la variabilità dei contesti;
● Introduce e promuove le attività integrative e attiva gli insegnamenti individualizzati;
● Avvia un nuovo modello pedagogico-didattico centrato sulla programmazione scolastica e sulla
valutazione;
● Abolisce le classi differenziali/speciali per l’integrazione di tutti gli alunni nelle classi comuni;
● Introduce la figura dell’Insegnante specializzato per le attività di sostegno.
L’emanazione di questa legge evidenziò alcune necessità sociali e difficoltà educative dell’epoca:
● Necessità di una maggiore flessibilità del sistema di istruzione e di integrazione organizzativa scuola-
territorio-servizi socio-sanitari (collaborazione interistituzionale);
● Volontà di ridurre lo scarto sociale da parte del sistema scolastico rispondendo a forme differenti di
disagio e svantaggio;
● Espressione della trasformazione storico-sociale del periodo, tradotta nella necessità di esprimere un
bisogno di democrazia, di partecipazione, di riconoscimento delle diverse soggettività, di solidarietà, di
accessibilità a un nuovo sapere formale e informale per tutti, manifestando “il diritto di ascolto a coloro che
non erano stati mai ascoltati”.
Intervista a Franca Falcucci (politica, senatrice, Ministro della pubblica istruzione negli anni ‘80) che
lavorò alla stesura della legge 517:
Vita: “Qual era il clima culturale? Avete incontrato degli ostacoli?”
Falcucci: “No, non direi. Non ricordo nessuna battaglia campale. Certo era cominciata che gli handicappati in
classe nessuno li voleva, c'erano molte resistenze. Il problema non era dentro il mondo della scuola, ma
fuori: culturale, nelle famiglie. Però ci abbiamo lavorato molto, prima di fare la legge abbiamo preparato a
lungo il terreno, quindi alla fine siamo riusciti a farla passare. Ci fu un clima positivo, anche nella fase
attuativa, che poi ho vissuto direttamente, da ministro.”
Con questa legge in Italia avvenne un grande cambiamento: si passò da una scuola uguale per tutti ad una
scuola diversa per ciascuno.

Rapporto Warnock 1978


L'integrazione e la diversità
Fino agli anni Ottanta il sistema scolastico del Regno Unito è stato caratterizzato da una netta separazione
tra le scuole ordinarie (mainstream schools) e quelle speciali (special schools), destinate ad accogliere gli
alunni che per le loro particolari condizioni venivano ritenuti non adatti alla frequenza degli istituti normali.
Nel corso del tempo, tuttavia, quella che era sempre apparsa come una scelta «naturale» di separazione tra
due categorie di alunni chiaramente distinguibili — gli allievi normali e quelli «speciali» — è apparsa sempre
meno giustificabile sul piano etico, educativo e relazionale. Indubbiamente il punto decisivo di svolta è stato
in questo senso la pubblicazione del Rapporto Warnock nel 1978. Le sue premesse e raccomandazioni sono
state un modello e un riferimento per la pianificazione e la standardizzazione di risorse educative speciali in
diverse parti del mondo.
Il Rapporto per la prima volta introduceva la nozione di Bisogni Educativi Speciali (SEN, Special Educational
Needs) e sollecitava un netto cambiamento di prospettiva delle strategie educative nei confronti degli alunni
«diversi», attraverso l’adozione di un approccio inclusivo basato sull’individuazione di obiettivi educativi
comuni a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro abilità o disabilità. Il Rapporto suggeriva la necessità
di integrare nelle scuole normali gli alunni che tradizionalmente venivano indirizzati alle scuole speciali,
ponendo l’accento non solo sull’efficienza di tale approccio («purché ciò non sia in conflitto con un utilizzo
efficiente delle risorse») dal punto di vista economico, ma anche sulla sua efficacia educativa in termini di
nuova organizzazione degli spazi scolastici, riprogettazione del curricolo, attenzione ai bisogni emotivi degli
alunni e necessità di formazione per gli insegnanti.
Gli scopi principali che l'educazione dovrebbe promuovere sono l'aumento della conoscenza individuale del
mondo che lo circonda e la sua comprensione di esso. Inoltre, la comprensione delle proprie responsabilità
come soggetto appartenente ad una società e fornire tutti gli strumenti per il soggetto di acquisire la loro
autonomia e indipendenza, essendo in grado di dirigere e controllare in questo modo, la propria vita.
L'educazione è intesa come un bene al quale tutti hanno diritto, essendo gli scopi o gli obiettivi dello stesso,
identici per tutti.
Il concetto di Special Education (EE) ha reso popolare il rapporto Warnock, promuovendo una revisione del
concetto a livello internazionale. Secondo i suoi principi, il rapporto Warnock stabilisce che EE deve avere un
carattere complementare e aggiuntivo a quello dell'istruzione ordinaria.
L'educazione speciale consiste quindi in una serie di benefici che hanno lo scopo di soddisfare i bisogni
speciali di una persona, avendo come orizzonte il più vicino possibile al raggiungimento degli scopi
educativi. L'educazione speciale deve essere intesa come una serie di benefici progettati per garantire un
processo educativo completo per le persone con bisogni educativi speciali. Comprensione di benefici quali
servizi, tecniche, strategie, conoscenze e risorse pedagogiche in base alle diverse esigenze, sia temporanee
che permanenti.
All'interno dei modelli educativi si possono trovare Educazione inclusiva, Educazione speciale e Integrazione
scolastica.
L'educazione inclusiva, nata dal modello sociale della disabilità. Considera che tutti i bambini sono diversi
l'uno dall'altro e che è la scuola e il sistema educativo che deve cambiare per soddisfare le esigenze
individuali di tutti gli studenti. Se hanno o no difficoltà di apprendimento. La scuola “inclusiva” deve essere
quella scuola che non si limita a promuovere la partecipazione, l’inclusione e l’apprendimento di tutti gli
allievi, a prescindere dagli specifici bisogni educativi di ciascuno, ma deve essere anche quella che
soprattutto, coglie la presenza di BES come un’occasione di ripensamento di pratiche educative e didattiche.
L’Educazione Inclusiva è un processo che tiene conto della diversità dei bisogni di tutti i soggetti per favorire
partecipazione e apprendimento, ma anche per ridurre l’esclusione e l’emarginazione e presuppone la
trasformazione e la modificazione dei contenuti, degli approcci, delle strutture, delle strategie, nella
convinzione profonda che il sistema educativo ha la responsabilità dell’educazione di tutti. L’Educazione
Inclusiva, infatti, non si limita agli alunni con disabilità o agli alunni con bisogni educativi speciali, ma prende
in carico l’insieme delle differenze, comprendendo anche gli alunni definiti “normali”.
L'integrazione scolastica funziona come un sistema di unificazione dell'istruzione ordinaria e dell'istruzione
speciale, fornendo servizi individuali ai bambini con bisogni educativi speciali. Pertanto, occorre che gli
educatori, spostino la loro prospettiva da una posizione statica ed esterna abituata solo a constatare le
difficoltà che un alunno presenta ad una posizione più dinamica rispondendo alle necessità della persona in
formazione. Quest’azione si concretizza innalzando l’attenzione e attuando strategie che aiutino ogni singolo
alunno a raggiungere obiettivi ritenuti indispensabili per tutti ( livelli minimi attesi per le competenze in
uscita), attraverso la definizione di tempi e modi in sintonia con le sue capacità e problematicità, a
raggiungere i massimi risultati possibili nelle diverse aree, ed infine ad esprimere al meglio le proprie
potenzialità nell’ottica della costruzione di un proprio progetto di vita.
In sintesi, quindi, in questo documento è suggerita la necessità di integrare, nelle scuole della Gran
Bretagna, gli alunni considerati «diversi» attraverso l’adozione di un approccio inclusivo basato
sull’individuazione di obiettivi educativi comuni a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro abilità o
disabilità.
Premesse
Tra le sue premesse principali ci sono la formazione e il miglioramento degli insegnanti; educazione per i
bambini sotto i cinque anni con bisogni educativi speciali e, educazione per i giovani dai 16 ai 19 anni.
Allo stesso tempo, riconsidera il concetto di diversità e suggerisce che l'istruzione dovrebbe sempre avere lo
stesso scopo. Essere un bene al quale ognuno ha il diritto.
Formazione e sviluppo degli insegnanti
Il Rapporto di Warnock afferma che tutti gli insegnanti devono conoscere e accettare il concetto di bisogni
educativi speciali e avere le condizioni necessarie per riconoscere, identificare e lavorare con bambini con
bisogni educativi speciali.
Il rapporto suggerisce di includere nella formazione accademica degli insegnanti una sezione per la
formazione in bisogni educativi speciali. In questo modo è possibile mettere in pratica le misure apprese per
soddisfare le esigenze educative speciali degli studenti e promuovere l'inclusione di insegnanti con bisogni
speciali per motivare i bambini a imparare.
Istruzione per bambini sotto i 5 anni con bisogni educativi speciali
È importante per i bambini con bisogni educativi speciali ricevere una stimolazione precoce all’educazione
in base alle loro esigenze.
Si raccomanda inoltre di espandere il numero di asili nido per permettere ai bambini con bes di iniziare
l’anno scolastico con coetanei e in una classe normale.
Educazione per giovani dai 16 ai 19 anni
Il rapporto promuove la necessità di creare spazi con un approccio coordinato, in riferimento all’istruzione
post-secondaria, per proseguire l'istruzione per i giovani in età scolare che continuano a progredire
nell'acquisizione delle conoscenze.
Promuove inoltre l'idea che questi giovani possano disporre di un ambiente per lo scambio sociale.
Lo scopo fondamentale è quello dello sviluppo dell’autonomia e dell’indipendenza.
Quali sono i bisogni educativi? SEN o BES
Per definizione, SEN sono i bisogni sperimentati da quegli individui che richiedono aiuto o risorse che non
sono solitamente disponibili nel loro contesto educativo.
Il rapporto di Warnock fa rifermento alle difficoltà di apprendimento e possono essere di natura
temporanea o permanete. Sono legati alle caratteristiche individuai di ogni bambino. La scuola deve
accogliere tutti bambini, indipendente dalle loro condizioni individuali, includerli con una pedagogia
incentrata sul bambino e in questo modo soddisfare i loro bisogni educativi speciali.
Il rapporto sostiene anche che i SEN sono comuni a tutti i bambini e ognuno ha delle esigenze individuali per
apprendere.
I cinque livelli per la valutazione dei SEN sono:
-l’analisi del sistema: definire come l’istituzione opera sul tema della diversità
-la formazione totale: formazione come supporto della didattica inclusiva e relazione docente-docente-
alunno
-la socializzazione delle buone prassi: inserire nel PTOF la documentazione che illustri i programmi di
accoglienza
-il nucleo organizzativo: promuovere all’interno della scuola un nuovo senso si appartenenza, un’assunzione
di ruolo motivante, un desiderio di scambio e una nuova auto-riflessione professionale
-learning organization: condivisione di informazioni ed esperienze per una buona cooperazione.

“International Classification of Impariments, Disabilities and Handicaps” (ICIDH)


A partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato
differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e
comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.                    
La prima classificazione, elaborata nel 1970, è stata “La classificazione Internazionale delle malattie” (ICD) al
fine di rispondere all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo
una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche.                                            
Nell’ICD ci si è focalizzati sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie sono tradotte in
codici numerici che permettono la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
Eziologia patologica
Manifestazione clinica
Questa classificazione si rivelò ben presto incompleta e limitata perciò l’OMS elaborò, nel 1980, una nuova
classificazione, “La Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap”
(ICIDH) che era in grado di porre attenzione sia sulle cause delle patologie ma anche sulle loro conseguenze.
Essa venne ideata dal medico britannico Philip Wood e viene indicata con l’acronimo ICIDH-1 o ICIDH-80.      
L’ICIDH-80 è stata la prima elaborazione di un sistema di classificazione internazionale basato sulle
conseguenze delle malattie condivisa a livello internazionale e tradotta in 13 lingue; essa coglie l’importanza
e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni. Con questa
classificazione si parte dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale
che riguarda l’individuo e sul contesto in cui è inserito.                                                                  
L’ICIDH è caratterizzata da tre componenti fondamentali, attraverso le quali vengono analizzate e valutate le
conseguenze delle malattie:
- menomazione: ossia il termine con cui si intende una qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o
funzioni psicologiche, fisiologiche e anatomiche. È caratterizzata dalla perdita o anormalità transitorie o
permanenti, esistenza o evenienza di anomalie, difetti, perdite a carico di arti, organi, tessuti o altre
strutture del corpo, incluso il sistema delle funzioni mentali.
- disabilità’:  si riferisce alla perdita delle capacità funzionali estrinseche che in generale costituiscono
aspetti essenziali della vita di ogni giorno. Essa si caratterizza per spostamenti, per eccesso o difetto, nella
realizzazione di compiti e nell’espressione di comportamenti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso.
Si può parlare di disabilità transitorie o permanenti, reversibili o irreversibili, progressive o reversive. Esse
possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione di un soggetto, in
particolare dal punto di vista psicologico, ad una menomazione fisica e sensoriale. La diversità di abilità
(disabilità) si caratterizza in modo diverso a seconda dei diversi compiti.
- handicap: è una condizione di svantaggio vissuta da un soggetto in conseguenza ad una menomazione o
ad una disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella
persona. È caratterizzato dalla discrepanza fra l’efficienza o lo stato del soggetto e le aspettative di efficienza
e di stato sia del soggetto stesso, che del particolare gruppo  di cui egli fa parte.
Malattia o disturbo, menomazioni, disabilità, handicap 
L’ICD e l’ICIDH venivano usati in modo complementare per favorire l’analisi e la comprensione delle
condizioni di salute dell’individuo in una prospettiva più ampia, in quanto i dati eziologici sono integrati
dall’analisi dell’impatto che quella patologia può avere sull’individuo e sul contesto da cui proviene.
Limitazioni ICIDH:
innanzi tutto non considera che la disabilità sia un concetto dinamico in quanto può essere anche solo
temporanea, è difficile stabilire il livello oltre il quale una persona può essere considerata soggetto con
disabilità, la sequenza può essere interrotta visto che un individuo può essere menomato senza, però, avere
disabilità e, infine, in questa classificazione di prendono in considerazione solo i fattori patologici, senza
tener conto anche di quelli ambientali .                                                                                            L’ICD e
l’ICIDH sono state in uso fino al 1999, anno in cui l’OMS si rese conto che esse presentassero dei limiti
concettuali e così, nello stesso anno, venne elaborata “La Classificazione Internazionale del funzionamento e
delle disabilità” (ICIDH-2) che poneva le basi per la creazione dell’ultima classificazione entrata in uso nel
2001, l’ICF. Per ICF si intende “La Classificazione Internazionale del funzionamento, disabilità e salute”: si
tratta di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale in cui la
disabilità non viene considerata un problema di un gruppo minoritario all’interno di una comunità, ma
un’esperienza che tutti, nell’arco della vita, possono sperimentare. È un modello di disabilità universale,
applicabile a qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile. In quest’ultima classificazione i termini
menomazione, disabilità e handicap sono sostituiti dai termini strutture corporee, attività e partecipazione.
In conclusione, nel 2007, l’ONU ha promulgato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità che si
richiama esplicitamente a diversi principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani tra cui: non
discriminazione, eguaglianza, pari opportunità, rispetto dell’identità individuale. Essa si compone di 50
articoli di cui i primi 30 si incentrano sui diritti fondamentali( associazionismo, diritto di cura, diritto alla
formazione personale,…), mentre gli altri 20 sono relativi alle strategie operative volte a promuovere la
cultura della disabilità e ha lo scopo di promuovere tutti i diritti delle persone con disabilità al fine di
assicurare uno stato di uguaglianza. Manca, però, ancora una precisa definizione del concetto di disabilità a
livello universale.

Convenzione ONU
Nel 1924 per la prima volta si fa riferimento al bambino in quanto tale nella Dichiarazione dei
diritti del fanciullo nota come Dichiarazione di Ginevra. Nel 20 Novembre del 1989 approvata,
dall'assemblea generale delle nazioni Unite, la convenzione sui diritti per l'infanzia. Ad oggi i
paesi che aderiscono sono 194 stati esclusi gli Stati Uniti, mentre l'Italia la ha ratificata il 27
maggio del 1991. La convenzione ONU è composta da 54 articoli e si suddivide in quattro
principi fondamentali:
Non discriminazione riferito all'articolo 2 → a prescindere dalla razza, dal colore, dal sesso, dalla
lingua, dalla religione si assicurano i diritti enunciati nella convenzione.
Superiore interesse del minore riferito all'articolo 3 → l'interesse dei bambini deve prevalere su
qualsiasi altro ordine di priorità.
Diritto alla vita alla sopravvivenza allo sviluppo dell'infanzia riferito all'articolo 6 → gli Stati
devono impegnarsi a garantire la crescita e lo sviluppo dell'infanzia.
Ascolto delle opinioni dei bambini riferito all'articolo 12 → garantire al fanciullo il diritto di
esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa. È necessario quindi,
prima di apportare cambiamenti nella loro vita, di qualsiasi natura esse siano, familiare sociale o
personale, tener conto prima di tutto delle opinioni e dei desideri del bambino. Questi ultimi
vanno presi in considerazione il più possibile, sempre rispettando la serena e positiva evoluzione
della personalità del bambino ed il suo sviluppo in ogni ambito. Abbiamo scelto alcuni articoli
che noi riteniamo più significativi:
Articolo 6: gli Stati riconoscono ad ogni fanciullo il diritto alla vita.
Articolo 7: il fanciullo viene immediatamente registrato alla nascita e datogli un nome e ha diritto
a conoscere i suoi genitori.
Articolo 9: si riconosce il diritto affinchè non sia separato dai propri genitori a meno che non sia
nell'interesse preminente del fanciullo.
Articolo 17: gli Stati parti affermano l'importanza dei mass media per promuovere l'informazione
completa e per aiutarlo nel suo sviluppo.
Articolo 18: si garantisce che entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per lo
sviluppo e l'educazione del minore.
Articolo 19: si sostiene il diritto a tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di
abbandono, oltraggio, maltrattamento e negligenza in quanto essere umano.
Articolo 23: si riconosce il diritto che i fanciulli mentalmente e fisicamente disabili hanno diritto
a una vita piena, decente e con le cure di cui necessitano per favorire la loro autonomia.
Articolo 28: si garantisce il diritto del minore all'educazione rispetto all'uguaglianza delle
possibilità.
Articolo 31: Gli stati garantiscono al minore il diritto di dedicarsi al gioco, al tempo libero e al
riposo.
Articolo 34: si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e
di violenza.
In conclusione possiamo affermare che i diritti sono redatti al fine di tutelare i bambini in ogni
situazione e proteggerli dai pericoli che fanno parte della vita.

World declaration for education for all


La conferenza mondiale “Education For All” (EFA), anche conosciuta come Jomtien
Conference, fu tenuta dal 5 al 7 marzo del 1990 a Jomtien, in Thailandia.
 L’EFA è un movimento nato all’interno dell’UNESCO, con la finalità di fornire un’educazione primaria di
qualità per tutti, bambini, giovani e adulti. Una della finalità dell’UNESCO è, infatti, quella di promuovere
l’educazione a partire dalla sua configurazione di diritto umano fondamentale e di strumento essenziale per
lo sviluppo umano.
 L’obiettivo principale di questa Conferenza è quello di soddisfare le esigenze di apprendimento di base
per tutti.
 A questa Conferenza aderirono partecipanti da 155 paesi e rappresentanti di 160 agenzie governative e
non governative.
 Le 4 parole chiave sono: ricordare, comprendere, sapere e riconoscere.
Ricordare che l'istruzione è un diritto fondamentale per tutte le persone, donne e
uomini, di tutte le età, in tutto il mondo.
Comprendere che l'istruzione può aiutare a garantire un mondo più sicuro, più sano, più prospero e più
rispettoso, contribuendo al tempo stesso al progresso sociale, economico e culturale, alla tolleranza e alla
cooperazione internazionale.
sapere che l'istruzione è una chiave indispensabile, anche se non è una condizione sufficiente per il
miglioramento sociale.
riconoscere che, nel complesso, l'attuale offerta di istruzione è gravemente carente e che essa deve essere
resa più rilevante e qualitativamente migliore e universalmente disponibile.
 La Dichiarazione mondiale sull’educazione per tutti è composta da 10 articoli e questi sono suddivisi a
loro volta in 3 sezioni: lo scopo, una visione allargata e un rinnovato impegno, i requisiti.
1. Lo scopoquesta sezione è composta da:
- articolo I - Soddisfare le esigenze di apprendimento di base: ogni persona - bambino, giovane e adulto -
deve poter beneficiare di opportunità educative progettate per soddisfare le loro esigenze di
apprendimento di base. Queste esigenze comprendono sia gli strumenti di apprendimento essenziali (come
l'alfabetizzazione, l'espressione orale, la matematica e la risoluzione dei problemi) e i contenuti di base
dell'apprendimento (come le conoscenze, le competenze, i valori e gli atteggiamenti) necessari agli esseri
umani per poter migliorare la qualità della vita e la trasmissione e l'arricchimento di valori culturali e morali
comuni.
2. Una visione allargata e un rinnovato impegno  questa sezione è composta da:
- articolo II - Dare forma alla visione: l’istruzione ha bisogno di una visione allargata che comprende
l'accesso universale e la promozione dell'equità, l'ampliamento dei mezzi e della portata dell'educazione di
base e un ambiente migliore per l'apprendimento.
- articolo III - Universalizzare l'accesso e promuovere l'equità: l'istruzione di base dovrebbe essere fornita a
tutti i bambini, giovani e adulti. I punti fondamentali sono: aumentare la qualità dei servizi educativi, offrire
a tutti la possibilità di mantenere e raggiungere un livello accettabile di apprendimento, garantire l’acceso a
tutti, eliminare le diseguaglianze e le discriminazioni.
- Articolo IV - Concentrarsi sull'apprendimento: l'attenzione dell'educazione di base deve essere focalizzata
sull'acquisizione e sul risultato dell'apprendimento effettivo.
- articolo V - Ampliamento dei mezzi e della portata dell'istruzione di base: la diversità, la complessità e la
natura mutevole delle esigenze di apprendimento di base di bambini, giovani e adulti richiede
l'ampliamento e la costante ridefinizione del campo di applicazione dell'istruzione di base per includere le
seguenti componenti: l'apprendimento inizia alla nascita, il sistema principale per l'educazione di base dei
bambini al di fuori della famiglia è la scuola primaria e le esigenze di apprendimento di base dei giovani e
degli adulti sono diverse e dovrebbero essere soddisfatte attraverso una varietà di sistemi di servizio.
-articolo VI - Migliorare l'ambiente per l'apprendimento: l’apprendimento non avviene in modo isolato, tutti
coloro che apprendono ricevono nutrizione, cure mediche, supporto fisico ed emotivo.
- articolo VII - Rafforzare i rapporti: le autorità educative nazionali, regionali e locali hanno l'obbligo unico di
fornire un'istruzione di base per tutti.
3. I requisiti  questa sezione è composta da:
- articolo VIII - Sviluppare un contesto politico di sostegno: sono necessarie politiche di sostegno nel settore
sociale, culturale ed economico per realizzare l’offerta e l’utilizzo completo dell'istruzione di base per il
miglioramento individuale e sociale.
- articolo IX - Mobilitare le risorse: se le esigenze di apprendimento di base per tutti devono essere
soddisfatte attraverso azioni di portata molto più ampia rispetto al passato, sarà essenziale mobilitare sia le
risorse finanziarie sia le risorse umane esistenti e nuove risorse pubbliche, private o volontarie. Tutti i
membri della società hanno un contributo da offrire, tenendo presente che il tempo, l’energia e i fondi
dedicati all’istruzione di base costituiscono l’investimento umano più importante che può essere fatto per il
futuro di un paese.
- articolo X - Rafforzare la solidarietà internazionale: soddisfare i bisogni fondamentali dell'apprendimento
costituisce una responsabilità umana comune e universale. Richiede solidarietà internazionale e relazioni
economiche eque, al fine di porre rimedio ai problemi economici esistenti e alla disparità. Tutte le nazioni
hanno conoscenze ed esperienze preziose da condividere per progettare politiche e programmi educativi
efficaci.
 Dalla dichiarazione sono nati degli obiettivi che si sarebbero dovuti raggiungere nel 2000 ma per una
serie numerosa di motivi anche tecnici (scarsità di monitoraggio, obiettivi poco definiti e difficilmente
misurabili, poca pressione nei confronti degli stati) i risultati ottenuti sono stati scarsi. Nel 2000, a Dakar, la
comunità internazionale dell’educazione si ritrova al secondo Forum Mondiale sull’Educazione per
formulare 6 obiettivi da raggiungere entro il 2015.

Legge 5 febbraio 1992, n.104


Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
E’ una legge della Repubblica Italiana che tutela i diritti delle persone con disabilità, il cui
presupposto principale è garantire alla persona in stato di handicap e alla sua famiglia
adeguato sostegno. Questo supporto può essere dato sotto forma di servizi di aiuto
personale o familiare oppure di aiuto psicologico, psicopedagogico, tecnico.
Le finalità garantite
Le finalità garantite attraverso questa legge sono :
- Il rispetto della dignità umana
- I diritti di libertà
- L’integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società
- Lo sviluppo della persona
- Gli interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona
Soggetti aventi diritto
E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di
emarginazione (art.3).
Questa legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi (coloro che non sono cittadini di
alcuno stato poiché non hanno cittadinanza), residenti, domiciliati, o aventi stabile dimora
nel territorio nazionale.
Cure e riabilitazione
Per cura e riabilitazione si intende la volontà di rimuovere le cause invalidanti per
permettere la promozione dell’autonomia e dell’integrazione sociale attraverso molteplici
iniziative come :
- assicurare la prevenzione attraverso la diagnosi e la terapia prenatale
- garantire l’immediato intervento dei servizi terapeutici e riabilitativi
- fornire alla famiglia adeguato supporto e coinvolgere quest’ultima nella scelta e
nell’attuazione degli interventi socio-sanitari
- garantire sostegno psicologico, psicopedagogico, aiuto personale, tecnico e, se
necessario, anche economico
- organizzare iniziative di informazione sull’handicap rivolta a tutta la popolazione
E’ di fondamentale importanza attuare campagne di sensibilizzazione, per poter fornire
alla popolazione un’educazione sanitaria in cui vengono spiegate le cause e le
conseguenze dell’handicap.
Diritto all’educazione e all’istruzione
L’ istruzione deve essere un diritto tutelato a partire dalla scuola materna fino all’ università
- All’interno di un contesto educativo si deve disporre di adeguate dotazioni didattiche e
tecniche
- E’ richiesto un personale qualificato come insegnanti qualificati, assistenti specializzati e
gli insegnanti di sostegno. Quest’ultima figura deve tenersi sempre in costante
aggiornamento in materia di handicap
- Per ogni studente con handicap deve essere realizzato un Piano Educativo
Personalizzato (PEI). Questo profilo, in base alle caratteristiche dell’alunno, metterà in
rilievo sia le difficoltà di apprendimento che le possibilità di un possibile recupero, tenendo
conto che le capacità individuali devono essere sempre sostenute e rafforzate.
Lavoro
La legge 104 tutela i disabili per quanto riguarda l'inserimento lavorativo dove si prevedono
tutte le varie misure a sostegno dell'occupazione lavorativa delle persone disabili come:
- il collocamento mirato
- le quote di assunzione riservate ai disabili e obbligatorie per le aziende
la Legge ha istituito, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un "Fondo per il diritto al lavoro
dei disabili".
Tutela anche quei lavoratori che siano divenuti disabili in un momento successivo all'assunzione e quindi il
datore di lavoro non può licenziare il dipendente divenuto disabile.
La legge 104 garantisce al lavoratore disabile alcuni diritti come:
- permessi e congedi retribuiti per lui e per i familiari che lo assistono
- scelta prioritaria della sede di lavoro e rifiuto al trasferimento.
Eliminazione Barriere architettoniche
L'integrazione sociale della persona handicappata passa anche attraverso l'abbattimento delle barriere
architettoniche. La legge 104 lo precisa attraverso l'articolo 24.
Ora indico alcune fasi della procedura di esecuzione dei lavori:
in particolare, quando si comunicano i progetti al Comune, bisogna includere una documentazione grafica e
una dichiarazione di conformità alle norme in vigore relative all'accessibilità e all'abbattimento delle
barriere architettoniche,
dopo la verifica della conformità viene rilasciata la concessione o l'autorizzazione edilizia,
In caso di mancato rispetto delle norme sull'accessibilità , le opere realizzate negli edifici pubblici e aperti al
pubblico vengono considerate inabitabili e inagibili,
l'articolo 24 si sofferma anche sull'accessibilità degli spazi urbani, da realizzare attraverso percorsi adeguati,
l'installazione di semafori acustici per non vedenti, e rimuovendo la segnaletica che possa ostacolare lo
spostamento delle persone con handicap.
Mobilità e trasporti
L'art. 26 delle Legge 104 è intitolato "mobilità e trasporti collettivi". Esso attribuisce alle Regioni le modalità
con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di
muoversi liberamente sul territorio, attraverso i servizi collettivi.
Quando un disabile deve condurre un veicolo quest’ultimo deve essere adattato nei comandi di guida, in
funzione della disabilità motoria, così come prescritto dalla Commissione medica; la persona deve essere in
possesso della patente speciale di guida. Deve avvenire La modifica del veicolo con accessori appositi e
commisurati alla ridotta capacità motoria del disabile e la creazione di parcheggi riservati.
Agevolazioni fiscali
Nel testo originario della legge 104/92, le agevolazioni fiscali erano indicate nell'articolo 32.
Le agevolazioni fiscali a favore di persone con handicap, vanno dalle detrazioni Irpef per spese mediche di
assistenza specifica, Iva agevolata al 4% per l'acquisto di mezzi per sollevare il disabile o per la sua
deambulazione, Iva agevolata e detrazione d'imposta anche per l'acquisto di un'auto.
Diritto di voto
La legge prevede che i degenti in ospedali e case di cura e i detenuti in carcere possano essere ammessi a
votare nel luogo di ricovero, di restrizione o custodia preventiva; hanno diritto a votare dalla propria
abitazione gli elettori affetti da gravissime infermità cioè "persone intrasportabili"; quelli non deambulanti,
se iscritti a votare presso un seggio elettorale non accessibile, anche loro possono esercitare il diritto di voto
in un’altra sezione del Comune che sia allocata in una sede esente da barriere architettoniche e che abbia
adeguate caratteristiche di accessibilità oppure con l’assistenza di un altro elettore della propria famiglia, o
in mancanza, di un altro elettore scelto come accompagnatore, che può essere iscritto nelle liste elettorali di
un qualsiasi Comune italiano.

Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con
disabilità»
Il percorso verso le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone
con disabilità» delle Nazioni Unite
Il principale strumento internazionale per tutelare i diritti delle persone con disabilità è la «Dichiarazione
universale dei diritti umani», anche se, solo a partire dagli ultimi trent’anni, l’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU) si è occupata in maniera sistematica del problema della disabilità.
Le prime due iniziative dell'ONU concernenti la disabilità risalgono al 20 dicembre 1971 ed al 9 dicembre
1975: nella prima data viene redatta la «Dichiarazione sui diritti delle persone mentalmente ritardate» (un
documento molto generale, in cui si sottolinea la necessità di intervenire in favore delle persone con
disabilità mentale), mentre nella seconda viene approvata la «Dichiarazione sui diritti delle persone disabili»
(la quale, però, non ha avuto seguito).
Nel 1981 l’Organizzazione delle Nazioni Unite istituisce l'Anno Internazionale delle Persone con Disabilità:
ciò determina un aumento di sensibilità ed attenzione, che conduce alla creazione di associazioni ed
istituzioni a favore di tali individui.
Al termine del 1981 cresce maggiormente la consapevolezza che un anno sia insufficiente per affrontare
tutti gli ostacoli e le difficoltà incontrate quotidianamente dalle persone con disabilità; questo induce così
l’Organizzazione delle Nazioni Unite a dedicare un’intera decade (1982-1991) agli uomini ed alle donne con
disabilità, riuscendo così a deviare positivamente i pregiudizi riguardanti la questione qui trattata, ed a
proporre diverse iniziative che sensibilizzano tale tema.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»
Nel dicembre del 1993 lo stimolo fornito dai vari movimenti delle persone con disabilità ha portato
all'approvazione delle «Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con
disabilità», strumento che presenta le linee guida per le azioni dei governi, le quali possono essere utilizzate
per il monitoraggio delle politiche indirizzate a tali individui. L’obiettivo delle «Regole standard», così come
esplicitato nel documento ufficiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, è quello di “assicurare che
ragazze, ragazzi, uomini e donne, come membri delle loro società, possano esercitare i propri diritti e doveri
come gli altri”. Il conseguimento di tale fine richiede una forte impegno morale e politico da parte degli
Stati, i quali devono attuare azioni che conducano al raggiungimento delle pari opportunità . Nelle «Regole
standard» vengono definiti i principi fondamentali riguardanti la responsabilità, l’azione e la cooperazione,
mettendo in evidenza le aree più importanti per il raggiungimento di una piena partecipazione ed
eguaglianza. Queste ultime, dunque, presentano direttive di cambiamento sociale che dovrebbero
permettere a tutti i cittadini con disabilità di prendere parte, in maniera egualitaria, alla vita della società.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»:
analizziamole più nel dettaglio
Le «Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità» si
suddividono in tre sezioni, ossia “Condizioni preliminari per un’eguale partecipazione”, “Aree di intervento
per la realizzazione delle pari opportunità”, e “Misure di attuazione”, nelle quali le varie norme vengono
ripartite. Lo schema in cui sono organizzate le «Regole Standard» è il seguente:
1. Condizioni preliminari per un’eguale partecipazione
 Norma 1 - Accrescimento della consapevolezza, ossia “gli Stati dovrebbero
intraprendere un’azione per accrescere nella società la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità, i
loro diritti, i loro bisogni, il loro potenziale ed il loro contributo”.
 Norma 2 - Assistenza medica, ossia “gli Stati dovrebbero provvedere ad assicurare un’assistenza medica
effettiva alle persone con disabilità”.
 Norma 3 - Riabilitazione, ossia “gli Stati devono garantire l’esistenza di servizi di riabilitazione alle persone
con disabilità perché possano raggiungere e mantenere il loro livello ottimale di indipendenza e
funzionalità”.
 Norma 4 - Servizi di sostegno, ossia “gli Stati dovrebbero garantire alle persone con disabilità lo sviluppo
ed il mantenimento di servizi di sostegno, compresi gli ausili, per assisterle nello sviluppo del loro livello di
indipendenza nella loro vita quotidiana e nell’esercizio dei loro diritti”.
2. Aree di intervento per la realizzazione delle pari opportunità
 Norma 5 - Accessibilità, ossia “gli Stati dovrebbero riconoscere l’importanza
centrale dell’accessibilità nel processo di realizzazione delle pari opportunità in ogni sfera della vita sociale.
Per le persone con disabilità di ogni tipo, gli Stati dovrebbero introdurre programmi d’azione per rendere
accessibili gli ambienti fisici (a), trovare gli strumenti per rendere accessibile l’informazione e la
comunicazione (b), agevolare l’accesso agli ambienti fisici (c)”.
 Norma 6 - Istruzione, ossia “gli Stati dovrebbero riconoscere il principio che l’istruzione primaria,
secondaria e terziaria per i bambini, i giovani e gli adulti con disabilità deve essere egualmente accessibile.
Dovrebbero garantire che l’istruzione di persone con disabilità faccia parte integrante del sistema
d’istruzione”.
 Norma 7 - Lavoro, ossia “gli Stati devono riconoscere che le persone disabili devono essere messe in grado
di esercitare i loro diritti umani, specialmente nel campo del lavoro. Tanto nelle aree rurali che in quelle
cittadine, devono avere le stesse opportunità di svolgere un impiego produttivo e remunerativo nel mercato
del lavoro”.
 Norma 8 - Assistenza economica e previdenza sociale, ossia “gli Stati sono tenuti a mettere a disposizione
delle persone disabili la previdenza sociale e l’assistenza economica”.
 Norma 9 - Vita famigliare ed integrità della persona, ossia “gli Stati dovrebbero promuovere la piena
partecipazione delle persone con disabilità nella vita famigliare. Dovrebbero promuovere il loro diritto
all’integrità della propria persona, e garantire che le leggi non facciano discriminazioni nei confronti delle
persone con disabilità per quel che riguarda le relazioni sessuali, il matrimonio, la paternità e la maternità”.
 Norma 10 - Cultura, ossia “gli Stati provvederanno affinché le persone con disabilità siano integrate e
possano partecipare in attività culturali su basi paritarie”.
 Norma 11 - Attività ricreative e sport, ossia “gli Stati prenderanno delle misure per garantire che le
persone con disabilità abbiano pari opportunità per le attività ricreative e lo sport”.
 Norma 12 - Religione, ossia “gli Stati incoraggeranno delle misure per un eguale partecipazione delle
persone con disabilità alla vita religiosa delle loro comunità”.
3. Misure di attuazione
 Norma 13 - Informazione e ricerca, ossia “gli Stati si assumono la
responsabilità finale per la raccolta e la diffusione delle informazioni riguardanti le condizioni di vita delle
persone con disabilità e per promuovere una ricerca complessiva sull’argomento, inclusi gli ostacoli che
influenzano la vita delle persone con disabilità”.
 Norma 14 - Politica decisionale e pianificazione, ossia “gli Stati assicureranno che le problematiche
attinenti la disabilità siano inserite in tutte le decisioni rilevanti ed i programmi a livello nazionale”.
 Norma 15 - Legislazione, ossia “gli Stati hanno la responsabilità di creare le basi legali per stabilire le
misure per raggiungere l’obiettivo della piena partecipazione ed eguaglianza per le persone con disabilità”.
 Norma 16 - Politiche economiche, ossia “gli Stati hanno la responsabilità finanziaria sui programmi e le
misure di intervento nazionale rivolte a creare le pari opportunità per le persone con disabilità”.
 Norma 17 - Coordinamento del lavoro, ossia “gli Stati sono responsabili per la creazione ed il
rafforzamento di comitati di coordinamento, od organi simili, che servono come punto di riferimento
nazionale sulle questioni attinenti la disabilità”.
 Norma 18 - Le organizzazioni di persone con disabilità, ossia “gli Stati dovrebbero garantire alle
organizzazioni di persone con disabilità il diritto di rappresentare le persone con disabilità a livello
nazionale, regionale e locale. Gli Stati dovrebbero anche riconoscere alle organizzazioni di persone con
disabilità la loro funzione consultiva per le decisioni su questioni riguardanti la disabilità”.
 Norma 19 - Formazione del personale, ossia “gli Stati sono responsabili perché venga fornita una
preparazione adeguata al personale coinvolto a tutti i livelli nella pianificazione e nella messa a disposizione
di programmi e servizi riguardanti le persone con disabilità”.
 Norma 20 - Attività di controllo nazionale e di valutazione dei programmi sulla disabilità nella fase di
attuazione delle norme, ossia “gli Stati sono responsabili del controllo continuo e della valutazione della fase
di attuazione dei programmi e dei servizi nazionali riguardanti la realizzazione delle pari opportunità per le
persone con disabilità”.
 Norma 21 - Cooperazione tecnica ed economica, ossia “gli Stati sia industrializzati che in via di sviluppo,
hanno la responsabilità di cooperare insieme e prendere dei provvedimenti per migliorare le condizioni di
vita delle persone con disabilità nei Paesi in via di sviluppo”.
 Norma 22 - Cooperazione internazionale, ossia “gli Stati parteciperanno attivamente alla cooperazione
internazionale riguardante le politiche per il raggiungimento delle pari opportunità con le persone con
disabilità”.
Le «Regole standard», dunque, hanno rappresentato lo strumento che ha fornito un input decisivo
all'inclusione delle persone con disabilità in tutte le politiche che le riguardano; ed, inoltre, hanno sancito il
passaggio da una prospettiva medica della disabilità (incentrata sulla malattia, sull'incapacità, la cura e
l'assistenza) ad una prospettiva sociale (basata, invece, sulla cittadinanza piena, sulla tutela dei diritti e sugli
strumenti per sostenere un adeguamento di opportunità ed inserimento sociale).
Le «Regole standard», in conclusione, hanno cominciato ad influenzare i singoli governi (tenuti, ogni cinque
anni, a presentare dei rapporti sullo stato di attuazione delle stesse), ed hanno ulteriormente aumentato la
consapevolezza che sia necessaria la realizzazione di una Convenzione internazionale in cui si tutelino i
diritti delle persone con disabilità.
Il 20 dicembre del 1996 il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea ha approvato una risoluzione sulle pari
opportunità per le persone con disabilità, che ha posto le «Regole standard» alla base di tutte le azioni, i
programmi e le direttive europee future.
Il valore culturale di questo provvedimento è stato molto rilevante, in quanto, innanzitutto, ha fatto
emergere che quella delle persone con disabilità non è una condizione di compromissione della salute, ma
di discriminazione e mancanza di accesso alla vita sociale, a causa delle barriere, degli ostacoli e dei
pregiudizi che la società interpone tra sé e questi individui. Ha ridimensionato, inoltre, la visione della
disabilità, la quale, fino a quel momento, era stata negativa, in quanto prodotto di pratiche di segregazione
e d’esclusione.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»:
in Italia
Le «Regole Standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità», purtroppo,
sono ancora poco conosciute, e la loro diffusione nei vari Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni
Unite è molto limitata: l'assenza dei nostri governi in questo campo, ad esempio, è totale. Per comprendere
la gravità del ritardo del nostro Paese nell'applicazione e nel rispetto delle «Regole standard», è necessario
partire da una premessa generale: in Italia non esistono leggi antidiscriminatorie (come, ad esempio, negli
Stati Uniti), ma solo alcune indicazioni generali all'interno della Costituzione che, peraltro, non sono così
chiare come in altre realtà europee (come, ad esempio, in Germania e Portogallo).
Qui di seguito sono riportate alcune politiche nazionali degli ultimi anni in materia di servizi ed accessibilità,
confrontate con quanto prescritto, invece, dalle «Regole standard»:
1. Politiche di servizi
 Negli ultimi anni si è verificata una riduzione dell'assistenza medica; a tale
proposito si veda la Regola 2 delle «Regole standard» (Norma 2 - Assistenza medica, ossia “gli Stati
dovrebbero provvedere ad assicurare un'assistenza medica effettiva alle persone con disabilità”).
 La riabilitazione, in diverse regioni, è ridotta ad un'azione medica, e si sta riscontrando una riduzione delle
prestazioni («Regola 3»); a tale proposito si veda la Regola 3 delle «Regole standard» (Norma 3 -
Riabilitazione, ossia “gli Stati devono garantire l'esistenza di servizi di riabilitazione alle persone con
disabilità perché possano raggiungere e mantenere il loro livello ottimale di indipendenza e funzionalità”).
 Negli ultimi anni si è verificata una riduzione degli ausili; a tale proposito si veda la Regola 4 delle «Regole
standard» (Norma 4 - Servizi di sostegno, ossia “gli Stati dovrebbero garantire alle persone con disabilità lo
sviluppo ed il mantenimento di servizi di sostegno, compresi gli ausili, per assisterle nello sviluppo del loro
livello di indipendenza nella loro vita quotidiana e nell'esercizio dei loro diritti”).
 Non esiste ancora una politica chiara riguardante quanto affermato nella Regola 14 delle «Regole
standard» (Noma 14 - Politica decisionale e pianificazione, ossia “gli Stati assicureranno che le
problematiche attinenti la disabilità siano inserite in tutte le decisioni rilevanti ed i programmi a livello
nazionale”).
 Non esiste ancora alcuno strumento per valutare il grado di integrazione delle persone con disabilità nella
società; a tale proposito si veda la Regola 20 delle «Regole standard» (Norma 20 - Attività di controllo
nazionale e di valutazione dei programmi sulla disabilità nella fase di attuazione delle norme, ossia “gli Stati
sono responsabili del controllo continuo e della valutazione della fase di attuazione dei programmi e dei
servizi nazionali riguardanti la realizzazione delle pari opportunità per le persone con disabilità”).
2. Politiche sull’accessibilità
 Molte leggi intervengono a tutelare il diritto alla mobilità delle persone con
disabilità (non sempre, però, vengono applicate); a tale proposito si veda la Regola 5a delle «Regole
standard».
Molte leggi intervengono sul problema dell'accessibilità alla comunicazione ed all'informazione (le misure
adottate, però, sono totalmente inadeguate); a tale proposito si veda la Regola 5b delle «Regole standard»
(Norma 5 - Accessibilità, ossia “gli Stati dovrebbero riconoscere l'importanza centrale dell'accessibilità nel
processo di realizzazione delle pari opportunità in ogni sfera della vita sociale. Per le persone con disabilità
di ogni tipo, gli Stati dovrebbero: introdurre programmi di azione per rendere accessibili gli ambienti fisici
(a), trovare gli strumenti per rendere accessibile l'informazione e la comunicazione (b), agevolare l’accesso
agli ambienti fisici (c)”).
 L’accesso alle strutture culturali e di tempo libero è, spesso, problematico (sebbene le leggi ne prescrivano
l'accessibilità); a tale proposito si veda la Regola 10 delle «Regole standard» (Norma 10 - Cultura, ossia “gli
Stati provvederanno affinché le persone con disabilità siano integrate e possano partecipare in attività
culturali su basi paritarie”).
 Le strutture sportive accessibili alle persone con disabilità sono scarse; a tale proposito si veda la Regola
11 delle «Regole standard» (Norma 11 - Attività ricreative e sport, ossia “gli Stati prenderanno delle misure
per garantire che le persone con disabilità abbiano pari opportunità per le attività ricreative e lo sport”.)
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»:
concludiamo
Gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ancora ad oggi, fanno riferimento alle «Regole
Standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»: esse rappresentano
uno strumento che, come si è detto sopra, presenta le linee guida per le azioni dei governi nei confronti
degli individui con disabilità. Queste, però, non sono delle vere e proprie leggi vigenti in ogni Stato parte
dell’ONU, bensì risultano ancora delle semplici direttive, quasi dei consigli, che i diversi governi dovrebbero
mettere in atto al fine di tutelare i diritti ed i doveri delle persone con disabilità, così come quelli di tutte gli
altri cittadini facenti parte di una società. Proprio per tale motivo, soprattutto negli ultimi anni, centinaia di
ragazzi e ragazze, uomini e donne di diversi Paesi europei, con disabilità o meno, hanno realizzato varie
manifestazioni, con l’obiettivo di richiedere il rispetto dei diritti fondamentali (il video allegato, registrato a
Bruxelles, fornisce un esempio di quanto appena detto).

La Dichiarazione di Salamanca
Documento nato a seguito della Conferenza Mondiale U.N.E.S.C.O sull’Educazione tenutosi a Salamanca
(Spagna) dal 7 al 10 giugno del 1994 che si occupò di esigenze speciali, introducendo per la prima volta il
concetto di Bisogni Educativi Speciali o BES, definiti successivamente dall’ICF come “qualsiasi difficoltà
evolutiva di funzionamento permanente o transitoria in ambito educativo o di apprendimento, dovuta
all’interazione tra vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata”.
Il principio ispiratore è garantire ad ogni persona il diritto all'educazione abolendo ogni spazio di esclusione
e di marginalizzazione, in questo modo prende forma il concetto di "scuola centrata sui bisogni degli allievi",
con programmi e percorsi formativi che si adattano all'allievo e non viceversa.
Il documento è accompagnato da un Piano d’Azione e cioè linee guida che ciascun Paese o Organizzazione
Internazionale si impegna a seguire e promuovere per il concreto raggiungimento dei propositi.
 I rappresentanti dei 92 Governi e delle 25 Organizzazioni Internazionali presenti riconoscono quindi che:
- l'educazione è un diritto fondamentale di ogni bambino che deve avere la possibilità di acquisire e di
mantenere un livello di conoscenze accettabili;
- ogni bambino ha caratteristiche, interessi, predisposizioni e necessità di apprendimento che gli sono
propri;
- i sistemi educativi devono essere concepiti e i programmi devono essere messi in pratica in modo da
tenere conto di questa grande diversità di caratteristiche e di bisogni;
- le persone che hanno esigenze educative speciali devono poter accedere alle normali scuole che devono
integrarli in un sistema pedagogico centrato sul bambino, capace di soddisfare queste necessità; 
- le scuole normali che assumono questo orientamento di integrazione costituiscono il modo più efficace
per combattere i comportamenti discriminatori, creando delle comunità accoglienti, costruendo una società
di integrazione e raggiungendo l'obiettivo di un'educazione per tutti.
 In conseguenza a tali premesse, ciascun Governo è esortato a:
- dare la priorità nelle politiche e nei bilanci al miglioramento dei sistemi educativi al fine di poter accogliere
tutti i bambini, indipendentemente dalle differenze o difficoltà individuali, 
- adottare, come legge o politica, il principio dell'educazione integrata, accogliendo tutti i bambini nelle
scuole normali, a meno che non si oppongano motivazioni di forza maggiore, 
- mettere a punto progetti pilota e favorire scambi con i Paesi in cui esistono già scuole di integrazione,
- stabilire meccanismi decentralizzati e di partecipazione per la pianificazione, il controllo e la valutazione
dei servizi creati a favore di bambini e adulti con esigenze educative speciali, 
- incoraggiare e facilitare la partecipazione dei genitori, delle comunità e delle organizzazioni di disabili alla
pianificazione di misure prese per soddisfare le esigenze educative speciali e le decisioni prese in materia,
- dedicare un impegno crescente sia alla messa a punto di strategie che permettano di identificare
rapidamente le necessità e di intervenire senza ritardi, sia all'orientamento professionale dell'educazione
integrata, 
- fare attenzione affinché, nel contesto di un cambiamento di sistema, la formazione degli insegnanti,
iniziale o durante l'incarico, tratti delle esigenze educative speciali nelle scuole di integrazione.
 Il Piano D’Azione che segue la vera e propria dichiarazione si divide in 4 parti:
- Un’introduzione dove ci si interroga sul significato di un’istruzione che sia davvero per tutti e
sull’importanza di dar valore alle opportunità più che alle limitazioni
- I Nuovi Pensieri sull’Educazione per i Bisogni Speciali che spiegano ad esempio
1. come l’inclusione e la partecipazione siano essenziali per la    dignità umana e favoriscano l’esercizio dei
Diritti Umani
2. l’importanza di una vera equità delle opportunità
3. il principio di scuola inclusiva come scuola nella quale “i bambini imparano insieme”, avendo cura delle
difficoltà e delle differenze che ciascuno ha e trascorrendo “tra pari” più tempo possibile
4. l’attenzione al fatto che in passato le persone disabili, come anche le donne, siano state svantaggiate
nell’accesso all’istruzione, va prestata attenzione anche alle generazioni adulte
5. la necessità di espandere l’inclusione creando una comunità educante che non si limiti alla scuola
6. l’inclusione varia molto in relazione alle culture e di questo bisogna tener conto nella pianificazione
governativa.
- Le linee Guida a livello Regionale, Nazionale ed Internazionale riguardano le politiche e l’organizzazione
adottabili, i fattori scolastici che incoraggiano l’inclusione, la formazione del personale educativo, il supporto
dei servizi esterni coi quali fare rete, le aree prioritarie sulle quali intervenire, le prospettive comuni a livello
globale e le risorse da mettere in gioco.
Nell’ottobre 2009 a Salamanca si è svolta la conferenza mondiale sul tema dell’Educazione Inclusiva,
un’occasione quindi per riflettere sugli obiettivi raggiunti e sui progressi compiuti rispetto all’Educazione per
Tutti che ci si era proposti di attuare, è stato pertanto presentato un rapporto Mondiale sull’Educazione
Inclusiva.
Durante la cerimonia conclusiva è stata adottata la Risoluzione della Conferenza di Salamanca nella quale si
riaffermano i principi adottati nel 1994, si richiede a tutti i Governi di ratificare la Convenzione ONU sui
Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, ci si impegna nella formazione di un’alleanza globale per
raggiungere l’Educazione per Tutti attraverso il lancio dell’Iniziative 24 che si propone di raggiungere come
obiettivo la completa attuazione dell’articolo 24 della Convenzione 2006 sull’istruzione come diritto e
opportunità per tutti.

The dakar framework for action


Nel 1990, molti paesi si sono impegnati a provvedere all’educazione per tutti entro il 2000, in occasione
della Conferenza mondiale sull’Educazione per Tutti (Jomtien, Thailandia). La loro
per colmare le proprie necessità di apprendimento di base”.
Il decennio dell’Educazione per tutti è sfociato poi nell’aprile del 2000, dove 1.100 persone provenienti da
164 paesi si sono riunite a Dakar, in Senegal, in occasione del Forum mondiale sull’educazione. I partecipanti
al Forum adottarono il Quadro d’Azione di Dakar sull’educazione per tutti e concordarono sei obiettivi ad
ampio raggio sull’educazione da realizzare entro il 2015. Inoltre, il forum ha ribadito il ruolo dell'UNESCO
come organizzazione guida con la responsabilità generale di coordinare altre agenzie e organizzazioni nei
tentativi di raggiungere questi obiettivi.
I sei obiettivi stabiliti in The Dakar Framework for Action, Education for All sono:
1) ampliare la cura e l’educazione della prima infanzia;
2) assicurare una formazione elementare libera e obbligatoria per tutti; 3) promuovere l’apprendimento e le
competenze per la vita;
4) incrementare del 50% l’alfabetizzazione degli adulti;
5) raggiungere l’uguaglianza educativa a livello di genere;
6) migliorare la qualità dell’educazione.
Al fine di valutare i progressi di ciascun paese rispetto agli obiettivi dell'EFA stabiliti nel Framework for
Action di Dakar, l'UNESCO ha sviluppato l'Indice Education for All Development (EDI). L'EDI misura quattro
dei sei obiettivi EFA, selezionati in base alla disponibilità dei dati. Ognuno dei quattro obiettivi viene valutato
utilizzando un indicatore specifico e a ciascuno di questi componenti viene quindi assegnato lo stesso peso
nell'indice complessivo. Il valore EDI per un dato paese è quindi la media aritmetica dei quattro indicatori.
Poiché sono tutti espressi come percentuali, il valore EDI può variare dallo 0 al 100% o, quando espresso
come rapporto, da 0 a 1. Maggiore è il valore EDI, più il paese è vicino a raggiungere Education for All nel
suo complesso .
I quattro obiettivi misurati nell'EDI e i relativi indicatori sono:
1) Obiettivo 1: L'indicatore selezionato per misurare i progressi verso questo obiettivo è il rapporto di
iscrizione alla rete primaria primaria (NER), che misura la percentuale di bambini in età di scuola primaria
che sono iscritti alla scuola primaria o secondaria .
2) Obiettivo 4: Sebbene i dati esistenti sull'alfabetizzazione non siano del tutto soddisfacenti, il tasso di
alfabetizzazione degli adulti per quelli di età pari o superiore a 15 anni viene qui utilizzato come proxy per
misurare i progressi.
3) Obiettivo 5: l'indicatore selezionato per misurare i progressi verso questo obiettivo è l'indice EFA specifico
per genere, il GEI, che è esso stesso una media semplice dei tre indici di parità di genere (GPI) per istruzione
primaria, istruzione secondaria e alfabetizzazione degli adulti, con ciascuna ponderata allo stesso modo.
Pertanto, comprende i due sotto-obiettivi dell'obiettivo EFA originale: parità di genere (raggiungimento della
pari partecipazione delle ragazze e dei ragazzi all'istruzione primaria e secondaria) e uguaglianza di genere
(assicurare che esista l'uguaglianza educativa tra ragazzi e ragazze) proposta dal GPI per alfabetizzazione per
adulti
4) Obiettivo 6: Il tasso di sopravvivenza al grado 5 è stato selezionato come il miglior proxy disponibile per la
valutazione della componente di qualità dell'EDI, poiché sono disponibili dati comparabili per un gran
numero di paesi.
Risultati presi dal rapporto: l’Education for All Global Monitoring Report:
Dal 2000, i progressi conosciuti sono stati molto significativi:
Il numero dei bambini fuori dalla scuola si è ridotto di quasi la metà; oggi nelle scuole si contano 34 milioni
di bambini in più rispetto a quanti ve ne sarebbero stati se i trend fossero rimasti quelli degli anni Novanta,
aumento che può dunque essere attribuito agli sforzi di governi e ONG generati dal movimento Education
For All; ciononostante, l’obiettivo Educazione Per Tutti non è stato raggiunto:
- Solo un terzo dei paesi ha raggiunto tutti gli obiettivi EFA che avevano target misurabili (istruzione primaria
universale, riduzione dell’analfabetismo adulto del 50%, parità di genere nell’istruzione primaria e
secondaria);
- Solo la metà (52% per l’esattezza) dei paesi ha raggiunto l’obiettivo dell’istruzione primaria universale,
l’obiettivo che ha ricevuto più attenzione in senso ampio;
- I progressi hanno conosciuto uno stallo negli anni recenti.
- Permangono grosse diseguaglianze (reddito, genere, appartenenza a categorie svantaggiate/vulnerabili) le
quali agiscono da potente ostacolo verso i progressi nell’educazione: Per bambini e adolescenti più poveri,
le probabilità di non andare a scuola sono 4 volte superiori rispetto ai più ricchi;
- La percentuale dei bambini che non va a scuola nei paesi/zone affetti da conflitto armato è del 36% ed è
andata aumentando dal 2000
- I progressi hanno riguardato in misura minore bambine e ragazze. Un terzo dei paesi non ha raggiunto la
parità di genere nell’istruzione primaria, e la metà non l’ha raggiunta nell’istruzione secondaria; le donne
rappresentano la maggioranza degli adulti cui viene negato il diritto all’alfabetizzazione
- Rimane significativo il gap fra gli studenti più e meno svantaggiati in termini non solo di accesso ma anche
di livelli di apprendimento, e queste distanze spesso crescono all’avanzare dell’alunno nel suo percorso
Il verdetto del Rapporto in 6 punti
1) Gli Obiettivi EFA non sono stati raggiunti :
2) Si sono però registrati progressi rapidi, in termini di ingresso nelle scuole di milioni di bambini e
adolescenti e di riduzione delle disparità di genere
3) Coloro che sono stati lasciati indietro sono i più svantaggiati e vulnerabili
4) Sono ancora molti milioni coloro che non stanno apprendendo conoscenze e competenze di base, che
frequentino o meno la scuola
5) L’educazione e l’apprendimento degli adulti sono stati completamente dimenticati
6) Mentre la spesa domestica sta crescendo, gli impegni dei donatori sono andati in stallo.

Legge 328 del 2000


Cosa è la L.328/200?
Intitolata “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”
è la legge per l’asistenza, finalizzata a promuovere gli interventi sociali, assistenziali e sociosanitari che
garantiscano un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà.
Scopo: assistenza del singolo e sostegno della persona all’interno del proprio nucleo familiare.
Obiettivi: qualità della vita, la prevenzione, la riduzione e l’eliminazione della disabilità, il disagio personale
e familiare, il diritto alle prestazioni.
A chi è rivolta?
Ai cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e i limiti definiti dalle leggi
regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all’Unione Europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri.
Contenuto
1- Progetti individuali per le persone disabili:
valutazione diagnostico-funzionale
cura e riabilitazione a carico del Servizio Sanitario Sociale
recupero e integrazione sociale a carico del Comune
misure economiche contro povertà, emarginazione ed esclusione sociale
2- Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti:
autonomia
permanenza nell’ambiente familiare
progetti di assistenza e sanità
3- Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari
assegni di cura
promozione del mutuo
servizi di sollievo
servizi per l'affido familiare
conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di cura
Soggetti erogatori
La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti
locali, alle regioni ed allo Stato.
Lo Stato ha il compito di fissare un Piano sociale nazionale che indichi i livelli uniformi e di base delle
prestazioni, stabilire i requisiti che devono avere le comunità-famiglie e i servizi residenziali nonché i profili
professionali nel campo sociale.
Le Regioni devono programmare e coordinare gli interventi sociali, spingere verso l'integrazione degli
interventi sanitari, sociali, formativi e di inserimento lavorativo, stabilire i criteri di accreditamento e vigilare
sulle strutture e i servizi sia pubblici che privati.
I Comuni sono gli interlocutori privilegiati infatti da essi dipende:
- la determinazione dei parametri per la valutazione delle condizioni di povertà, di limitato reddito e di
incapacità totale o parziale per inabilità fisica e psichica, e le relative condizioni per usufruire delle
prestazioni;
- l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza sui servizi sociali e sulle strutture residenziale e
semiresidenziali pubbliche e private;
- il garantire il diritto dei cittadini a partecipare al controllo di qualità dei servizi
Cosa cambia con la L.328/2000:
1890 prima legge che norma l’assistenza sociale: “Legge Crispi”
Siamo arrivati fino al 2000 per vedere un quadro normativo valido per l’intero territorio nazionale.
Concezione dell’utente trasformata.
Da portatore di bisogni speciali a Persona con proprie risorse, inserita in un contesto familiare e un contesto
territoriale.
Da assistenza a Protezione sociale attiva.
Da prestazioni singole a percorso di intervento accompagnato.
Da esclusività delle azioni da ente pubblico a Pluralità di attori.
Da Government a Governance.
Da Centralizzazione istituzionale a Governo declinato territorialmente.
+ IPAB (Art.10) nella rete locale dei servizi
+ Adozione Carta dei servizi (Art.13)

ICF
Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della saluteInternational Classification of
Functioning, Disability and Health.
Definizione
Il traguardo più importante è il nuovo sistema di classificazione licenziato dall’OMS nel 2001, titolato
“International Classification of Functioning Disability and Health” (ICF). Il suo scopo è quello di fornire un
linguaggio unificato e standardizzato per descrivere la salute e gli stati ad essa correlati di ogni persona,
codificando un’ampia gamma di osservazioni relative.Anzitutto rileviamo che il paradigma si rivolge a tutti,
senza distinzioni di categorie di popolazione all’interno, ponendo al centro dell’attenzione la condizione di
salute; per questo rappresenta una significativa evoluzione rispetto al precedente modello concettuale. L’
OMS ha messo in atto un processo di adattamento del sistema di classificazione alla condizione evolutiva
infantile e giovanile, sviluppando la versione per bambini e adolescenti (ICF-CY, 2007), nella quale viene
dato uno spazio privilegiato all’attività del gioco, sia nella sua funzione educativa, sia come veicolo primario
di apprendimento.
Un modello concettuale di approccio globale al funzionamento della persona, che si definisce solo
nell’interazione e nella reciprocità tra persone e contesto ambientale.
Innovazione ICD-ICF
Visione tradizionale:
Disabilità intesa come: malattia e disturbo individuale.
Utilizzo delle parole: handicap e disabilità.
ICF:
Disabilità intesa come: fenomeno sociale e contestuale
Utilizzo delle parole: linguaggio standard, unificato e neutro (partecipazione sociale e attività).
Si propone una visione dell’individuo con minorazione che rovescia la prospettiva tradizionale: anziché
assumere in primo piano le disfunzioni, si privilegia l’attenzione a mettere in luce le abilità del soggetto in
rapporto ai diversi ambienti in cui vive. I qualificatori
Critiche
Critiche Stiker:
Giudica carente di direzione e di senso il modello.
Assenza della dimensione emotiva e personale.
Critiche Disability Studie:
Criteri normativi di un’impostazione medica.
Cultura occidentale dominante.
Peso culturale attribuito all’alterazione delle funzioni.

UDL
L’UDL (Universal Design for Learning) è un insieme di principi che formano un quadro concreto per l’utilizzo
di tecnologie per massimizzare le opportunità di apprendimento di ogni studente. È una struttura educativa
basata su studi neuroscientifici che pone come assunto di base il fatto che tutti gli studenti meritano una
formazione rigorosa e motivante che li renda proattivi, orientati agli obiettivi e ben informati. Questa
struttura educativa rispetta e omaggia la diversità degli studenti e li spinge ad essere maggiormente
coinvolti nella formazione, a scegliere, a farsi carico della propria istruzione. Come? Offrendo agli studenti
mezzi di azione ed espressione e guidando i formatori a riconoscere gli ostacoli all&#39;apprendimento e a
trovare soluzioni per rimuovere quelle barriere. L’UDL è,inoltre,un approccio psico-pedagogico che affronta
in modo convergente tre grandi sfide dell’insegnamento: la valorizzazione delle diversità, l’educazione
inclusiva e l’uso critico e consapevole delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione.
L’UDL svolge il suo ruolo attraverso 3 principi:
1. Il principio del perchè che si occupa del coinvolgimento emotivo e dell’assegnazione di significato
personale alle informazioni elaborate.
2. Il principio del cosa che è implicato nei processi di acquisizione e riconoscimento delle informazioni.
3. Il principio del COME che è responsabile dei processi di elaborazione ed espressione delle informazioni.
1. Il principio del cosa
Nasce dalla considerazione che gli studenti differiscono nel modo in cui percepiscono e comprendono le
informazioni che sono loro presentate. Per esempio, disabilità sensoriali (cecità o sordità), disabilità
nell’apprendimento (dislessia), differenze linguistiche o culturali potrebbero richiedere tutti diversi modi di
approcciarsi ai contenuti. Altri studenti potrebbero semplicemente assimilare le informazioni più
velocemente ed efficacemente attraverso mezzi visivi o uditivi piuttosto che attraverso il testo scritto. In
sintesi: non esiste un solo modo di rappresentazione che sia ottimale per tutti gli studenti e quindi fornire
molteplici opzioni di rappresentazione diventa essenziale.
2. Il principio del come
Nasce dalla consapevolezza che gli studenti differiscono nei modi in cui personalizzano i loro percorsi in
ambienti d’apprendimento e in come riescono ad esprimere ciò che sanno. Per esempio, gli stessi compiti
assegnati possono essere risolti in maniera molto differente da individui con rilevanti disabilità (paralisi
cerebrali), da individui che presentano difficoltà con le abilità strategiche e organizzative (disturbi della
funzione esecutiva), da studenti che hanno difficoltà linguistiche. Poiché l’azione e l’espressione richiedono
un gran numero di strategie e di organizzazione pratica (alcuni studenti potrebbero sapersi esprimere bene
nello scritto e non nell’orale, e viceversa) diventa essenziale fornire diverse possibilità di azione e di
espressione.
3.Il principio del perché
Prende atto che l’inclinazione rappresenta un elemento cruciale dell’apprendimento e che gli studenti si
differenziano notevolmente nel modo in cui sono motivati all’apprendimento e che non c’è un modo di
coinvolgimento che possa essere ottimale per tutti gli studenti in tutti i contesti. I motivi che possono
influenzare la variazione individuale dell’inclinazione sono molteplici come la neurologia, la cultura,
l’attinenza personale, la soggettività, la conoscenza pregressa. Alcuni studenti sono altamente coinvolti dalla
spontaneità e dalle novità, mentre altri non sono coinvolti, o anche spaventati, da questi aspetti, preferendo
la rigida routine; alcuni individui preferiscono lavorare da soli mentre altri in gruppo.

Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità


Introduzione
1.Disabilità è una parola che spesso,troppo spesso, crea una distanza tra le persone. Una distanza che si
trasforma in discriminazione. Proprio per combattere tale discriminazione,nel dicembre 2006, l’Assemblea
delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità.
Esso è il primo trattato sui diritti umani del XXI secolo e si ispira ad un nuovo approccio alla disabilità, vista
non più come menomazione psicofisica e sociale, ma come condizione sociale, con questo mira a non
centrarsi nella disabilità della persona ma sulla persona titolare di diritti, così, promuovendo l’inclusione in
modo reale e l’idea di tutte le persone come “parte della diversità umana”.
Tale convenzione rappresenta il compimento di un lungo percorso per il riconoscimento dei diritti
delle persone con disabilità, iniziato con l’adozione di atti, che adesso presenteremo in una linea temporale.
Linea temporale
Dicembre 1948: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Dicembre 1971: la Dichiarazione sui diritti delle persone mentalmente ritardate.
Dicembre 1975: la Dichiarazione sui diritti delle persone disabili.
Dicembre 1993: le Regole standard sulle pari opportunità delle persone con disabilità.
Dicembre 2006: Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità.
L’obiettivo a cui si aspira è la rimozione di tutti gli ostacoli, sia ambientali che culturali, al raggiungimento
della piena uguaglianza e pieno godimento dei diritti e delle libertà fondamentali. Il grande pregio della
Convenzione risiede nello spostare l’asse di tutela della disabilità, dalla assistenza medica ad una azione
volta ad eliminare ogni forma di discriminazione e di disuguaglianza sociale.
Attraverso i suoi 50 articoli, questa Convenzione ci indica la strada che tutti gli stati del mondo devono
percorrere per garantire i diritti dell’uguaglianza e dell’inclusione sociale di tutti i cittadini con
disabilità, come in particolare: nell’articolo. 1, dove viene riassunto lo scopo della convenzione, che è quello
di promuovere, proteggere e garantire il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani di tutte le libertà
fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.
Mentre i successivi articoli, oltre a definire i principi generali, quali ad esempio la non discriminazione, la
parità di opportunità, la piena ed effettiva partecipazione ed inclusione nella società, mettono in risalto
punti concreti attraverso cui i diritti dei disabili debbano essere realizzati:
diritto all’educazione (Art. 24), diritto al lavoro ed occupazione (Art.27), diritto alla partecipazione alla vita
culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport (Art. 30).
Conclusione:
In Italia, questa Convenzione, è stata rettificata nel 2009 con la L. 3 marzo 2009 n. 18 Per quanto riguarda la
situazione europea, va sottolineato che la convenzione è il primo trattato sui diritti umani a cui tutti i paesi
dell’Unione Europea hanno aderito.

Legge 170
La Legge n° 170 del 2010 riconosce e definisce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia in
quanto disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).
Dislessia: problemi nella lettura e nella comprensione di ciò che si è letto;
disortografia: difficoltà a scrivere in modo grammaticalmente corretto;
disgrafia: disturbo nella scrittura e nella riproduzione di grafemi;
discalculia: compromissione delle capacità di calcolo.
Si può inoltre parlare di comorbilità nel caso vi sia una coesistenza, in un unico individuo, di più patologie
differenti.
Questi disturbi “si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie
neurologiche e di deficit sensoriali ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività
della vita quotidiana dell’individuo” (art.1).
Questa legge tutela il diritto allo studio di bambini e ragazzi con DSA ed inoltre fornisce alle scuole un’
opportunità per riflettere sulle metodologie da mettere in atto per favorire tutti gli studenti e per dare
spazio al loro vero potenziale.
La diagnosi di questi disturbi deve avvenire nell’ambito del Servizio sanitario nazionale o da parte di
specialisti e strutture accreditate (art.6). Inoltre secondo l’art.2 è necessario individuare con precocità questi
tipi di disturbo, in modo da poter avviare al più presto percorsi didattici adeguati.
Quando vi è il sospetto che un bambino abbia un disturbo specifico dell’apprendimento, ad esso vengono
somministrati dei test appositi dedicati alla valutazione di: intelligenza, capacità di scrittura, capacità di
lettura, comprensione del testo e capacità di calcolo (adeguati all’età del bambino o del ragazzo). In seguito
alla somministrazione di questi test, lo specialista redige una relazione che contiene i risultati, la diagnosi
del disturbo che è stato individuato e le strategie da adottare.
Solo dopo che questa relazione è pervenuta agli insegnanti, essi possono redigere il PDP (Piano Didattico
Personalizzato), esso riporta nei dettagli il progetto educativo dedicato allo studente con difficoltà di
apprendimento e viene redatto dal consiglio di classe degli insegnanti all’inizio di ogni anno scolastico; è una
sorta di &quot; contratto&quot; tra famiglia, scuola ed istituzioni socio-sanitarie il quale risulta utile ad
organizzare un percorso scolastico differenziato per un alunno affetto da un disturbo specifico
dell’apprendimento. Il PDP è un diritto garantito dalla legislazione e indica a tutte le persone coinvolte nel
percorso educativo o scolastico i passi e gli strumenti necessari per favorire l’apprendimento ed il successo
scolastico al soggetto in questione. Al suo interno troviamo:
 Dati anagrafici
 Tipologia del disturbo
 Attività didattiche personalizzate
 Strumenti compensativi
 Misure dispensative
 Forme di verifica e valutazione personalizzata
Didattica personalizzata: Promozione delle potenzialità individuali mediante l’offerta di attività specifiche;
eventuale diversificazione delle mete formative; accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno e
sviluppo consapevole delle sue “preferenze” e del suo talento; impiego di una varietà di metodologie e
strategie didattiche.
La scuola ha l’obbligo di provvedere all’introduzione di strumenti compensativi ovvero strumenti didattici e
tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria.
Fra i più noti indichiamo:
 la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;
 il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della
lezione;
 i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di
testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale
correzione degli errori;
 la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
 altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali,
etc.
Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal
disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo.
Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere
alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano
l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto
l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura.
Rientrano tra le misure dispensative altresì le interrogazioni programmate, l’uso del vocabolario, poter
svolgere una prova su un contenuto comunque disciplinarmente significativo, ma ridotto o tempi più lunghi
per le verifiche. L’adozione delle misure dispensative, dovrà essere sempre valutata sulla base dell’effettiva
incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il
percorso di apprendimento dell’alunno in questione.
Per quanto riguarda le lingue straniere si devono garantire l&#39;uso di strumenti che favoriscono la
comunicazione verbale o, se necessario, l’esonero dallo studio di tale disciplina.

Index for inclusion


Che cos’è?
È uno strumento che racchiude materiali e dati finalizzati a valutare la propria comunità scolastica, aiutando
così ad acquisire strategie sempre più efficaci per rendere l’ambiente il più possibile inclusivo. Esso offre un
percorso di progettazione della realtà scolastica, attraverso la partecipazione di alunni, insegnanti, genitori,
dirigenti, amministratori e membri della comunità locale.
La storia dell’Index
 Nasce da una ricerca-azione di circa 3 anni effettuata da Booth e Ainscow con il coinvolgimento di
ricercatori universitari, alunni, famiglie e dirigenti scolastici;
 la versione iniziale è stata testata in sei scuole primarie e secondarie;
 la prima versione nasce nel 2000 in Inghilterra, la seconda nel 2002, solo nel 2008 uscirà la versione
tradotta in Italiano (rivisitata nel 2014);
 è stato tradotto in 37 lingue e diffuso in tutto il mondo.
Concetti chiave
• Inclusione;
• ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione;
• risorse per sostenere l’apprendimento e la partecipazione;
• sostegno alla diversità.
Le dimensioni dell’Index
A) creare culture inclusive:
•sezione A.1: costruire comunità;
•sezione A.2: affermare valori inclusivi
B) Produrre politiche inclusive:
•sezione B.2: sviluppare la scuola per tutti
•sezione B.2 organizzare
C) Sviluppare pratiche inclusive:
• C.1 coordinare l’apprendimento;
• C.2 mobilitare risorse.
A. Creare culture inclusive
La valorizzazione di ciascun componente della comunità è il punto di partenza per ottimizzare i risultati finali
di tutti. Vengono trasmessi valori inclusivi che orientano le decisioni e le pratiche quotidiane nella scuola.
B. Produrre politiche inclusive
Le politiche inclusive influenzano la progettazione educativa e fanno in modo che nella comunità nessuno
sia escluso. Secondo principi inclusivi si attiva un sostegno alla diversità.
C. Sviluppare pratiche inclusive
Le attività scolastiche proposte sono basate su culture e politiche inclusive.
Gli alunni sono coinvolti attivamente nella loro educazione e ogni progetto deve essere studiato sulla base
della diversità degli alunni.
I materiali: indicatori e domande
Ogni sezione contiene degli indicatori, che definiscono un obiettivo a cui aspirare. Esempi di indicatori
possono essere: etnia, genere, disabilità. Essi vanno confrontati con le pratiche in uso nella scuola, in modo
da determinare i cambiamenti necessari. Il significato di ogni indicatore è chiarito da una serie di domande
che aiutano a cogliere l’utilità dell’Index.
Fase 1: cominciare ad utilizzare l’Index
fase 2: l’analisi della scuola
fase 3: produrre un processo di sviluppo inclusivo
fase 4: realizzare la priorità
fase 5: revisione del processo dell’Index.

Direttiva ministeriale del 2012


La direttiva ministeriale sui BES – Bisogni Educativi Speciali (Dir. 27/12/2012)
Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato in gennaio 2013 la Direttiva del 27/12/2012 relativa ai Bisogni
educativi Speciali (BES). Il bisogno educativo speciale è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo
e/o apprenditivo, che consiste in un funzionamento problematico anche per il soggetto, in termini di
danno, ostacolo o stigma sociale e che necessita di educazione speciale individualizzata. Il bisogno
educativo speciale è una difficoltà che si deve manifestare in età evolutiva, e cioè entro i primi 18 anni di
vita del soggetto. Questa difficoltà si manifesta negli ambiti di vita dell’educazione e/o dell’apprendimento
scolastico/istruzione. Può coinvolgere, a vario livello, le relazioni educative, formali e/o informali, lo
sviluppo di competenze e di comportamenti adattivi, gli apprendimenti scolastici e di vita quotidiana, lo
sviluppo di attività personali e di partecipazione ai vari ruoli sociali. Tra i BES rientrano diversi disturbi e
deficit:
 DSA (disturbi specifici dell&#39;apprendimento)
 deficit del linguaggio
 deficit delle abilità non verbali
 deficit nella coordinazione motoria
 deficit di attenzione e iperattività (ADHD)
In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni:
svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà
derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.
Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area
dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs). Vi sono comprese tre grandi
sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-
economico, linguistico, culturale. Gli alunni con competenze intellettive nella norma o anche elevate, che –
per specifici problemi – possono Incontrare difficoltà a scuola, devono essere aiutati a realizzare
pienamente le loro potenzialità.
Un discorso particolare si deve fare a proposito di alunni e studenti con problemi di controllo attentivo e/o
dell’attività, spesso definiti con l’acronimo A.D.H.D. (Attention Deficit Hyperactivity Disorder),
corrispondente all’acronimo che si usava per l’Italiano di D.D.A.I. – Deficit da disturbo dell’attenzione e
Dell’iperattività. L’ADHD si può riscontrare anche spesso associato ad un DSA o ad altre problematiche, ha
una causa Neurobiologica e genera difficoltà di pianificazione, di apprendimento e di socializzazione con i
coetanei. Il percorso migliore per la presa in carico del bambino/ragazzo con ADHD si attua senz’altro
quando è presente una sinergia fra famiglia, scuola e clinica. Le informazioni fornite dagli insegnanti hanno
una parte Importante per il completamento della diagnosi e la collaborazione della scuola è un anello
fondamentale nel processo riabilitativo.
Nella Direttiva Ministeriale rientrano anche i soggetti bordeline che possono ricevere interventi educativi e
didattici flessibili. Si può stimare che questi casi si aggirino intorno al 2,5% dell’intera popolazione
scolastica. Si tratta di bambini o ragazzi il cui QI globale (quoziente intellettivo) risponde a una misura che
va dai 70 agli 85 punti e non presenta elementi di specificità. Per alcuni di loro il ritardo è legato a fattori
neurobiologici.
Dalle considerazioni sopra esposte si evidenzia, in particolare, la necessità di elaborare un percorso
Individualizzato e personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali, anche attraverso la
Redazione di un Piano Didattico Personalizzato, individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con
BES, ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli insegnanti ed abbia la funzione di
documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate. Quindi è molto importante che il corpo
docenti, in collaborazione con la famiglia, sappia trovare una positiva composizione tra la prospettiva
individualistica ( e quindi quella pedagogica del progetto personalizzato) e quella sistemica della
coeducazione nella classe. Per fare ciò è necessario adottare una didattica che sia ‘denominatore comune’
per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica inclusiva più che una didattica speciale. Al
fine di corrispondere alle esigenze formative che emergono dai nuovi contesti della scuola italiana, alle
richieste di approfondimento e accrescimento delle competenze degli stessi docenti e dirigenti scolastici
(corsi specifici).

Circolare ministeriale n.8 (6 marzo 2013)


La Circolare Ministeriale n.8 viene pubblicata il 6 marzo 2013 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca e applica e chiarisce la Direttiva Ministeriale del 27.12.2012 introducendo importanti novità
nel campo dell’integrazione scolastica.
La C.M. estende il campo dell’integrazione scolastica all’intera area dei Bisogni Educativi Speciali (BES),
poiché si estende a tutti il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento. Tale personalizzazione deve
avvenire tramite la redazione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP) per ciascuno degli alunni. Questo
documento definisce il rapporto tra la scuola, i genitori e le figure che seguono lo studente nelle attività di
recupero e riabilitazione indicando tutti gli interventi necessari per arrivare al successo scolastico, cioè agli
stessi obiettivi di apprendimento dei suoi compagni.
Il PDP è deliberato dal Consiglio di classe e firmato dal Dirigente scolastico, dai docenti e dalla famiglia.
Finalità:
- Esplicitare in modo chiaro e trasparente le scelte didattiche e metodologiche, liberamente scelte dalla
scuola, per favorire il diritto formativo;
- Corresponsabilità del team docente sulla presa a carico dell’alunno;
- Comprendere la diagnosi e programmare le attività personalizzate e quelle integrate;
- Verbalizzare un percorso unitario tra Sanità, scuola e famiglia;
- Documentare l’applicazione della norma;
- Esplicitare le strategie, gli strumenti di verifica ed i criteri di valutazione.
I cosiddetti BES comprendono, oltre la disabilità certificata, anche lo svantaggio sociale e culturale, disturbi
specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della
cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.
La direttiva ricorda, quindi, che “ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare
Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali,
rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”.
Ad esempio, per gli alunni di origine straniera di recente immigrazione è possibile attivare percorsi
individualizzati e personalizzati e un’attenta cura nel monitorare l’efficacia degli interventi affinché siano
messi in atto per il tempo strettamente necessario.
Per quanto riguarda lo svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale tali tipologie di BES dovranno
essere individuate sulla base di elementi oggettivi, devono esserci quindi considerazioni psicopedagogiche e
didattiche ben fondate.
La direttiva poi fornisce indicazioni che le istituzioni scolastiche dovrebbero esplicitare in alcune azioni
strategiche per perseguire tale “politica per l’inclusione”.
Si estende a tutti i BES i compiti del Gruppo di lavoro e di studio d’Istituto (GLHI). Tale gruppo di lavoro
assume la denominazione Gruppo di lavoro per l’Inclusione (GLI). Le sue principali competenze saranno:
Rilevazione dei BES presenti nella scuola;
Raccolta e documentazione degli Interventi didattico – educativi;
Confronto con l’équipe sulle strategie di gestione da attuare;
Rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;
Elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES da redigere
al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di giugno).
Il GLI costituisce l’interfaccia della rete dei Centri Territoriali di Supporto (CTS) e dei servizi sociali e sanitari
territoriali. Le scuole devono impegnarsi a perseguire, anche attraverso le reti scolastiche, accordi e intese
con i servizi sociosanitari territoriali finalizzati all’integrazione dei servizi “alla persona”.
I CTS hanno il ruolo di funzione di riferimento immediato per le scuole. Hanno diverse funzioni:
Informazione e formazione;
Consulenza;
Gestione degli ausili;
Raccolta di pratiche di inclusione;
Definizione di un Piano annuale di intervento;
Promozione di intese territoriali per l’inclusione.

Agenda 2030
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile; è un
programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto dai governi dei 193 Paesi membri
dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in
un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi da raggiungere entro il 2030, e
proprio per questa ragione viene chiamata “Agenda 2030”. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo
Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il Mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei
prossimi 15 anni.
Il carattere fortemente innovativo dell’agenda è il fatto che viene superata l’idea che la sostenibilità sia
unicamente una questione ambientale e si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello
sviluppo.
I 17 obiettivi sono:
- porre fine ad ogni povertà nel mondo(si prefigge di porre fine alla povertà estrema di chi vive con meno di
1,25 dollari al giorno. Si vuole ridurre della metà il numero di chi vive in povertà in ogni sua forma, di
migliorare i sistemi di protezione sociale e sicurezza, di assicurare eguali diritti per l’accesso alle risorse
economiche)
- sconfiggere la fame (mira a migliorare l’alimentazione globale e promuovere un sistema di agricoltura
sostenibile. I traguardi riguardano l’accessibilità a cibo nutriente e sufficiente ogni giorno, la fine di ogni
forma di malnutrizione, il miglioramento della produttività agricola su piccola scala)
- salute e benessere (mira ad assicurare a ogni cittadino del mondo, di ogni età, nazionalità ed estrazione
sociale, lo stesso diritto alla salute e al benessere. Vuole garantire l’accesso all’assistenza sanitaria,
promuove lo sviluppo di vaccini e farmaci)
- istruzione di qualità(riguarda l’istruzione, per promuovere un’educazione di qualità che sia accessibile a
tutti. Si vogliono eliminare le disparità di genere, aumentare i livelli di alfabetizzazione, potenziare le
strutture adeguandole ai reali bisogni dei bambini, soprattutto se disabili, e promuove la formazione di
insegnanti qualificati)
- parità di genere (Mentre il mondo ha fatto progressi nella parità di genere e nell’emancipazione delle
donne attraverso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, tra cui la parità di accesso all’istruzione primaria per
ragazzi e ragazze, donne e ragazze continuano a subire discriminazioni e violenze in ogni parte del mondo.
Bisogna garantire alle donne e alle ragazze equità sia a livello sociale ed economico. Uno dei traguardi di
questo obiettivo è quello di eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle
spose bambine e le mutilazioni genitali femminili (ad esempio in Sudan ad oggi le mutazioni genitali
femminili sono considerate reato)
- acqua pulita e servizi igienico sanitari(si riferisce all’accesso dell’acqua pulita e ai servizi igienico sanitari,
che oggi mancano in molte parti del mondo. Mira a raggiungere acqua potabile sicura ed economica per
tutti, e accesso a impianti sanitari e igienici sicuri)
- energia pulita e accessibile(punta ad assicurare globalmente l’accesso a energie pulite, sostenibili,
moderne, efficienti, affidabili, oltre che convenienti).
- lavoro dignitoso e crescita economica (si prefigge di incentivare la crescita economica, in modo tale che
possa essere inclusiva e sostenibile, garantendo a tutti un lavoro dignitoso. Mira a ridurre il numero di
giovani disoccupati, ponendo fine alle forme di schiavitù moderna, promuovendo il diritto al lavoro in un
ambiente sano e sicuro)
- imprese e innovazioni e infrastrutture(I traguardi parlano di infrastrutture di qualità, sostenibili e affidabili,
di un’industria inclusiva e sostenibile, dell’accesso delle piccole imprese ai servizi finanziari. È importante
anche il miglioramento dell’efficienza nell’uso delle risorse e nella ricerca scientifica e tecnologica,
promuovendo anche la formazione e l’innovazione.)
- ridurre le disuguaglianze (si prefigge di ridurre le disuguaglianze tra le nazioni e dentro le stesse.
Promuove l’inclusione sociale, politica ed economica, assicura pari opportunità, maggiore uguaglianza e
migliore rappresentanza dei paesi in via di sviluppo.
- città e comunità sostenibili (si impegna a rendere le città inclusive, sicure, sostenibili, resilienti. È
importante anche la protezione del patrimonio culturale e naturale, riduzione dell’impatto ambientale delle
città, aumento degli spazi verdi e pubblici.)
- consumi e produzione responsabili (si mira a dimezzare lo spreco alimentare, migliorando la gestione dei
rifiuti. In che modo? Riducendone l’impatto tramite economia circolare e riciclo e invitando le imprese a
diventare green.)
- lotta contro il cambiamento climatico (Il cambiamento climatico interessa i Paesi di tutti i continenti. Le
persone stanno sperimentando gli impatti significativi del cambiamento climatico, quali ad esempio il
mutamento delle condizioni meteorologiche, l’innalzamento del livello del mare e altri fenomeni
meteorologici ancora più estremi. Le emissioni di gas a effetto serra, derivanti dalle attività umane, sono la
forza trainante del cambiamento climatico e continuano ad aumentare. Attualmente sono al loro livello più
alto nella storia. Il cambiamento climatico è una sfida globale che non rispetta i confini nazionali. Le
emissioni sono ovunque e riguardano tutti. È importante cooperare al fine di aiutare i Paesi in via di sviluppo
a muoversi verso un’economia a bassa emissione di carbonio. Per far fronte ai cambiamenti climatici, i paesi
hanno firmato nel mese di aprile un accordo mondiale sul cambiamento climatico (Accordo di Parigi sul
Clima).
- la vita sott’acqua(si pone come missione quella di conservare e utilizzare consapevolmente oceani, mari e
risorse marine in ottica di uno sviluppo sostenibile. Mira alla riduzione dell’inquinamento marino entro il
2025)
- la vita sulla terra (vuole proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile e consapevole delle risorse
terrestri, attraverso la conservazione sostenibile degli ecosistemi, la promozione di politiche di gestione
green delle foreste, riducendo la deforestazione e combattendo la desertificazione.)
- pace, giustizia e istituzioni solide(mira a rendere la Terra un luogo sicuro dove vivere, riducendo ogni forma
di violenza, sfruttamento, guerra, anche attraverso la promozione dello stato di diritto, la riduzione del
finanziamento illecito e il traffico di armi, della corruzione e degli abusi di potere, allargando la
partecipazione dei paesi in via di sviluppo nelle decisioni globali.)
- partnership per gli obiettivi (per avere successo, l’agenda richiede una cooperazione tra governi di tutti i
Paesi).

Legge n.107
Differenza fra uguaglianza e parità.
Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali (Don Milani).
La Legge n.107 del 2015 è la «riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il
riordino delle disposizioni legislative vigenti»;
essa prevede il potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio che riguardano le alunne e
gli alunni, le studentesse e gli studenti rispetto ai differenti bisogni educativi;
Essa prevede un piano d’integrazione per studenti BES (bisogni educativi speciali) e studenti disabili, con la
partecipazione di tutti i docenti;
Legge delega al Governo:
ridefinizione del ruolo dei docenti di sostegno con appositi percorsi di formazione universitaria.
Garantire la permanenza del docente per il sostegno, per l’intero ordine o grado di istruzione.
La presenza di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica.
La revisione delle modalità e dei criteri della certificazione, che deve essere rivolta ad individuare
“abilità residue” dello studente disabile.
La revisione e riorganizzazione dei Comuni e Provincie per il trasporto e assistenza educativa.
L’obbligo di formazione per i D.S. e tutti i docenti, sugli aspetti pedagogico-didattici e
organizzativi dell’inclusione.
La previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e
ausiliario per l’assistenza di base e per gli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali.
Revisione della garanzia dell’istruzione domiciliare per minori con disabilità, temporaneamente
impediti per motivi di salute a frequentare la scuola.

General comment n.4 (diritto educazione inclusiva)


Il General Comment n.4 è un documento emesso dal Comitato delle Nazioni Unite riguardante la
Convenzione sui diritti delle persone con disabilità che prevede il riconoscimento dell’inclusione come
chiave per il raggiungimento del diritto all’istruzione che si è rafforzato negli ultimi trent’anni e dal 26
agosto 2016 fornisce orientamenti ai Governi in materia di “educazione inclusiva” con riferimenti
all’articolo 24.
L’educazione inclusiva mira a garantire un’esperienza di apprendimento equa e partecipativa, in un
ambiente che risponde al meglio alle necessità dei singoli individui, promuovendo inoltre una loro
occupazione e coesione sociale. Questo è un diritto fondamentale per tutti gli studenti ed è il risultato di un
processo di impegno continuo e proattivo per eliminare le barriere che oggi continuano ad esistere nella
nostra società e impediscono a molti bambini di vedere rispettati i loro diritti.
Alcuni fattori che ne ostacolano l’accesso sono:
 la persistente discriminazione ed esposizione ai numerosi pregiudizi;
 la mancanza di conoscenza della natura e dei vantaggi di un’istruzione ad hoc e di qualità;
 meccanismi di finanziamento inadeguati per fornire incentivi e soluzioni ragionevoli per una adeguata
inclusione, sostegno e sostenibilità.
L’educazione inclusiva è intesa come processo volto a garantire il diritto all’educazione per tutti a
prescindere dalle diversità di ciascuno che derivino da condizioni di disabilità e/o svantaggio psico-fisico,
socio-economico e culturale. E’ necessario sviluppare interventi focalizzati sul progetto di vita del singolo e
del gruppo che deve svilupparsi nella scuola e parallelamente nei contesti sociali di appartenenza.
La prospettiva dell’educazione inclusiva è quella di:
- considerare la diversità come parte della normalità nella scuola e anche nella vita sociale, culturale e
professionale;
- valorizzare in modo equo tutti gli alunni e i docenti;
- offrire un percorso scolastico basato su un rapporto collaborativo scuola-famiglia bidirezionale;
- accrescere la partecipazione degli alunni nel rispetto alle culture e alle comunità sul territorio;
- riformare le politiche e pratiche nella scuola per valorizzare le diversità;
- superare gli ostacoli all’accesso e alla partecipazione di alunni in difficoltà;
- vedere le “differenze” come risorse per il sostegno all’apprendimento, piuttosto che come problemi da
superare;
- promuovere il sostegno reciproco tra scuola e comunità e riconoscere che l’inclusione nella scuola è un
aspetto dell’inclusione nella società più in generale.
Perché la piena inclusione si realizzi servono modifiche strutturali e organizzative, un adattamento dei
programmi didattici, una formazione specifica per gli insegnanti e per i dirigenti scolastici, nonché un
monitoraggio continuo che coinvolga le persone affette da disabilità, le persone con esigenze di sostegno
intensivo e coloro che se ne prendono cura.
Gli Stati parte (coloro che hanno aderito alla promozione dell’educazione inclusiva) dovrebbero rispettare,
proteggere e soddisfare ciascuna delle caratteristiche essenziali di questo diritto, come garantire:
la disponibilità: la qualità strutturale del sistema scolastico (tempi, spazi, strumenti); la qualità
professionale del personale docente e amministrativo e la qualità del progetto pedagogico e culturale che
la società assegna alle scuole stesse.
l’accessibilità a livello di istituzioni, materiale didattico e servizi di supporto nonché creare barriere
architettoniche in modo da favorire l’inclusione e uguaglianza durante il percorso scolastico;
l’accettabilità e l’obbligo di realizzare e progettare tutte le strutture, i beni e servizi nel rispetto dei requisiti
delle culture, lingua e punti di vista di ogni singolo bambino con disabilità;
l’adattabilità nel poter creare modi flessibili per far apprendere favorendo un clima di classe coinvolgente e
dando inoltre la possibilità a ciascun insegnante di concentrarsi sui risultati educativi di tutti i bambini,
anche quelli con disabilità.
L’Italia, a differenza di altri Paesi Europei, vanta dell’esperienza di ormai trent’anni di integrazione
scolastica degli alunni con disabilità nella scuola ordinaria.
Eppure, nonostante le leggi e le politiche progressiste c’è ancora del lavoro da fare per garantire
un’educazione davvero inclusiva per ogni alunno.
Uno dei problemi è che l’approccio iniziale dell’Italia, che ha preceduto la Convenzione delle Nazioni Unite
sui diritti delle persone con disabilità di quasi tre decenni, era basato sull’idea di “integrazione”.
Il General Comment n. 4 infatti chiarisce la differenza tra “integrazione” e “inclusione”:
• “L’integrazione è un processo di collocamento delle persone con disabilità nelle strutture educative
esistenti, a condizione che possano adeguarsi ai requisiti standard di tali istituzioni”.
• “L’inclusione comporta un processo di riforma sistemica che richiede cambiamenti e modifiche nel
contenuto, metodi di insegnamento, approcci educativi, strutture e strategie per superare le barriere.
In un’epoca in cui la diversità è sempre più la norma, un’educazione autenticamente inclusiva è l’unica
risposta possibile, non solo per gli alunni con disabilità, ma per gli studenti stranieri e per gli studenti
provenienti da famiglie fragili.
Infine noi tutti dovremmo fare un passo avanti culturale, coltivando una cultura che incoraggi il
riconoscimento della diversità umana, non solo come naturale, ma anche come preziosa, in modo che le
famiglie degli alunni senza disabilità non temano un impatto negativo sui propri figli ma accolgano e
riconoscano i benefici della vera inclusione.
“La scuola deve diventare la scuola di tutti, senza lasciare indietro nessuno”
D.lgs. 66/2017
Decreto legislativo che tratta dell’inclusione scolastica per alunni con disabilità.
Inclusione scolastica:
riguarda le bambine e i bambini, gli alunni e le alunne, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza
attraverso strategie educative che sviluppano le potenzialità di ciascuno nel rispetto dei suoi diritti.
Il decreto si applica solo agli studenti certificati ai sensi dell’articolo 3 della legge 104/92 (soggetti con
minoranze fisiche, psichiche o sensoriali).
Novità:
modificate le modalità di assegnazione delle ore di sostegno
viene introdotto il piano educativo individualizzato (PEI)
eliminazione della diagnosi e del profilo dinamico-funzionale
introduce il profilo di funzionamento (PF)
Criticità:
condizione di disabilità non garantisce il sostegno
elimina la possibilità di ricorso da parte delle famiglie
Procedure di certificazione della disabilità
la domanda per l’accertamento della disabilità in età evolutiva è presentata all’INPS, che dà risposta entro
30 giorni;
una commissione medica (tra cui due medici specialisti )e uno specialista scelto tra un operatore sociale o
assistente specialista accertano la disabilità;
la famiglia presenta la certificazione di disabilità all’unità di valutazione multidisciplinare, che rilascia il
profilo di funzionamento e stabilisce le ore di sostegno;
la famiglia presenta alla scuola e all’ente locale la certificazione e il PF;
il dirigente scolastico procede con la richiesta delle ore di sostegno.
Procedura per la richiesta delle ore di sostegno
Decreto legislativo affida il compito di richiedere le ore di sostegno al gruppo di inclusione territoriale (GIT).
dirigente scolastico propone al GIT la quantificazione relativa ai posti di sostegno.
il GIT verifica la quantificazione delle ore di sostegno e formula una proposta all’USR (uffici scolastici
regionali).
l’USR assegna le risorse nell’ambito dell’organico dell’autonomia per i posti di sostegno.
Redazione del piano educativo individualizzato (P.E.I):
redatto dal consiglio di classe
elaborato all’inizio di ogni anno scolastico
partecipazione della famiglia e delle figure professionali interne ed esterne alla scuola
soggetto a verifiche periodiche
deve prevedere uno spazio adeguato per lo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro.

D.leg96
Il D. lgs n°96 è stato emanato il 7 agosto 2019 per innovare il D. lgs n°66 sul tema dell’inclusione scolastica
degli alunni con disabilità ed entra in vigore il 12 settembre 2019. Oltre ad alcune rettifiche di carattere
terminologico vengono introdotte quattro novità che ruotano intorno al principio generale della
personalizzazione delle soluzioni adottate per favorire l’inclusione. Vengono quindi proposti percorsi
didattici calibrati sulle esigenze del singolo alunno, viene dato maggior peso al ruolo delle famiglie e alla
volontà dello studente, se maggiorenne. Il sottosegretario S. Giuliano sostiene che “sono norme che
rafforzano e valorizzano la partecipazione attiva delle famiglie degli studenti stessi.”
Le principali novità introdotte sono:
 Introduzione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) (Art.6): la legge prevede la redazione di
un documento programmatico personalizzato per ogni studente con disabilità. Al suo interno viene
dettagliato il percorso inclusivo pensato per il ragazzo, che deve essere unico, non preimpostato ma
costruito intorno alle sue esigenze specifiche.
 Modifica delle modalità di assegnazione delle ore di sostegno (Art.9): nell’ottica di una totale
personalizzazione del percorso didattico, le ore di sostegno riconosciute all’alunno devono essere
proporzionate al tipo di disabilità. Per questa ragione, anche le famiglie saranno coinvolte nella loro
definizione.
 Revisione della composizione delle commissioni mediche che si occupano di accertare la disabilità (Art.4)
a farne parte saranno:
- medico legale
- medico specialista in pediatria o neuropsichiatria
- medico specializzato nella patologia dell’alunno.
 Istituzione dei Gruppi di Inclusione Territoriale (GIT) e dei Gruppi di lavoro operativo per l&#39;inclusione
(Art.8): il GIT è composto da personale docente esperto nell’ambito dell’inclusione, anche con riferimento
alla prospettiva bio – psico – sociale, e nelle metodologie didattiche inclusive e innovative. Il GIT è
nominato con decreto del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale ed è coordinato da un
dirigente tecnico o da un dirigente scolastico che lo presiede. Il GIT conferma la richiesta inviata dal
dirigente scolastico all’ufficio scolastico regionale relativa al fabbisogno delle misure di sostegno ovvero può
esprimere su tale richiesta un parere difforme.
Presso ciascuna istituzione scolastica è istituito il Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI). Il GLI è composto
da docenti curricolari, docenti di sostegno e, eventualmente da personale ATA, nonché da specialisti dell’
Azienda sanitari locale e del territorio di riferimento dell’istituzione scolastica. Il gruppo è nominato e
presieduto dal dirigente scolastico ed ha il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e
realizzazione del Piano per l’inclusione nonché i docenti contitolari e i consigli di classe nell’attuazione dei
PEI.
 Art 12 che prevede la possibilità per le famiglie di chiedere la conferma del docente di sostegno con
incarico a tempo determinato assegnato alla classe: la norma resta ma viene precisato che questa
opportunità è riservata soltanto ai docenti con titolo di specializzazione.

Slide prof
4 Fasi

Inserimento (intrecciare, collegare)


Rifiuto delle famiglie al ricovero negli istituti con forte vocazione assistenzialistica.
Nascono le prime associazioni familiari.
Si afferma la cultura dei diritti delle persone con disabilità (diritto all’istruzione).
Prepara i bambini con disabilità a una vita relazione e produttiva come membri di una società.
Integrazione
Legge 51/1997 Legge-quadro n°104/92
Integrazione di tutti gli studenti con disabilità nella scuola dell’obbligo indipendentemente dal contesto
socio-economico, dalla menomazione o altre caratteristiche.
I processi di integrazione hanno rappresentato il più importante fattore di prevenzione degli ostacoli
all’apprendimento e alla partecipazione: fattore di cambiamento e innovazione del sistema scolastico.
Legge 51/77
Da una scuola uguale per tutti ad una scuola diversa per ciascuno.
Stabilisce con chiarezza presupposti, condizioni, strumenti e finalità per l’integrazione scolastica degli alunni
con disabilità: la programmazione, la flessibilità, le attività integrative, la funzione formativa della
valutazione, l’abolizione degli esami di riparazione, presa in carico del progetto di integrazione da parte
della comunità scolastica, presenza di insegnanti specializzati, adeguamento della programmazione,
l’apporto dei servizi specialistici socio-sanitari (territorialità)
Legge 517 del 77 art.2
<<La scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicaps con la prestazione di
insegnanti specializzati>>.
Legge 20 maggio 1982 n.270:
viene istituita la figura dell’insegnante di sostegno anche nelle scuole materne (oggi infanzia).
Legge-quadro 104 del 1992
Integrazione scolastica, Lavorativa, Sociale.
Estensione a nidi e scuole superiori dell’integrazione scolastica con sostegno.
Progetto di vita.
Nel 1999 anche all’Università.
Previsione di un apparato di documentazione a carattere diagnostico, osservativo e progettuale che
accompagna la frequenza scolastica.
Procedure di valutazione individualizzata.
Afferma il diritto all’educazione e all’istruzione dal nido e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e
grado.
La finalità dell’integrazione deve tendere alla crescita dell’alunno disabile e dei suoi compagni sotto il profilo
dell’apprendimento, della socializzazione e degli scambi relazionali.
Nessuna disabilità può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica.
La programmazione dell’integrazione si snoda nelle seguenti fasi:
1. diagnosi clinica: individuazione dell’alunno con disabilità ad opera di uno specialista
2. diagnosi funzionale: descrive le capacità e le potenzialità dell’alunno. Documento redatto a livello
interdisciplinare dagli operatori scolastici e sociosanitari
3. profilo dinamico funzionale: per individuare, insieme alla famiglia, le potenzialità dell’alunno
4. piano educativo individualizzato: redatto da famiglia e equipe educativa e socio-sanitaria.
Critica: integrazione centrata sui bisogni individuali e sulle risposte personalizzate. Non vi sono stati
cambiamenti a livello organizzativo.
Integrazione
Legge 517/1997 Legge-quadro n°104/92
Questa prospettiva si basa su un approccio prevalentemente bio-medico che tende a considerare la
<<disabilità>> come un problema della persona.
<<occorre diagnosticare, curare e provare a rendere completo ciò che viene visto come <<difettoso>> o
<<imperfetto>>. L ‘allievo va educato attraverso risposte specialistiche che mirano a <<scoprire ciò che
manca>> […] l’integrazione scolastica interviene prima sui singoli soggetti e poi sui contesti>>.
Inclusione
Dichiarazione di Salamanca (1994) Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (2006)
La dichiarazione di Salamanca riporta l’attenzione alla diversità intesa come valore in sé al suo
riconoscimento in una scuola per tutti, indicando come obiettivo prioritario l’accessibilità e la
partecipazione di tutti i bambini.
La convezione ribadisce l’inclusione come diritto universale, strada privilegiata per combattere ogni forma di
discriminazione.
Inclusione come imperativo morale/politico rimuovere gli ostacoli che impediscono la partecipazione,
offrire risorse e supporti adeguati a chi vive in situazioni di svantaggio.
L’inclusi(one non riguarda solo i processi di insegnamento e apprendimento:
comprende la sfera educativa, sociale e politica (progetto di vita), guarda a tutti gli allievi, interviene sul
contesto poi sul singolo, ruolo del docente è il rapporto docente-discente.
L’ICF – Classificazione Internazionale del funzionamento
ICF
Descrive le componenti non sanitarie della salute che contribuiscono a definire il quadro complessivo del
benessere fisico, mentale e sociale della persona.
Per le componenti <<sanitarie>> si utilizza la Classificazione Internazionale delle malattie (ICD) utilizzata per
le diagnosi cliniche necessarie all’accertamento della condizione di disabilità.
Da ICD a ICF in breve:
1983: Classification of causes of death
1946: ICD/Classification of Diseases
1980: ICIDH/Classification of Impairment, Disabilities and Handicaps
2001: ICF/Classification of human functiong
2007: ICF – CY (Children and Youth)
Il modello medico
Nel 1980 l’OMS distingue tra:
menomazione ( danno o anomalia): mancanza o anomalia delle strutture anatomiche, fisiologiche o
psicologiche o delle loro funzioni causata da una malattia o da un trauma,
disabilità (aspetto funzionale): qualsiasi limitazione o mancanza di capacità (derivante da una
menomazione) a svolgere un’attività nella maniera in cui è considerata normale per un essere umano,
handicap (conseguenze culturali, economiche e ambientali in presenza di deficit): condizione di svantaggio
vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o
impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona in relazione all’età, al
sesso e ai fattori socio-culturali.
Il modello sociale
La disabilità è qualcosa di imposto sopra le nostre menomazioni, e per la quale noi veniamo isolati senza
necessità ed esclusi dalla piena partecipazione alla vita sociale. I disabili sono dunque un gruppo sociale
oppresso (Fundamental principles of disability, 1976).
menomazione (danno o anomalia),
Svantaggio o restrizione di attività causata da una organizzazione sociale
contemporanea la quale tiene in scarsa o nulla considerazione le
persone che hanno una menomazione fisica (o di altro tipo) e così le
esclude dalle attività sociali mainstream

disabilità

Invece del ricorso alle cure e alla riabilitazione identifica una strategia politica di cambiamento sociale.
Sostituendo l’approccio basato sul deficit si produce un cambiamento nella coscienza delle persone con
disabilità e nella loro capacità di mobilitazione socio-politica.

Verso un modello bio-psico-sociale


Termini in ICF
“handicap”termine non più utilizzato.
Menomazione: viene intesa come perdita o anormalità nella struttura del corpo o nella funzionalità
fisiologica (comprese le funzioni mentali);
disabilità: limitazioni dell’attività e restrizioni della (alla) partecipazione. Esso indica gli aspetti negativi
dell’interazione tra un individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo;
attività: esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo: prospettiva individuale del
funzionamento;
partecipazione: coinvolgimento di una persona in una situazione di vita: prospettiva sociale del
funzionamento.
Realismo critico
La disabilità è una proprietà emergente, che in senso temporale si colloca nell’influenza fra la realtà
biologica della menomazione fisiologica, il condizionamento strutturale (ovvero possibilità/limitazioni) e
l’interazione/collaborazione socio-culturale (Williams).
Multidimensionalità <<Soltanto tenendo in considerazione differenti livelli, meccanismi e contesti, la
disabilità può essere analiticamente studiato come fenomeno>> (Danermark e Gellerstedt).
La combinazione di: un certo insieme di attributi fisici o mentali, in un particolare ambiente fisico, all’interno
di una specifica relazione sociale, che avviene in un contesto culturale e politico più ampio, che si combina
per creare l’esperienza della disabilità per qualunque individuo o gruppo di individui (Shakespeare).
Verso un modello bio-psico-sociale
Fornire una base scientifica per classificare le conseguenze delle condizioni di salute
• stabilire un linguaggio comune per migliorare la comunicazione
• permettere un raffronto dei dati fra: Paesi, discipline sanitarie, servizi, periodi
• fornire uno schema di codifica sistematica per i sistemi informativi sulla salute.
Offre un linguaggio unificato e standardizzato per descrivere la salute di ogni persona.

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