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Ferdinando
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Ferdinando vince il premio IDI nel 1985, il Premio IDI migliore novità dell’anno
nel 1986, il Premio Lauro d’Oro alla protagonista Isa Danieli e il Premio Nazionale della
Critica nel 1986.
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Il testo viene depositato in SIAE il 15 giugno 1984. Lo spettacolo debutta in ante-
prima a San Severo di Foggia il 28 febbraio 1986. Il cast è così composto, Donna Clotilde:
Isa Danieli, Donna Gesualda: Fulvia Carotenuto, Don Catello: Annibale Ruccello, Ferdi-
nando: Pierluigi Cuomo. Regia dello stesso Ruccello. A marzo lo spettacolo viene presenta-
to al Teatro Cilea di Napoli. Ad aprile Ferdinando è riproposto per una sola sera al Teatro
Quirino di Roma. Il testo avrà anche una versione cinematografica, nel 1990 viene realizza-
to Ferdinando uomo d’amore, con la regia di Memè Perlini e protagonista Ida Di Benedet-
to. Mentre nel 1998 Giuseppe Bertolucci cura la regia della riduzione televisiva di Ferdi-
nando (andato poi in onda su Rai Due per “Palcoscenico”).
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Incentrando il testo così fortemente sul napoletano e sulla sua cultura, Ruccello non
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manca di lanciare un messaggio polemico a quelle compagnie partenopee che avevano cer-
cato una propria identità utilizzando drammaturghi stranieri. Si pensi, per esempio, al grup-
po teatrale napoletano che in quegli anni riscuoteva larghi consensi, «Falso Movimento».
Le loro produzioni di maggior successo, fino a quel momento, includevano: Il desiderio
preso per la coda da Picasso (1985), Coltelli nel cuore da Brecht (1985), Ritorno ad Alpha-
ville da Godard (1986).
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La storia si svolge nel palazzo di Clotilde sulla costa napoletana fra Ercolano e Torre
del Greco. Non a caso zona prediletta dai Borbone per le vacanze estive.
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Matteo Palumbo mette in evidenza «la dilatazione della vita interiore dei personag-
gi» in contrasto con «la limitazione carceraria dei luoghi» nei personaggi femminili di Ruc-
cello: «Per ognuna di esse la casa, più che costruire un contenitore naturalisticamente pre-
sente o un centro di raccordo che collega personaggi distinti per il loro carattere e per i loro
comportamenti, diventa il luogo di un’avventura mentale, in cui ciò che accade realmente
può perfino confondersi con la possibilità o con il timore che accada.» Id., Le «Piccole tra-
gedie minimali» di Annibale Ruccello, in «Nord e Sud», 4, 2000, p. 119.
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Cfr. Luigi Pirandello, Tutti i romanzi. I vecchi e i giovani, Milano, Mondadori, 1941.
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Si noti che il cognome del personaggio è lo stesso del celebre drammaturgo napole-
tano del Settecento Pietro Trinchera (1702-1755), non a caso anch’egli Notaio (almeno fin
quando non abbandonò la professione per dedicarsi pienamente al teatro).
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In una didascalia l’autore descrive così il suo personaggio: «È un giovane di circa
sedici anni, di una bellezza apollinea, con lunghi riccioli biondi che gli scendono quasi fin
sulle spalle, un corpo esile e slanciato e un’aria di ingenua tristezza che gli conferisce mag-
gior fascino». Ferdinando, cit., p. 151.
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e mm’’o stipo! Sulo d’’o mio adda essere! sulo d’’o mio! E
nisciun’ata!9
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Fatti toccare! Stringere! Pizzicare! Voglio essere sicura che sei vero e non un sogno!
Fatti mettere le mani nei pantaloni! (Toccandogli il membro nei calzoni) Questo! Questo qua!
Deve essere solo mio! Se vengo a sapere che lo dai a qualcun altro, te lo taglio! Me lo mangio!
Lo strappo via e me lo conservo! Solo mio deve essere! E di nessun altro. Ivi, p. 174.
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Guardami! E toccami! Non sono meglio io di Don Catellino! […]Guarda qua! Questa
carne fresca! Soda! Di cera! Senti il mio profumo! È un profumo che Don Catellino mai potrà
farti sentire! Lo capisci? (La bacia in bocca) Ti sapeva baciare così Don Catellino! Ivi, p. 170.
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Ivi, p. 183. Il brindisi è preceduto dalla scrittura di una lettera da parte di Don Catello.
Nella missiva, sotto dettatura di Clotilde, il Parroco scrive : «[…] Sento che le mie colpe sono
un fardello troppo pesante, e non posso ulteriormente sopportarle. Per questo ho deciso, pur fra
mille dubbi e ripensamenti, pur fra mille paure, di compiere ciò che fino a ieri mi sembrava
impossibile». Ivi, p. 182. L’utilizzo di due missive per lo sviluppo della trama (la prima è quel-
la in cui si annuncia l’arrivo di Ferdinando) mostrano la familiarità di Ruccello con la tecnica
delle “pièce bien faite” ideate dal drammaturgo francese Eugène Scribe nel 1825.
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Si pensi almeno al dialogo fra Gesualda e Don Catello sulle loro pratiche sessuali.
Ferdinando, p. 165-168.
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Palladini scrive: «[…] A tale modernità strutturale fa da contraltare in Ruccello un
solido, antico impianto di comicità popolare, e l’uso anch’esso noto di sottili strategie lin-
guistiche dove un napoletano ricco e incandescente viene qua e là intervallato, secondo pre-
cipue connotazioni psicologico – narrative, con il latino, il francese e l’italiano.» Id., Canta
Napoli, Napoli Millenaria, «Paese Sera», 14 aprile 1986.
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FERDINANDO Nun ve so’ nipote, nun ve so’ parente, nun ve so’ niente.
So’ figlio ’o nutaro Trinchera, ca lentamente, cu pacienze,
negli anni, sotto i nomi più svariati se ’mpussessato ’e tutte
ll’ipoteche voste, ’e tutte ’e cambiale, e tutte ’e diebbete…
’A primma famiglia burbonica veramente fedele ai Sa-
voia… Pe’ chesto me chiamo Filiberto. P’ammore d’ ’o
rre. No re Burbone ma ’o rrè… Chillo ’e mo’!15
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Ruccello definisce la propria generazione: «dell’immagine, che non ha più un pas-
sato alle spalle…non avendo memoria non si ha nemmeno futuro» Luciana Libero, Ferdi-
nando non solo, «Il Mattino», 12 dicembre 1986.
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Non sono vostro nipote, non vi sono parente, non vi sono niente. Sono figlio del no-
taio Trinchera che lentamente, con pazienza, negli anni, sotto i nomi più svariati si è impos-
sessato di tutte le vostre ipoteche, di tutte le cambiali, di tutti i debiti… La prima famiglia
borbonica veramente fedele ai Savoia…Per questo il mio nome è Filiberto. Per amore verso
il Re. Non il Re Borbone ma il Re…quello che c’è ora. Ferdinando, p. 184.
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Ferdinando
della modernità, non accetta che l’italiano (la lingua dei vincitori) fac-
cia ingresso in casa sua, usando il napoletano quale baluardo a difesa
della propria identità:
CLOTILDE E non parlare italiano! Hai capito! Nun voglio sentì ’o tta-
liano dint’a sta casa…Io e isso c’avimme appiccicate il 13
febbraio del 1861 […] Contemporaneamente all’ammai-
narsi della gloriosa bannera ’e re Bburbone s’ammainaie
pure ll’italiano dint’ ’o core mio…Na lengua stranie-
ra!...Barbara!...E senza sapore, senza storia! ...Na lengua ’e
mmerda! ...Na lengua senza Ddio!16 ...
FERDINANDO Perdonate zia. A casa avevo tanto sentito parlare di voi che
è come se vi conoscessi da sempre. Il vedervi, perciò, mi fa
quasi rivivere davanti gli occhi le voci dei miei cari… Il
papà… La mamma …17.
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E non parlare italiano! Hai capito! Non voglio sentire l’italiano in questa casa… Io
e lui ci siamo divisi il 13 febbraio del 1861 […] Contemporaneamente all’ammainarsi della
gloriosa bandiera del Re Borbone si ammainò anche l’italiano nel mio cuore…Una lingua
straniera!... Barbara!... E senza sapore, senza storia!... Una lingua di merda!... Una lingua
senza Dio!... Ivi, p. 141.
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Ivi, p. 151.
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G. G., L. G., Ruccello una drammaturgia sui corpi, cit., p. 74. L’alta cifra linguisti-
ca del testo colpisce significativamente i recensori in occasione del debutto napoletano dello
spettacolo. Rodolfo Di Giammarco scrive: «[Ferdinando] appartiene a quell’ordine di eventi
che linguisticamente e formalmente dovrebbero fare storia, riaprire capitoli.» Id., Moliere
col Vesuvio tra vecchi gattopardi, «la Repubblica», 9 marzo 1986. Anche Savioli sottolinea
l’importanza della lingua nello spettacolo: «un vernacolo denso di umori, corposo, plastico,
innervato di arcaici fraseggi e di vigore plebeo, vera struttura portante dell’azione e suo
commento polemico» Id., Ferdinando re del dialetto, «L’Unità», 8 marzo 1986.
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Annibale Ruccello, Presentazione di Ferdinando, a cura di Luciana Libero, op.
cit., p. 84.
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Basti pensare ad opere quali: I sei personaggi in cerca d’autore, Così è se vi pare,
Enrico IV, etc.
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Ci sono poi altri riferimenti letterari. Il testo si apre all’ora del Ve-
spro con le due donne intente a recitare il Rosario. La stessa scena si
trova all’inizio del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. An-
che in quel caso una famiglia di nobili (siciliani) si è riunita per il Ve-
spro24. Ma al di là del singolo episodio si nota una similitudine nel pro-
filo dei due protagonisti. Al pari di Donna Clotilde, il Principe di Salina
non accetta l’Unità d’Italia. Illusoriamente ha creduto di poter fermare
la storia. Nondimeno dinanzi agli inevitabili cambiamenti culturali, di
stile e di cerimoniali imposti dalla classe dominate, egli non può che
21
Eduardo De Filippo, Natale in casa Cupiello, in Teatro, cit., pp. 797-798.
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Ferdinando si presenta travestito da Arcangelo Gabriele, con la spada sguainata,
proprio nel momento in cui Clotilde e Gesualda avvelenano Don Catello.
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Allora…(Inizia a leggere) “E poi con questa lingua toscana avete rotto l’anima a
mezzo mondo! Vale più una parola napoletana sentita che tutti i vocaboli della Crusca!...”.
Ferdinando, p. 143.
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«La recita quotidiana del Rosario era finita. Durante mezz’ora la voce pacata del
Principe aveva ricordato i Misteri Gloriosi e Dolorosi; […] Adesso, taciutasi la voce, tutto
rientrava nell’ordine, nel disordine, consueto». Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gatto-
pardo, Milano, Feltrinelli, 1958, p. 17.
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[…] dopo la morte del marito […] non aveva voluto lasciare, prima
Combray, poi a Combray la sua casa, poi la sua stanza, infine il suo letto,
e non scendeva più, sempre giacendo in uno stato incerto di dolore, di
debolezza fisica, di malattia, d’idea fissa di devozione26.
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Il Principe preferisce rinunciare al seggio offertogli in Parlamento proponendo, al
suo posto, il nipote Tancredi.
26
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Torino, Einaudi, 2008, p. 38. Inoltre,
anche Clotilde (prima della venuta di Ferdinando), come la Zia Lèonie: «non riceveva nes-
sun altro all’infuori del signor curato», M. Proust, op. cit., p. 53.
27
Il pettegolezzo è una delle poche cose che veramente riescono a farti vivere, a farti re-
spirare ed avere un minimo di interesse verso una vita così brutta e amara. Ferdinando, p. 152.
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Un povero arricchitosi. Ivi, p. 154.
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Anche questa figura mostra delle ascendenze proustiane inglobando due personaggi
della Recherche, Françoise (la domestica) e Eulalie (una protégée povera).
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Si noti, tuttavia, che Pepe il romano non compare mai in scena.
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Rivolgendosi a Sloane Kath afferma: You have a skin on you like a princess […] I
like a lad with a smooth body (Hai la pelle di una principessa […] Mi piacciono gli uomini
con corpi così soavi. Id., Entertaining Mr Sloane, cit., p. 77.
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Pur di non perdere i favori di Ed, Sloane non esita ad offrirsi a lui:
SLOANE Let me live with you. I’d wear my jeans out in your service. Cook for you.
ED I eat out.
SLOANE Bring you your tea in bed.
ED Only women drink tea in bed.
SLOANE You bring me tea in bed, then. Any arrangement you fancy. (SLOANE. La-
sciami vivere con te. Farei di tutto per te. Potrei cucinare per te. ED Mangio fuori. SLOANE.
Portarti il tè a letto. ED Solo le donne bevono il tè a letto. SLOANE. Potresti portarmi tu il tè a
letto, allora. Come preferisci.) Ivi, p. 135.
Tornando al romanzo di Proust, si noti che la condizione di Morel quale “gigolò”
sembra un buon precedente per il giovane Ferdinando. Id., Sodoma e Gomorra. Alla Ricer-
ca del tempo perduto, cit. pp. 1165-1555.
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DON CATELLO […] Ma m’ha ’cciso l’ammor…l’ammore ca te fa perdere ’e sienze e
nun te fa capì cchiù niente! (Mi ha ucciso l’amore…l’amore che ti fa perdere i sensi e non ti
fa capire più nulla!) Ferdinando, p. 183.
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E desso!... E adesso il colpo per la morte di Don Catellino, probabilmente sarà trop-
po forte per me… La partenza inaspettata di Ferdinando…Troppe emozioni… Probabil-
mente mi sentirò un’altra volta debole… talmente debole che dovrò rimettermi a letto… E
forse stavolta penso che difficilmente mi alzerò più! Ivi, p. 186.
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ENRICO IV Ora sì… per forza… qua insieme, qua insieme… e per
sempre!35
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Id., Enrico IV, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1969, p. 219.
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Gesualdì… Gesualdì… Ci pensi… Non si chiamava nemmeno Ferdinando! Ferdi-
nando, p. 186.
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