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GIUSEPPE TONIOLO

IL PENSIERO E L'OPERA
a cura di
Romano Molesti
prefazione di
Domenico Sorrentino

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Si ringrazia Stefano Zamberlan per la sua collaborazione aJJa realizzazione del volume.

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INDICE

Prefazione di DOMENICO SORRENTINO . • • • • • • • 7


Introduzione di ROMANO MOI .ESTI . • • • • • • • • 11
MARIO ANDREAZZA, Toniolo alla prima Settimana sociale
z· · · z· ·
d ez· catto zcz zta zanz . . . . . . . . . . . • • 31
TARCISIO BORLA, L 'Opera dei Congressi e la Democrazia
Cristiana nel pensiero di Giuseppe Toniolo . . . . • • 43
SILvANO BURGALASSI, Statistica e sociologia in Giuseppe
Toniolo . . . . . . . . . . . . . . • • 57
FRANco COSTA, Giuseppe Ton iolo e l 'Azione Cattolica
Italiana . . . . . . . . . . . . . • •

77
ENRICO DI ROVASENDA, Le virtù eroiche di Giuseppe
Toniolo . . . . . . . . . . . . . • • • 83
TOMMASO FANFANI, Solidarietà e cooperazione nel pensiero
di Giuseppe Toniolo: credito e capitale . . . . . • • 95
LUIGI FORLIVESI, Giuseppe Toniolo nel ricordo
di un allievo . . . . . . . . . • • • • • 105

GUIDO MENEGAZZI, Grandezza e attualità di Giuseppe


Toniolo . . . . . . . . . . . . . • • • 113
ROMANO MOLESTI, Il pensiero economico-sociale
di Giuseppe Toniolo . . . . . . . . . . . . 131
PAOLO PECORARI, Sullo spirito "borghese" e del "capitalismo"
in Giuseppe Toniolo e Wemer Sombart . . . . . . . 169

5
FRANCESCO POGGI, Concezione organica della società
e sviluppo economico in Giuseppe Toniolo • • • • • • 187
VITALIANO ROVIGATI'I, Validità del pensiero di Giuseppe
Toniolo .

• • • • • • • • • • • • • • • 199
DOMENICO SO o, Giuseppe Toniolo
e il programma della civiltà cristiana,
ti • • • • • • • 207
AMLETO SPICCIANI, Toniolo per un diritto
del lavoro • • • • • • • • • • • • • • • 231
SILVIO TRUCCO, Giuseppe Toniolo a Pisa . • • • • • • 253
CLARA VALENTE, Giuseppe Toniolo e mio padre
Giovanni Battista Valente . . . . . . • • • • •
259
GIOVANNI ZALIN, Solidarismo e capitalismo
nel giudizio storico di Giuseppe Toniolo . • • • • • • 265

Bibliografia essenziale su Giuseppe Toniolo,


a cura di ANDREA DE VIDO . . . . . • • • • • • 279

6
PREFAZIONE
di
DOMENICO SORRENTINO

La rivista Studi economici e sociali del Centro Studi Giuseppe Toniolo di


Pisa ha scelto un modo eccellente di dare lustro al suo 40° anno di vita, n-
pubblicando una serie di contributi sul professore pisano cui il Centro è inti-
tolato. Non solo come studioso del Toniolo, ma anche da "postulatore" della
sua causa di beatificazione, plaudo ali' iniziativa.
Si troveranno, in questo testo, saggi già ben noti nelle bibliografie sul To-
niolo. Le ripubblicazioni hanno lo svantaggio di portare il segno del tempo,
rispetto a contributi più aggiornati . Ma non mancano i vantaggi. Oltre
all'effetto pratico di rimettere in stato di facile fruizione pagine 01 mai diffi-
cilmente reperibili, esse mostrano il cammino della ricerca nel tempo, magari
traendo da un ingeneroso oblio studi che, nonostante gli anni trascorsi, non
hanno perso di smalto e validità. In questo modo, consentono anche una signi-
ficativa "comparazione" di prospettive, sicuramente utile per valutare
l'attualità dell'oggetto della ricerca. .
E' attuale Giuseppe Toniolo? Certo, a mano a mano che ci allontaniamo
dalla sua epoca, crescono le "distanze'' culturali, e la lettura delle sue opere ha
necessariamente, se non altro sotto il profilo linguistico, il sapore dell'antico.
Lo studioso che oggi si accosta al suo fraseggiare non potrà farlo senza armar-
si di senso (e gusto!) storico. Altrettanto vale per l'architettura del suo pensie-
ro e per la linea di tante sue iniziative. Siamo davanti ad un uomo vissuto a
cavallo tra '800 e '900, e non potremo pretendere di incontrare i moduli
dell'era di internet!
Ma il correre impetuoso della storia serve a far emergere, con le cose ca-
duche, anche le sopravvivenze. Ed è qui che si innesta il concetto, pur non po-
co ambiguo, di "attualità". E' un concetto che fa riferimento al "nostro" tempo.
Ma il "nostro" tempo, con le tante cose comuni, condivise, acquisite, è fatto
anche di infinite diversità, è gravido di contraddizioni, e non di rado registra
anche "recuperi" di cose che sembravano onnai definitivamente sepolte. Gli
esempi potrebbero essere molteplici. Mi limito a due che fanno di più al caso

7
un'attualità che si impone non solo per via di consonanza, ma anche - non bi-
sogna dimenticarlo! - in senso dialettico, dato che, in nome del protagonismo
della società civile, si tende a lasciare briglie sciolte ali' economia fino a quel
liberismo selvaggio che Toniolo combatteva non meno dello statalismo. La
sua visione del rapporto Stato-società-economia era tutta ispirata ai principi
della "sussidiarietà" e della "solidarietà".
Mi preme insomma sottolineare quanto sia interessante, ma insieme non
priva di insidie, una rilettura del Toniolo all'insegna del criterio di attualità.
Romano Molesti, benemerito promotore e curatore di questo volume, lo ha
aperto con una "problematizzazione" a partire da questo criterio. Credo che il
successo del volume dipenderà anche dallo stimolo che esso darà a continuare
il discorso, portandolo avanti con verifiche e confronti che possono approdare
a risultati non sempre scontati.
Toniolo è un personaggio complesso, e la sua poliedricità consiglia una
"interdisciplinarietà" di approccio (storia, economia, sociologia, teologia), in-
dispensabile per la comprensione dell'uomo. Una domanda ricorrente è, ad
esempio: fu, il Toniolo, più un economista o più un sociologo? Non è facile
rispondere. Certamente, se per giudicare la tenuta del suo lavoro di economi-
sta si assume un modello di scienza economica costruita a base di analisi ma-
tematica e sbilanciata sugli aspetti "quantitativi" della ricchezza, ci si troverà
inevitabilmente delusi dai ponderosi volumi del Trattato di economia sociale.
Senonché, per dare una valutazione non solo storicamente pertinente, ma an-
che di una "attualità" criticamente vagliata, occorre tener conto del fatto che
proprio contro un concetto prevalentemente "quantitativo" dell'economia To-
niolo prese posizione, sposando la tesi dell'elemento etico quale "fattore in-
trinseco" delle leggi economiche, come suona la sua nota "prolusione" del
1873. Sulla base di tale discorso programmatico, la sua attività di economista
fu sempre innervata di riferimenti filosofici e di ispirazioni culturali ampie, da
quelle sociologiche a quelle religiose, e ciò non perché egli si prestasse a con-
fondere discipline scientificamente incomponibili, ma per coerenza con un
concetto di scienza e di economia che, pur nel rispetto deU' autonomia propria
di ciascun ambito, recalcitra a una "settorializzazione" estrema, e trova in de-
finitiva nell'umano integrale un punto di raccordo. L'homo oeconomicus è pur
sempre e prima di tutto homo, e nello spazio umano fondamentale le dimen-
sioni dell'economia si incontrano con quelle antropologiche tout court, chia-
mando in causa, con l'economia, anche la sociologia, l'etica, la filosofia, in
modo tale che queste, pur distinte da metodi e fini propri, non possano tuttavia
non convergere alla radice, in un quadro comune di riferimenti valoriali.
Quando si discute sul Toniolo economista, si deve tener conto di questa logi-
ca del professore pisano, ed è buona precauzione anche scientifica non e-

9
scludere a priori che il suo pensiero possa avere anche in questo, nei con-
fronti del nostro tempo, una attualità di tipo critico, con la quale valga la pe-
na di confrontarsi. Naturalmente, senza incorrere nel rischio di giustificare
per principio, per amore del personaggio, tutto il suo pensiero e canonizzar-
lo, senza mettere nel conto anche i suoi limiti.
In effetti, la stessa Chiesa, che spera di poterio "canonizzare", ben distin-
gue la sua "vita santa", sulla quale sarebbe difficile non trovarsi d'accordo, e
il suo pensiero, certo ricco e coinvolgente, ineccepibile sotto il profilo
dell'ortodossia, ma non per questo privo di quel contrasto tra luci ed ombre,
che si registra in tutti gli esseri umani. Io stesso, in un saggio di fine anni '80
(Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, 1987), di cui anche questo volu-
me porta traccia, tirai alcune conclusioni che, dalla prospettiva teologica in
cui mi ponevo, mettevano a fuoco ciò che è permanente (in questo senso at-
tuale) e ciò che è caduco nel suo pensiero, in considerazione del cammino che
la teologia e la vita ecclesiale hanno fatto, dall'epoca del Concilio Vaticano I
e del magistero di Leone XID fino al Concilio Vaticano II e alla Chiesa del
nostro tempo. Anche "ombre", dunque, nel Toniolo, nel senso di aspetti datati
del suo pensiero. Ma soprattutto quante "luci", e quanta vera attuali~ se ci si
pone dal punto di vista delle dimensioni di fondo. Del resto è quello che si ri-
scontra sempre nella storia della spiritualità, quando ci imbattiamo in persone
che sono state più docili all'azione dello Spirito di Dio, e da questo punto di
vista si sono "elevate" rispetto a ciò che siamo soliti chiamare "notmalità" -
ahimé, normalità "statistica" - che spesso tanto si distanzia dalla norma ideale
indicata dalla retta coscienza di ogni uomo, confennata e illuminata
dall'annuncio evangelico, pienamente incarnata proprio dai Santi. Sono essi, a
ben vedere, guardando alla notma ideale, gli uomini veramente "notmali"!
Mi auguro che questa pubblicazione serva a far crescere ulterionnente
l 'interesse per questa alta figura di pensatore, di operatore, di cristiano esem-
plare, al quale tanto deve la Chiesa italiana per il ruolo storico da lui svolto
nel movimento cattolico, e che ancora tanto può dare in tet mini di pensiero e
di testimonianza di vita.

10
INTRODUZIONE

di
ROMANO MOLESTI

l -Di fronte alla figura di Giuseppe Toniolo due constatazioni vengono


spontanee. La prima è che la cultura laica non ha mai dimostrato particolare
interesse per l'opera di tale autore. La seconda è che, anche all'interno dello
stesso mondo cattolico, al di là di certi riconoscimenti, peraltro scontati,
l'interessamento nei confronti dell'Autore è stato prevalentemente di faccia~
di circostanza. Anche se è vero che la bibliografia tonioliana comincia onnai
ad essere abbastanza nutrita - tra volumi, saggi e articoli vari - si ha
l'impressione che ci si avvicini al Toniolo soprattutto per certi aspetti della
sua attività, quella di un rappresentante particolarmente qualificato del movi-
mento sociale cattolico a cavallo dei secoli XIX e XX, più che per un vero e
proprio interesse verso la sua opera scientifica.
A questo proposito, quali sono le considerazioni che possiamo fare? Ha un
significato compiere ancora delle ricerche, a distanza di quasi un secolo, sul
pensiero e sull'opera di un autore che, accanto a indubbi contributi fomiti, per
altri versi mostra chiaramente i segni del tempo? E ancora, posto che meriti di
avvicinarsi al Toniolo, l'interesse che ci può indunte a occuparci di lui va
considerato di natura essenzialmente storica, oppure una parte de Il' opera
dell'Autore può presentare un'importanza anche per noi, uomini del XXI Se-
colo? Infine, il Toniolo, che ha insegnato a Pisa per quasi 40 anni economia
politica, ha lasciato in tale disciplina contributi degni di menzione o, invece, il
campo dei suoi apporti specifici deve essere ricercato altrove?
Sono tutte domande che, a nostro avviso, meritano risposte, le quali, in più
di un caso, non possono essere che articolate.
Prima di addentrarci nel merito della problematica cui abbiamo ora accen-
nato e che cercheremo di sviluppare, seppure in modo conciso, nella parte in-
troduttiva del presente volume, ci sembra opportuno compiere una afferma-
zione preliminare. Come crediamo dimostri questa raccolta di saggi, possiamo
rilevare che, accanto a parti del pensiero tonioliano, le quali possono essere
considerate caduche, risentendo del tempo in cui furono concepite, vi sono dei

11
contributi sul piano scientifico e storico-culturale, i quali presentano, ancor
oggi, notevole rilievo e che giustificano un'indagine a tutto campo dell'opera
del Nostro. Il voler trascurare l'opera stessa solo perché buona parte di essa
mostra chiaramente i segni del tempo o presenta una validità discutibile, ci
porterebbe a fare sostanzialmente d'ogni erba un fascio, con il risultato di but-
tar via, come si suol dire, il bambino insieme con l'acqua sporca.
'
E tempo, ormai, di una riflessione più ponderata sull'opera del Toniolo,
specie dopo che una critica più obiettiva ha saputo metteme in evidenza con-
tributi e limiti, dopo che indagini sulla storia del movimento sociale cattolico
banno contribuito a inquadrare meglio il periodo storico in cui egli operò,
contribuendo quindi a facilitarne il giudizio storico.
A scanso d'equivoci potremmo cominciare subito con l'affermare che i
contributi di maggior rilievo che il Toniolo, professore di economia, ha dato,
non vanno rintracciati nella scienza economica come tale. Nelle opere econo-
miche di Giuseppe Toniolo in defmitiva non c'è analisi (l). L'Autore non dà
contributi innovativi per quanto riguarda il funzionamento del mercato, la teo-
ria del valore, il problema dell'equilibrio e tutte le tipiche categorie economi-
che. Se risulta evidente la mancanza d'analisi nell'opera economica del Tonio-
lo, ciò non vuoi dire, come vedremo, che, anche all'interno dell'economia e, in
particolare, della metodologia economica, il Nostro non abbia offerto specifici
contributi.
Accanto a quello economico vi sono, nell'opera tonioliana, altri campi -
basti pensare a quello storico e socio logico - in cui certi apporti dell'Autore
presentano ancor oggi un marcato interesse. Ancora più rimarchevoli risultano
certe indicazioni di determinati provvedimenti da attuare (si pensi al tema del
partecipazionismo operaio) che rendono la sua opera, per certi aspetti, ancora
viva e attuale.
Da un punto di vista metodologico, la posizione più corretta da assumere
da parte di chi si propone di studiare l'opera del Toniolo, dovrebbe essere
quella di mettere ben in chiaro, fm dall'inizio, l'intelaiatura generale della sua
impostazione e quelli che sono, per cosi dire, i suoi punti deboli, in modo che
possa essere più facilmente accettato il resto. Nessuna difesa d 'ufficio deve
essere tentata in toto dell'opera del Nostro, perché essa finirebbe solo per ri-
sultare a suo svantaggio. Se adotteremo questo corretto criterio metodologico
allora vedremo che, nell'opera del Toniolo, si possono individuare alcuni con-
tributi ancor oggi degni di nota.
E' il caso, dunque, di rileggere oggi l'opera di Giuseppe Toniolo? Tale n-
lettura potrebbe offrirei alcuni vantaggi. Innanzitutto, l'opera ci presenta un
efficace spaccato di tutto un mondo culturale, sociologico, storico, di fine
Ottocento - inizio Novecento, descritto da una persona che, in tale mondo, è

12
l'influenza di Lacordaire e Chateaubriand che avevano messo in evidenza
l'importanza del "genio del cristianesimo" (lO). Da ricordare anche l'influsso
su di lui esercitato da Ketteler e Hettinger ma, come sottolinea lo stesso To-
niolo, un posto di particolare importanza è occupato da Pesch, Cathrein, De
Decker. Notevole soprattutto l'influenza del Pesch (11).
Nel campo della filosofia maestro del Toniolo è Matteo Liberatore, figura
di spicco della neoscolastica, uno dei fondatori della Civiltà Cattolica e tra gli
estensori della Rerum Novarum. Da non tacere infine l'influsso del Mercier.
Un quadro, come possiamo vedere, di influenze variegate, in cui assume
una netta preminenza l'aspetto socio logico, filosofico, storico. Un quadro che
influenzerà nettamente tutta l'opera successiva del Toniolo. In tale opera, co-
me abbiamo osservato, non c'è vera e propria analisi economica anche se i
contributi che egli dà in certi settori sono tutt'altro che trascurabili. Sotto que-
sto aspetto è significativo il giudizio del suo allievo Giuseppe Bruguier Pacini,
poi succedutogli nel secondo dopoguerra sulla sua cattedra pisana. Secondo
Bruguier Pacini il Toniolo avrebbe trasfo1mato la teoria economica in una fi-
losofia religiosa delle azioni economiche, e l 'indagine oggettiva in precetti
derivanti dalle premesse extrasperimentali ( 12).
Secondo Amleto Spicciani il Toniolo stesso fu in parte responsabile
dell'incomprensione e dell'isolamento in cui venne a trovarsi all'interno del
mondo universitario ( 13). Ritardò, infatti, la pubblicazione del suo Trattato,
che era già pronto a partire dagli anni 1889-1895 e non riuscì a completarlo,
cosa che gli avrebbe consentito di evidenziare le conseguenze scientifiche cui
le sue premesse ideologiche potevano condurre. Da rimarcare pure la sua
chiusura nei confronti dei colleghi più giovani, la maggior parte dei quali nu-
triva scarso interesse per le problematiche da lui sollevate.
Si avvalse forse eccessivamente del metodo e del linguaggio della filosofia
scolastica, incomprensibile al di fuori del mondo cattolico e che vedeva net-
tamente contrari una gran parte degli intellettuali del tempo.
Non partecipò al dibattito metodologico sulla nuova corrente neo-classica
in Italia, dibattito che prese l 'avvio dal famoso articolo del 1898 di Matteo
Pantaleoni sul Giornale degli economisti, "Dei criteri che debbono infonnare
la storia delle dottrine economiche" (14). Il fatto è che il Toniolo aveva scelto
come interlocutori non i colleghi economisti, ma i cattolici organizzati e, tal-
volta~ si ha come l'impressione che si rivolgesse solamente a loro.
L'intensa attività nel campo sociale cattolico lo pon à in una posizione di
'
eminenza, ma contribuirà pure ad isolarlo sul piano accademico (15). E Toniolo
stesso che ci rivela che Leone XIIl avrebbe pensato di fargli lasciare la cattedra
universitaria per affidargli a Roma un costituendo istituto di studi sociali.

15
annichilazione di quest'ultima e a un pratico assorbimento nella prima, rele-
gando le funzioni politiche nel novero della pura amministrazione" (29). Il
Toniolo aveva affetmato che, anche nella legislazione sociale, lo Stato deve
intervenire soltanto nel caso in cui le forze spontanee personali o collettive
non bastino a conseguire completamente il progresso generale (30).
Un 'impostazione, questa, che fu in parte contestata da alcuni, che ritenevano
che allo Stato spettasse una maggiore autonomia d tazione.
Nella concezione del Toniolo la democrazia si connota come una coordi-
nata coesistenza di gruppi, non rigidi o statici, bensi dinamici, in contrapposi-
zione anche con i fondamenti teorici della riflessione filosofica e giuridica del
positivismo (Putendorf, Wolft), il quale positivismo lascia nell tombra
"l'immensa ed armonica serie di doveri, che sostentano e ravvolgono l'essere
sociale". Doveri che devono essere tenuti presenti nella struttura gerarchica
che è loro propria, implicando essi, rispetto al fme sociale, il gravame di un
peso maggiore sulle classi "superiori", a vantaggio di quelle inferiori, secondo
un criterio di giustizia, che potrebbe essere correttamente definito di spere-
quazione, in quanto "chi più può più deve, chi meno può più riceve". In ciò,
secondo il Toniolo, consiste l'essenza della vera democrazia (31). In ogni ca-
so per il Nostro "li concetto essenziale e più ampio di democrazia è pur sem-
pre quello di una cospirazione di forze sociali, giuridiche ed economiche par-
ticolarmente rivolte a proteggere, rispettare, elevare il popolo". "Affrancato,
onorato, elevato, educato il popolo è naturale che presto o tardi anche politi-
camente il popolo acquisti importanza e trovi il suo posto nel governo, sino ad
affrettare, se si voglia, in certi casi, un tipo di governo repubblicano. Ma que-
sta democrazia politica in tal senso è una conseguenza di quella sociale, giuri-
dica ed economica e non viceversa" (32).
Per quanto riguarda lo specifico problema dell'intervento dello Stato ci
sentiamo di poter affermare che la concezione dell'Autore non presta il fian-
co a quelle critiche, che sono state avanzate riguardo ad altre parti della sua
opera. Al Toniolo sono stati indirizzati dei rilievi, come abbiamo ricordato,
dal Majerottot dallo stesso Alcide De Gasperi ma, a ben guardare, almeno su
tale punto, la storia, in questi ultimi lustri, è andata nella direzione indicata
dal Toniolo stesso. Se a metà del Novecento la posizione del Nostro poteva
essere accusata di non attribuire un peso adeguato ali' intervento dello Stato
in campo economico-sociale, in questi ultimi tempi la situazione sembra so-
stanzialmente mutata.
Sono ormai anni che, su scala planetaria, si cerca di ridurre tutte le forme
dirette d'intervento statale nell'economia, privilegiando le manovre indirette,
restringendo ovunque la proprietà statale dei mezzi di produzione, in una pa-
rola riconoscendo sostanzialmente allo Stato una funzione di supplenza. Su

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in buona parte avveratosi, specialmente in Inghilterra, ove il popolo già ordi-
nato nelle <<trade unions» ha acquistato un benessere materiale, un'esistenza
autonoma, un grado di cultura da dispiegare da cinquant'anni (e più dal 1871)
una funzione notevole nella legislazione e nella stessa vita politica della na-
zioneH (39). Lo scopo fmale è quello di "riannodare relazioni armoniche" tra
le varie classi, mirando a "far prevalere nelle relazioni sociali la solidarietà
sulla base della giustizia e carità cristiana" (40).
Checché si possa pensare di tale impostazione essa non va confusa con le
esperienze corporative attuate nell'Italia del ventennio fascista, ispirate ai cri-
teri autoritari di un corporativismo di Stato. Comunque la posizione del To-
niolo è assolutamente chiara, giungendo egli ad affennare che è in contraddi-
zione con tutte le leggi sociologiche il ritenere che il sistema industriale, basa-
to "sul salariato, come un giorno sulla universa servitù, sia un regime normale
e definitivo".

7- Nonostante il Toniolo abbia investito la maggior parte delle sue ener-


gie nell'attività di studio e di ricerca, risulta pure notevole l'energia da lui pro-
fusa nell'impegno sociale. Non aveva, come riconosce lui stesso, particolari
doti di organizzatore, ma svolse alcune attività interessanti, lasciando talvolta
il segno. Se è da ricordare la sua partecipazione all'Opera dei Congressi, par-
ticolannente rilevante fu il suo impegno per la promozione, nel 1889,
dell'Unione Cattolica per gli studi sociali.
L 'Unione tenne il suo primo congresso nazionale nel 1892 e, soprattutto,
com'è noto, portò come risultato alla fondazione, anche per l' opera di Salva-
tore Talamo, della "Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausi-
liarie". Nel 1889 Toniolo promosse, con risultati inferiori, la Società cattolica
italiana per gli studi scientifici. Nel 1906 delineò, con Medolago Albani e
Paolo Pericoli, gli Statuti di Firenze, con cui venivano costituite l 'Unione Po-
polare (di cui fu presidente), l'Unione economico-sociale e l'Unione elettora-
le. Nel 1907 a Pistoia si tenne la prima Settimana sociale dei cattolici d ' Italia.
Nel 1908 dette vita ali 'Unione delle donne cattoliche d ' Italia.
Aveva cercato, con tutte le sue forze, di svolgere una funzione di media-
zione al fme di evitare lo scontro frontale tra i moderati e il gruppo dei giova-
ni, facenti capo a Romolo Murri. Le cose andarono come andarono e l'Opera
fu sciolta. Gli anni del Pontificato di Pio X furono per il Toniolo ben più diffi-
cili di quelli del Pontificato di Leone XIII.
Come si vede, un bilancio d'attività tutt'altro che trascurabile per un uomo
che, fin da giovane, si era sempre dedicato agli studi, ove certamente aveva
dato il meglio di sé. Comunque, alcune delle attività messe in piedi dal Tonio-

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lo hanno dato risultati che sono sopravvissuti fmo ad oggi. Si pensi alla "Rivi-
sta internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie", che si pubblica tut-
tora, seppure con caratteristiche profondamente diverse da quelle di allora.
Così come, rispetto alle realizzazioni pratiche, diverso era stato il progetto,
che Toniolo aveva caldeggiato, di un 'Università Cattolica in Italia.

8 - Avviandoci alla conclusione potremmo, riassumendo le considerazioni


che abbiamo svolto finora, passare brevemente in rassegna quelli che possono
essere considerati i contributi più significativi che il Toniolo ha dato nei vari
campi da lui indagati. Sul piano più strettamente economico, come abbiamo
ricordato, tali contributi non riguardano il settore del!' analisi economica ma
aspetti diversi, che potremmo definire, in un certo senso, metodologici. In par-
ticolare, il saggio con il quale il Toniolo inizia la sua attività di studioso,
Dell'elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche, ci offre lo
spunto per più di una considerazione. Innanzitutto si tratta di un saggio
d'importanza rilevante nella produzione tonioliana, un saggio in cui vengono
poste, per così dire, le basi di tutte le ricerche successive dell'Autore.
Tornolo riconosce che l'interesse individuale può ben essere considerato
'
"uno degli impulsi massimi dell'umana operosità", ma non l'unico motore. E
questa un'impostazione che era già stata accolta, con varie sfumature e con
diverse finalità, da autori come Sismondi, Lemontey, Baudrillart, Dameth,
Hildebrand, Knies, Roscher, Palmieri, Minghetti, ecc.
A ben vedere, si tratta di una sorta di manifesto di quella che sarebbe poi
stata la futura attività del Nostro. Qualunque problema il Toniolo affronti, ri-
sulta evidente che ogni argomento s'inserisce in un discorso più vasto, in una
sorta di piano prefigurato in cui egli si propone di dimostrare l'importanza e il
primato dei valori etici nella vita sociale e la forza rigeneratrice del cristiane-
simo. Il tutto sotto la guida del Papato. Questo, in sostanza, è il nucleo centra-
le del pensiero del Toniolo.
Sempre nel campo economico costituisce, poi, un indubbio merito
dell'Autore, l'aver impostato un discorso abbastanza articolato sul problema
della partecipazione del lavoratore alla vita dell'impresa. Un discorso che ma-
nifesta, nel suo insieme, una sua originalità. Le proposte da lui avanzate ri-
guardo alla partecipazione, presentano un interesse nel contesto storico cui e-
gli si riferisce, ma si prestano a essere attentamente considerate anche rispetto
all'epoca attuale.
Il movimento cooperativo ebbe nell'Ottocento un notevole sviluppo. Altre
iniziative nel campo della partecipazione, segnarono il passo, ma tutto contri-
buì a tener desto l'interesse per certe istituzioni. Una rilettura dell'opera del

24
Toniolo, relativamente alle pagine che riguardano la partecipazione, ci sembra
interessante in quanto le motivazioni che l'Autore ci presenta per il supera-
mento della dicotomia capitale-lavoro sono valide oggi come erano valide
allora. Purtroppo si tratta di un argomento che la scienza economica ha tra-
scurato. La relativa problematica è stata relegata al settore delle relazioni
industriali.
Possiamo rilevare che la continua conflittualità, cui assistiamo proprio nel
campo delle relazioni industriali, e le difficoltà di trovare accordi per riuscire
a stipulare contratti collettivi, sono elementi che dovrebbero farci comprende-
re come certe proposte, quali quelle avanzate dal Toniolo, presentino anche
oggi un loro carattere di attualità. Per quanto riguarda la partecipazione del
lavoratore alla vita dell'azienda sembra che, su questo punto, oggi ci sia un
accordo generale ... per non realizzarla!
Alla parteCipazione si sono mostrati contrari, tranne eccezioni, gli impren-
ditori, nella convinzione che, in un sistema partecipativo, essi perderebbero
parte del loro potere. Dal canto loro i sindacati non hanno espresso certo un
giudizio favorevole, temendo che la loro funzione potesse essere progressi-
vamente svuotata, una volta attenuata, in conseguenza della partecipazione, la
conflittualità tra lavoratori e datori di lavoro. In una struttura economico-
sociale che, nel complesso, non si mostra favorevole alla partecipazione, i la-
voratori stessi fmiscono per non manifestare alcun interesse verso tale istituto,
temendo che tutto si riduca an' assunzione di maggiori responsabilità senza
che vi sia per loro alcuna contropartita vantaggiosa.
In realtà, in certi esperimenti, che sono stati compiuti in passato, e anche in
alcune esperienze del presente, non sono mancati risultati positivi. In ogni ca-
so le varie fonne di partecipazionismo operaio - azionariato operaio, parteci-
pazione agli utili, cogestione, autogestione - possono svolgere una loro fun-
zione, contnòuendo a creare un clima più disteso all'interno del mondo della
produzione, inducendo a smussare quelle punte di conflittualità, che si regi-
strano in varie occasioni, ad esempio per il rinnovo dei contratti di lavoro, ecc.
Se si considerasse quante ore all'anno vanno perdute in conflitti sindacali,
si guarderebbe con maggiore interesse alla possibilità di attuare iniziative, tali
da portare a un maggior grado di collaborazione all'interno dell'azienda. Su
questo argomento il Toniolo, a nostro avviso, può dirci qualcosa di positivo

ancor oggt.

9 - Vi sono ancora alcuni punti, che vorremmo sottolineare, riguardo ai


quali il contributo del Nostro risulta rilevante. Il primo riguarda l'economia o,

se si vuole, l'epistemologia economica. E un tema dibattuto tra gli economisti

25
A questo punto, desideriamo esprimere un ringraziamento a tutti gli autori
del presente volume e in particolare a Domenico Sorrentino per la prefazione
e a Paolo Pecorari per i suggerimenti bibliografici.
Le pagine che seguono crediamo possano servire a facilitare una migliore
conoscenza critica del Toniolo. Si tratta di articoli pubblicati sulla rivista
"Studi economici e sociali", trimestrale del Centro Studi Giuseppe Toniolo di
Pisa, rivista giunta con il 2005 al suo 40° anno di vita. Sono scritti che pren-
dono in esame la figura del Toniolo da vari punti di vista, tra cui quello stori-
co: si vedano a questo proposito i saggi di Tommaso Fanfani su credito e capi-
tale e di Giovanni Zalin su solidarismo e capitalismo. La figura del Toniolo,
in rapporto alla storia del movimento sociale cattolico, è studiata da Mario
Andreazza (la prima Settimana sociale dei Cattolici italiani), da Tarcisio Boria
(l'Opera dei Congressi e la democrazia cristiana), da Franco Costa (l'Azione
Cattolica Italiana), da Clara Valente (Giuseppe Toniolo e mio padre Giovanni
Battista Valente). Tra i saggi che inquadrano il pensiero economico-sociale
del Nostro figurano quelli di Guido Menegazzi (grandezza e attualità del pen-
siero del Toniolo), di Paolo Pecorari (sullo spirito "borghese" e del "capitali-
smo" in Toniolo e Sombart), di Silvano Burgalassi (statistica e sociologia), di
Romano Molesti (il pensiero economico-sociale), di Amleto Spicciani (Tonio-
lo per un diritto del lavoro), di Vitaliano Rovigatti (validità del pensiero di G.
Toniolo). L'impegno di Toniolo nella delineazione di un 'organica sociale è
illustrato nei saggi di Domenico Sorrentino (Toniolo e il progtamma della
"civiltà cristiana") e di Francesco Poggi (concezione organica della società e
sviluppo economico). Mentre Enrico di Rovasenda si soffenna a illustrare le
virtù eroiche di Giuseppe Tonio lo e Silvio Trucco tratta della vita dell'Autore
a Pisa, Luigi Forlivesi, che segui personalmente, come allievo, le lezioni uni-
versitarie del Nostro, ci offre una testimonianza di prima mano della vita del
Maestro.
Si tratta di una serie di studi e di testimonianze che ci auguriamo possano
contribuire a far meglio comprendere i vari aspetti della figura e dell'opera di
Giuseppe Toniolo. Completa il volume una bibliografia essenziale, a cura di
Andrea de Vido, dei saggi pubblicati sul "professore di Pisa".

ROMANO MOLESTI

Verona, Università degli Studi, maggio 2005

27
NOTE

l) P. Barucci, Introduzione, in Contributi alla conoscenza del pensiero di Giuseppe


Toniolo, Atti del convegno "Economia e società nella crisi dello Stato moderno: il
pensiero di Giuseppe Toniolo" (Pisa 18-19 dicembre 1981), Pisa 1984, pp. 5-39.
2) G. Toniolo, Lettera del 21 febbraio 1972, Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo
Toniolo, doc. 30.
3) D. Barsotti, Tre laici e un cardinale. Saggi per una storia della spiritualità
nelrOttocento, vol. D, Roma 1973.
4) G. Toniolo, Democrazia Cristiana. Concetti e indirizzi, ora in Opera Omnia di
G. Toniolo, Città del Vaticano 1949, vol. I, p. 313.
5) G. Toniolo, Sull'importanza delle banche agricole, in "Rivista periodica dei lavori
della R. Accadetnia di scienze, lettere ed arti di Padova", 1871, vol.~ pp. 81-113,
ripubblicato in Trattato di economia sociale e scritti economici, Opera Omnia di G.
Toniolo, I-V, prefazione di F. Vito, CiUàdel Vaticano 1940-1953, voL V, pp. 409 ss.
6) G. Toniolo, Cenni commemorativi, Angelo Messedag/ia, in "Rivista internazionale
di scienze sociali e discipline ausiliarie", 1901, vol. XXV, pp. 683-685.
7) G. Toniolo, Il pensiero filosofico-scientifico di Fedele Lampertico. Lettera a Se-
bastiano Rumor, pubblicata in "A Fedele Lampertico, omaggi di illustri scienziati
raccolti da Sebastiano Rumor inaugurandosi a Vicenza il 23 settembre 1924 il mo-
numento nazionale", Vicenza 1924, pp. 75-84.
8) G. Toniolo, Cenni commemorativi: Enrico Carlo Périn, in "Rivista Intetnazionale
di Scienze Sociali", 1905, vol. XXXVII, pp. 634-63 7.
9) G. Toniolo, Dei remoti fattori della potenza economica di Firenze nel Medioevo e
scritti storici, prefazione di S. Majerotto, Opera Omnia di G. Toniolo, Città del Va-
ticano 1952, pp. 454-455.
IO) F. R. De Cbauteaubriand, Genio del Cristianesimo, Torino 1943.
11) D. Sorrentino, Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, Cinisello Balsamo
(MI) 1986, p. 64.
12) G. Bruguier Pacini, Toniolo Giuseppe, in "Annuario della R. Università di Pisa
per l'anno accademico 1922-23", Pisa 1923, p. 509.
13) A. Spicciani, Giuseppe Toniolo tra economia e storia, Napoli 1990, pp.l60-161.
14) M. Pantaleoni, Dei criteri che debbono informare la storia delle dottrine econo-
miche, in "Giornale degli economisti", 1898.
15) D. Sorrentino, Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, cit, passim.
16) G. Toniolo, Capitalismo e socialismo, prefazione di S. Majerotto, Opera Omnia
di G. Toniolo, Città del Vaticano 1947, pp. 276-277.
17) G. Toniolo, Trattato di economia sociale e scritti economici, cit, vol. I, pp. 204 ss.
18) G. Toniolo, Iniziative culturali e di azione cattolica, prefazione di G. Dalla Torre,
Opera Omnia di G. Toniolo, Città del Vaticano 1959, pp. 350 ss.

28
19) D. Sorrentino, Giuseppe Toniolo. Una Chiesa nella storia, cit, p. 107.
20) Cfr. L. Febvre, Combats pour l'histoire, Paris 1953, M. Bloch, Apologie pour
/'histoire ou metier d'historien, Paris 1949.
21) V. Mangano, L 'opera scientifica di Giuseppe Toniolo: una concezione cristiana
della socio/ogia e della economia sociale, Roma 1940, p. 12.
22) G. Toniolo, Trattato di economia sociale, cit., vol. II, p. 7.
23) G. Toniolo, Moniti e presagi del pensiero cristiano nell'ora presente: lettera a
!taio Rosa e Mario Gonin, in "La settimana sociale", Pistoia, a. VII, n. 33, 15 ago-
sto 1914.
24) G. Toniolo, l doveri degli studiosi cattolici, in Opera Omnia di G. Toniolo, Città
del Vaticano 1952,2 voli., vol. l, p. 299.
25) D. Sorrentino, Giuseppe Tonfo/o, cit., p. 193.
26) G. Toniolo, Trattato di economia sociale, cit, vol. II, p. 292.
27) G. Toniolo, Democrazia Cristiana. Concetti e indirizzi, cit. vol. I, p. 26. Cfr.,
P. Pecorari, Giuseppe Tonfo/o e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra
'800 e '900, prefazione di G. Guderzo, Bologna 1981.
28) A. Ardigò, Toniolo: il primato della riforma sociale. Per ripartire dalla società
civile, Bologna 1978.
29) P. Pratesi, Luci e ombre nella sociologia di Tonio/o, in "Rassegna di politica e di
storia", 1955, IL 10, p. 15.
30) G . Toniolo, Democrazia Cristiana, cit., vol. Il, pp. 7 ss.
31) G. Toniolo, II concetto cristiano della democrazia, in "Rivista internazionale di
scienze sociali e discipline ausiliarie", XIV, 1897, ripubblicato in Democrazia cri-
stiana. Concetti... , cit, vol. I, pp. 28-29.
32) G. Toniolo, Democrazia cristiana. Concetti... , cit., I, p. 52, nota.
33) S. Majerotto, Prefazione a G. Toniolo, Capitalismo e socialismo, cit., p. XIII.
34) L. Sturzo, La società, sua natura e leggi. Sociologia storicistica, Bologna 1960,
pp. 159 ss. Dello stesso autore si veda anche Del metodo sociologico, Bologna
1970.
35) G. Toniolo, Democrazia cristiana. Concetti..., cit., II, pp. 57-58.
36) Ibidem, p. 60.
37) Ibidem, p. 63.
38) Ibidem~ pp. 63-64.
39) G. Toniolo, Prowedimenti sociali popolari. Studi storici e criteri direttivi a pro-
posito delle odierne agitazioni sociali in Italia, in "Rivista internazionale di scienze
sociali e discipline ausiliarie", nei numeri di luglio, settembre e novembre 190 l , n-
pubblicato in Democrazia cristiana, Istituti e forme ... , cit., l, p. 148.
40) Ibidem, p. 191.
41) M. Minghetti, Della economia politica e delle sue attinenze colla morale e col di-
ritto, Firenze 1858, 2a ediz., Firenze 1868, nota 88 di p. 91 e passim.

29
, ,
42) V. Brants, Esquisse des Théories Eonomiques Professées par /es Ecrivains des
Xlll et XIV sièc/es, Louvain 1895; Id., La circu/ation des Hommes et des Choses, Pa-
ris Louvain 1977.

30
TONIOLO ALLA PRIMA SETTIMANA SOCIALE
DEI CATTOLICI ITALIANI

di
MARIO ANDREAZZA

La settimana sociale dei cattolici a Pistoia

Dal 25 al 28 settembre del 1907 a Pistoia si celebrò la prima Settimana So-


ciale dei Cattolici Italiani.
Dopo lo scioglimento dell'Opera dei Congressi ( 1904) il Santo Padre Pio
X sollecitò il professor Giuseppe Toniolo, docente di Economia politica alla
regia Università di Pisa, a fondare l'Unione Popolare Cattolica Italiana, scri-
vendo: "Per l'Unione Popolare, Pisa, col suo Toniolo e l'arcivescovo Pietro
Maffi, ci pensino" ( 1).
Una delle iniziative più caratteristiche dell'Unione Popolare, volute dal
Toniolo, è stata quella delle Settimane Sociali, delle quali egli diventa promo-
tore e animatore. Esse furono concepite come momenti di studio per far cono-
scere ai cattolici italiani come incarnare nel sociale il messaggio evangelico,
come aprirsi ai problemi sociali propri delle masse operaie e contadine.
Come ha affennato il sociologo Burgalassi in un convegno a Brescia orga-
nizzato dalla rivista "Studi Sociali", "le Settimane Sociali hanno avuto il loro
massimo splendore, allorché sono riuscite a precedere i problemi, allorché si
sono inserite in un contesto religioso a forte conduzione magisteriale ed hanno
operato in una situazione associativa italiana di forte spessore ed unità".
Da una cartella della Biblioteca Maffi dell'Arcivescovado di Pisa conte-
nente "Carte varie su Pistoia 190T' cogliamo innanzitutto il telegramma di
omaggio inviato dai convegnisti a Pio X e il Breve apostolico~ firmato dal
Pontefice, dal quale scaturiscono lo spirito e il fine coraggioso e profetico del-
la prima Settimana Sociale.
L'omaggio al Santo Padre dice testualmente: "Beatissimo Padre, il clero e
il laicato cattolico uniti per la Settimana Sociale in quest'ospitale e gentile Pi-
stoia a Voi rivolgono il loro primo pensiero ed alle nostre mani affidano~ da
deporre innanzi a Voi, l'omaggio sincero e devoto del loro cuore. Sempre ca-

31
Giustizia e della Santità, noi dove prenderemo il pane per darlo ai fratelli? La
domanda se la propongano severamente e vi rispondano con serena e forte
franchezza quanti nel nostro campo per noi, per i nostri fratelli, per la Chiesa
vedono e sentono un bene da ottenere, una giustizia da difendere, un'anima da
salvare".
"Il pane dell'educazione, dell'istruzione, della moralità, il pane del diritto
ad una vita sociale pacifica e benefica che, tutti rispettando, da tutti a noi con-
senta ed assicuri in casa, all'officina e nelle pubbliche azioni, libertà vera e
rispetto alle nostre persone, alle nostre famiglie, al nostro onore e ai sentimen-
ti nostri; il pane di vita sociale nel Comune e nello Stato illustri studiosi
c'insegneranno come averlo nella giustizia, come custodirlo, come moltipH-
carlo, facendolo sorgere copioso da terre credute sterili, acquistandolo non
avvelenato dalle usure, dividendolo in eque proporzioni, frazionando il terre-
no, quello ancora disabitato e che pare maledetto, intensificando il lavoro e la
produzione, vincendo ostacoli presenti e declinando i temibili futuri''.
"Contiamoci, organizziamoci, lavoriamo tutti, nessuno è dispensato, per
procurare ed assicurare a noi, ai nostri fratelli il pane del corpo, il pane della
giustizia, il pane della verità, il pane della virtù, il pane infinito delle anime,
Dio!".
"Ecco il programma nostro; una pagina evangelica lo ha indicato, maestri illu-
stri lo svolgeranno, tutti con l'opera lo incarneremo. Cattolici, a noi l'arrestare
l'odio, contrapponendo giustizia piena nella pienezza della carità" (4).
Il Presule con chiarezza di visione espone i principi basilari della società
cristiana nel campo del lavoro e, precisamente, nel valutare i diritti umani dei
lavoratori in contrapposizione a quelli sostenuti dalle sinistre che vogliono a-
cuire neU 'odio e nella corruzione il dramma del lavoro.
Ai lavoratori dev'esser dato, in cambio del lavoro prestato, pane, cioè, il
sostentamento per sé e la famiglia e questo dev'esser accordato di diritto, co-
me a persone umane, non a bestie o a macchine. Viene esposto così fin da al-
lora il vero e completo programma sociale della Chiesa che più tardi illustri
sociologi prenderanno e svilupperanno.
Un discorso che lo stesso giornale francese "La Liberté" esorta a leggere
per intero, data l'intensità del contenuto sociale e lo riassume in questi tenni-
ni: "homélie sociale". Anche la nostra stampa nazionale plaude al Cardinale:
dall'Avvenire d'Italia all'Osservatore Romano, il Corriere d'Italia, il Giornale
d'Italia, il Giornale d'Italia esaltando "l'ora storica".
Nella prima giornata, 23 settembre, due sono le lezioni. Il professor Ros-
selli, Segretario generale dell'Unione Popolare, svolge il tema: Il Vo/ksverein
'
e l ,Unione Popolare d 'Italia. E una panoramica sulla grande organizzazione
tedesca, sul fme e modo di azione eh' essa svolge ed una riflessione accurata

35
sull'Unione popolare italiana e sullo sviluppo della sua attività già avviata.
Monsignor Vanneufville espone con chiarezza e passione la storia delle
settimane sociali francesi, segno preciso ed incidente del pensiero sociale dei
cattolici in azione verso le masse popolari. Interessante la sua esposizione sul-
la legislazione sociale, sulle convenzioni per i contratti di lavoro e sulla coo-
perazione generale del lavoro.
All'incontro serale al politeama "Mabellini", gremito di pubblico,
l'onorevole Lanzerotti espone la storia delle istituzioni economico-sociali del
Trentino, molto presenti ed attive sia in campo sociale, sia in quello religioso.
Nella seconda giornata (24 settembre) il canonico Pottier in una relazione
attenta e dettagliata espone i problemi attinenti alla cooperazione come mezzo
diretto di consumo e li comprova con la storia delle cooperative già esistenti
in molti stati.
Il professor Longinotti affronta un tema molto atteso e delicato, le Leghe
del Lavoro sostenendo che è un dovere impellente per i cattolici occuparsi
della loro costituzione e sviluppo.
Nel pomeriggio l'intervento del professar Bussetti sulle Forme di previ-
denza agricola apre uno spiraglio nuovo su questo problema. L'oratore di-
stingue l'assicurazione delle persone e delle cose: tutt'e due sono forme poco
praticate e giuridicamente collocate e chiede allo Stato d'intervenire in questo
campo e ai cattolici di dar vita a queste associazioni.
N eli' incontro serale al Politeama il marchese Crispolti affronta un tema affa-
scinante: Tradizioni religiose del Popolo italiano attraverso il corso storico an-
tico e moderno, incidendo realisticamente in esso anche con forme architettoni-
che (cattedrali) e liturgiche (canti, devozioni). "La storia vendica la religione,
non solo con lo splendore, e l'immutata destinazione degli edifici sacri, ma an-
che con la popolarità degli uomini che personificano nelle città l'autorità reli-
giosa". L'esposizione si fa più senata quando tratta "delle tradizioni cristiane e
l'odierno senso di giustizia. Consoliamoci a pensare che il proposito di trai te
dal Vangelo tutte le regole giuste che devono ormai reggere il capitale e il lavo-
ro è già una scelta, poiché da nessun tornaconto, da nessuna legge scritta, da
nessuna forza immediata la parte cattolica fu spinta a farlo" (5).
Il marchese Crispolti, di fronte a un attentissimo pubblico, conclude esor-
tando i cattolici a darsi una storia. Vi sono in essa tradizioni cristiane valide
non solo per un'evoluzione religiosa ma anche sociale.
Terza giornata: 25 settembre. La seduta è aperta dal professor Giuseppe
Toniolo con un argomento eh' egli stesso defmisce "il ganglio nervoso centra·
le dei problemi operai dell'età moderna", il contratto di salario.
Riferendosi alla Settimana sociale di Amiens ed agli amici che 1'hanno
svolta, definisce il contratto "la convenzione con la quale il lavoratore pone la

36
sua attivit~ mediante una remunerazione, a disposizione di un imprenditore,
per produrre quanto egli intende ottenere".
Ma occorre defmire alcuni criteri direttivi per una razionale redazione del
contratto di salario: esso è legittimo e vantaggioso alle due parti, sebbene per
il rispetto alla solidarietà, all'elevazione del lavoratore e alla facilità degli a-
busi reciproci, il salario sia un rapporto inferiore che non dovrebbe divenire
notmale, generale e pe1n1anente. Il Toniolo inserisce il problema nel processo
storico che nel XIX secolo fece del salario il risultato di forze meccaniche di
domanda ed offerta, lo ridusse a condizioni di precarietà e lo sciolse da ogni
'
disciplina e tutela di legge. E questo un fatto gravido di conseguenze, per cui
il salariato divenne la materia greggia del socialismo rivoluzionario. A quali
principi dovrebbe rispondere il nuovo contratto di salario? Toniolo risponde
proponendo innanzitutto la difesa legale di esso per impedire uno stato di a-
narchia, assicurando il salario necessario alla vita; inoltre assicurare il caratte-
re collettivo delle trattative con piena libertà da ambo le parti; proibire accordi
che offendono la giustizia e la solidarietà sociale, ottenere un buon ordina-
mento professionale sia per il formarsi del contratto, sia per garantirne
l'osservanza.

Boggiano e le organizzazioni professionali

Il professor Boggiano tratta delle organizzazioni professionali. Nel loro


sviluppo storico, dalla legislazione romana al Medioevo e ali' epoca moderna,
soprattutto in Inghiltena, in Getmania e in Italia, sostiene l'oratore, esse sono
il cardine su cui poggerà il futuro ordinamento sociale. Come in Francia, an-
che in Italia il governo dovrà riconoscere giuridicamente queste organizzazio-
ni, anche se le Camere del Lavoro lo ostacolano.
'
E dovere dei cattolici, conclude Boggiano, battersi perché il governo con-
ceda il riconoscimento giuridico alle Organizzazioni professionali.
Nel pomeriggio il professar Benassi si soffenna ad illustrare le fonne di
cooperazione agricola, da estendere in Italia per soddisfare particolari bisogni
del popolo, sottolineando i vantaggi della cooperazione ed indicando il modo
di farla sorgere per opera dell'Unione economico-sociale.
Conclude la giornata la relazione del professor Rezzara che tratta del Pas-
sato e presente del/ 'Azione cattolica in Italia. Innanzitutto l'oratore chiarisce i
tet mini: azione, cioè, lavoro, cammino intellettuale, fisico e morale; cattolica,
cioè dei cattolici, a vantaggio di quanti vivono nella parrocchia, nel comune,
nello Stato. Ricorda le tappe dei Congressi cattolici, da Venezia a Bologna,
nei quali, secondo l'oratore, sono state troppe le deliberazioni, pochi i risultati

37
concreti; ma laici e preti cominciarono a "sentire pubblicamente il cattolice-
simo", soprattutto dopo lo scioglimento dell'Opera dei Congressi e l'enciclica
"Il Nuovo Proposito", che diede incremento e coraggio al nuovo cammino.
Rezzara conclude il suo discorso invitando i cattolici a prender coscienza
dell'opera già compiuta, l'esistenza di 1200 casse rurali, 100 banche, le innu-
merevoli cooperative, per incrementarle a beneficio dei più bisognosi.
Purtroppo per la seconda sera consecutiva, dei manifestanti, un gruppo di
ragazzi assoldati per la circostanza, attesero l 'uscita dal Politeama, disturban-
do e provocando i congressisti con urla e insulti; un gruppo appartenente
all'associazione anticlericale "Trento e Trieste" raggiunse il professor Toniolo
e la sua consorte, lanciando sassi contro di loro, ma per fortuna i giovani cat-
tolici che li accompagnavano li difesero. Intervenne la polizia a disperdere i
teppisti, alcuni di essi vennero arrestati e per questo venne proclamato lo
sciopero generale e indetto un comizio anticlericale. Solidali con i congressisti
furono alcuni quotidiani che sottolinearono il grave episodio d'intolleranza.
'
Quarta giornata 26 settembre. E il cardinal Pietro Maffi, quale Presidente
effettivo della Settimana, che apre le relazioni con un intervento plauditissi-
mo, come risposta dei cattolici alle gesta teppistiche. "Avanti di dar principio
alla nostra lezione, pexmettete ch'io vi rivolga una preghiera ed un invito. Tut-
ti sapete come ieri alcuni sconsigliati vollero smentire la gentile ospitalità di
Pistoia verso noi convenuti da tutta Italia a studiare i massimi problemi sociali
ed i migliori modi di elevare il popolo italiano a quell'altezza economica e
morale che gli si conviene. Alcuni ricorsero anche alle pietre; io vi prego di
non voler estendere a tutta la città e alla Toscana il biasimo e l'indignazione
vostra. Ma frattanto v'invito ancora a riflettere e a pensare. Ieri presero i sassi
e li lanciarono ignobilmente contro il professor Toniolo, contro lui, che alla
scienza, allo spirito di sacrificio unisce un incoercibile amore per il popolo.
Poveretti! Non sprezzo, non insulto contro questi poveretti, ma compassione
fatta di amore e di lavoro. Viva Pistoia, viva il professar Toniolo!" (6). Segui-
rono applausi commossi al Cardinale e al professor Toniolo da parte di tutta
l'assemblea.
Prende la parola monsignor Cenuti sulle Istituzioni operaie. L'oratore, ot-
timo organizzatore d'istituzioni economiche nel Veneto, espone una relazione
di largo respiro che interessa vivamente i presenti. Dapprima analizza
l'ambiente difficile, da lui cm amato "orribile", in cui vivono gli operai, sotto
l'aspetto economico e morale, spesso ostile ad ogni sentimento religioso. Pro-
pone come rimedio di avvicinare gli operai, studiare con amore quanto può
render più sereno e onesto il luogo di lavoro e creare nuove istituzioni nello
spirito della dottrina sociale della Chiesa. Rivive così l'esperienza di tre trien-
ni di lavoro a Murano, per conoscere l'ambiente e provvedere ai primi incon-

38
tri di cultura sociale e come il peso più grave per il lavoratore fosse lo strozzi-
naggio che diveniva insopportabile il giorno dello sciopero. Precisa poi
l'esposizione delle prime realtà associative create per i lavoratori: la Cassa
operaia ( 1898), le Casse popolari ( 190 l), le Cooperative di consumo e la Ve-
treria cooperativa. L'oratore chiude con l'augurio che, nel suo esempio si pro-
paghi ovunque l'iniziativa a sostegno del lavoratore. E il suo un discorso mol-
to applaudito dai convegnisti. Monsignor Rossi tiene la sua lezione su Le as-
sociazioni femminili: oggetti e modi pratici di esse.
Esordisce con le parole di monsignor Spalding che sottolineano come la
donna abbia un preciso ruolo nell'umanità, ella che da madre di famiglia è di-
ventata cooperatrice dell'uomo nelle lotte della vita. La donna è diventata
"proletaria", cioè, lavoratrice con particolari problemi individuali e familiari.
Enumera quindi le caratteristiche che preparano la donna, "moralmente sana
e fisicamente forte", al lavoro. Esorta perciò ad intensificare queste associa-
zioni e occuparsi soprattutto delle ragazze in cerca di lavoro. L 'asilo, le
scuole elementari, le colonie, la ginnastica, gli oratori e patronati sono le
principali istituzioni che preparano le lavoratrici, resistenti alle fatiche del
lavoro e ai pericoli della loro fede e morale. Opportuna, quindi,
l'Associazione per la Protezione della Giovane, per il collocamento delle
operaie, funzione esercitata anche dall'Ufficio del Lavoro e dall'Unione
Professionale. Per quanto riguarda il lavoro stesso, l'oratore propone la so-
spensione del lavoro per la maternità, l'istituzione di Casse di maternità, di-
spensari di latte; per le ammalate l 'istituzione di Società di mutua assistenza,
per le disoccupate sale di lavoro.
Su questa problematica cosi delicata ed attentamente seguita, monsignor
Rossi chiede che lo spirito di carità acquisti nuovo vigore e accanto
ali' elemosina si syiluppino le opere di previdenza e di assistenza. Le due le-
zioni del mattino hanno colpito realisticamente l'uditorio per la conoscenza di
una problematica nuova per i cattolici, impegnativa, di grande respiro e re-
sponsabilità. Infatti sono state seguite da una brillante discussione, segno di
partecipazione a questi problemi sociali, indicativi di una nuova coscienza che
la settimana stessa si era proposta di suscitare.
Quinta giornata: 27 settembre. L 'ultima giornata è caratterizzata da tre le-
zioni e dalla conclusione del cardinal Maffi.

Le condizioni dei contadini in Sicilia

Al mattino prende la parola il professor Mangano sugli Affitti collettivi in


relazione alla colonizzazione interna.

39
L'OPERA DEI CONGRESSI
E LA DEMOCRAZIA CRISTIANA
NEL PENSIERO DI GIUSEPPE TONIOLO

di
TARCISIO BORLA

La politica antiecclesiastica dello Stato italiano

Pio XI, parlando confidenzialmente ad amici e collaboratori sui Patti Late-


ranensi da poco stipulati, ebbe un giorno a dire che la storia delle relazioni fra
Stato. e Chiesa in Italia, fra l'Italia e la S. Sede, era così fittamente punteggia-
ta, da parte del Governo Italiano, di sopraffazioni, di ricatti, di violenze, di u-
surpazioni e di negazioni di Placet e di Exequatur, di ostacoli insomma
all'esercizio del ministero pastorale che nessuno la conosce e nessuno la può
• •
nemmeno tmmagtnare.
Le ragioni di questa politica italiana antiecclesiastica e anticattolica sono
da ritrovarsi nella storia del Risorgimento italiano, nella natura delle forze che
lo hanno portato avanti e nei motivi ispiratori dei gruppi dirigenti del movi-
mento risorgimentale.
Se andiamo alle origini prossime di esso, cioè agli anni che vanno dal 1840
al 1848 circa, noi vediamo che il Risorgimento era nato popolare, italiano,
democratico; poi invece va a mano a mano staccandosi dalla democrazia, dal
popolo, dalla coscienza reale degli italiani che era nazionale, religiosa, cre-
sciuta dentro il solco della tradizione. Contro tutte le attese e previsioni, a di-
spetto di tutte le possibilità di attuazione, gli italiani si vedono alla fine co-
stretti entro uno Stato politicamente statalista e soppressore della libertà; reli-
giosamente antireligioso e anticattolico, laicista e ghibellino. Il liberalismo,
infatti, a cui si ispiravano sia Cavour che i vari Governi della Destra e della
Sinistra, tradendo le sue origini, fatto non insolito, finiva nello statalismo,
neli' antidemocratici là e nella soppressione delle libertà anche più elementari.
Non erano soltanto i cattolici quelli del "dissenso" da un simile Stato Ita-
liano, ma tanti altri movimenti e gruppi, come i cattolici parimenti ignorati e
combattuti dallo Stato ufficiale: basti ricordare i repubblicani in genere e i
mazziniani in ispecie, i garibaldini, i federalisti di marca monarchica o repub-
blicana, i moderati e seguaci del decentramento e del regionalismo, della de-

43
guardare, di fronte alla fioritura meravigliosa delle Opere cattoliche: vi dette il
suo nome, il suo fattivo contributo di collaborazione; seguì con passione ogni
sviluppo sociale dei cattolici, fu animatore instancabile e insonne di attività
sociali, assistenziali e caritative; approvò, lodò, incoraggiò quanto poteva tro..
vare utile alla giustizia, alla causa dei poveri e dei lavoratori, allo spirito cri-
stiano e alla dottrina della Chiesa. Per chi conosce la forte tempra di sociolo-
go, di pensatore profondo qual era il Toniolo, non può non avvertire il senso
di disagio nel quale egli si trovava in qualità di semplice "appartenente" a
un 'Opera sociale cattolica, di "membro" collaboratore con gli altri nelle orga-
nizzazioni sociali esistenti. La più vasta, la più seria, la più organizzata era
certamente l'Opera dei Congressi: e Toniolo vi collaborava con tutto il suo
zelo. Però non poteva non riscontrare in quell'Opera, e più ancora nelle altre
similari, i limiti, i difetti, le insufficienze.
A una mente conoscitrice dei problemi economici e sociali, qual era quella
del Toniolo, non poteva l'Opera dei Congressi non apparire rapsodica, disor-
ganica, empirica, priva di un sottofondo dottrinale: essa gli doveva apparire
come una specie di pragmatismo, incapace di rispondere alle enormi esigenze
moderne di giustizia sociale, di rifonne strutturali e quindi anche politiche.
Per ovviare alla mancanza di fonnazione dottrinale e di base ideologica
scientifica insita nell'Opera dei Congressi, Toniolo si aggrappò dapprima alla
II Sezione dell'Opera stessa, che aveva appunto lo scopo di favorire e intensi-
ficare gli studi sociologici cristiani; ne era presidente il suo amico e ammirato-
re Medolago; si buttò a capofitto nel lavoro in questa Sezione di studi, che era
il suo forte; ''vi lavora come un bue", dice Medolago, "e senza un soldo" (2).
Il lavoro bello, soddisfacente, entusiasmante; le possibilità, lo spazio delle ri-
cerche e delle prospettive si allarga davanti alla mente del ricercatore, tanto
che il Toniolo si accorge che non è più possibile farsi rimorchiare dall'Opera:
dal 1885 pensa, lui con Medolago, di fondare una "Società o Unione per gli
Studi Sociali in Italia".
Tre anni di discussione, di polemiche anche all'interno del Comitato per-
manente dell'Opera, anni d' incomprensioni e di dolori, ma fecondi di bene e
di progresso nella schiarita delle idee. Il Toniolo, colto e aperto a tutte le prin-
cipali questioni che si dibattevano in Francia, in Belgio, in Getntania, soste-
neva che anche in Italia doveva sorgere una Società per gli studi sociali, un
organismo cattolico che impegnasse le menti in quelle ricerche e che adeguas-
se i cattolici, dal punto di vista culturale prima, e poi dell'azione, alle moderne
soluzioni dei problemi. Finalmente, essendo il Toniolo di fatto presidente del-
la 11 Sezione, preparò per il 6 agosto 1888, e fece presentare alla discussione
del 9 agosto successivo da parte del Comitato Pennanente, il Programma so-
ciologico dal titolo: "Proposta di un ordine di studi e di azione sociale in Ita-

46
lia"; abbozzava, cioè, le linee principali del futuro sodalizio. Era otmai in ge-
stazione la Società o Unione. Toniolo ne dava anche le motivazioni precise:
"vanno ricercate nella gravità della questione sociale anche in Italia. L 'Italia,
quale sede del Pontificato e di una provvidenziale vocazione storica nel mon-
do, ha il dovere specialissimo di fornire il proprio concorso intelligente e ge-
neroso a quest'opera di ricostituzione e salvezza della società (3). Dalla II Se-
zione dell'Opera nasceva, per impulso del Toniolo e del Medolago, con il
consenso del Comitato pet manente, la "Società quasi autonoma per gli studi
sociali". L'atto di nascita si ha il29 ottobre 1888, in Bologna, come ci raccon-
ta il Rezzara (4).

Pagannzzi, Toniolo e Medolago: divergenze d'opinione

Paganuzzi era favorevole agli studi sociali e anche all'azione sociale, ma


in seno all'Opera. Ora invece Toniolo e Medolago proponevano la separazio-
ne della nuova Società dall'Opera per renderla più efficace; ma il Paganuzzi
riscontrava nel progettato distacco dei cristiano-sociali un pericolo per l 'unità
del movimento cattolico generale. Credeva, anzi, che questi studiosi avrebbe-
ro disperso forze, sprecato energie in studi teorici e in questioni dottrinali,
perdendo di vista l'azione sociale. Perciò concepisce l'idea di richiamarli in
seno all'Opera. Ma i cristiano-sociali sono ormai decisi: vogliono
l'autonomia, la libertà di pensiero e di organizzazione, pure accettando di la-
vorare per lo stesso scopo ultimo. Il loro indirizzo è quanto mai avanzato, ar-
dito, più vicino alla scuola di Liegi che a quella di Angers e di Manchester;
Paganuzzi invece è conservatore, moderato, tradizionalista, assolutista. Tonio-
lo si rivolge alla mediazione del Vescovo di Padova, monsignor Callegari,
amico dei due Capi, perché metta i suoi buoni uffici onde evitare cattive inter-
pretazioni della Società e dei suoi intendimenti. E sempre tramite lo stesso
Vescovo di Padova nel settembre 1889 faceva presentare al Papa il progetto
della nuova Associazione, perché avesse la sua approvazione; il suo statuto
veniva sancito nell'Episcopio di Padova il 29 dicembre 1889: "società di
studi - vi si dice - e di promozione sociale, che assommi il pensiero scienti-
fico e susciti, dietro quell'indirizzo sicuro, l'operosità, diretta ad illustrare la
funzione sociale del Cristianesimo e del papato e quindi dei doveri delle
classi superiori cattoliche in Italia".
La Società fu fornita poi di una sua rivista intitolata "Rivista Internazionale
di Scienze sociali e discipline ausiliarie", uscita alla luce il 15 gennaio 1893, e
anche quella con l'approvazione del Papa, per la diffusione delle idee sociali
cattoliche nel mondo. La Società aveva cosi raggiunto la sua piena vitalità

47
funzionale, aveva onnai il suo preciso ambito di azione, e per quanti sforzi al-
cuni faranno per richiamarla all'ambito e allo spirito dell'Opera, ciò non sarà
più possibile. Toniolo non lo volle, non lo vollero neppure il Medolago e gli
altri soci. E fu un grande bene per lo stesso Movimento cattolico generale.
Toniolo doveva essere sé stesso, e per questo doveva percorrere la sua strada,
la strada della Società, che poi mena alla nascita della Democrazia Cristiana,
attraverso la Rerum Novarum. Un giudizio sull'Opera nell'anno 1889
l'abbiamo in una lettera del Toniolo al Paganuzzi: essa ci fa capire lo stato
d'animo del Tonio lo di quegli anni, stato che non è di crisi, ma di coscienza di
un dovere compiuto per necessità sue scientifiche (5).
Scrive in questa lettera: "L'Opera dei Congressi potrebbe fungere e funge
realmente a tale scopo pratico di propagare le istituzioni sociali economiche
nelle popolazioni. Ma lo può fare con la debita espansione? A diffondere ban-
che popolari, società cooperative, istituzioni conciliative degli scioperi, pro-
pugnare le provvidenze del patrimonio cristiano nelle fabbriche, è strumento
bastevolmente pieghevole, potente, il comitato parrocchiale od altro organo
pe1n1anente ed operante? Il movimento troverà collaboratori proporzionati e
accettazione benevola quando parte da una società come l'Opera dei Congres-
si la quale, insieme a quel programma, fa professione di sostenere il restauro
del potere temporale contro cui tanti sono i pregiudizi e le antipatie?
D'altronde questo programma del potere temporale, non si può né si deve og-
gi men che mai smettere e nemmeno velare assolutamente".
"Inoltre il programma militante nella vita pubblica oggi si aggrava per
l 'Opera dei Congressi, dacché le nuove leggi col suffragio universale assicu-
rano per parte dei cattolici una robusta organizzazione e sicura direzione da
parte di una associazione italiana quale è e fu sempre l'Opera dei Congressi".
"Dunque si scindano le due società. All'Opera dei Congressi rimanga prin-
cipalmente la direzione del movimento cattolico militante nella vita pubblica;
alla Società degli studi sociali quello della vita sociale. Mantengano però mu-
tui rapporti di fine ultimo e di uomini del pari integri e di uguale dipendenza
della Chiesa senza restrizione".
Siamo otmai ai prodromi della Rerum Novarum; la questione sociale è agi-
tata in tutte le parti del mondo civile, dai marxisti, dai socialisti, dai liberali, e
anche dai cattolici. In Italia dobbiamo dire che il movimento più avanzato, più
preparato, come dottrina e come azione, era quello diretto dal Toniolo, quello
bandito dalla Società e diffuso dalla "Rivista Internazionale". Se l'Italia non
sfigurava nel concerto delle altre Nazioni, ciò era dovuto al gruppo toniolense;
se i cattolici potevano presentarsi nell'agone con la capacità di dire qualcosa
di valido, di concreto, di originale, si doveva ancora al movimento del Tonio-
lo. Si potrebbe addirittura affetmare che la dottrina e il movimento toniolense

48
ma i dati riportati (statistica del Regno), nella fattispecie delle statistiche de-
mografiche (clima, popolazione, ecc.) compaiono frequentemente nel Tonio-
lo. Successivamente troviamo citato l'Ezzera, il Maggiore-Perni, il Virgili, il
Salvioni, il Liesse ed altri.
L'organizzazione generale dei corsi di statistica del Toniolo, nelle varie
redazioni che possediamo, si articola secondo il seguente schema:
a) Statistica, scopo, importanza, definizione;
b) Cenni storici sulla statistica;
Cenni storici sulla disciplina statistica;
c) Metodologia statistica, inventiva ed espositiva;
d) Parte positiva: Statistica demografica;
e) Parte speciale: Statistica Territoriale.
La parte speciale poteva variare di anno in anno. Difatti, le dispense relati-
ve a questa parte (e talora anche alla metodologia) hanno una loro propria
numerazione, al di fuori del testo normale. Le redazioni a stampa sono assai
simili fra di loro, se si eccettua, nel caso dell'edizione del 1912, una maggior
estensione data alla parte introduttiva. Difatti, ciò che nelle redazioni poligra-
fate si estende per circa 60 pagine, nella redazione del 1912 si estende per ben
124 pagine. In questo caso la parte II comprende la Metodologia statistica (di
ben 288 pagine), la parte m comprende la parte Positiva (statistica demografi-
ca) di 87 pagine. In appendice riportiamo l'indice analitico del volume del
1902 e di quello de l 1912, comparati con la prima stesura delle Dispense di
Statistica del 1889.
Facciamo rilevare anche la stretta analogia esistente fra la trattazione de-
mografica riportata in Statistica della popolazione, già fin dal 1889 e la mede-
sima trattazione utilizzata nella stesura definitiva della Introduzione
al/ ,Economia (edizione del 1915). Diamo il riscontro puntuale delle redazioni
dei testi di Statistica, cosi come abbiamo potuto ricostruirle con i dati, spesso
incompleti, di cui disponiamo.

La Statistica in Toniolo

La molteplicità dei testi, resi disponibili nella versione manoscritta ed a


stampa e, nel primo caso, nella doppia versione fornita da due copisterie di-
verse (Cini e Bertini) e forse da due stenografi diversi, nonché la lunghezza
temporale tra le varie redazioni dei suoi Elementi (che spaziano dal 1889 al
1912 e, con le aggiunte, fmo al 1917) danno ragione dell'importanza che le
varie edizioni degli Elementi di Statistica hanno per capire a fondo il pensiero
del Toniolo. Si tratta di edizioni fondamentalmente "omogenee" ed aventi un

59
In particolare i cicli storici vengono in ambedue i casi distinti in:
-civiltà pagana
-civiltà ebraica
-civiltà cristiana
-rinascimento italiano
-repubblica veneta
• •
-comuru toscaru
-cristianità moderna
Volendo effettuare una sintesi del concetto di statistica presso il Toniolo,
pensiamo di poterla ridurre ai seguenti punti principali:
-si definisce la statistica non come metodo ma come una disciplina scientifica;
-come tale, essa indaga sui fenomeni sociali simultanei attraverso il suo meto-
do che è quello analitico-induttivo, comune ad altre scienze sociali;
-essa è vera e propria disciplina morale, pur mantenendo la sua qualifica di
"positiva", cioè, ancorata a fatti quantitativo-qualitativi (15);
-mentre essa analizza la simultaneità dei fatti allo scopo di penetrare nella co-
stituzione organica della società, compete alla storia il compito di analizzare
la dinamica delle successioni, cioè, la fisiologia societaria;
-ambedue gli approcci si discostano dalla semplice indagine empirica (disci-
plina) per assumere la veste di scienze sociali, cui compete l'onere delle anali-
si in profondità alla ricerca delle leggi che sovrintendono ai fenomeni empirici
analizzati;
-ambedue le discipline presuppongono la presenza di un'idea fmale, hanno
carattere comprensivo e cospirano verso quel traguardo finale dato
dali' incivilimento.
La sociologia, utilizzando queste due discipline, si erge al di sopra di esse,
individuando quegli avvicinamenti alla vera sostanza dell'incivilimento che
ne costituiscono l'oggetto generale.

L'originale interpretazione deUa Statistica in Toniolo

E' noto che nel 1898 il Toniolo ebbe difficoltà ad ottenere la riconfenna
dell'incarico. Il professor Ludovico Mortara, suo collega, ravvisava la
necessità di procedere ali' apertura del concorso per quella cattedra; e,
riservandosi "di esporre i motivi ampiamente, con cui riusciva spiegata anche
l'odierna sua astensione", gli negava il voto di conferma ( 16).
I motivi che il Mortara non spiegò allora, li spiegò il Toniolo stesso in una
nota lettera al Conte L. Caissotti di Chiusano il 12 giugno dello stesso anno:
"Mi negò l'insegnamento della statistica perché non la interpreto secondo i

63
b) l'etnografia (o etnologia), dottrina dei caratteri distintivi e della succes-
siva distribuzione delle stirpi sul globo;
c) la filologia, dottrina della formazione e dello sviluppo delle lingue come
espressione e misura dell'avanzamento della cultura dei popoli;
d) la storia, esposizione ordinata dei fatti sociali nel loro nesso causale di
simulazione" (p. 6).
l) "Queste discipline sociali sono essenzialmente morali., (p. 7). "Oggi ve-
ramente da molti studiosi (che non sono fisiologi, ovvero dilettanti) si tende a
trattare queste discipline come altrettanti rami delle discipline od anche delle
scienze fisico-naturali ... Il diverso modo di concepire la natura e gli uffici del-
le discipline positive sociali dipende oggi della prevalenza indebita delle
scienze e discipline naturali e del loro spirito materialistico neli' ambito sacro
ove signoreggia la libertà, in altre parole dalla confusione del mondo della
materia con quello dello spirito. Conviene perciò istituire, rispetto codeste di-
scipline sociali, un' opra di rivendicazione; al ciclo delle discipline morali".
2) "Queste discipline sono discipline collettive. Esse espongono il modo di
essere e di svolgersi proprio di un gruppo o di un ciclo di fatti omogenei per
cui i caratteri e i rapporti relativamente generali e costanti si riscontrano nel
complesso dei fatti stessi e non già nei singoli fatti individui o elementi.
Ciò è proprio di tutte le discipline che versano nella ricerca del contingente
(di ciò che apparisce ai sensi o fenomeni) e quindi di ciò che in gran parte è
vario nello spazio e nel tempo mutevole" (p. 8). "La natura essenziale
dell'uomo, l'antropologia può ritrarla da un individuo soltanto: ma la società
essendo la risultante di molte componenti, unifotnti per sostanza ma variabi-
lissime per accidenti, i caratteri e le leggi contingenti delle discipline sociali
non si colgono che osservando la massa degli individui, prescindendo da ciò
che ciascuno presenta di particolare, assumendo soltanto quelle manifestazio-
ni che rimangono nello spazio e nel tempo comuni a tutto il gruppo di esse".
3) "Sono finalmente discipline positive ma pur sempre scientifiche e non
empiriche (è empirica qualsiasi nozione che non sia collegata con cause es-
senziali o accidentali). Esempio: le cognizioni del contadino eh' egli pratica
senza rendersene conto sono empiriche" (p. 9).
"Le discipline sociali invece:
a) sempre descrivono un gruppo di fatti per i loro caratteri comuni (p. 9) i
quali rivelano un primo causale intrinseco rispettivamente generale e costante;
e adempiono così a una funzione induttivo-descrittiva (le discipline naturali
non sono descrittive);
b) sempre investigano i rapporti di questi fatti stessi con le cause che in tali
circostanze di tempo e di luogo ne detenninano le manifestazioni con certa
regolarità e continuità; ciò che rivela un secondo nesso estrinseco di cause pu-

67
il Nostro, la sociologia costituisce la sintesi delle altre scienze, alla maniera
del Comte, vera e propria ancilla fide i, finalizzata alla conoscenza dei "veri",
mediante la delimitazione del "positivo" e l'emergenza del trascendente (22).
Poiché la sociologia funge da sintesi filosofico-razionale delle leggi indi-
viduate dalle altre scienze, cioè ha un riferimento quasi ideologico, alla ma-
niera comtiana, in quanto unifica, coordina ed interpreta la massa delle ten-
denze individuate dalle analisi empiriche e dalla riflessione su di esse, si capi-
sce come in Toniolo tale disciplina acquisisca il carattere di un cammino pro-
gressivo verso il dover essere, funge cioè da elemento trainante, in quanto,
partendo dalle tendenze individuate, una volta che esse siano ritenute "valide"
(con un giudizio di valore, evidentemente), essa può stabilire un itinerario che
moralmente impegna, una linea di azione che, ammaestrata dai fatti e dai dati,
consente un percorso "adeguato" (23).
Se la nostra interpretazione è esatta, ciò che oggi s'intende per sociologia
(la scienza che studia i comportamenti simbolico-collettivi) ritrova la sua col-
locazione in Toniolo più nelle scienze sociali che le sono di fondamento (la
storia, la statistica ecc.) che non nelle argomentazioni normative della "sua"
sociologia. Ecco perché ci rammaricammo, allora, che il Toniolo non prose-
guisse nelle sue ricerche di storia dell'economia, perché ivi egli faceva della
vera "sociologia".alla maniera weberiana, costruendo quel tipo ideale di con-
nubio etico-economico che secondo il Toniolo si era verificato storicamente
nella Repubblica Fiorentina deli' età di mezzo.
Anche nella Statistica, specie in riferimento alla popolazione e al territorio,
gli accenni d'intonazione sociologica sono numerosi e ricchi d'implicazioni
importanti: non vi è quasi alcun argomento, delle sue lezioni sunnominate,
che non comporti conclusioni tendenziali o normative e che non si collochi sul
versante della vera e propria analisi sociologica.
Citiamo alcune tendenze sociologiche tratte dagli "Appunti delle Lezioni
di Statistica" del 1902:
-la legge della maggiore uniformità dei fenomeni sociali di fronte a quelli in-
dividuali, data la sostanza maggiore degli stessi;
- il rapporto fra grandezza delle nazioni e dei popoli ed il grado di loro coe-
sione interna;
-il rapporto fra la piccolezza degli Stati ed il crescere delle individualità;
-il rapporto fra densità delle popolazioni e prosperità materiale delJe stesse,
-il rapporto fra isolamento e relazioni sociali~
- il rapporto fra influenze cosmiche e azione individuale e collettiva;
- il rapporto fra condizioni etico-religiose, tloridità, progresso;
- il rapporto fra essenza della nazionalità e religione;
-l'analisi dello sviluppo della femminilità;

71
capo VI; la popolazione nelle sue influenze sociali-economiche, pp. 205-213). Nota:
Si terrà conto particolare di chi riferirà sulla Statistica agraria giusta le lezioni orali.
20) Tre foglietti manoscritti su foglio quadrettato, solo sul verso, datati 1917. Essi ri-
guardano, però, solo la parte introduttiva o del metodo (Fondo Burgalassi).
21) In parentesi riportiamo la sintesi dei periodi omessi.
22) Si veda quanto annotava il Solari, a proposito delle idee del Comte: " ... Nella so-
ciologia infatti lo spirito positivo non solo si estende ai fenomeni più elevati, più
nobles, più complessi, ma realizza l'unità e l'universalità che nessun'altra scienza
distinta o associata poteva raggiungere" (Cours l, p. 20). cfr. F. Barbano- G. Sola
Sociologia e scienze sociali in Italia, 1861-1890, cit., p. 41, n. 42. Anche il Levy
Bruhl osservava che la sociologia del Comte "universalizza il metodo positivo ed
una volta fondata come scienza speciale assurge al significato di scienza ultima
universale, cioè di filosofia", Ibidem.
23) In questo senso per il Toniolo come per il Comte, "La classificazione delle scien-
ze si chiudeva defmitivamente non tanto con la sociologia quanto con l'etica"
come giustamente conclude Barbano F., Ibidem, p. 73.

APPENDICE- CRONOLOGIA DELLE REDAZIONI DI STATISTICA

1889-90 STATISTICA, Lezioni del Pro f. Toniolo, Anno Accademico 1889-90, Pis~
F. Cini; in dispense manoscritte poligrafate a inchiostro nero; in copertina R.a Univer-
sità di Pisa, dispensa l, scrittura corsiva destra; lezioni 41, dispense 46, pp. 364 + 4 di
enata, cm. 20,5x14.
1889-90 a) METODOLOGIA o Teoria della Statistic~ Lezioni del Prof. Toniolo,
Anno 1889-90, Pisa, F. Cini (il corso durò dal25.1 al10.6.1890); in dispense mano-
scritte poligrafate a inchiostro nero, scrittura minuta elegante; lezioni l O, dispense 2,
pp. 88, cm.20.5xl4.
b) Altra copia F. Cini; in disp. 9, pp. 72.
1894-95 ECONOMIA SOCIALE, Lezioni introdutlive, Pisa, 1894-95, manoscritto
poligrafato a inch. violaceo, cm. 20,5x15, righe 25, dispense 20, pp. 158 (incompleta).
INTRODUZIONE ALL'ECONOMIA SOCIALE, Firenze, Libreria ed. Fiorentina,
1907, pp. 374; l'attuale edizione si discosta da quella in Opera Omnia~ cit., di pp. XVI
+ 344, e da quella del 1915 di pp. XVIII + 41 O.
1909 APPUNTI DI LEZIONI DI SOCIOLOGIA tenute dal Prof. Toniolo, nel Semi-
nario di Pisa, anno 1909; manoscritto poligrafato a inch. violaceo, righe 20, disp. 2,
pp. 16 (incompleto).
N.B. Alcune delle edizioni qui riportate sono presenti, complete o meno, nel Fondo
Toniolo della B.A.P. (specialmente le edizioni manoscritte poligrafate; le edizioni a
stampa sono parzialmente presenti)~ quella del 1902 è stata rinvenuta presso la Biblio-

75
sa - fu il suo grande amore per la Chiesa, la volontà di essere collaboratore
fedele e generoso della Gerarchia e, soprattutto, del Papa.
Cinque Papi si seguirono durante la sua vita impegnata in tutte le opere del
bene, cinque Papi assai differenti, da Pio IX a Benedetto XV. Egli ebbe, come
di fronte ai Vescovi, tanto più in ordine alla suprema autorità, un atteggiamen-
to, costante e mai smentito, di piena fedeltà, di servizio intelligente e capace
di libera espressione, ma sempre in una volontà di obbedienza e di operante
collaborazione.
Contribui da una parte a sagge direttive del Papato e dei Vescovi e seppe
pure accettare scelte e decisioni, che forse non sempre coincidevano con le
sue convinzioni e la sua esperienza, sempre, in ogni caso, collaboratore tanto
prezioso quanto umile. Per comprendere ciò che questo vuoi dire basti pensare
un momento che i suoi furono gli anni cruciali della questione romana, della
questione operaia, dello svilupparsi tra i cattolici di una volontà democratica e
del momento fecondo e complesso di ripresa di studi religiosi; furono gli anni
del movimento modemista, gli anni di molti fennenti, di molte lotte e di qual-
che smarrimento. Si pensi a don Romolo Murri ed alla sua incidenza nel mo-
vimento cattolico.
E qui viene subito da dire che egli ebbe una cura suprema di promuovere
l 'unità degli animi e dei propositi tra i cattolici itaHani.
Si trovò in mezzo a gruppi diversi, a movimenti interessanti di giovani e a
nuove aspirazioni, ed oggi diremmo a contestazioni delle classi popolari in
genere e di quelle cattoliche. Egli mai si appartò, seppe fare le sue scelte con-
sapevoli e intelligenti, fu sempre vicino alle forze nuove che prorompevano,
con comprensione pari alla prudenza, mai estraneo, sempre a tutti vicino, an-
che a chi sembrava meno disposto a muoversi in fedeltà alla Chiesa, meno di-
sposto ad intendersi e a collaborare con gli altri e piuttosto portato a contrap·
porsi e a fare gruppo per suo conto.
L'attenta intelligenza, il profondo amore rivolto ai problemi dei giovani,
ed ai giovani in sé stessi, alle classi popolari ed alle loro aspirazioni, fu nota
costante e dominante di tutta la sua vita fino agli ultimi anni.
Nessuna vicenda lo allontanò dai giovani, ai quali, fra l'altro, fu sempre
spalancata la sua casa di Pisa e aperta la sua amicizia, in ogni momento fmo
agli ultimi anni, nei quali ebbero grande rilievo gl'incontri estivi con i giovani
e Monsignor Pini a Vezza d'Oglio. Alle classi popolari, alla loro condizione,
alle loro speranze dedicò, possiamo dire, tutta la vita di studioso e di uomo
d'azione. Tutta la sua iniziativa tra le Organizzazioni cattoliche si svolse in
contatto con i giovani e nella volontà di promuovere lo sviluppo religioso e
l'incivilimento cristiano (parola a lui cara) con particolare riguardo alle classi
popolari.

79
LE VIRTÙ EROICHE DI GIUSEPPE TONIOLO

di
P. ENRICO DI ROVASENDA O.P.

L'introduzione del processo

La proposta di procedere all'esame delle virtù di Giuseppe Toniolo pro-


venne dalla Federazione Universitaria Cattolica Italiana (F.U.C.l), durante
l'assemblea dei presidenti, svoltasi in Firenze il 21 maggio 1933, e venne
formulata con lettera indirizzata al vescovo di Vittorio Veneto, nella cui dio-
cesi, nel cimitero di Pieve di Soligo, erano custodite le spogli e mortali del
Servo di Dio, e all'Arcivescovo di Pisa, ove egli aveva trascorso la maggior
parte della propria vita ed era defunto il 7 ottobre 1918. La lettera venne frr-
mata dal Presidente nazionale dottor Igino Righetti, dall'Assistente ecclesia-
stico nazionale monsignor Ugo Anichini, da poco succeduto nell'incarico a
monsignor G. B. Montini e dai Presidenti di tutti i Circoli maschili e femmini-
li presenti all'Assemblea (Azione Fucina dell' 11 giugno 1933).
L'iniziativa della F.U.C.I. e di altri che seguirono fu accolta
dali' Arcivescovo di Pisa, che iniziò il Processo ordinario, durato dal 4 aprile
1934 al 29 ottobre 1941 con l'ascolto di 43 testimoni. Seguirono i processi per
rogatoria di Roma, dal 5/6/1937 al 31/5/1940 con 14 testimoni; di Genova dal
12/12/1938 al 18/4/1940 con un testimonio; di Torino dal 21/6/1937 al
7/10/1938 con sette testimoni; di Milano dal '}}7/1937 al 27/6/1939 con dodici
testimoni; di Brescia dal 16/211938 all' 11/111940 con dodici testimoni; di Vit-
torio Veneto dal28/7/1938 al 4/12/1939 con nove testimoni.
Esauriti i processi diocesani furono indirizzate al Santo Padre, tra l'ottobre
1942 e il gennaio 1943, 255 lettere postulatorie, provenienti da cardinali, ve-
scovi, superiori di ordini religiosi, laici e associazioni varie, che chiedevano
l'introduzione ufficiale, con autorità apostolica, della causa di beatificazione.
TI 19 dicembre 1950 la Congregazione dei Riti, sotto la Presidenza del car-
dinale Micara, presentò a Pio XII la domanda d'introduzione della Causa con
autorità apostolica sulle virtù eroiche del Servo di Dio. 11 Santo Padre rispose
col suo placet, cui seguì il decreto d'Introduzione del Processo del 7 gennaio

83
La severità del metodo scientifico di Toniolo fu riconosciuta dal suo mae-
stro, il Professor Luzzatti, israelita, deputato e poi ministro e Presidente del
Consiglio dei Ministri, che lo scelse come suo assistente, lo consigliò e lo aiu-
tò nel suo trasferimento dall'Università di Modena a quella di Pisa, ove "pas-
sò ordinario dopo tre o quattro anni, sempre per la protezione del Luzzatti,
nonostante le opposizioni di alcuni colleghi di facoltà dovute ai suoi principi
religiosi e morali" (S. s. v., par. 87, 142, 321).
L'impegno scientifico del Servo di Dio perseverò fmo al tennine della sua
vita: "Già in vista del tramonto elaborò un progetto inteso alla fondazione di
un Istituto romano per lo studio del diritto internazionale, e la mattina stessa
della morte dettò una lettera per assicurare la sua presenza a Roma e la sua re-
lazione alla seduta della Commissione dei Cento, di cui faceva parte, per la
riorganizzazione del Paese dopo la guerra" (P. c. s. v., p. 23).
A motivo della sua aperta professione di fede cattolica e della sua azione
apostolica "in un tempo in cui era di moda l 'anticlericalismo ... Fu minacciato
di essere deposto da professore universitario" (S. s. v., par. 21 ). A questo pro-
posito è importante la deposizione del Professar Baggiano Pico: "Seppi delle
minacce di sospensione e di revoca dall'insegnamento, fattegli in seguito alla
deposizione coraggiosa che aveva resa in difesa di don Albertario al Tribunale
statale di Milano e della iniziativa presa dal professor Mortaro, la quale però
non trovò eco presso i colleghi, i quali, pur non tutti delle idee sue, ed anzi,
per la maggior parte a lui avversi sul terreno religioso, avevano però un'alta
stima del suo sapere e della sua dirittura" (S. s. v., par. 285).
Nessun appunto poteva essergli rivolto circa i suoi doveri professionali,
perché preparava con massima diligenza le lezioni e mai le ometteva, a costo
di onerosi viaggi notturni (cf. S. s. v., par. 41, 42, 58).
L'impegno didattico ed educativo verso gli studenti continuava dopo la le-
zione: essi lo accompagnavano a casa e alcuni di essi vi convenivano ogni
giovedi per discutere di questioni economiche e sociali, come testimoniò il
figlio del Servo di Dio, Renato (S. s. v., par. 90). La presenza pressoché quoti-
diana di qualche studente in casa Toniolo è testimoniata anche dall'avvocato
Corsanego (S. s. c. i.; par. 51 O) e dal professar Boggiano Pico (S. s. v., par. 302).
L'intrinseca finalità morale dell'economia, che era stata sempre presente
negli studi del giovane studente Toniolo, assume una sua chiara espressione
scientifica nella tesi di libera docenza: L 'elemento etico quale fattore intrinse-
co delreconomia e detenninerà tutto l'orientamento del suo insegnamento di
cattedra. Il Toniolo perfezionò i suoi studi economici svolgendo, com'egli
scrive, "i volumi in folio di S. Antonino da Firenze o i Sennoni di San Ber-
nardino da Siena" (Vistalli F., Giuseppe Toniolo, Roma, 1954, p. 155) e dan-
do grande incremento alle ricerche storiche.

87
Lo stesso Relatore cita, a proposito di tutta la questione Murri, la testimo-
nianza di monsignor Belve-deri: "11 contegno di Toniolo fu veramente ammi-
revole e addirittura eroico" (S. s. v., par. 540). In tutto il corso del dibattito
sulla democrazia cristiana d'ispirazione murriana il Toniolo, che aveva avuto
col Murri amichevoli rapporti, quando il pensiero di questi era ancora allo sta-
to fluido, al momento in cui furono palesi le deviazioni e il contrasto con
l'autorità della Chiesa "fu il primo a deplorarle - come ricorda, monsignor
Cazzani, citato dal predetto quarto Relatore - con ammonizioni private, e fi-
nalmente con una pubblica lettera aperta su "L'Avvenire d 'Italia" e col ritrar-
re i giovani dal seguirlo" (S. s. v., par. 327; P. c. s. v., p. 29). Il deciso inter-
vento del Toniolo contro il Murri "non gli rispanniò - come riferisce il terzo
Relatore - quel rimprovero di Pio X che lo fece piangere amaramente. Un
pianto, però, siamo sicuri, non di rimorso, ma di dolore" (P. c. s. v., p. 20).

Il dibattito suU'unità del mondo cattolico

La questione che causò maggiori angosce al Servo di Dio fu provocata dal-


la pretesa della Principessa Cristina Giustiniani Bandini, Promotrice
dell'Unione tra le donne cattoliche in Italia, di rendere questo movimento in-
dipendente dall'Unione Popolare, in opposizione al progetto unitario di To-
niolo e dell 'altra promotrice della nuova Unione, la Contessa Elena Da Persi-
co. La principessa Giustiniani, animata dal giusto desiderio di opporre un
Movimento cattolico femminile a quello iniziato dalle donne socialiste, con la
fondazione nell900 dell'Unione Donne Italiane, concepiva l'Unione cattoli-
ca in senso aristocratico, quasi che la sua maggior forza dovesse dipendere da
un reclutamento e, soprattutto, da una direzione di ceto nobiliare, mentre To-
niolo e la Contessa Da Persico avevano della nuova Unione un concetto popo-
lare e volevano quindi inserirla nell 'Unione Popolare.
Il Toniolo, con lettera dell'Il dicembre 1908, presentò al Santo Padre lo
Statuto dell' "Unione fra le Donne Cattoliche in Italia", ma tosto la Principes-
sa Giustiniani manifestò il suo dissenso dalle direttive del Toniolo: "La No-
bildonna - un carattere chiaramente accentratore e un tantino altero - non in-
tendeva rinunciare al privilegio di Prima Fondatrice dell'Unione Donne
nell'ambiente aristocratico romano e ali' autonomia della sua fondazione. n
fattore risolutore sembra essere la protezione che il Cardinale Segretario di
Stato Merry dal Val accordava alla Giustiniani, di cui egli era il direttore spiri-
tuale" (P.c.s. v., p. 35).
L'anno cruciale fu il 1909. Pio X incoraggiò il Toniolo, quale Presidente
dell'Unione Popolare, nel compito di concretare gli Statuti della nuova Unio-

91
SOLIDARIETÀ E COOPERAZIONE NEL PENSIERO
DI GIUSEPPE TONIOLO: CREDITO E CAPITALE

di
TOMMASO FANFANl

Capitale e industria agricola

"Egli è un fatto generalmente riconosciuto che mentre tuttodì si proclama


essere l'agricoltura prima e massima fra le industrie, madre feconda che tutte
genera ed alimenta, essa è invece l'ultima e la più dimenticata nei riguardi del
capitale, di questo fattore indispensabile di produzione senza di cui ogni indu-
stria si condanna perpetuamente ad uno stadio primitivo e quasi embrionale;
ed il credito che rigenerò le industrie manufatturiere e commerciali, a cui è
generoso di inesauribili risorse, sembra rifiutare il più modesto dei suoi sorrisi
alla derelitta campagna" (l).
Con queste parole Giuseppe Toniolo esordiva il25 giugno 1871 a Padova,
di fronte all'attento pubblico dei soci dell'Accademia di Scienze Lettere ed
Arti di quella città, in una memoria Sull'importanza delle banche agricole.
Allora giovane professore all'Università di Padova, Toniolo in una delle sue
prime pubbliche uscite sottolineava con energia la mancanza di istituti di cre-
dito capaci di agire proficuamente nelle campagne ed affrontava con ciò il
problema del capitale nelle categorie sociali più deboli, ovvero poneva le basi
di uno dei più significativi aspetti del suo pensiero economico.
Nato a Treviso il 7 marzo 1845, Giuseppe Toniolo è allievo di Luigi Mes-
sedaglia all'Università di Padova, dove si laurea nel 1867 in giurisprudenza e
dove rimane prima come assistente e, quindi, come professore incaricato di
filosofia del diritto. E' nella veste di professore che pronuncia il 5 dicembre
1873 la prolusione del suo corso dal titolo Dell'elemento etico quale fattore
intrinseco delle leggi economiche, pubblicata nel 1874 ed oggi attentamente
letta da Paolo Pecorari nel suo studio Ketteler e Toniolo (2). Il medesimo tito-
lo della prolusione introduce quella che è l'interpretazione fornita dal trevisa-
no sull'economia: è qui che vengono poste le basi di una posizione teorico-
economica e sociologica poi sviluppata in ampie e profonde trattazioni.

95
L'opera di Toniolo, in particolare, si colloca nella denuncia degli errori, sia
di metodo, sia di sostanza, del sistema economico e del modello di vita del
suo tempo (8), nella fenna contestazione di un individualismo sfrenato dalle
origini lontane e rigenerato dal liberalismo europeo, in ultima analisi visto dal
Nostro come rifiuto di ogni azione positiva delle leggi, offerte sull'altare degli
egoismi privati e degli interessi delle industrie nazionali, fino alle amare con-
seguenze, per cui i diritti e gli interessi individuali dei deboli "furono crudel-
mente sacrificati ai forti" (9).
Trasferendo l'analisi storica dalla teoria ai fatti, Toniolo vede nella Firenze
medievale, dominata e governata dalle corporazioni, il giusto equilibrio fra
lavoro e capitale. Scomparsa simile partecipazione e debellato lo spirito di so-
lidarietà, trionfano gl'interessi egoistici e con essi "proruppe rovinosa la lotta
di classe fra capitalisti e operai dell'industria; con l'astensione dello Stato da
ogni ingerenza positiva nella produzione si sacrificò l 'unità e potenza indu-
striale della nazione ad un ibrido cosmopolitismo e si levò gigante, nel seno
stesso delle industrie più fiorenti, la questione sociale" (l 0).
E' questa, conclude Toniolo, ''la storia della produzione nella seconda metà
del secolo XIX". Di fronte a una realtà carica di problemi e protesa in una
china di tensioni e squilibri drammatici di lotta di classe, la risposta è e deve
essere il recupero della solidarietà attraverso la cooperazione, la partecipazio-
ne, perseguibili sempre subordinando l'azione economica ali' etica e giungen-
do, quindi, non ad una lotta di classe ma ad un'armonica convivenza tra le
classi in una società senza eccessive sperequazioni sociali.
La cooperazione - dice Toniolo, parlando a Parigi a chiusura del Congres-
so internazionale delle Casse rurali ed operaie nel 1900, - è l'unico metodo
per trionfare della crisi dell'avvenire, crisi interna alle associazioni cattoliche
e crisi più vasta dell'intera società nei termini più volte affrontati.
'
E in merito al concetto della cooperazione che Toniolo nei suoi scritti a
più riprese affronta il problema del capitale, anche ritornando alle istitu-
zioni creditizie che consentano di risolvere l'esigenza di capitale per le
classi inferiori.
Se è vero che con l'etica non si fa economia, come è stato recentemente
sottolineato in un Convegno proprio su Toniolo, ciò non toglie il significato
liberatorio delle posizioni del professore pisano a proposito del capitale. Que-
sto fondamentale fattore della produzione deve essere disponibile non solo per
la "borghesia quattrinaria e procacciante'', ma anche per le classi inferiori, af-
fmché esse, apportando il proprio lavoro ali' azienda, possano partecipare e-
quamente ai benefici della produzione stessa. Posto come principio il valore
capitale del lavoro nella realtà azienda e nel rapporto distributivo, Toniolo ac-
centua la funzione positiva delle cooperative di credito, viste quale strumento

99
cattolica: c'era allora antagonismo con le banche laiche, anche con quelle di
Luzzatti, per cui i cattolici dovevano mostrare di gestire nel modo migliore le
loro organizzazioni. Le casse rurali sono istituti non per far soldi, ma per as-
solvere a quei fini superiori ed il pubblico italiano "disingannato da lunghe
illusioni (dei governi laici) - dice Toniolo - ed erudito da scandalose espe-
rienze, volge lo sguardo a noi cattolici e a noi drizza la fiducia che ad altri di-
stoglie. Accettare l'invito diventa una questione d'onore" (14).
Le casse rurali, come le latterie cooperative, quali espressioni della coope-
razione, sono organismi agili e adatti per la penetrazione nelle pur diffidenti
mentalità dei vili ici ( 15) e sono strumenti, torna a ripetere dalla tribuna del
Congresso di Parigi il Nostro, "capaci di trasfonnare il semplice lavoratore in
un socio del capitalista e spesso in un piccolo proprietario, e poi con le più se-
vere cautele di protegger!o e conservarlo" ( 16). Il successo delle casse rurali è
sicuro non solo in Germania e in Francia ma anche in Italia, a cominciare dal
Veneto, dove, nell'ultimo decennio del secolo scorso e nei primi del presente,
sempre più numerosa diviene la presenza degli istituti di credito cattolico nel-
le campagne e nei paesi. Sono queste le "cellule vitali della cooperazione",
alimento per il pennanere di un'organizzazione in crescita e che necessita or-
mai, dice ancora a Parigi, di organizzazioni centrali di coordinamento, federa-
zioni o unioni necessarie per far fronte, da una parte, ai problemi interni deri-
vanti dalla dilatazione dei piccoli istituti, dali' altra, ali' opposizione, divenuta
guena, prima sorda, poi manifesta, operata dalle associazioni laiche, dalle
leggi e dagli altri istituti bancari ordinari, impegnati nel soffocare la diffusione
delle casse rurali e delle cooperative di credito.
La centralizzazione è necessaria anche per evitare il rischio di crisi inter-
na agli istituti, data l'espansione degli stessi e l'obbligo a fare i conti con
problemi contabili tali da mettere in pericolo l'autonomia dei piccoli orga-
nismi. Accorpamenti e centralizzazione devono apparire quale esaltazione
di un grande momento della cooperazione, vitalizzata da quelle cellule at-
tive; al tempo stesso la federazione deve porsi quale involucro protettivo
alle piccole casse, cementandone l'esistenza e dando maggior forza di pe-
netrazione.
Economista, oltre che cattolico sociologo, il Nostro si preoccupa di evi-
denziare come le cooperative di credito non perdano la loro battaglia di au-
tosufficienza economica, soffocando, per una conduzione sbagliata, speran-
ze e certezze dei soci. Per evitare errori in tal senso, in più occasioni, Tonio-
lo non manca di proporre criteri fondamentali di gestione della cooperazione
e di sottolineare l'esigenza di "una sorveglianza attiva, diligente, sottile",
vista la documentata "insufficienza delle malleverie personali nelle popola-
zioni di campagna" ( 17). Lo spirito di famiglia è quello che deve rappresen-

101
tare lo strumento per non cadere in pericolose situazioni di gestione: con es-
so s' intende l'instaurarsi di una conduzione fatta di rapporti interpersonali,
'
di conoscenza profonda e di fiducia meritata reciprocamente fra i soci. E lo
spirito di famiglia che consente di rinunciare "nella misura del possibile, per
un miglior bene avvenire, ad una parte dei profitti delle loro operazioni, per
accumularli pazientemente sotto la fonna di capitale sociale indivisibile e
inalienabile" ( 18).
Quel capitale deve essere destinato a servizio dei soci o, meglio, per dirla
con Toniolo, "della classe intera"; un capitale protetto e difeso, istituendo -
sottolinea ancora a Parigi- gruppi federativi autonomi "giusta certe circoscri-
zioni territoriali, per coordinare liberamente fra loro interessi comuni".
Il messaggio di Raiffeisen e dei suoi discepoli, affidato all'avvenire delle
casse rurali, è quello di "emancipare la classe intera dei meno favoriti econo-
micamente dalla pressione dei capitalisti" atttaverso la costituzione di un capi-
tale collettivo, proprietà della classe agricola, che circoli fra le mani attive e
parsimoniose dei cooperatori, nello scambio continuo tra socio e istituto, dove
l' eliminazione del lucro del singolo vada all'edificazione di un avvenire mi-
gliore per la classe intera ( 19). Molti altri passi della poderosa trattatistica di
Giuseppe Toniolo sono dedicati al credito cooperativo e popolare, ovvero,
ormai è chiaro, al credito creato e gestito per coloro che nascono senza capita-
le. Lo spirito che anima tante pagine è però costante e il tutto resta nelle linee
di quel quadro d'insieme dove ogni aspetto è mosso e animato dalla tensione
verso la Società Morale.
Ciò che resta e che pennane quale messaggio verso il futuro nell'opera di
Giuseppe Toniolo e che si pone in tutta la sua attualità di allora e di sempre è,
a mio avviso, proprio l'aspirazione verso una solidarietà di fatto che conduca
la nostra società al recupero di valori superiori ali' interesse individuale e alla
logica stringente dell'Homo oeconomicus. Non a caso Toniolo si scaglia con-
tro Adam Smith più che contro Marx, visto il primo come l'esaltatore
dell ' interesse individuale ed egoistico nel gioco sfrenato della concorrenza
economica. Non importa se si parli o no di beatificazione di Giuseppe Tonio-
lo: il maestro di Treviso è cattolico ma non è proprietà dei cattolici. Il suo
messaggio di partecipazione e di solidarietà travalica qualsiasi rigore dottrina-
le, per divenire patrimonio di tutti, su cui riflettere nella ricerca di una via che
si dimostri capace di risolvere problemi di fronte ai quali soccombono sia il
capitalismo, sia il socialismo.

102
NOTE

l) G. Toniolo, Sull'importanza delle banche agricole, ora in Trattato di economia so-


ciale e scritti economici, V, Opera Omnia, Città del Vaticano 1952, p. 41 O.
2) Cfr. P. Pecorari, Ketteler e Toniolo: tipologie sociali del movimento cattolico in
Europa, Roma 1977.
3) G. Toniolo, Democrazia cn'stiana. Concetti e indirizzi, n, Il compito economico
dell'awenire, cit, Opera omnia, 1949, p. 41.
4) P. Roggi, Il fascino della sopravvivenza: la storia della Banca Toscana dalle ori-
gini al 1940, in corso di stampa. Si ringrazia l'autore per avenni consentito la visione
del manoscritto. (Ora in Banca Toscana: storia e collezioni, Sansoni, Firenze 1982).
5) G. Toniolo, Il compito economico dell'avvenire, cit., p. 47.
6) G. Toniolo, Trattato di economia sociale, cit., p. 373. Il pensiero di Toniolo e la
realtà economica, in cui questo si forma e vive, è stato oggetto di attenta analisi da
parte di Piero Barucci a Pisa il giorno 18 dicembre 1981 nella relazione di apertura
del convegno "Economia e società nella crisi dello Stato moderno: il pen-
siero di Giuseppe Toniolo" (Pisa 18- 19 dicembre 1981) . Nella seconda gior-
nata la relazione di base è stata tenuta da Gino Barbieri, Giuseppe Toniolo storico.
7) Cfr. G. De Rosa, Il movimento cattolico in Italia. Dalla Restaurazione all'età gio-
littiana, Bari, 1970, pp. 262 ss.
8) Cfr. P. Barucci, Introduzione, cit., p. 7.
9) G. Toniolo, Trattato di economia sociale, cit., III, p. 516.
lO) Ibidem.
Il) G. Toniolo, Il compito economico dell 'avvenire, cit., p. 49.
12) P. Pecorari, Kettelere Tonio/o, cit., p. 17.
13) G. Toniolo, L 'avvenire della cooperazione cristiana, discorso di chiusura al con-
gresso internazionale delle casse rurali e operaie, ci t., anche in P. Pecorari, Kette/er
e Toniolo, ci t., p. 277.
14) G. Toniolo, Criteri direttivi sul/ 'ordinamento degli istituti bancari, 1896, p. 542.
15) G. Toniolo, L 'avvenire della cooperazione, cit.
16) Ibidem.
17) G. Toniolo, Sull 'importanza delle banche agricole, cit., p. 416.
18) G. Toniolo, L 'avvenire della cooperazione, cit.
19) Ibidem.

103
GIUSEPPE TONIOLO NEL RICORDO DI UN ALLIEVO

di
LUIGI FORLIVESI

Gli ultimi giorni di Giuseppe Toniolo

Giuseppe Toniolo si spense a Pisa, nella sua casa di via San Martino, ora
piazza Toniolo, il 7 ottobre 1918, esattamente alle ore 15. In quel momento la
moglie e i figli s'inginocchiarono attorno al suo letto per recitare fra le lacri-
me il canto del Magniftcat. Può sembrare strano che per ricordare il grande
maestro, un suo discepolo, che ne frequentò le lezioni, la famiglia e la casa e
chi ne godette l'amicizia, si rifaccia proprio alla sua scomparsa dalla scena di
questo mondo: ma per un cristiano e cattolico, quale fu Giuseppe Toniolo,
quella data del 7 ottobre deve essere considerata la nascita alla vita del cielo,
il ricongiungimento a quel Dio che egli aveva sempre apertamente confessato
sulla cattedra e nella vita, e che aveva così nobilmente ispirato tutta la sua o-
pera di scienziato e di maestro cristiano.
Ecco come il figlio suo, professor Antonio Renato, ordinario di geografia
nell'Università di Bologna, già da tempo scomparso, racconta questo edifican-
te trapasso. "Mio padre cominciò a declinare alla metà del 1917 per le grandi
sventure della guerra che si abbatterono fortemente anche sulla nostra fami-
glia soprattutto per la morte dell'avvocato Giovanni Coma Pellegrini, fidanza-
to della figlia Teresa (nonché amico di chi scrive) e per l'invasione del suo
paese nell'ottobre del 1917 per la tragedia di Caporetto.
Agli ultimi del 1917 cominciò un tremito alla mano destra per cui stentava
molto a scrivere e di cui si doleva, perché voleva finire la serie di articoli rela-
tivi alla concordia tra i popoli e al diritto internazionale sotto la guida della
Chiesa, e di cui due puntate pubblicò nella 'Rivista internazionale di Scienze
Sociali', ma la cui terza puntata non poté compiere, e fece lezione regolar-
mente per tutto il 1918, compresi gli esami di luglio. Neli' estate fu ospite del
conte Lombardo nella sua villa di Varallo Sesia, dove ricevette molte persone,
sempre occupandosi di due argomenti: la concordia tra i popoli e l'istituzione
di un'università cattolica in Italia, che era stato sempre il suo sogno, ma che

105
egli diceva si sarebbe realizzato, come infatti avvenne, solo nel dopoguerra.
Tornato a Pisa gli ultimi di settembre, parve riaversi alcuni giorni, ma poi de-
clinò soprattutto per l'accentuarsi dell'arteriosclerosi con tremito e affanno di
respiro. Durante l'ultima fase della malattia, che durò circa sette giorni, rice-
veva ogni giorno il suo confessore, ed era assalito da molti scrupoli ed ebbe
due volte il Viatico. Fu visitato la vigilia della morte dal Cardinale Maffi che
gli annunziò la domanda di armistizio da parte della Bulgaria, come primo in-
dice della vittoria degli Alleati: se ne rallegrò moltissimo, ma disse queste pa-
role: l 'Europa non è preparata alla pace come era preparata alla guena. La
mattina seguente venne il suo confessore (volle ancora riconciliarsi) e gli
promise che gli avrebbe portato il Viatico; la sera chiamò il figlio maggiore
per fargli le raccomandazioni, soprattutto sull'educazione dei figli eh' egli a-
veva carissimi. La lingua era or mai gonfia e potei capire poco di quanto dice-
va. Verso mezzogiorno l'affanno andò diminuendo e si nutri di qualche cosa,
poi domandò di riposare. Si stese, pronunciò diverse parole che non affer-
rammo, salvo quelle: Dio aiutami a far la tua volontà! Almeno un collega one-
sto! Frase, quest'ultima da noi interpretata come un desiderio per il suo suc-
cessore nella cattedra". Poi alle 15, come si è detto, spirò. Questa, dunque, la
morte di Giuseppe Toniolo, che direi la tipica morte di un giusto, alla quale
purtroppo chi parla non poté assistere con suo grande rammarico, perché im-
pegnato a Siena alla direzione del quotidiano locale La Vedetta Senese.
Ma come fu Giuseppe Toniolo? Quale il suo aspetto fisico? La sua figura
di docente universitario? Quale il suo comportamento di cattolico impegnato
in un clima decisamente anticlericale, come era l'aro biente pisano nei primi
decenni del secolo? Quale la sua influenza sulla gioventù, particolarmente su
quella universitaria?
Cercherò di rispondere a queste domande, facendo soprattutto appello ai
miei ricordi personali, dato che non fui solo uno studente che frequentò alme-
no per due anni consecutivi l'Università di Pisa, ma un amico di famiglia che,
insieme con altri colleghi studenti, veniva accolto in casa Toniolo in un clima
di affettuosa cordialità. Mi sia consentito di ricordare fra i giovani goliardi che
ebbero insieme con me quella fortuna, oltre l'avvocato Giovanni Coma Pelle-
grini, fidanzato della figlia Teresa e caduto poi in battaglia sull 'Isonzo, altri
amici come i fratelli Alessandri di Bergamo, Raffaele Schininà di Noto, An-
tonacci di Taranto, Celeste Verrucoli di Figline Valdarno, Francescani di Pie-
trasanta, Salvo di Brescia.
Dunque com'era Giuseppe Toniolo? Fisicamente di statura era piuttosto
piccolo, direi, minuto, magro e le immagini che lo ritraggono, comprese quel-
le sulle lapidi della Sapienza e della sua casa di abitazione, sono abbastanza
veritiere. Il volto aveva un profilo regolare, la fronte alta e spaziosa, un naso

106
getto di censure, tanto meno di satira goliardica, come avveniva assai di fre-
quente, non solo per il Rettore, ma anche per altri docenti.
Ricordo a tale proposito la figura del romanista Francesco Buonamici, che
fu per diverso tempo sindaco di Pisa, e le cui bizzarrie erano largamente note,
oltre che agli studenti, ali 'intera cittadinanza, tanto che era da tutti conosciuto
per "Cecco", del che quasi si compiaceva. E giacché siamo in tema di rievo-
cazione di maestri della Sapienza di quel tempo, non dispiaccia se ricordo
Carlo Francesco Gabba, il grande civilista credente, che legò il suo nome alla
teoria del diritto acquisito, nonché Vincenzo Tangona, che successe al Tonio-
lo nella cattedra e alle sue teorie ispirò la sua opera di ministro.
Bisogna pur dire, a questo punto, che il nostro Ateneo ebbe proprio in quel
tempo un momento di gloria e di fecondità, che rappresentava un motivo di
richiamo per gli studenti di tutta Italia. Specialmente per la Facoltà di Giuri-
sprudenza, le cui cattedre erano ricoperte da luminari della scienza giuridica,
da Filippo Serafini al già ricordato Gabba, da Santi Romano a Vincenzo Tan-
gorra, dallo storico del diritto Besta al nostro Toniolo. In quell'epoca, poi, fio-
riva in Pisa una felice istituzione ispirata dal Toniolo ed attuata dal quel gran-
de principe della Chiesa che fu il già citato Pietro Maffi, legato al Toniolo da
vivissima stima e da profonda amicizia, voglio dire, il Pensionato Galilei per
studenti universitari. Sorgeva questo proprio nel centro della città, in Borgo
Largo. Si può dire che circa il 70% degli studenti universitari cattolici di Pisa,
nei primi decenni del secolo, siano stati ospiti di quel pensionato, nel cui atrio
una targa mannorea ricorda gli studenti caduti nella grande guexra, e non sono
pochi. Oggi il pensionato non è più li, ma in un grande, moderno edificio af-
fiancato al Seminario di Santa Caterina.
Dunque a Pisa Toniolo era il docente universitario che tutti sapevano eri-
conoscevano come cattolico impegnato, ma non perché facesse propaganda
religiosa o esercitasse una fonna di proselitismo qualsiasi, ma perché il suo
pensiero, ispirato alla concezione cristiana della vita, apertamente e nobilmen-
te espresso nelle sue molteplici pubblicazioni, era largamente noto in Italia e
ali' estero. Anche i non cattolici sapevano quale parte egli avesse avuto
nell'organizzare i cattolici italiani, dalla trasfonnazione dell'Opera dei Con-
gressi, alla fondazione de li 'Unione Cattolica di Studi Sociali, dali 'uscita della
"Rivista internazionale di scienze sociali" ( 1893), alla costituzione
dell'Unione popolare dei Cattolici Italiani (1905) e infine dell'organizzazione
per suo merito delle Settimane Sociali ( 1907). In tutti questi fatti ed eventi la
stampa era costretta a registrare il nome di Giuseppe Toniolo come quello di
protagonista o animatore principale. E siccome erano quelli momenti
d'intensa, vivace attività, che doveva preparare, come poi accadde, l'avvento
ufficiale dei cattolici nell'agone politico con la costituzione del Partito Popo-

108
lare Italiano (i nomi di Murri e di Sturzo erano sulle bocche di tutti), Giuseppe
Toniolo veniva assumendo, anche per i contatti da lui avuti con i cattolici di
altri Paesi, un ruolo che poteva esser considerato detenninante negli sviluppi
della politica interna italiana.
Per quanto riguarda il primo conflitto mondiale, anche chi vi parla era con-
trario alla guerra, non perché non amasse la patria e non desiderasse il riscatto
di Trento e Trieste dal dominio straniero, ma perché pensava, come la mag-
gior parte degli italiani consapevoli, che la guena è sempre il maggior male
che possa capitare ad un popolo. I vituperati neutralisti, nella stragrande mag-
gioranza cattolici, accettarono il sacrificio, dimostrando, con il loro compor-
tamento e con la loro lealtà, che il dissidio fra Stato e Chiesa era nella loro co-
• •
sctenza onnat superato.
La Provvidenza risparmiò a Giuseppe Toniolo il dolore di assistere, dopo
la guerra, alla soppressione della libertà e a tutte le sciagure che ne furono la
conseguenza. Per ricordare l'amore di Giuseppe Toniolo per la libertà mi
basterà riferire questi chiarissimi concetti che desumo dall'introduzione al
Corso di economia sociale (Libreria Editrice Fiorentina, 1915, p. 189): "Lo
Stato non entra nell'ambito del bene privato, cioè, entro i confini sacri della
vita individuale e familiare. Qui lo Stato non ha che da riconoscere, rispetta-
re, tutelare questa cittadella
, della libertà personale che è la cellula prima, vi-
tale dell'economia. E questo un limite assoluto, che sta, per così dire, al di
sotto del bene generale aperto ali' azione pubblica. Ve n'è un altro non meno
assoluto che sta al di sopra. Il diritto è una facoltà morale irrefragabile (resa
inviolabile con la coazione). Perciò ogni legge positiva di Stato che sia con-
traria alla legge etica, razionale, divina (e quindi al giure naturale) da cui il
diritto trae la sua ragion d'essere come mezzo per assicurare il bene morale
al civile consorzio, è intrinsecamente nulla. Se il potere dello Stato colà si
arresta, qui si annienta. Questo limite supremo salva l 'integrità delle energie
prime e delle istituzioni cardinali dell ' ordine vitale economico; e se esso è
valicato, il diritto degenera in tirannia, distruggendo in radice la stessa vita
economica".

Cenni biografici su Giuseppe Toniolo

Ma torniamo a Toniolo, uomo, scienziato, maestro. Era nato a Treviso il


7 marzo 1845 dall' ingegner Antonio e da Isabella Alessandri. Per la madre
ebbe una venerazione tutta soffusa di tenerezza: ce lo confet n1a lui stesso in
un suo diario anonimo pubblicato in copie numerate oggi introvabili. Del
padre richiamava spesso con commossa gratitudine l'instancabile operosità,

109
e si può presumere che proprio questa diuturna attività patema abbia indotto
il futuro economista a considerare ed approfondire il concetto di lavoro, non
solo come fattore predominante del processo produttivo, ma altresì come
dovere cristiano di solidarietà verso gli altri. Il sentimento democratico e
umanitario e la sua non dissimulata predilezione per chi lavora si può dire
che abbiano in Giuseppe Toniolo una profonda radice di vissuta, sofferta e
personale esperienza.
Come figlio d'impiegato statale, fu accolto nel collegio di Santa Caterina
a Venezia, dove ebbe modo di conoscere un altro futuro economista, Luigi
Luzzatti, israelita, con il quale rimase poi in cordiale amicizia. Nel 1863
s'iscrive a Padova alla Facoltà di Legge, laureandosi quattro anni dopo. La-
sciata, per consiglio dei suoi maestri Messedaglia e Tolomei, la professione
forense, si specializza nello studio dell'economia politica. Nominato assisten-
te, consegue la libera docenza nel 1873. Da questo momento s'inizia un fe-
condo lavoro di ricerche scientifiche e di pubblicazioni lodate dai più noti e-
conomisti del tempo e cioè, oltre il Messedaglia che lo aveva sempre incorag-
giato, il Lampertico, il Cossa, il Nazzani ed altri. Nominato nel1878 professo-
re straordinario alla cattedra di economia politica a Modena, è chiamato a Pisa
l 'anno successivo ed ottiene la promozione ad ordinario che gli viene comuni-
cata personalmente con lusinghiere espressioni dallo stesso Ministro
dell'Istruzione, Guido Baccelli.
Si è detto in precedenza come poco prima del trapasso Giuseppe Toniolo
abbia, sia pure con difficoltà, pronunciato alcune parole che dai presenti e
particola1mente dal figlio, Antonio Renato, furono interpretate come il desi-
derio e l'auspicio che a succedergli nella cattedra fosse chiamato almeno
H

un collega onesto". Si deve dire che l'auspicio effettivamente si avverò,


perché proprio a succedergli nella cattedra di economia fu chiamato il già
ricordato Vincenzo Tango n a, già ordinario di Scienza delle Finanze
nell'Università di Pisa e, successivamente, Ministro delle Finanze. Non è
quindi fuor di luogo riferire le precise parole con le quali Vincenzo Tangor-
ra nel 1919 iniziava la sua prolusione al corso di Economia Politica: "Chia-
mato dalla fiducia della Facoltà, alla quale mi onoro di appartenere da 17
anni, salgo la cattedra illustrata da Francesco Ferrara e da Giuseppe Toniolo
con senso di grande trepidazione per la responsabilità che mi assumo, accet-
tando di succedere a così illustri maestri. Che se al primo di essi (il Fenara)
non fu dato di lasciare un vero ricordo tra noi, perché solo dopo un anno di
permanenza a Pisa trasferivasi ali 'Università di Torino, al secondo (il To-
niolo ), invece, il prolungato insegnamento qui professato fece sì che lascias-
se una traccia durevole nelle menti e nei cuori dei giovani, e pet mise di far
assurgere questa cattedra di Economia a simbolo di un indirizzo del quale

110
accadeva, cordiale e si protrasse oltre il consueto, perché Toniolo trovava
sempre domande da rivolgere, particolari, chiarimenti, precisazioni, che a-
vevano certo la loro importanza. Ad un certo punto l'assistente credette di
far notare al Maestro che il tempo era già trascorso e che l'esito poteva con-
siderarsi positivo. Quando uscì, gli amici, che avevano atteso spiando alla
porta, lo accolsero festanti con queste parole: ti sei beccato una lode! Ri-
chiamato in aula, il Maestro sorridendo gli comunicò a voce alta: ventisette.
Così era Giuseppe Toniolo.

112
GRANDEZZA E '
A'I.I'UALITA
DI GIUSEPPE TONIOLO

di
GUIDO MENEGAZZI

La via del rinnovamento nel pensiero economico-sociale di Toniolo

D pensiero economico-sociale di Giuseppe Toniolo ha un fascino particola-


re: la luce delle virtù del Maestro si proietta suU' opera sua e lo splendore della
verità si fonde con quello della santità, svelandoci la grandezza di una costru-
zione scientifica, saldamente basata sui principi e le esperienze della civiltà
cristiana: sui fondamenti secolari, che ressero le comunità medioevali e tuttora
caratterizzano la parte viva della società nostra.
Giuseppe Toniolo esamina i fenomeni storici e ne trae le leggi vitali, ma
non si arresta di fronte alla crisi di una civiltà senz'anima: egli indica la via
del rinnovamento economico-sociale, rischiarata dal lume della sua alta intel-
ligenza e della fede. Affronta i problemi dei popoli con un amore che ne rende
più viva la parol~ e con una certezza che non ammette compromessi tra prin-
cipi veri e principi falsi. Ecco perché gli assertori del materialismo imperan-
te - negatori dei fini supremi della vita - combattono la dottrina sociale di
Giuseppe Tornolo, basata sulla dimostrazione che "tutta la vita è una catena di
fini e di mezzi proporzionati, la cui conoscenza detennina l'azione; sicché le
idee regolano i fatti". E il Maestro viene pertanto osteggiato e isolato. Ma egli
non si arresta davanti alle forze avverse: prosegue l'indagine secondo un me-
todo logico-storico, che lo conduce a ricomporre le scienze sociali sull'antico
e sicuro fondamento delle scienze morali (l).
Si pone così contro il positivismo deli' Ottocento, superando in particolare i
limiti ristretti del metodo di sperimentazione diretta dei fenomeni sociali, in
quanto tale metodo - di evidente ispirazione deterministica- esdudeva dalla
ricerca ogni tendenza finalistica.
D Toniolo, invece, basa i suoi principi sulla subordinazione della dinamica
sociale all'etica, traendone la necessaria confeuna dalla realtà storica indagata
con la passione viva di chi sa che la legge dell'operare umano ha un duplice
volto: della scienza e della coscienza, magistrale dimostrazione della sua dot-

113
ra meccanicistica del mercato (in cui gli strumenti finanziari dominavano lo
sviluppo economico e la dinamica del lavoro) e determinatrice del prevalere
dei valori umani sugli economici e di questi sui valori fmanziari.
Essa avvia, infatti, a ricomporre unitariamente e organicamente il sistema
del coordinamento funzionale degli elementi, dei moventi e valori sociali, su
cui tende a basarsi una più razionale fot mazione e distribuzione del reddito,
avente per principio e fme l'equilibrio vitale umano;
IV) la rivoluzione della politica - collegata ai nuovi sviluppi della scienza,
della tecnica e deli' ordine economico-fmanziario - la quale disintegra le strut-
ture sociali create nel periodo del materialismo, deprimente i valori umani e
determinante le deviazioni estreme (l'individualismo e il collettivismo), e ten-
de a sostituire ali' equilibrio meccanico delle forze economico-sociali un coor-
dinamento degli individui e dei popoli. Essa avvia, così, a comporre unitaria-
mente e organicamente le funzioni degli elementi e l'ordine dei moventi se-
condo le esigenze degli equilibri soggettivi e degli avvaloramenti oggettivi, in
modo da conseguire la massima libertà umana nella solidarietà;
V) la rivoluzione etico-giuridica - associata a quella del finalismo scienti-
fico, che confenna i fondamenti naturali del fmalismo etico e giuridico - la
quale supera il secolare arbitrio dei gruppi e delle classi più forti e tende a in-
staurare l'ordine sociale, basato sulle leggi vitali degli individui e dei popoli.

Insufficienza del determinismo

Queste rivoluzioni svelano gli errori fondamentali delle dottrine dei deter-
ministi affermatesi nel secolo scorso: distruggono le basi ideologiche del co-
munismo e dell'individualismo, dimostrando altresì l'insufficienza di una de-
mocrazia empirica; la quale, pur avendo superato i limiti ristretti di vecchi
schemi e sistemi, non giunge ad attuare le leggi più profonde della comunità,
ancora violate dal materialismo sociale basato sull'equilibrio meccanico delle
forze.
Dal contrasto fra le vecchie strutture e le nuove tendenze umane sorgono
innumerevoli problemi. Gli empiristi non riescono a risolverli, per
l'insuperabile difficoltà di adattare il meccanicismo sopravvissuto alle forn1e
nuove del volontarismo: non sanno come coordinare le valutazioni d'uso e di
scambio alle valutazioni sociali, da cui dipende l'armonia delle scelte indivi-
duali con quelle statali; né come dare un fondamento unitario ai vari piani di
rifonna e di sicurezza, che risultano frammentari e disordinati; né come inseri-
re gli organi nuovi sulle vecchie strutture, rese sempre più ibride con
l'evolversi dei vari sistemi nazionali d'Occidente e d'Oriente, che provocano

115
crescenti contrasti interni e internazionali, nonostante la tendenza dei popoli
alle comuni finalità della vita.
Con il moltiplicarsi dei problemi, si moltiplicano i procedimenti rivolti al
maggior impiego del potenziale finanziario ed economico; i quali si basano su
un sempre più vasto adattamento delle forze sociali ai processi economici; e,
in particolare, al principio dell'efficienza produttiva, senza far valere i corri-
spondenti complessi giudizi soggettivi di valore, per cui si procede empirica-
mente verso un fine oggettivo, senza considerare e attuare i fondamentali
principi del/ 'ordine umano, da cui dipende il raggiungimento della meta.
Ecco perché n eli' attuale momento storico, alle insufficienze dell'ordine
funzionale corrisponde lo sviluppo caotico degli interventi statali, i quali con-
trastano spesso con i principi d'integrazione e potenziamento delle valutazioni
e sfere delle attività individuali e aziendali, rinnovando e aggravando i pro-
blemi (4), che impegnarono il pensiero costruttivo del Toniolo. Analoghi pro-
blemi di sistema o di regime si presentano anche nella vita dei paesi comuni-
sti, la cui struttura politica è passata, in brevi anni~ dallivellamento marxista,
escludente ogni principio di gerarchia, di proprietà, di fonnazione del capitale
finanziario, ecc., ad una gerarchia delle funzioni, al differenziamento dei red-
diti, alla proprietà del rispat t n io monetario, e via dicendo.
Proprio in tali paesi si è ricostruita una duplice base fondamentale dei rap-
porti economico-sociali: l'una relativa all'ordine oggettivo dell'impiego del
potenziale energetico, nel comporre il sistema produttivo, e l'altra relativa a.
valutazioni monetarie, tendenti a risolvere i problemi della quantità e velocità
del produrre, in rapporto ai problemi della quantità e velocità del consumare,
del rispaxn1iare e dell'investire. Ma permangono le gravi incognite poste in
essere dali' influenza delle scelte soggettive neli'attuazione dei piani statali e
gli errori del prevalere dell'impersonale sull'umano, che rendono le deviazio-
ni del capitalismo di Stato più sconvolgenti di quelle del capitalismo privato;
deviazioni originate tutte da un materialismo contrastante con le più profonde
esigenze umane, che il Tornolo pose alla base del suo fmalismo etico.
Per risolvere gli accennati problemi di fondo non bastano i modelli e gli
schemi di coordinamento empirico delle forze economico-finanziarie - creati
di recente dai neopositivisti - schemi che risultano ibridi, per il sovrapporsi
disordinato del volontarismo al meccanicismo: delle fmalità sociali alle causa-
lità dello scambio. Né sono soddisfacenti i più vasti piani di politica econo-
mica e sociale che - ignorando i principi dell'ordine umano ispiratori delle
scelte - risultano caotici, per il detetminarsi di conflitti di valori fmanziari,
economici, psico-fisiologici ed etico-politici. Da tali empiriche deformazioni
si scatenano, infatti, le lotte tra le forze sociali, petmeate di edonismo, per la
conquista del potere economico e di quello politico: i detentori del potere eco-

116
nomico tendono a controllare o a conquistare il potere politico e i detentori del
potere politico a controllare o a conquistare il potere economico.
Si accentuano, così, i conflitti d'individui e di classi, di gruppi e di nazioni,
che le rivoluzioni in atto rendono più profondi e pericolosi per l 'umanità. Ec-
co perché si susseguono le crisi economico-sociali del mondo occidentale e di
quello orientale le quali, originate dallo stesso materialismo, sconvolgono o-
gni principio di ordine e defot mano le libere scelte umane.
Nel momento in cui l 'umanità rivela questa profonda crisi si ripresenta a
noi chiaro il pensiero di Giuseppe Toniolo, che dai primi principi del vivere
sociale perviene alle grandi sintesi storiche e ai piani di riforma, per la solu-
zione razionale dei problemi fondamentali della convivenza degli individui e
dei popoli. Proteso verso tali finalità, il Toniolo supera la concezione
dell'individualismo liberale e quella del collettivismo marxista e delinea un
nuovo fondamento etico e storico de li'economia sociale, confennato dal più
recente fmalismo scientifico.
Secondo questo finalismo si coordinano le funzioni soggettive, relative a
particolari equilibri, alle funzioni oggetti ve dei fattori sociali, e si delinea così
la corrispondenza di moventi ed elementi positivi a quelli negativi, di varia
natura, in modo da costituire un ordine di valori: i valori di scambio (determi-
nati dalle relazioni tra i soggetti-azienda) si adattano alle finalità dei soggetti-
individui, detenninanti i valori d'uso (in corrispondenza agli equilibri vitali)
che vengono integrati da valutazioni e attività del soggetto-Stato.
Si precisa, cioè, un ordine funzionale delle attività soggettivo-oggettive.
Ma quest'ordine fondamentale non può attuarsi con l'esplicazione spontanea
delle forze sociali, esso richiede una struttura razionale, affmché ad ogni fun-
zione corrisponda un organo adatto alla sua attuazione, avente un duplice fon-
damento: quello della tendenza dei soggetti a particolari equilibri, secondo
particolari moventi e finalità, e quello dell'ordine gerarchico dei valori: fman-
ziari, economici, psico-fisiologici e spirituali, per cui si subordina il mondo
materiale alle supreme fmalità deli ' uomo.

Concezione organica deU'economia e della società in Toniolo

Il Toniolo delinea, pertanto, una concezione organica dell'economia e pre-


cisa che "la costituzione organica propriamente economica poggia e abbarbi-
ca alla sua volta sopra quella costituzione organica della società civile, che
antecede logicamente e storicamente, l'economia; e da essa gli ordinamenti
della stessa produzione spuntano, si svolgono e infme si distaccano, acqui-
stando autonomia". Anche "l'impresa rinviene la sua radice negli individui

117
componenti la famiglia e negli altri enti (morali-giuridici) da questa derivanti"
(5). Ne rimangono, pertanto, modificati profondamente i concetti classici
dell'impresa e del lavoro, non più riflettenti la subordinazione dei valori uma-
ni ai valori fmanziari - secondo le strutture del capitalismo privato - o a quelli
economici - secondo le esigenze del capitalismo di Stato - ma coordinati in
modo da dare al lavoro la dignità e i mezzi della sua esplicazione e garantire
così la piena sicurezza vitale al lavoratore.
Il Maestro non si limita perciò a illustrare i concetti conenti e i "provve-
dimenti di sicurezza personale e di cautela igienica, con l'orario di lavoro, con
la divisione dei sessi nelle sale, coi riposi notturni e festivi, coi metodi di ri-
munerazione, ecc."; ma affenna l'opportunità di "assicurare con mutui accor-
di contrattuali un più diretto e duraturo legame delle due parti entro
quell'industria, che diviene la comune palestra dell'intraprendenza e dei sacri-
fici del capitalista e dei lavoratori - sia escludendo per ambedue la scissione
improwisa (at will) del contratto e regolando a priori le fotme di scioglimen-
to reciproco - sia cointeressando le due parti ai redditi de/l 'impresa, cioè
ammettendo in qualche misura a partecipare come ai rischi così ai profitti
dell'industria anco gli operai". Designa quindi "una forma contrattuale più
corretta ed elevata, rispondente al concetto che l'industria è un ordinamento
tecnico-economico, nel quale di sua natura il lavoratore è consocio" ( 6).
Vengono conseguentemente rifonnati i criteri di detezminazione del sala-
rio, dell'interesse e del profitto, non più risultanti dal comporsi meccanicistico
di semplici rapporti di scambio, basati sulla sola legge della domanda e
dell'offerta espressa in tennin i monetari (per cui il sistema del potere
d'acquisto - relativo alla riserva aurea - stabilisce le condizioni dell'impiego
del lavoro e del soddisfacimento dei bisogni); ma detezminati razionalmente,
secondo le esigenze dell'impiego del lavoro e della sicurezza sociale, rego-
lando in modo indiretto le componenti dei costi e dei prezzi, ossia i tetmini
della produzione e della distribuzione del reddito.
"In mezzo alle moderne generazioni - afferma precorritore il Maestro-
ove erano trapassati in succhi e in sangue i pregiudizi di un dottrinarismo
crudele, quali la lotta per l'esistenza, il gioco dinamico della domanda e
del/ 'offerta, il predominio fatale dei forti, la libertà che assorbe la società e
annichila lo Stato, ora è una maniera tutta diversa di giudicare e di sentire.
La giustizia nei salari, i doveri delle classi superiori, la funzione etico-civile
dello Stato, la prevalenza degli interessi sociali, la difesa dei deboli,
l'elevazione degli umili, la solidarietà universale nella morale e nel diritto,
l 'avvento di una legittima democrazia, rigeneratrice del corpo sociale, tutto
questo s'insinuò, penetrò a fondo, e quasi si è conglutinato con le nostre co-
scienze" (7).

118
Al centro dei rapporti di reddito viene posto, pertanto, il contratto colletti-
vo di lavoro, che "è destinato a divenire il grande obbietto delle ricerche
dell'economia e del giure; perché mira direttamente a sanare la scissu.ra fra i
fattori della produzione, la cui cospirazione armonica è indispensabile
all'economia e all'ordine sociale" (8); e che dovrà essere attuato "secondo lo
spirito del cristianesimo, che è solidarietà nel sacrificio" (9).
Risulta, così, confetmata l'armonia dell'ordine morale del/a ricchezza de-
lineato dal Toniolo con il nuovo ordine scientifico della società, che basa la
dinamica delle reazioni umane sull'ordine funzionale degli elementi, dei mo-
venti e dei valori, secondo la tendenza soggettiva ad equilibri vitali, costituen-
ti il fine deli' operare sociale (l O). In questo sistema convergono le finalità
della scuola etico-giuridica, che richiedono però un'adeguata confo1 mazione
organica della comunità.
Tracciati i fondamenti dell'ordine economico-sociale, il Maestro dimostra
l'esigenza storica di rinnovare la struttura politico-giuridica. Egli trae dalle
esperienze del passato una sintesi delle strutture del/ 'ordine civile, in armo-
nia con i principi morali. Sviluppa e afferma, cioè, i principi di finalità uma-
na, che orientano le diverse attività oltre i limiti delle già rilevate uniformità
fenomeniche. basate sul principio di causalità. Giunge a delineare, infatti, i
limiti esterni {politico-giuridici) delle leggi economico-sociali, in armonia
con i limiti interni (il prevalere dei valori umani su quelli economico-
finanziari), caratterizzanti l'ordine vitale degli individui e dei popoli.
Il contrasto tra i fmi etico-politici e le tendenze del materialismo ereditato
dal secolo XIX- da cui scaturiscono le forze che pongono in crisi i vari si-
stemi- conduce il Maestro dalla fotmulazione di nuovi principi ad affetmare
la necessaria applicazione di rifonne radicali; impegno che assorbe tutta la sua
esistenza, facendo di lui il grande precursore della rinascita cristiana.
Questa necessità di riformare le strutture create dai negatori dell'ordine na-
turale e morale, è manifesta in tutte le opere del T oniolo, ma in modo partico-
lare nello studio, che ha proprio per titolo: Se io fossi riformatore. Egli vi af-
fetma esplicitamente: ''vorrei tutto l'umano consorzio affrancare, ritemprare,
nobilitare nel lavoro; santa guena vorrei indire ali' ozio fastoso e prepotente; e
a niuno fosse consentito di sedere al banchetto della vita fuorché all'unico ti-
tolo comune dell'attività meritoria, di braccio, di mente, di morali energie, di
civili e proficue prestazioni. Il lavoro, nelle stesse classi che il pane guada-
gnano col sudor della fronte, il più largamente possibile, vorrei assicurato me-
diante il possesso del capitale, sicché il salariato precario e dipendente, ridotto
ai più angusti limiti, si trovasse in breve sostituito da una numerosa corona di
mediocri e piccole officine, ove nella dimestichezza dell'azienda trionfasse
l 'operaio rifatto imprenditore''.

119
Al di fuori dei due indirizzi dominanti, ci si trova davanti, più che altro, a voci
isolate o, comunque, di scarso rilievo nell'ambito scientifico.
Probabilmente il Toniolo intendeva, con la suaccennata tripartizione, com-
piere una sorta di auspicio. Com'è noto la scuola etico-giuridica
dell'economia (5) sorse come reazione sia alle concezioni meccanicistiche
dell'individualismo liberale e del collettivismo, sia al relativismo della scuola
storica. Si rifuggi dal considerare la società come una somma di individui,
ciascuno dei quali opera per il raggiungimento del proprio personale tornacon-
to, mentre l'autorità statale non ha altro compito che apprestare la struttura
giuridica per l'agire libero dei singoli.
Di fronte alla concezione astratta dell'individualismo liberale, negatore,
sul piano economico-sociale, di ogni valore se non di scambio, la scuola etico-
giuridica riconobbe altresì la grande importanza dei valori morali e sociali. Si
escluse, peraltro, che la considerazione dell'importanza dei valori sociali
giunga fmo ad annullare la libertà e la personalità del singolo, come affetma-
to, invece, dai collettivisti. In ciò i vari autori della Scuola si espressero in
maniera quanto mai chiara e inequivocabile.
Per quanto riguarda il problema della precisazione dei valori sociali, gli
autori della scuola etico-giuridica non mancarono di indagare a fondo il pro-
blema del rapporto tra individuo e Stato, problema che aveva assunto una par-
ticolare rilevanza per il riaffiorare di una nuova tendenza statolatrica, pog-
giante sull' idealismo hegeliano.
Distinguendo la società dallo Stato "si rileva che la società umana etico-
civile ha un suo proprio ordine, il quale, però, per essere appoggiato e garanti-
to da leggi positive e da forze coercitive, viene a mutarsi in ordine della socie-
tà giuridico-politica, la quale ha il compito di attribuire all'ordine etico-vitale
quella sicurezza ed efficacia esterna e coattiva, che lo rende inviolabile;
quest'ordine giuridico politico si attua appunto nello Stato" (6). Quanto ai li-
miti dell'azione statale, si osserva che essi, considerati in relazione ai valori
etico-politici, nelle situazioni contingenti, variano e si spostano di frequente,
specie per quanto riguarda l'opportunità di maggiori o minori interventi dello
Stato nella vita economica.
"Ma rimane sempre - si conclude - insuperabile il limite assoluto
dell'azione dei poteri pubblici (colle leggi e colle provvidenze loro) segnato
dal bene generale. Lo Stato non entra nell'ambito del bene privato, cioè entro
i confini sacri della vita individua e familiare, fmo a che questa in nessuna
maniera si ripercuota sul bene comune. Qui lo Stato non ha che a riconoscere,
rispettare, tutelare questa cittadella della libertà personale, che è pure la cellu-
la prima vitale dell'economia" (7).
Tra gli autori italiani della scuola etico-giuridica dell'economia, oltre al

134
Toniolo, che occupa un posto di primo piano, meritano particolarmente di es-
sere ricordati il de Maistre (8), che sottolinea il primato dei valori etici e reli-
giosi nella vita civile e il Taparelli (9), che affronta il complesso problema dei
rapporti tra autorità e libertà e tra società e individuo, basando la sua analisi
sul cardine dei valori spirituali della persona umana.

Giuseppe Toniolo e la scuola storica tedesca

Non sempre è ricordata l'influenza che il Toniolo ebbe sul Sombart, suo
allievo ali 'Università di Pisa al tempo in cui il primo si stava occupando della
preparazione dell'opera Dei remoti fattori della potenza economica di Firenze
(l 0). Sombart ebbe a riconoscere, e solennemente, il suo debito verso il pro-
fessore pisano. Un fatto, questo, poco studiato e che ci sembra meriti di essere
meglio conosciuto ed approfondito.
Il Toniolo subì ampiamente l'influsso dei suoi maestri, tra cui Angelo
Messedaglia. Sono gli anni in cui gli studiosi tedeschi andavano elaborando
una concezione storica del diritto, applicando alla Società e allo Stato il con-
cetto naturalistico di "organismo" e di vita, ossia, come si esprimeva il Mes-
sedaglia "di evoluzione spontanea, ordinata, materiale". Il Messedaglia, peral-
tro, rimaneva entro l'alveo dell'economia classica, non condividendo le impo-
stazioni storicistiche e relativistiche più avanzate degli economisti tedeschi
(Il). Il Messedaglia, nei suoi scritti, ricordava spesso le opere di Federico
Carlo Savigny e di Guglielmo Roscher che, proprio allora, cominciavano ad
applicare i loro principi allo studio, rispettivamente, del diritto e
dell'economia.
L'opera di Toniolo fu influenzata anche da Luigi Luzzatti che, come do-
cente di diritto costituzionale, lo iniziò ai problemi dei rapporti tra Stato e so-
cietà, prospettandogli, come soluzione, quella concezione "organica", di deri-
vazione germanica, che al Toniolo stesso sembrava presentasse notevoli asso-
nanze con la filosofia scolastica.
L'amicizia con Fedele Lampertico fu importante perché contribuì a creare
nel Nostro quel senso dell' italianità della cultura, che lo portò ad apprezzare
gli apporti fecondi del Gioberti, del Rosmini, del Cattaneo e soprattutto del
Romagnosi. Il Lampertico spinse il Toniolo a riallacciarsi alla tradizione cul-
turale cattolica, che negli anni del pontificato di Leone XIII, era stata efficace-
mente riproposta negli scritti di Liberatore e in quelli di Augusto Conti ( 12).
Tra i lavori giovanili del Toniolo presenta notevole rilievo quello intitolato
Dei fatti fisici e dei fatti sociali nei riguardi del metodo induttivo, del 1872. In
questo saggio il Toniolo si mostra fedele alla lezione liberista del Messedaglia

135
e, insieme, alle preoccupazioni storicistiche sociali del Luzzatti. Si tratta di un
saggio che ebbe favorevoli commenti anche laddove non era facile aspettarse-
ne. Infatti, il Fenara, mentre inseriva il Toniolo tra i gennanisti, affetmò che
sulla questione del metodo egli aveva scritto ''un compendio abbastanza accu-
rato, e nitido nella forma, de' sommi capi, sotto cui codesto tema, indipenden-
temente dalle teorie tedesche, erasi tante volte agitato" ( 13).
Il Toniolo si presentava come un appassionato sostenitore del metodo in-
duttivo, da lui considerato come unico strumento per conoscere l'effettiva
consistenza del mondo economico e insieme per la ricerca di leggi universali e
costanti. Riallacciandosi alle opere di Roscher, Hildebrand e Knies il Nostro
esponeva il suo pensiero sulla natura delle leggi economiche, in cui - egli as-
seriva - "a confronto delle leggi fisiche, gli elementi contingenti, accidentali,
mutevoli nello spazio e nel tempo, sono sommamente più numerosi, vari e in-
trecciati ... " ( 14).
"Ma presa pure una qualunque società che offra le dovute condizioni di
ampiezza, le leggi che si effettuano in essa non hanno il carattere di assoluta
universalità, ma sono piuttosto la risultante di una combinazione degli ele-
menti essenziali ad ogni consorzio c.ivile, con altri accidentali, come sono le
condizioni di suolo, di stirpe, di civiltà nelle molteplici loro varietà e grada-
zioni, i quali, in diverso modo e misura, sempre con quelli si accompagnano e
si intrecciano ... " (15).
Il Toniolo considerò la sua adesione alla Scuola storica tedesca come inte-
grazione e ricerca dello schema generale formulato dai classici. E a tale scopo
vide in Guglielmo Roscher un modello al quale sostanzialmente si ispirò nelle
sue indagini. Secondo il Toniolo il programma dello studioso tedesco consiste
in "un grande lavoro di integrazione, per cui i contorni più generali e costanti
dell'economia prendono fonna, muscoli, sangue di organismo vivente, e ricol-
legano le leggi ideali di tendenza fmale con la realtà della vita storica delle
nazioni" (16).
Che il Roscher non avesse respinto le leggi della scuola classica inglese
risulta confe11nato anche dal Tornolo, secondo il quale il proposito dello sto-
rico tedesco "non è tanto quello di rifiutare quelle leggi economiche più ge-
nerali e costanti che fot mano il fondo della scuola classica inglese, della
quale il Roscher rimane sostanzialmente un fedele continuatore; ma di di-
mostrare, al lume della più varia erudizione, la manifestazione concreta di
quelle leggi stesse" ( 17).
Negli anni tra il 1860 e il 1890 si diffuse anche in Italia lo storicismo eco-
nomico, che si era già affennato in Gennania su ben più salde radici culturali.
Per la verità i risultati che, nel nostro Paese, derivarono dalla nuova corrente
storiografica furono alquanto modesti. Toniolo può essere considerato uno dei

136
pochi autori che si accostò, con serietà di intenti e con una preparazione ve-
ramente adeguata, alle nuove metodologie. Per la conoscenza dei fenomeni
economici, risultava particolarmente efficace il metodo induttivo, poiché postu-
lava la conoscenza di almeno due discipline, che potevano essere considerate, in
un certo senso, propedeutiche: la storia e la statistica economica, che avrebbero
offerto all'economista un'espressione ordinata dei fatti. Notevole rilievo assu-
meva la storia economica in quanto, stante la rilevata impossibilità di ripro-
durre in laboratorio i fenomeni economici, come invece era possibile nelle
scienze sperimentali, potevano essere esaminati dallo studioso fatti accaduti
nel passato che, quindi, erano in grado di costituire una sorta di esperimento.
Nonostante in tutta la sua opera il Toniolo risultasse molto più prudente di
Achille Loria, preferendo parlare semplicemente di "nesso" tra la storia
dell'economia e la storia delle istituzioni socio-politiche di un detet tninato pe-
riodo, in relazione alla storia economica medioevale egli adoperò espressioni
del tipo lotta di classe, capitalismo, salariato, proletariato, ecc., in ciò avva-
lendosi di un linguaggio desueto nella storiografia tradizionale ( 18).
Tra i saggi di storia economica del Toniolo, che illustrano la sua specifica
concezione storiografica, occupa una posizione particolare Dei remoti fattori
della potenza economica di Firenze nel Medio Evo, opera del 1882.
Si tratta di un lavoro, scritto per il conseguimento dell' ordinariato universi-
tario, che risente di una certa fretta nella stesura, ma che contribuì comunque
a diffondere in Italia le principali idee della scuola storica tedesca, da quelle di
Bruno Hildebrand a quelle. di Carlo Knies e Guglielmo Roscher. Com'è noto
non furono esaminati dali'Autore nuovi docum.enti né esplorate nuove fonti di
archivio. Si tratta, in sostanza, di un'esposizione con materiali di seconda ma-
no che, peraltro, raggiunge risultati notevoli sotto il profilo delranalisi storica
delle cause fondamentali dello sviluppo economico di Firenze nel corso dei
secoli XI-XVI.
Per il Toniolo i fattori remoti dello sviluppo di un popolo risultano essere:
le influenze naturali telluriche, le tendenze etniche, le vicende storico-civili e
'
le virtù morali. E vero che le tradizioni dei popoli, nate spontaneamente, si e-
rano concretizzate nelle istituzioni e nel diritto, mentre "l'economia moderna
industrializzata non si era inserita nella fisiologia dei popoli. Infatti
l'individualismo liberi sta, con il suo 'ibrido cosmopolitismo', aveva rotto i
collegamenti vitali esistenti, impedendo il sorgere di nuove tradizioni naziona-
li, dando luogo ad un progressivo e irreversibile malessere sociale''. La con-
clusione dell'opera era che HLa vita economica delle singole nazioni perde
ogni fisionomia originale ed ogni esistenza autonoma ... la legislazione e la po-
litica economica alla loro volta non trovano una corrente costante che le indi-
rizzi con sicurezza e profitto" ( 19).

137
L'influsso della scuola storica è dunque chiaro nell'opera del Toniolo, il
quale, per tutto il corso della sua vi~ non ne abbandonerà più l'impostazione
di fondo . Egli se ne discosterà per quanto riguarda certe conseguenze estreme,
sia a proposito del criterio metodologico della ricerca storica, sia delle conse-
guenze sul piano della politica economica, specie a proposito dell 'intetvento
dello Stato.
L'adesione del Toniolo alle istanze di fondo della scuola storica fu comun-
que critica. Ad esempio, nel saggio Scolastica ed umanesimo al tempo del Ri-
nascimento in Toscana, denunciò i pericoli cui la scuola storica era andata in-
contro a causa del suo riallacciarsi, anche troppo marcato, alla filosofia he-
geliana. Al panteismo hegeliano egli voleva sostituire la "cristiana filosofia"
che, unica, gli appariva in grado di una definizione oggettiva dei tre cardini
su cui, secondo lui, si basa il fatto economico: l 'uomo, la società, il cosmo
(non lo Stato). In caso diverso il discorso economico sarebbe
necessariamente caduto nello scetticismo dello Schmoller o nel totalitarismo
politico del Wagner (20).
Giuseppe Toniolo diffidava delle strutture economico-giuridiche imposte
dall'alto, che potevano risultare estranee alle tradizioni dei popoli, le quali ul-
time possono essere considerate una sorta di condensato storico delle "attitu-
dini" socio-culturali di una comunità e che, come risultato finale, si risolvono
poi nelle istituzioni. Se questi sono i necessari passaggi, se cioè è dallo spirito
dei popoli che nascono i comportamenti, che divengono poi tradizioni che si
istituzionalizzano, con lo stesso procedimento e, potremmo dire, nella stessa
successione logica, dovrebbero nascere tutti quei correttivi necessari a ridare
equilibrio alle situazioni economiche anonuali.
Nonostante ciò, il Toniolo ritenne di trovarsi di fronte a una situazione stori-
ca particolare, che richiedeva un eccezionale e transitorio intervento regolatore
dello Stato. Egli affetmò, infatti, che "nelle attuali condizioni storiche anormali,
un'applicazione più estesa ed intensa del compito giuridico dello Stato, in via
transitoria e finché sia ristabilito l'ordine nonnale, apparisce giustificata" (2 I).
Si deve peraltro affermare che tale richiamo del Toniolo alla necessità, sia
pur contingente, dell'intervento statale, non risulta chiaramente esplicitata.
Alle critiche, sovente giuste, che vengono avanzate nei confronti di istituzioni
sociali, non sempre fa riscontro una chiara indicazione delle vie di attuazione
dei vari interventi rifonnatori proposti, né sono indicati gli organi che dovreb-
bero procedere ali' attuazione delle rifotme. Il fatto che tale indicazione non
sia stata avanzata dal Toniolo può, in un certo senso, dipendere dal particolare
modo di intendere, nella seconda metà dell''800, le fonne di intervento stata-
le. Alla tendenza dominante della politica dellaissez fa ire si contrapponevano
tendenze eterodosse che, per reazione, non attribuivano tanto allo Stato una

138
La storia economica, dunque, per il Toniolo assume la funzione di fornire
lumi e di scoprire le tendenze generali. I risultati degli studi storici, oltre a
fornirgli "ammaestramenti per l'intelligenza delle vicende economjche, non
solo di Firenze, ma anche di altre popolazioni in non dissimili condizioni sto-
riche", gli offrirono lo spunto altresì per alcune fondate induzioni d'indole ge-
nerale. Egli si propone, infatti, di derivare dalla storia di Firenze un program-
ma di azione restauratrice per i nostri tempi, il che conferma l'animo con il
quale il sociologo si rivolgeva alla storia (30).
In sostanza, secondo il Toniolo sono le dottrine religiose e filosofiche che
ispirano le dottrine sociali, mentre le vicende sociali civili ad esse porgono
soltanto occasione. Egli afferma che "ragione ed esperienza ammaestrano che
l'ordine delle idee definitivamente regge quello dei fatti" e che Hanalogamente
le vicende dei fenomeni materiali della ricchezza non sempre antecedono o
sono concomitanti, ma vengono seguaci (spesso tardive e lente) dello spirito,
nella vita delle nazioni" (31 ).
Il Toniolo afferma, dunque, la piena signoria delle teorie sui fatti e la filia-
zione delle teorie economiche dalle dottrine filosofico-morali in connessione
con i principi religiosi.
Così la vita economica medievale può essere spiegata solo se non si di-
mentica l'esistenza di una dottrina scolastica. Tale tesi viene ampiamente illu-
strata dal Nostro, il quale considera non solo l'economia medioevale in rap-
porto alle teorie scolastiche ma altresi le successive trasformazioni in funzione
delle teorie umanistiche.
Il Toniolo fece oggetto di particolari indagini il problema delle relazioni
fra umanesimo-rinascimento-protestantesimo ed economia moderna, colle-
gando al movimento spirituale dei secoli XV e XVI la genesi della crisi eco-
nomico-sociale contemporanea. Una conclusione, questa, che risulta singo-
larmente anticipatrice dei risultati cui si è giunti cinquant'anni dopo.
Da ciò si arguisce - affet 1na il Fanfani - il carattere del contributo portato
dal Toniolo allo sviluppo della storiografia europea. Il Nostro ha trasportato
dal campo delle discipline apologetiche a quello della storiografia la questione
della relazione fra religione, progresso economico ed incivilimento, affer-
mando contemporaneamente l 'esistenza di un legame positivo tra spirito
economico e sistema economico. A ciò si aggiunga che anche quei saggi del
Toniolo, che non possono essere accettati come ricostruzione storiografica,
mantengono, comunque, un notevole valore in quanto risultano fecondi di
ulteriori indagini (32).
A questo punto potremmo chiederci quale fu l'originalità del Toniolo nel
campo della storiografia. Indubbiamente il Nostro subisce l'influsso di altri
autori anche riguardo al concetto fondamentale dei legami tra idee religiose e

141
te messo in evidenza che non si possono trattare questioni di teoria e politica
economica senza prima aver affrontato e avviato a soluzione alcune questioni
metodologiche.
Inoltre, meritano di esser attentamente considerate le sue proposte di poli-
tica economica. In tale campo il suo apporto è davvero notevole: specie per
quanto riguarda la vasta problematica connessa al mondo del lavoro egli sep-
pe offrire contributi assai rilevanti. Varie erano state, ad esempio, le questioni
interessanti il mondo del lavoro che egli aveva seguito direttamente.
Un contributo fondamentale del Toniolo consiste nell'aver messo in evi-
denza che, dal momento che lo svolgimento dei fatti economici e sociali non
si basa su principi automatici, la scienza economica non può limitarsi e rileva-
re passivamente lo svolgimento di certe uniformità fenomeniche ma deve al-
tresì cercare di modificare la realtà sociale. Una scienza economica, quindi,
non solo descrittiva ma anche normativa. Un'impostazione, questa, che, per la
mentalità dominante nel tempo in cui l'Autore visse, risultava tutt'altro che
ovvia. Infatti, è stato soltanto con la grande crisi del 1929-33, con i conse-
guenti interventi dei vari governi nella vita economica, che si è cominciato a
prendere atto della necessità e dell'imprescindibilità della funzione statale di
coordinamento e manovra.
L ' impostazione keynesiana, in un certo senso, ha come suggellato, sul pia-
no teorico, una nuova situazione - quella dell'intervento statale - che si anda-
va realizzando man mano in fot ma empirica. Anche sotto questo aspetto
l'opera tonioliana offre notevoli spunti di anticipazione.
C'è da precisare che, nella concezione tonioliana, non è solo lo Stato
centrale che ha diritto di intervento. Lo Stato, a detta del Toniolo, deve arti-
colarsi in tante istituzioni intermedie. In questo porre l'accento sull'utilità
delle istituzioni intennedie sta gran parte della modernità del pensiero del
Nostro. Può essere utile ricordare che le funzioni eh' egli assegna allo Stato
sono due: l ' una "giuridica", tendente a garantire l'ordine sociale, l 'altra "so-
ciale-civile", tendente a far progredire la condizione morale e materiale dei
cittadini.
In conclusione, i contributi del Toniolo su certi aspetti della problematica
economica sono indubbiamente rilevanti. Se così è, sorge spontanea la do-
manda: perché il Trattato e l'opera del Toniolo in genere sono stati poco stu-
diati, conosciuti per lo più soltanto di seconda mano e non hanno alimentato
direttamente nessuna corrente di pensiero?
I motivi di ciò sono molteplici. Innanzitutto il testo tonioliano non invita
certo alla lettura per la scorrevolezza dello stile. Il linguaggio è compassato, il
periodare in genere poco curato, mentre si fa un uso eccessivo di vocaboli an-
tiquati. Questo è un dato di fatto. D 'altra parte proprio questa patina di antico

158
che, per così dire, ricopre la pagina tonioliana, può forse costituire, per il let-
tore attento e culturalmente preparato, anche un motivo di fascino, in quanto
tale atteggiarsi del dettato risponde a intime esigenze del Nostro. Tutto ciò,
comunque, non toglie che lo stile di varie pagine del Toni o lo risulti in com-
plesso pesante e tale da allontanare al primo impatto un lettore poco pazien-
te o poco preparato. Si pensi a quanto risulta invece accattivante la prosa di
un Pareto o quello di un Pantaleoni che, grosso modo, scrivono nello stesso
periodo.
Alla modesta conoscenza del pensiero del Toniolo, a nostro avviso, ha
contribuito anche il fatto che i suoi contributi principali, più che a specifiche
categorie economiche, fanno riferimento alla parte metodologica generale del-
la scienza economica e, quindi, da un punto di vista di utilizzazione immedia-
ta, presentano un carattere di non facile fruibilità.
Abbiamo cercato d'illustrare i motivi del mancato sviluppo del pensiero
tonioliano al di là della fase d'impostazione metodologica del primo volume
del Trattato. Il compito era immane, l'Autore non ebbe allievi e nessuno tentò
di portare la sua opera a compimento. Motivazioni, queste, che vengono gene-
ralmente avanzate per giustificare la mancata costruzione dell'edificio di cui il
Nostro pose le fondamenta.
Più inquietante risulta, invece, la constatazione che non si sia riusciti da
nessuna parte a delineare e a sviluppare una scienza economica basata su
premesse simili a quelle delineate dal Toniolo, anche se derivate da matrici
culturali diverse. Non ci riuscì il Vito, il quale, nei tre volumi del suo Corso di
economia politica e nell' ope.ra Economia a servizio dell 'uomo, pur partendo
da istanze assimilabili a quelle dell'Autore, quando scese sul terreno
dell'analisi, non riuscì a inserire le motivazioni etiche all'interno dell'analisi
economica (77). Né c'è riuscita la cosiddetta economia dell'altruismo di
Boulding, Phelps-Brown, Collard (78).
Un notevole passo avanti, a nostro avviso, è stato compiuto da Guido
Menegazzi, che è giunto a definire i fondamenti di un nuovo ordine vitale
dei popoli, individuando le leggi dell'organica economico-sociale, in cui i
valori etici sono recepiti all'interno del modello da lui delineato. Una nuova
impostazione scientifica, quella del Menegazzi, che at mottizza con quella
etica, delineata dal Toniolo (79).
Se non hanno avuto il successo sperato i tentativi di costruire una scienza
economica su nuove basi rispetto a quelle ortodosse, dobbiamo rilevare che è
stato all'interno dell'analisi economica, per così dire, ortodossa che si sono
registrati tentativi interessanti di creare nuovi schemi e modelli per giungere
alla tutela di certi valori, quali quelli che stavano a cuore al Toniolo, utiliz-
zando in gran parte l'armamentario tradizionale. Si pensi al tentativo genero-

159
1864; F. Le Play, Rifonna sociale, 1864; C. Pèrin, La ricchezza nelle società cri-
stiane, 1861 . Notevoli pure le opere del Baudrillart, Brants, De Mun, Devas, Lam-
pertico, La Tour du Pin, Lorin, Ratzinger, ecc. In Gennania particolare importanza
riveste H. Pesch, Nationa/okonomie, Freiburg im Breisgau 1920. Cfr. AA. VV., Il XL
Anniversario dell'Enciclica "Rerom Novarnm ", Milano 1931; G. Barbieri, L'ordine
economico nei pensatori ecclesiastici dell'epoca moderna, Bari 1961 ; G. De Rosa,
Storia del movimento cattolico in Italia, 2 voli., Bari 1966; F. Duchini, L 'evoluzione
storica della proprietà e delle sue funzioni economiche, nel vol. di AA. VV., La vita
economica nel magistero della Chiesa, Milano 1966, pp. 91-174; A. Fanfani, Sulle o-
rigini della I(Rerum Novarom ", "'Economia e storia", 1957; V. Mangano, Il pensiero
sociale e politico di Leone XII/, Milano 1931; G. Mira, Compenso del lavoro, ~~orien­
tamenti Sociali", maggio 1961 , numero speciale per il LXX anniversario della
'~Rerum Novarum"; N. Narduzzi, La modernità del pensiero leoniano, "Sapienza", II,
1962; M. Puccinelli, Valore perenne e considerazioni contingenti della "Rerom No-
varom ,,, "Orientamenti Sociali", maggio 1961; L. Riva Sanseverino, Il movimento
sindacale cristiano dal l 850 al 1936, Bologna 1950; M. Zanatta {A. De Gasperi), l
tempi e gli uomini che prepararono la "Rerom Nova rum", Milano 1931.
6) A. Boggiano Pico, L 'attualità del pensiero di Giuseppe Toniolo, nel vol. di AA.
VV., La figura e l 'opera di Giuseppe Toniolo, Milano 1968, p. l l O. Il volume
comprende, oltre a questo, i seguenti saggi: E. Pellegrinetti, L 'anima religiosa di
Giuseppe Toniolo; A. Bemareggi, Unità di pensiero e di vita in Giuseppe Tonio-
lo; F. Vito, 11 contributo di Giuseppe Toniolo all'economia politica; A. Fanfani, Il
contributo di Giuseppe Toniolo agli studi di storia economica; I. M. Sacco, Ana-
lisi dell'azione sociale di Giuseppe Toniolo; G. Anichini, Giuseppe Toniolo
nel/ 'Azione cattolica; A. Gemelli, Giuseppe Toniolo animatore e anticipatore
dell'Università dei cattolici italiani. Si veda, inoltre, la bibliografia essenziale al-
la fine del presente volume.
7) G. Toniolo, Trattato di economia sociale, cit., vol. l, p. 328.
8) S. de Maistre, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle
altre istituzioni umane, Firenze 1845; Id., Il Papa, Lione 1836.
9) L. Taparelli D'Azeglio, Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto,
Roma 1949.
IO) G. Toniolo, Dei remoti/attori della potenza economica di Firenze nel Medio Evo,
Milano 1882, ristampato nell'Opera Omnia, serie l, vol. IV, Città del Vaticano 1952.
Il) Cfr. A. MessedagJia, Della teoria della popolazione principalmente sotto
l'aspetto del metodo, Verona 1858.
12) F. Lampertico, Della italianità della scienza economica, "Giornale degli econo-
misti", a. I, 1875, pp. 459-479.
13) F. F. Ferrara, Il germanismo economico in Italia, "Nuova antologia", a 9, vol. 26,
1874, p.l 00.

161
volmente, recupera in chiave programmatica, dove tratta della necessità di
studiare "i fondamenti economici generali, cioè ripetentisi" nella storia dei
popoli (64). Né infme andrebbero tralasciate delle puntuali verifiche sui
possibili riecheggiamenti sombartiani di altre due tesi del Toniolo: l'influsso
dell'atavismo etnico nello sviluppo economico di un popolo - ancorché il
Toniolo, indicando nel complesso delle inclinazioni temperamentali, e in-
sieme delle abilità operative, degli etruschi il primo fattore interno della fu-
tura potenza economica di Firenze, accentui la componente "culturale" e
parli di tradizione, ovvero di vocazione (65), laddove il Sombart in Die Ju-
den und das Wirtschafts/eben (66) carica il suo discorso di valenze scoper-
tamente "razziali" - e I' efficacia delle dottrine economiche (connesse con le
ideologie) (67) nella deteuninazione dei comportamenti economici e delle
dinamiche stesse dell'economia.

NOTE

l) G. Zanobini, Onoranze a Werner Sombart nell'anno cinquantesimo


dell'iscrizione all 'Ateneo pisano, "Archivio di studi corporativi", IV (1933), p. 7
dell'estratto.
2) Cfr. G. Barbieri, Gli economisti italiani nel primo secolo dell 'unità nazionale, in
L 'economia italiana dal1861 al 1961. Studi nel centenario dell'unità d'Italia, Mi-
lano 1961, p. 9; Id., La dottrina economico-sociale della Chiesa dal Vangelo agli
ultimi messaggi pontifici, Torino 1964, pp. 90 nota 18, 127; Id., Riflessioni su To-
niolo storiografo ed economista, in Attualità del pensiero di Giuseppe Tonio/o, a
cura di M. L. Fomaciari Davoli e G. Russo, Milano 1982, p. 51.
3) A. Fanfani, Il contributo di Giuseppe Toniolo agli studi di storia economica, in La
figura e l 'opera di Giuseppe Tonio/o, Milano 19682, pp. 75-98. Il Fanfani dà anche
notizia di precedenti suoi articoli nei quali pone "in relazione" l'opera storiografica
di Wemer Sombart con quella di Giuseppe Toniolo (ivi, p. 91, nota l).
4) Fanfani, Il contributo di Giuseppe Toniolo, p. 92.
5) Archivio della Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Pisa, Registro di matri-
cola [1882-1883], f. Sombart Werner.
6) P. Pecorari, Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra
'800 e '900, prefazione di G. Guderzo, Bologna 1981, p. 157, nota 163.
7) lvi; cfr. L. Avagliano, G. Toniolo, A. Rossi e alcuni studi recenti sul movimento
cattolico, in Studi di storia sociale e religiosa scritti in onore di Gabriele De Rosa,
a cura di A. Cestaro, Napoli 1980, p. 204.
8) Cito da W. Sombart, II capitalismo moderno. Esposizione storico-sistematica di
tutta l 'Europa dai suoi inizi all'età contemporanea, tradotta ed in parte riassunta

179
daJJa seconda edizione tedesca a cura di G. Luzzatto, Firenze 1925. E' noto che non
la prima edizione ( 1902), ma la seconda ( 1916, con modifiche di fondo rispetto al
testo dell902) è quella definitiva dell'opera sombartiana.
9) W. Sombart, Il borghese. Lo sviluppo e le fonti dello spirito capitalistico, presenta-
zione di F. Ferrarotti, traduzione dall'originale tedesco di H. Furst, Milano 1978.
10) G. Toniolo, &olastica ed umanesimo nelle dottrine economiche al tempo del ri-
nascimento in Toscana, in Id., Dei remoti fattori della potenza economica di Firen-
ze nel medioevo e scritti storici, prefazione di S. Majerotto, Città del Vaticano 1952
(Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie 1: Scritti storici, IV), pp. 291-371. Si tenga
però presente che il lavoro fu edito per la prima volta nell'Annuario della R. Uni-
versità di Pisa per l'anno accademico 1886-87, pp. 5-116.
Il) Toniolo, Dei remoti fattori, pp. 1-278.
12) G. Toniolo, L 'economia capitalistica moderna (a proposito di un libro di Clau-
dio Jannet e di altri studi analoghi) , "Rivista internazionale di scienze sociali e
discipline ausiliarie", I (1893), pp. 529-605; Id., L 'economia capitalistica moder-
na a proposito di un libro di C. Jannet, i vi, Il ( 1893), pp. 402-419; Id.,
L 'economia capitalistica moderna nella sua funzione e nei suoi effetti, ivi, IV
(1894), pp. 26-37. Tutto il lavoro è ristampato in G. Toniolo, Capitalismo e socia-
lismo, prefazione di S. Majerotto, Città del Vaticano 1947 (Opera omnia di Giu-
seppe Toniolo, serie I: Scritti storici, I), pp. 199-265, e porta come unico titolo:
L'economia capitalistica moderna. A proposito di un libro di Claudio Jannet e di
altri studi analoghi.
13) G . Toniolo, Trattato di economia sociale e scritti economici, I-V, prefazione di F.
Vito, Città del Vaticano 1949-1952 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II:
Economia e statistica, I-V).
14) Soprattutto in rapporto alle differenze tra la Stilvergleichung iniziata dal Sichel e
le successive forzature della Stilkritik operate dallo Schmeidler (F. Chabod, Lezioni
di metodo storico con saggi su Egidi, Croce~ Meinecke, a cura di L. Firpo, Bari
1969, pp. 102-105).
15) Sulle fonti del Toniolo mi pexmetto di rinviare al mio studio Giuseppe Toniolo e il
socialismo, pp. 22-59, 149, 246. Sull'Endemann, quale antecedente del Weber, cfr.
H. R. Trevor-Roper, Protestantesimo e trasformazione sociale, Bari 1977, p. 62, no-
ta 27. Per le fonti del Sombart si vedano i saggi compresi nel volume miscellaneo
L 'opera di Wemer Sombart nel centenario della nascita, prefazione di A. Fanfani,
Milano 1964.
16) M. Weber, L 'etica protestante e lo spirito del capitalismo, introduzione di E. Se-
stan, traduzione italiana di P. Burresi, Firenze 1974, pp. 83-304. Cfr. H. Liithy, Da
Calvino a Rousseau. Tradizione e modernità nel pensiero socio-politico dalla Ri-
forma alla Rivoluzione francese, Bologna 1971, pp. 13-24; A. Antoni, Dallo storici-
smo alla socio/ogia, Firenze 1973, pp. 121-188.
17) D. Cantimori, Studi di storia, I, Divagazioni sullo storicismo. Approssimazioni
marxiste, Torino 1976, in particolare il saggio Studi sulle origini e lo spirito del ca-
pitalismo, pp. 118- 133.

180
18) Sombart, Il capitalismo moderno, pp. 88-103 (dove tratta del giro degli affari e
del mercante). Cfr. G. Barbieri, Werner Sombart e il valore dello "spirito economi-
co" nella ricostnaione storiografica, in L 'opera di Wemer Sombart, p. 155. Su
questo limite della storiografia sombartiana cfr. G. Luzzatto, Giudizio sintetico
sull'opera di Wemer Sombart, ivi, pp. 185-193. Per la precedente letteratura
sull'argomento v. M. R. Caroselli, Giudizi italiani sull'opera di W. Sombart, ivi, pp.
29-61, che dà un elenco di schede bibliografiche, a ciascuna delle quali fa seguire
un cenno informativo; sono di particolare rilevanza gli studi del Borlandi, del Fan-
fani, del Luzzatto, del Melis e del Sapori.
19) Tra la ricca letteratura sull'argomento mi limito a ricordare A. Sapori, Studi di
storia economica (secoli XIII, XIV, XV), li, Firenze, 19533, pp. 155-371, 477-1012;
C. Cipolla, l precedenti economici, in Storia di Milano, VIII, Tra Francia e Spagna
(1500-1535}, Fondazione Treccani degli Alfieri per la Storia di Milano, 1957, pp.
337-385; G. Barbieri, Origini del capitalismo lombardo. Studi e documenti sull'eco-
nomia milanese del periodo ducale, Milano 1961 .
20) Sombart, Il capitalismo moderno, pp. 24-25.
21) Scrive il Sombart (Il capitalismo moderno, pp. 14-15): "Una storia economica che
voglia essere veramente utile deve valersi [... ] della ricerca storico-socio logica non
solo come completamento, ma anzi come fondamento. Solo quando si sia detei In i-
nato quali fenomeni economici siano generali, cioè ripetentisi, solo allora noi pos-
siamo afferrare con sicurezza dove risiede la particolarità del complesso di problemi
che noi consideriamo. Una caratteristica dì quest'opera consiste appunto in ciò: che
la ricerca dell'universalità dei fenomeni economici vi è stata spinta fmo al limite e-
stremo a cui si possa arrivare".
22) Cfr. A. Bertolino, Considerazioni critiche sulla metodologia sombartiana, in
L 'opera di Werner Sombart, p. 171.
23) G. Toniolo, Della storia come disciplina ausiliare delle scienze sociali, edito dap-
prima come introduzione al volume di A. Main - A. Toti (Studi storico-sociali in-
tomo a S. Gregorio Magno, Siena 1891, pp. V-XLV) e ora ristampato in Toniolo,
Dei remoti fattori, pp. 391-428 (la citazione è a p. 394; l'espressione conclusiva è
in corsivo nell'originale).
24) Toniolo, Della storia come disciplina ausiliare, p. 414.
25) Toniolo, Della ston·a come disciplina ausiliare, p. 391, nota l. Sul valore e il si-
gnificato storiografici della posizione ciceroniana: Chabod, Lezioni di metodo stori-
co, p. 10.
26) Toniolo, Della storia come disciplina ausiliare, pp. 394-428.
27) Che il Toniolo abbia presente il paradigma di un "dover essere" al quale adeguarsi
è notato anche da P. Barucci, Introduzione a Contributi alla conoscenza del pensie-
ro di Giuseppe Toniolo, Atti del convegno "Economia e società nella crisi dello Sta-
to moderno: il pensiero di Giuseppe Toniolo" (Pisa, 18-19 dicembre 1981 ), Pisa
1984, pp. 4-30. Cfr. A. Spicciani, Giuseppe Tonio/o e gli economisti italiani del suo
tempo, "Bollettino dell'Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in lta-
Ha", XVI (1981), p. 109. Tale "dover essere" si carica di un potenziale operativo

181
te sulle grandi, controllandole e limitandole, e positivamente sulle piccole e
medie, rimuovendo ostacoli, facilitandone l'azione.
Il ruolo sussidiario dello Stato, tipico nel periodo anche dell'interventismo
luzzattiano e di tutto il movimento riformista italiano, assumeva in Toniolo un
significato finalistico: dirigere l'attività economica sulla via della giustizia so-
ciale. Attenzione: non Stato assistenziale, bensì Stato sociale; non annulla-
mento della libera iniziativa, ma valorizzazione e difesa del lavoratore; non
concorrenza senza limiti o monopoli, ma introduzione di vincoli proporzionati
ai fini comuni da perseguire. Toniolo respingeva di fatto sia il modello socia-
lista di Stato accentratore, sia il modello liberai capitalista di Stato assenteista,
ridisegnando, in alternativa, i confini di uno Stato etico, mediatore delle diver-
se realtà parziali, finalizzato alla creazione di una solida democrazia sociale
(25), organica (26), da leggere più che nel significato politico-giuridico in
quello di cooperazione funzionale, di ordinamento civile (27).
Lungo queste tre direttrici affrontate si delineano le motivazioni per una n-
lettura del pensiero economico-sociale di Giuseppe Toniolo e, in particolare,
per una riflessione sulla concezione organica della società sulla quale ci siamo
soffennati. Il suo sistema teorico fatto di studi economici, storici, sociologici,
politici, di implicazioni e tensioni filosofiche e sociali, denota una visione or-
ganica, "integrale", della scienza economica come della stessa società di cui,
invece, fanno difetto i moderni insegnamenti, i moderni sistemi.
L'attuale economia, sia teorica che applicata, rivendicando una seppur giu-
sta autonomia, indipendenza, esagera il suo distacco dalla sfera etica quanto
da quella prettamente sociale. La considerazione della scienza e della tecnica
come fattori predominanti o esclusivi delJo sviluppo ha generato, infatti, un
sistema teorico-politico-economico sostanzialmente freddo, meccanico.
D'altronde, i grandi risultati conseguiti, nella realtà economica, dal sistema
capitalistico ne hanno, per lungo tempo, nascosto i limiti, oggi più che mai e-
videnti Nel panorama sociale attuale, la preminenza del progresso tecnologi-
co e della logica del profitto sul lavoro, sulla socialità, ha determinato una for-
te svalutazione del lavoro stesso, una sua emarginazione, ha favorito
l'esaltazione di un neo-individualismo tecnocratico, la corsa ad un esasperato
consumismo. La speculazione fmanziaria diviene, di conseguenza, il nuovo
"credo" religioso; l'intemazionalizzazione del mercato la nuova frontiera (si
va verso il sospirato "villaggio globale"?); un nuovo "colonialismo" economi-
co il probabile fme nascosto.
Per trovare soluzioni diverse ai problemi che assillano la nostra economia
occorrono nuove idee, nuovi obiettivi; tentativi sono stati fatti, in tal senso, ad
esempio dai teorici dell "'economia del benessere" come da alcuni filoni di
pensiero, quale quello che fa capo al Galbraith, oppure al Sen, che hanno af-

194
3) Rimandiamo alle polemiche maturate, in sede scientifica e giornalistica, intorno al
centenario (1991) dell'enciclica "Rerum novarum" dì papa Leone XIII, riguardante
la questione sociale e operaia di fine Ottocento; alla pubblicazione della enciclica
"Sollicitudo rei socialis" (febbraio 1989) di Giovanni Paolo n, sulrattuale crisi
dello sviluppo socio-economico, e della successiva enciclica "Centesimus annus'',
sui criteri ed orientamenti dell'economia di mercato; inoltre, al documento della
CEI su Democrazia economica, Sviluppo e bene comune, del giugno 1994 (lo si
può vedere in "Il regno-documenti", l o settembre 1994, pp. 493-505), e al volu-
me Etica ed economia. Pensatori cattolici del XX secolo, a cura di G. Gaburro,
Roma 1993.
4) Per un approfondimento delle origini del pensiero economico cattolico cfr.: A. Fan-
fani, Storia delle dottrine economiche, Milano 1935 e Id., Le origini dello spirito
capitalistico in Italia, Milano 193 3; G. Luzzatto, Storia economica d·Italia: Il Me-
dioevo, Firenze 1963; M. Rocha, Travail et sa/aire à travers la scolastique, Parigi
1933; V. Brants, Esquisse des théories économiques professées par /es écrivains
des Xlllème et X/Vème sièc/es, Louvain 1895; R. Manselli, //pensiero economico
del Medioevo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, dir. da L. Firpo,
ll/2 vol., Il Medioevo, Torino 1983, pp. 843 e ss.
5) Cfr. P. Barucci, Introduzione, in Contributi alla conoscenza del pensiero di Giu-
seppe Toniolo, Pisa 1984, pp. 5-30; si tratta degli atti del convegno organizzato
dall'Università e dalla Camera di commercio di Pisa ill8 e 19 dicembre 1981, che
ebbe contributi, tra gli altri, di P. Barucci, G. Mori, A. Acerbi, P. Comanducci, L
Cervelli, G. Barbieri, A. Spicciani, C. Violante.
6) G. Toniolo, Alcune linee e quesiti di un programma di economia sociale cristiana,
Bergamo 1886, opuscolo pubblicato anonimo, a cura della seconda sezione del
Comitato generale pennanente dell'Opera dei Congressi.
7) Cfr. P. Barucci, Introduzione, in Contributi alla conoscenza, cit, p. 17. Così Ba-
cucci sottolinea il punto di vista tonioliano: "La rete concettuale di Toniolo era di
questo tipo: la scienza economica tradizionale è fallace perché si fonda sul presup-
posto che i singoli cercano economicamente di massimizzare il proprio utile; è fal-
lace, non tanto perché ciò non accada, quanto perché ciò può non accadere".
8) A. Acerbi, G. Tonio/o tra filosofia neosco/astica e scienza economica, in Contribu-
ti alla conoscenza, cit., p. 62.
9) Ibidem, p. 70.
l O) Cfr. R. Molesti, Il pensiero economico-sociale di Giuseppe Toniolo, in Il pensiero
economico-sociale di Giuseppe Toniolo, a cura di R. Molesti e S. Trucco, Pisa
1990, p. 147: "Ciò risulta in tutta evidenza dall'asserzione toniolina che
"l'economia, che è dottrina dell'utile, non può formulare interamente i suoi princi-
pali e le sue leggi senza l'etica, che è dotttina di fini e di doveri".
11) Cfr. G. Bruguier Pacini, G. Toniolo sociologo cristiano, "Bollettino storico pisa-

196
no", 12, 1943, pp. 113-136.
12) La diffusione nel nostro paese delle dottrine e delle posizioni dello storicismo te-
desco e del Katherdersozialismus avviene per l'interessamento di un gruppo di stu-
diosi riunitisi nella cosiddetta "scuola lombardo-veneta" che, nel 1874, esprime il
suo foglio programmatico nella Circolare di Padova. Legata all,ambiente padovano
e pavese, segnata dalla fu ma dei vari Messedaglia, Lampertico, Luzzatti, Cossa,
questa circolare programmatìca riunisce la maggior parte dei giovani insegnanti ed
'
economisti italiani, tra cui lo stesso Toniolo. E in questi anni che Toniolo viene a
conoscenza delle teorie di Wagner, Roscher, Schmoller, Knies, Hildebrand,
Brentano e del giurista Savigny.
13) G. Toniolo, Dei remoti fattori della potenza economica di Firenze nel Medioevo,
Milano 1882 (ora in Id., Opera Omnia, s.I, IV vol., pp. 3-287).
14) Sulla questione sociale e sulle problematiche legate alla struttura capitalistica,
Toniolo ritornerà in alcuni saggi pubblicati sulla "Rivista internazionale di scienze
sociali e discipline ausiliarie", da lui fondata, insieme a mons. Talamo, nel 1893: La
genesi storica del/ 'odierna crisi sociale, 1893 (ora in Opera Omnia, s.I, I vol., pp.
103-197); L 'economia capitalistica moderna, 1893 (ora ibid., pp. 199-265);
L 'odierno problema sociologico, 1905 (ora ibid., s.III, I vol.).
15) G. Toniolo, Scolastica e Umanesimo nelle dottrine economiche al tempo del Ri-
nascimento in Toscana, Pisa 1887 (ora ibid., s.I, IV vol., pp. 291-371).
16) G. Toniolo, Sintesi storica delle vicende economiche del comune fiorentino dal
1378 al 1530, in "Archivio giuridico", 41, 1888, pp. 507-542.
17) Cfr. C. Violante, Il significato dell'opera storiografica di Giuseppe Tonio/o, in
Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, a cura di G. Rossini, Roma
1961' p. 713.
18) Cfr. P. Barucci, Introduzione, in Contributi alla conoscenza, cit., p. 11 .
19) P. Pecorari, Toniolo. Un economista, cit., p. 37.
20) Cit. da A. Spicciani, G. Toniolo, uno storico tra economia e scienze umane, in At-
tualità del pensiero di Giuseppe Toniolo, a cura di M. L. Fomaciari Davoli, G. Rus-
so, Milano 1982, p. 189.
21) P. Pecorari, Toniolo. Un economista, cit., p. 48.
22) G. Toniolo, Lezioni di economia sociale, Pisa 1889-90.
23) Ibidem; consultare anche il saggio di G. Toniolo, Il quesito delle piccole imprese
industriali nel/ 'odierno momento storico, Padova 1874 (ora in Opera Omnia, s. II,
IV vol., pp. 3-41 ).
24) G. Toniolo, Sulla distribuzione della ricchezza, 1879, (ora ibid., s. II, IV vol.).
Consultare anche Il salario. Saggio di una esposizione sistematica delle sue leggi,
1878, (ora ibid., p. 215).
25) G. Toniolo, Il concetto cristiano della democrazia, in "Rivista internazionale di
scienze sociali", 1897, ora in Opera Omnia, s. III, l vol., p. 26: "La Democrazia

197
nel suo concetto essenziale può definirsi come quell'ordinamento civile nel quale
tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche cooperano proporzionalmente al
bene comune, rifluendo nell'ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi
inferiori".
26) Cfr. G. Menegazzi, Grandezza e attualità di G. Tonio/o, in Il pensiero economico-
sociale, cit., pp. 127 e 134. Per l'autore, "Giuseppe Toniolo indica nuove vie di at-
tuazione del suo pensiero economico-sociale, che si sviluppa dalla concezione di un
ordine democratico, petmeato di principi morali, ad una democrazia organica[ ... ] in
cui ogni membro della comunità partecipi alla determinazione delle finalità e dei
mezzi di mobilitazione delle forze sociali".
27) G. Toniolo, II concetto cristiano della democrazia, cit., pp. 17-90: "la democrazia,
considerata nel suo contenuto essenziale, non si confonde con alcuna forma di go-
verno o di reggimento politico [ ... ] la sua esistenza e i suoi destini aleggiano al di
sopra di qualunque f01ma di governo" (p. 56).
28) CEI, Democrazia economica, ci t., p. 497.
29) Ibidem .
30) Cfr. G. Menegazzi, Grandezza e pensiero, cit., p . 124: "il Toniolo delinea una
concezione organica dell'economia - ordine di valori-ordine funzionale - e precisa
che la costituzione organica propriamente economica poggia sopra quella costitu-
zione organica della società civile che antecede logicamente e storicamente
l'economia".

198
focalizzare le energie operative dei cattolici: l'idea più comprensiva, più alta,
più pratica, più universale, più perenne e più italiana!
Un concetto che, con la sua pretesa totalizzante, non può non destare
qualche interrogativo, dopo che il Vaticano Il ha puntualizzato la necessità
che il cristianesimo guardi con rispetto a tutte le culture, valorizzandole,
quando è possibile, correggendole, dove occona, integrandole, per incarnarsi
in esse (87). Già Serafino Majerotto, ben prima del Concilio, lamentava: "Il
Toniolo abusa del tennine di civiltà cristiana. Difatti non vi è una civiltà cristia-
na, ma bensì tante civiltà cristiane, quante precisamente sono le incarnazioni
che i valori cristiani hanno avuto e avranno ancora nel corso della storia" (88).
Ma non si deve dimenticare che "civiltà cristiana", ed altre simili espres-
sioni del lessico tonioliano, non sono concetti aridamente scientifici, ma delle
"parole d'ordine", che ammettono al loro interno qualche semplificazione,
giustificata dalla psicologia e dalla prospettiva storica del "trionfo cattolico".
Del resto, nello stesso "manifesto" su riportato, c'è un passo spia che merita
attenzione: quello in cui si parla della "universalità" della civiltà cattolica in
tennini di "armonizzazione" degli uffici di classe, deUe vocazioni di ogni stir-
pe, della missione di tutte le nazioni. Ritorna il concetto del "vario nel/ 'uno"
(89). Posto davanti al nostro interrogativo in terntini post-conciliari, egli pro-
babilmente spiegherebbe la sua fonnulazione in modo non antitetico, ma
complementare: un 'unica grande civiltà cristiana che si incarna e si invera in
diverse "culture" cristiane. Non si può tuttavia negare che il suo quadro men-
tale sia non soltanto eurocentrico, ma italocentrico e, in ultima analisi, roma-
no-centrico.
E questo non è senza conseguenze per il suo modo di guardare al mondo.
All'inizio del nostro secolo, il primo em.e rgere di nuove nazionalità e di nuovi
continenti di cultura non cristiana lo angoscia. Egli guarda alla situazione in-
ternazionale soprattutto in chiave di rapporti dialettici tra civiltà cristiana e al-
tre civiltà. E ciò gli impedisce di cogliere la vera posta in gioco degli stessi
'
conflitti, o gliela fa sottovalutare. E sintomatico, ad esempio, che nel grande
movimento espansivo di tipo colonialistico ed imperialistico, che caratterizzò
l'atteggiamento degli Stati europei, degli Stati Uniti e del Giappone negli anni
a cavallo del secolo, egli ridimensioni gli aspetti economici e politici per sot-
tolineare il contrasto delle "civiltà".
Cosi, la costruzione della ferrovia transiberiana, che univa Pietroburgo a
Vladivostok, accostando "il centro di Europa agli ultimi promontori
dell'Asia" (90) e la guena russo-giapponese scoppiata nell'aprile del 1904 gli
richiamano alla mente la lotta per la civiltà fra due immense stirpi mondiali,
quella turanico-mongolica da un canto e quella arioiapetica dall'altro: "Non è
una ripresa - egli si domanda - di quell'urto fra quelle due civiltà che già ri-

222
versò per secoli con le crociate l'occidente europeo sulle coste levantine asia-
tiche, anzi forse un atto di più di quell'immenso dramma che dai tempi delle
guerre iliache e di Serse, e dai saraceni fino ad oggi, librò le sorti del mondo
fra l 'Europa e l'Asia?'' (91). Lo aggredisce l 'incubo di ciò che seguirebbe per
le sorti della civiltà "se un giorno, attett ata tutto all'ingiro la muraglia leggenda-
ria, dagli addensati bacini della China e del Mogol prorompesse un ingente flus-
so cinese ad invadere l 'Europa o le nostre colonie sparse nel mondo" (92).
Al Caissotti spiegherà meglio il suo pensiero: "lo non sono russofilo.
Quando dissi che la lotta è fra civiltà cristiana e pagana, non intendevo che di
quella fosse rappresentante la Russia e di questa il Giappone. Se non erro, il
conflitto è fra chi riuscirà a imporre o insinuare la civiltà cristiana alla Cina
pagana; e questi ministri di civiltà là entro gli immensi spazi chiusi dalla mu-
raglia cinese, possono essere i russi, ovvero gli inglesi ed anglosassoni, rap-
presentati dal Giappone. E chi sa quale dei due conferirà meglio agli imper-
scrutabili disegni di Dio? E così frattanto ad occhio e croce, vado pensando
che alla libertà della propagazione del cattolicismo (visto che la Francia ha
rinunziato anche a questa missione) gioverà meglio il trionfo dei giapponesi,
dietro a cui è Inghilterra e Stati Uniti" (93).
Il tema della "crociata della civiltà", in cui il volto dell'Europa e quello
del cristianesimo fanno tutt'uno, domina la sua valutazione dell'orizzonte in-
ternazionale. La sua ammirazione per il "popolo britannico", "continuatore
dei romani antichi", "ministro di universale incivilimento", è dichiarata (94).
Il taglio dell'istmo di Panama gli fa chiedere con ansia se non sia da prevedere
un ulteriore spostamento dell'asse della civiltà "verso ponente", in un " altro
Mediterraneo, mirabilmente racchiuso fra la Colombia, il Messico e la Flori-
da,, (95). E sarà ancora, secondo il Nostro, un problema di primato nella civil-
tà fra le "affaticate e corrose genti latine e le ardimentose generazioni anglo-
sassoni": "a chi spetterà di trasferire alla stenninata e dispersa Polinesia la ci-
viltà occidentale, ai continuatori di Colombo, di Pizzarro, di Cortes, o ai fi.gli
di Washington ed agli avventurieri di California?" (96). Ma intanto, mentre i
grandi avvenimenti internazionali lo angosciano, gli dà speranza, per le sorti
della civiltà, nientemeno che... l'emigrazione italiana: "Noi italiani intanto
rimaniamo i soli a spargere nel mondo quasi mezzo millone di nostri figli
ali' anno. Forse sarà una rigenerazione del mondo per mezzo dello spregiato e
conculcato seme latino e cattolico?" (97). Qui è gioco forza ammettere che la
"luce" della "civiltà cristiana" diviene ... "accecante": dopo oltre un ventennio
di attività "scalabriniana", che aveva portato in primo piano il versante "uma-
no" della figura dell'emigrato, l'astrattezza e l'utopia tonioliana sommavano
una doppia miopia: quella suli 'uomo concreto e quella sullo sviluppo reale del
mondo nel nostro secolo (98).

223
PPSS: Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum, Pisana Beatificationis et canoniza-
tionis servi Dei Iosephi Toniolo Viri Laici, Positio super virtutibus, Roma 1970.
RISS: Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie.

l) DC I, p. 4 (Programma dei cattolici di fronte al socialismo, deliberato sotto la


presidenza del Toniolo nell'assemblea dell'Unione cattolica per gli studi sociali in
Italia, Milano 2-3 gennaio 1894, fi1mato oltre che da Toniolo, anche da S. Medo-
lago Albani, L. Bottini, C. Sardi, L. Olivi, pubblicato in RISS 1894, vol. IV, pp.
168-175).
2) DC III, pp. 8-9 (Provvedimenti sociali popolari, Roma 1902); cfr. anche SS Il, p.
230.
3) DC I, p. 145 (La democrazia cristiana, Roma 1900).
4) Sul significato storico e i retroscena di questo documento più volte citato cfr. P.
Pecorari, Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra '800 e
'900, Bologna 1981, pp. 85 ss.
5) DC I, pp. 12-13.
6) Lo ricorda lo stesso Toniolo, in IC, p. 337 nota. Egli si riferisce all 'opera
intitolata appunto Socialismo cattolico, Torino 1891 : un saggio che, a parte lo
"pseudo-titolo" (ibidem) il Nostro apprezzava, nel 1892, come la "raccolta di
notizie più compiuta e ordinatamente esposta" sulla genesi storica delle scienze
sociali cristiane dell '800 (ibid.). I suoi appunti manoscritti su questa opera in
Carte Toniolo, BA V dep. A 745.
7) Cfr. E. Poulat, Catholicisme, democratie et socia/isme, Parigi 1977 , pp. 88-90.
8) P. Pecorari, Giuseppe Toniolo e il socialismo. Saggio sulla cultura cattolica tra
'800e '900,Bologna 198l,p.95.
9) Ibidem, p. 236.
IO) CS, p. 269 (Il socialismo nella storia della civiltà. Linee direttive, Firenze 1903).
11) es, p. 211.
'
12) E un grosso plico di appunti con l'indicazione Storia delle dottrine socialistiche,
con l'indicazione cronologica 1885-1886 (riferimento probabile all'anno accademi-
co: si tratterebbe in questo caso di un canovaccio di lezioni universitarie) in Carte
Tonio/o, BAV, dep. A 739. Schemi sul socialismo e sull'ordine sociale, anche in
BAV, dep. A 743 .
13) Ibidem.
14) Ibidem.
15) es, p. 286.
16) Cfr. in proposito l'analisi critica del Pecorari, Giuseppe Tonio/o, op. cit., pp. l75-
246.
17) Quod Apostolici Munus (28 dicembre 1878), ASS XI, 1878, p. 369.
18) Tale la tesi di G. Ballerini, in Analisi del socialismo contemporaneo, Siena 1895,

225
34) Ibidem, p. 19.
35) Il concetto di "democrazia cristiana" suscitò fin dall'inizio contrasti fra i cattolici.
Toniolo, naturalmente, fu nell'occhio del ciclone. In una lettera del luglio 1897 così
scrive al Caissotti: "Che cosa si fa per calmare l'irritazione che diviene un plebiscito
contro la democrazia? Ho tenuto una conferenza a Roma, distinguendo la democra-
zia rivoluzionaria dalla democrazia cristiana, che è ossa delle nostre ossa" (LL II, p.
57). Questa conferenza fu stampata col titolo Il concetto cristiano della democrazia,
in RISS, luglio 1897, pp. 325-369, e fu poi ristampata nel volume La democrazia
cristiana, Roma 1900. Scrivendo il 5 luglio 1897 a mons. Callegari, Toniolo fa il
"punto" sulle opposizioni: il vescovo di Possano, Emiliano Manacorda, gli aveva
spedito una "lettera pastorale ove la democrazia è posta all'Indice!" (ivi, p. 58). 11
gesuita Giuseppe Chiaudano tacciava l'espressione "democrazia cristiana" di inuti-
le, pericolosa, foriera di divisioni (Democrazia cristiana o movimento cattolico?,
Torino 1897). Ma Toniolo aveva dalla sua parte il Papa: "Sua Santità desiderò vede-
re le bozze del lavoro, le quali rimasero lassù qualche giorno" (A mons. Callegari,
23 luglio 1897, LL Il, p. 67).
36) DC I, p. 26.
37) Cfr. DC I, p. 52 n.: "Affrancato, onorato, elevato, educato il popolo, è naturale
che presto o tardi anche politicamente il popolo acquisti importanza e trovi il suo
posto nel governo, sino ad affrettare, se si voglia, in certi casi, un tipo di governo
repubblicano. Ma questa democrazia politica in tal caso è una conseguenza di quella
sociale, giuridica ed economica e non viceversa".
38) Toniolo si provò più volte a proiettare in ipotesi politico-costituzionali le tesi della
sua sociologia organica. Cfr. DC I, p. 59. Significativo il suo intervento sul referen-
dum popolare al Il Congresso cattolico di scienze sociali (Padova 26-28 agosto
1896): ul cattolici accettano ... il referendum colle debite condizioni e modalità, per
le quali non la massa informe ma saviamente organizzata partecipi al voto sugli in-
teressi pubblici. Ciò supporrebbe, a mo' di esempio, che la votazione si porgesse di-
stintamente per classi; e dentro ognuna di esse per famiglie raccoglienti un gruppo
di individui cittadini; e per ogni cittadino sotto condizione dell' incolato, cioè della
sua residenza per un certo numero di anni nella località della cui amministrazione
egli col suo voto si interessa. Così nel referendum si rifletterebbero i tre elementi
della costituzione organica della società, classe, famiglia, patria ... " (DC IV, p. 270).
39) Cfr. DC I, pp. 134 e 141.
40) Cfr. DC I, p. 147 n.; ibid., pp. 82-83 n.
41) IC, pp. 109-110 (L 'unione cattolica per gli studi sociali in Italia, cit.).
42) Cfr. ad es. l'articolo Una grande questione, RISS 1912, vol. LVIU, pp. 289-295, in
SS II, pp. 247-264. Un articolo che risente del risveglio della "questione romana" per
il rigurgito anticlericale verificatosi in occasione della esposizione di Roma del 1911 e
della conseguente presa di posizione di Pio X. Cfr. A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in

227
Se la cultura laica non ha mai dimostrato particolare interesse per
l'opera di Giuseppe Toniolo, anche la cultura cattolica non ha sem-
pre messo adeguatamente in luce i contributi di tale autore.
In realtà , come crediamo dimostri la raccolta di saggi contenuta
nel presente volume, possiamo affermare che , accanto a parti del
pensiero tonioliano , che oggi risultano indubbiamente datate, ve ne
sono altre di notevole rilievo , che giustificano un'indagine a tutto
campo sull 'opera dell'autore. Da segnalare al riguardo i contributi
del Toniolo sul concetto di società organica, sulla democrazia, sul
partecipazionismo. Pure rilevanti sono gli apporti da lui offerti nel
campo della storiografia economica, specie per quanto riguarda il
periodo medioevale.
Un autore, dunque , che merita di essere riscoperto , nella consa-
pevolezza che alcune delle questioni da lui trattate possono offrire
ancor oggi spunti e suggerimenti di notevole interesse.
Il volume raccogl ie saggi dei maggiori studiosi dell 'opera del To-
niolo, pubblicati , nel corso degli ultimi quarant'anni, sulla rivista
"Studi economici e sociali " del Centro Studi "G. Toniolo" di Pisa.

Romano Molesti, ordinario di Storia del pensiero economico pres-


so l'Università di Verona, è direttore, fino dalla fondazione , del Cen-
tro Studi "G. Toniolo" di Pisa e della rivista del Centro stesso, "Stu-
di economici e sociali", giunta al suo 40° anno di vita. È presidente
dell 'AN EAT onlus, l'Associazione nazionale degli economisti del-
l'ambiente e del territorio. Autore di numerose pubblicazioni scienti-
fiche , dirige anche le riviste "Nuova economia e storia" e "Il pensie-
ro economico moderno" .

ISBN 88 - 4b 4 - b 7 LS - 9

€ 20,00 lUI
_ ______..
671

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