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Economia e Politica Sociale a.a. 2012 - 20013 C.

DApice 2 modulo La povert nei paesi avanzati

La povert nei paesi avanzati 1. Introduzione


Sul finire degli anni cinquanta, in molti paesi industrializzati, convinzione ferma che la povert sia ormai un problema marginale in via di risoluzione. In fondo lapplicazione di strategie di politica economica di matrice keynesiana, volte al perseguimento di situazioni di piena occupazione, insieme a diffuse politiche di welfare in campo previdenziale, sanitario, abitativo, assistenziale, ecc., non potevano che portare a risoluzione gli stati di povert presenti nellimmediato secondo dopoguerra. Il far crescere la torta (linsieme di beni e servizi a disposizione di una collettivit) sembrava una condizione necessaria e sufficiente perch tutti, indistintamente, ne avessero una quota adeguata ai propri bisogni. Questo stato di grande ottimismo e fiducia nello sviluppo ha delle prime crepe intorno ai primi anni sessanta quando i lavori di Townsend1 per la Gran Bretagna e di Harrington2 per gli Stati Uniti, riaprono lantica questione. Memorabile rimane lEconomic Opportunity Act del gennaio 1964 con cui lallora Presidente americano Johnson dichiara guerra alla povert per eliminare il paradosso della povert.., offrendo a tutti la possibilit di lavorare e la possibilit di vivere secondo decenza e dignit?3. Per quanto riguarda i paesi europei, ad eccezione della Gran Bretagna, occorre attendere quasi un decennio perch anche lEuropa inizi ad interrogarsi, in modo ufficiale, sullesistenza e dimensione del fenomeno, mettendo anchessa in dubbio le antiche certezze che le avevano fatto ritenere la povert una questione marginale e in via di superamento. Accade cos che, intorno alla met degli anni 70, il Consiglio dei Ministri della Comunit Economica decida di intraprendere e finanziare sette studi di gruppo transnazionali nellobiettivo di contribuire alla comprensione della natura, delle cause, dellestensione e della dinamica della povert nella Comunit4. Al termine di una prima fase dei lavori, nei cinque paesi considerati - Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi - si rileva come, in media, un 15% degli individui viva in uno stato di povert, circa trenta milioni di europei. Nel 1984, sulla scia di quanto accade in altri paesi europei, lallora Presidente del Consiglio dei Ministri del nostro paese ( B. Craxi ), istituisce la prima Commissione governativa di studio sulla povert per effettuare le indagini e le rilevazioni occorrenti per la migliore comprensione del fenomeno povert in Italia, avendo riguardo alle differenze nelle fonti di reddito, nella disponibilit di beni essenziali, nella capacit dacquisto, nella fruizione dei servizi nonch agli effetti su tali circostanze delle politiche fiscali e sociali e alle ragioni che determinano lingresso e la permanenza nella fase di povert relativa (dal decreto di nomina della Commissione). Al termine dei suoi lavori la Commissione,
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Townsend P. 1979, Poverty in the United Kingdom, Penguin Books, England Harrington M. 1963., Laltra America, Il Saggiatore, Milano 3 Si stimano, nellAmerica degli anni sessanta, dai 40 ai 50 milioni di individui poveri; cfr i rapporti annuali dell U.S. Department of Commerce, Bureau of the Census, Money Income and Poverty Status of Families and Persons in the U.S., Current Population Reports 4 Cfr., ad esempio, Fracassi A., Marques M.F., Walter J. 1985 , La pauvret, une approche plurielle, ESF, Paris.

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presieduta da E. Gorrieri, stima in oltre due milioni le famiglie in stato di povert, pari ad oltre sei milioni di individui, pari ad un undici per cento della popolazione5. Dalla fine degli anni ottanta ad oggi la sensibilit politica ed istituzionale alle tematiche del disagio economico e sociale enormemente aumentata e, come conseguenza, le ricerche e le analisi sulla povert hanno avuto uno sviluppo straordinario. Sul finire degli anni novanta, ad esempio, si rendono disponibili i primi dati dellEuropean Community Household Panel (ECHP)6, per cui, rispetto al passato, la conoscenza del fenomeno diviene pi puntuale, le metodologie di rilevazione si armonizzano, i rapporti sulla povert sono sempre pi spesso inseriti in documenti ufficiali e, pi in generale, le politiche contro lesclusione sociale vengono a rappresentare sempre pi un aspetto importante della politica sociale, con propri strumenti ed obiettivi. La lotta alla povert diviene, cos, responsabilit sociale della Comunit Europea e le statistiche armonizzate cercano di mobilitare la politica per avere risorse da destinare alle politiche. Con lormai ben nota Strategia di Lisbona del marzo 2000 in cui si fissavano gli obiettivi strategici al fine di sostenere loccupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di uneconomia basata sulla conoscenza, la lotta alla povert e allesclusione sociale diviene, per la prima volta, obiettivo comune della Comunit e dei singoli stati membri7 . Si apre, quindi, una nuova fase di coordinamento (metodo di coordinamento aperto Open Method of Coordination - OMC)8 in cui si fissano obiettivi comuni; si stabiliscono comuni indicatori per misurare e confrontare i progressi di ogni paese; ci si impegna a scambiare le buone pratiche
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. Nel dicembre 2001 il Consiglio Europeo di Laeken fa

propria una lista, stilata da un gruppo di esperti, di 18 indicatori sociali 10, noti come indicatori di Laeken, per monitorare i progressi compiuti da ciascun Paese. Ma, per monitorare i 18 indicatori sociali , occorrono nuove basi informative armonizzate; cos, nel 2003, lEurostat istituisce un nuovo progetto annuale

Presidenza del Consiglio dei Ministri 1987, La povert in Italia, Rapporto conclusivo della Commissione di studio istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Poligrafico, Roma. Attualmente la Commissione ( Commissione di Indagine sullEsclusione Sociale CIES ) presieduta da Giancarlo Rovati ( 2002-2008). 6 LEuropean Community Household Panel (ECHP) unindagine campionaria (60.000 famiglie) condotta, con cadenza annuale, dal 1994 al 2000, nei 14 Paesi dellUnione europea. La specificit di tale indagine risiede, oltre nel fatto di seguire standard comuni in termini di raccolta e predisposizione dei dati, nellessere unindagine panel ( ogni anno vengono intervistate le stesse famiglie) 7 Lobiettivo diviene lo sdradicamento della povert entro il 2010. In realt la dizione appare alquanto ambigua poich si pu parlare, per le considerazioni che si andranno a svolgere, di sdradicamento della povert estrema, come previsto, ad esempio, dalla Millennium Declaration delle Nazioni Unite del 2000 ma non della povert relativa a cui, usualmente, si fa riferimento nei paesi avanzati e, in particolare, in quelli della Comunit europea perch la povert relativa, per definizione, non pu essere sradicata. 8 Il metodo del coordinamento aperto comporta la stesura di linee-guida condivise a livello europeo, la definizione di scadenze temporali per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti, la comparazione delle best practices,la traduzione delle linee guida in politiche pubbliche nazionali o locali, valutazioni, monitoraggio, ecc. 9 Nel marzo 2005, la Strategia di Lisbona stata rivista ( Lisbona 2) rifocalizzando lattenzione soprattutto su occupazione e crescita economica ma ha lasciato in piedi il coordinamento nelle politiche sociali . 10 Gli indicatori comunitari fanno riferimento, ad esempio, alla quota di popolazione a rischio di povert ( linea della povert pari al 60% del reddito mediano); alla quota di popolazione persistentemente a rischio di povert ( poveri per almeno tre anni consecutivi); al tasso di disoccupazione di lunga durata; alle famiglie senza lavoro; agli adulti con basso livello distruzione; al valore dellindice del Gini e cos via.

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Eu-Silc ( European Statistics on Income and Living Conditions )11 con lobiettivo di produrre nuove statistiche sui redditi, sulla povert e sullesclusione sociale. Il progetto Eu-Silc viene lanciato nel 2003 in sei paesi membri ( Belgio, Danimarca, Grecia, Irlanda, Luxemburgo ed Austria) ed esteso a tutti gli altri nel 2005 ma solo nel 2007 si potr considerare chiusa la transizione tra lEuropean Community Household Panel (ECHP) e la Eu-Silc, per cui, come si vedr in seguito, sino a tale data le diverse statistiche prodotte sono difficilmente confrontabili tra loro ma rappresentano un significativo impegno, in termini di conoscenza, da parte della Comunit e dei singoli stati membri. Nellanalisi di questo complesso e delicato spaccato, che coinvolge milioni di individui e famiglie, entrano diverse questioni che rivestono una particolare importanza : quando un individuo/famiglia pu essere considerato povero? Quale metodologia di rilevazione adottare? Quali fonti statistiche? Quali politiche? Perch la povert persiste nei pur ricchi paesi europei? Perch lo Stato Sociale, il welfare state, non ha eliminato la povert?

2. Misurazione e qualificazione degli stati di povert.


Nellambito della letteratura sulla povert ci si spesso occupati del modo in cui potesse essere possibile identificare i poveri, in una data collettivit, per quantificare e qualificare il fenomeno12. Secondo alcuni sono poveri coloro che non possono soddisfare i bisogni ritenuti essenziali quali labitazione, lalimentazione, labbigliamento, ecc, ( povert assoluta ); secondo altri sono poveri non solo coloro che non hanno la capacit di acquistare un pacchetto minimo di beni e servizi ma anche coloro che non hanno accesso ad una serie di beni e servizi di seconda istanza come, ad esempio, lavere unabitazione adeguata rispetto alla dimensione del nucleo familiare in termini di spazi e di servizi, un normale set di beni durevoli, poter fruire di un normale periodo di vacanza, accedere ad un relativo alto livello distruzione, a strutture di servizi gestite dai privati e non solo pubblici, e cos via ( povert relativa ). Secondo altri studiosi, poveri sono coloro che si sentono tali, coloro che intervistati, attraverso delle indagini a campione, si dichiarano tali rapportandosi alle collettivit di riferimento ( povert soggettiva ); in aree in cui la povert molto diffusa probabile che pochi si sentano poveri mentre in aree di diffuso benessere molti potrebbero considerarsi poveri confrontandosi con gruppi a pi alto livello di reddito. La questione tra un approccio minimale ed uno relativistico, relativamente antica nel senso che era gi stata posta molto chiaramente da A. Smith, pi di duecento anni orsono: Per cose necessarie, io intendo non solo quelle indispensabili per mantenersi in vita, ma anche tutto ci di cui, secondo gli usi del paese, considerato indegno che la gente rispettabile, anche dellordine pi basso, sia priva. Per esempio, una camicia di tela, a rigor di termini, non una necessit vitale. Io ritengo che i Greci e i Romani
Lindagine Eu-Silc va a sostituire lEuropean Community Household Panel (ECHP), indagine campionaria che, dal 1994 e sino al 2000, ha fornito dati sulla distribuzione del reddito e sulla povert nei 14 Paesi dellUnione europea. 12 Cfr. ad esempio, Weisbrod B.A. (a cura di) 1965, The Economics of Poverty, Englewood Cliffs, Prentice-Hall; Townsend P. 1954., Measuring Poverty in British Journal or Sociology,; Atkinson A.B. 1970., Poverty in Britain and the Reform of Social Security, Cambridge University Press, Cambridge.
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vivessero in modo molto confortevole anche se non avevano biancheria. Ma attualmente, nella maggior parte dellEuropa, un lavorante giornaliero che si rispetti si vergognerebbe di apparire in pubblico senza camicia di tela, dato che la sua mancanza verrebbe ritenuta il segno di un grado di povert tanto ignominioso, da presumere che nessuno ci possa cadere se non per una pessima condotta. In modo analogo, in Inghilterra, luso ha fatto diventare le calzature di cuoio una necessit della vita; la pi povera persona rispettabile delluno o dellaltro sesso si vergognerebbe di apparire in pubblico senza... In Francia, le calzature di cuoio non sono una necessit n per gli uomini n per le donne, dato che lordine pi basso della popolazione appare in pubblico, senza alcun discretito, talvolta con li zoccoli e talvolta scalzo... 13 Sulla stessa linea e molti anni pi tardi, si ritrova Harrington, per il quale, il povero americano non povero a Hong Kong o nel secolo XVI; lo qui e adesso, negli Stati Uniti. Egli privo di ci che il resto della nazione possiede: diseredato agli effetti di ci che la nostra societ, se volesse, potrebbe dargli. Vive ai margini. Vede i films e legge le riviste dell America opulenta, e questi gli dicono che uno straniero in patria 14. O, anche, Okun che sostiene : lincapacit a possedere una propria casa o unautomobile o ad andare in vacanza rappresenta la pi grande privazione per le persone che vedono molti dei loro concittadini gioirne 15. O, infine, come sostiene il Social Science Research Council : people are poor because they are deprived of the opportunities, comforts, and self-respect regarded as normal in the community to which they belong. It is, therefore, the continually moving average standards of that community that are the starting points for an assessment of its poverty, and the poor are those w ho fall sufficiently far below these average standards 16. Se gli approcci alla povert possono, quindi, essere almeno tre ( assoluto, relativo e soggettivo )17, problemi comuni sono lidentificazione di una linea della povert, per separare, contare, identificare i poveri dai non poveri, e la necessit di modulare la linea stessa in funzione di alcuni parametri quali la dimensione della famiglia ( scala di equivalenza ), let dei diversi componenti, il risiedere in centri urbani o rurali, in piccole o grandi citt, in aree pi o meno sviluppate del paese (nord centro - sud), e cos via, perch le risorse ritenute necessarie varieranno al variare dei caratteri socio-demografici dei gruppi, della loro collocazione territoriale, della struttura dei prezzi, e cos via.

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Smith A . 1973., Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, ISEDI, Milano, p.682. Harrington M., op. cit., p.275. 15 Okun A.M., op. cit., p.69. 16 In Atkinson A.B., The Economic of Inequality, Oxford University Press, Lon- don 1976, p.189. 17 Pi recentemente si sta sviluppando un ulteriore approccio, dovuto ad A. Sen, definito approccio delle capacit secondo il quale la povert deve essere valutata in termini di capacit e funzionamenti . I funzionamenti rappresentano le diverse condizioni di vita che lindividuo riesce o meno a realizzare (dalla libert dalla sottonutrizione e dalle malattie evitabili al raggiungimento del rispetto di s e dellappagamento creativo, ad esempio); la capacit rappresenta, invece, labilit dellindividuo a realizzare i diversi funzionamenti (la capacit di soddisfare la richiesta di nutrizione e di vestiario, la possibilit di partecipare alla vita sociale della comunit, il sottrarsi a malattie curabili, il seguire percorsi istruttivi, ecc). In base a tale approccio pu essere considerato povero colui a cui mancano le capacit fondamentali, ma, come sostiene lo stesso Sen, una difficolt particolarmente seria nella rappresentazione dei gruppi di capacit fondamentali mediante un indice. Cfr., A. Sen 1986, Scelta, benessere, equit. Ed. Il Mulino, Bologna
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2.1 Lapproccio dellassoluto I primi tentativi di studiosi di scienze sociali di definire e valutare lestensione della povert hanno, in generale, un carattere puramente descrittivo. I poveri sono visibilmente poveri nellabbigliamento, nellabitazione, nellalimentazione, nel loro rapporto di lavoro. E solo sul finire del XIX secolo che si ricercano delle metodologie oggettive per definire uno stato di povert e, quindi, per stimare la sua estensione. Tra le prime analisi che si muovono in questa direzione, il lavoro di Rowntree del 188918 assume un particolare rilievo perch rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per coloro che scelgono di fissare una linea della povert riferendosi a bisogni pi o meno essenziali. Cera in Rowntree il desiderio di superare la soggettivit di stime fondate su definizioni del tipo povero qualsiasi individuo che, per una qualsiasi ragione, incapace ad assicurare a s e alla propria famiglia, uno standard decente di vita (definizione che diverr poi dominante nel corso degli anni settanta nella maggior parte dei paesi europei e che far riferimento ad un concetto di povert relativa ), con una definizione in base alla quale povero colui che dispone di un reddito inferiore a X euro o dollari, ad esempio, partendo dal costo di un paniere di beni e servizi. C, in altri termini, il tentativo di superare 1indeterminatezza del modo dintendere la povert (mancanza di uno standard decente di vita) con una metodologia capace di dare un valore, un espressione monetaria, ad un astratto livello di reddito da considerare come minimo. E la metodologia si fonda, sostanzialmente, sulla possibilit di stimare un reddito minimo partendo dallanalisi dei bisogni ritenuti essenziali. E poich al tempo di Rowntree la spesa delle famiglie operaie era costituita, nella sua gran parte, dalla spesa per beni alimentari ( dal 60 al 70 per cento della spesa complessiva) 19, Rowntree, utilizzando i fabbisogni ritenuti allora minimi in termini di calorie e proteine, trasforma questi fabbisogni in quantit dei diversi prodotti alimentari per lallora famiglia-tipo operaia ( marito, moglie e tre figli ). Traduce, quindi, le quantit in valore, attraverso i prezzi, stimando cos la spesa minima in campo alimentare ma adeguata da un punto di vista nutritivo. Aggiunge, quindi, una personale stima per le altre componenti della spesa, rappresentando queste, in un relativamente semplice modello di consumo, una quota marginale. Questa metodologia stata per lunghi anni un punto di riferimento obbligato per la definizione di redditi minimi. E sulla base dei lavori di Rowntree, ad esempio, che nel 1942 Beveridge, il padre
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Rowntree B.S., Poverty: A study of Town Life, Macmillan, London 1901. Il dato non molto diverso da quello che verr rilevato dalla prima indagine sulla povert in Italia condotta dalla Commissione dinchiesta parlamentare sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla nel 1952 e pari al 62%. . Per avere unidea della diversit nella struttura della spesa di oggi rispetto ai tempi di Rowntree e allItalia dellimmediato dopoguerra, ricordiamo come, con riferimento, ad esempio, al nostro Paese ed allanno 2004, la spesa alimentare incida, in media, per un 19% per cento sulla spesa complessiva; un 20,4% per le famiglie operaie, un 21% per i pensionati, un 26% per le famiglie della Campania, un 16% per quelle dellEmilia e Romagna, ecc. Cfr. Istat, I consumi delle famiglie nellanno 2004, Statistiche in Breve, agosto 2005.
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teorico dello stato sociale, fissa un minimo di risorse da garantire agli anziani, agli invalidi, ai disoccupati, alle vedove, e, in generale, a tutti coloro che per motivi diversi potevano ritrovarsi in uno stato di bisogno20. Rispetto a questa metodologia, gli USA, dove esiste una grande tradizione di studi e ricerche sulla povert, ne utilizzano un altra che, pur essendo simile, cerca di ridurre al minimo gli elementi di arbitrio presenti in un individuazione, che pu essere pi o meno puntuale ma pur sempre arbitraria, delle diverse componenti di un bilancio familiare. In particolare il Dipartimento dellAgricoltura elabora, con degli esperti della nutrizione, dei bilanci alimentari minimi, in termini di costi, ma adeguati in termini di apporto calorico e proteico, per una serie di possibili situazioni: famiglie con figli minori, con figli adulti, con anziani, con collocazione urbana, rurale, ecc. E poich la spesa alimentare rappresenta una determinata quota della spesa totale possibile, una volta stimata la spesa alimentare, risalire ad un reddito minimo senza passare attraverso lindividuazione puntuale dellinsieme delle altre componenti di un bilancio familiare21. Se, ad esempio, si conosce, attraverso le indagini che sistematicamente gli istituti centrali di statistica conducono nei confronti delle spese per consumi delle famiglie, che in media la spesa alimentare di una famiglia di due persone a reddito basso rappresenta il 30% della spesa totale, possibile, partendo da una spesa alimentare stimata come adeguata, risalire ad un livello di reddito minimo. Cos se la spesa alimentare minima ed adeguata per una famiglia di due componenti fosse pari a 300 euro mensili, il reddito minimo, per una famiglia di due componenti, potrebbe essere pari a 1.000 euro mensili ( 300 : 30 = X : 100 ), valore del tutto plausibile ed esattamente uguale, ad esempio, alla linea della povert (relativa) stimata dallIstat per lanno 2008 per una famiglie di due componenti e pari a 999 euro mensili22. Nel corso degli anni, intorno a tale metodologia, si svolto un intenso dibattito ancora in corso; ci si interroga soprattutto sulla presunta neutralit e scientificit della metodologia utilizzata per individuare la linea della povert e, quindi, per misurare la dimensione e la natura del fenomeno. La scientificit e la neutralit di una linea della povert, si sostiene, che parte dalla definizione di un minimo alimentare adeguato sul piano nutritivo, per risalire poi alla spesa complessiva attraverso i rapporti che, in media, si rilevano tra spesa alimentare e spesa totale, solo apparente. Questo perch se gli esperti interpellati si affidassero solo ai principi nutritivi, una dieta ottimale e a basso costo potrebbe, ad esempio, essere rappresentata anche da un pugno di fave o dalla combinazione di semi di soia,

Beveridge W ., Social Insurance and allied service, H.M.S.O, London 1974. Con riferimento allanno 2010, ad esempio, una famiglia di tre componenti ritenuta povera se ha un reddito inferiore o pari a 17.374 dollari ( 17.552 dollari se presente un bambino di et inferiore a 18 anni; a 17.568 se sono presenti due bambini di et inferiore a 18 anni) Cfr., U.S. Census Bureau, Income, poverty, and Health Insurance Coverage in the U.S, 2011. 22 Istat 2009, La povert in Italia nel 2008, Statistiche in breve, 30 luglio 2009
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lardo, succo darancia e fegato di manzo23, tutti cibi commestibili, poco costosi e altamente nutrienti. Ma ben poche persone sarebbero disposte a sopravvivere a queste condizioni; lalimentazione non pi ormai un fatto fisiologico come il vivere non il sopravvivere. Questo significa, ad esempio, che per dare un senso al minimo alimentare adeguato occorre inserire, nei diversi programmi di stima della spesa minima, una serie di vincoli, in termini di quantit minime e massime, ai singoli beni per rendere le diete ipotizzate accettabili. Ma, a loro volta, i vincoli non possono che far riferimento ai consumi medi rilevati in un dato momento e in un determinato paese; ed allora se cos , i singoli esperti hanno ampi margini di manovra, privando la metodologia stessa dei suoi presunti pregi in termini di neutralit e scientificit. Come si vedr in seguito, la stessa Istat ha dovuto confrontarsi con tali problematiche nel momento in cui ha deciso di quantificare la povert partendo da una linea basata su di un determinato paniere minimo di beni e servizi. 2.2 Lapproccio della relativit Le ambiguit e gli arbitri presenti comunque nellapproccio dellassoluto, spingono una serie di economisti verso unesplicitazione dellarbitrio stesso riproponendo lapproccio della relativit ed una indeterminatezza nella linea della povert. Seguendo lapproccio della relativit, povero non colui che non ha la capacit di acquistare un pacchetto minimo di beni e servizi ma colui che ha meno di quanto in media ha una determinata collettivit, in un determinato momento. Ma, se il criterio della relativit sembra essere lo strumento pi idoneo a rappresentare il fenomeno, soprattutto nei paesi avanzati, anche vero che riporta il concetto stesso allindeterminatezza e ad una persistenza del fenomeno al di l delle politiche predisposte generando, cos, un diffuso senso di sfiducia nei confronti delle politiche redistributive. Vediamo perch. Intanto, quando un gruppo di individui e/o famiglie pu essere considerato relativamente povero? Le metodologie usualmente utilizzate sono diverse; un approccio molto diffuso consiste nel fissare una linea della povert pari, ad es., ad una certa percentuale del reddito medio (o mediano)24 di un determinato paese. Nellambito di tale approccio, molto utilizzata linternational poverty line elaborata da Beckerrnan nel 197925. Questa linea implica che una coppia di due individui con un reddito, o anche con un livello di spesa, inferiore al livello di reddito medio pro-capite presente in un dato momento e in un dato paese, viene considerata come povera. Fanno sempre parte di questo approccio le ipotesi di utilizzare come linea della povert il salario medio o minimo, la pensione minima, o quote percentuali delle rispettive grandezze. In tutti questi casi, naturalmente, la linea della povert si muove nel tempo, seguendo i movimenti delle grandezze di riferimento, a differenza delle
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Cfr., Thurrow L.C. 1981, Alle origini dell'ineguaglianza, Vita e Pensiero, Milano, p.56. La scelta tra i due indicatori appartiene ai singoli ricercatori o istituzioni; a fovare del reddito mediano gioca losservazione di essere meno sensibile alle rilevazioni estreme (quelle pi basse e quelle pi alte) e meno soggetto a fluttuazioni campionarie. 25 Cfr., Beckerman W 1979, Poverty and the Impact of Income Maintenance Programmes, ILO.

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linee di povert assoluta che si adeguano, annualmente, solo in base alla variazione dei prezzi dei beni e dei servizi facenti parte del paniere di riferimento ( la revisione del paniere , usualmente, decennale). In generale, linee della povert relativamente basse ( come potrebbe essere la pensione minima rispetto al reddito pro capite ) portano ad individuare come poveri prevalentemente gli anziani, soli e/o in coppia, e le famiglie monoparentali ( presente solo il padre o la madre), poich i loro redditi sono, mediamente, inferiori al reddito medio, provenendo da trasferimenti pi che da una collocazione sul mercato del lavoro. Linnalzamento della linea taglia invece la popolazione in punti pi alti individuando cos come povere le famiglie di pensionati ma anche quelle monoreddito con capofamiglia a basso salario, a lavoro saltuario o marginale, in cassa integrazione; le famiglie numerose con pi membri del nucleo al di fuori del mercato del lavoro, ecc. Un altro approccio quello che considera come povere le famiglie che si collocano nei primi raggruppamenti della distribuzione personale del reddito. Si possono, ad esempio, definire come famiglie relativamente povere quelle che, nellambito di una distribuzione decilica, si collocano, per il loro livello relativamente basso di reddito, nei primi decili della distribuzione. Il limite maggiore di questa forma metodologica che in questo caso non si stima lestensione del fenomeno povert poich si fissa a priori la quota di famiglie e di individui da considerare come poveri (primo dieci per cento, primo venti per cento, ecc. ), nel completo arbitrio del ricercatore e/o dellistituzione che procede alla stima. Naturalmente pu avere una sua validit se la quota scelta fosse mantenuta stabile nel tempo e si ricercassero i mutamenti nella composizione sociale dei gruppi, a fronte di politiche socio- economiche predisposte ad hoc. 2.3 Lapproccio della soggettivit Diverso dagli altri, e relativamente pi recente, lapproccio della soggettivit, lapproccio, cio, che considera come poveri gli individui e le famiglie che si dichiarano tali rapportandosi alla collettivit di riferimento. Tale metodologia stata portata avanti, in modo indipendente, da alcuni studiosi olandesi dellUniversit di Leyden (Kapteyn, van Praag ed altri)26 e da alcuni studiosi belgi del Centro di Politica Sociale dellUniversit di Antwerp (Deleeck)27. Lidea di base la medesima mentre diverso lapproccio per individuare una linea della povert soggettiva; essendo lapproccio diverso, diverse risultano le stime e le qualificazioni del fenomeno. Il grande vantaggio di questa metodologia che il livello di povert non viene definito da esperti (in una via pi o meno arbitraria) ma direttamente dai diversi gruppi sociali . Gli approcci si differenziano per la tipologia di quesiti che vengono posti a campioni rappresentativi di famiglie e al modo in cui si elaborano le informazioni in funzione di alcuni parametri quali la dimensione familiare, il grado di urbanizzazione dellarea in cui vive il nucleo
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Goedhart T., Halberstadt V., Kapteyn A, and van Praag B,M.S. 1977, The poverty fine: Concept and Measurement, The JournaI of Human Resources, voI. 12. 27 Deleek H., De Lauthouwer L., van den Bosch K 1988., Social Indicators of Social Security, Centre for Social Policy, Antwerp.

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familiare, il tipo di occupazione svolta dal capo-famiglia, il numero di percettori di reddito per nucleo, let, il titolo di studio, e cos via. Il sondaggio, che usualmente si affianca alle tradizionali indagini sui redditi e sulle spese delle famiglie, pu6 essere costituito da una o pi domande, a seconda della metodologia prescelta. Unipotesi pu essere quella di derivare direttamente dalle risposte delle famiglie, il livello di reddito da considerare come minimo, con domande del tipo: qual lammontare del reddito che Lei ritiene minimo per soddisfare i bisogni di una famiglia come la sua? (S.P.L., Social Subsistence Minimum, Deleeck). Spesso si aggiungono delle domande di controllo del tipo, valuta la sua personale situazione economica: povera, alquanto povera, al di sotto della media , sulla media, sopra la media, ricca . Alternativamente si possono predisporre dei livelli di reddito con accanto delle qualificazioni del tipo: molto scarso, scarso, appena sufficiente, sufficiente, buono, molto buono. Diviene quindi possibile costruire delle linee della povert soggettive per sottogruppi di popolazione e linee nazionali (L.P.L., Leyden Poverty Line, van Praag). Il metodo consente anche di costruire delle scale di equivalenza di natura soggettiva (vedi paragrafo che segue). Una volta individuate le linee, si stima la quota della popolazione in povert confrontando i redditi percepiti dalle diverse famiglie con le rispettive linee di povert. Una prima applicazione, su vasta scala, di tale metodologia si avuta in Europa nel 1979 con riferimento ad unindagine condotta dal Centro di Ricerche in Economia Pubblica dellUniversit di Leyden su commissione della Comunit Europea in nove paesi (Belgio, Danimarca, Francia, Germania ovest, Gran Bretagna, Irlanda, Italia e Paesi Bassi), presso campioni di 3.000 famiglie circa28. Al termine della ricerca sono emerse linee della povert diverse da paese a paese e da sottogruppo a sottogruppo di popolazione. Altrettanto interessante il risultato dellomogeneit dei sottogruppi tra paesi. Accade cos che allaumentare della dimensione del centro urbano in cui si vive aumenta il livello di reddito ritenuto come minimo nella generalit dei paesi considerati, ad eccezione della Germania. Le linee espresse dagli occupati sono, generalmente, pi alte di quelle espresse dalle famiglie con capo-famiglia pensionato. Nellambito degli occupati linee pi basse vengono indicate dagli agricoltori, molto probabilmente per i redditi in natura di cui godono. Le linee sono, ancora, strettamente funzionali al livello distruzione del capo-famiglia nel senso che, allaumentare delle annualit di studio, aumenta il livello della linea raggiungendo il suo massimo per i capi-famiglia laureati. Non si rilevano differenze significative tra capi-famiglia maschi o femmina. Pi in generale il livello minimo pi alto viene espresso da un capo-famiglia impiegato o lavoratore autonomo, laureato, con et compresa fra i 40 e i 60 anni che vive in una citt media o grande. La linea pi bassa viene, invece, osservata per chi vive nei piccoli centri, con capo-famiglia
Cfr., van Praag B.M.S., Hagenaars A.J.M., van WeerenJ. 1980 , Poverty in Europe, Center for Research in Public Economics, Leyden.
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pensionato e con basso livello distruzione. In termini di quantificazione dellarea della povert tale metodo, pur con differenziazioni notevoli, comporta una maggiore quota di popolazione in stato di povert rispetto ai pi tradizionali metodi visti in precedenza. Il risultato non desta stupore poich strettamente collegato al livello della linea della povert e la linee espresse soggettivamente sono, usualmente, pi alte di quelle assolute o relative. E questo non solo perch alle famiglie si chiede una stima di un reddito minimo ma anche perch in tale stima, probabilmente, c una sorta di aspirazione da parte delle famiglie a non cadere in uno stato di povert e questo genera uno spostamento della linea verso lalto. Che cosa si pu dire nei confronti di tali diversi approcci o linee della povert ? Che nessuno , di per s, migliore dellaltro; che ognuno contiene margini di arbitrio e che, nella misura in cui presentano differenze tra loro, diversa sar la quantificazione e la qualificazione dei gruppi deboli. E questo, naturalmente, pu rappresentare un problema nel momento in cui i politici dovranno decidere le misure da destinare al contenimento del fenomeno povert.

3. Le scale dequivalenza Comune alle diverse metodologie infine la problematica delle scale di equivalenza29, del modo in cui una volta definito il reddito minimo per una coppia di due individui, questo possa essere esteso, in ampiezza, per tener conto delle economie di scala che si rilevano nella gestione dei bilanci familiari al variare del numero ed et dei componenti. Anche in questo caso esistono metodologie diverse, pi o meno sofisticate, a seconda degli elementi presi in considerazione : et dei diversi soggetti, aree territoriali di appartenenza, grandi fasce di reddito o spesa mensile, ecc. Una pratica molto comune quella di determinare delle scale di equivalenza fondandosi sul concetto che, per ogni bene o servizio, esistono differenti esigenze dei singoli membri della famiglia a seconda del relativo sesso o et; che per ciascun bene o servizio le economie di scala (o le diseconomie) operano in modo diversificato e che possibile stimare, con opportuni metodi econometrici, leffetto congiunto di tali fattori analizzando le spese delle famiglie di diversa ampiezza e composizione30. E cos possibile determinare un insieme di coefficienti di equivalenza che consentono di trasformare ogni nucleo familiare di diversa ampiezza e composizione in unit di consumo. Il metodo analitico (e non sintetico) in quanto definisce tante scale di equivalenza quanti sono i beni e servizi considerati e, allinterno di ciascuna scala, tanti coefficienti quante sono le tipologie di componenti che possibile distinguere date le informazioni statistiche. La scala di equivalenza si ottiene ponderando le scale
Il problema non si pone, in modo diretto, nella versione attuale di misurazione della povert assoluta di fonte Istat poich si costruiscono n linee della povert individuali in funzione dellet, del sesso, del territorio. 30 Tra gli altri: Prais S.J., The Estimation of Equivalent Adult Scales from Family Budgets 1953 , Economic Journal n. 63, December; Abel-Smith B. and Bagley C., The Problem of Establishing Equivalent Standards of Living for Families of Different Composition, in Townsend P. 1970 , The Concept of Poverty, Heinemann, London; Muellbauer J. 1977 , Testing the Barten Model of Household Composition Effects and Cost of Children, Economic Journal, September.
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ottenute per i singoli beni e servizi. Naturalmente, perch le scale abbiano buoni gradi di attendibilit, occorrono dati molto dettagliati sui consumi delle famiglie e significativit statistica a livello di sottogruppi di popolazione. Si possono costruire anche delle scale di equivalenza chiedendo direttamente alle famiglie delle stime, con domande del tipo: di quanto maggior reddito ( o minor reddito) avrebbe bisogno per man- tenere una famiglia di un componente in pi ( o in meno con riferimento al suo standard di vita?31. Le risposte ottenute attraverso interviste condotte presso un campione sufficientemente numeroso di famiglie di diversa ampiezza e composizione, vengono, quindi, inserite in un modello econometrico la cui risoluzione determina una scala di equivalenza. Un ultimo modo, infine, si basa sullaccettazione di unipotesi, ampiamente verificata dallevidenza empirica, e che si riferisce alla ben nota legge di Engel. In base a tale legge si sostiene che la frazione di spesa totale destinata alle necessit primarie (in particolare allalimentazione) decresce al crescere del tenore di vita delle famiglie. Ed allora, se il campione di famiglie sufficientemente ampio, diviene possibile determinare una relazione che descriva, in modo statisticamente significativo, per ciascun gruppo di famiglie di uguale ampiezza, landamento della quota delle spese alimentari al variare del reddito (o della spesa totale), assumendo questultima variabile come indicatore del tenore di vita. Si pu quindi ipotizzare che le famiglie di ampiezza e composizione diversa godono di un tenore di vita allincirca simile se la quota di reddito (o di spesa) che esse destinano allalimentazione la stessa o, anche,: due famiglie di differente ampiezza possono essere considerate con reddito equivalente quando spendono in beni alimentari la medesima quota del loro reddito32. Se, ad esempio, si ritiene che le famiglie di due componenti, considerate povere per il loro livello di reddito, spendono per lalimentazione il 30 per cento della loro spesa complessiva (come ipotizzato in precedenza), allora saranno definite come povere le famiglie di tre componenti che avranno un livello di reddito a cui corrisponde una spesa alimentare pari al 30 per cento della spesa complessiva; e cos via per le famiglie di quattro, cinque, sei e pi componenti. Nellambito dei lavori della prima Commissione governativa sulla povert in Italia, ad esempio, si ritenuto di poter utilizzare questultimo metodo, data la semplicit della metodologia e la disponibilit dei dati. Si anche ritenuto sufficiente elaborare, sempre nellambito di tali lavori, ununica scala, valevole su tutto il territorio e considerando lintera popolazione (vedi tabella n.2).

Cfr., van Praag B.M.S. et al., op. cit. Nicholson J .L. 1986, Appraisal of Different Methods of Estimating Equivalence Scales and their Results, Review or Income and Wealth,; Deaton A. and Muellbaurer J. 1980 , Econimics of Consumer Behaviour, Cambridge University Press, Cambridge.
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4. La povert in Italia
La prima indagine sulla povert in Italia risale allimmediato dopoguerra quando una Commissione dinchiesta parlamentare sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla33 elabora i primi dati sullestensione della povert . Partendo dai bilanci delle famiglie povere si rileva come il 22% degli italiani nel 1952 viveva in cantine, soffitte, magazzini, baracche, grotte ed abitazioni sovraffolate (due milioni e ottocentomila famiglie); che il 7,5% della popolazione non consumava mai n carne, n zucchero, n vino, mentre il 9,5% ne consumava in determinate quantit minime; che il 2% delle famiglie aveva calzature miserrime, il 3,1% in condizioni misere, il 4,3% in condizioni cattive, il 36,5% in condizioni mediocri; che in condizioni di miseria vivevano l11,8% delle famiglie ( l1,5% nellItalia Settentrionale, il 5,9% nellItalia Centrale; il 28% nellItalia Meridionale e il 24,8% nellItalia insulare) e l11,6% in condizioni disagiate (il 4,3% nellItalia Settentrionale, il 9,7% nellItalia Centrale; il 21,9% nellItalia Meridionale e il 20,6% nellItalia insulare)...... il 7,8% degli abitanti, pari a 3.660.226, era iscritto negli elenchi dei poveri..... 34 Da allora passeranno pi di trentanni per poter avere nuove stime ufficiali sulla povert nel nostro Paese35

4.1 Dimensione della povert relativa nellanno 2011


Prima di andare a vedere quante e quali sono le famiglie povere nel nostro paese, bene non dimenticare mai che i poveri presenti nelle elaborazioni ufficiali (del nostro come della maggior parte dei paesi avanzati) sono i poveri relativi; sono famiglie ed individui che vivono accanto a noi, che soddisfano i bisogni primari ma possono accedere con difficolt ad una serie di beni e servizi non primari (dallistruzione superiore alle attivit di svago, della cultura, della prevenzione, ecc). Mancano, nelle statistiche ufficiali, i poveri come la gente comune li intende: coloro che vivono di assistenza pubblica e privata, che non hanno una dimora fissa, un lavoro adeguatamente retribuito; che girano per le strade chiedendo lelemosina; per le parrocchie, per avere pasti ed indumenti; per i mercati rionali, nei momenti di chiusura, quando si gettano via i prodotti che non potranno essere venduti il giorno dopo ma che possono ancora essere commestibili; per le strutture sociali locali per avere un buono alloggio, un buono pasto, un sussidio economico una tantum. Queste ed altre figure sociali marginali (exdetenuti, alcolisti, tossicodipendenti, immigrati, ecc), non appartengono ai poveri stimati ufficialmente; per rilevarli e conoscere le condizioni che determinano il loro ingresso e permanenza in uno stato di povert occorrerebbero indagini mirate e queste, purtroppo, non sono ancora allordine del giorno del nostro Istituto Nazionale di Statistica.

Galli G. ( a cura di) 1953, La miseria in Italia dallinchiesta parlamentare, Ed A.N.E.A., Milano Galli G. ( a cura di) 1953, op.cit., p.vi e seguenti 35 Cfr., Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1987, op.cit.
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Con riferimento allanno 2011, lIstat stima 2.782.000 famiglie in condizione di povert

relativa 36, pari all 11,1% delle famiglie italiane, per un totale di 8.173.000 individui ( 13,6% della intera
popolazione) 37. Come visto in precedenza, la stima della povert relativa si basa su di una soglia convenzionale (linea della povert) che, nel nostro Paese, fa riferimento alla spesa media pro-capite e tale spesa, pari a 1.011,03 euro nel 2011, rappresenta la linea della povert per una famiglia di due componenti (sempre con riferimento allanno 2011). Per famiglie di ampiezza diversa, il valore della linea si ottiene applicando la scala di equivalenza elaborata nellambito dei lavori della prima Commissione governativa sulla povert (scala Carbonaro) che tiene conto delle economia di scala che si realizzano allaumentare del numero dei componenti del nucleo familiare. Tabella n. 1 Scala di equivalenza e soglie di povert nel 2011 Famiglie 1 componente 2 componenti 3 componenti 4 componenti 5 componenti 6 componenti 7 o pi componenti Spesa media pro-capite Fonte: Istat 2012 La povert relativa si addensa nel mezzogiorno, dove le persone povere sono il 26,9 % (27,1% nel 2010) della popolazione ma presente anche nel centro e nord dove colpisce, rispettivamente, l7,9 % ( 8,6% nel 2010) e il 5,9 % (5,9 % nel 2010) della popolazione. Nel commentare tali quote occorre ricordare che si potrebbe essere in presenza di una sovrastima del fenomeno nei confronti del mezzogiorno e di una sottostima nei confronti del nord avendo applicato una linea della povert uniforme a livello nazionale mentre la spesa media per consumi differenziata a livello territoriale per cui se alle famiglie del nord del paese si applicasse la spesa media pro capite dellarea il tasso di povert sarebbe maggiore e minore per il mezzogiorno se vi si applicasse la relativa spesa media pro-capite (per il centro il problema si pone in misura minore essendo la spesa media dellarea prossima al valore medio nazionale) scala 60 100 133 163 190 216 240 100 Spesa mensile per consumi (2011) 606,62 1.011,03 1.344,67 1.647,98 1.920,96 2.183,83 2.381,90 1.011,03 .

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La quota di famiglie povere calcolata applicando la linea della povert ai dati relativi alle spese per consumi delle famiglie rilevati attraverso unindagine campionaria che investe un campione di 28.000 famiglie circa estratte casualmente in modo da rappresentare il totale delle famiglie italiane. 37 Istat 2012, La povert relativa in Italia nel 2011, Statistiche report, 17 luglio, Roma

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In termini di dimensione dei nuclei familiari, povere risultano essere soprattutto le famiglie numerose (cinque o pi componenti) che presentano un tasso di povert pari al 28,5% ( 29,9% nel 2010) del totale famiglie di cinque e pi componenti; il disagio economico si accentua quando i figli allinterno del nucleo familiare sono minori, in questo caso, per le famiglie con tre o pi figli minori, il tasso sale al

27,2% ( 27,4% nel 2010) . Il fenomeno particolarmente grave nelle regioni meridionali dove il 43,0%
( (38,6% nel 2010) delle famiglie con tre o pi figli minori sarebbe povero. La diffusione della povert , invece, contenuta tra i single (persona sola con meno di 65 anni) (3,6%) e tra le coppie senza figli con capofamiglia adulto (di et inferiore ai 65 anni) (4,6%). Presentano un tasso di povert che oscilla intorno al valore medio le coppie di anziani (11,3%); hanno un tasso superiore al valore medio le coppie con due figli (14,8%) e le monogenitoriali (13,2%). Con riferimento alla condizione professionale e non del capofamiglia, il tasso di povert significativamente maggiore (27,8%) per chi in cerca di occupazione, minore per i dipendenti (9,4%) e per gli autonomi (7,9%). Come prevedibile, dallindagine emerge il legame ancora stretto tra povert e livello distruzione per cui il tasso oscilla tra il 5,0% per le famiglie con capofamiglia che ha un titolo di studio di media superiore ed oltre e il 18,1% per chi non ha alcun titolo o solo la licenza elementare. A livello regionale38, lincidenza della povert varia da un 4,2% per la Lombardia, ad un 5,9% per il Piemonte, ad un 7,1% per il Lazio, ad un 22,4% per la Campania, ad un 27,3% per la Sicilia (valore pi elevato).

38 La rilevazione regionale della povert ha avuto inizio nel 2002; in ogni caso il riferimento ad una linea di povert nazionale.

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Box n. 2 Indici di povert


Un indice sintetico di misurazione della povert, largamente utilizzato, lindice di diffusione ( headcount ratio) o indice di incidenza e misura la povert come quota della popolazione la cui spesa per consumi ( o il cui reddito) inferiore/uguale alla linea della povert : H0 = q / N. Un altro indice, importante soprattutto per la valutazione delle politiche di lotta alla povert, lindice di intensit ( income gap ratio) che misura la distanza in termini di spesa ( o di reddito) che separa ciascun soggetto povero dalla soglia di povert. Un indice di intensit pari a 0,20, ad esempio, ci dice che i poveri hanno, mediamente, un livello di spesa del 20% inferiore alla soglia di povert. Si detto che questo indice importante per la valutazione delle politiche di contrasto alla povert poich in presenza di risorse pubbliche limitate si potrebbero predisporre delle politiche a favore dei ceti meno abbienti capaci di aumentare la loro spesa per consumi senza essere per in grado di far loro superare la soglia di povert. In questo caso lindice di diffusione rimarrebbe sullo stesso livello ( nessun soggetto povero riesce a superare la soglia) ma lindice di intensit si ridurrebbe : i poveri, pur rimanendo tali, sarebbero un po meno poveri rispetto alla situazione precedente.

Box n. 3
Povert sui consumi e povert sui redditi Si visto come la Comunit europea quantifichi la quota di individui a rischio di povert utilizzando come riferimento il reddito mediano equivalente mentre lIstat faccia riferimento alla spesa media per consumi. Quale dei due indicatori pu essere ritenuto pi adeguato? Personalmente riteniamo che lutilizzo del reddito sia uno strumento pi adeguato perch comprensivo non solo delle spese per consumi ma anche di uneventuale quota di risparmio precauzionale. LIstat utilizza la spesa per consumi perch ritiene che le rilevazioni sulle spese per consumi delle famiglie siano, mediamente, pi attendibili rispetto a quelle sui redditi ove le mancate risposte o i fenomeni di reticenza sono maggiori; e, quindi, le relative stime possono risultare pi consone. Deve essere, per, chiaro che utilizzando il reddito la linea della povert pi alta rispetto a quella riferibile alle spese per consumi per cui la quota stimata di famiglie in povert risulta maggiore rispetto a quella rilevabile attraverso la spesa per consumi. In questo senso un Paese e per un medesimo anno pu avere indicatori di povert diversi come accade, ad esempio, se si adotta la stima della povert in Italia di fonte Eurostat (individuo con un reddito inferiore al 60% del reddito mediano equivalente) o Istat (spesa media pro-capite per una coppia di due individui). Nellanalisi relativa ai gruppi che compongono laggregato povert le due metodologie

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possono, anche, evidenziare tassi diversi; emerge, ad esempio, come utilizzando le spese per consumi gli anziani abbiano un tasso di povert che oscilla intorno al tasso medio mentre questo andamento non si rileva, necessariamente, quando il riferimento ai redditi., in questo senso si parla di sovrastima della quota di persone anziane nella fascia povera. Questo perch il modello di consumo delle famiglie anziane (singoli e in coppia) profondamente diverso dagli altri e la differenziazione nelle spese non evidenzia, necessariamente, condizioni di relativo maggiore disagio. Gli anziani spendono, ad esempio, mediamente meno in trasporti, per listruzione, per labbigliamento, per i mobili ed attrezzature per la casa, per cui molti anziani sono contati come poveri se si adotta la definizione di soglia di povert con riferimento alle spese ma non se si adotta quella con riferimento al reddito 39

Box n.4 Da una vita dignitosa a stati di povert relativa


Da unintervista ad un cassa integrato di Torino La Repubblica 20 dicembre 2008 Giuseppe un operaio in cassa integrazione da undici mesi della Bertone, una delle carrozzerie che hanno segnato la storia dello stile italiano; ha una moglie disoccupata ed una bimba. In condizioni normali di lavoro riceve una retribuzione netta mensile di 1.200 euro e 135 euro come assegni familiari per la moglie e la figlia; con tale retribuzione complessiva vive una vita di dignitosi sacrifici ; nel passaggio dal lavoro alla cassa integrazione si perdono 450 euro mensili, un terzo della busta paga ed in un attimo si pu precipitare da una vita dignitosa alla disperazione perch con 885 euro mensili non si vive e perch, nonostante siano passati undici mesi, lInps non ha ancora definito la sua pratica per cui Giuseppe riceve, dal Comune di Torino, unanticipazione di quanto dovuto nella misura di 600 euro. Ma come pu vivere, una famiglia di tre componenti, con 600 euro al mese? Si vive in una casa con pochi mobili perch tutto ci che non essenziale viene rinviato a tempi migliori cos come si rinviano le opere di manutenzione ordinaria quale, ad esempio, la ripulitura delle pareti ingrigite dal fumo dei termosifoni; si vive facendo i conti della spesa giorno per giorno e i conti non tornano mai; per laffitto vanno via 425 euro al mese che con le spese diventano 475 in media al mese; per luce e gas vanno via altri 55-60 euro al mese; ne restano circa 70 che dovrebbero servire per mangiare e vestire tre persone, senza tener conto di tutti gli altri bisogni essenziali come la salute, la scuola, il trasporto, ecc. I conti tornano, nella pura sussistenza, con lintervento della madre di Giuseppe una vedova che riceve una pensione di reversibilit di 1.000 euro al mese ed ha in casa, ancora, un figlio; insieme si va al supermercato, in realt si va in giro per supermercati per cogliere le offerte del mese: la pasta si acquista da una parte e la bottiglia di pomodoro dallaltra; lacquisto della carne un lusso e la si
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Cfr. Eurostat (1994), Objective monetary poverty, Report to the statistical office of the European Community, Doc.n.62/94, January

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mangia solo quando si va a pranzo dalla madre. Trovare lavoretti in nero non semplice perch la crisi quando si avvita investe tutti, anche i clandestini. Qualche sussidio straordinario lo si riesce ad avere dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione; ai regali di Natale per la bimba penser la sorella di Giuseppe ma per quanto tempo si pu sopravvivere a queste condizioni? Solo in Fiat, ad oggi, i cassa integrati sono 50.000 e, poi, ci sono tutti gli altri cassa integrati e lavoratori in mobilit e, poi, i precari a cui non viene rinnovato il contratto e non hanno alcuna copertura in caso di disoccupazione. 19 luglio 2011 JENNER MELETTI, La Repubblica "Noi, improvvisamente poveri con 1000 euro al mese" Precari, con figli a carico, costretti a tornare nella casa dei genitori. la situazione di tanti italiani che sono passati dalla serenit alla miseria. Costretti a sopravvivere con meno di 1000 euro al mese MONZUNO (Bologna) - Gianna P. ha trentasette anni, un bel bambino e un grande sorriso. "La povert? Io l'avevo assaggiata da piccola, quando mio pap morto in un incidente. Solo assaggiata, per. Se chiedevo un paio di scarpe, queste arrivavano, magari dopo quattro mesi. Sono andata a scuola, mi sono diplomata, ho avuto la macchina come tutte le mie amiche. Adesso s, sono povera. E ho capito che ad essere povera la cosa che manca di pi la libert. Se avessi ancora il mio lavoro e il mio stipendio, anche se mi sono separata dal marito, potrei affittare un appartamento per me e per mio figlio che ha sette anni. E invece sono tornata a vivere da mia madre, non potevo fare altro. Sei sempre una bimba, per i tuoi genitori, e cos ti trattano. Io l'ho provata, l'indipendenza economica, l'avevo conquistata". "Da pi di un anno l'ho persa e assieme a lei se n' andata la libert di vivere in un posto tutto mio. Le vacanze al mare, le gite nel week-end? Ormai sono un ricordo ma questo non mi pesa. Mi manca la chiave della mia porta, della mia cucina... ". La parola "povert" ha un sapore amaro, soprattutto in questa terra emiliana che sembrava tutta ricca. Ricorda i libretti dell'Eca (Ente comunale di assistenza), chiamati semplicemente "i libretti dei poveri", tenuti nascosti nei com ed esibiti solo per avere le medicine gratis o un sussidio per mandare i figli in colonia. Gianna P., perdendo il lavoro, si trova dentro l'11% delle famiglie italiane che hanno una capacit di spesa inferiore a 992,46 euro al mese. "Adesso mi sveglio al mattino e mi dico: Gianna, fatti coraggio. Fai finta di essere ancora una ragazzina, alla ricerca del primo lavoro. Se sei stata capace di andare avanti, devi essere capace di tornare indietro e di ricominciare. Ho cominciato a lavorare nel 1995, avevo 21 anni. Primo stipendio, 800 mila lire. Prima receptionist, poi impiegata di buon livello. Due anni dopo mi sono sposata e le cose andavano davvero bene. Prima che l'azienda andasse in crisi, io e mio marito portavamo a casa 3100 euro al mese, 1500 io, 1600 lui. E c'erano la tredicesima e la quattordicesima, e anche i buoni pasto da 6,45 euro, che quando li hai quasi non ci badi ma quando spariscono ti accorgi quanto siano utili. Ci sentivamo non ricchi ma tranquilli. Un appartamento in affitto, a 600 euro al mese. Quattrocento euro per l'asilo nido del piccolo. Ecco, in questi giorni di caldo ci preparavamo per andare al mare, dieci o quindici giorni in un appartamento o in un hotel. E d'inverno ci prendevamo un'altra pausa, quattro o cinque giorni in Trentino, senza sciare ma con lunghe

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passeggiate sulla neve. Al ristorante o in pizzeria? Quasi mai. Preferivamo risparmiare per le nostre piccole vacanze o per portare il bimbo a Gardaland". Arriva la separazione dal marito ma le cose non cambiano troppo. "Con il mio stipendio e l'assegno dell'ex coniuge per il bimbo - 350 euro al mese - ce l'avrei fatta a vivere in autonomia. Ma all'inizio del 2010 arriva la crisi dell'azienda, con gli stipendi che tardano prima un mese poi due poi sei mesi e ti trovi all'acqua. L'affitto non lo puoi pi pagare, torni dalla mamma e meno male che ha un appartamento suo. In azienda arriva il nuovo proprietario, tornano gli stipendi ma solo per qualche mese. Adesso non so di quale statistica Istat io faccia parte. So soltanto che da marzo ad oggi, e forse fino a novembre, non prendo un euro. In teoria c' la cassa integrazione speciale, perch anche i nuovi padroni hanno dichiarato fallimento, ma gli assegni da 700800 euro ancora non si vedono. L'unico reddito l'assegno del mio ex. Io per sono una che non accetta di farsi mantenere. A mia madre non pago l'affitto ma partecipo a tutte le spese, dal vitto alle bollette, dalla benzina all'assicurazione della macchina. Se ne vanno in media 450 euro al mese, che prendo in gran parte dai miei risparmi". Non purtroppo una mosca bianca, Gianna P. "Seguo i lavoratori delle aziende metalmeccaniche nei Comuni di Casalecchio e Sasso Marconi - dice Cristina Pattarozzi della Fiom Cgil - e purtroppo l'80% vivono ormai di ammortizzatori sociali. Chiusure, fallimenti, cassa integrazione, mobilit... A volte noi sindacalisti dobbiamo fare un altro mestiere, quello dell'assistente sociale. Ci sono famiglie dove tutti sono in cassa integrazione e se gli assegni sono, come sempre, in ritardo, non hanno i soldi per comprare da mangiare o per pagare bollette e mutui. E allora vai in Comune, spieghi la situazione, intervieni per bloccare uno sfratto. Per molti uomini, anche giovani, la crisi dell'azienda vissuta male. Si sentono persi, vanno in depressione. Stanno male perch non hanno i soldi per andare al solito supermercato e vanno al discount quasi di nascosto perch si vergognano". I bar sono pieni, si paga un caff e si sta l mezza giornata. "Io sono senza stipendio da quattro mesi e allora, all'inizio di giugno, ho preso i miei due figli e sono andato a pranzo dai miei genitori. Non ho dovuto spiegare nulla. Hanno apparecchiato e solo alla fine mia madre ha detto: va bene alle 13 anche domani?". "Ho controllato i punti della Coop e ho scoperto che ho speso meno di un terzo, rispetto all'anno scorso. Vado al discount per spendere meno. Al mattino presto, oppure mi sposto nei Paesi vicini, dove non mi conoscono". Gianna P. deve andare via, per prendere il bambino al centro estivo. "Si paga anche l, un sacrificio ma non voglio che il mio piccolo abbia meno degli altri. E' stato anche al mare, con suo pap che per fortuna ha ancora lo stipendio. Se il bimbo sta bene, sto bene anch'io. Quest'anno per me niente vacanze, ma non importa. Io sono una cui non piace "stare in schiena" a nessuno. Vuol dire che non mi piace farmi mantenere, n dalla mamma n dallo Stato. E cos proprio l'altro giorno sono andata all'Inps per interrompere la cassa integrazione. Ho trovato da lavorare in un'azienda, da una settimana. Sono in prova, spero che mi assuma davvero. Certo, cercare lavoro oggi come subire una rapina a mano armata. Prendevi 1500 euro? Te ne do 1025, prendere o lasciare. Se tengo conto dell'assegno di 700-800

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euro al mese che dovr pur arrivare e delle spese per andare in macchina nella nuova azienda, faccio pari e patta. Prenderei gli stessi soldi restando a casa, ad aspettare cassa integrazione o mobilit. Ma ho un figlio e devo dargli un futuro. E poi sono fatta cos. Se devo ricominciare, ricomincio davvero. Non sono pi una ragazzina ma non voglio uscire dal mondo del lavoro. Se sei fuori, anche con un assegno dell'Inps, un macello. A non lavorare si sta male, perch ti senti vuota e inutile. Niente ferie, niente piscina, niente vestitino nuovo e va bene cos. Ma io, quella voglia che avevo dentro quando ho cominciato a lavorare, la sento ancora. E' una voglia di stipendio, di casa, di libert. Chiedo troppo?". La Repubblica 10 ottobre 2011 La cabina per fototessere come casa storia di Giovanni, operaio senza lavoro di GIUSEPPE CAPORALE Ha dovuto lasciare la sua abitazione per motivi economici. E per un anno e mezzo, a 65 anni, ha dormito nella cabina, a Teramo. Davanti a un bar, che ogni tanto gli offriva la colazione. Poi, un problema di salute. E l'intervento del parroco. Ora in una casa di riposo. Vive, da un anno e mezzo, dentro una cabina per fototessere. Ci dorme. Per Giovanni Di Donato, sessantacinque anni, imbianchino in cerca di lavoro, quella ormai la sua camera da letto. Si rannicchia l tutte le sere, ma solo dopo le due di notte. "Non ci va prima perch si vergogna..." racconta chi ormai nella zona ha imparato a conoscerlo. E cos quando il bar di fronte alla cabina - e dal nome beffardo "Grande Italia" - chiude, quando spariscono tavolini, clienti e camerieri, lui saluta tutti e fa finta di andare nella casa che non ha pi. Fa finta di tornare nella dimora che ha dovuto lasciare per motivi economici: la stanza in una pensione divenuta troppo onerosa, a causa di un lavoro che a volte c', e a volte no. Cos l'anziano imbianchino, da un anno e mezzo, tutte le notti, curandosi di non farsi notare da nessuno, s'infila nella cabina sotto i portici di piazza Martiri. E proprio quel bar di fronte alla sua assurda "camera da letto", per Giovanni Di Donato diventato con il tempo tutto il resto: il bagno dove lavarsi alle sei del mattino, quando i dipendenti del caff alzano puntuali la saracinesca. Il posto dove fare colazione, pagare regolarmente e fingere di svegliarsi presto per andare a lavorare. Il posto dove anche pranzare e cenare. Ma Giovanni Di Donato nonostante la sua drammatica condizione, non chiede l'elemosina, mai. Anzi, si offende se qualcuno prova ad aiutarlo. A chi gli domanda se ha bisogno di aiuto, lui risponde sempre "Io non ho bisogno di niente" e aggiunge "io lavoro...". "Faccio l'imbianchino, ho la partita Iva" racconta a camerieri e passanti che spesso si permettono di offrirgli un caff o un cornetto. Nonostante l'et e i visibilissimi acciacchi, in cerca di lavoro. Mesi fa ha tappezzato le vie del centro con dei bigliettini: ha messo sopra la pubblicit della sua attivit e il numero di telefono, proponendosi per piccoli lavori. Un lavoro poi anche arrivato, "ha imbiancato la casa di un signore della zona..." ma non stato sufficiente per pagare un affitto stabile. La vicenda dell'anziano operaio un dramma silenzioso consumato sotto gli occhi di tutti, tra l'imbarazzo di tutti. "I camerieri da subito, gi un anno e mezzo fa, mi hanno raccontato che Giovanni

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dormiva nella cabina - racconta la titolare del bar Grande Italia, Rosa Famiglietti - lui negava, ma i ragazzi lo riconoscevano dalle scarpe, si vedeva da sotto la tendina... Abbiamo vissuto mesi di profondo imbarazzo, non sapevamo cosa dirgli. Si comportava come un cliente normale. Pagava sempre, anche se poi con il passare dei mesi il pranzo abbiamo iniziato a offrirglielo, ma senza dirglielo, altrimenti si offendeva. Facevamo in modo che fosse casuale...". "Ha sempre rifiutato il nostro aiuto - racconta la donna - perch tutti nella zona ormai eravamo consapevoli della sua situazione". Poi per alcuni giorni fa la situazione precipitata. Giovanni Di Donato una mattina grondava sangue dai piedi. Se ne sono accorti i camerieri. "Giovanni dormendo sempre praticamente seduto, non sdraiandosi da un anno e mezzo, ha avuto pochi giorni fa un blocco circolatorio. Ha rischiato di morire". La titolare del bar, molto preoccupata, davanti a quel sangue contattato il parroco del Duomo, don Aldino. Il prete ha affrontato l'anziano imbianchino: "ora basta Giovanni, devi farti aiutare". Il parroco prima l'ha portato al pronto soccorso, poi gli ha trovato un posto in un ricovero per anziani, in un paese della provincia di Teramo. Ora Giovanni Di Donato, dopo un anno e mezzo di muta e drammatica sofferenza, ha trovato finalmente un letto dove riposare. E non pi costretto a dormire seduto dentro la cabina per fototessere.

4.2 Laffidabilit delle stime proposte


Come si visto in precedenza, la stima delle famiglie in povert non deriva da unindagine ad hoc ma si appoggia allindagine campionaria relativa alla rilevazione delle spese per consumi delle famiglie, condotta annualmente dallIstat a partire dal 1968. Luso di tale fonte per la stima delle famiglie in povert, e della loro evoluzione temporale, pu essere considerato come una scelta necessaria ma sicuramente non ottimale per una serie di motivazioni che in questa sede vengono solo accennate40. In primo luogo, occorre dire che lindagine nasce essenzialmente con lobiettivo di fornire dati diretti a migliorare le stime dei consumi delle famiglie presenti nella contabilit nazionale e per la costruzione del paniere da utilizzare per gli indici dei prezzi al consumo. In questo senso lindagine non rileva, in modo adeguato, le famiglie effettivamente povere e le famiglie veramente ricche; alcune famiglie povere mancano per oggettive difficolt : gli immigrati clandestini, i senza fissa dimora, i malati di mente, gli ex-carcerati, gli anziani presenti nelle case di riposo, e cos via; come dire che, in ogni caso, un segmento di famiglie/individui in povert non presente nelle stime ufficiali. Altre famiglie povere mancano per la complessit dellindagine stessa (che, probabilmente, non potrebbe neanche essere diversa, rispetto allobiettivo originario); compilare correttamente i questionari somministrati quasi un rompicapo e presuppone, comunque, un livello distruzione medio - alto, elemento notoriamente
Per unanalisi approfondita cfr., C. DApice 1999, Riflessioni critiche sui rapporti ufficiali sulla povert in Italia, in AaVv ( a cura di N Acocella, G M Rey e M Tiberi ), Saggi di Politica Economica in onore di F Caff, F. Angeli, Milano
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assente nelle famiglie povere che, in questa seconda ipotesi, potrebbero essere rappresentate dalle famiglie di pensionati al minimo, da una parte dei disoccupati, dei lavoratori in mobilit, dei lavoratori a basso salario, ecc. Le famiglie ricche che hanno, invece, tutti gli strumenti per partecipare correttamente allindagine, si sottraggono allindagine stessa (elevato tasso di caduta delle interviste). Questi elementi, insieme ad altri, quali il tasso e la collocazione territoriale dei Comuni che si rifiutano di partecipare allindagine, il tasso dei modelli non pervenuti e quello dei modelli annullati particolarmente rilevante nellarea del Mezzogiorno , con indubbi effetti sulla qualit delle stime relative a tale area con riferimento alle spese (e, a maggior ragione, per le stime relative alle famiglie povere), ci sembrano elementi pi che sufficienti per dare alle stime del tasso di povert un carattere estremamente indicativo e sicuramente non idoneo per limpostazione di una seria politica sociale che ha bisogno di informazioni molto pi puntuali in termini di gruppi ed aree territoriali rispetto a quelle, comunque, rilevabili allo stato attuale. Se si riconoscono i limiti di ogni singola indagine, rispetto allobiettivo (stima del tasso di povert), questi si ampliano nei confronti intertemporali perch lindagine, nel tempo, subisce modifiche nel modo in cui i dati campionari vengono riportati alluniverso, nel trattamento dei dati stessi, nei modelli di rilevazione, nel piano di campionamento, e, poi, perch la quota di famiglie in stato di povert, oscillando intorno al 10 11% delle famiglie, implica che i relativi dati fanno riferimento ad un campione significativo a livello di spese per consumi (28.000 famiglie circa) ma che si ridimensiona drasticamente nel segmento povert (2.800 famiglie). Questo significa, anche, che qualsiasi spaccato proposto dallIstat 41, a livello di territorio e tipologie familiari, non ha alcuna validit scientifica sia con riferimento ad un singolo anno o ad una singola regione n tanto meno in una dinamica temporale. Per questi motivi, non prenderemo in considerazione levoluzione del tasso di povert relativa, ma procederemo ad una serie di esemplificazioni evidenziando gli andamenti pi critici riferiti ad alcuni spaccati di povert (quelli che usualmente presentano un tasso maggiore rispetto al valore medio) da cui emerge chiaramente come gli andamenti erratici non possono che derivare da un campione di famiglie troppo esiguo per dare significativit ai caratteri che lIstat ha deciso di evidenziare. Il periodo considerato quello che va dal 1997 al 2011 poich nel 1997 lindagine sui consumi delle famiglie (da cui, come si detto, si traggono le stime delle famiglie povere) viene profondamente ristrutturata sia nelle tecniche di indagine sia nelle metodologie per il trattamento dei dati, per cui le evidenze non sono pi confrontabili con quelle degli anni precedenti sia per le spese per consumi delle famiglie che per le stime delle famiglie povere.
LIstat considera lincidenza della povert relativa per ampiezza della famiglia (un componente, due componenti, ecc); per tipologia familiare (persona sola con meno di 65 anni, persona sola con pi di 65 anni, coppia con un figlio, ecc); per numero di figli minori ( famiglie con un figlio minore, con due figli minori, ecc); per numero di anziani presenti nel nucleo, il tutto per ripartizione geografica.
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Proviamo a seguire, ad esempio, dal 1997 al 2011, il tasso di povert di alcuni gruppi che presentano un tasso di povert superiore al valore medio per comprendere se e come la loro situazione sia mutata in questi anni ed iniziamo dalle persone che vivono da sole ed hanno 65 anni o pi. A livello Italia il relativo tasso passa dal 16,3 al 10,1% evidenziando un netto miglioramento e il miglioramento sembra confermato a livello delle macro ripartizioni geografiche : al nord si passa dall11,6 all5,4% ; al centro la situazione un po pi problematica perch le evidenze pubblicate partono solo dallanno 2000 con un tasso del 9,4% 42 ma in ogni caso segnano una caduta raggiungendo un tasso del 5,0% al 2011; nel mezzogiorno il miglioramento ugualmente rilevante passando il relativo tasso dal 28,8 al 21,1 (vedi tabella n. 2). Ma se lanalisi abbandona gli estremi del periodo considerato e si sofferma su ogni singolo anno per collegare gli andamenti del tasso di povert alle politiche (riforme del sistema fiscale, aumento delle pensioni minime, dellassegno sociale per gli anziani poveri, dellassegno per le famiglie con almeno tre figli minori, degli assegni familiari, sperimentazione del reddito minimo dinserimento, ecc), ad esempio, ed allandamento delleconomia iniziano ad emergere i dubbi sulla robustezza delle stime. Per quanto riguarda il nord i dati relativi alle persone che vivono da sole ed hanno 65 anni o pi evidenziano una significativa caduta, pari a pi di tre punti percentuali in un solo anno (il tasso passa dall11,6% del 1997 all8,5% nel 1998 ); ma nel 2006 rispetto al 2005 il tasso torna a guadagnare, ancora una volta in un solo anno, poco meno di tre punti percentuali passando dal 5,8 (2005) all8,2% (2006), per poi ridiscendere al 7,5% con riferimento allanno 2007 e al 4,6% nel 2008 ( ancora meno tre punti in un solo anno), per risalire al 4,9 nel 2009 e al 5,4% nel 2011. Quale possa essere effettivamente il tasso di questo primo segmento e la sua dinamica temporale non dato saperlo. Landamento del tasso riferito, sempre alle persone che vivono da sole ed hanno 65 anni o pi e che risiedono al centro, ancor pi difficile da comprendere; intanto, come si detto, la serie inizia nel 2000 e dal 2000 al 2006 il tasso si riduce passando dal 9,4 al 7,8% ma anche in questo caso si in presenza di notevoli salti come quelli rilevati, ad esempio, tra gli anni 2002 - 2003 e 2004; nel 2002 il tasso sarebbe pari al 6,7% ma solo un anno dopo esso scenderebbe al 4,2% (meno 2,5 punti percentuali) per guadagnarne quasi sei punti percentuali lanno successivo (2004) (10%), per scendere poi sino al 5,3% per lanno 2008 e risalire al 5,8 nel 2011. Considerazioni analoghe si possono fare nei confronti del mezzogiorno anche qui, ad esempio, si perdono tre punti percentuali in un solo anno (nel 1998 rispetto al 1997) ma se ne guadagnano quattro lanno successivo (da 25,7 a 29,9 tra il 1998 e il 1999) per perderne sei lanno seguente ( da 29,9 a 23,2) e cos via sino ad arrivare al 21,8% del 2007, al 24,3% nel 2008 e al 18,6% nel 2010 e 21,1 nel 2011. Proviamo a seguire ora un secondo gruppo di famiglie ad alto rischio di povert : le famiglie numerose e, nello specifico, le famiglie di cinque e pi componenti nella solita sequenza (valore medio nazionale e valori per macroaree); in questo caso la loro posizione sembra essere in ascesa essendo il
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Per gli anni 1997-1998 il dato non significativo per la scarsa numerosit del campione e, quindi, non viene pubblicato.

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relativo tasso, a livello Italia, pari al 22,3 nel 1997 e pari al 28,5% nel 2011. Seguiamo ora il tasso a livello di territorio; al nord la condizione delle famiglie numerose sembra sensibilmente peggiorata essendo il relativo tasso passato dal 5,9 al 12,9% (pi sette punti percentuali) ma sufficiente modificare lanno di riferimento, ad esempio, e partire dal 2002 per sostenere che si sempre in presenza di un peggioramento ma molto pi contenuto passando il relativo tasso dall11,6 all12,9% del 2011; si potrebbe anche circoscrivere lanalisi tra lanno 2000 e lanno 2006 e sostenere che la posizione delle famiglie numerose nettamente migliorata passando il relativo tasso dall11,3 all8,1% o aggiungere al periodo lanno 2011 per sostenere, invece, che la posizione peggiorata. Anche per le famiglie numerose del centro la situazione sembra essere peggiorata essendo, il relativo tasso, passato dal 15,5% al 19,5 % ma se avessimo fermato lanalisi al 2007 avremmo sostenuto di essere in presenza di un miglioramento essendo il tasso di povert passato dal 15,5% del 1997 al 12,0% nel 2007; se lanalisi si sofferma su singoli anni le evidenze appaiono ancora pi contrastanti : tra lanno 2001 e 2000, ad esempio, il tasso perde pi di quattro punti per guadagnarne tre solo lanno successivo (tra il 2002 e il 2001) e perdere ben cinque punti lanno successivo (2003 su 2002) in cui il tasso passa dal 15,0% al 10,1%; tra il 2010 e il 2009 il tasso guadagna, invece, ben dieci punti percentuali passando dal 16,1% al 26,1% che si perdono, in buona parte, nel 2011. Gli andamenti non sono significativamente diversi nel mezzogiorno ove il relativo tasso oscilla tra un 30% (valore pi basso) del 2003 ad un 39% nel 2005 : in soli due anni il tasso guadagnerebbe ben nove punti percentuali; nel 2010 si colloca al 42,1% e al 45,2 nel 2011. Se si seguono le famiglie con tre o pi figli minori lanalisi ancora pi complessa perch il campione di riferimento si restringe sensibilmente per cui per diversi anni del periodo considerato lIstat non inserisce il dato sostenendo che il dato stesso non significativo a causa della scarsa numerosit; questo accade per la macroarea del nord e per gli anni 1999-2000-2003-2004-2005 ma il tasso sembra, in realt, essere altrettanto non significativo per gli altri anni: tra il 2007 e il 2006, ad esempio, il tasso raddoppia passando dall8,2% al 16,4%, per attestarsi al 12,4% nel 2011. Al centro la situazione ancora pi evidente poich la nota Istat ci dice che i tassi relativi al periodo considerato non sono mai significativi (simbolo *); i tassi sono invece tutti presenti nellarea del mezzogiorno ove, evidentemente, il campione un po pi numeroso. Ma al di l della presenza del dato tutti i tassi sembrano poco significativi poich non solo riescono ad oscillare, in dieci anni, da un valore minimo pari a 31,9 (2003) ad un valore massimo di 50,6 % (2011) ma anche a perdere e guadagnare punti velocemente da un anno allaltro. Tra il 2007 e il 2006, ad esempio, si perdono pi di dodici punti percentuali (da 48,9 si scende a 36,7) ma tra il 2004 e il 2003 si erano guadagnati nove punti percentuali.; al 2011 il tasso si attesta al 50,6%. Lanalisi potrebbe continuare per tutti gli spaccati presentati dallIstat che considera ben 21 varianti
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riferite, a loro volta, alle macro ripartizioni geografiche cos come

potrebbe continuare con riferimento allincidenza della povert a livello di regioni. Senza andare indietro nel
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Vedi nota n.41.

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tempo e soffermandoci solo agli anni 2006 e 2007, vorremmo poter capire come la regione Calabria possa aver perso, in un solo anno, quasi cinque punti percentuali (il relativo tasso passa dal 27,8% del 2006 al 22,9% del 2007) mentre la Sardegna ne guadagna ben sei (il relativo tasso passa dal 16,9% al 22,9%) o come il Molise possa perdere cinque punti percentuali e lEmilia e Romagna guadagnarne pi di due e la Liguria pi di tre. Tabella n. 2 Tassi di povert relativa Persona sola con 65 anni e pi
Anni 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Italia 16,3 14,1 15,4 13,2 13,5 13,3 12,9 13,7 11,7 12,6 12,0 10,7 10,2 8,9 10,1 Nord 11,6 8,5 8,4 8,7 7,3 7,7 7,5 6,8 5,8 8,2 7,5 4,6 4,9 4,7 5,4 Centro Mezzogiorno * 28,8 * 25,7 * 29,9 9,4 23,2 7,0 26,8 6,7 26,4 4,2 26,6 10 28,2 7,9 23,5 6,9 22,9 7,8 21,8 5,3 24,3 4,7 21,4 4,8 18,6 5,8 21,1 Anni 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Famiglie di 5 o pi componenti
Italia 22,3 22,7 22,9 24,3 24,5 23,4 21,1 23,9 26,2 24,3 22,4 25,9 24,9 29,9 28,5 Nord 5,9 8,3 7,3 11,3 9,5 11,6 10,5 9,1 10,7 8,1 12,2 12,8 11,2 14,9 12,9 Centro 15,5 13,1 14,1 16,2 11,9 15,0 10,1 10,2 15,5 15,4 12,0 18,1 16,1 26,1 19,5 Mezzogiorno 32,8 34,0 32,7 33,4 36,4 32,4 30,1 36,1 39,2 37,5 32,9 38,1 37,1 42,1 45,2

* dato non disponibile per la scarsa numerosit del campione

Famiglie con tre o pi figli minori nel Mezzogiorno Anni


1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

Tasso povert
36,2 38,0 37,2 33,7 37,0 32,9 31,9 41,0 42,7 48,9

36,7 38,8 36,7 47,3 50,6

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C un altro aspetto importante da sottolineare, nella dinamica del tasso di povert relativa, che risiede nella variabilit della linea della povert in presenza di fluttuazioni di breve periodo della spesa media procapite. Quando leconomia in una fase di espansione, ad esempio, aumenta la spesa media per consumi e, come conseguenza, si innalza la linea della povert (e, viceversa, quando leconomia ristagna e le spese per consumi crescono meno). Se lincremento della spesa per consumi si diffonde tra i diversi segmenti della popolazione in una misura pi o meno uniforme (come dattendersi nel breve periodo e dati i caratteri dellindagine posta alla base della stima del tasso di povert), il tasso di povert relativo rimane fondamentalmente stabile sia in presenza di crescita delleconomia che in presenza di stagnazione. Oscillazioni di rilievo si potrebbero avere solo in presenza di significativi movimenti nella distribuzione delle famiglie per classi di spesa. Se la spesa media delle classi a pi basso livello di reddito dovesse crescere molto pi di quella delle classi a reddito elevato, il tasso di povert si ridurrebbe e viceversa. Ma, poich, nelle distribuzioni usuali mancano di fatto le code della distribuzione stessa e dominanti sono, nellambito del campione di famiglie, le figure dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, probabile che le variazioni di spesa si muovano tutte nella medesima direzione ed in un campo di oscillazione relativamente contenuto. Da qui una probabile evidenza di una sostanziale stabilit dellindice di misurazione della povert relativa, come sembrano, daltra parte, mostrare i dati Istat. Analizzando i dati anno su anno, emerge anche un altro aspetto critico su cui riflettere; quando leconomia in una fase di crescita, molto probabile che cresca anche la spesa per consumi; quando questo avviene la linea della povert si innalza e, come conseguenza, determina una stima di tasso di povert superiore a quello rilevato, ad esempio, nellanno precedente. E ragionevole ipotizzare una crescita della povert in anni di crescita delleconomia ed una sua diminuzione in anni di stagnazione ? Probabilmente no; la trappola nella metodologia stessa che innalza la linea della povert quando leconomia cresce e la fa diminuire quando leconomia ristagna. Nellanno 2004, ad esempio, la spesa media pro-capite per consumi aumenta del 5,2% in termini monetari contro una variazione del 3,2% in base alle stime di contabilit nazionale; essendo la variazione sensibilmente diversa probabile che lindagine campionaria sulle spese per consumi abbia sofferto di un qualche inconveniente facendo aumentare la spesa media pro-capite in modo incoerente con le altre grandezze macroeconomiche. Ma laumento della spesa media pro-capite determina linnalzamento della linea della povert per una famiglia di due componenti da 874,74 euro (2003) a 919,98 euro (2004) (pi 5,2%) e linnalzamento spinge verso lalto il tasso di povert di quasi un punto percentuale : dal 10,8% all11,7% delle famiglie. Laumento un aumento reale o riflette le criticit della metodologia e della fonte da cui sono tratte le stime?

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4.3

Povert assoluta Nel 1995 la Commissione di indagine sulla povert e sull emarginazione, presieduta dallon. Carniti,

decide di affiancare agli indicatori di povert relativi fino ad allora prodotti dallIstat, ulteriori indicatori basati su una misura di povert assoluta. Per procedere in questa direzione era necessario, come visto in precedenza, predisporre un paniere di beni e servizi da porre a base del valore monetario della linea della povert. E poich la costruzione di un paniere presenta notevoli difficolt legate alla scelta e alla definizione dei beni e dei servizi da inserire, tenuto conto del contesto economico e sociale di riferimento,... la Commissione invit lIstat a costituire un apposito gruppo di lavoro composto da esperti accademici e da membri della stessa Commissione Povert, al fine di definire una metodologia adeguata..... per circa un anno furono presentate e discusse varie ipotesi, verificate empiricamente attraverso i dati della indagine sui consumi delle famiglie...e nel luglio del 1997 fu presentato lo studio di fattibilit per la costruzione del paniere relativo allanno 1995. Esattamente un anno dopo, nel luglio del 1998, la Commissione di indagine sulla povert fece propria la metodologia proposta: per la prima volta, il rapporto sulla povert in Italia present la stima della povert assoluta unitamente a quella della povert relativa. A partire dal 1999, su incarico degli organi di governo, lIstat ha avviato la pubblicazione annuale delle stime sulla povert relativa e assoluta sulla base delle metodologie approvate in sede di Commissione Povert 44. Per gli anni che vanno dal 1997 e sino al 2002 45, lIstat stima, quindi, anche la quota di famiglie in povert facendo riferimento ad un valore soglia definito in termini dincapacit di acquistare un paniere di beni e servizi essenziali. La struttura merceologica del paniere, definita nel 1997, rimane ferma per lintero arco di tempo, mentre il suo valore monetario viene rivalutato, di anno in anno, per tener conto della variazione del livello dei prezzi al consumo. Il paniere era strutturato in quattro grandi componenti: una alimentare, una per labitazione, una relativa alle quote di ammortamento per i principali beni durevoli (frigorifero, lavatrice e televisore a colori) ed una residuale, determinata in modo forfettario (una certa quota della spesa alimentare) per tenere conto di altre spese (trasporto, vestiario e calzature, cura della persona, cultura e attivit ricreative). Il paniere escludeva la spesa sanitaria e quella per listruzione, nellipotesi che le famiglie povere accedessero gratuitamente alla fornitura di tali servizi forniti dalle strutture pubbliche. Il paniere era, inoltre, diverso per ciascun componente della famiglia per tener conto della diversificazione dei bisogni al variare del sesso (maschio femmina ) e dellet. Le stime, interrotte nellanno 2003 per una revisione della metodologia, tornano ad essere pubblicate nel marzo 2009 con diverse innovazioni che rendono le due serie di dati non confrontabili tra loro. Nel
44 45

Istat (2004), La povert assoluta : metodologia di stima e prospettive future , Roma Dal 2003 la stima della povert assoluta non viene pi perseguita per la necessit di rivedere lintera metodologia , cfr., Istat 2004, op.cit.

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paragrafo successivo si presenta una sintesi della nuova metodologia ripresa direttamente dalla pubblicazione Istat.

4.4. Le nuove stime di povert assoluta


La rivisitazione della metodologia si concentra sui seguenti aspetti 46: individuazione delle aree di fabbisogno individuali/familiari e dei beni e servizi che le compongono; individuazione delle fonti per la valutazione dei costi dei beni e servizi inclusi nel paniere; definizione della soglia e sua rivalutazione nel tempo. Il principio cardine che sottende alla costruzione del nuovo paniere, differenziandolo dal vecchio, che i bisogni primari siano omogenei su tutto il territorio nazionale (a meno di differenze dovute a fattori esterni, come ad esempio le condizioni climatiche nel fabbisogno di riscaldamento), mentre i loro costi possano variare nelle diverse aree del Paese. Pertanto, il valore monetario del paniere e, quindi, la soglia di povert

assoluta varia sul territorio per ripartizione geografica e ampiezza del comune di residenza.
Nel nuovo paniere i fabbisogni individuali e familiari sono definiti utilizzando una classificazione per et pi dettagliata rispetto a quella utilizzata in precedenza e le soglie di povert assoluta, che prima venivano definite solo rispetto allampiezza familiare, ora sono calcolate per ogni singola famiglia, in relazione al numero e allet dei componenti. Infine, il valore monetario del paniere, definito per lanno 2005, non viene pi rivalutato con un unico indice generale, ma differenziando la dinamica dei prezzi rispetto al territorio e ai beni e servizi. 4.4.1 La definizione dei fabbisogni essenziali Per definire in modo adeguato i diversi fabbisogni stato necessario distinguere quali di questi possano essere soddisfatti a livello individuale e quali a livello familiare. Di volta in volta, si scelto di fare riferimento allindividuo o alla famiglia come unit di bisogno; tuttavia, laddove i bisogni sono stati definiti a livello individuale, si comunque pervenuti a una loro definizione a livello familiare, aggregando rispetto alle caratteristiche dei singoli componenti e tenendo conto delle eventuali economie di scala che possono essere realizzate al variare della composizione familiare. Sono state definite tre macrocomponenti : alimentare, abitazione, residuale. Nello specifico della componente

alimentare, si mantenuto lapproccio utilizzato nel vecchio paniere, facendo riferimento a diete
giornaliere variabili per et e sesso costruite in base ai livelli di assunzione raccomandati dai nutrizionalisti. Il fabbisogno abitativo, in termini di superficie minima ma adeguata, stato definito in base ad un decreto ministeriale del 5 luglio 1975 ed attualmente utilizzato dalle ASL come parametro per concedere labitabilit; cos, ad esempio, per una famiglia di un componente viene stimata come adeguata unabitazione che ha una superficie che oscilla tra i 28 e i 37 mq mentre per una famiglia di tre
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Fonte: Istat, La misura della povert assoluta, Metodi e Norme n.39, 2009

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componente la superficie oscilla tra i 42 e i 50 mq. La componente abitativa comprende anche la spesa per il riscaldamento, lenergia, il gas, e la quota di ammortamento dei beni durevoli ( tv a colori, lavatrice, frigorifero e cucina). Il fabbisogno energetico stato definito in base a uno studio condotto dallAutorit per lenergia elettrica, distintamente per numero dei componenti e combinazione di applicazione elettriche possedute dalla famiglia. Per quanto riguarda il riscaldamento, lipotesi inizialmente formulata, che voleva tenere conto della zona climatica, dei gradi giorno, della dimensione dellabitazione e della normativa in merito, avrebbe richiesto informazioni specifiche e non sempre disponibili, riguardo ad esempio ai prezzi praticati dalle diverse aziende distributrici o alle condizioni abitative, in particolare il grado di isolamento delle abitazioni. Limpossibilit di reperire le informazioni necessarie ha portato ad abbandonare tale ipotesi e a utilizzare i dati dellindagine sui consumi delle famiglie distinguendo il fabbisogno in base alla dimensione dellabitazione, alla tipologia familiare, allet dei componenti e alla zona di residenza. Tutti gli altri fabbisogni, necessari a proteggere le famiglie da forme di esclusione sociale, costituiscono, come nel vecchio paniere, la componente residuale. Le famiglie devono essere in grado di acquisire il minimo necessario per arredare e manutenere labitazione ( mobili, riparazioni, consumo dacqua, spese di condominio, detersivi, ecc), vestirsi, comunicare (spese di telefono), informarsi (giornali), muoversi sul territorio (abbonamenti autobus, metro, treno), istruirsi (quaderni e zaini) e mantenersi in buona salute. Per la componente residuale sono stati quindi individuati i singoli beni e servizi atti a soddisfare i suddetti bisogni essenziali, senza tuttavia definirne le specifiche quantit. Questultimo passaggio sarebbe risultato, infatti, piuttosto arbitrario in quanto non era possibile fare riferimento a specifiche normative (come, ad esempio, quella utilizzata per la dimensione congrua dellabitazione), provvedimenti (come quello utilizzato per il consumo energetico) o standard scientifici di riferimento (come quelli utilizzati per la definizione delle diete giornaliere) che permettessero di definire di quante paia di scarpe o di quanti spostamenti sul territorio si ha bisogno per evitare una condizione di povert assoluta. Nel vecchio paniere le spese per istruzione e sanit erano state escluse in quanto si supponeva totalmente a carico dello Stato; nel nuovo paniere, invece, sono state considerate inserendo, nella componente residuale, i beni e servizi che, dallanalisi della spesa per consumi, risultano effettivamente a carico della famiglia. Per quanto concerne la scuola fino alla secondaria superiore, il fabbisogno che la famiglia deve soddisfare con le proprie risorse si quindi limitato a quaderni, cancelleria e altro materiale di supporto (come zaini e astucci). Per la sanit, invece, tenendo anche conto dellofferta da parte del Servizio sanitario nazionale, sono risultati effettivamente a carico della famiglia: dentista, ginecologo, medicinali, attrezzature sanitarie e terapeutiche, assistenza a disabili e anziani. 4.4.2 La valutazione monetaria dei fabbisogni essenziali Una volta individuati i fabbisogni essenziali se ne definito il valore monetario utilizzando principalmente le informazioni sui prezzi al consumo e, laddove non disponibili, quelle relative alla spesa

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per consumi. Nellassegnare il valore monetario alle componenti del paniere, sulla base del costo di ciascun bene o servizio, si tenuto conto di tre aspetti fondamentali: i) ii) il prezzo dei beni e dei servizi pu variare sul mercato a seconda delle loro specifiche caratteristiche e della variet dellofferta; non tutte le famiglie hanno la stessa opportunit di acquistare allo stesso prezzo, sia per la differente articolazione dellofferta sul territorio, sia per la diversa capacit di spostamento che le caratterizza; iii) le famiglie con forti vincoli di bilancio acquistano al prezzo pi basso a cui sono in grado di accedere. Di conseguenza la valutazione del costo delle diverse componenti del paniere stata ottenuta attraverso lindividuazione del prezzo minimo accessibile per tutte le famiglie tenendo conto delle caratteristiche dellofferta nelle diverse realt territoriali e non del prezzo minimo assoluto. Entrando nel dettaglio delle singole componenti, il valore monetario di quella alimentare stato ottenuto creando dapprima una corrispondenza tra gli alimenti inseriti nel paniere e quelli considerati nella rilevazione dei prezzi al consumo. Il prezzo minimo accessibile, attribuito a ciascun bene, stato poi ottenuto, distintamente per le tre ripartizioni geografiche (Nord, Centro, Mezzogiorno), anche tenendo conto del tipo di distribuzione commerciale (hard discount, distribuzione moderna e tradizionale). Ci ha permesso di definire il valore del paniere alimentare per ogni individuo in una determinata classe di et e ripartizione. In base alle stime dellanno 2005 un adulto (18-59 anni), ad esempio, potrebbe ottenere una dieta minima ma adeguata spendendo 177 euro mensili al nord, 157 al centro e 150 nel mezzogiorno; un anziano ( pi di 75) spenderebbe, invece, 145 euro al nord, 129 al centro e 123 nel mezzogiorno. Una famiglia di tre componenti adulti potrebbe ottenere una dieta minima ma adeguata spendendo 408 euro mensili al nord, 362 al centro e 346 nel mezzogiorno mentre una di quattro componenti, costituita sempre da persone adulte, spenderebbe 508 euro mensili al nord, 450 al centro e 431 nel mezzogiorno. I costi di affitto sono stati stimati attraverso i dati dellindagine sui consumi delle famiglie, in quanto agli archivi del servizio prezzi non fornivano, per questa voce, informazioni sufficientemente dettagliate. Per ciascuna classe di ampiezza abitativa definita in termini di fabbisogno la stima stata ottenuta, sempre in unottica di prezzo minimo accessibile, per ripartizione geografica e ampiezza del comune di residenza. Unabitazione di 30 metri quadri avrebbe un costo, sempre con riferimento al 2005, di 310 euro al nord, 250 al centro e 125 nel mezzogiorno; unabitazione di 60 metri quadri ( per un nucleo di quattro componenti) avrebbe un costo di 398 euro al nord, 380 al centro e 250 nel mezzogiorno. Il valore monetario dei beni durevoli essenziali corrisponde alla quota di ammortamento dei singoli beni, ottenuta, per ripartizione geografica, come rapporto tra il loro prezzo minimo accessibile, rilevato dalla rilevazione dei prezzi al consumo, e la loro durata media, sulla base delle stime fornite dalla Mobiliare assicurazioni e previdenza.

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La determinazione della spesa per energia elettrica, relativa ad ogni singola dimensione familiare, stata calcolata applicando al fabbisogno energetico le tariffe in vigore nel 2005 47. Anche per il riscaldamento il valore monetario stato ottenuto attraverso la spesa per combustibili rilevata con lindagine sui consumi delle famiglie. Distintamente per ciascuna ripartizione geografica di residenza e relativamente alle classi di ampiezza abitativa, la stima ha tenuto conto del numero e dellet dei componenti. La spesa residuale dipende fortemente dalle caratteristiche individuali dei componenti della famiglia, sia nel livello che nella composizione, ed meno sensibile alleffetto delle economie di scala di quanto lo siano le spese per labitazione, il riscaldamento, le utenze domestiche o lacquisto di beni durevoli. Di conseguenza, si ipotizzato, come nel vecchio paniere, che la componente residuale risenta della composizione familiare in maniera simile a quella alimentare. Sulla base dellassociazione osservata, a livello familiare, tra spesa alimentare e spesa residuale, cos come rilevate con lindagine sui consumi delle famiglie, sono stati stimati dei coefficienti moltiplicativi che, applicati al valore monetario della componente alimentare, forniscono quello della componente residuale. Sempre con riferimento al 2005, un single potrebbe spendere, per quellinsieme di beni e servizi inclusi nella quota residuale, 138 euro mensili al nord, 123 al centro e 118 nel mezzogiorno; una famiglia di tre componenti adulti potrebbe spendere 317 euro mensili al nord, 283 al centro e 271 nel mezzogiorno mentre una di quattro componenti, costituita sempre da persone adulte, spenderebbe 398 euro mensili al nord, 356 al centro e 341 nel mezzogiorno. 4.4.3 La soglia di povert assoluta e la sua rivalutazione nel tempo La soglia di povert assoluta corrisponde al valore monetario del paniere complessivo ottenuto per somma diretta dei valori monetari delle diverse componenti. Per costruzione, quindi, la soglia di povert assoluta varia per tipologia familiare (dimensione ed et dei componenti della famiglia), per ripartizione geografica e per dimensione del comune di residenza. Le famiglie con spesa per consumi inferiore o pari al valore della soglia sono classificate come assolutamente povere. Le soglie di povert assoluta per gli anni successivi al 2005 sono state stimate utilizzando appropriati indici dei prezzi. In particolare, data la disaggregazione utilizzata in fase di stima e diversamente da quanto veniva fatto con il vecchio metodo, la rivalutazione dellintero paniere stata effettuata applicando al valore monetario delle singole voci di spesa la variazione di specifici indici dei prezzi al consumo. Poich la dinamica dei prezzi al consumo pu essere diversa sul territorio, la rivalutazione di tutte le voci stata effettuata distintamente per ripartizione geografica. Due osservazioni sono importanti in merito allanalisi temporale della povert assoluta. In primo luogo, lidentificazione delle aree di bisogno primario, gli specifici beni e servizi da includere in tali aree e i metodi per la determinazione del valore monetario del nuovo paniere presentano innovazioni di grande
47

Sempre con riferimento al 2005, un single potrebbe spendere di energia annualmente 120 euro, una famiglia di tre componenti 224 euro ed una di quattro 252 euro; cfr. Istat, op.cit.

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rilievo rispetto al metodo usato in precedenza. Ci interrompe in maniera netta la continuit della serie storica degli indicatori di povert assoluta e impedisce che si possano trarre valutazioni sulla dinamica del fenomeno dal confronto congiunto tra le due serie. In secondo luogo, le ipotesi sottostanti la costruzione di un paniere di povert, anche se assoluta, rimangono legate al contesto socioeconomico di riferimento. Esse riflettono le modalit di erogazione di servizi, come ad esempio quelli sanitari o di istruzione, o la diffusione di nuovi beni di consumo, come il telefono cellulare. In altre parole, sebbene le aree di fabbisogno (nutrirsi, abitare, vestirsi, comunicare, muoversi sul territorio, istruirsi, mantenersi in buona salute) possano essere considerate pressoch invarianti nel tempo, la natura, la qualit e la quantit dei beni con cui questi possono essere soddisfatti varia sul territorio e nel tempo. In termini pratici, peraltro, queste considerazioni suggeriscono lopportunit di procedere alla rivalutazione del paniere nel tempo verificando per, periodicamente, la validit delle ipotesi sottostanti il calcolo delle soglie di povert assoluta.

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Tabella n. 3 Soglie di povert assoluta per alcune tipologie familiari, anno 2011 (valori approssimati) Tipologia familiare
Area metropolitana
(oltre 250.000 abitanti)

nord
Grandi comuni
(oltre 50.000 abitanti)

centro
Piccoli comuni
(meno di 50.000 abitanti)

mezzogiorno
Piccoli comuni Area metropolitana Grandi comuni Piccoli comuni

Area metropolitana

Grandi comuni

un
componente 18-59 et

784

747

703

758

718

673

581

561

526

due
componenti 18-59

1.082

1.036

985

1.032

984

930

825

802

761

tre
componenti 18-59

1.348

1.295

1.237

1.277

1.222

1.160

1.044

1.018

973

quattro
componenti 18-59

1.623

1.558

1.487

1.534

1.466

1.391

1.259

1.228

1.175

cinque
componenti 18-59

1.872

1.797

1.717

1.764

1.686

1.601

1.456

1.421

1.363

Fonte : Istat, op.cit. 4.4.4 La stima della povert assoluta nel 2011 Lincidenza della povert assoluta, a livello nazionale, risulta pari al 5,2% per cento delle famiglie (4,6 nel 2010); in altre parole, il 5,2 per cento delle famiglie residenti in Italia (un milione e 297 famiglie) presenta un valore di spesa per consumi mensile pari o inferiore al valore delle diverse soglie di povert assoluta. Le incidenze si differenziano rispetto alle caratteristiche familiari e alla zona di residenza. In particolare la povert assoluta pi diffusa tra le famiglie del Mezzogiorno (8,0 per cento) ( 3,7% per nord e 4,1% per il centro) e cresce allaumentare dellampiezza familiare, raggiungendo l12,3 per cento tra le famiglie di cinque componenti o pi. Lanalisi per ampiezza pu essere approfondita guardando alle tipologie familiari. Gli anziani soli hanno un tasso superiore (6,8%) al valore medio e quasi doppio di quello osservato per i single pi giovani (3,5 per cento). Lelevata incidenza osservata tra le famiglie pi ampie

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determinata dalla presenza, tra queste, delle coppie con tre o pi figli (lincidenza pari al 10,4 per cento) e delle famiglie di altra tipologia, con membri aggregati, dove convivono pi di due generazioni (10,4 per cento).
Tabella n.4
Indicatori di povert assoluta Anni 2010-2011, migliaia di unit e valori percentuali Nord 2010 Migliaia di unit famiglie povere famiglie residenti persone povere 435 12.027 454 12.163 1.096 27.578 3,7 4,0 187 4.932 539 11.823 3,8 4,6 203 4.988 491 11.885 4,1 4,1 534 7.939 1.608 20.802 6,7 7,7 640 8.014 1.828 20.824 8,0 8,8 1.156 24.898 3.129 60.005 4,6 5,2 1.297 25.165 3.415 60.287 5,2 5,7 2011 Centro 2010 2011 Mezzogiorno 2010 2011 Italia 2010 2011

982 persone residenti 27.380 Incidenza della povert (%) 3,6 Famiglie Persone Famiglie 3,6 Intensit della povert (%) 17,2

16,4

17,3

18,4

18,6

18,8

17,8

17,8

Tabella n.5 Incidenza di povert assoluta per alcune tipologie familiari 2010 Ampiezza della famiglia 1 componente 2 componenti 3 componenti 4 componenti 5 o pi componenti Tipologia familiare persona sola con meno di 65 anni persona sola con 65 anni e pi coppia con p.r. (a) con meno di 65 anni coppia con p.r. (a) con 65 anni e pi Famiglie con figli minori con 1 figlio minore con 2 figli minori con 3 o pi figli minori 3,9 5,8 11,9 5,7 5,8 10,9 2,8 5,7 1,9 3,8 3,5 6,8 2,6 4,3 4,3 3,6 4,1 5,7 10,7 5,1 4,1 4,7 5,2 12,3 2011

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4.5 Povert soggettiva Con riferimento allanno 2002, lIstat stima anche il tasso di povert soggettiva basata sullautopercezione degli intervistati riguardo la loro situazione economica in termini di maggiori o minori difficolt nellacquisto di determinati beni e servizi (beni alimentari, cure mediche, pagamento delle bollette, ecc). Da questindagine48 emerge che la povert soggettiva percepita in maniera pi contenuta rispetto alla povert relativa : il tasso di povert soggettiva coinvolgerebbe l 8,7% delle famiglie a fronte dell 11% riferito sempre allanno 2002, con una variabilit significativa a livello territoriale nel senso che al Nord il tasso di povert soggettiva (7,7%) maggiore di quello che fa riferimento alla povert relativa ( 5,0%) mentre al Centro e soprattutto nel Mezzogiorno il tasso nettamente inferiore ( 12,1 contro il 22,4 nel Mezzogiorno ). La percezione della povert soggettiva , anche, correlata positivamente alla dimensione comunale, raggiungendo il suo valore pi elevato nelle metropoli dove il mantenere uno standard di vita adeguato pu essere pi costoso per la diversit dei prezzi dei beni e servizi e per i possibili confronti che si possono stabilire tra gruppi sociali pi diversificati. 4.6 Poverissimi

Come si detto in precedenza, i gruppi sociali pi poveri sfuggono alle rilevazioni Istat per una molteplicit di difficolt oggettive per cui non si hanno indicazioni quantitative e qualitative su di loro a valenza nazionale. Solo nellottobre 2012 lIstat rende noti i risultati della prima rilevazione ufficiale sulla condizione delle persone senza fissa dimora, realizzata a seguito di una convenzione tra lIstat, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e la Caritas italiana. La rilevazione ha riguardato le persone che, nei mesi di novembre-dicembre 2011, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani in cui stata condotta lindagine. Sulla base di tale rilevazione le persone in condizione di estremo disagio vengono stimate in 47.648. Tale stima esclude, tra laltro, quanti, tra le persone senza dimora, nel mese di rilevazione non hanno mai mangiato presso una mensa e non hanno mai dormito in una struttura di accoglienza, nonch i minori, le popolazioni Rom e tutte le persone che, pur non avendo una dimora, sono ospiti, in forma pi o meno temporanea, presso alloggi privati (ad esempio, quelli che ricevono ospitalit da amici, parenti, ecc.). Chi sono? Quasi il 90% dei senza fissa dimora censiti sono uomini, il 57,9% ha meno di 45 anni e i due terzi hanno la licenza media inferiore. Solo il 28,3% lavora e quasi il 60% straniero. Tra gli stranieri, le cittadinanze pi diffuse sono la rumena (11,5%), la marocchina (9,1%) e la tunisina (5,7%). In media gli stranieri sono pi giovani degli italiani: il 46,5% ha meno di 35 anni. Il fatto di essere pi giovani si associa per gli stranieri anche con titoli di studio pi elevati: il 43,1% ha un diploma di scuola media superiore (il 9,3% ha una laurea) contro il 23,1% degli italiani. In media le persone

48

Istat 2003, La povert e lesclusione sociale nelle regioni italiane, Anno 2002, Roma

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senza dimora dichiarano di trovarsi in questa condizione da 2,5 anni. Quasi i due terzi prima di diventare senza dimora vivevano nella propria casa, mentre solo il 7,5% non ha mai avuto una casa. Tra coloro che si sono rivolti a un servizio il 58,5% vive nel Nord, mentre poco pi di un quinto (22,8%) vive al Centro e solo il 18,8% vive nel Mezzogiorno. Le percentuali pi elevate osservate al Nord dipendono dalla maggiore concentrazione dei senza dimora nei grandi centri: il 44% delle persone senza dimora utilizza servizi con sede a Roma (27,5%) o Milano (il 16,4%). Il 61,9% delle persone senza dimora finito in strada dopo aver perso un lavoro stabile, mentre il 59,5% dopo essersi separato dal coniuge o dai figli.

La crisi, la social card comunale, la povert estrema Natale 2008 : bonus da 100 euro per i pi poveri a Roma,
Il Comune di Roma ha stanziato un milione di euro per distribuire 10.000 buoni del valore di 100 euro da distribuire agli anziani con 65 anni e pi e con un reddito inferiore ai 5.800 euro lordi annui per lacquisto di generi alimentari La met di tali buoni ( 5.000) saranno distribuiti dagli uffici postali , laltra met direttamente alle famiglie in stato di disagio economico attraverso la Caritas e la Comunit di S Egidio Il bonus sar costituito da 4 mini bonus del valore di 25 euro e dovr essere speso in alcuni supermercati della capitale convenzionati. 27 dicembre 2008 : Roma, rogo in una baracca, madre e figlio morti abbracciati : Il padre, romeno, era da alcuni anni in Italia e lavorava come manovale; per un paio danni era riuscito ad abitare in un appartamento insieme ad alcuni connazionali, poi gli affitti sono aumentati mentre la paga era sempre la stessa e cos ha dovuto lasciare lappartamento ed andare ad abitare in una delle tante baracche che circondano la citt; al momento della tragedia era al lavoro e la moglie con il bambino erano venuti solo per qualche giorno, per trascorrere insieme il Natale. Faceva molto freddo quel giorno in quella baracca cos la moglie ha acceso un fuoco per riscaldarsi e in un momento stato linferno con fiamme altissime che hanno distrutto la baracca e carbonizzato la madre e il piccolo di tre anni. Il padre voleva solo lavorare e dare un futuro alla moglie e al figlio. Poche ore pi tardi si sfiora nuovamente la tragedia in unaltra baracca per unaltra romena con i suoi tre figli; la baracca va in fiamme ma i romeni si salvano.

La social card nazionale e il bonus famiglie povere


A partire da dicembre 2008 viene distribuita la social card, la carta pre pagata ideata dal Ministro dellEconomia G. Tremonti per dare sostegno ai pi poveri nellacquisto di generi di prima necessit: dal primo dicembre saranno consegnate delle tesserine magnetiche e gli interessati, circa un milione, potranno fare le prime spese, a prezzi scontati, con le nuove tesserine. Loperazione stata approvata dal Parlamento con la manovra finanziaria del luglio 2008 ed ha come fonte di finanziamento laumento di tassazione prevista per le Banche e le societ petrolifere e con donazioni da parte di grandi enti pubblici come lEni e lEnel. La platea degli aventi diritto sar individuata dallINPS, occorrer avere pi di 65 anni o essere un nucleo con figli di et inferiore ai tre anni, un reddito inferiore ai 6.000 euro annui ( 8.000 per gli anziani di et pari o superiore ai 70 anni) ed appartenere alla categoria degli incapienti avere cio un reddito talmente basso che non pu essere raggiunto da sconti o deduzioni fiscali. Inoltre occorrer avere una sola autovettura ed un Isee inferiore ai 6.000 euro, dal modello Isee non devono emergere seconde case o un patrimonio mobiliare superiore ai 15.000 euro. In presenza dei requisiti richiesti lInps (prevalentemente per gli anziani pensionati) invier a domicilio la carta che non avr impresso il nome del

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beneficiario (per il rispetto della privacy) ma un codice. Ogni carta sar caricata per 480 euro allanno per beneficiario (costo delloperazione 480 milioni se i beneficiari raggiungeranno il milione); per lanno 2010 tutto dipender dalle risorse che affluiranno sullapposito Fondo per il finanziamento della carta. Benefici aggiuntivi : sconti sulle tariffe del gas e della luce e sconti del 20% sugli acquisti effettuati con la carta in strutture convenzionate con il Ministero dellEconomia e delle Finanze. Un marchingegno complicato, nella misura in cui riguarda prevalentemente persone anziane e povere (pensionati sociali), e costoso, in termini di costi amministrativi per il gestore e per il beneficiario, che poteva essere sostituito con strumenti pi semplici come, ad esempio, un bonus una tantum da inserire nella pensione di dicembre come era gi avvenuto in passato (una sorta di 14esima mensilit) oppure con un aumento duraturo della pensione una volta preso atto delle difficolt che possono incontrare gli anziani o le famiglie con figli minori a vivere con meno di 600 euro al mese.
Accanto alla social card il decreto legge 185 del 29 novembre 2008 ha anche stabilito di erogare un bonus famiglia alle famiglie povere che verr versato in ununica somma allinizio del 2009 ed avr un importo variabile dai 200 ai 1.000 euro a seconda della composizione del nucleo familiare e del reddito complessivo Irpef (si stima un costo pari a circa due miliardi di euro).

5. La povert relativa in Europa


Nella definizione comunitaria un individuo considerato povero ( o a rischio di povert, come si preferisce sostenere oggi a livello europeo) se ha un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano nazionale equivalente 49.

Lindicatore di povert comunitario , quindi, diverso da quello adottato nel nostro paese, perch:
1. Si basa sui redditi invece che sulla spesa per consumi; 2. utilizza una diversa scala di equivalenza, la cos detta. scala OCSE modificata, che a differenza della scala di equivalenza Carbonaro differenzia i pesi a seconda dellet dei componenti il nucleo familiare (1 al primo adulto, 0,5 agli altri, 0,3 ai minori di 14 anni); 3. pone la soglia al 60% della mediana dei redditi familiari equivalenti ( poich le distribuzioni dei redditi sono usualmente asimmetriche a sinistra, il valore mediano inferiore al valore medio e, quindi, indicare il 60% del valore mediano corrisponde, grossomodo, al 50% del valore medio), invece che al 60% della spesa per consumi medi pro-capite (per una famiglia di una persona) come avviene secondo la metodologia nazionale 4. calcola lincidenza della povert sugli individui, a differenza di quanto accade in Italia ove il riferimento , prevalentemente, ai nuclei familiari. Queste differenze metodologiche si riflettono, ovviamente, nella quantificazione del fenomeno dando, ad esempio e con riferimento al nostro paese, quote di individui in povert che oscillano tra il 19 e il 20% contro l 11 13% stimato con riferimento alle spese per consumi. In base alle pi recenti stime ( che risalgono al 2010) 50 il 16,4% della popolazione vive a rischio di povert; presentano ( anche se occorre sottolineare la difficolt nelle stime e nella confrontabilit dei dati) quote inferiori al valore medio i Paesi Nordici e Continentali; valori superiori lItalia (18,2% della
La distribuzione familiare dei redditi viene tradotta ( con coefficienti di correzione legati alla scala di equivalenza) in distribuzione familiare equivalente e, quindi, in distribuzione dei redditi equivalenti individuali. Partendo da tale distribuzione si calcola il reddito mediano individuale equivalente; il 60% di tale valore viene, quindi, a rappresentare la soglia di povert per lindividuo. 50 CIES, Commissione dIndagine sullesclusione sociale, Rapporto sulle politiche contro la povert e lesclusione sociale, Anno2011, Roma 2012.
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popolazione), Grecia (20,1 per cento), Spagna (20,7 per cento), Portogallo (17,9 per cento) e Polonia (17,6 per cento) ( vedi tavola 3.1 di fonte Commissione dIndagine sullesclusione sociale). Accanto alle persone a rischio di povert, lEurostat stima anche il numero di persone in grave deprivazione materiale e il numero di persone che vivono allinterno di nuclei familiari fortemente caratterizzati dalla sottoccupazione. Le persone in grave deprivazione materiale sono persone che non possono permettersi beni considerati essenziali per condurre una vita dignitosa in Europa e sono coloro che dichiarano almeno quattro deprivazioni su nove tra: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo); non potersi permettere 3) una settimana di ferie lontano da casa in un anno 4) un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, 5) di riscaldare adeguatamente labitazione; non potersi permettere lacquisto di 6) una lavatrice, 7) un televisione a colori, 8) un telefono o 9) unautomobile. Le persone che vivono allinterno di nuclei familiari fortemente caratterizzati dalla sottoccupazione sono coloro che vivono in famiglie in cui nessuno lavora - o in cui i membri della famiglia lavorano molto poco - ma che non necessariamente percepiscono un reddito molto basso. Dalla sintesi dei tre indicatori deriva un quarto indicatore dato dalla quota di persone a rischio di povert o esclusione, che cio sperimentano almeno una delle situazioni individuate dai tre indicatori precedenti. Considerando questo quarto indicatore lEurostat stima, sempre con riferimento allanno 2010, in 23,4% la quota di individui collocati in famiglie a rischio di povert o esclusione sociale come media UE a 27 paesi (115 milioni di europei) . Anche in questo caso lItalia presenta un valore (24,5% della popolazione, pari a 14,7 milioni di individui) pi elevato della media europea; livelli superiori a quello italiano caratterizzano Grecia (27,7 per cento), Polonia (27,8 per cento) e Portogallo (25,3 per cento), ad esempio. Valori inferiori al valore medio si riscontrano nei Paesi Nordici e Continentali 15,0%, Danimarca 18,3%, Francia 19,3, Germania 19,7, ecc)( ( vedi tavola 3.1). Il rischio di povert tende ad essere significativamente pi elevato per i disoccupati (in mancanza di un sostegno adeguato le persone che rimangono a lungo disoccupate tendono a perdere le loro competenze ed ad avere minori probabilit di rientrare nel mercato del lavoro), per gli immigrati (essere occupati in posti di lavoro insicuri, a bassa qualit e scarsamente retribuiti pu portare ad una povert persistente), per le famiglie monoparentali (soprattutto con capofamiglia donna), per gli anziani che vivono da soli (soprattutto donne), per le famiglie numerose con figli minori.52
51

( Svezia

Cfr. CIES, Commissione dIndagine sullesclusione sociale, op.cit. pag.96. In alcuni paesi, come Danimarca e Paesi Bassi, la quota di giovani tra i 16 e i 24 anni in condizioni di povert particolarmente elevata e ci dipende dal fatto che, in questi paesi, molti giovani lasciano la loro famiglia di origine prima di aver raggiunto una posizione stabile nel mercato del lavoro.
52

51

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6. Le politiche possibili
Le politiche di contrasto alla povert relativa ed assoluta dovrebbero essere portate avanti lungo due direttrici : una macro ed una micro. A livello macro occorre, come sostiene, tra laltro e come vedremo la Comunit Europea, un grande sforzo di coordinamento tra le politiche per loccupazione ( incremento del tasso di occupazione delle donne, dei giovani e degli anziani, per rafforzare il reddito familiare), per la formazione ( per evitare il formarsi di disoccupati di lungo periodo e/o per ampliare i caratteri delloccupabilit ) e per la riduzione del carico fiscale che grava sui lavoratori a bassa qualifica ( politica fiscale selettiva per garantire una retribuzione netta adeguata ai lavoratori con bassi salari ) e sulle famiglie numerose; per le persone impossibilitate a svolgere unattivit lavorativa, una politica nazionale di reddito minimo, presente in tutti i paesi europei tranne che in Italia e in Grecia. A livello micro occorrono interventi coordinati a livello locale affinch ci sia unadeguata offerta di servizi sociali per gli anziani (dallassistenza domiciliare53, alla predisposizione di centri diurni di assistenza, di day hospital, di centri residenziali, di case di riposo, ecc) e per i bambini ( asili nido54, centri diurni, centri estivi, ecc ), quali strumenti di integrazione del reddito (individuale e familiare) e precondizioni, per le donne con figli, di accesso al mercato del lavoro con effetti positivi sul reddito familiare. In altri termini, il reddito e il benessere generale dei diversi segmenti di popolazione che costituiscono laggregato povert possono essere significativamente migliorati offrendo loro un efficace ed efficiente struttura di servizi sociali dallistruzione, alla sanit, alledilizia pubblica. Nulla di pi e di diverso da quanto prospettato nel lontano 1942 da Beveridge (vedi terzo modulo). Naturalmente il mercato potrebbe non essere in grado di assicurare un occupazione per tutti coloro disposti a lavorare ed allora dovrebbe essere lo Stato, e per lui lente locale, a fungere da datore di lavoro di ultima istanza se ci si vuole muovere verso una politica sociale attiva e non assistenziale in cui lintervento dello Stato, nellerogare un sussidio limitato dalla disponibilit delle risorse pubbliche ( sufficiente riflettere sulla social card di questi anni), non farebbe che istituzionalizzare la povert, al di l degli ulteriori effetti negativi che possono essere vissuti dagli individui e dalle famiglie che verrebbero di fatto escluse dalla vita politica e sociale del paese. Come si sosteneva, ad esempio, nel primo rapporto sulla povert in Italia, nel lontano 1985 e con riferimento alle opportunit di lavoro che si possono ideare a livello locale, : non si tratta di scavare buche e poi di riempirle, ma di procedere a una modernizzazione infrastrutturale del paese mobilitando, a costi sostenibili per il bilancio pubblico,
53

Secondo dati Istat (Rapporto sulla Situazione del Paese, 2011)gli anziani assistiti a domicilio, seppure aumentati in valore assoluto, sono rimasti una quota costante, pari solo all1,6 per cento della popolazione totale di ultra sessantaquattrenni.
54

Sempre secondo dati Istat (Rapporto sulla Situazione del Paese, 2011, pag.203), e nonostante gli sforzi compiuti dai vari livelli istituzionali per incrementare i servizi per la prima infanzia, la quota di domanda soddisfatta ancora molto limitata rispetto al potenziale bacino di utenza: la percentuale di iscritti agli asili nido pubblici sui bambini residenti fra zero e due anni passata dal 9,0 per cento nel 2004 all 11,3 nel 2009 contro il 33% fissato come obiettivo dalla Comunit Europea.

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quelle risorse che altrimenti rimarrebbero inoperose. Assetto del territorio e ricerca di una sua maggiore produttivit, protezione dellambiente, strutture urbane e metropolitane, trasporti, turismo, edilizia abitativa, riorganizzazione dei servizi forniti dallo Stato e dagli enti locali, sono i molteplici campi in cui lesercito dei disoccupati pu trovare utilizzi temporanei. . . 55 . Da allora ad oggi la situazione non molto diversa e la stampa quotidiana ne offre drammatiche esemplificazioni giorno dopo giorno che vanno dai barboni che continuano a morire per freddo ai primi freddi di stagione, alle difficolt di trovare alloggi accessibili ai lavoratori a reddito medio - basso, ai giovani che vorrebbero poter uscire dalla casa di famiglia; di trovare disponibilit di case di riposo per anziani non autosufficienti o, anche, parzialmente autosufficienti, di nidi pubblici, di strutture di socializzazione per giovani, alle lunghe liste di attesa per gli interventi nel campo della salute, per lassistenza domiciliare, e cos via. Si tratterebbe, in altri termini, di avviare una sorta di Piano Marshall in campo sociale cos come stato attuato negli Usa sul finire degli anni cinquanta e come rivendicano, da alcuni anni, i sindaci delle metropoli americane e di alcune grandi citt del nostro paese per impedire il degrado urbano e il consolidarsi delle profonde fratture sociali e civili allinterno della comunit. Certo, in tempi di manovre fiscali restrittive, muoversi in questa direzione potrebbe apparire unutopia ma potrebbe anche non essere unutopia se gli interventi fossero considerati come investimenti per la crescita, per la crescita di un Paese non solo pi efficiente ma anche pi solidale. In conclusione, le politiche nazionali, comunque definite e sempre pi coordinate a livello europeo, andrebbero ulteriormente integrate, coordinate e gestite a livello locale e ci consentirebbe, anche, una conoscenza del fenomeno povert meno approssimativo e pi puntuale rispetto a quello che si coglie nelle elaborazioni che fanno riferimento ad indagini che hanno obiettivi diversi come quello della rilevazione delle spese per consumi delle famiglie e/o che in ogni caso non sarebbero in grado di cogliere gli aspetti e le situazioni di pi grave disagio (i poverissimi).

7. La strategia europea di lotta alla povert


Nelle sue linee essenziali la strategia europea comune di lotta alla povert non diversa da quella appena ipotizzata e prevede sette priorit:: 1. aumentare la partecipazione degli individui al mercato del lavoro, considerando loccupazione come fattore chiave per linclusione sociale, per avere un adeguato standard di vita e per maturare i benefici previdenziali per una serena vecchiaia; 2. modernizzare il sistema di protezione sociale : assicurare a tutti laccesso alle prestazioni sociali senza disincentivare il lavoro;

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Presidenza del Consiglio dei Ministri 1987, op.cit.

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3. eliminare gli svantaggi nellistruzione e nella formazione: prevenire gli abbandoni scolastici, facilitare la transizione dalla scuola al mercato del lavoro, sostenere i gruppi pi deboli (gli immigrati, ad esempio), promuovere la formazione continua, e cos via; 4. combattere la povert dei bambini : i bambini inseriti in nuclei familiari poveri hanno, naturalmente, una pi alta probabilit di permanere in una condizione di povert per bassi livelli di formazione e, quindi, per una pi alta probabilit a rimanere disoccupati o accedere a lavori di bassi salari; 5. assicurare abitazioni consone : in diversi Paesi membri il fenomeno dei senza fissa dimora ancora molto diffuso; pi in generale, occorre che ledilizia pubblica torni ad occuparsi dei gruppi pi vulnerabili; 6. migliorare laccesso ai servizi : accesso alla salute, alle cure di lungo termine (anziani), ai servizi sociali, ai trasporti, ecc; 7. vincere la discriminazione e aumentare lintegrazione delle persone disabili, delle minoranze etniche (rom) e degli immigrati. Questa strategia comune , quindi, inserita nei NAP/inclusivi
56

di ciascun Stato Membro e,

naturalmente, nelle sue specificit varia da Stato a Stato per tener conto delle condizioni iniziali e del sistema di welfare presente. La Danimarca, ad esempio, concentra la sua politica di lotta alla povert sulla componente immigrati; il Portogallo sulleliminazione della povert infantile e nel potenziare ledilizia popolare per consentire la disponibilit di un alloggio a coloro che vivono in baracche (80.000 individui) nelle aree urbane e suburbane; il Regno Unito sulleliminazione della povert infantile e sul risanamento dei quartieri problematici , e cos via. Per quanto riguarda lItalia, ci si impegnati, ad incentivare la partecipazione al mercato del lavoro delle persone gravemente disabili, dei disoccupati di lungo periodo, dei lavoratori con et superiore ai 50 anni e delle donne residenti in aree dove il tasso di disoccupazione particolarmente elevato (mezzogiorno). Nellincontro del 7 marzo 2011, i capi di Stato o di governo dellUE si sono impegnati a sottrarre almeno 20 milioni ( su 80) di persone al rischio di povert ed esclusione sociale entro il 2020. (Strategia Europa 2020). Con quali strumenti? Con un rapido ritorno alla crescita e politiche ben concepite in tema di occupazione e istruzione57. Le politiche occupazionali dovranno garantire una retribuzione dignitosa a chi ha un impiego, per contrastare la povert tra coloro che comunque hanno gi un lavoro ed aiutare i giovani e le donne ad accedere al mercato del lavoro. Poich le persone poco qualificate hanno un tasso di povert superiore al valore medio, le politiche in campo dellistruzione dovranno essere in grado di interrompere la trasmissione intergenerazionale della povert ( tra gli 80 milioni di persone a rischio di
56 La strategia di Lisbona del 2000 prevedeva che ciascun Paese Membro redigesse un NAP (National Action Plans) ( Piano Nazionale dazione) triennale per linclusione sociale per contrastare la povert . 57 Cfr. Comitato per la protezione sociale, 2011, op.cit.

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povert ben 25 milioni sono bambini) e garantire laccesso allapprendimento permanente. E anche essenziale assicurare servizi socio-sanitari di elevata qualit per prevenire lesclusione sociale. Unattenzione particolare andrebbe rivolta a coloro che vivono situazioni di esclusione abitativa ( i senza fissa dimora, gli immigrati, i rom, ecc). 8. Reddito Minimo e Reddito Minimo di Inserimento 8.1 Premessa Il reddito minimo dinserimento (RMI)58, quale strumento di contrasto della povert e fortemente auspicato dalla Comunit Europea fin dal 1984, una forma di sostegno alle famiglie che versano in gravi condizioni economiche e viene erogato, a differenza di un reddito minimo tout court, a fronte di un impegno da parte di chi lo riceve a seguire corsi di qualificazione, di inserimento professionale e sociale, scolastico, in lavori di utilit sociale, e cos via. una misura di assistenza attiva (orientata cio a impegnare e valorizzare le risorse individuali e familiari degli interessati su obiettivi e attivit con loro concordate) che prevede unintegrazione al reddito per le persone che, per qualunque ragione, si trovano al di sotto della soglia di povert ed accompagnata da un progetto di reinserimento sociale. Il Reddito Minimo dInserimento stato introdotto nel nostro Paese in forma sperimentale nella Finanziaria del 1998; lo scopo della sperimentazione era verificare le condizioni di fattibilit finanziaria ed organizzativa del nuovo istituto; la Legge Finanziaria 2001 ha ulteriormente allargato, per il biennio 2001-2002, il numero dei Comuni in cui era possibile sperimentare il RMI. Il Patto per lItalia stipulato tra il nuovo governo (Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi) e i sindacati (con leccezione della CGIL) nel luglio 2002, blocca la sperimentazione affermando, al paragrafo 27, che la sperimentazione biennale 1998-2000 ha consentito di verificare limpraticabilit di individuare, attraverso la legge dello Stato, soggetti aventi diritto ad entrare in questa rete di sicurezza sociale. Appare, perci, preferibile realizzare una nuova forma di reddito minimo ed una nuova forma di finanziamento dellistituto responsabilizzando le regioni; in tal senso lo Stato potrebbe cofinanziare, con una quota delle risorse del Fondo per le Politiche Sociali, programmi regionali finalizzati a garantire un reddito essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito. Come conseguenza si pone fine alla sperimentazione (legge finanziaria 2004); si modifica listituto stesso trasformandolo in Reddito Minimo di ultima istanza inteso quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di inserimento sociale destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale e i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro.

58

Il reddito minimo o il reddito minimo dinserimento o il reddito minimo garantito sono strumenti di politica assistenziale (sono soggetti alla prova dei mezzi ed intervengono ex-post) ed hanno una finalit diversa dal reddito di cittadinanza o basic income che dovrebbe essere (esiste solo in Alaska) una misura universale ed incondizionata (diretta, cio, a tutti) che opera exante per migliorare la distribuzione del reddito e dare maggiore fluidit al mercato del lavoro.

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La sua istituzione viene lasciata alle Regioni (con la modifica al titolo V della Costituzione, legge costituzionale n.3 del 2001, la totale competenza sulle attivit sociali viene trasferita alle Regioni )59 mentre lo Stato si limita a co-finanziarla. Dellistituto del RMI del 1998 si riprendono alcuni aspetti dinteresse poich, nel frattempo, diverse Regioni hanno sperimentato lintroduzione di tale istituto (dalla Campania60, al Lazio61, allAbruzzo, ecc) anche se si assiste a mutamenti radicali nei passaggi governativi; giunte di centro sinistra possono introdurre il reddito minimo cos come giunte di centro destra possono farlo decadere (vedi lesperienza della regione Lazio o anche della Campania) con un enorme spreco di risorse materiali ed immateriali. 8.2 Il Reddito Minimo dInserimento (RMI) del 1998 La legge Finanziaria del 1998 ed il successivo decreto legislativo 237 del 18 giugno 1998 avviano la sperimentazione del RMI in 39 Comuni diffusi su tutto il territorio nazionale (cinque nel Nord, dieci nel Centro e ben ventiquattro nel Mezzogiorno)(vedi tabella); i comuni sono stati individuati dallIstat attraverso complesse elaborazioni predisposte ad hoc in cui si cercato di sintetizzare le situazioni di povert attraverso un insieme di 21 indicatori, ritenuti i pi idonei ad individuare i comuni che presumibilmente presentavano elevati fenomeni di marginalit. Alcuni indicatori tendevano a rappresentare il disagio di tipo lavorativo (come, ad es., il tasso di disoccupazione giovanile o quello generale dellarea; il tasso di attivit; il tasso di occupazione per specifici gruppi di et; la quota di occupati in agricoltura; ecc.), altri, difficolt di tipo abitativo (tasso di affollamento, percentuale di abitazioni con servizi igenici non adeguati), altri, problematiche di tipo demografico - sociale (percentuale di anziani soli, numero di figli affidati (a causa di separazione o divorzi), rapportati alla popolazione, altri, il disagio economico (quota di pensionati sociali sulla popolazione anziana, importo medio delle pensioni di vecchiaia, di invalidit, ecc), altri ancora emergenze di tipo criminale (tasso di delittuosit, delinquenza minorile) e cos via. Il RMI era destinato ai cittadini italiani, ai cittadini comunitari residenti da almeno 12 mesi in uno dei comuni ammessi alla sperimentazione e ai cittadini extra comunitari residenti legalmente da almeno tre anni in uno dei comuni ammessi alla sperimentazione.
Allo stato attuale non semplice individuare in modo univoco lattribuzione della sfera di competenze tra Stato e Regioni in tema di reddito minimo poich la materia denominata servizi sociali o assistenza sociale, non menzionata nellart. 117 della nostra Costituzione, deve considerarsi ormai attribuita per intero alla competenza regionale, ma accanto a questo va considerata la prima parte della Costituzione, in riferimento allart. 38, che rimasto immutato dopo la modifica del Titolo V, secondo il quale gli strumenti previdenziali e assistenziali devono essere erogati tramite organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato; questo evidenzia un possibile sdoppiamento di competenze ma rimane una questione quanto meno confusa.
60La 59

Regione Campania ha introdotto, con la Legge Regionale n. 2 del 19 febbraio 2004, il reddito di cittadinanza per il triennio 2004-2006 per promuovere e garantire la qualit della vita ed il rispetto dei diritti di cittadinanza. La sperimentazione ha avuto termine nel 2010 61 Cfr L.R. 20 marzo 2009, n.4 Istituzione del reddito minimo garantito. Sostegno al reddito per disoccupati, inoccupati, precari; sperimentazione che si conclude nel 2011.

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Tabella Comuni e nuclei della sperimentazione Comuni Totale nuclei in

carico al 31/12/2000 Dati al 31/12/2000 Cologno Monsese 124 Genova (Volti/Pra) 325 Nichelino 232 Rovigo 137 Alatri 258 Canepina 18 Civita C.na 131 Corchiano 18 Gallese 20 Massa 543 Monterosi 14 Onano 12 Agira 364 Bernalda 211 Caserta 1.476 Catenanuova 160 Centuripe 150 Cutro 1.106 Foggia 2.649 Grassano 130 Isernia 202 Isola di Capo Rizzuto n.d. L'Aquila 607 Leonforte 623 Napoli 3.695 Nardodipace 60 Oristano 527 Orta di Atella 1.768 Reggio Calabria 1.313 S. Giov. in Fiore 1.095 S. Nicol d'Arcidano 40 Sassari 726 Fonte : IRS, Fondazione Zancan, Cles 2001 Infine, condizione necessaria per poter accedere al RMI, era che il potenziale destinatario fosse privo di reddito o comunque con un reddito non superiore a determinate soglie di povert (vedi tabella ). La sperimentazione era biennale e riguardava gli anni 1999-2000; per la prima volta veniva stabilito anche il principio della valutazione affidata (tramite gara pubblica) ad istituti indipendenti (hanno vinto la gara lIstituto per la Ricerca sociale (IRS) di Milano, il Centro Studi e Formazione sociale Fondazione

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Zancan di Padova e il Centro di ricerche e studi sui problemi del Lavoro, dellEconomia e dello Sviluppo (CLES) di Roma). . Tabella n.2 Soglie di accesso al RMI in euro Numero Componenti Nucleo Familiare Scala dequivalenza RMI RMI RMI

Anno 1998 1 2 3 4 5 1 1,57 2,04 2,46 2,85 258,2 405,4 526,7 635,2 735,9

Anno 1999 263,4 413,5 537,3 647,9 750,7

Anno 2000 268,6 421,6 547,9 660,7 765,4

Novit introdotte dal RMI


Le novit introdotte da questo nuovo istituto possono essere cos sintetizzate 62: superamento delle vecchie logiche dellassistenza economica discrezionale e frammentata attraverso il riconoscimento di un diritto universale a condizioni minime di sussistenza, nel senso che ne potevano usufruire tutti coloro che si trovavano in condizioni economiche disagiate; realizzazione di una politica di lotta alla povert e all esclusione sociale non pi passiva (erogazione di un reddito minimo) bens attiva orientata cio a impegnare e valorizzare le risorse individuali e familiari degli interessati, predisponendo specifici programmi di inserimento sociale, in linea, tra laltro, con la tendenza presente nellUE in termini di sviluppo di politiche sociali attive; introduzione di uno strumento di lotta alla povert indipendente dalla posizione lavorativa e non del beneficiario.

Programmi di inserimento (situazione al 31 dicembre 2000)

62

Cfr. IRS, Fondazione Zancan, Cles 2001

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Come si detto, la peculiarit del nuovo istituto era nella definizione di programmi individuali di inserimento socio-economico; una prima considerazione riguarda la quota di inseriti sul totale beneficiari : se ci si concentra sulle macroregioni (Nord, Centro, Sud e isole), la quota di inseriti sul totale beneficiari si riduce passando dal Nord al Sud. Le diversit possono essere spiegate dai diversi contesti che caratterizzavano i 39 Comuni oggetto della sperimentazione; in generale i Comuni con una tradizione di intervento sociale pi consolidata ed articolata (soprattutto quelli del Nord) sono risultati avvantaggiati nellopera di organizzazione e innovazione che la sperimentazione aveva comportato; al contrario, per i Comuni con interventi minimi e sporadici, il RMI ha determinato un lavoro enorme in termini organizzativi, con risultati non sempre apprezzabili. Una seconda considerazione fa riferimento alle caratteristiche dei programmi dinserimento che si potevano distinguere in: 1. programmi di integrazione socio-relazionale; 2. programmi di cura e sostegno intra familiare; 3. programmi di tipo formativo; 4. programmi di inserimento lavorativo; 5. programmi di pubblica utilit. I Programmi di integrazione socio-relazionale sono stati quelli a maggiore diffusione avendo coinvolto 8.783 individui; obiettivi comuni erano linserimento sociale, il senso di appartenenza comunitario dei beneficiari e quello di offrire ad essi e alle loro famiglie la possibilit di poter utilizzare le risorse del territorio in grado di soddisfare le esigenze socio-relazionali dei nuclei e dei singoli individui. A questo fine sono state realizzate le seguenti attivit: inserimenti in associazioni di volontariato, cooperative sociali, parrocchie e comunit terapeutiche. Allinterno di queste attivit, i beneficiari erano chiamati a svolgere diverse mansioni: manutenzione degli impianti, cura del verde e delle attrezzature, attivit di segreteria e cos via. Programmi di cura e sostegno interfamiliare; questi programmi hanno coinvolto 7.351 persone, con un duplice scopo: contenimento e riduzione del danno per le famiglie multiproblematiche attraverso lincoraggiamento alla cura del nucleo familiare, alla cura della salute, della vita scolastica dei minori, al rientro nella legalit tramite il pagamento di morosit esistenti ( 187 interventi hanno riguardato proprio questultima voce); socializzazione per prevenire lo sviluppo di opportunit negative: cure della vita familiare, doposcuola, attivit sportive per i bambini; recupero dellobbligo scolastico per adolescenti e adulti, inserimento in comunit per tossicodipendenti, assistenza legale per separazioni o per la chiusura di procedimenti pendenti, sviluppo di servizi di prossimit sul modello degli asili condominiali.

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Programmi di tipo formativo; allinterno di questo gruppo si trova un insieme estremamente diverso di progetti che spaziano dalla formazione/riqualificazione professionale alla formazione culturale e di animazione del tempo libero. Parte delle difficolt incontrate nella realizzazione di questi progetti, sono legate allassenza di agenzie e operatori professionalmente competenti a lavorare con soggetti adulti che vanno adeguatamente e attivamente accompagnati e sostenuti. Diverso il caso della formazione scolastica, soprattutto quella che riguarda i minori; lincentivazione alla frequenza scolastica era tra gli obiettivi di integrazione del RMI, anche come misura di prevenzione dallesclusione sociale delle generazioni pi giovani. Gli sforzi in questo senso sono stati rivolti soprattutto alle grandi citt del Mezzogiorno con leffetto positivo di ridurre levasione scolastica e di sollecitare i genitori non solo ad investire nellistruzione dei propri figli, ma anche nella propria. Spesso per queste richieste si sono dovute scontrare con una mancata accoglienza da parte delle istituzioni scolastiche a ci preposte. I risultati ottenuti relativamente al recupero scolastico possono essere cos sintetizzati: 2.344 beneficiari hanno conseguito il diploma scolastico, di cui 59 residenti nel Nord, 28 nel Centro e i rimanenti 2.257 nel Sud e nelle isole. Una verifica successiva porterebbe sicuramente ad un aumento considerevole degli esiti positivi raggiunti: alla fine di dicembre 2000, pi di 900 persone erano ancora coinvolte in attivit di recupero scolastico. Il diploma professionale stato invece conseguito da 3.588 individui, di cui 101 residenti nel Nord, 43 nel Centro e 3.444 nel Sud e nelle isole. Programmi di inserimento lavorativo; la quota delle attivit di inserimento lavorativo relativamente bassa (

14,9%). Questo dato la conferma del fatto che il RMI non una politica del lavoro e che inoltre le
condizioni del mercato del lavoro locale, la presenza e disponibilit di attori economici quali imprese ed associazioni imprenditoriali giocano un ruolo fondamentale nel favorire lo sbocco lavorativo. Quasi 900 individui hanno trovato unoccupazione; si tratta del 16% di coloro che hanno seguito programmi di tipo occupazionale. Il positivo sbocco lavorativo presente sempre al Nord, per poi diradarsi via via scendendo al Sud. Non a caso, le testimonianze degli operatori sulleffettivo grado di riuscita del RMI nel determinare nuova occupazione sono assai diversificate tra comuni del Nord e comuni del Sud. In modo particolare in Sicilia, in Calabria e in altri Comuni del meridione, gli operatori affermano che non sempre vi una correlazione tra RMI e il fatto di trovare unoccupazione; contemporaneamente, operatori comunali del Nord affermano che non si pu negare che linserimento dei soggetti svantaggiati in un percorso di promozione sociale possa avere quantomeno determinato una spirale positiva in termini di motivazione alla ricerca di una forma di occupazione e una maggiore attenzione alle opportunit provenienti dal mercato del lavoro. Infine, allinterno dei programmi lavorativi, il caso di citare alcuni progetti che si pongono come obiettivo finale la creazione di imprese, di cooperative o di altre forme di lavoro autonomo. Per esempio, a LAquila un progetto rivolto a donne capo famiglia indirizzato alla costituzione di una cooperativa per garantire il servizio di assistenza degli anziani; a Caserta, previsto laccesso al prestito donore per lacquisizione di licenze di commercio.

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Programmi di pubblica utilit; un ruolo importante stato svolto dai programmi di pubblica utilit; linserimento dei beneficiari in questo tipo di programmi avvenuto in particolare nei Comuni situati nel Sud dItalia. Le attivit svolte sono molteplici e vanno dalla manutenzione del verde al recupero di quartieri degradati, alla vigilanza presso parchi, giardini, ecc. Non mancano attivit a carattere culturale come, ad esempio, il recupero di beni culturali e la raccolta di dati censuari. Infine, i beneficiari sono stati impiegati allinterno degli uffici pubblici in attivit di centralino, ricevimento dellutenza e cos via. Modelli di circoli virtuosi sono dati dallimpiego di alcuni beneficiari di RMI per favorire risposte ai bisogni di altri beneficiari; presso alcune amministrazioni comunali, ad esempio, i beneficiari sono stati utilizzati dai comuni in attivit di mutuo aiuto a favore di altri nuclei familiari in carico, in base alle loro disponibilit, competenze e capacit professionali. Le attivit svolte riguardano soprattutto lintrattenimento dei bambini, il doposcuola, laccompagnamento, corsi di recupero della scolarit perduta, ecc. Ci ha innescato un doppio processo di riconoscimento e integrazione sociale: i beneficiari sono stati riconosciuti come soggetti attivi e competenti, prevenendo o sanando fenomeni di isolamento; si tratta di effetti positivi come recupero di dignit, di autostima, di capacit di rimettersi in gioco che non emergono direttamente dai dati.

Tassi di uscita dal RMI; altro aspetto dinteresse riguarda la consistenza dei nuclei/individui in uscita
dalla misura del RMI; a fine dicembre 2001, circa il 10% dei nuclei beneficiari di RMI sono usciti dalla misura, la quota relativamente poco elevata pu non sorprendere poich il RMI seleziona individui e famiglie caratterizzati da grave deprivazione economica e generalmente con ridotto capitale sociale. Le uscite possono essere il risultato di tre processi diversi: 1. superamento della condizione di bisogno; 2. abbandono dei programmi di inserimento; 3 altro motivo (cambio di residenza, decesso, .. .).

Fattibilit del RMI. Ci che ha messo alla prova i comuni stato il processo di attuazione vera e
propria, con levidente necessit di adeguare la struttura organizzativa ai nuovi compiti del RMI in termini di funzioni, competenze e procedure, ma anche di innovare la cultura organizzativa e dei servizi. Nonostante queste difficolt, connesse allattuazione di una misura completamente nuova allinterno del sistema di assistenza italiano, tutti i 39 comuni sono riusciti nellintento, risolvendo i problemi che si sono presentati, anche se con modi e tempi diversi. Lattivit di valutazione ha individuato le seguenti condizioni generali per la fattibilit e consolidamento del RMI: laffdabilit e il rigore nellaccesso e nelle verifiche - il contenimento dei margini di discrezionalit nella definizione dei criteri daccesso e di calcolo del reddito, cos come la seriet delle verifiche e dei

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controlli nellapplicazione della norma sono questioni determinanti per garantire un principio di equit rispetto allaccesso e al godimento del beneficio; il livello organizzativo e professionale del RMI - con ci si chiama in causa la necessit di dotazioni di organici e di professionalit adeguate per la gestione della misura, nonch lallestimento dei sistemi informativi che consentano monitoraggio, valutazione e anche confronto tra le diverse esperienze locali; la qualit dei programmi di inserimento e lo sviluppo di reti di supporto- affinch il RMI non si riduca alla sola erogazione di un sussidio, ma rappresenti una possibilit di attivazione e di inclusione sociale della persona, occorre particolare attenzione ai percorsi di inserimento. I programmi devono essere personalizzati e coerenti con i bisogni rilevati e devono inoltre godere di opportuni sostegni allinterno delle stesse istituzioni pubbliche e nellambito della rete di soggetti che operano sul territorio. Da qui la necessit di incentivare collaborazioni tra enti e servizi diversi, tra sistema pubblico, organizzazioni non profit, imprese private; il finanziamento -1 adeguato finanziamento su scala nazionale, regionale e di ambito, risulta cruciale ai fini della sostenibilit economico-finanziaria della misura. Laffidabilit e il rigore nellaccesso e nelle verifiche; la definizione di criteri di ammissibilit al godimento della prestazione e la gestione degli accertamenti rappresentano attivit che hanno richiesto un consistente impegno da parte dei 39 comuni e che hanno comportato non poche difficolt e problemi spesso risolti in maniera diversa a secondo delle diverse capacit organizzative. La seguente scheda sintetizza i problemi emersi e le proposte dellIstituto di Valutazione: Problemi emersi e proposte relative allattivit di controllo. In generale: 1. Contenimento e omogeneizzazione dei margini di discrezionalit a livello locale; 2. Sottoscrizione di accordi quadro a livello nazionale, regionale, provinciale, per assicurare una collaborazione tra le diverse istituzioni e gli organismi competenti. In particolare: 1. Responsabilizzazione dei beneficiari nei confronti del rischio di sanzione penale connesso ad una dichiarazione mendace; necessit di un maggior coinvolgimento del personale comunale nella fase di accompagnamento alla compilazione dei moduli di richiesta del RMI; 2. Collaborazioni, potenziamento del lavoro di rete sul territorio attraverso la formalizzazione di accordi ad hoc con i soggetti esterni al comune per la segnalazione dei casi dubbi; necessit di garanzia, di alcuni soggetti coinvolti negli accertamenti, di una maggiore sistematicit e rapidit nelle operazioni; sviluppo di controlli incrociati a livello delle singole amministrazioni comunali, ad esempio attraverso lagevolazione delle compatibilit informatiche tra i diversi sistemi di gestione delle informazioni.

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Lattivit di accertamento dei requisiti di accesso alla misura e soprattutto delle condizioni reddituali ha certamente presentato problemi rilevanti in particolare in alcuni comuni, dove per ottenere i benefici, si sono verificati comportamenti di tipo opportunistico e dichiarazioni mendaci. La questione si evidenziata nei comuni della provincia di Enna, dove la Guardia di Finanza, dopo un anno di indagini, a fine maggio 2001 ha denunciato per truffa allo Stato e falsit nella documentazione personale 859 dei

7.969 beneficiari di RMI. Risulta che i denunciati possedessero immobili e capitali di entit assolutamente
eccessive anche per indulgenti interpretazioni della normativa. Il problema degli accertamenti nasce dallampia discrezionalit lasciata dal decreto legislativo 237/98 (art. 11). Infatti, lart. 11 del decreto legislativo 237/98 statuisce che: .. .nel caso di ammissione al reddito minimo dinserimento possono essere eseguiti controlli diretti ad accertare la veridicit delle informazioni fornite, con riferimento sia alla situazione economica che a quella familiare: E inoltre il comune provvede ad ogni adempimento conseguente alla non veridicit dei dati dichiarati: Come emerge chiaramente dalla lettura dellart. 11, non vengono specificati n i modi, n i contenuti dellattivit di verifica, ma neanche leventuale collaborazione con i soggetti esterni; conseguentemente, gli accertamenti e le verifiche sono stati interpretati in modi diversi dai Comuni. Alcuni Comuni, ad esempio, pur essendo a conoscenza di redditi da lavoro irregolare non li hanno presi in considerazione perch convinti che la loro emersione non fosse di loro competenza. Questo approccio discrezionale non pu facilmente coesistere con una misura assistenziale, basata cio sulla prova dei mezzi. Non mancano per esempi in cui le fasi dellaccertamento e della verifica sono state subito intese dalle amministrazioni comunali come fondamentali al fine di unequa applicazione della misura. E il caso del comune di Cologno Monzese che ha richiesto da subito, a chi presentava domanda, una dichiarazione di consenso per leffettuazione di accertamenti sulla propria condizione. Nella maggior parte dei casi, la sperimentazione ha incontrato resistenze nei confronti dellaccettazione di controlli ed accertamenti e nellapplicazione della norma nel suo complesso; il RMI stato infatti percepito, in molti casi, come un diritto incondizionato del beneficiario perdendo quindi quella caratteristica di contratto, di impegno fra le parti soggetto a verifiche nel tempo. Altro tema legato ai controlli quello dellautocertificazione; anche in questo caso, lutilizzo di questo strumento da parte delle amministrazioni comunali avvenuto in maniera differente. Viste le problematiche connesse alle attivit di monitoraggio, sarebbe opportuno utilizzare lautocertificazione, con i vantaggi che essa comporta tra cui il risparmio di tempo, solo per le informazioni anagrafiche e non per quelle relative alla situazione reddituali e patrimoniale. Inoltre, in alcuni Comuni, i potenziali beneficiari, hanno richiesto aiuto nella compilazione dei moduli e spesso il problema del reddito dichiarato pari a zero stato proprio il risultato di una serie di difficolt incontrate nella compilazione dei moduli di domanda per laccesso al RMI. Va anche ricordato che durante la fase sperimentale sono stati pochi i comuni che hanno adeguatamente informato i beneficiari

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del rischio di sanzione penale connesso ad una falsa dichiarazione. Una maggiore responsabilizzazione dei beneficiari nei confronti del rischio di dichiarazioni mendaci potrebbe funzionare da deterrente. Latteggiamento permissivo adottato da molte amministrazioni comunali pu essere dovuto ad una mancanza di risorse sufficienti ad effettuare i controlli, ad una disorganizzazione amministrativa e al fatto che quasi tutto il contributo stato erogato dallamministrazione centrale per cui i Comuni non si sono sentiti responsabili per la finalizzazione delle risorse63. Spesso lo stesso comportamento permissivo stato adottato nei confronti del lavoro sommerso; nel comune di Caserta ci ha portato ad una vera e propria guerra tra beneficiari di RMI, seppur percettori di un reddito da lavoro nero, e soggetti esclusi poich obbligati a dichiarare il proprio reddito in quanto lavoratori dipendenti o pensionati; tutto ci ha scatenato nel comune una serie di denunce anonime poi risultate veritiere in seguito a controlli pi approfonditi. A volte invece, laddove gli operatori comunali percepivano il rischio che il beneficiario fosse impegnato in attivit di lavoro nero, si procedeva ad un inserimento in programmi di pubblica utilit che presupponevano un orario di lavoro che copriva lintero arco della giornata. In particolare, questa tecnica di contrasto allattivit sommersa stata utilizzata dai comuni del sud, dove i programmi di pubblica utilit sono molto sviluppati. Unaltra problematica derivante da una legislazione troppo discrezionale, consiste nellonere degli accertamenti. Non mancano i casi in cui i Comuni, pur consapevoli di determinati fenomeni, li hanno tralasciati poich convinti che non fossero di loro competenza. Sostenibilit organizzativa e professionale. Il RMI deve poter contare su condizioni organizzative che ne rendano possibile lattivazione e che favoriscano lo sviluppo di percorsi positivi di collaborazione con la comunit locale e con i possibili partner nei programmi di inserimento. La sperimentazione ha comportato cambiamenti a livello organizzativo; quando si parla di caratteristiche dellorganizzazione, si fa riferimento alla struttura (uffici RMI, eventuale ricorso a strutture organizzative esterne,ecc) e al personale (tipologia e numerosit delle professionalit coinvolte, nuove assunzioni o riallocazioni interne). Per quanto riguarda la struttura organizzativa del RMI, i diversi Comuni hanno risposto o aggiungendo alla struttura esistente un apposito ufficio RMI o lasciando la struttura sostanzialmente imrnutata, affidandone la gestione ai servizi amministrativi e/o ai servizi sociali preesistenti. La prima opzione stata seguita da circa la met dei Comuni. Va notato che questa non correlata n alle dimensioni del Comune, n al numero delle domande presentate. Sembra piuttosto essere legata alla

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Lerogazione monetaria gravata per il 90% sul Fondo Nazionale per le politiche sociali; ai Comuni stata richiesta una compartecipazione finanziaria pari al massimo al 10%.

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collocazione geografica: la scelta di non costituire un apposito ufficio RMI pi frequente nei Comuni del Sud. Anche per quanto riguarda il problema della dotazione di personale, le soluzioni adottate sono state diverse: alcuni Comuni hanno lavorato con il personale gi in servizio, spesso riallocandolo; altri hanno aggiunto alle proprie, risorse e competenze esterne, creando in questo modo un gruppo di lavoro misto; altri ancora infine, si sono affidati in via prevalente a persone o ad agenzie esterne. In questultimo caso, spesso grazie a specifici finanziamenti regionali, i Comuni sono stati in grado di acquisire le nozioni tecniche di cui non disponevano e sono riusciti a costituire un gruppo di lavoro ad hoc con competenze specifiche. I Comuni che hanno scelto di far uso di risorse esterne, sono generalmente di piccole dimensioni; si ricorso a nuovo personale per la stesura e la gestione di piani individualizzati; in questi casi i servizi di aiuto alla persona si sono avvalsi di personale competente e non sono stati affidati indifferentemente a competenze professionali di natura amministrativa o tecnica prive di capacit inerenti la gestione dei processi di aiuto. Riguardo alla sostenibilit organizzativa e professionale, al fine di superare le problematiche emerse, lIstituto di Valutazione ha proposto: potenziamento del personale impegnato nella gestione della misura e riorganizzazione delle metodologie operative dei servizi interessati; distinzione dei ruoli e delle competenze tra personale tecnico (sociale) e personale amministrativo, pur nel coordinamento e nellintegrazione delle funzioni; sviluppo di opportuni iter formativi e di aggiornamento. La qualit dei programmi di inserimento e sviluppo della rete di supporto. Affinch il RMI non si riduca alla sola erogazione di un sussidio ma diventi una possibilit di attivazione ed integrazione della persona, occorre porre particolare attenzione ai programmi di inserimento; appare fondamentale che i programmi di inserimento siano personalizzati, coerenti con i bisogni rilevati e gli impieghi concordati e che godano di specifici sostegni allinterno delle stesse istituzioni pubbliche e nellambito della rete dei soggetti che operano sul territorio. Dal punto di vista dellanalisi della domanda, lIstituto di Valutazione ha proposto: individuazione di adeguate e qualificate risorse professionali per laccompagnamento e il tutoraggio; contenimento dei tempi che intercorrono tra linizio delle erogazioni monetarie e lavvio dei programmi di inserimento. Relativamente allo sviluppo di reti di sostegno ai programmi di inserimento, sono state avanzate le seguenti proposte:

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potenziamento delle collaborazioni con gli attori del territorio e i collegamenti con le politiche gi in essere (FS E, Equal, L.285/97, politiche della formazione professionale, politiche attive del lavoro, ecc); necessit di maggior coinvolgimento delle Regioni e delle Province nell offerta di formazione di base e di riqualificazione professionale, come ad esempio, destinazione di posti ad hoc per i beneficiari RMI nei corsi di formazione, assegnazione di crediti formativi, ecc.; promozione di momenti di confronto tra i Comuni, in merito ai problemi incontrati nellimplementazione. Infine, per quanto riguarda il supporto ai processi e alle metodologie professionali, le proposte sono state: attivazione di percorsi di formazione del personale e di accompagnamento della fase di avvio della misura; elaborazione di strumenti di valutazione e indicatori per il controllo di gestione e per la valutazione di efficacia delle attivit realizzate. Oltre alla qualit dei programmi di inserimento, un altro aspetto significativo di questa sperimentazione stato il lavoro svolto per inserire le strategie di sostegno delle persone e delle famiglie in una rete di rapporti e iniziative collocate nel sistema integrato di offerta, garantito dai soggetti pubblici e privati presenti nel territorio. Le situazioni si sono differenziate a secondo della preesistenza o meno di soggetti in grado di collaborare attivamente alla sperimentazione; ha influito positivamente la presenza di rapporti preesistenti e la logica di un coinvolgimento attivo nella vita della comunit locale. In questo senso hanno svolto un ruolo importante i soggetti del terzo settore e i servizi di enti pubblici come Asl, associazioni di volontariato, cooperative sociali, ecc...

Il finanziamento. Se il RMI deve rappresentare uno schema di protezione a carattere universale, in


grado di intervenire nelle situazioni di maggior bisogno, fondamentale che la definizione delle risorse essenziali per lattivazione della misura sia stabilita a livello centrale. Infatti, qualora lerogazione del sostegno economico venisse sottoposta ai vincoli di bilancio comunali e/o regionali, la portata della misura ne uscirebbe limitata, diventando un diritto sociale fortemente condizionato al luogo di residenza. In particolare, i criteri di compartecipazione finanziaria dovranno tener conto, se e quando il RMI andr a regime, delle effettive possibilit degli enti locali:

I beneficiari del RMI: caratteristiche.


Al 31 dicembre 2001, beneficiavano di RMI 25.591 nuclei familiari, il 91 % dei quali (pari a 23.362 nuclei familiari) residente nel Sud dItalia.

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Il tipo di famiglia maggiormente rappresentato, tra quelle beneficiarie di RMI, costituito dalla coppia con figli (64.2% del totale). Quote limitate ma non marginali sono rappresentate dalla famiglia monogenitore (14.6%) e da quella costituita da una sola persona (13.6%): Per quanto riguarda la tipologia coppia con figli, si tratta di famiglie costituite in media da 3,49 componenti. Questo dato per varia notevolmente tra i comuni del nord e del centro da un lato e quelli del sud dallaltro: nei primi infatti il numero medio di componenti pari a 2,6; nei secondi pari a 3,7 per raggiungere valori anche pi elevati nelle grandi citt come Napoli (4,79), Reggio Calabria e Sassari. Per la maggior parte dei comuni del centro - nord lerogazione del RMI non ha riguardato situazioni di povert estrema, ma piuttosto un disagio sociale spesso inaspettato; i destinatari della sperimentazione sono il pi delle volte persone senza gravi problemi di esclusione sociale, con un livello di scolarizzazione pari almeno alla terza media e che spesso, a causa di un evento scatenante specifico come la perdita del lavoro, la morte o la separazione dal coniuge, si sono ritrovate con un reddito insufficiente per vivere. Esempi possono essere luomo cinquantenne che si trova allimprovviso senza lavoro e che fatica a trovarne un altro, la casalinga che sempre stata mantenuta dal marito e che, dopo la separazione, si trova a dover provvedere a se stessa. La situazione si presenta diversa per i beneficiari del sud: si tratta di famiglie numerose, costituite da soggetti con basso livello di scolarizzazione, versanti in situazioni di bisogno anche estremo, in cui ad una povert culturale ed economica si aggiungono spesso situazioni abitative precarie. Non mancano poi i casi di soggetti portatori di handicap, a volte multiproblematici, con gravi difficolt relazionali. In conclusione e secondo i valutatori, la sperimentazione ha raggiunto alcuni risultati importanti che vanno dallemersione di situazioni di povert prima non note, al contenimento della discrezionalit, alla razionalizzazione e integrazione nel sistema di lotta allesclusione, al contenimento dellevasione scolastica e integrazione in percorsi formativi, allinterruzione significativa dei circoli viziosi di peggioramento delle condizioni di povert, ad un esito soddisfacente dal punto di vista dellimpegno finanziario. Contemporaneamente i valutatori rilevano quelle che sono alcune criticit, come lorganizzazione a livello territoriale, il sistema e gli strumenti di controllo, le competenze professionali e lintegrazione con le politiche del lavoro e dello sviluppo locale.

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8.3 Il reddito minimo in alcuni paesi europei


In tutti i paesi europei, con leccezione dellItalia e della Grecia, sono presenti schemi di reddito minimo garantito che possono assumere la forma del reddito minimo dinserimento; la Gran Bretagna stata il primo paese ad istituire tale forma di contrasto alla povert nel lontano 194864; a seguire la Germania (1962), i Paesi Bassi (1963), il Belgio (1974), lIrlanda (1977), il Lussemburgo (1986), la Francia (1988), la Spagna (1989) e, sul finire degli anni novanta, il Portogallo. Le modalit di organizzazione e gestione dellistituto sono naturalmente diverse da paese a paese anche se alcuni caratteri sono comuni; per i paesi considerati si schematizzano, quindi, gli aspetti principali. Nel Regno Unito si fa riferimento alla normativa dell Income support o sostegno al reddito; lincome support un sussidio erogato a favore di coloro che non hanno risorse adeguate per poter vivere dignitosamente e rappresenta un elemento fondamentale nella lotta allesclusione sociale perch automaticamente attiva altri sussidi a lui collegati come, ad esempio, quello alla casa.; il sussidio pu essere richiesto da tutti coloro che hanno unet compresa tra i 18 anni e i 60, oltre i quali scatta il pensionamento. Esistono alcune eccezioni, infatti sin dai 16 anni di et possibile richiedere lincome support qualora il richiedente abbia un bambino o sia malato o disabile. Inoltre necessario essere residenti nel Regno Unito, non lavorare o farlo per meno di 16 ore settimanali, o avere un partner che vive con il richiedente stesso che lavora per meno di 24 ore. Questa misura pu, naturalmente, essere richiesta soltanto se si ha un reddito ed un risparmio al di sotto di una soglia stabilita dalla legge e variabile nel tempo. Come gi detto, per poter beneficiare del sussidio necessario che il richiedente sia una persona che non lavora o non lo fa a tempo pieno, infatti chi idoneo al lavoro e risulta disoccupato ha diritto al sussidio per la disoccupazione 65. Lerogazione del sussidio viene effettuata direttamente nel conto corrente bancario o postale del beneficiario e non tassabile. In assenza di qualsiasi elemento reddituale, limporto del sussidio pari a 750 euro circa mensili (limporto viene periodicamente aggiornato in base alla variazione dei prezzi) per individuo over 25 anni; in aggiunta servizi sanitari gratuiti compresi dentista e voucher per acquisto di occhiali; latte per donne in gravidanza e i pasti a scuola; per ragionevoli costi dellaffitto esiste misura apposita (indennit di abitazione); sono previsti anche pagamenti aggiuntivi straordinari ad alcune particolari categorie (come anziani e disabili) in caso di freddo intenso66.

M. L. Mirabile (a cura di) 1991, Il reddito minimo garantito, Ed. Ediesse, Roma Il sussidio per la di disoccupazione spetta a coloro che cercano lavoro indirizzato a tutti i disoccupati che sono abili al lavoro. Per poterlo ottenere c la necessit di rispettare alcune condizioni, tra le quali la pi importante cercare attivamente un lavoro. Possono richiederlo coloro che hanno un et compresa tra i 18 e i 65 anni, siano residenti nel Regno Unito, non siano studenti e non lavorino o lo facciano meno di 16 ore settimanali.
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Cfr. Commissione dindagine sullesclusione sociale, Rapporto sulle politiche contro la povert e lesclusione sociale, Roma 2011

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In Germania previsto, in base alla legge costituzionale, il cosiddetto sussidio per il sostentamento che orientato ad assicurare un livello di vita dignitosa a coloro che non dispongono di risorse sufficienti; possiamo definirlo lequivalente del reddito minimo dinserimento francese. Principali beneficiari del sussidio per il sostentamento sono i capifamiglia, i loro partner conviventi e i bambini minorenni che vivono nello stesso nucleo familiare e considerati come appartenenti alla stessa comunit di bisogni o comunit di base. Il sussidio, erogato principalmente sotto forma di prestazione in denaro, ha come obiettivo di garantire alcune delle necessit fondamentali della persona, in particolare alimentazione, alloggio, abbigliamento, igiene personale, suppellettili domestiche, riscaldamento e esigenze personali della vita quotidiana, tra queste ultime si annoverano in misura ragionevole anche le relazioni con lambiente circostante e la partecipazione alla vita culturale Il sussidio per il sostentamento si determina considerando innanzitutto leffettivo bisogno, in seguito si detraggono i redditi e i valori patrimoniali. Si compone di alcune voci fondamentali: una base comune e delle integrazioni per spese di alloggio per un importo pari ai costi di locazione effettivamente sostenuti (entro determinati limiti), spese di riscaldamento pari ai costi effettivamente sostenuti, supplemento, riconosciuto, a determinate condizioni ed ad alcune categorie di persone, prestazioni una tantum erogate per le prime suppellettili domestiche, i primi indumenti e viaggi scolastici distruzione. Per questo sussidio non esistono limiti temporali, viene infatti corrisposto finch le circostanze lo richiedano e fino al miglioramento della situazione del beneficiario, n esiste alcun limiti di et. Limitatamente alle persone in grado di lavorare e disoccupate si richiede loro di dover obbligatoriamente essere pronte ad accettare qualsiasi lavoro. In termini di importi il sussidio, non soggetto a tassazione, si differenzia in base alle diverse situazioni dellindividuo o del nucleo familiare beneficiario; per un singolo individuo pari a 360 euro mensili (base comune) pi le integrazioni viste in precedenza. In Francia, con la legge n 88-1088 del 1decembre 1988, si istituisce il Reddito Minimo di Inserimento quale meccanismo di rottura rispetto alla logica tradizionale dellassistenza introducendo un meccanismo di gestione della povert fondato sul riconoscimento del diritto a un reddito di sussistenza e sulla ricerca di soluzioni di inserimento nella vita economica e sociale del paese; il principio dellinserimento ne costituisce loriginalit. Il RMI indirizzato a tutte quelle persone che per diversi motivi (et, stato fisico o mentale, situazione economica e dimpiego) si trovano con lincapacit di lavorare. Possono beneficiare del RMI tutte le persone residenti in Francia che non hanno risorse superiori ad un dato importo, che hanno un et superiore a 25 anni (o con uno o pi figli a carico) e che si impegnano a partecipare alle azioni e alle attivit, con lui definite, necessarie al suo inserimento sociale o professionale. Possono altres partecipare al programma i cittadini stranieri che siano in possesso di un permesso di soggiorno regolare, con validit professionale di almeno 5 anni e residenza in Francia, con permesso di soggiorno per motivi familiari di durata non inferiore ai 5 anni. Regole diverse sono in vigore per i cittadini stranieri al di fuori dello spazio economico europeo, che devono essere in possesso

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di un certificato di rifugiato, un passaporto monegasco, un titolo dellAndorra, coloro che si ricongiungono ai familiari. Lammontare del RMI fissato per decreto e rivisto due volte lanno in funzione dellevoluzione dei prezzi; il beneficiario del RMI ha diritto ad un sussidio pari alla differenza tra lammontare del RMI (470 euro circa per un singolo individuo), stabilito in base alla composizione del nucleo e del numero delle persone a carico, e le risorse di cui dispone. C la possibilit di cumulare integralmente o parzialmente ci che deriva dal Rmi con il reddito derivante da unattivit professionale salariata o meno, o unattivit di formazione remunerata fino alla prima revisione trimestrale che segue linizio dellattivit. La durata massima del cumulo totale di 6 mesi, mentre quello parziale di 12 mesi. Coloro che beneficiano del Rmi possono essere esentati dal pagamento della tassa sullabitazione sulla loro prima casa ed inoltre il Rmi non sottoposto a tassazione. Nel calcolo del Rmi si considerano le indennit giornaliere per malattia, le indennit di disoccupazione, le prestazioni familiari, le pensioni percepite; non sono invece considerate nel computo le indennit avute durante la maternit, gli aiuti alla ripresa del lavoro per le donne, le borse di studio. Il versamento del Rmi avviene il mese successivo a quello in cui stata fatta la domanda. Inizialmente attribuito per 3 mesi, poi per un periodo di un anno. Tale indennizzo pu essere sospeso qualora il beneficiario non rispetti gli impegni assunti con il contratto dinserimento. Per la definizione ed organizzazione dei contratti dinserimento, la Legge prevede listituzione di un Consiglio Provinciale di Inserimento comprendente: rappresentanti della Regione, delle Province e dei Comuni; rappresentanti di imprese, di organismi o associazioni che intervengono in ambito economico e sociale o in materia di formazione professionale; e membri delle Commissioni Locali di Inserimento. Il Consiglio Provinciale di Inserimento elabora e adotta, prima del 31 marzo, il programma provinciale di inserimento dellanno in corso; prima del 31 dicembre, il prefetto e il presidente del Consiglio Generale trasmettono al Consiglio Provinciale di Inserimento le previsioni che ciascuno di essi ha stabilito per linserimento dei beneficiari del Revenu Minimum dInsertion per quello che riguarda lanno seguente; tale programma si appoggia in particolare sui programmi locali di inserimento elaborati dalle commissioni locali di inserimento. Nello specifico: 1. valuta i bisogni locali da soddisfare, tenuto conto delle caratteristiche dei beneficiari del RMI; 2. censisce le azioni di inserimento gi effettuate; 3. valuta i mezzi supplementari da mettere in opera per assicurare linserimento dei beneficiari del RMI; 4. valuta allo stesso modo i bisogni specifici di formazione del personale e dei volontari coinvolti;

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5. definisce le misure necessarie per armonizzare linsieme delle azioni di inserimento condotte o progettate dalle Province e per allargare e diversificare le possibilit di inserimento, tenendo conto dei contributi dei differenti partners. Entro i tre mesi che seguono la messa in pagamento del RMI e in vista degli elementi utili alla valutazione delle situazioni sociali, professionali, finanziarie degli interessati e delle loro condizioni abitative, stipulato, tra il beneficiario del sussidio e le persone che hanno il compito della determinazione del detto sussidio, un contratto di inserimento. Tale contratto fissa: 1. la natura del progetto di inserimento che il beneficiario pu formulare o che gli pu essere proposta; 2. la natura delle facilitazioni che gli possono essere offerte per gli aiuti a realizzare questo progetto; 3. la natura degli impegni reciproci e il calendario delle pratiche e attivit di inserimento che implicano la realizzazione del progetto e le condizioni di valutazione, con il beneficiario del sussidio, dei differenti risultati ottenuti (art.42-4). Linserimento proposto ai beneficiari del RMI e definito con loro pu, in particolare, prendere una o pi delle seguenti forme: a .azioni di orientamento; b. attivit o stages destinati ad acquisire o migliorare le competenze professionali, la conoscenza e la padronanza dei mezzi di lavoro e le capacit di inserimento e miglioramento professionale, eventualmente attraverso delle convenzioni con le imprese, gli organismi di formazione professionale o le associazioni. Il finanziamento del RMI a carico dello Stato e delle Regioni. Nel 2009 il reddito minimo dinserimento (RMI) stato rivisitato e sostituito dal reddito di solidariet attiva (RSA) con lobiettivo di unificare una parte dei trasferimenti assistenziali preesistenti (come, ad esempio, lindennit per le famiglie monoparentali) e rendere il pi possibile remunerativo il passaggio, da uno stato assistenziale, al lavoro, disincentivando le trappole di disoccupazione e di povert. Il Reddito minimo in Danimarca particolarmente generoso perch arriva a 1.200 euro mensili per un individuo solo senza reddito (over 25 anni, se under 25 si ricevono 770 euro), pi partecipazione in spese di salute fuori dai servizi sanitari gratuiti (dentista e farmaci), per coprire assicurazioni sanitarie e per significative spese casa. Assegni familiari e per figli sono in aggiunta. Come per le altre forme di reddito minimo, limporto viene rivalutato anno per anno in base alla variazione dei prezzi. In Austria la soglia minima tiene conto dei bisogni di base relativi a cibo, abiti, igiene,

riscaldamento, educazione e partecipazione sociale. Le soglie sono fissate dai singoli Lander e variano dai 420 ai 540 euro mensili per un individuo solo senza reddito. Possibili integrazioni vengono vagliate individualmente, per spese specifiche come quelle relative allabitazione e al suo mantenimento.

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In Belgio la soglia minima viene stabilita a livello nazionale ed pari a 644 euro per individuo solo senza reddito; gli assegni familiari sono forniti in aggiunta; riscaldamento sotto certe condizioni climatiche. In Finlandia la soglia minima varia tra 370 e o 390 euro a seconda della zona del paese per individuo solo senza reddito; possibili importi aggiuntivi a copertura delle spese ragionevoli per la casa, spese mediche, attivit di cura per i figli e altri costi considerati essenziali. In Olanda la soglia minima viene fissata a livello nazionale ed legata al salario minimo in misura diversa per coppie, singoli e genitori soli; le singole municipalit possono aggiungere fino al 20% sul salario minimo per persone che vivono sole e che non possono dividere il costo dellabitazione con qualcun altro. Limporto pari a 590 euro per individuo solo senza reddito, con possibile ulteriore integrazione di 235 euro da parte delle municipalit per singoli e genitori soli; le addizionali sono previste per spese straordinarie ( relative ad abitazione, mobili o frigorifero, viaggi scolastici, ecc) e vengono erogate ai beneficiari del RM ma anche a chi si trova di poco sopra la soglia. In Svezia la soglia minima viene concordata tra Governo, Parlamento e singole municipalit sulla base dei bisogni da sostenere a costi ragionevoli. Un individuo solo senza reddito riceve 385 euro con possibili integrazioni per pagamenti relativi ad utenze ( come casa, elettricit, ecc), a dentista, occhiali, ecc. Il Reddito minimo dinserimento in Spagna, infine, un intervento di politica sociale che ha avuto vita agli inizi degli anni 90 per iniziativa delle Comunit Autonome. La legge che regola listituto una legge statale, ma lattuazione dello stesso nelle mani delle Comunit Autonome che attuano la legge con programmi diversi da regione a regione. I programmi hanno comunque un denominatore comune, infatti, lobiettivo principale quello di garantire un minimo reddituale, che copra i bisogni primari delle famiglie o dei singoli individui che si trovano in situazione di necessit, garantendo il loro inserimento sociale nellottica di una politica di lotta alla povert e allesclusione sociale. Generalmente la prestazione erogata per una durata massima di 12 mesi, eventualmente prorogabili; assicurata a tutti i cittadini che hanno unet compresa tra i 25 e i 65 anni; unica condizione posta per i beneficiari che questi siano in grado di lavorare e partecipino ad un progetto individuale di reinserimento. In termini monetari il RMI varia a seconda delle Comunit autonome (da 180 a 230 euro mensili), della presenza di parenti a carico e dalla disponibilit di Bilancio delle Comunit Autonome . si ha diritto ad un indennit per

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