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TRAMA GUERRA E PACE DI TOLSTOJ

La resistenza della Russia contro l'invasione napoleonica, dalla guerra del 1805 alla campagna del 1812, è il
drammatico sfondo su cui si svolgono le vicende di innumerevoli personaggi, famiglie aristocratiche,
contadini, soldati.
Guerra e pace mescola personaggi di fantasia e storici; essi vengono introdotti nel romanzo nel corso di
una soirée presso Anna Pavlovna Scherer nel luglio 1805. Pierre Bezuchov è il figlio illegittimo di un conte
benestante che sta morendo di ictus: egli rimane inaspettatamente invischiato in una contesa per l'eredità
del padre. L'intelligente e sardonico principe Andrej Bolkonskij, marito dell'affascinante Lise, trova scarso
appagamento nella vita di uomo sposato, cui preferisce il ruolo di aiutante di campo (aide-de-camp) del
Comandante Supremo Michail Illarionovič Kutuzov nell'imminente guerra contro Napoleone. Apprendiamo
pure dell'esistenza della famiglia moscovita dei Rostov, di cui fanno parte quattro adolescenti. Fra loro,
s'imprimono soprattutto nella memoria le figure di Natal'ja Rostova ("Nataša"), la vivace figlia più giovane,
e di Nikolaj Rostov, il più anziano ed impetuoso. A Lysye Gory ('Colline calve'), il principe Andrej affida al
proprio eccentrico padre, ed alla mistica sorella Marja Bolkonskaja, sua moglie incinta e parte per la guerra.

Uno dei personaggi centrali di Guerra e pace è senz'altro Pierre Bezuchov. Ricevuta un'eredità inattesa, è
improvvisamente oberato dalle responsabilità e dai conflitti propri di un nobile russo. Il suo precedente
comportamento spensierato svanisce, rimpiazzato da un dilemma tipico della poetica di Tolstoj: come si
dovrebbe vivere, in armonia con la morale, in un mondo imperfetto? Si sposa con Hélène, la bella ed
immorale figlia del principe Kuragin, andando contro il suo stesso miglior giudizio. Preso dalla gelosia
affronta in un duello il suo presunto rivale e malgrado non abbia mai impugnato una pistola lo vince. Si
separa dalla moglie lasciandole metà del patrimonio quando in preda a riflessioni e sommerso da dubbi
sulla vita incontra i massoni e ne diventa confratello. Pieno di buone intenzioni tenta di liberare i suoi
contadini o servi della gleba ma viene imbrogliato dai suoi amministratori e non ottiene niente per
migliorare le loro condizioni di vita, tenta anche di migliorare i suoi fondi agrari, ma in definitiva non ottiene
risultati.

Il principe Andrej, la cui moglie Lise è nel frattempo morta di parto, rimane gravemente ferito durante la
sua prima esperienza guerresca. Decide, in seguito a profonde riflessioni, di dedicarsi all'amministrazione
delle sue proprietà; è in questo periodo che inizia a frequentare la casa dei Rostov e si innamora,
ricambiato, della giovane Nataša. Amore osteggiato dal vecchio padre di lui, la cui ostilità fa decidere al
principe Andrej di separarsi per un anno da Nataša, in attesa che il loro amore si consolidi.

Durante quest'intervallo Hélène e suo fratello Anatole tramano per far sì che quest'ultimo seduca e
disonori la giovane e bella Nataša Rostova. Il piano fallisce in extremis; ma Andrej, venutone a conoscenza,
ripudia Nataša, che cade in una profonda depressione; tuttavia, per Pierre, è causa di un importante
incontro con la giovane Rostova.

Quando Napoleone invade la Russia, Pierre osserva la Battaglia di Borodino da distanza particolarmente
ravvicinata, sistemandosi dietro agli addetti di una batteria di artiglieria russa, ed apprende quanto la
guerra sia realmente sanguinosa ed orrida. Quando la Grande Armata occupa Mosca, in fiamme ed
abbandonata per ordine del governatore Fëdor Vasil'evič Rostopčin Pierre intraprende una
missione donchisciottesca per assassinare Napoleone, e viene fatto prigioniero di guerra. Dopo essere stato
testimone del saccheggio perpetrato dai francesi su Mosca, con relative fucilazioni di civili, Pierre è
costretto a marciare con le truppe nemiche nella loro disastrosa ritirata. Successivamente viene liberato da
una banda russa che sta conducendo un'incursione. Andrej, ancora innamorato di Nataša,
rimane ferito nella battaglia di Borodino ed alla fine muore dopo essersi ricongiunto a Nataša prima della
fine della guerra. Pierre, rimasto vedovo, si riavvicina a Nataša mentre i russi vincitori ricostruiscono Mosca.
Pierre conosce finalmente l'amore e sposa Nataša, mentre Nikolaj sposa Mar'ja Bolkonskaja.
Tolstoj ritrae con efficacia il contrasto tra Napoleone ed il (già ricordato) generale russo Kutuzov, sia in
termini di personalità, sia sul piano dello scontro armato. Napoleone fece la scelta sbagliata, preferendo
marciare su Mosca ed occuparla per cinque fatali settimane, quando meglio avrebbe fatto a distruggere
l'esercito russo in una battaglia decisiva. Kutuzov rifiutò di sacrificare il proprio esercito per salvare Mosca:
al contrario, dispose la ritirata e permise ai francesi l'occupazione della città. Una volta dentro a Mosca,
la Grande Armée si disperse, occupando abitazioni più o meno a casaccio; la catena di comando collassò, e
(ineluttabilmente, a giudizio di Tolstoj) ne derivò la distruzione di Mosca a causa di un incendio.

Tolstoj spiega che ciò era inevitabile, perché quando una città costruita in buona parte in legno è lasciata in
mano a stranieri, che naturalmente cuociono cibi, fumano pipe e tentano di scaldarsi, necessariamente si
attizzano dei focolai. In assenza di un qualche servizio antincendio organizzato, questi roghi avrebbero arso
buona parte della città. Dopo gli incendi, l'esercito francese, prossimo allo sbando, tenterà di guadagnare la
via di casa, subendo però la durezza dell'inverno russo e le imboscate dei partigiani locali.

Napoleone prese la sua carrozza, con una muta di cavalli veloci, e partì alla testa dell'esercito, ma la
maggior parte dei suoi non avrebbe più rivisto la patria. Il generale Kutuzov è convinto che il tempo sia il
suo più valido alleato: continua a procrastinare la battaglia campale, mentre in effetti i francesi sono
decimati dalla loro penosa marcia verso casa. Sono poi pressoché annientati quando i cosacchi sferrano
l'attacco finale, nella battaglia della Beresina.

INTRODUZIONE DI LUCIO VILLARI

Nel 1923, Viktor Sklovskij sentì la necessità di parlare di sé sotto forma di una autobiografia, quando la sua
attività letteraria era cominciata almeno un decennio prima con un volumetto, Resurrezione della parola, e
con la costituzione a Pietroburgo della “Società per lo studio del linguaggio poetico”. La Russia era già in
piena guerra mondiale alla vigilia delle due rivoluzioni del 1917, che avevano rovesciato anche il suo modo
di scrivere e le sue opere, decise così di comporre la propria storia in una sorta di Viaggio sentimentale
(questo è il titolo sterniano della autobiografia) che lo riportava ai tempi della sua “educazione
sentimentale”. Successivamente scelse la via dello scienziato della parola, della critica sanzionatrice dei
testi letterari e poetici. Leggeva di tutto ( Mark Twain, Puskin, Gogol, Wilde) e in un primo momento dal suo
orizzonte sembrava escluso Tolstoj, ma alla fine l’interesse nacque attraverso Anna Karenina. Nella sua
opera che avrà i titolo di una fiaba, C’era una volta dove ripercorre le letture adolescenziali, fa riferimento
a Guerra e pace in riferimento a Natasa: la figura più lieve, ma la più dotata di sentimenti, di impeti genuini
del romanzo. Improvvisamente Sklovskij capì che in Guerra e pace Tolstoj riesce a varcare un confine
impervio e a entrare con la fantasia nei territori della realtà e della storia che sono invece strutturalmente
incompatibili con la fantasia. La ricerca di questo scoprimento della realtà che rendeva affascinante il
raccontare di Tolstoj lo accompagnò per molto tempo. Nel suo saggio parlerà della grande conoscenza di
Tolstoj dei fatti del 1812, e della sua possibilità di aver incontrato molto spesso gli attori stessi delle
battaglie e i campi di battaglia; in definitiva, questo contatto fisico con la terra, i colori, la luce, il tempo
della storia, Tolstoj intendeva trasformarlo in parole e in scrittura, facendo dello scrittore il testimone
“oculare” della storia stessa.

SAGGIO

L’ideazione di Guerra e pace, o il suo inizio, si fa risalire all’anno 1860, infatti in una lettera a Herzen si
riferisce alla stesura di un romanzo il cui protagonista maschile doveva essere un decabrista di ritorno a
Mosca, in realtà si riferisce ad un frammento rimastoci riguardante questo viaggio di ritorno, ma che si
collega a Guerra e pace e ai suoi personaggi. L’elaborazione del tema subisce una fase d’arresto a causa
dell’impegno nella scuola di Poljàna. In una lettera che porta la data del 23 febbraio 1863, Sof’ja Andrèevna
scrive alla sorella che Tolstoj aveva cominciato a lavorare a un nuovo romanzo e che il tema di quest’opera
lo assorbiva completamente. Gli appunti riguardanti questo periodo sono molto precisi e recano molte
caratteristiche dei personaggi nella loro individualità e nelle loro relazioni con il conflitto dell’epoca. Fu a
lungo indeciso sul momento storico nel quale fissare il principio del romanzo, inizialmente pensò al 1811
ma poi scelse il 1805. I personaggi infatti mutano i loro profili, Scherer che nelle prime intenzioni dell’autore
avrebbe dovuto apparire come la donna ideale e onesta, diviene l’esperta, pettegola e maliziosa padrona di
un salotto e la compagna del principe Kuragin. Mentre l’autore lavorava alla sua opera senza tregua, essa
mutava, attraversando numerose fasi e ricevendo ben due titoli: inizialmente “Tre stagioni”, poi “ Tutto è
bene quel che finisce bene”, e infine “Guerra e pace”. La scena d’apertura del romanzo che mostrava il
salotto della Scherer, presentava un quadro d’insieme della situazione europea; inoltre il dialogo fra il
principe Andrej e Pierre forniva non solo il loro autoritratto, ma anche le loro guerre interiori, la nascita
illegittima per Pierre e il matrimonio infelice e il desiderio frustato di ricoprire un ruolo nella storia di
Andrej.

Innanzitutto bisogna chiarire che il concetto di unità nell’opera Guerra e pace non è del tutto chiarito,
l’unità dell’opera d’arte è l’unità di comprensione di un soggetto che cambia, è inverosimile che un autore
abbia tutto chiaro sin dall’inizio in quanto il processo di creazione di un’opera è un atto di conoscenza che
determina il processo di formazione. L’opera non presenta un manoscritto autografo che la contenga
dall’inizio alla fine, ma è caratterizzata da una serie di introduzioni e inizi differenti. Tolstoj iniziò il lavoro
con la descrizione del ritorno a Mosca del vecchio decabrista e di sua moglie Natal’ja, lo scrittore si imbattè
in questo tema al ritorno da Sebastopoli vinta. Anche i suoi giudizi sulla guerra entrarono nel romanzo, ma
il ruolo di questi è differente nella varie tappe della composizione. Le decisioni strategiche di Kutuzov, il suo
piano di ritirata dopo la sconfitta dell’esercito austriaco, l’astuzia di Bagration, tutte queste risolute
decisioni sono considerate, al principio del romanzo come azione che porteranno ad un determinato
risultato, ma l’idea della spontaneità della guerra e il sottomettersi di Kutuzov alla necessità storica
appartengono alla seconda metà dell’opera. Tolstoj rifiuta i principi artistici del vecchio romanzo, secondo i
quali i personaggi si incontravano a più riprese fra di loro, finendo per determinare, proprio attraverso la
combinazione e il ripetersi di tali incontri, la composizione stessa; nella sua versione definitiva il romanzo si
muove insieme alla storia. La prigionia di Pierre è legata all’incendio di Mosca- un incendio che inizialmente
era opera di Dolochov, il quale ne riferiva a Bezuchov durante un loro incontro; tutto questo fu eliminato,
nel testo definitivo Mosca brucia allo stesso modo in cui durante l’estate bruciavano le città russe, ovvero
senza che ci fosse necessariamente un colpevole ad appiccare il fuoco. Tolstoj aveva scelto l’aristocratico
Andrej Bolkonskij non solo come protagonista del suo romanzo ma anche come portavoce delle sue teorie
sulla guerra, introducendo così nel romanzo la propria voce. A decidere la guerra è Tusin, che nel romanzo
“Tutto è bene quel che finisce bene”, Lev Nikolaevic (Tolstoj) voleva che Tusin fosse un mezzo nobile, un
uomo che aveva ricevuto la sua formazione da governanti straniere, e che possedeva come i suoi fratelli un
migliaio di anime, doveva essere superiore a coloro che lo circondavano. E’ probabile che in quel Tusin vi
fossero caratteristiche e abitudini di Nikolaj Nikolaevic (fratello maggiore di Tolstoj), ma il prototipo non fu
utile. Successivamente Tolstoj eliminò le tracce di nobiltà in Tusin, è uomo dei nuovi tempi, della nuova
situazione, non si cura del modo di fare di Andrej e non si offende, è impegnato nella guerra, è concentrato
sulla vittoria, non sogna la carriera militare. Al passaggio dall’ideologia di “Tutto è bene quel che finisce
bene” a quella di “Guerra e Pace” corrisponde il passaggio alla conclusione che la vita di Pierre era stata
buona nonostante fosse terminata con la katorga (sistemi di campi di lavoro dell’Impero russo).

I PROTOTIPI

Per parlare di prototipo, bisogna aver compreso che l’artista offre il proprio contributo creativo all’opera
comune della sua generazione, quindi può verificarsi che quello che noi consideriamo prototipo si trovi ad
esistere persino dopo l’opera dell’artista, talvolta la realtà sembra dare vita a ciò che lo scrittore aveva
precedentemente immaginato; quando Tolstoj si trovava a Jàsnaja Poljàna, nel suo studio a scrivere un
libro che ancora non era intitolato Guerra e pace, non esisteva il genere letterario cui sarebbe appartenuto,
Guerra e pace sarebbe diventato un mondo creato da Tolstoj. Sof’ja Andrèevna (moglie di Tolstoj) era
convinta che scrivesse di lei, o almeno dei suoi parenti e delle persone a lei vicine, ma si tratta di aneddoti
familiari. Se esaminiamo la questione di Natal’ja, che pare abbia come prototipo Tat’jana Kuzminskaja, della
quale non conosciamo l’identità; anche le indicazioni sulle fonti contraddicono le indicazioni sui prototipi.
Sembra infatti che Natasa fosse stata presa in prestito da un romanzo inglese e che sia stata descritta
prendendo ispirazione dalla sorella della moglie; inoltre nell’abbozzo del romanzo I decabristi, egli aveva
descritto il ritorno del vecchio decabrista Petr assieme alla moglie Natasa. Pierre e Natasa, ancora ignari del
loro futuro amore, esistevano già nella mente di Tolstoj.

Il 3 maggio del 1865, Tolstoj rispondendo ad una lettera di Luiza Ivanovna Volkonskaja, donna che aveva
frequentato durante la giovinezza, chiarisce che Andrej Bolkonskij non è nessuno, come del resto qualsiasi
personaggio di un romanziere, in quanto lui non è un ritrattista o un memorialista, e così facendo cerca di
spiegare l’immagine che del suo personaggio: avendo bisogno durante la battaglia di Austerlitz che venisse
ucciso un giovane brillante, e presentandosi la necessità che il vecchio Bolkonskij e sua figlia restassero soli,
scelse di far diventare il giovane figlio del vecchio Bolkonskij; rivelandosi poi un personaggio interessante,
decise di non favorirne la morte, ma soltanto una grave ferita, così da salvarlo. E così Tolstoj rifiuta il
prototipo. B.M. E’jchenbaum nel secondo volume del suo lavoro dedicato a Lev Tolstoj conferma che
Guerra e pace è nato dalla letteratura memorialistica, ma Sklovskij non è d’accordo, in quanto crede che in
realtà Tolstoj sia entrato di nascosto in una stanza isolata e quindi abbia chiuso la porta alle sue spalle per
salvarsi dai “prototipi”. Per quanto riguarda Kutuzov, sicuramente si basa su una persona reale, così come
Napoleone, ma allo stesso modo dobbiamo analizzarli sempre seguendo il modo di pensare di Tolstoj, nel
sistema di analisi dello scrittore. I personaggi storici sono infatti posti sullo stesso piano dei personaggi di
finzione.

TOLSTOJ: IL PENSIERO E LA RICERCA

L’analisi psicologica ha in Tolstoj un carattere peculiare, egli separa i veri moventi delle azioni umane dalle
loro motivazioni logico-verbali. Nei “Cosacchi” e soprattutto in “Guerra e pace”, le decisioni nascono non
dall’autonomia della coscienza, ma dalla necessità della situazione considerata. Tolstoj nutre disprezzo per
gli uomini che a parole “decidono”, quando infatti riporta le frasi storiche di Napoleone, aggiunge: “le
parole non significano nulla e non servono a esprimere il fatto… l’apparente stranezza di tutto questo sta
nel fatto che noi desideriamo chiarire logicamente, ciò che viene fatto al di fuori di ogni logica”. Il tentativo
di comprendere l’essenza dell’alogicità del processo storico occupa gli anni di creatività di Tolstoj. Il
manoscritto di Cernysevskij, datato 1862, anticipa il pensiero di Tolstoj espresso in Guerra e pace, secondo
la convinzione che i capricci, gli errori e le passioni di singole persone sono impotenti di fronte al fluire dei
grandi avvenimenti, e che anche un fatto come la battaglia di Sebastopoli non poteva essere evitata dalla
volontà di un singolo. Durante la stesura di un libro nascono milioni di possibili frasi, e da esse bisogna
sceglierne centinaia, poi decine: i libri si fanno scrivendo e cancellando, nel tentativo di ridurli a una frase
sola. Nel “Russkij vestnik” del 1866 era stata stampata la seconda parte del romanzo 1805, ne era scritta la
prima versione. In questa bozza, Pierre sposava Natasa, Andrej e Petja Rostov restavano vivi, Helene
Kuragina moriva. Tolstoj frantumava il vecchio romanzo, lo riscriveva, sovrapponendo le variazioni,
spostando gli elementi del romanzo in nuovi contesti, scrivendo una variante dopo l’altra; accadeva poi che
esprimesse i propri giudizi sulla guerra come se appartenessero ai personaggi, o che li tacesse
completamente, o ancora come nell’edizione del 1873, li eliminasse; proprio per questo per lui era
importante l’autenticità dei dettagli propri di un luogo. Tolstoj del 1812 sapeva moltissime cose, aveva
avuto la possibilità di vedere e di incontrarsi con gli immediati attori delle battaglie e di tutta la campagna,
inoltre era a conoscenza di tutta la letteratura ufficiale e memorialistica russa e francese. Utilizzò il libro
“Ricordi di un testimonio del soggiorno dei francesi a Mosca nel 1812, con una descrizione dell’incendio di
Mosca” e trasse da questo libro una serie di dettagli, come il saccheggio di una casa e il salvataggio di un
bambino dall’incendio. Tolstoj usava in modo metodico la metonimia, ovvero si serviva del particolare
affinchè il lettore comprendesse anche il metodo con cui agisce il senso della vista nell’uomo, che vede
prima il dettaglio. Per spiegare il carattere del 1812 aveva bisogno di vedere il campo di Borodino nella sua
realtà, nei minuscoli dettagli, e partì con il fratello di sua moglie, Stepan Andreevic Bers, detto Stepa che
all’epoca aveva solo dieci anni. Vagò per due giorni ma era cambiato tutto: i campi erano tornati a essere
coltivati, la terra di era nuovamente livellate ecc… Cercò dunque i testimoni oculare della battaglia, Tolstoj
conosceva bene quei luoghi dai libri, ma mentre vagava prendeva appunti. Dopo molte riscritture, nel
romanzo emerse una descrizione semplice e convincente; Tolstoj offrì il piano di battaglia così come egli
stesso l’aveva interpretato. Egli cambiò idea sull’andamento dei fatti, ne stese la descrizione e introdusse al
suo interno Pierre, che nulla comprendeva della battaglia. Quel che conta nelle conclusioni di Tolstoj è che
egli chiarì il problema del significato delle battaglie, il problema della causa degli avvenimenti storici, il
problema dell’autocoscienza del popolo all’interno di un conflitto, risolvendo così anche la questione della
psicologia dei soldati e di Kutuzov, di Pierre, Andrej ecc…

A ciò giungeva anche Cernysevskij.

GLI SCOLARI DI JASNAJA POLJANA; PLATON KARATAEV E NIKOLJ ROSTOV.

Nel 1862 Tolstoj si occupava di pedagogia, convincendosi di quanto Rousseau aveva già elaborato, cioè che
nel bambino sono presenti gli elementi dell’uomo perfetto, incorrotto. Nell’articolo “chi deve imparare a
scrivere: i figli dei contadini da noi o noi dai figli dei contadini?” chiariva quale autocoscienza fosse più
nobile e forte, se la sua o quella di un figlio di contadini. Nell’immaginare l’uomo libero, lo vedeva nei figli
dei contadini non ancora corrotti dalla violenza, il mondo contadino gli appariva come il risultato di forze
vive. Tolstoj considerava il mondo cosacco come ideale del mondo contadino, tuttavia questa si rivela una
delle sue grandi contraddizioni, poiché egli era un proprietario e il mondo cosacco non prevedeva
proprietari. Gli uomini si contendevano la terra, il mondo dei cosacchi era finito, così come era finito il
mondo patriarcale dei contadini; Tolstoj è convinto che l’ideale non stia nel futuro, ma nel passato, e Platon
Karataev appartiene a questo ideale, personaggio che fu creato durante la stesura del testo. E’ presente in
due capitoli, negli episodi dedicati alla prigionia di Pierre e nel libro successivo in qualche altro capitolo
dedicato alla ritirata da Mosca dei francesi; Karataev appartiene a una famiglia benestante e numerosa,
dopo che il fratello e Platon, erano andati sotto le armi a causa del taglio fraudolento della legna del vicino,
la solida famiglia non si era indebolita. Karataev entrò nell’esercito a 21 anni, negli anni Ottanta del XVIII
secolo, di conseguenza è un soldato dei tempi di Suvorov, con una grande esperienza militare; tuttavia in
Tolstoj non è un soldato, ma un muzik (contadino russo) in prigionia, come Pierre è un barin (proprietario di
terre, signore) in prigionia, inoltre la prigionia fa tornare Karataev all’ambiente patriarcale della campagna.
Tolstoj infatti insiste sul fatto che parlava malvolentieri del suo passato di soldato e si libera volentieri di ciò
che di militare gli si era appiccicato addosso. Parla per proverbi, pur non riconoscendoli del tutto e forse
non comprendendoli realmente, quello che egli dice appare purificato e generalizzato, come se fosse già
noto. Tolstoj all’epoca in cui scriveva Guerra e pace, si occupava di folklore, studiava le byliny russe (canti
popolari epici russi) e i proverbi. Il folklore non rappresenta solo una creazione della storia, ma anche un
presentimento del futuro. La saggezza di Karataev è quell’infantile sottomissione che Tolstoj non incontrò
nella scuola, la scuola di Poljana venne distrutta dai gendarmi e lo stesso Tolstoj voleva reinserirsi nella
carreggiata normale della vita nobiliare, cercando la felicità con il matrimonio. Voleva essere un
aristocratico che viveva nella sua proprietà. Tolstoj dà forma alla sua ricerca in una contraddittoria
descrizione del sogno: al suo interno entra in gioco la realtà, ma a suo modo, interpreta quanto avviene nel
sogno. Tolstoj vede in sogno Platon Karataev così come vedeva i bambini della scuola di Jàsnaja Poljàna, gli
avvenimenti del reale si fondono con quelli del sogno. Nel romanzo è presente un altro muzik, il partigiano
Tichon Scerbatyj, che aveva ucciso un proprietario e poi aveva dimostrato di essere un eroe, ma attraversa
il romanzo come di sfuggita. Alla fine della narrazione Pierre diviene un decabrista, la liberazione di Pierre
che la prigionia paradossalmente gli aveva dato, privandolo della ricchezza e della moglie, lo aveva
sollevato dal senso di colpa, questa liberazione giunse a compimento, ma Pierre, all’interno della nuova
famiglia, diventerà un decabrista, cosa che Platon Karataev non avrebbe approvato. Nikolaj Rostov discute
con Pierre che parla della fondazione della società, considerandola ostile e dannosa, aggiungendo che
avrebbe mosso contro di loro immediatamente se gli fosse stato ordinato, presentandosi come il diretto
nemico di Pierre. Il figlio di Andrej rielabora la conversazione ascoltata in un sogno, dove Tolstoj esprime il
suo giudizio sulla rivolta decabrista (Alcuni ufficiali dell'esercito imperiale appartenenti a società segrete
Massoneria su tutte, guidarono circa 3000 soldati in un tentativo di rivoluzione per attuare
in Russia un'economia liberale, e disfarsi dell'assolutismo col quale l'Impero era stato governato fino a quel
momento, lottando anche contro lo stato di polizia e la censura). Nel sogno Nikolin’ka avverte
l’annientamento di Pierre, il quale è contemporaneamente il principe Andrej, da parte di Nikolaj Il’ic, si
sveglia così e pronuncia parole di affetto nei confronti di Pierre e suo padre:

“io farò cose di cui persino lui sarebbe stato contento”

Così finisce la storia vera e propria, con la promessa del ragazzo di lottare. E’ stato attraverso il viaggio di
ritorno di un decabrista a Mosca che Tolstoj costruì la sua opera, e la concluse con le parole del giovane
coetaneo di Herzen.

(l’immagine di Nikolinka, figlio ora adolescente del principe Bolkonskj, che si risveglia da un sogno nel quale
veste l’elmo degli eroi Plutarchei dell’antica Roma. Forse personaggio che rispecchia lo stesso Tolstoj
bambino, (poiché anch’egli era rimasto orfano della madre alla nascita e del padre a sei anni) Nikolinka
rappresenta ancora una volta le aspirazioni cui tende lo spirito. Ed egli emula gli antichi eroi, nei quali vede
l’incarnazione del troppo presto scomparso principe Andrej, suo padre. Ed egli sogna che questi sia fiero di
lui, ed aspira, ancora una volta, a qualcosa di irraggiungibile, di elevato, alto come il cielo di Austerliz,
eterno ed immortale, come quell’Altrove nel quale sono scritti, intrecciati, i destini degli uomini.)

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