Edouard Sèguin
Nato a Clamecy nel 1812 e morto nel 1880.
Studi presso Collège d’Auxerre e Lycèe Saint-Louis (Parigi).
1837 diventa allievo di Itard.
1840 fonda prima scuola privata per bambini disabili a Bicetre.
1846 “Traitement Moral, Hygiène et Education des Idiots”.
Si trasferisce negli Stati Uniti dove fonda istituti per “idioti”.
“Traitement Moral, Hygiène et Education des Idiots et des autres enfants arrières”
Lo scrive dopo aver lavorato con bambini considerati “idioti ed epilettici”.
Bambino: debole nella sua mobilità e sensibilità, debole nella sua percezione e ragionamento, debole nella
sua affettività e volontà.
Si tratta di “partire da quello che il bambino sa e può, per condurlo passo passo al conosciuto e al possibile
di tutti”.
Bisogna far giungere il bambino alla consapevolezza della propria unità fisica e del proprio schema
corporeo.
Per promuovere l’educazione sensoriale, motoria e gli apprendimenti astratti è necessario utilizzare un
materiale educativo specifico (giochi per distinguere i timbri di voce, odori, sapori…)
Metodo fisiologico punta a riattivare con interventi mirati:
Educazione muscolare (esercizi per stabilità, posizione eretta, prensione …), educazione sensoriale (collega
le operazioni dei sensi e dell’attività mentale), alfabetizzazione (considera limiti degli allievi e dei possibili usi
pratici), trattamento morale ( esercizio della volontà ad un uso più completo e corretto dell’intelligenza).
Diventa fondatore dei “metodi attivi”.
Nella pedagogia di Sèguin è fondamentale l’idea di contesto entro cui il bambino è inserito, sia nella
relazione con l’educatore, sia nelle attività del bambino.
La storia clinica di Paul
Bambino di 5 anni e mezzo, cranio un po' largo, fronte schiacciata, deformazione labbra, estremità corpo
corte e gli organi della parola difettosi. È affettuoso, allegro, no crudele né aggressivo e non ha infermità
notevoli. Il suo stato non era cambiato dall’età di 3 anni.
In generale non rivelava i disordini nervosi caratteristici dell’idiozia quindi capì che era un bambino
semplicemente ritardato.
Con l’aiuto del medico curante gli prescrisse una nutrizione sapida, bagni tiepidi prima di dormire,
passeggiate regolari, igiene opportuna. Richiamo l’attenzione sui colori, lo fece disegnare figure solide per
poi riconoscerle e imparò le lettere per imitazione.
Per sviluppare la voce e l’articolazione gli fece fare esercizi che durarono quasi 1 anno prima di dare risultati.
Paul ebbe bisogno delle cure di Sèguin per 3 anni: all’età di 8 anni ha cominciato ad imparare le cose che
vengono insegnate a tutti i bambini.
Contesto storico
Con il 700’ e la prima metà del 800’ le persone diversamente abili vengono gradualmente distinte in “folli” e
vengono definiti come portatori di deficit sensoriali o intellettivi.
Nascono così modalità di intervento specifiche e si moltiplicano le istituzioni specializzate nelle attività di
recupero per bambini anormali.
“LO SCOPO DELL’EDUCAZIONE, LUNGI DALL’ESSERE LA PASSIVITA’, E’ LA LIBERTA’, E LA PRIMA CONDIZIONE
PER ESSERE LIBERO E’ DI VOLERLO”.
Legge 517/77
“Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché
altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico”
Il 4 agosto 1977 venne emanata la Legge 517, formata da 17 articoli, e con essa la scuola italiana accoglieva
il modello di integrazione scolastica: modificò l’organizzazione della scuola italiana abolendo le classi
speciali, previste nella legge n. 1859 del 1962, e inserendo nelle classi comuni gli alunni disabili. Tuttavia
rimasero ancora attive le scuole speciali per gli alunni sordomuti (art. 10). La legge fu il risultato di una
significativa fase di studio e di lavoro che consentì di superare le logiche dell’esclusione e dell’educazione
separata, individuando modelli didattici flessibili in cui attivare forme di integrazione trasversali, esperienze
di interclasse o attività organizzate in gruppi di alunni e affidate ad insegnanti specializzati.
Stabilì i presupposti, le condizioni, gli strumenti e le finalità per l’integrazione scolastica degli alunni con
disabilità, in un quadro di riforma della scuola riguardante la programmazione, la flessibilità, le attività
integrative, la funzione formativa della valutazione e l’abolizione degli esami di riparazione. Questa legge
permise di evitare una transizione verso un sistema scolastico che si accingeva a rendere “ordinaria”
l’integrazione, superando la logica del mero inserimento introdotta dall’art. 28 della Legge 118/71,
permettendo un’effettiva integrazione della persona con disabilità in tutta la scuola.
Gli articoli principali su cui occorre soffermarsi dal punto di vista dell’inclusione scolastica sono l’art. 2,
rivolto alla scuola primaria, e l’art 7, rivolto alla scuola secondaria di primo grado; dispongono che “al fine di
agevolare l’attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli
alunni, i docenti sono impegnati a redigere la programmazione educativa che può comprendere attività
scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della classe oppure di classi diverse anche allo scopo
di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni”. L’alunno disabile non
viene soltanto “inserito” nelle classi comuni, ma viene “integrato” nel gruppo classe e a tale scopo è
necessaria la presenza e il servizio di “insegnanti specializzati nel sostegno”, il cui ruolo nasce appunto con
questa legge. L’insegnante di sostegno ha il compito di accogliere e mettere a proprio agio l’alunno che deve
seguire, e per far questo al meglio deve accogliere anche la famiglia del ragazzo. Deve raccogliere poi le
informazioni dell’alunno, e successivamente sviluppare una programmazione ad hoc. Deve quindi sviluppare
un Piano Educativo Individualizzato (PEI) per ogni alunno con disabilità, in collaborazione con la famiglia, i
docenti e gli operatori socio-sanitari, stabilendo anche come verificarne lo svolgimento.
Inoltre, si definiscono i parametri di riferimento dell’integrazione: “Le classi che accolgono alunni portatori
di handicap sono costituite con un massimo di 20 alunni. In tali classi devono essere assicurati la necessaria
integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le
rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità”.
Le maggiori novità apportate da questa legge:
● Non definisce e non impone un modello prestabilito di integrazione, favorendo la variabilità dei contesti;
● Introduce e promuove le attività integrative e attiva gli insegnamenti individualizzati;
● Avvia un nuovo modello pedagogico-didattico centrato sulla programmazione scolastica e sulla
valutazione;
● Abolisce le classi differenziali/speciali per l’integrazione di tutti gli alunni nelle classi comuni;
● Introduce la figura dell’Insegnante specializzato per le attività di sostegno.
L’emanazione di questa legge evidenziò alcune necessità sociali e difficoltà educative dell’epoca:
● Necessità di una maggiore flessibilità del sistema di istruzione e di integrazione organizzativa scuola-
territorio-servizi socio-sanitari (collaborazione interistituzionale);
● Volontà di ridurre lo scarto sociale da parte del sistema scolastico rispondendo a forme differenti di
disagio e svantaggio;
● Espressione della trasformazione storico-sociale del periodo, tradotta nella necessità di esprimere un
bisogno di democrazia, di partecipazione, di riconoscimento delle diverse soggettività, di solidarietà, di
accessibilità a un nuovo sapere formale e informale per tutti, manifestando “il diritto di ascolto a coloro che
non erano stati mai ascoltati”.
Intervista a Franca Falcucci (politica, senatrice, Ministro della pubblica istruzione negli anni ‘80) che
lavorò alla stesura della legge 517:
Vita: “Qual era il clima culturale? Avete incontrato degli ostacoli?”
Falcucci: “No, non direi. Non ricordo nessuna battaglia campale. Certo era cominciata che gli handicappati in
classe nessuno li voleva, c'erano molte resistenze. Il problema non era dentro il mondo della scuola, ma
fuori: culturale, nelle famiglie. Però ci abbiamo lavorato molto, prima di fare la legge abbiamo preparato a
lungo il terreno, quindi alla fine siamo riusciti a farla passare. Ci fu un clima positivo, anche nella fase
attuativa, che poi ho vissuto direttamente, da ministro.”
Con questa legge in Italia avvenne un grande cambiamento: si passò da una scuola uguale per tutti ad una
scuola diversa per ciascuno.
Convenzione ONU
Nel 1924 per la prima volta si fa riferimento al bambino in quanto tale nella Dichiarazione dei
diritti del fanciullo nota come Dichiarazione di Ginevra. Nel 20 Novembre del 1989 approvata,
dall'assemblea generale delle nazioni Unite, la convenzione sui diritti per l'infanzia. Ad oggi i
paesi che aderiscono sono 194 stati esclusi gli Stati Uniti, mentre l'Italia la ha ratificata il 27
maggio del 1991. La convenzione ONU è composta da 54 articoli e si suddivide in quattro
principi fondamentali:
Non discriminazione riferito all'articolo 2 → a prescindere dalla razza, dal colore, dal sesso, dalla
lingua, dalla religione si assicurano i diritti enunciati nella convenzione.
Superiore interesse del minore riferito all'articolo 3 → l'interesse dei bambini deve prevalere su
qualsiasi altro ordine di priorità.
Diritto alla vita alla sopravvivenza allo sviluppo dell'infanzia riferito all'articolo 6 → gli Stati
devono impegnarsi a garantire la crescita e lo sviluppo dell'infanzia.
Ascolto delle opinioni dei bambini riferito all'articolo 12 → garantire al fanciullo il diritto di
esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa. È necessario quindi,
prima di apportare cambiamenti nella loro vita, di qualsiasi natura esse siano, familiare sociale o
personale, tener conto prima di tutto delle opinioni e dei desideri del bambino. Questi ultimi
vanno presi in considerazione il più possibile, sempre rispettando la serena e positiva evoluzione
della personalità del bambino ed il suo sviluppo in ogni ambito. Abbiamo scelto alcuni articoli
che noi riteniamo più significativi:
Articolo 6: gli Stati riconoscono ad ogni fanciullo il diritto alla vita.
Articolo 7: il fanciullo viene immediatamente registrato alla nascita e datogli un nome e ha diritto
a conoscere i suoi genitori.
Articolo 9: si riconosce il diritto affinchè non sia separato dai propri genitori a meno che non sia
nell'interesse preminente del fanciullo.
Articolo 17: gli Stati parti affermano l'importanza dei mass media per promuovere l'informazione
completa e per aiutarlo nel suo sviluppo.
Articolo 18: si garantisce che entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per lo
sviluppo e l'educazione del minore.
Articolo 19: si sostiene il diritto a tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di
abbandono, oltraggio, maltrattamento e negligenza in quanto essere umano.
Articolo 23: si riconosce il diritto che i fanciulli mentalmente e fisicamente disabili hanno diritto
a una vita piena, decente e con le cure di cui necessitano per favorire la loro autonomia.
Articolo 28: si garantisce il diritto del minore all'educazione rispetto all'uguaglianza delle
possibilità.
Articolo 31: Gli stati garantiscono al minore il diritto di dedicarsi al gioco, al tempo libero e al
riposo.
Articolo 34: si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e
di violenza.
In conclusione possiamo affermare che i diritti sono redatti al fine di tutelare i bambini in ogni
situazione e proteggerli dai pericoli che fanno parte della vita.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con
disabilità»
Il percorso verso le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone
con disabilità» delle Nazioni Unite
Il principale strumento internazionale per tutelare i diritti delle persone con disabilità è la «Dichiarazione
universale dei diritti umani», anche se, solo a partire dagli ultimi trent’anni, l’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU) si è occupata in maniera sistematica del problema della disabilità.
Le prime due iniziative dell'ONU concernenti la disabilità risalgono al 20 dicembre 1971 ed al 9 dicembre
1975: nella prima data viene redatta la «Dichiarazione sui diritti delle persone mentalmente ritardate» (un
documento molto generale, in cui si sottolinea la necessità di intervenire in favore delle persone con
disabilità mentale), mentre nella seconda viene approvata la «Dichiarazione sui diritti delle persone disabili»
(la quale, però, non ha avuto seguito).
Nel 1981 l’Organizzazione delle Nazioni Unite istituisce l'Anno Internazionale delle Persone con Disabilità:
ciò determina un aumento di sensibilità ed attenzione, che conduce alla creazione di associazioni ed
istituzioni a favore di tali individui.
Al termine del 1981 cresce maggiormente la consapevolezza che un anno sia insufficiente per affrontare
tutti gli ostacoli e le difficoltà incontrate quotidianamente dalle persone con disabilità; questo induce così
l’Organizzazione delle Nazioni Unite a dedicare un’intera decade (1982-1991) agli uomini ed alle donne con
disabilità, riuscendo così a deviare positivamente i pregiudizi riguardanti la questione qui trattata, ed a
proporre diverse iniziative che sensibilizzano tale tema.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»
Nel dicembre del 1993 lo stimolo fornito dai vari movimenti delle persone con disabilità ha portato
all'approvazione delle «Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con
disabilità», strumento che presenta le linee guida per le azioni dei governi, le quali possono essere utilizzate
per il monitoraggio delle politiche indirizzate a tali individui. L’obiettivo delle «Regole standard», così come
esplicitato nel documento ufficiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, è quello di “assicurare che
ragazze, ragazzi, uomini e donne, come membri delle loro società, possano esercitare i propri diritti e doveri
come gli altri”. Il conseguimento di tale fine richiede una forte impegno morale e politico da parte degli
Stati, i quali devono attuare azioni che conducano al raggiungimento delle pari opportunità . Nelle «Regole
standard» vengono definiti i principi fondamentali riguardanti la responsabilità, l’azione e la cooperazione,
mettendo in evidenza le aree più importanti per il raggiungimento di una piena partecipazione ed
eguaglianza. Queste ultime, dunque, presentano direttive di cambiamento sociale che dovrebbero
permettere a tutti i cittadini con disabilità di prendere parte, in maniera egualitaria, alla vita della società.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»:
analizziamole più nel dettaglio
Le «Regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità» si
suddividono in tre sezioni, ossia “Condizioni preliminari per un’eguale partecipazione”, “Aree di intervento
per la realizzazione delle pari opportunità”, e “Misure di attuazione”, nelle quali le varie norme vengono
ripartite. Lo schema in cui sono organizzate le «Regole Standard» è il seguente:
1. Condizioni preliminari per un’eguale partecipazione
Norma 1 - Accrescimento della consapevolezza, ossia “gli Stati dovrebbero
intraprendere un’azione per accrescere nella società la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità, i
loro diritti, i loro bisogni, il loro potenziale ed il loro contributo”.
Norma 2 - Assistenza medica, ossia “gli Stati dovrebbero provvedere ad assicurare un’assistenza medica
effettiva alle persone con disabilità”.
Norma 3 - Riabilitazione, ossia “gli Stati devono garantire l’esistenza di servizi di riabilitazione alle persone
con disabilità perché possano raggiungere e mantenere il loro livello ottimale di indipendenza e
funzionalità”.
Norma 4 - Servizi di sostegno, ossia “gli Stati dovrebbero garantire alle persone con disabilità lo sviluppo
ed il mantenimento di servizi di sostegno, compresi gli ausili, per assisterle nello sviluppo del loro livello di
indipendenza nella loro vita quotidiana e nell’esercizio dei loro diritti”.
2. Aree di intervento per la realizzazione delle pari opportunità
Norma 5 - Accessibilità, ossia “gli Stati dovrebbero riconoscere l’importanza
centrale dell’accessibilità nel processo di realizzazione delle pari opportunità in ogni sfera della vita sociale.
Per le persone con disabilità di ogni tipo, gli Stati dovrebbero introdurre programmi d’azione per rendere
accessibili gli ambienti fisici (a), trovare gli strumenti per rendere accessibile l’informazione e la
comunicazione (b), agevolare l’accesso agli ambienti fisici (c)”.
Norma 6 - Istruzione, ossia “gli Stati dovrebbero riconoscere il principio che l’istruzione primaria,
secondaria e terziaria per i bambini, i giovani e gli adulti con disabilità deve essere egualmente accessibile.
Dovrebbero garantire che l’istruzione di persone con disabilità faccia parte integrante del sistema
d’istruzione”.
Norma 7 - Lavoro, ossia “gli Stati devono riconoscere che le persone disabili devono essere messe in grado
di esercitare i loro diritti umani, specialmente nel campo del lavoro. Tanto nelle aree rurali che in quelle
cittadine, devono avere le stesse opportunità di svolgere un impiego produttivo e remunerativo nel mercato
del lavoro”.
Norma 8 - Assistenza economica e previdenza sociale, ossia “gli Stati sono tenuti a mettere a disposizione
delle persone disabili la previdenza sociale e l’assistenza economica”.
Norma 9 - Vita famigliare ed integrità della persona, ossia “gli Stati dovrebbero promuovere la piena
partecipazione delle persone con disabilità nella vita famigliare. Dovrebbero promuovere il loro diritto
all’integrità della propria persona, e garantire che le leggi non facciano discriminazioni nei confronti delle
persone con disabilità per quel che riguarda le relazioni sessuali, il matrimonio, la paternità e la maternità”.
Norma 10 - Cultura, ossia “gli Stati provvederanno affinché le persone con disabilità siano integrate e
possano partecipare in attività culturali su basi paritarie”.
Norma 11 - Attività ricreative e sport, ossia “gli Stati prenderanno delle misure per garantire che le
persone con disabilità abbiano pari opportunità per le attività ricreative e lo sport”.
Norma 12 - Religione, ossia “gli Stati incoraggeranno delle misure per un eguale partecipazione delle
persone con disabilità alla vita religiosa delle loro comunità”.
3. Misure di attuazione
Norma 13 - Informazione e ricerca, ossia “gli Stati si assumono la
responsabilità finale per la raccolta e la diffusione delle informazioni riguardanti le condizioni di vita delle
persone con disabilità e per promuovere una ricerca complessiva sull’argomento, inclusi gli ostacoli che
influenzano la vita delle persone con disabilità”.
Norma 14 - Politica decisionale e pianificazione, ossia “gli Stati assicureranno che le problematiche
attinenti la disabilità siano inserite in tutte le decisioni rilevanti ed i programmi a livello nazionale”.
Norma 15 - Legislazione, ossia “gli Stati hanno la responsabilità di creare le basi legali per stabilire le
misure per raggiungere l’obiettivo della piena partecipazione ed eguaglianza per le persone con disabilità”.
Norma 16 - Politiche economiche, ossia “gli Stati hanno la responsabilità finanziaria sui programmi e le
misure di intervento nazionale rivolte a creare le pari opportunità per le persone con disabilità”.
Norma 17 - Coordinamento del lavoro, ossia “gli Stati sono responsabili per la creazione ed il
rafforzamento di comitati di coordinamento, od organi simili, che servono come punto di riferimento
nazionale sulle questioni attinenti la disabilità”.
Norma 18 - Le organizzazioni di persone con disabilità, ossia “gli Stati dovrebbero garantire alle
organizzazioni di persone con disabilità il diritto di rappresentare le persone con disabilità a livello
nazionale, regionale e locale. Gli Stati dovrebbero anche riconoscere alle organizzazioni di persone con
disabilità la loro funzione consultiva per le decisioni su questioni riguardanti la disabilità”.
Norma 19 - Formazione del personale, ossia “gli Stati sono responsabili perché venga fornita una
preparazione adeguata al personale coinvolto a tutti i livelli nella pianificazione e nella messa a disposizione
di programmi e servizi riguardanti le persone con disabilità”.
Norma 20 - Attività di controllo nazionale e di valutazione dei programmi sulla disabilità nella fase di
attuazione delle norme, ossia “gli Stati sono responsabili del controllo continuo e della valutazione della fase
di attuazione dei programmi e dei servizi nazionali riguardanti la realizzazione delle pari opportunità per le
persone con disabilità”.
Norma 21 - Cooperazione tecnica ed economica, ossia “gli Stati sia industrializzati che in via di sviluppo,
hanno la responsabilità di cooperare insieme e prendere dei provvedimenti per migliorare le condizioni di
vita delle persone con disabilità nei Paesi in via di sviluppo”.
Norma 22 - Cooperazione internazionale, ossia “gli Stati parteciperanno attivamente alla cooperazione
internazionale riguardante le politiche per il raggiungimento delle pari opportunità con le persone con
disabilità”.
Le «Regole standard», dunque, hanno rappresentato lo strumento che ha fornito un input decisivo
all'inclusione delle persone con disabilità in tutte le politiche che le riguardano; ed, inoltre, hanno sancito il
passaggio da una prospettiva medica della disabilità (incentrata sulla malattia, sull'incapacità, la cura e
l'assistenza) ad una prospettiva sociale (basata, invece, sulla cittadinanza piena, sulla tutela dei diritti e sugli
strumenti per sostenere un adeguamento di opportunità ed inserimento sociale).
Le «Regole standard», in conclusione, hanno cominciato ad influenzare i singoli governi (tenuti, ogni cinque
anni, a presentare dei rapporti sullo stato di attuazione delle stesse), ed hanno ulteriormente aumentato la
consapevolezza che sia necessaria la realizzazione di una Convenzione internazionale in cui si tutelino i
diritti delle persone con disabilità.
Il 20 dicembre del 1996 il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea ha approvato una risoluzione sulle pari
opportunità per le persone con disabilità, che ha posto le «Regole standard» alla base di tutte le azioni, i
programmi e le direttive europee future.
Il valore culturale di questo provvedimento è stato molto rilevante, in quanto, innanzitutto, ha fatto
emergere che quella delle persone con disabilità non è una condizione di compromissione della salute, ma
di discriminazione e mancanza di accesso alla vita sociale, a causa delle barriere, degli ostacoli e dei
pregiudizi che la società interpone tra sé e questi individui. Ha ridimensionato, inoltre, la visione della
disabilità, la quale, fino a quel momento, era stata negativa, in quanto prodotto di pratiche di segregazione
e d’esclusione.
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»:
in Italia
Le «Regole Standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità», purtroppo,
sono ancora poco conosciute, e la loro diffusione nei vari Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni
Unite è molto limitata: l'assenza dei nostri governi in questo campo, ad esempio, è totale. Per comprendere
la gravità del ritardo del nostro Paese nell'applicazione e nel rispetto delle «Regole standard», è necessario
partire da una premessa generale: in Italia non esistono leggi antidiscriminatorie (come, ad esempio, negli
Stati Uniti), ma solo alcune indicazioni generali all'interno della Costituzione che, peraltro, non sono così
chiare come in altre realtà europee (come, ad esempio, in Germania e Portogallo).
Qui di seguito sono riportate alcune politiche nazionali degli ultimi anni in materia di servizi ed accessibilità,
confrontate con quanto prescritto, invece, dalle «Regole standard»:
1. Politiche di servizi
Negli ultimi anni si è verificata una riduzione dell'assistenza medica; a tale
proposito si veda la Regola 2 delle «Regole standard» (Norma 2 - Assistenza medica, ossia “gli Stati
dovrebbero provvedere ad assicurare un'assistenza medica effettiva alle persone con disabilità”).
La riabilitazione, in diverse regioni, è ridotta ad un'azione medica, e si sta riscontrando una riduzione delle
prestazioni («Regola 3»); a tale proposito si veda la Regola 3 delle «Regole standard» (Norma 3 -
Riabilitazione, ossia “gli Stati devono garantire l'esistenza di servizi di riabilitazione alle persone con
disabilità perché possano raggiungere e mantenere il loro livello ottimale di indipendenza e funzionalità”).
Negli ultimi anni si è verificata una riduzione degli ausili; a tale proposito si veda la Regola 4 delle «Regole
standard» (Norma 4 - Servizi di sostegno, ossia “gli Stati dovrebbero garantire alle persone con disabilità lo
sviluppo ed il mantenimento di servizi di sostegno, compresi gli ausili, per assisterle nello sviluppo del loro
livello di indipendenza nella loro vita quotidiana e nell'esercizio dei loro diritti”).
Non esiste ancora una politica chiara riguardante quanto affermato nella Regola 14 delle «Regole
standard» (Noma 14 - Politica decisionale e pianificazione, ossia “gli Stati assicureranno che le
problematiche attinenti la disabilità siano inserite in tutte le decisioni rilevanti ed i programmi a livello
nazionale”).
Non esiste ancora alcuno strumento per valutare il grado di integrazione delle persone con disabilità nella
società; a tale proposito si veda la Regola 20 delle «Regole standard» (Norma 20 - Attività di controllo
nazionale e di valutazione dei programmi sulla disabilità nella fase di attuazione delle norme, ossia “gli Stati
sono responsabili del controllo continuo e della valutazione della fase di attuazione dei programmi e dei
servizi nazionali riguardanti la realizzazione delle pari opportunità per le persone con disabilità”).
2. Politiche sull’accessibilità
Molte leggi intervengono a tutelare il diritto alla mobilità delle persone con
disabilità (non sempre, però, vengono applicate); a tale proposito si veda la Regola 5a delle «Regole
standard».
Molte leggi intervengono sul problema dell'accessibilità alla comunicazione ed all'informazione (le misure
adottate, però, sono totalmente inadeguate); a tale proposito si veda la Regola 5b delle «Regole standard»
(Norma 5 - Accessibilità, ossia “gli Stati dovrebbero riconoscere l'importanza centrale dell'accessibilità nel
processo di realizzazione delle pari opportunità in ogni sfera della vita sociale. Per le persone con disabilità
di ogni tipo, gli Stati dovrebbero: introdurre programmi di azione per rendere accessibili gli ambienti fisici
(a), trovare gli strumenti per rendere accessibile l'informazione e la comunicazione (b), agevolare l’accesso
agli ambienti fisici (c)”).
L’accesso alle strutture culturali e di tempo libero è, spesso, problematico (sebbene le leggi ne prescrivano
l'accessibilità); a tale proposito si veda la Regola 10 delle «Regole standard» (Norma 10 - Cultura, ossia “gli
Stati provvederanno affinché le persone con disabilità siano integrate e possano partecipare in attività
culturali su basi paritarie”).
Le strutture sportive accessibili alle persone con disabilità sono scarse; a tale proposito si veda la Regola
11 delle «Regole standard» (Norma 11 - Attività ricreative e sport, ossia “gli Stati prenderanno delle misure
per garantire che le persone con disabilità abbiano pari opportunità per le attività ricreative e lo sport”.)
Le «regole standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»:
concludiamo
Gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ancora ad oggi, fanno riferimento alle «Regole
Standard per il raggiungimento delle pari opportunità per le persone con disabilità»: esse rappresentano
uno strumento che, come si è detto sopra, presenta le linee guida per le azioni dei governi nei confronti
degli individui con disabilità. Queste, però, non sono delle vere e proprie leggi vigenti in ogni Stato parte
dell’ONU, bensì risultano ancora delle semplici direttive, quasi dei consigli, che i diversi governi dovrebbero
mettere in atto al fine di tutelare i diritti ed i doveri delle persone con disabilità, così come quelli di tutte gli
altri cittadini facenti parte di una società. Proprio per tale motivo, soprattutto negli ultimi anni, centinaia di
ragazzi e ragazze, uomini e donne di diversi Paesi europei, con disabilità o meno, hanno realizzato varie
manifestazioni, con l’obiettivo di richiedere il rispetto dei diritti fondamentali (il video allegato, registrato a
Bruxelles, fornisce un esempio di quanto appena detto).
La Dichiarazione di Salamanca
Documento nato a seguito della Conferenza Mondiale U.N.E.S.C.O sull’Educazione tenutosi a Salamanca
(Spagna) dal 7 al 10 giugno del 1994 che si occupò di esigenze speciali, introducendo per la prima volta il
concetto di Bisogni Educativi Speciali o BES, definiti successivamente dall’ICF come “qualsiasi difficoltà
evolutiva di funzionamento permanente o transitoria in ambito educativo o di apprendimento, dovuta
all’interazione tra vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata”.
Il principio ispiratore è garantire ad ogni persona il diritto all'educazione abolendo ogni spazio di esclusione
e di marginalizzazione, in questo modo prende forma il concetto di "scuola centrata sui bisogni degli allievi",
con programmi e percorsi formativi che si adattano all'allievo e non viceversa.
Il documento è accompagnato da un Piano d’Azione e cioè linee guida che ciascun Paese o Organizzazione
Internazionale si impegna a seguire e promuovere per il concreto raggiungimento dei propositi.
I rappresentanti dei 92 Governi e delle 25 Organizzazioni Internazionali presenti riconoscono quindi che:
- l'educazione è un diritto fondamentale di ogni bambino che deve avere la possibilità di acquisire e di
mantenere un livello di conoscenze accettabili;
- ogni bambino ha caratteristiche, interessi, predisposizioni e necessità di apprendimento che gli sono
propri;
- i sistemi educativi devono essere concepiti e i programmi devono essere messi in pratica in modo da
tenere conto di questa grande diversità di caratteristiche e di bisogni;
- le persone che hanno esigenze educative speciali devono poter accedere alle normali scuole che devono
integrarli in un sistema pedagogico centrato sul bambino, capace di soddisfare queste necessità;
- le scuole normali che assumono questo orientamento di integrazione costituiscono il modo più efficace
per combattere i comportamenti discriminatori, creando delle comunità accoglienti, costruendo una società
di integrazione e raggiungendo l'obiettivo di un'educazione per tutti.
In conseguenza a tali premesse, ciascun Governo è esortato a:
- dare la priorità nelle politiche e nei bilanci al miglioramento dei sistemi educativi al fine di poter accogliere
tutti i bambini, indipendentemente dalle differenze o difficoltà individuali,
- adottare, come legge o politica, il principio dell'educazione integrata, accogliendo tutti i bambini nelle
scuole normali, a meno che non si oppongano motivazioni di forza maggiore,
- mettere a punto progetti pilota e favorire scambi con i Paesi in cui esistono già scuole di integrazione,
- stabilire meccanismi decentralizzati e di partecipazione per la pianificazione, il controllo e la valutazione
dei servizi creati a favore di bambini e adulti con esigenze educative speciali,
- incoraggiare e facilitare la partecipazione dei genitori, delle comunità e delle organizzazioni di disabili alla
pianificazione di misure prese per soddisfare le esigenze educative speciali e le decisioni prese in materia,
- dedicare un impegno crescente sia alla messa a punto di strategie che permettano di identificare
rapidamente le necessità e di intervenire senza ritardi, sia all'orientamento professionale dell'educazione
integrata,
- fare attenzione affinché, nel contesto di un cambiamento di sistema, la formazione degli insegnanti,
iniziale o durante l'incarico, tratti delle esigenze educative speciali nelle scuole di integrazione.
Il Piano D’Azione che segue la vera e propria dichiarazione si divide in 4 parti:
- Un’introduzione dove ci si interroga sul significato di un’istruzione che sia davvero per tutti e
sull’importanza di dar valore alle opportunità più che alle limitazioni
- I Nuovi Pensieri sull’Educazione per i Bisogni Speciali che spiegano ad esempio
1. come l’inclusione e la partecipazione siano essenziali per la dignità umana e favoriscano l’esercizio dei
Diritti Umani
2. l’importanza di una vera equità delle opportunità
3. il principio di scuola inclusiva come scuola nella quale “i bambini imparano insieme”, avendo cura delle
difficoltà e delle differenze che ciascuno ha e trascorrendo “tra pari” più tempo possibile
4. l’attenzione al fatto che in passato le persone disabili, come anche le donne, siano state svantaggiate
nell’accesso all’istruzione, va prestata attenzione anche alle generazioni adulte
5. la necessità di espandere l’inclusione creando una comunità educante che non si limiti alla scuola
6. l’inclusione varia molto in relazione alle culture e di questo bisogna tener conto nella pianificazione
governativa.
- Le linee Guida a livello Regionale, Nazionale ed Internazionale riguardano le politiche e l’organizzazione
adottabili, i fattori scolastici che incoraggiano l’inclusione, la formazione del personale educativo, il supporto
dei servizi esterni coi quali fare rete, le aree prioritarie sulle quali intervenire, le prospettive comuni a livello
globale e le risorse da mettere in gioco.
Nell’ottobre 2009 a Salamanca si è svolta la conferenza mondiale sul tema dell’Educazione Inclusiva,
un’occasione quindi per riflettere sugli obiettivi raggiunti e sui progressi compiuti rispetto all’Educazione per
Tutti che ci si era proposti di attuare, è stato pertanto presentato un rapporto Mondiale sull’Educazione
Inclusiva.
Durante la cerimonia conclusiva è stata adottata la Risoluzione della Conferenza di Salamanca nella quale si
riaffermano i principi adottati nel 1994, si richiede a tutti i Governi di ratificare la Convenzione ONU sui
Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, ci si impegna nella formazione di un’alleanza globale per
raggiungere l’Educazione per Tutti attraverso il lancio dell’Iniziative 24 che si propone di raggiungere come
obiettivo la completa attuazione dell’articolo 24 della Convenzione 2006 sull’istruzione come diritto e
opportunità per tutti.
ICF
Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della saluteInternational Classification of
Functioning, Disability and Health.
Definizione
Il traguardo più importante è il nuovo sistema di classificazione licenziato dall’OMS nel 2001, titolato
“International Classification of Functioning Disability and Health” (ICF). Il suo scopo è quello di fornire un
linguaggio unificato e standardizzato per descrivere la salute e gli stati ad essa correlati di ogni persona,
codificando un’ampia gamma di osservazioni relative.Anzitutto rileviamo che il paradigma si rivolge a tutti,
senza distinzioni di categorie di popolazione all’interno, ponendo al centro dell’attenzione la condizione di
salute; per questo rappresenta una significativa evoluzione rispetto al precedente modello concettuale. L’
OMS ha messo in atto un processo di adattamento del sistema di classificazione alla condizione evolutiva
infantile e giovanile, sviluppando la versione per bambini e adolescenti (ICF-CY, 2007), nella quale viene
dato uno spazio privilegiato all’attività del gioco, sia nella sua funzione educativa, sia come veicolo primario
di apprendimento.
Un modello concettuale di approccio globale al funzionamento della persona, che si definisce solo
nell’interazione e nella reciprocità tra persone e contesto ambientale.
Innovazione ICD-ICF
Visione tradizionale:
Disabilità intesa come: malattia e disturbo individuale.
Utilizzo delle parole: handicap e disabilità.
ICF:
Disabilità intesa come: fenomeno sociale e contestuale
Utilizzo delle parole: linguaggio standard, unificato e neutro (partecipazione sociale e attività).
Si propone una visione dell’individuo con minorazione che rovescia la prospettiva tradizionale: anziché
assumere in primo piano le disfunzioni, si privilegia l’attenzione a mettere in luce le abilità del soggetto in
rapporto ai diversi ambienti in cui vive. I qualificatori
Critiche
Critiche Stiker:
Giudica carente di direzione e di senso il modello.
Assenza della dimensione emotiva e personale.
Critiche Disability Studie:
Criteri normativi di un’impostazione medica.
Cultura occidentale dominante.
Peso culturale attribuito all’alterazione delle funzioni.
UDL
L’UDL (Universal Design for Learning) è un insieme di principi che formano un quadro concreto per l’utilizzo
di tecnologie per massimizzare le opportunità di apprendimento di ogni studente. È una struttura educativa
basata su studi neuroscientifici che pone come assunto di base il fatto che tutti gli studenti meritano una
formazione rigorosa e motivante che li renda proattivi, orientati agli obiettivi e ben informati. Questa
struttura educativa rispetta e omaggia la diversità degli studenti e li spinge ad essere maggiormente
coinvolti nella formazione, a scegliere, a farsi carico della propria istruzione. Come? Offrendo agli studenti
mezzi di azione ed espressione e guidando i formatori a riconoscere gli ostacoli all'apprendimento e a
trovare soluzioni per rimuovere quelle barriere. L’UDL è,inoltre,un approccio psico-pedagogico che affronta
in modo convergente tre grandi sfide dell’insegnamento: la valorizzazione delle diversità, l’educazione
inclusiva e l’uso critico e consapevole delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione.
L’UDL svolge il suo ruolo attraverso 3 principi:
1. Il principio del perchè che si occupa del coinvolgimento emotivo e dell’assegnazione di significato
personale alle informazioni elaborate.
2. Il principio del cosa che è implicato nei processi di acquisizione e riconoscimento delle informazioni.
3. Il principio del COME che è responsabile dei processi di elaborazione ed espressione delle informazioni.
1. Il principio del cosa
Nasce dalla considerazione che gli studenti differiscono nel modo in cui percepiscono e comprendono le
informazioni che sono loro presentate. Per esempio, disabilità sensoriali (cecità o sordità), disabilità
nell’apprendimento (dislessia), differenze linguistiche o culturali potrebbero richiedere tutti diversi modi di
approcciarsi ai contenuti. Altri studenti potrebbero semplicemente assimilare le informazioni più
velocemente ed efficacemente attraverso mezzi visivi o uditivi piuttosto che attraverso il testo scritto. In
sintesi: non esiste un solo modo di rappresentazione che sia ottimale per tutti gli studenti e quindi fornire
molteplici opzioni di rappresentazione diventa essenziale.
2. Il principio del come
Nasce dalla consapevolezza che gli studenti differiscono nei modi in cui personalizzano i loro percorsi in
ambienti d’apprendimento e in come riescono ad esprimere ciò che sanno. Per esempio, gli stessi compiti
assegnati possono essere risolti in maniera molto differente da individui con rilevanti disabilità (paralisi
cerebrali), da individui che presentano difficoltà con le abilità strategiche e organizzative (disturbi della
funzione esecutiva), da studenti che hanno difficoltà linguistiche. Poiché l’azione e l’espressione richiedono
un gran numero di strategie e di organizzazione pratica (alcuni studenti potrebbero sapersi esprimere bene
nello scritto e non nell’orale, e viceversa) diventa essenziale fornire diverse possibilità di azione e di
espressione.
3.Il principio del perché
Prende atto che l’inclinazione rappresenta un elemento cruciale dell’apprendimento e che gli studenti si
differenziano notevolmente nel modo in cui sono motivati all’apprendimento e che non c’è un modo di
coinvolgimento che possa essere ottimale per tutti gli studenti in tutti i contesti. I motivi che possono
influenzare la variazione individuale dell’inclinazione sono molteplici come la neurologia, la cultura,
l’attinenza personale, la soggettività, la conoscenza pregressa. Alcuni studenti sono altamente coinvolti dalla
spontaneità e dalle novità, mentre altri non sono coinvolti, o anche spaventati, da questi aspetti, preferendo
la rigida routine; alcuni individui preferiscono lavorare da soli mentre altri in gruppo.
Legge 170
La Legge n° 170 del 2010 riconosce e definisce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia in
quanto disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).
Dislessia: problemi nella lettura e nella comprensione di ciò che si è letto;
disortografia: difficoltà a scrivere in modo grammaticalmente corretto;
disgrafia: disturbo nella scrittura e nella riproduzione di grafemi;
discalculia: compromissione delle capacità di calcolo.
Si può inoltre parlare di comorbilità nel caso vi sia una coesistenza, in un unico individuo, di più patologie
differenti.
Questi disturbi “si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie
neurologiche e di deficit sensoriali ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività
della vita quotidiana dell’individuo” (art.1).
Questa legge tutela il diritto allo studio di bambini e ragazzi con DSA ed inoltre fornisce alle scuole un’
opportunità per riflettere sulle metodologie da mettere in atto per favorire tutti gli studenti e per dare
spazio al loro vero potenziale.
La diagnosi di questi disturbi deve avvenire nell’ambito del Servizio sanitario nazionale o da parte di
specialisti e strutture accreditate (art.6). Inoltre secondo l’art.2 è necessario individuare con precocità questi
tipi di disturbo, in modo da poter avviare al più presto percorsi didattici adeguati.
Quando vi è il sospetto che un bambino abbia un disturbo specifico dell’apprendimento, ad esso vengono
somministrati dei test appositi dedicati alla valutazione di: intelligenza, capacità di scrittura, capacità di
lettura, comprensione del testo e capacità di calcolo (adeguati all’età del bambino o del ragazzo). In seguito
alla somministrazione di questi test, lo specialista redige una relazione che contiene i risultati, la diagnosi
del disturbo che è stato individuato e le strategie da adottare.
Solo dopo che questa relazione è pervenuta agli insegnanti, essi possono redigere il PDP (Piano Didattico
Personalizzato), esso riporta nei dettagli il progetto educativo dedicato allo studente con difficoltà di
apprendimento e viene redatto dal consiglio di classe degli insegnanti all’inizio di ogni anno scolastico; è una
sorta di " contratto" tra famiglia, scuola ed istituzioni socio-sanitarie il quale risulta utile ad
organizzare un percorso scolastico differenziato per un alunno affetto da un disturbo specifico
dell’apprendimento. Il PDP è un diritto garantito dalla legislazione e indica a tutte le persone coinvolte nel
percorso educativo o scolastico i passi e gli strumenti necessari per favorire l’apprendimento ed il successo
scolastico al soggetto in questione. Al suo interno troviamo:
Dati anagrafici
Tipologia del disturbo
Attività didattiche personalizzate
Strumenti compensativi
Misure dispensative
Forme di verifica e valutazione personalizzata
Didattica personalizzata: Promozione delle potenzialità individuali mediante l’offerta di attività specifiche;
eventuale diversificazione delle mete formative; accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno e
sviluppo consapevole delle sue “preferenze” e del suo talento; impiego di una varietà di metodologie e
strategie didattiche.
La scuola ha l’obbligo di provvedere all’introduzione di strumenti compensativi ovvero strumenti didattici e
tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria.
Fra i più noti indichiamo:
la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;
il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della
lezione;
i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di
testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale
correzione degli errori;
la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali,
etc.
Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal
disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo.
Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all’alunno o allo studente di non svolgere
alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano
l’apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere a un alunno con dislessia un lungo brano, in quanto
l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione nella lettura.
Rientrano tra le misure dispensative altresì le interrogazioni programmate, l’uso del vocabolario, poter
svolgere una prova su un contenuto comunque disciplinarmente significativo, ma ridotto o tempi più lunghi
per le verifiche. L’adozione delle misure dispensative, dovrà essere sempre valutata sulla base dell’effettiva
incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il
percorso di apprendimento dell’alunno in questione.
Per quanto riguarda le lingue straniere si devono garantire l'uso di strumenti che favoriscono la
comunicazione verbale o, se necessario, l’esonero dallo studio di tale disciplina.
Agenda 2030
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile; è un
programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto dai governi dei 193 Paesi membri
dell’ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in
un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi da raggiungere entro il 2030, e
proprio per questa ragione viene chiamata “Agenda 2030”. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo
Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il Mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei
prossimi 15 anni.
Il carattere fortemente innovativo dell’agenda è il fatto che viene superata l’idea che la sostenibilità sia
unicamente una questione ambientale e si afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello
sviluppo.
I 17 obiettivi sono:
- porre fine ad ogni povertà nel mondo(si prefigge di porre fine alla povertà estrema di chi vive con meno di
1,25 dollari al giorno. Si vuole ridurre della metà il numero di chi vive in povertà in ogni sua forma, di
migliorare i sistemi di protezione sociale e sicurezza, di assicurare eguali diritti per l’accesso alle risorse
economiche)
- sconfiggere la fame (mira a migliorare l’alimentazione globale e promuovere un sistema di agricoltura
sostenibile. I traguardi riguardano l’accessibilità a cibo nutriente e sufficiente ogni giorno, la fine di ogni
forma di malnutrizione, il miglioramento della produttività agricola su piccola scala)
- salute e benessere (mira ad assicurare a ogni cittadino del mondo, di ogni età, nazionalità ed estrazione
sociale, lo stesso diritto alla salute e al benessere. Vuole garantire l’accesso all’assistenza sanitaria,
promuove lo sviluppo di vaccini e farmaci)
- istruzione di qualità(riguarda l’istruzione, per promuovere un’educazione di qualità che sia accessibile a
tutti. Si vogliono eliminare le disparità di genere, aumentare i livelli di alfabetizzazione, potenziare le
strutture adeguandole ai reali bisogni dei bambini, soprattutto se disabili, e promuove la formazione di
insegnanti qualificati)
- parità di genere (Mentre il mondo ha fatto progressi nella parità di genere e nell’emancipazione delle
donne attraverso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, tra cui la parità di accesso all’istruzione primaria per
ragazzi e ragazze, donne e ragazze continuano a subire discriminazioni e violenze in ogni parte del mondo.
Bisogna garantire alle donne e alle ragazze equità sia a livello sociale ed economico. Uno dei traguardi di
questo obiettivo è quello di eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle
spose bambine e le mutilazioni genitali femminili (ad esempio in Sudan ad oggi le mutazioni genitali
femminili sono considerate reato)
- acqua pulita e servizi igienico sanitari(si riferisce all’accesso dell’acqua pulita e ai servizi igienico sanitari,
che oggi mancano in molte parti del mondo. Mira a raggiungere acqua potabile sicura ed economica per
tutti, e accesso a impianti sanitari e igienici sicuri)
- energia pulita e accessibile(punta ad assicurare globalmente l’accesso a energie pulite, sostenibili,
moderne, efficienti, affidabili, oltre che convenienti).
- lavoro dignitoso e crescita economica (si prefigge di incentivare la crescita economica, in modo tale che
possa essere inclusiva e sostenibile, garantendo a tutti un lavoro dignitoso. Mira a ridurre il numero di
giovani disoccupati, ponendo fine alle forme di schiavitù moderna, promuovendo il diritto al lavoro in un
ambiente sano e sicuro)
- imprese e innovazioni e infrastrutture(I traguardi parlano di infrastrutture di qualità, sostenibili e affidabili,
di un’industria inclusiva e sostenibile, dell’accesso delle piccole imprese ai servizi finanziari. È importante
anche il miglioramento dell’efficienza nell’uso delle risorse e nella ricerca scientifica e tecnologica,
promuovendo anche la formazione e l’innovazione.)
- ridurre le disuguaglianze (si prefigge di ridurre le disuguaglianze tra le nazioni e dentro le stesse.
Promuove l’inclusione sociale, politica ed economica, assicura pari opportunità, maggiore uguaglianza e
migliore rappresentanza dei paesi in via di sviluppo.
- città e comunità sostenibili (si impegna a rendere le città inclusive, sicure, sostenibili, resilienti. È
importante anche la protezione del patrimonio culturale e naturale, riduzione dell’impatto ambientale delle
città, aumento degli spazi verdi e pubblici.)
- consumi e produzione responsabili (si mira a dimezzare lo spreco alimentare, migliorando la gestione dei
rifiuti. In che modo? Riducendone l’impatto tramite economia circolare e riciclo e invitando le imprese a
diventare green.)
- lotta contro il cambiamento climatico (Il cambiamento climatico interessa i Paesi di tutti i continenti. Le
persone stanno sperimentando gli impatti significativi del cambiamento climatico, quali ad esempio il
mutamento delle condizioni meteorologiche, l’innalzamento del livello del mare e altri fenomeni
meteorologici ancora più estremi. Le emissioni di gas a effetto serra, derivanti dalle attività umane, sono la
forza trainante del cambiamento climatico e continuano ad aumentare. Attualmente sono al loro livello più
alto nella storia. Il cambiamento climatico è una sfida globale che non rispetta i confini nazionali. Le
emissioni sono ovunque e riguardano tutti. È importante cooperare al fine di aiutare i Paesi in via di sviluppo
a muoversi verso un’economia a bassa emissione di carbonio. Per far fronte ai cambiamenti climatici, i paesi
hanno firmato nel mese di aprile un accordo mondiale sul cambiamento climatico (Accordo di Parigi sul
Clima).
- la vita sott’acqua(si pone come missione quella di conservare e utilizzare consapevolmente oceani, mari e
risorse marine in ottica di uno sviluppo sostenibile. Mira alla riduzione dell’inquinamento marino entro il
2025)
- la vita sulla terra (vuole proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile e consapevole delle risorse
terrestri, attraverso la conservazione sostenibile degli ecosistemi, la promozione di politiche di gestione
green delle foreste, riducendo la deforestazione e combattendo la desertificazione.)
- pace, giustizia e istituzioni solide(mira a rendere la Terra un luogo sicuro dove vivere, riducendo ogni forma
di violenza, sfruttamento, guerra, anche attraverso la promozione dello stato di diritto, la riduzione del
finanziamento illecito e il traffico di armi, della corruzione e degli abusi di potere, allargando la
partecipazione dei paesi in via di sviluppo nelle decisioni globali.)
- partnership per gli obiettivi (per avere successo, l’agenda richiede una cooperazione tra governi di tutti i
Paesi).
Legge n.107
Differenza fra uguaglianza e parità.
Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali (Don Milani).
La Legge n.107 del 2015 è la «riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il
riordino delle disposizioni legislative vigenti»;
essa prevede il potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio che riguardano le alunne e
gli alunni, le studentesse e gli studenti rispetto ai differenti bisogni educativi;
Essa prevede un piano d’integrazione per studenti BES (bisogni educativi speciali) e studenti disabili, con la
partecipazione di tutti i docenti;
Legge delega al Governo:
ridefinizione del ruolo dei docenti di sostegno con appositi percorsi di formazione universitaria.
Garantire la permanenza del docente per il sostegno, per l’intero ordine o grado di istruzione.
La presenza di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica.
La revisione delle modalità e dei criteri della certificazione, che deve essere rivolta ad individuare
“abilità residue” dello studente disabile.
La revisione e riorganizzazione dei Comuni e Provincie per il trasporto e assistenza educativa.
L’obbligo di formazione per i D.S. e tutti i docenti, sugli aspetti pedagogico-didattici e
organizzativi dell’inclusione.
La previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e
ausiliario per l’assistenza di base e per gli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali.
Revisione della garanzia dell’istruzione domiciliare per minori con disabilità, temporaneamente
impediti per motivi di salute a frequentare la scuola.
D.leg96
Il D. lgs n°96 è stato emanato il 7 agosto 2019 per innovare il D. lgs n°66 sul tema dell’inclusione scolastica
degli alunni con disabilità ed entra in vigore il 12 settembre 2019. Oltre ad alcune rettifiche di carattere
terminologico vengono introdotte quattro novità che ruotano intorno al principio generale della
personalizzazione delle soluzioni adottate per favorire l’inclusione. Vengono quindi proposti percorsi
didattici calibrati sulle esigenze del singolo alunno, viene dato maggior peso al ruolo delle famiglie e alla
volontà dello studente, se maggiorenne. Il sottosegretario S. Giuliano sostiene che “sono norme che
rafforzano e valorizzano la partecipazione attiva delle famiglie degli studenti stessi.”
Le principali novità introdotte sono:
Introduzione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) (Art.6): la legge prevede la redazione di
un documento programmatico personalizzato per ogni studente con disabilità. Al suo interno viene
dettagliato il percorso inclusivo pensato per il ragazzo, che deve essere unico, non preimpostato ma
costruito intorno alle sue esigenze specifiche.
Modifica delle modalità di assegnazione delle ore di sostegno (Art.9): nell’ottica di una totale
personalizzazione del percorso didattico, le ore di sostegno riconosciute all’alunno devono essere
proporzionate al tipo di disabilità. Per questa ragione, anche le famiglie saranno coinvolte nella loro
definizione.
Revisione della composizione delle commissioni mediche che si occupano di accertare la disabilità (Art.4)
a farne parte saranno:
- medico legale
- medico specialista in pediatria o neuropsichiatria
- medico specializzato nella patologia dell’alunno.
Istituzione dei Gruppi di Inclusione Territoriale (GIT) e dei Gruppi di lavoro operativo per l'inclusione
(Art.8): il GIT è composto da personale docente esperto nell’ambito dell’inclusione, anche con riferimento
alla prospettiva bio – psico – sociale, e nelle metodologie didattiche inclusive e innovative. Il GIT è
nominato con decreto del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale ed è coordinato da un
dirigente tecnico o da un dirigente scolastico che lo presiede. Il GIT conferma la richiesta inviata dal
dirigente scolastico all’ufficio scolastico regionale relativa al fabbisogno delle misure di sostegno ovvero può
esprimere su tale richiesta un parere difforme.
Presso ciascuna istituzione scolastica è istituito il Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI). Il GLI è composto
da docenti curricolari, docenti di sostegno e, eventualmente da personale ATA, nonché da specialisti dell’
Azienda sanitari locale e del territorio di riferimento dell’istituzione scolastica. Il gruppo è nominato e
presieduto dal dirigente scolastico ed ha il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e
realizzazione del Piano per l’inclusione nonché i docenti contitolari e i consigli di classe nell’attuazione dei
PEI.
Art 12 che prevede la possibilità per le famiglie di chiedere la conferma del docente di sostegno con
incarico a tempo determinato assegnato alla classe: la norma resta ma viene precisato che questa
opportunità è riservata soltanto ai docenti con titolo di specializzazione.
Slide prof
4 Fasi
disabilità
Invece del ricorso alle cure e alla riabilitazione identifica una strategia politica di cambiamento sociale.
Sostituendo l’approccio basato sul deficit si produce un cambiamento nella coscienza delle persone con
disabilità e nella loro capacità di mobilitazione socio-politica.