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Induismo
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Indice
Etimologia Il simbolo dell'Oṃ, il più sacro mantra
Definizioni di Induismo induista. Questo simbolo ॐ deriva
Definizione secondo la Corte suprema dell'India dall'unione di due caratteri della
devanāgarī: ओ ('o') + ◌ँ ('m' nasale)
Origini, genesi e sviluppo storico dell'Induismo riportati in corsivo. Risultando la
La religione della Civiltà della valle dell'Indo devanāgarī una scrittura non
I Veda, la Religione vedica e il Bramanesimo precedente all'VIII secolo d.C.,
questo simbolo è di gran lunga
Credenze e pratiche comuni nell'Induismo posteriore alla sillaba Oṃ, presente
Varṇa: il sistema castale hindu in testi anteriori almeno al VI secolo
a.C.
Āśrama: gli stadi della vita di un hindu
Dharma: le norme religiose
Ahiṃsā ("assenza del desiderio di uccidere")
Satya ("sincerità", "veridicità")
Puruṣārta: i quattro scopi legittimi della vita di un
hindu
Saṃskāra: le cerimonie della vita
La vita quotidiana di un devoto hindu
Yajña e Pūjā: i sacrifici e le offerte
Vimāna e Mandira: i templi degli hindu
Consacrazione dei templi e delle immagini sacre
I pellegrinaggi
Le festività religiose
La cosmogonia e la cosmologia tradizionale degli
hindu
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Etimologia
Il termine italiano "Induismo", deriva dal termine anglosassone Hinduism diffuso dagli inglesi
in epoca moderna[11], coniato aggiungendo il suffisso ism al sostantivo hindū, quest'ultimo
termine a sua volta utilizzato, a partire dal XIII secolo, dai turchi di fede musulmana per
indicare coloro che non si convertivano alla loro religione[12][13] nonché, con il termine arabo al-
Hind, occorre nei testi arabi ad indicare l'intero popolo dell'India[14].
Con la dominazione dei musulmani parlanti la lingua persiana, i Moghul, avviata nel XVI secolo,
la regione a est del fiume Indo diventa l'Hindustān (il termine stān nelle varie lingue
indoeuropee, come l'antico persiano, indica un "luogo dove si sta", un "territorio"), e i suoi
abitanti sono chiamati hindū.
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Definizioni di Induismo
Il termine "Induismo" è dunque assolutamente recente e fu diffuso da orientalisti occidentali e
da studiosi indiani a partire dal XIX secolo, non solo, la sua stessa natura risente di questo
processo:
(Flood, p. 7)
Il termine è peraltro di difficile definizione poiché si riferisce a numerose tradizioni religiose allo
stesso tempo, senza che vi sia un elemento fondatore accomunante e senza che un'autorità
centrale ne regoli la pratica[30].
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Questa teoria sembrerebbe dimostrata dal fatto che presso i principali santuari dell'Induismo,
ad esempio il Tempio di Kṛṣṇa a Puri (Orissa) o quello di Siva a Katmandu in Nepal[13], santuari
appartenenti a differenti darśana, possono avere ingresso solo gli indiani appartenenti ad un
varṇa, a prescindere dalla loro fede religiosa[37], e non i non-indiani, anche se professanti una
fede 'induista'. Nonostante questo, esistono convertiti di etnie diverse da quella indiana, che
sono inoltre riusciti ad ottenere le iniziazioni per poter officiare nei templi.
Pur non essendo di facile definizione, per comprendere il termine hindū in un contesto di più
ampio significato, avverte Michel Delahoutre:
«Non basta, come una volta si credeva troppo facilmente, conoscere il sanscrito, né
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fidarsi delle tradizioni portate avanti dai brahmani che nel loro insieme sono indicate col
termine brahmanesimo. Ora sono necessari la conoscenza delle lingue moderne e gli
studi sociologici ed etnologici, che si occupano anche dei fenomeni recenti o attuali e
del contatto con l'Occidente. Bisogna tener conto dei fenomeni di adattamento
dell'induismo agli ambienti occidentali con l'apparizione di nuove sette, di nuovi guru o
di nuovi swāmi.»
(Delahoutre)
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Il periodo successivo al "vedismo", a partire dall'VIII secolo a.C. fino a primi secoli della nostra
Era, gli storici delle religioni lo denominano come Brahmanesimo, mentre quello successivo a
questo e fino ai giorni nostri viene indicato come Induismo[48].
Il passaggio dal "vedismo" al bramanesimo corrisponde alla progressiva sostituzione delle figure
sacerdotali coinvolte nei riti sacrificali. Se nel primo Veda, il Ṛgveda, l'officiante delle libagioni
è lo hotṛ (corrispondente allo zaotar dell'Avestā), accompagnato da altre figure sacerdotali
minori, con il passare dei secoli e con l'elaborazione dottrinale all'interno degli stessi Veda,
sopraggiunge la figura dello udgātṛ il cantore delle melodie del Sāmaveda, sostituito poi
anch'esso come figura sacerdotale primaria dallo adhvaryu, il mormorante i mantra relativi
allo Yajurveda e, infine con il brahmanesimo, dal brāhmaṇa, l'ultimo dei sacerdoti che
sovrintendeva alla correttezza del rito, riparando a qualsiasi errore, e detentore dell'ultimo
Veda, lo Atharvaveda[53].
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gruppo di persone che svolge attività simili (śreṇi) esso indica piuttosto il ruolo e il compito
religioso in cui è collocato un individuo fin dalla sua nascita secondo la tradizione vedica.
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un hindu
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Collegata alla duplice nozione del varṇāśramadharma, è la nozione dei " quattro scopi legittimi
della vita" (puruṣārta) composti dai tre legittimi obiettivi
"mondani" (trivarga) e uno, mokṣa, che li trascende tutti.
Durante le abluzioni nel fiume spesso viene praticato il rito detto tarpaṇa, consistente nel
raccogliere dell'acqua fluviale con i palmi delle mani unite, riversandola mormorando dei
mantra, questo allo scopo di rispettare sia le divinità che i 'padri' ( pitṛ, gli antenati).
Dopo le abluzioni del mattino, l'hindu appone sul suo corpo, e sul suo volto, i tilaka, ovvero i
contrassegni del proprio sampradāya. (comunità, confessione, religiosa), necessari poiché
grazie all'apposizione di questi segni i riti quotidiani daranno frutto.
Segue la preghiera del mattino indicata come saṃdhyā, consistente anche nella recitazione, per
diverse volte, dei versi del Gāyatrī, il primo mantra che l'hindu ha imparato a memoria durante
il suo brahmācarya:
(SA) (IT)
(Ṛgveda III,62,10)
Segue l'eventuale pūjā (adorazione) che consiste nell'adorazione per mezzo di luci fatte
ondeggiare, incenso bruciato e prostrazioni nei confronti della divinità prescelta, queste
adorazioni si differenziano a seconda del sampradāya dell'officiante, anche queste, tuttavia,
vanno meticolosamente eseguite secondo un ordine prestabilito.
L'adorazione nei confronti della divinità è l'adempimento del primo dei "cinque debiti"
(pañcāṛṇa) che un uomo contrae al momento della sua nascita:
1. il debito verso i deva che si ripaga per mezzo dell'adorazione e dei sacrifici;
2. il debito nei confronti dei ṛṣi, gli antichi saggi, che si ripaga per mezzo dello studio durante il
brahmācarya;
3. il debito verso i pitṛ, gli antenati, che si ripaga per mezzo della procreazione della prole, e
nei confronti dei propri maestri che si ripaga per mezzo delle donazioni;
4. il debito verso l'umanità che si ripaga per mezzo del dovere dell'ospitalità;
5. il debito nei confronti di tutti gli esseri che si ripaga offrendo agli animali gli avanzi dei pasti.
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I pellegrinaggi
Le festività religiose
La più nota festa rathotsava è quella celebrata nella città di Puri capoluogo dello stato indiano
di Oṛiśā. Questa festa, detta semplicemente rathayātrā (रथयात्रा, "processione del carro"), viene
celebrata in onore di Viṣṇu Jagannātha (Viṣṇu "Signore dell'universo") nel mese di Aṣāḍha
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Le feste sono numerose e sono legate alla celebrazione di un dio. Generalmente sono precedute
dal digiuno, hanno il loro centro nella processione con la statua del dio posta su un carro
adornato o su un trono. Tra le principali feste si possono ricordare:
Dopo essere rimasto per un secolo nell'uovo d'oro, Brahmā lo rompe fuoriuscendone, creando
quindi nella parte superiore dell'uovo il mondo celeste, nella parte inferiore la terra e in mezzo
lo spazio, l'etere. Tutto l'universo coincide con l'uovo di Brahmā (Brahmāṇḍa).
Con l'universo Brahmā genera i deva, il tempo, gli astri e i pianeti, le terre con i monti, gli
oceani, i fiumi, ma anche delle potenze impersonali come l'Ascesi (tapas), la Parola (vāc), il
Desiderio (kāma), gli opposti (caldo-freddo, Dharma-Adharma, ecc.). E come il Puruṣa del
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Veda genera l'umanità ripartendola nelle quattro funzioni corrispondenti ai Varṇa. Questa
"letizia" con cui Brahmā genera i mondi, mal si pone con le esigenze di svalutazione degli stessi
promosse, ad esempio, dall'ascetismo śivaita[76].
Terminata la genesi dei mondi, e terminati i cicli della loro manifestazione, il fuoco di Śiva
distrugge ogni cosa e Brahmā riassorbe tutto entro di sé, addormentandosi e quindi
scomparendo.
Il tempo cosmico degli hindu è ciclico. Questo significa che le ere cosmiche si succedono senza
soluzione di continuità, se non quella rappresentata dal periodo di latenza (saṃhṛti) in cui tutto
il cosmo è riassorbito nella notte cosmica pronto a riemergere con una nuova emanazione da
parte di Brahmā.
svar: il cielo;
bhuvaḥ: l'aria;
bhūr: la terra.
Nel Viṣṇu Purāṇa la Terra, ovvero la nostra dimensione L'albero della mela rosa (Syzygium
"orizzontale", è presentata come un disco piatto che si jambolanum) che dà il nome
allarga, progressivamente raddoppiando, in sette cerchi all'"isola" che compone la nostra
("isole", dvīpa) concentrici. Questi sette cerchi sono separati terra, Jambudvīpa, situata a sud del
tra loro da altrettanti cerchi di eguale dimensione occupati Monte Meru. Tale nome è dovuto al
dagli oceani composti rispettivamente di: acqua salata (il fatto che alle pendici meridionali del
Lavaṇoda, con una larghezza di 100 000 yojana[78]), succo gigantesco Monte Meru (alto tra i
di zucchero di canna (lo Ikṣura, largo 200 000 yojana), vino 470 000 e i 940 000 km) si ergono
(il Suroda, largo 400 000 yojana), ghi (il Gṛthoda, largo dei giganteschi alberi di questa
800 000 yojana), cagliata (il Dadhyoda, largo 1 600 000 specie che danno frutti grandi come
yojana), latte (lo Kṣīroda, largo 3 200 000 yojana) e acqua elefanti[77]
dolce (lo Svādūdaka, largo 6 400 000 yojana).
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L' "isola" più interna, detta Jambudvīpa (lett. Isola dell'"albero della mela rosa", Syzygium
jambolanum), che possiede un diametro di 100 000 yojana, contiene al suo centro il monte
Meru, la cui altezza è pari a 84 000 - yojana ovvero una misura compresa tra i 470 000 - e i
940 000 km ed il suo vertice sprofonda negli inferi fino al fondo dell'uovo d'oro[79]. Le altre
"isole", composte da anelli e intervallate dagli oceani (sempre anelli di uguali dimensioni),
procedendo verso l'esterno sono: Plakṣdvīpa (larga 200 000 yojana), Śālmaladvīpa (larga
400 000 yojana), Kuśadvīpa (larga 800 000 yojana), Krauñcadvīpa (larga 1 600 000 yojana),
Śākadvīpa (larga 3 200 000 yojana), e infine l'ultima isola, Puṣkaradvīpa (larga 6 400 000
yojana).
Jambudvīpa è suddivisa da catene montuose che corrono parallelamente da est verso ovest,
costituendo nove regioni (varṣa): a nord si situa la regione Uttarakuru; al centro, partendo da
est verso ovest, vi sono le regioni Ketumāla, Ilvarṭa e Bhādrāśya; a sud di queste le regioni
Harivarṣa, Kimpuruṣa e Bhārata, ancora più a sud si situano le regioni Hiranmaya e
Ramyaka.
La Stella del Nord (Dhruva) è immobile sul monte Meru e le altre stelle le girano attorno,
insieme alle stelle situati sopra la Terra si collocano i corpi celesti, come il Sole e la Luna,
trainati da carri.
Oltre queste isole-oceani, si presenta una catena montuosa indicata come Lokāloka, superata
questa si situa una regione di tenebre composta di elementi non mescolati aria, terra, fuoco e
vento, oltre vi è il limite dell'oscurità, il lokasaṃsthiti, ovvero oltre il guscio (āṇḍakaṭāha)
dell'uovo d'oro di Brahmā: il nulla. L'intera sezione orizzontale del Brahmāṇḍa possiede un
diametro di 500 000 000 di yojana.
Dal punto di vista "verticale" la cosmografia purāṇica eredita quella upaniṣadica dei sette
"regni" (loka) arricchendoli, tuttavia, di precisi contenuti. La serie dei sette "regni" procede con
questa sequenza, partendo dal basso.
Bhūrloka. È il regno dove sono collocate le sette isole (dvipa), ma in questo regno sono
collocati, sotto il livello delle sette isole, anche i sette inferi (pātala) indicati come Atala,
Vitala, Nitala, Gabhastimat, Mahātala, Sutala, e Pātāla. E sotto di essi vi sono ventotto
inferni.
Bhuvaḥloka. È il regno del Sole (Savitṛ) che con il carro compie il suo giro annuale.
Svarloka. È il regno dei corpi celesti: Mercurio (Buddha), Venere (Śukra), Marte (Angārika),
Giove (Bṛhaspati), Saturno (Śani), l'Orsa maggiore (i Saptaṛṣi) e la Stella del Nord (Dhruva).
Questi primi tre "regni" sono indicati come kṛtika (generati), infatti questi tre regni vengono
distrutti alla fine di ogni kalpa[80], ovvero quando inizia la notte di Brahmā, per essere
nuovamente generati al nascere del suo giorno. Gli esseri di questi tre regni vivono i risultati
delle loro azioni (karman) sia sotto forma di godimenti (bhogabhūmi) sia sotto forma di
sofferenze. Occorre ricordare, tuttavia, che solo l'"isola" di Bhārata è karmabhūmi, il luogo
dove si accumulano i risultati per le rinascite future.
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Al di sopra di questi regni si situano: il Mahasloska, che è un regno intermedio in quanto pur
svuotandosi degli esseri non viene distrutto alla fine del karpa; il Janaloka, il Tapasloka e il
Satyaloka indicati come akṛittika (ingenerati) in quanto periscono solo alla fine dell'esistenza
di Brahmā, ovvero durano per un mahā-kalpa[81], sono i mondi dove vive il Deva creatore, nel
loro insieme rappresentano il Brahmāloka (il regno di Brahmā).
«Il karman, pilastro di tutto il pensiero e la spiritualità fioriti in India, è l'intuizione del
principio a cui soggiace la realtà e che regola i rapporti che passano tra l'azione, il
sentimento, la parola e il pensiero prodotti dall'uomo che, per un tramite che appartiene
alla sfera dell'"invisibile" (adṛṣṭa), fruttifica in un evento a cui l'uomo stesso soggiace,
essendone il responsabile.»
(Gianluca Magi in Karman, "Enciclopedia filosofica" vol. 6. Milano, Bompiani, 2006, p. 6013)
Karman, nella prima cultura vedica, corrisponde al solo atto religioso correttamente eseguito.
Nel corso dei secoli, tale atto religioso del brahmano si trasforma: dall'avere come obiettivo
l'ottenimento dell'esaudimento delle preghiere da parte degli dei, diventa volto ad ottenere
risultati futuri, anche nella vita successiva alla morte[83].
Con l'avvento della letteratura upaniṣadica il quadro interpretativo cambia. In questo nuovo
quadro storico, il destino dell'uomo è segnato irrimediabilmente dalla sua condotta: da una
parte egli può seguire la "via dei Padri" (piṭryāna) e rinascere in questo mondo, oppure mirare
alla "via degli Dei" (devayāna), a patto che conduca una vita ascetica rinunciando alla
"mondanità"[84]. Seppur le origini delle nozioni di karman e saṃsāra siano tutt'oggi oscure, il
concetto di karman e quello di reincarnazione potrebbero essere entrati a far parte del pensiero
brahmanico attraverso la tradizione degli śramaṇa e della rinuncia[85]. Nelle Upaniṣad, la
personalità e la condizione di un individuo sono dunque determinate dai suoi desideri che lo
conducono a volere, e quindi ad agire, in un determinato modo: l'insieme di queste azioni
producono dei risultati proporzionali alle azioni stesse[86].
I "saggi" delle Upaniṣad sostenevano quindi che non solo il comportamento di un rituale o di un
sacrificio pubblico producesse delle conseguenze future, ma che qualsiasi "azione" umana
possedeva gli stessi esiti in quanto queste "azioni" rappresentavano un riflesso interno del
processo cosmico[87]. In una più tarda Upaniṣad, la Śvetāśvatara Upaniṣad, la dottrina del
karman acquisisce i suoi connotati definitivi, dove è descritto un vero e proprio rapporto di
azione-beneficio, dove le azioni individuali hanno riflessi sull'anima di chi le compie[88]; anima
costretta nel ciclo delle rinascite (saṃsāra) il cui esito finale dipende dal suo karman.
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Anche che se il fine ultimo del percorso induista resta la liberazione dalle catene saṃsāriche
(mokṣa), le più diffuse pratiche religiose inerenti a questa costellazione di fedi, quali le
donazioni o la devozione alle divinità, mirano piuttosto ad accumulare dei meriti "karmici" e
quindi a conseguire una vita migliore proprio nel suo ambito.
Come abbiamo visto, la nozione di "liberazione" dal saṃsāra non attiene al "vedismo", ovvero
alla religione antica dell'India, compendiata nei suoi testi religiosi dei Veda e dei Brāhmaṇa, il
quale persegue essenzialmente la bhukti, la felicità terrena, quanto piuttosto origina dai testi
delle Upaniṣad (il termine qui usato è mukti; mentre nella Chāndogya Upaniṣad, VII, 26,2, è il
composto vipramokṣa, dallo stesso significato) e si diffonde nel VI secolo a.C.,
contemporaneamente al buddhismo e al giainismo.
Tale nozione di "liberazione", espressa con termini sempre derivanti dal verbo muc, verrà
successivamente approfondita da importanti testi induisti quali la Bhagavadgītā e il
Manusmṛti .
In ambito delle filosofie yogiche il termine utilizzato per indicare la liberazione è invece
apavarga nel significato di "abbandono", "fuga" dal saṃsāra. Mentre la filosofia sāṃkhya
predilige il termine kaivalya col significato di isolamento del puruṣa liberatosi dalla prakṛti.
Le tradizioni ascetiche predicano la liberazione in vita e non dopo la morte del corpo, nel qual
caso tale raggiungimento viene indicato con il termine jīvanmukta ("liberato in vita").
A partire dai commentari del Brahmasūtra propri della medievale filosofia Vedānta, il termine
più diffuso diviene mokṣa.
Sono differenti le "vie" di "liberazione" dal saṃsāra che il complesso religioso che va sotto il
nome di "Induismo" offre al suo praticante (cfr. ad esempio le darśana), e queste possono
essere approfondite nelle voci delle relative scuole e insegnamenti.
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L'India, Mauritius e il Nepal sono nazioni a maggioranza induista. Il Nepal fino all'avvento della
repubblica è stata l'unica nazione in cui l'Induismo era la religione ufficiale.
L'Asia del Sud Est è diventata in larga parte induista dopo il III secolo, e fece parte dell'Impero
Chola intorno all'XI secolo. Quest'influenza ha lasciato numerose tracce architettoniche, come la
famosa città-tempio di Angkor Vat o tracce culturali come le danze del Bharata Natyam e del
Kathakali.
1. Nepal 86.5%[89]
2. India 80,5%[90]
3. Mauritius 54%[91]
4. Guyana 28%[92]
5. Figi 27.9%[93]
6. Bhutan 25%[94]
7. Trinidad e Tobago 22.5%
8. Suriname 20%[95]
9. Sri Lanka 15%[96]
10. Bangladesh 9%[97]
11. Qatar 7.2%
12. Riunione (Francia) 6.7%
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Note
1. ^ In lingua hindi è reso come Hindudharma, in devanāgarī: िहन्दू धमर्.
2. ^ Sulla grafia da ritenere corretta in italiano per questo termine sono recentemente
intervenuti diversi studiosi italiani della materia. In Filoramo, 2007 è stata adottata la grafia
Hindūismo. In particolar modo, Mario Piantelli ha espresso critiche nei confronti di alcuni
lessicografi, lamentando l'assenza dell'h aspirata nel termine comune italiano. Così Mario
Piantelli alle pp. 6 e 7 della predetta opera: «[...] La stessa cosa è successa da noi, dove è
purtroppo invalso, con l'improvvido avallo dei lessicografi, l'idiotismo Indù [...] L'aspirazione è
conservata per il nostro termine e i suoi derivati in tutte le altre lingue impieganti l'alfabeto
occidentale, incluso il latino del Concilio Vaticano II: ovunque si ha Hindu, salvo che in
francese che adotta Hindou giusta le leggi della peculiare grafia vocalica transalpina. Così
come stanno le cose, la versione italiana di testi stranieri, e viceversa, comporta una
faticosa messa a punto degli indici e della bibliografia per titoli, a tacere delle difficoltà
nell'impiego da parte degli indotti dei "motori di ricerca" del web, ove la parola-chiave italiana
è difforme da quella universalmente impiegata. Vale la pena, per inciso, notare come
l'erronea voce Induismo, a voler essere filologicamente rigorosi, dovrebbe designare una -
inesistente! - "religione" indiana della Luna (Ìndu in lingua sanscrita) [...]».
La grafia Induismo, tuttavia, era ed è ancora oggi diffusa in indologia. Fra gli altri, è utilizzata
da Giorgio Renato Franci, Caterina Conio, Giuliano Boccali, Cinzia Pieruccini, Anna
Dallapiccola e lo stesso Stefano Piano. Da tener presente che l'Unione induista italiana, ente
religioso che intende raccogliere le differenti denominazioni di questa via religiosa, ha
adottato i termini presenti nei lessici di lingua: "induismo" e "indù".
3. ^ Flood, p. 13.
4. ^ È da tenere presente che anche la denominazione Sanātanadharma è frutto dei riformatori
hindū del XIX secolo.[3]
5. ^ Nella lingua hindi, la lingua ufficiale e più diffusa dell'India, il termine occidentale "religione"
viene reso come धमर् (alfabeto devanāgarī) traslitterato in caratteri latini come Dharma e
risultante identico al termine sanscrito.
(William K. Mahony. Induismo, "Enciclopedia delle Religioni" vol. 9: "Dharma induista". Milano, Jaca
Book, 2006, p. 99)
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6. ^ Come aggettivo sanātana indica in sanscrito ciò che è "eterno", "primordiale", "immortale",
"perpetuo".
7. ^ Oggi tre abitanti della Terra su 10 sono cristiani. La geografia religiosa nel 2050, su
infodata.ilsole24ore.com. URL consultato il 24 luglio 2021.
8. ^ Asko Parpola, The Roots of Hinduism: The Early Aryans and the Indus Civilization, New
York, Oxford University Press, 2015, p. 3.
9. ^ Manusmṛti II, 44.
10. Delahoutre, p. 911.
11. ^ Probabilmente il primo autore ad utilizzare il termine Hinduism fu Ram Mohan Roy (1772-
1833) nel 1823[10].
12. ^ Piano, 1993, pp. 373-4.
13. Filoramo, 2007, p. 7.
14. ^ Romila Thapar. Interpreting Early India. Delhi, Oxford University Press, 1993, p. 77
15. ^ Nel 515 a.C. l'imperatore achemenide Dario il Grande annette la Valle dell'Indo al suo
impero.
16. ^ Attuale Punjab.
17. ^ Così l'Avestā, precisamente il 18° verso del I fargard dello Yu[va]tdēvdāt:
(AE) (IT)
(Avestā, Yu[va]tdēvdāt, I,18. Traduzione di Arnaldo Alberti in Avestā. Torino, UTET, 2008)
(Ṛgveda X,75,1)
In sanscrito, il termine sindhu, sostantivo maschile, indica anche, in senso generale, un
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«È noto che il termine “hinduismo” è un'invenzione degli europei; con questa parola
(derivata dall'antico iranico hindu, che significa “fiume” [in sanscrito: sindhu] e, per
estensione, “terra del fiume” e “[abitante della] terra del fiume”, con allusione al
fiume per antonomasia, che è l'Indo) essi vollero indicare la “religione degli hindū”,
come se si trattasse di una realtà unitaria:»
39. ^ Cfr. al riguardo anche, ad esempio, Wilfred Cantwell Smith. The Meaning and End of
Religion. New York, Macmillan, 1962, p. 65 ma anche Heinrich von Stietencron. Hinduism:
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Induismo - Wikipedia 24/01/22, 15:44
Religion. New York, Macmillan, 1962, p. 65 ma anche Heinrich von Stietencron. Hinduism:
On the Proper use of A Depective Term in Gunther Dietz Sontheimer e Hermann Kulke (a
cura di). Hinduism Reconsidered. Delhi, Manohar, 1991, pp. 11-27.
40. ^ Flood, pp. 7-8.
41. ^ Qui un'ulteriore sentenza del 1986 che richiama, confermando, la sentenza del 1966 (http:
//www.hinduismtoday.com/modules/smartsection/item.php?itemid=5047) Archiviato (https://w
eb.archive.org/web/20120402212327/http://www.hinduismtoday.com/modules/smartsection/i
tem.php?itemid=5047) il 2 aprile 2012 in Internet Archive..
42. ^
«Secondo la teoria fino a oggi diffusa più largamente, l'induismo è il risultato delle
incursioni di gruppi noti come Arii, giunti intorno al 1500 a.C. nelle pianure
settentrionali dell'India dall'Asia centrale, attraversando i passi montani
dell'Afghanistan»
43. ^ Cfr., a titolo esemplificativo, Mortimer Wheeler. The Indus Civilization: The Cambridge
History of India. Supplementary Volume. Cambridge, Cambridge University Press, 1953.
44. ^ Asko Parpola, Deciphering the Indus Script, Cambridge, Cambridge University Press,
1994.
45. ^
«Si è visto che l'induismo ha origini nelle antiche culture della civiltà della valle
dell'Indo e degli Arii. Per quanto ancora si dibatta su questo tema, esistono prove
consistenti a supporto della tesi che la lingua della civiltà della vallinda fosse
dravidica, diversamente dalla lingua degli Arii vedici, che era indoeuropea.»
(Flood, p. 12)
46. Thomas J. Hopkins e Alf Hiltebeitel, Indus Valley Religion, in Encyclopedia of Religion, vol.
7, Nuova York, Macmillan, 2005 [1987], pp. 4468 e segg..
47. ^ Mortimer Wheeler. The Indus Civilization: The Cambridge History of India. Supplementary
Volume. Cambridge, Cambridge University Press, 1953, p. 92.
48. Mario Piantelli, Hinduismo, a cura di Giovanni Filoramo, Bari, Laterza, pp. 3 e segg..
49. ^ Mircea Eliade in Storia delle credenze e delle idee religiose vol. 1, Milano, Rizzoli, 2006, p.
211 nota come sia un tratto caratteristico della tradizione delle religioni indoeuropee quello di
avvalersi della trasmissione orale e "al momento dell'incontro con le civiltà del Vicino
Oriente, la proibizione di valersi della scrittura.".
50. ^ Gianluca Magi in Hindūismo, "Enciclopedia filosofica" vol. 6. Milano, Bompiani, 2006, p.
5300 trattando della śruti ricorda:
51. ^
https://it.wikipedia.org/wiki/Induismo Pagina 22 di 29
Induismo - Wikipedia 24/01/22, 15:44
51. ^
(Michael Witzel Vedas and Upaniṣads in The Blackwell Companion to Hinduism (a cura di Gavin
Flood). Oxford, Blackwell Publishing, 2003)
«Le quattro caste sono state emanate da me, colla varia distinzione dei costituenti e
delle azioni. Io sappi sono l'autore di esse, sebbene imperituro e non autore di
alcunché.»
«Secondo i dettami dei testi rivelati del Veda, però, tra tutti questi il capofamiglia va
considerato il migliore, in quanto sostiene gli altri tre.»
https://it.wikipedia.org/wiki/Induismo Pagina 23 di 29
Induismo - Wikipedia 24/01/22, 15:44
(Manusmṛti VI,89. Traduzione di Federico Squarcini e Daniele Cuneo in Il trattato di Manu sulla norma.
Torino, Einaudi, 2010)
59. ^ Manusmṛti VI,33. Traduzione di Federico Squarcini e Daniele Cuneo in Il trattato di Manu
sulla norma. Torino, Einaudi, 2010
60. ^ Gianluca Magi. Dharma in op. cit.
61. ^ William K. Mahony. Dharma induista. in "Enciclopedia delle Religioni", vol. 9. Milano, Jaca
Book, 2006, p. 99
62. ^ Madeleine Biardeau Op. cit., p. 50
63. ^ Colette Caillat, Ahiṃsā, in Enciclopedia delle religioni, vol. 9. Milano, Jaca Book, 2006, pp.
5-6.
64. Colette Caillat. Op. cit.
65. ^ Cfr., tra gli altri, Madeleine Biardeau. Op. cit., pp. 67-74
66. ^ Su questo cfr. Brijendra Nath Sharma, Festivals of India. New Delhi, Abhinav Publications,
1978, pp. 7 e sgg.
67. Stefano Piano, Lo hindūismo. La prassi religiosa.
68. ^ Filoramo, 2007, p. 235.
69. ^ Śatapatha Brāhmaṇa XIII,6,1
70. ^
«Questo processo non ha fine, né altro scopo, che il gioco (līlā), del Signore.»
(Flood, p. 52)
71. ^ Vedi anche il mito cosmogonico vedico in cui Indra uccide il serpente cosmico Vṛtra
liberando le acque e dando via alla creazione:
(SA) (IT)
(Ṛgveda,I,32,2-4)
(SA) (IT)
(Ṛgveda, X,121,1. Traduzione di Saverio Sani in Ṛgveda. Venezia, Marsilio, 2000, pp. 68-9)
88. ^ ''Śvetāśvatara Upaniṣad'', V,7. Traduzione a cura di Carlo Della Casa, in ''Upaniṣad''.
Torino, UTET, 1983, p. 410
89. ^ Nepal, su state.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 28 giugno 2011).
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90. ^ India, su state.gov. URL consultato l'11 novembre 2012 (archiviato il 21 ottobre 2012).
91. ^ Dostert, Pierre Etienne. Africa 1997 (The World Today Series). Harpers Ferry, West
Virginia: Stryker-Post Publications (1997), p. 162.
92. ^ CIA - The World Factbook, su cia.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 28 gennaio
2018).
93. ^ CIA - The World Factbook, su cia.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 2 gennaio 2015).
94. ^ Bhutan, su state.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 19 gennaio 2012).
95. ^ Suriname, su state.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 19 gennaio 2012).
96. ^ Hinduism in Sri Lanka,Sri Lanka Hindu Religious Tour,Sri Lanka Hindu Pilgrimage Tour
Packages, Hindu Pilgrimage Tour to Sri Lanka, Hindu Pilgrimage Travel to Sri Lanka, su
srilankantourism.com. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 16 luglio 2011).
97. ^ Bangladesh, su state.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 28 giugno
2011).
98. ^ CIA - The World Factbook, su cia.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 28 gennaio
2018).
99. ^ CIA - The World Factbook, su cia.gov. URL consultato il 16 giugno 2011 (archiviato il 13 febbraio
2008).
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Induismo - Wikipedia 24/01/22, 15:44
Dizionari ed enciclopedie
Dario M. Cosi, Luigi Saibene, Roberto Scagno (a cura di). Induismo, in "Enciclopedia delle
Religioni. Edizione tematica europea" vol. 9. Milano, Jaca Book, 2006. Corrisponde
all'edizione italiana, tematica, dell'edizione 1987 della Encyclopedia of Religion pubblicata
dalla Macmillan di New York su progetto di Mircea Eliade.
Margaret Stutley e James Stutley. Dizionario dell'Induismo. Roma, Ubaldini, 1980.
Anna Dallapiccola. Induismo. Dizionario di storia, cultura, religione. Milano, Mondadori,
2005.
Klaus K. Klostermaier. Piccola enciclopedia dell'Induismo. Roma, Arkeios, 2001.
Michel Delahoutre, Dizionario delle religioni, in Jacques Vidal) (a cura di), Dictionnaire des
Religions, Parigi, Presses universitaires de France, Milano, Mondadori, 2007 [1984].
Stefano Piano, Dizionario delle religioni, a cura di Giovanni Filoramo, Torino, Einaudi, 1993.
Dizionario di Sapienza orientale. Roma, Mediterranee, 1991. È stato redatto da autori,
alcuni di questi accademici, di lingua tedesca.
https://it.wikipedia.org/wiki/Induismo Pagina 27 di 29
Induismo - Wikipedia 24/01/22, 15:44
Miscellanea
Il Mahābhārata raccontato da R.K. Narayan. Parma, Ugo Guanda, 2000. È il racconto
moderno dello scrittore indiano Rasipuram Krishnaswami Iyer Narayanaswami (1906-2001)
che sintetizza la grande epica indiana.
Voci correlate
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Bhagavadgītā
Brahmanesimo
Darśana, le sei scuole di interpretazione dei Veda
Religioni indiane
Yajña
Upaniṣad
Veda
Vedismo
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