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GIORNALE DI FISICA VOL. LVI, N.

1 Gennaio-Marzo 2015
DOI 10.1393/gdf/i2015-10214-y

Insegnare la fisica quantistica a scuola: un percorso basato sul


metodo dei cammini di Feynman (∗ )
Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Università di Pavia, Dipartimento di Fisica - Pavia, Italia

Riassunto. L’insegnamento di elementi di fisica quantistica nella scuola superiore


è un problema didattico dibattuto da tempo e affascinante, che in Italia è diventa-
to di ancor maggiore urgenza con l’entrata a regime della riforma dei programmi
di Fisica per i licei. In questo articolo descriviamo un percorso introduttivo di
fisica quantistica che abbiamo utilizzato per la formazione degli insegnanti, e che
è destinato in prospettiva direttamente agli studenti di scuola secondaria. L’ap-
proccio è basato sul metodo dei cammini di Feynman, e si avvale dell’apporto di
simulazioni interattive realizzate con il software open-source GeoGebra. Attra-
verso questo percorso miriamo a fornire agli studenti sia una visione chiara della
struttura concettuale ed epistemologica della teoria quantistica, sia gli strumenti
per risolvere alcuni tipici problemi che si incontrano nell’ambito di essa.
Abstract. The teaching of elementary quantum physics in secondary schools is a
long-time debated and fascinating educational problem, which in Italy has become
even more urgent due to the recently enacted reform of the Physics curriculum.
In this article we describe an introductory educational path in quantum physics,
which we tested in teacher training courses, and which is ultimately intended
to be used with high school students. Our approach is based on Feynman’s
sum-over-paths method, and makes use of interactive simulations realized with
the open-source software GeoGebra. Through this path we aim at providing
students with both a clear view of the conceptual and epistemological structure
of quantum theory, and the tools for solving some of its typical problems.

1. Introduzione

L’introduzione di elementi di fisica quantistica (FQ) nella scuola superiore è un


problema didattico complesso, per il quale sono stati individuati nella letteratura nu-
merosi aspetti critici. La FQ utilizza un apparato matematico sofisticato, alla cui
elementarizzazione si oppongono ben note difficoltà nell’ottenere, nell’ambito della
scuola superiore, una comprensione soddisfacente dei fenomeni ondulatori; dei numeri
complessi; delle matrici. Ancor più formidabili sono forse gli ostacoli di tipo concet-
tuale ed epistemologico: è stato notato che gli studenti di scuola superiore possono
avere problemi più rilevanti nell’accettare i presupposti epistemologici della meccanica
quantistica, che non nel comprenderne la struttura matematica [1]. Anche l’approccio

(∗ ) Da una comunicazione al 100◦ Congresso della Società Italiana di Fisica, Pisa, 2014.
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storico, solitamente utilizzato nei libri di testo delle scuole superiori, è stato criticato,
e una delle obiezioni più forti che vi è stata opposta è che esso, enfatizzando più del
dovuto gli aspetti della “vecchia teoria quantistica”, e fermandosi comunque a quello
che era lo stato della FQ attorno agli anni venti del secolo scorso, può contribuire a
generare nello studente erronee concezioni ibride classico-quantistiche.
Nella nostra linea di ricerca per la formazione degli insegnanti, che si tradurrà nel
prossimo futuro anche in sperimentazioni dirette in classe, il metodo della somma sui
cammini di Feynman viene utilizzato nella duplice veste di un algoritmo che permette
di affrontare le difficoltà matematiche della FQ in un modo accessibile agli studenti di
scuola superiore, e di un linguaggio che consente di esprimere i temi concettuali più
profondi ed ardui (primi fra tutti, il “dualismo onda-particella” e il “problema della
misura”) in un modo chiaro e soddisfacente per gli studenti. In effetti, il formalismo
dei cammini di Feynman viene utilizzato, nella ricerca scientifica e specialmente in
ottica quantistica, prima di tutto come un apparato concettuale che permette di
analizzare la struttura astratta degli esperimenti che vengono eseguiti [2], di capire
ciò che ci si aspetta dai loro risultati, e quindi di progettare esperimenti atti a verificare
sperimentalmente le caratteristiche desiderate della teoria.
Una delle linee guida più importanti del nostro lavoro è stata perciò quella di
includere nella sequenza la discussione di esperimenti moderni, che possano servire a
mostrare lo stato dell’arte della teoria, e a rappresentare il dibattito sui temi episte-
mologici nella sua forma attuale. Poiché la maggior parte degli esperimenti recenti più
illuminanti sulla natura della FQ proviene dal campo dell’ottica quantistica, è stato
per noi naturale iniziare il percorso dalla natura della luce, e dal concetto di fotone.
Il metodo della somma sui cammini ha una storia rilevante nella didattica della
fisica [3–6] e vari autori hanno messo in evidenza l’importanza della formulazione di
Feynman per una comprensione qualitativa e concettuale del paradigma quantistico.
Tuttavia, molti di tali studi sono limitati dalla difficoltà nell’ottenere, con le tecni-
che usuali, una trattazione didatticamente efficace di alcuni contenuti estremamente
importanti per un corso introduttivo di FQ. Tali temi includono i sistemi confinati
con livelli di energia discreti, e più in generale problemi stazionari, nei quali l’energia
si considera fissata. Nel nostro percorso, per affrontare tali casi, abbiamo utilizzato la
versione indipendente dal tempo (dipendente dall’energia) dell’integrale sui cammini,
sviluppata a partire dai lavori di Gutzwiller [7] dagli anni ’70 del secolo scorso. In es-
sa, lasciando completamente inalterata la struttura concettuale della formulazione di
Feynman, vengono considerati tutti i cammini tra sorgente e rivelatore a energia fissa-
ta, e di conseguenza con tempi di arrivo e partenza arbitrari, anziché tutti i cammini
con tempo di percorrenza fissato ed energia arbitraria. In questo modo si ottengono
come soluzioni gli stati stazionari a energia fissata, il che è quanto richiesto in mol-
tissimi problemi di FQ. Nella sezione 3 riportiamo brevemente la teoria alla base di
questa variante del metodo dei cammini che ha costituito un riferimento importante
per la costruzione del nostro percorso.
Uno degli obiettivi della nostra ricerca è stato quello di portare gli studenti a rag-
giungere, in parallelo alla comprensione degli aspetti concettuali, adeguate capacità
tecniche nella risoluzione di esercizi e problemi. Gli strumenti matematici richie-
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 47

sti nella formulazione della somma sui cammini sono semplici, e sostanzialmente si
basano sulla rappresentazione dei numeri complessi mediante fasori. Tali strumenti
possono essere introdotti, a partire da un’attenta rivisitazione dell’ottica ondulatoria
basata sul principio di Huygens, anche molto prima dell’inizio del percorso di mecca-
nica quantistica, che è situato, nei nuovi programmi ministeriali, nella parte centrale
dell’ultimo anno del liceo.
Come per altri autori che hanno operato una ricostruzione didattica della FQ
basata sul metodo della somma sui cammini, hanno un ruolo essenziale anche nel
nostro percorso le simulazioni interattive, a supporto della possibilità degli studenti
di visualizzare e comprendere gli esempi e le applicazioni proposte. Abbiamo realiz-
zato tali simulazioni con il software open source GeoGebra, ampiamente utilzzato ed
apprezzato nella comunità degli insegnanti di matematica e fisica.

2. Scelte didattiche di fondo

Nella letteratura riguardante l’insegnamento della FQ a livello elementare vengono


evidenziate alcune problematiche ricorrenti, e difficoltà tipiche degli studenti, che
abbiamo cercato di tenere presenti nel formulare la nostra proposta.
Il primo tema riguarda la tensione, portata alla luce dalla ricerca in didattica,
tra la necessità percepita dagli educatori di spiegare la crisi storica che ha portato
all’emergere della meccanica quantistica, analizzando nei dettagli le prime evidenze
sperimentali che hanno contribuito alla rottura del paradigma classico, e l’obiettivo di
portare gli studenti a costruire schemi concettuali radicalmente nuovi per interpretare
i fenomeni quantistici [8]. La ricerca ha infatti mostrato che i modelli semiclassici della
“vecchia teoria quantistica”, spesso introdotti per primi nell’ambito di un approccio
storico, tendono a radicarsi nei ragionamenti degli studenti, ostacolando la formazione
di una prospettiva genuinamente quantistica.
Riguardo questo punto va tenuta presente la critica di Nersessian [9] all’applica-
bilità generale del concetto Kuhniano di rivoluzione scientifica. Secondo Nersessian,
un cambiamento di paradigma scientifico può rivoluzionare in breve tempo gli og-
getti e gli strumenti utilizzati dagli scienziati per analizzare la realtà; tuttavia non
necessariamente il significato attribuito a tali enti dagli scienziati stessi si presenta
immediatamente nella sua forma definitiva. Vengono invece prodotti schemi di si-
gnificato in evoluzione nei quali gli oggetti e le strutture matematiche della nuova
teoria vengono inizialmente interpretati sulla base di concetti tipici del paradigma
precedente e solo gradualmente, nel tempo, il loro significato si assesta in una forma
definitiva. Un caso esemplare in FQ può essere il significato attribuito all’operazione
di misura, e la ragione del suo ruolo speciale nella teoria. Come mostra il celebre di-
battito storico tra Bohr ed Heisemberg, nei primi anni dopo la rivoluzione quantistica
era diffusa l’idea di poter trattare il principio di indeterminazione, ed in generale il
ruolo del processo di misura, come una perturbazione fisica del sistema osservato a
seguito dell’interazione con l’apparato sperimentale. Oggi, anche in risposta a moder-
ne evidenze sperimentali che vengono discusse nell’ambito del nostro percorso, l’idea
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prevalente è che il principio di indeterminazione rappresenti una limitazione all’in-


formazione in linea di principio disponibile sul sistema, e che l’operazione di misura
rappresenti, del tutto astrattamente, un processo in cui viene acquisita informazione
riguardo al sistema, per ciò stesso modificandone lo stato (che rappresenta, appunto,
l’informazione disponibile sul sistema).
Tenendo conto di questa prospettiva, abbiamo scelto di non adottare un approccio
storico, ma di accostare ad alcuni esperimenti storici risultati sperimentali relativa-
mente recenti, allo scopo di evidenziare con chiarezza gli aspetti non classici della
teoria, e di presentare un quadro complessivo della FQ il più vicino possibile a quella
che è la sua attuale comprensione. Crediamo che, in questo modo, il pericolo spesso
evidenziato della formazione da parte degli studenti di concezioni “sintetiche” [10],
ibride classico-quantistiche [11], si possa ridurre sensibilmente.
Un altro aspetto che la letteratura ha evedenziato è la difficoltà per gli studenti
di accettare gli aspetti della FQ più lontani dal paradigma classico. A questo si
lega l’importanza di discutere esplicitamente con gli studenti aspetti epistemologici,
anche al fine di favorire l’appropriazione della teoria da parte degli studenti [1, 12].
È stato inoltre dimostrato che, in corsi di FQ nei quali il docente sceglie di non
prendere posizione riguardo agli aspetti interpretativi della FQ, facendone una sorta
di curriculum implicito, è più probabile che gli studenti persistano nel mantenere
concezioni improntate al realismo classico [13].
La scelta dell’approccio di Feynman si lega alla sua chiarezza concettuale, e alla
possibilità che esso offre di verbalizzare l’evoluzione dei processi quantistici, facilitan-
do gli studenti nel “raccontare una storia” relativa al comportamento osservato del
sistema in oggetto. Per chiarire possibili fraintendimenti, non si vuole sostenere che
l’approccio di Feynman, di per sé, costituisca una completa visione fondazionale, o
che “risolva” il problema della misura e le questioni interpretative della FQ. Quello
che vogliamo invece argomentare è che, dal punto di vista didattico, l’approccio di
Feynman consente agli studenti di verbalizzare in modo chiaro e comprensibile ciò che
avviene quando si manifestano aspetti problematici della FQ come il “dualismo onda-
particella”, l’impossibilità di assegnare una traiettoria definita all’oggetto quantistico;
o il problema della misura, aiutandoli a costruire modelli mentali consistenti, e quindi
soddisfacenti. Ad esempio, nella prospettiva della somma sui cammini, il “dualismo
onda particella” è semplicemente una conseguenza della riduzione dei possibili cam-
mini per il sistema, dovuta ad informazione che viene acquisita su di esso. Con la
riduzione dei cammini possibili (cioè non discernibili dal punto di vista del risultato
sperimentale ottenuto) l’interferenza fra i cammini viene persa, e quindi, scompare il
carattere ondulatorio dell’oggetto quantistico.
Un’altra caratteristica didatticamente attraente del metodo della somma sui cam-
mini è la possibilità di avere una visualizzazione dei processi, più precisamente una
rappresentazione grafica del modello matematico utilizzato. Tale aspetto costitui-
sce, in effetti, una delle ragioni principali della fortuna scientifica dei diagrammi di
Feynman, che sono una rappresentazione grafica dell’estensione dell’algoritmo “pa-
th integral” a processi che coinvolgono interazioni, “scambi” fra particelle identiche;
creazione e distruzione di oggetti quantistici.
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 49

Il nostro percorso comprende tradizionali, ma necessarie, esercitazioni con proble-


mi nei quali gli studenti possono calcolare quantità fisiche rilevanti, come probabilità
di rivelazione e livelli di energia quantizzati di semplici sistemi legati, utilizzando
le tecniche apprese. A queste si affiancano attività di esplorazione e indagine (in-
quiry) con l’utilizzo di simulazioni interattive, costruite mediante il software open
source GeoGebra, che permettono agli studenti di acquisire familiarità con il modello
di Feynman in contesti fisici più complessi. Va rimarcato che nel progettare le si-
mulazioni si è evitato accuratamente di introdurre nella visualizzazione elementi che
potessero richiamare il paradigma classico; infatti esse non contengono mai alcuna
rappresentazione diretta degli oggetti quantistici, ma solo della sorgente, dei rivelato-
ri, dei possibili cammini che li congiungono e del calcolo mediante i fasori di ampiezze
e probabilità.
Il ruolo dell’apprendimento mediante attività guidate come simulazioni interattive
è stato studiato approfonditamente dalla ricerca in didattica, ed è stata tratta la con-
clusione generale che tali strumenti possono offrire un apporto notevole all’apprendi-
mento e significativi vantaggi educativi [14], specialmente in ambiti, come quello della
FQ, nel quale vere attività sperimentali in ambiente di laboratorio non sono facilmen-
te realizzabili. GeoGebra offre la possibilità di costruire simulazioni con un alto livello
di interattività mediante l’uso di barre di scorrimento e caselle spuntabili; permette di
collegare diverse rappresentazioni dinamiche presentandole in finestre adiacenti dello
spazio di lavoro, ed è un software open source molto conosciuto nella comunità degli
insegnanti di matematica e fisica, il che permette, in prospettiva, agli insegnanti di
lavorare autonomamente sulle simulazioni, modificandole ed adattandole alle proprie
esigenze didattiche.

3. L’utilizzo del metodo di Feynman per la trattazione di problemi indipendenti


dal tempo

In questa sezione esponiamo brevemente la teoria alla base della trattazione dei
sistemi confinati come presentata nel nostro percorso, proponendo alcune referenze
per il lettore interessato. Partiamo dalla consueta espressione per il propagatore
di Feynman, che rappresenta l’ampiezza di probabilità di trovare nel punto dello
spazio-tempo (x , t ) una particella che si trovava inizialmente in (x, 0).
 x (t )
  i
(1) K(x0 , x , t ) = D[x(t)]e h̄ S[x(t)] ,
x0 (0)

dove S[x(t)] = L(x(t), ẋ(t))dt è l’azione classica sul cammino considerato. Se l’ha-
miltoniana del sistema è indipendente dal tempo, operando una trasformata di Fourier
sul propagatore si ottiene la funzione di Green dipendente dall’energia G(x0 , x , E)
che rappresenta l’ampiezza di probabilità di trovare nel punto x una particella di
energia totale E emessa nel punto x0 :
 ∞
G(x0 , x , E) = K(x0 , x , t)e h̄ Et dt.
i
(2)
−∞
50 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

La funzione di Green dipendente dall’energia contiene, in linea di principio, ogni


informazione utile a descrivere un sistema confinato; infatti, essa ammette la rap-
presentazione spettrale (qui riportata nella forma valida per sistemi a spettro
discreto):

 ψn (x0 )ψ ∗ (x )
(3) G(x0 , x , E) = n
.
n
E − En

Perciò gli autovalori dell’energia corrispondono ai poli della funzione di Green,


mentre gli autostati sono ricavabili calcolando il residuo ai poli [15]. In particolare, il
limite

(4) lim (E − En )G(x, x, E) = |ψn (x)|2


E→En

fornisce il modulo quadro della funzione d’onda stazionaria per E = En nel punto x.
Il punto centrale dell’approccio da noi usato è che la funzione di Green dipendente
dall’energia può essere a sua volta espressa come integrale sui cammini possibili tra x0
e x , dove la fase di ciascun cammino non dipende dall’azione S(x, t), ma dall’azione
ridotta o funzione caratteristica di Hamilton
 
1
(5) S0 (x) = S(x, t) + Et = p(x)dx = 2m(E − V (x)) 2 dx.

Un’espressione implicita, in linea di principio esatta, per la costruzione di


G(x0 , x , E) come integrale sui cammini è riportata in rif. [16]. Espressioni esplicite,
esatte o approssimate, sono state sviluppate nell’ambito della ricerca sulla quantizza-
zione semiclassica [7, 17, 18]. Un’eccellente introduzione a tali risultati è contenuta in
rif. [19].
È stato dimostrato [20,21] che è possibile ottenere la funzione di Green esatta, per
potenziali costanti a tratti in una dimensione, con il metodo dei cammini di Feynman
come
 m  
G(x0 , x , E) = Gp (x0 , x , E) =
i
(6) 1 Wp e h̄ S0,p (x0 ,x ,E) .
p ih̄ (k0 k  )
2 2
p

L’equazione (6) è una correzione del più noto propagatore di Van Vleck-Gutzwiller
dipendente dall’energia [7]. In essa la somma va estesa a tutti i possibili cammini a
energia fissata tra x0 e x (contrassegnati dall’indice p), indipendentemente dal tempo
di percorrenza. k0 e k  sono i numeri d’onda iniziale e finale della particella, mentre i
pesi Wp , in generale complessi corrispondono ai coefficienti di Fresnel di trasmissione
e riflessione espressi in termini del numero d’onda k [22] da applicare ogni volta che il
cammino considerato attraversa il confine tra due zone a diverso potenziale, oppure ne
viene riflesso. Nel caso della buca di potenziale quadrata di altezza infinita, che viene
considerato nel percorso didattico, tali coefficienti corrispondono semplicemente alla
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 51

moltiplicazione per e−iπ per ogni riflessione prodotta dai bordi della barriera, e quindi
ad uno sfasamento δφ = −π, per ciascuna riflessione, per il cammino corrispondente.
L’equazione (6) offre la possibilità di costruire un approccio didattico coerente
(ma semplice dal punto di vista formale) che utilizza il metodo dei cammini per
trattare i sistemi confinati: per calcolare l’ampiezza di probabilità di trovare in x
una particella emessa in x0 con energia E, costruiamo tutti i possibili cammini tra
il punto di partenza e quello di arrivo, e sommiamo fasori la cui fase corrisponde
all’azione (in questo caso l’azione ridotta, indipendente dal tempo) della particella
calcolata sul cammino. Poiché cerchiamo soluzioni ad energia fissata, non può essere
fissato anche il tempo di percorrenza, perciò la somma va estesa a tutti i cammini che
vanno da x0 ad x includendo anche i cammini che comportano un numero arbitrario
di riflessioni dalle pareti della buca di potenziale. I livelli di energia permessi del
sistema sono, a questo punto, quei valori dell’energia per i quali i cammini si sommano
costruttivamente, portando l’ampiezza a divergere (vedi la sezione 5.8).
Applicazioni didattiche di questa forma dell’integrale sui cammini sono state
proposte nei rif. [23, 24].

4. Descrizione del percorso

La sequenza (fig. 1) inizia con la rivisitazione della fenomenologia di ottica ondula-


toria attraverso il metodo dei cammini e dei fasori. Esperimenti classici di interferenza
e diffrazione (singola e doppia fenditura) vengono eseguiti e discussi utilizzando il soft-
ware di video analisi Tracker come strumento per produrre una analisi quantitativa
delle frange di interferenza. In particolare il caso delle due fenditure viene analizzato
approfonditamente, in quanto esso ha nel nostro approccio un ruolo ricorrente, ser-
vendo anche come esperimento concettuale che permette di approfondire temi quali il
ruolo del processo di misura, l’analogia tra fotoni e particelle massive, il limite classi-
co. In questa parte del percorso richiamiamo anche un fatto di ottica ondulatoria che
risulterà molto importante più avanti: il ritardo di fase di π da applicare all’onda (e
quindi, nel nostro approccio, a tutti i cammini) nel caso venga subita una riflessione
da parte di uno specchio ideale. La discussione e la simulazione interattiva del classico
esperimento dello specchio di Lloyd aiutano a collegare tale “prescrizione” ad un dato
sperimentale.
Il passo successivo è la discussione con gli studenti di esperimenti in grado di evi-
denziare aspetti cruciali del modello quantistico della luce: effetto fotoelettrico, esperi-
mento di Young con fotoni singoli, ed esperimento di Grangier sull’indivisibilità del fo-
tone. Di ogni esperimento viene discusso il significato concettuale, e come conseguenza
finale di tali dati, a prima vista incoerenti, e che possono offrire allo studente una vi-
sione ampia della profondità del conflitto con il paradigma classico, viene presentato
il modello del fotone che segue tutti i possibili cammini dalla sorgente al rivelatore.
Una parte centrale del percorso è dedicata alla discussione di temi concettuali
ed epistemologici attraverso l’analisi di moderni esperimenti di ottica quantistica nel
linguaggio dei cammini Feynman. Gli esperimenti discussi sono il Mach-Zehnder con
52 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Fig. 1. – Rappresentazione grafica del percorso, con evidenziata la scansione temporale prin-
cipale (percorso centrale), gli esperimenti discussi (riquadri blu) e le tematiche concettuali ed
epistemologiche affrontate (in arancione).

fotoni singoli, che approfondisce l’impossibilità di attribuire una traiettoria al singolo


fotone; Zhou-Wang-Mandel, che permette di discutere il ruolo della misura nei processi
quantistici e il cosiddetto dualismo onda-particella e Hong-Ou-Mandel, che permette
una discussione introduttiva del concetto di indistinguibilità per gli oggetti quantistici.
Passiamo poi in rassegna alcuni degli esperimenti che dimostrano come il com-
portamento quantistico non possa essere relegato a una particolare proprietà della
luce: proseguendo con il filo conduttore della diffrazione e interferenza da fenditure,
introduciamo quindi esperimenti in cui tali fenomeni sono stati evidenziati a livello di
singola particella per gli elettroni [25], i neutroni [26] e le molecole di C60 [27]. Sulla
base dell’evidenza di un analogo comportamento per tutti gli oggetti quantistici, siano
essi classicamente considerati “materia” o “radiazione” viene giustificata l’adozione di
un’identica espressione (con le opportune identificazioni) per le fasi associate a fotoni
e particelle massive.
Ci occupiamo quindi del problema del limite classico e del principio di corrispon-
denza. Per il fotone, nel limite in cui la lunghezza d’onda diventa molto più piccola
delle altre scale di lunghezza caratteristiche del problema, diventano dominanti nel
computo dell’ampiezza finale i cammini molto vicini al percorso previsto dal principio
di Fermat: si recupera, in tal modo, il raggio dell’ottica geometrica. Per le particelle
massive, invece, nello stesso limite il cammino che dà il contributo dominante è quello
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 53

predetto dalla stazionarietà dell’azione di Hamilton, e quindi la traiettoria classica. In


questo modo si può enunciare il principio di corrispondenza e fornire una spiegazione
dell’emergere della meccanica classica come caso limite della teoria quantistica.
Infine, utilizzando l’approccio descritto nella sezione 3 mostriamo agli studenti
come la quantizzazione dei livelli di energia dei sistemi confinati possa essere ottenuta
in modo concettualmente semplice dalle stesse regole precedentemente introdotte per
il comportamento dell’oggetto quantistico. Affrontiamo quindi due problemi, quello
di una particella quantistica confinata su una circonferenza, e in una buca di po-
tenziale infinita, ottenendo i livelli energetici e le funzioni d’onda degli stati legati.
L’introduzione di questi esempi si collega, in modo naturale, alla discussione delle
evidenze sperimentali della presenza di livelli discreti di energia nei sistemi confinati
e quindi, in particolare, allo spettro dell’atomo di idrogeno, che conclude il nostro
percorso.

5. Principali snodi concettuali

5.1. La corrispondenza con l’ottica ondulatoria e il principio di Huygens

Il metodo della somma sui cammini può inizialmente essere visto come un modo
conveniente per descrivere i fenomeni di interferenza, senza necessariamente uscire
dalla prospettiva dell’ottica ondulatoria. Nel nostro percorso partiamo da una di-
scussione del principio Huygens (fig. 2(a)), la cui idea di un’onda che “eccita” nuo-
ve sorgenti d’onda in tutti i punti nello spazio ha una chiara corrispondenza con
il principio di base del metodo della somma sui cammini [28, 29]. In questa pro-
spettiva, gli studenti apprendono inizialmente come calcolare il valore dell’ampiezza
di un’onda monocromatica in un punto P nello spazio sommando i fasori derivanti
da tutti i possibili cammini ottici che una perturbazione elementare dell’onda può
seguire per raggiungere il punto P da una sorgente posta in S. Tale filosofia sorgente-
rivelatore [30] ha un ruolo centrale nell’ approccio basato sulla somma sui cammini;
ed è spesso utilizzata (talvolta implicitamente) nel consueto trattamento di fenome-
ni di interferenza in ottica ondulatoria. Semplici attività sperimentali nelle quali gli
studenti acquisiscono con una fotocamera figure di interferenza, le analizzano median-
te il software di video analisi Tracker (fig. 2(b)) e le confrontano con le simulazioni
(fig. 2(c)) aiutano a collegare la descrizione astratta di tali fenomeni ai reali risultati
sperimentali.

5.2. Il concetto di fotone e l’esperimento di Grangier

Introdurre in modo convincente l’idea di fotone è il passaggio chiave nella tran-


sizione dal linguaggio dell’ottica ondulatoria a quello della FQ. Nella prospetti-
va sviluppata nella sezione 2 usiamo a tale scopo evidenze sperimentali che sono
state storicamente raccolte in tempi diversi; in particolare, discutiamo i seguenti
esperimenti:
54 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Fig. 2. – (a) Animazione che illustra il collegamento tra il principio Huygens e l’idea di utilizzare
tutti i possibili cammini ottici dalla sorgente al rivelatore. (b) Analisi Tracker dell’intensità luminosa
nell’interferenza da doppia fenditura. Viene sfruttata la possibilità di Tracker di misurare e riportare
in un grafico la luminosità pixel per pixel dell’immagine acquisita (c) Simulazione GeoGebra dell’
interferenza da doppia fenditura.

– L’effetto fotoelettrico, come prova fondamentale della granularità della luce nel-
la sua interazione con la materia, e veicolo per l’introduzione della relazione di
quantizzazione E = hν.
– L’esperimento di doppia fenditura con con fotoni singoli [25] che introduce
l’interpretazione probabilistica per il singolo oggetto quantistico.
– L’esperimento di Grangier et al. [31] sull’ indivisibilità del fotone.
Il nucleo del nostro messaggio agli studenti può essere riassunto come segue: se la luce
è immaginata come un’onda, si attribuisce ad essa la proprietà di essere distribuita
nello spazio; cosicché, per esempio, essa può passare attraverso entrambe le fenditure
nell’ esperimento di Young, producendo la figura di interferenza. Ma se, a seguito
di evidenze sperimentali in conflitto con l’ipotesi ondulatoria, si adotta un modello
della luce come composta di fotoni; e se si osserva l’interferenza persistere anche
quando l’intensità della luce è cosı̀ bassa che solo un fotone alla volta passa attraverso
le fenditure, quale spiegazione si può fornire? L’idea di Feynman del fotone che
segue tutti i percorsi possibili viene quindi presentata come una risposta logicamente
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 55

Fig. 3. – Schema del setup sperimentale per l’esperimento Grangier sull’indivisibilità del fotone.

coerente. In questa prospettiva la discussione dell’esperimento di Grangier (fig. 3)


che può apparire inusuale all’inizio di un percorso introduttivo di FQ, gioca invece
un ruolo essenziale. Infatti, gli studenti che si confrontano con il fenomeno di doppia
fenditura con fotoni singoli potrebbero a questo punto, nel tentativo di salvare il più
possibile delle loro concezioni classiche, formare una concezione sintetica per cui il
fotone interferisce con se stesso semplicemente perché si divide fisicamente in due alle
fenditure. La discussione dell’esperimento di Grangier quindi ha la precisa funzione
di affrontare questa difficoltà specifica nel momento in cui essa potrebbe originarsi.
La fondamentale differenza tra probabilità classica e quantistica, che è alla base
della formulazione dei cammini di Feynman [32] viene chiarita a partire da questo
punto del percorso, per poi essere approfondita in seguito, quando l’esperimento Zhou-
Wang-Mandel consente di introdurre il concetto di indistinguibilità (sezione 5.5). Se
un evento E può avvenire in due modi alternativi, con probabilità P1 e P2 , nella
prospettiva classica la probabilità dell’evento è PE = P1 + P2 . In FQ al contrario (se
le alternative sono genuinamente indistinguibili), la probabilità è PE = |A1 + A2 |2 ,
dove A1 ed A2 sono le ampiezze di probabilità delle due possibili vie attraverso cui
E può realizzarsi. In questo modo viene ottenuta l’interferenza al livello del singolo
oggetto quantistico. È a partire da questo principio che le relazioni classiche, ad
esempio per l’intensità della radiazione nel caso dell’interferenza da doppia fenditura,
si ricostruiscono mediante la legge dei grandi numeri.

5.3. Introduzione del principio di indeterminazione mediante la diffrazione da singola


fenditura

Il fenomeno della diffrazione da una singola fenditura con larghezza variabi-


le viene discusso nel nostro percorso, sia sperimentalmente sia attraverso l’utilizzo
di una simulazione (fig. 4), come introduzione semplice ma efficace al principio di
indeterminazione [33]. La relazione di indeterminazione viene affrontata in modo si-
mile anche in alcuni testi per le scuole superiori. In sostanza la larghezza della figura
56 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Fig. 4. – Simulazione GeoGebra della diffrazione da singola fenditura, con la possibilità di variare
la larghezza della fenditura.

di diffrazione ha un collegamento intuitivo con l’incertezza sulla quantità di moto


del fotone diffratto, mentre l’incertezza sulla posizione del fotone stesso è dell’ordine
della larghezza della fenditura. Al variare della larghezza della fenditura si ottiene
un’inversa variazione della larghezza della figura di diffrazione, e questo porta ad una
comprensione intuitiva del significato del principio. Semplici calcoli consentono di
ottenere una relazione di indeterminazione approssimata Δx · Δp  h2 .
È importante chiarire con gli studenti che il principio di indeterminazione deve
essere interpretato come una limitazione intrinseca all’informazione che può rendersi
disponibile su un determinato sistema quantistico, e non come una perturbazione del
sistema dovuta ad un qualche processo di misura. In questo caso, lo stato del fotone
nel momento in cui attraversa la fenditura (la sua funzione d’onda) non può contenere
informazione sulla sua posizione e la sua quantità di moto che superi il limite imposto
dal principio di indeterminazione.

5.4. L’interferometro di Mach Zehnder con fotoni singoli: confutare il concetto classico
di traiettoria

L’interferometro di Mach-Zehnder è un apparato costituito da due specchi e due


beam splitter (vedi la rappresentazione della simulazione in fig. 5) con diverse applica-
zioni in ottica quantistica. Dal punto di vista didattico esso può essere utilizzato per
rinforzare negli studenti l’idea dell’inapplicabilità del concetto classico di traiettoria
agli oggetti quantistici. Nella sua configurazione di base, l’apparato viene utilizzato
con la stessa lunghezza di cammino ottico per i due bracci, in modo tale che gli unici
sfasamenti tra i cammini siano quelli dovuti alle riflessioni “esterne” dai beam split-
ter. In questo caso, uno dei rivelatori (rivelatore 2 in fig. 5) ha probabilità zero di
rilevare il fotone, mentre l’altro rileva il fotone con certezza. Questo è dovuto al fatto
che mentre per i cammini che portano al rivelatore 1 non ci sono sfasamenti dovuti
a riflessioni “esterne” (esse sono infatti 2 per ogni cammino), per il rivelatore 2 si ha
uno sfasamento di π tra i due possibili cammini.
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 57

Fig. 5. – simulazione GeoGebra per l’interferometro Mach-Zehnder. Le caselle spuntabili consentono


di confrontare diverse configurazioni dell’interferometro, mentre le barre a scorrimento consentono
di variare lo sfasamento tra i possibili cammini.

Questo risultato va confrontato con quanto accade nel caso in cui uno dei due
bracci venga bloccato: in questo caso, i rivelatori 1 e 2 hanno la stessa probabilità di
individuare il fotone, poiché per ogni rivelatore vi è un solo cammino possibile, e non
vi è pertanto alcuna interferenza. Si può concludere quindi che i risultati osservati so-
no incompatibili con l’ipotesi che, nell’esperimento con la configurazione completa, il
fotone sia passato attraverso uno solo (quale che esso sia) dei due possibili percorsi. È
utile a questo punto confrontare ciò che si verifica nell’interferometro Mach-Zehnder
con il caso dell’interferenza da doppia fenditura. Si ritrova, infatti, una situazione
concettualmente simile: la figura di interferenza risultante dalle due fenditure, ossia
la distribuzione di probabilità per la rivelazione del singolo fotone, è statisticamente
incompatibile con la somma delle due figure di diffrazione per le due fenditure separa-
te. In questo modo gli studenti possono comprendere che l’impossibilità di attribuire
una precisa traiettoria agli oggetti quantistici è un fatto generale; ma ridurre lo spa-
zio dei possibili risultati a solo due rivelatori piuttosto che considerare uno schermo
continuo ha, per molti studenti, significativi vantaggi didattici.
La nostra simulazione del Mach-Zehnder consente poi di introdurre uno sfasamen-
to variabile tra i due cammini ottici, modificando le probabilità ai due rivelatori. La
simulazione può essere cosı̀ utilizzata come supporto ad esercizi nei quali gli studenti
debbano calcolare tali probabilità. In particolare, esercizi di questo tipo risultano utili
per affrontare alcune difficoltà riscontrate riguardo al problema della normalizzazione
delle probabilità calcolate con il metodo della somma sui cammini.

5.5. Esperimento di Zhou-Wang-Mandel: superamento dell’idea della misura come


perturbazione

L’esperimento di Zhou-Wang-Mandel (ZWM, [34]) utilizza un apparato di inter-


ferenza a due vie, nel quale l’informazione which way sul cammino seguito dal fotone
viene raccolta senza perturbare fisicamente il fotone stesso, attraverso un utilizzo mi-
rato di cristalli non lineari. Il setup sperimentale è riportato in fig. 6: una sorgente
58 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Fig. 6. – Rappresentazione schematica della configurazione dell’esperimento Zhou-Wang-Mandel (A)


Configurazione in cui i due possibili eventi sono indistinguibili, si osserva una figura di interferenza
al variare del cammino ottico su uno dei due bracci dell’interferometro. (B) Configurazione in cui
gli eventi sono distinguibili, la figura di interferenza scompare.

laser a bassa intensità attraversa un beam splitter, suddividendosi in due fasci, ciascu-
no dei quali colpisce un cristallo non lineare che emette una coppia di fotoni. A causa
della bassa intensità della sorgente, e della bassa efficienza dei cristalli non lineari,
statisticamente solo uno dei due cristalli alla volta emette una coppia di fotoni. Nella
configurazione mostrata in fig. 6(a), l’apparato è allineato in modo tale che il fotone
secondario sia indirizzato verso lo stesso rivelatore 2, a prescindere da quale dei due
cristalli abbia emesso. In questo modo, gli eventi “fotoni emessi dal cristallo 1” e
“fotoni emessi dal cristallo 2” sono indistinguibili, e pertanto interferiscono: varian-
do leggermente la lunghezza del cammino ottico di uno dei due possibili percorsi si
osserva una figura di interferenza al rivelatore 1.
Se, al contrario, l’apparato è configurato in modo tale che solo uno dei due possibili
fotoni secondari sia diretto verso il rivelatore 2 (fig. 6(b)), allora i due casi possibili
non sono più indistinguibili. In altre parole, è stata ottenuta informazione su quale
dei due cristalli non lineari ha emesso i fotoni (in senso astratto, informazione su
“quale via” ha preso il sistema nell’apparato) e pertanto variare la lunghezza di uno
dei due cammini ottici non ha più alcun effetto: la figura di interferenza scompare, e
il conteggio dei fotoni al rivelatore 1 diventa costante.
Il linguaggio dei cammini di Feynman è particolarmente adatto per riassumere
la lezione che si può trarre dall’esperimento: interpretando l’espressione “tutti i per-
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 59

corsi possibili” come “tutti i percorsi compatibili con l’informazione disponibile sul
sistema”, automaticamente i concetti di “dualismo onda-particella” e di “collasso del-
la funzione d’onda” possono venire espressi in una forma chiara, libera da influenze
degli schemi classici, e comprensibile per gli studenti.
Poiché l’esperimento ZWM, dal punto di vista concettuale, non è altro che un
esperimento di interferenza a due vie, è utile tornare ancora una volta all’esperimento
di doppia fenditura con fotoni singoli e discutere, anche attraverso una simulazione,
l’esempio usuale riguardo al dualismo onda-particella, ossia il fatto che una misura
in grado di discernere attraverso quale fenditura il fotone (o qualunque altro oggetto
quantistico) sia passato distrugge la figura di interferenza sullo schermo. Ma a questo
punto, aver discusso l’esperimento ZWM aiuterà gli studenti a comprendere che la
ragione della sparizione della figura di interferenza non va ricercata nel fatto che
una delle due fenditure sia stata “chiusa” da un apparato sperimentale in grado di
rivelare il passaggio del fotone, o che l’apparato stesso abbia fisicamente perturbato
l’oggetto quantistico, ma va individuata nella riduzione dei cammini possibili dovuta
all’acquisizione di informazione aggiuntiva sul sistema.

5.6. Introduzione delle particelle massive

Per introdurre agli studenti l’estensione del metodo fino ad ora utilizzato alle par-
ticelle massive ricorriamo ad una analogia, reinterpretando la relazione di fase valida
per il fotone in termini di quantità che abbiano un significato anche per particelle
dotate di massa. Consideriamo quindi la relazione E = h̄ω che si può ottenere dall’a-
nalisi dell’effetto fotoelettrico, e la formula per la quantità di moto del fotone p = h̄k
che deriviamo, come usuale, da una discussione dello scattering Compton. In questo
modo riscriviamo la relazione di fase per il fotone, φ = kx − ωt, come

p E
(7) φ= x − t.
h̄ h̄
Quindi postuliamo che tale relazione sia valida, con le appropriate identificazioni per
p ed E, tanto per i fotoni quanto per le particelle massive. Procedendo per analogia,
deriviamo l’espressione della lunghezza d’onda di De Broglie, λ = hp .
Nel caso in cui la particella si muova in un potenziale V (x) con l’energia totale E
conservata, scriviamo l’espressione più generale

1 E 1 1
(8) φ= p(x)dx − t = (S0 (x) − Et) = S(x, t),
h̄ h̄ h̄ h̄
  
dove S(x, t) = L(x, t)dt è l’azione, mentre S0 (x) = p(x)dx = 2m[E − V (x)]dx
è l’azione ridotta. L’equazione (8) può essere confrontata con l’analoga espressione
per la fase della luce monocromatica che entra in un mezzo disomogeneo con indice
di rifrazione n(x), cioè
 
(9) φγ = k(x)dx − ωt = k0 n(x)dx − ωt.
60 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

5.7. Il limite classico e il principio di corrispondenza

Come anticipato nella sezione 4, il nostro obiettivo a questo punto del percorso
è spiegare come, nel limite di piccole lunghezze d’onda (e quindi elevate quantità di
moto) si ottenga, dal metodo della somma sui cammini, l’emergere come casi limite
dell’ottica geometrica e della meccanica classica. Il meccanismo per cui questo avvie-
ne, cioè il crescente peso dei cammini vicini a quello di fase stazionaria al diminuire
della lunghezza d’onda, non è banale, perché i cammini considerati hanno, comun-
que, tutti identico peso unitario; il fenomeno dell’annullarsi reciproco dei contributi
di cammini vicini se la fase varia rapidamente dall’uno all’altro viene verificato con
l’aiuto di opportune simulazioni in cui la lunghezza d’onda (o la massa) dell’oggetto
quantistico può essere interattivamente variata. Alcuni esempi che abbiamo prodotto
includono la rifrazione della luce ad una interfaccia tra due mezzi, la riflessione da
uno specchio parabolico, l’interferenza da doppia fenditura di particelle con massa
variabile.
Il primo caso è rappresentato in fig. 7(a): una sorgente di luce isotropa è collocata
nei pressi di un’interfaccia tra due mezzi, con un rivelatore posto oltre l’interfaccia. La
somma dei fasori associati ai cammini considerati conduce alla caratteristica spirale
di Cornu che compare nella finestra grafica di destra. La forma di tale spirale mostra
che i cammini che danno un contributo maggiore all’ampiezza finale sono quelli vicini
a quello di lunghezza, e quindi tempo di percorrenza, minimi; approssimativamente,
i cammini che differiscono da esso per meno di mezza lunghezza d’onda. I cammini
molto lontani dal raggio dell’ottica geometrica forniscono un contributo trascurabile,
in quanto i fasori ad essi corrispondenti si trovano nei “riccioli” alle estremità della
spirale, e la loro somma, periodicamente, (cioè dopo aver considerato un certo nume-
ro di cammini vicini) si annulla. Al diminuire della lunghezza d’onda rispetto alla
distanza sorgente-rivelatore (che è, in questo caso, l’unica altra scala di lunghezza ri-
levante) i cammini che danno un contributo non trascurabile si possono “confondere”
con il raggio dell’ottica geometrica, ricostruendo quindi il Principio di Fermat come
caso limite.
Lo stesso fenomeno può essere osservato sotto un diverso punto di vista nel caso
della riflessione da uno specchio parabolico (fig. 7(b)). Si considera una sorgente molto
lontana dallo specchio (idealmente all’infinito) e una serie di rivelatori posti sull’asse
dello specchio. Utilizzando il metodo della somma sui cammini si trova una probabilità
di rivelazione (modulo quadro dell’ampiezza risultante) che ha un massimo nel fuoco
della parabola. Al diminuire della lunghezza d’onda del fotone incidente (rispetto alla
distanza focale dello specchio, che è ora la scala di lunghezza rilevante del problema)
vediamo tale distribuzione di probabilità divenire sempre più piccata intorno al fuoco.
Per quanto riguarda le particelle massive, abbiamo realizzato una simulazione si-
mile (non mostrata qui, vedi rif. [35]) dell’esperimento di doppia fenditura. In questo
caso, all’aumentare della massa della particella si osserva la figura di interferenza
sullo schermo trasformarsi in quella che è l’aspettativa classica per la distribuzione
della probabilità di rivelazione di particelle lanciate verso due fenditure: due distri-
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 61

Fig. 7. – (a) Simulazione GeoGebra per la rifrazione della luce all’interfaccia tra due mezzi. Nella
finestra di destra si può osservare come la somma dei fasori dia luogo alla caratteristica spirale di
Cornu. (b) Simulazione per la riflessione da uno spechio parabolico. Diminuendo la lunghezza d’onda
con la barra scorrevole “lambda” si osserva la distribuzione di probabilità restringersi divenendo più
concentrata intorno al fuoco della parabola.

buzioni di probabilità ben separate sullo schermo, approssimativamente gaussiane, in


corrispondenza delle due aperture.

5.8. Sistemi confinati e livelli di energia quantizzati

Come già ricordato, la riflessione, riassunta nella sezione 3, sull’uso del metodo
di Feynman per affrontare problemi stazionari, ha consentito di includere nel per-
corso una trattazione didatticamente semplice dei sistemi confinati. Esemplifichiamo
l’approccio proposto per il caso di una particella confinata in una buca infinita di po-
tenziale di larghezza a, che è anche il caso che trattiamo nella simulazione mostrata
in fig. 8.
Siamo interessati a calcolare l’ampiezza di probabilità di trovare una particel-
la nel punto xD , se essa si trovava inizialmente nel punto xS (ossia la funzione di
Green G(xS , xD , E)). Calcoliamo tale ampiezza mediante il metodo della somma sui
cammini.
62 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Fig. 8. – Simulazione GeoGebra per la buca di potenziale infinita risolta con il metodo dei cammini
di Feynman: (a) se l’energia E della particella corrisponde a quella di un autovalore, i contributi
dei possibili cammini che portano da xS a xD si sommano costruttivamente, portando l’ampiezza
G(xS , xD , E) a divergere; (b) se l’energia E non corrisponde ad un autovalore, i contributi dei
possibili cammini si azzerano dopo un certo numero di giri. Nel limite per cui il numero di cammini
considerato N → ∞ l’ampiezza G(xS , xD , E) si annulla rispetto a quella corrispondente ai livelli
quantizzati.

Osservando fig. 8 ci possiamo rendere conto che esistono quattro cammini fonda-
mentali che possono portare la particella da xS in xD : il cammino diretto xS → xD
(C1 ), il cammino xS → A → xD (C2 ), il cammino xS → B → xD (C3 ) e il cammino
xS → B → A → xD (C4 ). A tutti questi cammini principali vanno aggiunti poi quelli
che differiscono da essi per un numero intero di percorsi interi della buca, ossia di
percorsi xS → B → A → xS . Quest’ultima considerazione è sufficiente a calcolare i
livelli di energia: infatti ciascuno di tali cammini porta una fase φ = 2ka − 2π (dove
il contributo −2π deriva dalle due riflessioni sulle pareti della buca). La condizione
per cui i cammini si sommino costruttivamente è quindi

(10) 2ka − 2π = 2mπ con m = 0, 1, 2... → k = con n = 1, 2, 3...
a
Per questi valori di k l’ampiezza di probabilità, calcolata con la somma sui cammini,
diverge. Per calcolare le funzioni d’onda utilizziamo la relazione 4 della sezione 3, cioè
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 63

in sostanza cerchiamo la funzione di Green G(x, x, E). Per ottenere tale quantità con
il metodo dei cammini occorre far coincidere xD e xS in un unico punto x, e calcolare
la somma sui cammini dei contributi C1 ...C4 con energia coincidente con l’autovalore
En , quindi con k = nπ
a . Utilizziamo qui il formalismo degli esponenziali complessi, ma
nella pratica didattica il calcolo può essere fatto in forma trigonometrica o (mediante
simulazioni) graficamente sommando i fasori. Scrivendo espressamente i cammini e i
loro contributi abbiamo ora
– cammino C1 (cammino fermo): G1 (x, x, E) = ei0 = 1,
– cammino C2 (cammino x → A → x): G2 (x, x, E) = ei[2kn (a−x)−π] =
ei[−2kn x+(2n−1)π] ,
– cammino C3 (cammino x → B → x): G3 (x, x, E) = ei[2kn x−π] ,
– cammino C4 (cammino x → B → A → x): G4 (x, x, E) = ei[2kn a−2π] = ei[(2n−2)π] .
Si ricava quindi G(x, x, E) ∝ G1 + G2 + G3 + G4 = 1 − ei(−2kn x) − ei(2kn x) + 1 =
2−2 cos(2kn x) = 4 sin2 (kn x). Possiamo quindi assumere ψn (x) ∝ sin(kn x), e fissando
la costante di normalizzazione si ottiene l’usuale risultato

2
(11) ψn (x) = sin(kn x).
a

Diversi altri casi di sistemi quantizzati possono essere trattati con questo metodo
in modo relativamente semplice, producendo risultati esatti. Un’altra simulazione
che abbiamo prodotto, per essere utilizzata con gli studenti, è quella della buca di
potenziale quadrata simmetrica, delimitata da barriere di potenziale di altezza finita.

6. Risultati della sperimentazione


Abbiamo dapprima proposto il nostro approccio in corsi di aggiornamento per
insegnanti in servizio; lo abbiamo poi sperimentato in modo più sistematico con un
gruppo di 12 abilitandi della classe A049 iscritti al corso PAS dell’Università di Pavia.
In base ai requisiti di ammissione a tale corso, tutti i docenti in formazione avevano
precedenti esperienze di insegnamento di matematica e fisica nelle scuole superiori.
La maggior parte dei membri del gruppo non erano fisici, ma matematici o ingegneri,
e la loro formazione per quanto riguarda la fisica moderna era, di conseguenza, diso-
mogenea: 3 di loro non avevano mai seguito alcun corso su tali argomenti, 5 avevano
sostenuto un solo esame universitario, 4 più di uno. Agli studenti è stato proposto
inizialmente un pre-test, composto soprattutto da domande a risposta aperta. Alcune
domande richiedevano ad esempio di elencare le principali differenze tra meccanica
classica e quantistica; di interpretare il fenomeno di interferenza da singola fenditura
in termini di singoli fotoni; di spiegare il significato del principio di indeterminazione
e del dualismo onda-particella.
La parte del corso dedicata alla FQ è durata otto ore, divise in lezioni da due
ore ciascuna. Tra una sessione e l’altra abbiamo assegnato alcuni esercizi, che sono
stati poi discussi collettivamente online. Gli esercizi proposti includevano sia la so-
luzione di problemi con risultati numerici (ad esempio probabilità di rivelazione) sia
64 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

la riflessione su aspetti concettuali. Tali attività online hanno registrato un’ampia e


attiva partecipazione degli studenti, con discussioni vivaci dalle quali abbiamo rica-
vato molte indicazioni positive, e alcune idee per aggiustamenti nelle sperimentazioni
successive.
Durante l’ultima lezione abbimo proposto agli studenti un questionario finale, che
ripresentava alcune domande del pre-test, insieme ad alcuni quesiti ispirati dai test
esistenti in letteratura per la verifica della comprensione concettuale della mecca-
nica quantistica [36, 37], e problemi quantitativi analoghi a quelli precedentemente
assegnati come esercizio.
Schematicamente, i principali aspetti che sono stati sondati nel post-test, e che
sarano discussi nel seguito, si possono riassumere come segue:
– Verificare se gli studenti, al termine del corso, fossero in grado di utilizzare il
metodo dei cammini di Feynman come strumento per risolvere semplici problemi
di FQ, ad esempio il calcolo di probabilità di rivelazione.
– Verificare se gli studenti avessero acquisito familiarità con il modello di quanto di
luce e con l’interpretazione probabilistica per il singolo fotone, e quindi se fossero
in grado di descrivere fenomeni di interferenza e diffrazione nei termini di tali
concetti.
– Verificare se gli studenti avessero raggiunto un livello soddisfacente di sicurezza e
un linguaggio appropriato nella discussione di temi concettuali ed epistemologici
propri della fisica quantistica.

6.1. Risultati del pre-test

Come ci si poteva attendere, i docenti in formazione erano, inizialmente, molto


confusi riguardo alla FQ ed ai suoi aspetti concettuali. Nessuno di loro, nell’ambito
del pre-test, ha fornito una definizione soddisfacente del principio di indeterminazione,
e 11 su 12 non sono stati in grado di interpretare il fenomeno dell’interferenza da dop-
pia fenditura in termini di fotoni. Le risposte riguardo le differenze tra fisica classica
e quantistica sono state molto vaghe, solitamente riassumibili nell’idea che la seconda
riguarda il mondo microscopico, o che essa introduce un elemento probabilistico nella
descrizione dei fenomeni. Una risposta divergente significativa è stata quella di uno
studente per il quale la principale differenza risiede nel fatto che la meccanica quanti-
stica non permette di rappresentare i concetti di cui parla. Molto generiche sono state
anche le risposte riguardo al dualismo onda-particella, dove in particolare 7 studenti
su 12 hanno espresso la convinzione che tale principio riguardasse soltanto la luce,
mentre 3 non hanno dato alcuna risposta.

6.2. Post test: comprensione degli aspetti computazionali

Due degli elementi del questionario finale intendevano verificare se gli studenti
fossero in grado di utilizzare l’algoritmo di Feynman per risolvere semplici esercizi. Si
trattava di problemi di interferenza multipla, con due sistemi di doppie fenditure in
serie, e la domanda consisteva nel calcolare il rapporto tra le probabilità di rivelazione
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 65

in due punti di uno schermo posto oltre le fenditure. Il secondo dei due quesiti
includeva anche alcuni aspetti concettuali, in quanto il rapporto delle probabilità
doveva essere calcolato tenendo conto dell’informazione che l’oggetto quantistico non
era stato rivelato da un sensore posto su una delle fenditure del sistema (perciò, in tal
caso i cammini attraverso tale fenditura non andavano conteggiati nel computo finale).
I due quesiti sono stati risolti correttamente da, rispettivamente, 9 e 11 studenti su
12, indicando una buona comprensione degli elementi fondamentali del metodo di
Feynman.
6.3. Post-test: interpretazione dell’interferenza in termini di singolo fotone

Una delle domande del questionario finale riguardava l’interpretazione dell’inter-


ferenza in termini di singolo fotone. Tale argomento, oltre che nelle lezioni in aula,
era stato discusso estensivamente online, nel contesto di un’attività di esplorazione
guidata da quesiti sulla simulazione dell’interferometro Mach-Zehnder (fig. 5). Il que-
sito del post-test è riportato in fig. 9, ed il risultato è stato molto buono: quasi tutti
gli studenti hanno fornito descrizioni accurate del fenomeno in termini di interferenza
tra diversi possibili cammini del singolo oggetto quantistico, mostrando un notevole
livello di confidenza e proprietà di espressione nell’interpretazione quantistica a livello
di singolo fotone.
Riportiamo alcuni esempi di risposte degli studenti particolarmente significative:

“In termini di cammini del fotone, i cammini possibili che passano per la fenditura
A subiscono uno sfasamento che provoca nei fasori che arrivano allo schermo uno
sfasamento di 180◦ rispetto ai cammini che passano per B”.

“Osservare minimi dove prima vi erano dei massimi e viceversa significa che sono
cambiate le fasi di alcuni cammini. Dato che il dielettrico è stato posto davanti alla
fenditura A posso supporre che i cammini passanti per A subiscano, rispetto al caso
precedente, uno sfasamento di 180◦ . In questo modo i versori che prima si sommavano
in fase, dando probabilità di rivelazione massima, ora si sommano in controfase dando
probabilità di rivelazione nulla”.
6.4. Post-test: dualismo onda particella e il ruolo dell’informazione nel processo di misura

Abbiamo verificato la comprensione degli studenti di aspetti epistemologici del


paradigma quantistico mediante due quesiti, uno dei quali a scelta multipla, il secon-
do a risposta aperta. La domanda a risposta multipla, riportata in fig. 10, è stata
derivata con lievi modifiche da rif. [37], e riguarda l’impossibilità, nell’esperimento di
interferenza da doppia fenditura con una singola particella alla volta, di ottenere infor-
mazione su quale delle due vie è stata percorsa dall’oggetto quantistico mantenendo,
nel contempo, il formarsi della figura di interferenza sullo schermo.
Le risposte degli studenti a questa domanda sono state molto soddisfacenti: 11
su 12 hanno infatti scelto l’alternativa giudicata corretta b), mentre soltanto uno ha
optato per la risposta c), segnalando una posizione filosofica “realista”.
66 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

Fig. 9. – Domanda a risposta aperta sull’ interpretazione dell’interferenza in termini di singolo


fotone.

Fig. 10. – Quesito a scelta multipla sul ruolo della misura ed il “dualismo onda particella”.
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 67

La domanda a risposta aperta richiedeva di discutere il ruolo dell’operazione di mi-


sura in FQ, anche facendo riferimento all’esperimento di Zhou-Wang-Mandel discusso
durante le lezioni. Le risposte degli studenti hanno mostrato, quasi senza eccezione,
un uso preciso e sicuro del linguaggio, e una buona comprensione concettuale del pro-
blema. Praticamente tutti gli studenti hanno descritto in modo corretto il messaggio
centrale dell’esperimento ZWM: processi alternativi indistinguibili che portano ad un
identico risultato sperimentale interferiscono, sommando le rispettive ampiezze, anzi-
ché le rispettive probabilità. Al contrario, per processi per i quali è possibile ricavare
dall’esperimento informazione utile a discernere quale di essi sia avvenuto, l’interfe-
renza non avviene. La maggioranza degli studenti ha anche evidenziato il fatto che,
nella prospettiva di Feynman, l’acquisizione di informazioni sul sistema limita i cam-
mini possibili a quelli compatibili con l’informazione acquisita, il che è equivalente al
concetto di “collasso della funzione d’onda”. Molti di essi hanno anche rimarcato che
è il fatto stesso di acquisire informazione, e non qualche tipo di perturbazione fisica,
ad essere responsabile della limitazione dei possibili percorsi. Anche in questo caso,
riportiamo alcuni estratti dagli elaborati di tre studenti.

“Nel momento in cui io acquisisco un’informazione sul sistema effettuando una mi-
sura, elimino una parte dei cammini possibili. Tale conoscenza, e quindi questa
limitazione, modifica il risultato dell’esperimento stesso”.

“Questa informazione distrugge la figura di interferenza, che non sarà più osservata.
Questo perché il cammino possibile che giunge al rivelatore si riduce ad uno solo, ed
avrò un solo fasore da sommare”.

“Credo che questo sia uno degli aspetti più forti della meccanica quantistica: non è
necessario che l’osservatore perturbi la situazione sperimentale. Semplicemente l’ac-
quisizione di informazioni aggiuntive, di un dato di realtà fa sı̀ che avvenga una
riduzione dei cammini possibili per il fotone”.

Una lettura completa delle risposte mostra come la comprensione da parte dei
docenti in formazione di questi aspetti possa essere considerata al livello di appro-
priazione [1, 12]: gli studenti parlano spesso in prima persona, immedesimandosi
nello sperimentatore che esegue la misura; usano talvolta un linguaggio colloquiale,
esprimendosi in termini personali, diversi da quelli direttamente appresi (un osserva-
tore “perfettamente trasparente”; l’acquisizione di informazione che altera “l’universo
dei possibili scenari” ). In generale, essi appaiono soddisfatti dai modelli che hanno
costruito, e sembrano essere entrati appieno nella visione del mondo quantistica. Pos-
siamo quindi sostanziare quanto affermato nella sezione 2: il linguaggio dei cammini
di Feynman appare appropriato per trattare didatticamente i problemi epistemologici
e concettuali della FQ, in quanto consente agli studenti di verbalizzare, fornendone
un racconto, aspetti estremamente problematici della FQ come il processo di misura
su un sistema quantistico e le sue conseguenze.
68 Massimiliano Malgieri, Pasquale Onorato e Anna De Ambrosis

7. Conclusioni e sviluppi futuri

Abbiamo presentato le linee generali di un percorso introduttivo di FQ, ed i ri-


sultati di una prima sperimentazione nell’ambito della formazione docente. Il nostro
percorso si fonda su tre assi principali:
– L’utilizzo del formalismo di Feynman della somma sui cammini, nella doppia
veste di un algoritmo che non richiede strumenti complessi come le equazioni
alle derivate parziali per comprendere, almeno in linea di principio, la struttura
formale della teoria, e di un linguaggio appropriato per esprimerne gli aspetti più
problematici.
– La discussione di esperimenti moderni, a complemento o in sostituzione delle evi-
denze sperimentali tradizionalmente discusse, in grado di mettere gli studenti a
contatto con lo stato attuale della comprensione della teoria e dei suoi fondamenti
da parte della comunità scientifica.
– L’utilizzo di simulazioni interattive, realizzate mediante il software GeoGebra, a
supporto della comprensione degli studenti sia per gli aspetti concettuali, sia per
quelli matematici ed operativi, in quei problemi nei quali i calcoli risultano più
lunghi e complessi. Tali simulazioni consentono agli studenti di visualizzare in
modo efficace il modello matematico dei cammini di Feynman, senza introdurre
elementi della rappresentazione classica.
I risultati di questo primo studio appaiono molto promettenti, avendo consentito agli
insegnanti in formazione di comprendere le basi della FQ, acquisendo su alcuni temi
un linguaggio “esperto”, in un tempo molto breve. Nel presente anno accademico
riproporremo il percorso nell’ambito della formazione degli insegnanti attuata dal-
l’Università di Pavia. Inoltre, con l’entrata in vigore della riforma dei programmi
di fisica nel V anno del liceo scientifico, sperimenteremo il nostro approccio con gli
studenti di una o più classi liceali. Schematicamente, intendiamo seguire nelle future
sperimentazioni le seguenti direzioni:
– Per quanto riguarda la formazione insegnanti, ci concentreremo nell’espandere
il nucleo del nostro percorso nella direzione di un maggiore approfondimento di
aspetti sperimentali ed applicativi. Intendiamo ad esempio introdurre, nella parte
iniziale del percorso, un maggior numero di attività riguardanti l’ottica che possa-
no avere un’interpretazione quantistica, come ad esempio esperimenti di spettrofo-
tometria. Dal punto di vista teorico introdurremo nella parte finale la trattazione
di importanti applicazioni che, in questa prima versione, erano state escluse, pri-
ma fra tutte l’effetto tunnel. La prospettiva generale sarà quella di mettere a
confronto i nostri studenti, al termine del percorso, con test standardizzati per la
valutazione dell’apprendimento della meccanica quantistica, come quelli proposti
nei rif. [36, 37].
– La sperimentazione del percorso nella scuola superiore avrà a disposizione un
tempo significativamente più lungo (approssimativamente 20-25 ore) e obiettivi
parzialmente diversi. Senza rinunciare a mettere gli studenti in grado di risolvere
semplici problemi come quelli presentati sui libri di testo, crediamo sia in questo
caso più importante tentare di generare negli studenti liceali un genuino interesse
Fisica quantistica a scuola con il metodo dei cammini di Feynman 69

personale per la fisica moderna. A questo scopo, saranno dilatati i tempi del per-
corso dedicati alla discussione aperta di temi epistemologici, con ampio utilizzo di
citazioni e brani di membri di rilievo della comunità scientifica, dai “padri” della
meccanica quantistica fino ai grandi fisici del passato più recente. L’indicatore più
importante in questa prospettiva sarà la verifica dell’appropriazione della teoria
da parte degli studenti, anche nel senso dell’assunzione verso di essa di una posi-
zione epistemologica. L’idea di fondo è quella di tentare di rendere per ciascuno
studente la fisica (in questo caso, la fisica quantistica) non solo un argomento del
programma scolastico, ma un elemento della propria identità culturale.

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