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Collana diretta da
Silvana Cirillo
IMPRONTE
Letteratura
Responsabile scientifico
Silvana Cirillo
IMPRONTE Arti e scienze sociali
Impronte nasce con lobiettivo di offrire agli studenti universitari, non meno
che ai lettori interessati ad aggiornarsi, opere di autori gi noti e contributi
originali di giovani ricercatori, negli ambiti di Arte, Antropologia, Cinema,
Economia, Letteratura italiana, Storia. Promossa da un gruppo di docenti
della Sapienza di Roma, Impronte si propone di ospitare i contributi di
studiosi di altre sedi, diventando una vivace intersezione di rapporti interdi-
sciplinari e di metodologie diverse incardinate nella modernit e proiettate
nel futuro. In tale prospettiva la collana accoglier saggi, monografie, ma-
nuali, traduzioni di testi di rilevanza internazionale, opere collettive, atti di
convegni.
Comitato scientifico:
Paolo Bertetto, docente di Teoria e interpretazione del film
Silvana Cirillo, docente di Letteratura italiana contemporanea
Maurizio Franzini, docente di Politica Economica
Francesco Gui, docente di Storia dellEuropa
Simonetta Lux, docente di Storia dellarte contemporanea
Alberto Sobrero, docente di Antropologia
PAROLA DI SCRITTORE
Letteratura e giornalismo nel Novecento
Introduzione e cura di
Carlo Serafini
BULZONI EDITORE
In copertina:
Fotografia di Sara Di Iacovo
ISBN 978-88-7870-???-?
Introduzione
Parola di scrittore
Una raccolta di studi relativa agli scritti giornalistici dei maggiori autori
del Novecento per forza di cose di parte, nel senso che qualsiasi sforzo di
selezione ci si possa impegnare a fare, resteranno sempre fuori grandi poeti,
scrittori, letterati che sui giornali hanno pubblicato parte della loro produ-
zione. Il Novecento non soltanto un secolo ricco di grandi nomi, anche
un secolo ricco di avvenimenti e un secolo che ha visto unaccelerazione della
comunicazione come mai si era potuto forse nemmeno immaginare. Basti
pensare che nei venti anni, circa, nei quali si imposta la rete di Internet, c
stata pi comunicazione che in tutto il resto della storia. Inoltre va tenuto
presente che i giornali escono ogni giorno e le testate che si sono succedute
nel corso del secolo sono state innumerevoli. Inoltre realizzare un volume di
studi sui letterati giornalisti presenta la difficolt di un doppio criterio di sele-
zione: il primo relativo a quali letterati includere, il secondo su quale pro-
duzione giornalistica del letterato scelto stringere lobiettivo. Se sul primo
punto la scelta del curatore, sul secondo del singolo studioso che allau-
tore si dedicato. Personalit del calibro di Croce, DAnnunzio, Buzzati,
Moravia, Savinio, Pasolini, Piovene e molti altri ancora, che ai giornali hanno
dedicato numerose collaborazioni, richiederebbero un intero volume ciascu-
no. Va ancora tenuto presente che le collaborazioni giornalistiche svolte dagli
scrittori, su quotidiani, riviste, tenendo rubriche, pubblicando racconti, e
molto altro, fanno parte di una letteratura diciamo minore, meno indaga-
ta e studiata rispetto alle grandi opere per le quali gli scrittori sono noti. Se
questo , naturalmente, pi che comprensibile, ci non toglie che fra gli scrit-
ti giornalistici sia possibile individuare elementi di notevole interesse per la
comprensione dellautore stesso, per le dinamiche culturali allinterno delle
quali questi artisti hanno operato, per contatti, scambi, interessi. Il volume
nasce con lintento, dunque, di fornire uno strumento di studio storico-cri-
tico su quello che stato nel Novecento il rapporto tra scrittore e giornalismo
realizzato direttamente sul campo, ossia sugli articoli; la scelta degli autori
quindi in ragione di chi, per grande fama, per quantit, interesse o origina-
lit dellattivit giornalistica svolta (vedi per esempio Cecchi, Zavattini,
Bertolucci), ha dato un notevole e significativo contributo al giornalismo cul-
10 Carlo Serafini
1
Cfr. G. Zanchini, Il giornalismo culturale, Carocci, Roma 2009, p. 13.
2
A. Briganti, Intellettuali e cultura tra Ottocento e Novecento. Nascita e storia della terza
pagina, Liviana, Padova 1972, p. 10.
3
Ivi, pp. 13-15.
4
Ivi, p. 29.
Introduzione. Parola di scrittore 13
5
Cfr. U. Ojetti, Alla scoperta dei letterati, Fratelli Dumolard, Milano 1895, poi Le
Monnier, Firenze 1946.
6
A. Briganti, cit., p. 30.
7
Ivi, p. 44.
8
Sul tema cfr. anche R. Gisotti, La nascita della terza pagina. Letterati e giornalismo 1860-
1914, Cavallino, Capone 1986, e Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, Einaudi, Torino
1982, vol. I, Il letterato e le istituzioni (in maniera particolare: R. Tessari, Il Risorgimento e la
crisi di met secolo, pp. 433-468; L. Mangoni, Lo Stato unitario liberale, pp. 469-519).
14 Carlo Serafini
9
A. Briganti, cit., pp. 49-56.
Introduzione. Parola di scrittore 15
10
Cfr. P.L. Ballini, Le elezioni nella storia dItalia dallUnit al fascismo, Il Mulino, Bologna
1988.
11
Cfr. A.W. Salamone, Let giolittiana, Silva, Torino 1949; N. Bobbio, Saggi sulla scien-
za politica in Italia, Laterza, Bari 1969 (poi 1996).
16 Carlo Serafini
12
Cfr. A. Briganti, cit., p. 65.
Introduzione. Parola di scrittore 17
Il Giornale dItalia vide il suo primo numero nel novembre del 1901 e,
fino alla nascita della terza, non spicc per elevata originalit rispetto agli altri
quotidiani presenti nel panorama italiano. Il successo della terza fu notevole,
ma subito ridimensionato dallassenza ogni giorno di avvenimenti del calibro
della prima di DAnnunzio. Ossia la terza era nata sul trampolino di un even-
to culturale molto forte, quindi non deve stupire se non ebbe uno sviluppo
immediato o se la novit venne avvertita solo in relazione ad altri eventi cul-
turali o alla scomparsa di grandi nomi del mondo culturale. Tuttavia
Bergamini, dotato di grande intuito giornalistico, riusc a portare il giornale
a maggiore organo di informazione del Centro-Sud; rispetto alla pagina cul-
turale aveva inoltre colto lesistenza di una sorta di incipiente avvenire bor-
ghese per la cultura14, e soprattutto aveva sperimentato per primo nei modi,
divenuti poi nella consuetudine istituzionale, della terza pagina, la possibilit
di registrare il fatto culturale a fini politici; di ridurre la materia letteraria nei
termini ideologici del giornale, di passare lidea dominante sotto forma di
dibattito intellettuale; di formare lopinione pubblica con articoli pi
influenti, quanto pi siglati da autorevoli firme15. La mossa di Bergamini di
chiamare a scrivere sul giornale grandi nomi16 della cultura fu vincente,
13
A. Bergamini, Nascita della Terza pagina, in Nuova Antologia, novembre 1955, pp.
347-362 (poi in E. Falqui, Nostra Terza pagina, Canesi, Roma 1965, pp. 250-268, cit. a pp.
251-253).
14
Cfr. B. Benvenuto, Elzeviro, Sellerio, Palermo 2002, p. 35.
15
Cfr. R. Gisotti, cit., pp. 101-102.
16
Tra gli altri: Alessandro DAncona, Francesco Torraca, Giuseppe Chiarini, Guido Maz-
zoni, Felice Tocco, Alessandro Chiappinelli, Alessandro Luzio, Raffaele De Cesare, Ferdinan-
do Martini, Antonio Fogazzaro, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Luigi Pirandello, Ce-
sare De Lollis, Attilio Momigliano, Salvatore Di Giacomo, Roberto Bracco, Alfredo Panzini,
18 Carlo Serafini
Si realizz [] una perfetta rispondenza tra la terza pagina e le posizioni del gior-
nale: si offriva al pubblico una cultura sorretta dal robusto tronco del pensiero
crociano e chiusa nellaffermazione gelosa della propria autonomia, ma pronta, in
caso di necessit, a trasformarsi in eteronoma e ad assumere nella battaglia poli-
tica una aperta funzione di fiancheggiamento [] si intensificava lutilizzazione
politica di certi aspetti del costume letterario di quegli anni. [] Cos nel 1912,
in ritardo rispetto alle prime manifestazioni del movimento e in un clima ormai
prebellico, comparvero alcuni scritti sul futurismo che veniva esaminato esclusi-
vamente nelle sue implicazioni politiche e valutato positivamente sulla base del-
laccostamento al nazionalismo. In quegli stessi anni la terza pagina del Giornale
dItalia si faceva portavoce delle teorie e degli scritti di George Sorel, mentre per
altro verso si intensificava la mitizzazione del personaggio DAnnunzio, dalle ini-
ziali accensioni di entusiasmo per le rappresentazioni teatrali alle ovazioni per i
discorsi interventisti del 1915. [] Dalliniziale contrapposizione fra erudizione
accademica e vaghe tendenze ad una rottura del sistema e dellordine tradiziona-
le in direzione conservatrice si era giunti, in prossimit dellimpresa libica e della
guerra mondiale, ad una momentanea convergenza con le impazienze nazionali-
ste, dannunziane e futuriste che costituivano un efficace mezzo di trasmissione
dellopinione pubblica, di unopposizione al giolittismo di natura decisamente
anticostituzionale. La terza pagina del Giornale dItalia ebbe cos un ruolo non
secondario nella battaglia interventista per trasformarsi poi, per tutta la durata del
conflitto mondiale, in pagina di propaganda bellica19.
Giuseppe Giacosa, Enrico Panzacchi, Corrado Ricci, Vittorio Pica, Giulio Cantalamessa,
Vittorio Spinazzola, Vilfredo Pareto, Maffeo Pantaleoni, Rodolfo Lanciani, Luigi Pigorini.
17
Cfr. nel presente volume M. Panetta, Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra rivi-
ste e quotidiani.
18
Cfr. A. Bergamini, cit., p. 351.
19
Cfr. A. Briganti, cit., pp. 69-70.
Introduzione. Parola di scrittore 19
20
Cfr. G. Gentile, Epistolario. Lettere a Benedetto Croce (1896-1909), a c. di S.
Giannantoni, vol. II, Sansoni, Firenze 1974, p. 74.
21
Cfr. per lessenziale sintesi, anche bibliografica, B. Benvenuto, Elzeviro, cit.; Id., La
malinconia del critico, Sellerio, Palermo 2005; E. Falqui, Inchiesta sulla Terza pagina, Eri,
Torino 1953; Id., Nostra Terza pagina, Canesi, Roma 1965; Id., Giornalismo e letteratura,
Mursia, Milano 1969; N. Ajello, Lo scrittore e il potere, Laterza, Roma-Bari 1974; Id., Lezioni
di giornalismo, Garzanti, Milano 1985; G. Bellonci, Nel cinquantenario. La Terza pagina
La sua nascita e le sue vicende, in Il Giornale dItalia, 17 novembre 1951; E. Paccagnini, Il
giornalismo dal 1860 al 1960, in G. Farinelli E. Paccagnini G. Santambrogio A.I. Villa,
Storia del giornalismo italiano. Dalle origini ai nostri giorni, Utet, Torino 1997; P. Murialdi,
Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna 1996.
22
Sulla collaborazione di DAnnunzio al Corriere della sera, cfr. le pp. 134-146 di A.
Albertini, Vita di Luigi Albertini, Mondadori, Milano 1945.
23
Per la storia dei primi anni del Corriere della sera, cfr. A. Moroni, Alle origini del
Corriere della Sera: da Eugenio Torelli Viollier a Luigi Albertini 1876-1900, F. Angeli, Milano
2005.
20 Carlo Serafini
24
Cfr. L. Albertini, Ventanni di vita politica, Zanichelli, Bologna 1953, p. 3.
25
Cfr. la testimonianza di R. Calzini in E. Falqui, Giornalismo e letteratura, cit., p. 45.
Introduzione. Parola di scrittore 21
Sul Corriere hanno scritto negli anni, ed ancora oggi, i grandi nomi
della letteratura italiana. In questo primo periodo non possono non essere
citate le firme di Luigi Pirandello, Corrado Alvaro e Ugo Ojetti. Menzione a
parte, pur non essendo un letterato tout court, per Luigi Barzini27, forse il
maggiore inviato speciale del giornalismo italiano, creatura di Albertini che
per lui nutr sempre una considerazione ed un affetto particolari, anche
quando aveva qualche motivo di contrariet. Quello del giornalismo di viag-
gio un tema vastissimo intorno al quale non mancato di aprirsi un vivace
dibattito specialmente per quel che riguarda lepoca fascista. Il tema torner
spesso nel presente volume, come anche le analisi sui numerosissimi reporta-
ge di viaggio dallestero o dallItalia stessa (pensiamo a Piovene) degli scritto-
ri giornalisti del Novecento in epoche successive28. Ma tornando al Corrie-
re altra menzione a parte merita ovviamente Gabriele DAnnunzio, che con
Albertini ebbe un rapporto del tutto particolare, nato, forse per esigenze gior-
nalistiche (a DAnnunzio poteva far comodo una vetrina come il Corriere
e il direttore non poteva non tener conto di chi fosse il poeta nel panorama
delle cultura italiana), nel 1907 e diventato negli anni sempre pi stretto, fino
quasi alla funzione di tutore29 di Albertini nei confronti del poeta vate.
26
Cfr. N. Ajello, Storia della terza pagina, in Nord e Sud, n. 32 (1962), pp. 106-111.
27
Tra le numerose pubblicazioni su Barzini, cfr. D. Corucci, Luigi Barzini. Un inviato spe-
ciale, Guerra Edizioni, Perugina 1994.
28
Per una sintesi sul tema cfr. il capitolo Un viatico per le firme in B. Benvenuto,
Elzeviro, cit.; per una visione pi amplia, oltre la bibliografia contenuta nel capitolo prece-
dentemente citato, cfr. S. Sgavicchia, Scrivere il viaggio. Cronache, memorie, invenzioni, in
Storia Generale della Letteratura Italiana, diretta da N. Borsellino e W. Pedull, vol. XII
(Sperimentalismo e tradizione del nuovo), Federico Motta Editore, Milano 1999, pp. 498-515.
29
Il poeta lo chiama tutore inquantoch lAlbertini era stato il solo a tutelare efficace-
mente il patrimonio e lonore di DAnnunzio, quando questultimo era partito per la Francia.
Per ottenere questo ultimo risultato aveva seguito un sistema semplice. Convocati i creditori
aveva fatto loro comprendere che se non volevano perdere tutto dovevano ridurre ragionevol-
mente le loro pretese e solo a questo patto egli avrebbe dovuto garantire loro il pagamento
dovuto [] dal canto suo il poeta si era impegnato a cedere allamico Albertini sino ad estin-
22 Carlo Serafini
zione del suo debito una percentuale sui diritti dautore (cfr. T. Antongini, Quarantanni
con DAnnunzio, Mondadori, Milano 1957, pp. 482-483).
30
Cfr. F. Contorbia, Introduzione a Giornalismo italiano 1860-1901, I Meridiani,
Mondadori, Milano 2007, p. XXXIV.
31
Cfr. L. Mangoni, Lo stato unitario liberale, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor
Rosa, vol. I, Il letterato e le istituzioni, Einaudi, Torino 1982, p. 511.
32
Ivi, p. 512.
33
Nota la vicenda relativa alla Canzone dei Dardanelli, dichiaratamente antiaustriaca e non
pubblicata da Albertini, che segn un forte contrasto tra il direttore e il poeta, che cos rispo-
se nella lettera del 16 dicembre 1911: Non pensavo che la mia Canzone avrebbe offeso la
moderazione del Corriere. N pensavo che il mio nome non fosse abbastanza largo da copri-
re intera la responsabilit di ci che firmo Non questo il luogo per risolvere il problema
che sorge da questa crisi, in ordine alla libert della mia collaborazione Per ora basta accen-
nare al fatto. Una comunione mirabile ed insolita tra il popolo dItalia e uno scrittore nazio-
nale interrotta.
Introduzione. Parola di scrittore 23
modo consacrato come espressione politica di quel ceto di media cultura cui
il giornale si indirizzava34.
Lepoca Albertini termin sotto il fascismo, per volont del Duce. L8
luglio del 1923 sul Popolo dItalia, Albertini fu oggetto di un pesante attac-
co: Senatore, vi sopportiamo da troppo tempo, e vi diciamo apertamente
che basta! Senatore Albertini, ci sono tanti fascisti in molte citt dItalia, che
solo domandano per iscritto, assumendo in pieno lonore e la responsabilit
del gesto, di essere prescelti a radere al suolo la vostra indegna baracca.
Mussolini ordin al Prefetto di Milano di diffidare il giornale, cosa che
avvenne il 2 luglio 1925, dato che il Corriere della Sera aveva intensifica-
to da qualche tempo la sua violenta, persistente campagna contro il regime
ed i pubblici poteri e che in alcuni articoli poteva ravvisarsi materiale atto a
gettare discredito sopra la Camera e sopra il Governo, che erano indubbia-
mente poteri dello Stato e infine, che certi suoi interventi per quanto redatti
con sottile accorgimento ed abilit, potevano rilevarsi addirittura pi danno-
si35. Albertini replic osservando che dato il fatto che i continui sequestri
rendevano impossibile allenorme maggioranza dei lettori di conoscere i
nostri articoli politici, rinunciamo per ora a trattar quei temi sui quali non ci
sia consentita la libert di parola necessaria per esprimere un pensiero n
troppo deformato. Siamo buoni intenditori. Ed i lettori anche36. Tuttavia il
Corriere di Albertini cadde il 27 novembre del 1925, con il pretesto di un
cavillo legale. Nel Commiato ai lettori pubblicato il 28 novembre, Luigi
Alberini, oltre a ripercorrere le tappe fondamentali della sua avventura al
giornale, denunci chiaramente limpossibilit di resistere alla decisione del
governo fascista, rivendicando il senso delle sue battaglie politiche sempre
vissute in nome dei principi liberali. Cos scrisse: sono entrato nel
Corriere nel settembre 1896 quale segretario di redazione accanto ad Eugenio
Torelli Viollier prima e a Domenico Oliva poi [] non avevo ancora 29
anni, mi mancavano ogni autorit e ogni credito eppure con grave scandalo
dei benpensanti e di qualcuno dei miei soci di allora e con grave pericolo per
la mia posizione []. Dopo tutte le amarezze del dopoguerra e della crisi di
collasso a cui dovevamo sottostare. Infine questultima battaglia combattuta
in nome delle stesse idealit, degli stessi principi liberali. Essa mi costa oggi
il maggior sacrificio, quello del Corriere, a cui avevo consacrato intera la mia
esistenza che in 25 anni assieme a mio fratello e a tanti eminenti collabora-
tori ai quali va un pensiero di gratitudine infinita, come va al personale tutto
di redazione, di amministrazione e di tipografia [] Perdo un bene che mi
era supremamente caro, ma serbo intatto un patrimonio spirituale che mi
34
Cfr. L. Mangoni, cit., p. 513.
35
Cfr. N. Tranfaglia, La stampa quotidiana e lavvento del regime 1922-1925, Laterza,
Roma-Bari, 1980, p. 27.
36
Ibidem.
24 Carlo Serafini
ancora pi caro e salvo, la mia dignit e la mia coscienza37. Uscendo dal por-
tone di Via Solferino disse che per distruggere il suo lavoro ci sarebbero volu-
ti almeno cinquantanni; Albertni mor il 21 dicembre del 1941, senza quin-
di vedere la fine di Mussolini. Il Corriere esce ancora oggi. Con Albertini
si chiudeva quindi unepoca del giornalismo italiano, come dimostrano anche
i tanti messaggi degli amici38 che si strinsero accanto al direttore.
***
La fine dellepoca Albertini emblematica di cosa sia stata la stampa sotto
il Fascismo39. Ma per la pagina culturale, e la cultura in generale, il discorso
pi complesso del semplice affermare che la presenza della censura abbia
livellato lespressione alla retorica del regime. Cosa vera, ma se da un lato la
censura ha determinato chiaramente un allineamento culturale ai dettami del
fascismo, il trionfo della terza pagina, quale luogo di un solo sterile bello
scrivere avvenuto in epoca fascista viene letto in maniera diversa. Cos ad
esempio Nello Ajello:
Per la terza pagina come istituzione, il consolidarsi del fascismo segn il passag-
gio dallaccademia allarcadia. Essa fu definita, a ragione, il salotto della stampa
italiana. [] I terzapaginisti diventarono una vera e propria corporazione,
affiatata in virt del comune ossequio ad un genere letterario che doveva diven-
tare la cifra distintiva della cultura militante italiana. [] Nel garbo con cui i let-
terati si sottomettevano era implicita una sorta di riconoscenza per il fatto che i
loro ludi stilistici potessero svolgersi sotto lala protettrice del regime. La consi-
derazione opposta che fosse, cio, la pressione politica ad indurli a lavorare di
fino nel recinto della prosa darte apparteneva a quelle verit cos scottanti che,
se soltanto fossero state enunciate da qualcuno, avrebbero danneggiato il lavoro
di tutti. / Lelzeviro divent la manifestazione tipica di questi stati danimo []
Sembr il frutto perfetto di un compromesso tra le ragioni tecniche del giornale
e le esigenze creative dello scrittore [] non si pu non essere daccordo con chi
37
Corriere della Sera, 28 novemnre 1925.
38
Giambattista Pirelli, Camillo Giussani, Ettore Conti, Tomaso Gallarati Scotti,
Alessandro Casati, Giacinto Motta, Francesco Ruffini (Il mondo civile con te, quattro quin-
ti dei migliori italiani sono con te; molti dei tuoi stessi avversari sono, in segreto, con te, cfr.
O. Bari, Luigi Albertini, UTET, Torino 1979, p. 511), Pietro Gobetti (Mi sembra di poter-
le mandare, con la mia, la gratitudine delle 200 persone che rimangono al loro posto, cfr. O.
Bari, cit. p. 511), Luigi Salvatorelli, Adriano Tilgher, Filippo Turati, Corrado Alvaro, Arturo
Carlo Jemolo (nel giorno in cui si spegne lultima luce e crolla lultimo baluardo, le mie pi
vive grazie per il bene che Ella ha fatto a noi tutti finch le stato possibile farne, cfr. O. Bari,
cit., p. 512).
39
A. Signoretti, La Stampa in camicia nera 1932-43, Volpe, Roma 1968; S. Romano,
Lequivoco della cultura antifascista. Considerazioni sugli intellettuali italiani durante il fascismo,
in Nuova Storia Contemporanea, luglio-agosto 2000; P. Murialdi, La stampa del regime fasci-
sta, Laterza, Roma-Bari 1986; V. Castronovo, La stampa italiana dallUnit al fascismo,
Laterza, Bari, 1976.
Introduzione. Parola di scrittore 25
la terza, almeno agli inizi, non sub troppi contraccolpi, assai meno condiziona-
ta rispetto alle altre pagine del giornale dai provvedimenti fascisti di allineamento
dellinformazione. [] Non si assist n a un vero cambio della guardia, e neppu-
re a una radicale messa a regime dei settori colti della stampa [] La terza dei gior-
nali metropolitani durante il Ventennio si arricchisce. E conquista la fisionomia per
cui diventata celebre. Ala nobile del giornalismo nazionale, punto darrivo di
unonorata carriera letteraria, trampolino di lancio per coloro che, usciti dallano-
nimato, muovono i primi passi verso la notoriet, la terza ormai riassume in s tutti
questi significati e altri ancora. Naturale pertanto che la conflittualit fra i giornali
per potersi fregiare delle firme pi accreditate diventi sempre pi serrata. [] Senza
voler sminuire le differenze e le specificit di ciascuna terza, ci che emerge da una
rapida rassegna delle sezioni culturali sotto il Duce il forte significato che per lin-
sieme della carta stampata venne assumendo il settore. Si pu oscillare molto.
Pigiare il tasto della condanna o preferire quello pi beffardo. Si pu considerarlo
spia di chiusure autarchiche. Si pu anche vedere nelloperazione terza un blocco
di individualit (diversissime) capaci di dar risalto alla cultura umanistica nostrana
e in particolare di traghettarla attraverso linformazione a un livello che forse non
ha pari n prima n dopo nella storia del Novecento. I terzapaginisti furono
comunque in grado, come successivamente di rado accaduto, di assicurare con
uno spirito che potremmo definire di servizio (se il termine non suonasse troppo
usurato e fuori tempo massimo) e con perizia e artigiana misura una quantit e una
qualit di informazione culturale capace di orientare e di guidare con mano sicura
il lettore nel magma caotico della produzione letteraria. Svolsero una funzione,
anche, di tipo educativo. Senza precedenti particolarmente lusinghieri, contribui-
rono a una generale elevazione culturale del popolo dei lettori. Lo stesso difetto di
settarismo, il rimprovero di muoversi come gruppo, certe complicit discutibili di
cui sono stati, a ragione, accusati (idem per opinabilissimi e frequenti singoli giu-
dizi o pregiudizi diffusi attraverso quelle solite paginette), non inficiano la sostan-
ziale qualit di unoperazione che ha condizionato in profondit una parte signifi-
cativa della prosa creativa e del dibattito culturale del tempo. Ma che ha lasciato un
segno, non cos effimero, in stili e costumi della letteratura successiva41.
40
Cfr. N. Ajello, Storia della terza pagina, cit., pp. 113-114.
41
Cfr. B. Benvenuto, Elzeviro, cit., pp. 84-88.
26 Carlo Serafini
Il fascismo approva la nuova legge sulla stampa nel 1925 e nel 1934 tra-
sforma lUfficio stampa del capo del governo in Sottosegretariato per la stam-
pa e la propaganda, che lanno successivo diventa Ministero sotto la guida di
Galeazzo Ciano; nel 1937 nasce il Ministero della cultura popolare, il cosid-
detto Minculpop. Tuttavia nelle prime fasi del regime le espressioni propria-
mente culturali, soprattutto per quel che concerne lambito artistico letterario,
non subiscono limposizione di una vera e propria direttiva ufficiale. Il regime
sembra rivolgersi allintera classe intellettuale nellottica della ricerca di una
legittimazione che avviene, ad esempio, dando forte visibilit al tesseramento
di intellettuali (come nel caso di Pirandello sul quotidiano fascista romano
LImpero e altri numerosi articoli e interviste), o con la promessa di premi,
riconoscimenti e incarichi di prestigio42, come ad esempio lambita nomina ad
accademico dItalia data a Marinetti e Pirandello nel 1929, Ojetti e
Bontempelli nel 1930, Papini nel 1937 e ad Emilio Cecchi poco pi tardi.
Tra il 1925 e il 1926 vengono chiusi gli ultimi quotidiani di opposizione
ancora attivi (LUnit, Avanti!, Il Mondo di Giovanni Amendola, La
Voce repubblicana) e vengono introdotte persone fidate come direttori dei
quotidiani liberali. Restano da chiarire la posizioni del Corriere della sera e de
La Stampa. Si gi visto come il regime abbia estromesso Albertini, al quale
succederanno nellordine Pietro Croci, Ugo Ojetti, Maffio Maffii e Aldo Borelli
che rester alla direzione del Corriere dal 1929 fino al 1943 in linea con il
regime. La Stampa viene acquisita nel 1926 da Giovanni Agnelli che, dopo
aver alternato tre direttori (tra i quali, dal febbraio 1929 al gennaio 1931,
Curzio Malaparte anni dopo sar un originale reporter di guerra43 che ha
come redattore capo Mino Maccari), affida il giornale a Alfredo Signoretti che
lo condurr fino al 1943 anchegli in linea con il regime. Nel 1926 viene allon-
tanato dal Giornale dItalia Alberto Bergamini e affidata la direzione a
Virginio Gayda che la manterr anchesso fino al 1943: la terza pagina del
giornale decade rapidamente, prima suonando la grancassa per il regime, e poi
allineandosi passivamente su argomenti congeniali a unattualit dal regime
stesso sollecitata. I collaboratori sono nomi minori, se si eccettua una certa pre-
senza del mondo letterario romano e soprattutto delle scrittrici, da Gianna
Manzini ad Amalia Guglielminetti ed altre. Il titolare della critica letteraria
Goffredo Bellonci, nel suo primo articolo sotto la nuova direzione il 13 aprile
1926, con i toni nazionalistici a lui consueti condanna lasservimento allo stra-
niero in letteratura, mentre ancora il 24 gennaio 1934 sottolinea come il fasci-
smo porti a soluzione i problemi del Risorgimento44.
42
Cfr. S.Solmi, Letteratura e societ. Saggi sul fantastico La responsabilit della cultura
Scritti di argomento storico e politico, a cura di G. Pacchiano, Adelphi, Milano 2000, p. 401.
43
Cfr. nel presente volume C.Spila, Il reportage di guerra di Curzio Malaparte.
44
Cfr. G. C. Ferretti, S. Guerriero, Storia dellinformazione letteraria in Italia dalla terza
pagina a Internet 1925-2009, Feltrinelli, Milano 2010, p. 19.
Introduzione. Parola di scrittore 27
45
Cfr. P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Laterza, Roma-Bari 1986, p. 60.
46
Cfr. G.C. Ferretti, S. Guerriero, cit., p. 20.
47
Ivi, p. 41.
28 Carlo Serafini
sociale degli avvenimenti. Gli intellettuali cio non sono o non riescono ad
essere un gruppo di azione, sono snaturati rispetto alla loro identit che
dovrebbe vederli attivi nella formazione libera dellopinione pubblica. Anche
la tanto decantata critica letteraria in realt resa debole dalla politica diffu-
sa del silenzio recensorio che, letto con il senno di poi, apre notevoli spazi di
interpretazione ai libri passati appunto sotto silenzio. Inoltre il Ventennio si
caratterizza anche per il continuo ritorno degli stessi nomi in ragione di un
oggettivo restringimento del panorama culturale. Non quindi scorretto par-
lare di corporativismo o di aria familiare nella repubblica delle lettere fasci-
sta. stato comunque notato come se tutto questo in alcuni casi fa pen-
sare a un circuito corto e per certi aspetti quasi medievale, tra lo scrittore e un
pubblico ristretto a lui simile e contiguo, al tempo stesso tuttavia favorisce un
legame forte e produttivo tra lo scrittore e il suo critico48. Come detto sul
fascismo i punti di vista non sono concordi.
Ma questo radicarsi in una posizione di chiusura intellettuale fu solo con-
seguenza della censura o delle direttive di regime? La verit forse nel mezzo,
o meglio nellatteggiamento ambiguo pi o meno evidente che tanto politici
che intellettuali dimostrarono nel corso del fascismo. Inoltre non va dimen-
ticato lo stato danimo di molti intellettuali nellimmediato primo dopo-
guerra. Occorre allora forse fare un passo indietro. Alla vigilia della prima
guerra mondiale, Renato Serra scrive Esame di coscienza di un letterato, una
sorta di giudizio sulla cultura italiana di quegli anni, sulla letteratura e sul
ruolo degli intellettuali, prendendo posizione sul fatto che non sar di certo
la guerra a cambiare il rapporto tra intellettuale e vita; si pone cio contro
quegli intellettuali che vedono nella guerra loccasione per uscire dallisola-
mento delle lettere e calarsi nellesistenza concreta. Lazione degli intellettua-
li nella vita sociale si basava su due linee divergenti: chi, come Croce, affer-
mava la propria autosufficienza, per cui il sapere non era al servizio di nessu-
na ideologia e si era lontani quindi da qualsiasi forma di attivismo, e chi inve-
ce, come Papini, agiva in ragione di una forma di milizia ideologica. Serra,
sostenendo che la guerra non cambia nulla, intendeva demolire la nozione di
guerra come sola igiene del mondo, lidea retorica di una missione italia-
na e la convinzione illusoria di molti intellettuali che la guerra avrebbe por-
tato radicali cambiamenti sociali e culturali. Di fatto la guerra sment le illu-
sioni di chi credeva in queste possibilit e acceler la crisi della civilt libera-
le. Se per i crociani si trattava della conferma dellimpossibilit intellettuale
di dominare il processo storico, per il resto del mondo intellettuale la delu-
sione post bellica era nella constatazione che dalla tragedia della guerra non
sarebbe nata una nuova cultura. Lo Stato italiano appariva dopo la Grande
Guerra profondamente diverso da quello di pochi anni prima. Passata la sta-
48
Ivi, p. 57.
Introduzione. Parola di scrittore 29
49
Ivi, p. 25.
50
Sul tema cfr. M. Serri, I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte (1938-1948),
Corbaccio, Milano 2009.
30 Carlo Serafini
che Vittorini instaura con i giovani che confusi o disperati o almeno umi-
liati di essere stati fascisti51 temono di non poter pi essere uomini dopo
essere stati non uomini. Vittorini aiuta questi giovani a convincersi di
non essere colpevoli [] strumenti s del fascismo, ciechi dinnanzi a quello
che il fascismo era, vittime di quello che sembrava, deboli, non forti, ma non
fascisti. I giovani non potevano capire il fascismo anche perch lantifasci-
smo era allestero e non arrivava in Italia se non storpiato. Questi giovani
non erano reazionari [] erano per un progresso sociale, per una migliore
giustizia sociale, per leliminazione del latifondo e la socializzazione delle
grandi imprese. Il fascismo disse loro di essere appunto questo e si presenta-
va come un movimento moderno in grado di superare limpostazione dei vec-
chi partiti. I giovani si persuasero che il fascismo fosse in lotta contro
ogni sorta di reazionari per lattuazione di un programma socialmente rivo-
luzionario. Basta scorrere i giornali giovanili, specie nel periodo tra il 31 e il
35, per averne la prova. Gli slogans demagogici del fascismo diventavano, su
quei fogli, argomento di dibattito entusiasta e motivo di attacco concreto al
capitalismo, alla borghesia, ai rapporti di produzione della societ borghese
[] Qui parlo di unesperienza che anche la mia. E io sono nato nel 1908,
non nel 20 o nel 22. Avevo gi quattordici anni lanno della marcia su
Roma. Avevo sentito parlare in qualche modo, di come era nato il fascismo.
Eppure [] anchio mi agitai nel senso che ho descritto qui sopra, su fogli
fascisti pi o meno di provincia. Debbo dirlo a questi ragazzi che mi scrivo-
no. Anche io sono stato uno di loro. Sono stato non acuto e non forte.
Non uomo? Sono stato dei deboli.
***
Da un punto di vista di storia del giornalismo, il dopoguerra vede come
naturale conseguenza della caduta del regime il venir meno del controllo eser-
citato, con relativa sfascistizzazione dei giornali e dellinformazione, e con
lintroduzione dellelemento critico nella lettura sociale e politica della so-
ciet. Questa la grande novit, pur sopravvivendo ancora nella terza pagina
dei giornali lelzeviro tutto letterario, come dimostra, ad esempio, lesperien-
za di Moretti, gi attivo come terzapaginista dal 1923 sul Corriere. Riapre
significativamente la cronaca, soprattutto per quel che riguarda la nera. Mi-
rabile in questambito lo stile e la capacit di Dino Buzzati52. Non sono
pochi gli scrittori e gli intellettuali che partecipano con impegno alla rinasci-
ta dellinformazione democratica nel nostro Paese. Limpegno dei singoli si
concentra, per, sul lavoro di divulgazione politica e di informazione tout
51
Cfr., anche per le citazioni immediatamente successive, E. Vittorini, Fascisti i giovani?,
in Il Politecnico, n. 15, 5 gennaio 1946.
52
Cfr. nel presente volume S. Cirillo, Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del
lettore.
Introduzione. Parola di scrittore 31
court piuttosto che sul piano della produzione letteraria in campo giornali-
stico. I giornali, che in questo periodo escono in formato ridotto (otto pagi-
ne i pi ricchi), limitano gli interventi di natura espressamente culturale a
isolati episodi. Di solito si tratta di articoli in terza pagina a una o due colon-
ne53. Da notare ancora che proprio in questi anni non raro trovare scritto-
ri che lavorano nella redazioni dei quotidiani: Vittorini caporedattore del-
lUnit di Milano, Calvino redattore della terza pagina dellUnit di To-
rino, Montale dal 1948 scrive sul Corriere della sera occupandosi non solo
di critica letteraria, Caproni tra il 1945 e il 1946 conduce inchieste per Il
Politecnico sulle borgate romane per non parlare degli scrittori che dal
primo dopoguerra saranno inviati speciali al seguito del Giro dItalia54. Se da
un lato lesperienza della guerra domina la letteratura neorealista, con una
memorialistica che non pu non tener conto della tragedia subta, altra parte
del mondo intellettuale, e non solo, guarda al futuro con entusiasmo, vitalit
e progettualit diffusa. Lantifascismo domina lintero panorama, caratteriz-
zato dallanalisi critica del recente passato, e da passione civile, volont di rin-
novamento culturale, nascita di nuove testate e riapertura di vecchie, produ-
zione libraria, proliferare di iniziative editoriali. Venne lanno 1945. uno
spartiacque. La guerra appena finita e possiamo cogliere la dimensione delle
rovine. Sono rovine materiali ma anche rovine morali [] La maggior parte
di noi non riusc allora a vedere la faccia negativa del prodigioso sviluppo
della conoscenza che ha sostenuto la guerra e la vittoria. [] Tornavano i
superstiti, uno su cento, dai campi di sterminio. Raccontavano e comincia-
vano a scrivere cose inimmaginabili sulla disumanit del potere e sullorga-
nizzazione scientifica della morte, ma questi racconti non toccavano la nostra
gioia di vivere finalmente nella pace [] Proprio a partire dal 1945 si apr
una nuova e durevole fiducia nellunilinearit dello sviluppo economico e del
progresso sociale55. Ancora da notare che nellimmediato dopoguerra ini-
zia a manifestarsi, per lo meno a livello progettuale, la volont di attenuare la
differenza tra cultura alta ed elitaria e cultura bassa e popolare che si era ben
consolidata negli anni Trenta, e il processo di avvicinamento viene avvertito
quale conseguenza della volont di creare un comune sentire, una comune
esperienza che trova la sua radice nelle istanze di libert e di uguaglianza che
hanno caratterizzato gli anni della Liberazione. Si delinea insomma un pro-
getto di cultura unitaria e democratica, che tende a non privilegiare questa o
53
Cfr. P.F. Borgia, Letteratura e giornalismo dal 1945 a oggi, in Storia generale della lettera-
tura italiana, cit., vol. XII, pp. 488-496.
54
Cfr. per una sintesi sul tema N. Giurlani, La leggenda del Giro dItalia raccontata da gran-
di firme, Il Riformista, 6 maggio 2009; inoltre L. Lepri, In bicicletta, in LItalia in Italia.
Storia, formazione, immagini di una mutevole identit nazionale, a cura di R. Fedi e G.
Capecchi, Guerra edizioni, Perugia 2010, pp. 89-99.
55
Cfr. V. Fo, Il cavallo e la torre. Riflessioni su una vita, Einaudi, Torino 1991, pp. 69-70.
32 Carlo Serafini
quella disciplina, n questa o quella classe sociale, e che si fonda sulle nuove
istanze di trasformazione della societ, in una prospettiva militante e forma-
tiva, sperimentale e divulgativa. Nelle riviste e case editrici in particolare,
unit della cultura dalle lettere alle varie arti, e unit antifascista tra movi-
menti e partiti, convergono in modo dinamico e fecondo56. In questottica
va letta la nuova iniziativa di Vittorini, che il 29 settembre 1945 sul primo
numero de Il Politecnico57 traccia le linee di una nuova cultura che rive-
da il passato e che non sia pi consolatoria ma attiva concretamente nella vita
sociale.
Per un pezzo sar difficile dire se qualcuno abbia vinto in questa guerra. Ma certo
vi di tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I morti, se li con-
tiamo, sono pi di bambini che di soldati: le macerie sono di citt che avevano
venticinque secoli di vita: di case e di biblioteche, di monumenti, di cattedrali, di
tutte le forme per le quali passato il progresso civile delluomo; e i campi sui
quali si sparso pi sangue si chiamano Mathausen, Maidaneck, Buchenwald,
Dakau. / Di chi la sconfitta pi grave in tutto questo che accaduto? Vi era
bene qualcosa che, attraverso i secoli, ci aveva insegnato a considerare sacra lesi-
stenza dei bambini. Anche di ogni conquista civile delluomo ci aveva insegnato
che era sacra; lo stesso del pane; lo stesso del lavoro. E se ora milioni di bambini
sono stati uccisi, se tanto che era sacro stato lo stesso colpito e distrutto, la scon-
fitta anzitutto di questa cosa che cinsegnava linviolabilit loro. Non anzi-
tutto di questa cosa che cinsegnava linviolabilit loro? / Questa cosa, voglio
dirlo subito, non altro che la cultura: lei che stato pensiero greco, ellenismo,
romanesimo, cristianesimo latino, cristianesimo medioevale, umanesimo, rifor-
ma, illuminismo, liberalismo [] Non vi delitto commesso dal fascismo che
questa cultura non avesse insegnato ad esecrare gi da tempo. / E se il fascismo
ha avuto modo di commettere tutti i delitti che questa cultura aveva insegnato ad
esecrare gi da tempo, non dobbiamo chiedere proprio a questa cultura come e
perch il fascismo ha potuto commetterli? / Dubito che un paladino di questa
cultura, alla quale anche noi apparteniamo, possa darci una risposta diversa da
quella che possiamo darci noi stessi; e non riconoscere con noi che linsegna-
mento di questa cultura non ha avuto che scarsa, forse nessuna, influenza civile
sugli uomini. [] qualit naturale della cultura di non poter influire sui fatti
degli uomini? Io lo nego. / Se quasi mai [] la cultura ha potuto influire sui fatti
degli uomini dipende solo dal modo in cui la cultura si manifestata. Essa ha
predicato, ha insegnato, ha elaborato principi e valori, ha scoperto continenti e
costruito macchine, ma non si identificata con la societ, non ha governato con
la societ, non ha condotto eserciti per la societ. Da che cosa la cultura trae
motivo per elaborare i suoi principi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ci che
luomo soffre nella societ. Luomo ha sofferto nella societ, luomo soffre. E cosa
56
G.C. Ferretti e S.Guerriero, cit., p. 78.
57
Per la storia della rivista e il suo peso culturale cfr. M. Forti e S. Pautasso, Il Politecnico,
Lerici, Milano 1960.
Introduzione. Parola di scrittore 33
fa la cultura per luomo che soffre? Cerca di consolarlo. [] Potremo mai avere
una cultura che sappia proteggere luomo dalle sofferenze invece di limitarsi a
consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare
lo sfruttamento e la schiavit, e a vincere il bisogno, questa la cultura in cui
occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.
58
Ivi, p. 82.
59
Ivi, p. 84.
60
La lettera, pubblicata su lUnit del 7 agosto 1957, oggi in I. Calvino, Saggi, I
Meridiani, Mondadori, Milano 1995, vol. II, pp. 2188-2191.
34 Carlo Serafini
certo non era favorevole al dilagare di una nuova cultura progressista e demo-
cratica. Non va poi trascurata la vicenda politica e sociale italiana che in qual-
che modo costrinse gli intellettuali a prendere posizione. Infatti lItalia si
venne ricostruendo nel coesistere di forze politiche e sociali molto diverse tra
loro: comunisti, socialisti, partito dazione, liberali, nuovo partito cattolico
della democrazia cristiana, il tutto in un apparato istituzionale rinnovato
(dalla monarchia alla repubblica) ma in un apparato amministrativo burocra-
tico che risentiva ancora pesantemente delle dinamiche del Ventennio. Lan-
tifascismo inoltre era allinsegna della partecipazione pi diretta delle classi
popolari alla gestione del potere, cosa mal vista dallincedere del capitalismo
occidentale e dalle classi privilegiate. Il Partito comunista di Togliatti, schie-
rato per forza di cose e nonostante le aperture con il blocco sovietico stalini-
sta, venne estromesso dal governo nel 1947 e le elezioni dellanno successivo
videro la vittoria della Democrazia cristiana con conseguente ritorno al pote-
re dei cattolici in Italia e avvicinamento al blocco capitalistico in subalternit
agli Stati Uniti dAmerica. Il Partito comunista rest allora, almeno simboli-
camente, garanzia di antifascismo e di uguaglianza, e la sua politica culturale
venne sposata da tutti quegli intellettuali che sentivano di agire in nome
della libert. Il tutto almeno fino a quando cade la maschera del Comuni-
smo, nel 1956, anno che vede attuarsi, in conseguenza dei fatti dUngheria
sui quali bene fermarsi, una vera e propria presa di distanza tra cultura e
politica per lo meno nel senso che fino a qui si visto.
Il 5 marzo 1953 la morte di Stalin apre un nuovo scenario nellassetto
sovietico, con reazioni nei paesi satelliti. Dal 17 al 24 febbraio 1956 si svol-
ge a Mosca il XX Congresso del Partito Comunista, dove Nikita Sergeevic
Chruscv presenta il famoso Rapporto segreto che a breve circola in
America, Europa e quindi in Italia. Vedere il Segretario del Partito Comuni-
sta sovietico attaccare Stalin denunciandone i crimini ebbe un forte effetto
sui comunisti europei61. Di l a breve Polonia prima e Ungheria dopo si orga-
nizzano per insorgere.
Per renderci conto del ruolo giocato dallinformazione in quei giorni,
molto interessante la lettura parallela di due dei maggiori quotidiani italia-
ni. Da una parte lUnit, organo ufficiale del partito comunista italiano,
dallaltra il Corriere della sera, giornale moderato della grande borghesia
italiana. Se seguiamo parallelamente i numeri dei due quotidiani dai giorni
immediatamente successivi al 23 ottobre (inizio della rivoluzione ungherese)
alla met di novembre del 1956 (quando cio i carri armati russi avevano raso
al suolo tanto la citt di Budapest che i suoi abitanti), possiamo osservare
come gli stessi avvenimenti abbiano due volti differenti. Dallinizio della
61
Cfr. A. Guerra, Il giorno che Kruscev parl: dal XX Congresso alla rivolta ungherese, Editori
Riuniti, Roma 1996, p. 80.
Introduzione. Parola di scrittore 35
62
Cfr. A. Castellani, Scontri nelle vie di Budapest provocati da gruppi armati di contro-rivo-
luzionari, lUnit, 24 ottobre 1956.
63
Cfr. A. Valcini, Via i russi dallUngheria, grida la folla a Budapest, Corriere della sera,
24 ottobre 1956.
64
Cfr. Aerei russi bombardano la popolazione (senza firma) e A. Guerriero, Gli insorti com-
battono nelle vie di Budapest contro i carri armati dellesercito sovietico Ansia di libert,
Corriere della sera, 25 ottobre 1956.
65
Cfr. di O. Vangelista su lUnit, Il potere socialista ha infranto in Ungheria lattacco delle
bande armate controrivoluzionarie, 25 ottobre 1956; La giornata di ieri nella capitale unghere-
se, 26 ottobre 1956; Appello del Partito e del governo per la pacificazione mentre continuano scon-
tri tra gli insorti e il potere socialista, 27 ottobre 1956.
66
Cfr. A. Valcini, A mezzogiorno in piazza del parlamento i russi sparavano ancora sulla folla,
Corriere della sera, 26 ottobre 1956 e Migliaia di caduti nella capitale (senza firma),
Corriere della sera, 27 ottobre 1956.
67
Cfr. P. Togliatti, Da una parte della barricata a difesa del socialismo, lUnit, 25 otto-
bre 1956.
68
Cfr. su il Corriere della sera: A.A., Disorientati i comunisti, mentre il PSI condanna
Nagy, 25 ottobre 1956; Si profila per i comunisti il pericolo dellisolamento, 27 ottobre 1956;
Gravi dissensi tra i comunisti nella valutazione degli avvenimenti, 28 ottobre 1956.
69
Cfr. fra gli altri articoli O. Vangelista, Continua il terrore anticomunista a Budapest,
lUngheria denuncia il Patto di Varsavia, lUnit, 2 novembre 1256.
70
M. Luandi, Dalla frontiera austriaca ho visto un popolo rinato alla libert, Corriere della
sera, 1 novembre 1956.
36 Carlo Serafini
75
Per unanalisi dettagliata della terza de Il Giornale e di tutti i maggiori quotidiani ita-
liani dal Fascismo ai nostri giorni, cfr. il recente volume di G.C. Ferretti e S. Guerriero, cit.
76
Cfr. S. Lanaro, Storia dellItalia repubblicana, Marsilio, Venezia 1992, pp. 228 sgg.
77
M. G. Rossi, Una democrazia a rischio. Politica e conflitto sociale negli anni della guerra
fredda, in Storia dellItalia repubblicana, Einaudi, Torino 1994, vol. II, La costruzione della
democrazia, p. 1000.
38 Carlo Serafini
quindi alla met degli anni Sessanta, vede una serie di eventi che creano una
vera e propria metamorfosi nel volto del paese: senza entrare troppo allin-
terno dellanalisi storica e sociale di quegli anni, occorre porre lattenzione
solo su alcuni aspetti per i notevolissimi riflessi esercitati sulla cultura italia-
na. Il forte inurbamento, oltre ai problemi visti, crea una vera e propria tra-
sformazione del volto delle citt, con speculazioni edilizie tanto massicce
quanto criminali, tali da aver devastato in maniera irreversibile quasi tutti i
centri storici. La costruzione di aree periferiche degradate e prive di servizi e
di verde, come la costruzione, anchessa scellerata, di seconde case o comples-
si alberghieri per le vacanze, ha prodotto disagio esistenziale e criminalit in
un caso e depauperamento del patrimonio naturale nellaltro. Ma la vera rivo-
luzione a livello culturale viene data principalmente dallinarrestabile prende-
re piede di due fenomeni: il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa
e il dilagare della societ dei consumi, che impongono di fatto nella vita quo-
tidiana (pensiamo alla televisione) gli sviluppi portati dallindustria. I giornali
sembrano accorgersi della trasformazione, ma inizia ora una accelerazione dei
tempi che lascia tutti sconcertati; nel 1962 cos scriveva Nello Ajello:
78
Cfr. N. Ajello, Dalla terza pagina al supplemento letterario, in Nord e Sud, n. 33, 1962,
pp. 120-121.
Introduzione. Parola di scrittore 39
79
Cfr. nel presente volume il saggio di L. Weber, Un salutare difetto ottico. Edoardo San-
guineti pubblicista e recensore.
40 Carlo Serafini
dei meccanismi che hanno portato gli anni Settanta ad essere ricordati come
gli anni di piombo, va notato per che lapertura pubblico sociale alla base
del movimento fine anni Sessanta ripiega agli inizi del decennio successivo,
al sentire della crisi, verso lutilitarismo privato e lintrecciarsi di logiche di
potere che con meccanismi mai chiariti sfociano nel terrorismo, tanto rosso
che nero, che, a partire dalla strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) al
sequestro Moro nella primavera del 1978, segna una delle parentesi pi nere
della storia repubblicana. Il momento del bilancio quindi amaro sia da un
punto di vista pratico che da un punto di vista di investimento ideologico,
anche perch i successivi anni Ottanta hanno visto il trionfare della logica dei
partiti e lonnipresenza del loro controllo sulle istituzioni e sullamministra-
zione pubblica il fallimento, cio, del Sessantotto.
Ma prima di tornare al giornalismo culturale e ai suoi protagonisti attivi
occorre ricordare che negli anni Settanta si sono svolte in Italia due vere e
proprie battaglie culturali sociali che hanno coinvolto lintera societ italiana,
dalla politica agli intellettuali, dalla Chiesa ai cittadini comuni intorno ai due
temi del divorzio e dellaborto. Nemmeno qui si entrer nel merito, ma non
si pu trascurare come leco, come anche le strumentalizzazioni, siano state
vastissime e come intorno alle questioni abbiano preso parola le maggiori
voci del panorama intellettuale italiano, da Moravia a Calvino, da Testori a
Manganelli, e, memorabile, la polemica innescata dallarticolo di Pasolini
Sono contro laborto sul Corriere della sera del 19 gennaio 1975. Avverte
giustamente Floriana Calitti80 che occorre fare attenzione a non leggere gli
articoli dello scrittore corsaro pensando alloggi e stare attenti a non cadere in
commenti sul profetismo di Pasolini, ma, sottolinea ancora la Calitti, il
compito arduo, perch in effetti Pasolini forse lesempio pi lucido ed effi-
cace di come la capacit di analisi di un intellettuale possa dare letture della
societ e della politica illuminanti non solo per il presente, ma anche per
quelli che di l a pochi anni sarebbero stati gli esiti delle scelte culturali o delle
politiche italiane. Pasolini si sar pur servito di una forza eccessiva delle sue
esternazioni o di una certa naturale propensione allo scandalo (lo scrisse
anche Moravia rispondendo a Pasolini stesso sullaborto), ma ha dimostrato
sempre, fino alla tragica morte del novembre 1975, di avere delle idee, saper-
le difendere e saperle comunicare. Indipendentemente dal trovarci daccordo
o meno con il suo pensiero, resta un esempio di coerenza e identit intellet-
tuale molto forte che ha dato, soprattutto negli anni del Corriere, un note-
volissimo contributo al sorgere di quel giornalismo di smascheramento del
potere che prender di l a pochi anni piede in maniera massiccia. A racco-
gliere il testimone degli attacchi diretti al Potere, al Palazzo, ai grandi perso-
naggi politici citati per nome e cognome di Pasolini, arriva al Corriere
80
Cfr. nel presente volume F. Calitti, se mettessimo questo Pasolini in prima pagina?.
Introduzione. Parola di scrittore 41
Giovanni Testori, che con i suoi corsivi morali81 sposta lobiettivo sullana-
lisi delluomo nella societ anni Settanta (come anche, sebbene in prospetti-
va diversa, la ricerca dellumano al centro del pensiero di Mario Luzi nella
sua lunghissima attivit intellettuale). Ma emblematico notare nella vicen-
da di Testori al Corriere come il suo ritardato ingresso sia stato causato
anche dallavversione di Montale che osteggiava lo scrittore milanese per la
sua omosessualit82. Testori, sempre in queglanni, viene a contatto con i
ragazzi di Comunione e Liberazione guidati da Don Giussani e diversi anni
dopo confesser a Luca Doninelli che stato proprio nel rapporto con quei
giovani che si sentito pienamente accettato come omosessuale, lontano da
ogni fronte di giudizio: il fatto che sia la poesia a rifiutare lomosessualit, e
ragazzi vicini alla Chiesa ad accettarla, la dice lunga sul divario o sulla con-
traddizione tra cultura, ideologia e realt negli Anni Settanta. Sia chiaro che
essendo un esempio va preso come tale.
Ma per limitare il continuo divagare come stato vissuto dagli intel-
lettuali il periodo in questione? Il trapasso della societ italiana da unecono-
mia prevalentemente agricola a uneconomia industriale venne sentito, in
maniera particolare dalla generazione di scrittori nata fra il 1910 e il 1930,
pi che come superamento del passato, come eliminazione brutale e violen-
ta del passato. Tuttavia questo non vuol dire affatto rifiuto del presente, sem-
mai lo stato danimo di colui che sa di assistere ad un processo assoluta-
mente irreversibile, rispetto al quale il passato non pu pi esistere perch
ormai assolutamente irrecuperabile. La nuova societ non ha modelli ai quali
rifarsi, radicalmente unaltra, non ha possibilit di confronto con modelli
precedenti, altra natura pi che evoluzione di una natura precedente. E
allora, non avendo modelli, lunico modo per conoscerla o tentare di capirla
leggerla dallinterno, immergersi nellorizzonte capitalistico industriale
come se una societ preindustriale non fosse mai esistita. Questa stata la
cifra di Pasolini e Testori a Roma e a Milano, ma in questottica vanno letti,
anche quando sembrano il frutto di semplici osservatori o quando si occupa-
no di altro, gli scritti di Flaiano e Manganelli che evidenziano con la cifra loro
propria tutte le contraddizioni e le incongruit, anche comiche, della nuova
Italia. il caso anche di Gianni Toti, forse meno conosciuto, ma che, par-
tendo da un forte impegno giornalistico in ambito sindacale nel mondo del
lavoro, arriva attraverso un particolare uso del linguaggio a smascherare le
verit della societ dei consumi. Arbasino, ad esempio, vede, non solo lette-
rariamente ma anche giornalisticamente, lItalia del progresso come un inin-
terrotto flusso nel quale losservatore obbligato ad entrare dentro se vuol
vedere qualche cosa. Sanguineti, in occasione del Convegno per i quaranta
81
Cfr. nel presente volume C. Serafini, I corsivi morali di Giovanni Testori.
82
Cfr. S. Grasso, Corriere della sera, 17 marzo 1993.
42 Carlo Serafini
anni del Gruppo 63 83, rispondendo alle accuse mosse al Gruppo di presunto
servilismo nei confronti dellorizzonte capitalistico-tecnologico, replica che a
opporsi al potere del capitalismo non sarebbe servito a nulla un ritorno al
passato pre-tecnologico, mentre pi opportuno stato il radicarsi critico
allinterno di quello stesso orizzonte. La posizione del poeta e critico ha forza
poi negli anni a seguire soprattutto per la sua visione politica e la sua polemi-
ca intellettuale, ben evidenziata in questo volume dal contributo di Weber84
che si sofferma giustamente sul dialogo a distanza con Sciascia, o con
Moravia e sul modo in cui stato affrontato dal poeta ligure il caso Moro.
Recentissimamente scomparso, marxista, materialista storico convinto,
Sanguineti stato per tutta la vita fedele ad un suo progetto intellettuale poli-
tico che lo ha visto molte volte isolato o per lo meno antipopolare. Nello stes-
so convegno citato del 2003 non ha esitato a dichiarasi spaventato da una
cultura talmente supina allimperialismo capitalistico da destituire di ogni
significato termini quali materialismo, capitalismo, proletariato, classe socia-
le, fino alla campagna elettorale per sindaco di Genova nel 2007 dove parla
di odio di classe e di invito a combattere lodio dei ricchi verso il proleta-
riato con le medesime armi dellodio. Ammettendo anche oggi lesistenza del-
lodio di classe (e su questo non gli si pu dare torto), parlarne in campagna
elettorale invitando a combatterlo con altrettanto odio , sempre oggi, un
suicidio politico. Resta il fatto comunque che il suo contributo intellettuale,
se non altro come studioso, critico e poeta, sia uno dei maggiori del
Novecento. Rispetto a Moravia, Valeria Merola85 sottolinea che, come si evin-
ce dal titolo della raccolta di scritti giornalistici dello scrittore (Impegno con-
trovoglia), il suo atteggiamento di fronte alla partecipazione intellettuale alla
vita politica e sociale decisamente controvoglia, nel senso di una non tota-
le militanza e di un mantenimento comunque di separazione con lopera let-
teraria vera e propria. Tuttavia Moravia rappresenta nel secondo dopoguerra
fino alla morte nel 1990 un punto di riferimento intellettuale se non altro
come presenza e come frequenza di interventi, senza contare il notevole con-
tributo culturale che ha dato con la sua attivit di critico cinematografico e
con i suoi reportage di viaggio. Se gli interventi giornalistici del Calvino intel-
lettuale disilluso anni Ottanta, quelli su Repubblica, risentono dellirrever-
sibilit dei tempi e del cambiamento anche psicologico degli Italiani, non
mancano di aprire polemiche e questioni i frequenti interventi di un intel-
lettuale gi attivissimo ai tempi del Politecnico come Franco Fortini. Chi
torna invece sul fronte dello smascheramento delle logiche occulte del pote-
re uno scrittore civile come Leonardo Sciascia: la mafia cambiata come
83
Cfr. il resoconto del convegno tenutosi a Palermo dal 27 al 30 ottobre 2003 sul nume-
ro 8/9, anno III, de LIlluminista, Rivista di cultura contemporanea diretta da W. Pedull.
84
Cfr. L. Weber, cit.
85
Cfr. nel presente volume V. Merola, La commedia umana di Alberto Moravia.
Introduzione. Parola di scrittore 43
86
Cfr. P.P. Pasolini, Nuove questioni linguistiche, Rinascita, 26 dicembre 1964.
87
Cfr. I. Calvino, Per ora sommersi dallantilingua, Il Giorno, 3 febbraio 1965.
44 Carlo Serafini
88
Cfr. F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Marsilio, Venezia 1992,
p. 408.
89
Cfr. sul tema linteressante analisi di Z. Bauman, in La decadenza degli intellettuali,
Bollati Boringhieri, Torino 1992.
46 Carlo Serafini
mente a tutti i media e che avr il suo pieno sviluppo negli anni novanta e
duemila, con laumento dei canali televisivi disponibili, Internet e la digita-
lizzazione di tutti i contenuti audio, video e grafici90. Sostanzialmente,
quindi, non c consumatore che non venga raggiunto dal suo prodotto,
parallelamente alla nascita di un impero economico tale da non poter non
coinvolgere la politica, che si vede vincolata al mezzo televisivo sotto due
aspetti principali: il primo riguarda ovviamente il controllo di un simile
impero, il secondo riguarda lutilizzo del modello pubblicitario a fini di pro-
paganda politica, con conseguente presa di forza dellimmagine su ogni
forma di pensiero. La comunicazione diventa quindi il primo obiettivo strate-
gico delleconomia e della lotta politica. E nemmeno il mondo industriale ne
pu star fuori, conscio del fatto che i propri prodotti fuori dai circuiti pubbli-
citari sono praticamente invendibili; n possibile entrare nella pubblicit per
il solo lancio di un prodotto. infatti dimostrato che prodotti di grande suc-
cesso se escono dalla visibilit pubblicitaria vengono in brevissimo tempo di-
menticati dal consumatore. in questa fase dellItalia che viene ad imporsi eco-
nomicamente prima e politicamente poi il nome di Silvio Berlusconi e della sua
Fininvest che, dopo aver creato Canale 5 (1980), acquista Italia 1 (1982)
e Retequattro (1984) creando un sistema televisivo nazionale antagonista e
concorrenziale alla Rai. Lespansione del gruppo di Berlusconi non vede limiti
e ingloba anche leditoria cartacea (Mondadori ai primi anni Novanta) e altro,
arrivando poi alla fine del 1993 allingresso in politica del suo leader e di tutto
il suo potere mediatico aprendo il mai risolto, n da lui per ovvi motivi ma
nemmeno dai suoi avversari politici, conflitto di interessi.
Non ci si soffermer sulla storia dellItalia degli ultimi due decenni, sia per
vicinanza cronologica, sia perch caratterizzata dal continuo ripetersi di
espressioni come ribaltoni, tradimenti, scandali, persecuzioni, attac-
chi personali, pressioni fiscali, errori passati da gestire e una illimitata
quantit di parole che non hanno lasciato quasi nulla oltre il tempo che
hanno fatto perdere. La questione non tanto relativa a quanto rester al
governo Berlusconi lui, ma quanto resister il modello politico che lui ha por-
tato, rispetto al quale non sono mancati scrittori, da Tabucchi a Saviano, da
Eco alla Maraini, che hanno dimostrato con forza la loro opposizione. Ci si
limiter allora ad alcune brevi considerazioni conclusive (e soprattutto prov-
visorie) su come si presenta lItalia alla fine degli anni Zero dopo circa venti
anni di imperialismo del modello commerciale e su quale spazio e forza possa
avere ancora oggi la parola dellintellettuale. La prima considerazione da fare
relativa al doveroso prendere atto del fatto che la politica diventata una
saponetta, come disse DAlema, nel senso che il politico deve essere presen-
tato al pubblico (gli elettori) nello stesso modo con il quale un prodotto (tipo
90
G.C. Ferretti e S. Guerriero, cit., p. 295.
Introduzione. Parola di scrittore 47
corruzione che se prima si rubava per i partiti adesso si ruba per se stessi. E
nemmeno a dire che manca la denuncia, perch nonostante si tenti in pi
modi di arginare gli scandali, lattuale sistema del giornalismo di informazio-
ne in grado comunque di far trapelare le cose. Nessuno pu oggi dire di non
sapere, e allora ci si chiede perch unItalia che sa tutto si ostina a non cam-
biare nulla? Perch tanti italiani sono corsi a tirare monetine a Craxi e oggi si
continua a dare il voto a chi perennemente al centro di scandali? Cosa suc-
cesso allItalia in questi venti anni? E qui si apre unaltra questione che ha
riflessi culturali notevolissimi, perch se in Italia ha vinto un sistema com-
merciale che di fatto compra le cose, bisogna pur riconoscere che la vitto-
ria stata possibile perch tale sistema si trovato davanti un paese tutto
miseramente in vendita. Nessuno escluso, un paese dove il piccolo tornacon-
to personale dominante su qualsiasi visione pi ampia che il paese dovreb-
be avere rispetto alla propria situazione. Nessuno dichiara di votare
Berlusconi, come nessuno un tempo diceva di votare Democrazia cristiana,
ma almeno la met degli italiani gli ha dato il voto. Questo vuol dire che in
Italia domina la logica del benessere individuale, logica che ha annientato a
tal punto luso della critica da credere a chi, due giorni prima delle votazio-
ni, ti promette risparmi e benessere. Allora qui entra il problema culturale
il problema cio di chi continua ad essere in vendita rispetto ad un sistema
capitalistico commerciale che non ha altri mezzi di seduzione se non quelli
del denaro. Il problema cio quello di capire che se oggi viene offerto qual-
cosa, non detto che quel qualcosa sia ottenuto, ma forse molto pi pro-
babile che accettando si contribuisca ad indebolire un sistema che per non
collassare ti dovr chiedere ben altro, cio che la motivazione che ti ha spin-
to a dare un voto non stata altro che illusione, immagine appunto, esatta-
mente come quando si compra un dentifricio e ci si accorge che i nostri denti
restano dello stesso colore di prima, magari puliti, ma dello stesso colore di
prima. E la logica individuale non solo personale, a ben guardare anche a
livello di opposizione politica. E questa unaltra delle caratteristiche
dellItalia attuale: lopposizione al governo non fa mai sistema, non riesce ad
organizzarsi in un pensiero politico convincente e riconoscibile.
Il Paese a pezzi e la scuola a pezzi devono pur servire a qualcuno se cos
pervicacemente li si desidera, li si cerca e li si vuole91, scriveva Giovanni
Testori sul Corriere della sera nel 1979, e Calvino, un anno dopo, sostene-
va che non ci sono possibilit che le cose possano cambiare se non in peg-
gio92. Oggi siamo sempre l. La scuola viene riformata con frequenza tale da
non permettere ad alcuna riforma di far vedere che risultati porta, con luni-
co effetto che il livello di competenza di uscita degli studenti che entrano
allUniversit o nel mondo del lavoro bassissimo. Per non parlare dei pro-
91
Quellurna vuota degli studenti, Corriere della sera, 25 novembre 1979.
92
Cfr. I. Calvino, Ma abbiamo anche qualche virt, LEspresso, 21 dicembre 1980.
Introduzione. Parola di scrittore 49
1
Gli articoli di Svevo hanno trovato una sistemazione organica nella recente edizione cri-
tica di Tutte le opere, e in particolare nel volume I. Svevo, Teatro e saggi, a cura di F. Bertoni,
Mondadori (I Meridiani), Milano 2004. Ulteriori, brevi ma numerosi contributi, sono stati
rintracciati e pubblicati da B. Moloney e F. Hope (Italo Svevo giornalista triestino con scritti sco-
nosciuti, in Quaderni Giuliani di Storia, n. 1, Anno XXVII, gennaio-giugno 2006); e non
escluso che altri ancora ne possano affiorare nel corso del tempo.
52 Natlia Vacante
diede voce allirredentismo giuliano dal 1877 al 1915 2, sul quale egli pub-
blic articoli e recensioni (nonch due racconti3), fra il 1880 e il 1890. Oc-
corre tener presente che la collaborazione del giovane Schmitz non si limit
allambito strettamente culturale, se si deve prestar fede ai ricordi di Silvio
Benco riportati su Pegaso, in cui questi ripercorre la storia della frequenta-
zione con Svevo:
Ho conosciuto Italo Svevo quando facevo le mie prime armi nella redazione
dellIndipendente. Ogni mattina egli veniva e, con laiuto dei giornali tedeschi,
schiccherava una rubrica di politica estera. [] Era un lavoratore coscienzioso,
puntuale e anche rapido, bench non senza pentimenti: ma tratto tratto, come
annoiato, sollevava la testa dai fogli, e con la sua bella voce dalle appoggiature
gravi, gettava qualche parola scherzevole sui fatti del giorno. Poi ripigliava la siga-
retta e la penna, e si rimetteva al lavoro con un sorriso paziente4.
2
LIndipendente inizi le pubblicazioni il 4 giugno del 1877, subito dopo la messa al
bando del Nuovo Tergesteo nella primavera dello stesso anno, in seguito allarroventarsi del
clima politico, dovuto tra laltro alla decisione presa dal Parlamento di Vienna di abolire il
porto franco di Trieste. Il nuovo quotidiano fu fondato da un Comitato dazione segreto, costi-
tuito dai maggiori esponenti del Partito Liberale di Trieste, la sua direzione fu affidata allex-
garibaldino Giuseppe Caprin. Si trattava di un giornale assai diffuso negli ambienti della
finanza e del commercio, che si faceva portavoce dellirredentismo, e proprio per questo nel
corso degli anni fu pi volte sequestrato dalle autorit austriache. Tuttavia, nonostante seque-
stri, multe e altri provvedimenti restrittivi, esso riusc a sopravvivere, grazie al lavoro indefes-
so dei suoi redattori e al sostegno delle risorse del partito, fino allentrata in guerra dellItalia
nel 1915 (cfr. J. Gatt-Rutter, Alias Italo Svevo.Vita di Ettore Schmitz, scrittore triestino, Nuova
Immagine Editrice, Siena 1991, pp. 62-63).
3
Si tratta di Una lotta, uscita a puntate sui numeri 6-7-8 gennaio 1888, e dellAssassinio
di via Belpoggio, pubblicato in nove puntate sempre sulla terza pagina del quotidiano dal 4 al
13 ottobre 1890: entrambi i racconti sono firmati con lo pseudonimo E. Samigli.
4
S. Benco, Italo Svevo, in Pegaso, n. 1, Anno I, gennaio 1929, p. 48.
5
B. Moloney e F. Hope sostengono che sullIndipendente furono pubblicati vari altri
contributi non firmati di Svevo. Di recente hanno rinvenuto un Notiziario firmato in calce
Ettore, apparso sul numero del 6 luglio 1884, in cui compaiono brevi notizie sui temi pi
svariati: dallalpinismo, allesposizione di Torino, ad alcune opinioni della Serao e di George
Sand sulle donne, ai commenti del Fanfulla della Domenica su un volume del poeta triesti-
no Marco Padoa, alluscita della terza dispensa del Nvo dizionario universale della lingua ita-
liana compilato da P. Petrcchi. Considerando che molti degli argomenti trattati sono di inte-
resse sveviano, appare plausibile che possa essere sua la paternit di questo Notiziario. Al
Petrocchi, tra laltro, Ettore dedic larticolo Una commedia in lingua impossibile del 2 aprile
1884. Cfr. Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., pp. 22-23 e pp. 31-33.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 53
6
Trascrivo qui il brano per intero: Italo Svevo per lunghi anni fu collaboratore assiduo
dellIndipendente. Prima ancora di pubblicare Una vita, godette di una certa rinomanza di
critico letterario nel piccolo ambiente cittadino. Pot onorarsi dellamicizia di Riccardo Pitteri,
Cesare Rossi, ed anche Attilio Hortis. NellIndipendente pubblic anche una lunga novella
chegli poi ritenne di scarso interesse [cfr. I. Svevo, Profilo autobiografico, in Racconti e scritti
autobiografici, a cura di C. Bertoni, Mondadori (I Meridiani), Milano 2004, p. 802].
7
Allo studioso inglese, instancabile ricercatore di articoli sveviani dispersi, si devono
numerosi rinvenimenti avvenuti dagli anni Settanta. Cfr. B. Moloney, Italo Svevo e
lIndipendente: sei articoli sconosciuti, in Lettere italiane, n. 4, XXV, ottobre-dicembre
1973; Id., Londra dopo la guerra: five unknown articles by Italo Svevo, in Italian Studies,
XXXI, 1976; Id., Count Noris changes trams: an unknown article by Italo Svevo, in The
Modern Language Review, n. 1, LXXI, gennaio 1976; B. Moloney-J. Gatt-Rutter-F. Hope,
tanto differente questa Inghilterra. Gli scritti londinesi di Italo Svevo, Comune di Trieste-
Museo Sveviano, Trieste 2003; B. Moloney e F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scrit-
ti sconosciuti, cit.
8
B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., p. 19. Il
saggio di M. Beer citato quello intitolato Alcune note su Ettore Schmitz e i suoi nomi: per una
ricerca sulle fonti di Italo Svevo, in Contributi sveviani, Lint, Trieste 1979. Sulla figura dello
Schlemihl in relazione ai personaggi sveviani, vedi anche B. Moloney, Italo Svevo narratore.
Lezioni triestine, Libreria editrice Goriziana, Gorizia 1998, pp. 40-44.
54 Natlia Vacante
terizzata da una linea di approccio ai fenomeni letterari, che, sulla scia della
lezione desanctisiana, si orienta verso una prospettiva apertamente europea.
Soffermandoci per ora su un piano meramente descrittivo, possiamo
notare come questi articoli si misurino con una grande variet di argomenti
e come essi forniscano una testimonianza della vastit di interessi del giova-
ne Schmitz, in quella fase di apprendistato letterario e di sperimentazione
ancora privata delle sue risorse di invenzione e di scrittura (attraverso le prime
commedie, i racconti, e fino al primo romanzo), che si apre con il ritorno a
Trieste nel 1878, dopo il soggiorno di studio nel collegio di Segnitz. que-
sta una fase fermentante, di letture onnivore, disordinate, praticate attraver-
so canali di approvvigionamento differenti: dagli scaffali della Biblioteca
Civica ai libri acquistati o scambiati, dalle fonti indirette di giornali e riviste
a diffusione nazionale, come la Nuova Antologia, il Corriere della Sera,
La Domenica Letteraria, La Domenica del Fracassa, Il Fanfulla della
Domenica, alle pagine della stampa estera, soprattutto francese e tedesca.
Per fornire una mappa sommaria di questa prima serie, pu essere utile
cercare di raggruppare gli articoli pubblicati da Svevo dal 1880 al 1890 per
aree di interesse. Si pu notare, innanzitutto, come molti di essi siano dedi-
cati al teatro, una delle grandi passioni di Ettore Schmitz, quella che, in effet-
ti, mise in moto la sua vocazione di scrittore e di recensore; al teatro sono
infatti dedicati il primo articolo, Shylock, e poi Riduzioni drammatiche, Il
pubblico, Una commedia in lingua impossibile, Una frase sulla Mandragola,
Critica negativa. Molti altri contributi vertono su romanzi e su romanzieri
allora in voga (La Joie de vivre di E. Zola, Giorgio Ohnet, Un individualista,
su J. Pladan, La vocazione del conte Ghislain di V. Cherbuliez, Limmortel
di A. Daudet, Mastro-don Gesualdo di G. Verga), altri testimoniano dellin-
teresse precoce dello scrittore per la dimensione memorialistica e autobiogra-
fica (Poesie in prosa di Iwan Turgenjeff, La verit, su E. Renan, Lautobiografia
di Riccardo Wagner, Le Memorie dei fratelli Goncourt). Troviamo inoltre recen-
sioni a libri di saggistica di costume, di critica, di storia (Il vero paese de
miliardi di M. Nordau, Brandelli di Olindo Guerrini, Il libro di Don
Chisciotte di Edoardo Scarfoglio, Per un critico, su H. Taine), e scritti genera-
ti da occasioni particolari (Giordano Bruno giudicato da Arturo Schopenhauer,
Accademia), e da polemiche e dibattiti dellultimora (Salvatore Grita. Pole-
miche artistiche, Il dilettantismo). Un cenno a parte va riservato ad altri con-
tributi che assumono una dimensione spiccatamente elzeviristica, nutrita gi
in questa fase da una forte componente autobiografica. In essi lio di chi scri-
ve entra direttamente in gioco con il proprio vissuto, con i propri ricordi e
persino con i propri vizi: mi riferisco a Il signor Nella e Napoleone, Sogni di
Natale, Il fumo.
La redazione degli articoli per lIndipendente si situa in un periodo in
cui Ettore Schmitz ha iniziato a fare i conti seriamente con le necessit della
vita borghese, cosicch scrivere e studiare si configurano per lui come attivit
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 55
9
Sempre nel Profilo autobiografico Svevo ricorda a proposito dei primi anni successivi al
matrimonio: Scrivere dellaltro era difficile perch allora per poter corrispondere un po meglio
ai propri impegni lo Svevo occupava tre impieghi: la Banca, poi quello dinsegnante di corri-
spondenza commerciale allIstituto Revoltella e infine passava una parte della notte nella reda-
zione di un giornale a spogliare i giornali esteri (in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 807).
10
Cfr. J. Gatt-Rutter, Alias Italo Svevo, cit., pp. 93-94.
11
Cfr. la pagina di Diario del dicembre 1902, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 736.
56 Natlia Vacante
Egli stesso, com noto, ricorda questa esperienza nel Profilo autobiografico:
Com stato pi volte osservato, il passo citato illumina con una luce
scientemente orientata questa fase dellattivit giornalistica dello Svevo ora-
mai riconosciuto scrittore. Innanzitutto, come osservano Moloney e Hope:
12
I. Svevo, Profilo autobiografico, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 811.
13
B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., p. 23.
14
I. Svevo, Profilo autobiografico, in Racconti e scritti autobiografici, cit., pp. 811-812.
15
B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., p. 27.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 57
di lettere, ma sigle (E.S., Sch., E.Sch.16) che rinviavano alla sua identit
anagrafica di industriale e di viaggiatore, quasi a voler sottolineare il caratte-
re non letterario di quegli scritti. Gli articoli apparsi sulla Nazione sono in
effetti molto diversi da quelli scritti per lIndipendente, in quanto non sono
pi dedicati n al teatro, n a libri o autori, a dibattiti culturali e polemiche
artistiche.
Possiamo raggruppare questi contributi in tre serie che gravitano intorno a
due fuochi geografici17: Trieste e Londra. La prima serie, che ruota intorno
alla vita triestina, comprende gli articoletti intitolati Noi del tramway di Servola,
apparsi dal 23 agosto 1919 al 9 giugno 1921 18, caratterizzati da una verve iro-
nica e satirica che ripercorre le sfortunate vicissitudini del pi lento tramway
del mondo19, e poi larticolo, dal tono per cos dire fantascientifico, Storia
dello sviluppo della civilt a Trieste nel secolo presente (agosto 1921), attribuito
alla penna di un futuro cronista della Nazione nel 2021. La seconda serie
include gli articoli ricompresi sotto il titolo generale Londra dopo la guerra
(dicembre 1920-gennaio 1921)20 ed altri che riguardano gli scioperi dei mina-
tori inglesi nel 1920 e nel 1921, in cui riemerge linteresse di Svevo per la que-
stione sociale, e per i problemi economici e politici aperti dal conflitto nella
realt inglese ed europea. La terza serie, infine, quella pi eterogenea, ed
costituita da una costellazione di brevi dispacci e compendi di notizie inviati
nel 1919 da Vienna, e a partire dal 1920 da Londra. Dopo il ritorno a Charlton
nel 1920, limprenditore triestino fu infatti chiamato dalla Nazione, che
peraltro aveva gi un inviato a Londra, a redigere corrispondenze particolari,
riguardanti gli argomenti pi disparati: la situazione politica internazionale, la
crisi economica post-bellica, la questione irlandese, gli scioperi minerari in
Inghilterra, i problemi connessi ai risarcimenti imposti alla Germania sconfit-
ta, la montante ascesa dei bolscevichi, e poi casi di cronaca nera, notizie relati-
ve ad avvenimenti curiosi, a catastrofi naturali, a innovazioni tecnologiche,
come pure a scoperte geografiche e scientifiche 21.
16
Gli articoli pi lunghi venivano generalmente pubblicati in prima pagina, le iniziali
E.S. erano per lo pi poste in calce a testi di natura analitica e saggistica, laddove la firma
Sch. appare riservata ai pezzi pi brevi (cfr. B. Moloney-J. Gatt-Rutter-F. Hope, tanto dif-
ferente questa Inghilterra, cit., p. 158).
17
La notazione di F. Bertoni, cfr. I. Svevo, Teatro e saggi, cit., p. 1779.
18
Per la complessa storia del rinvenimento degli articoli cfr. F. Bertoni, apparato genetico
e commento a I. Svevo, Teatro e saggi, cit., pp. 1862-1863.
19
Come stato osservato, si tratta del famigerato e inaffidabile numero 2 che Joyce era
solito prendere per recarsi a dare lezioni private a Svevo in Villa Veneziani (cfr. B. Moloney-
J. Gatt-Rutter-F. Hope, tanto differente questa Inghilterra, cit., p. 158).
20
Anche per la storia del ritrovamento di questa serie cfr. lapparato genetico e commen-
to a I. Svevo, Teatro e saggi, cit., p. 1873.
21
Un primo gruppo di questi trafiletti stato pubblicato nel volume di B. Moloney-J.
Gatt-Rutter-F. Hope, tanto differente questa Inghilterra, cit. La serie completa sino ad
58 Natlia Vacante
ora rinvenuta stata inserita nel saggio di B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triesti-
no con scritti sconosciuti, cit.
22
Cfr. lapparato genetico e commento a I. Svevo, Teatro e saggi, cit., p. 1895.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 59
Ettore la notte prima scrisse (cio la sera prima perch lo scrisse in pochi minu-
ti) Shylock che diceva di voler inserire nellIndipendente. Io non ci credeva, ma
venne alle 9 a raccontarmi che lo port allIndipendente e che parl con Caprin
affinch lo inserisse e questi lo accett, tagliando per alcuni brani. Infatti a mez-
zogiorno venne lIndipendente e larticolo Shylock era inserito24.
23
I. Svevo, Vera battaglia, in Teatro e saggi, cit., p. 1171.
24
E. Schimitz, Diario, Sellerio, Palermo 1997, p. 89.
25
Sulla lettura della tragedia shakespeariana operata dal giovane Svevo cfr. R. Rimini, Il
teatro negli scritti critici di Italo Svevo, in Belfagor, XXVII, 31 luglio 1972, pp. 456-459.
60 Natlia Vacante
del fatto letterario, per cui nella momentanea ubriacatura zoliana Svevo con-
sidera lo stesso Shakespeare come un tragedo verista26, spettatore e inter-
prete del suo tempo; ma ci che lautore dellarticolo vuole mettere a fuoco,
al di l dei riferimenti al contesto storico e dei condizionamenti da esso eser-
citati sul drammaturgo inglese, la creazione di una figura colossale, ammi-
rabile, umana27, in cui affiorano i tratti di un carattere universale.
Sin dallesordio emerge, dunque, lattenzione del giovane Svevo per la
scena, seguita sia attraverso la frequentazione assidua dei teatri della citt, sia
attraverso la lettura delle pagine di critica teatrale sui giornali del tempo (da
cui pu osservare le tendenze e gli sviluppi del teatro italiano ed europeo), e
messa in pratica inoltre nelle sue prime prove creative, come si vede nei
numerosi titoli di opere teatrali progettate e abbandonate, di cui d conto il
diario di Elio.
Nella fase iniziale, la vocazione artistica di Ettore Schmitz si lega ad una
concezione della letteratura come strumento di formazione e diffusione di
idee, come mezzo capace di agire sul pubblico, di incidere concretamente
sulla realt; da questa esigenza profonda sembrano svilupparsi lindagine sulla
situazione del teatro negli anni Ottanta e il giudizio negativo espresso nei
confronti del pubblico e della stessa critica, che gli sembra condizionino trop-
po pesantemente lattivit dei drammaturghi. Dopo una stagione innovativa
di pice che contribuirono a rinsanguare i repertori portando sulla scena la
realt del nuovo dramma borghese, Svevo registra quella che a lui pare una
situazione di crisi e si sofferma su alcuni nodi problematici che secondo lui
occorrerebbe affrontare. Il primo di questi articoli si lega al dibattito sul
Naturalisme au thtre, e in particolare alla speranza della scuola verista di
estendere il suo dominio dal romanzo alla comedia28, riducendo i romanzi a
testi teatrali, cos come era accaduto in Francia29. A parere del giovane criti-
co che gi risente dellimpostazione estetica desanctisiana questa via non
appare particolarmente feconda, visto che questultimo decennio, tanto
povero di buone commedie poverissimo di buone riduzioni30, sia di quel-
le effettuate da riduttori per cos dire di mestiere, sia di quelle operate dagli
stessi romanzieri. Al di l dei vari problemi che il lavoro di adattamento tea-
trale pone agli autori, ci che ne determina il fallimento per il giovane
Schmitz laccoglienza ostile del pubblico, quelleffetto di incredulit che
prova lo spettatore nel sapere che lopera a cui assiste un testo rimaneggia-
26
I. Svevo, Shylock, in Teatro e saggi, cit., p. 969.
27
Ibidem.
28
I. Svevo, Riduzioni drammatiche, in Teatro e saggi, cit., p. 972.
29
Come ha osservato R. Rimini, Svevo mostra di aver chiaro [] le insidie di scarso
autonomismo che si prospettano ad un futuro drammaturgo italiano (cfr. R. Rimini, op. cit.,
p. 461).
30
I. Svevo, Riduzioni drammatiche, in Teatro e saggi, cit., p. 973.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 61
Sono questi, infatti, gli anni in cui la riflessione sul teatro del giovane
Schmitz si sviluppa allontanandosi dai riferimenti fondamentali della sua gio-
vinezza da Shakespeare a Schiller, a Hebbel probabilmente passando per
il verismo, e poi orientandosi verso un teatro di idee, e imperniato sulla cen-
tralit dei conflitti interiori dei personaggi: basti ricordare che, assai precoce-
31
Ivi, p. 974.
32
Larticolo, come osserva il giovane autore, scritto a sproposito [] del libro uscito di
recente: Confessioni di un autore drammatico di G. Costetti, poich il discorso si indirizza piut-
tosto a mettere a fuoco in generale la condizione dellautore di teatro negli anni Ottanta (cfr.
I. Svevo, Il pubblico, in Teatro e saggi, cit., p. 984).
33
I. Svevo, Il pubblico, cit., p. 985.
34
Ivi, p. 986.
35
Ivi, p. 987.
36
R. Rimini, op. cit., p. 464.
62 Natlia Vacante
37
I. Svevo, Critica negativa, in Teatro e saggi, cit., p. 1076.
38
Ivi, p. 1077. Sul problema della lingua nel testo teatrale vedi anche Una commedia in
lingua impossibile.
39
Ibidem.
40
Ivi, p. 1078.
41
R. Rimini, op. cit., p. 477.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 63
42
Su questo punto vedi anche le considerazioni svolte da E. Saccone, nel saggio i dolori
del giovane Schmitz (1880-1889), in Id., Il poeta travestito. Otto scritti su Svevo, Pacini Editore,
Pisa 1977, pp. 45-47.
43
I. Svevo, La joie de vivre di Emilio Zola, in Teatro e saggi, cit., p. 994.
44
Sul rapporto tra etica e verit, cfr. le analitiche e suggestive considerazioni di M. Sechi,
Il giovane Svevo. Un autore mancato nellEuropa di fine Ottocento, Donzelli, Roma 2000.
45
I. Svevo, Poesie in prosa di Iwan Turgenjeff, in Teatro e saggi, cit., p. 991.
64 Natlia Vacante
morali, accettando di finire sulla forca per la liberazione di operai che lo con-
siderano estraneo al loro mondo. Il giovane Svevo apprezza lindividualismo
del personaggio di Turgenev, che si configura come la forma di unetica per-
seguita al di l dei suoi stessi risultati, e diffida invece dellegoismo teorico
di Josephin Pladan, che gli appare regressivo, poich esso riconduce larte e
lartista ad una presunzione di isolamento elitario e di superiorit rispetto alle
masse, negando o ritenendo di poter annullare i processi di collettivizzazione
della vita umana che si sono radicati nella societ moderna facendola progre-
dire. Per Svevo, larte, la scienza sono le collettivit maggiori; abbracciano
lumano consorzio intero46, e il discorso dellartista non si pu scindere dal
percorso di conoscenza prodotto dal cammino dellumanit.
La letteratura fin de sicle, per il critico, sembra aver smarrito quellassillo
di verit47 che aveva rappresentato il motore primo della letteratura naturali-
stica, per dar luogo o a un naturalismo deteriore e di consumo, o ad una let-
teratura decadente, irrazionalistica, imbevuta di miti compensativi (i valori
assoluti dellarte, le personalit deccezione, le nuove aristocrazie della razza e
della fede, ecc.) che, anzich approfondire la coscienza della crisi, finivano per
rendere pi nebuloso e incerto il suo scenario.
E cos negli articoli di questo periodo non mancano i giudizi negativi su
autori di successo: Max Nordau gli sembra animato, pi che da un desiderio
di conoscenza, dal desiderio di riuscire alla conferma di un pregiudizio o
sistema che sia48; George Ohnet viene giudicato come un ambizioso che
tratta larte quale giumenta fornitrice di burro49, nella cui scrittura tra la
rappresentazione e la natura si caccia [] il desiderio dellapplauso (per cui
egli diviene il prototipo dello scrittore che confeziona le sue opere secondo la
ricetta destinata a incontrare i gusti del pubblico, mentre le grandi verit
della vita gli rimangono ignote50); Victor Cherbuliez, a sua volta, gli sembra
posseduto dalla materia narrata, piuttosto che possederla, cosicch qua vio-
lenta, l si adatta lui; pare conduca al guinzaglio un grosso cane indocile che
ogni tanto lo faccia deviare51.
Nel confrontarsi con la crisi di fine Ottocento, dal suo osservatorio peri-
ferico, non sfugge a Svevo un altro fenomeno che sembra aver acquistato
46
Id., Un individualista, in Teatro e saggi, cit., p. 1041.
47
Nellarticolo intitolato La verit, Svevo polemizza con le posizioni di Renan, che, com
noto, cerc di contemperare positivismo e cristianesimo, individuando nei suoi scritti un
atteggiamento contraddittorio e ambiguo che tradirebbe quellamore per la verit professato a
parole nella sua autobiografia e nei suoi celebri discorsi (cfr. La verit, in Teatro e saggi, cit.,
pp. 1008-09).
48
I. Svevo, Il vero paese de miliardi, in Teatro e saggi, cit., p. 977.
49
Id., Giorgio Ohnet, in Teatro e saggi, cit., pp. 1030-31. Limmagine della giumenta trat-
ta da un epigramma di Schiller.
50
Ivi, p. 1035.
51
Id., La vocazione del conte Ghislain, in Teatro e saggi, cit., p. 1070.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 65
52
Al di l della contingenza dello spunto offerto al critico da una nota polemica apparsa
sulla Domenica letteraria, come ha notato M. Sechi, il discorso dellarticolista mostra di
avere contezza dei livelli pi complessi della questione, riconoscendo preliminarmente che il
dilettantismo un prodotto necessario della nostra societ contemporanea, come aveva affer-
mato Bourget in un recente saggio su Renan (cfr. M. Sechi, op. cit., pp. 49-54).
53
I. Svevo, Il dilettantismo, in Teatro e saggi, cit., p. 1018.
54
Ivi, p. 1019.
55
Ibidem.
56
A distanza di qualche anno Svevo torner a soffermarsi in maniera pi articolata sulla
questione, affrontandola da un punto di vista per cosi dire teorico, nel saggio Del sentimento
in arte, in cui espliciter con maggiore chiarezza come in arte non esistano forme di ignoran-
za assoluta, e come il dilettante rappresenti un livello intermedio tra lignorante assoluto e
il dotto in unarte.
66 Natlia Vacante
57
Per una ricostruzione puntuale della storia del testo wagneriano cfr. F. Bertoni, Apparato
genetico e commento a I. Svevo,Teatro e saggi, cit., nota 2 a p. 1020, pp. 1815-16.
58
I. Svevo, Lautobiografia di Riccardo Wagner, in Teatro e saggi, cit., p. 1020.
59
Ibidem.
60
Ivi, p. 1022.
61
Per trovare nella storia artistica un romantico tanto conseguente bisognerebbe risalire
secoli, scrive Svevo nellarticolo in questione (Ibidem).
62
Ivi, p. 1024.
63
I. Svevo, Le Memorie dei fratelli Goncourt, in Teatro e saggi, cit., p. 1062.
64
Ivi, p. 1063.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 67
65
Id., Il romanzo di Elio, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 672.
66
Id., Le Memorie di fratelli Goncourt, in Teatro e saggi, cit., p. 1066.
67
Id., Pagine di diario, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 736.
68
Id., Prefazione, in Romanzi e Continuazioni, a cura di N. Palmieri e F. Vittorini, Mon-
dadori, (I Meridiani), Milano 2004, p. 1227.
68 Natlia Vacante
esser vissuto altro che quella parte di vita che descrissi69 far affermare al
vecchio Zeno), fino a risolversi nella paradossale profezia di una vita lettera-
turizzata, di un consumo assolutamente autoreferenziale della scrittura:
met dellumanit sar dedicata a leggere e studiare quello che laltra met avr
annotato. E il raccoglimento occuper il massimo tempo che cos sar sottratto
alla vita orrida vera. E se una parte dellumanit si ribeller e rifiuter di leggere
le elucubrazioni dellaltra, tanto meglio. Ognuno legger se stesso70.
69
Ibidem.
70
Id., Le confessioni del vegliardo, in Romanzi e Continuazioni, cit., p. 1116.
MICHELANGELO FINO
1
I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello. Parole da dire, uomo, agli altri uomini, pref.
di N. Borsellino, Rubbettino, Catanzaro 2002, p. 43. Salvo diversa indicazione, le interviste
citate sono tratte da questo volume. Nei confronti delle interviste, peraltro, latteggiamento di
Pirandello complesso: sa dellimportanza che hanno come mezzo divulgativo e pubblicitario,
ma ne conosce anche le insidie, in particolare le incomprensioni, le distorsioni e le deforma-
zioni operate dallintervistatore che, daltra parte, lo divertono. Cos in unintervista apparsa
su Le grandi firme col titolo Pirandello il 1 luglio 1924: Bisognerebbe che le mie risposte
passassero attraverso la mente di chi le ascolta senza subire una sua interpretazione che sar
sempre troppo personale per rispondere con tutta precisione al mio sentimento. Per le inter-
viste mi divertono appunto per questa inevitabile trasformazione che finisce col presentarmi
un Pirandello che conosco poco e che non parla mai alla mia maniera.
2
Ad eccezione de Il turno e Suo marito tutti i romanzi pirandelliani appaiono su rivista:
Lesclusa esce a puntate su La Tribuna dal 29 giugno al 16 agosto 1901, Il fu Mattia Pascal
sulla Nuova Antologia dal 16 aprile al 16 giugno 1904, I vecchi e i giovani, anche se parzial-
mente (prima parte e seconda parte fino al I paragrafo del IV capitolo), sulla Rassegna con-
temporanea tra il gennaio e il novembre del 1909, Quaderni di Serafino Gubbio operatore con
il titolo Si gira sulla Nuova Antologia dal 1 giugno al 16 agosto 1915 e Uno nessuno e
centomila sulla Fiera letteraria fra il 13 dicembre 1925 e il 13 giugno 1926.
3
Ad esempio latto unico Lepilogo (Ariel, a. I, n. 14, 20 marzo 1898), Pensaci, Giacomi-
no! (Noi e il Mondo, 1 aprile-1 giugno 1917), Cos (se vi pare) (Nuova Antologia, 1 e
70 Michelangelo Fino
egli sembra anticipare svariati elementi della poetica di quegli scrittori americani
degli anni Sessanta (Truman Capote, Norman Mailer, Tom Wolfe, Gay Talese,
Saul Bellow, John Updike, Philip Roth, ecc.) che danno vita al New Journalism,
sperimentando con tecniche, linguaggi, componenti della narrazione giornali-
stica, al punto di creare non solo the journalistic novel ma tutto un filone di
letteratura giornalistica 7.
16 gennaio 1918), Luomo, la bestia e la virt (Comoedia, 10 settembre 1919), Il giuoco delle
parti (Nuova Antologia, 1 e 16 gennaio 1919), Sagra del Signore della nave (Convegno,
30 settembre 1924).
4
Si pensi a Illustratori, attori e traduttori apparso sulla Nuova Antologia (16 gennaio
1908), Teatro nuovo e teatro vecchio su Comoedia (1 gennaio 1923), Arte e coscienza doggi
su La Nazione letteraria (settembre 1893), Lazione parlata su Il Marzocco (7 maggio
1899), Teatro e letteratura su Il Messaggero della Domenica (30 luglio 1918) e Se il film par-
lante abolir il teatro sul Corriere della Sera (16 giugno 1929).
5
Nel romanzo Suo marito il mondo dei giornali gioca un ruolo da protagonista: il malsa-
no e fatuo ambiente giornalistico qui sottoposto al giudizio critico dellautore, che, con pun-
gente ironia, ridicolizza luniverso giornalistico. Daltra parte, come rileva Zangrilli, il prota-
gonista Giustino Boggiolo (marito e agente della scrittrice Silvia Roncella) capisce, come
Pirandello, il grande ruolo che svolge la stampa nel costruire limmagine di uno scrittore, nel
pubblicizzare il prodotto letterario. F. Zangrilli, Pirandello e il giornalismo, premessa di G.
Costa, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2003, p. 82.
6
Sul rapporto tra il mondo dei giornali e luniverso creativo di Pirandello, cfr. F. Zangrilli, Pi-
randello e il giornalismo, cit., pp. 71-97 e I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello, cit., pp. 19 sgg.
7
F. Zangrilli, Pirandello e il giornalismo, cit., p. 77.
8
L. Pirandello, Prosa moderna (Dopo la lettura del Mastro don Gesualdo del Verga), Vita
Nuova, 5 ottobre 1890, ora in Id., Saggi, Poesie, Scritti varii, a cura di M. Lo Vecchio-Musti,
Mondadori, Milano 19935, p. 879.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 71
La sera, dopo cena, sto un po a conversar con la mia famigliuola, leggo i titoli
degli articoli e le rubriche di qualche giornale, e a letto 9.
9
Id., Lettera autobiografica, Le lettere, 15 ottobre 1924, ivi, p. 1286.
10
L. Coen, Quel sogno di Pirandello, La Repubblica, 10 gennaio 2000, in F. Zangrilli,
Pirandello e il giornalismo, cit., p. 46n.
11
L. Pirandello, Carteggi inediti (con Ojetti Albertini Orvieto Novaro De Gubernatis
De Filippo), a cura di S. Zappulla Muscar, Bulzoni, Roma 1980, p. 261.
12
I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello, cit., p. 19n. Su questa testata studentesca, cfr.
G.R. Bussino, Alle fonti di Pirandello, Tipografia ABC, Firenze 1979, pp. 27-34.
13
In precedenza collabora, fra gli altri, a Vita Nuova e La Nazione letteraria su cui esce
il fondamentale saggio Arte e coscienza doggi (settembre 1893).
14
L. Pirandello, Carteggi inediti, cit., p. 354.
15
Ivi, p. 355.
72 Michelangelo Fino
ste sulle quali appariranno novelle, poesie, romanzi e saggi, e che offrono
alcuni dei migliori risultati del Pirandello scrittore e saggista16. La collabora-
zione alla rivista fiorentina Il Marzocco fondamentale nella storia della
sua attivit giornalistica e della sua produzione artistica:
16
Sulla Nuova Antologia usciranno, per esempio, Il fu Mattia Pascal e Si gira
17
L. Pirandello, Carteggi inediti, cit., pp. 261-62.
18
Ivi, p. 144. La lettera del 7 dicembre 1909.
19
Ivi, p. 140. Lettera del 28 settembre 1909. La rivista il supplemento mensile del
Corriere, La Lettura.
20
Cfr. ivi, p. 141. Lettera del 1 ottobre 1909.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 73
conto di rimettermi in pieno alle novelle. Ne ho una gran voglia. Badate bene
per di non rifarmi pi le vecchie superate difficolt per la pubblicazione:
Vassumereste una brutta responsabilit! Di quello che scrivo me lassumo io,
intera []21.
21
Ivi, p. 246.
22
Cfr. ivi, p. 253. Lettera del redattore capo Oreste Rizzini, datata 12 dicembre 1935.
23
T. Gnoli, Un cenacolo letterario: Fleres, Pirandello & C., Leonardo, marzo 1935, ora in
Appendice a A. Barbina, Ariel. Storia duna rivista pirandelliana, Pubblicazioni dellIstituto di
Studi Pirandelliani, n. 7, Bulzoni, Roma 1984, p. 151. La definizione di Sincerismo ce la d
lo stesso Pirandello nellarticolo Sincerit, Ariel, a. 1, n. 19, 24 aprile 1898.
24
Questultimi due non compaiono in calce agli articoli dellAriel, ma verranno utiliz-
zati successivamente. Su leffettiva identificazione di Pirandello con tali pseudonimi, cfr. A.
Barbina, Ariel. Storia duna rivista pirandelliana, cit., pp. 15-21.
25
Non mancano comunque esempi in tal senso. Si pensi, fra gli altri, ai pezzi scritti in
occasione del terremoto di Messina e Reggio Calabria (Sul Bosforo dItalia, Il Marzocco, 10
gennaio 1909 e Altrove, Natura ed Arte, 1-15 febbraio1909), a Natale al Polo (Roma lette-
raria, 25 dicembre 1897) articolo in cui Pirandello parla delle spedizioni polari di Fridtjof
Nansen oppure a Lesposizione di belle arti in Roma 1895-96, una serie di articoli apparsa sul
Giornale di Sicilia tra il 20 settembre e il 1 dicembre 1895. Da segnalare anche gli articoli
Rinunzia (La critica di G. Monaldi, 8 febbraio 1896) in cui una recente scoperta scientifica
(probabilmente quella dei raggi X come suggerisce Lo Vecchio-Musti) offre lo spunto per una
serie di riflessioni sulla vita in unottica tipicamente pirandelliana e Feminismo in cui un tema
di grande attualit (il femminismo appunto) subisce il processo di scomposizione tanto caro a
Pirandello, o pi propriamente di sgonfiamento, visto che per lautore il feminismo , come
74 Michelangelo Fino
scrittore sia molto attento proprio alla cronaca, che spesso offre lo spunto alle
sue opere, per esempio ai titoli delle novelle (come ricorda Gnoli26).
Pirandello, dunque, essenzialmente un elzevirista: recensisce opere lette-
rarie e drammatiche27, e pubblicizza la propria opera. Un giornalismo lette-
rario che rifugge il giornalismo mondano, sensazionale, provocatorio al
punto che, in linea con il programma annunciato dalle pagine di Ariel,
lantipatia di Pirandello per il giornalismo di tipo dannunziano viene a coin-
cidere con la sua antipatia per lopera di DAnnunzio28. Pirandello fautore
non solo di una letteratura di cose29, ma anche di un giornalismo di cose e
non di parole. La sua diffidenza verso il giornalismo si spiega, in particolare
tra la fine dellOttocento e linizio del Novecento, anche con lampio spazio
concesso dai giornali a un autore come DAnnunzio che, com noto, lo scrit-
tore agrigentino non ama. C indubbiamente una certa stizza nei confronti
di quei giornali che celebrano la gloria poetica di DAnnunzio, e tale risenti-
mento peser sulla valutazione complessiva del mondo giornalistico. Ecco
perch, soprattutto in questo periodo, la battaglia antidannunziana e la pole-
mica contro il giornalismo vanno di pari passo. Nellarticolo Lidolo, apparso
su La Critica di Gino Monaldi il 31 gennaio 1896, parla addirittura di
mostruosa macchina del giornalismo, che continua a sopravvalutare ed
esaltare lopera di Gabriele DAnnunzio. Nel periodo di maggior successo,
invece, Pirandello criticher i giornalisti italiani per la scarsa attenzione a lui
rivolta, quasi inorridito per unindifferenza che stride con il vivo interesse
mostrato dalla stampa estera. Cos in una lettera inviata nel marzo del 1930
a Marta Abba, in occasione della prima de La vita che ti diedi:
Ho visto che i giornali italiani non hanno riportato il grande successo di Parigi.
veramente inaudito quello che fanno i giornalisti italiani: la loro incoscienza,
la loro leggerezza non hanno limiti. [] Solo il Popolo dItalia ha annunziato
il successo, perch al Restaurant Monteverdi ho visto il corrispondente Pierazzoli
[] e gli ho potuto far sapere che quella sera stessa alla Petite Scene ci sarebbe
tutte le costruzioni ideali, un palloncino sgonfiato. Questi ultimi due articoli sono riprodotti
in L. Pirandello, Saggi, Poesie, Scritti varii, cit., pp. 1056-60 e 1068-72.
26
Cfr. A. Barbina, Ariel. Storia duna rivista pirandelliana, cit., p. 149.
27
Su Pirandello recensore cfr. A. Barbina, Sul primo Pirandello recensore e recensito,
Quaderni dellIstituto di Studi Pirandelliani, I, Carucci, Roma 1973, pp. 121-50.
28
F. Zangrilli, Pirandello e il giornalismo, cit., p. 43.
29
Cfr. il Discorso di Catania (2 settembre 1920) e il Discorso alla Reale Accademia dItalia
(3 dicembre 1931) tenuti da Pirandello su Giovanni Verga, ora in L. Pirandello, Saggi, Poesie,
Scritti varii, cit., pp. 391-426. Altri rilevanti articoli in cui Pirandello polemizza con DAn-
nunzio sono, per esempio, Arte e coscienza doggi, La Nazione letteraria, settembre 1893, Su
Le vergini delle rocce, La Critica, 8 novembre 1895, Lidolo, La Critica, 31 gennaio 1896,
Osservazione sullevoluzione del verso, Marzocco, 29 agosto 1897 e La citt morta di Gabriele
DAnnunzio, Ariel, a. 1, n. 9, 13 febbraio 1898.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 75
stata la prima de La vita che ti diedi. Altrimenti, non sarebbe andato neanche
lui30.
So che razza di canaglie c nella critica romana: quel porco gesuita del DAmico,
che ora stroncandomi sa di far piacere al suo principale Forges-Davanzati;
lAntonelli col Corradini al Giornale dItalia che fa lostruzionismo; e quellal-
tro imbecille del Messaggero, che dopo averlo accolto alle prove della Nuova
colonia perfidamente il giorno dopo ne scrisse male. [] Ma dopo tutto, se c
stampa che non conta nulla, proprio quella romana; ed inutile amareggiarsi il
sangue per ci che quattro bestie in mala fede, pagate, ne diranno33!
30
L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, a cura di B. Ortolani, I Meridiani, Mondadori,
Milano 1995, p. 334.
31
Ivi, pp. 420-21. Lettera del 27 aprile 1930.
32
Ivi, p. 424.
33
Ivi, p. 458.
76 Michelangelo Fino
Devo questo alla oscena camorra dei nazionalisti che hanno in mano la stampa,
Corradini e Forges Davanzati, Federzoni e Bottai e compagnia [] Hanno allon-
tanato il pubblico; a denti stretti sono costretti a decretare il trionfo; proibiscono
ai loro critici doccuparsi di me e dei miei lavori; cestinano le notizie dallestero;
apertamente non possono combattermi e distruggermi per il posto che occupo
nellAccademia; e allora la congiura del silenzio, lo spegnitoio, la mormorazione
segreta, tutti i mezzi coperti e delittuosi della pi iniqua camorra35.
Lo scrittore and indubbiamente a vedere altre proiezioni mobili nei locali che
via via si moltiplicarono [] durante la fase iniziale di sviluppo della nuova
straordinaria invenzione (1896-1904). Fin dallora il cinematografo, come mani-
festazione e applicazione del doppio, dovette destare il suo interesse creativo e
critico37.
34
Ivi, p. 461.
35
Ivi, pp. 469-70. La lettera del 19 maggio 1930. Lidea del complotto ritorna in una
lettera del 3 giugno 1930 (ivi, pp. 502-3).
36
F. Cllari, Pirandello e il cinema. Con una raccolta completa degli scritti teorici e creativi,
Marsilio, Venezia 1991, p. 17n. Il connubio cinema-letteratura in Pirandello risale probabil-
mente al biennio 1903-1904, periodo di progettazione del romanzo Filuri (di cui purtroppo
non si hanno tracce), diventato nel 1913 La tigre, che a sua volta uscir nel 1915 con il titolo
Si gira Su questo aspetto cfr. F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 17-24 e L. Pirandello,
Carteggi inediti, cit., in particolare i carteggi Pirandello-Ojetti, Pirandello-Albertini e
Pirandello-Orvieto.
37
Ivi, p. 17.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 77
tavia, non sono state interpretate sempre correttamente. Per Gaspare Giudi-
ce, ad esempio, lautore fu attratto nellorbita cinematografica dalle necessit
di guadagno che lo strinsero quasi sempre durante tutta la vita38. Eppure, la
diffidenza (se non avversione) non impedir a Pirandello di occuparsi fatti-
vamente del mondo cinematografico39 (ben al di l delle necessit economi-
che), dal momento che nel 1915 pubblica Si gira, autentico romanzo-sag-
gio sul cinema muto, che d inizio a un lungo e controverso dibattito sulle
potenzialit, le opportunit e i limiti del cinema. Pi pertinente, a nostro
avviso, la tesi sostenuta da Francesco Cllari, che contesta la generale opi-
nione [] di un Pirandello spregiatore del muto, nemico del parlato, solo
venalmente interessato al cinema, in favore di un Pirandello osservatore
acuto, spettatore critico, vivamente attento alle capacit espressive della
nuova arte40. Innegabile, ancorch legittima, una certa diffidenza iniziale,
ma altrettanto incontestabile un interesse crescente, che lo porter a condur-
re una vera e propria campagna nei confronti del cinema41, attraverso la carta
stampata, seguendo levoluzione del cinematografo fino al passaggio cruciale
dal muto al sonoro che si concretizza alla fine degli anni Venti.
La critica ha rilevato come [p]ur essendo stato il primo scrittore, in senso
assoluto, ad occuparsi creativamente di cinematografo ed anche criticamen-
te, Pirandello, in questultimo campo non formul (a parte la Cinemelogra-
fia) una sua estetica del cinema ma assimil teoriche altrui (in specie di regi-
sti russi e tedeschi)42. Tuttavia, di grande interesse seguire levoluzione del-
latteggiamento pirandelliano nei confronti di un fenomeno artistico, cultu-
rale e sociale destinato a incidere profondamente sulla realt dellepoca. Un
atteggiamento che cambia sensibilmente nel corso degli anni: dalliniziale dif-
fidenza alla curiosit, dal favore accordato al muto allostilit nei confronti
del parlato (nellottica di una difesa del teatro) fino ad arrivare, allinizio degli
anni Trenta, a unautentica conversione, documentata da una lettera indiriz-
zata a Marta Abba43.
38
G. Giudice, Luigi Pirandello, UTET, Torino 1963, p. 511.
39
La diffidenza per il mondo cinematografico la stessa riscontrata per il mondo giorna-
listico. Anche il cinema pieno di volgarissima gente: in questo sporco mondo del
Cinematografo, mondo di malfattori idioti e brutali, dove s accampato il rifiuto e il ributto
di tutta la societ, la putredine: avvocati imbroglioni e senza cause, salumai arricchiti, com-
mercianti senza capitali, gente dogni risma e dogni conio. L. Pirandello, Lettere a Marta
Abba, cit., pp. 260, 1146.
40
F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 84-85.
41
Il cinema, a sua volta, si interessa a Pirandello a partire dal 1918 quando la Silentium di
Milano produce Il lume dellaltra casa dallomonima novella pirandelliana.
42
F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., p. 112.
43
anche vero che ci sono testimonianze che mettono in dubbio tale conversione: lanimo
dello scrittore, critico e ripugnante nei riguardi del cinema non si modific per quanto fossero
costanti i contatti con questarte. A. Frateili, Pirandello e il cinema, Cinema, 25 dicembre
1936. La testimonianza del Frateili riportata da Gaspare Giudice (Pirandello, cit., p. 511). La
78 Michelangelo Fino
47
Questa enorme distanza non deve trarre in inganno, non deve cio essere interpretata
come incoerenza da parte dello scrittore agrigentino: il protagonista e la storia del Si gira
costituiscono un soggetto estremamente interessante su cui lautore innesta la visione della
realt, i temi e le forme tipici della sua poetica. Lo straniamento del protagonista, la sua assue-
fazione alla macchina da presa che inghiotte voracemente lesistenza degli individui non sono
che una delle tante espressioni del sentimento pirandelliano della vita moderna.
Indubbiamente in Serafino ravvisabile una certa avversione pirandelliana per la meccanizza-
zione della realt e nel romanzo esplicita la difesa del teatro dallassalto della macchina, che
con le sue riproduzioni meccaniche [] riempie le sale dei cinematografi e lascia vuoti i tea-
tri. (L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, cit., p. 585). Sarebbe sbagliato,
per, identificare il protagonista con il suo autore, che resta sempre il creatore di copioni che
gli attori, e non il regista, devono interpretare e recitare. Come sottolinea Giuseppe Petronio,
nel Si gira il tema centrale una riflessione appassionata [] sulla condizione delluomo
nellet delle macchine, dove il cinema solo la macchina scelta a modello e a simbolo di tutte
le altre. G. Petronio, Pirandello e il cinema, in E. Lauretta (a cura di), Pirandello e il cinema,
Atti del convegno internazionale (Agrigento, 1977), Centro Nazionale di Studi Pirandelliani,
Agrigento 1978, p. 42.
48
Intervista apparsa sulla rivista francese Les Nouvelles Littraires (1-15 novembre
1924), in F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., p. 10. Il film russo cui Pirandello allude Padre
Sergio (1917) tratto dallomonimo racconto di Tolstoj.
80 Michelangelo Fino
49
Sono trentaquattro le novelle caratterizzate, in un modo o nellaltro, dal viaggio in treno
(che anche lo spazio-chiave del romanzo Il fu Mattia Pascal). Sul significato del treno e sul
valore simbolico-narrativo del viaggio su rotaie cfr. il mio volume Nella tenebra di una sta-
zione deserta. Il viaggio in treno nelle novelle di Pirandello, in L. Pirandello, Quattro novelle di
viaggio, a cura di L. Martinelli, Allori, Imola 2008. A conferma dellavversione pirandelliana
per i prodotti della modernit, va rilevato come anche il treno, al pari della macchina da presa,
unimmagine inquietante e minacciosa; nella lirica Esame, apparsa sulla Nuova Antologia
il 16 agosto 1910, Pirandello lo definisce un demon, un ferreo mostro: e avanti, avanti,
nella notte sola, / gelida, nera, mi conduce fino / allorlo di un abisso, e l mi lascia. L.
Pirandello, Saggi, Poesie, Scritti varii, cit., p. 843.
50
Il primo accenno alla rivoluzione cui aspira Pirandello (il cinema musicato) lo ritrovia-
mo in una lettera a Marta Abba datata 6 luglio 1928: Ho comprato a Roma tanti libri su
Pirandello, il giornalismo e il cinema 81
Ho una fiducia grandissima in Murnau. Solo lui potr capirmi, solo con lui io
potrei accingermi a comporre e a girare il lavoro. [] E le dico che se Murnau ci
mette mano, Sei personaggi ci guadagneranno in evidenza, direi quasi in origina-
lit. [] Ci che detto o sottinteso nel lavoro, nel film si vedr realmente e suc-
cessivamente svolgersi52.
il mondo dellautore e delle creature che gli forniscono lo spunto (piano della
realt); quello dei personaggi, pallidi dapprima come fantasmi, poi sempre pi
distinti e alla fine superreali e dal corpo potente, statuario, incombente (piano
fantastico); e il mondo degli attori (piano teatrale) si incroci[a]no senza distur-
barsi ed anzi ottenendo unevidenza pari e una ricchezza anche maggiore di quel-
la del lavoro teatrale54.
Beethoven, per quellidea che Tu sai; e son dietro a leggerli. Verranno visioni magnifiche, e cose
non mai viste. L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., pp. 36-37.
51
Curiosamente e inspiegabilmente, come ricorda Cllari, ci sono stati ben 48 progetti di
realizzazione cinematografica dei Sei personaggi senza che nessuno andasse a buon fine. Cfr. F.
Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 34 sgg.
52
E. Rocca, Luigi Pirandello e le sue grandi novit cinematografiche, Il Popolo dItalia, 4
ottobre 1928. La fiducia al Murnau verr ribadita in unintervista apparsa su Comoedia il
15 gennaio 1929.
53
Unanticipazione sul film dei Sei personaggi Pirandello laveva data in due interviste, una
apparsa su LImpero il 12 marzo 1927, laltra su La fiera letteraria il 22 aprile 1928. In que-
stultima fa anche riferimento alla scomposizione su tre piani della trasposizione cinematogra-
fica (reale, fantastica, teatrale).
54
E. Rocca, Luigi Pirandello e le sue grandi novit cinematografiche, cit.
82 Michelangelo Fino
55
Ibidem.
56
L. Bottazzi, Visita a Pirandello, Corriere della Sera, 13 ottobre 1928.
57
Pirandello contro il film parlato e Se il film parlante abolir il teatro.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 83
Volendo, come dicono, far rinascere la nostra cinematografia, mi pareva che non
si potesse dare occasione migliore di questa. Esposi sul Popolo dItalia [] le
mie idee, i miei propositi filmistici. Nessuno ha mostrato, non dico di appassio-
narsi ad essi, ma per lo meno di incuriosirsene. Salvo Mussolini, il quale vede
tutto, sa tutto e che, nelludienza accordatami, ha voluto chio gli illustrassi le mie
idee, le mie trovate tecniche per la traduzione cinegrafica delle mie visioni dar-
te. [] Viceversa non appena conosciute le mie intenzioni, industriali tedeschi e
americani si sono affrettati a farmi offerte lusinghiere58.
Larte, infatti, crea una realt, non copia mai una realt. La realt reale in for-
mazione continua, perch la vita muta continuamente, mentre larte crea una
realt definitiva. [] Non far quindi, nemmeno sullo schermo, opera di foto-
grafo, nonostante la macchina da presa, ma dinterprete59.
58
E. Roma, Pirandello poeta del cine, Comoedia, 15 gennaio 1929. Lintervista cui
allude Pirandello quella apparsa su Il Popolo dItalia il 4 ottobre 1928.
59
E. Roma, Pirandello poeta del cine, cit.
60
W. Benjamin, Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica, premessa di C.
Cases, trad. it. di E. Filippini, Einaudi, Torino 1991, p. 31.
61
In realt, come ricorda Guido Fink, Il Cantante di Jazz non il primo film con colon-
na sonora interamente sincronizzata (lo ha preceduto di quattordici mesi un Don Juan []),
e nemmeno il primo all talkie, che arriver solo nel luglio 1928 con Lights of New York. G.
Fink, Voce di macchina e voce del Padre (Se il film parlante abolir il teatro), in AA.VV.,
Pirandello saggista, Palumbo, Palermo 1982, p. 274.
84 Michelangelo Fino
York nel 1927 ad opera della Warner Bros, e uscito a Milano nel 1929). Nel
mese di aprile lautore rilascia due interviste in cui esce finalmente allo sco-
perto in merito a quella rivoluzione cinematografica cui tante volte ha accen-
nato: riprende concetti gi illustrati in precedenza, ma soprattutto anticipa
ci che dir due mesi dopo nel saggio cinematografico Se il film parlante abo-
lir il teatro. Il 14 aprile del 1929 afferma:
Ecco, sono venuto qua [Londra] per vedere questi film parlanti. [] Tutto il
mondo cinematografico inquieto e ansioso per questi film parlanti che hanno
sconvolto lindustria e sembrano iniziare una rivoluzione definitiva, aprire un
nuovo orizzonte. Ne ho visti 5 di questi film sonori a Londra
E lhanno convertito?
Tuttaltro. Mi hanno confermato il mio giudizio che contrario64.
62
C. Alvaro, Pirandello parla della Germania del cinema e di altre cose, LItalia letteraria,
14 aprile 1929.
63
Avversione riconducibile, in parte, alla diffidenza pirandelliana per le novit tecnologi-
che e che, in questo caso, tradisce clamorosamente lautore agrigentino, visto lenorme e inar-
restabile successo che avr il film parlato.
64
O. Rizzini, Pirandello contro il film parlato, Corriere della Sera, 19 aprile 1929. In una
lettera alla Abba del 16 aprile 1929, proprio allindomani della visione del primo film parla-
to, Pirandello parla di orrore: Non ti dico che orrore! Certe voci La distruzione dogni
illusione! Le figure parevano ventriloque [] una voce che non era umana! Se Dio vuole, e
Pirandello, il giornalismo e il cinema 85
Dopo aver illustrato gli inconvenienti del cinema parlato gi espressi nel-
lintervista del 14 aprile, muove anche delle obiezioni di natura pratica ed
economica che nei decenni successivi verranno per disattese, per quanto alla
fine degli anni Venti non certamente prevedibile lo straordinario progresso
conosciuto dal cinema e in particolare limporsi della pratica del doppiag-
gio65. Un errore di valutazione, quindi, assolutamente giustificabile:
codeste bestie vogliono seguitare cos, sar la morte della cinematografia e la salvezza e il risor-
gimento del teatro. L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., p. 137.
65
Nei primi anni Trenta, quando Pirandello cambier idea sul film parlato, il suo giudi-
zio negativo si concentrer proprio sulla pratica del doublage. Cfr. infra, pp. 90-91.
66
O. Rizzini, Pirandello contro il film parlato, cit.
67
Paradossalmente, sar proprio lAmerica a tradurre in concreto lidea pirandelliana della
cinemelografia (che lo stesso autore abbandoner negli anni successivi), con il film della
Disney, Fantasia (1940).
86 Michelangelo Fino
no sul quale la cinematografia potr navigare a vele spiegate per approdare feli-
cemente ai porti prodigiosi del miracolo. []
Avanti, dunque, signori poeti dItalia: lidea affascinante68.
avrai letto ci chio penso dei films-parlanti. E non ostante questo mio giudizio
contrario, far, far un film-parlante; ma che sar contro i films-parlanti. []
Luomo ha dato alla macchina la sua voce, e la macchina ora parla []. Sar un
film-parlato; ma parler solo la macchina; e la voce da ventriloquo allora non
offender pi, perch non vorr pi essere una voce umana, ma la voce della mac-
china, e tutto sar salvo. Lidea magnifica69.
68
O. Rizzini, Pirandello contro il film parlato, cit.
69
L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., pp. 141-42.
70
S. Raffaelli, Il cinema nella lingua di Pirandello, Bulzoni Editore, Roma 1993, pp. 116-17.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 87
71
L. Pirandello, Se il film parlante abolir il teatro, Corriere della sera, 16 giugno 1929,
in Id., Saggi, Poesie, Scritti varii, cit., pp. 1031-32.
88 Michelangelo Fino
72
Ivi, pp. 1035-36.
73
Ivi, p. 1036.
74
G. Fink, Voce di macchina e voce del Padre (Se il film parlante abolir il teatro), cit.,
p. 274.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 89
75
O. Vergani, Con Pirandello, di ritorno dallAmerica, LIdea Nazionale, 8 marzo 1924.
Su questo aspetto cfr. anche E. Possenti, Colloquio con Luigi Pirandello, Corriere della Sera,
28 ottobre 1930, G. Villaroel, Colloqui con Pirandello, Il Giornale dItalia, 8 maggio 1924 e
D. Segre, Pirandello, Le grandi firme, 1 luglio 1924.
76
L. Pirandello, Il dramma e il cinematografo parlato, La Nacin, Buenos Aires, 7 luglio
1929, ora con il titolo Dramma e sonoro, in F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 125-27.
Il lavoro cui allude Pirandello verosimilmente Sei personaggi in cerca dautore, mentre il
segreto, almeno in Italia, lo ha gi svelato.
77
L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., p. 491. La lettera datata 27 maggio 1930 e
contiene una testimonianza assai rilevante, dal momento che Pirandello per la prima volta
accetta apertamente lidea del parlato. Ma un indizio della conversione presente in una let-
tera del 6 maggio 1929, in cui lautore pone la questione dellinternazionalizzazione del film
parlato, la necessit cio di far parlare nelle varie lingue gli attori (riprendendo la polemica
antiamericana dellintervista Pirandello contro il film parlato del 19 aprile 1929): Tutto il
mondo cinematografico in rivoluzione. Pare che il film-parlante sia veramente un prodigio:
sono riusciti ad ottenere alla perfezione la voce umana, vicina, lontana, timbrata in tutti i
90 Michelangelo Fino
Lo scenario che ho consegnato in questi giorni alla Cines e che sintitola Giuoca,
Pietro!, superando gli equivoci delle deleterie esperienze, vuol essere uno dei
primi saggi di cinematografia parlata e sonora, secondo le mie conclusioni78.
Le conclusioni di cui parla sono quelle gi espresse nel saggio del 1929 (e
in altre interviste), laddove si sofferma sulla stretta connessione tra cinema e
inconscio, e sulle possibilit che il cinema, pi del teatro e della letteratura,
ha di rendere la visione del pensiero (il subcosciente, lonirico e il visionario).
La parte iniziale dello scenario Gioca, Pietro!, infatti, realizza il passaggio dal
piano del vissuto a quello onirico. Una situazione che, mutata, ritorna nelle
novelle ferroviarie: il movimento sussultorio del treno in corsa assimilabile
al movimento stesso del ritmo musicale79, cos come le immagini impen-
sate, che possono esser terribili come negli incubi, misteriose e mutevoli
come nei sogni, in vertiginosa successione o blande e riposanti80, evocano lo
scorrere delle immagini fuori dal finestrino in una dimensione che, tanto
seduti davanti a uno schermo quanto seduti su un sedile di seconda classe,
sommovendo il subcosciente81, proiettano nel mondo del sogno. Come
avviene, ad esempio, alla protagonista della novella Il viaggio:
Andava in treno per la prima volta. A ogni tratto, a ogni giro di ruota, aveva lim-
pressione di penetrare, davanzarsi in un mondo ignoto, che dimprovviso le si
modi. [] Rester sempre per da risolvere la internazionalizzazione del film, che con la paro-
la verr a essere distrutta: gli attori inglesi non potranno che parlare inglese; i tedeschi, tede-
sco. Ivi, p. 116.
78
E. Roma, Pirandello e il cinema, Comoedia, 15 luglio-15 agosto 1932. Dallo scenario
Gioca, Pietro! tratto il film di Walter Ruttmann Acciaio (1933). La critica ha mosso dubbi
circa la paternit pirandelliana di tale sceneggiatura, ritenendo decisivo il contributo del figlio
Stefano. Su questo aspetto vedi F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 78-84.
79
L. Pirandello, Se il film parlante abolir il teatro, cit.
80
Ibidem.
81
Ibidem.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 91
creava nello spirito con apparenze che, per quanto le fossero vicine, pur le sem-
bravano come lontane [] il mondo era un sogno82.
Occorre prendere accordi con i mercati esteri e con le Case di produzione, per
poter girare sempre simultaneamente, edizioni dirette, nelle varie lingue, con
attori dei rispettivi paesi. tramontata lepoca degli attori internazionali. Come
in teatro, anche nel cinema ciascuna nazione deve avere i propri attori. [] In
ogni modo il doublage un ibrido ripiego, cui si dovr rinunziare per sempre.
bestiale cercare traduzioni relativamente fedeli delle parole, quando per ciascuna
di esse non corrispondono i gesti. La lingua non consiste soltanto di parole e dei
rispettivi accenti e suoni, ma, esprimendo pensieri e sensazioni, strettamente
legata ai caratteri del popolo. [] Se lattore che doppia la voce ripete le intona-
zioni delloriginale, al nostro orecchio sembrer incolore, sbiadito; [] Perci,
ripeto, lItalia deve pretendere assolutamente dalle Case estere versioni italiane
con attori italiani e imporre versioni francesi, inglesi, tedesche, della produzione
propria. Per intanto, al film doubl, io preferisco mille volte il muto, con dida-
scalie83.
82
L. Pirandello, Il viaggio, in Novelle per un anno (3 voll.), a cura di M. Costanzo, pre-
messa di G. Macchia, I Meridiani, Mondadori, Milano 1990, vol. III, t. I, pp. 220-21.
83
E. Roma, Pirandello e il cinema, cit.
84
I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello, cit., p. 489.
85
Vedi supra, p. 85.
86
E. Roma, Pirandello e il cinema, cit.
92 Michelangelo Fino
87
Testor, Per il film italiano, La Stampa, 9 dicembre 1932, ora in F. Cllari, Pirandello e
il cinema, cit., p. 127.
88
Gim (Giuseppe Marotta o Mario Gromo), Colloquio con Luigi Pirandello, La Stampa,
21 aprile 1934.
89
In unintervista apparsa sul Corriere della Sera il 18 aprile 1926, cos Pirandello chia-
risce il significato di arte fascista: La mia arte [] arte fascista; essa stata malintesa nel suo
Pirandello, il giornalismo e il cinema 93
Non si deve dimenticare che il cinematografo deve essere, per il nostro Paese,
unindustria redditizia e non un organismo male in arnese fatto per dilapidare dei
capitali. Il cinematografo, a parte le sue finalit artistiche, pu dare lavoro a
migliaia di persone90.
senso morale; la si definita unarte negativa. Mentre con essa ho voluto far intendere e con-
statare che, se la realt vera e propria non esiste, la realt viene per creata. Ho affermato cio
la potenza creatrice dello spirito. Pochi sono gli uomini che creano la realt [] Mussolini ha
creato allItalia una nuova realt. Pirandello, dunque, fascista nel senso di creatore; equazio-
ne applicabile anche al cinema, dal momento che lo scrittore agrigentino ribadisce pi volte la
necessit nel cinema di essere creatori e non fotografi.
90
Gim (Giuseppe Marotta o Mario Gromo), Colloquio con Luigi Pirandello, cit.
DARIO MOMIGLIANO
1
E. Montale, Sulla poesia, Mondadori, Milano, 1976, p. 317.
96 Dario Momigliano
nuove strade, rinunciando una volta per tutte alla tradizione. Il no pronun-
ciato ai danni del passato evidente sin dai motti che Marinetti coni:
Marciare e non marcire, Abbasso i musei e le Biblioteche, Guerra sola
igiene del mondo, Evviva la originalit, Religione della velocit, Morte
al verismo. Poche parole che come lo slogan in politica hanno il compi-
to di riassumere icasticamente i capisaldi di un movimento passato alla storia
per le sue imprese provocatorie e belligeranti.
Marinetti (il cui vero nome non Filippo Tommaso bens Emilio Angelo)
nasce nel 1876 ad Alessandria dEgitto da genitori italiani. Presso il collegio
di gesuiti dove studia fonda Le Papyrus, piccola rivista di carattere scolasti-
co. In seguito, in virt del suo bilinguismo, collabora a numerose riviste, sia
francesi (La Plume, Gil Blas, Vers et prose, La Vogue, La Revue
Blanche) sia italiane (La Rassegna latina, Iride, Esperia). Gli interven-
ti di questi anni vertono per lo pi su questioni letterarie. Accanto alle prime
collaborazioni editoriali Marinetti intraprende unattivit di pubbliche decla-
mazioni poetiche presso teatri francesi e italiani, preludio a quelle che saran-
no, di l a poco, le performance delle cosiddette serate futuriste. La formazio-
ne culturale marinettiana si comprende meglio laddove si consideri la conti-
nua oscillazione dellautore tra i due poli di Parigi e Milano, citt emblema-
tiche dellindustrializzazione e luoghi di grande fermento culturale.
Il Novecento appena iniziato e lascesa dei nuovi mezzi comunicativi sta
riscrivendo le regole della comunicazione stessa. Marinetti intuisce i cambia-
menti in atto e, forte della discreta notoriet gi acquisita, decide di imporsi
allattenzione del pubblico con una rivista propria, capace di spiccare in un
panorama sempre pi affollato. Sfruttando la cospicua eredit paterna di cui
unico beneficiario, nel 1905 dalla sua abitazione milanese d alle stampe
Poesia, rivista internazionale che non ha eguali in Italia. Liniziativa edito-
riale marinettiana non soltanto lussuosa, tratto che di per s basterebbe a
distinguerla da tutte le altre; sono piuttosto le tecniche comunicative provo-
catorie (in copertina il disegno di una giovane nuda nellatto di uccidere un
drago) e innovative (le inchieste come quella sul verso libero) a rendere
Poesia un esperimento unico. La vita della rivista termina nel 1909 ma i
tempi sono ormai maturi per il vero atto di rottura: la nascita di un nuovo
movimento artistico chiamato Futurismo. Marinetti ne ideatore, fondatore
e guida indiscussa. La precedente avventura di editore, bench fallimentare
sul versante economico, servita a spianare la strada per quella che sarebbe
stata una autentica rivoluzione culturale.
2
F.T. Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, in Teoria e invenzione futurista
[TIF], Mondadori, Milano, 1986, p. 7.
98 Dario Momigliano
3
Ivi, p. 8.
4
Ivi, p. 12.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 99
5
G.E. Viola, Filippo Tommaso Marinetti: lo spettacolo dellarte, LEpos, Palermo 2004,
p. 175.
6
F.T. Marinetti, La volutt desser fischiati, in TIF, p. 310.
7
Id., Manifesto tecnico della letteratura futurista, in TIF, p. 46.
100 Dario Momigliano
per noi, del sorriso o delle lagrime di una donna). I precetti marinettiani si
muovono nella direzione di una totale riforma linguistica in nome della sin-
tesi e della velocit. Lo strumento principale despressione di questa nuova
visione del mondo lanalogia:
Lanalogia non altro che lamore profondo che collega le cose distanti, appa-
rentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile
orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico, e polimorfo, pu abbracciare la
vita della materia. [] Le immagini non sono fiori da scegliere e da cogliere con
parsimonia, come diceva Voltaire. Esse costituiscono il sangue stesso della poesia.
La poesia deve essere un seguito ininterrotto di immagini nuove senza di che non
altro che anemia e clorosi8.
Lautore non esista a proporre come esempio delle nuove regole brani
attinti dai suoi stessi testi narrativi (Battaglia di Tripoli e Mafarka il futurista).
Ma al di l delle note autocelebrative la vera intenzione del Manifesto tecnico
della letteratura futurista quella di trovare un aggiornamento e un adegua-
mento del linguaggio rispetto alla realt9. La fusione di parola e vita produ-
ce le parole in libert, strumento futurista di registrazione immediata degli
stati danimo. Grazie ad esse diventa possibile cogliere il fondo analogico
dellesistenza umana. Marinetti nel manifesto Distruzione della sintassi
Immaginazione senza fili Parole in libert elenca i vari risultati che si posso-
no ottenere mediante lespressione parolibera: metafore condensate, im-
magini telegrafiche, scorci di analogie e soprattutto il tuffo della parola
essenziale nellacqua della sensibilit, senza i cerchi concentrici che la parola
produce. In simili teorizzazioni vi sono le premesse di tanti fenomeni comu-
nicativi della modernit. Le espressioni sintetiche e sinestetiche del linguag-
gio pubblicitario devono molto a Marinetti, ma anche vero che un poeta
come Ungaretti ha riconosciuto, dopo numerose smentite, il proprio legame
con i dettami dei manifesti futuristi. La stessa rivoluzione tipografica del
futurismo ha aperto la strada agli artifici della moderna editoria e alla ormai
diffusa mail art.
Lintervento degli artisti futuristi presto interess non soltanto la lettera-
tura ma tutti gli aspetti della vita collettiva. La loro rivoluzione assunse cos
un carattere antropologico e omnicomprensivo. Ecco dunque il manifesto La
cinematografia futurista dove appunto il cinema viene inteso come forma
darte che deve prendere il posto della rivista, del dramma e del libro. Il film
inteso come realt caotizzata diventa lo strumento per una fusione di lin-
guaggi artistici: Metteremo in moto le parole in libert che rompono i limi-
ti della letteratura marciando verso la pittura, la musica, larte dei rumori e
8
Ivi, p. 48.
9
G. Baldissone, Filippo Tommaso Marinetti, Mursia, Milano 1986, p. 70.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 101
10
F.T. Marinetti, La cinematografia futurista, in TIF, p. 141.
11
Id., La radia, in TIF, p. 209.
12
G.E. Viola, cit., p. 13.
102 Dario Momigliano
13
F.T. Marinetti, Il romanzo sintetico, in TIF, p. 224.
14
Id., Introduzione a I nuovi poeti futuristi, in TIF, p. 186.
15
Id., Il poeta futurista Aldo Palazzeschi, in TIF, p. 64.
16
molto interessante in questo senso riportare un passo di una recente intervista alla
figlia dellautore, Vittoria Marinetti, la quale afferma: Il discorso di Marinetti e i futuristi
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 103
un discorso abbastanza complesso. Non vero che lui faceva differenza tra i vari futuristi.
Certo, lui amava molto Boccioni, amava molto Balla; per, in genere, quando lui si occupava
degli artisti era sempre, vorrei dire, vergine nel rapporto con loro []; cera sempre questa
grande considerazione delle personalit con cui aveva a che fare, ed era la principale causa della
sua simpatia, della sua affezione tra tutti, perch lui amava trovare nelle persone questi lati ita-
liani e anche artistici, e anche inventivi, e anche degni di essere sostenuti. Lintervista si trova
in Appendice al volume di G.E. Viola, cit., pp. 181-188.
17
F.T. Marinetti, Introduzione a I nuovi poeti futuristi, in TIF, p. 191.
104 Dario Momigliano
Lidea di unarte militante non poteva che sfociare, gi a partire dal 1910,
in un diretto impegno politico di Marinetti. In una sua lettera a Papini, il lea-
der futurista scrive che larte legata alla politica. Da ci la formula futuri-
sta di Arte-azione. Una posizione netta, e sempre ribadita, del pensiero poli-
tico marinettiano fu il nazionalismo. La conquista della Libia venne salutata
in modo pi che acceso, durante una serata futurista presso il teatro Verdi di
Firenze:
La parola Italia deve dominare su la parola libert. La parola libert che aveva il
suo valore assoluto di violenza e di rigenerazione nella bocca di Garibaldi e di
Mazzini diventata una parola imbecille e sciupata nella bocca dun Turati o di
un Bissolati antilibici. (Applausi. 10 minuti di baccano infernale) Mentre invece la
parola Italia ha oggi il suo massimo fulgore e il suo massimo valore dinamico e
combattivo! Per noi internazionalismo vuol dire mascherare di frasi vuote una
preoccupazione egoistica e paurosa di pelle e di ventre. Internazionalismo signi-
fica essere assorbiti o schiacciati da un nazionalismo straniero! [] Si convinca-
no i socialisti che noi rappresentanti della nuova giovent artistica italiana com-
batteremo con tutti i mezzi e senza tregua i loro vigliacchissimi tentativi contro
il prestigio politico militare e coloniale dellItalia19.
18
L. De Maria, Introduzione, in F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, cit.,
pp. XLIX-L.
19
F.T. Marinetti, Grande serata futurista, in Lacerba, 15 dicembre 1913.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 105
Unico nella storia il nostro Partito stato concepito, voluto e attuato da un grup-
po di artisti poeti, pittori, musicisti, ecc.: che, carichi di genio e coraggio ormai
provati, dopo avere svecchiato brutalmente e modernizzato larte moderna sono
giunti logicamente ad una concezione di politica assolutamente sgombra di reto-
rica, violentemente italiana e violentemente rivoluzionaria, libera, dinamica e
armata di metodi assolutamente pratici 21.
Il partito futurista, pur suscitando continui tumulti per via delle sue azio-
ni plateali, numericamente aveva una consistenza pi che modesta. La stessa
Roma Futurista incontrava scarsa considerazione. Ci che permise a
20
E. Gentile, La nostra sfida alle stelle. Futuristi in politica, Laterza, Roma-Bari, 2009,
p. 49.
21
F.T. Marinetti, Democrazia futurista, in TIF, p. 345.
106 Dario Momigliano
22
Ivi, p. 396.
23
L. De Maria, Introduzione, cit., p. XCIII.
24
E. Gentile, cit., p. 112.
25
F.T. Marinetti, Ad ogni uomo, ogni giorno, un mestiere diverso! Inegualismo e Artecrazia,
in Il Resto del Carlino, 1 novembre 1922; ora in Teoria e invenzione futurista, cit., p. 553.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 107
Marinetti e la contraddizione
1
A. Bergamini, Nascita della Terza pagina, in Nuova Antologia, novembre 1955,
pp. 347-362 (poi in E. Falqui, Nostra Terza pagina, Canesi, Roma 1965, pp. 250-268, cit. a
pp. 251-253).
110 Maria Teresa Imbriani
[] Or non pochi giorni, invitai nella mia casa a udire la lettura di una mia tra-
gedia gli attori che dovranno rappresentarla e alcuni uomini di lettere amici miei
fedeli, con la pi schietta fiducia nella loro discrezione, pensando che ciascuno
avrebbe avuto per le cose dello spirito almeno quellonesto riguardo che le perso-
ne bene educate soglion dimostrare verso lospite quando si levano da mensa
senza intascar la posata dargento. [] Ma, ecco, mi vien mostrato un giornale
bolognese che pure diretto da un gentile uomo dove leggo un sunto della
tragedia cos goffamente confuso e cos villanamente sconcio che mi fa pensare al
dispetto bestiale onde la scimmia talvolta tratta a manomettere e a lordare log-
getto ignoto in cui ella crede scorgere unapparenza ostile, unoscura minaccia.
Non so ancora quale dei miei uditori abbia trasmesso a quel giornale le indi-
screzioni, ma molto amaramente mi dolgo di aver ricevuto nella mia casa un tal
gaglioffo. [] Io minduco a lamentarmi publicamente perch non questa la
prima volta che patisco simili villanie. Pur di recente ho veduto andar su per tutte
le gazzette del regno mie lettere e miei telegrammi familiari, diretti a persone che
meran parse assai cortesi e gravi; e ho dovuto ammirare la disinvoltura inaspet-
tata con cui quei gentili uomini violavano le pi elementari norme della buona
creanza e dellonest.
Cos dunque in Italia colui che ardisce intendere le sue forze a una qualunque
opera ideale, si vede togliere perfino i diritti di cui gode il pi umile cittadino; e
non soltanto esposto allingiuria cotidiana dagli innumerevoli poltroni cialtro-
ni e buffoni che appestano il bel paese, ma pur sempre escluso dal beneficio del
2
La cit. da L. Pirandello, LIdolo, in La Critica, 31 gennaio 1896, ora in Id., Saggi e inter-
venti, a cura e con un saggio introduttivo di F. Taviani e una testimonianza di A. Pirandello,
Mondadori I Meridiani, Milano 2006, p. 123.
3
F. S. Nitti, DAnnunzio, la guerra e Fiume, in Id., Scritti politici. Rivelazioni. Meditazioni
e ricordi, a cura di G. Carocci, Laterza, Bari 1963, Edizione Nazionale, vol. XV, p. 321.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 111
vivere civile. E nessuno pi si crede in obbligo di usargli quei riguardi che si con-
cedono agli sconosciuti; e per lui particolarmente il segreto epistolare telegrafico
e domestico viene abolito; e il campo dovegli lavora vien considerato come una
vil piazza dove ciascuno pu deporre le sue immondizie o menar gazzarra.
Ma un amico ieri volle dimostrarmi liniquit del mio lamento, facendomi osser-
vare che io almeno dopo tanti anni di sforzi sono riuscito a ottenere nella mia
patria il pi singolare degli offici. In fatti, come la luna regola le maree, io ho lof-
ficio di provocare le inondazioni periodiche della stupidit nazionale. Lultima
dura da un mese e non accenna a descrescere. []4
4
G. dAnnunzio, Per la cortesia, in La Tribuna, 9 ottobre 1901.
5
Cfr. A. Baldazzi, Bibliografia della critica dannunziana nei periodici italiani dal 1880 al
1938, Cooperativa degli scrittori, Milano 1973, pp. 109-110.
6
Cfr. La Fiaccola sotto il moggio di dAnnunzio, in Il Giornale dItalia, 25 marzo 1905,
su cui M. M. Cappellini, Introduzione a G. dAnnunzio, La fiaccola sotto il moggio, Mondadori,
Milano 1998, p. XXVII. Anche in questo caso, su vari altri giornali veniva ampiamente
annunciata la tragedia che sarebbe stata rappresentata a Milano il 27 marzo 1905.
7
L. Pirandello, LIdolo, cit., p. 124. Si ricordi anche la polemica sui plagi dannunziani
inaugurata da Thovez il 7 dicembre 1895 dalle pagine della Gazzetta letteraria con lartico-
lo La farsa del superuomo, su cui si vedano le note allarticolo dannunziano Dellimpresa dei
beoti, in Il Marzocco, 5 aprile 1896 e allintervista di Ernst Tissot, Les sept plaies et les sept
112 Maria Teresa Imbriani
beauts de lItalie contemporaine, Perrin, Paris 1900 in G. dAnnunzio, Scritti giornalistici 1886-
1938, vol. II, a cura di A. Andreoli, testi raccolti da G. Zanetti, Mondadori I Meridiani,
Milano 2003, pp. 1633-1634 e pp. 1856-1859 (dora in avanti SG II).
8
[G. dAnnunzio], Giaufr Rudel (rubrica Cronaca letteraria) in La Tribuna, 9 aprile 1888,
ora in Id., Scritti giornalistici 1882-1888, vol. I, a cura di A. Andreoli, testi raccolti e trascritti da
F. Roncoroni, Mondadori I Meridiani, Milano 1996, p. 1122 (dora in poi SG I).
9
La cattedra a Gabriele dAnnunzio, in Il Giornale dItalia, 9 aprile 1912.
10
F. Torraca, Lettera al Direttore, in Il Giornale dItalia, 12 aprile 1912.
11
Nel 1891 aveva pensato di accettare una cattedra liceale offertagli dal Ministro
Ferdinando Martini, al fine di vivere con Barbara una vita modesta e pacata: cfr. A. Andreoli,
Il vivere inimitabile. Vita di Gabriele dAnnunzio, Mondadori, Milano 2000, p. 188.
12
G. Comisso, Le mie stagioni, Longanesi, Milano 1985, p. 72, cit. da S. Costa (a cura di),
Gabriele dAnnunzio. Volti e maschere di un personaggio, Sansoni, Firenze 1988, p. 246.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 113
perch di buoni ed onesti scrittori che si sieno arricchiti o che almeno abbiano
tratto un giusto guadagno dalle opere loro, noi in Italia non ne conosciamo.
Giosu Carducci, che Giosu Carducci, se non facesse il professore in una
Universit governativa e se non avesse per ci un emolumento, sarebbe perduto,
perch ben poco avrebbe da sperare dal commercio dei suoi libri che pure il pub-
blico ammira, compra e legge. Che cosa offrono gli editori a Giosu Carducci per
un libro di critica o di poesia? Una miseria.
E Luigi Capuana, uno dei pi forti novellieri contemporanei, uno dei pi ricer-
cati, che cosa prende dalli editori per un suo libro di narrazioni? Una miseria.
E Matilde Serao, forse la pi popolare romanzatrice dItalia, una scrittrice labo-
riosa ed infaticabile, quali rendite ha dellopera sua? E Antonio Fogazzaro? E
Giovanni Verga? E Giuseppe Chiarini? E quelli altri pochi che studiano e fanno
larte con coscienza ed amore?13
13
Bull-Calf, Lo sfumino perseguitato, in Fanfulla, 27-28 giugno 1885, ora in SG I, pp.
62-64: 63 (vd. anche la nota alle pp. 1229-1231).
14
Lettera di Anna Kuliscioff a Filippo Turati del 24 febbraio 1907, in S. Costa, Gabriele
dAnnunzio, cit., p. 129.
15
F. S. Nitti, DAnnunzio, la guerra e Fiume, cit., p. 314.
114 Maria Teresa Imbriani
16
E. Scarfoglio, Il Libro di Don Chisciotte, Sommaruga, Roma 1885, pp. 196-197. Il Libro
fu poi riedito con aggiunte nel 1911 (Il Mattino, Napoli); ora disponibile nelledizione a
cura di C.A. Madrignani e note di A. Resta (Liguori, Napoli 1990).
17
Cos si esprimeva lui stesso in una lettera a Cesare Fontana del 20 maggio 1879, cit. da
A. Andreoli, Il vivere inimitabile, cit., p. 43.
18
Marc Monnier, il cronista del brigantaggio meridionale, loda le prove del liceale sulla
Revue suisse del 6 giugno 1889. Larticolo di Chiarini, A proposito di un nuovo poeta, era
apparso in Fanfulla della Domenica, 2 maggio 1889.
19
Cfr. G. Chiarini, Libri nuovi, rec. a G. dAnnunzio, In memoriam, in Fanfulla della
Domenica, 24 ottobre 1880.
20
R. Rutini, Gabriele dAnnunzio, in Gazzetta della Domenica, 14 novembre 1880.
21
A. Andreoli, Il vivere inimitabile, cit., p. 61.
22
Cfr. Uriel, Necrologia, in Capitan Fracassa, 22 novembre 1880; Id., Antinecrologia, ivi,
27 novembre 1880.
23
Cfr. G. dAnnunzio, Tutte le novelle, a cura di A. Andreoli e M. De Marco, Mondadori
I Meridiani, Milano 1992; P. Gibellini, Natura e cultura nel verismo dannunziano, in G.
dAnnunzio, Terra vergine, Mondadori, Milano 1981.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 115
cesco Paolo Michetti, nel cui cenacolo stato ammesso in quella fatidica esta-
te pescarese dellOttanta, le Figurine gli guadagnano lammirazione persino
di Filippo Turati, pronto a dettare nel giugno parole straordinariamente pro-
fetiche, apparse anchesse su un giornale:
La conquista di Roma 25
Solo un lavoro sistematico ha avuto dAnnunzio nel corso della sua vita,
ed stato appunto quello del giornalista, dapprima stipendiato e persino
direttore della Cronaca bizantina per un breve periodo, dallautunno 1885
alla primavera 1886; poi capace di imporre i suoi pezzi al miglior offerente;
infine, nella cosiddetta stagione notturna delle Faville del maglio, riciclatore
di se stesso al caro prezzo che Luigi Albertini, direttore del Corriere della
Sera, paga per le 19 prose autobiografiche che compaiono dal 23 luglio 1911
al 24 settembre 1914 26, soppiantate, durante la guerra, dagli interventi che
tengano desto il morale delle truppe (Canti della guerra latina)27 o dai reso-
conti delle imprese belliche e, al tempo di Fiume, dai discorsi e proclami che
detta agli Arditi. Ovvie le differenze tra gli esordi e i tempi della fama conso-
lidata: se prima gli si chiedono cronache, poi sar lui a dettare le regole del
gioco, a imporre la sua parola, quale che sia; a disseminare, con intenti auto-
24
F. Turati, Una presentazione, in La Farfalla, 5 giugno 1881, in S. Costa, Gabriele
dAnnunzio, cit., p. 20.
25
il titolo di un romanzo di Matilde Serao apparso per i tipi del Barbera di Firenze nel
1885, dove si parla di un parlamentare della Basilicata, in cui qualcuno ha voluto vedere
Giustino Fortunato, destinato a perdersi una volta giunto a Roma.
26
Le Faville del maglio sono ora raccolte in G. dAnnunzio, Prose di ricerca, a cura di A.
Andreoli e G. Zanetti, Saggio introduttivo di A. Andreoli, Mondadori I Meridiani, Milano
2005, vol. I, pp. 1071-1658.
27
Ora in G. dAnnunzio, Versi damore e di gloria, a cura di A. Andreoli e N. Lorenzini,
edizione diretta da L. Anceschi, Milano 1984, vol. 2, pp. 761-865.
116 Maria Teresa Imbriani
promozionali, il suo verbo. Non si contano infatti gli interventi che giorna-
listi amici pubblicano sotto dettatura o raccogliendo fantomatiche interviste,
di cui a volte si ritrovano gli autografi tra le carte dannunziane, come nel caso
della famosa a Ojetti28. N si contano, come si cercato di dire prima, le pre-
senze indirette di dAnnunzio sui giornali del tempo, per il riflesso della sua
opera e della sua vita,
prestigiosa avventura letteraria, che prese tutta un tratto e tenne per tanto tempo
gli animi in un abbaglio fascinoso: quella dun uomo adatto e magnifico, nato
per lavventura, cos nellarte come nella vita, e in una tal confusione darte e di
vita da non potersi dire quanta della sua vita sia nella sua arte, quanta della sua
arte sia nella sua vita29.
28
Sullintervista di Ugo Ojetti, in Id., Alla scoperta dei letterati, Dumolard, Milano 1895:
cfr. SG II, pp. 1375-1390 e relative note 1851-1853.
29
L. Pirandello, Giovanni Verga. Discorso al Teatro Bellini di Catania nellottantesimo com-
pleanno dello scrittore, 2 settembre 1920, in Id., Saggi e interventi, cit., p. 1005.
30
Si prenda il caso del giornale teatrale Il Tirso, nato sulla scia del successo della Figlia
di Iorio, come si legge nella breve premessa indirizzata ai lettori il 12 maggio 1904: Gabriele
dAnnunzio battezzando il nostro giornale con un nome che rievoca il Dio della scena ci
risparmia la fatica dun programma e ci ammonisce che il teatro come presso i Greci pres-
so di noi deve oggi rivendicare le sue originarie caratteristiche nobili e sacre: oggi che Egli vi
ha trasfuso nuovo sangue vivificando una forma drammatica che credevamo non esistere in
noi latini: la forma tragica. Perci noi giovani animati dalla pi schietta sincerit ci accingia-
mo a combattere per un solo ideale, lArte, e tutto quello che non sapr di Arte combattere-
mo con la pi fiera opposizione. | La Redazione | Luca Cortese Ugo Falena Enrico Fondi
Matteo Incagliati Pilade Vecchietti.
31
P. Gibellini, DAnnunzio dal gesto al testo, Mursia, Milano 1995, p. 194.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 117
ti, ma non mancava il riferimento agli scritti di argomento vario mai raccolti
in volume32.
Ledizione complessiva degli Scritti giornalistici dannunziani , ora, quella
procurata da Annamaria Andreoli, con la collaborazione di Federico
Roncoroni per il periodo 1882-1888 e di Giorgio Zanetti per quello 1889-
1938, nella collezione mondadoriana dei Meridiani, che ha finalmente
messo a disposizione del pubblico una gran massa di materiale annotato,
offrendo nel concreto uno spaccato significativo dellenorme prolificit dan-
nunziana: i numeri sono da soli eloquenti, 271 articoli nel primo volume,
217 nel secondo. Restano ovviamente escluse da quei due tomi, le novelle, le
traduzioni, le prose narrative, le Faville, le numerose poesie, i romanzi o gli
abbozzi di romanzo, tutti scritti che pure compaiono sui giornali prima del-
ledizione definitiva, mentre non manca nel secondo dei due volumi una
significativa antologia delle interviste a dAnnunzio33.
Daltra parte, un censimento complessivo della presenza giornalistica dan-
nunziana, sia attraverso i suoi articoli, come auspicava a suo tempo Croce, sia
attraverso gli articoli che parlano di lui, impresa titanica quante altre mai,
sarebbe tuttora auspicabile, giacch, oltre a restituire numeri davvero ecce-
zionali, forse consentirebbe ancora dei recuperi, dal momento che frequente-
mente, anche dietro trafiletti anonimi che parlano di lui o della sua opera, si
cela il facondissimo manager di se stesso.
Difficile da definire, la scrittura sui giornali fu per dAnnunzio una pale-
stra letteraria notevole, com ampiamente noto: dalle cronache mondane
discende Il Piacere; senza le riflessioni del Mattino difficilmente avremmo
Le Vergini delle rocce o Il Trionfo della morte; gli scritti della Tribuna e del
Convito preludono, oltre che al Fuoco, anche alla scelta teatrale. E se si
pensa al dorato esilio in Francia ancora il giornale il banco di prova della
prosa memorialistica, che a ben guardare nasce assai prima e gi in funzione
autocelebrativa proprio grazie al supporto delle gazzette:
32
G. dAnnunzio, Pagine disperse. Cronache mondane, letteratura, arte, coordinate e anno-
tate da A. Castelli, Lux, Roma 1913, pp. 5-10 (dora in avanti Castelli). Per la bibliografia rela-
tiva al giornalismo dannunziano cfr. SG I, pp. 1385-1391 e SG II, pp. 1885-1892. Resta
punto di riferimento E. Tiboni L. Abrugiati (a cura di), DAnnunzio giornalista, Atti del V
Congresso Internazionale di studi dannunziani Pescara 14-15 ottobre 1983, Centro Nazionale
di Studi dannunziani, Pescara 1984 (dora in avanti DAnnunzio giornalista).
33
Cfr. le edizioni annotate della collezione mondadoriane dei Meridiani: Versi damore
e di gloria, cit.; Prose di romanzi, a cura di A. Andreoli e N. Lorenzini, Introduzione di E.
Raimondi, Milano, Mondadori I Meridiani, 1988-1989, 2 voll.; Tutte le novelle, cit.; Prose
di ricerca, cit. e le edizioni critiche apparse per lEdizione Nazionale delle Opere di Gabriele
dAnnunzio: P. Gibellini (a cura di) Alcyone, Mondadori, Milano 1988; M. G. Sanjust (a cura
di), Elegie romane, Mondadori, Milano 2001. Per le interviste si veda anche G. Oliva, Interviste
a Gabriele dAnnunzio 1895-1938, con la collaborazione di M. Paolucci, Carabba, Lanciano
2002.
118 Maria Teresa Imbriani
Io sono nato nel 1864 a bordo del brigantino Irene, nelle acque dellAdriatico.
Questa nativit marina ha influito sul mio spirito. Il mare in fatti la mia pas-
sione pi profonda mattira veramente come una patria. [...] Uscito di collegio,
andai allUniversit di Roma. [] Appena giunto, io fui accerchiato e tratto nel
cenacolo, e adorato. [] Il mio nome correva su tutte le bocche. Tutti mi ricer-
cavano, mi davano incenso, mi proclamavano dio. [] E allora corsi il pericolo
estremo. La lode mi ubriac. Io mi gettai nella vita perdutamente, avido di pia-
cere, con tutto lardore della mia giovinezza. Tutte le porte mi furono aperte; pas-
savo di trionfo in trionfo, senza mai volgermi in dietro. E commisi errori su erro-
ri, rasentai mille precipizi. [] Io mi sarei irrimediabilmente perduto se un inci-
dente fortunato non mavesse costretto a tornare nella mia terra, su la riva salu-
bre del mio Mare. Lasciai dietro di me tutti gli amori, tutte le vanit, pregai la
Terra di riprendermi nelle sue braccia e di rinnovarmi, e fui esaudito. [] Il
Dolore, finalmente, mi diede la nuova luce. Dal Dolore mi vennero tutte le rive-
lazioni. Comera giusto, io incominciai a scontare i miei errori e i miei disordini
e i miei eccessi nella vita; incominciai a soffrire con la stessa intensit con cui
avevo goduto. Il Dolore fece di me un uomo nuovo: rursus homo est!34
34
Gabriele dAnnunzio, pote et romancier italien, in La revue hebdomadaire, 24 aprile
1893, in SG II pp. 173-178.
35
Lo riferisce divertito Geno Pampaloni, in DAnnunzio giornalista, p. 8.
36
La cit. in una lettera di Alessandro DAncona a Torraca del 27 settembre 1884 che cos
si lamenta a proposito di Scarfoglio: M.T. Imbriani (a cura di), DAncona Torraca, Scuola
Normale Superiore, Pisa 2003, p. 88.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 119
37
Roma, Sommaruga, 1883. Gli scritti di Chiarini, Panzacchi, Nencioni, Lodi contro la
poesia dannunziana vennero raccolti nel volume Alla ricerca della verecondia, Sommaruga,
Roma 1884.
38
Cfr. F. Contorbia (a cura di), Giornalismo italiano 1869-1901, Mondadori I Meridia-
ni, Milano 2007, vol. I, pp. 915-918. Significativa la scelta degli articoli dannunziani inseri-
ti appunto nel volume.
39
Larticolo dannunziano cui si fa riferimento Se fosse vivo!, in Il Mattino, 16-17
dicembre 1892, in SG II, pp. 107-109. La cit. tratta da Castelli, p. 5.
40
Ivi, p. 148.
120 Maria Teresa Imbriani
Fra Bartolomeo della Porta (Cose darte, ivi, 8 dicembre 1886), Un pittore dal-
legorie (Cronaca darte, ivi, 13 dicembre 1887); ancora un lungo contributo
sulla presenza di Moleschott a Roma per linaugurazione dellanno accade-
mico della Sapienza (Per una festa della scienza, ivi, 4 novembre 1887); final-
mente due brani autobiografici, insieme a Scarfoglio, il resoconto Masua.
Dalla Sardegna, in Cronaca bizantina, 1 giugno 1882 e Ricordi francaville-
si. Frammento autobiografico, in Fanfulla della Domenica, 7 gennaio 1883.
Di particolare interesse sono appunto gli articoli, entrambi del gennaio
1883, dedicati allattivit dellamico pittore Michetti, autentico mallevadore
dellopera dannunziana a venire: si preannuncia tanta della materia abruzze-
se che avrebbe connotato i capolavori, dalle Novelle della Pescara al Trionfo
della morte, dai Pastori alcyonii alla Figlia di Iorio. Il tono dei Ricordi franca-
villesi gi memoriale, sebbene ci si trovi di fronte a un dAnnunzio non
ancora ventenne:
41
In SG I, pp. 84-91.
42
P. Gibellini, Il primitivo culturale della Pescara, in Logos e mythos. Studi su Gabriele
dAnnunzio, Olschki, Firenze 1985, p. 176.
43
SG I, p. 14.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 121
aveva sostenuto Bull-Calf, ossia lui stesso in veste di cronista, nel primo dei
venti articoli dedicati allevento romano, Arte e artisti. Inseguimento (in
Fanfulla, 22 gennaio 1883). Ma nel Voto ancora una volta il ricordo auto-
biografico si sovrappone alla descrizione del soggetto dipinto:
Bull-Calf non che il primo degli alter ego dannunziani che, se vero che
compaiono per distinguere lopera veramente letteraria, pi meditata e
solenne [] dagli scritti che gli uscivano rapidamente dalla penna giorno per
giorno e che gli sembravano di minor conto45, sono utili anche per molti-
plicare la propria presenza su diverse testate o addirittura sullo stesso giorna-
le, magari scrivendo di argomenti contigui. Si pensi allappena vista serie di
articoli dedicati allEsposizione romana di Belle Arti del 1883 che appaiono
sul Fanfulla nella rubrica Arte e artisti a firma di Bull-Calf (22, 25, 29 gen-
naio; 1, 3, 9, 11, 14, 20, 25 febbraio; 8 marzo; 4, 10 aprile 1883) e sul
Fanfulla della Domenica a firma Gabriele dAnnunzio (28 gennaio; 11, 18
febbraio; 4 marzo; 1 aprile 1883), o alla recensione a Convolvoli, versi di
44
Ivi, pp. 94-95.
45
Castelli, p. 5.
122 Maria Teresa Imbriani
Carmelo Errico, non siglata nella rubrica Libri nuovi del Fanfulla della
Domenica del 28 gennaio 1883 e firmata Mario de Fiori nella Cronaca
bizantina del 1 marzo 1883 e cos via. O si pensi anche agli articoli prolun-
gati artificiosamente con doppia firma: il Duca Minimo e Myr (Il concerto dei
concerti nella rubrica A Roma e altrove, in La Tribuna, 18 aprile 1886) o il
Duca Minimo e Lila (Rubriche: Cronaca darte e Cronachetta mondana, ivi,
19 gennaio 1887). Ogni pretesto buono per riempire la pagina bianca, il
diario di Donna Claribel a firma Sir Ch. Vere de Vere (rubrica Giornate
romane, ivi, 21 dicembre 1884) o il colloquio epistolare con lettori privile-
giati come con il pittore napoletano Augusto Licata (A proposito di una que-
stione, Cose darte, ivi, 23 dicembre 1886) o lamico filosofo Angelo Conti, il
Doctor Mysticus (Cadentia sidera, Lestate a Roma, ivi, 13 agosto 1887), che
detta una nitida pagina leopardiana nel dialogo tra Cielo e Tempo. In que-
stultimo caso, lintroduzione tocca al Duca:
CADENTIA SIDERA
Caro Amico,
ti mando oggi una curiosa epistola del Doctor Mysticus, che tu puoi pubblicare
affinch i lettori conoscano quale strana virt abbiano le stelle cadenti sui cervel-
li degli uomini solitarii nella lunazione dagosto.
Cordiali ringraziamenti e saluti.
Il Duca Minimo 46
Erano auspici, dietro le sedie nuziali, due amici antichi e compagni darte e con-
terranei: Gabriele dAnnunzio e Costantino Barbella47.
Il suo pi noto nome di battaglia, Il Duca Minimo, viene alla luce per la
prima volta il 12 maggio 1885 e lo accompagna nella Tribuna (con la sola
eccezione di un intervento sulla Cronaca bizantina del 23 agosto 1885),
innanzitutto con il Piccolo corriere della rubrica La vita ovunque, poi in altre
rubriche periodiche come Cronaca bizantina, La vita a Roma, Grotteschi e
rabeschi, Cronaca della spada, Cronaca darte, Cronaca letteraria, Lestate a
Roma, qualche Cronaca mondana, appannaggio di Lila Biscuit, che stiler
quasi sempre la Cronaca della moda. Sar proprio il Duca Minimo il vero sti-
pendiato della Tribuna, larbiter elegantiae dei salotti e dei teatri romani,
46
SG I, pp. 926-927.
47
Vere de Vere, Nuptialia, La vita a Roma, in La Tribuna, 3 marzo 1885, in SG I, p. 267.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 123
delle sale da concerto e dei boudoir, visto che Gabriele ha ormai dovuto
accettare limpiego per via delle nozze con Maria Hardouin di Gallese, il cui
Peccato di maggio non rimasto privo di conseguenze48. Prendiamo uno qual-
siasi dei suoi articoli: si va dalle novit del teatro francese ai consigli di lettu-
ra per il pubblico femminile, dalla descrizione delle scomodit legate al cap-
pello a cilindro fino alle massime di Sagesse de poche che sempre riguardano
le signore, alle quali il cronista si rivolge con attenzione meticolosa.
PICCOLO CORRIERE
Gi da qualche giorno lautore di Monsieur de Camors ha letto al comitato della
Comdie Franaise la sua nuova commedia. Octave Feuillet legge molto bene, ma
anche molto lentamente. Cosicch la lettura, incominciata alle due, finita alle
cinque. []
Raccomandiamo alle lettrici i Contes la contesse dArmand Silvestre []. Non
si spaventino le lettrici. Silvestre mette innanzi al suo nuovo volume una specie
di prefazione in cui dichiara la perfetta decenza di queste sue nuove novelle. Le
lettrici possono fidarsi ed aprire il libro che elegante di forme ed elegantemen-
te illustrato Kauffmann. Rideranno molto. Il libro non che un sonante scoppio
di risa, che si prolunga per trecento pagine con un crescendo meraviglioso. []
Mariti ingannati, amanti astuti, femmine amorose formano la maggior parte
delle avventure. Silvestre lillustratore e lamatore delle femmine grasse, delle
dodues. Egli da molto tempo fa una guerra spietata alle donne bernhardtiane [].
Le signore di Roma, bianche e molli nella pinguedine nascente, trovano in
Armand Silvestre un paladino audace e un sapientissimo buongustaio. []
Santillane del Gil-Blas fa una guerra accanita al cappello a cilindro, alla tuba,
allorribile bomba.
Il primo uomo, egli dice, che immagin di coprirsi il capo duna qualunque cosa,
ebbe la manifesta intenzione di mettersi al riparo dal sole, dalla pioggia, dal fred-
do, da tutte insomma le intemperie della stagione. Ora, il cappello a cilindro (le
tuyau de pole, dice Santillane) adatto allo scopo? Per niente, come tutti sanno.
Anzi caldo destate, freddo dinverno; il pi leggero colpo di vento lo butta
gi, senza che ci sia modo di arrivare a fermarlo.
A cavallo, il cappello a cilindro insopportabile; al pi piccolo movimento di
trotto, va allaria; nella cavalcate per i boschi, si attacca a tutti i rami. In chiesa,
in teatro, in qualunque luogo affollato, dun impaccio supremo, e una causa di
continue preoccupazioni se non si vuol che rimanga schiacciato, o sfondato, o
guasto in qualche maniera.
Incomodo e poco pratico, fosse almeno elegante! Ma no. Nulla pi brutto, pi
antiartistico, pi ridicolo di questo strano utensile che deve suscitare molta ilarit
negli Orientali. []
48
G. dAnnunzio, Il peccato di maggio (poi in Intermezzo di rime, ora in Versi damore e di
gloria, cit. vol. I, pp. 267-271 e note pp. 944 e sgg.) apparve in Cronaca bizantina, 16 mag-
gio 1883 (ma delle due duchesse, madre e figlia, si parlava anche nellarticolo Venere capitoli-
na favente, a firma di Bull-Calf, in Fanfulla, 13 aprile 1883, in SG I, pp. 58-61).
124 Maria Teresa Imbriani
Alcune massime tolte dalla Sagesse de poche di Daniele Darc []: Una donna
stupida una calamit assai pi grande di un uomo stupido, perch ella parla di
pi. [] Non vi fidate della donna che ride sempre e delluomo che non ride
mai49.
Al gran sole, non vi fidate dei veli in tulle rosso, giallo, turchino, o verde. Questi
veli hanno tanti riflessi diversi che colorano il volto e non sempre con vantaggio.
Il velo rosso empie tutta la fronte e il naso dun fulgore dincendio che pu star
bene a un viso pallido, specialmente se il viso si vede in pieno. Ma di profilo il
riflesso rosso non pi che una macchia vinosa dunapparenza sgradevole.
Il velo giallo d alla pelle un color di limone e fa sembrare dun color mattone la
parte del viso che rimane scoperta.
Il velo verde d un colore di ranocchia, uno sguardo semispento, laspetto mala-
ticcio.
Il tulle bianco invece sfuma delicatamente i contorni, addolcisce la tinta; e il tulle
nero vivifica il rosso delle labbra, lo splendore delli occhi e rende pi brune le
ciglia e le sopracciglia50.
Oh bei mantelli di lontra ornati di castoro biondo! Il pelo lucidissimo si apre qua
e l come una spiga, variando legual colore cupo con apparenze doro. Nulla
pi signorilmente voluttuoso che una pelliccia di lontra da qualche tempo usata.
Allora le pelli consentono a tutte le pieghevolezze del corpo femminile; ma non
con la leggera aderenza della seta e del raso, s bene con una certa gravit non
priva di grazie e di quelle dolci grazie che li animali forniti di ricco pelame hanno
nei loro movimenti furtivi. Sempre una specie di lampo, una specie di lucidit
repentina precede o accompagna il movimento, e d al movimento una strana
bellezza.
49
Il Duca Minimo, La vita ovunque. Piccolo corriere, in La Tribuna, 25 giugno 1885, in
SG I, pp. 456-459.
50
Id., La vita ovunque. Piccolo corriere, in La Tribuna, 24 giugno 1885, in SG I, pp.
P. 453.
51
S. Slataper, Quando Roma era Bisanzio, in La Voce, 20 aprile 1911, in S. Costa,
Gabriele dAnnunzio, cit., p. 37.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 125
Alle giunture poi delle spalle, su l rovescio delle braccia, in torno ai fianchi, e qua
e l su l seno il colore prende un tono duna soavit antica, quasi morente, simi-
le forse a quello dun vaso di argento dorato in cui largento non anche apparisca
schietto e loro muoia52.
E chi delle nobildonne andr mai pi a una prima teatrale, dopo che Vere
de Vere, autentico struggler for life53, ha avvertito di evitare lApollo, teatro
mediocre e mal frequentato?
Noi amiamo con molto ardore i grandi spettacoli, i larghissimi lussi, le vibrazio-
ni delle pierreries, la luminosit dei tessuti paillettis, pe quali il gran Tho faceva
sonetti mirabili, e le scollature audaci, e le acconciature splendenti di monili aral-
dici e tutte quelle magnificenze feminili che mutano la sala di un teatro in un
convegno di bellezza e di ricchezza dilettoso alla vista dei mortali. Odiamo e
disprezziamo lignobile mediocrit di questo Apollo dove lilluminazione cos
scialba, dove linterno dei palchi duna tinta cos indecentemente sporca, dove
le signore vanno in abito chiuso e qualche volta anche in cappello, e dove per-
messo che un tenore si presenti, con un paio di pantaloni vecchi e con un ber-
retto da fattorino del telegrafo, a far delle stecche atroci. Oh povero Apollo, fre-
quentato omai dalli impiegati al Debito Pubblico, dalli ufficiali della Milizia
Territoriale e dai mariti delle coriste, perch laltra sera le acque melmose del
padre Tevere non ti copersero tutto?54
una primavera precoce. Ieri, uscendo fuori di porta del Popolo, vidi biancheg-
giare sul fondo turchino del cielo un ricamo finissimo disegnato dalla chioma di
un albero: da buon adoratore della santa Natura, ebbi un impeto dallegria, e gri-
dai ad un amico: Un mandorlo fiorente! Ahim, non era che una ramaglia secca
dalle foglie argentine.
52
Happemouche, Cronache romane. La cronachetta delle pellicce, in La Tribuna, 11
dicembre 1884, in SG I p. 205; Il Duca Minimo, Cronaca bizantina, in La Tribuna, 12
novembre 1886, in SG I, p. 674.
53
Lespressione nella lettera di Romain Rolland a Suars del 18 maggio 1897, in G. Tosi,
DAnnunzio visto da Romain Rolland. Con documenti inediti, in Il Ponte, marzo 1963, p. 346.
54
Vere de Vere, Giornate romane. Alla vigilia di Carnevale, in La Tribuna, 16 gennaio
1885, in SG I, pp. 226-227.
55
Cfr. A. Andreoli, Il vivere inimitabile, cit., p. 171.
126 Maria Teresa Imbriani
Pure la primavera c, si sente nellaria, si sente nel verde umile della campagna,
si sente nel sangue. Roma uno splendore; ha un incanto nuovo, pare giovine e
lieta; fa pensare alla saturnia augusta Roma pagana; perfino il Pantheon, il nero
aggrondato gigante, sanima stranamente a questo biondo sole; e di sotto al por-
tico e tra le colonne corintie pare qualche volta di vedere ondeggiare un pallio o
un peplo Con un po di buona volont, anche un questurino si pu trasfor-
mare in vergine sacra o in senatore quirite; perch no?
Tutto diventa oro; gli ultimi sprazzi di luce prendono una tinta calda, un aran-
cione intenso ove turbinano nugoli di polvere luccicante. Si cammina per una
via; tutta un tratto, alzando gli occhi, si vede una striscia gloriosa di sole che
bacia i cornicioni delle case, che d lampi e guizzi vivissimi alle vetrate, una stri-
scia di luce densa, dir cos, consistente, come un vapore. []
Passa poi sempre su quellora qualche splendida creatura dal viso pallido, dagli occhi
cerchiati di violaceo tenero, profondi, pieni di promesse; dalla bocca rossa come una
ferita, qualcuna di quelle pantere umane cantate e ricantate in elzeviro; passa traendo
seco per le penombre crepuscolari un desiderio di adolescente o un sogno di poeta56.
Roma diventa la citt delle demolizioni. La gran polvere delle ruine si leva da tutti
i punti dellUrbe e si va disperdendo a questi dolci maggesi. [] Ma dalle rovi-
ne sorger e risplender la nuova Roma, la Roma nitida, spaziosa e salutare, la
Roma costruita dalli architetti giovani che lasceranno da parte le eleganze spon-
tanee del Bramante e sinspireranno utilmente al palazzo del Ministero delle
finanze, al gran mostro della moderna architettura, alla caserma deglimpiegati57.
Fra non molti anni, se una giusta e severa legge edilizia non mette un freno alla
prepotenza e alla impudenza dei fabbricatori, la capitale del mondo rassomiglier
56
Bull-Calf, Corriere di Roma. Effetti di luce, in Fanfulla, 30 gennaio 1882, in SG I,
pp. 6-9.
57
Il Duca Minimo, La vita ovunque. Piccolo corriere, in La Tribuna, 12 maggio 1885, in
SG I, pp. 310-311.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 127
Infine, nel 1893, larticolo Preambolo, che annuncia il suo ritorno alla
Tribuna, far di nuovo riferimento alla frenesia demolitoria, rievocando, a
distanza di un lustro, lesperienza del cronista mondano, che presto coinci-
der con quella di Claudio Cantelmo, il protagonista delle Vergini delle rocce.
Mi par gi lontanissimo il tempo in cui, mettendo per la prima volta il mio spi-
rito curioso a contatto immediato con i pi singolari fenomeni della vita moder-
na, io su questo giornale medesimo rompevo il mio stile a tutti gli sforzi della rap-
presentazione istantanea e della celere indagine o con la lieta veemenza della gio-
vinezza conducevo qualche impresa efficace contro i beoti, per la dignit dellar-
te, pel rispetto di una grande memoria, pel trionfo di unidea nuova.
Era il tempo in cui pi torbida ferveva loperosit dei distruttori o dei costrutto-
ri sul suolo di Roma. Insieme con nuvoli di polvere si propagava una specie di
follia edificatoria, come un turbine improvviso, afferrando non soltanto i fami-
gliari della calce e del mattone ma ben anche i pi schivi eredi dei majorascati
papali, che avevano fino allora guardato con dispregio gli intrusi dalle finestre dei
palazzi di travertino incrollabili sotto la crosta dei secoli. [] E din torno, su i
prati signorili ove nella primavera anteriore le violette erano apparse per lultima
volta pi numerose dei fili derba, biancheggiavano pozze di calce, rosseggiavano
cumuli di mattoni, stridevano ruote di carri carichi di pietre, si alternavano le
chiamate dei mastri e i gridi rauchi dei carrettieri, cresceva rapidamente lopera
brutale che doveva occupare i luoghi gi per tanta et sacri alla Bellezza e al
Sogno.
Sembrava che soffiasse su Roma un vento di barbarie e minacciasse di strapparle
quella raggiante corona di ville gentilizie a cui nulla paragonabile nel mondo
delle memorie e della poesia. Perfino i bussi della Villa Albani, che eran parsi
immortali come le cariatidi e le erme, rabbrividivano nel presentimento del mer-
cato e della morte.
Fu allora, da per tutto, come un contagio di volgarit. Nel contrasto incessante
degli affari, nella furia quasi feroce degli appetiti e delle passioni, nellesercizio
disordinato ed esclusivo delle attivit utili, ogni senso estetico fu smarrito, ogni
rispetto del passato fu deposto. La lotta per la ricchezza e per la potenza fu com-
battuta con un accanimento implacabile, senza alcun freno. Il piccone, la caz-
zuola e la mala fede furono le armi. E, da una settimana allaltra, con una rapi-
dit quasi chimerica sorgevano sulle fondamenta riempite di macerie le gabbie
enormi e vacue, crivellate di buchi rettangolari, sormontate da cornicioni postic-
58
Id., La vita ovunque, in La Tribuna, 15 dicembre 1886, in SG I, p. 737.
128 Maria Teresa Imbriani
59
G. dAnnunzio, Nella vita e nellarte. Preambolo, in La Tribuna, 7 giugno 1893, in SG
II, p. 196.
60
A. Andreoli, Introduzione, in SG II, p. XXIX, che continua: Identificato di solito con
la pagina optima, con le dimore leggendarie o con leleganza ricercata, lesteta invece alle
prese anche con ben altro che non riguarda il suo personale e, secondo il moralismo dei pi,
discutibile stile di scrittura e di vita. Durante gli anni del suo lungo interventismo culturale lo
troveremo infatti puntualmente l dove il brivido della distruzione fa fremere unopera dar-
te o unaugusta memoria. Non si contano i tesori di bellezza che egli ha difeso senza rispar-
mio: monumenti, abbazzie, cattedrali, cinte murarie, torri, centri storici, paesaggi, arredi urba-
ni, affreschi, statue, volumi rari, spartiti musicali, ricettari, tradizioni artigianali, dialogando di
continuo con soprintendenti, conservatori, archeologi, architetti. Cantore di tutte le bellezze
della terra italiana la dicitura sua dAnnunzio pertanto uno dei massimi, miscono-
sciuti, paladini di quelli che si sarebbero definiti beni culturali.
61
G. dAnnunzio, LAbbazia abbandonata. A Pasquale Villari, in Il Mattino, 30-31
marzo 1892, in SG II, pp. 24-29.
62
Id., La galleria nel centro di Firenze. Una lettera di Gabriele dAnnunzio, in Corriere
della Sera, 25 marzo 1926, in SG II, pp. 780-1 (e per la risposta del Primo ministro cfr. la
nota a p. 1714).
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 129
Museo clementino, mentre nel 1926 sar Benito Mussolini in persona a inter-
venire affinch la Fiorenza del bel San Giovanni non venga deturpata.
La consacrazione delleroe
la voce di Antigone sale verso le stelle virginee; le pieghe del peplo dorico sono
commosse dal vento che passato su i monti e su i mari. E i battellieri del
63
Se ne lamentava nellarticolo Il Ritorno della rubrica Cronaca bizantina, apparso a firma
del Duca Minimo in La Tribuna, 8 ottobre 1887 (in SG I, p. 931): Anche la miserabile fati-
ca quotidiana del giornale, in questa prima sollevazione, vi appare meno dura e meno inutile
poich villumina la speranza che almeno una piccola parte dei vostri convincimenti e dei
vostri intendimenti e dei vostri gusti si diffonda nella moltitudine e serva a preparare tempi
migliori per larte che amate.
64
Per la parola intellettuale, cfr. E. Giammattei, DAnnunzio giornalista a Napoli. I segni
del contesto, in DAnnunzio giornalista, pp. 37-57 (ma anche Ead., Retorica e idealismo. Croce
nel primo Novecento, Il Mulino, Bologna 1987, p. 191). Sulle letture dannunziane cfr. almeno
G. Tosi, DAnnunzio critique dart. Aux sources franaises de son loge de Michetti (1893-1896),
in DAnnunzio giornalista, pp. 75-92.
130 Maria Teresa Imbriani
che in vece per noi ha grandissimo pregio: Voglio dire la modernit. [] Cos
il filosofo si mette fuori del suo tempo, mentre lartefice rientra nel suo tempo.
Ma luno, pur glorificando la vita, spazia in un dominio puramente speculativo;
mentre laltro realizza le sue astrazioni nella forma concreta dellopera darte66.
V nella moltitudine una bellezza risposta, donde il poeta e leroe soltanto pos-
sono trarre baleni. Quando quella bellezza si rivela per limprovviso clamore che
scoppia nellanfiteatro o su la piazza publica o nella trincea, allora un torrente di
gioia gonfia il cuore di colui che seppe suscitarla col verso, con larringa, col segno
della spada. La parola del poeta comunicata alla folla un atto come il gesto del-
leroe. un atto che crea dalloscurit dellanima innumerevole unistantanea bel-
65
G. dAnnunzio, NellArte e nella Vita. La rinascenza della tragedia, in La Tribuna, 2
agosto 1897, in SG II, pp. 263-264. Si veda anche Id., Il fuoco [1900], in Prose di romanzi,
cit., I, p. 298: Il popolo consiste di tutti coloro i quali sentono un oscuro bisogno di elevar-
si, per mezzo della Finzione, fuor della carcere cotidiana in cui servono e soffrono. [] Nelle
anime rudi e ignare la sua arte, pur non compresa, per il potere misterioso del ritmo recava un
turbamento profondo, simile a quello del prigioniere che sia sul punto di essere liberato dai
duri vincoli. La felicit della liberazione si spandeva a poco a poco nei pi abietti; le fronti sol-
cate si rischiaravano; le bocche, use alle vociferazioni violente, si dischiudevano alla meravi-
glia.
66
Id., Nella vita e nellarte. Il caso Wagner II, in La Tribuna, 3 agosto 1893, in SG II,
pp. 242-244.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 131
lezza, come uno statuario portentoso potrebbe da una molle argilla trarre con un
sol tocco del suo pollice plastico una statua divina. Cessa allora il silenzio che
scende, come una cortina sacra, sul poema compiuto. La materia della vita non
pi evocata dai simboli immateriali; ma la vita si manifesta nel poeta integra, il
verbo si fa carne, il ritmo si acclera in una forma respirante e palpitante, lidea
si enuncia nella pienezza della forza e della libert67.
Ebbene, c ancra qualcuno che in mezzo a tanta miseria e a tanta abjezione ita-
liana serba la fede nella virt occulta della stirpe, nella forza ascendente delle idea-
lit trasmesseci dai padri, nel potere indistruttibile della Bellezza, nella sovrana
dignit dello spirito, nella necessit delle gerarchie intellettuali, in tutti gli alti
valori che oggi dal popolo dItalia sono tenuti a vile, e specialmente nellefficacia
della parola. Dopo aver considerato e tentato ogni cosa, io vedo che la parola
non lazione conduce tutto fra i mortali dice lOdisseo di Sofocle, con senten-
za profonda. Ed Elettra Poche parole hanno sovente sollevato o abbattuto un
67
Id., Agli elettori di Ortona, in La Tribuna, 23 agosto 1897, in SG II p. 270.
68
P. Gibellini, Logos e mythos, cit., p. 6.
69
Cfr. A. Andreoli, La regia del Convito, in DAnnunzio giornalista, pp. 167-176 (e anche
della stessa le note in SG II, pp. 1585-1595).
70
Cos si autodefinisce dAnnunzio nellarticolo Per le onoranze a Vittorio Pica, Corriere
della Sera, 26 febbraio 1928, in SG II, p. 784.
132 Maria Teresa Imbriani
uomo. Credendo in questa antica e sempre nuova efficacia, noi ci gettiamo con
ardore nellimpresa71.
A chi la forza?
A noi!
A chi la costanza?
A noi!
71
Proemio, in Il Convito, gennaio 1895, in SG II, p. 285. Le due citt. da Sofocle,
Filottete, vv. 98-99 ed Elettra, vv. 415-416 sono nella c. 13 di ARC.21.1/39, conservata pres-
so la Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II di Roma, su cui M.T. Imbriani,
Nascondere il brutto o volgerlo al sublime: nel laboratorio delle Vergini delle rocce, in
Quaderni del Vittoriale nuova serie 3, 2006, pp. 39-130.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 133
A chi la fedelt?
A noi!
A chi la vittoria?
A noi!
Contro tutto e contro tutti
alal!72
in queste cose scritte un po a caso, mandate una dopo laltra a un giornale che le
paghi e le stampi, la qualit vera di dAnnunzio si dimostra con una purit repen-
tina; senza schemi, senza programmi. dAnnunzio che prende una cosa qua-
lunque e la scrive. [] Son cose del suo passato, della sua vita, che ci riportano
dinanzi le amanti, i giardini, le cere, i cavalli, le abitudini e le pose consuete; ma
tutto questo materiale un po falso e stilizzato ha poco valore nella pagina nuova.
un pretesto per scriverla. Quel che importa soltanto lo scrivere; DAnnunzio
che si ferma sopra un punto, un ricordo, una sensazione e la esprime; ne cava una
pagina e poi ha finito. Va per il suo cammino; la pagine resta dietro di lui lieve e
sciolta come una foglia non legata a nulla; piena e pefetta in s stessa, limpida
come una goccia dacqua pura73.
72
Cos si conclude un discorso dannunziano stampato con il titolo A noi!, in La Vedetta
dItalia, 18 maggio 1920, in SG II, p. 1110. Gli articoli della Vedetta dItalia sono raccolti
in SG II, pp. 1003-1327. Vd. anche E. Paratore, DAnnunzio giornalista al tempo della guerra,
in DAnnunzio giornalista, pp. 155-165 e P. Alatri, DAnnunzio giornalista politico, ivi, pp. 177-
197 e Id., Nitti, dAnnunzio e la questione adriatica 1919-1920, Feltrinelli, Milano 1976, oltre,
a cura dello stesso, G. dAnnunzio, Scritti politici, Feltrinelli, Milano 1980.
73
R. Serra, DAnnunzio, in Id., Le lettere [1914], a cura di A. Palermo, Mephite, Atripalda
2004, p. 84.
74
L. Longanesi, La morte del cigno, in LItaliano, 30 novembre 1928, ora in Id.,
LItaliano, raccolta antologica a cura di M. Veneziani, Ciarrapico, Roma 1985 p. 52.
134 Maria Teresa Imbriani
A Giovanni Agnelli
Mio caro Senatore,
in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina
che mi sembra risolvere la questione del sesso gi dibattuta. LAutomobile fem-
minile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacit duna seduttrice; ha, inoltre,
una virt ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne
ha la disinvolta levit nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur. []76
75
La cit. tratta da A. Gramsci, Passato e presente. Caratteri del popolo italiano, in Quaderni
del carcere, edizione critica a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975, vol. II, p. 1202.
76
G. dAnnunzio, A Giovanni Agnelli, in Rivista Fiat, gennaio-febbraio 1926, in SG II,
p. 1367.
MARIA PANETTA
Settantanni di militanza:
Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani
1
Cfr. B. Croce, I laureati al bivio, in La Voce, I, n. 8, 4 febbraio 1909; rist. in Id.,
Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, a cura di. M.A. Frangipani, Bibliopolis, Napoli
1993, pp. 109-113.
2
Cfr. Id., I laureati al bivio, in Id., Cultura e vita morale, cit., p. 109.
3
Ibidem.
4
Ibidem.
5
Ibidem.
6
Ibidem.
7
Ivi, p. 110.
8
Ibidem.
9
Ibidem.
136 Maria Panetta
li respinge bens anchesso per la natura instabile e sempre pericolante del lavoro
che in grado di fornire; ma assai pi fortemente li attira coi pronti e talora lar-
ghi guadagni, con la dimora nelle grandi citt, con la relativa libert nelluso della
propria giornata, con la notoriet che procura facilmente, sin dalle prime prove10.
Croce prendeva ivi posizione netta contro il mondo della carta stampa-
ta, affermando che fosse necessario indirizzare questi giovani indecisi (ma
capaci) verso linsegnamento, distogliendoli dal giornalismo, che, a suo giu-
dizio, coltivato quotidianamente,
10
Ibidem.
11
Ivi, p. 111.
12
Ibidem.
13
Ibidem.
14
Ibidem.
15
Ivi, p. 112.
16
Ibidem.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 137
17
I quattro articoli vennero ristampati in un opuscolo diffuso in 50 copie per le nozze tra
Giuseppe Lombardo Radice ed Emma Harasim: cfr. B. Croce, Il primo passo. Quattro scritti
critici, S. Tip., Napoli MCMX, poi raccolto in appendice a Id., Pagine sparse, vol. I, Ricciardi,
Napoli 1943, pp. 415-437. Cfr. E. Cione, Bibliografia crociana, Bocca, Milano 1956, pp. 62
e sgg., e p. 231. I saggi sono stati, in seguito, inclusi nel secondo volume delle crociane Nuove
pagine sparse (II ed., Laterza, Bari 1966, pp. 273-300). Cfr. A. Manganaro, Un dono di nozze
a Giuseppe Lombardo Radice: Il primo passo di Benedetto Croce, in Unistituzione. Una storia
(1938-2001), Annuario dellIstituto Magistrale Statale G. Lombardo Radice di Catania,
Greco, Catania 2001, pp. 91-94.
18
Cfr. B. Croce, Pagine sparse, vol. I, cit., p. 420.
19
Ibidem.
20
Ibidem.
21
Giambattista Basile: Napoli, 1883-1889, 1892 (a. VIII), 1893-1905 (a. IX), 1906,
1907 (a. XI). Redattori: M. Mandalari, M. Scherillo, L. Correra, G. Amalfi, V. Della Sala, V.
138 Maria Panetta
dico usc tra il 1883 e il 1907, in 139 fascicoli, e si occup del patrimonio
letterario, linguistico ed etnologico di Napoli e della Campania, con cenni
alle altre regioni del meridione dItalia.
Sotto la suggestione dellimpulso dato da Alessandro DAncona (con cui
Croce era in corrispondenza)22, Giuseppe Pitr e Vittorio Imbriani agli studi
di letteratura popolare, anche Croce si dilett, in quel periodo, a raccogliere
e ad annotare fiabe, canti, cunti, detti e proverbi popolari, non senza assilla-
re, per procurarsene di sconosciuti o poco conosciuti, le cameriere, il cuoco
e il cocchiere di casa, e ancora i contadini, [] anzi persino i zampognari23:
di essi si trova traccia in numerosi articoli da lui pubblicati, tra il 1883 e il
1889, soprattutto sul suddetto Giambattista Basile, seguendo le direttive e
i propositi riassunti nel Programma della rivista (Ai nostri lettori, del 15 gen-
naio 1883), nel quale, dopo aver sottolineato la grande importanza degli
studi di letteratura popolare, i redattori precisavano:
Simoncelli. Cfr. la ristampa anastatica in tre volumi, edita da Arnaldo Forni editore (Sala
Bolognese 1979).
22
Cfr. D. Conrieri (a cura di), Carteggio DAncona-Croce, introduzione di M. Fubini,
Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1977.
23
Cfr. B. Nicolini, Benedetto Croce, UTET, Torino 1962, pp. 62-63.
24
Cfr. Giambattista Basile, cit., a. I, pp. 1-2.
25
Al riguardo, cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, Edizione Nazionale delle Opere di
Benedetto Croce, Bibliopolis, Napoli 2006, p. 108.
26
Ivi, pp. 108-109.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 139
Favola raccolta sul villaggio del Vomero (del 15 novembre 1883)27, che lo stes-
so Croce reputava un seguito di stramberie mal connesse, fatto, direi quasi, pi
per ludito che per la fantasia28; Canti popolari raccolti in Napoli sul Villaggio
del Vomero (del 15 dicembre 1883)29, dieci canti popolari sino ad allora scono-
sciuti, seguiti da note lessicali e notazioni sui personaggi evocati; Canti popola-
ri raccolti a San Cipriano Picentino (del 15 febbraio 1884)30, altri dieci canti
popolari annotati da Croce. Seguirono: Letteratura scolastica (del 15 giugno
1885)31, ovvero motti, versi, indovinelli, filastrocche, aneddoti e facezie cor-
renti nelle scuole; il noto saggio su La leggenda di Niccol Pesce (del 15 luglio
1885)32, in cui Croce ne raccont una delle versioni circolanti, con la successi-
va Giunta alla leggenda di Niccol Pesce (del 15 agosto 1885)33 e la risposta ad
Arturo Graf intitolata Ancora di Niccol Pesce (del 15 gennaio 1886)34; Come va
che gli uomini mangiano ancora il pane (del 15 settembre 1885)35, resoconto di
un fatterello36 raccontatogli da un facchino in una stazione; Un opuscolo popo-
lare del secolo XVI (del 15 ottobre 1885)37, ovvero la ristampa di una Relazione
sincrona sulla morte di Maria Stuarda; Canti popolari della Marittima e
Campagna (del 15 agosto 1886)38, raccolta di sei canti popolari in endecasilla-
bi; Usi nuziali di San Cipriano Picentino e di Mercato San Severino (del 15 mag-
gio 1887)39; Francesco Caracciolo e un suo Omero (del 15 novembre 1887)40, in
cui compare la ristampa di un opuscolo popolare sullammiraglio giacobino
Francesco Caracciolo e sulla battaglia navale del 14 marzo 1795 tra inglesi e
francesi, seguito dallarticolo intitolato Intorno al poemetto popolare su Francesco
Caracciolo (del 15 gennaio 1888)41, in cui si conferma la datazione proposta da
Croce per il suddetto poemetto nellintervento precedente; O cunto ro gallo e
a zoccola. Favola raccolta sul villaggio del Vomero da Benedetto Croce (del 15
maggio 1888)42;O cunto e luorco e lorca (15 gennaio 1889)43 e, infine, Canti
politici del popolo napoletano (del 15 agosto 1889)44.
27
Ivi, pp. 109-110.
28
Cfr. Giambattista Basile, cit., a. I, n. 11, p. 83.
29
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 110-112.
30
Ivi, pp. 113-114.
31
Ivi, pp. 115-116.
32
Ivi, pp. 116-118.
33
Ivi, pp. 118-119.
34
Ivi, pp. 123-124.
35
Ivi, p. 119.
36
Cfr. Giambattista Basile, cit., a. III, n. 9, p. 72.
37
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 119-120.
38
Ivi, p. 124.
39
Ivi, p. 130.
40
Ivi, pp. 130-131.
41
Ivi, p. 132.
42
Ibidem.
43
Ivi, p. 133.
44
Ivi, pp. 133-134.
140 Maria Panetta
45
Del quale non si tratter, in questa sede, se non per brevi cenni e sul quale cfr. F. Lolli,
Croce polemista e recensore (1897-1919), Il Mulino, Bologna 2001.
46
Cfr. a. XIII, n. 162, p. 3; rist. in B. Croce, Pagine sparse, vol. I, cit., pp. 443-447.
47
Cfr., oltre a numerose sue recensioni, B. Croce, Chi lo Schiavo da Bari. Lettera, in
Rassegna pugliese, 1885, p. 261; Id., Ancora dello Schiavo da Bari, 1885, p. 298; Id., Il mito
di Shakespeare, n. 11, 15 giugno 1885; Id., Di un antico vocabolarietto italiano-tedesco, n. 11,
15 giugno 1885; Id., Ranuccio Farnese e Sisto V, n. 12, 30 giugno 1885, pp. 183-185; Id., Una
bugia napoletana di Wolfango Goethe, n. 13, 15 luglio 1885, pp. 202-203; Id., Un elogio della
pazzia italiana, n. 14, 31 luglio 1885, pp. 217-218; Id., Dante Alighieri, poeta latino del sec.
XV, n. 15, 15 agosto 1885, pp. 232-234; Id., Un miracolo, n. 15, 15 agosto 1885, pp. 237-
238; Id., Notizie di opere letterarie italiane su Maria Stuarda, n. 17, 15 settembre 1885, pp.
266-269, 294-297, 310-312; Id., Traduzione in versi dellHiver del Branger, n. 5, 15 novem-
bre 1885, p. 322; Id., Lucrezia dAlagno, notizie storiche, n. 21, 15 novembre 1885, pp. 328-
330, 345-347, 360-363, 373-376; Id., Massime per la vita di Augusto V. Platen, n. 19, 10
novembre 1886; Id., Dai colloqui di Erasmo, n. 8, 30 aprile-6 maggio 1886, pp. 115-118, n.
9, 15-23 maggio 1886, pp. 132-134, n. 11, 25 giugno 1886, pp. 165-166; Id., Gorgheggi del-
lanima, n. 13, 31 luglio 1886, pp. 203-204; Id., Poesie popolari spagnuole e traduzioni in versi
dal Marot, n. 5, 15 marzo 1886, p. 66; Id., Una vecchia questione, larte e la morale, n. 4, 28
febbraio 1886, pp. 51-54; Id., Alcuni appunti di erudizione, n. 15, 19 settembre 1886, pp.
255-257; Id., Pensieri sullarte, n. 15, 15 marzo 1886, pp. 71-73; Id., Necrologia di Vittorio
Imbriani, n. 1, 15 gennaio 1886, pp. 3-4; Id., Appunti, n. 4, 28 febbraio 1886, p. 60; Id., Tra
libri vecchi, nn. 23-24, 31 dicembre 1886, pp. 255-257; Id., Figurine goethiane: La principes-
sa, IV, n. 14, 31 luglio 1887; Id., Figurine goethiana: Miss Harte, IV, n. 16, 31 agosto 1887;
Id., Figurine goethiane: La duchessa Giovane, IV, n. 18, 30 settembre 1887; Id., La poesia dida-
scalica, n. 4, 12 marzo 1887, pp. 52-54; Id., Giordano Bruno e W. Goethe, n. 1, 30 gennaio
1887, pp. 7-8; Id., Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher, V, ff. 7, 9, 11, 16 del 1888; Id.,
Pomponio de Algerino, V, nn. 21-22, 6 novembre 1888; Id., Una raccoltina di autografi, VII,
1890, dal n. 4-5, 21 marzo, al n. 14-15, 12 settembre 1890; Id., Don Onofrio Galeota, VII, n.
7, 4 maggio, e n. 10-11, 15 luglio 1890; Id., Ines de Castro, IX, n. 21-22, 24 dicembre 1892;
Id., Collegi femminili in Italia, IX, n. 21-22, 24 dicembre 1892; Id., Di alcune obiezioni mosse
a una mia memoria sul concetto della storia, X, 1894; Id., Versi spagnuoli in lode di Lucrezia
Borgia duchessa di Ferrara e delle sue damigelle, XI, 1894; Id., Lodi di dame napoletane del seco-
lo decimosesto, dallAmor prigioniero di Mario di Leo, XI, 1894; Id., Lavversario spagnuolo di
Antonio Galateo, XII, 1895.
48
Cfr. A. Iurilli, M.T. Colotti (a cura di), Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti, 1884-
1913: indici; introduzione di M. DellAquila, Lacaita, Manduria 1985; C. Prencipe Di
Donna, La Rassegna pugliese e Benedetto Croce, Apulia, Foggia 1974.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 141
ta dal tipografo Valdemaro Vecchi49, con cui com noto Croce ebbe un
rapporto duraturo e proficuo anche in seguito.
Dopo lavvenuta unificazione nazionale, infatti, la cultura pugliese, in
generale, perse progressivamente il suo carattere marcatamente provinciale,
trovando nella stampa un efficace veicolo di divulgazione: nella Rassegna
pugliese, in particolare, comparvero anche numerosi articoli e recensioni
sugli autori pi importanti della letteratura inglese e di quella americana,
nonch servizi relativi ai diversi aspetti del mondo doltremanica e doltreo-
ceano. La rivista sinser pure efficacemente nel filone della letteratura meri-
dionalista, apportando contributi importanti al dibattito in corso e valendo-
si della collaborazione dei pi illustri intellettuali meridionali dellepoca nel
campo delleconomia, della letteratura, della politica, delle arti e delle scien-
ze: oltre a Croce, Giovanni Bovio, Giacomo Boggiano, Francesco Fraccacre-
ta, Ottavio Serena, Nicola De Nicol, Giovanni Beltrani, Nicola Bavaro,
Francesco Saverio Vista etc.
Alcuni degli articoli di Croce ivi pubblicati riapparvero, poi, in opuscolo
e figurano tra i suoi contributi pi importanti e noti alla storia erudita italia-
na: tra essi, si ricordi almeno Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher, uscito
anche in estratto nel 1888 per la tipografia di Valdemaro Vecchi e poi ristam-
pato nel noto volume crociano su La rivoluzione napoletana del 1799 50.
In questo periodo della vita dello studioso, lattivit giornalistica sintrec-
cia con gli studi eruditi e con la curatela di una serie di edizioni di testi mino-
ri o di difficile reperibilit (come, ad esempio, quella del Memoriale a Beatrice
dAragona regina dUngheria di Diomede Carafa, uscito nel 1894 a Napoli),
dei quali Croce anticipa le prefazioni facendole uscire prima in rivista51.
Del 1887 la collaborazione al Pantagruel, inaugurato a Trani proprio
quellanno da Giovanni Mennuti, e alla romana Rassegna degli interessi
femminili, fondata nel 1886 dalla belga Fanny Salazar Zampini, docente di
lingua e letteratura inglese presso il Magistero femminile di Roma: per que-
stultima Croce firm, tra gli altri, un articolo su Gaspara Stampa52 e uno su
Eleonora Fonseca Pimentel 53, delle quali si sarebbe interessato in modo pi
approfondito in seguito54. Interessante, invece, per quanto riguarda il
49
Cfr. R. Russo, Valdemaro Vecchi: ricordo del grande tipografo-editore a cento anni dalla
morte, 1906-2006, Rotas, Barletta 2006; M. DellAquila, Valdemaro Vecchi e la Rassegna
pugliese, s.n., Bari s.a.
50
Cfr. B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799: biografie, racconti, ricerche, Morano,
Napoli 1899.
51
Per un panorama completo delle prefazioni e delle introduzioni firmate da Croce, cfr.
M. Panetta, Croce editore, cit.
52
Cfr. n. 2, del 15 febbraio, e n. 3, del 15 marzo 1887.
53
Cfr. numeri dal n. 5, del 15 maggio, al n. 9, del 15 agosto 1887.
54
Al riguardo, cfr. M. Panetta, Croce editore, cit., vol. II, pp. 680-681 (per la Stampa); vol.
I, pp. 215-219 e 226 e vol. II, pp. 599-601 (per la Fonseca Pimentel).
142 Maria Panetta
Pantagruel, lintervento intitolato Poesia e non poesia 55, nel quale il giovane
Croce critic duramente la poesia di Mario Rapisardi Per leccidio degli ita-
liani a Saati, contrapponendole il dialoghetto in dialetto napoletano sullo
stesso tema di A. Toschi56.
Unimportante collaborazione prese avvio nel 1889, ovvero quella con
lArchivio storico per le provincie napoletane, la pubblicazione della
Societ di storia patria, alla quale Croce si era associato nel 1886 e che era
stata fondata, dieci anni prima, da Scipione Volpicella, Bartolommeo
Capasso, Giuseppe De Blasiis, Camillo Minieri-Riccio, Carlo Carignani,
Vincenzo Volpicelli e Luigi Riccio: nellArchivio Croce inaugur la serie su
I teatri di Napoli del secolo XV-XVIII 57.
Dello stesso interesse testimoniano anche un articolo uscito lanno suc-
cessivo su Lettere e arte di Bologna, intitolato Il matrimonio di Paisiello 58 e
che sarebbe stato ristampato nel volume del 1891 su I teatri di Napoli dal
Rinascimento alla fine del secolo decimottavo (ma escluso dalle edizioni succes-
sive del saggio), e uno su Pulcinella sul principio del Settecento 59, che diede il
via alla collaborazione col Fanfulla della domenica di Roma. Del 1890
anche linizio dellattiva partecipazione a due fogli torinesi, Letteratura60 e
Lintermezzo (a questultimo con un articolo su Il primo pallone aerostatico
a Napoli, I, 1890), e dellemergere dellinteresse di Croce per le sorti dellar-
chitettura e dellurbanistica della citt di Napoli, con la pubblicazione in
opuscolo della relazione Sulla denominazione delle nuove vie di Napoli risul-
tanti dal piano di risanamento 61.
Questa attenzione per la citt partenopea si pales in modo netto quan-
do, a sue spese (come dichiar nel Contributo alla critica di me stesso 62) e per
amor di cultura, egli inizi una Biblioteca napoletana di storia e letteratu-
ra63, della quale apparve nel 1891, sempre ad opera del Vecchi di Trani64, il
55
Cfr. a. I, n. 2, 27 marzo 1887.
56
Al riguardo, cfr. A. Manganaro, Leccidio di Saati e Poesia e non poesia: Rapisardi e
Torelli raffrontati dal giovane Croce, in Letterature e lingue nazionali e regionali. Studi in onore
di Nicol Mineo, a c. di S.C. Sgroi e S.C. Trovato, Il Calamo, Roma 1996, pp. 275-285.
57
Cfr. vol. XIV, 1889; e il volumi XV e XVI, del 1890-1891. Il lavoro venne riproposto
in estratto, con delle aggiunte, nel 1891, dalleditore napoletano Pierro.
58
Cfr. a. II, 1890. Seguir B. Croce, Sara Goudar a Napoli, II, 1890.
59
Cfr. a. XII, 1890.
60
Cfr. B. Croce, Il falso Bellino, V, 1890; Id., Un poeta meridionale, Vincenzo Padula, V,
1890.
61
Giannini, Napoli 1890.
62
I ed. 1918: si pu consultare nelledizione Adelphi, Milano 1989, da cui sono tratte le
citazioni seguenti.
63
Da lui citata come Biblioteca letteraria napoletana, nel Contributo (cit., p. 28) e da
Nicolini come Biblioteca di scrittori napoletani (Benedetto Croce, cit., p. 145).
64
Il gi citato Valdemaro Vecchi, editore di origini settentrionali che a Trani aveva impian-
tato la sua tipografia. Su Vecchi cfr. anche: V. Vecchi, Trentanni di lavoro in Puglia, Tip. V.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 143
nel compiacimento onde rievocavo quelle immagini del passato, uno sfogo alla
giovanile fantasia, bramosa di sogni poetici e di esercitazioni letterarie; e, in
secondo luogo, nelle assidue e faticose ricerche, una formale disciplina che mi
venivo dando alla laboriosit in servizio della scienza: il che era chiaro anche nello
zelo con cui collaboravo allArchivio storico e alla Napoli nobilissima, e dise-
gnavo collezioni ed edizioni di autori69.
Vecchi e C., Trani 1898; B. Ronchi, Valdemaro Vecchi. Un grande benemerito delleditoria e della
cultura pugliese, in La Rassegna Pugliese, Nuova Serie, a. I, (1966), n. 1, pp. 40-55; n. 3, pp.
256-275 e n. 5, pp. 412-436. Cfr. anche B. Croce, Valdemaro Vecchi, in La Critica, a. IV,
(1906), pp. 167-168: necrologia; rist. in Id., Pagine sparse, II ed., vol. II, Ricciardi, Napoli
1943, pp. 45-47; III ed., vol. II, Laterza, Bari 1960, pp. 56-59. Di probabile attribuzione a
Croce, anche se concepita nello spirito collegiale della redazione e perci genericamente fir-
mata La Napoli mobilissima, la necrologia Valdemaro Vecchi, in Napoli nobilissima, XV,
(1906), fasc. II, p. 17 (cfr. G. Brescia, Valdemaro Vecchi, in Rivista di studi crociani, Napoli,
a. VII, fasc. I, gennaio-marzo 1970, pp. 106-107). Cfr. anche G. Brescia, Note di bibliografia
crociana: IV. Altre correzioni ed aggiunte; V. Ancora di Valdemaro Vecchi, in Rivista di studi cro-
ciani, vol. IX, (1972), fasc. II, pp. 202-208.
65
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 136-153.
66
E non Consalvo, come in C. Patuzzi, Laterza, Liguori, Napoli 1982, p. 29.
67
Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., p. 28.
68
Laterza, Bari 1919.
69
Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., pp. 28-29.
70
Ivi, p. 49.
144 Maria Panetta
Amico del libro, dei librai e dei tipografi Benedetto Croce ebbe costante cura
della veste esteriore di ogni sua pubblicazione. Gli fu particolarmente caro il tipo-
grafo Valdemaro Vecchi [], che cur la stampa della intera serie della Napoli
nobilissima (1892-1906) e del primo decennio della Critica. [] noto che
per molti anni, prima dellincontro con Giovanni Laterza, di tanta importanza
per la cultura italiana, Croce pubblicava i suoi libri a proprie spese, tipografo
fedele il Vecchi. Con esemplare dignit e buon gusto, senza fregi o elementi deco-
rativi, impressi su una deliziosa sottile carta a mano, abbiamo: La critica lettera-
ria (1896); Il concetto della storia nella sua relazione col concetto dellArte (1896);
gli Studi storici della rivoluzione napoletana del 1799 (1897)73.
71
Sul quale cfr. E. Giammattei, Lettere alleditore Ricciardi, in R. Ricciardi, Le carte di
Riccardo Ricciardi alla Biblioteca Nazionale di Napoli, Arte Tipografica, Napoli 1998.
72
Nellintervento di Ricciardi, il volume viene erroneamente citato come Filosofia, Poesia,
Pensiero.
73
Cfr., alle pp. 41-42, R. Ricciardi, Croce e il libro, in Rivista abruzzese, a. XIX, (gen-
naio-giugno 1966), nn. 1-2, pp. 41-44. Cfr. pure A. Pescarzoli, Croce e i librai, in
LApprodo, rivista presso la Radio Italiana, marzo 1953.
74
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 174-193.
75
Ivi, pp. 197-207.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 145
76
Cfr. B. Croce, A proposito del positivismo italiano. Ricordi personali, in Id., Cultura e vita
morale, a cura di M.A. Frangipani, Bibliopolis, Napoli 1993, pp. 41-46.
77
Ivi, pp. 43-44. Cfr. anche A. Momigliano, La Critica, in LOpinione, 16 settembre
1945; rist. in Id., Ultimi studi, La Nuova Italia, Firenze 1954, pp. 3-6: Croce ha sconfitto da
solo tutta una scuola, quella del metodo storico, della quale del resto ha riconosciuto i meriti.
Io mi trovai a studiare nel momento che quella scuola, gi esaurita, si vide sorgere davanti la
calma e potente figura di Croce. Da allora si cominci a capire che quella scuola mancava di
vero senso storico, che i suoi seguaci erano gli aridi cronisti e non gli storici della letteratura
italiana; da allora cominciarono la rivendicazione del De Sanctis, la battaglia contro le pseu-
docategorie estetiche, la distinzione fra storia della cultura e storia della letteratura, fra curio-
sit e critica. Quando apparve la rivista di Croce, il Giornale storico della letteratura italiana
troneggiava ancora; ma gi dava segni di aver finito il suo compito; e se presto si indusse ad
aprir le porte a scritti di genere insolito, mi sembra che questo non sarebbe stato possibile
senza la ventata daria nuova che veniva da Napoli (pp. 3-4). Cfr. anche L. Blasucci, La col-
laborazione di Attilio Momigliano, in Centanni di Giornale storico della letteratura italiana, Atti
del Convegno, Torino, 5-6-7 dicembre 1983, Loescher, Torino 1985, pp. 271-291.
146 Maria Panetta
78
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, in Centanni di Giornale sto-
rico della letteratura italiana, cit., pp. 1-16.
79
Arrivato a suo dire tardi in Italia, intorno al 1870, e morto alla nascita di riviste
come La Critica e Leonardo, nel 1903, anno anche della prolusione di Gentile
allUniversit di Napoli, La rinascita dellidealismo (Stabilimento tipografico della Regia
Universit, Napoli 1903, pp. 11), contro le Baccanti del Naturalismo, del Materialismo e del
Positivismo.
80
Cfr. G. Folena, Rodolfo Renier e gli esordi del Giornale storico, in Centanni di Giornale
storico.., cit., pp. 17-51. Contando su collaboratori provenienti da Milano, Firenze, Roma,
Napoli, Padova e Pisa, il Giornale godeva di una partecipazione corale eppur fortemente
selettiva di tutta la cultura storico-letteraria dellItalia postunitaria, in concorso ed emulazione
con la migliore cultura transalpina, tedesca e francese (ibidem). Folena fa notare che le edi-
zioni allestite da Renier, nonostante il plauso dei maestri DAncona e Bartoli, furono gene-
ralmente manchevoli per vari riguardi (p. 39) e ricevettero numerosi appunti critici da parte
dei giovani pi preparati, come Morpurgo e il carducciano Casini (cfr. Giornale storico della
letteratura italiana, a. I, 1883, pp. 466-477). Da notare, a margine, che gli Svaghi critici di
Renier (Laterza, Bari 1910) furono pubblicati nella Biblioteca di cultura moderna, come
Attraverso il Medioevo di Novati (Laterza, Bari 1905). Cfr. B. Croce, Ancora del Giornale sto-
rico, in La Critica, a. VI, fasc. I (20 gennaio 1908), p. 80; rist. in Id., Pagine sparse, Serie I,
vol. I, Ricciardi, Napoli 1919, pp. 111-112 e in Id., Pagine sparse, II ed., vol. I, Ricciardi,
Napoli 1943, pp. 114-115; III ed., vol. I, Laterza, Bari 1960, p. 152. Cfr. anche B. Croce, Il
Giornale storico, in Quaderni della Critica, 19-20, (1951), pp. 215-216; rist. in Id., Terze
pagine sparse, vol. II, Laterza, Bari 1955, pp. 198-201; Id., La critica erudita della letteratura e
i suoi avversari, in La Critica, a. XI, (1913), pp. 261-275; rist. in Id., La letteratura della
Nuova Italia, vol. III, Laterza, Bari 1915, pp. 388-407 (IV ed., vol. III, 1943, pp. 378-396:
qui Croce contrappone linterpretazione in chiave erudita e cronachistica della letteratura di
DAncona a quella storica di De Sanctis); B. Croce, Metodi critici del Giornale storico della
letteratura italiana [1923-24], in Id., Pagine sparse, III ed., vol. II, cit., pp. 200-212. Cfr.
anche la lettera 69 di Vittorio Cian a Croce (Torino, 23 marzo 1917), in cui Cian si ram-
marica per quella specie di denuncia del Giornale Storico e per linesplicabile accanimento
contro il Graf in un recente fascicolo della Critica (p. 20); quella di Croce a Cian (Vi,
28.9.1917) n. 81, in cui egli si dice pronto a continuare la polemica (p. 27): cfr. R. Bruno
Pagnamenta e R. Martinoni, (a cura di), Allombra del maestro. Lettere di e a Benedetto Croce
(1903-1933) scelte, trascritte e raccolte da Giovanni Castellano, Edizioni dellOrso, Alessandria
2003. In Croce, in genere, da notare un atteggiamento di rifiuto della pura erudizione, in
senso negativo o riduttivo, ma di apprezzamento della opportuna e vittoriosa difesa della
Filologia condotta dalla rivista. Cfr. M. Marti, La linea erudita tra fonti e biografie, in
Centanni di Giornale storico della letteratura italiana, cit., pp. 52-75: su questa erudizione
positiva e positivistica sabbatt lironia, talora sprezzante dellinsorgente neoidealismo e in
particolare di Benedetto Croce, che pure proprio allinsegna della scuola storica aveva condot-
to le sue prime esperienze erudite; era laltro termine dialettico dello svolgimento della storia
(p. 58). Marti fa notare come Croce, con apparente consenso, ma con sostanziale riduzione
(p. 59) riconoscesse principalmente alle pagine di bibliografia e cronaca erudita una qualche
utilit, allinterno del Giornale e aggiunge che i ferrei legami accademici e universitari che
poi lo strinsero e lo sostennero, furono forse non ultima cagione insieme col rifiuto del con-
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 147
temporaneo del profondo iato, a lungo andare, assai dannoso per tutti, tra la cultura togata
e la cultura cosiddetta militante extra-universitaria (pp. 66-67). Cfr. anche M. Berengo, Le
origini del Giornale storico della letteratura italiana, in Critica e storia letteraria. Studi offerti
a Mario Fubini, Liviana, Padova 1970, vol. II, pp. 3-26; V. Cian, Il Giornale storico della let-
teratura italiana, in La Nuova Antologia, 16 ottobre 1916, pp. 385-404; C. Varese, Il primo
venticinquennio del Giornale storico della letteratura italiana, in Annali della Regia Scuola
Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e Filosofia, s. II, vol. I, 1932, pp. 309-323; C.
Varese, Cinquantanni di Giornale storico, in Cultura letteraria contemporanea, Nistri-Lischi,
Pisa 1951, pp. 329-340; P. De Nolhac, Il Giornale storico della letteratura italiana, in
Mlanges dArchologie et dHistoire, XI, 1891, pp. 515-518; L.F. Benedetto, Ai tempi del
metodo storico, in Id., Uomini e tempi, Ricciardi, Milano-Napoli 1953, pp. 21-38; C.
Calcaterra, Il metodo storico, in Idea nazionale, 9 marzo 1922 (e, su di lui, B.T. Sozzi, Carlo
Calcaterra nella direzione del Giornale storico, in Centanni di..., cit., pp. 292-303).
81
Cfr. E. Garin, Il positivismo come metodo e come concezione del mondo, in Id., Tra due
secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo lUnit, De Donato, Bari 1983, pp. 65-89. Il mani-
festo del Positivismo italiano considerata la prolusione letta da Pasquale Villari al principio
del suo primo corso di storia (1865-1866) allIstituto superiore di Firenze, pubblicata ne Il
Politecnico del gennaio 1866 e poi nella raccolta di Saggi di storia, di critica e di politica
(1868). Nella prefazione a questi saggi, Villari scrive: Noi non vi diamo un nuovo sistema,
ma un nuovo metodo per la filosofia. Altro manifesto positivista si pu considerare la prolu-
sione di Arturo Graf Di una trattazione scientifica della storia letteraria, Loescher, Torino 1877
(per le prolusioni grafiane cfr. M. Panetta, Le prolusioni torinesi di Arturo Graf [2001], in
Scrittori in cattedra. La forma della lezione dalle Origini al Novecento, a cura di F. Calitti,
Bulzoni, Roma 2002, pp. 189-205; cfr. anche A. Graf, Confessioni di un maestro. Scritti su cul-
tura e insegnamento con lettere inedite, a cura di S. Signorini, Interlinea srl edizioni, Novara
2002).
82
Numerosi gli interventi di Croce al riguardo; fin dal 1894 egli si schier contro la moda
della ricerca delle fonti e contro certa tendenza alla comparatistica (di cui, ad es., Graf era un
cultore): cfr. B. Croce, La critica letteraria. Questioni teoriche, in Id., Primi saggi, III ed.,
Laterza, Bari 1951, pp. 73-165 (in vivace polemica con B. Zumbini); i capp. su La letteratu-
ra comparata [1902] e La ricerca delle fonti [1909], in Id., Problemi di estetica, IV ed., Laterza,
Bari 1949, pp. 71-76 e 487-502, e V ed., Laterza, Bari 1954, pp. 71-76 e 487-502; Id., La
critica erudita della letteratura e i suoi avversari, in Id., La letteratura della Nuova Italia, IV ed.,
Laterza, Bari 1943, pp. 378-396; i due paragrafi su La critica delle fonti e Critica storica e cri-
tica estetica, in Id., Conversazioni critiche. Serie II, IV ed., Laterza, Bari 1950, pp. 181-192 e
262-266; Id., Un vecchio detto della scuola storica, in Id., Conversazioni critiche. Serie III, II ed.,
Laterza, Bari 1951, pp. 74-78; Id., Postilla, nellultimo dei Quaderni della Critica, 1951, pp.
215-216. Ancora: Id., Un detto del Machiavelli, in Id., Conversazioni critiche. Serie IV, II ed.,
Laterza, Bari 1951, p. 17 (laddove si pu leggere una battuta piuttosto pungente contro V.
Cian, un critico nazionalistico (il che vuol dire bens eroico, sempre, ma non sempre molto
sottile)); Id., Pensieri sullarte, XXXV, in Id., Conversazioni critiche. Serie III, III ed. riv.,
148 Maria Panetta
Laterza, Bari 1942, pp. 181-182 etc. Cfr. anche L. Sozzi, Gli studi di letteratura comparata, in
Centanni di Giornale storico della letteratura italiana, cit., pp. 347-359.
83
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, cit., p. 7.
84
Ibidem.
85
Cfr. C. Dionisotti, Scuola storica, in Dizionario critico della letteratura italiana, UTET,
Torino 1973, III, pp. 352-361; D. Consoli, La scuola storica, Ed. La Scuola, Brescia 1979.
86
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, cit., p. 7.
87
Ivi, p. 8. Cfr. R. Renier, Metodo storico e metodo estetico, in Gazzetta Letteraria, 15
novembre 1890, rist. in D. Consoli, La scuola storica, cit., pp. 116-123; B. Croce, Critica sto-
rica e critica estetica, in Id., Conversazioni critiche, Serie II, IV ed. riv., Laterza, Bari 1950, pp.
262-266.
88
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, cit., p. 9.
89
Cfr. A. Limentani, Francesco Novati condirettore del Giornale storico, in Centanni di...,
cit., pp. 188-213.
90
Cfr. M. Chiesa, Vittorio Rossi e il Giornale storico, in Centanni di..., cit., pp. 214-236:
p. 220. A proposito di Vittorio Rossi (cugino, tra laltro, di Renier), Chiesa annota: Non
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 149
In seguito alla morte di Renier, nel 1915, dopo Novati, alla direzione del
Giornale successe Egidio Gorra e ci fu una progressiva apertura della rivi-
sta alla nuova cultura ormai imperante: la recensione91 di Gorra al crociano
Gli scritti di Francesco De Sanctis e la loro varia fortuna (Laterza, Bari 1917)
sanc un netto allontanamento dalla scuola del metodo storico. Ma gi in pre-
cedenza il Giornale aveva manifestato una sostanziale concordanza didee
con le riserve espresse da Croce92 sullutilit delle ricerche e delle classifica-
zioni stilistiche e metriche, al di l di un loro impiego meramente pratico e
comunque allinterno di una critica di tipo estetico93.
Successivamente alla pubblicazione della desanctisiana Storia della lettera-
tura italiana a cura di Croce (1912)94, un intervento di Gorra95 scaten la rea-
zione di Croce sulle pagine della Critica del 1917 96: evidentemente ha
commentato Mario Pozzi97 ragioni umane e politiche gli impedivano di
scorgere nei rimbrotti del Gorra il dispetto di chi, per gli errori di un passa-
to ormai lontano, vedeva misconosciuti gli sforzi di rinnovamento del
Giornale, testimoniati dallaccoglimento della critica estetica, dalla con-
danna dei laudatores temporis acti, dal desiderio di aprire le porte alla cultura
idealistica, e non solo al Gentile (allora assiduo collaboratore) ma, se possibi-
le, allo stesso Croce, i cui lavori erano seguiti con grande attenzione e, per lo
giungeva quindi a pretendere uno stemma; ma queste osservazioni ci fanno anche avvertiti che
fondare ledizione su di un unico manoscritto (senza farne un feticcio) non era in quegli anni
lalternativa al metodo lachmanniano, ma alla contaminazione di cui dava esempi il Solerti
(p. 222).
91
Cfr. Giornale storico della letteratura italiana, vol. LXX, (1917), pp. 209-212: lin-
dagine storica indispensabile fondamento ad ogni buona critica estetica [...] Se ogni sistema
o metodo ha le sue ragioni storiche, ogni recriminazione contro un passato, il cui ritorno non
, per il momento, prevedibile, sterile e vana.
92
Cfr. B. Croce, Rec. al vol. del Lisio, Larte del periodo, in La Critica, a. I, (1903), pp.
62-65 (rist. in Id., Conversazioni critiche, Serie II, IV ed., Laterza, Bari 1950, pp. 180-181);
Id., Stile, ritmo, rima e altre cose, sul saggio di Vossler Stil, Rhythmus und Reim in ihrer
Wechselwirkung bei Petrarca und Leopardi (1903), rist. in Id., Problemi di estetica, IV ed.,
Laterza, Bari 1949, pp. 165-172. Ma le stesse idee vengono anticipate in B. Croce, Di alcuni
princip di sintassi e stilistica psicologiche del Grber, in Atti dellAccademia Pontaniana di
Napoli, XXIX, (1899), pp. 1-12 (poi in Id., Problemi di estetica, V ed., Laterza, Bari 1954,
pp. 141-152; su questo intervento, cfr. E. Cutinelli-Rndina (a cura di), Carteggio Croce-
Vossler. 1899-1949, Bibliopolis, Napoli 1991: le prime 8 lettere del 1899, XII, XIII, XIV, XIX,
XXIV, XXXII, XXXIII, XXXIV, XLVI); B. Croce, Le categorie rettoriche e il prof. Grber, in
Flegrea, II, (1900). Cfr. i commenti positivi della Redazione del Giornale alle due note
crociane, rispettivamente in Giornale storico della letteratura italiana, vol. XXX, (1900), p.
135; e vol. XXXVI, (1900), pp. 232-234 (questultima a cura di Gentile).
93
Cfr. E. Bigi, Studi di stilistica e di metrica, in Centanni di ..., cit., pp. 76-105.
94
Per la quale cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 309-318.
95
Cfr. Giornale storico della letteratura italiana, vol. LXX, (1917), pp. 21-12.
96
Cfr. La Critica, a. XV, (1917), p. 322. Cfr. la replica di Gorra, in Giornale storico
della letteratura italiana, vol. LXX, (1917), pp. 357-361.
97
Cfr., a p. 109, Il Giornale storico fra le due guerre, in Centanni di ..., cit., pp. 106-130.
150 Maria Panetta
pi, con consenso. Per la penna del suo direttore conclude Pozzi il
Giornale dunque riconosceva gli errori del passato e alla luce dellestetica
crociana considerava gli studi eruditi lavori preparatori e subalterni a una cri-
tica estetica che ormai si poteva e si doveva praticare98. Bonora ritiene
io non intendevo di sconoscere [sic] non solo che gli studii speciali sono una con-
dizione sine qua non del progresso della scienza, ma neanche chessi sono una
potente educazione e disciplina dellintelletto; volevo soltanto alludere alla gret-
tezza di mente che si trova in moltissimi specialisti, che consiste nel considerare
il loro ramo di studii non come un ramo, ma come un albero, anzi come tutto il
mondo vegetale; il loro campicello come luniverso; e che saccoppia con una
grande indifferenza di tutto il resto dello scibile. Lo specializzare, non accompa-
gnato dalla coscienza, e dallinteresse pel sapere in generale, mi sembra una fissa-
zione pedantesca, e non una funzione scientifica102.
98
Ivi, p. 110. Cfr., poi, B. Croce, in La Critica, a. XXI, (1923), p. 107, intervento in cui
Croce si dichiara cultore della bibliografia, dellerudizione e del metodo storico; cfr. anche la
recensione di A. Tasca al primo volume crociano delle Conversazioni critiche, in Giornale sto-
rico della letteratura italiana, vol. LXXII, (1918), pp. 350-352 (recensione positiva).
99
Ad esempio, da ricordare la menzionata polemica con Graf relativamente alla pubblica-
zione, da parte del giovane Croce, della citata leggenda di Niccol Pesce, stroncata dal profes-
sore (cfr. Giornale storico della letteratura italiana, vol. VI, 1885; etc.). Cfr. anche G.
Barbarisi, La parte del Graf nella fondazione e nella prima direzione del Giornale storico, in
Centanni di..., cit., pp. 158-187.
100
Cfr. a p. 137: E. Bonora, La direzione Fubini, in Centanni di ..., cit., pp. 131-157. Cfr.
anche B. Croce, Un vecchio detto della scuola storica, in Id., Conversazioni critiche, Serie III,
III ed. riv., Laterza, Bari 1942, pp. 74-78: Croce ivi riconosce alcuni punti in comune con la
scuola del metodo storico, quali la distinzione tra storia della poesia e storia della cultura, e la
contrapposizione (fatti i dovuti aggiustamenti) tra storia ed estetica.
101
Cfr. D. Conrieri (a cura di), Carteggio DAncona-Croce, introduzione di M. Fubini,
Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1977: da questo volume sono tratte tutte le citazioni
seguenti.
102
Lettera n. 2, di Croce, datata Napoli, 15 ottobre 1887.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 151
Non entrer nella questione del doppio metodo ecc., perch anchio ne sono
stufo. Ne ho scritto abbastanza in questi ultimi anni105, e forse non son riuscito
a farmi capire bene. Io credo appunto che tutti i due metodi sieno buoni, perch
adempiono a scopi diversi. Indegnamente, cerco anche, in pratica, di coltivare
luno e laltro metodo. E la lettura del De Sanctis non mi ha fatto e non mi far
mai venire in uggia le ricerche dellerudizione. Mi pare dunque di essere abba-
stanza daccordo con voi106.
Al timore di Croce (lettera 156: Napoli, 4 giugno 1902) che il suo volu-
me sullEstetica avesse fatto cattiva impressione al DAncona (ho cercato di
provare in esso che sono egualmente rispettabili le ricerche speculative e quel-
le derudizione: e del metodo erudito mi son valso nella parte storica. Mi pare
che si possa beneficiare dellopera di entrambe le generazioni precedenti: di
quella anteriore al 1860, e di quella che ha lavorato dopo il 1860107), questi
rispondeva esortandolo (cartolina postale 158: Pisa, 9 giugno 1902:
Cerchiamo di unire, di profittare dogni energia, anzich dividere gli animi
e gli intelletti108), nel momento di massima intesa e vicinanza tra i due stu-
diosi, testimoniato anche dalla spia linguistica del passaggio dal Lei al Tu,
registrato unicamente nella cartolina del 22 novembre 1902.
Ancora, il 15 febbraio 1903 Croce scriveva: Ho letto stamattina il vostro
bellarticolo sul Giorn. dItalia 109; e, ringraziandovi della cortese menzione
che avete fatto di me, voglio dire che sono con voi interamente daccordo. E,
invece di parlare di metodi esclusivi, ognuno dovrebbe pensare a far seria-
mente ci che prende a fare110. Infine, si veda la cartolina postale (datata
103
Sulla quale cfr. A. Parente, Scuola storica e scuola estetica nel carteggio DAncona-
Croce, in Rivista di studi crociani, vol. XIV, (1977), fasc. III-IV, pp. 254 e sgg.
104
Ivi, p. 179. Cfr. anche il C. Bonomo (a cura di), Carteggio DAncona-Gentile, Sansoni,
Firenze 1973, pp. 93-107, soprattutto la lettera di D. del 4 febbraio 1899, p. 100: lopinio-
ne mia questa: che ognuno fa secondo la natura del proprio ingegno, portato o alle conside-
razioni generali o alle ricerche di fatto: che il tutto sta nel far bene, e con misura.
105
Cfr. B. Croce, La critica letteraria. Questioni teoriche, Loescher, Roma 1894; Id., Intorno
alla critica letteraria. Polemica intorno ad un opuscolo del Dr. Trojano, Pierro, Napoli 1895.
106
Cfr. Carteggio DAncona-Croce, cit., p. 181.
107
Ivi, p. 207.
108
Ivi, p. 210.
109
Appunto del 15 novembre 1903, dal titolo Il metodo storico e il metodo estetico (cfr. la
lettera del DAncona, datata 11 novembre).
110
Cfr. Carteggio DAncona-Croce, cit., p. 226.
152 Maria Panetta
Massa, 20 agosto 1912), in cui DAncona ringrazia Croce per una missiva,
la quale mi dimostra che se in certe cose differiamo luno dallaltro, siamo
concordi nel modo di considerare e trattare gli studj; e lasciamo al loro desti-
no certa gente che si piace a seminare zizzania!111.
Del 1901 com noto limportante incontro tra Benedetto Croce e
Giovanni Laterza, che inaugur un sodalizio umano e professionale durato
decenni. Del 1903, invece, la nascita de La Critica (dal 1906 stampata dal-
leditore barese), una delle riviste culturali che hanno pi profondamente
segnato la prima met del Novecento italiano: il periodico si protrasse fino al
1944 e, alla sua fine, prosegu ancora idealmente per sette anni, fino al 1951,
con i Quaderni della Critica.
Dello stesso 1903 anche la fondazione del Leonardo112, ad opera di
Papini e Prezzolini: i carteggi tra Croce e i due giovani intellettuali113 sono
111
Ivi, p. 259.
112
Sulla rivista cfr. C. Ballerini (a cura di), Antologia del Leonardo, prefazione di C. Bo,
Edizioni dellAlbero, s.l. 1957; D. Castelnuovo Frigessi (a cura di), La cultura italiana del Novecento
attraverso le riviste, vol. I, Leonardo, Hermes, Il Regno, Einaudi, Torino 1960; G. Prezzolini (a
cura di), Il tempo della Voce, Longanesi (Firenze, Vallecchi), Milano 1960; P. Casini, Alle origini del
Novecento: Leonardo 1903-1907, Il Mulino, Bologna 2002; Leonardo: rivista didee, rist. anastatica
integrale, Vallecchi, Firenze 2002 (e in particolare Leonardo, 1903-1907: la nascita della modernit,
introduzione di G. Luti, Vallecchi, Firenze 2002). La rivista di Papini e Prezzolini usc dal gennaio
del 1903 allagosto del 1907 per complessivi 25 fascicoli. Lidea databile alla fine del 1902, come
testimonia una lettera di Papini a Prezzolini (cfr. G. Papini-G. Prezzolini, Carteggio, a cura di S.
Gentili e G. Manghetti, vol. I, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2003, lettera 84, del 9 novem-
bre 1902, pp. 199-200): Costetti, De Karolis e altri vorrebbero fondare un giornale di vita e di
battaglia e mi avrebbero offerta la direzione intellettuale. Il titolo sarebbe probabilmente
Leonardo e DAnnunzio darebbe per il 1 numero un brano della Laude della Vita Cosa mi
consiglieresti? Ti prometto di seguire il tuo consiglio se combacia colla mia determinazione (per
altri dettagli, cfr. anche la lettera 88 del citato carteggio). Fondato a Firenze nel gennaio 1903, il
Leonardo fece parte di quel gruppo di riviste fiorentine (tra le quali Hermes e Il Regno) che
prepar lesperienza de La Voce. Il direttore fu Papini, allora ventiduenne, che firmava gli artico-
li con lo pseudonimo di Gian Falco. Prezzolini, allora ventunenne, si firmava, invece, Giuliano il
Sofista. La storia della rivista, che si apr con il programma scritto da Papini in cui si esaltava il gio-
vanilismo e lindividualismo, si articola in tre periodi (con annessi cambi di formato della rivista
stessa). Il primo, corrispondente alla prima serie e a una nuova serie, comprende il biennio 1903-
1904 e si caratterizza per la sua polemica antipositivista e antisocialista; la seconda serie copre gli
anni 1904-1905 ed quella della diffusione del Pragmatismo in Italia; la terza serie, che conclude
la vita del periodico nel 1907, ha il suo centro di interesse nelloccultismo e nella propaganda nazio-
nalista. Il gruppo di giovani che si radun attorno al periodico venne battezzato da Papini Gruppo
Vinciano: ne facevano parte 12 letterati, 9 pittori, 3 musicisti, 1 scultore! Caratteri generali: este-
ti, antidemocratici, lettori di DAnnunzio, ammiratori di Nietzsche (che credono lultima incarna-
zione della filosofia) amanti della forma e delle parole [] Io solo starei a rappresentare la vita e il
pensiero (cfr. G. Papini-G. Prezzolini, Carteggio, vol. I, cit., lettera 88 di Papini, del 17 novembre
1902, pp. 204-205). Cfr. anche A. Accame Bobbio, Le riviste fiorentine del principio del secolo
(1903-1916), presentazione di G. Luti, Le Lettere, Firenze 1984.
113
Cfr. B. Croce-G. Prezzolini, Carteggio, a cura di E. Giammattei, Edizioni di Storia e Lettera-
tura, Roma 1990; quello tra Croce e Papini uscir nel 2010 per le Edizioni di Storia e Lette-
ratura, a cura di chi scrive.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 153
assai preziosi per comprendere le ragioni per cui Croce decise di collaborare,
seppur saltuariamente, al noto periodico, pur non condividendone tutte le
idee ispiratrici e pur criticandone alcune impostazioni nelle sue discusse due
recensioni alla rivista, che comparvero nel 1903 114 e nel 1907 115 sulla Cri-
tica.
Un altro importante intervento sul periodico fiorentino riguard il volu-
me crociano sulla Logica (Lettera sulla Logica [a Giovanni Papini], in
Leonardo, serie II, ottobre-dicembre 1905) e segu alle polemiche suscitate
tra i leonardiani dalla sua pubblicazione.
Alla morte del Leonardo segu, il 20 dicembre 1908, la nascita della
Voce, diretta perlopi da Prezzolini116: Croce vi collabor con vari inter-
venti, tra il 1909 e il 1914. Oltre al gi citato I laureati al bivio (n. 8, 4 feb-
braio 1909), comparvero sulla rivista fiorentina: Un vocabolario della lingua
filosofica italiana (Proposta), del 25 febbraio 1909 (n. 11); Il caso Gentile e la
disonest della vita universitaria italiana (4 marzo 1909); A proposito del caso
Gentile (1 aprile 1909); Linfinit della filosofia (13 maggio 1909); De Con-
solatione Philosophiae (10 giugno 1909); LItalia che non sa nulla [nulla di
nulla, secondo M. Porena, della nuova letteratura estetica tedesca] (n. 30, 8
luglio 1909); Intorno alla vita e al carattere di Giambattista Vico (n. 43, 7 otto-
bre 1909); La letteratura italiana del Seicento e la critica (n. 24, 26 maggio
1910); Il superamento (n. 31, 14 luglio 1910); Postilla [allarticolo di K.
Vossler] (15 settembre 1910); Norme di polizia letteraria (23 febbraio e 2
marzo 1911); Il rapporto tra la morale e la religione nella filosofia del Vico (19
gennaio 1911); Documenti del socialismo italiano (n. 12, 23 marzo 1911); Per
Giuseppe Prezzolini (n. 30, 27 luglio 1911); Per un poeta [Berchet] non trat-
tato bene [da Rabizzani sul Marzocco e da Prezzolini sulla Voce] (n. 49, 7
dicembre 1911); Ho letto appunti di taccuino (25 gennaio 1912); Giudizi
tedeschi su Napoli (1 febbraio 1912); Amori con le nuvole [nota polemica este-
tica con Giovanni Boine] (4 aprile 1912); Circoli, congressi e discussioni filo-
sofiche (19 dicembre 1912); La teoria dellarte come pura visibilit (13 febbraio
1913); Contro una cattedra di filosofia della storia (12 e 19 giugno 1913);
Intorno allidealismo attuale (13 novembre 1913); Intorno allidealismo attua-
le (13 gennaio 1914); infine, Pensieri sullarte (28 maggio 1914).
Le collaborazioni di Croce a riviste e quotidiani furono varie e perlopi
discontinue: il 1907 fu soprattutto lanno del Giornale dItalia (ad esem-
pio, con Nuovi doveri. La missione degli insegnanti, del 10 giugno; con la
Lettera di B. Croce intorno alla poesia di G. Pascoli, del 3 aprile; o con Il poeta.
114
Cfr. vol. I, 1903, pp. 213-217.
115
Cfr. vol. V, 1907, pp. 480-483.
116
Cfr. P. Colonnello, Croce e i vociani, Studio Editoriale di Cultura, Genova 1984; L.
Lattarulo, Egemonia e dialogo. Croce e la cultura primonovecentesca, Vecchiarelli Editore, Roma
2000.
154 Maria Panetta
117
Per il quale, cfr. lIntroduzione al vol. I del mio Croce editore, cit.
118
Cfr. M. Panetta, Rec. a B. Croce-C. Ricci, Carteggio, a cura di C. Bertoni, Istituto
Italiano per gli studi storici, Napoli 2009, in Poetiche, 2009, fasc. I, pp. 203-211; cfr. anche
Bollettino di Italianistica, 2/2009, pp. 249-251.
119
Cfr. lappendice alle sue Conversazioni critiche, Serie II, cit.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 155
fermamente che uno dei maggiori progressi compiuti in Italia negli ultimi decen-
nii sia stato lessersi disciplinato, mediante le universit e le altre istituzioni di
scuola e di controllo e dinformazione, il metodo della ricerca e della documen-
tazione; ed perci un convinto fautore di quello che si chiama metodo storico o
metodo filologico. Ma egli crede, con altrettanta fermezza, che tale metodo non
basti a tutte le esigenze del pensiero, ed occorra perci promuovere un generale
risveglio dello spirito filosofico; e che, sotto questo rispetto, la critica, la storio-
grafia, e la stessa filosofia, potranno trarre profitto da un ponderato ritorno a tra-
dizioni di pensiero, che furono disgraziatamente interrotte dopo il compimento
della rivoluzione italiana, e nelle quali rifulgeva lidea della sintesi spirituale, li-
dea dellhumanitas 121.
120
Cfr. I, 1903, p. 2.
121
Ivi, p. 3.
122
A. I, 1903, pp. 7-31.
156 Maria Panetta
nel 1911; Prati, Guerrazzi, Tommaseo, Aleardi, Padula, Rovani, Nievo nel 1912;
Manzoni, Settembrini, De Sanctis, la critica erudita, Riccardi di Lantosca,
Rndani, Mazzoni, Ricci Signorini nel 1913; De Bosis nel 1914; alcune aggiun-
te furono edite nei fascicoli degli anni 1934-1939), di fatto impostando un vero
e proprio canone e imponendolo ai suoi lettori.
La seconda serie del periodico (in realt, gi lultimo volume della prima,
del 1914) si focalizz sul maestro De Sanctis (pubblicandone Le lezioni di let-
teratura di Francesco De Sanctis dal 1839 al 1848: dai quaderni di scuola dal
1915 al 1919)123, su problemi storiografici (1915-1920), sulla famiglia dei
patrioti Giuseppe124 e Alessandro125 Poerio (1917) e su Vico (1917-1921),
prendendo posizione, allo scoppio delle polemiche tra neutralisti e interventi-
sti in occasione della Prima guerra mondiale, a favore dei primi; nonostante
limportanza dei temi legati alla guerra, per, La Critica non smise mai di
occuparsi anche di letteratura e di arte, in nome del dovere verso la verit:
proprio sulle pagine della rivista uscirono, per la prima volta a partire dal 1918,
i noti saggi crociani su Ariosto (1918), Shakespeare (1919) e Corneille
(1920)126. Nel 1919 venne inaugurata da Croce anche unimportante sezione
di Note sulla poesia italiana e straniera del secolo decimonono (De Vigny,
Baudelaire, Stendhal nel 1919; Werner, Kleist, Flaubert nel 1920; Ibsen,
Heine, Balzac, Zola e Daudet, Manzoni, Monti nel 1921; Sand, Caballero,
Foscolo, Leopardi, Schiller, Berchet nel 1922; Scott, Giusti nel 1923).
Alla fine della Seconda guerra mondiale, il periodico prosegu la sua lotta
contro il Decadentismo, il Futurismo e il Pascolismo. I futuristi, e in parti-
colare Marinetti, accusarono, in momenti diversi, Croce di essere un tede-
scofilo e un passatista. Nel 1924 egli rispose alle loro provocazioni quan-
do, un decennio dopo il papiniano Discorso contro Roma e Benedetto Croce
(1913), inneggiavano alla rivoluzione contro il filosofo:
Veramente, per chi abbia senso delle connessioni storiche, lorigine ideale del
fascismo si ritrova nel futurismo: in quella risolutezza a scendere in piazza, a
imporre il proprio sentire, a turare la bocca ai dissidenti, a non temere tumulti e
parapiglia, in quella sete del nuovo, in quellardore a rompere ogni tradizione, in
quella esaltazione della giovinezza, che fu propria del futurismo [...] Marciare
contro di me? e perch? Avverto, a ogni modo, quei bravi giovani che si tratte-
rebbe di perseguirmi non a Roma, ma al polo della Logica, dove io mi sono
alquanto acclimatato, ma essi, temo, morirebbero di gelo127.
123
Cfr. F. De Sanctis, Teoria e storia della letteratura, a cura di B. Croce, Laterza, Bari 1926;
cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 440-444.
124
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 369-370.
125
Ivi, pp. 373-374; vol. II, pp. 685-686.
126
Cfr. B. Croce, Ariosto, Shakespeare e Corneille, Laterza, Bari 1920.
127
Cfr. B. Croce, Fatti politici e interpretazioni storiche, in La Critica, vol. XXII, maggio
1924, pp. 189-192: la cit. tratta dalle pp. 191 e 192 (nota).
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 157
Dal 1921 al 1925, invece, comparvero sulla rivista alcune questioni ine-
renti lattivit di Croce senatore liberale (1925) e ministro della Pubblica
Istruzione: ad esempio, si ricordi il dibattito Sullinsegnamento religioso (vol.
XXI, 1923, pp. 253-256). La Critica ospit anche alcuni capitoli della cro-
ciana Storia del reame di Napoli (1923-1924) e questioni storiografiche
riguardanti la storia del meridione dItalia, let barocca (1926-1930) e il
Seicento (1921, 1925, 1932).
Il 20 maggio 1925 venne iniziata la terza serie del periodico, con la dichia-
razione esplicita di una volont di partecipare, con delucidazioni storiche e
con noterelle polemiche, al chiarimento di questioni e problemi relativi alla
contemporanea vita italiana, e di volersi attenere, nel perseguimento di que-
sto obiettivo, al programma liberale annunciato nel 1902, cui la rivista si
ribadiva era sempre rimasta fedele. In una fase in cui lideologia fascista
sembrava aver ammorbidito i toni, La Critica inaugur, allinterno della
sezione Variet, una rubrica intitolata Documenti della presente vita italiana
(1925, pp. 310-318 e 376-378), atta a raccogliere le testimonianze del rap-
porto tra la cultura e la politica italiane di quel preciso momento storico (tra
le altre, la notissima Protesta contro il Manifesto degli intellettuali fascistici,
datata 1 maggio 1925), ma la rubrica termin quellanno stesso, a causa di
un nuovo irrigidimento del regime.
Il fascicolo del 20 gennaio 1926, infatti, in pieno clima di attualismo
trionfante, dichiarava nuovamente che i pochi redattori rimasti attorno a
Croce (come Adolfo Omodeo, Guido De Ruggiero e Francesco Flora,
Giuseppe Citanna, Gioachino Brognoligo etc., dopo che Gentile aveva diser-
tato il periodico, nel 1923) intendevano riprendere il severo programma di
lavoro e di studio enunciato alla nascita della rivista, proponendo una serie di
monografie che trattavano di storia civile e letteraria (1927-1928, 1931,
1933-1937, 1940-1942) e di filosofia contemporanea (1928-1934; Croce
intervenne sul marxismo tedesco nel 1938-1939): da ricordare anche la pub-
blicazione delle lettere di Georges Sorel a Croce stesso (1927-1930)128.
La quarta serie de La Critica (1939-1944), infine, ritorn a occuparsi di
letteratura italiana moderna (la serie sugli Scrittori del pieno e del tardo
Rinascimento inizi nel 1941 e termin nel 1944) e contemporanea, di poe-
sia (gli Studi su poesie antiche e moderne erano stati inaugurati nel 1937, e
durarono fino al 1940), di problemi di estetica, ma anche ad affrontare que-
stioni di metodologia storica e a raccontare fatti e personaggi del passato.
Il 20 marzo 1944, a chiusura dellultima annata della rivista, Croce deli-
ne con soddisfazione un bilancio della sua alacre e duratura attivit (datato
gennaio 1944):
128
Per le quali cfr. M. Panetta, Croce editore, cit.
158 Maria Panetta
La Critica attinge col 1944 il suo quarantaduesimo anno: grande spazio di tempo
al quale ripenso non senza meraviglia e con un tacito atto di ringraziamento verso
la buona sorte, che mi ha concesso di lavorare senza intermissione per quaranta-
due anni a unopera alla quale mi accinsi nella piena virilit, a trentasei anni; ma
che altres con qualche meraviglia sar forse riguardata nellaneddotica delle pub-
blicazioni periodiche, perch una rivista, configurata da unico sistema di concet-
ti e scritta, se non esclusivamente, in massima parte da un sol uomo, la quale duri
tanto tempo, non ha, per quel che io ricordi, alcun riscontro. Rimangono bens
memorande alcune riviste programmatiche, di filosofia, di storia, di letteratura,
dovute a una persona sola o a un piccolo gruppo stretto da comuni convinci-
menti e comuni propositi (come, in Italia, la Frusta letteraria, il Caff, il Concilia-
tore, o in Germania il Kritisches Journal fr Philosophie di Hegel e Schelling), che
tutte consumarono con vorace fiammata, in un anno o poco oltre, la loro vita o,
se mai la proseguirono pi a lungo, serbarono il primo titolo ma non gi il pri-
mitivo carattere []. Il fascismo crollato e [] la libert tornata almeno nella
parte dItalia nella quale io scrivo, e la Critica non serve pi al fine al quale ha
servito per ventanni e che le infondeva vita e calore. [] Non gi che il diretto-
re della rivista e il suo amico collaboratore129 abbiano potuto smettere di far poli-
tica 130: ne fanno, anzi, assai pi e in modo pi diretto e concreto di prima; ma
essi stessi pubblicano di volta in volta, in forma di discorsi, di saggi e di articoli
di giornale, quel che in altri tempi avrebbero detto, nel modo e nella misura in
cui allora potevano, nella Critica 131.
129
Nella pagina precedente, Croce aveva menzionato Adolfo Omodeo e i suoi preziosi
contributi sulla cultura francese della Restaurazione etc.
130
Corsivo mio.
131
Cfr. XLII, 1944, pp. 1-9.
DANIELE GHIRLANDA
1
Fra le opere scritte in questi anni al di fuori della produzione giornalistica ricordiamo
almeno la monografia critica Rudyard Kipling (1910) e limportante Storia della letteratura
inglese nel secolo XIX (1915).
2
Per la biografia di Cecchi si possono consultare: la sezione Vita e opere della Guida ai
Taccuini di Emilio Cecchi, a cura di N. Gallo e P. Citati, Arnoldo Mondadori Editore, Milano
1977, pp. 13-25; la voce a cura di F. Del Beccaro nel Dizionario biografico degli italiani,
Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1979, vol. 23, pp. 250-261; la cronologia che
accompagna la raccolta E. Cecchi, Saggi e viaggi, a cura di M. Ghilardi, Mondadori, Milano
1997, pp. xxxi-lx. La carriera di Cecchi scrittore pu essere ripercorsa facilmente grazie ad un
prezioso repertorio bibliografico ordinato per anno: Bibliografia degli scritti di Emilio Cecchi, a
cura di G. Scudder, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1970.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 161
Non sar mai possibile una giusta valutazione delle opere di Cecchi, e di conse-
guenza del suo influsso pi o meno persistente e fruttuoso sulle vicende contem-
poranee e future tanto della poesia quanto della narrativa italiana, se prima di
tutto non si acconsenta a considerarlo uno scrittore di libri anzich di singoli arti-
coli apparsi per necessit o per scelta sulle colonne di un giornale3.
3
E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. xii.
4
Bibliografia degli scritti di Emilio Cecchi, cit.
5
In una lettera del 17 luglio 1912 a Giovanni Boine, Cecchi ammette di aver messo insie-
me il volume di Studi critici per motivi strettamente finanziari: Sono cose che non bisogne-
rebbe fare, e che spero che non far mai mai pi; ma anno ebbi un momento di bisogno ter-
ribile, cfr. G. Boine, Carteggio, 5 voll., vol. 2. Giovanni Boine Emilio Cecchi (1911-1917),
a cura di M. Marchione e S. E. Scalia, prefazione di C. Martini, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 1972, p. 7. Per questi volumi cfr. i lemmi 154, 155 e 156 della Bibliografia
degli scritti di Emilio Cecchi, cit.
6
Per la composizione di questi volumi cfr. rispettivamente i lemmi 2225, 2367, 2430 e
1257 della Bibliografia degli scritti di Emilio Cecchi, cit. Una buona parte dei materiali critici
sugli autori del Novecento verr poi rifusa nelle sezioni curate da Cecchi per la Storia della let-
teratura italiana, diretta da E. Cecchi e N. Sapegno, Garzanti, Milano 1965-69, IX. Il Nove-
cento, 1969 (I crepuscolari: Gozzano e Corazzini; Due poeti dialettali; Prosatori e narratori).
7
Fra parentesi ho indicato la data della prima edizione. Per le numerose riedizioni, spesso
con consistenti mutamenti di struttura e di stile, confronta le accurate Note e notizie sui testi
di Margherita Ghilardi in calce a E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit. Nota per che gli ultimi due
162 Daniele Ghirlanda
titoli della serie, Appunti per un periplo dellAfrica e Vagabondaggi, seppure raccolti e rivisti dal-
lautore, sono una mera ristampa di alcune corrispondenze di viaggio, privi di una rielabora-
zione strutturale che gli conferisca una riconoscibile forma-libro. In questo saggio le citazio-
ni saranno tratte da E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., che raccoglie questi volumi nella loro ulti-
ma edizione.
8
La genesi delle prose di Pesci rossi minuziosamente ricostruita nella Storia del testo e
apparato critico in E. Cecchi, Pesci rossi, edizione critica a cura di M. Ghilardi, Vallecchi,
Firenze 1989, pp. 139-497.
9
Cfr. quanto Cecchi afferma in una lettera a Boine del 28 maggio 1913: Se ti posso par-
lare per esperienza personale, ti dir che, nel 1910, io credevo di dover campare a vita di col-
laborazione errante, per dir cos, e vidi che si poteva, cfr. G. Boine, Carteggio, vol. 2. Giovanni
Boine Emilio Cecchi (1911-1917), cit., pp. 32-33.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 163
ze estetiche con quelle, meno raffinate, dei quotidiani e dei loro lettori. A pi
riprese Cecchi manifesta la sua insofferenza nei confronti della misura e della
natura artisticamente mortificante dellarticolo, esprimendo la volont di
liberarsi dai vincoli della contingenza e dedicarsi ad un lavoro creativo, libe-
ro. Nelle sue conversazioni epistolari o nei suoi Taccuini personali non dif-
ficile trovare franche espressioni di questo disagio: Quel disfarmi negli arti-
coli mi nauseava; Larticolo una vigliaccheria; [] Questo stato, in me,
non pu essere che di intermezzo: intermezzo utile perch lho vissuto scru-
polosamente, perch ne ho imparato tanto, ma non perpetuabile10; o consi-
derazioni completamente liquidatorie e vertiginosamente pessimiste, come in
questo stralcio di una lettera a Boine:
10
La prima citazione tratta da una lettera alla moglie Leonetta del 26 agosto 1911, ed
riportata da Margherita Ghilardi nella sua introduzione a E. Cecchi, Pesci rossi, cit., p. xi; la
seconda citazione, del marzo 1912, ricordata Ivi, p. ix, e si pu leggere nel suo contesto inte-
grale in E. Cecchi, Taccuini, a cura di N. Gallo e P. Citati, Arnoldo Mondadori Editore,
Milano 1976, p. 120.
11
La lettera, del 28 febbraio 1914, si legge in G. Boine, Carteggio, vol. 2. Giovanni Boine
Emilio Cecchi (1911-1917), cit., p. 88.
12
La citazione tratta da una lettera del 18 marzo 1910 e si legge nellintroduzione a E.
Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. xxxix.
164 Daniele Ghirlanda
Verranno, dopo, i sublimi a dirti che fai giornalismo, ma questo non importa; io
fo, credilo, dei molti crudeli esami di coscienza, ma il mio giornalismo la cosa
che mi rimorde meno. A volte, sono stato io che non lho saputo fare; e, comun-
que, ci che avevo in corpo, quattro anni fa, confermato e purificato ora, non
ha fatto compromessi. Credo che mi sono accostato, attraverso ad una fatica tal-
volta molto dura, superando delle terribili stanchezze, al mio destino ch di scrit-
tore, di artista. E sono contento di aver dato, a volte, pi peso al mio esercizio
giornalistico, di quel che si dovrebbe, forse, dare: non stata fatica invano. Ora
ho qualche momento di vera, profonda sicurezza e serenit finale13.
Le oscillazioni fra questi due stati danimo erano destinate a risolversi con
lapprodo ad un luogo letterario equidistante dalla scrittura giornalistica e dalla
scrittura artistica. Arrivato a Londra nel 1918 come rappresentate dellItalian
Foreing Office Action Bureau e corrispondente de La Tribuna, il distacco
dalla realt italiana e la vicinanza alla venerata memoria del giornalismo ingle-
se mettono Cecchi sulla via che lo porter alla stampa del suo primo volume di
prose letterarie, nella scia di quellessay che ha saputo fondere le esigenze della
letteratura con quelle della realt. Durante la sua esperienza londinese Cecchi
colleziona impressioni, idee, fantasie, incontri, occasioni di riflessione sulluo-
mo, sullarte e sulla natura che confluiranno nei Pesci rossi. Non bisogna pen-
sare ad una conversione immediata, ad una illuminazione inattesa. Molti arti-
coli che finiranno nel volume sono antecedenti al viaggio a Londra, come pure
lo quello che d il titolo alla raccolta, nato come recensione ad una silloge di
poesie cinesi. Ci che Cecchi riporta dal viaggio nellamatissima Inghilterra, fil-
trata e mitizzata attraverso lo studio appassionato e autodidatta della sua lette-
ratura, la misura della sua vocazione letteraria, come in quei giorni confida in
una lettera alla moglie Leonetta: Credo di andar trovando una forma di essay,
nella quale potr dire tutto14.
13
G. Boine, Carteggio, vol. 2. Giovanni Boine Emilio Cecchi (1911-1917), cit., pp. 33-
34. Figura anfibia fra critica e giornalismo, Cecchi prester il fianco alle critiche di entrambi i
campi. Oltre alle accuse degli scrittori e dei critici puri, cui accenna in questa lettera, Cecchi
sub, altrettanto violente, anche le critiche dei giornalisti che, come ricorda Mario Praz in un
suo intervento celebrativo, trovavano che egli, in terza pagina, era un intruso, intruso per
essere troppo astruso, e i pi benevoli lo scongiuravano a mani giunte perch scendesse da
quelle che a loro parevano nuvole, e si decidesse una buona volta a write down, come dicono
gli anglosassoni, a mettersi alla portata di tutti, M. Praz, Emilio Cecchi e la cattedra della terza
pagina nel numero monografico commemorativo de LApprodo letterario, n. 40, anno XIII,
1967, Omaggio a Cecchi, a cura di G. Cattaneo, p. 9.
14
Citazione tratta da una lettera del gennaio 1919 e riportata nellintroduzione a E.
Cecchi, Pesci rossi, cit., p. xxxi; tutta la nota al testo una acuta e serrata ricostruzione del per-
corso intrapreso da Cecchi per giungere al suo primo libro di prose.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 165
15
Ivi, pp. 49-50.
16
Ivi, pp. 120-123.
17
Ivi, p. 125.
166 Daniele Ghirlanda
Per chi conosca il Cecchi di Pesci rossi, dellOsteria del cattivo tempo, di
Messico e delle altre raccolte saggistiche o di viaggio, questo un autoritratto
con la penna in mano. Nello stesso articolo viene affrontato anche un tema
intimamente connesso a quello della dignit artistica del giornalismo, tema
divenuto di stretta attualit per la sua carriera di scrittore dopo il grande suc-
cesso di Pesci rossi: legittimo, o meglio, opportuno raccogliere gli articoli
in un volume, dare ai fogli sciolti la veste di un libro rilegato? La risposta
affermativa, ma fatta con il garbo, con lunderstantment di chi ha compreso
bene quale la strada da intraprendere per affinare e vedere riconosciuta la
propria arte e cerca di convincere gli altri senza alzare la voce o peccare dim-
modestia. Larticolo di giornale, ci dice Cecchi, avrebbe tutto il vantaggio a
rimanere sulla carta stampata, la sua contingenza anche la sua forza: tale
caducit fra le cose che pi invogliano a scrivere sui giornali18; limpres-
sione ricevuta da unidea e dallo stile in cui viene espressa tanto pi profon-
da quanto pi superficiale il contesto in cui la incontriamo; meno sono le
nostre aspettative, pi alta la nostra gratitudine verso chi ci sorprende. La fra-
gilit, non solo culturale ma addirittura fisica, materiale, della carta stampa-
ta una buona alleata dello scrittore. Leventuale ricerca in una misteriosa e
polverosa emeroteca unavventura, unarcheologica ed emozionante impre-
sa dello spirito. Conviene vietarsi siffatte avventure ed emozioni, pel gusto
della ristampa? Togliere gli scritti di giornale da questa atmosfera che nel vol-
gere di poche ore gi comincia a dorarli dun oro di leggenda? Conviene la
diplomatica esattezza dei testi, o la vaga poesia della rimembranza?19. Queste
domande sono solo apparentemente retoriche, visto che appaiono sulla soglia
di Osteria del cattivo tempo, cio proprio di una raccolta composta per la mag-
gior parte di articoli di giornale o di rivista20.
Cecchi ritorna unultima volta sullargomento in Saggio e Prosa darte, una
riflessione pubblicata in due parti nel 1949 sulla rivista Limmagine, accol-
ta praticamente senza alterazioni nellultima edizione di Qualche cosa. Il tito-
lo del testo gi pone una prima distinzione del problema. Il saggio definito
pi dal suo contenuto che dalla sua forma, la prosa darte, al contrario, sin-
serisce nel tessuto dei generi pi diversi. Cecchi include anche Montaigne
allinterno del suo personale pantheon e recupera dalle sue predilezioni di
anglista Charles Lamb e Thomas De Quincey. I due autori inglesi sono rico-
nosciuti come rappresentati tipici, e in qualche modo antagonistici, della
18
Ivi, p. 126.
19
Ivi, p. 127.
20
Gli interrogativi citati compaiono nella seconda parte della redazione definitiva di
Dellarticolo di giornale, ma vennero formulati la prima volta allinterno di una recensione del
tarlo al libro Venti uomini, un satiro e un burattinaio di Pietro Pancrazi, pubblicata il 26 gen-
naio del 1923 su La Tribuna e che ora si pu leggere in E. Cecchi, I tarli, a cura di S.
Betocchi, introduzione di E. Siciliano, Fazi, Roma 1999, pp. 74-78.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 167
forma classica del saggio, il primo; e della prosa poetica, o cosiddetta prosa
darte il secondo, che ne preannuncia assai remoti sviluppi21. Conoscendo
lammirazione di Cecchi per questi due scrittori, facile dedurre che egli stes-
so avrebbe avuto difficolt, se non fastidio, ad etichettare la sua prosa esclu-
sivamente con una di queste due definizioni. Prosa darte infatti sembra esse-
re per lui sinonimo di stile e non definizione di genere. Nel trattare pi ana-
liticamente della prosa poetica Cecchi recupera infatti ascendenze che riman-
dano alla letteratura nazionale, alla prosa italiana insomma; appare finalmen-
te il nome di Leopardi e, dopo opportuni riferimenti a Baudelaire e un ulte-
riore sguardo allOttocento inglese, arriva a parlare, e a lungo, di
DAnnunzio, che in questo campo fu contemporaneamente al suo meglio e
al suo peggio22. A suggello della liquidit del genere, e dunque dellambi-
guit anfibia della sua stessa opera di giornalista e saggista, Cecchi chiude lar-
ticolo tornando al punto di partenza:
Cosicch, nel lasciare, col DAnnunzio, gli esempi storici nei quali di fatto si
testimonia la legittimit del saggio, della prosa poetica e della prosa darte,
queste forme, ancora una volta, sembrano soprattutto mostracisi nella loro insta-
bilit, allotropicit e quasi inafferrabilit; e ancora una volta, tutto considerato,
uno ha limpressione daverne saputo dir poco o niente23.
Nel corso di oltre trentanni, dalle prime riflessioni nei carteggi privati
fino a questultimo ampio articolo, Cecchi impiega tutto il suo acume criti-
co e tutta la sua enorme riserva di conoscenze storico-letterarie per attribuire
alla prosa saggistica di breve respiro e dallo stile raffinato un blasone rispet-
tabile, una genealogia riconosciuta di nobili antenati. Non arriva a definizio-
ni categoriche, che a lui come a noi sembrano impossibili ed inutili, e pro-
prio per questo traccia per s una campo di azione molto vasto, in cui eserci-
tare la propria vena e la propria ambizione artistica senza paura di sconfina-
re. A questi patti Cecchi sembra rivendicare il titolo di giornalista come rico-
noscimento di una piena appartenenza alla categoria, non per civetteria o
pudore24. Reclama a s questo titolo non solo per lopera di recensore e cri-
tico, attivit che storicamente sempre stata di casa sulle colonne dei gior-
nali, ma anche per la sua attivit di saggista, per quelle sue due colonne che
21
E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. 325.
22
Ivi, p. 335.
23
Ivi, p. 336.
24
Queste considerazioni limitative dellautopercezione di Cecchi come giornalista sono
espresse da Margherita Ghilardi, Ivi, p. xiii. Questi giudizi trancianti scontano unaccezione
negativa del termine giornalista, corrente soprattutto nellambito letterario. Come si cercato
di mostrare, non pare che Cecchi, al netto di alcune altalenanti considerazioni dettate dalle
difficolt incontrate agli inizi della sua carriera, abbia mai svalutato il titolo e il ruolo dei gior-
nalisti.
168 Daniele Ghirlanda
25
Fra le molte testimonianze di protagonisti della letteratura e della critica che in prima
battuta ricordano Cecchi come giornalista piuttosto che genericamente come scrittore, cfr.
quanto ebbe a dire Montale nellarticolo del 14 luglio 1964 affidatogli dal Corriere della Sera
per la celebrazione del suo ottantesimo compleanno: Emilio Cecchi si sempre definito gior-
nalista, senza nessuna civetteria, e ha dato coraggio a quanti di noi, scrittori pi o meno buoni,
non avremmo messo la pentola al fuoco se i grandi giornali si fossero convinti che la buona
prosa, come credeva il bourgeois gentilhomme, possono farla, senza accorgersene, anche gli illet-
terati, E. Montale, Auguri a Cecchi, in Id. Il secondo mestiere. Prose (1920-1979), a cura di G.
Zampa, Mondadori, Milano 1996, t. 2, p. 2637. Anche per Contini Cecchi stato giornali-
sta principe, G. Contini, Letteratura dellItalia unita, Sansoni, Firenze 1968, p. 741.
26
Il modo migliore per rendersi conto dei percorsi stilistici e redazionali seguiti da Cecchi
per creare le sue raccolte saggistiche a partire dagli articoli di giornale senza dubbio la consul-
tazione della monumentale sezione Storia del testo e apparato critico nelledizione critica dei Pesci
rossi a cura di Margherita Ghilardi, in E. Cecchi, Pesci rossi, cit., pp. 139-497. Elementi di storia
del testo delle altre raccolte di saggi, pi stringati ma altrettanto accurati, si leggono nelle Note e
notizie sui testi redatte sempre da Margherita Ghilardi per E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit. Non biso-
gna per credere che i testi in questo passaggio venissero radicalmente stravolti, come rimarca fra
gli altri anche Giacomo Debenedetti: le sue note, fin da quando escono sul giornale, hanno l
per l tutti i requisiti dellarticolo, ma gi anche il suono e come la maggiore stabilit tipografica
delle pagine di un libro, G. Debenedetti, Il tarlo in valuta oro, in Id. Saggi, progetto editoria-
le e saggio introduttivo di A. Berardinelli, Mondadori, Milano 1999, p. 1244.
27
A titolo di esempio segnalo unicamente il fatto che, quasi fino al termine dei suoi gior-
ni, Cecchi progetter di aggiungere ai Pesci rossi una suite centrale di pezzi brevi sulla scorta
delle sezioni Lanterna magica de Losteria del cattivo tempo, di Nero e bianco di Qualche cosa e
di Album da disegno di Corse al trotto, cfr. E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. 1918.
28
Il caso pi evidente quello di Messico, che attraverso le varie redazioni subisce radicali
spostamenti di materiali da una parte allaltra del libro ed unalterazione sensibile delleffetti-
va cronologia del viaggio, subordinando le esigenze di veridicit a quelle di carattere estetico e
stilistico, cfr. Ivi, pp. 1799-1805.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 169
29
Per tutti riportiamo il giudizio di Geno Pampaloni nel capitolo dedicato a Cecchi nel-
lultimo volume della Storia della letteratura italiana diretta da Cecchi stesso insieme a
Natalino Sapengo, intenso commiato dellopera al suo curatore a tre anni dalla morte: Dopo
il DAnnunzio, e con leccezione, su altro registro, del Croce, non c nellItalia del Novecento
una scrittura cos leggendariamente evocativa e sensibile, Storia della letteratura italiana, vol.
IX Il Novecento, cit., p. 744. Per unaccurata analisi linguistica dello stile di Cecchi cfr. I.
Baldelli, Varianti di prosatori contemporanei (Palazzeschi, Cecchi, Bassani, Cassola, Testori), Le
Monnier, Firenze 1970, pp. 24-45 e M. Brusadin, Emilio Cecchi e la crisi della lingua lettera-
ria italiana del primo Novecento, in M. Brusadin et alii, Profili linguistici di prosatori contem-
poranei: Cecchi, Gadda, Vittorini, Pratolini, Pavese, introduzione di P. V. Mengaldo, Liviana,
Padova 1973, pp. 3-112; considerazioni importanti ed acute sulla prosa di Cecchi in G.
Debenedetti, Corse al trotto di Emilio Cecchi, in Id., Saggi, cit., pp. 480-487.
30
Dice bene a questo proposito la Ghirladi, nella sua introduzione a Pesci Rossi: per un
ennesimo di quei paradossi che tanto gli erano e gli saranno cari in futuro, Cecchi trova pro-
170 Daniele Ghirlanda
prio nella precariet stabile dellelzeviro la misura definitiva del suo talento, nellambiguit
apparente il tratto inconfondibile della sua prosa; nella caducit appositamente ostentata la
forza per fermare con la scrittura il tempo, E. Cecchi, Pesci rossi, cit., p. xxxi; cfr. anche le
osservazioni di Carmine Di Biase: Sar proprio il giornalismo, ossia il necessario contatto con
il lettore e con la realt, a riportare Cecchi allideale dellumilt, a dargli una maniera, nel
senso di uno stile suo, autentica, C. Di Biase, Emilio Cecchi, La Nuova Italia, Firenze 1982
[1983], p. 49; fra virgolette sono citate alcune parole chiave della riflessione di Cecchi sul suo
mestiere di scrittore che compaiono nelle prose Questioni di maniera e La bandiera dellumilt
entrambe accolte ne Losteria del cattivo tempo, cfr. E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit. pp. 129-132,
198-99.
31
Per il modus operandi di Cecchi cfr. E. Cecchi, Taccuini, cit., pp. 115-116 e il ricordo
del nipote Masolino DAmico su La Stampa, 8 marzo 2003, p. 23.
32
Il giovane Calvino, ad esempio, sar talmente colpito dalla limpidezza e dalla plasticit
dello stile di Cecchi da imparare a memoria lincipit di Pesci rossi, come confessa nellarticolo
Cecchi e i pesci-drago, La Repubblica, 14 luglio 1984, p. 20.
33
Una lettura illuminante sulle affinit che legano alcuni di questi critici, tutti scrittori di
terze pagine, nel saggio di G. Pulce, Elogio della discontinuit. Di alcuni tratti della scrittura
saggistica nella letteratura italiana novecentesca, in G. Cantarutti, L. Avellini e S. Albertazzi (a
cura di), Forme e funzioni di un genere letterario, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 113-133.
GIULIA MAURO
1
Cfr. N. Ajello, Il settimanale dattualit in La stampa italiana del neocapitalismo a cura di
V. Castronovo e N. Tranfaglia, Laterza, Bari 1976, pp. 310-330.
172 Giulia Mauro
2
Cfr. P. Bonetti, Prefazione in Id., Il Mondo 1949-1966: ragione e illusione borghese,
Laterza, Roma-Bari 1975, pp. VII-XXVII.
174 Giulia Mauro
3
E. Falqui, Giornalismo e letteratura, Mursia, Milano 1969, pp. 62-63.
4
Cfr. G. Alfetra, Corriere primo amore, Bompiani, Milano 1984.
5
Lettera da Milano, 20 Aprile 1963, in I. Landolfi, Nota al testo, Un paniere di chiocciole,
in T. Landolfi, Opere II (1960-1971), a cura di I. Landolfi, Rizzoli, Milano 1991, p. 1283.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 175
6
T. Landolfi, Des Mois [1967], in Opere II, cit., p. 695.
7
Cfr. M. Carlino, Tommaso Landolfi in Storia generale delle letteratura italiana, vol. XI, a
cura di W. Pedull e N. Borsellino, Motta, Milano 1999, pp. 222-250.
176 Giulia Mauro
8
T. Landolfi, Des Mois, cit., p. 714.
9
Ivi, p. 757.
10
E. Falqui, Giornalismo e letteratura, cit., p. 87.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 177
11
T. Landolfi, Des mois, cit., p. 757.
12
Ibidem.
13
Ivi, p. 758.
14
Ibidem.
178 Giulia Mauro
spazi costrittivi finisce per introdurre, a lungo andare, una certa serialit, che
emerge dal confronto fra Il paniere di chiocciole, Del meno e Il gioco della torre.
Fermo restando che la collaborazione giornalistica non in Landolfi il
frutto di una personale vocazione, che si tratta di una scelta obbligata e sof-
ferta, la polemica nei confronti del valore degli elzeviri pubblicati (per esem-
pio nel caso de Il furto) va presa con la dovuta diffidenza. Si pu infatti age-
volmente contestualizzare nelle frequenti critiche alle proprie opere, incluse
le maggiori, nel corso della produzione diaristica, parte di una dinamica di
confessione apertamente letteraria, che vede la compresenza di svelamento e
occultamento, verit e fictio nel monologo autobiografico.
Il carteggio del 1954 con lallora direttore del Corriere e la conseguen-
te temporanea rottura con il quotidiano sono emblematici dellincompren-
sione reciproca tra lo scrittore e il mondo della carta stampata.
Missiroli lo invita a collaborare, inizialmente affidando lambasciata alla-
mico dellautore Eugenio Montale, per aver molto apprezzato la raccolta La
spada, sebbene Landolfi lo avverta fin dallinizio che quel genere ormai
superato, n gli dato resuscitarlo. In seguito a diversi rifiuti (tra cui
Lombrello e La vera storia di Maria Giuseppa) e tre soli articoli pubblicati (La
beccaccia, Annina e Sorrento poi confluiti in Ombre), lautore replicher con
durezza: Codesto genere di collaborazione non pu convenirmi, come gi le
feci intendere [] io mi stavo in pace, sobrio e pudico; Ella mi scov, mi
sottopose a un vero fuoco di fila di cortesi sollecitazioni [] e mi indusse
infine, me riluttante, ad accettare. Ora poi sembra, assurdamente, che nulla
Le stia bene. N so vedere come ci sia, se Ella ebbe allora tutto il tempo e
tutto lagio [] di documentarsi sulla mia povera persona e sulle mie possi-
bilit15.
La falsa modestia e il rifiuto di un rapporto subordinato pur prestigioso,
sollecitato da altri piuttosto che perseguito per ambizioni personali, sfociano
nella rivendicazione del valore e delloriginalit della propria scrittura, della
sua irriducibilit: Ella invit dunque me, o un altro? O davvero sperava che
alla scuola del Corriere sarei diventato altro da me? Inoltre, tuttora mi si chie-
de dal suo giornale un impegno (e unesclusiva) che non compensato da
nulla []. Ebbene, caro Direttore devo forse ricordarLe che essendo io
deplorevolmente sprovvisto di ambizioni e non spiegando per me la gloria e
la notoriet alcun allettamento [] se mi risolvo a un lavoro sistematico, lo
fo unicamente per motivi venali?16.
Missiroli, nella lettera di chiusura del contrastato scambio epistolare, oltre
a parlare di impossibilit di redigere contratti, problema poi risolto con mag-
giore buona volont dal successore Alfio Russo, lo apostrofa duramente:
15
I. Landolfi, Nota ai testi, La beccaccia in T. Landolfi, Opere I (1937-1959), a cura di I.
Landolfi, Rizzoli, Milano 1991, p. 1023.
16
Ivi, p. 1024.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 179
Stando cos le cose, io penso che Ella dovrebbe scrivere (per noi) quando le-
stro di un tempo si rinnovi17. Il criterio editoriale, extraletterario, cui il diret-
tore si richiama nellapprovare o respingere i contributi proposti, ha a che
vedere con il giudizio del pi ampio pubblico, destinatario e tiranno dei
mezzi di comunicazione di massa. Chi scrive afferma, inoltre, di non essere
disposto a discuterlo e lancia una sorta di ultimatum per una collaborazione
conforme alle sue aspettative, che Landolfi ricuser con orgoglio e sdegno,
fino allinvito, da altri e diversamente formulato, di nove anni successivo.
In ogni caso, al di l dello spiacevole incidente, il carattere continuativo
dellimpegno giornalistico negli ultimi tre decenni della sua vita sembra con-
fermare come: Uno impara soltanto ci che sa []. La nostra scienza o ci
esce armata (gi articolata) nel cervello, o non esce per nulla []. Dico, redi-
ger telegrammi. Sostengo non si dia questione, per quanto forcelluta o mul-
tipartita, che non possa venir racchiusa (esposta, trattata) in un numero limi-
tatissimo di parole18. Lesperimento telegrafico considerato da Landolfi
positivamente, a differenza di molti nocivi sperimentalismi del suo tempo,
anche se la sfida tra le pi ardue, trattandosi non semplicemente di sinte-
tizzare la materia narrativa adeguandola, ma di conservarne intatti il valore,
la ricchezza.
Le due colonne dellelzeviro, i brevi foglietti di viaggio e gli spunti cri-
tici di Gogol a Roma possono considerarsi una particolare forma di tele-
grammi: queste prove sembrano smentire la convinzione del diarista, ancora
una volta puramente letteraria, insincera, che lesperimento pi difficile del
previsto19 non possa riuscire.
17
Non lasci il Corriere in la Repubblica, 30 novembre 2001, p. 46.
18
T. Landolfi, Des mois, cit., p. 720.
19
Ibidem.
180 Giulia Mauro
temente realistica, dal momento che ritrae una realt altamente mediata, di
secondo grado.
Il viaggio, infatti, gi presente in Cancroregina come metafora di ripeti-
zione e circolarit senza progresso, negli articoli considerati principalmente
un ritorno a luoghi gi noti, non solo di persona ma nella memoria cultura-
le: come le opere maggiori dellautore, Se non la realt in primo luogo un
viaggio dentro la forma20, una riscrittura della tradizione letteraria. Il trait
dunion dei luoghi attraversati unulteriore declinazione del personaggio
autobiografico, coerente con la rappresentazione di s nelle opere maggiori,
ma arricchita dal confronto con la geografia privata di Landolfi.
Lelemento soggettivo, ossia la funzione emotiva sempre presente nella
scrittura di viaggio dautore, occupa in Landolfi una posizione di primo
piano, tanto da scalzare la presunta oggettivit, liberandosi a partire dal con-
testo di riferimento come spunto iniziale, palcoscenico del personaggio auto-
riale. Come si legge ne Il villaggio di X e i suoi abitanti, infatti: Alcuni viag-
giano pi volentieri per di dentro che per di fuori (uno era il noto autore del
Viaggio intorno alla sua stanza, un altro potrei essere io), forse ponendo
mente piuttosto allanimo delle persone e raccontando la storia patria, per
cos esprimersi, dallinterno21.
Come per gli appunti di viaggio, anche per le recensioni Mario Pannunzio
si affida alle scelte dellautore, che sono il frutto di letture personali, nella
maggior parte dei casi indirette, relative a saggi su opere dei grandi dellOtto-
cento (ma non mancano pagine critiche sui contemporanei), in prevalenza
russi e francesi.
Tali contributi, poi confluiti in Gogol a Roma, equivalgono ai tasselli di
una poetica, delineata procedendo per consonanze e dissonanze: possono leg-
gersi come momenti di confronto dellio landolfiano con i rispettivi autori-
personaggi, vissuti come altrettante occasioni di auto-definizione.
La lettura continuativa degli interventi, ricchi di ricorsivit critiche, per-
mette a un primo livello di individuare le principali ascendenze letterarie, di
tracciare una pi accurata genealogia, al di l dellesibito isolamento, di uno
scrittore dalla formazione preziosa e articolata.
In presenza di una dialettica di riconoscimenti e riserve, il maggior moti-
vo dinteresse, trait dunion degli innumerevoli giudizi per adesione o per
contrasto, tuttavia la proiezione di unidea personalissima e classica di let-
teratura, che fornisce uneloquente chiave di lettura del macrotesto landolfia-
no. Nelle vesti di recensore, dunque, Landolfi parla nuovamente per s.
Sul versante opposto alla critica storica e alle cronache letterarie, infatti, la
critica dautore non pu che essere socialmente disinteressata e dal punto di
20
B. Pompili, Tempo e scrittura in Cancroregina di Landolfi, in Il lettore di provincia
n. 56, 1984, anno XV, p. 79.
21
T. Landolfi, Se non la realt [1960], Adelphi, Milano 2003, p. 98.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 181
22
T. Landolfi, La lezione di Proust [1955] in Gogol a Roma [1971], Adelphi, Milano 2002,
p. 163.
23
T. Landolfi, Rien va [1963], Adelphi, Milano 1998, p. 66.
24
Per una definizione del pensiero in atto cfr. E. Biagini, La scrittura sopra la scrittura.
Nota sul critico inquisitore, in AA. VV., Gli altrove di Tommaso Landolfi: Atti del convegno di
studi, Firenze 4-5 dicembre 2001, a cura di I. Landolfi, Bulzoni, Roma 2004, p. 96.
25
T. Landolfi, Un paniere di chiocciole [1968] in Id., Opere II, cit., p. 858.
182 Giulia Mauro
dalla fonte stessa del linguaggio sono vocaboli animati e animalizzati con il
frequente ricorso a metafore zoomorfe, che alludono al carattere originario
della parole come atto congiunto di nominazione e creazione, ulteriore rispet-
to alla valenza comunicativa, referenziale.
Non a caso i protagonisti del racconto, riflessione in chiave fantastica sulla
natura convenzionale del rapporto tra significante e significato, sono termini
desueti come Locupletale, Massiccotto, Magiostra, zone per lo pi
dimenticate del vocabolario che rivendicano, con fare parodicamente conte-
statore, una ridistribuzione dei significati.
Lo scrittore, raffigurato come giocoliere di parole, incarna il carattere
codificato della langue, delle convenzioni linguistiche ereditate dalla tradizio-
ne, gi oggetto di Des mois:
[] Volli una volta foggiarmi una lingua personale []. Ma intesi bene che per
ci dovevo rifarmi da ancor pi lontano [] la lingua essendo supremo fiore anzi
frutto di una civilt []. Ebbene ero votato allinsuccesso. impossibile inven-
tare qualcosa di diverso, non intendo da ci che stato, ma da ci che sempre
stato, come impossibile inventare un gioco nuovo; [] quella invece che in tale
contesto si afferma la Convenzione, in forza di concetto e di dimensione.
Ameni tentativi di chi cerca nuovi linguaggi! E necessariamente rientra in qual-
che antichissimo sistema di rapporti, donde non si evade26.
26
Id., Des mois, cit., p. 681.
27
Id., Un paniere di chiocciole, cit., p. 857.
28
Cfr. Id., Des mois, cit., p. 766: Credo volentieri che coloro, i furiosi sperimentatori,
siano le vittime di una fondamentale incongruenza: volendo profondare nelle tenebre dellin-
conoscibile e mirando al cuore delle cose, essi per utilizzano gli attributi sensibili delle paro-
le. [].
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 183
ne in atto: Calma, dissi io, proprio vero che due femmine e una pape-
ra fanno un mercato a Napoli29.
La soluzione dellincontrollato diverbio linguistico, che mima limpoten-
za dello scrittore nei confronti del suo strumento espressivo, affidata alla
sorte, con la chiusura degli esserini vocianti, paragonati a topi in trappola,
nella bottiglia. Lespediente dellestrazione ricorda il giocatore-poeta classi-
cheggiante di La dea cieca o veggente (In societ), paradosso sulle possibilit
combinatorie del fare poetico che finiscono per riprodurre i capolavori del
passato. Qui lesito dellazzardo altrettanto provocatorio: lio autoriale,
dimentico dei nuovi significati e privato del suo potere demiurgico, si ritrae
in balia delle parole, segni linguistici instabili, svincolati da un rapporto di
determinazione univoca.
La penna un ulteriore sguardo divertito nellofficina dellautore, una
nuova simulazione dimpotenza da parte dellennesimo alterego landolfiano
nei confronti di una penna, personaggio che svolge le improbabili funzioni
di severo critico letterario.
La comicit dellelzeviro, affidato a un narratore intradiegetico, accen-
tuata per contrasto dal ricorso allo stile alto e solenne: Ma neppur questa
filava, bench trattata con ogni riguardo, ovverosia assecondata nei suoi sup-
ponibili capricci di penna mediante opportune inclinazioni o pressioni: il che
indusse il poeta a tornare con spirito pi conciliativo alla prima, la quale per
rimaneva renitente30.
La penna in questione, ribelle come le parole animalini, sciopera, cosic-
ch il protagonista decide di scendere a patti, sforzandosi di capire quale sia
il pensiero della bizzarra messaggera di Apollo, con tanto di diffusi interro-
gativi analitici sulle possibili mancanze della sua opera e sulle opportune stra-
tegie da adottare.
Il racconto manifesta la costante tendenza landolfiana allargomentazione
verbosa di natura paradossale, ricca di variazioni sul tema e precisazioni, che
si avvita su se stessa e procrastina lo svolgimento dellazione.
Lauctor in fabula, nel tentativo di vincere la tenzone, inscena un espe-
rimento letterario, una poesia damore artificiosa e carica di topoi, satura di
iperboli e immagini ipercodificate. Il testo nel testo, parodia della retorica e
della prigione manieristica della letteratura pi volte lamentata da Landolfi,
puntualmente riscritto dalla penna, che lo rovescia in irridente autoritratto,
con unimmagine che richiama Pizzicheria di Palazzeschi: E in conclusione,
con o senza la mia Violante, non mi resta che cambiar mestiere... []. Oh,
addirittura droghiere? Non potrei in caso scegliere un mestiere un tantino pi
29
Id., Un paniere di chiocciole, cit., p. 857.
30
Ivi, p. 922.
184 Giulia Mauro
31
Ivi, p. 925.
32
Ivi, p. 980.
33
Ivi, p. 981.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 185
34
Ivi, p. 986.
35
Ivi, p. 987.
36
T. Landolfi, Des mois, cit., p. 704.
37
Id., Un paniere di chiocciole, cit., p. 989.
186 Giulia Mauro
38
Ivi, p. 1005.
39
Ivi, p. 1007.
40
Ivi, p. 1008.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 187
forse notevole il fatto che a partire dal momento in cui lopera diventa ricerca
dellarte, diventa letteratura, lo scrittore senta sempre pi il bisogno di mantene-
re un rapporto con se stesso. Egli prova sempre unestrema ripugnanza a disfarsi
di s a vantaggio di quella potenza neutra, senza forma e senza destino, che die-
tro tutto ci che si scrive, ripugnanza e apprensione rivelate dal bisogno, proprio
di tanti autori, di redigere ci che essi chiamano il loro Diario []. Si d il caso
che gli scrittori che tengono un diario siano i pi letterari di tutti gli scrittori, ma
forse proprio perch evitano cos lestremo della letteratura, se questa il regno
inquietante dellassenza di tempo41.
41
M. Blanchot, Lo spazio letterario [1955], trad. it. di G. Zanobetti, Einaudi, Torino 1975,
pp. 14-15.
42
O. Macr, Tommaso Landolfi: narratore, poeta, critico, artefice della lingua, Le Lettere,
Firenze 1990, p. 22.
188 Giulia Mauro
43
C. Bo, Nel paniere di Landolfi in Corriere della Sera, 18 luglio 1968.
44
Cfr. T. Landolfi, Commiato, in Ombre [1954], in Id., Opere I (1937-1959), a cura di I.
Landolfi, Rizzoli, Milano 1991, p. 808: Non v pi meta alle nostre pigre passeggiate se non
la realt.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 189
Non a caso, molto spesso gli elzeviri non hanno un vero finale, viceversa
la comunicazione resta aperta, ipostasi della cattiva infinit di un meccani-
smo narrativo centrifugo, improntato alla divagazione e alla dissipazione, che
ha nel gioco dazzardo la sua figura pi emblematica.
Alla rinuncia a una valenza affermativa del discorso, ormai impraticabi-
le, subentra la centralit dello scarto che separa arte e vissuto, nella loro reci-
proca insufficienza, pur nel confronto ineludibile. Il disagio morale che atta-
naglia il soggetto impotente si configura come accidia, inadeguatezza
esistenziale e poetica (si pensi al leitmotiv del narratore o del critico inaffi-
dabile), rifiuto dellazione e della dimensione positiva in genere, destituita
di certezze.
La tendenza a indagare il lato oscuro e retroverso della realt, la predile-
zione per la deformazione grottesca delle situazioni quotidiane, dalla vita
familiare alle chiacchiere gratuite dei passanti, un gioco fra i pi seri, con-
trariamente a quanto potrebbe sembrare.
Lo sguardo gettato sui vuoti e sulle lacune, sui paradossi della condizione
umana, non rinuncia, comunque, a imprimere una forma che contenga
lhorror vacui, e non cosa da poco, oltre a segnare il maggior discrimine
rispetto a un approdo nichilistico.
Se lespressione letteraria irrinunciabile, poich non dato inventare un
gioco nuovo, daltro canto linnocenza della parola, irripetibile e in rappor-
to diretto con la realt, andata perduta: tutto gi stato nominato e alla lin-
gua non resta che dire e disdirsi, riproducendo unattitudine internamente
dialogica e dubitativa.
La chiosa, la ritrattazione e la citazione, segnalata o meno, che costitui-
scono parte integrante di un discorso avvitato su se stesso, danno lidea di un
testo che riproduca un originale non meglio identificabile, con effetti di reci-
tato e ambiguit della significazione vicini alle opere maggiori.
Lossimoro, la litote, lantifrasi e liperbole sono s figure connaturali a una
retorica postuma della classicit, ma rifunzionalizzate nel discorso landolfia-
no, altamente dissacrante e trasgressivo, nellordine letterario come in quello
extraletterario.
Particolarmente significativo, inoltre, risulta il dialogo tra narratore e nar-
ratario, lettore ideale e ponte verso il lettore reale, cui Landolfi non lascia
respiro o possibilit di catarsi, per imporgli viceversa la collaborazione attiva.
Sia negli scritti dinvenzione sia negli articoli critici lautore si mostra parti-
colarmente attento alla ricezione, esercitando le diverse funzioni del linguag-
gio (conativa, ftica e metalinguistica in particolare) per mettere in crisi lo
statuto convenzionale della comunicazione.
Allinterlocutore, alterego oggetto di provocazione, si chiede alternativa-
mente di non credere a quanto si dice, di non attribuire un significato al nar-
rato, o di riempire i vuoti del discorso, disponendolo allo straniamento e
allassunzione di una postura critica.
190 Giulia Mauro
45
Per approfondire il carattere di leitmotiv di questa tesi, che si ripete lungo tutta la storia
dellarte con particolare sviluppo nellet moderna, Cfr. T. Adorno, Societ in Teoria Estetica
[1970], Einaudi, Torino 1975, pp. 452-453.
GIORGIO PATRIZI
egli riesce a crearsi una sua cultura eclettica e dinamica. Il nomadismo diven-
ta quindi una soluzione di stile: eclettismo, plurilinguismo, versatilit savi-
niane nascono dalla possibilit di attingere alle fonti pi prolifiche e pi viva-
ci del momento1.
A questa predisposizione che da culturale sembra diventare sempre pi
radicalmente naturale, si lega il dato stilistico: da l nasce lo stile di
Savinio. Egli stesso si definisce una centrale creativa, dotata di grande ver-
satilit. Usa il termine greco di polipragmosine, che vuol dire, appunto,
dedicarsi a pi arti: e lo usa con orgoglio a dispetto della cultura contempo-
ranea tradizionalista, specialmente quella idealista e crociana, che lo leggono,
invece, come deprecabile sperpero2. A legittimare questa tensione a lavorare
con i linguaggi pi diversi c la reiterata affermazione della fragilit di una
sola verit, che deve essere sostituita da una molteplicit di verit. La batta-
glia della cultura dovr essere allora proprio quella di demolire lautoritarismo
di quella che oggi definiamo cultura unica, a cui Savinio oppone la cultura
delle molteplici verit: C la verit? No, ci sono le verit, un grande confor-
to per noi e, quanto pi alto il numero delle verit, tanto pi bassa la pos-
sibilit di una verit sola. Nostro compito di aumentare il numero delle
verit, fino a rendere impossibile la ricostruzione della verit. nelle pagine
dedicate allOro del Reno di Wagner, raccolte in Scatola sonora che Savinio
definisce in modo preciso questo principio: Poche teste sanno ospitare con-
temporaneamente due idee diverse, dico nella loro vera essenza e profon-
dit Pochi uomini, dunque, sono destinati a conoscere la verit, perch
unidea sola pu dare la fede, ma a farci intravvedere la verit almeno due idee
sono necessarie e che apparentemente si contraddicano3. Ha scritto Cacciari:
Il motto adorniano, Il Tutto falso, potrebbe valere anche per Savinio.
Lunione un errore. In questo senso leuropeo la tomba di Dio ma tale
morte viene assunta gioiosamente, una gaja scienza. Essa annuncia lepoca
di un augurabile nihilismo, assolutamente distinto da quello dello Stato: un
nihilismo versus gli idola che vogliono arrestare il divenire, liquidare la sor-
presa del Caso4. Ed ancora, a proposito della filosofia dellarte saviniana:
Tutta lestetica di Savinio filosofia dellarte su base nietzschiana: arte alcyo-
nia, arte felice misura, rythmos: composizione dei casi5.
fondamentale, per cogliere sino in fondo la peculiarit del pensiero
saviniano, considerare loriginalit del suo modo di rapportarsi ai temi cultu-
rali e politici che and via via affrontando: quando per il mondo comincia-
1
S. Cirillo, Alberto Savinio, Mondadori, Milano 1997, p. 10.
2
Ivi, p. 13.
3
Idem.
4
M. Cacciari, Savinio europeo, in Mistero dello sguardo. Studi per un profilo di Alberto
Savinio, a cura di R. Tordi, Bulzoni, Roma 1992, p. 17.
5
Ivi, p. 18.
Savinio e il giornalista come greco 193
6
S. Cirillo, cit., p. 19.
7
R. Buttier, Savino giornalista, Bulzoni, Roma 1987, p. 15.
8
A. Savinio, Primi saggi di filosofia delle Arti, in Valori plastici, marzo-aprile 1921,
p. 25.
194 Giorgio Patrizi
9
Da Valori plastici, novembre 1918, p. 7.
10
Cit. in S. Battaglia, Savinio e il surrealismo civico in A. Savinio, Torre di guardia, Sellerio,
Palermo 1993 (I ed. 1977), p. 23.
11
A. Savinio, Prefazione a Tutta la vita, Bompiani, Milano 1945.
12
R. Buttier, cit., p. 26.
13
da ricordare la pagina di Apollinaire, in cui cos si sintetizza il lavoro sulla musica di
Savinio: Il croit pouvoir [] faire ressortir par sa musique tout ce qui, dans notre poque, se
rvle nous sous une forme trange et nigmatique. (G.Apollinaire, Musique nouvelle, in R.
Buttier, op. cit., p. 29).
14
S. Zoppi, Quando le statue non sorridevano, in Alberto Savinio, catalogo della mostra di
Palazzo Reale, Milano, Electa 1976, pp. 105-116.
15
A. Savinio, Fini dellarte, in Valori Plastici giugno 1919, p. 21.
Savinio e il giornalista come greco 195
16
Id., Il sorbetto di Leopardi, in Omnibus, 28 gennaio 1939.
17
L. Sciascia, Nota a A. Savinio, Torre di guardia, cit., p. 11.
18
S. Battaglia, Savinio e il surrealismo civico, cit., p. 24-25.
19
R. Buttier, cit., p. 46.
196 Giorgio Patrizi
zione che cera dellaltro: che cerano tante verit, da cercare dentro e fuori di
noi liberamente, senza paure; che il mondo era stato ed era, negli uomini,
nelle cose, nei libri, pi semplice e luminoso e al tempo stesso pi comples-
so ed oscuro, di quanto volevano farci credere; che lItalia in cui vivevamo, e
che volevano che credessimo impareggiabile, era un paese angusto e povero,
che Papini e Malaparte, Ojetti e Soffici, strapaese e stracitt, Lemmonio Bo-
reo e il cavalier Mostardo, La Critica e Il Frontespizio, tutto il fascismo e
certo antifascismo diciamo ufficializzato, appunto erano angustia e povert:
nel loro costituirsi, insieme e di fatto, come antieuropee [] Savinio, ecco,
era lEuropa: lEuropa ancora libera, ricca di idee di contraddizioni, di dege-
nerazioni, inquieta, minacciata; quella in cui ancora si poteva scrivere20.
Questa lettura della pagina saviniana ne illumina i tratti di apertura al nuovo,
sprovincializzazione di una cultura accademizzata e strapaesana che appariva
incapace di incontare le degenerazioni di una pi ampia dimensione di spe-
rimentazione e di ricerca espressiva. Ma la scelta di Savinio molto radicale:
muove in direzione di una sorta di discussione a tutto campo dei linguaggi e
dei personaggi che affiorano nella quotidiana lettura del mondo, della storia,
dei suoi protagonisti o vittime. In questa prospettiva sottolineare la peculia-
re costruzione analitica, o argomentativa, o destrutturante dei saggi di Sa-
vinio, vuol dire mettere a fuoco una sempre lucida volont di comprensione
e di polemica ricerca della verit, quella della conoscenza e della morale. il
Savinio che scriveva, in Tutta la Vita: I greci non facevano nulla, neppure un
particolare di architettura, che non rispondesse ad una ragione morale.
A scorrere la gran mole di scritti giornalistici o di pubblicistica prodotti
da Savinio nei decenni della sua collaborazione alle riviste delle pi diverse
estrazioni, emerge con evidenza la sua peculiare modalit di costruzione del-
larticolo.
Qualche esempio dalla raccolta adelphiana di Scritti dispersi 1943-1952,
curata da Paola Italia, nel 2004. In uno scritto del 45, Savinio ragiona sulla
natura e la cultura dei Greci: Prima di tutto quando si dice Greci antichi, di
quali Greci si vuol parlare? Perch non negabile che fra i Greci della civilt
ionica ossia dei tempi di Omero e i Greci del tempo di Pericle ci sia una certa
quale differenza, considerato che fra gli uni e gli altri si frappone quelloscu-
ro periodo dinvasioni e di trasformazioni che va sotto il nome di medioevo
dorico. Del resto io qui non esamino le mescolanze che possono essere avve-
nute nella penisola greca in sguito alla conquista romana prima, poi allarri-
vo dei Franchi, dei Veneti, dei Turchi, lascio questi studi agli eruditi, ossia a
coloro che sanno tutto e non capiscono niente. A me che conosco i Greci
naturalmente e poeticamente, per essere nato ad Atene e per avere cono-
sciuto intimamente le loro qualit, risulta che tra i Greci di oggi e quelli del-
20
L. Sciascia, in A. Tinterri, Sciascia e Savinio (per lui-meme), in A. Savinio, Scritti disper-
si. 1942-1952, a cura di P. Italia, Milano, Adelphi 2004, pp. XI-XII.
Savinio e il giornalista come greco 197
21
A. Savinio, Greci e Greci, in Id., Scritti dispersi. 1943-1952, a cura di P. Italia, Adelhpi,
Milano, pp. 103-105.
22
Id., Europa, ivi, p. 699.
23
Ivi, p. 701.
198 Giorgio Patrizi
Ed ecco, ancora nel 1950, come Savinio propone una serie di riflessioni
allinterno, come al solito, di unanalisi di grande acume ed originalit sui
caratteri specifici della musica nera: Cantare come i negri rimedio della nevra-
stenia 24, apparso sul Corriere della Sera del 1 gennaio 1950: quando la
musica delluomo bianco sta per finire, essa preannuncia la propria fine. Il
qualcosa di diverso sta per finire. Preparatevi alla fine del diverso. E comin-
cia la cadenza. Talvolta lunghissima [] La musica negra no. La musica
negra non comincia, n finisce. Cessa a un certo momento, sinterrompe.
Salvo a riprendere. Con la stessa mancanza di cominciamento. Cade la musi-
ca, si spegne, nientaltro [] Perch? Perch nella vita del negro la musica
non unaltra cosa, non una cosa diversa. Non ha bisogno dunque di
annunciarsi. N di annunciare la propria fine. Nella vita del negro, la musi-
ca cosa naturale. Parte dalla vita25.
Segue una puntuale descrizione di una serie componimenti di musica
jazz, che Savinio legge sullo sfondo dei caratteri antropologico-culturali dei
musicisti: Il negro non canta, non suona per diletto, non pure per esprime-
re la propria anima. Suona e canta per scaricare la propria anima [] La
musica negra una respirazione pi profonda; una respirazione che scende
oltre i polmoni, nel sacco nero (negro) della psiche26.
Anche questa pagina pu essere assunta ad esempio del procedimento dia-
lettico e retorico di Savinio: muove dalla percezione di una realt, originale o
misconosciuta, rispetto allopinione comune; quindi cerca di dirimerne ed
evidenziarne i vari elementi costituenti, sempre attento a riconoscere, dietro
i dettagli, la loro portata epistemologica, o estetica, o morale. cos che lo
sguardo capace di penetrare nei dettagli delloggetto da conoscere e da inda-
gare, segue il percorso di una catena di significati che ampliano costante-
mente il senso dellanalisi.
questo, paradossale, il surrealismo di Savinio: una scomposizione della
realt fatta al lume della logica, che si giova di tutti gli strumenti dellanalisi
razionale, filologica, linguistica, di senso, per approdare al ritrovamento del
senso pi profondo delle cose, della vita, delle azioni delluomo.
24
Ivi, pp. 1263-1264.
25
Id., Cantare come i negri rimedio alla nevrastenia, ivi, p. 1263.
26
Ivi, p. 1264.
SILVANA CIRILLO
*
Per unidea complessiva dellattivit di Za si veda in Il Caff illustrato, n. 28, gen. feb.
2006, Dossier Zavattini, a cura di S. Cirillo.
200 Silvana Cirillo
1
Il periodo parmense stato studiato da Guido Conti.
202 Silvana Cirillo
2
Cfr. S.Cirillo, Una cento mille lettere, Bompiani, Milano 1986 (ora anche nei tascabili).
3
Ivi, lettera di C. Z. del 4-8-1937.
4
Ivi, lettera del 9-6-1947.
Cesare Zavattini: senza di lui non si muoveva paglia! 205
5
Ivi, lettera del 9-6-1947 a Bompiani.
6
Ivi, lettere ad Alberto Mondadori del 27-6-1950 e del 2-11-1950.
7
Ora pubblicate a c. di Renzo Martinelli, Domande agli uomini, Le Lettere, Firenze 2007.
Cesare Zavattini: senza di lui non si muoveva paglia! 207
1
G. Rando, Corrado Alvaro narratore. Lofficina giornalistica, Falzea Editore, Reggio
Calabria 2004, p. 196.
2
Si pensi a Viaggio in Turchia (1932), Itinerario italiano (1933), Cronaca (o fantasia)
(1934), Terra nuova. Prima cronaca dellAgro Pontino (1934), I maestri del diluvio. Viaggio nella
Russia Sovietica (1935), LItalia rinunzia? (1945), Quasi una vita. Giornale di uno scrittore
(1950), Il nostro tempo e la speranza. Saggi di vita contemporanea (1952), Roma vestita di nuovo
(1957), Un treno nel sud (1958).
3
W. Pedull, Le ribelli di Corrado Alvaro, in Storia generale della letteratura italiana (12
voll.), dir. da N. Borsellino e W. Pedull, Motta Editore, Milano 1999, vol. XI, p. 275.
4
Id., Introduzione a Corrado Alvaro, Scritti dispersi 1921-1956, a cura di M. Strati, Bom-
piani, Milano 1995, p. XIX.
210 Michelangelo Fino
5
Ivi, p. XIV.
6
Ivi, p. XV.
7
C. Alvaro, Documenti di vita, La Stampa, 19 novembre 1952.
8
A. Balduino, Corrado Alvaro, Mursia, Milano 1965, p. 123.
9
M. Strati, Appunti per un discorso critico su Alvaro giornalista: 1916-1936, Arti Grafiche
Edizioni, Ardore Marina 1992, p. 3.
10
M.L. Cassata, Corrado Alvaro, Le Monnier, Firenze 1974, p. 13.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 211
presentata nelle sue opere, dove i colloqui tra i personaggi non sono fre-
quentissimi. Una condizione esorcizzata proprio attraverso la scrittura gior-
nalistica, come rivela una testimonianza dello stesso Alvaro in merito alla
sfortunata esperienza novecentista, considerata un pi o meno conscio ten-
tativo di comunicare col mondo esterno [] unistintiva fuga dallisolamen-
to in cui si chiudeva il nostro paese con la sua cultura11.
E nellAlvaro giornalista c sempre, con alterne fortune, la ferma volont
di agire al di fuori della politica, di uscire dallasfissiante e asfittica realt ita-
liana, non per allontanarla e ignorarla, ma al contrario per meglio osservarla
e documentarla. Nelle sue numerose corrispondenze dallestero come inviato
della Stampa, ad esempio, non parla mai soltanto della Russia comunista,
della Germania nazista o della Turchia moderna; in quelle realt lontane solo
geograficamente, scorge affinit pi o meno latenti, intravede le stesse ombre,
gli stessi problemi del suo paese. In oltre quarantanni di attivit giornalisti-
ca ha saputo cogliere le profonde contraddizioni del suo tempo, passando
consapevolmente attraverso i drammatici avvenimenti storici, politici, socia-
li ed economici che segneranno la prima met del XX secolo: la nascita e laf-
fermazione delle dittature (comunismo, fascismo, nazismo), i due conflitti
mondiali, la Resistenza, le lotte operaie e contadine, la questione meridiona-
le, fino ad arrivare ai primi segnali della nuova societ del benessere.
Il primo incontro di Alvaro con il mondo dei giornali avviene nel 1914,
quando lo scrittore di San Luca pubblica sulla Rivista dOggi la traduzione
di tre poesie di Tagore12. Nel 1916 lo scrittore entra nella redazione del Re-
sto del Carlino, giornale sul quale continuer a pubblicare fino al gennaio
del 1923 (con uninterruzione durata per tutto il 1922)13.
Nel luglio del 1919, grazie allinteressamento di Giuseppe Antonio
Borgese, suo professore di Letteratura tedesca allUniversit di Milano14, ini-
zia la sua lunga e controversa collaborazione al Corriere della Sera, allepo-
11
E. Falqui, Il futurismo. Il novecentismo, Eri, Roma 1953, p. 114.
12
Sempre nel 1914 Alvaro pubblica le sue prime poesie su Il nuovo birichino calabrese.
Altre poesie appaiono su La Riviera Ligure tra il 1915 e il 1917.
13
Sul rapporto tra Alvaro e Il Resto del Carlino cfr. A. Barbina, Alvaro 1916-1917, in
Otto/Novecento, a. III, mar.-apr. 1979, pp. 163-78, poi con il titolo Alvaro al Resto del
Carlino, in AA. VV., Corrado Alvaro, lAspromonte e lEuropa, atti del convegno di Reggio
Calabria (4, 10-12 nov. 1978), Casa del Libro, Reggio Calabria 1981, pp. 327-40.
14
Cos Borgese in una lettera dellottobre 1918 indirizzata al redattore capo del Corriere
Pietro Croci: credo di poterti indicare una persona adatta per la missione in Oriente. Si trat-
ta di Corrado Alvaro. Ha qualit letterarie molto fini ed ha fatto una buona esperienza tecni-
ca giornalistica al Resto del Carlino. [] LAlvaro politicamente del tutto sicuro e non ha
mai mostrato soddisfazione di trovarsi al Carlino. M. Strati (a cura di), Corrado Alvaro e il
Corriere della Sera. Carteggio 1919-1955, Carocci, Roma 2006, p. 127. Il politicamente del
tutto sicuro fa riferimento, come sottolinea Strati, al non allineamento di Alvaro con le posi-
zioni neutraliste e filosocialiste assunte dal giornale durante il primo conflitto mondiale.
212 Michelangelo Fino
15
Sulla collaborazione di Alvaro al Mondo, cfr. C. Alvaro, Lettere parigine e altri scritti
1922-1925, a cura di A.-C. Faitrop-Porta, Salerno Editrice, Roma 1997.
16
Alvaro firma tra laltro la risposta crociana degli antifascisti al manifesto degli intellet-
tuali fascisti redatto da Giovanni Gentile.
17
Su questo delicato momento per lattivit giornalistica di Alvaro cfr. la lettera datata 13
novembre 1925 indirizzata allamico Nino Frank. Alvaro-Bontempelli-Frank, Lettere a 900,
a c. di M. Mascia Galateria, Bulzoni, Roma 1986, p. 11.
18
Il primo contatto con il quotidiano torinese avviene per nel 1921 quando Alvaro, tra
luglio e agosto, pubblica quattro articoli.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 213
Signor direttore,
leggo nel Nuovo Corriere della Sera del 4 aprile, e me ne rammarico, quanto ha
scritto il signor Gaetano Baldacci sullAlleanza della cultura, sugli scrittori italia-
ni e su me personalmente. [] Il fatto che al convegno dellAlleanza della cul-
tura a Firenze nulla s chiesto al Governo in favore degli scrittori italiani [].
Per gli scrittori, io ho avuto modo di chiarire che i nostri interessi dovessero esser-
vi discussi solo in quanto interessi culturali. [] Ho creduto fino a ieri che esse-
re collaboratore del Corriere, e collaboratore letterario e non politico, non impli-
casse la totale abdicazione di ogni mia idea per le idee del signor Baldacci, e Sue,
signor direttore, se Lei assume, come pare lassuma, la responsabilit degli scritti
del Suo corrispondente. Se cos, Le rassegno le mie dimissioni dallincarico
19
Su questo aspetto cfr. M. Strati (a cura di), Corrado Alvaro e il Corriere della Sera, cit.
e Alvaro-Bontempelli-Frank, Lettere a 900, cit.
20
Il riferimento verosimilmente alla rivista filofascista Primato, voluta da Giuseppe
Bottai, personaggio assai influente negli ambienti fascisti nonch ministro dellEducazione
Nazionale tra il 1936 e il 1943, attiva fra il 1940 e il 1943, alla quale Alvaro aveva collaborato.
21
G. Baldacci, Aria di littoriali a Firenze, Corriere della Sera, 4 aprile 1948.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 215
[]. A meno che Lei, pubblicando questa mia lettera, non la accompagni con la
pi doverosa ritrattazione delle affermazioni del signor Baldacci. Il quale avr cos
una prova del desiderio di servit duno scrittore italiano22.
Lungi dal farci impressionare dalle soluzioni gi belle e fatte fuori dItalia, lungi
dal prendere in prestito atteggiamenti non nostri, che facilmente hanno soccor-
so in altri tempi la scarsit dellispirazione e delloriginalit, noi abbiamo rico-
minciato a ricostruire punto per punto la nostra realt, giacch non potevamo
contentarci di risultati polemici, come sono stati gli ultimi che ci hanno propo-
sto prima della guerra; e andiamo elaborando soltanto quello che stimiamo
nostro, particolare, congeniale24.
22
C. Alvaro, Corrado Alvaro o della coerenza, Corriere della Sera, 8 aprile 1948.
23
Ibidem.
24
Id., La solita polemica, La Stampa, 21 febbraio 1933.
25
W. Pedull, Introduzione a Scritti dispersi, cit., pp. X, XVII.
216 Michelangelo Fino
[gli scrittori italiani] hanno dato un giornalismo dei pi originali e puliti, hanno
allargato i confini e compiuto i primi viaggi di una letteratura da troppo tempo
sedentaria, e imparato a guardare con occhi di italiani; [] la letteratura italiana
si distaccata risolutamente dalle influenze straniere per cui teatro e romanzo in
Italia furono, per trentanni prima della guerra, echi di un mondo non italiano
[]28.
26
C. Alvaro, Letterati a rumore, La Stampa, 26 agosto 1926.
27
In questa sede non si ha la pretesa e lintento di stabilire quanto Alvaro sia antifascista
e quanto, ad un certo punto, si avvicini al regime. per importante accennare ai rapporti che
lo scrittore di volta in volta stringe con il mondo politico per meglio comprendere i discorsi e
le posizioni tenuti nel corso degli anni. Per un approfondimento si rimanda, fra gli altri, a E.
Misefari, Alvaro politico. Analisi di un comportamento, pref. di P. Alatri, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1981 e V. Stranieri, Corrado Alvaro e il fascismo, Centro Stampa Sud, Bovalino 1999.
28
C. Alvaro, La solita polemica, cit.
29
Id., Una storia oscura, La Stampa, 4 novembre 1933.
30
In molte altre occasioni Alvaro denuncia la sconfitta della cultura e lo svilimento della
funzione dei letterati. Cos scrive in un articolo intitolato Un dialogo difficile apparso sulla
Stampa il 24 ottobre del 1952: oggi v la sconfitta delluomo di cultura nella sua missione
di guida e nella sua ambizione sacerdotale.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 217
Si discute molto oggi della funzione degli scrittori e degli uomini di selezione in
genere; per limitarci allItalia, le ultime polemiche letterarie sono il sintomo dun
grave malessere. Intanto, e non solo da noi, glintellettuali si sentono fuori della
loro missione, sono ridotti a n pi n meno che a una delle tante classi in cui il
mondo moderno, meglio ancora, uno dei tanti compartimenti stagni incomuni-
cabili fra di loro che il carattere di questa declinante civilt; del resto, gli avve-
nimenti dellEuropa dalla guerra a questa parte segnano la sconfitta degli intel-
lettuali31.
Tant, dunque, proporre apertamente le civilt nazionali, chiuse nei loro limiti,
fino a quando lEuropa, tornata a reggersi in un assetto politico simile, e certo in
forme nuove, non parler un linguaggio concorde. Appunto perch credo
allEuropa come fatto totale parlo di chiusura entro i limiti della civilt naziona-
le. [] Per rimanere in Italia, lesotismo della nostra classe media da pi di
trentanni ha cercato di adattarsi come una colonia alle mode che le venivano da
fuori []. Appunto perch credo allimmortalit, alla universalit, alla premi-
nenza dellEuropa, io parlo di particolarismo: appunto perch so che lEuropa
inevitabilmente il prodotto delle varie civilt che la compongono e non la media
di una civilt, io parlo cos stretto32.
31
Id., Glintellettuali, oggi, La Stampa, 11 maggio 1933.
32
Ibidem.
33
Id., Trucioli della storia, Il Mondo, 7 novembre 1922.
218 Michelangelo Fino
Tutto parve provvisorio e sul punto di scomparire. Le automobili sulla strada par-
vero cariche di assassini. La gente attonita in piazza, incapace di muoversi; []
In ogni uomo un nemico di cui non sera mai sospettato []36.
Alvaro, anche quando fa la voce grossa, non si lascia mai travolgere da una
vera e propria vis polemica. Il suo stile sempre piuttosto pacato, il suo
discorso piano, meditato, proprio di un attento osservatore che predilige la
scrittura composta e misurata alla violenza verbale, un senso adulto della
34
Ibidem.
35
Id., Denunzia, Il Mondo, 20 settembre 1923.
36
Id., Cronaca, Il Mondo, 6 luglio 1924.
37
Id., Il discorso interrotto, La Stampa, 5 aprile 1950.
38
Ibidem.
39
Id., Un giro di vite, Il Mondo, 27 ottobre 1951.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 219
40
G. Rando, Corrado Alvaro narratore, cit., p. 161.
41
Ivi, p. 160.
42
C. Alvaro, Prevalenza del teatro, Il Mondo, 4 ottobre 1923.
43
Id., Giuliano, La Stampa, 8 maggio 1949.
220 Michelangelo Fino
Alla fine, sollecitato dal discredito che veniva al Paese dagli atteggiamenti di
Giuliano, dalle sfide di questo sventurato alle autorit dello Stato e allopinione
pubblica, il Governo ha aperto contro di lui loffensiva decisiva. Chi ha veduto le
condizioni in cui vive una intera contrada a pochi chilometri da Palermo, fra il
terrore dei banditi e quello delle forze di polizia, fra le vittime di questa e di quel-
la parte, la catena delle vendette, delle denunce, le fughe verso la montagna []
si domanda come lavventura di Giuliano abbia potuto durare tanto. C anche
da domandarsi, alla fine, come mai un bandito, macchiato di decine di delitti,
abbia potuto rappresentare un personaggio di fronte a cui ogni terribilit sangui-
nosa passava in seconda linea, per cedere il posto a una certa attrattiva, se non a
piet, come verso il figlio di una terra generosa che ha piegato al male, una forza
non comune, un ingegno strategico, unaudacia, un senso primordiale della giu-
stizia, divenuto delinquenza. Giuliano sembra uno di quei campioni della dispe-
razione che lItalia ha dato troppe volte nella sua storia, votati al male e quasi con-
dannati al male, ma ugualmente tipi umani considerevoli45.
44
Id., Biografie meridionali, Corriere della Sera, 11 settembre 1954.
45
Id., Giuliano, cit.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 221
Perseguire col fiscalismo di una legge disattenta cui molti sfuggono ridendo e pochi
soccombono sanguinando, vuol dire spingere la miseria alla rivolta, alla criminalit.
Perseguitare intere famiglie, complici volontarie, e pi spesso involontarie, dei ban-
diti quando le forze di polizia sono incapaci per mesi e per anni di difendere la casa,
la famiglia, la libert, lintegrit e la libert dei cittadini [] questo seminare un
male inestinguibile [] e non preoccuparsi invece delle origini e dei sintomi di
quei mali e non prevederli e non tentare di porvi riparo, pericoloso errore47.
Giuliano non potr parlare ma non sar lultimo nella discendenza di tanti tristi
personaggi, il cui dramma troppo ripetuto da quando incominciata la storia
della democrazia, fa balenare il sospetto che si tratti di una protesta pazza e inu-
mana di un dramma ben altrimenti umano e paziente. ancora il dramma del-
lunit italiana. E non piacevole che una storia di briganti si tiri dietro conside-
razioni di questo genere49.
46
NellItalia meridionale pi che altrove, si pu parlare del Risorgimento come di una
rivoluzione liberale fallita. Id., Donne di passo e avventure in un albergo siciliano, La Stampa,
22 dicembre 1948.
47
Id., Giuliano, cit.
48
Il cadavere di Salvatore Giuliano verr trovato nel cortile di una casa di Castelvetrano il
5 luglio 1950.
49
C. Alvaro, Giuliano, cit.
222 Michelangelo Fino
tenza della sua indagine sempre lo stesso (profonda conoscenza del feno-
meno meridionale), ma cambia di volta in volta il percorso di tale indagine,
senza peraltro che ci comporti delle differenze nel risultato finale: ogni arti-
colo, pur variando la prospettiva, ci restituisce unanalisi puntuale della realt
meridionale, illuminando un microcosmo indecifrabile per chi meridionale
non (e spesso Alvaro nei suoi articoli sottolinea limportanza, anzi la neces-
sit di avere sangue e anima meridionali per capire il sud). A volte, infatti, lo
scrittore indugia su aneddoti apparentemente divertenti, personaggi bizzarri,
vicende romanzesche, ricorrendo a un tono semiserio per spiegare un dram-
ma (lemigrazione) che, in quanto tale, serissimo. Questo particolare pro-
cedimento, peraltro, funzionale alla rappresentazione di alcune doti carat-
teriali e intellettuali dellindividuo meridionale: lo spirito di sacrificio e di
sopportazione, un certo ottimismo e lirriducibile speranza in un avvenire
migliore. Ecco perch le partenze degli emigranti si consumano in unatmo-
sfera inspiegabilmente (per chi non li conosce) allegra e spensierata:
50
Id., Giornate dellemigrante, La Stampa, 23 ottobre 1926.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 223
vassimo a teatro (e sul teatro Alvaro scriver tanto attraverso i giornali), gli
attori protagonisti di commedie agrodolci. Commedie che, viste dal di fuori,
si trasformano in drammi individuali e collettivi, per quanto, e qui c tanta
parte dellessenza meridionale, i protagonisti nella loro felice inconsapevolez-
za continueranno a recitare il copione di una curiosa e stravagante comme-
dia. Attraverso queste storie eccezionali lautore riesce a fare chiarezza, a
sgombrare il campo da tanti luoghi comuni, a sfatare i falsi miti che circon-
dano i meridionali, la loro vita, la loro storia. Si scopre cos unumanit inso-
spettabile, uno spirito imprenditoriale da far impallidire il pi intraprenden-
te uomo settentrionale, uningegnosit e una disponibilit al nuovo che stri-
dono con lo stereotipo del meridionale ottuso, passivo, refrattario a qualsiasi
novit. Alvaro sa che molto spesso queste qualit restano ad uno stadio
potenziale senza che si traducano in atto, ma sa altrettanto bene che non
tanto un problema di volont quanto di mancanza di opportunit. Un ser-
batoio inesauribile, quello alvariano, dal quale attingere storie51 di improvvi-
se e folgoranti vocazioni come quella del minatore che, tornato in patria, si
mette a fare lorologiaio:
Questa sua vocazione, che era il riscatto dellintelligenza sulla vita materiale, lo
fece pallido e affilato. Impar, a furia di sfruconare, come si fa camminare un
orologio. Queste scoperte gli diedero lebbrezza, e si mise in testa di fabbricare un
orologio che addirittura si caricasse ogni ventanni52.
Un altro, in un paese di mille abitanti dove cera appena danaro per le semine, si
mise a fabbricare gazose con una sua macchina infernale, con essenze inventate
da lui, e certi meravigliosi colori. Fall naturalmente, e io lo vidi amaro presso la
sua macchina morta, e accanto la zappa lucente cui aveva dovuto tornare53.
un giorno, stando appostato coi suoi in una strada, vide venire avanti un pacifi-
co prelato con una croce doro sul petto e un anello al dito. Gli parve di ricono-
scerlo. Ma quello proprio uno del suo paese. Il suo paese! Si volse alla sua com-
pagnia che agognava gi quelloro, e disse: Non lo vedete? un miserabile che
io conosco, un millantatore che porta addosso tutta roba falsa, un vero malan-
51
Storie, quelle raccontate in questarticolo, che alimenteranno pi tardi opere quali Gente
in Aspromonte e Lamata alla finestra.
52
C. Alvaro, Giornate dellemigrante, cit.
53
Ibidem.
224 Michelangelo Fino
drino e furfante come noi. Cos lo salv. Con questi suoi sentimenti, neppure
quel mestiere pot durare, e tornato a casa and a raccontare al prete come lave-
va salvato54.
54
Ibidem.
55
Ibidem.
56
Il 29 ottobre del 1949 segna il tragico epilogo delle lotte agrarie scoppiate in tutto il
meridione del periodo postbellico, e iniziate allindomani della ratifica dei Decreti Gullo da
parte del Ministro allAgricoltura Antonio Segni. Quel giorno, tristemente noto come il gior-
no dei fatti di Melissa, la polizia reprime nel sangue la protesta dei contadini.
57
C. Alvaro, Insopportabile vita nel paese natale, La Stampa, 18 novembre 1949.
58
Ibidem.
59
Spesso Alvaro nei suoi articoli individua nellassenza della classe media, del cemento co-
me la definisce, la causa prima del deficit del Mezzogiorno. Cfr. Id., Biografie meridionali, cit.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 225
Quelli che con gli altri meridionali si sparsero nella nostra penisola, furono il
nerbo della burocrazia, della polizia, delle professioni liberali []. Vale a dire
penetrarono nel circolo della nazione, e in quello che ha di pi delicato lo Stato.
E qui torna la frase di Mazzini, che lItalia sar ci che il Mezzogiorno sar. []
Naturalmente, col peggio, cio col pi istintivo e ferino della popolazione meri-
dionale, fugge anche il pi vigoroso, il pi intraprendente, se non il migliore e il
pi intelligente. il fenomeno pi grave della societ calabrese: la mancanza di
convivenza civile. Evade lelemento sociale pi inquieto e audace. Evade lele-
mento intellettuale, quando pu evade lelemento direttivo. Resta la plebe, tra i
fornitori di merci e lusura, fornitori di medicine, di consigli, di processi; insom-
ma, fornitori di dolori e di lacrime60.
Queste, naturalmente, non hanno diritti, cio diritto al lavoro. Vi sono i qua-
rantamila disoccupati della citt. E naturalmente la massa degli immigrati fuori
legge accusata di togliere ad essi il pane. E siamo al noto dramma meridionale
che ha per scena tutte le citt italiane che abbiano una rinomanza di ricchezza e
in cui si pensa che qualche briciola possa cadere sotto la tavola62.
Spesso questi nuovi disperati sono costretti a tornare nel loro paese pi
disperati di prima e soprattutto pi poveri di prima, perch hanno perso
anche la speranza in un futuro migliore. Ecco perch, secondo Alvaro, tutta
la vita nel sud si consuma da decenni nellillusione del divenire63, e porta i
calabresi (emblemi qui del popolo meridionale) a reputarsi esuli di un regi-
me insopportabile64.
Altrove lo scrittore ricorda come larretratezza economica del sud tragga
origine soprattutto dallisolamento, che a un tempo storico, geografico e
culturale. Di qui la suggestiva associazione tra impraticabilit geografica e
impenetrabilit culturale, che sembra rimarcare la convinzione alvariana
secondo cui allorigine di tutti i mali meridionali ci sia una certa fatalit,
60
Id., Insopportabile vita nel paese natale, cit.
61
Ibidem.
62
Id., Tempi crudeli, La Stampa, 2 ottobre 1951.
63
Id., Biografie meridionali, cit.
64
Id., Insopportabile vita nel paese natale, cit.
226 Michelangelo Fino
che la vita delluomo meridionale pare accada in una dimensione al disopra e al di-
fuori dellindividuo e della sua volont, per un capriccio assurdo e inesplicabile.
lo stesso senso dei canti popolari meridionali. Ed il problema meridionale67.
65
Id., La stella del sud, La Stampa, 1 giugno 1952.
66
Ibidem.
67
Id., Biografie meridionali, cit.
68
Id., Gente in Aspromonte, Garzanti, Milano 2000, p. 8.
69
Segni che, per esempio, si notano anche sui volti dei mendicanti meridionali, che vaga-
no per le strade di Roma e che li distinguono da tutti gli altri mendicanti: Ho veduto men-
dicanti dogni specie. Quelli dellItalia meridionale come colpiti da un male mitico, disperati
e con la voce dei castighi di Dio, quelli del nord sagaci e solidi come banchieri, quelli di Parigi
e di Berlino che a capodanno [] suonano violini impetuosi come per una serata donore.
Id., Primavera dei poveri, La Stampa, 24 aprile 1926.
70
V. Consolo, Il sorriso dellignoto marinaio, Mondadori, Milano 2002, p. 14.
71
Cfr. G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 164, 217.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 227
da sferzata dal vento gelido della Sicilia pirandelliana72; nel [m]are amaro73
verghiano che inghiotte la Provvidenza.
Un mondo enigmatico che, tuttavia, conserva al suo interno una logica
chiarissima. Ecco perch, ad esempio, lArgir alvariano pu dire: Beati
quelli che stanno nelle citt dove invecchiano tardi, perch hanno tanti pia-
ceri. Hanno le case grandi e comperano quello che vogliono perch guada-
gnano. Ma non hanno le pere da inverno e i pollastri che abbiamo noi74.
C, probabilmente, un solo modo per tentare di capire la vita meridionale,
ed quello di farne parte, di esserne lespressione, lemanazione diretta:
una vita alla quale occorre essere iniziati per capirla, esserci nati per amarla75.
Anche sullaltro grande problema meridionale Alvaro scrive molto: lanal-
fabetismo e il problema dellistruzione. Ed anche di fronte a questo tipo di
questioni, il suo giornalismo passa da articoli-inchiesta di forte denuncia76 a
pezzi giornalistici in cui prevale il gusto per laneddoto. Ne citiamo uno
appartenente a questa seconda tipologia, dove un dettaglio apparentemente
insignificante raggiunge il cuore del problema e illumina la coscienza del let-
tore. Per lo scrittore calabrese la scuola nel sud si risolve, anche o soprattut-
to, in una questione di scarpe. Una questione che, a ben vedere, investe il senso
civico di un Paese intero e costituisce la risposta a tutta una serie di doman-
de; al perch, per esempio, non impariamo come essere onesti, leali, dotati
di civismo, pagare le tasse, occuparci del problema meridionale oppure al
perch non siamo come gli svizzeri o gli svedesi:
Per la stessa ragione per cui i ragazzi di molte scuole meridionali hanno un libro
di testo per ogni gruppo di tre o sei, e scrivono i loro compiti sulle righe, e poi
in croce sulle righe gi scritte. Non possono comprarsi il libro o il quaderno,
come poi non potranno comprarsi la decenza, il civismo, e forse lonest. Io fui
ragazzo in una di coteste scuole: il maestro rimandava indietro gli alunni che non
serano lavati i piedi, scalzi. Non pretendeva che avessero le scarpe per la buona
ragione che non ne avevano. Il rispetto della scuola anche una questione di scar-
pe, come essere buoni svizzeri o svedesi77.
72
Cfr. L. Pirandello, I vecchi e i giovani, Mondadori, Milano 1967, p. 9.
73
G. Verga, I Malavoglia, in I grandi romanzi, pref. di R. Bacchelli, a c. di F. Cecco e C.
Riccardi, I Meridiani, Mondadori, Milano 1997, p. 35.
74
C. Alvaro, Gente in Aspromonte, cit., p. 49.
75
Ivi, p. 9.
76
Si pensi, per citare alcuni esempi tra i tanti, a Inchiesta tra gli analfabeti apparso sulla
Stampa il 28 luglio 1948 o a Chi parte chi resta uscito sul Corriere della Sera il 28 febbraio 1947,
in cui Alvaro auspica una radicale riforma dellistruzione incentivando la diffusione di scuole tec-
niche per arginare il continuo, ingiustificato e dannoso proliferare delle scuole classiche.
77
C. Alvaro, Emblemi, Corriere della Sera, 4 maggio 1954.
228 Michelangelo Fino
come il maestro del sud, continua a lottare affinch tutti gli scolari, oltre ai
piedi puliti, abbiano un paio di scarpe. Lo scrittore calabrese critica aspra-
mente gli abitanti del nord (un nord non soltanto italiano), che non com-
prendono e mai comprenderanno78 che, per quanto scandaloso e inconcepi-
bile, la decenza degli alunni del Meridione passa, ieri come oggi, attraverso
due piedi perfettamente puliti. Questi frettolosi visitatori stranieri nel nostro
Paese, dice Alvaro, non sanno, non vedono, non capiscono e non possono
capire:
E poich il Paese non il loro, dicono che la libert non per noi. Non possono
capire che, a onta di ogni episodio, se v un Paese che ha al sommo delle sue
preoccupazioni la decenza, e sia pure per ragioni di apparenza [] questo il
nostro. E che le sue qualit cattive sono lestrema manifestazione delle sue miglio-
ri tendenze quando non pu manifestarle 79.
78
Pi volte Alvaro prende le difese della sua terra contro i giudizi e i pregiudizi degli stra-
nieri. Cfr., ad esempio, il sopraccitato Giuliano. Ma laspetto pi interessante notare come i
politici italiani siano considerati da Alvaro alla stregua dei frettolosi visitatori stranieri, per-
ch incapaci come questi di comprendere il fenomeno meridionale. Il punto che, almeno, i
cittadini stranieri possono essere assolti per il fatto stesso di vivere in altri Paesi, alibi al quale
i governanti italiani non possono aggrapparsi per quanto, direbbe Alvaro, vivano soltanto
idealmente nella stessa nazione.
79
C. Alvaro, Emblemi, cit.
80
Id., Insopportabile vita nel paese natale, cit.
81
Id., Donne di passo e avventure in un albergo siciliano, cit.
DANIELA CARMOSINO
1
A. Briganti, Riccardo Bacchelli, ed. La Nuova Italia, Firenze 1967, p. 3.
2
G. Pampaloni, Riccardo Bacchelli o degli sposi promessi, Il Ponte, n. 48.
230 Daniela Carmosino
Lesordio sulle pagine dei giornali avviene nel dicembre 1909 in una testa-
ta di tutto rispetto: Il Resto del Carlino, definito dallo stesso Bacchelli il
pi bel giornale dItalia! Aperto a tutti [...]. Ma da un altro punto di vista,
uno zibaldone indigesto e senzordine continuativo!3.
Proprio in quellanno, passando sotto la direzione ufficiale di Pio
Schinetti, ma di fatto diretto da Mario Missiroli, il giornale perdeva il suo
storico indirizzo filo-giolittiano, democratico e popolare per collocarsi in
unarea pi conservatrice ed agraria. Proprio a Missiroli si deve larruolamen-
to di nuove e prestigiose firme, molte quali colte nella nascente area vociana:
Prezzolini, Papini, Amendola e poi Gentile e Croce. E, naturalmente,
Bacchelli, dapprima in veste di critico teatrale e sporadicamente come auto-
re di novelle: era infatti questo un genere che, richiestissimo in quegli anni,
poteva rappresentare per molti autori esordienti una discreta fonte di guada-
gno. Ma la produzione pi interessante quella che Bacchelli stesso avrebbe
poi definito note pi veramente satiriche del costume che non di polemica
politica, esprimenti gli umori di un liberale conservatore4.
Ha inizio nel 1912 la collaborazione al settimanale bolognese Patria,
rinato nellanno precedente dopo essere stato assorbito, alla fine
dellOttocento, proprio dal Resto del Carlino. Nello Quilici, che giusto dal
1912 aveva assunto la direzione del giornale, era anche lui di provenienza
vociana. In un prezioso articolo5 pubblicato proprio in questa sede, Bacchelli
illustrava, con una vis polemica che caratterizzer molti dei suoi interventi, i
due principali problemi che gravavano sulla qualit dei giornali dellepoca: la
mancanza di contributi statali che li costringevano a far ricorso a sovvenzio-
ni da parte di soggetti diversi, talvolta persino ideologicamente contrapposti
e quali conseguenze del primo la scarsa indipendenza di giudizio e la cau-
tela nel muovere critiche. Un quotidiano costa molto spiega Bacchelli un
quotidiano sempre passivo. Da tutto questo risulta che un giornale lega-
to da tutte le parti e non pu prendere posizioni nette [...]. molto pi pro-
ficuo non rispondere agli attacchi, lasciar dire, abolire addirittura ogni discus-
sione. Di qui la vergogna culminante del giornalismo moderno: labolizio-
ne delle polemiche [...] le polemiche serie, in cui si depura e si rafforza lopi-
nione messa alla prova dallopinione contraria. Cos Bacchelli spiega la rina-
scita, in quegli anni, dei settimanali, meno costosi e meno obbligati a rin-
3
R. Bacchelli, La rinascita del settimanale. Patria 27 aprile 1912.
4
Id., La politica di un impolitico (1948). Scrive lautore: raccolgo in questo volume, con
la data e lorigine di ognuno, gli scritti che testimonino la mia partecipazione intellettuale e
direi umana ai fatti politici dal 14 al 45. Non sono scritti politici in senso stretto, ma pi
tosto riflessioni sotto lassillo dei fatti, riepiloghi di ansie []. Se diretta partecipazione ho
avuto alla politica militante essa si riduce ad articoli sulla Voce antigiolittiana e antitripoli-
na e sul settimanale bolognese Patria.
5
Id., La rinascita del settimanale, cit.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 231
6
Ibidem.
7
Si confronti, a questo proposito, la Prefazione dellautore a Il filo meraviglioso di Lodovico
Cl, da cui risulta chiaro il rifiuto di Bacchelli nei confronti della recente industrializzazione
delleditoria e della formazione di un pubblico di massa, cos come la sua costante ricerca di
un rapporto individuale col lettore: non c pubblico ma degli individui; gli uomini diven-
232 Daniela Carmosino
E ancora:
tano pubblico, quando riuniti in una sala o in piazza o sotto il fascino della rclame soggiac-
ciono a certe leggi speciali. Se no: lettori. R. Bacchelli, Prefazione a Il filo meraviglioso di
Lodovico Clo, Garzanti, Milano 1911.
8
F. Gavazzeni, I cinquantanni dei poemi lirici, in Discorrendo di Riccardo Bacchelli,
Ricciardi, Milano Napoli 1966.
9
R. Bacchelli, Giustizia pi giusta, La Voce, a iv, n. 34, 22 agosto 1912, p. 875.
10
Id., Nazionalismo economico, La voce, a. iv, n. 32, 8 agosto 1912, p. 868.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 233
Col suo sorvegliatissimo stile, larticolo in questione offre una non pro-
prio consueta purezza retorica nellaccezione pi piena e alta del termine
di contro a quella che a volte, in quegli anni, pare un innesto, un tentativo
di innesto di sperimentalismo vociano su una base, come sappiamo, classica.
11
Id., Filosofia degli alberi della libert, LAzione, a.1, n. 9, 5 luglio 1914.
12
Id., La politica di un impolitico (1948), cit.
13
Ibidem.
234 Daniela Carmosino
14
C. Stajano, Riccardo Bacchelli ricorda gli anni della Grande Guerra, Corriere della Sera,
7 novembre 1968.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 235
CRITICA AL METODO
Anni fa un poeta davanguardia in una rivista davanguardia elenc nero su nero
molte cose buie e il tutto dipinto colle tenebre. Dimentic per il massimo del-
loscurit, che, come tutti sanno, sarebbe il culo di un moro visto nella camera
oscura.
15
R. Bacchelli, I tempi della censura (1965) in Giorno dopo Giorno, cit.
236 Daniela Carmosino
Leggo con gusto, perch son spiritosi, gli articoli e le note dei non pochi scritto-
ri che, magari in opposizione e contrasto fra loro, formano, si pu dire, una scuo-
la di polemisti politici e moralistici, sveltiti della pratica giornalistica, scaltriti da
quello stile di dire a mezzavoce [...]16.
Mentre scrivevo questa nota, alcuni giorni or sono, ancora non sapevo quel che
lAvanti mi fa sapere, che cio il mio nome serve di paravento e di pretesto intel-
lettuale a non so quale tenebrosa macchinazione politica e plutocratica. Mi affret-
to a giovarmi della notizia per farmi accrescere lo stipendio18.
16
Id., Uso e valor dellironia politica (1952), in Giorno dopo giorno, cit., p 746.
17
Ibidem.
18
Id., Dedicato ai lettori dappendici, Il Resto del Carlino, 2 febbraio 1922.
19
Id., I tempi della censura (1965) in Giorno dopo Giorno, cit.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 237
[...] Ero a quei tempi partecipe e milite dei principali movimenti critici che, spe-
cialmente su fondamento crociano gentiliano, operavano nei primordi di questo
secolo riforme e rinnovazioni che nellambito civile nel pi ampio senso, si pote-
vano chiamare rivoluzionarie. Tale non era e non poteva n doveva essere la
semiufficiosa Nuova Antologia, la rivista di tutto riposo20.
20
Ibidem.
21
Ibidem.
238 Daniela Carmosino
22
Id., BellItalia. Novelle fiabe racconti, Ceschina, Milano 1928.
23
Id., La ruota del tempo. Scritti doccasione, Litaliano, Bologna.
24
Id., Viaggi allestero e Vagabondaggi di fantasia, Mondadori, Milano 1965.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 239
giornalistici che lo consacra alla notoriet. Alle soglie della guerra e duran-
te il conflitto, lo scrittore si propone quasi solo come critico letterario (dedi-
cher molti articoli del Corriere agli amati Leopardi, Manzoni, Baudelaire)
e come scrittore di viaggio in territorio italiano. Da notare come, nel crucia-
le 1945, le meditazione sui tragici avvenimenti di quegli anni saranno affida-
ti ai versi: quelli della raccolta La notte dell8 settembre 1943 25 e, per la rivi-
sta Nuova antologia, quelli della lirica Stella cadente 26.
La scrittura tender ora a farsi pi agile, pi snella, per meglio servire il
ragionamento, che proceder sempre di pi per snodi ravvicinati e soprattut-
to per allocuzioni a quello che ormai un uditorio affezionato. Faccio un
altro esempio concreto e recente. Tiriamo le somme di quel che da parte
avversa fu promesso [...] Tirate le somme [...]27. E altrove: Cercher dunque
di restringermi ad una conclusione, dopo la quale non metter oltre alla
prova la sopportazione dei lettori28.
La sua fama di attento narratore dei costumi della storia, delle bellezze arti-
stiche e paesaggistiche del territorio italiano tale che nel 1946 Lillustrazione
italiana Garzanti lo inserisce nella rosa dei trenta scrittori italiani cui viene
chiesto un contributo in seno a uninchiesta sulla vita italiana contemporanea29,
mentre il Touring Club Italiano gli commissiona lIntroduzione al volume
Emilia Romagna 30. Gli anni Cinquanta e Sessanta vedono infatti Bacchelli assai
impegnato nelle collaborazioni con La Stampa con il Corriere della Sera: si
tratter quasi esclusivamente di rportage di viaggio, in Italia e allestero (Cuba,
Usa, Grecia). Mentre nel decennio Settanta-Ottanta lo scrittore offrir, soprat-
tutto al Corriere della Sera, riflessioni varie sulla cultura, sul costume, sulla
societ e interventi di carattere letterario, ma su Verga, Ariosto, Manzoni piut-
tosto che sui contemporanei. Dagli anni Quaranta il successo ormai raggiun-
to: membro dellAccademia dItalia, dellAccademia Nazionale dei Lincei di
Roma, dellAccademia della Crusca e dellIstituto lombardo di Scienze e
Lettere, riceve la laurea honoris causa dalle Universit di Milano e di Bologna,
citt che negli anni Settanta gli conferir anche lambita onorificenza
dellArchiginnasio doro. Negli ultimi anni della sua vita, conclusasi a Milano
nel 1985, pot goder del vitalizio che prende il suo nome.
Abbiamo osservato come gi sul finire degli anni Trenta Bacchelli giorna-
lista cominciava ad imporsi come autore di pezzi di costume e soprattutto di
rportage. Genere, questultimo, assai frequentato, nel secondo dopoguerra,
25
Id., La notte del8 settembre 43, Garzanti, Milano 1945.
26
Id., Stella cadente, in Nuova Antologia, f.17838, ottobre 1945, p. 125.
27
Id., La storia fatta di dimenticanze?, Corriere della Sera, 8 gennaio 1948.
28
Id., Italia non barbara, Il Mondo, 13 maggio 1950.
29
Bacchelli contribuir con lo scritto Il mare, in Sommario dellItalia contemporanea, a cura
di D. Terra, Garzanti, Milano 1947.
30
Id., Introduzione a LEmila Romagna, ed. Touring Club Italiano, 1950, pp. 5-22.
240 Daniela Carmosino
al pari della polemistica nei primi decenni del Novecento. Se gi negli anni
Venti il diffuso interesse degli intellettuali italiani per il continente america-
no e per lAfrica aveva prodotto i bei rportage di Enrico Rocca, Oreste Villa,
Orio Vergani, Emilio Cecchi e pi tardi le inchieste sul Sud di Giovannino
Russo per Il Mondo di Pannunzio, a partire dagli anni Cinquanta il gene-
re aumenta il suo gradimento presso il pubblico, anche grazie alla diffusione
in versione televisiva, con la cui concorrenza molti settimanali si trovavano
ora a fare i conti.
Ma come interpreta Bacchelli il genere del rportage? Occorrer puntel-
larsi su due elementi teorici, che informano, daltronde, lintera sua produ-
zione: il primo che Bacchelli si pone di fronte alla materia da narrare nel
rportage di fronte ai luoghi ai loro abitanti e alla loro storia con quello che
nella Prefazione a Il filo meraviglioso di Lodovico Cl, chiama stupor: non
uno stupore finto, rappresentato con maestria ingannevole, ma unintima
disposizione allascolto tipicamente vociana, Prezzolini la definiva meravi-
glia che permette di cogliere lanima, lessenza della realt che si ha di fron-
te e che autonomamente si impone alla creazione. Ed a questo punto che
leredit manzoniana agisce sulla poetica vociana: il dato reale, soggettiva-
mente percepito, va subito innestato nella storia, nella memoria, va, insom-
ma individuato attraverso una precisa contestualizzazione, una ricostruzio-
ne storico-sociale, psicologica e ambientale. unindividuazione che d vita
alloggetto rappresentato, permettendogli cos desser trasposto dal piano sto-
rico a quello esistenziale, dal particolare alluniversale, di assurgere, insomma,
a rappresentante di una data condizione umana, perci astorica31, ma solo a
patto che dalla storia, manzonianamente intesa, si parta. Il secondo puntello
teorico dunque la concezione che Bacchelli ha della storia, concezione era-
clitea, che prevede uno scorrere senza telos: lincessante susseguirsi delle vicen-
de umane, il continuo trasformarsi e consumarsi delle cose del mondo non
soggiace ad alcuna legge o finalit. E se anche queste vi fossero, non sarem-
mo comunque in grado di conoscerle. Da tali premesse discende la prospet-
tiva con cui Bacchelli va incontro ai luoghi da raccontare.
Attraverso la lezione manzoniana gi cara a Gadda, che in proprio in
Bacchelli la ritrovava linerte dato storico-geografico torna a vivere grazie a
un processo di immaginazione capace di ricostruire il dato nei suoi dettagli
concreti, di individuarlo figurandoselo vivo nella sua epoca, nel suo conte-
sto storico-sociale, nel clima spirituale:
31
E quanto realizza Dante e non riesce a raggiungere Ariosto: spiega Bacchelli nella
Prefazione al Filo, cit. Dante scrisse per s e per tutti gli uomini, per il suo tempo e per tutti
i tempi, perch fu realista e Virgilio e tutti gli altri sono bene individuati, cio liberi. E anco-
ra, Mario Saccenti in Riccardo Bacchelli, Mursia, Milano 1973, p. 8. Bacchelli cerca di aderi-
re subito alle cose e tuttavia di estrarne [] una loro interna ma identificabile essenza.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 241
mi figuro che le basiliche dei Vescovi sacerdoti e principi dovessero esser chiese,
parlamento, concilio.
mi son provato a immaginarmi il dottore dellImpero, lesule nellultimo rifugio
mi figuro davanti a SantApollinare in Classe la folla di fedeli, di eretici, di mer-
canti, di artigiani, di operai e di dottori, mescolati.
mi par desser stato nelle Istorie del Machiavelli, un soldato di Antonio Giacomi-
ni o di Castruccio Castracani.
Larte realista rende le forze che muovono le cose del mondo, non fotografa delle
superfici isolate [...]. Intendo che ogni parola e ogni atto che lartista nota, signi-
ficano, nellarte realista, la vita sottessi di unanima.
Larte realista rende dei momenti successivi nella vita di un uomo. Il valore di un
momento dipende dal valore dei precedenti e dei seguenti: valore secondo psico-
logia, e non secondo logica, che una fredda esperienza di cose gi avvenute.
Unanima, in arte, il valore di ogni momento rispetto a tutti gli altri32.
32
R. Bacchelli, Idee critiche, in Appendice a A, Briganti, Riccardo Bacchelli, cit. pp. 169-70.
33
R. Bacchelli, Selciati e selcini in Italia per terra e per mare, cit., pp. 28-32. Da ora tutte
le citazioni sono tratte dal medesimo scritto.
242 Daniela Carmosino
sertazioni sulla tipologia delle pietre e sulle cave da cui esse provengono, risale
ai primi lastricatori dellantichissima Italia, gli Etruschi. Immediatamente
Bacchelli allestisce una scenografia quotidiana ben individuata, vivida, detta-
gliata, in cui fa muovere realisticamente gli individui calati nella specificit
del proprio tempo. Ma lindividuazione, come la intende Bacchelli, fa subito
scattare una sorta di processo inverso: un processo di annullamento delle
distanze temporali che porta in luce lessenza di quellimmagine, facendola as-
surgere, da particolare, a universale, in un commosso affratellamento, tutto
leopardiano. Affratellamento entro una condizione umana colta sempre nella
mediocritas della vita quotidiana di gente semplice, manzonianamente umile:
Ho visto in qualche scavo pezzi di lastrico etrusco, lho calcato col piede riverente [...]
le pi umili vestigia meglio mi parlano e mi torcono dolcemente il cuore bizzarro: ar-
redi domestici, arti rozze, sassi accozzati, traccie lievi. Vissero, come io vivo; ecco, son
morti, e un giorno e millanni sono la stessa cosa. I secoli salleviano, come traccia di
favole di cui ricordo soltanto daverle udite un giorno narrare: olim, una volta.
E ancora:
mi parve udir cigolar i mozzi delle carrette, stridere le ruote che incisero con
lungo attrito quel tufo [...] mi figurai che i lavoratori sospendessero il lavoro e fer-
massero le carrette al pianto dei flauti [...] riebbi, per un istante pi rapido della
luce, vivo ed umano nel cuore il pianto dei dolenti antichi.
E mi ritrovo, coi tempi andati, sotto i portici angusti [...] guardo i selcini, quelli
che strappano le inutili rigogliose erbacce che si insinuano tra i ciottoli del lastri-
cato [...] mi vien dunque fatto di raffrontare il mio mestiere col loro e le parole
con ben lustri ciottoli adatti.
1
Sul ruolo di Malaparte nella seconda guerra mondiale come collaboratore del contro-
spionaggio alleato, si veda M. Canali, Curzio Malaparte e i servizi segreti americani, in Nuova
Storia Contemporanea, a. XIII, n. 4, 2009, pp. 13-22; cfr. anche la recensione al saggio di D.
Messina, Curzio Malaparte doppiogiochista per gli americani, in Corriere della Sera, 17 luglio
2009.
2
Tentativi di revisione degli stereotipi critici sullo scrittore svolgono G. Grana, Il cama-
leonte e il sistema letterario italiano, in Malaparte scrittore dEuropa. Atti del convegno (Prato
1987) e altri contributi, coordinazione G. Grana, redazione e cura bibliografica V. Baroncelli,
Comune di Prato-Marzorati Editore, Prato 1991, pp. 31-52; e G. Pardini, Curzio Malaparte.
Biografia politica, Prefazione F. Perfetti, Luni Editrice, Milano-Trento 1998, in part.
lIntroduzione alle pp. 13-22.
3
Gianni Grana parla di polimorfismo o di sperimentalismo neomorfico per la scrit-
tura malapartiana (cfr. Grana, Il camaleonte e il sistema letterario italiano, cit., p. 48).
4
C. Malaparte, Lo scrittore nel mondo moderno, in Id., Battibecco, a cura di E. Falqui,
Vallecchi, Firenze 1967, pp. 219-220.
244 Cristiano Spila
5
Sulla scelta del reportage come genere o supergenere praticato da Malaparte durante la
sua carriera, si vedano le riflessioni di R. Barilli, Viva Caporetto! come opera archetipa, in Curzio
Malaparte. La rivolta del santo maledetto, a cura di C. Di Biase, CUEN, Napoli 1999, pp. 19-
39. Osservatore attento e inevitabilmente crudo della realt della guerra, Malaparte si serve,
nella sua attivit di reporter, anche dellapparecchio fotografico: un uso documentario a mo
di appunti per la memoria della macchina fotografica, dice M. Isnenghi, I due occhi di
Malaparte giornalista e fotografo, in Da Malaparte a Malaparte. Malaparte fotografo. Catalogo
della Mostra (Prato, 31 ottobre-13 dicembre 1987), a cura di S. Luisini, Comune di
Prato/Regione Toscana, Prato 1987, pp. 3-6.
6
Un interesse metodologico, applicabile a Malaparte operatore culturale, con alterne for-
tune, nei quadri della intellighenzia fascista, riveste il volume di M. Isnenghi, Intellettuali
militanti e intellettuali funzionari, Einaudi, Torino 1979, in part. pp. 228-230. In evidenza
poi il ruolo degli intellettuali militanti o funzionari dellinformazione, operanti allinterno del
fascismo sulla stampa; che lo studioso riconosce come modalit molto simili della stampa poli-
tico-economica in generale.
7
Il giornalismo per Hemingway un mezzo di conquista, di forte passione che, con ine-
sausto spirito combattivo, spinge lo scrittore verso alte mete. Lo stile giornalistico
hemingwaiano cercava soprattutto di evidenziare il dettaglio sensoriale, le sensazioni fisiche e
le percezioni dei sensi, presentandole entro la struttura drammatica della prosa, capace in que-
sto modo di trasportare il racconto in una dimensione emotiva, e non solo descrittivo-info-
mativa. Cfr. By-Line: dal nostro inviato Ernest Hemingway, Traduzioni di E. Capriolo e G.
Monicelli, Introduzione di W. White, Mondadori, Milano 1967, in cui si legge una scelta della
sua produzione giornalistica. Sul giornalismo di Hemingway, vedi le pagine di E. Rovit,
Hemingway, La Nuova Italia, Firenze 1972, pp. 31-45.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 245
8
In questo elenco da porre anche il Diario di uno straniero a Parigi, edito postumo da
Enrico Falqui (Firenze, Vallecchi) nel 1966, ma scritto tra il 1947 e il 48, quando, dopo quat-
tordici anni di assenza (di esilio), Malaparte era tornato nella capitale francese.
9
Per quanto si riscontri una tangenza di linee tematiche e unidea di impegno morale
tipici del gusto letterario di quegli anni, Malaparte si situa piuttosto nellarea critica del neo-
realismo: il suo impegno rivolto semmai alla costruzione di una prosa classica, suggestiva e
incisiva, da scrittore e storico, basata sulla testimonianza diretta. Per la questione dei rapporti
tra Malaparte e il neorealismo si vedano le riflessioni di L. Martellini, Malaparte narratore, in
Id., Nel labirinto delle scritture, Salerno Editrice, Roma 1996, pp. 113-169.
246 Cristiano Spila
10
Una rassegna delle traduzioni di testi malapartiani si legge in Il Boulevard delle diversit.
Da Parigi a Pechino, uno scrittore intorno al mondo. Catalogo della mostra a cura di M. Grassi e
F. Goti, Biblioteca comunale Alessandro Lazzerini/Comune di Prato, Prato 2007; ma si veda
anche la Bibliografia, in C. Malaparte, Opere scelte, a cura di L. Martellini, con una testimonian-
za di G. Vigorelli, Mondadori, Milano 1997 (I Meridiani), pp. 1573-1601 [dora in poi OS].
11
La preistoria dellattivit giornalistica di Malaparte ripercorribile a partire dalla prati-
ca del genere elzeviristico, con alcune deviazioni (verso lo strapaesano Il Selvaggio di Mino
Maccari, con alcuni articoli, fino a LItaliano di Leo Longanesi con scelte di tipo intellet-
tualistico e qualitativamente raffinato). Sulla produzione letteraria del primo Malaparte e la
questione dei modelli letterari, cfr. Martellini, Malaparte narratore, cit.; mentre Falqui pone la
produzione degli anni trenta di Malaparte nel genere della prosa darte (E. Falqui, Capitoli per
una storia della nostra prosa darte, Panorama, Milano-Roma 1938).
12
Malaparte venne licenziato da La Stampa per un litigio con lamministratore delega-
to Giuseppe Colli. Ricostruisce la vicenda G.B. Guerri, Larcitaliano, vita di Curzio Malaparte,
Bompiani, Milano 1980, pp. 125-131.
13
Per la pubblicazione in Italia fu necessario attendere la fine della guerra: ledizione ita-
liana, con il titolo Tecnica del colpo di Stato, uscir infatti solo nel 1948, a Milano per
Bompiani. Sulle vicende connesse alla stesura e pubblicazione del libro, cfr. L. Martellini,
Introduzione alledizione Oscar di C. Malaparte, Tecnica del colpo di Stato, a cura di L.
Martellini, Mondadori, Milano 1983, pp. 5-21. Cfr. anche Pardini, Curzio Malaparte.
Biografia politica, cit., pp. 235-245.
14
Per il giornale milanese Malaparte scrive un complesso di oltre duecento tra articoli e
corrispondenze. Vedi in Corriere della Sera. 1876/1986. Dieci anni e un secolo, il fascicolo dedi-
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 247
flitto mondiale sempre per il Corriere (fino al luglio 1943) e per Tempo.
Una naturale risoluzione tecnica dal brillante saggismo politico-letterario al
reportage di tipo autobiografico15.
La seconda guerra mondiale segna, dunque, una svolta nella scrittura di
Malaparte16. Nei suoi scritti dal fronte, egli pratica uno stile pi letterario che
giornalistico, in cui dominano lattenzione alle scelte espressive, una visione
lirica delle cose e una struttura testuale non propriamente cronachistica. Nei
suoi reports manca una tematica lineare e una ricostruzione cronologica,
quindi manca a guardar bene una base di realismo; mentre domina il filo-
ne introspettivo, che problematizza la realt sotto laspetto psicologico e per-
cettivo. Nellidea malapartiana di reportage, il sangue, la paura, lorrore, la
sofferenza, e altri sentimenti congiunti sono molto pi significativi da rac-
contare piuttosto che la cronaca e la mera registrazione dei fatti. Esistono,
insomma, per dirla pascalianamente, le ragioni del cuore: prima dei fatti
storici esiste la realt interiore, lindividualit e la piet umana. Malaparte
racconta cos il disfacimento corporale, la morte del cuore umano, la lacera-
zione fisica dellio, lo choc mentale in una sorta di interrogazione costante dei
reconditi avvenimenti interiori.
Piuttosto che il referto cronachistico delle azioni di guerra e degli eventi
militari, Malaparte preferisce raccontarne le conseguenze psicologiche: il
trauma, lorrore, la fisicit degli scontri e la sua dimensione introiettiva.
Eppure egli, come un buon reporter, attinge alla realt, raccoglie dati nati da
circostanze quotidiane e dagli avvenimenti: un materiale fattuale che lui tra-
sforma in un surplus espressivo. Il suo reportage di guerra si sviluppa come
un ibrido tra documento e romanzo, nel senso che adatta certi moventi gior-
nalistici al romanzo e viceversa17. In una societ che richiede informazioni e
scandalo, il reportage malapartiano una sorta di archivio della violenza e
degli scandali della guerra, una mostra delle atrocit esposte con pathos ed
enfasi, con metaforismo e valenze oniriche18.
cato a Malaparte e il Corriere, supplemento al Corriere della Sera del 29 novembre 1986,
pp. 3-66.
15
Lelenco ragionato della sua produzione giornalistica in C. Santi, Articoli e altri scritti
in giornali e riviste, in Malaparte scrittore dEuropa, cit., pp. 301-343.
16
A conflitto iniziato, viene richiamato nel 5 Reggimento Alpini come ufficiale di com-
plemento e inviato sul fronte francese nel giugno del 1940, ma dopo poco tempo assume lim-
piego presso lufficio stampa dello Stato Maggiore, avendo modo di svolgere pure lattivit di
corrispondente di guerra da vari fronti per Tempo e soprattutto per Il Corriere della Sera.
Cfr. Guerri, Larcitaliano, vita di Curzio Malaparte, cit., pp. 188-203.
17
Di natura piuttosto diseguale, il reportage diventa un vero genere letterario capace di
fondere insieme poesia e consumo e di sopportare le deformazioni, gli innesti, le etichette di
generi dentro altri generi. Sulla storia del reportage come genere giornalistico-letterario, cfr. E.
Falqui, Giornalismo e letteratura, Mursia, Milano 1969, in part. pp. 125-129.
18
Unanalisi della prosa di guerra di Malaparte in L. Martellini, Comete di ghiaccio, ESI,
Napoli 2003, in part. pp. 11-29.
248 Cristiano Spila
19
Il riferimento alla lirica di C. Baudelaire, Horreur sympatique, LXXXII dei Fiori del
male.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 249
20
Sulla volont di rinnovamento ideologico-letterario di Malaparte, si veda anche il fasci-
colo di Prospettive, IV, n. 6-7, 1940, intitolato Cadaveri squisiti, in cui lo scrittore collega le
problematiche di natura stilistica alla dimensione etica. Cfr. L. Martellini, Impegno e disimpe-
gno, in Id., Invito alla lettura di Malaparte, Mursia, Milano 1977, pp. 122-127.
21
C. Malaparte, Lana caprina, in Prospettive, IV, n. 5, 15 maggio 1940, pp. 3-4.
250 Cristiano Spila
listica che, pure nella presa diretta sulle cose, tende a comporsi nello spazio
della memoria letteraria.
Io penso alla ritirata delle truppe sovietiche, a quella loro triste, solitaria, disperata
lotta. Non la classica ritirata russa, quella di Guerra e pace, la ritirata nel bagliore
degli incendi, sulle vie ingombre di fuggiaschi, di feriti, di armi abbandonate. ,
questa, una ritirata che lascia nellaria la fredda, vuota, deserta atmosfera dei corti-
li delle fabbriche dopo uno sciopero fallito. Qualche arma per terra, qualche indu-
mento, qualche carcassa di macchine. Un enorme sciopero fallito22.
I soldati, seduti sulle panche messe di traverso sugli autocarri scoperti, appariva-
no bianchi di polvere. [...] Sotto la maschera di polvere, i visi si indovinavano
anneriti dal sole, bruciati dal vento greco. I soldati stavano seduti sulle panche
con una strana rigidezza, avevano laspetto di statue. Sembravano di marmo,
tanto eran bianchi di polvere24.
Pi avanti:
22
C. Malaparte, Oltre il Prut, in Id., Il Volga nasce in Europa e altri scritti di guerra, a cura
di E. Falqui, Vallecchi, Firenze 1965, p. 44.
23
Cfr. O. Bergamini, Specchi di guerra. Giornalismo e conflitti armati da Napoleone a oggi,
Laterza, Roma-Bari 2009, che riporta a pp. 113-114, il giudizio di Philipp Knightley (The
First Casuality, 2004), secondo cui Malaparte avrebbe prodotto nel 1941 il miglior giornali-
smo di guerra in circolazione. Cfr. anche pp. 101-103.
24
C. Malaparte, La guerra rossa, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit., p. 24.
25
C. Malaparte, Operai soldati, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit., p. 29.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 251
Stanno seduti sui parafanghi delle macchine, sulla schiena dei carri armati, le
gambe penzoloni dentro le botole, e mangiano. In queste colonne non c lora
del rancio. Si mangia quando si pu. Ciascun soldato si porta con s il suo pane
scuro, la sua marmellata, il suo termos di t. Ogni tanto, anche durante il com-
battimento, il soldato toglie da qualche sua bisaccia una fetta di pane, la spalma
di marmellata, se la porta alla bocca con una mano (e con laltra stringe il volan-
te, o il calcio della mitragliatrice)26.
26
C. Malaparte, Guardateli bene in viso, questi morti, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit.,
p. 65.
27
Cfr. C. Malaparte, Tecnica e morale operaia, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit., p. 45.
28
Laggettivo , ovviamente, autorizzato dalluso che ne fa lo stesso Malaparte in due suoi
celebri libri: La rivolta dei santi maledetti (1921) e Maledetti toscani (1956).
252 Cristiano Spila
Per lui si tratta di mettersi nella storia, dentro la storia, in modo da inte-
grare una vicenda privata in una svolta epocale, cos che la vita stessa acqui-
sti un significato, una fondatezza. La sola forma di partecipazione alla storia
lesserne dentro; e la sola forma di etica il non lasciarsi travolgere da essa.
Il cosiddetto moralismo, di cui lo scrittore stato spesso accusato, perci
un tentativo di assolvere alla funzione di intellettuale rappresentandosi come
chi parli per voce altrui, come chi si relazioni con altri destini. Il nodo strin-
gente sta nella maniera di rappresentare gli eventi bellici con il gusto delli-
perbole, dellenfasi, del paradossale topos del mondo alla rovescia.
Lespressione culminante di questa idea della guerra come iperbolica e
macabra esperienza umana Kaputt, reportage o romanzo-saggio, anti-ro-
manzo, romanzo-collage29.
Nel libro, composto da corrispondenze di guerra30, risalta la singolarit
del ruolo testimoniale dello scrittore, la cui presenza al tavolo dei potenti
della terra una attestazione lucida e ironica al tempo stesso, topos letterario
di lunga tradizione. Esaltando la sua figura di osservatore super partes degli
eventi bellici, Malaparte racconta il mondo della diplomazia e della politica
con intelligenza critica e smagata ironia. Si pensi al ritratto del crudele
Dietrich:
gli avevo raccontato dei prigionieri sovietici che mangiavano i cadaveri dei loro
compagni, nel campo di Smolensk. Dietrich si era messo a ridere. Avevo incon-
trato lObergruppenfhrer Dietrich, il sanguinoso Dietrich, comandante della
guardia personale di Hitler, nella villa dellAmbasciata dItalia, sulle rive del
Wannsee, presso Berlino; ed ero stato certamente attratto dal suo viso pallido, dai
suoi occhi incredibilmente freddi, dalle sue orecchie enormi, dalla sua piccola
bocca di pesce. Dietrich si era messo a ridere: Haben sie ihnnen geschmekt? li
mangiavano di gusto? E rideva spalancando la piccola bocca di pesce dal pala-
to roseo, mostrando i denti di pesce fitti e aguzzi31.
29
La definizione di G. Grana, Malaparte, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 78. Vedi
anche pp. 70-103 per unanalisi del testo, che sottolinea la grande energia figurativa con richia-
mi a modelli pittorici europei.
30
In Kaputt confluiscono materiali scritti in precedenza, articoli usciti sul Corriere della
Sera. Sulla genesi e rielaborazione (e collocazione in volume) delle corrispondenze dal fronte,
si veda G. Pinotti, Nota al testo, nella nuova edizione di C. Malaparte, Kaputt, a cura di G.
Pinotti, Adelphi, Milano 2009, pp. 447-476.
31
C. Malaparte, Kaputt, in OS, pp. 445-446.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 253
morte. Nel delirio della guerra, savanza lo spettro marcescente del Patria-
cavallo:
Dal fondo del paesaggio ucraino bruciato e distrutto, emerge il sogno del
cadavere putrescente di un cavallo sporco di sangue; unimmagine apparen-
temente irrelata di distruzione e morte che costituisce la metafora dello sfa-
celo dEuropa, della patria umanistica:
32
Ivi, p. 468.
33
Ivi, p. 499. La figura del crollo, cui rinvia il termine Kaputt, pu essere intesa alme-
no in due direzioni. Il crollo fisico, di distruzione terrena, materiale, storica, che scorge o dise-
gna un presente marcio e disumano; oppure quello morale, etico-giuridico, in cui la materia
del diritto, della convivenza sociale, della pietas hanno perso la loro altera compostezza, lace-
rata dal dolore e dallo sbigottimento, proiettando lEuropa (e lItalia) verso una fine certa e un
futuro pieno di angoscia e di alienazione.
254 Cristiano Spila
I morti giacevano abbandonati sulla neve [...]. Avevano la barba sporca di nevi-
schio e di fango. Alcuni avevano gli occhi spalancati, ci seguivano a lungo con lo
sguardo bianco, guardavan la folla passare. Erano rigidi e duri, parevano statue di
legno. Simili ai morti ebrei di Chagall. Le barbe sembravano azzurre negli scarni
visi illividiti dal gelo e dalla morte. Di un azzurro cos puro, che ricordava quel-
lo di certe alghe marine34.
La guerra non mangia i cadaveri, divora soltanto i soldati vivi. Mangia le gambe,
le braccia, gli occhi dei soldati vivi, quasi sempre mentre dormono, come fanno
i topi. Ma gli uomini son pi civili: non mangiano mai gli uomini vivi.
Preferiscono, chi sa perch, mangiare i cadaveri36.
34
C. Malaparte, Kaputt, in OS, p. 540.
35
Ivi, pp. 514-515.
36
Ivi, p. 753.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 255
37
Ivi, p. 755.
256 Cristiano Spila
Sulle panche disposte luna sullaltra, a gradini, lungo la parete della sauna, stan-
no seduti, o distesi, una decina duomini nudi. Cos bianchi, molli, flosci, iner-
mi. Cos straordinariamente nudi, che par non abbiano pelle. Hanno la carne
simile alla polpa dei crostacei: pallida, rosea, e manda un odore acidulo di cro-
staceo. Il petto hanno ampio, grasso, le mammelle gonfie e cascanti. Il viso seve-
ro e duro, quel viso tedesco, fa un singolare contrasto con quelle nude membra
bianche e flosce, ha quasi il valore di una maschera. Quegli uomini nudi siedono
o giacciono sulle panche come cadaveri stanchi. [...] I tedeschi nudi sono mera-
vigliosamente inermi. Sono senza segreto. Non fanno pi paura. Il segreto della
loro forza non nella pelle, nelle loro ossa, nel loro sangue, ma nella loro unifor-
me. Sono talmente nudi, che non si sentono vestiti se non in uniforme. La loro
vera pelle luniforme38.
38
Ivi, p. 854.
39
Il romanzo-reportage venne pubblicato, con il titolo La peu, nel 1949, a Parigi, da Denel,
poi nel 1950 a Milano da Aria dItalia, una casa editrice creata da Malaparte per loccasione, per-
ch nessun editore in Italia voleva pubblicare questo libro apocalittico e disilluso che disgregava
limmagine retorica delleroismo e rappresentava scandali e amoralit dei vincitori.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 257
E ora tutti guardavano allibiti, muti per la sorpresa e per lorrore, quella povera
bambina morta, distesa a occhi aperti nel vassoio dargento, su un letto di verdi
foglie di lattuga, in mezzo a una ghirlanda di rosei rami di corallo. [...] Io guar-
davo quella povera bambina bollita, e tremavo di piet e di orgoglio dentro di me.
Meraviglioso paese, lItalia! pensavo. Quale altro popolo al mondo si pu per-
40
C. Malaparte, La pelle, in OS, pp. 1196-1197.
258 Cristiano Spila
A Jampol, sul Dniester, in Ukraina, nel luglio del 1941, mera accaduto di vede-
re nella polvere della strada, proprio in mezzo al villaggio, un tappeto di pelle
umana. Era un uomo schiacciato dai cingoli di un carro armato. Il viso aveva
preso una forma quadrata, il petto e il ventre serano allargati e messi di traverso,
in forma di losanga: le gambe divaricate, e le braccia un po discoste dal tronco,
eran simili ai calzoni e alle maniche di un vestito appena stirato, disteso sulla
tavola da stiro. Era un uomo morto, qualcosa di pi, o dimeno, di un cane o di
41
Ivi, p. 1203.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 259
un gatto morto. Non saprei dire, ora, che cosa ci fosse, in quelluomo morto, di
pi o di meno di quel che non ci sia in un cane o in un gatto morto. Ma allora,
quella sera, nel momento in cui lo vidi stampato nella polvere della strada, in
mezzo al villaggio di Jampol, avrei forse potuto dire che cosa cera in lui di pi o
di meno che in un cane o in un gatto morto42.
In mezzo alla strada, l, davanti a me, giaceva luomo schiacciato dai cingoli di un
carro armato. Vennero alcuni ebrei, e si misero a scrostare dalla polvere quel pro-
filo duomo morto. Adagio adagio sollevarono con la punta delle vanghe i lembi
di quel disegno, come si sollevano i lembi di un tappeto. Era un tappeto di pelle
umana, e la trama era una sottile armatura ossea, una ragnatela dossa schiaccia-
te. Pareva un vestito inamidato, una pelle duomo inamidata. La scena era atro-
ce e insieme leggera, delicata, remota. Gli ebrei parlavano tra loro, e le voci suo-
navano distanti, dolci, smorzate. Quando il tappeto di pelle umana fu del tutto
staccato dalla polvere della strada, uno di quegli ebrei lo infil dalla parte della
testa sulla punta della vanga, e con quella bandiera si mosse43.
La macabra poeticit del racconto si trasferisce agli oggetti rimasti sul ter-
reno: la pelle umana come una bandiera, oggetto forse realmente visto, ma
anche un simbolo surreale di rivendicazione; sono questi gli elementi che
innescano unincessante e delirante catena della memoria, incastrata tra lin-
comprensione e la pazzia. Insieme, prende corpo una tecnica narrativo-gior-
nalistica che presenta cadenze e tagli di tipo cinematografico. Si tratta di un
narrare per immagini e raccontare per sequenze, alla maniera di Hemingway.
Dietro lalfiere veniva, con le vanghe in spalla, il corteo dei becchini, chiusi nei
loro kaftani neri. E il vento faceva sventolar la bandiera, muoveva i capelli impia-
stricciati di polvere e di sangue, irti sulla larga fronte quadrata come la dura cri-
niera di un santo in unicona. Andiamo a veder seppellire la nostra bandiera
dissi a Pellegrini.
Landavano a seppellire nella fossa comune scavata allingresso del villaggio, verso
la riva del Dniester. Landavano a buttare nellimmondezzaio della fossa comune
gi colma di cadaveri bruciacchiati, di carogne di cavallo lorde di sangue e di
fango. [...] E unitici al corteo dei becchini, ci avviammo dietro la bandiera. Era
una bandiera di pelle umana, la bandiera della nostra patria, era la nostra stessa
patria. E cos andammo a veder buttare la bandiera della nostra patria, la ban-
42
Ivi, pp. 1282-1283.
43
Ivi, p. 1283.
260 Cristiano Spila
diera della patria di tutti i popoli, di tutti gli uomini, nellimmondezzaio della
fossa comune44.
44
Ivi, pp. 1284-1286.
SILVANA CIRILLO
1
Da Arcipelago Buzzati. Il tempo dellattesa, il viaggio dela scrittura, Radio Rai, puntata III:
Langelo della nera: fra giornalismo e letteratura, con Silvana Cirillo e Alfredo Pigna, 13 set-
tembre 2006.
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 263
nianza della sua passione per le forme tutte dellarte. Non amava sentirsi chiama-
re critico darte, Buzzati, non aveva compiuto studi adeguati sosteneva era
semplicemente uno scrittore che capiva larte moderna e si sentiva vicino
a tutti quei colleghi che, su quotidiani e settimanali, si mettono al servizio del pub-
blico In Italia, specialmente, la critica darte ha raggiunto vertici di ermetismo quali
non si riscontrano in nessuna parte del mondo. Da noi chi oscuro autorevole, chi
incomprensibile intelligente. Ora io sono convinto che chi sa scrivere e ha le idee
chiare scrive in modo chiaro e cose chiare: non ci sono eccezioni.
Non fidatevi. Non giudicate il dittatore dindustria dal suo spettacolo, quando
esce vittorioso dal consiglio damministrazione o accompagna la figlia allalta-
re per le nozze col giovane Lord Stravolgi.
Dovreste vederlo a tarda sera, quando per pochi minuti, sottratti al vortice degli
impegni, riesce a rimanere solo. Allora egli si guarda attorno e spalanca la bocca
in un urlo estremo, che nessuno tuttavia potr sentire, perch egli in quellattimo
svuotato e dalla bocca non esce che un gemito opaco di agonia.
Una specie di demonio si aggira dunque per la citt, invisibile e sta forse prepa-
randosi per nuovo sangue. Laltra sera, noi eravamo a tavola per il pranzo, quan-
do poche case pi in l, una donna ancora giovane massacrava con una spranga
di ferro la rivale e i suoi tre figlioletti. Non si ud un grido. Negli appartamenti
vicini continuavano tra tintinnio di posate e stanchi dialoghi i pranzi familiari
come nulla fosse successo. Invece l, tutto era silenzioso e immobile, orribil-
mente fermi come pietre i quattro corpi di cui il pi piccolo seduto sul seggio-
lone con la testa piegata da una parte come per un sonno improvviso. fermo
ormai anche il sangue i cui rigagnoli simili a polipi immondi lucevano sempre
meno ai riflessi della lampadina di venticinque candele facendosi sempre pi
neri.
Siamo nel 1946, ancora non c la televisione e quindi tutto quello che il
cronista riesce a ricreare, cogliendone i particolari e restituendo latmosfera
terrificante di stupore attorno, per proiettarci dentro il lettore stesso. E per-
ch creda di vedere con i suoi stessi occhi la scena raccapricciante che lui gli
sta raccontando. Buzzati aveva una predisposizione naturale, aveva il colpo
docchio per la nera, come mi raccontava sempre il suo nume tutelare,
Gaetano Afeltra, e sapeva calare sensorialmente il lettore allinterno del fatto
che narrava. Lui arriva sul luogo del delitto prima della polizia, dunque,
quando la scena si presenta ancor pi drammatica e choccante, scrive il pezzo
qualche giorno dopo il fatto, quando gi Rina Fort accusata dellomicidio;
il processo arriver poi, nel 1950, e anche quello sar seguito da Buzzati attra-
verso altre pagine esemplari, che resteranno a segnare la storia del giornali-
smo italiano. Daltra parte nel 1946, dopo un anno quindi dalla fine della
guerra, esaurite le censure del ventennio fascista, la nera aveva fatto un rien-
tro trionfante sulla stampa, affascinando il pubblico esattamente come lo
affascinava il Giro dItalia e dividendo lItalia focosamente di volta in volta in
innocentisti e colpevolisti.
Il connubio tra arte e scrittura Buzzati, come sappiamo, lo avrebbe cele-
brato per tutta la vita; lo stesso accadde pure per giornalismo e letteratura.
Chi conosce Dino Buzzati si chiesto almeno una volta se viene prima
Buzzati giornalista o prima Buzzati scrittore. La risposta scontata: se vero
che Buzzati esordisce come giornalista, vero anche che le due attivit, in lui,
sono complementari e interagiscono costantemente. Cos se lo scrittore attin-
ge alle storie che la Storia (e cio la vita e la cronaca) gli pone sotto gli occhi,
daltro canto il giornalista trasforma la cronaca nera, il reportage di guerra,
i fatti pi comuni della quotidianit in avvincenti racconti fantasiosi. Lo scat-
to verso il magico, la sua fantasiosit cos familiare nella narrativa che ci pro-
pone, lassurdo che alberga subdolo nel pi trito quotidiano si presentano, sia
nella prosa narrativa che in quella giornalistica, come una naturale conse-
guenza del reale stesso e nato da una medesima radice: Io raccontando una
cosa di carattere fantastico, devo cercare al massimo di renderla plausibile ed
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 265
2
Da Intervista-Autoritratto con Yves Panafieu, 1968.
3
Natura crudele, Corriere della Sera, 10 ottobre 1963.
266 Silvana Cirillo
4
Dino Buzzati al giro dItalia, Mondadori, Milano 1981, pp. 35-37.
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 267
5
Cfr. Marie-Helne Caspar, LAfrica di Buzzati, Nanterre, Universit Paris X, 1997.
268 Silvana Cirillo
si delle ore; dallaltra, secondo quanto egli stesso sosteneva, la vita di reda-
zione al Corriere, di cui allegoria la vicenda di Drogo nella Fortezza:
Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti [al Corriere della sera] ed era un lavo-
ro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni, e io mi chie-
devo se sarebbe andata sempre cos, se le speranze, i sogni inevitabili quando si gio-
vane, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o
no, e intorno a me vedevo uomini [] i quali andavano trasportati dallo stesso lento
fiume e mi chiedevo se anchio un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizio-
ni dei colleghi dai capelli bianchi gi alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non
avrebbero lasciato dietro di s che un pallido ricordo destinato a svanire6.
Naturalmente il peso del Deserto dei tartari non tanto, come molti
hanno visto, nella rappresentazione della noia e della attesa tipici della reda-
zione del giornale, a dispetto dei ritmi serrati di certi momenti, o nella spe-
ranza dellevento e della gloria, quanto (l c molto di pi, dunque!) nellin-
terrogazione sul senso dellesistenza (di cui il giornale una tranche e un
micro-modello), che intraprende la letteratura europea del Novecento: non
pi letteratura delle certezze, ma letteratura delle domande, del dubbio, let-
teratura di chi ha perso la fede e non riesce a sostituirla n a trovare nuovi
miti. Buzzati stesso ha un rimpianto forte per un Dio a cui non riesce a cre-
dere mentre ha perso fedi, miti e illusioni; perfino la morte eroica di Angu-
stina sulla cima del monte suoner inutile e aprir tutto il contenzioso del
rapporto del soggetto con se stesso e con il senso della vita, con la storia, con
la realt, con il contemporaneo. Se dovessimo cercare una consonanza lette-
raria, ancor pi che non con lassurdo esistenziale kafkiano, la troveremmo
senzaltro con lattesa apocalittica e drammaturgica beckettiane.
Lastrattezza geografica, storica e cronologica entro cui si svolgono i fatti
proietta in una dechirichiana dimensione metafisica: Drogo, partendo per la
Fortezza, si dirige verso un generico Nord, verso una terra senza alcuna pre-
cisa collocazione geografica che non sia quella del deserto.
Si sottrae alla madre e agli affetti per lungo tempo, e, sopraffatto dalle
cicliche incombenze della vita e dallabitudine a vivere, non si accorge, se
non in particolari momenti di coscienza, dello scorrere lineare del tempo
che porta dritti alla morte, solo grande evento a cui parteciper da prota-
gonista. La metafisica attesa-ricerca dellevento-Avvento dei Tartari si riveler
fallace e vana quanto linsensato trascinarsi delle singole esistenze nella
Fortezza Bastiani, sorretto solo dalla speranza in un eroico riscatto bellico, ma
unattesa dir Buzzati stesso che non ha timori o dubbi e che rappre-
senta forse lunica forma di felicit concessa agli uomini.
6
Cfr. intervista ad Alberico Sala, prefaz. a D. Buzzati, Il deserto deiTartari, Mondadori,
Milano 1966.
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 269
Nel frattempo arriva la guerra, Buzzati imbarcato per conto del Corrie-
re sullincrociatore Fiume come corrispondente di guerra (1940-43).
Chiuso in quellincredibile osservatorio parteciper alle pi importanti batta-
glie del Mediterraneo, da Capo Teulada e Matapan al Golfo della Sirte, scen-
der in paesini e porti, scriver articoli (pubblicati e non) per il Corriere
della sera e il Corriere dellinformazione e questi confluiranno, insieme ad
altri successivi, nel volume Il buttafuoco. Non il deserto, ma il mare ora il
protagonista, convulso e imprevedibile, assieme a tanti anonimi personaggi
della marina militare e a Buzzati stesso che riflette sul mestiere difficile del
giornalista, ancora una volta soggetto ad obblighi e censure. Ma quando sale
a bordo dellincrociatore ed assiste a piccoli tragici momenti quotidiani o bel-
lici e al dolore inconsolabile della morte, indifferente alla et dei giovani che
si porta via o allo stupore inebetito con cui, sorda, stramazza chi resta e alle
tante anonime madri svuotate, allora la sua drammaticit profonda viene
fuori tutta intera e solenne e Buzzati d voce a uomini figli madri ufficiali ser-
genti marinai mogli ansie addii sogni morti agguati battiti mancamenti. Il
pubblico pensa al comandante che tiene la sorte della nave, a chi regge il
timone, per Buzzati invece altri sono gli eroi. E tronfa la paura della guerra.
E il mare amico e nemico, su cui il giornalista scrittore esercita la sua fanta-
sia e il suo pensiero esistenzialista. Oggi, finalmente riscattato Buzzati dalli-
poteca della mancanza di impegno politico e ideologismo esplicitati, che
deriva dallequazione rigida e obsoleta qualit=ideologia, i testi di Buzzati
ritornano alla ribalta: sia i racconti, di forte impronta surreale, sia gli artico-
li, specie del Buzzati post-bellico, il Buzzati che osserva con grande ironia
societ e costumi della Milano bene, nevrotica e ossessionata da rumori, mac-
chine, pericolo rosso e invasione di Mozi. La babelica e labirintica Milano,
quale appare anche nei racconti e in Un amore, il luogo dellabitudine, del
tempo che si ripete sempre uguale, dei conformismi, dei rituali borghesi. il
luogo dellodio che si scatena tra automobilisti, dellinquinamento che allon-
tana dalla natura, della ripetitivit e rapidit dei movimenti negli spazi ristret-
ti, senza orizzonti da scorgere per chi sogna che accada qualcosa, un evento,
che, come tutte le deviazioni o deformazioni del reale, lo possa proiettare in
una dimensione pi vera e accettabile.
Ancora in qualit di inviato troviamo Buzzati ai confini del mondo: in
Giappone andr nel 1963 per seguire i preparativi in vista delle Olimpiadi del
1964 e invier quindici articoli, di cui tre inseriti nelle Cronache terrestri. Qui
non perder occasione per sondare aspetti architettonici, urbanistici, econo-
mici e utilitaristici, ma anche per restituire una spregiudicata immagine
sociale, dedotta da interviste e contatti assidui e diretti con organizzatori,
sportivi, artisti, donne, geishe, perfino chiromanti, girando i quartieri ricchi,
quelli popolari, i poveri, i mondani, i malfamati, le gallerie darte, i teatri i
calamitanti pachinko, sottolineando il rilancio del senso di appartenenza e
orgoglio nazionale che le olimpiadi suscitavano, raccontando con allegria e
270 Silvana Cirillo
7
False leggende di Tokyo, Corriere della Sera,15 novembre 1963.
8
Il Papa sulla via di Cristo, Corriere della Sera, 5 gennaio 1965.
SIRIANA SGAVICCHIA
1
A. M. Ortese, La lente oscura. Scritti di viaggio, a cura di L. Clerici, Marcos y Marcos,
Milano 1991.
2
L. Clerici, Apparizione e visione. Vita e opere di Anna Maria Ortese, Mondadori, Milano
2002.
3
Per la bibliografia completa si rinvia a G. Iannaccone, Bibliografia degli scritti di Anna
Maria Ortese, in A. M. Ortese, Romanzi, vol. I., a cura di M. Farnetti, Adelphi, Milano 2002,
pp. 1153-1221.
272 Siriana Sgavicchia
collaborare alla terza pagina del quotidiano napoletano Roma e al suo roto-
calco settimanale Roma della domenica, soprattutto pubblicando novelle e
racconti. Negli stessi anni, e fino al 1943, scrisse su Belvedere e su IX
Maggio, riviste napoletane legate ai Gruppi Universitari Fascisti. Dal 1945,
trasferitasi per un periodo a Venezia, collabor con Il Gazzettino e con la
Gazzetta di Venezia pubblicando testi creativi e articoli di critica darte e si
occup della sezione letteraria della rivista di scienze, lettere e arti Ateneo
Veneto. Negli stessi anni, sul settimanale Tempo, tenne una rubrica inti-
tolata Colloqui che fu molto seguita dai lettori.
Prima della guerra, a parte alcune eccezioni, i suoi contributi sulla stam-
pa periodica furono di carattere creativo (poesie, racconti) e autobiografico;
immediatamente dopo, invece, sindirizzarono sempre pi verso il reportage.
Nel 1945 la scrittrice torn a Napoli e, pure continuando a pubblicare rac-
conti su La Fiera Letteraria e sullIllustrazione Italiana (molti dei quali
confluiranno nella raccolta Linfanta sepolta pubblicata dalleditrice Milano-
Sera nel 1950), cominci a collaborare con diversi quotidiani e periodici
napoletani con articoli di inchiesta e reportages (su Il Mattino, La Voce e
Il Risorgimento). Tra il 1946 e il 1947 partecip alla breve esperienza della
rivista Sud diretta da Pasquale Prunas, con la quale collaborano, tra gli altri,
Antonio Ghirelli, Luigi Compagnone, Raffaele La Capria, Domenico Rea,
Michele Prisco, Mario Stefanile (del fallimento del progetto di promozione
di una nuova cultura portato avanti dal gruppo di Sud la scrittrice ha
discusso, con toni polemici, nel capitolo intitolato Il silenzio della ragione in
Il mare non bagna Napoli).
Dal 1948, e soprattutto nel 1949, Ortese, che si era trasferita a Milano,
inizi a collaborare al settimanale Omnibus con vari reportages e con unin-
chiesta sulla vita sociale e culturale di Trieste. Nello stesso anno pubblic
resoconti di vita milanese sul quotidiano Milano-sera. Negli anni Cinquan-
ta molti articoli della scrittrice vennero ospitati da varie testate della sinistra,
oltre a Milano-sera, il settimanale Noi donne dellUnione Donne Italia-
ne, il quotidiano di Firenze Il Nuovo Corriere diretto da Romano Bilenchi
e, dal 1954, LUnit e Il Contemporaneo (gi dal 1950 Ortese tenne una
rubrica di corrispondenze con le lettrici nella pagina della donna sulledizio-
ne milanese dellUnit). Contemporaneamente, introdotta da Paola
Masino, pubblic sul rotocalco di Rizzoli Oggi articoli rivolti al grande
pubblico (la storia damore del re Edoardo di Inghilterra e Wallis Simpson,
quella del re Carol di Romania e Magda Lupescu, e un ritratto di Eleonora
Duse). A partire dal 1951 la cifra del reportage divent quella sua pi conge-
niale: scrisse, infatti, come inviata di Milano-sera di suoi viaggi a Bologna,
a Firenze, a Napoli, in Sicilia e pubblic resoconti di vita milanese. Cominci
in quello stesso anno a collaborare con il quotidiano napoletano Il Corriere
di Napoli e con il settimanale Il Mondo diretto da Mario Pazzunzio, sul
quale apparvero, nel 1951, Un paio di occhiali, La citt involontaria e La plebe
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 273
regina, racconti poi inclusi nel Mare non bagna Napoli, che sono dedicati alla
citt partenopea e in cui le motivazioni stilistiche del realismo si intrecciano
con toni visionari ed espressionistici. La collaborazione con Il Mondo acce-
se lattenzione di lettori e critici nei confronti della scrittrice, che nel 1952
ottenne il prestigioso Premio Saint Vincent per il giornalismo (nello stesso
anno Italo Calvino ebbe lo stesso riconoscimento).
Dal 1954 contributi della scrittrice vennero pubblicati anche su
LEuropeo. In seguito, infatti, ad un viaggio in Unione Sovietica compiuto
con la delegazione dellUnione Donne Italiane, Anna Maria Ortese prepar
un servizio intitolato La Russia vista da una donna italiana che usc in sei
puntate sulla rivista milanese (lanno successivo, gli stessi materiali vennero
riorganizzati e integrati con altri appunti per la pubblicazione sulla terza pagi-
na delledizione milanese dellUnit di un ciclo di articoli intitolato Donne
sovietiche come le ho viste). La testimonianza del viaggio in Russia, che suscit
polemiche negli ambienti della destra e della sinistra in questi ultimi sem-
br che il ritratto del paese fornito da Ortese non aderisse allimmagine poli-
tica che di esso si intendeva divulgare in quegli anni stata in parte pub-
blicata nel volume Il treno russo (Pellicanolibri, Catania, 1983). Nel 1955 la
scrittrice firm sullEuropeo anche uninchiesta sul bandito siciliano
Salvatore Giuliano e una serie di articoli in cui si ciment nel giornalismo
sportivo. Inviata dal settimanale milanese, fu la prima donna a seguire il Giro
dItalia (noti corrispondenti del Giro erano stati negli anni Quaranta autori
come Dino Buzzati, Alfonso Gatto, Vasco Pratolini, Achille Campanile, Gof-
fredo Parise, Cesare Zavattini). La collaborazione con ledizione romana del-
lUnit, anche grazie allamicizia con Marcello Venturi che era allora il re-
sponsabile della pagina culturale, sinfitt tra il 1957 e il 1958 con contribu-
ti sul costume e sulla societ italiana e con resoconti di viaggio (tra i quali, Il
viaggio di Anna Maria Ortese in Liguria pubblicato a puntate nellagosto del
1957). Nel 1958 pubblic presso Laterza Silenzio a Milano, un libro in cui
confluiscono reportages che hanno come oggetto la citt lombarda, per lo pi
pubblicati sullEuropeo e sullUnit nel 1957. Alla fine degli anni Cin-
quanta la scrittrice si stabil a Roma, dove per il settimanale Italia Domani
(al quale collaboravano anche Italo Calvino, Carlo Cassola, Carlo Bernari)
scrisse alcuni articoli di impegno sociale, tra i quali uninchiesta svolta pres-
so i quartieri popolari della capitale sui corsi scolastici sperimentali di
Telescuola realizzati attraverso il mezzo televisivo. Collabor, inoltre, anco-
ra con il Mondo, dove pubblic tra laltro il racconto di un viaggio com-
piuto a Londra nel 1953, incluso nel volume Il mormorio di Parigi (Theoria,
Roma, 1986) che raccoglie, oltre al resoconto londinese e a una memoria su
Palermo, una serie di corrispondenze da Parigi pubblicate tra il 1960 e il
1964 sulledizione pomeridiana del Corriere della sera. Dagli anni Sessanta
le collaborazioni di Ortese con quotidiani e riviste tornano ad essere pi di
carattere creativo, fatta eccezione per la rubrica Il flash della Ortese nella pagi-
274 Siriana Sgavicchia
na della donna del Corriere della sera del 1969 e pochi interventi di costu-
me che appaiono negli stessi anni sullo stesso quotidiano. Lallontanamento
dallattivit giornalistica fu sancito dal trasferimento a Rapallo nel 1975.
Esso segn per la scrittrice anni di difficolt e di delusione fino al grande ri-
lancio editoriale promosso dalla casa editrice Adelphi a partire dagli anni
Novanta.
Lesperienza della scrittura giornalistica costituisce, per la gran mole delle
testimonianze, per la variet delle tipologie, per la qualit della scrittura un
aspetto decisivo del percorso di autrice di Anna Maria Ortese come, soprat-
tutto di recente, ampi e documentati studi hanno dimostrato4. opportuno
rimarcare, per, che si tratta in tutti i casi di unesperienza che tende a con-
fluire dal territorio propriamente giornalistico (quello della cronaca, dellin-
chiesta, dellarticolo di costume, del reportage 5) nel pi ampio territorio della
sperimentazione e dellespressione letteraria e che trova nella forma del rac-
conto di viaggio6 la misura stilistica pi adeguata a coniugare le motivazioni
del realismo (inteso in senso ampio) che appartengono alla poetica del-
lautrice lungo tutto larco della sua produzione con lesigenza di andar
oltre il dato oggettivo e la fedelt al visto e al fatto. Fu, daltronde, la stessa
autrice ad attribuire ai suoi scritti di viaggio maggiore rilevanza rispetto agli
scritti giornalistici di altra tipologia, tanto vero che alla fine degli anni
Settanta progett di pubblicare con Mondadori un volume intitolato Scritti
di viaggio in cui incluse una scelta dei suoi pezzi giornalistici migliori. Il libro,
del quale Ortese aveva anche gi provveduto ad inviare alleditore i materiali
in dattiloscritto, non fu realizzato, ma il progetto stato recuperato nel 1991
per ledizione del volume La lente scura. Scritti di viaggio che raccoglie nella
prima parte i testi scelti dalla scrittrice per il progetto mondadoriano e nella
seconda parte articoli di viaggio non inclusi nel primitivo progetto di pub-
blicazione. Questo volume, curato da Luca Clerici, reca una interessante pre-
fazione di Ortese, in cui lautrice fornisce attraverso la metafora della lente
scura la chiave interpretativa pi opportuna a definire lattitudine insieme
malinconica e protestataria della sua scrittura (la mia Lente Scura malin-
4
Oltre alla postazione di L. Clerici al volume A. M. Ortese, La lente scura, cit., pp. 451-
516, cfr. G. Iannaccone, La scrittrice reazionaria. Il giornalismo militante di A. M. Ortese,
Liguori, Napoli 2003 e E. Guagnini, Anna Maria Ortese giornalista, scrittrice di viaggi, in Atti
del Convegno di studi su Anna Maria Ortese, Rapallo, 16 maggio 1998, a cura di F. De
Nicola, P. A. Zannoni, Sagep, Genova 1999, pp. 21-29.
5
Per una contestualizzazione dellattivit della scrittrice allinterno del panorama giorna-
listico italiano del secondo dopoguerra cfr. il fondamentale volume Storia del giornalismo ita-
liano, 1939-1968, vol. III, a cura di F. Contorbia, Mondadori, Milano 2009.
6
Sui reportages in autori del Novecento italiano cfr. M. Farnetti, Reportages. Letteratura di
viaggio del 900 italiano, Guerini, Milano 1994.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 275
Nel periodo compreso tra gli anni 48 e 62, ma anche un po prima e anche un
po dopo, mi accadde di prendere una quantit di treni, scendere in molte sta-
zioni allalba, e ripartire ancora di notte, barcollando per la stanchezza, senza
sapere precisamente dove avrei riposato il giorno successivo. Qualche volta viag-
giavo per un giornale, qualche volta no. E i giornali erano, nel caso fortunato, di
destra (per dire che pagavano), in quelli meno fortunati, di sinistra o piccola sini-
stra (per dire che spesso il compenso era di pochi spiccioli, e a volte nemmeno).
Non saprei dire che animo e che aspetto avessi allora. Si tratta di tanto tempo fa.
LItalia era ancora povera, non offriva una vita facile. Tuttavia questa vita era simi-
le a un campo pieno di confuse, grandiose possibilit; e la speranza e il rischio
bastavano []8.
Accanto alla solidariet, un altro elemento chiave per Ortese che scrive di viag-
gio il contrasto emotivo e cromatico prodotto, da una parte, dalla sfiducia nella
ragione (la ragione (delle cose) non la vedevo pi10), che evidenzia il vuoto di
7
A. M. Ortese, Prefazione in La lente scura, cit. p. II.
8
Ibidem.
9
Ivi, p. II-III.
10
Ivi, p. III.
276 Siriana Sgavicchia
[] devo ammettere che buona parte di questa, e della visione buia carpita dalla
Lente, buona parte appartiene soltanto a me, alla mia indole, soltanto mia. Nel
vivere umano, mentre i decenni e i mezzi secoli rotolano via sempre pi in fret-
ta, con un effetto di turbine e di rovina non visibile e quindi rimediabile io
vedo da tempo una macchia, come vedo una macchia nella natura delluomo
anche buono, e forse una macchia nel sole stesso. E a questa percezione devo
dire forse dovuta la mia propensione per il poco o il nulla e la mia reveren-
za per lUtopia sempre alta e presente come una luce bianca tra le nuvole basse,
nello sconfortato vivere. La vita si muove, viaggia; e alta sui paesi come sulle cam-
pagne perse mentre i convogli del tempo continuano a inseguirsi alta sui paesi
deserti e campagne mute, resta la mirabile, cara fedele Utopia12.
L passai un mese, e vidi molte cose straordinarie, che ora non ripeto, anche per-
ch sono diventate patrimonio di tutti, nel senso che tutti le conoscono, ma allo-
ra mi fecero grande impressione. Mi parve che gli uomini fossero fondamental-
mente buoni, e veri, e il cielo triste. Mi parve che mai, come l, fosse possibile
intendersi subito con gli uomini e le donne. Mi parve che nel loro modo di esse-
re, anche solo di respirare, vi fosse qualcosa dimmenso. Di statura non appena
pi grandi degli europei, con un che di irsuto ed estatico, rusticamente gentile.
Le donne non usavano cappello, ma solo fazzoletti, e quei pochi cappellini una
paglia, eravamo destate, con un nastro rosso tutti simili, erano assai antiquati.
In sostanza, il paragone pi evidente che si presentava tra quei due tipi di uma-
nit, la nostra e quella sovietica, era di un lago brillante di fronte a un oceano
11
Ivi, p. III.
12
Ivi, pp. III-IV.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 277
13
A. M. Ortese, Il cappello piumato, Mondadori, Milano 1979, p. 54.
14
L. Clerici, Lespressionismo immaginifico di Anna Maria Ortese reporter, in Scrittrici, gior-
naliste. Da Matilde Serao a Susanna Tamaro, a cura di F. De Nicola e P. A. Zannoni, Marsilio,
Venezia 2001, pp. 33 e sgg.
15
Nel primo quinquennio degli anni Cinquanta numerosi furono gli intellettuali e fun-
zionari del partito comunista italiano che si recarono in Unione Sovietica e nei paesi dellEst
per conto del quotidiano LUnit che pubblic, ad esempio, a puntate il Taccuino di viaggio
nellUnione Sovietica di Italo Calvino e altri servizi di Renata Vigan, di Sibilla Aleramo. Nel
1954 il quotidiano del Pci tradusse il viaggio in Russia di J. P. Sarte. Anche sullEuropeo,
comparve oltre al reportage di Ortese anche un servizio di Achille Campanile intitolato La mia
Russia. Sulle testimonianze di viaggio in Russia di scrittori italiani del Novecento cfr. anche S.
Sgavicchia, Scrivere il viaggio. Cronache memorie invenzioni, in Storia Generale della Letteratura
Italiana, diretta da N. Borsellino e W. Pedull, vol. XII (Sperimentalismo e tradizione del
nuovo), Federico Motta Editore, Milano, 1999, pp. 498-515.
278 Siriana Sgavicchia
16
Cfr. S. Sgavicchia, Spazio reale e testuale nel Porto di Toledo di Anna Maria Ortese, in
Avanguardia, diretta da F. Bernardini e A. Mastropasqua, n. XXI, Roma, 2002, pp. 89-99.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 279
Salirono a una fermata, ma non cera ombra di stazione, due viaggiatori, e dopo
una leggera esitazione vennero a sedersi di fronte a me. Uno era giovane, laltro
pi anziano, e parlavano fitto fitto in una lingua che mi sembrava vicina al fran-
cese. Supposi che fossero minatori, senza dubbio operai, ma di che nazionalit lo
ignoro. Ed ecco il pi giovane, chera smilzo e biondo, con una faccia dolcissima,
e batteva i denti, posa gli occhi celesti e grandi sul mio sacco di tela abbandona-
to in un angolo. La cerniera si era rotta. Lui vede questo, gli occhi, che scintilla-
no di continuo, con una luce di fiume, una grazia infantile, minterrogano: pu
provarsi a riparare la cerniera? Faccio s col capo. Prende il sacco, e le sue mani
scure e delicate lavorano febbrilmente intorno alla cerniera, fin quando non
aggiustata. Mi riconsegna il sacco sorridendo. Poco dopo, a unaltra fermata, il
giovane e il suo compagno scompaiono. Dico scompaiono perch ancora il cre-
puscolo, lora fredda e torbida che precede lalba, e non posso dire di aver nota-
to chiaramente i loro passi e i loro volti17.
Spalancavo gli occhi per vedere tutto, ma purtroppo, non riuscivo a vedere nulla
di particolare. Lingresso della citt era come quello di Milano, Roma, quasi ano-
nimo, con quelle ampie strade e piazze limitate da palazzi e case alte, alla base dei
quali sporgevano le insegne dei negozi con le diciture, per, scritte in caratteri
cirillici. Come avevo letto mille volte, nei reportages, i negozi, salvo quelli di libri
e di pellicce, avevano un aspetto disadorno, come spento, e la gente che cammi-
nava sui marciapiedi, bench non avesse nulla dindecoroso, era vestita general-
mente in modo dimesso, con abiti di vecchia foggia, sbiaditi, e quelli femminili,
senza nessuna linea che accentuasse o rivelasse delle forme. Questa fu una cosa
17
A. M. Ortese, Il treno russo, in La lente scura, cit., p. 87.
280 Siriana Sgavicchia
che mi colp subito, insieme al silenzio e alla calma del traffico, niente affatto
limitato, a giudicare dalle lunghe colonne di macchine private e di taxi. Ma nulla
faceva rumore. Insieme a questo silenzio, mi stupirono le trecce dorate delle
donne. Ogni essere femminile, dalla bimba alla donna di et, aveva due lunghe
trecce pallidamente dorate oppure rosse, avvolte intorno alla nuca, mentre a qual-
cuna, specialmente se con i libri sottobraccio, scendeva fin sulle reni una pesan-
te coda doro18.
Nel corso del viaggio raccontato nel Treno russo non di rado lautrice
coglie loccasione dellincontro con alcuni altri viaggiatori, non solo per
imbastire racconti o anche per carpire qualche segreto dellanima russa,
discorrendo in francese o nellitaliano stentato dei suoi interlocutori, ma
anche per esporre alcune importanti messaggi di carattere civile che riguar-
dano la convivenza pacifica tra i popoli e la tolleranza nei confronti delle cul-
ture diverse dalla propria. In questo senso le testimonianze del viaggio in
Russia mostrano di voler conciliare lo stile della scrittura diaristica e la cifra
espressiva del racconto letterario con lesigenza di fornire ai lettori (origina-
riamente lettori di stampa giornalistica) un insegnamento o quanto meno un
monito, come quando nel capitolo Verso Mosca si descrive un momento di
speciale solidariet tra la scrittrice e altri tre viaggiatori:
Altrove Ortese trova anche il modo di indicare uno dei modelli espressi-
vi che guidano la sua indagine nella scrittura del viaggio in Russia, fornen-
do una interpretazione del Neorealismo nel corso di un fugace dialogo con
uno studente di ingegneria che dice di conoscere un po lItalia attraverso il
cinema.
18
Ivi, pp. 120-121.
19
Ivi, p. 99.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 281
Penso che neorealismo voglia dire questo, cerco di sorridere. Un regista italia-
no sale su questo treno, sa che un treno dellUnione Sovietica, e perci molto
importante, perch c dietro tutta la storia dellUnione Sovietica, ma per dare il
senso del treno, cio della vita, lui deve guardare tutti i particolari che si trovano
su questo treno, che fanno il treno intero (col suo significato), e che a volte pos-
sono essere deludenti, e sembrare in contrasto con la bella idea del treno, con li-
dea di ci che vorremmo fosse un treno. [] Lo scopo dare il senso della vita,
attraverso una somma di particolari. I particolari sono forse cattivi, il senso
buono. E c anche un altro scopo, nel registrare tante cose: farle migliorare. O,
se per qualche motivo non possono ancora migliorare, la gente sia al corrente di
questo. Cos sia informata sinceramente di tutto quanto riguarda il proprio paese,
delle condizioni economiche, morali, di tutto20.
Dietro il Cremlino si vedeva uno spazio immenso, squadrato, pieno daria, tinto
tenuamente di rosso, dal centro del quale, come una nave a met scomparsa nella
tempesta, emergevano delle mura rosse e delle cupole gialle e verdi, con qualco-
sa di dorato: la chiesa di San Basilio, nella Piazza Rossa. Da un lato si scorgeva
un pezzo del Mausoleo che custodisce le bare di cristallo dove sono deposti Lenin
e Stalin; sullaltro lato, di sbieco, i magazzini Generali. [] Sorgeva una piccola
luna, nel cielo, bench fosse pieno giorno, in un incavo di perla; sorgeva, mi
parve, proprio sulla Cittadella terribile mura rosse, ma ora sbiancate dallafa,
aeree cupole verdi e dorate e illuminava o cancellava? un angolo delle tombe
sublimi. Ma n Lenin n Stalin, n gli altri visi giganteschi si vedevano pi.
Vennero invece dei passeri, che forse abitavano tra quelle tombe, fino al mio
davanzale, vennero strillando con grande allegria, e qualcuno si spinse fin dentro
la stanza: Non sapevo che la natura fosse cos amorosa dovunque!. Cercai del
pane da dare a quegli affamati, e intanto terrore e lacrime, guardando quei pas-
seri, se nerano andati, potevo nuovamente sorridere21.
20
Ivi, pp. 115-116.
21
Ivi, pp. 125-127.
IDA DE MICHELIS
1
Citazione riportata in E. Falqui, Inchiesta sulla terza pagina, Ed. RAI, Torino 1953,
p. 139. Corsivi miei.
284 Ida De Michelis
Eppure proprio il caso di Gadda esorbita dalla norma di questa storia: per
lui, infatti, bisogna piuttosto parlare di terzo mestiere, giacch, com ben
noto, egli lavor per anni come Ingegnere, in Italia e allestero, soffrendo
molto dellimpossibilit di dedicarsi tutto alla sua vera inclinazione, quella
cio per le lettere.
La ricerca di collaborazioni giornalistiche ha perci proprio il senso di
emanciparsi dal lavoro tecnico, pratico, di Ingegnere appunto, per applicarsi
sempre pi allarte della parola. Ma fin da subito, come testimoniano episto-
lari editi ed inediti di suo pugno, si dovette rendere conto che anche la scrit-
tura giornalistica aveva un peso di tempo e impegno consistente che andava
ad essere comunque dimpedimento alla scrittura creativa.
Ben chiara in lui fu quindi la distanza tra larte della scrittura e la scrittura
periodica a pagamento: anche se alto rimane sempre in Gadda il riconosci-
mento e il rispetto tributato ad ogni genere di fatica umana, intellettuale o fisi-
ca, per cui mestiere egualmente degno sar da considerarsi il terzo, di giornali-
sta, come il primo, di scrittore, quanto il secondo di ingegnere. E perch alto
potesse rimanere tale riconoscimento egli sempre ebbe lesigenza di rispondere
con impegno pari a tutti i suoi doveri, soffrendone per non poco lonere e non
vedendosi sempre riconosciuti tutti gli onori attesi:
non mi rivolgo al giornale con trascuratezza, tanto per fare: ma con il vivo desi-
derio di concretare qualcosa che sia giornalismo e, possibilmente, arte a un mede-
simo tempo [] il mio ideale non per larticolo meramente tecnico, ma lar-
ticolo a sfondo umano3.
Ed ecco come fin per essere liberato dalla coazione ingegneristica e assun-
to definitivamente come giornalista solo alle soglie dellet pensionabile:
poco prima cio di potere finalmente dedicarsi tutto ai suoi scritti, e al suo
tardo successo.
2
Citazione da G. Zampa, a c. di, Introduzione a E. Montale, Il secondo mestiere Prose
1920-1979, Mondadori, Milano 1996, p. XI.
3
Lettera inedita di C.E. Gadda a Ermanno Amicucci, 2 ottobre 1934.
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 285
4
E. Centofanti, Giornalismo, voce dellEnciclopedia gaddiana on-line, EJGS,
www.gadda.ed.ac.uk.
5
La lettera usc per la precisione il 22 maggio 1915.
6
Larticolo usc nel numero del 20 dicembre di quellanno.
7
Lesordio di Gadda scrittore avvenne nel giugno 1926 sulle pagine della rivista letteraria
Solaria con i raccontini Studi imperfetti: Solaria, a. I, n. 6, giugno 1926, pp. 23-28. E anco-
ra per le edizioni di quella stessa rivista usc, nel 1931, il volume del suo esordio narrativo La
Madonna dei Filosofi.
8
Un libro di poesie: Il Re pensieroso di Ugo Betti, in La Patria degli Italiani, Buenos
Ayres, 20 aprile 1923, firmato Ing. Carlo Emilio Gadda. La raccolta era uscita dai Fratelli
Treves a Milano nel 1922, e Gadda ne fece due differenti recensioni delle quali questa fu la
prima ad uscire. La seconda uscir solo nel 1926 con medesimo titolo, con data 22 gennaio
sulle pagine de Il Giornale dItalia.
286 Ida De Michelis
proprio in relazione alle vicende di questo breve articolo, scrivendo alla sorel-
la Clara: I giornali italiani di qui primo fra tutti la Patria sono i primi deni-
gratori del fascismo e per questo io non vi ho pi scritto e non vi scriver pi
fino a che la Patria non cambi bandiera9.
Chiaro fin da subito gli risultava, quindi, il nesso tra informazione e for-
mazione, politica ed ideologica, nel giornalismo durante il Ventennio, e stra-
namente accettato come doveroso. Gadda, come appare da documenti pub-
blici quali i suoi articoli dellepoca, e privati, come i suoi ricchi epistolari a
parenti ed amici, si volle a quanto pare allineare a tale concezione totalitaria
ma con unambiguit di fondo che non poteva non avere ladesione ai prin-
cipi fascisti da parte di chi, come lui, era moralmente attaccato ad un senso
del dovere e della responsabilit individuale tanto richiamato quanto poi nei
fatti disconosciuto dal sistema dittatoriale di Mussolini. Tale ambiguit, o
meglio contraddittoriet, ben emerger nel suo tardo rifiuto del Fascismo che
nei secondi anni Quaranta lo porter a scrivere le sue parole pi aspre e vio-
lente: proprio contro il Duce10.
9
Lettera del 3 settembre 1923, in C.E. Gadda, Lettere alla sorella. 1920-1924, (a c. di G.
Colombo), Archinto, Milano 1988, p. 86.
10
S. Luzzatto, Mussolini buonanima, in EJGS, gi in Il corpo del duce, Einaudi, Torino
1998, pp. 120-158: A partire dallinverno 1944-45, Gadda ha rivolto prima contro il vecchio
di Sal, poi contro lesposto di piazzale Loreto uninterminata e feroce logorrea; non cadave-
rosi poemi, secondo la tradizione dei vati italiani denunciata gi nella Cognizione (RR I 682),
ma cadaverose invettive. [] Le due versioni di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, dal-
ledizione su rivista del 1946 al bestseller garzantiano del 57; Il primo libro delle Favole, usci-
to nel 52, labbozzo di Eros e Priapo dato alle stampe nel 55: durante limmediato dopoguer-
ra, nessuno scrittore italiano si impegnato altrettanto nello sforzo di ricostruire le implica-
zioni corporali del mussolinismo, o addirittura le sue implicazioni genitali. In apparenza, guar-
dando al regime fascista attraverso le lenti del fisiologismo, Gadda ha elaborato un discorso sto-
riografico sorprendentemente novatore, quasi unanticipazione di certi odierni esercizi di body
history. In realt, il suo approccio si rivela tanto originale nella forma quanto convenzionale
nella sostanza. Sebbene dannato, stramaledetto, il duce postumo di Gadda assomma i caratte-
ri funzionali a uninterpretazione di comodo del ventennio fascista. Inesauribile la serie di qua-
lifiche che lo scrittore ha attribuito a Mussolini: ciascuna dotata di valore aggiunto, contribu-
to alla decifrazione di quel pachidermico sistema di segni che per Gadda il corpo del duce.
Basta accumularle secondo un banale ordine alfabetico per suggerire la ricchezza ermeneutica
della prospettiva assunta da Gadda: Amatissimo, Appestato Appestatore, Batrace, Bombetta,
Caciocavallo, Ciuco Maramaldo, Cupo nostro, Defecato maltonico, Emiro col fez, Estrover-
tito, Ex-Bomba, Facciaferoce, Fava, Fava Marcia, Farabutto Impestato, Favente Genio, Feten-
te, Furioso Ingrogato, Ginocchio, Giuda in bombetta, Glorioso, Gradasso Ipocalcico, Grande
Imago, Gran Pernacchia, Gran Somaro Nocchiero, Gran Tamburone del Nulla, Gran Tauro,
Grugnone Sanguemarcio, Inturgidito Modellone, Maccherone fottuto di Predappio, Maldito,
Marchese delle Caminate, Mascella dasino Maltone, Mascellone ebefrenico, Merda, Mer-
donio, Minchiolini, Minchione Ottimo Massimo, Modellone Torsolone, Mugliante, Na-
poleone fesso e tuttoculo, Nero personaggio, Nullapensante, Paflagone inturgidito, Pir-
gopolinice, Poffarbacco, Predappio, Predappiogiuda, Predappiomerda, Priapo-Imagine, Primo
Racimolatore e Fabulatore ed Ejettatore, Profeta forlimpopolo, Provolone, Pulcinella finto
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 287
E sar proprio negli anni Trenta che egli produrr la maggior parte di que-
gli scritti poi catalogati come autarchici, articoli per lo pi di carattere tecni-
co e divulgativo.
Ma andiamo per ordine: nel 1926, tornato oramai in patria, riprende la sua
produzione su giornali e riviste, proprio ripartendo dalla nuova edizione della
medesima recensione pubblicata in Argentina tre anni addietro. Fino al 1930
la produzione periodica gaddiana si limita essenzialmente a recensioni lettera-
rie, scritti di carattere teorico-letterario e prime prove narrative. Ma dal 1931
torna lesigenza di scrivere per mestiere e nellennesimo tentativo di liberarsi
degli oneri ingegnereschi inizia la sua carriera di pubblicista principalmente
orientata in due direzioni: il reportage di viaggio e il giornalismo tecnico-scien-
tifico-divulgativo. Proprio nel settembre del 1931, a conferma di quanto ferrea
fosse la sua volont di votarsi alla scrittura in entrambe le sue forma artistico e
giornalistica, riempiendo [] un formulario dellesercito, si dichiar di pro-
fessione Pubblicista-scrittore12; e nello stesso settembre aveva scritto al cugi-
no: ma adesso mi propongo di dare un tale colpo di timone che nessuno oser
pi chiamarmi ingegnere e competente, ma solo scribacchino fesso13.
Durante gli anni Trenta il Gadda giornalista collabora a numerose testa-
te: oltre alla terza pagina del quotidiano milanese LAmbrosiano14, alla pie-
montese Gazzetta del Popolo e alla fiorentina La Nazione, pubblica sulle
pagine del periodico Le Vie dItalia15, del quindicinale Nuova Antologia,
Cesare, Pupazzo, Rincoglionito Quirino, Scipione Affricano del due di coppe, Smargiasso
impestato, Somaro, Sovrano Seminatore, Stivaluto, Super Balano, Tauro zefreo, Testa di
Morto, Trebbiatore, Tritacco, Trombone e Naticone ottimo massimo, Truce, Tuberone, Verbo
sterile, Vigile dei destini [] Il torrenziale vituperio maschera appena una personale crisi di
coscienza; come Bottai, anche Gadda parla di Mussolini da innamorato deluso. Il suo il
dramma del moralista che ha creduto nel fascismo.
11
C. E. Gadda, I Littoriali del Lavoro e altri scritti giornalistici 1932-1941, per cura di M.
Bertone, ETS, Pisa 2005, p. 37.
12
G.C. Roscioni, Una inesistita giovinezza, in Il Duca di SantAquila, infanzia e giovi-
nezza di Gadda, Mondadori, Milano 1997, p. 293.
13
P. Gadda Conti, Le confessioni di Carlo Emilio Gadda, Pan, Milano 1974, p. 21, lettera
del settembre 1931.
14
Il quotidiano milanese, apertamente vicino al Regime, pubblic dal dicembre 1922 al
gennaio 1944.
15
Rivista periodica mensile del Touring Club Italiano.
288 Ida De Michelis
16
Questa collaborazione tecnico-giornalistica si spiega col fatto che Gadda lavor come
Ingegnere presso la Citt del Vaticano tra il 1932 e il 1934.
17
La prima raccolta narrativa di Gadda, La Madonna dei Filosofi raccoglie in unedizione
Solaria, appunto, testi quasi tutti solariani.
18
Il Castello di Udine raccoglie brani pubblicati sulle riviste Italia Letteraria e
LAmbrosiano, e il solo testo Tendo al mio fine era stato pubblicato sulle pagine di Solaria.
Parziale ripresa del testo fu larticolo Tendo a una brutale deformazione dei temi, in
Almanacco letterario Bompiani 1942, Bompiani, Milano 1941, p. 124.
19
E. Falqui, Il capitolo e la prosa darte, in Novecento letterario, Vallecchi, Firenze 1960,
p. 188, gi in Capitoli, Panorama, Milano 1938.
20
Si veda in proposito la nota di L. Orlando a Le Meraviglie dItalia, in C.E. Gadda, Opere,
in V volumi, Garzanti, Milano 1988-1993.
21
P. Gadda Conti, Le confessioni di Carlo Emilio Gadda, cit., p. 40. Lettera del 25 agosto 1934.
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 289
Dagli appunti di viaggio e dagli articoli tecnici di quegli anni nasce il suo
terzo volume, Le Meraviglie dItalia, del 1939: un volume questa volta tutto
dichiaratamente giornalistico che offre un esempio molto significativo del
procedimento di trasformazione testuale da articolo di giornale a brano in
volume. Gli interventi sono per lo pi aggiuntivi come nel caso delle note
esplicative o sostitutivi, ma i pi interessanti risultano essere gli interventi
riduttivi, e talvolta propriamente censori operati dallautore. Eliminati gli
occhielli, i sommari, i titoli interni dei paragrafi caratterizzanti larticolo di
giornale22, che sempre deve garantire facile accessibilit di testo e contenuti,
Gadda procede con un attento lavoro di autocensura di frasi e lemmi cele-
brativi nei confronti del Regime, rispetto al quale evidentemente non solo si
sentiva ormai in netto contrasto e disaccordo, ma voleva anche prendere con
discrezione le distanze di fronte al mondo intellettuale. Di certo tali atten-
zioni sono dovute alla consapevolezza da parte dellautore che
passando dal pubblico del giornale al lettore del libro, [] [muta] anche il desti-
natario del messaggio: non pi un pubblico generico con una componente di let-
tori specializzati e tecnicamente competenti, ma un pubblico circoscritto di let-
terati, che considerano la pagina da un loro punto di vista tutto particolare, e per
i quali lo scrittore sente di dover fornire alcune spiegazioni sulla materia trattata
(che divengono esse stesse talora vere perle letterarie)23.
Piuttosto il livello letterario del testo deve restare immune dalla contami-
nazione del contingente, dellideologia, dal coinvolgimento diretto e troppo
immediato con la storia: Lestetica spinge la pratica, se ne difende, se ne
distingue24.
Ma sembra che dietro a tale attenzione stilistica si celi anche il primo
passo di risoluzione interiore che solo pi tardi si sapr fare pubblica, di quel-
lambiguit o contraddittoriet di base che stata sopra menzionata, rispetto
al legame di Gadda col Fascismo: insomma altro il tono e lopportunit in
sede di giornali e riviste allineate, che possono essere lette e viste come non
solo informative ma formative in senso organico al Regime, propagandistiche
nella loro diffusione ad ampio raggio, altro il tono, pi libero e disinteressa-
to, pi alto, dellArte fine a se stessa. Ecco allora scomparire per intero il
seguente passo encomiastico della prosa Carraria, poi definitivamente esclu-
sa nella riedizione del 1964 di Le Meraviglie dItalia Gli Anni per i Super-
coralli di Einaudi:
22
Si veda in proposito la nota di L. Orlando a Le Meraviglie dItalia, cit.
23
L. Greco, Lautocensura di Gadda: Gli scritti tecnico-autarchici, in Censura e scrittura, Il
Saggiatore, Milano 1983, pp. 51-98, pp. 89-93.
24
Ivi, p. 93.
290 Ida De Michelis
Nella revisione delle Meraviglie dItalia dalla prima alla seconda edizione
si passa inoltre da 27 a 30 brani, di cui solo 16 appartenevano alla prima edi-
zione, con lulteriore esclusione proprio dei brani pi evidentemente ideolo-
gici ed encomiastici26.
Il passaggio agli anni Quaranta avviene tuttavia nel segno di questa ambi-
guit ideologica ancora irrisolta: se le sue attenzioni maggiori sono chiara-
mente riservate al nascente romanzo La cognizione del dolore, che aveva ini-
ziato ad uscire per tratti su Letteratura a partire dal numero di luglio-set-
tembre 1938, sempre di quellanno sono gli articoli filo-regime La donna si
prepara ai suoi doveri coloniali 27, Le funivie Savona-San Giuseppe di Cairo e la
loro funzione autarchica nelleconomia nazionale 28, mentre risalgono al 1941
gli articoli I nuovi borghi della Sicilia rurale, La colonizzazione del latifondo
siciliano, I Littoriali del lavoro 29.
Ancora una volta lepistolario privato fornisce elementi utili alla ricostru-
zione del quadro delle sue collaborazioni: scrive il 3 maggio 1940 a Leone
Traverso:
Ora tutti mi sono addosso e, per soddisfare tutti, dovrei scrivere un articolo al
giorno, io che sono il vero tipo adatto per scriverne uno al mese. Eccoti la lista
degli inviti pressanti, reiterati, minacciosi: Prospettive di Malaparte, Primato di
Bottai, Civilt di Federzoni-Cecchi, Nuova Antologia di Federzoni, Gazzettino di
Venezia Cantalamessa, Messaggero di Roma Malgri, Lettura di Simoni-Pio-
vene, La Ruota di Petroni, La Sera di Damiano ed Emmanuelli, ecc. ecc.: Pano-
rama ha gi avuto mia prosa, e ha pagato. Dar dei magri acconti a tutti e poi li
mander in collera con le mie carenze, assenze, inadempienze e promesse da
marinaio.
25
C.E. Gadda, Carraria, in Le Meraviglie dItalia, in Opere III, cit., p. 179. Si tratta della
prosa pi antica della silloge, uscita su LAmbrosiano con il titolo Carrara nellagosto del
1934.
26
A tal proposito interessante la nota a Verso la Certosa a c. di L. Orlando, in C.E. Gadda,
Opere III, cit., pp. 1289-90.
27
In Le Vie dItalia, a. XLIV, n. 10, ottobre 1938, pp. 1248-1251, poi in C.E. Gadda,
I Littoriali del Lavoro e altri scritti giornalistici, 1932-1941, cit.
28
In Le Vie dItalia, a. XLIV, n. 12, dicembre 1938, pp. 1477-1484, poi in C.E. Gadda,
Azoto e altri scritti di divulgazione scientifica raccolti da Gianni Scheiwiller e presentati da
Andrea Silvestri, Libri Scheiwiller, Milano 1986.
29
In Nuova Antologia, a. 76, vol. CDXIII, f. 1653, 1 febbraio 1941, pp. 281-286; in
Le Vie dItalia, a. XLVII, n. 3, marzo 1941, pp. 335-343; in Nuova Antologia, a. 76, vol.
CDXVIII, f. 1658, 16 aprile 1941, pp. 389-395; ora tutti in C.E. Gadda, I Littoriali del
Lavoro e altri scritti giornalistici, 1932-1941, cit.
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 291
si affermava infatti in quegli anni nella stampa italiana una cultura fotografica,
della quale antesignano era stato Longanesi con il suo Omnibus, una cultura che
era anche indubbiamente figlia del nuovo procedimento tipografico, il rotocalco.
Il servizio fotografico su alcuni periodici finiva col sostituirsi allarticolo o meglio
il testo scritto diventava semplicemente un commento se non una didascalia delle
immagini. Il periodico allora pi avanzato su questa linea era il settimanale
Tempo (sul quale Gadda pubblica Montale, o luomo msico 31)32.
30
Si tratta di: Fiera di Milano, Terra lombarda, Luomo e la macchina. Dei tre articoli di
Gadda pubblicati su Panorama ed illustrati abbondantemente con riproduzioni fotografiche a
tutta pagina o inframmezzate al testo, due, Fiera a Milano e Terra lombarda, sembrano essere
stati redatti sulla base delle fotografie che li accompagnano, tanto i testi aderiscono non solo
tematicamente, ma addirittura nella enumerazione e descrizione particolareggiata degli ogget-
ti dei paesaggi a quanto riprodotto nelle illustrazioni, in G. Ungarelli, Le occasioni del dolore,
in AA.VV., Le ragioni del dolore. Carlo Emilio Gadda 1893-1993, a c. di E. Manzotti, Cenobio,
Lugano 1993; anche in EJGS 5/2007.
31
Questo articolo esce nel 1943, in Il Tempo, a. VII, n. 196, 25 febbraio-4 marzo 1943,
pp. 33-34, poi nel postumo C.E. Gadda, Tempo e opere, Saggi, note e divagazioni, Adelphi,
Milano 1982.
32
G. Ungarelli, Le occasioni del dolore, cit.
33
Si pensa al teledocumentario Il Tevere in cui testo e immagini vanno di pari passo, anche,
sembra, nella loro nascita; la stesura del testo, come testimoniato da A. Zorzi, sovrintendente
alla produzione, molto lunga ed laboriosa. Il lavoro sembra sia nato nel 1956 per la Union
Europenne de Radiodiffusion sul tema I grandi fiumi dEuropa. Il documentario sarebbe
per andato in onda solo dopo la morte dellautore, dopo una revisione di semplificazione
testuale. Informazioni complete a riguardo si possono trovare in C.E. Gadda, Opere V, cit., in
particolare la Nota al testo de Il Tevere, a c. di D. Isella, pp. 1451-1459.
34
Il riferimento allattenzione tributata dallautore in particolare alluso dellipotiposi. Si
veda in proposito M. Kleinhans, Ipotiposi, in Enciclopedia gaddiana, EJGS 4/ 2004, M.
Kleinhans, Satura und pasticcio. Formen und Funktionen der Bildlichkeit im Werk Carlo
Emilio Gaddas, Max Niemeyer Verlag, Tbingen 2005, nonch I. De Michelis, Tra il quid e
il quod-Metamorfosi narrative di Carlo Emilio Gadda, parte I, ETS, Pisa 2009, pp. 11-18.
292 Ida De Michelis
35
C. E. Gadda, Lettere ad una gentile Signora, a c. di G. Marcenaro, Adelphi, Milano
1983, p. 129, lettera del 26 febbraio 1941 a Lucia Rodocanachi.
36
M. Bertone, Introduzione a C.E. Gadda, I Littoriali del Lavoro e altri scritti giornalistici,
1932-1941, cit., pp. 27-29, vengono analizzati alcuni casi concreti del fenomeno qui descritto.
37
Ivi, pp. 42-43.
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 293
38
C.E. Gadda, Le belle lettere e il contributo espressivo delle tecniche, i I viaggi la morte, in
Opere III, cit., p. 488.
39
L. Greco, Lautocensura di Gadda: Gli scritti tecnico-autarchici, in Censura e scrittura, cit.,
p. 27.
40
F. G. Pedriali, O Gadda, curati!, in EJGS, 3/2003.
41
La princeps del volume uscir nel difficile anno 1944, a Firenze per Le Monnier.
Quellanno del resto Gadda non pubblica nientaltro.
42
Intervista al microfono. Confessioni di scrittori (Interviste con se stessi), con Prefazione di L.
Piccioni, ERI, Torino 1951, pp. 51-55.
294 Ida De Michelis
Angioletti, uno dei fondatori del Terzo Programma, firma il contratto a tempo
determinato presso lazienda statale, contratto che diverr a tempo indetermi-
nato soltanto lanno successivo43. Da questo momento in poi, con leccezione
del lavoro su Galileo Ferraris44, Gadda non comporr pi articoli di argomento
tecnico-scientifico ma si dedicher tutto al mondo umanistico: le sue collabo-
razioni verteranno su temi di cultura sociale e letteraria, talvolta di costume.
Dal 1951 al 1953 dirige le rubriche settimanali del Terzo programma, Los-
servatore dello spettacolo e Losservatore delle lettere e delle arti. Sono questi gli
anni in cui molto di suo esce sul Radiocorriere e su Epoca, oltre che su
LApprodo45 e qualche altra testata in modo pi o meno occasionale.
Il 1953 risulta essere un anno cruciale: in quellanno infatti escono due
contributi particolarmente significativi per la storia delle sue collaborazioni
giornalistiche, luno rivolto al genere scritto dellarticolo di terza pagina, ed
il testo prefativo allInchiesta sulla terza pagina curata da Enrico Falqui, e lal-
tro rivolto invece alle modalit di composizione di un testo orale per la radio.
In questo testo, intitolato Norme per la redazione di un testo radiofonico, edito
dai tipi Rai della ERI, Gadda dimostra di avere grande consapevolezza e
rispetto di due elementi fondamentali per lefficacia di ogni atto comunicati-
vo: il canale e il contatto sono varianti fondamentali che condizionando il
rapporto tra mittente e destinatario, e quindi anche il contesto comunicati-
vo, richiedono conseguentemente determinate scelte del registro del codice
da usare.
43
Lassunzione a tempo indeterminato presso la Direzione generale-servizi amministrativi
e generali quale praticante giornalista addetto alla segreteria dei servizi parlati culturali avvie-
ne il 1 luglio 1951.
44
Galileo Ferraris e gli scienziati piemontesi, in Radiocorriere, a. 28, n. 5, 28 gennaio-3
febbraio 1951, p. 13: di tecnico-scientifico, per la Rai Gadda tuttavia cura soltanto la tra-
smissione dedicata a Galileo Ferraris, ingegnere e fisico, scopritore del campo magnetico ruo-
tante, in G. Ungarelli, a c. di, Gadda al microfono-Lingegnere e la Rai 1950-1955, Nuova ERI,
Torino 1993, p. 19.
45
Nel comitato direttivo LApprodo Gadda rester poi ancora dal 1967 al 1972, anno
precedente quello della sua scomparsa. La trasmissione era nata nel 1945 e dal 1952 aveva
avuto anche una versione stampata trimestrale, LApprodo letterario.
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 295
46
Lettera inedita a Onofrio Martinella del 31 ottobre 1950 in cui gli proponeva un pro-
gramma su Cezanne, conservata nellArchivio Adriana Pincherle, Firenze, in G. Ungarelli, a c.
di, Gadda al microfono-Lingegnere e la Rai 1950-1955, cit., p. 15.
47
C.E. Gadda, Lettere a Gianfranco Contini, Garzanti, Milano 1988, p. 74, lettera del 2
febbraio 1951.
48
G. Ungarelli, a c. di, Gadda al microfono-Lingegnere e la Rai 1950-1955, cit., pp. 16-17.
296 Ida De Michelis
49
C.E. Gadda, La cognizione del dolore, in Opere I, cit., pp. 638-639.
50
Entrambi gli articoli-saggio entrano a far parte della silloge I viaggi la morte del 1958; il
primo risale al 1950, ed era uscito su Ca bal, Firenze, a. I, giugno 1950, pp. 5-6 e n. 2,
luglio 1950, pp. 6-8, con il titolo Meditazione 1: sulla rosta o ruota del tacchino; il secondo in
Botteghe oscure, quaderno XIV, 1954, pp. 335-50.
51
C.E. Gadda, Matematica e prosa, in Opere V, cit., pp. 1154-1157, gi Ingegneria e prosa,
in Mak p greco 100 numero unico della Scuola Ingegneri di Roma, 1954.
52
Nel 1958 I viaggi la morte; nel 1961 Verso la Certosa; nel 1964 Le Meraviglie dItalia
Gli Anni e I Luigi di Francia; nel 1967 Il guerriero, lamazzone, lo spirito della poesia nel verso
immortale del Foscolo Conversazione a tre voci.
ELEONORA CARDINALE
Quanti sono gli scrittori che riescono a vivere col frutto della loro arte,
senza dover ricorrere a un altro mestiere?1 il poeta degli Ossi di seppia, de
Le occasioni, de La bufera e altro a porsi nel 1959 questa domanda. Montale,
infatti, crede che
negli Stati dove vige una relativa libert di pensiero e di opinione [] un nume-
ro imprecisato di uomini di lettere riesce a sbarcare il lunario, talora assai bril-
lantemente, con lavori che si fanno con carta penna e calamaio e con limpiego
della macchina da scrivere: e saranno collaborazioni a giornali, sceneggiature di
film, riduzioni di romanzi altrui a commedie o a pellicole, oppure opere di varia
divulgazione; ma resta da dimostrare che questi uomini vivano del frutto della
loro arte (ammesso che ne abbiano davvero una). La verit che anchessi, in
quanto poeti, hanno un secondo mestiere: quello delluomo di penna2.
1
E. Montale, Il secondo mestiere [1959], in Id., Auto da f, Il secondo mestiere. Arte, musi-
ca, societ, a cura di G. Zampa, Mondadori, Milano 1996, p. 128. Gli articoli di Montale,
pubblicati su riviste e giornali, si possono leggere nei volumi Il secondo mestiere. Arte, musica,
societ, cit., e Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, a cura di G. Zampa, Mondadori, Milano
1996.
2
Ibidem.
3
Ibidem.
298 Eleonora Cardinale
4
Ivi, p. 129.
5
Ibidem.
6
Ivi, p. 132. In un articolo dal titolo Senza quattrini niente capolavori, pubblicato sul
Corriere dInformazione il 19-20 gennaio 1951, Montale esordisce con queste parole: La
poesia non d quattrini; lhanno detto gli antichi e lo conferma il tempo moderno, per poi
chiamare in causa il secondo mestiere: Chierico o canonico, diplomatico o poeta di corte,
apprendista o maestro di bottega, lartista antico pare a noi (forse pare soltanto) ben fortuna-
to in confronto al moderno artista costretto a dividersi tra larte e un mestiere capace di dar-
gli da vivere, in attesa che larte sua, una volta che sia riconosciuta (campa cavallo!), cominci
a rendere qualcosa (E. Montale, Senza quattrini niente capolavori [1951], in Id., Il secondo
mestiere. Prose 1920-1979, cit., pp. 1145-1146).
7
E. Montale, Il secondo mestiere, cit., p. 132.
8
S. Bertoldi, Forse il suo sogno segreto ancora di debuttare da baritono, in Oggi, 27 otto-
bre 1966, p. 39.
9
Riguardo alla probabile collaborazione di Montale, in qualit di critico musicale, al quo-
tidiano genovese Il Secolo XIX si rimanda a S. Verdino, Montale tra giornali e riviste geno-
vesi, in F. Contorbia, L. Surdich (a cura di), La Liguria di Montale, Sabatelli, Savona 1996,
pp. 67-87.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 299
tardi verr svelato un curioso retroscena, infatti in unintervista del 1966, rila-
sciata a Leone Piccioni, Montale dichiarer di aver scritto larticolo senza assi-
stere allopera, essendo rimasto nel caff del teatro:
10
Cinquantanni di poesia [1966], in E. Montale, Il secondo mestiere. Arte, musica, societ,
cit., pp. 1656-1657.
11
Il Cittadino, quotidiano cattolico genovese, fu fondato nel 1873; Montale vi collabor
nel 1924, quando il direttore era Achille Pelizzari, scrivendo quattro articoli: Conversazioni
artistiche. Unora con Edoardo de Albertis, Libri darte. Masaccio di E. Somar, Il Convegno
di Milano e il suo teatro, Il Delirama di Bruno Barilli. Si incontrano, dunque, per la prima
volta degli articoli montaliani dedicati allarte.
12
Su Il Lavoro, quotidiano genovese nato nel 1903 e diretto da Giuseppe Canepa,
Montale scrisse tra il marzo del 1925 e il settembre del 1926 otto articoli, tra i quali Lisola
di Riccardo Artuffo e Scapigliatura piemontese. probabile, inoltre, una collaborazione monta-
liana al Giornale di Genova, in base a quanto scrisse Adriano Grande ad Angelo Barile l11
giugno 1924: Montale ha cominciato a collaborare al Giornale di Genova come critico lette-
rario. Non so di preciso quali obblighi gli abbiano imposto. Le posso dire che per il solo,
che pubblicher settimanalmente dei trafiletti sotto uno pseudonimo oltre ad articoli di terza
pagina. Dei trafiletti ne deve anzi gi essere uscito uno questa settimana (G. Farris (a cura di),
Angelo Barile e Adriano Grande, in Il Letimbro, 14 settembre 1984, p. 3); cfr. S. Verdino,
Montale tra giornali e riviste genovesi, cit..
13
E. Montale, Chiose. Emilio Cecchi, in Primo Tempo, n. 9-10, anno II, 1923, pp. 301-
306.
300 Eleonora Cardinale
14
Id., [Il Volto Santo di Enrico Pea], in LEsame, n. 4, anno IV, 1925, pp. 387-390. Nel
1925 Montale recens sulla rivista milanese anche La corsa del tempo di Silvio Benco.
15
Id., Il porto dellamore, in Il Quindicinale, n. 5, anno I, 1926, p. 9. Su Il
Quindicinale, rivista di arti e letterature moderne fondata nel 1926 e diretta da Cesare Vico
Lodovici, Montale nel 1926 scrisse in tutto cinque articoli.
16
Id., Omaggio a Italo Svevo [1925], in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, cit., pp.
72-73.
17
Id., Umberto Saba [1926], in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, cit., p. 128.
18
La recensione usc nel numero10 de Il Quindicinale. A Saba Montale dedicher nel
corso degli anni altri tre articoli, lultimo dei quali risale al 1964.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 301
19
E. Montale, Stile e tradizione [1925], in Id., Auto da f, cit., p. 10.
20
Ivi, p. 11.
21
E. Montale, Valery Larbaud [1925], in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, cit., p.
34. Si tratta della recensione allopera di Larbaud Amants, heureux amants. Di Larbaud
Montale recens nel 1927 su Il Convegno Fermina Mrquez e Jaune, Bleu, Blanc, mentre ne
scrisse il necrologio il 3 febbraio 1957 sul Corriere della Sera.
22
Id., Caro Maestro e Amico. Carteggio con Valery Larbaud (1926-1937), a cura di M.
Sonzogni, Archinto, Milano 2003, p. 21.
23
Sulla rivista fondata a Pisa ma edita allinizio a Genova da Francesco Perrella, sotto il
titolo di Notiziario. Letterature straniere, furono pubblicate tra il 1925 e il 1926 tre recensio-
ni: M. de Unamuno, La sfinge senza Edipo; L. Pellegrini, Dramatis personae e altri poemi di R.
Browning; G. Duhamel, C. Vildrac, Notes sur la technique potique.
24
E. Montale, Note di letteratura francese, in Il Quindicinale, n. 11-12, anno I, 1926,
pp. 5-6. Gli autori presi in considerazione sono Andr Gide, Georges Duhamel e Adrienne
Monnier.
25
Tra le opere recensite si segnalano: J. Supervielle, Le voleur denfants; R. Bizet, Anne en
sabots; A. Malraux, La tentation de lOccident; E. Jaloux, O toi que jeusse aime. A proposito
della sua collaborazione a Il Convegno, Montale il 4 marzo 1927 scrisse a Larbaud: Le
Convegno, qui je donne mes notules franaises, est probablement la meilleure revue italienne
et jespre que mon modeste travail pourra trouver de la bienveillance chez vos amis (Id., Caro
Maestro e Amico, cit., p. 73).
26
Montale collabor a La Fiera Letteraria dal 1926 al 1928. Nel 1929 la rivista fu tra-
sferita a Roma, intitolandosi LItalia Letteraria, settimanale di lettere, scienze ed arti. Il poeta
302 Eleonora Cardinale
continu la collaborazione scrivendo tra il 1930 e il 1933 quattro articoli. Nel 1936 LItalia
Letteraria fu costretta dal regime a interrompere la pubblicazione, per poi uscire di nuovo nel
1946, tornando a intitolarsi La Fiera Letteraria. Montale dal 1946 riprese a scrivervi qual-
che articolo.
27
Sicuramente le stesse ragioni muovono Montale a tenere dal 1928 al 1930 la rubrica
Scrittrici di Francia sullAlmanacco della donna italiana, edito da Bemporad.
28
Dal 1927 al 1935 si incontrano solo due articoli dedicati alla musica Meditazioni e
petardi su LAmbrosiano e Il paese del melodramma di Bruno Barilli su Solaria e uno,
sempre sulla rivista fiorentina, dedicato al cinema: Espresso sul cinema. Montale collabor con
LAmbrosiano, quotidiano milanese della sera fondato nel 1922, dal gennaio del 1927 al
maggio del 1928, scrivendovi otto articoli.
29
Il poeta recens opere di Linati, Supervielle, Angioletti, Praz, Momigliano, Mignosi,
Stuparich, Marzot. Montale dedic, inoltre, un articolo a Saba dal titolo Ragioni di Umberto
Saba e uno a Svevo dal titolo Leggenda e verit di Svevo.
30
E. Montale, Zibaldone [Larte del Verga di Giulio Marzot, 1931], in Id., Il secondo mestie-
re. Prose 1920-1979, cit., p. 432.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 303
re in quegli anni di Circoli, rivista genovese fondata nel 1931, nella quale
si incontra anche la firma dello stesso Montale 31.
A un periodo di cos intensa attivit critica ne segue uno, fino al 1943, di
quasi completo silenzio montaliano sul versante giornalistico32. Un comple-
to silenzio si ha solo nel 1938, anno in cui il poeta venne esonerato dalla cari-
ca di direttore del Gabinetto Vieusseux, non essendo iscritto al Partito nazio-
nale fascista. Dal buio di quegli anni si esce solo con il 1944, quando forti
sono gli entusiasmi, la volont di ricominciare, la speranza di un rinnova-
mento. Pochi giorni dopo la liberazione di Firenze Montale pronto a ripren-
dere la penna in mano per le pagine del quotidiano La Nazione del Popolo,
sul quale esord il 19-20 settembre 1944 con queste parole:
Non dobbiamo attendere a braccia incrociate la fine di questa battaglia, non dob-
biamo illuderci di esserne usciti fuori solo perch dai confini geografici di una
menzogna ufficiale siamo passati a quelli di unopposta ipotesi o verit. [] la
battaglia ha da continuare in noi, la luce devessere fatta fino allultimo se
quellItalia ch degna di sopravvivere deve restare in piedi e insegnare ancora
31
Su Circoli Montale pubblic nel 1933 un Omaggio a T.S. Eliot, poeta al quale dedic
in seguito numerosi articoli. Paolo Senna ha rintracciato, inoltre, sulla rivista due stelloni, fir-
mati con le iniziali del poeta, non segnalati nei volumi mondadoriani: Drammi di Giuseppe
Lanza e Agnolotti, apparsi nel numero 3 del 1931 (cfr. P. Senna, Nota per Montale circolista.
Con due testi montaliani, in Testo, n. 49, anno XXVI, 2005, pp. 113-121).
32
Nel 1936 Montale scrisse un unico articolo la recensione a I due compagni di Giovanni
Comisso sul settimanale romano Quadrivio; lo stesso discorso vale per lanno successivo,
infatti il poeta recens solo Songs of Tokimarne di Henry Furst sul settimanale Ominibus. Il
lungo silenzio del 1938 venne rotto nel 1939 con la recensione al volume di Giuditta ed
Emilio Cecchi, Emily Dickinson, apparsa sul settimanale Oggi, dove nel 1941 il poeta scris-
se un altro articolo dal titolo La poesia come arte. Montale pubblic poi tra il 1940 e il 1943
cinque articoli sul Tempo, tra i quali la recensione a Il ricordo della Basca di Antonio Delfini.
Da ricordare, inoltre, lampio saggio Sulla poesia di Campana, apparso nel 1942 su LItalia che
scrive.
33
E. Montale, Augurio [1944], in Id., Auto da f, cit., p. 65.
304 Eleonora Cardinale
qualcosa al mondo, come ha saputo fare tante volte, anche nei tempi peggiori
della sua travagliatissima storia34.
Tra il 1945 e il 1946 limpegno divent per Montale davvero attivo, anche
se per un breve periodo, con la sua iscrizione al Partito dAzione e la sua parte-
cipazione al Comitato per la cultura e larte del Comitato di Liberazione
Nazionale35. Ma soprattutto il poeta decise di far parte, insieme ad Alessandro
Bonsanti, Arturo Loria e Luigi Scaravelli, del comitato direttivo de Il Mondo,
quindicinale fiorentino di lettere, arti, musica, scienze, fondato nel 1945. La
sua firma appare per la prima volta in un articolo dal significativo titolo Il fasci-
smo e la letteratura, presa datto della mancata creazione da parte del fascismo
di una vera e propria letteratura di regime: Nessuna traccia positiva, nessuna
opera o figura degna di rilievo lascia il fascismo alle nostre lettere, anche se qual-
che cosa, anzi molto, ha tentato di fare o di distruggere36. Il poeta, inoltre, nel-
larticolo intitolato Cronache di una disfatta, pubblicato il 2 giugno 1945, sente
il bisogno di mettere in guardia i lettori dal pericolo di un fascismo di domani:
Finch il sistema che ha reso possibile il fascismo esister ancora, sar sempre
possibile il ritorno della malattia. Il germe del male sempre vivo in noi37. Ma
si ponga attenzione soprattutto a queste parole montaliane:
Montale, dopo anni di sole recensioni letterarie, esce allo scoperto, affron-
tando nei suoi scritti questioni di primaria importanza per lItalia appena
34
Id., Voci alte e fioche [1944], in Id., Auto da f, cit., p. 76. Larticolo fu pubblicato l8
novembre 1944. Tra il 1944 e il 1945 Montale scrisse sempre su La Nazione del Popolo La
ruota della fortuna, Comprendersi, Un processo che non si far, tutti articoli che rivelano un suo
diretto impegno politico. Dal novembre del 1945 al gennaio del 1946 il poeta tenne la rubri-
ca teatrale del giornale, scrivendo le cronache teatrali della Pergola.
35
Montale abbandon ogni militanza nel 1946 dopo lo scioglimento del Movimento della
Democrazia Repubblicana, a cui aveva preso parte.
36
E. Montale, Il fascismo e la letteratura [1945], in Id., Auto da f, cit., p. 15. Larticolo fu
pubblicato il 7 aprile 1945.
37
Id., Cronache di una disfatta [1945], in Id., Auto da f, cit., p. 30.
38
Ibidem.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 305
uscita dalla guerra. Si parte anche in questo caso da una recensione, quella al
libro Marcia su Roma e dintorni di Emilio Lussu, e in realt quasi tutti gli arti-
coli pubblicati su Il Mondo nascono con lo scopo di recensire un volume
da poco uscito, ma vanno oltre la semplice recensione, affrontando problemi
centrali dellItalia del tempo. Oltre a Cronache di una disfatta, il caso di
LItalia rinunzia?, Sicilia, Una Tragedia italiana39. Eppure gli entusiasmi
montaliani sono destinati a durare un breve periodo, seguono immediata-
mente delusioni e ripensamenti. Pur svolgendo lattivit di traduttore e por-
tando avanti le collaborazioni con i giornali, il poeta, ormai cinquantenne,
vive con estrema difficolt la mancanza di un lavoro stabile: In Italia scris-
se Montale a monsignor Giovanni Fallani il 31 dicembre 1947 non ho
finora trovato alcuna decente sistemazione, n nel giornalismo n altrove, il
tempo passa e ogni anno perduto un secolo per me40. Il lavoro stabile pres-
so un giornale, non pi da libero collaboratore, alla fine arriva e si tratta del
pi importante quotidiano italiano, il Corriere della Sera, con il conse-
guente, sofferto trasferimento nel 1948 da Firenze a Milano:
A partire dal 1948 inizi, quindi, per Montale il vero e proprio secondo
mestiere, un lavoro giornaliero nella redazione del quotidiano, allora diretto
da Guglielmo Emanuel, con lobbligo di consegnare cinque articoli al mese.
Ecco, infatti, come Gaetano Afeltra ricorda il poeta al Corriere della Sera:
Il suo incarico al Corriere era quello di curare come redattore la terza pagina,
suggerendo nomi di collaboratori, e di giudicarne gli articoli prima della pubbli-
cazione. [] Al giornale veniva regolarmente tutti i pomeriggi e poi di nuovo la
sera con lo stesso impegno e disciplina che metteva nelle altre sue attivit. [...]
39
Si tratta rispettivamente delle recensioni a LItalia rinunzia? di Corrado Alvaro, Cos
questa Sicilia di Sebastiano Aglian e Qui non riposano di Indro Montanelli. Risale, inoltre, al
1946 limportante scritto montaliano Intenzioni (Intervista immaginaria), pubblicato su La
Rassegna dItalia, dove nello stesso anno usc un altro articolo di estremo interesse: Paradosso
della cattiva musica.
40
G. Zampa, Introduzione, in E. Montale, Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, cit., p.
XLIII.
41
Ivi, pp. XLIII-XLIV.
306 Eleonora Cardinale
42
G. Afeltra, Montale al Corriere, in Nuova Antologia, n. 2198, anno 131, 1996, p.
82. Interessante, inoltre, risulta il ricordo di Afeltra sul primo articolo montaliano pubblicato
in prima pagina: Oltre che in qualit di redattore, Montale collabor al Corriere con i suoi
articoli magistrali, in terza e poi anche in prima pagina. A questa arriv dimprovviso, nel
1948, quasi per caso, quando giunse di notte la notizia della morte di Gandhi. Io ero redat-
tore capo di turno e gli chiesi di controllare il pezzo giacente in archivio, gi pronto per loc-
casione e di rivederlo, sistemarlo e aggiornarlo con le ultime notizie. Egli invece lo rifece com-
pletamente, scritto di getto, con considerazioni umane, politiche e sociali che ne fecero uno
dei migliori commenti apparsi in quelloccasione sulla stampa italiana. Era cos bello che lo
pubblicai come fondo di prima pagina, un fondo scritto per la prima volta da un poeta (ivi,
p. 83). Larticolo dal titolo Missione interrotta usc sul Corriere della Sera il 31 gennaio 1948,
due giorni dopo lassunzione di Montale come redattore del quotidiano.
43
Si tratta dellarticolo intitolato Gli inquilini di via Bigli, apparso il 10 marzo 1979. Pur
continuando a collaborare al quotidiano fino al 1979, Montale concluse nel novembre del
1973 la sua attivit di redattore. Scrisse, invece, sul Corriere dInformazione fino al 1967.
44
I 21 giorni di lavoro del Consiglio dEuropa vengono descritti da un Montale vero e
proprio cronista in diciotto articoli apparsi sul Corriere della Sera tra il 4 e il 29 agosto 1950;
gli articoli si possono leggere nel volume Il secondo mestiere. Prose 1920-1979. Del viaggio in
Terrasanta rimangono due articoli Da Gerusalemme divisa e Noterelle di uno dei Mille ,
apparsi sul quotidiano rispettivamente il 6 e il 7 gennaio 1964, successivamente inclusi in
Fuori di casa. Il volume Fuori di casa, uscito nel 1969 da Ricciardi, raccoglie, tranne due ecce-
zioni, articoli scritti da Montale durante i suoi viaggi allestero, in alcuni casi in qualit di
inviato del Corriere della Sera.
45
E. Montale, Largo ai turisti! [1948], in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, cit., p.
741. Larticolo fu pubblicato il 7-8 luglio 1948 sul Corriere dInformazione.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 307
Montale affronta nodi centrali della societ italiana e della vita del paese.
Ecco allora una sua riflessione sulle contestazioni studentesche, apparsa l8
settembre 1968 sul Corriere della Sera:
46
Id., Trentadue variazioni, 6 [1968], in Id., Prose e racconti, a cura di M. Forti,
Mondadori, Milano 1995, p. 564. Le Trentadue variazioni uscirono in otto elzeviri del
Corriere della Sera tra il 10 agosto 1968 e il 30 gennaio 1971, furono poi edite per la prima
volta dal tipografo Giorgio Lucini nel 1973. Montale, inoltre, pubblic sul Corriere della
Sera e sul Corriere dInformazione numerose prose narrative, alcune di esse sono state rac-
colte dallo stesso poeta nel volume Farfalle di Dinard, pubblicato per la prima volta nel 1956.
Nel volume Prose e racconti si possono leggere, sotto il titolo di Prose varie di fantasia e din-
venzione, prose montaliane pubblicate tra il 1945 e il 1974 su periodici e quotidiani, in pre-
valenza sul Corriere della Sera e sul Corriere dInformazione.
47
Id., La terza pagina [1953], in Id., Il secondo mestiere. Arte, musica, societ, cit., p. 1538.
Si tratta di uninchiesta a cura di Enrico Falqui, pubblicata nel 1953 sui Quaderni della
Radio.
308 Eleonora Cardinale
tivo, rivolti in particolare alle novit librarie del momento. Tuttavia, secondo
quanto il poeta dichiar in unintervista del 1971 rilasciata a Raffaello
Baldini, il suo modo di scrivere sembra essere rimasto invariato: Io sono
entrato in giornalismo nel 48. Nessuno mi ha detto: signore, lei deve modi-
ficare il suo stile, semplificarsi, rendersi pi attraente. Nessuno mi ha detto
nulla. E io ho limpressione di aver continuato a scrivere come prima48.
Senza dubbio le sue scelte in campo letterario, e non solo, a volte si dimo-
strano scelte obbligate, imposte dal giornale stesso; collaborare a un presti-
gioso quotidiano quale il Corriere della Sera significa anche doverne segui-
re la linea49. Ecco, infatti, che cosa il poeta scrisse a Luigi Russo il 5 gennaio
1957: Oggi sono un sotto occupato perch debbo scrivere per lo pi di
cose che non mi interessano50.
Critico letterario da una parte, ma dallaltra critico musicale, anzi croni-
sta musicale come Montale si definisce 51, una passione, quella verso la musi-
ca, in particolare verso il melodramma, mai venuta meno. Infatti dal 1954 al
1967 al poeta fu affidata la critica musicale del Corriere dInformazione.
Singolare, senza dubbio, risulta linizio del suo incarico, in base a quanto egli
stesso rifer in unintervista del 1962 rilasciata a Bruno Rossi:
Mi trovavo a Venezia, sei o sette anni fa, mentre si dava la prima della Carriera
dun libertino di Stravinski. Non cera nessuno del Corriere e allora chiesi se
potevo mandare una noterella. Mi dissero di s. Feci un articolo abbastanza lungo
che piacque a Missiroli e volle affibbiarmi anche la critica musicale per
lInformazione. Non so se labbiano fatto per economia, per risparmiare lo sti-
pendio dun critico o per altro. Poi venne fuori che, almeno per lopera, io ero
pi competente degli altri52.
48
La poesia e il resto [1971], in E. Montale, Il secondo mestiere. Arte, musica, societ, cit.,
p. 1704.
49
Al proposito si rimanda al saggio di Umberto Carpi I primi anni di collaborazione al
Corriere della Sera, nel quale il critico mette in evidenza la presa di coscienza anticomunista
di Montale sulle pagine del quotidiano (cfr. U. Carpi, I primi anni di collaborazione al
Corriere della Sera, in Id., Montale dopo il fascismo dalla Bufera a Satura, Liviana Editrice,
Padova 1971, pp. 21-71).
50
G. Zampa, Introduzione, cit., p. XXXII. Nella lettera Montale riferisce a Luigi Russo
sulla sua attivit di critico letterario con lo scopo di esser proposto per il premio nazionale di
Critica dellArte e della Poesia dellAccademia dei Lincei, premio che non gli venne conferito.
51
La poesia e il resto, cit., p. 1705.
52
Queste le ragioni del mio lungo silenzio [1962], in E. Montale, Il secondo mestiere. Arte,
musica, societ, cit., p. 1626.
53
Il volume del 1981, Prime alla Scala, organizzato da Montale stesso e curato da
Gianfranca Lavezzi, offre una raccolta antologica dellattivit montaliana come critico musi-
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 309
cale, articolandosi in cinque sezioni: Sulla musica, Ritratti, I festival di Spoleto e di Venezia, Le
prime alla Scala e alla Piccola Scala, e in altri teatri. Ne Il secondo mestiere. Arte, musica,
societ, sotto il titolo di Altri scritti musicali, vengono raccolte ulteriori cronache e recensioni
montaliane.
54
E. Montale, Stile e tradizione, cit., p. 13.
55
Id., [1937-1967: 30 anni di pittura di Piero Martina], in Id., Scritti sullarte, Il secondo
mestiere. Arte, musica, societ, cit., p. 1448.
56
Gli Scritti sullarte si possono leggere nel volume Il secondo mestiere. Arte, musica, societ.
57
G. Zampa, Introduzione, cit., p. XXX. Montale cos si definisce nella gi citata lettera a
Luigi Russo.
58
Ivi, p. XXXI.
59
Nella gi citata lettera a Luigi Russo Montale descrive in questo modo la sua attivit di
critico letterario: Temi trattati: in prevalenza la letteratura italiana contemporanea, quella
francese e, pi raramente, quella inglese e americana. Autori da me presentati: quasi tutti quel-
li che hanno scritto opere cos dette creative dal 1922 ad oggi, con poche casuali eccezioni.
[] Scrittori stranieri: ho parlato per primo (in Italia) di Valery Larbaud, dei Dubliners di
Joyce, di Jean Pellerin, di Supervielle, di Malraux, di inediti di Constant e di Proust, di alcu-
ni libri di Valry, della Dickinson, di Camus, di Marcel Raymond, di Emmanuel Berl, ecc.
ecc. (ivi, pp. XXX-XXXI). Nel 1976 fu edito il volume Sulla poesia, una raccolta degli scritti
critici montaliani dedicati alla poesia, a cura di Giorgio Zampa. Era previsto anche il volume
Sulla prosa, mai pubblicato.
310 Eleonora Cardinale
Nella tregua pesante scrive il poeta nellarticolo La politica del dott. Rieux in
cui noi tutti viviamo oggi (una sosta, unaccalma nella bufera che non illudeva
pi nessuno, anche prima che il cannone tuonasse in Corea) gli uomini della mia
generazione debbono combattere la tentazione di credersi dei sopravvissuti.
Mentre un ordine di cose che era il nostro, in mezzo al quale ci muovevamo con
innata, anche se relativa, sicurezza, ci appare per sempre perduto, sulla terra deso-
lata che ci propongono di andare ad abitare intravediamo solo vaghi, incerti
punti di riferimento. Ci sentiamo sempre pi inermi di fronte a forze che sem-
brano essersi affrancate dalla volont delluomo per congiurare solo alla sua
distruzione. Gli inviti alla resa vengono da diverse parti, pieni di lusinghe o di
minacce, ma concordi nel chiedere unabdicazione incondizionata da parte di
quella che, almeno fino a ieri, si chiamava la dignit umana61.
Diventa necessario lo scontro con la nuova civilt che sta pian piano
prendendo forma. Nel 1948, in qualit di inviato speciale del Corriere della
Sera, il poeta si trovava a Londra; proprio la citt inglese a rivelargli, pi di
altre, il volto della civilt delluomo meccanico, quella Londra che si pre-
60
Quarantuno domande a Eugenio Montale [1955], in E. Montale, Il secondo mestiere. Arte,
musica, societ, cit., p. 1597. Lintervista fu pubblicata il 17 novembre 1955 sul Tempo.
61
E. Montale, La politica del dott. Rieux [1950], in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-
1979, cit., pp. 1099-1100. Si tratta di una recensione, apparsa il 17 novembre 1950 sul
Corriere della Sera, al volume di Albert Camus Actuelles.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 311
Qui, pi che altrove in Europa, scrisse Montale il 23 giugno 1948 sul Corriere
della Sera la civilt delluomo meccanico mostra il suo volto pauroso. Guai se
qualcosa dovesse spezzarsi in un simile ingranaggio di ruote e di leve; guai se luo-
mo, chiamate alla vita le macchine, non riuscisse a mantenersi padrone dei mostri
da lui scatenati! Oggi il pericolo non sembra probabile in Inghilterra, ma doma-
ni, quando il mondo intero sar un immenso alveare di ordegni aerei e terrestri,
potr esistere ancora luomo della strada, luomo umano, luomo che il sale e il
pepe di ogni civilt?63
62
Id., Metamorfosi di Katia [1948], in Id., Fuori di casa, Prose e racconti, cit., p. 274.
Larticolo usc il 17 luglio 1948 sul Corriere della Sera.
63
Id., Paradiso delle donne e degli snob [1948], in Id., Fuori di casa, cit., pp. 265-266.
64
Id., I primi anni della TV [1948], in Id., Fuori di casa, cit., p. 270. Larticolo usc il 30
giugno 1948 sul Corriere della Sera.
65
Id., Odradek [1959], in Id., Auto da f, cit., p. 124. Si tratta della recensione, apparsa il
7 agosto 1959 sul Corriere della Sera, al volume di Elmire Zolle Eclissi dellintellettuale.
66
Id., Le magnifiche sorti [1959], in Id., Auto da f, cit., p. 230. Larticolo fu pubblicato il
9 maggio 1959 sul Corriere della Sera.
312 Eleonora Cardinale
Il problema sorto dai mass media, e che io mi guardo bene dal negare, aperto e
sar uno dei problemi massimi del futuro. Oggi esso si pone cos: dato che non
si pu eliminare questo mostro dalle cento teste (pubblicit, bourrage des crnes,
automatismo di uomini che si credono liberi, sostituzione del segno al linguag-
gio, fabbricazione intensiva di nuovi bisogni sempre pi inutili, avvelenamento
progressivo per mezzo di stupefacenti pseudo-culturali che si assorbono senza
rendersene conto) sar possibile disintossicare il mostro rendendolo meno offen-
sivo?69
La risposta, a oggi, non pu che essere negativa. Che cosa quindi accade
alle arti? Anchesse inevitabilmente subiscono un processo di industrializza-
zione, lopera darte diviene merce, un oggetto che deve essere venduto, con-
sumato in breve tempo, per poi passare rapidamente a un nuovo oggetto:
Quando la cultura di massa avr raggiunto le sue mete ogni prodotto darte
assumer definitivamente la natura delloggetto duso che si consuma e si
butta via70. Queste considerazioni montaliane di Niente paura ma, artico-
lo apparso sul Corriere della Sera il 25 luglio 1961, si incontrano di nuovo
nello stesso anno nellarticolo dal titolo Salvarsi da soli, dove il poeta punta il
dito contro la cos detta fatticit di ogni arte71, destinata ormai alla ven-
dita, quindi anchessa soggetta alle leggi del marketing. Tutta unindustria cul-
turale si muove alle spalle dellarte, manovra il gusto del pubblico, del letto-
re, unindustria che sostiene unarte quale oggetto duso, standard, destina-
ta a tutti. vincente la cultura ridotta a gettone di juke-box72. Limmediata
67
Id., Gente in fuga [1953], in Id., Auto da f, cit., p. 152. Larticolo usc il 26 agosto 1953
sul Corriere della Sera. Cfr. anche Id., Soliloquio, in Corriere della Sera, 15 dicembre 1961,
poi raccolto in Auto da f.
68
Id., Le magnifiche sorti, cit., p. 226.
69
Id., Il mostro dalle cento teste [1962], in Id., Auto da f, cit., pp. 263-264.
70
Id., Niente paura ma[1961], in Id., Auto da f, cit., p. 245.
71
Id., Salvarsi da soli [1961], in Id., Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, cit., p. 2409.
72
Id., Le magnifiche sorti, cit., p. 230.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 313
Chi potr distinguere lintellettuale vero dal falso quando dilaga il fenomeno che
fu gi definito come anticonformismo di massa? Che larte e la letteratura da-
vanguardia formino oggi unindustria sempre meglio organizzata non ha pi
bisogno di dimostrazioni; daltra parte, come certi partiti politici ne finanziano
altri, avversi, per non essere scoperti a destra o a sinistra, cos lindustria cul-
turale dovr mantenere in piedi, oltrech lavanguardia, anche la retroguardia. E
da un lato o dallaltro chi fa professione di artista o di scrittore non potr sfuggi-
re dal vedersi considerato come un fornitore di merce75.
73
Id., Luomo alienato [1962], in Id., Auto da f, cit., p. 252. Larticolo usc sul Corriere
della Sera il 29 aprile 1962.
74
Id., Odradek, cit., p. 125.
75
Ivi, p. 126.
76
E. Montale, Le magnifiche sorti, cit., p. 229.
314 Eleonora Cardinale
Sul filo della corrente, apparso sul Corriere della Sera il 19 febbraio 1963.
Ancora pi incisivo risulta il ritratto che Montale lascia di s in Soliloquio,
dove si pone la domanda: Perch dovrei essere infelice di vivere in un tempo
che ha ucciso tante stolte superstizioni e che ancora (non so fino a quando)
mi permette di scrivere senza ricevere ordini dallalto, o dal basso? Ma anche
in questo caso egli sottolinea la necessit di uccidere le nuove superstizioni,
non meno funeste delle antiche77.
Montale, dunque, getta uno sguardo critico sulla societ degli anni
Cinquanta e Sessanta, comprendendo subito, con chiarezza, i radicali cam-
biamenti che si sono verificati in essa, nel mondo culturale di quegli anni.
Ecco, allora, come il poeta concluder larticolo Odradek: Vivere il proprio
tempo restando sullallarme tutto quello che pu fare oggi chi si fregi e
insieme si vergogni com giusto della screditata e controversa qualifica di
intellettuale78. Lintellettuale chiamato a rivestire un ruolo ben preciso,
non solo quindi deve restare sullallarme ma deve anche continuare a tenere
gli occhi aperti. Quello di tenere gli occhi aperti , in realt, un motivo ricor-
rente in questi scritti montaliani, linvito principale rivolto dal poeta agli
uomini del suo tempo e un monito continuo per gli uomini del futuro:
Vorrei solo scrive Montale in Niente paura ma non andasse del tutto
estinta la rara sottospecie degli uomini che tengono gli occhi aperti. Nella
nuova civilt visiva sono i pi minacciati79. Spetta proprio a lui, in primis,
tenere gli occhi aperti, non a caso infatti ha ben chiaro quale sia lo scopo della
sua scrittura come egli stesso rivela nellarticolo del 1963 dal titolo Terzo set-
tore: Scrivo sperando che qualcuno apra gli occhi. Sar unillusione mia, ma
penso che uno scrittore doggi non possa rinunziarvi senza tradire se stesso80.
Il poeta ligure, dunque, ha preso atto dei notevoli cambiamenti che sono
avvenuti in un paese come lItalia dal dopoguerra agli anni Sessanta, riflet-
tendo sulla civilt meccanica, sui mass media, sullarte ridotta a merce, e
soprattutto su quale ruolo lintellettuale deve ricoprire allinterno della
societ. Non un caso che la maggior parte degli articoli presi in esame siano
quelli che lo stesso poeta ha incluso in Auto da f, volume edito nel 1966 dalla
casa editrice Il Saggiatore a cavallo, quindi, tra La bufera e altro e Satura ,
il quale d una chiara immagine del pensiero montaliano, delle sue opinioni
sul mondo che lo circonda, non solo culturale. Si comprende, allora, meglio
come il Montale giornalista del Corriere della Sera non sia stato solo lau-
77
Id., Soliloquio, in Id., Auto da f, cit., p. 158.
78
Id., Odradek, cit., p. 127.
79
Id., Niente paura ma, cit., p. 248. Ne Le magnifiche sorti Montale scrive: Ci che in-
teressa, per ora, che non vada perduto il seme degli uomini che restano a occhi aperti e non
si lasciano schiacciare nella massicciata collettiva (Id., Le magnifiche sorti, cit., pp. 230-231).
80
Id., Terzo settore [1963], in Id., Auto da f, cit., p. 305.
Il secondo mestiere di Eugenio Montale 315
81
Id., I limoni, vv. 30-31, in Id., Ossi di seppia, Tutte le poesie, a cura di G. Zampa,
Mondadori, Milano 1984, p. 12.
DANIELA MANGIONE
Elzeviri e scrittura
1
Sui rapporti tra Marino Moretti e la Francia si veda il numero monografico Itinerari
europei di Marino Moretti (1885-1979) della Revue des tudes Italiennes, 48, n. 1-2, 2002.
Vi figurano due sezioni, una dedicata a Moretti e la Francia e una a Il Belgio e lOlanda. In par-
ticolare: P. Pacini, Marino Moretti a Montparnasse. Dalla Closerie des Lilas al Caf de Flore, pp.
27-40; M. Ricci, Marino Moretti e Juliette Bertrand amica e traduttrice. Prime indagini da un
carteggio (1923-1973), pp. 59-90 (per lelenco delle opere di Moretti tradotte in Francia si
veda ivi, p. 60, nota 2); R. Campagnoli, A-t-on jamais entendu parler de Miss Kathleen
Mowrer?: la ricezione di Moretti in Francia fino al 1930, pp. 49-58. Si veda eventualmente
anche D. Mangione, La scrittura estesa di Marino Moretti, in Atlante dei movimenti culturali
dellEmilia Romagna dallOttocento al Contemporaneo, tomo I, DallUnit alla Grande guerra, a
cura di P. Pieri e L. Weber, Clueb, Bologna 2010, pp. 237-252, note 10 e 12.
2
M. Moretti, Scrivere non necessario. Umori e segreti di un uomo qualunque, Mondadori,
Milano 1937, le cui prose erano precedentemente apparse nel Corriere della Sera, senza
regolarit: cfr. C. Toscani, Bibliografia in M. Moretti, In verso e in prosa, a cura di G.
Pampaloni, Mondadori, Milano 1979, p. 751.
3
Les Nouvelles Littraires, 7 maggio 1938: se ne legga la traduzione in P. Hazard, Les
Nouvelles Littraires del 1938. Umori e segreti duno scrittore, in La Fiera letteraria per Marino
Moretti, a cura di M. Ricci, con un saggio di G. Lopez, presentazione di R. Cremante, Clueb,
Bologna 2002, pp. 106-108.
318 Daniela Mangione
gnolo: Votre livre est dliceux! Je nose pas me lancer dans des formules
admiratives, parce que lobservateur perspicace et maliceux qui est en vous
me mettrait sur les rangs du gentile lettore. Mais laissez-moi vous dire au
moin une chose: la petite mlancolie qui perce dans vos pages est parfaite-
ment injustifie. Vous faites un beau mtier, et vous le faites au premier
rang4. La malinconia ingiustificata che Hazard coglieva era costitutiva
della scrittura di Moretti e si accompagnava ad un riserbo estremo e senza
compromessi.
Questi stessi tratti abitavano dunque gi da quasi un quindicennio la
Terza pagina del nostro maggior quotidiano5. Dal 1923 al 1953 regolari
comparvero gli elzeviri morettiani sul Corriere della Sera: lo abitarono gar-
batamente per poi migrare, dalla met degli anni Cinquanta in poi, verso
Il Resto del Carlino6.
4
Uno scrittore nel secolo. Marino Moretti. I libri e i manoscritti; i luoghi e gli amici. Catalogo
della mostra a cura di S. Santucci con un profilo critico-biografico a cura di M. Biondi,
Maggioli, Rimini 1983, p. 103.
5
Cfr. M. Moretti, La prima cartella (considerazioni duno scrittore invitato a collaborare al
nostro maggior quotidiano), in Tutti i ricordi, Mondadori, Milano 1962, p. 589.
6
Con Il Resto del Carlino Moretti collaborer con una certa assiduit dal 1955 ai primi
anni Settanta: cfr. anche M. Moretti-M. Valgimigli, Cartolinette oneste e modeste: corrispon-
denza (1935-1965), a cura di R. Greggi, S. Santucci; introduzione di R. Cremante, Ptron,
Bologna 2000, p. 261, nota 2. Le prose apparse su questo quotidiano non sono state tuttavia
raccolte in volume.
7
Preferiamo dire ha rappresentato, anzich dire che la prosa giornalistica di Moretti
rappresenta, a sottolineare sia lassenza di una letteratura che testimoni esaustivamente gli
interventi di Moretti sulle testate giornalistiche sia la relativa assenza di studi al proposito.
Difficile dire, dunque, che la scrittura giornalistica di Moretti possa oggi aiutare a ripercorre-
re un clima che pure ci fu e fu ben saldo, se non appunto in richiami di letteratura seconda-
ria, giacch risulta impossibile oggi leggere il complesso degli elzeviri dello scrittore. La rac-
colta di tutti gli articoli originali pubblicati dallo scrittore resta disponibile presso lArchivio
di Casa Moretti. Particolarmente complesso rintracciare la storia dei suoi soli articoli gior-
nalistici, data anche la prassi dellautore di pubblicare uno stesso pezzo con titoli diversi in dif-
ferenti testate (cfr. per esempio qui la nota 27 nel caso di La piada). Occorrerebbe dunque uno
spoglio attento degli elzeviri e la scrittura di una storia documentata e precisa al proposito.
Segnalo la tesi di laurea di Laura Ferrero, Marino Moretti e il Corriere della Sera (1923-
1954), a. a. 2003-2004, relatore prof. Franco Contorbia, segnalatami dalla dott.ssa Manuela
Ricci, custode attenta di Casa Moretti e che ringrazio.
8
Ci riferiamo qui, tra la mole abbondantissima della scrittura di Moretti, a quella per i
quotidiani, scartando ovviamente quella pubblicata su riviste.
Credi, i giornalisti rovinano tutto. Mario Moretti elzevirista 319
potuto per anni esistere in una certa Italia e l costituire scenari culturali sta-
bili della prima met del Novecento.
Fu nel 1923, dunque, che Marino Moretti, nellangolo della sua provin-
cia, nella sua defilata Cesenatico, ricevette la lettera di Luigi Albertini, diret-
tore del Corriere della Sera, che lo invitava a partecipare alla Terza pagina
del quotidiano milanese. Una lettera che Moretti orgoglioso consider come
una specie di diploma della vita9. Con lettera datata 21 luglio, scriveva il
direttore:
9
C. Toscani, Cronologia, in M. Moretti, In verso e in prosa, cit., p. XLIII.
10
Cfr. A. Baldini-M. Moretti, Carteggio, 1915-1962, a cura di E. Colombo, Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma 1997, p. 14.
11
M. Moretti, I puri di cuore, Mondadori, Milano 1923.
12
Era il maggio 1925; io mi trovavo per la prima volta a Parigi. Luigi Albertini, che non
conoscevo di persona, doveva sapere come la pensavo se mi chiedeva con urgenza di apporre
la firma a quel manifesto proponendomi, per non perdere tempo in caso di adesione, il s per
il telegramma. E io scrissi su un modulo: s: E.R. Papa, Storia di due manifesti. Il fascismo e la
cultura italiana, Feltrinelli, Milano 1958, pp. 117-18.
320 Daniela Mangione
Laccordo riguard poi non solo novelle ma anche commenti, prose, elze-
viri, saggi, articoli e considerazioni13, con un compenso tra le 500 e le 600
lire per pezzo, che sarebbe aumentato se le due colonne di rito si fossero
ridotte a una colonna e mezza14. Dal 1923 al 1953, dunque, Moretti entr
a fare parte della squadra del quotidiano milanese.
Non senza resistenza, tuttavia. Del 28 febbraio 1926 sono quattro faccia-
te di una lettera da Cesenatico ad Arnoldo Mondadori, dove Moretti rifiuta
di collaborare al Secolo perch intellettualmente stanco:
Voi siete troppo buono con me come con gli altri autori italiani; ma siete anche
troppo incalzante. Vorreste che gli autori lavorassero almeno come voi. E io inve-
ce, come vi dicevo nella lettera del 12, non avrei che una voglia: di smettere. E
finir davvero con lo smettere almeno di scrivere novelle per i quotidiani, fatica
barbara che consuma cervelli anche meno stanchi del mio. Per questo, caro
Arnoldo, io non firmerei un contratto che mi obbligasse a dare a un giornale
periodicamente la mia povera prosa. Io do solo quello che posso dare non senza
sforzo senza impegni. E do poco: da parecchio tempo riesco appena a pubbli-
care sul Corriere la solita novellina magra mensile e temo che in seguito dovr sal-
tar qualche mese. [] Ma, caro amico, lasciate che mi meravigli ancora una volta
dellaccanimento con cui mostrate di voler da me proprio ci che non mi riesce
di far bene: la novella giornalistica. Guardate: nel volume che vi ho consegnato
recentemente, Le capinere15, su diciassette novelle solo quattro o cinque sono
tolte dal Corriere, frutto duna cernita rigorosa; le altre son tutte di largo svilup-
po e furono pubblicate su riviste, comprese le vostre, che non lesinaron lo spa-
zio16.
Rappresentano cos una variante della sua ispirazione gli scritti che
Moretti invia al Corriere tra il 1928 e il 1930 dai suoi soggiorni fiammin-
13
C. Toscani, Cronologia, cit., p. XLIII.
14
Ibidem.
15
Le capinere. Novelle, Mondadori, Milano 1926, che raccoglie novelle gi pubblicate sul
Corriere e altre riviste (Il Secolo XX, Novella e Lettura): cfr. Uno scrittore nel secolo.
Marino Moretti. I libri e i manoscritti; i luoghi e gli amici, cit., pp. 87-88.
16
Uno scrittore nel secolo. Marino Moretti. I libri e i manoscritti; i luoghi e gli amici, cit.,
pp. 87-88.
Credi, i giornalisti rovinano tutto. Mario Moretti elzevirista 321
17
Gli elzeviri confluiranno poi in Fantasie olandesi, Treves, Milano 1932. Nel 1962 con lo
stesso titolo compariranno come sezione in Tutti i ricordi. Queste ultime Fantasie olandesi,
per, saranno dimezzate: da 22 capitoli a 11: cfr. S. Romagnoli, Marino Moretti pellegrino nelle
Fiandre, in Atti del Convegno su Marino Moretti, a cura di G. Calisesi, Il Saggiatore, Milano
1977, pp. 76-88.
18
S. Romagnoli, Marino Moretti pellegrino nelle Fiandre, cit., p. 78.
19
M. Moretti, Passaggio della Schelda, in Id., Tutti i ricordi, cit., p. 479.
20
Ivi, pp. 479-482.
21
Id., La passerella, ivi, pp. 483-87.
322 Daniela Mangione
Il Cardozz
Non sono i panni dellintellettuale engag quelli adatti a Moretti; ed egli in-
terpreta cos lelzeviro in maniera cristallina, tutta e solo letteraria. Le sue scrit-
ture non mancano tuttavia a volte di suscitare reazioni loro malgrado. Un arti-
colo uscito il 13 settembre 1929 sul Corriere della Sera intitolato Carducci,
anzi Cardozz, suscita le reazioni vivaci dellapparato fascista. Non si perdon a
Moretti di avere sottolineato lanticlericalismo di Carducci: ma anche, forse, di
avere contribuito a demolire uno dei monumenti dellItalia del tempo, e di
averlo fatto con un candore e una leggerezza prive di qualsiasi cura dei miti na-
zionali, compiendo una sorta di impudico atto di disvelamento delleroe, cadu-
to, anzi decadentemente disfattosi, a terra: limmagine oscena di un Cardozz
leone ammansito, con un po di criniera dolorosa che esce tra gli scialli:
Io son nato e cresciuto quando lastro carducciano era poco meno che il sole o
era il sole e pi del sole, perch rimasto per non so quanto tempo allo zenit.
Pareva allora che questo fosse lultimo grande poeta e non ce ne dovessero essere
pi. Se qualcuno avesse osato fare il nome degli altri due che gli venivano dietro,
apriti cielo! []
Il Carducci lo avevo visto due volte, a quindici e a sedici anni, e non mi aveva
fatto una grande impressione []. La prima volta io avevo visto il poeta al mio
paese seduto al tavolino dun caffeuccio, chera anche spaccio di Sali e Tabacchi,
chera sotto sotto bottega di generi diversi, e da allora si chiam Bar Carducci.
[] Gli avevano offerto vini robusti, come piacciono a noi, come forse piaceva-
no a lui. Gli avevano offerto il brodetto, la famosa zuppa di pesce che non si pu
mangiar che da noi, perch noi siamo orgogliosi del nostro pesce, e ci rifiutiamo
di credere che ci sia altrove uno sgombro, una seppia, una triglia col nostro sapo-
re. Credo che il tosco-romagnolo Carducci, anzi Cardozz, fosse di questo parere
e che i miei concittadini gliene fossero grati come dellinno a Satana []
Rividi il Carducci uno o due anni dopo a Cesena. Come pareva ammansito allora il
leone! Come usciva misero e quasi doloroso di tra gli scialli quel po di criniera!
Abbandonato sui cuscini dellautomobile di unospitale contessa, pareva non avesse
pi conoscenza e si lasciasse scarrozzare dalla dama in quel nuovo veicolo senza nulla
sapere e vedere di queste prime novit del secolo. Lautomobile sera fermata dinanzi
a un caff che aveva i soliti tavolini affollati sul marciapiede, nuova folla richiamava la
macchina ferma, ragazzi e donnette rispondevano alla parola dordine: Cardozz. []
Confuso in quella piccola folla che stava godendosi non si sa quale spettacolo io tene-
vo gli occhi fissi su quel vecchino immobile, su quellavanzo duna creatura umana
che aveva tanto vissuto, sofferto, amato, odiato e cantato il suo odio e il suo amore, e
non potevo credere che la vita fosse cos crudele coi grandi. Non potevo credere che
ci fosse tramonto senza gloria per tutti: anche per questi Dei vulnerabili.
22
Corriere della Sera, 13 settembre 1929.
23
Corriere della Sera, 25 settembre 1929.
24
Si veda P. Palmieri, Marino Moretti tra le Carte di Romagna, Studi e problemi di cri-
tica testuale, 24, 1982, pp. 335-340.
324 Daniela Mangione
Si tratta ovviamente di reazioni mai cercate, da parte di Moretti, che non ama
affatto la militanza; n accetta di buon grado che la scrittura narrativa si adatti alla
richiesta del mondo. La novella fra quella colonna e mezzo continua a stare ine-
sorabilmente stretta, e suscita quasi il sarcasmo dellautore verso se stesso:
Una novella duna colonna e mezzo (si badi, non di pi!) cosa, mio Dio, di cos
poco momento che non varrebbe davvero la pena di sudarci sopra quattro cami-
cie dopo aver sudato addirittura sangue a raccoglierne il primo vagito. Una novel-
la, o esce armata dal cervello di Giove o facciamo a meno della novella, vero?26
Le prose uscite sul Corriere fra il 1936 e il 1941 poi raccolte in parte in
Pane in desco, contenuto in Tutti i ricordi 31, iniziano a mettere gradualmente
25
La santa Milizia, 9 novembre 1929. Cfr. P. Palmieri, Marino Moretti tra le Carte di
Romagna, cit., p. 339.
26
M. Moretti, La prima cartella (considerazioni duno scrittore invitato a collaborare al nostro
maggior quotidiano), cit., p. 589.
27
M. Moretti, La piada, Corriere della Sera, 30 dicembre 1934, poi rielaborato in Il
Trebbo, giugno 1942, quindi diventato Merenda a San Mauro nel Corriere dinformazione,
16-17 febbraio 1948, e poi La piadina nel 1954 in Cinquanta novelle; e ancora parte di
Merenda a San Mauro in Il libro dei miei amici; infine in Tutti i ricordi, cit: cfr. A. Baldini-M.
Moretti, Carteggio, 1915-1962, cit., lettera del 7 aprile 1948, nota 1, pp. 223-24.
28
M. Moretti, Todos caballeros, in Id., I grilli di Pazzo Pazzi, Mondadori, Milano 1951, p. 110.
29
Id., Corriere della Sera, 15 settembre 1927; poi in Tutti i ricordi, cit., pp. 303-311.
Filippo De Pisis commenta il 17 settembre 1927 la prosa di memoria pubblicata nel
Corriere: Caro Marino Scavezzo hai scritto cosa mirabile, una gemma che dovrebbe far
risplendere il sudicio giornale di luce purissima: Uno scrittore nel secolo. Marino Moretti. I
libri e i manoscritti; i luoghi e gli amici, cit., p. 89.
30
Cfr. M. Moretti-A. Palazzeschi, Carteggio. III. 1940-1962, a cura di F. Serra, Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma 2000, lettera del 6 novembre 1955, p. 127; Carteggio. IV, a cura di
L. Diafani, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2001, lettera del 18 gennaio 1966, p. 220.
31
M. Moretti, Pane in desco, in Tutti i ricordi, cit., pp. 705-801: questa raccolta unisce
scritti del libro omonimo uscito nel 1941 e di Lodore del pane, uscito lanno seguente per
Credi, i giornalisti rovinano tutto. Mario Moretti elzevirista 325
E un giorno mi bast vedere attaccato alla riva di levante, non lungi dal ponte
girevole, un barcone del mio paese, uno di quei barconi che partono a mezza-
notte col carico di sabbia, di fieno, di pomodori o danguria e ritornano con legna
e carbone, un trabccolo come ne ho sempre avuti davanti alla porta della mia
casa, perch il castello della finzione precipitasse con gran fracasso dentro di me.
Invecchiarsi per amor di quieto vivere, ritirarsi dalla lotta perch i tuoi rivali sono
pi giovani forti, animosi, adulati e incoraggiati di te, godere favori che non ti
spettano, anzi un intero eliso, ebbene, da vigliacchi. Non ti vergogni? Se non
sai fare altro mestiere (lo so che non sai nemmeno attaccare un bottone, battere
un chiodo) continua almeno a esercitare il tuo, con coraggio, finch ci sar qual-
cuno che, trascurando lingegno, ti lodi almeno per lonest, per esserti final-
mente deciso ad aprir la porta della tua casa e ad aprir tutte le porte: quella del
tuo cuore, quella del tuo intelletto, perfino quella che come un sipario da tea-
tro di burattini della vagheggiata, sottile ironia32.
Prose di guerra
Marucelliana di Brescia. Quasi tutti gli scritti scelti dalle due operette uscirono come elzevi-
ri nel Corriere della sera dal 36 al 41: ivi, p. 1150.
32
Id., Ozio a Zara, in Tutti i ricordi, cit., p. 739.
33
Id., Alloro per Sergio, Corriere della Sera 19 dicembre 1942, poi in Tutti i ricordi, cit.,
pp. 1013-1020.
34
Id., Dieci aprile: Alfredo Panzini, Corriere della Sera, 10 aprile 1940, poi Il mio amico
Panzini in Lodore del pane, Morcelliana, Brescia 1942.
35
Id., I grilli di Pazzo Pazzi, Mondadori, Milano 1951.
326 Daniela Mangione
Pur sempre miti e volutamente appartati, gli elzeviri non passano inav-
vertiti. Ricevono commenti di intellettuali e amici, sono materiali di scambio
e dialogo39. Le tagliatelle, apparso sul Corriere il 6 novembre 1948, vince il
Premio Bagutta-Agnesi nellanno successivo, e gli viene richiesto da
Prezzolini dagli Stati Uniti, che gli scrive dopo anni di silenzio: Caro
Moretti, non mi sono fatto vivo per anni, e ti scrivo per chiederti un favore!
unazione riprovevole, e che ho rimproverato ad altri []. Vorrei leggere
larticolo tuo premiato sulla Pasta Asciutta40. Loccasione varr a riaprire la
corrispondenza fra i due: ti ringrazio per il fastidio che ti sei preso invian-
domi larticolo sulle tagliatelle []. Inoltre son contento che ci sia stata loc-
casione di riavvicinarci per lettera41. Le tagliatelle costituisce un esempio
di amalgama che, con la celebrazione della quotidianit italica (aspetto che
tuttavia meno interessava Moretti, che giudic il titolo dato allelzeviro vero
36
Id., Jeep, Corriere della Sera, 16 marzo 1946, poi in Tutti i ricordi, cit., pp. 805-809.
37
M. Moretti, Tavolino senza cassetti, Corriere della sera, 7 agosto 1948, poi con il tito-
lo variato senza cassetto in I grilli di Pazzo Pazzi, cit., pp. 68-72.
38
M. Moretti, Tavolino senza cassetto, in I grilli di Pazzo Pazzi, cit., pp. 68-69.
39
Si veda anche lo scambio epistolare iniziato con Don Giuseppe De Luca, fondatore delle
Edizioni di Storia e Letteratura, in occasione delluscita di un elzeviro morettiano, Incontro col
penitenziere, Corriere della Sera dei primi di dicembre 1938, al quale De Luca con pseudo-
nimo di Don Petronio aveva replicato su LAvvenire pochi giorni dopo, il 10 dicembre: cfr.
G. De Luca, Lettere a Marino Moretti, Nuova Antologia, aprile 1964, pp. 471-494 e A.
Baldini-M. Moretti, Carteggio, 1915-1962, cit., pp. 107-08, nota 1.
40
M. Moretti-G. Prezzolini, Carteggio, 1920-1977, a cura di M. Ferrario, Edizioni di
Storia e Letteratura, Roma-Lugano 1995, lettera del 18 febbraio 1949, p. 37.
41
Ivi, lettera del 9 aprile 1949, p. 38.
Credi, i giornalisti rovinano tutto. Mario Moretti elzevirista 327
La cucina aveva ormai una storia. Gente strana di tutti i continenti era passata di
qui, qui aveva dormito, qui sera sentita a casa sua, qui aveva sorriso e punzec-
chiato le donne del luogo []. In un primo tempo qui avevano dormito sette
soldati canadesi [] Poi eran venuti gli altri, sempre con sigarette, sempre con
roba da tenere in bocca []. La porta di strada era aperta a tutte le ore del gior-
no e della notte o, per dir meglio, non cera. Si diceva lavessero presa i tedeschi
per far saltare il ponte vicino. [] Non sempre erano bene accetti, ma almeno
nessuno dessi recava scritto sulla piastra del cinturone: Dio con noi. []
Restava il tagliere. [] E cos pare che quando c il tagliere, c tutto. Questo
almeno pensa la donna che, senza muoversi dal natio loco, ha fatto conoscere le
sue taiadli (tagliatelle) al nuovo mondo, allaltra met della terra. []
Dunque, nella nostra cucina fu preparato questo buon cibo che noi ci ostiniamo
ancora a chiamare minestra; fu preparato per la prima volta dopo la guerra per
un fanciullone di canadese o daustraliano e di neozelandese alto, mettiamo, due
metri. Non sapeva di che si trattasse. [] E cos luomo dellaltro capo del
mondo stava a vedere come si faceva il buco nel mucchio di fior di farina quasi a
simulare una valletta fra monti di neve, e come vi si versavano dentro le uova
rotte luno col guscio dellaltro, e come a poco a poco la materia collosa si rasso-
dava, e come le mani vigorose impastassero con laccortezza via via delle pause
nelle quali il coltelluccio raschiava il tagliere []. E lo straniero alto due metri e
che pareva un selvaggio seguiva sbigottito la rapida preparazione del pasto di noi
selvaggi e poi guardava alla sua destra la collinetta di parmigiano grattato e da
questaltra parte il tegame dellintingolo sfrigolava, e si chiedeva corrucciato che
imbroglio di piatto nazionale era mai quello [].
E cos, forse, da quella volta, da quando cio era stato divorato nella mia cucina
un gran piatto di tagliatelle, si udivano nel corridoio a tutte le ore voci e passi
candidamente militareschi []43.
Ai Canti della cucina era dedicata una sezione del Giardino dei frutti 44,
raccolta poetica del 1916, e La cucina loda mia madre vi compariva come liri-
ca in cui le stoviglie parlavano, alter ego in versi di questo tagliere che qui
determina e vivacizza il destino e la destinazione di questa stanza alla fine
della guerra.
Fra i tratti pi marcati dellelzeviro morettiano , del resto, proprio la con-
tinuit stretta con la sua scrittura poetica e narrativa larla dei Puri di
cuore, le cucine dei suoi romanzi, la piada e il testo 45 delle sue poesie sono gli
42
M. Moretti-M. Valgimigli, Cartolinette oneste e modeste, cit., lettera del 2 maggio 1952,
p. 26.
43
M. Moretti, Le tagliatelle, in Id., I grilli di Pazzo Pazzi, cit., pp. 33-37.
44
Id., Il giardino dei frutti, Ricciardi, Napoli 1916.
45
Anche un televisore, / il testo della piada / limmagine pi rozza del patrono, / e un
miagolo / e infine anchio ci sono. Strano, ci sono anchio (M. Moretti, La casa dove sono
328 Daniela Mangione
Io vedevo dunque la foglietta stampigliata in verde sui muri e il modesto mnito che
la seguiva Votate ledera in contrasto con le tonitruanti espressioni duna propa-
ganda che aveva laria di prendere per il colletto il povero elettore e portarlo in cabi-
na come nella camera della tortura a suon di megafono [] Ma s, edera, ti voter,
ti voter, molto volentieri ti voter, mia cara ederella. Croci, falci, martelli, spighe di
grano, libercoli, stelle, alabarde son certo bellissimi simboli, ma si ricollegano allidea
del martirio, della potenza, della sapienza, della fatica umana del travaglio delluomo
e della terra, mentre tu, mite ederella, non puoi esprimere che la persistenza del sen-
timento, la relativa stabilit dellamore, della fede promessa, del patto giurato. []
Ma s, edera, ti voter, ti voter: molto volentieri ti voter, mia cara ederella. E non
solo perch il Pascoli ti ha cantato e perch mio padre ti ha portato allocchiello e per-
ch di tutti i simboli che ci offrono oggi manifesti e fogli volanti sei il pi gentile e il
pi puro, ma anche perch rechi in tanta incertezza qualche speranza, qualche pro-
messa, qualche insegnamento per la realt di domani48.
nato, da Diario senza le date, in Id., In versi e in prosa, cit., p. 191). Il testo una superficie piat-
ta per la cottura, la teglia rotonda di terra su cui si cuoce il pane che si fa da soli, la piada
(M. Moretti, Merenda a San Mauro, in Il libro dei miei amici, cit., p. 19): una volta in terra-
cotta, ora di metallo.
46
Id., Corriere della Sera, 15 giugno 1946, poi in Tutti i ricordi, cit., p. 1151.
47
Id., Note, in Tutti i ricordi, cit., p. 1151.
48
Id., Ledera, in Tutti i ricordi, cit., p. 1140.
Credi, i giornalisti rovinano tutto. Mario Moretti elzevirista 329
Mi disse una volta Marino Moretti, che era entrato al Corriere della sera con
Albertini, e cera restato come elzevirista una trentina danni, dando al giornale
tantissime pagine tra narrativa e memorialistica, e con regolarissima scansione, da
cui uscirono libri importanti: Forse anchio per il Corriere ho scritto troppo;
che voleva significare: mi sono in qualche modo frantumato e disperso54.
49
M. Moretti-M. Valgimigli, Cartolinette oneste e modeste, cit., lettera del 18 maggio 1957,
p. 148.
50
Ivi, lettera del 22 maggio 1954, p. 69.
51
Ivi, lettera del 18 dicembre 1957, p. 165.
52
Ivi, lettera del 20 dicembre 1957, p. 166.
53
Ivi, lettera del 24 aprile 1948, p. 182.
54
C. Marabini, Letteratura bastarda. Giornalismo, narrativa e terza pagina, Milano,
Camunia, 1995, p. 143. Osserva poi Marabini riflettendo sui contraddittori rapporti fra scrit-
330 Daniela Mangione
Virginia ancora una volta ha capito: [] che cio un solenne console di Pietro
preferisce talora la povert di una chiesa di campagna allo stesso suo trono e una
sola vecchina a unimmensa folla di fedeli che si pigia tra le navate duna grande
basilica, in travolgenti ondate di musica palestriniana, nel rapimento della litur-
gia donde loro e le gemme traggono i riflessi della loro pi sfavillante sommis-
sione alla gloria di Dio59.
tori e Terza pagina: Comisso si ribella, Moravia stabilisce campi separati, Buzzati sta nel gior-
nale come un pesce nella sua acqua, Moretti recrimina con qualche malinconia: ivi, p. 143.
55
Cfr. E. Panunzio, I grilli di Pazzo Pazzi, in La Fiera letteraria per Marino Moretti, a
cura di M. Ricci, cit., p. 49.
56
Cfr. O. Vergani, Moretti sconosciuto, ivi, p. 120.
57
Per note sulla situazione editoriale mi permetto di rimandare anche a D. Mangione, La
scrittura estesa di Marino Moretti, cit., pp. 237-38.
58
J. Meletti, Ai giornali serve la cultura per interpretare la cronaca, Repubblica, 13 mag-
gio 2004, p. 7.
59
M. Moretti, La mucca nera, Corriere della Sera, 28 luglio 1943.
Credi, i giornalisti rovinano tutto. Mario Moretti elzevirista 331
60
Ibidem.
MARIA RIZZARELLI
Per definire i tratti del complesso, dinamico e lungo rapporto che Vittorini
ha intrattenuto col mondo dei giornali si offrono oggi due strade diverse, due
orizzonti opposti e complementari costituiti da un lato dal Diario in pubblico,
silloge dautore licenziata nel 1957, e dallaltro dai volumi Letteratura arte
societ, che raccolgono gli articoli e gli interventi pubblicati dallo scrittore nel-
larco del quarantennio della sua attivit (1926-1965)1. A prescindere dalla via
che si scelga di percorre ammesso che sia necessaria una scelta , entrambe le
raccolte appaiono indispensabili per comprendere il rapporto dialettico che
Vittorini ha intessuto con le pagine di periodici e quotidiani. Con Diario in
pubblico lo scrittore dimostrava, sin dallAvvertenza, di voler sganciare i suoi
articoli dal loro passato, e dunque dal contesto storico e culturale nel quale
erano nati, per farne unopera nuova e per offrirne una lettura tutta protesa sul
presente, dimostrando in tal modo lappartenenza solo contingente di quei testi
alluniverso effimero del giornale. Ad apertura del percorso costruito attraverso
il puzzle dei frammenti dispersi sulla stampa quotidiana, per precisare la
sovrapposizione di prospettive diacroniche differenti o forse ancora una volta
per porre laccento su una diversa quotidianit della scrittura presente che rileg-
ge e ricostruisce quella passata, Vittorini afferma:
1
Il primo volume (E. Vittorini, Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1926-1937, a
cura di R. Rodondi, Einaudi, Torino 1997) stato ripubblicato sempre da Einaudi nel 2008
insieme alla prima edizione del secondo (Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1938-
1965).
334 Maria Rizzarelli
Questo libro stato scritto tra lottobre del 1929 e il maggio del 1957; giorno per
giorno si pu dire, anche se a intermittenze spesso di mesi e talora di anni; com-
posto per tre quarti di testi apparsi su riviste e giornali, e per circa un quarto di
inediti coi quali ho voluto intervenire una seconda volta su taluni degli argomenti
trattati. Ma il libro ha preso la fisionomia che ha solo a partire dallautunno del
55, e cio da quando mi sono applicato a compilarlo, e a raccogliere tutti gli
scritti di occasione intellettuale che ho pubblicato in questi trentanni, a sce-
gliere tra essi quelli che ancora mi interessavano da quelli che (cos almeno come
sono) non mi interessavano pi, a scegliere infine in essi i passaggi che m parso
restassero in qualche modo attuali e potessero perci completarsi lun laltro,
lungo il filo delle date, sino a trovare una loro ragione dinsieme e una loro unit2.
2
E. Vittorini, Avvertenza a Diario in pubblico (1957), Bompiani, Milano 1999, p. 2.
3
R. Rodondi, Il presente vince sempre. Tre studi su Vittorini, Sellerio, Palermo 1985, p. 233.
In questa sede non possibile seguire loperazione di selezione e ricomposizione messa in atto
da Vittorini nel Diario in pubblico, per la quale si rimanda allaccurata analisi della Rodondi,
ivi, pp. 233-336. Sulla dimensione creativa del Diario cfr. anche G. Vittori, Vittorini et la cra-
tion dans Diario in pubblico, in Elio Vittorini la mcanique des ides, la force de la posie, etu-
des runies par D. Ferraris et V. DOrlando, numro spcial di Chroniques italiennes, a.
XXIII, nn. 79-80, 2007, pp. 137-168.
4
Ivi, p. 301.
5
Perch scelta, montaggio, coordinamento una vera operazione di regia fan s che il
passato acquisisca i modi del presente (A. Panicali, Elio Vittorini. La narrativa, la saggistica, le
traduzioni, le riviste, lattivit editoriale, Mursia, Milano 1994, p. 304).
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 335
Confesso ancora che pubblicato il mio primo articolo o scritto che si dica
sul numero dello scorso dicembre della Conquista dello Stato che non mai
tentato di pubblicare altro nella mia vita scorsa fino ad oggi che mai tenter di
altro pubblicare se non sulla Fiera o la Conquista appunto. Una volta tentai
s di fare un giornale qui a Siracusa ma non trovando in tutta la Sicilia un col-
laboratore che mi garbasse e non sorridendomi limmagine di avere a scrivere
io solo lintero giornale numero per numero, cos rinunziai alla gloria e mi chiu-
si in casa per tre mesi. Fu allora che mi presentai per lettera a Malaparte e che
ritornai alla luce consolato per via di costui10.
6
Su un primo giovanile progetto di silloge dei testi critici pubblicati sulle riviste ci infor-
ma la Rodondi nellIntroduzione a E. Vittorini, Letteratura arte societ. Articoli e interventi
1926-1937, cit., pp. XVII e ss.. A tal proposito risulta interessante anche la lettera di Vittorini
ad Einaudi del 3 luglio 1945, che propone alleditore, prima ancora delluscita del primo
numero del Politecnico, la pubblicazione periodica di un bollettino che raccolga i migliori
articoli apparsi sul settimanale (E. Vittorini, Gli anni del Politecnico. Lettere 1945-1951, a
cura di C. Minoia, Einaudi, Torino 1977, p. 8).
7
Sul senso e la dimensione quantitativa dellautocensura vittorinina cfr. R. Rodondi, Il
presente vince sempre, cit., p. 229.
8
Ora in E. Vittorini, Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1926-1937, cit., pp. 3-7.
9
Sulla formazione malapartiana e rondesca del giovane Vittorini cfr. A. Panicali, Il primo
Vittorini, Celuc, Milano 1974, pp. 3-52.
10
La lettera riportata dalla Rodondi nella nota allarticolo Lordine nostro, in E. Vittorini,
Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1926-1937, cit., p. 6.
336 Maria Rizzarelli
Sul finire degli anni Venti, grazie allaiuto di Malaparte, Vittorini rinun-
zia per il momento allidea di fare un giornale e, nellimpossibilit di
scriverne uno da solo numero per numero, avvia la collaborazione con
diversi periodici. Come lettore di professione11 frequenta la terza pagina de
Il Mattino e La Stampa (nel 1928 Malaparte era diventato caporedattore
del primo e del secondo, nel 1929 direttore). E sempre per via malapartiana
gli interventi dello scrittore approdano su La Fiera Letteraria (divenuta dal
numero del 7 aprile 1929 LItalia letteraria) di Falqui, su LItaliano di
Longanesi e su Il Resto del Carlino. Lautore di Conversazione in Sicilia
compie il proprio tirocinio come recensore di libri, di costume, di storia e di
politica12 in sostanziale sintonia con una parte importante dellintellighentia
del regime13. E in quel delicato passaggio di anni dal 1929 al 1931 sul piano
stilistico e formale si compie la conversione vittorinana dalla prosa rondesca
a quella solariana14. Con il trasferimento a Firenze Vittorini ha modo di fre-
quentare non soltanto le pagine ma anche le redazioni di riviste e quotidiani,
e quindi di fare esperienza della prassi del mondo della stampa periodica: nel
1929 diviene, infatti, segretario di redazione di Solaria e nel 1930 viene
assunto come correttore di bozze alla Nazione. Ma nellanno successivo
che si avvia la collaborazione che avr pi lungo corso, ovvero quella con Il
Bargello, il settimanale della Federazione provinciale fascista fiorentina, nelle
cui pagine Vittorini trova modo di esprimere il travaglio e le inquietudini
della propria passione politica e culturale, riservando invece a Solaria sol-
tanto racconti e articoli letterari15. Analizzando attentamente (come ha
fatto Raffaella Rodondi) lingente produzione pubblicistica vittoriniana
apparsa sulla testata del capoluogo toscano possibile seguire levoluzione
ideologica del giovane scrittore compiuta nellarco cronologico compreso fra
laprile del 1931 e il maggio del 1937. Da una prima fase, segnata da artico-
li e rubriche che pongono unattenzione privilegiata al territorio della lettera-
tura e ai linguaggi confinanti (Settimanale dei libri e Settimanale dei films) e
da rari interventi extraletterari che mostrano la massima fiducia nellessenza
rivoluzionaria (anticapitalista e antiborghese) del regime16, si passa a un
periodo (1934-1936) in cui si registra un forte incremento dei testi a valen-
11
A. Panicali, Elio Vittorini, cit., p. 35.
12
Ivi, p. 41.
13
Cfr. a tal proposito anche A. Andreini, La ragione letteraria. Saggio sul giovane Vittorini,
Nistri Lischi, Pisa 1929, p. 23.
14
Cfr. A. Panicali, Elio Vittorini, cit. pp. 51-71. A tal proposito cfr. anche E. Catalano, La
forma della coscienza. Lideologia letteraria del primo Vittorini, Dedalo, Bari 1977, pp. 7-24 e A.
Di Grado, Il silenzio delle Madri. Vittorini da Conversazione in Sicilia al Sempione, Prisma,
Catania 1980, pp. 9-24.
15
Ivi, p. 53.
16
R. Rodondi, Introduzione, cit., p. XXVIII.
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 337
Scadenza a mezzanotte
Per entrare nel merito delle esperienze fondamentali che segnano la pro-
duzione pubblicistica vittoriniana, bene indugiare ancora sullo snodo fon-
damentale della fine degli anni Trenta e dei primi anni Quaranta, perch
nella sovrapposizione della riflessione teorica (consegnata ad articoli pubbli-
cati nellultimo anno di collaborazione sul Bargello) e dellesperienza prati-
17
Ivi, p. XXIX.
18
Ivi, p. XXXII.
19
Id., Nota al testo (con qualche osservazione sui testi), in E. Vittorini, Letteratura arte
societ. Articoli e interventi 1938-1965, cit., p. XIX.
338 Maria Rizzarelli
20
E. Vittorini, Cultura e divulgazioni anticulturali, in Il Bargello, 24 gennaio 1937, ora
in Id., Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1926-1937, cit., p. 1032. Il precedente arti-
colo della serie Polemica per la cultura era apparso il 17 gennaio, a cui faranno seguito gli inter-
venti del 31 gennaio, del 14 febbraio e del 7 marzo.
21
Ci piace citare il titolo di un convegno tenutosi a Catania nel 2002, che ha costituito
una significativa occasione di riflessione sui rapporti fra letteratura e giornalismo: cfr. F.
Gioviale (a cura di), La parola quotidiana: itinerari di confine tra letteratura e giornalismo, Atti
del Convegno, Catania 6-8 maggio 2002, Firenze, Olschki, 2004.
22
A. Berardinelli, Il mito della realt. Giornalismo e letteratura, in Id., Leroe che pensa.
Disavventure dellimpegno, Einaudi, Torino 1997, p. 63.
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 339
Nessuno di noi sapeva allora bene che cosa fosse e che cosa dovesse fare un redat-
tore capo. Non certo Vittorini, a cui non venne in mente di poter dire di no,
anche se non poteva lavorare di notte ed essere al bancone quando un redattore
capo ci sta. Ma erano tempi quelli [] nei quali se avessimo detto a Vittorini che
bisognava condurre un tram, la cosa gli sarebbe sembrata quasi naturale, comun-
que gli sarebbe parso impossibile [] non farlo. [] Ricordo come allora
lUnit di Milano uscisse in una vecchia tipografia dalle macchine logore che
facevano s che limmagine posta vicino alla testata vivesse quasi soltanto della
didascalia. Il giorno che pubblicammo la fotografia del matrimonio di un gappi-
23
E. Vittorini, Diagnosi del giornalismo, in Il Bargello, 14 marzo 1937, ora in Id.,
Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1926-1937, cit., p. 1068.
24
Ivi, p. 1070.
340 Maria Rizzarelli
sta, ne usc una macchia nera, quasi simile alla fotografia del giorno prima o del
giorno dopo che voleva rappresentare una fucilazione. Vittorini doveva scrivere
quelle didascalie. Quasi tutta la sua giornata era tormentata da quel pensiero, era
come se ricercasse un verso che qualche volta non riusciva a piacergli. E non tro-
vava strano (o forse lo trovava, ma non poteva farne a meno) di lasciarci, quasi
fuggendo la sera, con un biglietto in cui stava scritto aggiustatelo voi, io non ho
trovato le parole. E poi il giorno dopo a spiegarmi che per lui una didascalia non
era come per un altro giornalista, come per uno di noi che non era neppure gior-
nalista: soltanto un paio di righe, sotto unimmagine spesso incomprensibile 25.
Nel tentativo di nobilitare i lampi al magnesio che, neri sul nero della
cronaca del quotidiano affogano nella contingenza dellattualit, Vittorini
si scontra con limpossibilit di star dietro alle urgenze di una parola che
scade alla mezzanotte. questa probabilmente la motivazione per cui le-
sperienza alla redazione dellUnit pu dirsi esaurita nel giro di pochi mesi.
Lo stesso scrittore, raccontando anni dopo quel periodo in una lettera a
Hemingway, confesser il disagio e lincapacit di adeguarsi alle condizioni di
scrittura del giornale:
25
G.C. Pajetta, Anche un militante, in Il Ponte, a. XXIX, nn. 7-8, luglio-agosto 1973,
ora riportato in una nota dalla Rodondi in E. Vittorini, Letteratura arte societ. Articoli e inter-
venti 1938-1965, cit., p. 209.
26
E. Vittorini, Lettera a Ernest Hemingway (8 marzo 1949), in Id., Gli anni del
Politecnico, cit., p. 227.
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 341
durata. Quel che certo che non pu definirsi in alcun modo unesperien-
za di scrittura privata perch, almeno per quel che riguarda la fase settimana-
le, Il Politecnico rappresenta uno straordinario esperimento di lavoro di
squadra. E sin dal primo numero27, e con una certa gradualit in quelli suc-
cessivi28, alla redazione formata da Franco Calamandrei, Franco Fortini, Vito
Pandolfi (e per la grafica e limpaginazione Albe Steiner), Vittorini vorrebbe
affiancare una rete di collaboratori non professionisti costituita dal pubblico
dei lettori. Nelleditoriale del quinto numero (27 ottobre 1945), provando a
dare attuazione al progetto di Una nuova cultura (delineato nel famoso pezzo
programmatico della rivista) che sappia farsi societ, nella consapevolezza che
occuparsi del pane e del lavoro ancora occuparsi dellanima29, si legge:
27
Nel primo numero, pubblicato il 29 settembre 1945, si legge un appello ai lettori, che
verr riproposto e modificato gradualmente nei numeri successivi: Abbiamo bisogno della tua
opinione. Hai letto questo numero del POLITECNICO, ed ora ti chiediamo. Quale arti-
colo ti piaciuto di pi? Quale di meno? Quale argomento vorresti veder trattato? Quale arti-
colo ti parso poco chiaro? Perch? Quali idee, suggerimenti, proposte, consigli hai da darci?
Scrivici: Viale Tunisia 29 Milano. Le tue idee ci sono necessarie.
28
A. Panicali, Elio Vittorini, cit., p. 208.
29
E. Vittorini, Una nuova cultura, in Il Politecnico, 29 settembre 1945, ora in Id.,
Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1938-1965, cit., p. 236.
342 Maria Rizzarelli
Caro Steiner
vedi di fare un cambiamento alla 2a e alla 4a per fare entrare tutta la Corsica
(magari con qualche taglio) e non trascinarcela dietro un altro numero.
Proporrei: 1) di abbassare un po laltezza del romanzo di Hemingway, 2) ripor-
tare larticolo sul giornalismo su due colonne soltanto []; 5) far continuare la
Corsica, dalla 2a pagina alla 4a cos: []32.
30
A. Panicali, Elio Vittorini, cit., p. 209.
31
E. Vittorini, Lettera al padre (26 ottobre 1945), in Id., Gli anni del Politecnico, cit.,
p. 28.
32
Id., Lettera a Albe Steiner (dicembre 1945), ivi p. 37.
33
M. Zancan, Il progetto Politecnico, Marsilio, Venezia 1984, p. 201.
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 343
A me non importava nulla del valore estetico o illustrativo che la fotografia pote-
va avere singolarmente, ciascuna di per s. [] Il valore, il tipo, la qualit inten-
devo determinarli per mio conto, ricostruendoli in rapporto al testo che illustra-
vo considerato unitariamente, tutto intero il libro lAmericana e numero per
numero, con un continuo ammicco allinsieme dei numeri, il Politecnico.
Per quali vie cercavo di determinarli? Per delle vie affini a quelle seguite dal regi-
sta nel cinematografo. Era nellaccostamento tra le foto anche le pi disparate chio
riottenevo o tentavo di riottenere un valore pi o meno estetico [] nellacco-
stamento tra le foto; nel riverbero di cui una foto si illuminava da unaltra (modi-
ficando perci il proprio senso e il senso dellaltra, delle altre); nelle frasi narrati-
ve cui giungevo (bene o male) con ogni gruppo di foto, in correlazione sempre al
testo35.
34
Su questo ci si permette di rimandare a M. Rizzarelli, Postfazione alla ristampa anastati-
ca di E. Vittorini, Conversazione in Sicilia (Milano, Bompiani, 1953), Milano, Rizzoli, 2007,
pp. V-XIX.
35
E. Vittorini, La foto strizza locchio alla pagina, in Cinema nuovo, a. III, n. 33, 15 apri-
le 1954, ora in Id., Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1938-1965, cit., pp. 701-702.
36
Cfr. C. Bertelli, La fedelt incostante, in Storia dItalia. Annali 2. Limmagine fotografica
1845-1945, a cura di C. Bertelli e G. Bollati, tomo I, Einaudi, Torino 1979, pp. 186-192.
37
M. Zancan, Elio Vittorini: il progetto narrativo da Il Politecnico a I Gettoni, in Il bel-
paese, n. 6, 1987, p. 349.
38
Si tratta dei foto-racconti Italia senza tempo, in Il Politecnico, n. 28, 6 aprile 1946;
Occhio su Milano, ivi, n. 29, 1 maggio 1946; Andiamo in processione, ivi, n. 35, gennaio-marzo
344 Maria Rizzarelli
li e didascalie sono per la maggior parte scritti dalla penna del direttore, che
sceglie con cura ogni parola, come aveva tentato di fare da redattore capo
dellUnit, anche per quelle immagini solo per avventura fotografiche
che illustravano le pagine del giornale clandestino.
Nel dialogo che si instaura fra immagine e testo viene rovesciato luso tradizio-
nale dellillustrazione, giacch n la foto n lo scritto spiegano, delimitano o
hanno un aspetto semplicemente decorativo. Piuttosto luno e laltro, vicende-
volmente, interpretano e portano alla luce ragioni in pi, rispetto a quelle della
sola scrittura o della sola fotografia39.
1947; Kafka City, ivi, n. 37, ottobre 1947. Per il rapporto fra Vittorini e Crocenzi sul
Politecnico cfr. A. Giusa, Elio Vittorini e Luigi Crocenzi, Il Politecnico e il racconto foto-
grafico, in M. Rizzarelli (a cura di), Elio Vittorini. Conversazione illustrata. Catalogo della
mostra, Siracusa, Ex Convento del Ritiro 30 giugno 10 luglio 2006/Catania, Ex monastero
dei Benedettini 7-14 maggio 2007, Bonanno, Acireale-Roma 2007, pp. 75-86.
39
A. Panicali, Elio Vittorini, cit., p. 211.
40
E. Vittorini, Lettera a Giacomo Debenedetti (5 novembre 1947), Id., Gli anni del
Politecnico, cit., p. 142. Cfr. anche le altre lettere precedenti inviate a vari destinatari tutte
segnate dalla preoccupazione di trovare collaborazioni, articoli, lettori per far continuare a
vivere la rivista (ivi, pp. 84-144).
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 345
La gente non crede che un piccolo libro di niente, non utile, non pratico, non di
guida a qualcosa, ma di pure parole, di versi, possa anche essere un fatto umano
grandissimo e contare molto, moltissimo nel tempo. Si pu dirlo e dirlo loro.
Ehi, voi! Vedete questo libercolo? Cento pagine, cinquanta poesie, alcune
migliaia di parole. Conta pi di tanti fatti che vi sono stati raccontati sui giorna-
li da un anno, da due anni, da molti anni a questa parte [].
Ecco come le cose stanno. Un fatto conta quando, in qualche modo, nuovo per
la coscienza delluomo. Solo in tal caso un fatto un vero fatto: se la coscienza
arricchisce, se alla lunga catena di significati della quale essa composta aggiun-
ge un significato nuovo. [] Una parola pu dare a un fatto non nuovo un signi-
ficato nuovo. Anche de per se stessa una parola pu essere significato. La parola
pu essere fatto 43.
41
A. Panicali, Elio Vittorini, cit., p. 324.
42
Cfr. E. Vittorini, Siamo indiani nelle riserve, in Il Giorno, 28 ottobre 1964, ora in Id.,
Letteratura arte societ. Articoli e interventi 1938-1965, cit., p. 1069.
43
Id., La parole come fatti, in Tempo, 25 gennaio 1940, ora ivi, p. 83.
44
Il rapporto fra letteratura e politica, oggetto di una vastissima bibliografia, percorre lin-
tera riflessione vittoriniana. A titolo esemplificativo delle contraddizioni e delle difficolt che
346 Maria Rizzarelli
Tu hai ragione per largomento, riconoscerai, fluido, muta, per via dei fatti
e delle opinioni che lo toccano, quasi ogni giorno e io non posso far finta che
invece sia fermo45.
La vera risposta a questi eventi sar Diario in pubblico 46, cos come di
fronte alla guerra dAlgeria le parole di Vittorini non saranno consegnate a un
articolo, ma ancora una volta a una rivista. O meglio a un progetto di rivista
internazionale attorno al quale lavorano dal 1960 al 1966 tre gruppi di intel-
lettuali: uno italiano, uno tedesco e uno francese47. Ma Gulliver questo
doveva essere il titolo non vedr mai la luce, se non in un numero zero
esposto nella vetrina del Menab del 1964 dopo il fallito tentativo di far
uscire la prima puntata. Leditoriale firmato da Vittorini, dopo una analisi
delle ragioni del fallimento (ovvero lincapacit di superare le divergenze fra
i gruppi e allinterno di essi), mette un punto fermo sulla volont di trovare
anche faticosamente unit oltre le differenze, perch attraverso tale unit,
raggiunta nella rinuncia alla certezza tranquillizzante delle affinit e alla
vecchia struttura di gruppo nazionale48, potrebbe passare lappello allusci-
ta dallisolamento, che lobiettivo principale della rivista e limplicita solle-
citazione degli eventi da cui nato il progetto.
nascono dal confronto fra le due sfere ci piace citare lultimo intervento pubblico dello scrit-
tore: Oggi tutti rifiutiamo il concetto velleitario di impegno qual stato divulgato da Jean-
Paul Sartre. Per resta il fatto che un opera sempre oggettivamente impegnata, e cio ha sem-
pre un significato politico e una funzione chessa prende di per s stessa, indipendentemente
dalla volont dello scrittore. E allora resta augurabile che lo scrittore cerchi di controllare le
forze che condizionano il senso del suo lavoro []. Questo a mio giudizio il solo impegno
soggettivo possibile: paradossalmente una specie di contro-impegno (Id., Perch si scrive,
intervista radiofonica per LApprodo, registrata il 15 e trasmessa il 22 giugno 1965, ora ivi,
pp. 112-1113).
45
Lettera riportata dalla Rodondi nella nota a E. Vittorini, Per la libert degli ungheresi,
LEspresso, 18 novembre 1956, ivi, p. 761.
46
Cfr. R. Rodondi, Il presente vince sempre, cit., pp. 303-318.
47
Fra gli scrittori italiani oltre a Vittorini collaborano alle varie fasi di progettazione anche
Leonetti, Pasolini e Moravia, tra quelli francesi Blanchot e Barthes, fra quelli tedeschi
Enzensberger, Johnson e la Bachmann. Non avendo lo spazio per ulteriori precisazioni e per
ogni dettaglio relativo a questultima avventura pubblicistica vittoriniana si rimanda a A.
Panicali (a cura di), Gulliver. Progetto di una rivista internazionale, in Riga, n. 21, 2003.
48
E. Vittorini, Premessa a Il Menab, n. 7, 1964, ora in Id., Letteratura arte societ.
Articoli e interventi 1938-1965, cit., p. 209.
Parole solo per avventura quotidiane. Vittorini pubblicista 347
Qui il segno fermo; non ovvio pur se con fondi gi noti, gi risaputi; oscuro e
leggibile a un tempo; incerto e tuttavia nitido; figura di unimprefigurabile comu-
nanza necessaria; preambolo a ogni metarivista futura49.
49
Ibidem.
50
Id., Credo nelle novit formali, in Il Giorno, 4 marzo 1964, ora ivi, p. 1035.
CLELIA MARTIGNONI
Guido Piovene:
il complicato laboratorio del giornalismo
1
Cfr. gli Atti del convegno vicentino del maggio 2007, Guido Piovene nel centenario della
nascita, a cura di Fernando Bandini, Accademia Olimpica, Vicenza 2009; e gli Atti del conve-
gno di Venezia e Padova (gennaio 2008) Viaggi e paesaggi di Guido Piovene, a cura di Enza Del
Tedesco e Alberto Zava, Fabrizio Serra editore, Pisa-Roma 2009.
2
Per usare la nota formula di Ruggero Zangrandi, posta a titolo del suo libro, edito da
Feltrinelli nel 1962 (una prima, ben pi esigua, edizione era uscita nel 1947 per Einaudi, tito-
lo Il lungo viaggio). Zangrandi, amico e sodale in giovinezza di Vittorio Mussolini, era un espo-
nente del fascismo di sinistra spostatosi gradualmente su aperte posizioni di dissenso, con la
creazione nel 1939 di un Partito socialista rivoluzionario, con larresto (1942) e il carcere tra
Roma e Berlino (1942-1945). Nel 1962 il libro di Zangrandi (allora commentatore politico
di Paese Sera) suon come un pesante atto daccusa contro le responsabilit anche educati-
ve di molti intellettuali compromessi con il fascismo. Cfr. infra, n. 6, per la bibliografia in
merito.
350 Clelia Martignoni
3
G. Piovene, Opere narrative, a cura di C. Martignoni, Prefazione di E. Bettiza,
Mondadori, Milano 1976, voll. 2.
4
S. Mazzer, Guido Piovene, una biografia letteraria, Metauro Edizioni, Fossombrone 1999,
pp. 122-173.
5
G. Piovene, Il lettore controverso. Scritti di letteratura, a cura di G. Maccari, Aragno,
Torino 2009 (con ricca antologia di testi 1926-1974).
Guido Piovene: il complicato laboratorio del giornalismo 351
Ecco dunque che con lavvento al Corriere si apre laccesso alla prima
testata di grande peso nazionale. Di qui il cammino di Piovene sicuro e
tranquillo: sino al 1952 sul Corriere; dal 1953 al maggio 1974 sulla
Stampa; nel 1974, lanno della morte, al fianco di Montanelli, Bettiza e
altri, tra i fondatori del Giornale che esce in giugno (a Piovene assegnata
la responsabilit della parte letteraria-artistica).
6
La vicenda complessa, e in qualche passaggio ancora misteriosa, del rapporto con
Colorni stata ricostruita con lucida intelligenza e con documentazione inedita da Sandro
Gerbi in Tempi di malafede. Una storia italiana tra fascismo e dopoguerra. Guido Piovene ed
Eugenio Colorni, Einaudi, Torino 1999. I tre pezzetti del 1931, di capzioso antisemitismo
(Risposta agli antisemiti, 12 maggio, in margine a opere di Moravia, Loria, Grego; Europeismo
e semitismo, I giugno; Conclusione sugli ebrei, 9 giugno) sono analizzati da Gerbi alle pp. 69-
78, insieme con altri malevoli ritrattini anti-ebraici contenuti nella rubrica Biglietto del matti-
no (ib., pp. 79-81), e pi in generale con la condiscendenza al fascismo mostrata negli scritti
dellAmbrosiano (pp. 82-87; pp. 102-109). La serie Biglietti del mattino ora riproposta da
Sandro Gerbi (Aragno, Torino 2010). Sul rapporto con Colorni, cfr. gi Renato Camurri, Il
lungo viaggio di Guido Piovene nellItalia fascista, in Guido Piovene tra idoli e ragione, Atti di
un convegno vicentino del 1993, a cura di S. Strazzabosco, Marsilio, Venezia 1996.
7
Tempi di malafede, cit., p. 109. Risale ad allora la tessera del partito, su interessamento
del direttore Aldo Borelli.
8
Cfr. Tempi di malafede, cit., pp. 110-115.
9
Ivi, pp. 118-121.
10
Ivi, pp. 122-131. Il testo di Piovene opportunamente riportato alle pp. 291-293.
Segnalo anche qui, come gi in un mio precedente lavoro (I cinquantanni del Viaggio in Ita-
lia di Guido Piovene, La Modernit letteraria, I, 2008, pp. 175-187, cui rimando), che la
recensione di Piovene si legge ora nellantologia curata da Franco Contorbia, Giornalismo ita-
liano 1901-1939, vol. II, pp. 1672-1675 (Mondadori, Milano 2007). Nella Prefazione (p.
XXXII), Contorbia la considera uno degli episodi pi francamente abietti della stampa del
regime.
352 Clelia Martignoni
11
Anche qui, cfr. Tempi di malafede, pp. 230 e sgg. (ma anche p. 126 e p. 78).
Aggiungiamo per completezza che la linea di autodifesa, ingegnosa e sottile, ma sin troppo
capziosa, adottata nella Coda di paglia in poche parole la seguente: Piovene si sottrae allac-
cusa di fede delusa (nel fascismo), ma sostiene, lui esperto da sempre delle logiche gesuiti-
che della dissimulazione e della diplomazia interiore, la complicata partita dello sdoppia-
mento e della divisione delle parti: al consenso ideologico-politico adottato sui giornali,
pedaggio da pagare per la sopravvivenza, si oppone la parte pulita dellattivit narrativa e
inventiva, carica infatti di mostri e ossessioni (cfr. su ci, lo scritto di Camurri, in Guido
Piovene tra idoli e ragione, cit, pp. 148-153; e il mio Per un profilo del Piovene narratore. Il siste-
ma dellambiguit, in Guido Piovene. Tra realt e visione, a cura di M. Rizzante, Universit di
Trento, 2002 (Atti della giornata di studi di Trento del maggio 1999), pp. 73-88.
12
Per cui si rinvia ancora al libro di Gerbi (cfr. n. 6); ma anche, per una disamina del
problema correlato alla fisionomia del narratore Piovene, alle nostre osservazioni nellappena
cit. Per un profilo di Piovene narratore. Il sistema dellambiguit, in Guido Piovene. Tra realt e
visione.
Guido Piovene: il complicato laboratorio del giornalismo 353
circa ventennali ai due grandi giornali suddetti (con il seguito esiguo, poich
troncato dalla morte, del Giornale).
Mi sembra opportuno specificare ora sia pure brevemente una serie di dati
ed elementi, anche attingendo (e rinviando) a miei lavori precedenti, per ten-
tare di avvicinarmi in qualche modo al cuore del problema.
13
Come illustrano analiticamente le Note introduttive alle varie opere narrative incluse nel
Meridiano del 1976. Gli anticipi in giornale di stralci dai romanzi riguardano quasi tutte le
opere, ma in particolare Le Furie, per la protratta e problematica elaborazione.
354 Clelia Martignoni
14
Milano, Garzanti. Sullopera, cfr. I. Crotti, De America: la visione rifratta, in Guido
Piovene. Tra realt e visione, cit., pp. 107-139. Della Crotti, si veda anche Piovene viaggiatore
della scrittura: Viaggio in Italia, in Guido Piovene tra idoli e ragione, cit., pp. 269-287.
15
Sul Viaggio in Italia, per ogni dato e approfondimento, rimando al mio recente saggio
sulla Modernit letteraria, 2008, cit.
Guido Piovene: il complicato laboratorio del giornalismo 355
Tornando alle pagine del Viaggio in Italia, a proposito del confronto con
la nuova realt post-bellica e con i nuovi strumenti di comunicazione cultu-
16
Cfr. a proposito la ricostruzione avantestuale fornita nella Nota introduttiva a Le Furie
(in Opere narrative, cit., t. II, pp. 245-251).
17
Sul rapporto narrazione-saggismo, rinvio alle considerazioni complessive di R. Ricorda
in Guido Piovene tra narrativa e saggistica, in Guido Piovene. Tra realt e visione, cit., Trento,
2002.
18
Opere narrative, cit., pp. 275-281.
356 Clelia Martignoni
rale, mi piace aggiungere per affinit che poco dopo, tra il 1961 e il 1962,
Piovene con il vecchio amico e per alcuni versi affine Mario Soldati (entram-
bi narratori ma anche viaggiatori e giornalisti; entrambi colti e raffinati;
entrambi cattolici di educazione gesuitica; entrambi dotati di qualit specia-
li, persino tortuose, per linvestigazione morale) si ciment in una originale
pubblicazione a dispense distribuite in edicola e nate in margine al grande
evento nazionale che fu Italia 61, la celebrazione del centenario dellunit.
Oggetto dellopera: un panorama del costume contemporaneo; titolo: Chi
siamo. Album di famiglia degli italiani. Molti elementi avvicinano loperazio-
ne alle fortunate trasmissioni-inchieste televisive di Soldati stesso, come il
Viaggio nella valle del Po alla ricerca di cibi genuini (1956-1957) e il successi-
vo Chi legge (1960). Lopera del 1957 con il suo rivolgersi agli ascoltatori Rai
e ai lettori dei giornali, le dispense del 1961-1962 (al fianco del vulcanico ed
estroso Soldati, anche uomo di cinema), con la ricerca di un nuovo pubblico
e di una nuova distribuzione, attestano la sensibilit mediatica e comunicati-
va e il gusto del rischio di Piovene. Viene da pensare che Piovene non si sareb-
be sottratto a maggiori e pi innovativi contatti con il pubblico e ad altre
sfide se non fossero intervenuti nel suo percorso complessivo le scottanti rive-
lazioni antisemite e le spinose polemiche del 1962-1963.
tutto al Viaggio in Italia, forse il pi acuto e compatto dei suoi libri di viag-
gio), Piovene assegna per ragioni di educazione e per istinto il ruolo prima-
rio alla ricerca del fascino estetico dei luoghi, tra la resa dei paesaggi (di cui
straordinario ritrattista) e il rilievo degli aspetti artistici, aggiungendo inoltre
le sue capacit di sintesi e lettura urbanistica, gi sottolineate da Renato
Cevese19. Piovene scrupoloso anche nel registrare e commentare i caratteri
socio-economici dei paesi che visita, e aspetti cruciali come lo sviluppo indu-
striale, le potenzialit, le risorse, i rischi.
Nellinsieme, da questa convergenza di fattori, si disegna la diagnosi com-
plessiva del luogo: il genius loci, dove si combinano, in mescolanze oculate e
varie tanti elementi: storia, cultura, indagine psicologica, arte, paesaggio,
consapevolezza sociale e delle risorse umane. Piovene si interroga molto sulla
natura morfologica e storico-culturale del paese; e altrettanto sullindole
profonda e sulle inclinazioni, sui temperamenti, sulle attitudini, sulla storia
dei suoi abitanti, rintracciando differenze, somiglianze, connessioni, opposi-
zioni.
Come si anticipava, e come si desidera sottolineare con chiarezza, lintel-
ligenza dello scrittore lavora soprattutto sulle comparazioni, esplicite o impli-
cite, che agiscono per affinit o per contrasto.
19
Cfr. R. Cevese, Il viaggio in Italia: architettura, urbanistica, deturpazioni, in Guido
Piovene tra idoli e ragione, cit, Venezia, 1996, pp. 173-156.
20
Primo tra tutti, il gi citato viaggio americano del 1950-1951; poi il triennio di quello
italiano (1953-1956).
21
Non si pu tacere della comparsa anche a titolo della miracolosa primavera dei mughet-
ti (simbolo dellamore con Mimy, candido, e vittorioso contro lassedio degli antichi fantasmi,
come si racconter con parole bellissime nelle Furie): Molti mughetti, poco pane, questa prima-
vera a Parigi, 11 maggio 1947.
358 Clelia Martignoni
zie e analisi di carattere politico. Il prodotto finale del libro si proporr come
(cito dalla Prefazione) una cronaca della vita francese durante la Quarta
Repubblica tra i problemi e le speranze della ricostruzione post-bellica, guar-
data dal punto di vista privilegiato della borghesia, con la consueta compre-
senza di pi livelli: dalla letteratura allarte alla vita teatrale alla mondanit
alle sapienti descrizioni naturali, ambientali, paesistiche, allanalisi politica e
alla riflessione di costume e di stile di vita 22.
Percorrendo la nostra Cronologia costruita sulla base degli spogli giornali-
stici, risulta che il viaggiatore Piovene in alcune pause del viaggio italiano fu
in Brasile (ottobre 1954) e a Londra (estate 1955). Tra dicembre 1965 e feb-
braio 1966 si colloca una permanenza nellAmerica del Sud, testimoniata
dalle corrispondenze della Stampa recentemente rimesse in circolazione da
Sandro Gerbi23; cos come nella primavera del 1966 un itinerario nel vicino
Oriente (Istanbul, Gerusalemme, Petra, Damasco, Beirut) fruttifica reporta-
ges sulla Stampa, e nello stesso anno il libro mondadoriano dal bel titolo
dantesco La gente che perd Ierusalemme. I viaggi europei dellestate 1969 e
1970, insieme con altri materiali, producono nel 1973 LEuropa semilibera.
Ma se le prose di viaggio costituiscono senzaltro nel loro intrecciato
dosaggio di elementi una zona particolarmente risolta del talento giornalisti-
co di Piovene, non minore sia la qualit formale sia la densit di contenuti
che si sprigionano da altre pagine nate sui giornali e finite in volumi eccel-
lenti: come la silloge Idoli e ragione, uscita postuma (1975) ma pensata e
organizzata dallautore. Gi il titolo esprime la conflittualit permanente che
connota Piovene. Il libro costruito sobriamente per ordine cronologico
(1953-1973), evocando la misura del diario, con mobile avvicendarsi di
memorie e riflessioni personali e culturali, di paesaggi, di analisi di luoghi e
figure familiari, di letture e incontri. Nonostante la natura evidentemente
frammentaria legata al genere, gli esiti sono molto alti, e la scrittura tersa e
sottile, apparentabile a quella delle esperienze maggiori (per ampi tratti, gli
ultimi due romanzi, e molte delle pagine di viaggio, a partire dal Viaggio in
Italia). Al diario, Piovene si riferisce esplicitamente nella Premessa che nel giro
di poche affilate pagine, commentando la struttura e le ragioni del libro
(fogli di diario che si susseguono e si incalzano, uno vicino allaltro senza
nemmeno cambiar pagina, uniti dallautore ma non da altra affinit), riaf-
fronta per lultima volta (la Premessa datata ottobre 1974, e la morte soprav-
viene a Londra il 12 novembre) anche il nodo cruciale dellambiguit e
delle ineliminabili, profonde, contraddizioni di colui che scrive.
22
Su Madame la France, cfr. il recente intervento di G. Romanelli, I paesaggi di Madame
la France di Guido Piovene, in Viaggi e paesaggi di Guido Piovene, cit. pp. 205-218.
23
Cfr. G. Piovene, In Argentina e Per. 1965-1966, Il Mulino, Bologna 2001.
BARBARA SILVIA ANGLANI
1
Un elenco non esaustivo delle testate sulle quali Campanile ha scritto comprende: 900,
LAmbrosiano, Il Corriere italiano, Il Corriere lombardo, Ecco, LEuropeo, La Fiera
Letteraria, La Gazzetta del Popolo, Il Giornale di Roma, LIdea nazionale,
LIllustrazione del popolo, La Lettura, Il Milione, La Nuova Antologia, Milano-Sera,
Orlando Paladino, Il Resto del Carlino, Ridotto, Il Sereno, Sipario, La Stampa, Il
Tempo, Il Travaso delle idee, La Tribuna, Video.
360 Barbara Silvia Anglani
tematiche per adeguarle alla testata con cui in quel momento si trovava a col-
laborare. E, in effetti, questo in parte vero; ma anche vero, daltro canto,
che in ogni testata, in ogni rubrica, Campanile porta la sua cifra personalis-
sima, consistente in una misura e in una eleganza senza tempo che lo hanno
reso amatissimo dagli affezionati lettori durante un arco di quasi cin-
quantanni.
impossibile, in questo contributo, analizzare compiutamente le colla-
borazioni di Campanile alle varie testate. Del resto, molte pagine vengono
alla luce soltanto in anni recenti, in seguito ad accurate indagini e a spogli
certosini di vecchie testate, poich il nostro autore spesso e volentieri si trin-
cer dietro pseudonimi o pubblic anonimamente, specialmente fino a
prima della Seconda Guerra Mondiale; e soltanto lo studio pi approfondito
della stampa degli anni Venti e Trenta consentir di individuare, magari
anche in luoghi dove la presenza di Campanile non stata ancora censita,
articoli nuovi a lui attribuibili. Ci limiteremo, perci, a una rassegna genera-
le delle principali testate e allindividuazione di alcuni tratti comuni che
Campanile conserva, qualsiasi siano i suoi committenti e i suoi lettori.
Benigno doveva perfino mangiare correggendo bozze, che nelle ore di punta sac-
cumulavano sul tavolo in tipografia. Man mano che le bozze umide coi relativi
originali piovevano sul tavolo con ritmo sempre pi febbrile, fra i tre correttori
cera una muta e segreta lotta a schivare i grossi malloppi, i lunghi articoli barbosi
in caratteri piccoli, le statistiche. Quando ne pioveva uno sul tavolo, tutti e tre i
correttori simmergevano nella lettura della propria bozza, ognuno deciso a non
licenziarla se prima qualcuno dei due colleghi non prendeva il malloppo4.
2
Stralci dello scritto comparvero sulla Nuova Antologia il 1 giugno 1942.
3
Si cita fra tutte Autoritratto, commedia autobiografica trasmessa alla Radio italiana il 6
novembre 1960 e pubblicata su Ridotto il 3 marzo 1984.
4
Citazione tratta dal dattiloscritto custodito dalla famiglia Campanile nellarchivio dello
scrittore, a Velletri.
Achille Campanile giornalista 361
5
Per una raccolta di articoli e vignette, si pu consultare La Roma del Travaso, a cura di
Guglielmo Guasta, Editalia, Roma 1973. Nel 1922 la testata poteva contare su una tiratura
settimanale di centomila copie.
6
La collaborazione di Achille Campanile al Travaso analizzata da Caterina De Caprio
nel volume Achille Campanile e lalea della scrittura, Liguori, Napoli 1989.
362 Barbara Silvia Anglani
7
Sul riuso, da parte di Campanile, di brani che transitano dal teatro al romanzo allarti-
colo di giornale, si veda in particolare C. Paletta, Ma che cos questo topic? Strategie del comico
in Achille Campanile, Versus, settembre-dicembre 1982.
8
Il giornalismo politico italiano ignoro quel che avvenga in questo campo allestero
lunica forma di mecenatismo che ancora esiste per gli scrittori. Mecenatismo nel senso
migliore: far lavorare gli artisti, mettendoli in grado di trarre dal proprio lavoro i mezzi di vita,
scriver Campanile nella prefazione al suo Battista al Giro dItalia, raccolto in volume nel 1932
per i tipi di Treves-Treccani-Tuminelli.
Achille Campanile giornalista 363
Lapprodo, nel 1932, alla Gazzetta del Popolo un passo importante per
lo scrittore. Il quotidiano torinese, diretto da Ermanno Amicucci, ha tiratu-
re altissime; allineato sulla politica mussoliniana, si propone come cassa di
risonanza delle presunte conquiste del regime. La collaborazione di
Campanile, non sempre firmata, si avverte in numerose pagine, a partire dalla
rubrica Fuorisacco (compilata evidentemente da mani di volta in volta diver-
se, tra le quali anche quelle del nostro autore) per giungere alla cronaca mon-
dana o a quella sportiva.
La collaborazione diventa pi assidua in primavera, in occasione del Giro
dItalia: evento popolarissimo, che Campanile segue quale reporter deccezio-
ne per la Gazzetta del Popolo. Le sue cronache non sostituiscono, ma si
affiancano a quelle ufficiali dei giornalisti non umoristi; e Campanile
costretto a inventare nuove situazioni nelle quali dare spazio allumorismo
nellambito di una cornice, la competizione ciclistica, di per s non facile.
Non sono infatti numerosissime le situazioni che potrebbero, in teoria, dar
luogo alla comicit (cadute, scivoloni, brutte figure) avendo come protago-
nisti personaggi non impegnati in dialoghi ma esclusivamente in azioni ripe-
titive (pedalare e pedalare). Campanile ricorre quindi a uno schema collau-
dato, quello del viaggiatore e dellinserviente che lo accompagna facendogli
da spalla: parzialmente ricalcando il Phileas Phogg del Giro del mondo in
ottanta giorni accompagnato dal fido Passepartout9, concede molto spazio alla
figura del suo cameriere, Battista, a tal punto che, quando decider di racco-
gliere in volume il rportage, lo intitoler significativamente Battista al Giro
dItalia 10.
9
Campanile stesso, in uno scritto molto pi tardo, a proposito della sua cronaca del 1932
ricorda la figura delleroe di Verne: Del Giro dItalia e di quello di Francia, da noi, durante la
prima fase, non soccupavano che pochi fanatici. Erano i tempi eroici, forse i pi belli, di que-
ste due memorabili competizioni. I corridori, nelle grevi maglie accollate con maniche lunghe,
mutandoni al polpaccio, calzettoni, occhialoni che nascondevano tutto il viso e berretto alla
Phileas Fogg, erano una cosa di mezzo tra Fantomas e gli esploratori polari (A. Campanile,
Al Giro come al Tour sempre fuori tempo massimo, LEuropeo, 16 luglio 1961).
10
Su questa raccolta, cfr in particolare L. Ciferri, Premessa a A. Campanile, Battista al Giro
dItalia, Edizioni La vita felice, Milano 1996, pp. 2-10. Secondo Ciferri, Battista lalter ego
del narratore, cui spetterebbero le battute di comicit involontaria e macchiettistica, mentre
lio narrante, corrispondente allautore, si ricaverebbe uno spazio per battute colte costruite
sulla cultura classica o sul nonsense.
364 Barbara Silvia Anglani
Sono le sette del mattino. Milano si sveglia piena di fervore nel pulviscolo doro
del sole, ma gi alla Fiaschetteria Toscana di Via Vettor Pisani la giornata piut-
tosto avanti: giganteschi ossi scarnificati, costole spezzate, femori sanguinolenti e
tibie infrante giacciono nei piatti, davanti a vigorosi giovani dalle maglie a vivaci
colori e dalle gambe nude11.
La descrizione, tra rabelesiano e pulp, del pasto degli atleti si chiude con
il fulmen in clausula che annulla lequivoco: non si tratta di una scena di bat-
taglia, ma della colazione dei campioni. Allinsegna di questo controcanto,
di questo stupore straniante, Campanile seguir tutte le tappe del Giro, tal-
volta concedendosi dei fuori pista come gite nei dintorni, racconti che
intercalano la cronaca, riflessioni che intessono la narrazione. In ogni tappa,
11
A. Campanile, Battista al Giro dItalia, in Id., Opere. Romanzi e scritti stravaganti 1932-
1974, Bompiani, Milano 1989, p. 11.
Achille Campanile giornalista 365
comunque, il focus sar dedicato allirrisione delle virt atletiche tanto soste-
nute e ricercate dal regime: conseguendo lo scopo di consegnare ai lettori
della Gazzetta una versione altra, diversa e smitizzante, dellevento spor-
tivo. Labilit di Campanile consiste nellutilizzare, per questo lavoro, il lessi-
co sportivo, depauperandolo delle mine superomistiche; ecco i cronisti, allog-
giati tutti in una pensione con un unico bagno al piano, impegnati in una
loro personalissima competizione:
12
Ivi, p. 62.
13
Soltanto per segnalare i contributi pi regolari, segnaliamo che nel 1934 Campanile
corrispondente mondano da Venezia per la Mostra del Cinema; fra il 1936 e il 1937 invia-
to in Sudamerica (come vediamo pi avanti); nel 1937 segue, sempre per la Gazzetta, il Giro
di Francia; nel 1940 estensore di alcune delle rubriche della serie Dove vissero, dedicata alle
dimore di grandi italiani del passato. Numerosissimi sono tuttavia anche gli articoli sparsi. Per
un loro parziale censimento, mi permetto di rinviare a B.S. Anglani, Giri di parole. Le Italie
del giornalista Achille Campanile (1922-1948), Manni, Lecce 2000.
14
Sulla tecnica di straniamento, cfr. in particolare U. Eco, Campanile: il comico come stra-
niamento, in Id., Tra menzogna e ironia, Bompiani, Milano 1998, pp. 53-97.
366 Barbara Silvia Anglani
Per molto tempo avevo creduto che i negri non possedessero un vero linguaggio,
ma si limitassero a emettere suoni gutturali senza alcun significato e si capissero
pi che altro a gesti. Daltronde, di che volete che parlino? Io credo che potreb-
bero fare benissimo a meno dun linguaggio15.
Sbarcano dal tunnel negri col colletto inamidato, la paglietta e il vestito blu.
Passano seri, composti. Vanno per affari. Qualcuno ha perfino una borsa davvo-
cato (ma voglio sperare che non sia avvocato). Rincasano. Quanta strada ha fatto
lo zio Tom, dal tempo della sua capanna! Questi hanno una casa, un impiego,
una famiglia. Tutti neri come loro. Perfino i ragazzini. Tra poco siederanno a
tavola, leggeranno il giornale (pensate un po), si faranno saltare sulle ginocchia
dei marmocchi fuligginosi come loro. Che strano! Un appartamento pieno di
bianco degli occhi16.
15
A. Campanile, Sosta a Dakar, Gazzetta del Popolo, 1 settembre 1936.
16
Id., Rio de Janeiro, Gazzetta del Popolo, 24 ottobre 1936.
Achille Campanile giornalista 367
17
Id., Il diario di Gino Cornab, Rizzoli, Milano 1942, p. 123.
18
Ivi, p. 153.
368 Barbara Silvia Anglani
lItalia delle madonne piangenti, alla ricerca di manifestazioni della fede popola-
re nei confronti di apparizioni, statue dai presunti poteri magici, sintomi (presun-
ti) del divino. Campanile viaggia e registra: questa volta non si dota di alcun alter
ego, ma decide di assumersi direttamente la responsabilit di quanto narra. Una
responsabilit che egli porta avanti fino a un certo punto. Locchio di Campanile
si ferma a descrivere momenti quotidiani di vita, i segni dellesistenza di tanti che,
in un Paese appena rifondato, ne costituiscono la ancora precaria identit:
dir di passaggio, bench questo non abbia niente a che fare coi miracoli, che il
trenino elettrico pareva unuccelliera di bambini i quali ogni giorno, per andare
a scuola a Voghera, fanno unora di viaggio allandata e unora al ritorno; e che
il trenino essendo in coincidenza con le ferrovie ma non con gli orari delle scuo-
le debbono partire alle 6 del mattino e a Voghera debbono aspettare unora
prima che comincino le lezioni19.
Angela Volpini una bambina qualunque di otto anni. [] tutti sono concordi
anche la maestra, sebbene gli studi della bimba, da che ella vede la Madonna,
vadano a rotoli, nel dire che molto intelligente e svelta. []
Come ha capito che era la Madonna? ho chiesto.
Domanda ingenua. Ma il padre si affretta a spiegare:
Lha riconosciuta: ci sono le statue nelle chiese, no? []
La visione s ripetuta dieci volte, a ogni 4 del mese e sempre alla stessa ora (le
14, che con lora legale diventano le 15)20.
Del viaggio, quello che gli interessa soprattutto sono le condizioni sociali
di unItalia appena uscita dalla guerra, con i segni delle bombe ancora vivi.
evidente, soprattutto quando si reca in Calabria e in Sicilia, che Campanile
scrive per un giornale del Nord, per lettori del Nord, e che offre loro locca-
sione di gettare uno sguardo sugli esotici paesaggi meridionali, popolati di
poveri, di mendicanti, di strade in pessimo stato quando non di mulattiere:
La mattina Mileto si sveglia prestissimo. Alle 5 gi tutta in piedi, uomini
e bestie, e sembra un villaggio africano21.
Se si considera che vide la luce sulla stampa prima che in volume, tra gli
altri, anche Cantilena allangolo della strada 22 (dove si raccolgono in volume
19
Id., Il giro dei miracoli, Milano, Milano-Sera editrice, 1949, p. 30.
20
Ivi, pp. 30-32.
21
Ivi, p. 140.
22
Id., Cantilena allangolo della strada, Treves-Treccani-Tumminelli, Milano-Roma 1933.
Achille Campanile giornalista 369
articoli apparsi nel corso del 1926 sulla Tribuna e sulla Stampa), caratte-
rizzato da una vena meditativa e malinconica, ci si rende conto di come il
mezzo giornalistico sia adoperato da Campanile per gli esperimenti pi diver-
si. Tratti di riflessione pessimistica non mancano, a partire dagli anni Venti,
in tutta la produzione campaniliana; anzi, si pu dire che essi si rarefacciano
con landar degli anni, quando il consumato mestiere di umorista in qualche
modo si interpone fra lespressione pi autentica della personalit campani-
liana e la pagina scritta.
Non bisogna dimenticare poi lesperienza di direttore del periodico satiri-
co Il Settebello, condotta (senza molta fortuna) in collaborazione con
Cesare Zavattini nel corso del 1938; un periodico allineato alla politica di
regime, anche se non espressamente politico, dove non si rinuncia a interve-
nire sullattualit (il 1938 lanno delle leggi razziali, della visita di Hitler in
Italia e di una alleanza sempre pi stretta fra Italia e Germania). Gi prima di
assumerne la direzione, Campanile figurava tra i collaboratori del
Settebello, avendovi pubblicato regolarmente brani pi tardi confluiti nel
postumo Vite degli uomini illustri 23 oppure nel Trattato delle barzellette 24.
23
Id., Vite degli uomini illustri, Rizzoli, Milano 1975.
24
Id., Trattato delle barzellette, in collaborazione con G. Bellavita, Rizzoli, Milano 1961.
25
Una raccolta degli articoli ora consultabile in A. Campanile, La televisione spiegata al
popolo, a cura di A. Grasso, con una nota di O. Del Buono, prefazione di I. Montanelli,
Bompiani, Milano 1989.
370 Barbara Silvia Anglani
Dal principio alla fine, nelle corsie di un ospedale; malate a letto, bacinelle, broc-
che, bende, recipienti vari, sala operatoria, medici e infermieri con la mascherina
bianca, carrelli, barelle, narcosi. Un personaggio era indicato semplicemente con
lappellativo il tumore al cervello. Spigolando fra le battute: mi fa un po male
la tibia, le mie costole vanno meglio [], lavarsi, sempre lavarsi, unaltra
bombola dossigeno, per favore! []. La scena madre s avuta nella sala opera-
toria: operazione di tumore al cervello, resa con la minuzia e il realismo dun
documentario. Qui battute molto pi incisive: bisturi!, pinze!, forbici!, col-
tello!, trapano!. C stata una trapanazione del cranio debitamente sonorizza-
ta, da far rimpiangere il dentista []. Episodi come questo fanno passare la
voglia di farsi trapanare il cranio e asportare pezzi dencefalo27.
26
A. Campanile, Il milione di abbonati e le mosche cocchiere, LEuropeo, 21 dicembre
1958, ora in Id., La televisione spiegata al popolo, cit., pp. 30-33.
27
A. Campanile, Attenzione al tele defunto con questi cervelli affettati, LEuropeo, 1 giu-
gno 1958, ora in Id., La televisione spiegata al popolo, cit., pp. 13-16.
ORETTA GUIDI
1
P. Levi, Conversazioni e interviste, 1963-1987, a cura di M. Belpoliti, Einaudi, Torino
1997.
2
Id., Opere II, a c. di M. Belpoliti, intr. di D. Del Giudice, Einaudi, Torino 1997, p. 1586.
Primo Levi giornalista 373
Stampa, occasionalmente prima del 1975, con maggior assiduit dopo que-
sta data.
La maggior parte degli articoli e dei saggi destinati a giornali o riviste
raccolta nei due volumi comprendenti pressoch lintera opera leviana, a cura
di Marco Belpoliti, pubblicati dalleditore Einaudi3. Come lo stesso curatore
afferma questa non si pu considerare una edizione filologica delle opere di
Primo Levi, per la quale sar necessario se lo si riterr opportuno proce-
dere un giorno allo studio dei manoscritti e dei dattiloscritti, che per ora,
salvo alcune eccezioni di cui si d qui conto, non sono disponibili agli stu-
diosi4. Ebbene, si far riferimento a questa edizione, facilmente consultabi-
le: nel primo volume sono raccolti sotto il titolo di Pagine sparse articoli,
saggi, elzeviri, ecc dal 1946 al 1980 (pp. 1109-1336); nel secondo volume
sotto il titolo di Pagine sparse sono raccolti gli scritti dal 1981 al 1987, lan-
no della morte (pp. 1157-1356), e sempre nel secondo volume troviamo
Laltrui mestiere, che, come si accennato, raggruppa saggi nati, come la pi
parte dei suoi interventi giornalistici, dalla collaborazione con il quotidiano
torinese La Stampa (pp. 631-853), frutto di un vagabondaggio culturale in
bilico tra curiosit scientifica e meditazione antropologica, con incursioni
originalissime nel campo della critica letteraria. I Racconti e saggi (vol. II. pp.
863-993) provengono anche essi, come ci dice Levi nella Premessa a pagina
859, dalla quasi assoluta fedelt alla Stampa, e si situano in un arco di
tempo che sfiora il quarto di secolo (allincirca gli ultimi venticinque anni
di vita): come gli scritti precedenti seguono in modo libero e dispersivo gli
interessi variegati di un uomo passato attraverso tante esperienze e, forse, in
modo pi netto mettono in risalto le qualit e gli umori di un moralista
misurato ed equilibrato. Lattualit, se pure in qualche misura si avverte,
rimane in ombra, per lasciare spazio ad un approccio che investe temi pi
intimi. Ununica raccomandazione ci viene dallautore: leggere, senza preten-
dere di cercare messaggi. Ma, in realt, senza toni oracolari, e sempre con iro-
nia, egli offre pagine di grande saggistica, tanto da essere definito un
Montaigne del Novecento (Ernesto Ferrero).
Com noto, La Stampa ci riporta alla dinastia degli Agnelli, e per la sua
storia e per linfluenza che ha esercitato nel campo giornalistico, politico ed
economico, stato, negli anni Sessanta, il secondo quotidiano italiano, dopo
il Corriere della sera. Il 25 gennaio 1948 muore il direttore Filippo Burzio
e Giulio De Benedetti diventa il nuovo direttore dal 1948 al 1968: con lui il
quotidiano torinese assume un carattere popolare, dedicando fra laltro atten-
zione alla politica estera occidentale e virando, in politica interna, verso il
3
Id., Opere I, a c. di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino 1997; Id., Opere II, a c. di M.
Belpoliti, Einaudi, Torino 1997. Le citazioni da articoli e saggi, salvo diversa indicazione,
fanno riferimento a questi due testi.
4
Id., Opere I, cit, p. LXX.
374 Oretta Guidi
centro-sinistra. Tra gli obiettivi che Vittorio Valletta pose a De Benedetti fon-
damentale era recuperare come lettori gli operai della Fiat, in gran parte
abbonati allUnit. Aumenta la schiera dei commentatori liberali e radica-
li, con firme di spicco quali Paolo Monelli, Corrado Alvaro, Virgilio Lilli,
Giovanni Artieri, Panfilo Gentile. Con lavvento di Gianni Agnelli alla presi-
denza Fiat il giornale oltrepass i limiti di diffusione del Nord-Ovest per
diventare testata nazionale, e continu ad avvalersi di celebri firme giornali-
stiche: Carlo Casalegno, Alessandro Galante Garrone, Luigi Firpo, Norberto
Bobbio; e con il direttore Ronchey collaborarono letterati di fama come Pio-
vene, Ceronetti, Arpino. Il processo di sprovincializzazione iniziato con De
Benedetti continu con i direttori che gli succedettero: Alberto Ronchey dal
1968 al 1973, Arrigo Levi dal 1973 al 1978, Giorgio Fattori dal 1978 al
1986, Gaetano Scardocchia dal 1986 al 1990. Dopo le polemiche e le incer-
tezze legate alla fine del fascismo, il quotidiano torinese recuper le proprie
tradizioni liberali e laiche, e continu a rappresentare gli interessi culturali ed
economici della borghesia piemontese, comprendente in senso lato i profes-
sionisti e gli operai specializzati della Fiat.
Linteresse nei confronti del Levi giornalista nasce da varie motivazioni:
innanzi tutto la capacit di analisi e di sintesi, che egli dimostra anche nel
limitato spazio dellarticolo breve, la chiarezza democratica della prosa, di
alto livello, curatissima, di impianto classico, attenta alla parola unica, preci-
sa, con una aggettivazione a dir poco fulminante, lironia sottile e penetran-
te con la quale alleggerisce anche i temi pi scottanti e drammatici, il rispet-
to verso il lettore, sempre chiamato in causa, perch Levi espone in modo
problematico le sue posizioni, dando la possibilit di arrivare alle conclusio-
ni, senza forzature di nessun genere. Da vero illuminista, da convinto razio-
nalista cerca sempre le cause ultime, profonde dei fatti, dei moti umani:
esemplare, a tal proposito, la sua posizione nei confronti del male incarnato
dal nazismo. Egli, di fronte allorrore e alla tragicit di violenze senza prece-
denti, ha cercato spiegazioni, motivazioni, ha guardato al fenomeno di cui era
stato testimone con curiosit, con lucidit intellettuale, con acutezza di
antropologo per tentare di scandagliare un abisso senza fine. Ha rifiutato la
risposta del male metafisico, consapevole che in tal modo si sarebbe accetta-
to come inevitabile quanto era accaduto in Germania: al contrario lo scopo
dellesistenza stato sviscerare, scrivere, rendere edotti i giovani del rischio
che tutto ci che avvenuto una volta si potrebbe ripetere, ma si pu e deve
evitare.
Lasciamo ora parlare lautore che nellarticolo Perch si scrive? 5, rispon-
dendo ad un ipotetico lettore, elenca i motivi che inducono alla scrittura: 1)
Perch se ne sente limpulso o il bisogno 2) Per divertire o per divertirsi 3)
5
Id., Opere II, pp. 659-662.
Primo Levi giornalista 375
Per insegnare qualcosa a qualcuno 4) Per migliorare il mondo 5) Per far cono-
scere le proprie idee 6) Per liberarsi da unangoscia 7) Per diventare famosi 8)
Per diventare ricchi 9) Per abitudine.
In Almanacco dei cronisti del Piemonte e Valle dAosta, 1984 6, pub-
blicato larticolo Omaggio al cronista ignoto, che, come il precedente, ha un
valore programmatico. Dopo avere tracciato il ritratto del cronista tipico con
divagazioni divertite e umoristiche e dopo avere ammesso che chiediamo
troppo al povero cronista, si concede, a titolo personale, qualche raccoman-
dazione. Sono consigli sempre validi e non solo per il semplice cronista, con-
sigli a cui, lui, Levi, ha tenuto fede per tutta la vita. Vediamo questo catalo-
go, che il caso di citare, almeno in parte:
Non dimentichi mai il potere che ha nelle mani: a differenza di quanto avveniva
in tempo fascista (quando il regime vietava di dar notizia dei suicidi e degli abor-
ti), il cronista doggi ha facolt discrezionali; poich non gli possibile racconta-
re tutto, scelga lessenziale, la notizia non effimera, non futile. Non lusinghi la
morbosit del lettore; lo tratti come un adulto responsabile, anche se non sempre
lo . Eviti le stramberie di stagione, dubbie e subito dimenticate. Non finga di
aver capito quello che non ha capito: inutile virgolettare i termini di cui non
conosce il significato, il lettore non ne ricaver che unimpressione di confusione
e di estraniamento. Se lo spazio glielo consente, non trascuri il risultato delle
puntate precedenti, specialmente per quanto riguarda la cronaca politica: non
tutti i lettori leggono il quotidiano quotidianamente, e non tutti hanno una
buona memoria. E soprattutto ricordi che per quasi tutti i cittadini venire sul
giornale sgradevole, nocivo o tragico: quanto scrivere pu ledere interessi legit-
timi, violare privatezze e ferire sensibilit; ma pu anche raddrizzare torti, con-
centrare lattenzione sulle questioni pi attuali. Dobbiamo in buona parte al cro-
nista ignoto se, a partire da una decina danni, lopinione pubblica si evoluta, e
se il cittadino percepisce oggi come suoi, in tutta la loro complessit ed articola-
zione, i problemi della droga, della degradazione urbana, della delinquenza orga-
nizzata. Una cronaca civile e matura ad un tempo specchio e fondamento di
una societ civile e matura7.
6
Ivi, pp. 1249-1250.
7
Ivi, p. 1250.
376 Oretta Guidi
8
Id., Ad ora incerta, (pp. 519-601), in Opere II, cit.; Altre poesie, settembre 1982-gennaio
1987, (pp. 605-628), in Opere II, cit.
Primo Levi giornalista 377
rare la fedelt al testo con la fluidit del linguaggio. Come al solito, ha avuto
piet del povero lettore9.
Leggendo la Piccola cosmogonia portatile di Queneau, ancora una volta, il
Levi difensore della chiarezza si vede costretto a cambiare idea di fronte ad
una storia delluniverso difficile, intraducibile, ricca di gergalismi, di bisticci
verbali, di bizzarrie di ogni tipo, eppure divertente e apprezzabile, perch
Queneau utilizza mirabilmente scienza e poesia, insomma fonde in un con-
tinuum omogeneo le troppo discusse due culture. Allora lui, Levi, conti-
nuer a scrivere in modo chiaro, mentre lo scrittore francese fa bene ad esse-
re oscuro.
Nella collaborazione di Primo Levi alla testata giornalistica La Stampa,
a Tuttolibri-Stampa, a Ha Keillah (rivista di cultura ebraica), pur nella
variet di temi legati allevento del giorno, o al dibattito in corso nel momen-
to, si nota la persistenza di alcuni argomenti, che sono stati al centro della sua
riflessione e meditazione, della sua ossessione personale; innanzi tutto egli ha
voluto: 1) testimoniare e ricordare alle nuove generazioni, anche alla luce di
nuove acquisizioni scritti, documenti le tragiche vicende dellolocausto 2)
chiarire, anche a se stesso, il senso del suo essere ebreo 3) combattere con fer-
mezza i pericolosi germi del negazionismo 4) opporsi ad ogni revisionismo
storico 5) mettere in guardia luomo dal rischio di un non controllato uso
della scienza e della tecnica. E poi numerose sono le pagine dedicate alle
memorie familiari, alle recensioni di romanzi e di film (spesso collegati ai suoi
interessi fantabiologici), alle prefazioni di romanzi o di traduzioni, ai saggi di
natura scientifica, spesso apologhi o fiabe con presenze di animali: insomma
accanto allattivit di scrittore corre parallela, di tono pi intimo, ma non
inferiore, quella di acuto osservatore della realt contemporanea. Per i lettori
il Levi giornalista stato un amico discreto, fermo, in grado di rendere acces-
sibili i grandi problemi dellumanit.
Stranamente, tuttavia, non troviamo trattati in modo diretto temi di
grande impatto morale e sociale, che negli anni Settanta e Ottanta divideva-
no e infiammavano lopinione pubblica: il divorzio, laborto, la questione
femminile. Comunque non difficile capire da che parte militasse lo scritto-
re: non parla apertamente della contestazione sessantottesca, ma esalta la fine
del principio di autorit, difende fermamente la dignit della donna, da laico
convinto e da socialista esalta la libert dello stato e si oppone ad ogni fana-
tismo religioso e ideologico.
Alcuni cenni, sia pure generici, per esemplificare limpegno civile del Levi
giornalista. In Torino, XXXI, n. 4, aprile 1955, numero speciale dedicato
al decennale della Liberazione, pp. 53-54 10 appare larticolo Deportati, anni-
9
Nota al Processo di F.Kafka, in Opere II, cit., pp. 1208-1210.
10
P. Levi, Opere I, pp. 1113-1115.
378 Oretta Guidi
versario: di fronte al silenzio del mondo civile, di fronte al silenzio della cul-
tura, che a dieci anni dalla Liberazione dei Lager tace vergognosamente, Levi
con durezza estrema analizza le cause di quel silenzio, frutto di coscienza
malsicura, o addirittura di cattiva coscienza, di quanti, chiamati ad espri-
mere un giudizio, deviano la discussione chiamando in causa varie violenze (i
bombardamenti indiscriminati, i campi di lavoro sovietici, ecc..), come se le
colpe degli altri potessero giustificare i delitti fascisti, i quali per modo e
misura, costituiscono un monumento di ferocia tale che in tutta la storia del-
lumanit non dato trovare riscontro. E neppure possiamo chiamare glo-
riosa la morte delle vittime, morte inerme e nuda, ignominiosa e immon-
da, n stata onorevole la schiavit nei lager: ci fu chi seppe subirla inden-
ne, eccezione da considerarsi con riverente stupore; ma essa una condizio-
ne essenzialmente ignobile, fonte di quasi irresistibile degradazione e di nau-
fragio morale. Da queste angosciose affermazioni possiamo intuire il dram-
ma che ha lacerato la vita dello scrittore, che in quanto uomo come i suoi
carnefici si sentito coinvolto nellinfezione che ha travolto la civilissima
Europa: Ci sentiamo anche noi cittadini di Sodoma e Gomorra. Proprio
per queste ragioni pi orrenda, pi grave la colpa dei fascisti e dei nazisti, e
sia chiaro che non dobbiamo mai accomunare vittime e assassini. Parole da
meditare, proprio in anni in cui politici e sedicenti storici tentano di mini-
mizzare o addirittura di negare il passato. Gi negli anni Settanta e Ottanta
Levi assisteva incredulo alla nascita del fenomeno del negazionismo, contro i
cui sostenitori ha scagliato parole di sdegno.
In La Stampa, 18 luglio 1959 (pp. 1116-1119) pubblicato larticolo
Monumento ad Auschwitz, in occasione della gara per la scelta del progetto di
un monumento che sorger sul luogo stesso che vide in atto la maggior stra-
ge della storia umana. Per Levi levento riveste grande importanza perch il
monumento sar testimonianza tangibile che potr parlare oggi e domani, e
fra secoli, con linguaggio chiaro, a chiunque lo visiti. Ripercorre, nel corso
di poche pagine, i luttuosi fatti che hanno funestato e ottenebrato la recente
storia europea, senza mai abbassare la tensione morale, senza mai scadere
nello scontato, anzi ogni occasione buona per scavare nella memoria, al fine
di portare alla luce nuovi personaggi, particolari, brandelli del passato atti a
confermare la veridicit del suo raccontare, e ogni scritto un modo per coin-
volgere il lettore in riflessioni sulla natura umana, sul senso della storia. Ci
che per lui suona inquietante lapparente normalit di sadici assassini che,
come testimoniato dal diario di Hoess (gi comandante del campo di
Auschwitz), parlano del loro terribile lavoro con tranquillit, e trovano nel-
lobbedienza agli ordini superiori alibi e appagamento. Secondo Levi, la fol-
lia di pochi, e lo stolto e vile consenso di molti hanno reso possibile la stra-
ge nazista. Nessuno sconto si pu fare al popolo tedesco perch per fortuna
in tutti i paesi esiste capacit di indignazione, una concordia di giudizio di
fronte a simili atrocit.
Primo Levi giornalista 379
11
Ivi, pp 1136-1137.
12
Ivi, pp. 1138-1140.
13
Ivi, pp. 1141-1145.
380 Oretta Guidi
14
P.V. Mengaldo, La tradizione del Novecento, Einaudi, Torino, 1991, p. 310: La tregua,
che anchio ritengo il capolavoro di Levi, e in assoluto uno dei libri pi belli di questo dopo-
guerra.
15
P. Levi, La ricerca delle radici, in OpereII, cit., p. 1363.
Primo Levi giornalista 381
16
Id., Eclissi dei profeti, in Altrui mestiere, Opere II, pp. 853-856.
382 Oretta Guidi
che fare ammenda; ai nostri maestri, ai tecnocrati di tutti i paesi, resta il com-
pito urgente di frenare la loro folle corsa verso il profitto immediato, e di uti-
lizzare il colossale patrimonio di conoscenze che si accumulato in questi
ultimi decenni per fare dono allumanit di un destino meno precario e meno
doloroso17. Da buon giornalista sa quanto sia importante un titolo breve e
chiaro, un inizio esplicativo, ma soprattutto riassumere lessenziale dei con-
cetti alla fine dellarticolo.
Quanto sia delicato e pericoloso linquinamento nucleare si visto con il
disastro di Cernobil, e ancora una volta Levi condanna aspramente la censu-
ra in auge nei paesi totalitari, e luso spregiudicato di smentite, di silenzi
assurdi: se la stampa sovietica sbaglia perch scheletrica e lenta nellinfor-
mare, la stampa occidentale frettolosa e sensazionale. Larticolo La peste
non ha frontiere, in La Stampa, 3 maggio 1986 18, ci ricorda che di fronte ai
grandi pericoli derivati dalla civilt tecnologica e industriale tutti i paesi sono
a rischio e solo una giusta informazione e una collaborazione attiva possono
salvare lumanit. I politici innanzi tutto sono chiamati alla sincerit e alla
responsabilit: Gorbaciov di fronte agli errori umani che hanno reso possibi-
le la peste di Cernobil ha fatto male a tacere ed ha fatto bene a chiedere
aiuto. Da un uomo nuovo qual egli si mostrato si richiede un nuovo lin-
guaggio. Levi distingue la notizia dal commento: solo quando sicuro di
avere fornito al lettore i dati necessari per giudicare, offre la sua interpreta-
zione, il suo giudizio, il commento dei fatti.
Se Levi ci mette in guardia dal pericolo nucleare e dallutilizzazione spre-
giudicata della scienza, nello stesso tempo si esalta e ci coinvolge nella cele-
brazione della grandezza delluomo che si impegna per sfidare i segreti della
natura, che desidera superare i limiti e i confini della conoscenza, come ha
dimostrato con le imprese lunari: sciocco quindi porsi la domanda banalis-
sima se i soldi siano stati spesi bene. Quando lessere umano agisce mosso da
curiosit, per allargare il proprio confine, per esprimersi, per misurarsi
dobbiamo rallegrarci, perch laudacia da cui scaturita limpresa lunare
copernicana, machiavellica. Ma pi grandi imprese ci attendono egli
sostiene imprese necessarie alla nostra sopravvivenza, imprese contro la
fame, la miseria, il dolore19. Lalto senso di moralit dello scrittore ha il so-
pravvento su altre pur profonde considerazioni: a lui sta a cuore il futuro di
tutti gli uomini, la dignit di ogni essere umano, al di l della singola azione
eroica. Non solo lintelligenza del singolo, leroismo del supereroe che lo
affascina, bens lo attanaglia il futuro di tutti noi, in quanto uomini. Da Levi
ci venuta una grande lezione di civilt, di democrazia.
17
Id., Opere I, p. 1183.
18
Id., Opere II, pp. 1301-1303.
19
Id., La luna e luomo, Opere II, pp. 926-928.
Primo Levi giornalista 383
20
Id. Opere II, p. 1174.
21
Ivi, pp. 1171-1172.
384 Oretta Guidi
vole con Bobbio, cordiale con Giulio Einaudi che ebbe con lui un colloquio
per future collaborazioni anche due giorni prima della tragica fine, di com-
plicit con gli scrittori sopravvissuti, come lui, al lager,) e come si evince dal-
lattenzione rivolta alle novit letterarie e al cinema. A questo proposito, nel-
lattivit di recensore cinematografico, infastidito dalla volgare mercificazio-
ne del corpo femminile, utilizzato a piene mani in film di argomento nazista,
si chiede fino a quando si dovr sopportare un fenomeno che non accenna ad
esaurirsi: in Film e svastiche, in La Stampa, 8 settembre 1977 22, Levi consi-
dera un manufatto di discreto livello Il portiere di notte, artigianato equi-
voco Salon Kitty, e condanna in blocco la falange di film porno-nazisti. Sa
benissimo, peraltro, che la censura sarebbe inutile, in quanto metterebbe in
moto un meccanismo pericoloso, boicottando i film intelligenti e lasciando
via libera a prodotti osceni, purch idioti e inoffensivi. Lunica difesa sarebbe
una sana educazione sessuale scolastica, ma per questa ci vuole tempo.
Lincontro a Venezia con Mario Soldati fornisce loccasione per uno scam-
bio di osservazioni fra i due scrittori dopo la visione del film Incontri ravvi-
cinati del terzo tipo. Levi si rivela spettatore e critico sottile, in grado di sman-
tellare trucchi e ingenuit: in fondo il film gli sembrato opera pi dastu-
zia e di ricerca di mercato che di ispirazione profonda; insomma lo spettato-
re tipo a cui si rivolge piuttosto americano che europeo. Invece Odissea
nello spazio, a suo parere, si rivolgeva ad uno spettatore pi smaliziato.
Analitica e interessante la recensione del libro Olocausto di Gerald Green,
da cui stato tratto il filmato televisivo Olocausto, a puntate23. A parte altre
considerazioni, allo scrittore interessa la massiccia divulgazione operata dal
filmato televisivo, positivo e rispondente a realt, ma non si nasconde lallar-
me di fronte ad un paese in cui la televisione fosse voce esclusiva dello stato,
non sottoposta a controlli democratici n accessibile alle critiche degli spet-
tatori. Se intravede i pericoli insiti nel mezzo televisivo, se usato in modo
non democratico e non controllato, non si nasconde la potenza delle imma-
gini, consapevole che ormai il pubblico, soprattutto quello giovanile, sem-
pre meno propenso a fruire dellinformazione scritta, anche perch in certi
casi le parole da sole non bastano. Per questo anche la fotografia occupa un
posto essenziale per sensibilizzare lopinione pubblica, e lo scrittore in occa-
sione di una mostra fotografica sui Lager ne ha una riprova24. Sempre in tema
di recensioni filmiche 25 Levi, dopo avere letto il romanzo di J. Rosny La
guerra del fuoco, si precipita a vedere il film e rimane deluso dal modo ridi-
colo e goffo con cui sono rappresentati i nostri progenitori; critica i due con-
22
Id., Opere I, pp. 1217-1218.
23
In La Stampa, 20 maggio 1979, Opere I, pp. 1268-1271.
24
Perch rivedere queste immagini, in Triangolo Rosso, n. 3-4, marzo-aprile 1985, Opere II.
25
Non erano animali i primi antenati, in La Stampa 14 marzo 1982, Opere II, pp. 1168-
1170.
Primo Levi giornalista 385
26
Io lo proibirei, in La Stampa, 2 dicembre 1986, Opere II, p. 1309.
386 Oretta Guidi
27
In La Stampa 19 gennaio 1979, Opere I, pp. 1253-1257.
Primo Levi giornalista 387
1
M. Yourcenar, Ad occhi aperti. Conversazioni con Mathieu Galey, Bompiani, Milano
1989, p. 107.
2
M. Luzi, Spazio stelle voce. Il colore della poesia, Leonardo, Milano 1991, p. 47.
390 Mariagiovanna Italia
3
Il Ferruccio, settimanale della Federazione pistoiese dei Fasci di combattimento, Pistoia
1932-1943, diretto da Braccio Agnoletti.
4
M. Luzi, Paesaggio di poeta, Il Ferruccio, 22 luglio 1933, p. 3. In verit, larticolo era
gi comparso precedentemente su La Rivista Universitara. Ora consultabile in Id., Prima
semina. Articoli, saggi e studi (1933-1946), Mursia, Milano 1999, pp. 25-26; la raccolta, a cura
di Marco Zulberti, presenta unesaustiva bibliografia dellopera saggistica di Luzi che ha il
merito di includere anche i titoli degli articoli su riviste e quotidiani fino al 1995 (a differen-
za della bibliografia stilata da Stefano Verdino in appendice a M. Luzi, Lopera poetica,
Mondadori, Milano 1998) e a cui questo saggio debitore.
5
Id., La barca, Guanda, Modena 1935. Successivamente, grazie al ritrovamento nel 2001
degli autografi de La barca, il curatore Stefano Verdino ha portato alle stampe 31 poesie ine-
dite risalenti agli anni 1933-35 (Id., Poesie ritrovate, Garzanti, Milano 2003).
6
W. Benjamin, Annuncio della rivista: Angelus novus [1922], in Id., Il concetto di critica
nel romanticismo tedesco. Scritti 1919-1922, Einaudi, Torino 1982, p. 173.
7
Il Bargello, settimanale della Federazione Provinciale Fasci Fiorentini, Firenze 1929-1943.
8
Il Ventuno. Domani, bisettimanale, Roma 1941, prosecuzione de Il Ventuno,
Bellini, Venezia 1934-1941.
9
Campo di Marte, quindicinale di azione letteraria e artistica, Vallecchi, Firenze 1938-
1939, diretto nominalmente da Enrico Vallecchi, in realt dai redattori Alfonso Gatto e Vasco
Pratolini.
10
Corrente di Vita Giovanile, quindicinale di letteratura, arte, politica, Moneta, Milano
1938-1939, fondato da Ernesto Treccani.
11
Letteratura, trimestrale di letteratura contemporanea, Firenze 1937-1947, divenuto
poi, dopo una lunga pausa, bimestrale di lettere e di arte contemporanea, De Luca, Firenze-
Roma 1953-1968.
Lintelligenza del mondo e lagonia delluomo negli scritti giornalistici di Mario Luzi 391
12
La Ruota, mensile di politica e letteratura, Superstampa, Roma 1937-1940, poi men-
sile di letteratura e arte, 1940-1943. Nasce sotto legida del fascismo per volont del fondato-
re Mario Alberto Meschini, ma si trasforma in una rivista di carattere decisamente antifascista
con la comparsa nel comitato redazionale di Mario Alicata, Carlo Muscetta, Antonello
Trombadori, Giuliano Briganti e Guglielmo Petroni.
13
Il Frontespizio, mensile, Lindustria tipografica, Firenze 1928-1940. Fino al 1937 era
un bollettino bibliografico mensile della Libreria Fiorentina Editrice.
14
Incontro, quindicinale, Vallecchi, Firenze 1940.
15
Prospettive, mensile di cultura e arte, Firenze 1936-1943, fondata da Curzio
Malaparte.
16
M. Luzi-M. Specchio, Luzi, leggere e scrivere, Nardi, Firenze 1993, p. 14, poi in M. Luzi,
Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, Garzanti, Milano 1999, p. 17: io non posso dire di
essere stato un antagonista rigoroso fin dallinizio; avevo una posizione piuttosto scettica, per
ero molto incuriosito anche per il consenso che aveva allora il regime da parte del popolo che
sembrava in gran parte aderire, aspettare qualcosa. []. Poi le cose cambiarono perch il fasci-
smo si nazific. Cfr. anche p. 27.
17
Id., Presentazione, in Id., Prima semina, cit., p. VII.
18
Paragone, rivista mensile di arte figurativa e letteratura, Sansoni, Firenze 1950, fon-
data da Roberto Longhi e tuttora in vita suddivisa in Paragone. Arte e Paragone. Lettera-
tura.
392 Mariagiovanna Italia
19
Societ, trimestrale comunista, Marzocco, Firenze 1945-1949, poi Einaudi, Torino
1950-1956 e infine Parenti, Milano 1957-1961.
20
Il Mondo, quindicinale di lettere, scienze, arte, musica, Firenze 1945-1946.
21
In particolare si fa qui riferimento alle raccolte di saggi M. Luzi, Linferno e il limbo,
Marzocco, Firenze 1949, Id., Vicissitudine e forma, Rizzoli, Milano, 1974 e Id., Naturalezza
del poeta. Saggi critici, Garzanti, Milano 1995.
22
La Chimera, mensile darte e di letteratura, Vallecchi, Firenze, 1954-1955.
23
Si fa qui riferimento al XX Congresso del PCUS, al rapporto segreto di Krusciov e alle
crisi in Ungheria e in Polonia che caratterizzarono lanno 1956 e allo smarrimento e alla delu-
sione che tutto ci provoc tra gli intellettuali italiani.
24
Id., Tutto in questione, Vallecchi, Firenze 1965.
25
Per il dibattito tra Luzi e Scalia su Officina, cfr. M. Merlin, Il peccato originale di Luzi,
in Atelier, II, 8, dicembre 1997, pp. 20-25.
26
M. Luzi, Dubbi sul realismo poetico, in La Chimera, I, 4, luglio 1954, p. 4.
Lintelligenza del mondo e lagonia delluomo negli scritti giornalistici di Mario Luzi 393
Negli ultimi mesi del 1955 inizier una nuova fase giornalistica di Luzi, il
quale si trover a misurarsi per la prima volta con lincarico affidatogli da
Giuseppe De Robertis di gestire una rubrica mensile nel settimanale mila-
nese Tempo27. La rubrica si intitola Il libro straniero e diventa sede pri-
vilegiata per il Luzi critico della letteratura straniera; difatti, mentre De
Robertis si occupa della produzione letteraria italiana, al poeta fiorentino
viene assegnato il compito di occuparsi della letteratura doltralpe europea
e, in qualche sparuto caso, extraeuropea e di prestare attenzione alle novit
editoriali. Questa operazione, durata ben dieci anni (1955-1965) e comple-
tata, pi che intervallata, da qualche articolo comparso su Letteratura e
Paragone28, riveler il volto del critico teso a scandagliare i percorsi interio-
ri di uno scrittore e a lasciarsi guidare dalla lettura dei testi senza imporre
alcuna teoria della letteratura, ma indagando piuttosto lelemento originario
che permette ad un autore di trovare, a una certa temperatura vicina allin-
candescenza, la sua propria poesia, e dunque il suo proprio linguaggio29.
I due articoli comparsi su Tempo nel febbraio del 1958, Storia poetica
del Sud America 30, recensione dellantologia Poesia ispanoamericana del 900,
curata da Francesco Tentori, e nel marzo del 1960, Una fantasia pitagorica 31,
dedicato alla comparsa in Italia della traduzione dellAleph di Borges, sem-
brano spia di quella che sar una nuova importante fase dellattivit giornali-
stica di Luzi, caratterizzata per la prima volta dalla collaborazione con i quo-
tidiani. Difatti, a partire dal 1967, il poeta sar impegnato in una ricogni-
zione letteraria del continente latinoamericano attraverso un assiduo lavoro
che va oltre la recensione e che presenta per la prima volta in Italia, e in
maniera pi esaustiva di quanto abbia fatto ogni altro lettore e critico del
tempo, il fenomeno della letteratura ispanofona e lusofona dellAmerica del
Sud. Dal 1967 al 1974 sul Corriere della Sera e dal 1973 fino al 1987, sep-
pur con una frequenza pi rada, sul Giornale, Luzi, con pi di sessanta arti-
coli, introduce i lettori italiani a ben 29 scrittori e poeti latinoamericani; lo-
perazione che compie, protrattasi per circa un ventennio32, non si risolve sol-
27
Tempo, settimanale, Milano 1955-1977, diretto da Arturo Tofanelli. I novanta arti-
coli comparsi nellarco di dieci anni (1955-1965) sulla rivista sono adesso raccolti in Id., Le
scintille del Tempo. Dieci anni di critica luziana, Le Lettere, Firenze 2003.
28
Si tratter in tutto di nove articoli in dieci anni, ai quali vanno aggiunti due articoli su
LEuropa letteraria (bimestrale, Roma 1960-1965) e uno su LApprodo letterario (trime-
strale di lettere e arti, Roma 1958-1977).
29
Id., Linguaggio tragico, in Tempo, 20 ottobre 1965. Per un profilo di Luzi critico let-
terario sulle pagine del Tempo, cfr. E. Moretti, Luoghi di una critica dellanima, in M. Luzi,
Le scintille del Tempo, cit., pp. 5-13.
30
M. Luzi, Storia poetica del Sud America, in Tempo, 20 marzo 1958.
31
Id., Una fantasia pitagorica, in Tempo, 1 marzo 1960.
32
Fuori da questi quotidiani, Luzi scriver fino al 1987 soltanto altri dodici articoli di cui
tre su La Nazione (uno dei quali dedicato a Borges), due su Il Bimestre, uno su Opera
394 Mariagiovanna Italia
tanto in una presentazione dei testi e dei loro autori, bens, attraverso la let-
tura e la riproposizione critica dei temi e degli stilemi di ogni singolo autore,
in una ricerca affannosa e temeraria dei tratti di universalit in grado di
assum[ere] legittimamente il contegno di una Weltliteratur33.
Infine, gli ultimi ventanni di vita di Luzi sono stati caratterizzati da una
produzione giornalistica pi sporadica che, sulle pagine di vari quotidiani
(La Nazione, LUnione Sarda, Il Gazzettino, Il Resto del Carlino, Il
Mattino, Avvenire, La Voce del Campo, Il Sole-24 ore, lUnit) e di
alcune riviste (Critica dArte, Nuova Antologia, Rivista di ascetica e
mistica Maieutica, Dialogica, Studi Romani, Letture), ritornata ad
occuparsi quasi esclusivamente di riflessione sulla poetica, con qualche arti-
colo di presentazione di mostre e con sempre pi frequenti articoli di com-
memorazione di poeti ed intellettuali amici o vicini che il vegliardo poeta
della terrestrit vedeva lentamente andar via.
Cos recitano alcuni versi di una lirica composta da Luzi nel 1935 e che
sarebbe poi confluita nella sua primeva raccolta La barca: Amici dalla barca
si vede il mondo / e in lui una verit che procede / intrepida, un sospiro
profondo / dalle foci alle sorgenti34. E in una precedente stesura autografa si
ritrovano questi versi poi espunti: Amici, battete con mano fida e pudibon-
da / alle porte tranquille dellessere, amate la terra, / navigate i suoi fiumi
entusiasti35. Laggiunta del motivo della barca nella versione finale della liri-
ca, sostitutivo di quello del sogno presente nella prima, come se aggiunges-
se una distanza visiva e prudente dal mondo, o, per meglio dire, un punto di
vista privilegiato per guardare in faccia la verit intrepida del mondo. In
fondo, da quei primi anni di apprendistato poetico ed intellettuale fino agli
ultimi giorni di vita, altro il poeta non ha fatto se non occuparsi delle cose
del mondo e gran parte della sua produzione giornalistica ne d riprova,
anche quando oggetto del suo dibattere un testo o uno scrittore. possibi-
le per rintracciare in maniera pi precisa il filo attraverso cui Luzi affida alle
pagine dei giornali la sua riflessione vigile sinopia del grande affresco della
aperta, uno su LApprodo letterario, uno su Critica darte, uno su Paragone, uno su Il
Messaggero, uno su Rinascita e uno sul Giornale di Sicilia.
33
Id., La letteratura latinoamericana: una Weltliteratur, in F. Mogni (a cura di),
Latinoamericana. 75 narratori, Vallecchi, Firenze 1974. Gli articoli che in questi anni Luzi
dedica alla letteratura del Sud America sono stati raccolti, con la curatela di S. Verdino, in Id.,
Cronache dellaltro mondo, Marietti, Genova 1989.
34
Id., La barca, cit., pp. 31-32, vv. 13-16.
35
Lintero autografo riportato in S. Verdino, Apparato critico, in M. Luzi, Lopera poeti-
ca, cit., p. 1331.
Lintelligenza del mondo e lagonia delluomo negli scritti giornalistici di Mario Luzi 395
36
M. Luzi, Caratteri delle rivoluzioni, in Il Ferruccio, 16 febbraio 1935, p. 1.
37
Id., Il sangue bianco, in Il Frontespizio, agosto 1935, 8, p. 11.
38
Id., Lintelligenza laica, in Il Frontespizio, ottobre 1935, 10, p. 11.
396 Mariagiovanna Italia
ficativo che Luzi ritenga questo stato di cose come proprio di unepoca che
non esita a definire delle accademie; cos come continuer ad affermare pi
di sessantanni dopo in unintervista immaginaria a Leopardi39, pubblicata su
MicroMega e successivamente sul Corriere della Sera, scomparsa la forza
di esser violentemente qualcosa, se ne coltiva leffetto (come le foglie senza il
tronco) raffinandolo, complicandolo finch occorrer essere iniziati alla sua
comprensione40.
Linvito per luomo moderno a ritrovare la forza di esser violentemente
qualcosa verr reiterato dieci anni dopo nella direzione di un nuovo uma-
nesimo in grado di fronteggiare le vecchie ideologie imprigionate sul piano
dellastrazione. Nel 1945, dopo essersi consumato le atrocit drammatiche
della seconda guerra mondiale, Luzi pubblica due scritti: Il Novecento e luo-
mo moderno 41 su Il Mondo e Linferno e il limbo 42 su Societ; questulti-
mo, assieme al coevo Del progresso spirituale e al saggio del 1946 Luomo
moderno e la noia, confluiranno qualche anno dopo in una omonima raccol-
ta43. Il mondo osservato dalla barca del poeta si modificato; Luzi non esita
a riconoscere lazione degli uomini dettata da passione ideologica e, pur
tuttavia, o forse a ragione di ci, tale azione non pu essere giudicata positi-
va. Il motivo dellinfausto esito dato dalla separazione dicotomica avvenu-
ta tra lideologia astratta e la realt empirica: le ideologie (vecchie e nuove),
nel loro vagheggiare un uomo nuovo e futuro, appaiono dimentiche della vita
presente e viva delluomo contemporaneo e dellessenziale continuit della
sua parte perenne44. Per Luzi, luomo moderno si troverebbe dunque inca-
strato da ideologie astratte che si autodefiniscono moderne, anzich ricono-
scere che la sua modernit consiste nel rivolgere lo sguardo alla naturale com-
ponente umana del vivere, agli uomini e non allidea degli uomini, e agire in
conseguenza. Questo nucleo del pensiero luziano informer di s anche gli
scritti di critica letteraria coevi, cosicch Goethe e Dante acquisiscono un alto
valore civile proprio perch allideale astratto dove risiede il principio, essi
sono pervenuti risalendo lentamente linterminabile e violento fiume degli
effetti, che il commercio umano, la vita naturale45 degli uomini, quel-
la realt che necessita della speranza umana per spingere luomo allazione.
Diventa cos comprensibile la bipartizione che Luzi ci presenta ne Linferno e
39
Id., Leopardi: Non abusate delle parole, in Corriere della Sera, 30 marzo 1998, p. 27.
40
Id., Lintelligenza laica, cit.
41
Id., Il Novecento e luomo moderno, in Il Mondo, 5 maggio 1945, 3, p. 15.
42
Id., Linferno e il limbo, in Societ, 5, 1945, pp. 25-32.
43
Id., Linferno e il limbo, Marzocco, Firenze 1949, ripubblicata successivamente col tito-
lo Linferno e il limbo con lappendice di altri saggi, Il Saggiatore, Milano 1964.
44
Id., Il Novecento e luomo moderno, cit. Per una lettura critica dellarticolo, cfr. M.
Zulberti, Luomo moderno. Un saggio del 45 di Mario Luzi, in Quaderni del Centro Studi
Mario Luzi, VIII, 2007, pp. 31-36.
45
M. Luzi, Del progresso spirituale, in Linferno e il limbo, cit., p. 9.
Lintelligenza del mondo e lagonia delluomo negli scritti giornalistici di Mario Luzi 397
il limbo. La metafora dellinferno e del limbo serve a Luzi per poter distin-
guere due modalit di stare al mondo, di vivere, prima ancora che di far poe-
sia, legate ad una visione ancipite della realt. Esiste una forma del sentire che
attraversa la pania del dolore umano non soltanto restandone invischiata, bens,
al pari di una falena intorno al barbaglio di una lampada, con la coscienza di
non trovare una via duscita e con la disperazione di chi sa di essere votato ine-
luttabilmente a ritornare al punto di partenza e, si badi, non come un novello
Sisifo, piuttosto con larrendevolezza di chi non possiede la speranza di un esito.
Al dolore di chi sente in tal maniera e compone versi, sulle orme del lirismo di
Petrarca, confacenti al suo sentire, manca difatti essenzialmente la speranza di
chi, sebbene non conoscendo le esatte possibilit di approdo, pur sincammina
verso la meta. Luomo del limbo non ha una meta dinanzi a s, ossia non
intravede una via per uscire dal dolore o una possibilit anche remota di appro-
dare alla felicit, e quindi, in quanto tale, non possiede la spinta per guardare
dinanzi a s. Il polo magnetico che ne orienta il viaggio fino al compimento del
desiderio piuttosto si volge allindietro, perch il desiderio non rivolto verso
il futuro, ma semmai verso un tempo e un luogo appartenenti al passato. La
felicit non esister, gi esistita, ed da collocare nella memoria verso un idea-
le punto felice che gi stato nel passato della vita di un uomo o dei popoli;
rimpianto e non speranza. Va da s che, in quanto combattuto con larma del
rimpianto, non vi argine al dolore umano. Anzi, luomo moderno non cono-
sce neppure la circolarit della speranza posta al fondo del rimpianto: per lui
non esiste pi il ritorno al paese da cui uscito per evoluzione o stato scac-
ciato per colpa []. avvenuto che il fantasma della felicit ha trovato posto
solo nellirreparabile46. A questa condizione, Luzi oppone limmagine
dellinferno, laddove luomo si leva [], richiamato al principio di verit e
di lotta47, lontano dal limbo, dove il dolore saggira lusingato dalle sue illu-
sioni48. Anche linferno esiste a partire dal dolore umano, il quale per per
Luzi, sulla scia delle parole dellAbbesse de Soulesme riportate a incipit del suo
saggio49, un mezzo per raggiungere altro; un dolore che ha davanti a s la
prospettiva della felicit, che avvertito come temporaneo, perch la speranza
di uscire dallinferno lo spinge a costruirsi una via teleologica. Luomo e il poeta
dellinferno, sulla scia di Dante, non cedono alla disperazione, ma desidera-
no la salvezza fondata sulla qualit del dolore, in quanto la speranza a ten-
dervi lunica munita duna forza capace di vincere la disperazione e nello
stesso tempo di non tradirla50.
46
Id., Linferno e il limbo, cit., p. 26.
47
Ivi, p. 29.
48
Ibidem.
49
Ivi, p. 25: La sofferenza ha solo una bont relativa e presa in prestito; un mezzo e
non un fine.
50
A. Noferi, Le poetiche critiche novecentesche sub specie Petrarchae, in Le poetiche critiche
novecentesche [1970], La Finestra, Trento 2004, p. 274.
398 Mariagiovanna Italia
51
M. Luzi, Luomo moderno e la noia, in Id., Linferno e il limbo, cit., pp. 23-27.
52
Id., Raccattacadaveri, in Corriere della Sera, 9 novembre 1969.
53
Id., Loro delle tigri, in Corriere della Sera, 8 ottobre 1974. Cfr. Id., La letteratura lati-
noamericana: una Weltliteratur, cit.: Si sono registrati due fatti imprevedibili in Europa o
altrove. Limpegno su una realt politica precisa ha messo a portata dello scrittore qualcosa di
ben diverso dal quadro sociale definito su cui si modellano il realismo classico e quello socia-
lista: la nozione di realt include per luomo dalle ascendenze indie o maya pi cose di quan-
te la nostra normale classificazione dialettica e sociologica potrebbe suggerire. Da parte sua la
fantasia dello scrittore latino-americano [] ha spontaneamente rifiutato ogni disciplina
riduttiva allo schema e ha creduto al potere di rivelazione dellimmaginoso, del luminoso, del-
larchetipico soggiacenti allazione o inazione quotidiana.
54
Id., Una riflessione sul linguaggio della politica. Per uno stato pi umano, in Nuova
Antologia, aprile-giugno 2000.
Lintelligenza del mondo e lagonia delluomo negli scritti giornalistici di Mario Luzi 399
Quanto vive e trasuda dalle pagine degli articoli e dei saggi di Luzi impre-
gna anche e forse ancor prima la sua produzione poetica. La ricerca del-
lumanit che riscatti luomo moderno e che lo induca a cercare e compren-
dere le cose del mondo si insinua nelle sue liriche prima ancora di indurre
il poeta ad interrogarsi sul valore che larte stessa, e la poesia, abbiano nella
rappresentazione del mondo, della sua bellezza e del suo dolore. Di seguito,
55
Id., Unaltra lettura del mondo, in Corriere della Sera, 15 febbraio 2004, p. 31.
56
Ibidem.
57
Cfr. M. Luzi-M. Specchio, Luzi, leggere e scrivere, cit., p. 138, a proposito della sezione
di liriche Muore ignominiosamente la repubblica, contenuta in Al fuoco della controversia: Si
instaura qui quella che nella storia, nella lessicografia cristiana si chiama agonia, cio quel con-
flitto in cui sembra di doversi riscattare giorno per giorno, ora per ora, dalla condizione in cui
luso e labuso delle cose umane ci configgono. [] Questa agonia cristiana diventa anche una
specie di indignazione morale e politica di fronte a certe realt della repubblica moderna, dello
stato moderno, della societ moderna (corsivi miei).
58
Id., Leopardi: Non abusate delle parole, cit. (corsivo mio).
400 Mariagiovanna Italia
59
Id., Nel magma, AllInsegna del Pesce dOro, Milano 1963, ora in Id., Lopera poetica,
cit., pp. 311-352. Forse non un caso che il termine azione compare per la prima volta in
questa opera: C stato poco tempo per pregare / Poco tempo infatti. Ma ho fiducia che
lazione / sia preghiera anchessa pel futuro / ed espiazione del passato dice e arrossisce a sua
volta (p. 323, vv. 47-50).
60
Id., Presso il Bisenzio, in Id., Lopera poetica, cit., pp. 318-319, vv. 26-28, 57-60, 72-74.
61
Id., O un senso pi elementare la sgomina, in Id., Lopera poetica, cit., p. 463, vv. 1-11. La
lirica contenuta nella raccolta Al fuoco della controversia (prima edizione: Garzanti, Milano
1978).
Lintelligenza del mondo e lagonia delluomo negli scritti giornalistici di Mario Luzi 401
62
Id., Il gorgo di salute e malattia, in Id., Lopera poetica, cit., pp. 393-394, vv. 38-43, 50-
54. La lirica contenuta nella raccolta Su fondamenti invisibili (prima edizione: Rizzoli,
Milano 1971).
63
Id., Deserto quale deserto? Questo, in Id., Lopera poetica, cit., p. 603, vv. 2-4.
64
Id., Leopardi: Non abusate delle parole, cit.
65
Ibidem.
66
Id., Il pensiero fluttuante della felicit, in Id., Lopera poetica, cit., pp. 368-369, vv. 111-
116. La lirica contenuta nella raccolta Su fondamenti invisibili, cit.
67
Id., Il gorgo di salute e malattia, cit., p. 392, vv. 14-15.
68
Id., Si ordina (Sistina), in Id., Lopera poetica, cit., p. 941, vv. 57-60. La lirica conte-
nuta nella raccolta Frasi e incisi di un canto salutare (prima edizione: Garzanti, Milano 1990).
69
Si fa qui riferimento a Id., I sette pazzi, in Corriere della Sera, 30 maggio 1971, e Id.,
I lanciafiamme, in il Giornale, 20 febbraio 1975.
402 Mariagiovanna Italia
70
Id., I sette pazzi, cit.
71
Id., Colpi, in Id., Lopera poetica, cit., p. 271, vv. 14-21. La lirica contenuta nella rac-
colta Dal fondo delle campagne (prima edizione: Einaudi, Torino 1965).
GABRIELLA PALLI BARONI
1
Enzo Golino, Attilio Bertolucci poeta e giornalista, in Antologia Vieusseux, N.S., a. VI,
n. 18, settembre-dicembre 2000, pp. 102-105.
2
Cfr. i vari ricordi di Bertolucci e in particolare quelli affidati a Gli anni favolosi della
Gazzetta in Gazzetta di Parma, 29 settembre 1973. Ma importanti sono S. Cherin, I gior-
ni di un poeta, la salamandra, Milano 1980 e P. Lagazzi-A. Bertolucci, Allimprovviso ricordan-
do, Guanda, Parma 1997.
3
Cfr. A. Bertolucci-C. Zavattini, Unamicizia lunga una vita. Carteggio 1929-1984, a cura
di G. Conti e M. Cacchioli, MUP, Parma 2004. Lamicizia di Zavattini e la sua opera di guida
nei confronti dei giovanissimi parmigiani largamente testimoniata nel carteggio a partire dal
1929, anno in cui Za lasci Parma per il servizio militare a Firenze. Al cenacolo oltre a
Bertolucci appartennero Pietro Bianchi, Gino Saviotti, Erberto Carboni, Ugo Betti, Alessan-
dro Minardi. Questultimo si fece editore in Parma della prima raccolta poetica di Attilio,
Sirio, nel 1929.
4
Bertolucci pubblica in data 11 febbraio 1929 Vento e Frammento, raccolte poi in Sirio,
cit. La seconda corrisponde a quella intitolata Cavalla. Sirio e le altre opere poetiche si leggo-
404 Gabriella Palli Baroni
Per la Certosa, o bella o niente, come ha detto lei. Ogni numero ci sar un arti-
colo di fondo anonimo, polemico, didee; forse un disegno polemico (Latino
Barilli a insegnargli, dovrebbe far bene); di tanto in tanto un articolo piuttosto
lungo, esauriente su qualche scrittore italiano o straniero doggi, ma solo i miglio-
ri (lei, Moravia, Betti ecc.), rivedere certe posizioni di scrittori celebri e vedere
come resistono (Bontempelli Moretti Pirandello ecc.), riesumare qualche vecchio
scrittore: se possibile farne una piccola antologia (Alberto Cantoni, Rovani,
Barilli, ecc.) presentare qualche straniero nuovo importante e sconosciuto, o vec-
chio e poco conosciuto, parlare di cinema di pittura di tutto insomma. Brizzolara
Petrolini io daremo cose creative ecc ecc. Bianchi, se ne avesse voglia, potrebbe
far una bella inchiesta sul giornalismo italiano. E ancora tante cose. []7
peo (Les Nouvelles Littraires, NRF, Horizon), che lo porter nel 1941
a condividere con Bruno Romani la decisione delleditore Guanda di pub-
blicare una rivista Il Contemporaneo che, essendo di un editore, sar pi
eclettica pi di tendenza, ma con giudizio10.
Bertolucci severo nei suoi giudizi sul giornalismo culturale, anche sulle
iniziative di Zavattini11, il quale, a sua volta, mentre d consigli sulla nuova
poesia di Attilio, segue con la cura del maestro le prove degli allievi, lodando
o rimproverando per scritti che non approva e accettando con piacere per
Cinema Illustrazione, da lui diretta, qualche pezzo bertolucciano, forse un
Bing Crosby, un James Cagney, un Billie e Jean. Anche su Piccola accoglie un
Jean Muir 12.
In particolare Za si sofferma sulla Fiamma (molto talentosa)13, orga-
no del GUF di Parma, cui collaborano sia Bertolucci sia Bianchi, e sul
Ducato ( tutto in granata, ma quel benedetto centro non lo vedo, 7
agosto 1932), testata subito soppressa dal Governo fascista. Sulla Fiamma
del 3 aprile del 1933 legge con soddisfazione una lunga recensione di Berto-
lucci al suo Parliamo tanto di me, recensione elogiativa in cui spicca la defini-
zione di Zavattini scrittore minor appartenente alla schiera di autori come
Sterne e Renard, definizione che sar attribuita allo stesso Bertolucci da Gar-
boli14 e che il poeta far in pi occasioni propria con manifesto compiaci-
mento. Pi innanzi nel tempo, nel 1950, Bertolucci seguir liniziativa di
Mondadori di varare, con lintervento di Zavattini, Epoca sul modello del-
lamericana Life, ma senza riserve giudicher negativamente limpresa:
i tuoi giornali e i tuoi dischi (lettera dellottobre 1939, ivi, p. 250). Ma molto altro si desu-
me dal carteggio con Vittorio Sereni Una lunga amicizia. Lettere 1938-1982, a cura di G. Palli
Baroni, Prefazione di G.Raboni, Garzanti, Milano 1994.
10
La rivista, che doveva uscire una volta lanno, fu pubblicata nel 45 e chiusa dopo 14
mesi (Cfr. D.Barilli, Profilo di una casa editrice, in Palazzo Sanvitale, n. 9, 2003).
11
Nelle lettere degli anni Trenta Bertolucci commenta per Za LItaliano di Longanesi
(intelligente), Solaria (dignitosissima, ma asfissia); ancora LItaliano ( bello, ma un
po un giornale umoristico), La Fiera Letteraria (La Fiera grigia e polverosa. Ha quella
vecchiaia triste e precoce di certe villette di due o tre anni fa. Tutto odiosamente letteratura
di 2 ordine). Le lettere sono rispettivamente del 5 aprile 1931 e della primavera del 33 (A.
Bertolucci G. Zavattini, Unamicizia lunga una vita, cit., p. 137 e p. 182).
12
Le notizie si leggono a p. 208 del carteggio, dove si osserva che non stato possibile rin-
tracciare le pubblicazioni di Bertolucci sui giornali diretti da Zavattini.
13
Lettera della fine del 1931 (Ivi, p. 150).
14
Cesare Garboli scrive: Di questa poesia minore (e si veda quanto suprema),
Bertolucci ritiene di possedere lui solo il codice (C. Garboli, Accesa solitudine, in Il Mondo,
11 luglio 1971, p. 27; ora in Falbalas: immagini del Novecento, Milano, Garzanti 1990, pp. 50-
55 col titolo Atilius.
406 Gabriella Palli Baroni
Gli scritti in prosa di Bertolucci si fanno pi frequenti nei primi anni qua-
ranta, dopo la pubblicazione della seconda raccolta di versi Fuochi in novem-
bre, e rivelano una tastiera pi articolata tra arte e letteratura. Cos, se nella
rubrica Le Arti della Fiamma, si leggono, a firma Don Pilone, suoi articoli
che vanno dalle Sculture sullAppennino (le Maest contadine) alla Pittura
popolare delle decorazioni artigiane, a mostre (Mattioli a Bergamo e Una
mostra a Parma), su Prospettive si apprezza una recensione a Croquignole di
Charles-Louis Philippe17. Pochi interventi questi, legati principalmente a
quella Storia dellArte che il poeta aveva coltivato seguendo le lezioni bolo-
gnesi di Roberto Longhi e che aveva cominciato ad insegnare a Parma dopo
essersi laureato nel 1938.
Ma fu dal settembre 1945 che, pur non tralasciando larte figurativa e la
letteratura, linteresse per il cinema prevalse, quel cinema scoperto tra il 1925
e il 1930 al tempo del muto con Pietrino Bianchi, coltivato con passione
leggendo gli articoli del critico Alexandre Arnoux su Les Nouvelles Littrai-
res e in lunghe conversazioni nei caff di Parma. Anche Zavattini, noto,
sinfiamm davanti a Charlot in compagnia dei suoi giovanissimi amici,
aprendosi alla sua arte futura18.
Bertolucci aveva scoperto, innanzitutto come spettatore, la decima Musa:
unarte universale, capace di esprimere anche lapparentemente inesprimi-
15
La lettera inviata da Baccanelli, Parma il 14 ottobre 1950. Si legge in Unamicizia
lunga una vita, cit., p. 307.
16
Rimandiamo per il tema dellautoesilio romano a G. Palli Baroni, La patria poetica di
Attilio Bertolucci, in Nuovi Argomenti, N. S. n. 14, aprile-giugno 2001, pp. 354-363.
17
Gli articoli apparvero rispettivamente sulla Fiamma, I, n. 3; n. 5; n. 7; II, n. 8. In
Prospettive, VI, 15 novembre-15 dicembre. Il libro di Philippe fu pubblicato da Ugo
Guanda editore a Parma (s. d.), con Prefazione di G. Prezzolini.
18
Su Bertolucci critico cinematografico cfr. A. Bertolucci, Riflessi da un paradiso. Scritti
sul cinema, a cura di G. Palli Baroni, Moretti&Vitali, Bergamo 2009.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 407
bile senza bisogno di didascalie; aveva scoperto con i primi grandi autori, Gan-
ce, Dreyer, Feyder, Lang, Hawks, Clair, Chaplin, la luce tempo di Murnau:
Aurora fu per lui vero cinema, capace di suscitare vere epifanie nel senso del
Joyce scoperto negli stessi anni, di suggerire la novit poetica delle immagini in
movimento, la funzione del silenzio e della macchina da presa, dellinquadra-
tura e del montaggio, la forza del chiaroscuro drammatico.
Per questo quando nel 1945 accetta limpegno di cronista cinematografi-
co presso la Gazzetta di Parma pu nutrire la sua critica della competenza
di stile e di tecnica, che si era costruito con il cinema muto, affrontando il
sonoro, pur con qualche riserva, ma rivelando nelle sue spesso brevi talvolta
brevissime (stroncature di grande ironia ed effetto!) cronache, uno sguardo
acuto ed essenziale, aperto allimpegno civile e intellettuale, consapevole del
fatto che i film debbano restituire lo spirito del tempo e lumana verit.
Su questi due fattori Bertolucci insiste, mentre sottolinea limportanza della
forza narrativa e coniuga le ragioni dellesistenza con le emozioni, le inven-
zioni fantastiche e la poesia. Lontano dal calligrafismo e da ideologie, da film
a tesi o di cassetta, ostile a censure, sente i valori di necessit e di libert che
devono guidare il regista verso la poesia del vero. Sostiene, animato da quel-
lo spirito didattico che lo accompagner sempre, che il cinema debba essere
arte popolare e debba attingere nei temi e nelle forme allosservazione del
reale. Per questo il suo consenso sar pieno verso il neorealismo di Rossellini
e De Sica, di cui riconosce come pregi il realismo quasi documentaristico,
linterpretazione efficace e il ritmo serrato che quasi toglie il respiro, il
significato morale e la nobilt del racconto (Roma citt aperta), lintensit
poetica cecoviana delle immagini e delle notazioni psicologiche e liriche di
Ladri di biciclette.
E non mancher mai di rivolgere il suo interesse alla contemporaneit dei
temi, a quegli aspetti che sono parte dei film quali la produzione, la distri-
buzione, il pubblico, la scarsa diffusione di pellicole degne al posto di film di
serie B o si impegner intorno ad argomenti di politica culturale, dalle com-
mistioni tra ideologia e arte alla necessit di un cinema europeo alla oppor-
tunit di educare anche attraverso la scuola. Far questo a partire dal 1948 in
una rubrica di Terza pagina intitolata Lanterna magica, firmata Il
Portoghese, vera palestra di attualit e di scrittura, animata, diretta, con
sprezzatura di forte ironia, mai conformista.
E quando potr distendere il suo discorso in pi lunghi interventi sul
periodico Gioved diretto da Giancarlo Vigorelli tra il 1952 e il 1953, tor-
nando a trattare di quellarte intessuta di sogni e di finzioni, che lo aveva cat-
turato da ragazzo aprendolo alla modernit del secolo, ne sottolineer lau-
tentica sostanza umana, trasferendo nelle sue pagine, eleganti, chiare e piace-
voli, (interessante, piacevole e utile deve essere la scrittura del critico), quel-
la ricchezza di conoscenze e di memorie, di pensiero e di civilt che rendono
i suoi testi specchio desperienza, di cultura, dimmaginazione e di vita.
408 Gabriella Palli Baroni
19
Citiamo dalla postfazione Le ali della prosa in A. Bertolucci, Ho rubato due versi a
Baudelaire. Prose e divagazioni, cit., p. 433.
20
Cfr. P. Lagazzi, Rverie e destino, Garzanti,Milano 1993, p. 10. Sulla prosa di Bertolucci
si vedano di C. Indini, Viaggio nella prosa di Attilio Bertolucci, Pensa MultiMedia, Lecce 2000
e Appunti su Attilio Bertolucci prosatore, in In un concerto di voci amiche. Studi di Letteratura
Italiana dellOtto e Novecento in onore di Renato Valli, tomo II, a cura di L. Giannone, Congedo
Editore, 2008, pp. 569-584.
21
Cfr. Marcel, berretti e mantelli, Aritmie, cit., pp. 94-96; ora in Opere, cit., pp. 1053-
1056.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 409
Viaggio fra gli antiquari 22 e quando scriver per LEspresso i brevi pezzi Viag-
gio a 23, mostrer in sommo grado queste virt descrittive e narrative, gui-
dando il lettore a esperienze di conoscenza e darte di grande efficacia e bel-
lezza. Aveva ragione Zavattini quando gli ricordava in una lettera dell8 gen-
naio 1960: La letteratura non solo letteratura e se non sembrasse un para-
dosso, si pu credere che essa prende forza da quanto non letterario. Infatti
sei riuscito ad avere e a conservare un tono, una cadenza, una filigrana che
deriva da fiumi, colline, difetti, aria giallo ducale, ecc., malgrado lenorme
peso delle tue ammirazioni libresche. Hai compiuto un piccolo miracolo ita-
liano, tremendamente difficile in Italia24. Lamico si riferiva alla poesia di
Attilio, ma piace riferire queste righe anche alla sua prosa giornalistica, che,
pur nascendo dalla penna di un coltissimo letterato, non mai letteraria, anzi
prende forza da quanto non letterario, da quel serbatoio di realt, di natu-
ra e di umanit che aveva raccolto nel suo cammino.
22
Costituisce lultima sezione di A. Bertolucci, Ho rubato due versi a Baudelaire. Prose e
divagazioni, cit., pp. 341-429.
23
Si leggono in A. Bertolucci, Cartoline illustrate, a cura di G. Palli Baroni, Universit
degli Studi di Parma, Facolt di Architettura, MUP, Parma 2006.
24
Cfr. Unamicizia lunga una vita, cit., p. 339.
25
Si rimanda a A. Bertolucci, Ho rubato due versi a Baudelaire, cit., in cui sono raccolti,
tutti i testi citati, e alla postfazione Le ali della prosa della scrivente.
410 Gabriella Palli Baroni
26
I tre articoli apparsi, in margine ad una mostra di Giovanni Bellini, sulla Gazzetta di
Parma dal 19 aprile al 27 luglio 1949 furono poi condensati col titolo Alla scoperta di
Giovanni Bellini in Aritmie, cit., pp. 252-259. Si leggono ora in Opere, cit. pp. 1245-1254.
27
In Gazzetta di Parma, 9 marzo 1950.
28
Picasso, in Paragone, A. II, n. 19, luglio 1951.
29
La collaborazione dur sino alla fine del 1962, quando Bertolucci pass a scrivere sul
Giorno. Alcuni dei testi dellIllustrazione Italiana sono entrati in Aritmie, cit. e successiva-
mente in Opere, cit.. Si ricordano in particolare La casa del futurista, in LIllustrazione Ita-
liana, gennaio 1958, pp. 58-62; ora in Opere, cit., pp. 1156-1160; Gli olandesi di Via Mar-
gutta, in LIllustrazione Italiana, febbraio 1959, pp. 53-58; ora in Opere, cit., pp. 1230-1235.
30
Cfr. G. Palli Baroni, Attilio Bertolucci critico darte della Fiera Letteraria, in I segni
incrociati. Letteratura Italiana del 900 e arte figurativa, a cura di M. Ciccuto e A. Zingone,
Mauro Baroni Editore, Viareggio 2002, pp. 193-212.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 411
suoi luoghi, della sua Parma. uno sradicamento che influisce anche sulle
sue pagine giornalistiche, che iniziano a delineare quellautobiografia lette-
raria che caratterizza la sua prima raccolta in prosa, Aritmie, suddivisa in tre
tempi Poetica dellextrasistole, Persone, In cerca dimmagini, ma caratterizza, in
fondo, anche la seconda raccolta Ho rubato due versi a Baudelaire, che resti-
tuisce, alla luce di una giornata evidente nelle intitolazioni delle parti (Mat-
tini a Venezia e altrove, Pomeriggi al cinema, Sere a teatro, Letture accanto al
fuoco, Viaggio fra gli antiquari) il fluire del tempo nelle cui pieghe sono nati
gli incontri, le scelte, lopera del critico e la musica feriale del racconto.
Alcune di queste prose, apparse in un primo tempo su Paragone (Poetica
dellextrasistole) e sulla Gazzetta Una penna al Tritone 31, sono narrazioni
che, rivisitando i luoghi, le letture e i momenti della vita, fondano quella
poetica nelle aritmie in cui si identificano le intermittenze del cuore della
poesia epifanica e disegnano un ritratto, variato ma sempre ricco e signifi-
cativo di quegli artisti, musicisti come Verdi, romanzieri come Proust o la
Woolf, Lawrence o Gadda o Evelyn Waugh, poeti come Baudelaire e
Hopkins, sui quali si costru la sua cultura o ai quali, come Ungaretti, Mon-
tale, Sereni e Pasolini, fu legato da stima e da vivi rapporti damicizia. Cos
le sue letture critiche portano in primo piano le sue predilezioni, la sua fede
nellarte vera, che sa rinnovare la tradizione con linvenzione e procedere
su un cammino che, non dimenticando il passato, crea nuovi linguaggi poe-
tici e nuove avventure narrative. Di pi il suo accento poggia spesso su quei
passaggi che raccontano la magia delle ore e il sentimento dellesistenza,
sulle strutture che, come in Ritratto di Signora di James, sorreggono il peso
del tempo, sulle biografie infine, di cui era lettore profondo e in cui rin-
tracciava umanit e destino e talvolta quella consonanza che riteneva essere
propria dellartista.
La parte pi cospicua delle prose di Bertolucci, appartiene agli anni di col-
laborazione al Giorno32 e a la Repubblica, cio agli anni 1963-1999. Il
panorama degli autori su cui si sofferma molto vasto, ma negli ultimi anni
della sua vita gli interventi si fanno meno frequenti e paiono voler richiama-
re quelle voci darte che fin da ragazzo lo avevano reso poeta, Proust innan-
zitutto, con Baudelaire, mentre sempre pi fa emergere memoria involon-
taria forse velata di rimpianto quei paesaggi danima che aveva abbandona-
31
Una penna al Tritone, in Gazzetta di Parma, 15 aprile 1951; ora in Aritmie, Opere, cit.,
pp. 995-997.
32
Sul Giorno Bertolucci firma una rubrica Transistor, brevi interventi sulla cultura e
sulla vita contemporanea pubblicati dal 64 al 67. Ricorderemo lattenzione a giornali stra-
nieri come il Times Literary Supplement di cui rifiuta il team work in Scrivere con gli altri?
No!, 4 marzo 1964, o il compiaciuto sguardo verso i rotocalchi che si aprono alla letteratura e
allarte, non pi confinate a striminzite rubrichette verso la fine del giornale, s che questa
vendetta allegra della cultura sulla cronaca una delle cose pi consolanti degli ultimi
tempi(Lallegra vendetta, 15 aprile 1964).
412 Gabriella Palli Baroni
to. Bastino alcuni rintocchi nei titoli Le mattine dei nostri anni perduti o Le
nostre mattine dozio e passeggiate per cogliere questo ritorno alle intermitten-
ces du coeur, che, sole, potevano rendere presenti gli anni perduti e i volti,
i paesaggi della vita. Per questo la raccolta Ho rubato due versi a Baudelaire
porta il segno alato e grande del suo addio e del suo presente, perch, gli
aveva confidato Zavattini nel lontano 1939, solo quello che si scrive sulla
carta esiste33.
Lio dello scrittore in prosa, raffinato, arguto e conversevole si colloca in
primo piano, ma con Golino, non mai ingombrante, non prevarica il let-
tore, non lo soffoca con linurbanit dellesibizionista, del narciso interiore.
Crea subito una affettuosa e calorosa identificazione con chi legge, avendo
dismesso ogni egotismo autoriale [] Quellio scritto diventa plurale, diven-
ta il noi di una storia comune, di una cultura, di una civilt. E incide il pro-
prio segno nel nostro Novecento []34.
33
Cfr. Unamicizia lunga una vita, cit., p. 246. La lettera da Milano senza data, ma pre-
sumibilmente del 39.
34
E. Golino, Attilio Bertolucci poeta e giornalista, cit.
35
A. Bertolucci V. Sereni, Una lunga amicizia. Lettere 1938-1982, a cura di G. Palli
Baroni, Prefazione di G. Raboni, Milano, Garzanti 1994, pp. 163-164.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 413
36
Le notizie sono tratte da conversazioni della scrivente col poeta, poi raccolte in G. Palli
Baroni, Il Gatto Selvatico. Attilio Bertolucci dirige il mensile aziendale dellENI, in Letteratura
e industria, Atti del XV Congresso AISLLI, Torino, 15-19 maggio 1994, a cura di G. Brberi
Squarotti e C. Ossola, Firenze, Leo S. Olschki Editore 1997, pp. 929-934. Della stessa si veda
anche Caro lettore, in Ecos, ottobre-novembre 1994 e Un poeta davvero super, in Gazzetta
di Parma, 27 dicembre 2007. Si ricorda anche Attilio Bertolucci racconta Il Gatto
SelvaticoallArchivio storico Eni 28 gennaio 1989, in Inedita Energia, Roma, settembre 2008.
414 Gabriella Palli Baroni
37
In V. Gandolfi, Intervista a Ubaldo Bertoli, Parma, 20 maggio 1990, in Archivio Storico
dellEni, Fondo Interviste n. 31. Segnaliamo la tesi di laurea di A. Mezzasalma, Il Gatto
Selvatico.Lhouse organ nellEni di Mattei, Universit degli Studi di Milano, A. A. 2006-2007
e la tesi di S. De Bernardin Gole, Le riviste del petrolio. Arte, letteratura e industria in Esso
Rivista (1949-1983) e Il Gatto Selvatico (1955-1964), Milano, Universit Cattolica del
Sacro Cuore, A. A. 2007-2008.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 415
stici e civili. Lo dimostra il fatto che molti collaboratori del giornale dellEni
siano stati parmensi, da Pietro Bianchi a Francesco Squarcia ad Alberto Be-
vilacqua, per ricordarne solo alcuni. Non si sottrasse tuttavia allinizio, mal-
grado molti impegni, a dare il proprio contributo ad una nuova rivista tri-
mestrale di lettere e arti ideata a Parma e pubblicata a partire da gennaio 1957
col glorioso nome della biblioteca ducale Palatina. Il comitato di redazione
fu formato dallo stesso Bertolucci, da Gian Carlo Artoni, Giorgio Cusatelli,
Francesco Squarcia, Angelo Tonna e Roberto Tassi, che funse da direttore.
Pi tardi si aggiunsero Gian Carlo Conti e Mario Lavagetto e il periodico
continu ad uscire fino al gennaio 1966. Oltre a saggi e testi letterari, la rivi-
sta accolse scritti dedicati a Parma nella sezione centrale Gli anni e interven-
ti di critica militante nellultima parte.
Determinante fu il ruolo del poeta nellispirazione della rivista, le cui linee
guida furono da lui indicate in Perch Palatina 38. In questo editoriale, pur
non nascondendo lesigenza di un impegno e di una visione oltre regionale,
si ravvisa il desiderio di un ritorno, dallottica della grande Roma in cui si tro-
vava ormai a vivere, alla provincia come luogo dove era ancora possibile ritro-
vare umanesimo, una cultura non massificata e una produzione non in serie.
Nostalgia di Parma e del mondo in cui si era formato alla letteratura e al gior-
nalismo39? Sembra pensarlo Squarcia nel numero seguente40, rifiutando il
mito sentimentale e il valore assoluto della provincia propri della propo-
sta bertolucciana:
Quello spazio lui lo vede con un affetto un po carnale, seppure raddolcito dai
passaggi di stagione e dalla conversazione con gli amici. Esaltato e disilluso dalla
Grande-Citt ha bisogno di questarea certa e misurabile per capire e per capirsi,
e anche per il gusto di ripartirne.
In verit, pur pubblicando pochi interventi (gli anni fino al 1963 coinci-
dono con limpegno del Gatto Selvatico, della Fiera Letteraria e dellIllu-
strazione Italiana e lavviarsi della collaborazione al Giorno), Bertolucci
segu la rivista partecipando a distanza attraverso uno scambio epistolare con
Tassi ancora inedito. Gi a partire dal dicembre 1956 Bertolucci appare infa-
stidito dal ritardo nella preparazione del periodico41, che Tassi giustifica con
un disorientamento della redazione parmigiana dopo lentusiasmo iniziale,
annunciando peraltro una scaletta dinterventi e chiedendo se sia possibile
38
A. Bertolucci, Perch Palatina, in Palatina, a. I, n. 1, gennaio-marzo 1957, pp. 3-4.
39
Mutuiamo dal titolo di un articolo di Bertolucci Nostalgia di Parma apparso in LAp-
prodo letterario, gennaio-marzo 1952; ristampato in Aurea Parma, a. XXXVI, fasc. II, apri-
le-giugno 1952.
40
Cfr. F. Squarcia, Dialogo, in Palatina, a. I, n. 2, aprile-giugno 1957.
41
Bertolucci aveva scritto ad Artoni di non aver saputo niente di concreto sulla rivista in
preparazione. Ricaviamo la notizia dalla lettera del 12/12/56 di Tassi da Parma.
416 Gabriella Palli Baroni
presentare sul primo numero poesia dello stesso Bertolucci, del quale, tutti si
sentivano figli. Sul n. 1 del gennaio-marzo 1957 si lessero infatti le poesie
Una lettera a Franco Giovannelli, Ringraziamento per un quadro, Leggendo
Waldemar Bonsels a G. 42 ed certo che il breve dissidio43 fu presto ricompo-
sto se nei primi tre numeri apparvero, per intervento di Bertolucci, gli Accop-
piamenti giudiziosi di Carlo Emilio Gadda accompagnati sul n. 3 dalla bella
pagina bertolucciana Conoscete lingegner Gadda?, esempio di quello stile gior-
nalistico che, muovendo dalla conoscenza delluomo, della sua saeva indi-
gnatio da gran borghese lombardo sradicato a Roma, delle vicende della sua
vita giunge allinterpretazione della sua opera degna di un romanziere vero,
di un Dickens che possegga lestro di uno Sterne44. Oltre a poesie45 altri
interventi giornalistici si lessero negli anni seguenti, Per un Carmignani sul n.
6 dellaprile-giugno 1958, Ancora Parma e dintorni sul n. 13 del gennaio-
marzo 1960, ma si dovette certamente allinfluenza di Bertolucci lattenzio-
ne per la poesia contemporanea (Sereni e Orelli, Caproni e Sbarbaro,
Giovanelli e Gaetano Arcangeli, Volponi), per le traduzioni poetiche e per gli
scrittori in prosa come Delfini, Colombi Guidotti o DArzo, di cui nel 1960
si pubblic un illuminante scritto su Stevenson46. Anche il dibattito cultura-
le che si instaur con limpegno sperimentale di Officina e con i collabora-
tori di questa, ospitati anche su Palatina (basti ricordare la Nota su Spitzer
di Pasolini)47 testimonia lapertura culturale della rivista, alla quale non fu
estraneo Bertolucci. Daltra parte, se torniamo alleditoriale di Bertolucci di
cui si detto, appare evidente che, pur elogiando la petite capitale dau-
trefois, il poeta non intendeva rinchiudere la cultura di Palatina nella tra-
dizione e nel passato, pur aristocratico, ma sapeva perfettamente, in linea con
tutta la sua storia di scrittore, il valore dellinnovazione. Concludeva infatti:
Ci vogliamo con questo inibire, chiudere? Non nelle nostre intenzioni. Palati-
na, per dorato che suoni il suo nome e aristocratico, aperta alle pi azzardate
avventure artistiche. Pur che non si tratti di presuntuose velleit.
42
Le poesie furono poi pubblicate in Viaggio dinverno, Garzanti, Milano 1971 e, succes-
sivamente, in Le poesie, Garzanti, Milano 1990 e in Opere, cit.
43
Nella lettera di Tassi in data 11/1/57 si manifesta il dispiacere per la decisione di
Bertolucci di abbandonare la rivista.
44
Conoscete lingegner Gadda?, in Palatina, a. I, n. 3, luglio-settembre 1957, pp. 22-26;
ora in Aritmie, Opere, cit., pp. 1109-1115.
45
La teleferica, in Palatina, a. III, n. 9, gennaio-marzo 1959; La consolazione della pittu-
ra, in Palatina, a IV, n. 13, gennaio-marzo 1960; Unesortazione ai poeti della mia citt, in
Palatina, a. V, n. 20, ottobre-dicembre 1961; Discendendo il colle e La strada della Spezia, in
Palatina, a. IX, n. 29, gennaio-marzo 1965. Tutte apparvero successivamente in Viaggio din-
verno, cit., in Le Poesie, cit. e in Opere, cit.
46
Una morte pi bella di un poema, in Palatina, a. IV, n. 13, gennaio-marzo 1960.
47
In Palatina, a. III, n. 10, aprile-giugno 1959.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 417
So che arrivi gioved e allora non apro un discorso su Palatina, che si far meglio
a voce. Solo posso dire che, in fondo, sempre pi Palatina mi sembra una cosa
del passato. E forse il discorso gi tutto fatto.
48
Cfr. M. Lavagetto, Appunti per una storia delle riviste emiliane (Officina, Palatina,
Rendiconti) in Quaderni modenesi, n. s., n. 13, ottobre 1979.
49
Le citazioni sono tratte dalla Premessa di Lagazzi a Officina Parmigiana. La cultura let-
teraria a Parma nel 900, a c. di P. Lagazzi, Ugo Guanda Editore, Parma 1994, pp. 7-10.
50
A. Bertoni, Dal Raccoglitore al Nuovo Raccoglitore: Periodici e vita letteraria a Parma
nel secondo dopoguerra, in Officina parmigiana. La cultura letteraria a Parma nel 900, cit., pp.
209-212.
51
La lettera porta la data del 21 febbraio 1967.
52
Lo special trasmesso il 26 maggio 1966 stato riprodotto in A. Bertolucci, Alla ricerca
di Marcel Proust, a cura di G. Ungarelli, Nuova Eri, Torino 1955, pp. 51-107.
418 Gabriella Palli Baroni
53
Il passo, tratto da A. Bertolucci P. Lagazzi, Allimprovviso ricordando, cit., riportato in
Opere, cit., p. LXXXIII.
Attilio Bertolucci poeta giornalista 419
54
Cfr. P. Lagazzi, Bertolucci in campo, in Nuovi Argomenti, Quinta serie, n. 11, luglio-
settembre 2000, p. 107.
STEFANIA RIMINI
1
E. Flaiano, Diario degli errori, a cura di E. Giammattei, Rizzoli, Milano 1976, ora in Id.,
Opere. Scritti postumi, a cura di M. Corti e A. Longoni, Bompiani, Milano 2001, p. 324.
422 Stefania Rimini
2
Le mie cose sono cose cui sono abbastanza attaccato ma che al tempo stesso mi respin-
gono, mentre io adoro lo scrittore felice, goethiano, che ama la pagina bianca. A me la pagina
bianca fa paura. Sono portato alla nota, allo schizzo giornaliero, alle cose che dopo forme-
ranno un volume. Ma di questo non mi curo, lessenziale che ti abbiano fatto soffrire in vita
(E. Flaiano, Gli italiani non sanno ridere, intervista rilasciata a G. Rosati, Il Mondo, 14 apri-
le 1972, ora in Id., Opere. Scritti postumi, cit., p. 1203).
3
Noi oggi siamo in contatto col mondo attraverso i mass media: i giornali principal-
mente, la radio, la televisione. La maggior parte delle notizie che il mondo ci offre sono pes-
sime notizie: non abbastanza confortate da quello che gruppi di uomini, societ, nazioni,
fanno perch questa fede non perisca del tutto. Sentiamo che qualche cosa si va lacerando nel
tessuto divino dellumano. Qualcosa si va perdendo, qualcosa si va sciupando irrimediabil-
mente per ladorazione del vitello doro, per ladorazione del successo, per ladorazione di quel-
lo che noi crediamo di essere, cio animali sessuali; mentre non siamo animali sessuali, siamo
animali pensanti, ragionanti (E. Flaiano, intervista rilasciata a G. Villa Santa, in Id., Opere.
Scritti postumi, cit., p. 1234).
4
E. Flaiano, Diario degli errori, cit., p. 390: Il paese delle mistificazioni alimentari, della
fede utilitaria (lattesa del miracolo a tutti i livelli) della mancanza di senso civico (le citt
distrutte, la speculazione edilizia portata al limite) della protesta teppistica, un paese di ladri e
bagnini (che aspettano lestate) un paese che vive per le lotterie e il giuoco del calcio, per le
canzoni e per le ferie pagate. Un paese che conserva tutti i suoi escrementi. Si tratta di una
vera e propria invettiva contro lItalia, trascritta in forma di breve nota nel 1969 e confluita
poi nella raccolta Diario degli errori; i toni sono aspri, le accuse puntuali e poco divertite, il
ritratto complessivamente impietoso, e per di pi drammaticamente attuale.
5
Il tono sentenziante di molti scritti flaianei sembra alimentare lequivoco di una latinit
genetica, di una separatezza malinconica dovuta a una effettiva estraneit al suo tempo; ad ali-
mentare il mito della sua inattualit ci ha pensato pi volte lo stesso Flaiano, come emerge
da questo stralcio dellultima intervista rilasciata prima della morte: Io forse non ero di que-
stepoca, non sono di questepoca. Forse appartengo a un altro mondo: io mi sento pi in
armonia quando leggo Giovenale, Marziale, Catullo. probabile chio sia un antico romano
che sta qui ancora, dimenticato dalla storia, a scrivere cose che gli altri hanno scritto molto
meglio di me: cio, ripeto, Catullo, Marziale, Giovenale (E. Flaiano, intervista rilasciata a G.
Villa Santa, cit., p. 1237).
Inseguendo una vita di ricambio: Flaiano recensore cinematografico 423
bene non manchino poi affondi nichilistici e tirate di rara violenza contro i
vizi dellitaliano medio (ma non solo). C comunque un dato, fra gli altri,
che stupisce (tanto pi se si pensa al pericoloso qualunquismo dei nostri gior-
ni): lequidistanza dello scrittore da ogni schieramento o ideologia politica,
fatta salva la perentoria stigmatizzazione di qualsiasi dittatura6. proprio tale
moderazione che gli ha consentito di osservare la geografia umana del suo
tempo con svagata pensosit, senza condizionamenti o inibizioni, nonostan-
te le cesoie del regime prima e le trappole di una democrazia zoppicante
dopo. A guidarlo nella corsa a ostacoli della storia italiana stata lassoluta
devozione allidea di libert, lunico errore giovanile che non abbia mai
rifiutato7, oltre allinsana passione per il mestiere di scrivere.
Fresco di stampa
6
Si leggano al riguardo le nette prese di posizione contro il fascismo ovvero le tante diva-
gazioni polemiche nei confronti del comunismo e delle sue degenerazioni disseminate qua e
l nel Diario degli errori, nella Solitudine del satiro, e perfino nelle opere pi coerentemente
narrative: ne vien fuori il ritratto di uno scrittore eminentemente politico, ma mai condizio-
nato da appartenenze e logiche di partito.
7
Cfr. a questo proposito E. Flaiano, Diario notturno, Il Mondo, a. VIII, n. 45, 6 novem-
bre 1956, ora in Id., La solitudine del satiro, in Opere. Scritti postumi, cit., pp. 464-465:
Questamore per la parola Libert non sopportava aggettivi n associazioni: io non volevo una
libert sorvegliata, difesa, personale, intellettuale; n gradivo che le si accoppiassero concetti,
altrettanto nobili, come Giustizia e Democrazia, parendomi che la libert li contenesse tutti,
anzi li proteggesse.
8
Per uno spoglio degli articoli cfr. M. Ferrario, D. Ruesch, Bibliografia degli scritti di
Flaiano, rivista e integrata da A. Longoni, Scheiwiller, Milano 1988; la lista delle testate in cui
comparvero gli scritti giornalistici di Flaiano si trova invece in L. Sergiacomo, Invito alla let-
tura di Ennio Flaiano, Mursia, Milano 1996; altri strumenti utili per una puntuale ricostru-
zione dellattivit giornalistica di Flaiano si trovano in E. Flaiano, Opere. Scritti postumi, cit.,
pp. 1359-1405 e L. Buccella, Ennio Flaiano e la critica. Ricognizioni bibliografiche (1946-
1992), Ediars, Pescara 1993.
424 Stefania Rimini
Herbert Lawrence9. Nel novembre dello stesso anno, poi, viene pubblicato il
suo primo articolo sullItalia letteraria. Tra gennaio e febbraio del 1935
compare sulla rivista settimanale Quadrivio, diretta da Telesio Interlandi,
una sua rubrica dal titolo A&B, interrotta pochi mesi dopo a causa della par-
tenza per la guerra dEtiopia. La parentesi africana, lungi dal fiaccare la voca-
zione letteraria di Flaiano, esalta il suo bisogno di restare inchiodato al respi-
ro della pagina, per non venire travolto dallorrore e dallinutilit dellazione
sul campo. La redazione del diario Aethiopia. Appunti per una canzonetta
(pubblicato postumo sul settimanale Il Mondo nel 1973) contribuisce a
sviluppare lintuito per il particolare, ad affinare la capacit di trasferire sul
piano dellironia le pi desolate considerazioni sullesistenza, e cos gi da
queste note si intravede la verve dello scrittore a venire.
Il rientro in Italia segnato dalla ripresa di unintensa attivit giornalisti-
ca, difficile da rubricare per la consistenza e la variet delle collaborazioni. Tra
le tante esperienze vissute al riparo delle rotative corre lobbligo di segnalare
non tanto lesordio come critico cinematografico (di cui diremo meglio tra
breve) quanto il consolidarsi del rapporto con Pannunzio intorno al nuovo
Oggi (siamo allaltezza del 1939-1940), e soprattutto intorno al quotidia-
no romano Il Risorgimento liberale (a partire dal 1944). Presso lorgano del
Partito Liberale, diretto da Pannunzio con la consulenza di Benedetto Croce,
Flaiano si occupa di cronaca di costume e di critica teatrale, tenendovi le
rubriche Carta bianca, Album romano, Spettacoli e Scena illustrata. Si tratta
per lo scrittore abruzzese dellapprodo a una nuovo codice dinformazione;
pur mantenendo i toni di una colloquiale ironia, il suo occhiale indiscreto
orientato infatti verso la denuncia della drammatica situazione italiana nel
tentativo di far riemergere, tra le rovine del secondo conflitto mondiale, gli
ideali liberali di pace sociale e giustizia tanto mortificati dal fascismo. Nel rie-
vocare gli anni di questa breve ma significativa esperienza, Flaiano sottolinea
con forza la responsabilit politica di quelle pagine, solo apparentemente
evasive rispetto allurgenza della storia italiana.
9
possibile rileggere questi scritti, per la verit ancora acerbi ma gi orientati verso la pre-
ferenza per una letteratura antiretorica e a suo modo satirica, grazie alla cura di Maria Corti e
Anna Longoni: cfr. Note ai testi, in E. Flaiano, Opere. Scritti postumi, cit., pp. 1318-1326.
10
E. Flaiano, Gli italiani non sanno ridere, cit., p. 1202; come vedremo pi avanti lo spes-
sore della critica cinematografica del nostro, fin dagli esordi, ben pi consistente del dilet-
tantismo cui si allude in questa dichiarazione.
Inseguendo una vita di ricambio: Flaiano recensore cinematografico 425
11
Cfr. E. Flaiano, Locchiale indiscreto, Bompiani, Milano 1995.
12
Sulle dinamiche, il rilievo e le frustrazioni del Flaiano sceneggiatore cfr. soprattutto F.
Natalini, Ennio Flaiano. Una vita nel cinema, Artemide, Firenze 2005; G.P. Brunetta, Flaiano
sceneggiatore, in AA.VV., Flaiano ventanni dopo, Ediars, Pescara 1992, pp. 44-49.
13
Nel 1956 presso leditore Bompiani Flaiano pubblica una silloge intitolata proprio
Diario notturno, che raccoglie articoli pubblicati negli anni 1943-49 in varie sedi e pezzi appar-
si tra il 1954 e il 1956 nella omonima rubrica del Mondo. Si tratta di materiali variamente
rielaborati e riorganizzati dallautore, che testimoniano per la centralit della scrittura gior-
nalistica come fonte di ispirazione letteraria. Per un attento profilo filologico della raccolta cfr.
Note ai testi, in E. Flaiano, Opere 1947-1972, a cura di M. Corti e A. Longoni, Bompiani,
Milano 1990, pp. 1415-1431.
426 Stefania Rimini
14
E. Flaiano, Aspettando Canzonissima, intervista rilasciata ad A. Rosselli, Aut, a. I, n.
19, 26 luglio-1 agosto 1972, ora in Id., Opere. Scritti postumi, cit., p. 1214.
15
N. Ajello, Il settimanale di attualit, in V. Castronuovo, N. Tranfaglia (a cura di), La
stampa italiana del neocapitalismo, Laterza, Roma-Bari, 20012, p. 212.
16
Cfr. E. Flaiano, Le ombre bianche, Rizzoli, Milano 1972.
17
Cfr. S. Rimini, Ennio Flaiano: i dormiveglia di un satiro a teatro, in AA.VV., La parola
quotidiana: itinerari di confine tra letteratura e giornalismo, Atti del Convegno (Catania 6-8
maggio 2002), a cura di F. Gioviale, Olschki, Firenze 2004, pp. 307-322.
Inseguendo una vita di ricambio: Flaiano recensore cinematografico 427
Difficolt di scrivere elzeviri. Non so che cosa scrivere, n per chi. Come intavo-
lare una conversazione a un cocktail. La gente avida di cose vere, non sa pi
che farsene dello pseudo letterato di professione, che giudica e interpreta gli avve-
nimenti o la sua stessa vita. Ci vogliono notizie. Il pubblico segue la vita dei suoi
eroi o simboli quotidianamente, scaricandosi di ogni responsabilit o soltanto
della fatica di fare le cose che loro fanno e che egli vorrebbe fare, ma non osa18.
Uno dei primi articoli dedicati allarte della celluloide si intitola felice-
mente Lettere damore al cinema e registra entusiasmi, clamori e aspettative
nei confronti della decima musa.
Ogni epoca ha le sue passioni, il cinema toccato a noi; la maggior parte delle
ragazze e dei giovani, oggi, non pensa che ad entrare in cinematografo. La vita
dello schermo affascina con lidea del suo ingranaggio facile e redditizio. Tutto
appare semplificato, se si appena convinti di avere un bel viso e soprattutto se
si stanchi di stare in famiglia. La vita quotidiana non mai attraente. []
Allora si vede che sullo schermo tutto fatto per la gioia a domicilio. Le signori-
ne dei film dormono generalmente fino alle undici col cagnetto sul piumino,
fanno colazione a letto, vanno in automobile e passano il tempo a farsi amare
[] Chi non vorrebbe anche a costo di sacrifici fare una vita simile? 20.
18
Ivi, p. 316.
19
E. Flaiano, Diario degli errori, cit. 398.
20
E. Flaiano, Lettere damore al cinema, Documento, a. I, n. 3, marzo 1941, ora in Id.,
Lettere damore al cinema, a cura di C. Bragaglia, Rizzoli, Milano 1978, p. 7.
21
Ivi, p. 9.
22
Ivi, p. 11.
428 Stefania Rimini
ci, smaniosi di comparire sullo schermo per accarezzare finalmente le ali del
sogno23. Non poteva essere altrimenti, comunque, perch la travagliata rela-
zione tra Flaiano e il cinema, nonostante lusinghe, sensuali corpo a corpo, e
qualche promessa di eterna fedelt, si trascinata per oltre trentanni scavan-
do un risentimento che alla fine ha indotto lo scrittore non proprio a un
abbandono definitivo ma a tenere il broncio24.
Per gli amanti del gossip e degli scandali al sole, ci sforziamo di riferire la
risposta data da Flaiano alla perentoria domanda di Carlo Mazzarella:
23
Per sano spirito di campanilismo, tra la fitta corrispondenza briosamente contrappun-
tata da Flaiano, ci piace ricordare la chiosa di Francesca P. di Catania: Scusatemi se mi per-
metto di scherzare in momenti in cui necessario soltanto credere, obbedire, combattere. Ma
io debbo credere in quanto devo avere fiducia in voi, obbedire in quanto debbo essere stru-
mento della vostra volont, combattere in quanto debbo sfidare tutti i pericoli e le disavven-
ture della vita e poscia scendere le pi alte vette della celebrit. Sono alta un metro e 55, so
nuotare e sono bella (ivi, p. 8).
24
E. Flaiano, intervista rilasciata a Carlo Mazzarella per la televisione, in Id. Opere. Scritti
postumi, cit., p. 1193.
25
Ivi, p. 1194. La presunta data di scadenza di un film (uno, tre, dieci anni) viene smen-
tita da unaltra dichiarazione dellautore: Certo avrei potuto trasformare i miei soggetti in
altrettanti racconti o romanzi. Ma stato meglio cos, perch nel cinema hanno avuto una
dimensione pi totale. Infatti degli anni Cinquanta non si leggono pi i libri, mentre si vedo-
no ancora i film (E. Flaiano, Aspettando Canzonissima, intervista rilasciata ad A. Rosselli, cit.,
p. 1215). A oltre ventanni di distanza (lintervista risale infatti al 1972), Flaiano ribadisce la
vitalit dei film di met secolo, che sembrano quindi invecchiare senza troppe smagliature da
documento.
Inseguendo una vita di ricambio: Flaiano recensore cinematografico 429
Signore e signori, quel po di morale che maiuta a vivere lho distillata dalle
immagini. Il cinematografo mi ha fornito un aiuto prezioso. nelle pellicole che
ho visto trionfare la giustizia e sprofondare liniquit, premiare il buono e pro-
teggere la vedova; ma questo sarebbe assai poco se non vi avessi visto anche la vita
assumere un ordine formale, strettamente imbrigliato dalle leggi della visione.
dunque sugli schermi (e nei quadri), che la vera vita si svolge, e azioni e reazioni
si condensano in ombre e luci, e le filosofie vengono illuminate dalle composi-
zioni, e tutto si svolge come in un sogno prestabilito. La vita quotidiana cos
affidata al caso chio non solo ne ho paura ma anche ribrezzo27.
Ricordarsi che un film unopera darte (ma non necessariamente), che vive solo
nella quarta dimensione, il tempo. Unopera darte alta tre centimetri e lunga per-
lomeno due chilometri e mezzo. La velocit del percorso fissa: milleseicento-
quarantacinque metri lora28.
Io odio il cinema. Il cinema sta prevaricando sulla realt e d false informazioni
sulla vita. Questo per il cinema corrente. Quello sperimentale d false informa-
zioni sui sogni29.
26
Cfr. G. Gambetti, Flaiano e il cinema, in AA.VV., Ennio Flaiano, luomo e lopera, Atti
del convegno (Pescara, 19-20 ottobre 1982), Associazione culturale Flaiano, Pescara, 1982,
pp. 105-111; pp. 44-49; D. Resch, Flaiano e il cinema nei documenti di Lugano, in AA.VV.,
Flaiano ventanni dopo, cit., pp. 59-65; L. Palestini, P. Smoglica, I film firmati da Flaiano, ivi,
pp. 66-88; G. Fofi, Ennio Flaiano e il cinema, in AA.VV., Ennio Flaiano, Quaderni
dellAssociazione Carlo Cattaneo, Lugano 1992, pp. 85-92.
27
E. Flaiano, Autobiografia del Blu di Prussia, in Id. Opere. Scritti postumi, cit., p. 8.
28
E. Flaiano, Melampus, in Il gioco e il massacro, Rizzoli, Milano 1970, ora in Id., Opere
1947-1972, cit., p. 741.
29
Ivi, p. 781.
430 Stefania Rimini
Piccola posta. Caro Benedetti, nella breve nota biografica che mi riguarda pub-
blicata sul tuo Espresso n. 12, c uninesattezza: che io sia, oltre che soggettista
e sceneggiatore, anche regista cinematografico. Non lo sono. Mi sembra pruden-
te aggiungere che non sono nemmeno attore, operatore, musicista e produttore.
Di solito sono spettatore, molti anni fa sono stato critico e ho smesso perch mi
sembrava strano scrivere per il cinema e giudicare nello stesso tempo i film degli
altri (ma si fa, normalmente)30.
30
E. Flaiano, La solitudine del satiro, cit., p. 514.
31
Il riscontro editoriale di tale produzione notevole, se si pensa che sono tre i volumi
dedicati alla raccolta delle recensioni; lunico rammarico che si tratta di testi per lo pi intro-
vabili in commercio, e dunque di difficile consultazione. Cfr. E. Flaiano, Lettere damore al
cinema, cit.; Id, Un film alla settimana, a cura di T. Kezich, con la collaborazione di C.
Romani, Bulzoni, Roma 1988; Id., Nuove lettere damore al cinema, a cura di G. Fink, Rizzoli,
Milano 1990.
Inseguendo una vita di ricambio: Flaiano recensore cinematografico 431
Tutte queste considerazioni che forse il lettore trover amare o forse trover
ovvie mi sono parse inevitabili mentre le ombre di quel brutto e inutile film ita-
liano si agitavano sullo schermo e mentre le voci degli attori mi ricordavano che
32
Per un dettagliato resoconto delle collaborazioni di Flaiano in veste di critico cinema-
tografico cfr. C. Bragalia, Tempo di cinema, in E. Flaiano, Lettere damore al cinema, cit.,
pp. 237-239.
33
C. Bragaglia, Tempo di cinema, cit., p. 238.
34
E. Flaiano, Capra o la macchina dei nodi alla gola, Bis, n. 3, 30 marzo 1948, ora in Id.,
Lettere damore al cinema, cit., p. 89.
35
E. Flaiano, Sfregiatissima Assunta, Bis, n. 4, 6 aprile 1948, ora in Id., Lettere damore
al cinema, cit., p. 90. Il film recensito Assunta Spina (1948), diretto da Mario Mattoli e sce-
neggiato da Eduardo De Filippo.
432 Stefania Rimini
avrei dovuto scrivere qualcosa di divertente per i lettori di Bis. un vero pecca-
to che stavolta mi sia lasciato prendere da questi problemi. Un giornalista che si
interessa di cinema, in questo straordinario paese, dovrebbe mettersi nella condi-
zione di non aspettarsi mai nulla. E tenersi pago se ogni tanto la mediocre vol-
garit della produzione interrotta da qualche opera darte. Non si pu preten-
dere larte ogni giorno. Si rischia di assomigliare a quel simpatico personaggio di
Labiche che, per sembrare elegante, voleva i tartufi dappertutto, anche nel brodo.
E invece i film, come i tartufi, hanno la loro stagione36.
36
E. Flaiano, A madunnella, Bis, n. 8, 4 maggio 1948, ora in Id., Lettere damore al cine-
ma, cit., pp. 97-98. Il film recensito nellarticolo Madunnella di Ernesto Grassi.
37
F. Di Giammatteo, C. Bragaglia, Ennio Flaiano critico cinematografico. Il gioco e il mas-
sacro, in AA. VV., Ennio Flaiano ventanni dopo, cit., p. 50.
38
E. Flaiano, Diario notturno, Rizzoli, Milano 1967, ora in Id., Opere 1947-1972, cit.,
p. 405.
39
E. Flaiano, Dora Nelson, Cine illustrato, 3 gennaio 1940 (firmato Patrizio Rossi), ora
in Id., Un film alla settimana, cit., p. 28.
40
E. Flaiano, Oh, Bombay!, in Il gioco e il massacro, Rizzoli, Milano 1970, ora in Id., Opere
1947-1972, cit., p. 723. Poco prima lepifania dellimmagine riflessa nello specchio determi-
na una brusca svolta nella autopercezione del soggetto: Mentre scendeva vide da quella secon-
da scala venir gi un uomo avanti negli anni, affaticato e dal volto bianco. Quando tocc il
Inseguendo una vita di ricambio: Flaiano recensore cinematografico 433
C un limite al dolore
in quel limite un caro conforto
unimprovvisa rinunzia al dolore.
Il pianista cerca un fiore nel buio
e lo trova, un fiore che non si vede
e ne canta la certezza.
Il gioco questo: cercare nel buio
qualcosa che non c, e trovarlo42.
pianerottolo scopr che tutta la parete di fronte alla scala che lui aveva disceso era un grande
specchio, e che egli aveva visto dunque discendere se stesso, e ne prov uno spavento che lo
costrinse a sedere sugli ultimi scalini, tentando di frenare laffanno del cuore. Ne dedusse che
tutto lorrore nellesserci, nellesistere realmente e nel saperlo di colpo, per esempio scen-
dendo le scale di un albergo sconosciuto (ivi, p. 721).
41
E. Flaiano, Diario degli errori, cit., p. 403.
42
E. Flaiano, La conversazione continuamente interrotta, in Un marziano a Roma e altre
farse, Einaudi, Torino 1971, ora in Id., Opere 1947-72, cit., p. 1142.
KATIA CAPPELLINI
*
Ringrazio Lietta Manganelli per laiuto, prezioso, e la disponibilit dimostratami.
1
Si cita dalloriginale italiano proposto da P. Italia in G. Manganelli, Il rumore sottile della
prosa, da lei curato per le edizioni Adelphi, Milano1994, p. 23.
2
Ivi, p. 24.
3
Cfr. E. Bernhard, Il complesso della Grande Madre. Problemi e possibilit della psicologia
analitica in Italia, in Tempo Presente, 6, n. 12, dicembre 1961, pp. 885-890, ripubblicato
in Id., Mitobiografia (a cura di H. Erba-Tissot), Adelphi, Milano 1969, pp. 168-174.
4
E pi precisamente sul numero 1 della rivista del giugno 1967, poi riproposto nella terza par-
te di G. Manganelli, Lunario dellorfano sannita, [Einaudi, Torino 1973] Adelphi, Milano 1991.
5
G. Manganelli, Modesta proposta per alcuni gesti impopolari, in LEspresso, 20 agosto
1978; ora col titolo Pertini in Id., Mammifero italiano (a cura di M. Belpoliti), Adelphi,
Milano 2007, pp. 78-79. Si legga pure quanto Manganelli sarcasticamente scrive a conclusio-
ne dellarticolo Omaggio allatleta apparso su Quindici, n. 13, novembre 1968 (con lo stes-
so titolo nel Lunario dellorfano sannita, cit., p. 192: [...] non posso non esaltarmi, ricono-
scendo come il destino di questo pianeta, attorno al quale ruotano perplessi dischi volanti pro-
436 Katia Cappellini
Lo si capisce subito, che siete la Coscienza. Ad esempio, fra i molti che, per mali-
zia anarco-comunista, di Pinelli suicida diffidano, voi avete scelto la signora
Cederna la quale, come noto, una donna. Ora, la Coscienza italiana sa che
essere donne non una professione raccomandabile: , diciamolo pure, il primo
e inevitabile passo per diventare una puttana. La gamma di invettiva che si pu
venienti dagli spazi gelidi e inospiti, si riassuma nellemblema geometrico e duro dello Stadio,
sul quale si affrontano i valorosi atleti, minuziosamente preparati, magri al punto giusto, ses-
sualmente astinenti, i figli migliori, i Nostri.).
6
Cfr. G. Manganelli, Risposta a Pasolini, in Corriere della Sera, 22 gennaio 1975; ora
con il titolo Aborto, in Id., Mammifero italiano, cit., pp. 11-17.
7
G. Manganelli, Manganelli: la presunzione di colpa, in Corriere della Sera, 7 agosto
1983; ora col titolo Tortora, in Id., Mammifero italiano, cit., p. 110.
8
Ivi, pp. 113-114.
9
In quellanno esce per Feltrinelli anche il libro frutto delle sue indagini, Pinelli. Una fine-
stra sulla strage.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 437
10
G. Manganelli, Lanonimo italiano, in LEspresso, 9 luglio 1972; ora in Id., Lunario
dellorfano sannita, cit., p. 75.
11
G. Manganelli, Patria, in Id., Mammifero italiano, cit., p. 72.
12
Ibidem.
13
Ivi, p. 77. Lassurdit del reato di vilipendio, nonch lepisodio del cittadino di Udine si
trovano espressi pure in un articolo del 27 febbraio 1975 comparso su Il Mondo, Il potere
sacro, riproposto col titolo Vilipendio, in Id., Mammifero italiano, cit., pp. 121-126, ove si
legge: Chiaramente consapevoli di essere detestati da una parte non indifferente di cittadini,
oscuramente sospettosi di essere ritenuti spregevoli ed infimi nella pratica quotidiana o nella
dimensione della storia, tacitamente persuasi che il suddito avrebbe molti e validi motivi per
vilipendere, e che anzi lo desidera e pregusta, gli uomini dello Stato si proteggono dietro ad
una corazza di divieti che, ovviamente, non possono che renderli ancora pi detestabili.
pacifico che il reato di vilipendio rende degno di vilipendio colui che se ne serve., ivi, p. 122.
14
G. Manganelli, Basta con le tesi di laurea, in Corriere della Sera, 10 settembre 1977;
ora col titolo Tesi di laurea II, in Id., Mammifero italiano, cit., p. 106.
15
G. Manganelli, Come la vedono i presidi, in LEspresso, 23 novembre 1970; ora col
titolo Preside, in Id., Lunario dellorfano sannita, cit., p. 17.
438 Katia Cappellini
16
G. Manganelli, Formativo quel latino? Via, soltanto un fantasma, in Corriere della
Sera, 21 maggio 1977; ora col titolo Latino in Id., Mammifero italiano, cit., pp. 65-66.
17
G. Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, Adelphi, Milano 2003, p. 85.
18
G. Manganelli, Le vacanze del nostro malessere, in La Stampa, 1 luglio 1979; ora col
titolo Vacanze, in Id., Mammifero italiano, cit., p. 118.
19
Ivi, p. 119.
20
Cfr. ivi, p. 118.
21
Ivi, p. 115.
22
Ivi, p. 119.
23
Cfr. ivi, p. 120. Manganelli si era dedicato a questo tema anche in un articolo compar-
so su LEspresso (San Ponte, 11 giugno 1972) in cui analizzava quella che chiama levolu-
zione dalla fase della festa a quella della vacanza, cfr. G. Manganelli, Ponte, in Id., Lunario
dellorfano sannita, cit., p. 58.
24
Cfr. G. Manganelli, Scusi, ma lei lavorerebbe la domenica?, in Corriere della Sera, 8
marzo 1981; ora col titolo Domenica, in Id., Mammifero italiano, cit., pp. 38-41.
25
Cfr. G. Manganelli, Telefoni? Anche questa una gloria dItalia, in Il Giorno, 3 giugno
1973; poi col titolo Telefoni, in Id., Lunario dellorfano sannita, cit., pp. 154-155.
26
Cfr. G. Manganelli, Cronaca di una vita senza tv, in LEuropeo, 7 dicembre 1985; poi
in Id., Improvvisi per macchina da scrivere, cit., pp. 143-145. Ci non gli impedisce di scrive-
re su Rischiatutto, quiz condotto da Mike Bongiorno tra gli anni 1970 e 1974, e i suoi cam-
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 439
pioni: impossibile considerare quelle tre immagini come meri esseri umani: sono
Personaggi. Come tutti i Personaggi, sono travolti e illuminati da un ideale copione, una
immagine di s, cui debbono essere fedeli. Il loro cognome quello di una dramatis persona,
ciascuno interpreta se stesso, si anzi imparato a memoria. Questi supercampioni sono tali in
virt della loro inaudita memoria, ma nessuna memoria mi incanta pi di questa, grazie alla
quale essi custodiscono se stessi, si recitano davanti ad una penisola, un sabato sera., G.
Manganelli, A che serve questa memoria, in LEspresso, 28 maggio 1972; poi col titolo
Rischiatutto, in Id., Lunario dellorfano sannita, cit., pp. 46-51. Si cita dalle pp. 46-47. E di
intervenire anche a proposito di Carosello, trasmissione in onda dal 1957 al 1977 dove la
promozione pubblicitaria sposa lo sketch leggero, cfr. G. Manganelli, Duro colpo per la teolo-
gia se sopprimessero Carosello, in Il Mondo, 14 agosto 1975; poi col titolo Carosello, in Id.,
Mammifero italiano, cit., pp. 28-30.
27
E nella nuova casa: Il mio inconscio, tutto sottosopra, si muove come un gigantesco,
oscuro felino, si gonfia e si allunga, penetra nelle stanze, cerca di decidere dove metter i
Grandi Ricordi, ed ha per le mani due o tre Archetipi che non sa dove infilare; [], G.
Manganelli, Caotici angeli del trasloco, in Il Giorno, 10 dicembre 1972; poi col titolo
Trasloco, in Id., Lunario dellorfano sannita, cit., pp. 139-143. La citazione dalle pp. 141-142.
28
Cfr., ad esempio, G. Manganelli, Pensierini sullamore domestico, in LEuropeo, 21 set-
tembre 1981; poi col titolo Famiglia II, in Id., Mammifero italiano, cit., pp. 51-53.
29
G. Manganelli, Torino: il patriottismo un motore di grossa cilindrata, in LEspresso, 27
agosto 1972; poi col titolo Torino, in Id., Lunario dellorfano sannita, cit., (pp. 60-64) p. 61.
30
G. Pulce, Bibliografia degli scritti di Giorgio Manganelli, Titivillus, Firenze 1996, p. 6.
440 Katia Cappellini
31
G. Manganelli, Avanguardia letteraria, in Id., Il rumore sottile della prosa, cit., p. 72.
32
Cfr. G. Manganelli, La letteratura come menzogna, nellomonimo volume, [Feltrinelli,
Milano 1967] Adelphi, Milano 1985, p. 219.
33
Si veda quanto Manganelli scrive in Avanguardia letteraria, cit., p. 74: Si finge che la
letteratura sia una filosofia con le figure, e infine la stessa opera letteraria, degradata e defor-
mata, tenta limpresa per eccellenza empia, rovinosa, incestuosa: tenta di rispondere alle
domande del lettore. Ma ormai a quella povera cosa non spetter pi il nome di letteratura:
ma sar vario giornalismo, sebbene elegantemente rilegato. (corsivo mio).
34
Cfr. G. Manganelli, La letteratura come menzogna, cit., pp. 215-223; in part. p. 220.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 441
partita, mai definitiva perch mai lultima parola data, va condotta per far
manifestare, nella luce di una struttura notturna, il represso, seppur fatale.
Le riviste
35
Come racconter qualche anno dopo nellarticolo Questa universit di scandali e bugie
(La Stampa, 22 agosto 1979) e come ricorda Graziella Pulce nel suo Giorgio Manganelli: lin-
segnamento come problema, in F. Calitti (a cura di), Scrittori in cattedra. La forma della lezio-
ne dalle Origini al Novecento, in Semestrale di Studi (e testi) italiani, n. 9, Bulzoni, Roma
2002, p. 255.
36
La rivista uscir dal 1953 al 1965.
442 Katia Cappellini
37
Scrive Manganelli: Vorrei definire il teatro: occupazione verbale, gestuale e visiva di
uno spazio privilegiato. Privilegiato significa che il pubblico fuori. Proibiti gli applausi,
444 Katia Cappellini
erano gi letti sulla rivista di Anceschi nel 1960 (Poesie di R.S. Thomas, con
un congruo numero di poesie tradotte), nel 1962 (Tre + quattro domande
urgenti sulla poesia, con Alfredo Giuliani), nel 1963 (La verit sul caso Smith
e Ivy Compton-Burnett). Racconta Lietta Manganelli: Mio padre amava mol-
tissimo Il Verri, ma il problema era sempre lo stesso: si trattava di una rivi-
sta di grande prestigio e di pochissima pecunia38.
Nel biennio 1967-68 Manganelli lavora per Quindici, rivista mensile
voluta da alcuni esponenti del Gruppo 63 e legata allintento di innovazione
formale e stilistica proprio della neoavanguardia. Si aggiunge a ci lattenzio-
ne alla sfera politica sentita ora come urgente. Sono gli anni, ricordiamolo, in
cui il conflitto sociale tra limpresa da una parte (e il suo modello organizza-
tivo) e la forza lavoro dallaltra (il cui livello culturale andato rapidamente
crescendo, insieme con la capacit di organizzazione) si fa pi evidente. Il
boom ormai alle spalle. Il primo direttore del periodico nato a Roma nel
1967 Alfredo Giuliani sostituito da Nanni Balestrini, quando linteresse per
il discorso culturale e letterario verr in qualche modo scalzato da quello per
gli accadimenti politici e non soltanto italiani (ci si occuper, ad esempio, di
Vietnam e America Latina). Linconciliabilit tra le opposte posizioni (da un
lato la volont di un approccio culturale e letterario in senso stretto tacciato
per di disimpegno e da qui le dimissioni di Giuliani e, dallaltro le spin-
te pi radicali) portano, constatata limpossibilit di una linea culturale con-
divisa, alla chiusura di Quindici nel 1969. Manganelli vi redige articoli che
traggono spunto dallattualit come Obiezioni al divorzio (n. 1, giugno 1967)
e Alcune ragioni per non firmare gli appelli (n. 2, luglio 1967), una recensio-
ne su La nube purpurea di Schiel39, un intervento dal titolo La letteratura
come mafia (n. 9, 15 marzo-15 aprile 1968) a proposito dei libri leggibili e
quelli illeggibili in risposta a una critica mossagli da Moravia sulle pagine
sconsigliato lingresso. Lattore ammesso ad operarvi nella misura in cui esibisce indubitabi-
li indizi di inconsistenza e deperibilit: e sa di essere uno strumento, una cosa nobile e vile,
un segno, una nota, uno sfregio nello spazio. Talora, un appendiparole, un portagesti, un
menacolori. Altre volte, un segno attorno al quale i suoni tendono a conglomerarsi. []
Occorre mortificare lattore. II linguaggio teatrale vuole una voce cauta, cerebrale, leggera, la
parola teatrale un luogo plastico, oggettivo, non psicologico, non serve a costruire un perso-
naggio, a raccontare un amore, a deplorare lineffettualit metafisica di un rapporto sessuale;
ma a costruire un oggetto astratto, inafferrabile, mentitore.. E oltre: Il pubblico ha un suo
destino di attiva passivit. Suo compito, nel caso che si ostini a entrare in sala, di indicare il
punto in cui comincia il fuori, lo spazio dove non si pu verificare il prodigio dei gesti, delle
parole e degli oggetti strutturati. Oltre quella linea, che passa in mezzo al pubblico, dentro cia-
scuno di noi, comincia ci che Artaud chiamava escremento della realt., G. Manganelli,
Cerimonia e artificio, in Il Verri, 25, marzo 1967, pp. 80-81.
38
Su questo aspetto si veda anche quanto Manganelli afferma in una lettera inviata alla
famiglia nel 1949, raccolta in G. Manganelli, Circolazione a pi cuori. Lettere familiari,
Aragno, Torino 2008, p. 143.
39
G. Manganelli, Nerone e Adamo, in Quindici, n. 4, 15 settembre-15 ottobre 1967, p. 2.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 445
Da una parte, la letteratura che il Moravia definisce leggibile e giudica valida; una
letteratura che si suppone, ahim, non senza ragione umanistica, che trae ispira-
zione dalla vita, che teorizza la propria affabilit e non di rado simmagina o si
propone di dar opera al miglioramento dellumanit. Caratteristica minima della
letteratura leggibile in questa interpretazione la pi radicale, e forse lievemente
patologica mancanza di ironia. Daltro canto, esistono scrittori che non coltiva-
no una programmatica affidabilit; non lusingano il lettore, anzi non senza pro-
tervia aspirano a inventarselo da s: provocarlo, irretirlo, sfuggirgli; ma insieme
costringerlo ad avvertire, o a sospettare, che in quelle pagine oscure, velleitarie,
acerbe, in quei libri faticosi, sbagliati, si nasconde una esperienza intellettuale ine-
dita, il trauma notturno e immedicabile di una nascita. Il loro lavoro letterario si
concentra su di una tematica linguistica e strutturale; domina la coscienza del-
latto artificiale, anche innaturale della letteratura; e si celebra la fastosa libert,
loltraggiosa anarchia dellinvenzione di inaudite strutture linguistiche.
Discontinue schegge di retorica, coaguli linguistici inadoperabili per compiti di
socievole sopravvivenza, infine, carattere supremamente distintivo, una lingua
letteraria improbabile, fitta di citazioni, anche maniacale: una lingua morta41.
40
G. Manganelli, La letteratura come mafia, in Quindici, n. 9, 15 marzo-15 aprile 1968;
poi in Id., Il rumore sottile della prosa, cit., (97-102) p. 97.
41
Ivi, p. 101.
446 Katia Cappellini
[...] la delinquenza esiste; non esiste societ senza angiporti, labirinti, casbah,
vicoli e chiassetti, per i quali si aggira una folla di ombre dal nome incerto, spes-
so mutevole, dalla vita furtiva e enigmatica, non protette se non dalla reciproca
omert, gente inseguita, diffidata, non assistita da alcun codice collettivo ma
costretta ad elaborare clandestini rituali, convenzioni effimere; abitano una zona
che potremmo definire linconscio della societ; e dunque si imparenteranno ai
sogni, frantumati ed afasicamente allusivi, agli incubi, ai sudori notturni, i versi
degli animali che disegnano sul buio angosciosi emblemi fonici. Sono immagini
che tendono a mimetizzarsi ai limiti del nulla, taciturni e fugaci; e si chiamano
lun laltro, questi esseri dal nome precario, con una bizzarra fosforescenza,
discontinui dialoghi indiretti, che fanno pensare a certe ittiche luci dabisso, a
lucidi guizzi dinsetti nottambuli. Dovunque giunga un segno, una immagine
viva, l giunge il linguaggio: e dunque quegli angiporti umbratili saranno affolla-
ti di parole; e chiunque ami la vita ambigua e criptica delle parole, vorr inse-
guirle e, se non comprenderle sempre in tutta la densit torva e fastosa, almeno
sfiorarne il passaggio, quel loro transito losco e sghembo43.
quel mondo notturno che lo affascina, quello asociale dei sogni, tessu-
to dalla trama polisemica di ambigue parole. Intanto, nella prima parte, aveva
trovato posto losservazione, reperibile nei corsivi per i vari quotidiani o rivi-
ste, di certo costume italico, in questo caso sollecitato di fronte alla questio-
ne delinquenza. Come dire che Manganelli coglie i rumours della societ
che attorno a lui, appartato, si muove, e li traduce nel suo labirinto renden-
doli osservabili e non giudicandoli mai, pur proponendoli attraverso la lente
di un umorismo che , tuttavia, partecipe e che non lo pone dunque in atteg-
giamento di superiorit rispetto al gruppo di cui si parla. Affiora dai corsivi
manganelliani, quello che lui stesso definisce linconscio collettivo italia-
no44; dalla disamina del quale, mediocrit e colpevolezza risultano essere
tratti caratterizzanti ed essenziali di un cittadino colto in seno ad una societ
in uno strano equilibrio tra oppressori e oppressi, potenti e vili: ingranaggio
di un meccanismo perenne e inarrestabile.
42
Riproposto col titolo Plebe, in G. Manganelli, Lunario dellorfano sannita, cit., (158-
164) pp. 159-160.
43
Riproposto col titolo Malavita, ivi, (pp. 165-171) p. 167.
44
G. Manganelli, Del piacere di pagare le tasse, in Il Messaggero, 29 maggio 1986; poi
col titolo Tasse I, in Id., Mammifero italiano, cit., (pp. 93-95) p. 94.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 447
Nel 1974 cominciano ad apparire suoi scritti su Playboy (gli altri nel
75, 76 e infine nel 1980). Vi si rintraccia quel sistema di immagini che
Manganelli andato costruendo, immagini insondabili e ripetute, trame che
non portano ad una conclusione, ma allinizio di un nuovo labirinto oppure
allo stesso reiterato. Il gioco degli eroi (brevi corsivi su Garibaldi, Cesare, Riva,
Casanova), pubblicato sul numero di gennaio della rivista, prende le mosse
dai disegni di Martyn Van Der Jagt. Sullo stesso numero Errori, dove chiari-
sce che: Lerrore nasce in primo luogo dalla furia di mettere assieme idee che
non appartengono al medesimo mondo, dalla sensibilit allesistenza di un
altro mondo, che non ha parole sui nostri dizionari. Ancora una volta, par-
lando di Un libretto recente Fiori di banco di Ada Trer Ciani, Bompiani
[che] raccoglie un florilegio di errori di allievi delle elementari, introduce
il suo mondo Manganelli chiosando: [...] e si vedr subito quanto poco ele-
mentari siano codesti errori. Difatti, scorrendo le righe si legge che gli erro-
ri hanno una eleganza tragica di cose terribili quanto fragili. E pi avanti:
Diciamo che con le palafritte nasce la letteratura, nasce il paesaggio, che,
dice un altro errore, venne costruito dalluomo, assieme alle gallerie e ai
ponti: dove si gode la parzialit per quelle gallerie, di oscura destinazione, ma
che danno un prestigio notturno a quel paesaggio. Gli errori contano, per-
ch testimoniano Un sentimento della dubbia utilit della storia, e del suo
lato ilare e provvisorio, [...]45; posizione che torner in altri suoi scritti.
Errori pure il titolo di un corsivo presente sul numero di febbraio del 1974
e che, nuovamente, trae principio da una pubblicazione: [...] La mala Italia,
a cura di Ernesto Ferrero (Rizzoli), svagato gentiluomo piemontese che ha un
debole per la delinquenza, [...]46. Lironico commento allude agli interessi
dellautore di cui aveva gi parlato in Aut. Negli articoli di Manganelli, di
diverso taglio, compare spesso, come in questi, il riferimento allistituzione
familiare e alla sua abnormit come pure frequente il concetto di nulla.
Negli articoli per Playboy, in particolare, si rimane rapiti nellordito di
uninvenzione dilagante durante la quale ci si chiede dove condurr la trama.
Da unimmagine si avvia la storia, storia che spesso si sviluppa dalla descri-
zione di un personaggio. Nel tessuto linguistico, si recuperano inoltre stilemi
e topoi tipicamente manganelliani: leroe alle prese con gli di, angeli e mondi
ulteriori. E il nulla, appunto. Al fondo si ha a che fare con scritti dal caratte-
re letterario, carattere che pare rimandare a cosa lo scrittore : un lusus, un
errore. Un errare, senza fine, senza arrestarsi nella stupida ricerca di senso.
Data la natura ambigua della parola tale ricerca continuamente disattesa.
Per rammentare un altro dei corsivi, lultimo per Playboy, pubblicato sul
numero di dicembre del 1980, menzioneremo il gustosissimo, il caso di
45
G. Manganelli, Errori, in Playboy, gennaio 1974, pp. 116-117.
46
G. Manganelli, Errori, in Playboy, febbraio 1974, p. 16.
448 Katia Cappellini
dirlo, pezzo dedicato al cibo dal chiaro titolo Il gusto e diviso in paragrafi che
vanno dallatto del mangiare ai commensali, dalle pietanze alla proposta di
una psicofagia; nel dettaglio: Del mangiare in generale, Del ritmo dei cibi,
Del mangiare in compagnia, Del mangiare da soli, Psiciofagia, Del peccato di
gola. In compagnia si delinea il profilo del mangiare laltro: [...] il cenino
tutto cannibalesco, e lunico piatto il dirimpettaio, come atto di condivi-
sione, di amore estremo che era pure di Artaud. E mette del s Manganelli
aprendo una delicata parentesi sulle nevrosi e il cibo o i cibi che pi vi si addi-
cono. Il cibo analizzato come sostentamento, nellaccezione pi ampia.
Nel 1975 era uscito sul trimestrale romano Prospettive settanta (1, apri-
le-giugno) La riga bianca raccolto, in seguito, con altri interventi sulla scrit-
tura e sulla lettura, ne Il rumore sottile della prosa. Vi si esalta la non-riga, il
non-spazio e conseguentemente la possibilit di librarsi [...] in una condi-
zione temporale e spaziale abnorme ed esaltante47 tra regole imposte dalla
pubblicazione e le non regole che permette certa scrittura. Dimostra
Manganelli la reversibilit di ogni asserzione data per vera48, giocando con la
legittimit dello sfruttamento dello spazio, di tutto lo spazio della pagina,
compreso quello apparentemente vuoto del nulla.
Due suoi scritti vengono pubblicati su Alfabeta, mensile che nasce a
Milano nel 1979 (per cessare le pubblicazioni nel 1988) per iniziativa di
Nanni Balestrini e il cui interesse spazia dalla letteratura alla critica culturale
in generale e politica, dalla psicologia allarte. E di arte si occupa Manganelli
nel numero di maggio del 1982 con il Dialogo sugli spazi (con Lea Vergine),
mentre nel settembre 1983 scrive Nel manicomio tutto sacro 49, presentando
il volume di Alda Merini, Diario di una diversa, brano che verr pubblicato
come prefazione nelledizione Scheiwiller del volume nel 1986.
Manganelli anche autore di scritti critici darte sulla rivista FMR, alcu-
ni raccolti nel volume Salons (pubblicato dapprima, nel 1987, per le edizio-
ni FMR; poi da Adelphi nel 2000); trattasi di prose nate dallo spoglio di cata-
loghi di mostre darte. La stesura del pezzo parte dallesame di unimmagine,
cos come era accaduto anche per alcuni degli interventi su Playboy. Il
primo degli scritti per FMR dal titolo Arte per Acqua pubblicato sul n. 3
del maggio 1982 (p. 102); del giugno 1984 Le reliquie della fenice 50. Il nu-
mero dei contributi maggiore per lanno 1985 (tra i quali Tu sei Pietra, su
FMR n. 36, ottobre 1985, pp. 118-122; ristampato lanno dopo su Re-
porter51, e pi precisamente l11 gennaio 1986 col titolo Le pietre di Luni).
47
G. Manganelli, La riga bianca, in Id., Il rumore sottile della prosa, cit., p. 26.
48
Cfr. ivi, p. 27.
49
In Alfabeta, 52, settembre 1983, p. 11.
50
In FMR, n. 24, giugno 1984, pp. 110-116.
51
Quotidiano nato nella met degli anni Ottanta e diretto da Adriano Sofri ed Enrico
Deaglio.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 449
La felicit dei suoi scritti di critica darte induce Franco Maria Ricci ad allestire
(tra febbraio e ottobre dell86) uno spazio speciale nella sua rivista FMR, il
salon, templum dai limiti rigorosi allinterno del quale il grande sacerdote della
retorica possa celebrare sfrenatamente i suoi riti sfogliando i cataloghi delle
mostre darte52.
52
G. Pulce, Bibliografia degli scritti di Giorgio Manganelli, cit., p. 5.
53
P. Citati, Le invenzioni di Manganelli, in La Repubblica, 2 gennaio 2001, p. 36.
450 Katia Cappellini
I settimanali
54
Cfr. G. Manganelli, Il rumore sottile della prosa, cit., pp. 31-35.
55
Siena? Quale Siena?, in Nuovi Argomenti, s. 3, 23, luglio-settembre 1987, pp. 46-47.
56
G. Manganelli, Il rumore sottile della prosa, cit., p. 35.
57
A. Asor Rosa-A. Cicchetti, Dalla letteratura come vita alla letteratura come morale, in
A. Asor Rosa (diretta da), Letteratura italiana. Let contemporanea. La storia e gli autori, vol.
11, Einaudi, Torino 2007, pp. 226-227.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 451
I quotidiani
58
Eugenio Scalfari alla direzione del settimanale fino al 68; dal 1968 al 1970 direttore
Gianni Corbi. Suo successore Livio Zanetti fino al 1984; dopo di lui Giovanni Valentini.
59
Diretto, per lasse temporale che ci interessa, da Lamberto Sechi (fino al 1983), Claudio
Rinaldi (1983-1985), Salvatore Giannella (1985-1986), Lanfranco Vaccari dall86.
60
Dal 79 all85 direttore Carlo Rognoni.
61
Direttore Carlo Rognoni che nel 1985 lascia Panorama per passare ad Epoca.
62
Direttore dal 1960 al 1971 Italo Pietra con il quale il giornale vive una fulgida sta-
gione. Tra i collaboratori di questi anni ci sono, oltre a Manganelli, Arbasino, Bianciardi,
Citati, Eco, Pasolini, Cassola, Ottiero Ottieri, Soldati. Nel giugno del 1971 succede a Pietra
Gaetano Afeltra (fino al 1980).
63
Manganelli non far mai vera e propria vita da redazione. Scrive gli articoli nel suo stu-
dio e li invia mediante corriere.
452 Katia Cappellini
64
Consiglia: M. Rojas, Figlio di ladro, Feltrinelli, Milano 1980; M. Puig, Pube Angelicale,
Einaudi, Torino 1980; P. Citati, Vita breve di Katherine Mansfield, Rizzoli, Milano 1980.
65
G. Manganelli, Manganelli furioso. Ein Handbuch fr unntze Leidenschaften von
Giorgio Manganelli, Aus dem Italienisch von M. Schneider, Wagenbach, Berlin 1985.
66
Quando Manganelli incomincia a collaborare con il Corriere della Sera, direttore
Alfio Russo (lo sar fino al 1968). Gli succede fino al marzo 1972 Giovanni Spadolini. Dal
1972 al 1977 alla guida del quotidiano vi Piero Ottone; suo successore Di Bella fino all81,
dimissionario a seguito della vicenda P2: nella lista della Loggia sono presenti i nomi di Di
Bella, delleditore di maggioranza Angelo Rizzoli e del direttore generale Bruno Tassan Din.
Leredit del giornale affidata a Alberto Cavallari, direttore con un mandato triennale (1981-
84). A Cavallari sarebbe dovuto succedere Gino Palumbo, il quale, per motivi di salute, fu
costretto a rinunciare. Il 18 giugno 1984 il nuovo direttore Piero Ostellino, in carica fino al
1987.
67
Direttori sono Arrigo Levi (dal 1973 al 1978) e, in seguito, fino al febbraio del 1986,
Giorgio Fattori.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 453
gi citato Lisola pianeta). Del maggio dellanno dopo sono i resoconti dal
Pakistan (ne Linfinita trama di Allah. Viaggi nellIslam, 1973-1987, Quiritta
2002). Lo ritroviamo sulle pagine de La Stampa nellagosto 1988, quando
vi viene presentata, con larticolo Manganelli: il cosmo e i suoi pettegolezzi, lo-
pera teatrale che Manganelli porta al Festival di Todi nel settembre di quel-
lanno: Ho voglia di qualche minuto di teatro. Del 1975 il primo contribu-
to per Tuttolibri, il supplemento culturale a cadenza settimanale de La
Stampa, Gli ex voto 68, a cui seguir un impegno costante nel 1976 (sul
numero del 9 ottobre Contenitori per defunti, anticipazione di un brano com-
preso in Sconclusione, edito da Rizzoli sempre nel 1976) e nel 1977; e si leg-
geranno suoi scritti negli anni 1978, 1979 e nel 1981, vale a dire recensioni
o interventi sulla lettura in generale, ma sempre col piglio proprio di
Manganelli; sar possibile scorgerlo nelle vesti del Censore di Addis Abeba
il quale dichiara: Con pazienza, con calma, con fermezza, debbo impedire la
lettura di libri illegibili da parte di gente che non sa leggere69, esplicitando
la propria funzione: In breve, il mio compito si riduce a questo: approvare o
disapprovare qualsiasi parola che, in qualsiasi lingua, venne scritta o pronun-
ciata. Poich le parole sono inintellegibili, o sono perdute, o irraggiungibili,
[...]70 oppure nel mettere in ridicolo (E Sallustio non va bene?, 2 dicembre
1978) la smania di regalare libri a Natale da parte dei non lettori che gli chie-
dono consiglio, interrogandolo sui libri pi strani o speciali rispetto a
quelli da lui proposti. E linterrogato, che pensa a classici o autori destinati a
diventarlo, anche se minori come A. Kavan, chiude la telefonata con S, ho
letto anche dellaltro. Ma non voglio essere beffato, e con la scusa che sto scri-
vendo I Promessi Sposi, riattacco il telefono71.
Lascia il Corriere ( laprile del 1986) ed inizia a collaborare con Il
Messaggero72 fino al 1990, anno della morte. Tralasciando le interviste al
Nostro (di S. Taverna, Ai tempi miei, 24 luglio 1981; di S. Petrignani, Im-
mobile e tiranna, sul numero del 25 febbraio 1985 e Saggi tempestosi del 6 no-
vembre), pezzi di Manganelli erano gi apparsi sulla testata romana: nel
1979, sul numero del 16 gennaio, vi si legge Un esempio di ironia teologica,
estratto della prefazione che Manganelli aveva scritto per Lironia teologica di
Lucio Fontana. Progetti per una porta del Duomo di Milano, volume uscito per
le edizioni Multipla di Milano lanno prima; nel 1985, Il lord in maschera (3
68
Larticolo, del 13 dicembre 1975, lanticipazione di Ex voto. Storie di miracoli e di mira-
colati. Testo di G. Manganelli, antologia e note di G. Guadalupi, F. M. Ricci, Parma 1975.
69
G. Manganelli, Vi proibisco lAmleto, in Tuttolibri, 29 aprile 1978; poi in Id., Il
rumore sottile della prosa, cit., (pp. 149-152) p. 151.
70
Ibidem.
71
G. Manganelli, E Sallustio non va bene?, in Tuttolibri, 2 dicembre 1978; poi in Id., Il
rumore sottile della prosa, cit., (pp. 213-216) p. 216.
72
Direttore dal 1980 al 1987 Vittorio Emiliani; dal 1987 al 1993 Mario Pendinelli.
454 Katia Cappellini
A mo di (s)conclusione
73
Del 23 marzo Privilegio di un frammento su Gastone Novelli oppure il 7 aprile I colori
delle tenebre su Emil Nolde o Geometrie musicali, su Fausto Melotti, il 14 aprile; del 4 agosto,
Quello splendido mostro, dedicato al Colosseo, e il 24 novembre Gogol e il suo cappotto; l11 ago-
sto Le superbe menzogne del genio su Caravaggio.
74
G. Manganelli, Esperimento con lIndia (a cura di E. Flamini), Adelphi, Milano 1992, p. 20.
75
Ivi, p. 91.
Giorgio Manganelli: le eterne, fatali, inutili partite 455
76
Scrive Manganelli: Dei e uomini giocano un unico gioco, che li apparenta e li svela
reciprocamente., ivi, p. 90.
77
Ivi, p. 18.
78
Molti sono gli interventi raccolti in volume: articoli apparsi su LEspresso (1972-73),
su Il Giorno (1972), su Aut e su Quindici (1967-68) si trovano nel Lunario dellorfano
sannita (Einaudi, Torino 1973; Adelphi, Milano 1991); anni dopo gli articoli pubblicati dal
1973 al 1988 per La Stampa, Il Corriere della Sera, Il Mondo, Epoca, LEspresso,
LEuropeo e Il Messaggero confluiscono nellopera dal titolo Improvvisi per macchina da
scrivere (Leonardo, Milano 1989; Adelphi, Milano 2003). Segue, postumo, Il rumore sottile
della prosa, volume che [] riunisce 60 articoli, pubblicati da Manganelli tra il 1966 e il
1990 su diversi quotidiani e riviste, riguardanti i temi del leggere, dello scrivere e del recensi-
re libri. Non si tratta di una mera silloge redazionale, ma di un corpus omogeneo, pensato e
organicamente strutturato dallo scrittore: una vera e propria raccolta dautore. (dalla Nota
al testo di Paola Italia, in G. Manganelli, Il rumore sottile della prosa, Adelphi, Milano 1994, p.
257). Postumo esce anche Mammifero italiano, curato da Marco Belpoliti (Adelphi, Milano
2007), volumetto composto dai corsivi redatti per differenti testate fra il 1972 e il 1989. I cor-
sivi dedicati al viaggio si leggono in: Cina e altri orienti (Bompiani, Milano 1974), Esperimento
con lIndia (a cura di E. Flamini, Adelphi, Milano 1992), Linfinita trama di Allah. Viaggi
nellIslam 1973-1987 (a cura di G. Pulce, Quiritta, Roma 2002), La favola pitagorica (a cura
di A. Cortellessa, Adelphi, Milano 2005), Lisola pianeta e altri settentrioni (a cura di A.
Cortellessa, Adelphi, Milano 2006). Interventi vari riguardanti limmaginario tecnologico
sono in Ufo e altri oggetti non identificati 1972-1990 (a cura di G. Pulce, postfazione di R.
Manica, Quiritta, Roma 2003). Scritti di Manganelli sono proposti sul numero monografico
di Riga (a cura di M. Belpoliti e A. Cortellessa), n. 25, Marcos y Marcos, Milano 2006.
CARLO SERAFINI
Reportage su Calvino
Sopra una scrivania in una delle ultime abitazioni di Calvino stato tro-
vato un elenco autografo di ventisette titoli di libri da realizzare, elenco scrit-
to su di una cartolina datata marzo 1978 1. Tra i titoli non poi divenuti libri,
appare anche Articoli politici (Let del ferro 1945-57), ed almeno altri due
sono relativi allattivit giornalistica dello scrittore: Categorie italiane e
Cronache italiane cronache planetarie (articoli sul Corriere della sera 1975-
1979). Occorre per subito fare alcune precisazioni: in Calvino non certo
una novit lattivit di selezione e organizzazione della propria opera, ma il
titolo (Let del ferro) e il periodo delimitato (1945-1957) lasciano intuire un
preciso progetto relativo ad un periodo di Calvino che lo vede agire indub-
biamente sotto legida dellimpegno, soprattutto politico, come il titolo in
elenco recita. Va detto per anche che limpegno di Calvino lo ha sempre
visto attivo a tutto campo: politico in primis (restando in questo periodo) ma
anche culturale e sociale, nel senso che il primo Calvino giornalista (quello
che scrive fino alla fine, circa, degli anni Cinquanta) va collegato al contesto
costituito da tutti gli altri interventi (politici, di costume, di letteratura, e
anche narrativi) dello stesso periodo, nonch alle pagine (sempre riferite al
periodo in questione) che Calvino dedica a se stesso anche molti anni dopo
in scritti o interviste rilasciate. Nellintroduzione al Meridiano dei saggi di
Calvino, Barenghi sottolinea come la non-fiction calviniana sia infatti carat-
terizzata da una dominante saggistica, nel senso di esperimento, prova di
s, come si conviene ad uno scrittore animato da una consapevolezza assai
viva delle responsabilit etiche e intellettuali che in quanto tale gli compete-
vano, e daltra parte restio a identificarsi compiutamente in un ruolo, a dare
veste istituzionale alla propria attivit2. C da dire inoltre che gran parte
dei progetti di Calvino restano allo stato potenziale o al solo livello di abboz-
zo, n noi possiamo sapere con certezza cosa il titolo avrebbe incluso come
(con la stessa importanza) escluso; molto probabilmente avrebbe cercato di
1
Cfr. C. Milanini, Introduzione a I. Calvino, Romanzi e Racconti, vol. III, I Meridiani,
Mondadori, Milano 1991, pp. XIII-XIV.
2
Cfr. M. Barenghi, introduzione a I. Calvino, Saggi, 2 voll., I Meridiani, Mondadori,
Milano 1995, vol. I, p. IX.
458 Carlo Serafini
costruire libri dotati duna propria logica interna, cio di raccontare attra-
verso il montaggio dei testi [] Ma al curatore postumo non spetta di indi-
viduare come si sarebbe comportato lautore in un ipotetico futuro, quanto
di dar conto, nel modo pi chiaro possibile, del lavoro che egli ha effettiva-
mente svolto3. E, infine, va notato che se il Calvino giornalista-saggista ini-
zia la sua attivit contemporaneamente al narratore, gli scritti non narrativi
saranno ordinati solo molti anni dopo, cio a partire dal 1980, quando esce
Una pietra sopra, che esclude per tutti gli interventi precedenti al 1955.
Anche gli scritti raccolti in Collezione di sabbia (1984) sono stati composti
per gran parte negli anni Ottanta salvo qualche rara eccezione, la pi antica
delle quali risale al 1974, mentre Palomar (1983) nasce da una accurata sele-
zione delle collaborazioni al Corriere della sera (1974-1979) e a Repubbli-
ca (1979-1985).
Ma tornando nellet del ferro (cos come cronologicamente intesa da
Calvino stesso nel titolo) due sono le questioni intorno alle quali occorre por-
tare lattenzione per capire limpegno: lesperienza della Resistenza e il rap-
porto con il Partito comunista, con la fine del quale sembra chiudersi lepo-
ca in questione. Nella pagine dellAutobiografia politica giovanile 4, Calvino
ricorda come fu che entr nel Partito comunista: La mia scelta del comuni-
smo non fu affatto sostenuta da motivazioni ideologiche. Sentivo la necessit
di partire da una tabula rasa e perci mi ero definito anarchico. Verso
lUnione Sovietica avevo avuto tutto larmamentario di diffidenze e obiezio-
ni che si avevano di solito, ma risentivo pure del fatto che i miei genitori
erano sempre stati inalteratamente filosovietici. Ma soprattutto sentivo che in
quel momento quello che contava era lazione, e i comunisti erano la forza
pi attiva e organizzata. Quando seppi che il primo capo partigiano della
nostra zona, il giovane medico Felice Cascione, comunista, era caduto com-
battendo contro i tedeschi a Monte Alto nel febbraio 1944, chiesi ad un
amico comunista di entrare nel partito5. Da qui il suo ingresso nella lotta
partigiana, rispetto alla quale lo scrittore confessa di avere sempre avuto dif-
ficolt nel raccontare in prima persona i ricordi di quei venti mesi6. Rispetto
invece alla propria idea politica al tempo della Resistenza, Calvino precisa:
3
Ivi, p. XI.
4
Oggi in I. Calvino, Saggi, cit., vol. II, pp. 2733-2768. Questo testo venne scritto nel
1960 in risposta ad uninchiesta (intitolata La generazione degli anni difficili) realizzata da Il
Paradosso, rivista di cultura giovanile tra persone della politica e della letteratura che aveva-
no vissuto il Fascismo e la Resistenza per portare ai pi giovani lesempio della propria espe-
rienza. La prima parte dello scritto di Calvino apparve sul numero 23-24, anno V, settembre-
dicembre 1960; la seconda nel volume collettivo La generazione degli anni difficili, Laterza,
Bari 1962.
5
I. Calvino, Saggi, cit., vol. II, p. 2745.
6
Ibidem.
Reportage su Calvino 459
La Liberazione, con la fine della lotta partigiana, segn per Calvino, pro-
prio in forza dellesperienza fatta, lingresso nella politica attiva: se la missio-
ne era stata quella di sconfiggere il fascismo, ora era quella di concretizzare gli
ideali che quella lotta avevano sostenuto, e concretizzarli in una Italia nuova
che non corresse pi il rischio di errori come il fascismo e che portasse la cul-
tura allinterno non solo della politica stessa ma anche allinterno delle dina-
miche del vivere sociale ed economico. La lotta continua non pi con le armi
ma con la cultura, e quindi limpegno politico di Calvino va visto come il
logico e naturale prosieguo della Resistenza. E in ragione di questo Calvino
riconferma la sua adesione al Partito comunista:
Per noi che vi aderimmo allora, il comunismo non era soltanto un nodo di aspi-
razioni politiche: era anche la fusione di queste con le nostre aspirazioni cultura-
li e letterarie. Ricordo quando, nella mia citt di provincia, arrivarono le prime
copie dellUnit, dopo il 25 aprile. Apro lUnit di Milano: vice direttore era
Elio Vittorini. Apro lUnit di Torino: in terza pagina scriveva Cesare Pavese.
Manco a farlo apposta erano i due scrittori italiani miei preferiti, di cui nulla
conoscevo fino allora se non due loro libri e qualche loro traduzione. E ora sco-
privo che erano nel campo che anche io avevo scelto: pensavo che non poteva
essere altrimenti. E cos a scoprire che anche il pittore Guttuso era comunista!
Che era comunista anche Picasso! Quellideale di una cultura che fosse tuttuno
con la lotta politica ci si delineava in quei giorni come una realt naturale (Invece
non era affatto cos: coi rapporti tra politica e cultura dovevamo romperci la testa
per quindici anni, e non ancora finita)8.
7
Ivi, pp. 2746-2747.
8
Ivi, pp. 2752-2753.
460 Carlo Serafini
9
Sul Contemporaneo Calvino, tra le altre cose, tenne tra il 1955 e il 1956 la rubrica di
politica e costume La armi e gli amori.
10
Cfr. G. Ferretti, Le capre di bikini. Calvino giornalista e saggista, Editori Riuniti, Roma
1989.
11
Forse non c nellItalia degli anni Cinquanta un altro scrittore di quel livello che si sia
occupato come lui delloperaio quale figura sociale concreta. Cfr. P. Spriano, Le passioni di un
decennio 1946-56, Garzanti, Milano 1996, p. 27.
12
lUnit, 22 giugno 1946, oggi in I. Calvino, Saggi, cit., vol. I, pp. 1469-1472.
13
Ivi, pp. 1469-1470.
Reportage su Calvino 461
Da alcuni anni non sono pi nel Partito comunista, n sono entrato in alcun
altro partito. Vedo la politica pi nelle linee generali, e ho meno il senso desser-
vi coinvolto e corresponsabile. un bene o un male? Capisco tante cose che
prima non capivo, guardandole con una prospettiva meno immediata; ma daltra
parte so che possiamo comprendere a fondo solo quello che facciamo in pratica,
con unassidua applicazione quotidiana. [] Almeno due cose in cui ho creduto
lungo il mio cammino e continuo a credere, vorrei segnare qui. Una la passio-
ne per la cultura globale, il rifiuto della incomunicabilit specialistica per tener
viva unimmagine di cultura come un tutto unitario, di cui fa parte ogni aspetto
del conoscere e del fare, e in cui i vari discorsi dogni specifica ricerca e produ-
zione fanno parte di quel discorso generale che la storia degli uomini, quale
dobbiamo riuscire a padroneggiare e sviluppare in senso finalmente umano. (E la
letteratura dovrebbe appunto stare in mezzo ai linguaggi diversi e tener viva la
comunicazione tra essi).
Unaltra mia passione quella per una lotta politica e una cultura (e letteratura)
come formazione di una nuova classe dirigente. [] Ho sempre lavorato e lavo-
ro con questo in mente: vedere prender forma la classe dirigente nuova, e contri-
buire a dare ad essa un segno, unimpronta15.
14
La lettera pubblicata su lUnit del 7 agosto 1957, oggi in I.Calvino, Saggi, cit., vol.
II, pp. 2188-2191.
15
I.Calvino, Saggi, cit., vol. II, pp. 2758-2759.
462 Carlo Serafini
16
Cfr. Calvino: Quel giorno i carri uccisero le nostre speranze, intervista ad Eugenio Scalfari,
la Repubblica, 13 dicembre 1980.
17
Cfr. M. Forti e S. Pautasso, Il Politecnico, Lerici, Milano 1960, p. 11.
18
Ivi, p. 12.
Reportage su Calvino 463
19
Cfr. M. Zancan, Il progetto Politecnico, Marsilio, Venezia 1984, p. 138.
20
Oltre i due reportage per il Politecnico di cui si parler, Calvino compose altri scritti
sulla Liguria, oggi pubblicati tutti nel Meridiano dei saggi (I. Calvino, Saggi, cit., vol. II, pp.
2376-2406). Nello specifico: Liguria (Testo scritto per un lungometraggio di Folco Quilici,
apparso in Italo Calvino Folco Quilici, Liguria, a cura dellUfficio Pubbliche relazioni della
Esso Italiana, Silvana (Amilcare Pizzi), Cinisello Balsamo 1973, pp. 9-14); Savona: storia e
natura (Ferro rosso terra verde, Italsider, Genova 1974, pp. 7-34); Il terzo lato il mare (Genova,
Piazza Caricamento) (Monumenti dItalia. Le piazze, a cura di Franco Borsi e Geno Pampaloni,
Istituto Geografico De Agostini, Novara 1975, pp. 84-86).
21
Il Politecnico, 10, 1 dicembre 1945; oggi in I. Calvino, Saggi, cit., vol. II, pp. 2363-
2370.
22
Ivi, p. 2364.
23
Entrami pubblicati su Il Politecnico, 21, 16 febbraio 1946.
464 Carlo Serafini
24
Dai balletti di protesta alla strana danza di Lella, lUnit, 20 agosto 1947.
25
Tutti gli articoli furono pubblicati su lUnit di Torino da agosto a settembre 1949,
tranne 3 teste di giovani su un grande mappamondo, pubblicato sulledizione di Genova il 7 set-
tembre.
26
Giro del mondo alla Mostra di Budapest, lUnit 18 agosto 1949.
27
In una intervista a Felice Froio, Calvino parla del dover fare il colore quando si anda-
va ad un congresso o una manifestazione come di uno degli aspetti negativi dellapprendi-
stato di giornalista. Nella stessa intervista ricorda anche che gli episodi che pi lo colpirono
come cronista furono: loccupazione della FIAT nel luglio del 1948, la repressione sindaca-
le e gli scioperi nelle risaie del vercellese. Cfr. F. Froio, Dietro il successo, Sugarco, Milano
1984.
28
Va detto per completezza che questi non furono gli unici reportage realizzati da Calvino.
Oltre quelli cui si accenner oltre contenuti in Collezione di sabbia, Calvino invi una serie di
corrispondenze per i Giochi Olimpici da Helsinki pubblicate poi sulle quattro edizioni de
lUnit.
Reportage su Calvino 465
29
Per lanalisi di questi articoli ci si basati sulla ripubblicazione in I. Calvino, Saggi, cit.,
vol. II, pp. 2405-2496. Si rimanda anche allapparto finale del volume Note e notizie sui testi
(vol. II, pp. 3019-3025) per tutte le informazioni relative alla storia e alla pubblicazione di
questi articoli.
30
Non fu un caso isolato nel dopoguerra il viaggio di Calvino in Unione Sovietica: nume-
rosi furono infatti gli intellettuali e gli scrittori italiani di sinistra inviati per resoconti di viag-
gio in URSS. Unico precedente prebellico fu Corrado Alvaro (critico tra laltro nei confronti
dellUnione Sovietica). Cfr. sul tema L. Di Nucci, I pellegrinaggi politici degli intellettuali ita-
liani, in appendice a P. Hollander, Pellegrinaggi politici. Intellettuali occidentali in Unione
Sovietica, Cina e Cuba, Il Mulino, Bologna 1988, pp. 621 sgg. Numerosi furono sulle pagine
de lUnit gli interventi di intellettuali e dirigenti del PCI che precedettero Calvino nel visi-
tare lUnione Sovietica: Giorgio Soria con uninchiesta sulla vita sovietica di tutti i giorni
(1948), i reportage di Libero Bigiaretti (1949) e Renata Vigan (1950), il Taccuino di viaggio
in URSS di Egisto Cappellini (1950), Giancarlo Pajetta con Diecimila chilometri attraverso
lURSS (1950), Velio Spano con Impressioni di viaggio nellUnione Sovietica (1951), Mario
Alicata, Dalla capitale sovietica allAsia centrale (1951).
31
Oggi in I.Calvino, I libri degli altri, Einaudi, Torino 1991, p. 61.
32
Cfr. Id., Le ragazze di Lvov, in Id., Saggi, cit., vol. II, pp. 2409-2414.
33
Ivi, p. 2412.
466 Carlo Serafini
ciceroni, che accompagnano i turisti in giro per Mosca sono quasi sempre
donne. Calvino nella capitale sovietica pi attratto dai grattacieli che non
dalla Piazza Rossa. Ma la guida pronta a correggere, non si dice grattacie-
li in russo, ma case a molti piani, e Calvino non pu non notare il para-
dosso americano a contrasto con lassennata tranquillit dei sovietici34.
Proseguendo per le strade della capitale lattenzione di Calvino si rivolge ai
cartelloni del cinema che reclamizzano in sala In nome della legge di Germi.
Ad ogni angolo troneggia il volto di Girotti col cappello calato sugli occhi, e
poi ancora le tante luci dei grandi magazzini, i cappotti dei ragazzi, i tanti
stranieri per la citt. Gli aspetti minimi tornano anche nei successivi articoli:
in Dalla collina dei passeri 35, ribattezzata monti Lenin Calvino osserva le
casette di legno a un piano accanto ai grandi quartieri di palazzi nuovi, la
grande scacchiera di vecchio e nuovo, di alto e basso, di costruzione e
demolizione, per evidenziare comunque una Russia attaccata e amante delle
proprie tradizioni, un paese conservatore in senso positivo, che se guarda
avanti non insensatamente distruggitore. In Una serata moscovita 36,
Calvino si perde nellosservazione dei giovani tra il pubblico del Bolscii,
ragazzi e ragazze dallaria per nulla bigotta, noiosa o provinciale: sono tipi
svegli e attentissimi, sguardi trepidi e pur semplici; unaria da studentesse
daltri tempi; unaria insieme intellettuale e campagnola; e, naturalmente,
unaria russa. In Bambine e conigli 37 la descrizione dello scrittore si sposta
sulla natura38; dopo una giornata tra fiori, bambini, serre di pomodori e infi-
ne trebbiatura del grano vista al cinema, cos conclude larticolo: Qui la-
34
Ivi, p. 2415.
35
Ivi, pp. 2417-2420.
36
Ivi, pp. 2420-2423.
37
Ivi, pp. 2423-2428.
38
A tal proposito interessante notare quanto sostiene Di Nucci: A stimolare la sua fan-
tasia erano quella spontaneit agricola, quella semplicit rurale, quel forte legame che i russi
avevano con la terra [] Alla base di questo atteggiamento, che psicologico prima che cul-
turale, ci sono due spiegazioni: 1) una generale, e quasi istintiva predisposizione degli intellet-
tuali occidentali a preferire, alla realt della vita complessa nelle societ urbano industriali []
situazioni sociali semplificate e tranquille il pi possibile. Allinterno delle quali, cio, non []
viene mai messa in discussione lappartenenza degli intellettuali alllite. 2) Lesistenza di una
vera e propria tradizione culturale, tra gli intellettuali italiani, che li porta a sentirsi a loro agio
in quei posti che sembrano essere organizzati su una filosofia minimalista della vita, con una
morale della povert, e unetica del pane. Cfr. L. Di Nucci, cit., pp. 636-637. Sulla questio-
ne torna anche Domenico Scarpa: Calvino affronta questa trasferta come un rito diniziazio-
ne laica in cui egli, giovane intellettuale problematico, brucia sullaltare del socialismo le sco-
rie della propria perplessit, vestito del saio di ci che Vittorini sul Politecnico aveva defini-
to vergogna di essere borghesi [] LUrss diventa forse il luogo in cui Calvino ripara alla
scissione tra lio borghese (la famiglia benestante di scienziati progressisti antifascisti liberi pen-
satori) e il mondo (la Liguria magra e ossuta del suo primo articolo, proprio su Il
Politecnico)? Cfr. D. Scarpa, Come Calvino viaggi in Urss senza vedere Stalin, Linea dom-
bra, VIII, n. 52, settembre 1990, pp. 20-22.
Reportage su Calvino 467
39
Cfr. I. Calvino, Il tenore Bul Bul, in Saggi, cit., vol. II, p. 2459.
40
Id, Saggi, vol. II, pp. 2460-2465.
41
Ivi, pp. 2465-2472.
468 Carlo Serafini
42
Ivi, pp. 2472-2475.
43
Ivi, pp. 2475-2478.
44
Ivi, pp. 2489-2492.
45
Cfr. N. Ajello, Intellettuali e PCI, Laterza, Bari 1979, p. 303.
46
Sono stato stalinista anchio? venne pubblicato su la Repubblica del 16-17 dicembre
1979, contributo a un inserto dedicato a Stalin nel centenario della nascita. Oggi in I. Calvino,
Saggi, cit., vol. II, pp. 2835-2842.
Reportage su Calvino 469
Italo Calvino si rec in America nei primi di novembre del 1959 grazie ad
una borsa di studio della Ford Foundation e vi rimase per sei mesi viaggian-
do moltissimo. Nellestate del 1960 sulle pagine dellEuropeo, parlando
con Carlo Bo, racconta di come quel viaggio abbia lasciato un segno impor-
tante nella sua personalit e nel modo di vivere il viaggio:
47
Cfr. P. Spriano, cit., pp. 167-171.
48
Cfr. I. Calvino, Sciolti dal giuramento, in Cinema nuovo, VI, 120-121, 15 dicembre
1957, pp. 333-334; oggi in Id., Saggi, cit., vol. II, pp. 1912-1914.
470 Carlo Serafini
Partendo per gli Stati Uniti, e anche durante il viaggio, spergiuravo che non avrei
scritto un libro sullAmerica (ce n gi tanti!). Invece ora ho cambiato idea. I libri
di viaggio sono un modo utile, modesto eppure completo di fare letteratura.
Sono libri che servono praticamente, anche se, o proprio perch, i paesi cambia-
no di anno in anno e fissandoli come li si visti se ne registra la mutevole essen-
za; e si pu in essi esprimere qualcosa che va al di l della descrizione [], un
processo di conoscenza. [] fino a ieri credevo invece che sulla sostanza del mio
lavoro il viaggiatore potesse avere uninfluenza solo indiretta. Qui centra laver
avuto per maestro Pavese, gran nemico del viaggiare. La poesia nasce da un germe
che ci si porta dietro per anni, magari per sempre, diceva lui, pressa poco; cosa
pu contare su questa maturazione tanto lenta e segreta lessere stato qualche
giorno o qualche settimana qui o di l? [] Comunque, a me viaggiare sempre
piaciuto, al di fuori della letteratura. E a questo modo ho compiuto pure il mio
recente viaggio americano; perch mi interessavano gli Stati Uniti, come sono
fatti realmente, non, che so io, per un pellegrinaggio letterario o perch volessi
trarne ispirazione. / Per negli Stati Uniti sono stato preso da un desiderio di
conoscenza e di possesso totale di una realt multiforme e complessa e altra da
me, come non mi era mai capitato. successo qualcosa di simile ad un inna-
moramento. [] mi butto avido e geloso su ogni cosa che sento o leggo di quel
paese che pretendo dessere solo io a capire. Visto che qui sono stato preso dalla
musica delle cose [] bene che mi affretti a cercar di portarla sulla pagina49.
Calvino scriver quel libro, ma il libro non arriver mai alle stampe per
volont dello stesso autore 50. Del libro vedr la luce solo Diario americano
49
Cfr. lEuropeo, 28 agosto 1960.
50
Sulla questione del rifiuto da parte di Calvino del libro sullAmerica gi in bozza si
discusso molto. Cesare Cases in un necrologio subito dopo la morte dello scrittore, scrive:
Quando temeva di non poter uscire dal dilettantismo, non esitava a far marcia indietro. Verso
il 1960, dopo un viaggio negli Stati Uniti seguito a un altro in unione Sovietica caso allora
assai raro, non essendo ancora cominciata la grande ridda degli scrittori giramondo scrive un
libro sullesperienza americana in cui tra laltro metteva a confronto le due civilt, insistendo
(mi disse qualcuno che lo aveva letto e apprezzato) sullimportanza della geografia e rispetti-
vamente della storia nella loro formazione. O che questa chiave gli sembrasse troppo frivola,
o che qualche specialista gli avesse sconsigliato la pubblicazione, fatto sta che il libro di cui
mi pare che fosse gi apparsa qualche anticipazione in una rivista fu ritirato quando era gi
in bozze, e linesorabile Calvino fece distruggere i flani perch nessuno potesse ristamparlo.
Quella volta ci mise davvero una pietra sopra (Cfr. C. Cases, Ricordo di Calvino (1985), in
Patrie lettere, Einaudi, Torino 1987, pp. 172-175). Luca Baranelli pubblica in un suo articolo
una lettera di Renato Panzieri, dal 1959 consulente della Einaudi, a Daniele Ponchiroli sul
volume di Calvino che si sarebbe dovuto intitolare Un ottimista in America: Ho letto in bozze
il libro di Calvino sullAmerica e mi piaciuto moltissimo. Mi pare che se riesce a togliere
qualche residuo vezzo letterario e soprattutto il gusto discutibile di far capolino ogni tanto
come personaggio letterario risulta uno dei migliori, pi intelligenti libri di viaggio che ho
letto [] Ho sentito che non lo si farebbe pi. Non capisco perch: questo libro rappresente-
rebbe un Calvino molto pi interessante dei suoi stanchi cavalieri e sono sicuro che sarebbe
per lui un punto di partenza importante a mezzo del cammin [...] (Cfr. L. Baranelli, Raniero
Reportage su Calvino 471
1960 che Calvino stesso ammise essere lultima parte del libro non pubblica-
to51. Per il resto le corrispondenze dallAmerica52 vanno a costituire cinque re-
portage: Cartoline dallAmerica 53, I classici al Motel 54, Quaderno americano 55,
Diario dellultimo venuto 56 e il gi citato Diario americano 1960 57.
Troppo lungo sarebbe ripercorrere in questa sede i tanti temi affrontati e
raccontati da Calvino nelle Cartoline dallAmerica, dalla passione per New
York alla difficolt nel corteggiamento delle ragazze americane, dalla curiosit
delle fiere del bestiame in Texas agli spogliarelli, dalle bevute nei locali delle
citt della Louisiana al positivo giudizio su Las Vegas. Il reportage ha comun-
que carattere leggero e disimpegnato, salvo larticolo Alberghi dei vecchi 58,
forte e toccante, unica nota giustamente malinconica. Offrendo largo spazio
agli aspetti esteriori della societ americana, senza mai scadere nella banalit
turistica, Calvino imposta tutto il suo reportage di conoscenza dellAmerica
sulle relazioni umane: attraverso gli incontri, attraverso il paesaggio
umano, lo stile di vita, che si viene delineando la caratteristica prima del-
lapproccio di Calvino al nuovo mondo, approccio finalizzato a disegnare una
mappa sociologica degli Stati Uniti. Ma su due temi occorre spendere qual-
che parola in pi.
Il primo tema il razzismo. Calvino rimane molto scosso dal razzismo che
trova in America, e dedica al tema ben otto articoli. Assiste in prima persona
agli scontri sociali che avvengono a Montgomery, capitale dellAlabama, nel
Panieri e la casa editrice Einaudi. Lettere e documenti 1959-63, in Linea dombra n. 12,
novembre 1985). Lo stesso Calvino in una lettera del 1 febbraio 1985 riportata nel gi cita-
to articolo, cos scrive: Caro Luca [Baranelli], la lettera di Raniero del 1961, e quasi sicura-
mente del mese di marzo, dopo la mia decisione di non pubblicare un mio libro gi in bozze
[...] Avevo deciso di non pubblicare il libro perch rileggendolo in bozze lavevo sentito trop-
po modesto come opera letteraria e non abbastanza originale come reportage giornalistico. Ho
fatto bene? Mah! Pubblicato allora, il libro sarebbe stato comunque un documento dellepo-
ca, e di una fase del mio itinerario, come Raniero aveva visto. / Con me, pur nellabituale sar-
casmo polemico della conversazione, Raniero si guardava bene dal farmi prediche ideologiche
[...]; mi incitava invece a esprimere me stesso fino in fondo, a rappresentare il mondo come lo
vedevo. Ancora lo stesso Calvino in una lettera del 26 aprile 1961 ad Armanda Guiducci
(oggi in I. Calvino, I libri degli altri, cit., p. 365), lascia trapelare la propria insicurezza: Il mio
libro di viaggio americano invece dopo averci lavorato per mesi e mesi e averlo portato a ter-
mine di tutto punto lho distrutto. Pi vado avanti con gli anni, meno sono sicuro delle
cose.
51
Lo afferma Calvino nella lettera a Luca Baranelli del 1 febbraio 1985. Vedi nota pre-
cedente.
52
Oggi sono tutte ripubblicate in I. Calvino, Saggi, vol. II, pp. 2497-2679.
53
Pubblicato su ABC, giugno-settembre 1960.
54
Pubblicato su LIllustrazione italiana, 88, 1 gennaio 1961, pp. 46-51 e 95-96.
55
Pubblicato su LEuropa letteraria, II, 8 aprile 1961, pp. 59-68.
56
Pubblicato su Tempo presente, Vi, 6 giugno 1961, pp. 411-418.
57
Pubblicato in Nuovi argomenti, n. 53-54, novembre 1961-febbraio 1962, pp. 164-188.
58
Cfr. I. Calvino, Saggi, cit., vol. II, pp. 2559-2561.
472 Carlo Serafini
marzo del 1960 e qui la capacit dello scrittore si sofferma con grande effi-
cacia sul clima di tensione che si respira nel profondo sud. I neri, raduna-
tisi per svolgere una manifestazione pacifista sulla scalinata del Campidoglio
della citt, vengono aggrediti nella Chiesa battista dai razzisti bianchi, e dalla
stessa polizia che interviene per farli sfollare dalla chiesa. E pur nella difficolt
di rimanere neutrale di fronte ad un simile spettacolo, Calvino riesce a coglie-
re lelemento essenziale della problematica: Allora comincia la parte pi
penosa da vedere. I negri sconfitti escono a gruppetti dalla chiesa, scendono
per i marciapiedi. [] A ogni insulto o spiritosaggine lanciata da un bianco,
gli altri bianchi, uomini e donne, scoppiano a ridere, talora con uninsisten-
za quasi isterica, ma talora anche cos, bonariamente. E questi sono per me i
pi terribili, questassoluto razzismo nella bonariet. Psicologicamente, non
difficile capire il fanatismo del poor white che non riuscendo a sollevarsi
dalla cronica miseria del Sud concepisce come unico orgoglio quello davere
la pelle bianca, dappartenere alla razza dei dominatori, ed tanto pi furio-
so quanto pi vede i negri cercare di raggiungere un livello sociale pi alto (e
qui erano di fronte, appunto, a negri studenti). Ma gli altri, quelli che non
sono fanatici, ma solo dileggiatori quasi indifferenti? Ogni tanto mi par di
vedere tra i bianchi un volto che non n feroce n allegro: forse penso
uno venuto qui come me solo per rendersi conto, per sapere. Ma ecco che
un mascalzone bianco lancia una battuta oscena, infligge unumiliazione a un
negro: e la faccia dello sconosciuto sillumina, una risata sale, turpe, alle sue
labbra. / Ora mi vergogno dessere bianco. Ma devo restare fino in fondo59.
Ne Il movimento negro approfondisce la conoscenza della mobilitazione dei
neri guidati da Martin Luther King, inserendola in una prospettiva storico-
sociale: Il movimento dei negri non ha alcuna particolare idea politica o
sociale, tranne luguaglianza dei diritti. Mi domando se c il pericolo che
anche i negri del Sud una volta conquistata la uguaglianza (ma questo gior-
no ancora ben lontano) diventeranno conservatori ad oltranza, come suc-
cede regolarmente in America alle minoranze ex povere (irlandesi, italiani),
appena dispongono di qualche leva di potere [] Una delle pi sostanziali
spinte democratiche dellAmerica, lascesa di nuovi gruppi sociali, non rap-
presenta quasi mai, sul terreno dei poteri rappresentativi, un accrescimento
di democrazia60. Calvino assiste con grande attenzione (unico bianco pre-
sente) ad unassemblea dove parlano King e il suo ministro a Montgomery,
Abernathy: Leit-motiv dogni discorso, insieme al Vangelo, il richiamo alla
Dichiarazione dei Diritti, la fiducia in una democraticit di fondo della
nazione americana, al di l delle pi clamorose smentite. Asserragliati in que-
sto lembo di terra riottosa e nemica, questi giovani sono quelli per cui anco-
59
Cfr. Id., Incontro col sud, in Saggi, cit., vol. II, pp. 2515-2516.
60
Id., Saggi, cit., vol. II, pp. 2517-2518.
Reportage su Calvino 473
ra la democrazia degli Stati Uniti una realt vivente. Vivente, come sempre
vive ci che ancora si sta conquistando61.
Calvino sente entrambe la campane, secondo il miglior stile giornalistico:
Naturalmente, sono venuto qui con presentazioni non solo per il movimen-
to antisegregazionista, ma anche per lalta societ ultrarazzista e ultrareazio-
naria, e, spinto dal piacere di complicare le cose alterno appuntamenti nel-
luno e nellaltro campo. Questo vuol dire dividere le mie giornate con spo-
stamenti acrobatici, per nascondere a questa parte dei miei ospiti persone
per altro gentilissime le mie dmarches pi compromettenti. [...]. La Do-
menica pomeriggio, dopo aver assistito alle scene che vi ho raccontate della
folla che dileggiava i negri in Dexter Avenue, ho appuntamento con una
signora duna delle pi ricche e famose famiglie della citt. Per la prima volta
mi pare che la mia elasticit datteggiamenti prima dote del viaggiatore che
vuole inglobare in breve tempo il massimo di conoscenze possibili non mi
soccorrer pi. Dei fatti del pomeriggio, io non parlo; n la signora vi fa
accenno. [] Davanti alla chiesa battista, finalmente, la signora rompe il
silenzio: Lei non sa, questoggi, giornata brutta questi negri.., ma pensi
un po, i poverini!... si sono messi in testa... ah, ah... di avere uguali diritti!
[] Che devo dire? Taccio62.
Il secondo tema di notevole interesse nelle corrispondenze di Calvino il
rapporto America Unione Sovietica, che lo scrittore affronta nellultima
cartolina americana Le icone di New York e i grattacieli di Mosca 63. LAmerica,
secondo Calvino, paga la guerra fredda in termini di conoscenza e compren-
sione di ci che accade nel mondo. Lo stesso grande antagonista rimane
oggetto di una conoscenza esterna, marginale: La forma mentis americana
non portata a ragionare in termini storici n a identificare momenti-chiave
della storia dellumanit in paesi o regioni o uomini. Quello che la rivoluzio-
ne sovietica pu rappresentare come apertura di prospettive storiche agli
occhi di milioni di uomini, si pu dire che sia incomprensibile agli america-
ni64. Eppure Calvino ragiona in termini di avvicinamento, ci che conta per
lui capire cosa possono imparare i due paesi uno dallaltro. Raggiungere il
livello di vita americano indubbiamente lobiettivo dei sovietici: sempre
esistito ed esiste, per i russi come per noi e certo per molti altri popoli, unu-
topia americana, o meglio unAmerica di utopia che funziona come mito atti-
vo dun livello di vita da raggiungere. Ma lideologia americana non sa pro-
porre agli altri popoli vie per raggiungere quel livello. LAmerica propone solo
se stessa, una via di soluzione geografica anzich una via di soluzione storica,
aprendosi alle masse di emigranti dei paesi poveri. [...] La forza dellUnione
61
Ivi, p. 2521.
62
Ivi, pp. 2521-2523.
63
Ivi, pp. 2600-2606.
64
Ivi, p. 2601.
474 Carlo Serafini
Sovietica dindicare ai popoli poveri la via di soluzione storica dei loro pro-
blemi []65. Se Calvino fiducioso su un avvicinamento sul piano della
struttura civile ed economica, pi difficile sar colmare il divario circa la
forma mentis nei due paesi: Gli Stati Uniti sono sempre stati e restano un
paese duna praticit brutale fino al cinismo; ma questa loro sincerit di
fondo una ricchezza morale inestimabile, che tutte le nostre ipocrisie euro-
pee non valgono a controbilanciare. [] LUnione Sovietica una civilt
nata dal bisogno e dalla violenza []; sente quindi in maniera acuta la neces-
sit di porre in primo piano gli elementi ideali, l educazione dei sentimenti
[]66. Calvino sa perfettamente di muoversi con due paesi molto differen-
ti: La sgradevole sensazione di muoversi in un mondo di zucchero candito
emana da molte manifestazioni della vita sovietica []; ma si sente che, al di
l dogni ingenuit finta o vera, al di l della patina di provincia cechoviana,
esiste nelle persone una tensione morale, una giovinezza ideale, uno slancio
extraindividuale che non ha riscontro in occidente. in questo terreno che
una compenetrazione tra i due atteggiamenti quello americano di spregiu-
dicata sincerit e quello russo ancora capace di passioni disinteressate sareb-
be pi necessaria, ma il punto dincontro pi difficile da trovare67. Tuttavia
lo scrittore ottimista: Solo quando si potr concepire unazione combina-
ta U.S.A.-U.R.S.S. per un razionale sviluppo dei paesi pi arretrati, si potr
intravedere per il mondo un futuro non catastrofico. / Lasciatemi chiudere
queste mie note damore per la realt del mondo e dellAmerica in particola-
re, con questo sconfinamento nellUtopia68. Alle stesse conclusioni Calvino
arriver al termine della gi citata intervista con Carlo Bo: Forse non ho
molto il senso dellattualit, ma io mi considero un cittadino ideale dun
mondo basato sullintesa tra America e Russia. Naturalmente questo vuol
dire auspicare che molte cose cambino da una parte e dallaltra, vuol dire con-
tare negli uomini nuovi da una parte e dallaltra che certo stanno venendo su.
E la Cina? Se America e Russia potranno risolvere insieme i problemi del
mondo sottosviluppato, saranno evitate le vie pi dolorose. Dolore ce n gi
stato tanto. E lItalia? e lEuropa? Mah, se sapranno pensare in termini non
paesani ma mondiali ( il minimo che si pu chiedere, nellera interplaneta-
ria) potremo essere non passive pedine del futuro ma i suoi veri inventori69.
E occorre citare anche un altro colloquio di Calvino con Spriano, riportato
in un articolo su lUnit, colloquio avuto con lo scrittore allindomani del
suo ritorno, ove si riferisce della stessa previsione di una prossima collabora-
zione russo-americana e di un ruolo attivo che potrebbero svolgere lItalia e
65
Ivi, pp. 2602-2603.
66
Ivi, pp. 2604-2605.
67
Ivi, p. 2605.
68
Ivi, p. 2606.
69
Cfr. lEuropeo, 28 agosto 1960.
Reportage su Calvino 475
lEuropa: Bisogna avere fiducia in questa spinta che parte dalle cose. C una
spinta che viene dalla stessa societ americana, dal suo calderone di popoli
che si sforzano di raggiungere un maggiore benessere, da una democraticit
di fondo che si pu sentire anche nella filosofia del consumo [...], dalla
forza contrattuale dei sindacati, dalla struttura e vastit degli istituti deduca-
zione, e anche da quella sua cultura di massa che ingiustamente un certo
antiamericanismo che corre nellEuropa letteraria aristocratica fa il bersaglio
delle critiche pi aspre70. Occorre certamente fare la tara con la passione
ancora calda di Calvino di ritorno dal viaggio, ma resta di certo una buona
dose di ottimismo sul futuro.
Il rapporto Stati Uniti verso Unione Sovietica torna ancora in alcuni degli
scritti raccolti in I classici al Motel, reportage che rimane anchesso su un tono
divulgativo pur se lo scrittore si concentra sugli aspetti sociali, sui costumi,
magari pi inediti della societ americana, in un tono che va per verso una
pi cauta accettazione. Se lo scrittore nota durante le prove di una comme-
dia sul tema razziale una insopportabile inclinazione paternalistica, che mette
a confronto invece con la concezione pedagogico-sentimentale, un po da tea-
trino di oratorio, vista in Russia, alle stazioni di rifornimento della auto-
strade che si sorprende nel trovare in vendita i classici della letteratura: In
fondo le cose da vedere da qui a un po nel mondo sono due. Quel che sal-
ter fuori dallUnione Sovietica, da questo paese senza distrazioni, dove la
gente [] legge e rilegge i classici anche in tram. E quel che salter fuori dagli
Stati Uniti, questo paese tutto distrazioni, dove [] le macchine tipografiche
pur di non star ferme sono capaci anche di stampare opere di cultura, e i let-
tori, pur di avere qualcosa sotto gli occhi come chewing-gum sotto i denti,
sono capaci anche di leggerle71.
Gli scritti di Quaderno americano risentono invece dellelevato impegno
culturale, soprattutto in ambito europeo, della rivista LEuropa letteraria: il
reportage di Calvino evidenzia quindi un livello culturale e un impegno criti-
co indubbiamente maggiore. Torna qui Calvino su di un tema che aveva gi
affrontato nelle Cartoline, la polemica cio intorno alla cultura di massa.
Conferma la posizione precedentemente presa: non farsi irretire nella pole-
mica: Se si comincia a dire che lumanit votata allidiozia per via della
televisione, della pubblicit, degli elettrodomestici, si finir per concludere
che lumanit era pi vicina alla saggezza e alla grazia quando al posto della
televisione cera il parroco del villaggio, al posto della pubblicit la supersti-
zione, al posto degli elettrodomestici il vaso da notte72. Per Calvino occorre
capire le potenzialit della cultura di massa, cosa si pu trarre da essa. E il
70
Cfr. P. Spriano, Calvino punta sullavvenire, lUnit, 21 ottobre 1960.
71
Cfr. I. Calvino, Saggi, cit., vol. II, pp. 2625-2626.
72
Ivi, p. 2616.
476 Carlo Serafini
tema torna anche nel Diario dellultimo venuto, che pubblicato su Tempo
presente sente anchesso del taglio saggistico; prevale infatti un tono di rifles-
sione pi approfondito e gli episodi di cronaca sono spunti per considerazio-
ni di carattere generale. Chiude la serie il Diario americano 1960, il pi
approfondito dellautore, vera e propria raccolta di mini-saggi dove predo-
mina lottica storico-geografica sullapproccio sociologico. Interessante nota-
re come alcuni articoli di questa raccolta siano scritti sulla base dei primi
reportage, con interventi di riscrittura che evidenziano una nota di scetticismo
verso la societ americana; Calvino va verso una neutrale equidistanza di giu-
dizio che geografica oltre che morale, ossia il punto di osservazione torna
ad essere lEuropa, come viene chiarito nellultimo articolo, intitolato appun-
to Europa.
Ecco che ritrovo lEuropa, con il lungo filo ininterrotto della sua logica, lEuropa
con il suo tradurre instancabile in concetti il mondo delle cose, col suo sporger-
si avanti nella storia, lEuropa con la sua insoddisfazione o i suoi entusiasmi, cos
diversi dallinsoddisfazione e gli entusiasmi dellAmerica. Maccorgo che per mesi
ogni mio ragionamento ha dovuto articolarsi in altri termini, in un altro sistema
di ideogrammi e geroglifici, per cercare di spiegare una realt diversa e una diver-
sa logica. Ora riprende a scorrere accanto a me un discorso dove tutto certo, e
complicato, e improbabile. E l, lontanissima, lAmerica, lAmerica piena di cose
senza parole, di banalit difficili da dire, lAmerica che non sa pensare al futuro
eppure ha in s tanta parte del futuro di tutti, lAmerica73.
73
Ivi, p. 2679.
74
Si cita da M. Barenghi, Introduzione a I.Calvino, Saggi, cit., vol. I, pp. LXI-LXII.
75
Ivi, p. LXI.
Reportage su Calvino 477
76
Ivi, p. LXII.
77
Cfr. G. Ferretti, cit., p. 12.
78
Su Il Menab Calvino pubblica, tra le altre cose, tre saggi di fondamentale importan-
za: Il mare delloggettivit (2,1959), La sfida al labirinto (5, 1962), Lantitesi operaia (7, 1967).
79
Cfr. I. Calvino, La sfida al labirinto, Il Menab, 5, 1962.
478 Carlo Serafini
che spaziano dalla crisi italiana alla bomba N, dalle scadenze elettorali al ter-
rorismo, da Gadda a Montale, da Queneau a Carlo Levi. Fatta eccezione per
le avventure del signor Palomar, gli interventi sullattualit politica, sociale
e scientifica in prima pagina sono pi numerosi degli articoli e dei racconti
di terza. Sottolinea Spriano: Su tutto, dal terrorismo alla P2, dagli scandali
ai risultati elettorali, aveva sempre unidea sua, secca, paradossale, intrecciata
con i due motori fondamentali della sua coscienza civile: uninformazione
minuziosa, rigorosa, in cui andava a cercare i retroscena, li creava semmai a
incastro come se fossero un suo racconto, e un senso della storia acquisito con
la naturalezza dellepoca che lo aveva nutrito di passione80. Per quel che con-
cerne invece gli anni a la Repubblica sono stati per Calvino forse gli anni
della pi articolata produzione giornalistica: la collaborazione al quotidiano
di Scalfari inizia nel 1979 e durer fino alla morte dello scrittore. Ma il
Calvino giornalista anni Ottanta un autore disilluso, basti pensare allarti-
colo relativo alla questione morale (pubblicato su LEspresso81), nel quale
afferma che il popolo italiano ha saputo fino ad oggi fare a meno dello Stato,
sostituendolo con aggregazioni personali di tipo familiare, parrocchiale o
mafioso, o che in Italia nulla pu essere deciso se non in ragione di fitte reti
di interessi estranee ai cittadini. Il potere in Italia non serve a nulla se non a
fini disonesti, e linteresse particolare, anche del singolo cittadino nel suo pic-
colo, sar sempre vincente su quello generale del popolo. E nonostante la sua
riflessione nellarticolo sembri perentoria: La realt per inutile nascon-
dercela: non ci sono possibilit che le cose possano cambiare se non in peg-
gio82, Calvino invoca ancora come possibile salvezza un civilismo interio-
rizzato, forte solo della sua logica interna83. Anche dalla pagine della
Repubblica lautore dimostra un distacco nei confronti della politica; altro
articolo emblematico Apologo dellonest nel paese dei corrotti del 15 marzo
1980. Quello che mi preme sottolineare ora che le trasformazioni vere
della societ si preparano in altre sedi da quelle della politica: nella concezio-
ne del mondo, nel costume, nei rapporti diretti tra le persone, nella pratica
economica e tecnica, nella disponibilit di beni, nelle immagini e nelle paro-
le con cui si pensano le proprie vite. La politica, anche le cosiddette rivolu-
zioni, vengono dopo, a sancire, o a mistificare, quello che gi in atto. LItalia
negli ultimi dieci o quindici anni ha vissuto sia pur disordinatamente una
delle rivoluzioni pi profonde della sua storia. Da paese agricolo diventato
un paese metropolitano, da paese cattolico un paese laico. E questi cambia-
menti sono irreversibili perch riguardano la mentalit delle persone84.
80
Cfr. P. Spriano, Le mutazioni di Calvino, Corriere della sera, 24 febbraio 1987.
81
Cfr. I. Calvino, Ma abbiamo anche qualche virt, LEspresso, 21 dicembre 1980, p. 92,
oggi in Id., Saggi, cit., vol. II, pp. 2357-2359 con il titolo La questione morale.
82
Ivi, p. 2358.
83
Ibidem.
84
Cfr. intervista a Ludovica Ripa di Meana, sullEuropeo, 17 novembre 1980.
Reportage su Calvino 479
Come detto, inoltre, gli anni Ottanta vedono la pubblicazione dei volu-
mi nei quali Calvino seleziona e raccoglie parte della sua produzione saggi-
stico-giornalistica: nel 1980 esce Una pietra sopra, e poi segue Collezione di
sabbia (1984). E accanto a questi, su dinamica diversa, pu essere citato
anche Palomar (1983). Il primo volume, che porta per sottotitolo Discorsi
di letteratura e societ raccoglie, oltre a scritti gi apparsi su riviste e quoti-
diani, anche conferenze e relazioni lette in varie citt italiane e straniere,
risposte a questionari, ecc. Il secondo contiene articoli scritti in varie riprese85
con intenti non artistici per giornali e riviste: si spazia dalle mostre alle sta-
tue, dalle colonne ai libri, dalla morte di Roland Barthes, al Giappone,
allIran, al Messico. Filo conduttore potrebbe essere la lontananza dallagone
politico militante, losservazione delle cose nel loro vergine manifestarsi pi
che lermeneutica sulle cose stesse. La realt per Calvino si sfaldata, frantu-
mata fino ad essere una molteplicit incontrollabile che non lascia possibilit
di ordine n di stabilit. La pietra esplosa in milioni di componenti che
sono appunto sabbia, cos Calvino si interroga su cosa c scritto in quella
sabbia di parole scritte che ho messo in fila nella mia vita, quella sabbia che
adesso mi appare tanto lontana dalle spiagge e dai deserti del vivere. Forse fis-
sando la sabbia come sabbia, le parole come parole, potremmo avvicinarci a
capire come e in che misura il mondo triturato ed eroso possa ancora trovar-
vi fondamento e modello86. Va ancora ricordato che il primo volume racco-
glie scritti del decennio 1955-1965, mentre nel secondo confluiscono mate-
riali quasi esclusivamente degli anni Ottanta.
Sottolinea Barenghi la diversit dei due volumi: Allintellettuale attivo
sul duplice fronte della cultura letteraria e della storia politico-sociale suben-
tra una figura alquanto pi solitaria e defilata. Un letterato, senza dubbio, che
per di letteratura non parla quasi mai; un uomo di cultura, che tuttavia si
tiene alla larga dalle diatribe degli addetti ai lavori e anzi preferisce occupar-
si di argomenti sui quali non vanta alcuna competenza specialistica []
Deposta la presunzione di situarsi nel bel mezzo dellagone dove si sta
costruendo la societ futura, accantonate le prerogative di chi si muove allin-
terno del proprio campo, Calvino opta per una soluzione alternativa: sottrarsi
alla gabbia degli specialisti e delle funzioni predeterminate, e indossare i
panni del dilettante [] a Una pietra sopra sottost il modello narrativo del-
lautobiografia e sia pure unautobiografia intellettuale, non intimista, osti-
85
Il volume si divide in quattro parti. Gli scritti contenuti nelle prime tre sono stati tutti
pubblicati su la Repubblica tra il 1980 e il 1984, a eccezione di: Collezione di sabbia
(Corriere della sera, 25 giugno 1974), Comera nuovo il Nuovo Mondo (Rai-Tv, dicembre
1976), Lenciclopedia di un visionario (FMR, n. 1, marzo 1982). La parte quarta comprende
pagine sul Giappone e sul Messico del 1976 pubblicate sul Corriere della sera e pagine
sullIran, prima inedite, del 1975.
86
I. Calvino, Collezione di sabbia, in Id., Saggi, cit., vol. I, p. 416.
480 Carlo Serafini
[] Erosione e sbriciolamento sono i fenomeni che dalla pietra dnno luogo alla
sabbia []. I due libri, ideologicamente e formalmente cos agli antipodi, dialo-
gano in modo sottile e sistematico. Il pezzo iniziale ed eponimo di Collezione di
sabbia, che viene scritto del resto sei anni prima delluscita di Una pietra sopra,
enuncia il progetto di indagare la sostanza sabbiosa di tutte le cose sino a toc-
care la struttura silicea dellesistenza. []
Ed lorigine triturata ed erosa cio giornalistica dei pezzi raccolti in
Collezione di sabbia (cos come di quelli che dnno vita a Palomar) a segnare la
distanza dalla maniera di questo Calvino da quello dei saggi degli anni Cinquanta
e Sessanta, ossatura di Una pietra sopra. Anche se gi nel 1980, in un altro abboz-
zo di prefazione a questultimo libro, Calvino si mostra disilluso dalle residue
potenzialit politiche delle proprie collaborazioni giornalistiche. Parlando di s in
terza persona scrive: Gli anni Settanta ci hanno abituato a una visione della
societ come fallimento dogni progetto politico. [] A questa assuefazione
allambiente, la risposta duna letteratura che non sia mimetica, a rimorchio del-
lesistere, non si vede ancora quale potr essere. Tutto avviene per i giornali e sui
giornali: nasce in Italia un nuovo giornalismo degli scrittori e anche il nostro A.
vi partecipa (negli anni tra il 1975 e il 1978 anche in prima pagina, sul Corriere
della Sera) senza alcuna soddisfazione particolare perch il linguaggio della
volont di morte invade tutto e assorbe anche il linguaggio di ci che resta della
volont di ragione, ormai costretto a ripetere le recriminazioni e le prediche dopo
ogni fattaccio.
Ma da molto prima di questa sua pi visibile e istituzionale stagione giorna-
listica, in effetti, che Calvino spinto a una scrittura modulare, discreta
(Nel modo in cui la cultura doggi vede il mondo, si legge nel cruciale saggio
Cibernetica e fantasmi, esso viene visto sempre pi come discreto e non come con-
tinuo. Impiego il termine discreto nel senso che ha in matematica: quantit
discreta cio che si compone di parti separate). []
Dobbiamo a Francesca Serra la pi acuta lettura del sistema seriale che Calvino
adotta con regolarit a partire dagli anni Sessanta di Cosmicomiche, ma che gi nel
decennio precedente era stato sperimentato coi racconti della serie di Marcovaldo,
raccolti in volume nel 63. La relativa serie di uscite sullUnit e poi su altre
testate, a partire dal 52, anticipa la modalit con la quale verr data vita, pi di
ventanni dopo, alla serie di Palomar. Nonch, pi immediatamente, quella delle
Cosmicomiche (varata sul Caff di Vicari ma proseguita sul Giorno e altrove).
In tutte e tre rubrica [] la parola chiave: la sede, appunto giornalistica, dove
mettere a punto racconti con il filo rosso di uno stesso personaggio.
Ed questa passione per la discontinuit di Calvino a far s che nei confronti
della rivoluzione informatica egli ci appaia ha scritto una volta proprio Belpoliti
il solo scrittore della nostra letteratura che ha cominciato a immaginare luni-
87
Cfr. M.Barenghi, cit., p. XXXI.
Reportage su Calvino 481
verso in cui noi oggi viviamo: il mondo delle testualit diffuse, delle enciclope-
die esplose, dellinterconnessione globale. lui, insomma, lo scrittore che prefi-
gura (praticandola) la logica ipertestuale e telematica prima ancora che queste
divengano concrete ipotesi tecnologiche (non a caso centrale, nella riflessione
che verr ricapitolata dalle Lezioni americane, il concetto di rete: per Belpoliti
metafora [] centrale in tutto il suo lavoro, che a Calvino consente di supe-
rare lo smarrimento, il labirinto delle immagini e dei pensieri in cui si trova
intrappolato a partire dalla met degli anni 50). E si pu dire, allora, che lin-
segna materiale sotto la quale raccogliere la scrittura non solo saggistica del
secondo Calvino se egli stesso pensava al primo decennio della sua produzio-
ne critica come a unEt del ferro dovrebbe essere proprio quella dellEt del sili-
cio: emblema duna logica non solo discontinua ma, anche, non lineare. Cio
appunto ipertestuale. Uno sguardo rivolto al futuro (come sar nel sottotitolo
delle Lezioni americane: Six memos for the next millennium), insomma; contrap-
posto infatti allet della pietra, sede archeologica delle ere passate, stratificate e
concluse88.
Infine un breve accenno a Palomar 89, il volume pubblicato nel 1983, frut-
to di una accurata selezione di scritti gi pubblicati sul Corriere della sera e
su Repubblica a partire dallagosto del 1975. Il personaggio di Palomar
prima di approdare al libro, quindi, nasce sui giornali, e nasce allinsegna
della ricerca, della domanda, dellinterrogazione, della classificazione impos-
sibile. Registrare, interpretare, decifrare in un insieme complesso di ragione e
scienze esatte, fino allo stallo, sebbene vitale, del personaggio. Palomar il
silenzio di chi ascolta e ragiona sul frastuono, limpossibilit di ordinare il
caos, ma soprattutto il punto di osservazione esterno dellintellettuale in
crisi. quindi una scelta attiva, sebbene discutibile, di chi Palomar rappre-
senta, cio Calvino stesso, che evidenzia con lucida razionalit e precisione
assoluta lunica alternativa possibile: il distacco da se stessi, la necessit di sen-
tirsi morto allinterno della mancanza di centro degli anni Ottanta. Forse
per questo si visto nel libro il suo inconsapevole testamento.
88
Andrea Cortellessa si sofferma a lungo sul Calvino saggista in tre capitoli del suo volu-
me Libri segreti. Autori-critici nel Novecento italiano (Le lettere, Firenze 2008). In particolare ai
due volumi Una pietra sopra e Collezioni di sabbia dedica le pagine 86-94 dalle quali tratta
la citazione.
89
Per una completa ricostruzione della storia del personaggio Palomar e del libro stesso,
cfr. F. Serra, Calvino e il pulviscolo di Palomar, Le lettere, Firenze 1996.
GIANLUIGI SIMONETTI
Questo rapido elenco che non tiene conto di singoli interventi estem-
poranei, a cominciare da quelli degli esordi presso quotidiani locali Alto
Adige, Giornale di Vicenza e che soprattutto prescinde dai numerosi
elzeviri e dagli scritti di carattere narrativo o memorialistico che lautore man-
dava in stampa con una certa regolarit questo elenco traccia il diagramma
1
Cfr. I. Crotti, 1955: Goffredo Parise reporter a Parigi. Con due racconti, Il Poligrafo,
Padova 2002. Le citazioni dalle opere parisiane sono tratte da G. Parise, Opere, a cura di B.
Callegher e M. Portello, Mondadori, Milano 1989, due tomi (dora in avanti rispettivamente
OP1 e OP2); per la rubrica Parise risponde cito da G. Parise, Verba volant. Profezie civili di un
anticonformista, a cura di S. Perrella, Liberal Libri, Firenze 1998 (dora in avanti PRIS); per
Lodore del sangue, scritto nel 1979 e pubblicato nel 1997, cfr. G. Parise, Lodore del sangue, a
cura di C. Garboli e G. Magrini, Rizzoli, Milano 2004 (dora in avanti ODS).
484 Gianluigi Simonetti
di quella che stata, per Parise, solo la parte pi significativa di una intensa
attivit giornalistica, svolta su quotidiani, settimanali o periodici di vario
tipo. Ma sufficiente a mostrare quanto importante sia la vena del reporter
e del critico di costume in rapporto allultimo tempo della letteratura pari-
siana; quanto strettamente intrecciate siano, nellopera della maturit di que-
sto autore, la voce che affabula e che inventa e la voce che riporta fatti veri, e
li discute criticamente, in tempo reale, per il pubblico della grande stampa.
Il Sillabario n. 1 nasce tra il 1971 e il 1972, ovvero tra Laos e Cile; il Sillabario
n. 2 si sviluppa dal 1973 al 1980, ossia tra Cile e lesperienza giapponese; la
stesura dellOdore del sangue inizia nel 1979, dopo lesperienza di Parise
risponde, e subito prima del viaggio in Oriente da cui avr origine Leleganza
frigida. Opera questa davvero esemplare nel suo collegare i due poli che ci
interessano, letteratura e giornalismo; nelloscillare tra le scadenze del diario
di viaggio e le pulsioni oniriche della prosa darte (la presenza di un alter ego
che racconta, le numerose derive visionarie); esemplare, infine, per il suo
inatteso rovesciare, mimando il reportage, laffidabilit e il rigore della cro-
naca giornalistica, scavalcata dallestasi della forma e da una funebre volont
di dissolvimento: Non c pi molto da riportare. Viaggiare, o transfert,
o non pi nulla2.
Oggi la critica tende a valorizzare il secondo mestiere di Parise, a stu-
diarne i legami con i romanzi e le novelle, a esaltarne la perspicacia e lener-
gia3; ma la centralit del lavoro giornalistico, e in particolare della corrispon-
denza, Parise stesso non lha mai nascosta, consapevole della radice al fondo
narrativa dei suoi interessi da reporter. La scelta espressiva di dare spessore di
realt al racconto letterario convive spontaneamente con la tendenza del gior-
nalista a mettere in situazione, come in un romanzo, i nudi fatti della cro-
naca:
2
A. Pellegrino, Verso Oriente. Viaggi e letteratura degli scrittori italiani nei paesi orientali
(1912-1982), Istituto dellEnciclopedia Treccani, Roma 1985, p. 177.
3
Il racconto di viaggio o di osservazione, il reportage, non per niente un aspetto secon-
dario dellopera di Parise, come qualcuno crede o ha creduto fino ad oggi. Parlando della sua
necessit di spostarsi nello spazio, del suo modo di farlo, della quantit e qualit di pagine che
ci sono rimaste, ci si pu avvicinare al centro propulsore della sua energia poetica e quindi
conoscitiva. S. Perrella, Fino a Salgarda. La scrittura nomade di Goffredo Parise, Rizzoli
Milano 2003, p. 75.
4
M. Cancogni, Lodore casto e gentile della povert. Conversazione con Goffredo Parise, La
fiera letteraria, 34, 22 agosto 1968, pp. 16-17.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 485
5
G. Parise, Avvertenza, in Id., Gli americani a Vicenza, Scheiwiller, Milano 1966, p. 7.
6
Ibidem.
7
I. Crotti, Goffredo Parise e la letteratura di viaggio, in Ead., Tre voci sospette. Buzzati,
Piovene, Parise, Mursia, Milano 1994, p. 151.
486 Gianluigi Simonetti
scansione dettagliata dello spazio e del tempo inclinano alla ricchezza deitti-
ca del reportage. Ma la stessa ricchezza propria anche dei Sillabari 8; la sola
discriminante luso della prima persona:
Limpressione che a partire dalla met degli anni Sessanta Parise abbia
provato a elaborare, senza teorizzarla esplicitamente, una precisa strategia
espressiva, il cui sbocco principale la letteratura, ma il cui laboratorio si
trova proprio nella stampa periodica. Viene da l lo stile misto che segna
tutta lultima parte della sua opera; una scrittura narrativa aperta al contri-
buto di una prosa giornalistica di alto livello; un timbro felicemente sospeso
fra scritto e parlato, tra espressione e comunicazione. Un esperimento gi
tentato altrove, ad esempio nella cultura anglofona, che non a caso ha offer-
to a Parise alcuni punti di riferimento formali Greene, Hemingway, lo stes-
so Maugham (sempre mi sono irritato e ho trovato ingiusto che nella defi-
nizione di very readable vi fosse una sfumatura di declassazione, per non par-
lare di chi lo definisce second rate writer)10; in Italia, invece, uno sforzo iso-
lato e ben poco ortodosso, almeno finch nostra la prosa narrativa ha guar-
dato a soluzioni linguistiche di tipo quasi esclusivamente letterario, anche
solo per sperimentare e distanziarsene11. Parise sfugge alle opzioni collaudate
8
Ivi, pp. 167-168; ma cfr. anche C. Martignoni, I Sillabari: la magia del cristallo, in Con
Goffredo Parise. Atti del convegno in occasione della IX edizione del Premio Giovani Comisso, a
cura di N. Naldini, Zoppelli, Dosson (TV) 1988, pp. 22-25.
9
G. Parise, Guerre politiche (1976), OP2, p. 969.
10
Id., Maugham, il pregio della banalit (1982), in OP2, p. 1475. Per Parise il gemello
italiano di Maugham Giovanni Comisso, altro suo importante maestro di stile, come vedre-
mo pi avanti: cfr. Id., Snob, ricco e mascherato (1980), OP2, p. 1451.
11
P.V. Mengaldo, Il linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa, in Id., Storia della lin-
gua italiana. Il Novecento, Il Mulino, Bologna 1994, p. 65.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 487
12
Parise ha saputo sempre restare alla larga da questi due tipi di slittamento, ha reso la
realt che stava descrivendo funzionale ad un impeto poetico che voleva essere tale in piena
autonomia e pure in perfetta fruibilit giornalistica. A. Zanzotto, Linviato speciale, in Nuovi
argomenti, 9, ottobre-dicembre 1996, p. 16.
13
I libri di Parise reporter si collocano in un punto cruciale degli scritti di viaggio in lin-
gua italiana, e il parlarne sollecita qualche domanda. La prima come si possa far parte di una
tradizione anche parzialmente ignorando questa tradizione. Cfr. R. Manica, Premesse a Parise
viaggiatore, in Nuovi argomenti, 9, ottobre-dicembre 1996, p. 19. Sulla generazione ibri-
da, e sul rapporto con la precedente, o Last generation, cfr. G. Parise, Era un italiano non
italiano (1974), OP2, p. 1392.
14
Troviamo nel Parise veicolare, quello che parla dalle pagine dei giornali e si rivolge ad
un pubblico su problemi ben precisi, le ricchezze di un linguaggio sempre mosso ed attivo, che
sfugge le piattezze della mera informazione ed equilibra con eccezionale perizia le due moda-
488 Gianluigi Simonetti
dalla met degli anni Sessanta in poi, la pratica del reportage accompagna
una prudente ma progressiva semplificazione di quello strumento gi dutti-
le; una sua chiarificazione razionale, di una ragione alimentata per dai sensi;
una curiosit visiva e tattile che progressivamente corregge la tendenza
visionaria e pi artificiosa degli esordi Il ragazzo morto e le comete sentita
invece come spontanea, antropologica, veneta dal momento che i veneti
fanno difficolt a comprendere lessenziale e si sentono inclini al fantastico,
allimmaginoso, spesso al pasticciato15. Limmagine di autore che Parise offre
di s, alla fine degli anni Settanta, quella di un uomo solo che si affaccia sul
mondo e lo contempla, fuori da qualsiasi schema precostituito:
Quali sono dunque, a questo punto, gli strumenti conoscitivi a cui questuomo
occidentale costretto ad affidarsi, perduto nella vertigine e vagante tra estreme
possibilit ed estreme impossibilit? Ancora una volta la ragione logica e i propri
individuali sensi. quello che faccio anchio per cominciare a rispondere alle
prime domande. Mi affaccio alla grotta e guardo16.
lit di cui sopra si detto: informazione e creazione, prosa e poesia. Cfr. A. Zanzotto, Goffredo
Parise giornalista e critico, in Con Goffredo Parise, cit., p. 42.
15
G. Parise, La bellezza di Capri, (1957), OP1, p. 1433.
16
Id., Guerre politiche, cit., OP2, p. 924.
17
La tastiera dei Sillabari e i reportages portano alla stessa conclusione: Parise un mora-
lista nel quale del tutto assente lo stile predicatorio; e, pi che uno stile morale, conta per lui
una moralizzazione dello stile. R. Manica, Come leggeva Parise, in Les illuminations dun cri-
vain. Influences er recrations dans loeuvre de Goffredo Parise. Actes du colloque international de
luniversit de Caen (14-15 mai 1999), publis sous la direction de P. Grossi, Presses
Universitaires de Caen, Caen 2000, p. 71.
18
G. Parise, Leleganza frigida, (1982), OP2, p. 1131. Lelogio parisiano della espressivit
giapponese ha il sapore del manifesto di poetica: Ci volle poco a Marco per capire che la
comunicazione occidentale, in confronto a quella giapponese, era diretta s ma rozza, logica
ma inelegante, rapida ma senza sfumature, analitica ma totalmente priva di senso estetico. Al
contrario il modo di comunicare dei giapponesi era prudente ma sfumato, lento ma pi
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 489
Ai piedi dei monti che fanno da corona allaltipiano, grandi fasce di orti recinta-
ti contro le malefatte dei bufali, in cui le donne curve zappano. Frotte di porcel-
lini cicciuti, pi simili a cani bassotti che a maiali, galoppano sulle minime zampe
e si tuffano nei cespugli al passaggio di vecchissime guardiane doche munite di
lunga canna, che parlano con le oche luniversalmente noto linguaggio per oche.
Bambini strillano. Cani bruttissimi, del colore della terra e di una pigrizia meta-
fisica, stanno sdraiati e confusi nella terra come morti e muovono un occhio e poi
lo richiudono. Gruppi di soldati giovanissimi con mitra e zappa e un sacco di riso
sul collo torto attraversano al ritmo di maratoneti un tratto di valle e scompaio-
no nella foresta.
Questo catalogo o itinerario dello sguardo mi fa sentire via via meno isolato e
meno estraneo di prima 21.
profondo, sintetico ma pi sensibile per non dire sensuale e che in ogni caso mai veniva con-
siderato soltanto comunicazione ma prima di tutto espressione. Ivi, p. 1077. Rivelatore un
passaggio del ricordo (empatico) di Piovene: Guido Piovene sapeva benissimo tutto questo
ma, come Montale e Moravia e al contrario di noi, aveva vissuto un certo numero di anni in
cui la parola scritta fu espressione molto prima che comunicazione: G. Parise, Era un italia-
no non italiano, cit., p. 1392.
19
A. Balduino, I miti antiamericani di Parise, in Goffredo Parise. Atti del convegno promosso
dallIstituto per le Lettere, il teatri e il melodramma della Fondazione Giorgio Cini (Venezia 24-
25 maggio 1995), a cura di I. Crotti, Olschki, Firenze 1997, p. 93.
20
La formula di S. Perrella, Fino a Salgarda, cit., p. 73.
21
G. Parise, Guerre politiche, cit., OP2, p. 925.
490 Gianluigi Simonetti
22
Pasolini analizza lo stile descrittivo di Comisso in una appassionata recensione a I due
compagni che non deve essere sfuggita a Parise. Il testo, apparso sul Tempo nel dicembre del
1973, interessante anche perch contiene una chiara anticipazione del doppio protagonista
di Petrolio (che Pasolini sta scrivendo in quei mesi): La seconda grande trovata del libro stata
quella di fare dei due personaggi, in realt, due aspetti di personaggio unico, spaccato classi-
camente da un conflitto interiore. Le cronache dicono che effettivamente dietro Giulio Drigo
si nasconde Comisso stesso (combinato con Arturo Martini), mentre dietro Marco Sberga c
il pittore Gino Rossi (morto infatti in manicomio). Ma sarebbe possibile sostenere anche che
tanto Giulio Drigo che Marco Sberga sono lo stesso autore, Comisso, dissociato dal dilemma
di una scelta artistica, di un diverso modo di essere in rapporto col reale. In tal senso, oggi, I
due compagni di una modernit emozionante. P.P. Pasolini, Giovanni Comisso: I due com-
pagni, (1972), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, a cura di W. Siti e S. De Laude,
Mondadori, Milano 1999, pp. 449-454. ancora Pasolini ad accostare stilisticamente Parise
a Comisso nella sua recensione ai Sillabari del 1973, poi raccolta in Descrizioni di descrizioni:
Alberto Arbasino, Il principe costante, Goffredo Parise, Sillabario n. 1, (1973), in Id., Scritti
sulla letteratura e sullarte, t. secondo, a cura di W. Siti e S. De Laude, Mondadori, Milano
1999, pp. 1705-1711. Il debito verso Comisso peraltro riconosciuto dello stesso Parise: Ho
avuto due rapporti fondamentali. Magistrali. S, magistrali... [...]. Quello con Alberto Moravia
e quello con Giovanni Comisso. Comisso mi ha insegnato larte. Moravia la vita. In O. Del
Buono, Goffredo Parise. Le ultime sillabe. Un colloquio dell82, aspettando la dialisi, in La stam-
pa, suppl. Tuttolibri, 5 marzo 1994.
23
I. Crotti, Goffredo Parise e la letteratura di viaggio, cit., p. 166.
24
G. Parise, New York (1977), OP2, p. 1045.
25
Id., Pop-art italiana (1965), OP2, p. 1184.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 491
indiretto e un pittore diretto con il proprio oggetto. Ci sono anche dei lette-
rati, cio degli uomini di lettere che scrivono, che sono artisti allo stesso modo
dei pittori. Ma sono sempre stati estremamente rari26.
I romanzi lunghi scritti oggi forse sono un controsenso: la dimensione del tempo
andata in frantumi, non possiamo vivere o pensare se non spezzoni di tempo
che si allontanano ognuno lungo una sua traiettoria e subito spariscono. La con-
tinuit del tempo possiamo ritrovarla solo nei romanzi di quellepoca in cui il
tempo appariva come fermo e non ancora come esploso, unepoca che durata
su per gi centanni, e poi basta29.
26
Da una intervista raccolta da E. Parlato per la terza rete radiofonica della RAI, in
Eidos, 1, 1987, pp. 48-55, con il titolo Natura dartista. Cit. in M. Portello, Goffredo Parise,
un pensiero in pi, in Les illuminations dun crivain, cit., p. 117.
27
V. Perrella, In viaggio con Parise, in Nuovi argomenti, 9, ottobre-dicembre 1996, p. 27.
28
I. Crotti, Goffredo Parise e la letteratura di viaggio, cit., p. 153.
29
I. Calvino, Se una notte dinverno un viaggiatore, Einaudi, Torino 1979, p. 9.
30
G. Pontiggia, Vite di uomini non illustri (1993) e Nati due volte (2000), in Id., Opere, a
cura e con un saggio introduttivo di D. Marcheschi, Mondadori, Milano 2004; L. Pintor,
Servabo, Bollati Boringhieri, Torino 1991; La signora Kirchgessner, Bollati Boringhieri, Torino
1998; Il nespolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; R. La Capria, Le mosche nella bottiglia.
Elogio del senso comune, Rizzoli, Milano 1996; Lo stile dellanatra, Mondadori, Milano 2001.
492 Gianluigi Simonetti
libri di Mozzi, di Pascale, di Trevi, a loro volta sospesi tra narrativa e presa
diretta della realt, tra romanzo e reportage. Cos la poetica dei Sillabari
col suo sguardo diretto sul mondo, la sua concentrazione, la sua narrazione
istantanea sembra aver precocemente delineato una proposta di velocit,
intensit e realismo che trova applicazioni interessanti in molta letteratura ita-
liana recente, a suo agio tra generi diversi, e in territori di frontiera31.
Tra mille inchini si separarono e corsero in tass fino a quella piccola baia di
Kamakura, con qualche sparuto bagnante e molte piccole vele colorate al vento.
Il sole tramontava dallaltro lato della montagna, il mare era liscio come una
lastra doro tra due promontori e a Marco subito si strinse il cuore perch gli par-
ve di essere ritornato di colpo nella sua laguna in vista di Chioggia34.
Dopo aver visto e guardato parti dellAsia per anni successivi e sempre, come
dicono gli asiatici, trop press, dopo aver percorso la loro terra con le mie gambe,
dopo aver toccato gli alberi e il riso, dopo aver guardato i loro occhi e le loro mani
31
G. Simonetti, I nuovi assetti della narrativa italiana (1996-2006), in Allegoria, 57,
2008, p. 107 e sgg.
32
G. Parise, New York, cit., OP2, p. 1018.
33
Ivi, pp. 1018-1019.
34
Id., Leleganza frigida, cit., p. 1126. Un confronto prolungato tra Venezia e Manhattan
in New York, cit., OP2, pp. 1006-1007.
35
Id., La bellezza di Capri, cit., OP1, p. 1432.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 493
e il loro modo di apparire e di sparire sia nella realt che nel ricordo, ho impara-
to che, alla fine di un viaggio, non sono i dati, le informazioni, o la ragione
analitica che contano, bens sempre e soltanto il sentimento che si prova verso gli
uomini e le cose che loccasione, e ancora pi il caso, ci ha fatto incontrare.
Il resto, tutto il resto, su cui scorrono vani e presuntuosissimi fiumi di inchiostro,
non conta nulla36.
Vedevo intorno a me molti adulti ridotti a bambini, pensai che essi avevano scor-
dato che lerba verde, che i sentimenti delluomo sono eterni e che le ideologie
passano. Gli uomini doggi secondo me hanno pi bisogno di sentimenti che di
ideologie. Ecco la ragione intima del sillabario38.
36
G.Parise, Guerre politiche, cit., OP2, p. 962.
37
G. Parise, Amicizia, in Id., Sillabario n. 1 (1972), OP2, p. 215.
38
Id., La bellezza di Capri, cit., OP1, p. 1432.
39
Id., Guerre politiche, cit., OP2, p. 963.
40
Ivi, p. 962.
41
Id., Era un italiano non italiano, cit., OP2, p. 1392.
494 Gianluigi Simonetti
42
Ivi, p. 1393.
43
R. Manica, Premesse a Parise viaggiatore, cit., p. 21; M. Belpoliti, La pietra e il cuore, in
Id. Settanta, Einaudi, Torino 2001, p. 212.
44
La compresenza sulle pagine del Corriere delle voci di Pasolini e Parise (e di altri let-
terati come Natalia Ginzburg e Luigi Compagnone) si deve come noto alla politica degli
autori decisa da Piero Ottone, direttore dal 1972 al 1977. Quanto alla formula del dialogo
coi lettori, proprio Pasolini laveva interpretata con originalit negli anni Sessanta, allepoca
della sua collaborazione con Vie nuove; il passaggio al Tempo, nel 1968, se da un lato si
ricollega allesperienza precedente, anche per la presenza sporadica di risposte ai lettori, dal-
laltro segna per temi e forme espressive un pi deciso avvicinamento verso la stagione cosid-
detta corsara degli anni Settanta: ossia verso una presenza giornalistica intesa soprattutto
come testimonianza, pedagogia e polemica, che culmina appunto nella collaborazione al
Corriere della sera, a partire dal 1973 (sulle tappe della carriera giornalistica di Pasolini cfr.
G. C. Ferretti, Lapprendistato del corsaro, Prefazione a P.P. Pasolini, I dialoghi, Editori riuniti,
Roma 1992, pp. XXXV-XXXVII). soprattutto (ma non esclusivamente) questa ultima sta-
gione di interventi ed articoli, poi confluiti in Scritti corsari e in Lettere luterane, che sembra
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 495
tidiano che ospita Parise risponde 44. Sintonia stupefacente, voglio dire, se si
pensa alle differenze culturali, ideologiche e psicologiche tra Parise e Pasolini,
allo scarto tonale che contraddistingue i rispettivi stili, perfino alla scarsa sim-
patia che a quanto pare i due si sono a lungo dimostrati in vita45. Certo, li
unisce lattenzione al presente, il mito della vitalit, una tendenza innata a
viaggiare, a provare ogni esperienza sulla propria pelle; senza contare che il
legame alla cronaca del 1974 e del 1975, e allattualit del dibattito cultura-
le, giustificano la presenza di temi e riferimenti comuni. Ma tutto questo non
spiega la sistematicit con cui Parise, in particolare, sembra riprendere alcuni
spunti di Pasolini: talvolta correggendoli, talvolta smussandoli, spesso sem-
plicemente ricalcandoli, in un prolungato dialogo a distanza.
Ormai da molto tempo andavo ripetendo di provare una grande nostalgia per la
povert, mia e altrui, e che ci eravamo sbagliati a credere che la povert fosse un
male. (...) Dico povert, non miseria 46.
influenzare Parise. Vale la pena di ricordare che una copia di Scritti corsari risulta presente nella
biblioteca di Parise a Ponte di Piave (cfr. Archivio Parise. Le carte di una vita, a cura di M.
Brunetta, Canova, Treviso 1998).
45
Al riguardo cfr. M. Belpoliti, La fine dellArcadia cristiana, in Settanta, cit. pp. 61-65.
C chi ha individuato nel personaggio dalla voce dolcina schizzato in Antipatia una carica-
tura di Pasolini: Era una persona che molti in quegli anni ritenevano importante, o meglio,
che molti giudicavano segno della propria importanza ritenere importante. Ma aveva una
brutta faccia ossuta a forma di pugno, una bocca dentro un incavo osseo come certi sdentati
e soprattutto aveva occhi mobilissimi che non si fermavano mai negli occhi della persona con
cui parlava; G. Parise, Antipatia, in Id., Sillabario n. 1, cit., OP2, pp. 227-228. Sul rapporto
personale tra Parise e Pasolini cfr. gli interventi di Raffaele Manica e Raffaele La Capria in I
Sillabari di Goffredo Parise, atti del convegno I Sillabari di Goffredo Parise (Napoli, Istituto
Suor Orsola Benincasa, 4-5 novembre 1992), a cura di R. La Capria e S. Perrella, Guida,
Napoli 1994; e la testimonianza di Nico Naldini (N Naldini, Il solo fratello. Ritratto di Goffredo
Parise, Archinto, Milano 1989).
46
P. P. Pasolini, Ignazio Buttitta: Io faccio il poeta (1974) in Id., Saggi sulla politica e sulla
societ, cit., p. 458.
47
G. Parise, Il rimedio la povert, (1974), PRIS, p. 75 (corsivo mio).
496 Gianluigi Simonetti
Parise due giorni dopo47. Se la privazione materiale aveva un suo fascino filo-
sofico gi nel 1967, allepoca del viaggio in Vietnam non possedere nulla
non soltanto essenziale, ma d immediatamente diritto a tutto48 sembra
direttamente pasoliniana la contrapposizione tra un presente senza memoria
e senza cultura e un passato preindustriale da tempo defunto, o sopravvissu-
to a stento nel Terzo Mondo e nella riserva sottoproletaria della borgata:
Esiste, nel nauseante mercato del superfluo, anche lo snobismo ideologico e poli-
tico (...), i gruppuscoli (...). Oggi i pi snob tra questi sono dei criminali indiffe-
renziati, poveri e disperati figli del consumo53.
48
Id., Guerre politiche, cit., OP2 p. 789.
49
P. P. Pasolini, Esperienze di una ricerca sulle tossicomanie giovanili in Italia, a cura di Luigi
Cancrini (1973), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 441.
50
Id., 8 luglio 1974. Limitatezza della storia e immensit del mondo contadino, (1974), in
Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 321.
51
G. Parise, Il rimedio la povert, cit., PRIS, pp. 76-77 e 79.
52
Ivi, pp. 78-79.
53
Ibidem.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 497
Non posso fare a meno di pensare ai poliziotti e agli operai (e non agli studenti)
come parti reali, reali porzioni attive e popolari di uno Stato italiano. Molte sono
le ragioni di questo sentimento: prima fra tutte luguaglianza di classe (stessa
estrazione familiare e popolare e agricola) fra i poliziotti e gli operai. Stessi tipi
fisici. (...) Sentivo che i poliziotti e gli operai erano poveri e gli studenti ricchi. Al
tempo stesso vedevo che proprio l dove stava la debolezza (i poliziotti che per-
devano la partita) l stava anche il sogno dello Stato italiano. (...) Chi vinceva,
dobbligo, per diplomazia dobbligo, quei match, erano invece gli studenti. Che
rappresentavano, fisicamente, fisiognomicamente, non un qualsivoglia Stato ita-
liano ma la borghesia industriale italiana, cio quello che sarebbe stato, e che
infatti oggi , il vero Stato italiano56.
Invitato a dire la mia opinione su una vicenda di cronaca (e non di poesia), dir
subito che la poesia (e non la cronaca) di Pasolini bella. S, bella. (...) la ricca
e colta espressione-sfogo di un ex povero, al tempo stesso confusa ed emozionante
54
G. Parise, Il borghese ideale, (1974), PRIS, p. 3.
55
P.P. Pasolini, Da Il caos sul Tempo (1968), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ,
cit., p. 1097.
56
Id., Elogio dei poliziotti (1975), in PRIS, p. 197 e 199.
57
Id., Un artista rabbioso e decadente (1968), PRIS, p. 1363.
498 Gianluigi Simonetti
Sentivo che i poliziotti e gli operai erano poveri e gli studenti ricchi.(...) Li vede-
vo infagottati in certe divise di grosso panno, con palt troppo lunghi, ripararsi
dietro patetici scudi di plastica trasparente, dietro certe visiere supplementari,
come chi perde60.
Nel rievocare i giorni di Valle Giulia il Parise del 1975 sembra da un lato
rimuovere, clamorosamente, il precedente famoso del PCI ai giovani!! (Tutti
ricordano come fosse odiata in quegli anni la polizia, solo Di Vittorio, mi
pare, parl in fraterna difesa di quei cafoni); dallaltro non si limita a riper-
correre le metafore pasoliniane gli agenti vittime di una esclusione sociale
operata dalla borghesia, come i poveri o i diversi ma forse anticipa, quan-
do difende il pudore e la superiore dignit degli agenti, certe osservazioni cui
Pasolini stesso arriver qualche mese pi tardi: Poliziotti o militari sono gli
unici, appunto, visibilmente, a conservare una certa grazia italiana antica61.
58
Pasolini poeta un artista-cervello con carne di povero ed ecco perch la sua poesia
bella. Mi ha fatto pensare a Franz Fanon, quando parla dei poliziotti italiani (o di s).
Personalmente credo che i poliziotti italiani, a differenza di quelli francesi, tutti citoyens,
tutti monsieurs, siano la stessa cosa dei colonizzati nordafricani di Fanon e i borghesi che li
chiamano terroni, i coloni. Ivi, p. 1364. Lintervento di Parise su Il PCI ai giovani!!, che alcu-
ni considerano decisamente polemico (M. Belpoliti, La fine dellArcadia cristiana, in
Settanta, cit., p. 62), mi pare in realt intriso di ambivalenza: solo la figura pubblica e politi-
ca di Pasolini viene duramente attaccata (non senza un sospetto di invidia per la capacit
pasolinana di fare notizia, esercitare sempre una pedagogia).
59
P.P. Pasolini, Il PCI ai giovani!!, in Id., Scritti sulla letteratura e sullarte, cit., pp. 1441-
1446.
60
G. Parise, Elogio dei poliziotti, cit., PRIS, p. 199.
61
P.P. Pasolini, Soggetto per un film su una guardia di PS (1975), in Id., Saggi sulla politi-
ca e sulla societ, cit., pp. 625-626.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 499
62
G. Parise, Ancora su padri e figli (1974), PRIS, p. 115; P. P. Pasolini, Fuori dal Palazzo,
(1975), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 623.
63
G. Parise, Ancora su padri e figli, cit., PRIS, p. 115; Id., Nuovo potere e nuova cultura
(1976), OP2, p. 1408.
64
Cfr. P. P. Pasolini, 7 gennaio 1973. Il discorso dei capelli (1973); 15 maggio 1973.
Analisi linguistica di uno slogan (1973); Andrea Valcarenghi: Underground: a pugno chiuso
(1973), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit.
65
G. Parise, Le facce dei politici (1974), PRIS, pp. 99-104.Qualcosa di molto simile far
Pasolini qualche mese pi tardi, prendendo spunto dalla prima pagina di un quotidiano con
le foto di Moro, Fanfani, Piccoli, Colombo e Andreotti.Era una pagina anche tipografica-
mente particolare, simmetrica e squadrata come il blocco di scrittura di un manifesto, e, al
centro, ununica immagine anchessa perfettamente regolare, formata dai riquadri uniti di
quattro fotografie di quattro potenti democristiani. P. P. Pasolini, Bisognerebbe processare i
gerarchi DC, (1975), p. 632.
500 Gianluigi Simonetti
Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: ci che ho detto a
proposito della scuola dellobbligo va moltiplicato allinfinito, dato che si tratta
non di un insegnamento ma di un esempio: i modelli cio, attraverso la tele-
visione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si
pu pretendere che la giovent pi esposta e indifesa non sia criminaloide o cri-
minale? stata la televisione che ha, praticamente, (essa non che un mezzo)
concluso lera della piet, e iniziato lera delledon 67.
I ragazzi sentono che la scuola di Stato nel suo complesso umanistico parla una
lingua che non si parla pi. Automaticamente questo sentimento fa s che lau-
torit che fu della scuola di Stato passi nelle mani della televisione68.
66
P.P. Pasolini, Due modeste proposte per eliminare la criminalit in Italia (1975) e Le mie
proposte su scuola e tv (1975), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 687-699. Un
precedente significativo linvettiva Contro la televisione (1966), Ivi, pp. 128-143.
67
Id., Due modeste proposte per eliminare la criminalit in Italia, cit., pp. 691-692.
68
G. Parise, Scuola e tv (1974), PRIS, pp. 95-96.
69
Ibidem, p. 95; P. P. Pasolini, 22 settembre 1974. Lo storico discorsetto di Castelgandolfo
(1974), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 354.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 501
Non c dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repres-
siva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le
scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) lara-
tro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non stato sostanzialmen-
te in grado di scalfire lanima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i
nuovi mezzi di comunicazione e di informazione, non solo lha scalfita, ma lha
lacerata, violata, bruttata per sempre...70
70
Id., 9 dicembre 1973. Acculturazione e acculturazione (1973), in Saggi sulla politica e sulla
societ, cit., p. 293.
71
Id., Fascista (1974), in Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 519; G. Parise, Le lette-
re dei fascisti,(1974), PRIS, p. 148. La stessa categoria di irrealt, che Parise usa spesso negli
articoli sul Corriere e in particolare nelle sue analisi sul fascismo, sulla televisione, sulla
droga viene probabilmente da Pasolini, il quale la usa spesso, specialmente per designare la
sottocultura dei massmedia e quindi della comunicazione di massa (P.P. Pasolini, Abiura
dalla Trilogia della vita (1975), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 599-60). Ma
lo stesso Pasolini laveva presa in prestito dalla Morante: La parola irrealt, per indicare
quellimmagine del mondo che filtrata dai falsi valori, nasce da lei (della pseudo-cultura o,
come dice pi esplicitamente la mia amica Elsa Morante, dellirrealt), ma progressivamente
Pasolini se la annette (Che Elsa Morante e io chiamiamo irrealt). W. Siti, Elsa Morante nel-
lopera di Pier Paolo Pasolini, in Studi novecenteschi, XXI, 47-48, giugno-dicembre 1994,
pp. 135-136.
72
P.P. Pasolini, 28 marzo 1974. Previsione della vittoria al referendum, (1974), in Id., Saggi
sulla politica e sulla societ, cit., p. 297.
502 Gianluigi Simonetti
f. Nel rapporto a distanza sulle pagine del Corriere accade di rado che
Parise chiami in causa Pasolini per dissentire dalle sue idee (sebbene non
manchino prese di posizione diverse su temi scottanti di attualit, come ad
esempio il referendum sullaborto): succede per quando propone provoca-
toriamente il ripristino del potere temporale della Chiesa, replicando pole-
micamente allidea pasoliniana, altrettanto provocatoria ma diametralmente
opposta, di chiedere al Papa una definitiva rinuncia a ogni potere, e di vive-
re in mezzo ai poveri:
73
P.P. Pasolini, Fascista, cit., p. 519; G. Parise, Il rimedio la povert, cit., PRIS, p. 78. Un
altra battaglia comune quella per la libert omosessuale, come si vede in occasione delle-
splodere del caso Schneider: stavolta la polemica di Pasolini verso la reazione canagliesca e
fascista della stampa alla rivelazione della omosessualit dellattrice segue quella di Parise il
quale osservando una fotografia di Maria Schneider e Joan Tawnsend (candore ed eccentricit
da dandysmo vittoriano opposti a una Italia realista e famigliare) esprime commozione,
invidia e ammirazione per il loro amore. G. Parise, Maria e Joan, (1975), PRIS, p. 192; P.P.
Pasolini, Cuore (1975), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 400. Il senso della
mutazione spiegato nello Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia (1974), in Id., Saggi
sulla politica e sulla societ, cit., pp. 307-312.
74
P. P. Pasolini, 6 ottobre 1974. Nuove prospettive storiche; la Chiesa inutile al potere
(1974), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 361.
75
G. Parise, Un Ges commerciale (1974), PRIS, pp. 145-146. Belpoliti parla di provo-
cazione opposta e simmetrica a quella di Pasolini. M. Belpoliti, La fine dellArcadia cristiana,
in Settanta, cit., p. 77.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 503
g. Anche per Parise lItalia rurale finita per sempre; senza citare Pasolini, e
proponendo una periodizzazione leggermente diversa rispetto quella dellarti-
colo delle lucciole, Parise ammette che lItalia non vuole pi essere lItalia:
della nazione umanistica, autoctona, locale non rimangono che frammenti
(Questi frantumi non si trovano n si apprendono nelle scuole classiche, bens
stanno nascosti in una specie di sacca culturale, pre-storica e pre-politica, che
ci portiamo dietro dal nostro passato agricolo, popolare, paesano e cattolico)79.
Il corpo del Paese si presenta scisso, plasticamente, fisicamente:
Ma per Parise questa ferita non implica alcuna vera mutazione; sussiste
76
P.P. Pasolini, Marzo 1974. Altra previsione della vittoria al referendum (1974), in Id.,
Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p. 361.
77
Id., Analisi linguistica di uno slogan, cit., p. 282; G. Parise, Un Ges commerciale, (1974),
PRIS, p. 145. I corsivi sono miei.
78
Id., Analisi linguistica di uno slogan, cit., p. 279; G. Parise, Un Ges commerciale, cit.,
PRIS, p. 145.
79
Id., Le facce dei politici, cit., PRIS, pp. 99-100.
80
Id., Scuola e tv, cit., PRIS, p. 97.
504 Gianluigi Simonetti
81
Id., LItalia dei lotti (1975), PRIS, pp. 186-187.
82
Ibidem.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 505
tanto disperato, poi, con lenergia che d sempre la cultura, ogni giorno di pi
interlocutorio. Personalmente sentivo e sento che nella grande rivoluzione della
nuova cultura, di cui al tempo stesso artefice e vittima la grande massa del
popolo italiano, c una enorme carica di energia, la brutale energia dello spreco,
che ha fatto, fa e senza dubbio far molte vittime. Una di queste appunto Pa-
solini83.
5. La critica ha notato che dopo il 1975, cio dopo il delitto di Ostia, gli
articoli di Parise sul Corriere sembrano far propri, in maniera sempre pi
esplicita, temi e questioni pasoliniani84. Nel 1976 Parise comincia a parlare
di nuovo potere e nuova cultura, di palazzo e di sessualit omologata; si
sofferma sul pestaggio consumistico e permissivo nato dal miracolo eco-
nomico italiano, e colloca nella met degli anni Sessanta alla maniera di
Pasolini la fine della cultura classica; discute della mancanza, tutta italia-
na, di una fase intermedia, di decompressione consumistica, come vi stata
negli Stati uniti e in Francia85. La presenza di Pasolini resta forte fino alme-
no al 1978. Nel 1979 comincia la stesura dellOdore del sangue.
83
G. Parise, New York, cit., OP2, p. 999-1000.
84
M. Belpoliti, La fine dellArcadia cristiana, in Settanta, cit., p. 82.
85
G. Parise, Nuovo potere e nuova cultura, cit., OP2, pp. 1400-1411. Cfr. anche M.
Belpoliti, La fine dellarcadia cristiana e La pietra e il cuore, in Settanta, cit., rispettivamente p.
82 e p. 224.
86
Cfr. rispettivamente S. Perrella, Introduzione, PRIS, cit, p. XXI; A. Zanzotto,
Introduzione, OP1, p. XXXIII; M. Belpoliti, Settanta, cit., p. 282.
87
Considerazioni sulle risonanze pasoliniane e moraviane dellOdore del sangue in M.
Giancotti, Fascismo, fascino. Tentazioni di un reporter: Lodore del sangue di Parise, in Studi
novecenteschi, 69, 2005, pp. 209-231.
88
Chi di dovere, la critica, ha messo le mani avanti dicendo che il centro del libro pura
invenzione, mentre la cornice autobiografica. Io rovescio il discorso; il centro la realt (pure
506 Gianluigi Simonetti
che sulla societ italiana dei tardi anni Settanta. Ed qui che agisce linflus-
so di Pasolini, qui che si sente il lungo confronto con gli articoli luterani:
nella parte pi a tesi dellOdore del sangue. Dalla categoria luterana di
nuovo fascismo, pervasivo e criminogeno, viene certamente lidea di fare
dellamante di Silvia un giovane militante di estrema destra, forse di Ordine
Nuovo, e al tempo stesso un ragazzo alla moda che veste jeans, giubbot-
to di cuoio e scarpe da ginnastica, va in palestra e beve Coca-cola:
con le deformazioni che ogni trascrizione comporta), e la cornice inventata. Anzi, per me la
cornice non c neanche (N. Naldini, Quel libro non deve stupire, in Corriere del Veneto-
Corriere della sera, 21 marzo 2004, cit. in M. Giancotti, Fascismo, fascino, cit., p. 228.
89
G. Parise, ODS, pp. 229-230. Sulla mescolanza di ingredienti ideologici ed edonisti
nella costruzione del personaggio del ragazzo dellOdore del sangue cfr. M. Giancotti, Fascismo,
fascino, cit., p. 216.
90
Ivi, pp. 90-91.
91
Ivi, p. 233; G. Magrini, Nota al testo, ODS, p. XXIV.
Il circuito della prosa. Letteratura e giornalismo in Goffredo Parise 507
Non c gruppo di ragazzi, incontrato per strada, che non potrebbe essere un
gruppo di criminali. Essi non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti sono
lineamenti contraffatti di automi, senza che niente di personale li caratterizzi da
dentro. La stereotipia li rende infidi. Il loro silenzio pu precedere una trepida
domanda di aiuto (che aiuto?) o pu precedere una coltellata92.
92
P. P. Pasolini, I giovani infelici (1976), in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, cit., p.
544. Si ricordi il finale di Roma: Appoggiato allo stipite della nicchia un giovane alto con dei
gran capelli crespi, di cui si vedeva chiaramente il sorriso mezzo invitante, mezzo disgustato,
biancheggiare nel viola. [...] Gli parve di udire il nome di Al mentre osservava il vestito luci-
do e stretto delletiope che fece come un balzo: tale era la passivit della luce viola nel cielo
notturno e la persistente sordit da analgesico, che luomo non si rese immediatamente conto
che letiope laveva colpito con un coltello. G. Parise, Roma, in Id., Sillabario n. 2 (1982),
OP2, p. 490.
93
Id., ODS, p. 228.
94
Ivi, pp. 232-233. Il giovane fascista che uccide Silvia, la moglie della voce narrante
dellOdore del sangue, possiede le fattezze fisiche dei ragazzi amati da Pasolini (M. Belpoliti,
La fine dellArcadia cristiana, in Settanta, cit., p. 82). Nella copia di Scritti corsari che apparte-
neva a Parise conservato un ritaglio di giornale con unintervista allassassino di Pasolini
(Pelosi: ho ucciso un granduomo. Studio per scrivere un libro, Corriere della sera, 5 giugno
1976). Cfr. M. Giancotti, Fascismo, fascino, cit., p. 214, n.
VALERIA MEROLA
Nel Diario Europeo, che raccoglie gli interventi giornalistici apparsi sul
Corriere della sera tra il 1984 e il 1990, Alberto Moravia sostiene la teoria
di un parallelismo integrale e non intuitivo tra letteratura e realt, per cui non
solo luniverso letterario risente dellinfluenza del reale, ma anche la vita sem-
bra dialogare ampiamente con limmaginario libresco, riproponendone situa-
zioni e personaggi. Le numerose analogie tra realt e letteratura1 dimostra-
no lesistenza di un legame intimo, che autorizza sia una scrittura impronta-
ta sul verosimile, se non addirittura sul vero, sia un intervento sul reale che
dei modi letterari riprende non solo lo stile, ma anche lo sguardo e latteg-
giamento.
Del realismo adottato come cifra distintiva dallo scrittore di romanzi e
racconti si molto parlato, insistendo sul gusto moraviano per la ricostru-
zione fedele di interni borghesi e personaggi popolari e sullispirazione di
matrice marxista ed esistenzialista. Ma linteresse per il reale non solo un
ingrediente della fiction e va oltre le pagine narrative, fino allintervento in
prima persona sulle colonne delle principali testate giornalistiche. Del resto
il lavoro giornalistico non pu essere considerato un momento accessorio
rispetto al complesso della produzione moraviana, quasi concepita in rap-
porto a un ideale di poligrafismo tuttaltro che estraneo dalla nostra tradizio-
ne. Al contrario, gli articoli sulla stampa periodica costituiscono un elemen-
to di continuit in tutto e per tutto paragonabile alla narrativa, non a caso
praticata spesso nella forma breve destinata alla pubblicazione sui giornali. Si
pensi che i suoi primi articoli sono coevi rispetto agli esordi narrativi e
1
Alberto Moravia, Diario Europeo. Pensieri, persone, fatti, libri, 1984-1990, Bompiani,
Milano 1993, p. 57. Nella sua Introduzione a Impegno controvoglia, Simone Casini parla di
forte intenzionalit realistica nellopera narrativa di Moravia, nella quale sono infatti evi-
denti molti spunti di analisi critica, di riflessione ideologica, di tensione utopica, di ribellione
a un ordine fittizio. Secondo Casini, la critica del mondo borghese e la richiesta di ragioni
valide per una partecipazione attiva alla realt contemporanea non sono per Moravia il porta-
to di unattivit intellettuale e politicamente impegnata, ma il frutto e il senso stesso della sua
ricerca letteraria: Simone Casini, Lo scrittore e lintellettuale, in Alberto Moravia, Impegno con-
trovoglia. Saggi, articoli, interviste: trentacinque anni di scritti politici, a c. di Renzo Paris,
Bompiani, Milano 2008, pp. V-XXXIII.
510 Valeria Merola
2
A. Moravia, Viaggi. Articoli 1930-1990, a c. di Enzo Siciliano, Bompiani, Milano 1994.
3
Casini scrive che il Moravia intellettuale controvoglia nasce probabilmente dalla cri-
tica e dal superamento narrativo del modello dellintellettuale organico, Casini, Lo scrittore
e lintellettuale, cit., p. XVI.
4
A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, a c. di Nello Ajello, Laterza, Roma-Bari
2008 (I edizione 1978).
La commedia umana di Alberto Moravia 511
Di tale natura appunto sono le riserve di Moravia nei confronti del capo-
lavoro manzoniano, come risultano nel saggio sullIpotesi di un realismo cat-
tolico 9. Limpegno concepibile solo nei luoghi ad esso deputati e non nello
spazio dellarte. Alla letteratura spetta il compito di elaborare una memoria
comune, in un diario collettivo, che filtri lesperienza. Lintellettuale che
voglia dire la verit trover modo di dar voce ai suoi pensieri tramite i mass
media, che sono mezzi che consentono a uno scrittore di non tacere10. in
questo senso che Moravia intende limpegno, come possibilit di intervenire
nel dibattito culturale e sociale servendosi dei giornali, senza per questo met-
tersi a sua volta al servizio della carta stampata.
5
Ivi, p. 69.
6
Ivi, p. 70.
7
Ibidem.
8
Ivi, p. 33.
9
A. Moravia, Alessandro Manzoni o lipotesi di un realismo cattolico, in Id., Luomo come
fine, Bompiani, Milano 1964, pp. 167-205.
10
Id., Intervista sullo scrittore scomodo, cit., p. 63.
512 Valeria Merola
parlo solo per me ci si pu permettere di scrivere anche sui giornali non del
tutto omogenei a se stessi. Sui giornali che ci sono. Bisogna essere abbastanza
forti, insomma, per servirsi dei giornali e non servirli11.
Rispondendo ad una domanda di Nello Ajello che gli chiede come uno
scrittore, che si professa di sinistra, possa scrivere su testate allineate con il
potere costituito, Moravia insiste sulla forza comunicativa dellintellettua-
le, che trascende i limiti contingenti della pagina senza esaurirsi in essa. Ep-
pure, nonostante il suo impellente bisogno di non tacere, egli si discosta
dallimpegno politico attivo12, rifiutando di prendere anche solo la tessera di
un partito perch larte vuole la ricerca dellassoluto13 , fino al 1985,
quando viene eletto al parlamento europeo come indipendente nelle liste del
PCI.
Sempre nella stessa intervista Moravia definisce i termini del suo impegno
intellettuale, inserendolo nel complesso della sua attivit, come naturale esito
di un modo di porsi nei confronti del mondo. Risalendo agli esordi della sua
carriera di scrittore, egli ricostruisce la propria incapacit iniziale di separarsi
dal punto di vista borghese di origine e linfluenza enorme esercitata su di lui
dalle suggestioni letterarie.
11
Ivi, p. 64.
12
Sento che fra lartista e le masse il rapporto veramente sgradevole, penoso. un rap-
porto basato su un malinteso, sulladulterazione, sulla demagogia. So che mi annoierei profon-
damente, ivi, p. 35.
13
A. Moravia, Moravia intervista Moravia candidato, in Idem, Linverno nucleare,
Bompiani, Milano 1986, pp. 83-88, p. 83; intervista apparsa sul Corriere della sera del 9
maggio 1984: lartista, per sua natura, non fatto per fare politica. Larte, anche quella del-
lartista pi modesto, vuole la ricerca dellassoluto: la politica, anche quella delluomo politico
di genio, la ricerca del possibile, del relativo, del contingente. Sul tema dellimpegno politico
moraviano si veda la Prefazione di Enzo Siciliano al Diario Europeo.
14
Id., Intervista sullo scrittore scomodo, cit., pp. 3-4.
La commedia umana di Alberto Moravia 513
15
Per uno sguardo complessivo sulla scrittura giornalistica di argomento politico di
Moravia, rimando al saggio di Simone Casini che introduce la nuova edizione dellImpegno
controvoglia; cfr. S. Casini, Lo scrittore e lintellettuale, cit.
16
Nello Ajello, Ed ecco che, a parlargli di vita e di letteratura, il romanziere si conferma-
va prima dogni altra cosa un giornalista: un acuto reporter, potrei dire, di se stesso.
17
A. Moravia, Folla e demagoghi, in Id., Impegno controvoglia, cit., p. 4.
514 Valeria Merola
18
Ibidem: Il demagogo parla in piazza. Come il ciarlatano che vende i suoi ritrovati con
le solite cantafavole, egli non apre la bocca se non quando la piazza piena. E quando parla,
non per dire la verit, non per illuminare quei centomila disgraziati che tale verit da lui
aspettano, bens per raggiungere certi effetti, diciamo cos, corali. In altre parole egli ottiene il
consenso della folla unicamente lusingandone i pi bassi istinti, le pi vane aspirazioni. E
come potrebbe essere altrimenti? La ragione cosa severa e fredda, e non chiede di essere
applaudita ma soltanto capita.
19
A. Moravia, Luomo come fine, in Id., Luomo come fine, cit., pp. 95-150.
20
Idem, I miei problemi, in Id., Impegno controvoglia, cit., pp. 66-70, p. 67.
21
Idem, La contestazione studentesca, ivi, pp. 127-136, p. 130; articolo apparso su Nuovi
Argomenti, n. 12, ottobre-dicembre 1968.
22
Ibidem.
La commedia umana di Alberto Moravia 515
Alla fine del ragionamento degli studenti, c lazione come unico banco di prova;
alla fine del ragionamento degli intellettuali la contemplazione. Ma qui non si
tratta di dar ragione a luno o allaltro, bens di scegliere secondo la propria voca-
zione26.
23
Ivi, p. 131.
24
Ivi, p. 132.
25
Ivi, p. 133.
26
Ivi, pp. 133-134.
27
A. Moravia, Liberi di stare insieme, in Id., Impegno controvoglia, cit., pp. 58-65, p. 61;
articolo apparso sullEspresso del 30 aprile 1961.
516 Valeria Merola
28
Ibidem.
29
Ivi, p. 62.
30
Ivi, p. 63.
31
A. Moravia, Il referendum di tutti, in Id., Impegno controvoglia, cit., pp. 252-254, p. 253;
articolo apparso sul Corriere della sera del 15 maggio 1974.
32
Ivi, p. 252: Persino coloro che hanno votato s, in fondo hanno contribuito a rende-
re il no pi vocale, sentito, vibrante. Insomma la prima volta dal 12 dicembre 1969, che il
popolo italiano riesce a far sentire la sua voce, riesce a parlare, riesce a dire qualcosa che lo
riguarda davvero. Lattentato di piazza Fontana aveva infatti provocato, comera lintenzione,
appunto, dei provocatori che lavevano messo in atto, quel sonno della ragione a cui allude
Goya in una celebre stampa, in cui si vede un turbine di schifosi mostri volanti roteare sulla
testa china e vinta di un uomo assopito o meglio caduto in un involontario e irresistibile letar-
go. I mostri che si inseguivano sulla testa stramazzata della nazione italiana, dopo lattentato
di piazza Fontana, erano legione; ma avevano un nome comune: repressione.
La commedia umana di Alberto Moravia 517
Quello che importava agli antidivorzisti era di rendere tab tutti o quasi gli aspet-
ti della nostra vita civile. Il rispetto che senza bisogno di una legge coercitiva la
ragione consiglia di nutrire per tutto ci che rispettabile, sarebbe stato imposto
anche per tutto quello che non deve essere rispettato, proprio perch va dibat-
tuto e criticato, in piena libert e senza rispetto alcuno33.
Mentre annuncia la vittoria del laicismo e della razionalit contro gli spet-
tri della repressione e del terrore, Moravia osserva come limporsi del fronte
del s avrebbe sancito la vittoria dellistinto di morte contro listinto di
vita34. in questottica razionalistica, contro loscurantismo della paura, che
lo scrittore mette in parallelo la legge sul divorzio con quella sullaborto. Pur
dichiarandosi scisso tra una tendenza naturale allabolizione di ogni control-
lo delle nascite per restituire il mondo alla natura e una razionale favorevo-
le allaborto, Moravia sostiene lesigenza di una legislazione che consideri
luomo non pi come dovrebbe essere ma come in realt 35. La ragion pra-
tica moraviana si allontana sia dallistinto naturale sia dallidealismo, per
misurarsi sullesperienza e sulla conoscenza delluomo.
Alluso sofisticato della ragione che fa Pasolini, mentre conduce la sua
battaglia antiabortista identificando la coppia favorevole allaborto con un
atteggiamento edonista figlio del consumismo dilagante36, Moravia contrap-
pone la sua concezione del rapporto sessuale come strumento di conoscen-
za37. Non credendo alla possibilit di ununione esclusivamente procreativa,
lautore, che allerotismo come rapporto umano, cio simbolico38 dedica
tante delle sue pagine narrative, sostiene che la ricerca del piacere nellamo-
re propriamente ci che distingue luomo dagli altri animali39. Per questo
non concepibile un atteggiamento come quello cattolico, che considera
luomo come dovrebbe essere e non come nella realt.
Loccasione del conflitto israelo-palestinese offre a Moravia lo spunto per
alcune importanti riflessioni sul concetto di pace, che si presenta allautore
come il solo mezzo di cui disponiamo per cambiare il mondo40. La que-
33
Ivi, p. 253.
34
Ivi, p. 254: In termini psicologici e esistenziali, i pi importanti oggi, la vittoria di
tutto ci che libero, allegro, sano, razionale, chiaro, su tutto ci che timoroso, tetro, mal-
sano, folle, oscuro. Il s, secondo lultimo e pi sociale e storico Freud, sarebbe stata la vit-
toria dellistinto di morte contro listinto di vita.
35
A. Moravia, Lo scandalo Pasolini, in Id., Impegno controvoglia, cit., pp. 268-270, p. 270;
articolo apparso sul Corriere della sera del 21 gennaio 1975.
36
Il riferimento allarticolo di Pier Paolo Pasolini intitolato Sono contro laborto, apparso
sul Corriere della sera del 19 gennaio 1975.
37
A. Moravia, Lo scandalo Pasolini, cit., p. 269.
38
Id., Diario europeo, cit., p. 113, 27 agosto 1987.
39
Id., Lo scandalo Pasolini, cit., p. 269.
40
Id., La pace da inventare, in Id., Impegno controvoglia, cit., pp. 242-244, p. 243; artico-
lo apparso sul Corriere della sera del 23 ottobre 1973.
518 Valeria Merola
Se si vuole che il mondo non perisca nella catastrofe nucleare, bisogna che il paci-
fismo, nella considerazione delle masse, diventi una forza. E che invece lo spirito
che potrebbe portare al conflitto atomico appaia, con il suo miscuglio di confu-
sione, di paura, di superstizione, di ipocrisia e di automatismo, come una debo-
lezza cio come una cosa negativa. In altre parole, il pacifismo dovrebbe diventa-
re una forza politica con la quale fare i conti, meglio e pi del disperato bellici-
smo di questi anni atomici al quale si contrappone44.
41
Ibidem.
42
A. Moravia, Luomo che guarda, Bompiani, Milano 200610(I ed. 1985), p. 46.
43
Id., Linverno nucleare, cit., p. VIII.
44
Id., La pace sia con noi, ivi, pp. 27-31, p. 28; articolo apparso su LEspresso del 12
dicembre 1982.
45
Id., Lettera da Hiroshima, in Id., Linverno nucleare, cit., pp. 3-14, p. 3; articolo appar-
so su LEspresso del 21 novembre 1982: questa verit mi folgorata in mente mentre mi
chinavo, riverente, per deporre un mazzo di fiori davanti al cenotafio delle duecentomila vit-
time della bomba atomica. In quel preciso momento, il monumento eretto in memoria del
giorno pi infausto di tutta la storia dellumanit, ha agito dentro di me. Ad un tratto, ho
capito che il monumento esigeva da me che mi riconoscessi non pi cittadino di una deter-
minata nazione, appartenente a una determinata cultura, bens, in qualche modo zoologica-
mente ma anche religiosamente, membro, come ho detto, della specie.
La commedia umana di Alberto Moravia 519
Tutti coloro che dimostrano indifferenza o fastidio per il discorso atomico non
hanno voglia di parlarne perch, magari inconsapevolmente, considerano la cara-
strofe nucleare come qualcosa di ovvio, di scontato e, appunto, di connaturato
alla nostra civilt. Sarebbe un poco come se qualcuno andasse attorno informan-
do la gente che dobbiamo tutti morire [...]. Semmai si potrebbe osservare che c
qualche differenza tra la morte dellindividuo e quella della specie. Se non altro
perch possiamo certamente evitareche la specie finisca, il caso di dirlo, prema-
turamente. Se riusciremo a farlo, avremo la riconoscenza delle generazioni futu-
re per secoli e secoli50.
46
Id., Moravia intervista Moravia candidato, cit., p. 84: La questione che il problema
nucleare da qualche tempo si installato nella mia mente con gli stessi caratteri di necessit
espressiva che sono propri dei problemi artistici. [...] In parole poverissime: da qualche tempo
io sono ossessionato dal problema nucleare.
47
Id., Lettera da Hiroshima, cit., p. 6.
48
Ivi, p. 8.
49
Id., Linverno nucleare, cit., p. IX.
50
Id., Diario Europeo, cit., pp. 26-27, 9 settembre 1984.
51
Ivi, p. 149; 22 dicembre 1987.
52
Ivi, p. 43; 17 maggio 1985.
53
Ivi, p. 117; 27 agosto 1987.
520 Valeria Merola
Bruno Bettelheim era senza dubbio un uomo di grande coraggio. Come mai,
avendo il coraggio di uccidersi, non ha avuto il coraggio, certo minore, di accet-
tare di vivere?56
54
Ivi, p. 63; 18 maggio 1986.
55
Ivi, p. 312; 23 marzo 1990: ci possono essere almeno tre generi di suicidio: il suicidio,
diciamo, per forza maggiore, il suicidio per malattia o esaurimento fisico e il suicidio per dispe-
razione.
56
Ivi, p. 313.
57
Ivi, p. 314.
58
Ivi, p. 315.
59
Ivi, p. 185; 3 maggio 1988.
La commedia umana di Alberto Moravia 521
60
Ivi, p. 187.
61
Ivi, p. 186.
62
Ibidem: Purtroppo, accade spesso che il vecchio crede alla propria commedia, e allora
abbiamo il vecchio che, senza rendersene conto, fa la caricatura del vecchio, esagerando suo
malgrado i ben noti caratteri propri dellet; oppure il vecchio che, anche lui senza accorger-
sene, fa lo sbarazzino, il dongiovanni, lo sportivo e via dicendo. Bisogna per notare che, in
questultimo caso, interviene a sospendere la sempre vigile coscienza del vecchio linvecchia-
mento, che cosa diversa dalla vecchiaia intesa come et. Comunque il vecchio vittima di
un malinteso a causa della differenza tra ci che pensa di se stesso e ci che ne pensano gli
altri.
63
Ivi, p. 202; 19 giugno 1988.
64
Ibidem.
65
Ivi, p. 203.
522 Valeria Merola
Tutti sanno che lui non ha nulla a che fare con il personaggio che impersona nello
spettacolo; e che la sua esistenza pubblica sta tutta nella recita e soltanto nella
recita; e tuttavia nessuno vuole sapere che cosa si nasconda dietro limmagine72.
66
Il riferimento al saggio di Guy Debord, La societ dello spettacolo, uscito nel 1967.
67
A. Moravia, Diario Europeo, cit., p. 156; 10 gennaio 1988.
68
Ivi, pp. 156-157.
69
Ivi, p. 78; 20 agosto 1986: Ad ogni modo, il record di questa mia dissociazione televi-
siva in pura immagine e in scrittore lho registrato giorni fa a Verona. Nella piazza principale,
una ragazza mi corsa incontro gridando: Come sono felice di conoscerla: chi lei? Dove
la frase stava ad indicare che mi aveva gi visto sul video e di conseguenza mi amava; ma non
sapeva chi ero.
70
Ivi, p. 101; 28 luglio 1987.
71
Ivi, p. 102.
72
Ivi, p. 103.
La commedia umana di Alberto Moravia 523
Lo scrittore che si offre, con la sua opera, a questa societ dello spettaco-
lo parte integrante di quel sistema usa e getta, figlio della rivoluzione
industriale contemporanea73 che fa del prodotto culturale un elemento con-
sumistico, gettato in pasto a quella specie di poltiglia che la folla.
73
Ivi, p. 135; 30 ottobre 1987.
FLORIANA CALITTI
1
Da Giornalismo italiano, vol. IV 1968-2001, a cura e con un saggio introduttivo di F.
Contorbia, Mondadori, Milano 2009, la frase citata nel titolo di Gaspare Barbiellini Amidei
a colloquio con Piero Ottone che cos ricordava lesordio di Pasolini al Corriere della Sera
(cfr. P. Ottone, Pasolini giornalista. La cultura in prima pagina, in Il potere delle parole. Come si
diventa giornalisti, introduzione di G. Sampaolesi, La Citt del Sole, Roma 1984, pp. 53-54),
p. XX: Una domenica in cui non erano successe cose molto importanti, Gaspare Barbiellini
Amidei, uno dei miei collaboratori pi diretti, uno dei vice-direttori del Corriere in quel
periodo, venne da me e mi disse: Domani abbiamo un giornale piuttosto fiacco, se mettessi-
mo questo Pasolini in prima pagina?. Io dissi di s, mettiamolo, e fu proprio un caso di cuci-
na giornalistica, di ordinaria amministrazione, senonch larticolo, il giorno dopo, subito fece
scalpore, con telefonate, commenti, osservazioni. In realt come precisa Franco Contorbia, p.
LVIII, la pagina la seconda, perch nella rubrica Tribuna aperta ed il 7 gennaio del
1973, una domenica e non un luned. Tra laltro Ottone tornato a parlarne ancora
nellIntroduzione premessa a una edizione degli Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini allegata
al numero di Epoca del 20 giugno 1988.
526 Floriana Calitti
Pasolini perch gli svelano, con tutta evidenza, quanto sia necessario usare un
mezzo di divulgazione, per arrivare a molti, a tutti, tant vero che Eredi
sar sempre considerata il primo embrione della grande esperienza bologne-
se di Officina del 1955.
Nel frattempo tra lagosto del 1942 e il marzo del 1943, proprio nel
momento pi delicato della svolta della guerra, Pasolini scrive su alcune rivi-
stine di partito come Il Setaccio, pubblicazione con ambizioni frondiste,
almeno nel campo culturale, della Giovent Italiana del Littorio (GIL), uni-
versitaria, che ospitava traduzioni di Giovanna Bemporad e versi friulani del
poeta (con una provocatoria presa di posizione sul dialetto rispetto al regime
che enfatizzava, invece, una lingua nazionale) e Architrave, rivista del
Gruppo Universitario Fascista (GUF) con velleit, anche in questo caso, forse
troppo ingenue, ma chiaramente antifasciste.
In questi articoli gi netta lindipendenza intellettuale e una scrittura,
seppure ancora acerba, assolutamente lontana da quella della politica, a
Pasolini non potr mai essere rimproverato un politichese e, inoltre, la pre-
senza di una spiccata e originale capacit ricettiva che lo porter, ad esempio,
a scrivere, di ritorno da un raduno universitario di italiani, spagnoli, tedeschi,
ungheresi, un pezzo di grande sensibilit giornalistica, gi non un semplice
reportage ma una scrittura interpretativa. Nellarticolo dal titolo Cultura
italiana e cultura europea a Weimar 2, uscito nellagosto del 1942 su Architra-
ve, Pasolini individua, al di l dellatmosfera propagandistica e celebrativa,
una possibilit reale di dialogo della contemporanea cultura europea:
Le condizioni di una cultura non sono misurabili nel vortice di una manifesta-
zione che ha chiaramente un significato propagandistico, quale stato lincontro
Weimar-Firenze. Lass a Weimar, tuttavia, non in senso ufficiale, ma attraverso
unassidua attivit privata, abbiamo potuto circuire il sistema o la barriera della
cerimonia, giungendo quasi di soppiatto, alle spalle, a scandagliare nella sua pro-
babile entit lodierna cultura europea. E dico subito che questa stata la prima
cosa a farsi indovinare, e cio che lodierna cultura europea si venuta automati-
camente maturando, al di fuori di qualsiasi finalit politica, quasi a dimostrazio-
ne della libert della creazione poetica e dellamore alla poesia, non legata a nes-
suna ancora propagandistica; eppure straordinariamente viva e stretta ai contem-
poranei movimenti politici, sociali, economici.
2
Larticolo viene ripubblicato in Il Setaccio nel gennaio del 1943 e si legge in P.P.
Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, a cura di W. Siti e S. De Laude, con un saggio di P.
Bellocchio, cronologia a cura di N. Naldini, Mondadori, Milano 1999, pp. 5-9, p. 5 la cita-
zione che segue. Cfr. anche Pasolini e Il Setaccio (1942-1943), a cura di M. Ricci, Cappelli,
Bologna 1977.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 527
basta citare i titoli Filologia e morale, Ragionamento sul dolore civile, Ultimo
discorso sugli intellettuali, In margine allesistenzialismo e ricordare che Pasolini
ha appena ventanni. Sono immediatamente successivi alla guerra, invece, le
collaborazioni giornalistiche con testate come Libert (quotidiano del
Comitato di liberazione di Udine) o Il Mattino del Popolo di Venezia, in
cui discute delle aspirazioni autonomiste del Friuli e non solo3.
Sono, infatti, gli anni della scoperta di Marx, delle letture di Gramsci,
delle lotte dei braccianti contro i latifondisti, della maturazione di un impe-
gno civile che si riveler sempre meno ortodosso rispetto alle codificazioni
partitiche e, soprattutto, susciter sempre molta diffidenza, anche dopo la sua
iscrizione, nel Partito comunista italiano. La riflessione di Pasolini sulle dif-
ferenze tra le classi sociali lo porta a distinguersi da chi puntava sul riscatto
delle classi proletarie per preferire, invece, di quelle stesse classi, la forza alter-
nativa e di contrapposizione alla borghesia, della quale, in particolare, abor-
rir sempre, la tendenza allomologazione4. Il 1948 lanno delle elezioni e
limpegno di Pasolini senza sosta, gli interventi sui giornali aumentano cos
come i comizi, i dibattiti e addirittura i giornali murali, esposti con grande
entusiasmo e prescelti ancora una volta per arrivare presto e a un pubblico il
pi vasto possibile.
Dopo il trasferimento a Roma, come noto, accetta di fare la comparsa a
Cinecitt, di correggere bozze, di pubblicare brevi racconti e recensioni su
giornali cattolici e di estrema destra come Il Quotidiano, Il Popolo di
Roma, La Libert dItalia, alle volte anche firmandosi con lo pseudonimo
di Paolo Amari; scrive su Favole della dittatura di Sciascia, su Penna, e poi ini-
ziano anche le collaborazioni per Il Mondo, La Fiera letteraria, Il
Gioved, rotocalco diretto da Giancarlo Vigorelli, e Paragone, la rivista
diretta da Roberto Longhi, suo professore allateneo bolognese e Anna Banti
per la sezione letteraria, in cui pubblica nel 51 il racconto Ferrobed che sar
poi la prima parte di Ragazzi di vita.
Ma lesperienza pi significativa di quel decennio senza dubbio quella di
Officina, il 28 ottobre del 1954 Francesco Leonetti, lamico bolognese di
sempre, gli scrive: Dopo undici anni, e anche questo tempo trascorso , in
parte, indice della mia spaventosa seriet (ma intanto oggi son ridiventato
uomo di mondo) dico: ecco il punto in cui si ha da fare una rivista. La rivi-
sta, fascicolo bimestrale di poesia come recita il sottotitolo, che andr avan-
ti fino allaprile del 1958 (con una ripresa di soli due numeri pubblicati da
3
Cfr. P.P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 10-80.
4
Si veda, ad esempio, larticolo I due proletari, uscito il 12 maggio del 1948 su Il Mattino
del Popolo nel quale risponde ad Aldo Capitini, oppure sempre sullo stesso giornale il 23
maggio dello stesso anno Le due condizioni scritto dopo quello in cui Aurelio Cantoni lo accu-
sava di una semplificazione rozza e di un errore di prospettiva nel dividere il popolo (quindi
anche il proletariato) dal ceto medio, cfr. ivi, pp. 69-74.
528 Floriana Calitti
Bompiani nel 1959), ospiter Fortini, Calvino, Gadda che vi pubblica con il
titolo di Il libro delle furie i primi capitoli del romanzo Eros e Priapo, Caproni,
Bertolucci, Luzi, Sereni, Bassani, Volponi. Dibattiti e polemiche sono allor-
dine del giorno, ad ogni uscita: contro Carlo Salinari e Gaetano Trombatore
de Il Contemporaneo, modelli della critica marxista che aveva giudicato
aspramente Ragazzi di vita, e poi nel tempo la querelle, anche questa molto
dura, contro la neoavanguardia (sul numero 5 del febbraio 1956, il discorso
sul neo-sperimentalismo e, poi, La libert stilistica sul n. 9-10 del giugno
1957), peraltro inizialmente presente in Officina, a partire dallo stesso
Edoardo Sanguineti, uno degli esponenti di spicco, che pubblicher, in rispo-
sta alla presa di distanza pasoliniana, la risentita Una polemica in prosa. inu-
tile sottolineare limportanza della rivista e della sua militanza e impegno cri-
tico5, al quale Pasolini non si sottrarr mai, come non si sottrarr mai alla
scrittura giornalistica sullattualit6 ma, continuamente, come sua caratteri-
stica, contaminando i generi, non osservando mai nessun tipo di divisione
precettistica della scrittura.
, infatti, del 1956 la rubrica di critica di poesia sul settimanale Il Punto
e del 1957 luscita del poemetto Le ceneri di Gramsci accolto come un gran-
de esperimento innovativo, pur inserendosi nel solco della tradizione alta, e
poi dal 28 maggio del 1960 linizio della collaborazione dello scrittore a Vie
nuove, in particolare a quel dialogo con i lettori, voluto dalla direttrice del
settimanale, Maria Antonietta Macciocchi che ha saputo cogliere in Pasolini
quella tendenza a confrontarsi il pi possibile, e il pi direttamente possibi-
le, con il pubblico che , daltra parte, la cifra senza dubbio pi caratteristica
della sua scrittura giornalistica, da intendere quasi come un dolce dovere.
E cos ne scrive la Macciocchi: Oltre la rubrica settimanale, scriveva gli arti-
coli che gli chiedevo sui soggetti pi disparati come per esempio le Olimpiadi
di Roma. Trovava sempre il modo di ribaltare i tab, di star lontano dalle
banalit, dalle idee correnti7 e, ancora, in una nota che anticipava lesordio
5
Una ristampa anastatica della rivista uscita a Bologna per le edizioni Pendragon nel
1993 e una scelta antologica in G.C. Ferretti, Officina. Cultura, letteratura, antologia della
rivista, testi inediti e apparati, Einaudi, Torino 1975.
6
Su questa tematica si veda S. Giovannuzzi, passato il tuo tempo di poeta: Pasolini e la
modernit e F. Calitti, Letture poetiche di Pier Paolo Pasolini, in Lacuto del presente. Poesie e poe-
tiche a met del Novecento, a cura di C. Sandrin, Edizioni dellOrso, Alessandria 2009, pp. 103-
120 e 121-134.
7
Cfr. N. Naldini, Pasolini, una vita, Einaudi, Torino 1989, p. 229, e dello stesso si veda
anche la Cronologia in P.P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. LXXXIII-XCIII.
Una scelta dei dialoghi con i lettori di Vie nuove stata raccolta in Le belle bandiere
Dialoghi 1960-1965, a cura di G.C. Ferretti, Editori Riuniti, Roma 1977 e poi completa in
P.P. Pasolini, I dialoghi, prefazione di G.C. Ferretti, a cura di G. Falaschi, Editori Riuniti,
Roma 1992.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 529
Nel dibattito in corso sui problemi linguistici che artificialmente dividono lette-
rati da giornalisti e giornalisti da calciatori []. Il gioco del football un siste-
ma di segni, , cio, una lingua, sia pure non verbale []. Il giornalismo non
che un ramo minore della lingua letteraria: per comprenderlo noi ci valiamo di
una specie di sotto-codice. In parole povere, i giornalisti altro non sono che degli
scrittori, che, per volgarizzare e semplificare concetti e rappresentazioni, si valgo-
no di un codice letterario, diciamo per restare in campo sportivo di serie B.
Anche il linguaggio di Brera di serie B rispetto al linguaggio di Carlo Emilio
Gadda e di Gianfranco Contini.
E quello di Brera forse il caso pi dignitosamente qualificato del giornalismo
sportivo italiano.
8
Da P.P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, cit., Note e notizie sui testi, p. 1082.
9
Reportage sul Dio esce di nuovo in Paragone il 15 agosto del 1964 e ora si legge tra i
Racconti, sopralluoghi e pagine autobiografiche di P.P. Pasolini, Romanzi e racconti (1962-
1975), a cura di W. Siti e S. De Laude, vol. II, Mondadori, Milano 1998, pp. 1852-1863. Si
veda anche Album Pasolini, Mondadori, Milano 2005, con immagini di Pasolini tifoso del
Bologna e giocatore appassionato della Nazionale calcio attori.
530 Floriana Calitti
Non esiste dunque conflitto reale tra scrittura letteraria e scrittura giornalisti-
ca: questa seconda, che, ancillare com sempre stata, esaltata ora dal suo impie-
go nella cultura di massa (che non popolare!!), accampa pretese un po superbe,
da parvenu [].
Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua una prosa poetica, da elzeviro.
Anche Mazzola un elzevirista, che potrebbe scrivere sul Corriere della Sera:
ma pi poeta di Rivera, ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa l per l
due versi folgoranti10.
del 1964 la conferenza, poi articolo, dal titolo Nuove questioni lingui-
stiche nella quale affronta la lingua, vitale solo in apparenza, delle avan-
guardie, la lingua della critica letteraria, della televisione, della politica, il
nuovo asse linguistico Torino-Milano, vincente perch tecnologico, indu-
striale e, ancora, la lingua burocratica, pseudoscientifica, sociologica, preve-
dibile e rassicurante del linguaggio giornalistico da cui bandita ogni forma
di espressionismo, di espressivit, come scrive Pasolini:
10
Cfr. P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sullarte, a cura di W. Siti e S. De Laude, tomo
II, Mondadori, Milano 1999, pp. 2545-2548. Gli articoli e gli scritti sul calcio sono tra i pi
richiesti e tradotti allestero.
11
il testo di una conferenza torinese del 64 pubblicata su Rinascita il 26 dicembre
dello stesso anno. Poi inclusa nella raccolta Empirismo eretico (1964-1971) che esce per
Garzanti nellaprile 1972 e in giugno viene presentata alla libreria Croce di Roma da Enzo
Siciliano, Gian Carlo Ferretti e Giorgio Napolitano. Si cita da P.P. Pasolini, Empirismo eretico,
prefazione di G. Fink, Garzanti, Milano 1991, pp. 15-16.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 531
Io non lo penso []. So quanto loperazione giornalistica sia falsa: prende, della
realt, dei brani isolati, appariscenti, il cui significato sia immediatamente acce-
pibile, diventi subito una specie di formula: e poi li ricucisce insieme malamen-
te attraverso un tono moralistico che al puro e semplice servizio del lettore.
Non pensa, il giornalista borghese, nemmeno per un istante, a servire la verit: a
essere in qualche modo onesto: cio personale. Egli si spersonalizza totalmente,
per far parlare al suo posto un ipotetico pubblico, che egli naturalmente consi-
dera benpensante ma idiota, normale ma feroce, incensurato ma vile []. Ecco
che cos il successo: una vita mistificata dagli altri, che torna mistificata a te, e
finisce col trasformarti veramente []. una specie di gioco, le cui regole ven-
gono accettate da ambo le parti: da un lato gli sfruttatori, produttori, editori,
direttori di rotocalchi borghesi che siano dallaltro lo sfruttato ossia la persona
che ha avuto la disgrazia di avere successo. Regole disumane. Non hanno senso,
in esse, le parole rispetto, gratitudine, seriet, piet. questo certamente uno dei
lati pi clamorosamente immorali della societ capitalistica. Io, che in modo
certo cos limitato, rispetto alla B. B., ho avuto in questi anni un po di successo,
so cosa questo vuol dire: e capisco benissimo i propositi suicidi di quella ragazza.
12
In La Battana, nn. 7-8, maggio 1966.
13
Molti sono gli scrittori che prediligono questo genere e lo stesso Pasolini scrive per Il
Giorno, nel 61, una serie di articoli che poi confluiranno nel volume Lodore dellIndia, sul
viaggio in India in compagnia di Moravia e di Elsa Morante.
532 Floriana Calitti
So cosa significa essere guardati come bestie rare, essere dati in pasto senza discri-
minazione allodio (e assai pi raramente alla simpatia), essere continuamente,
sistematicamente falsificati, adoprati brutalmente a fare notizia []. In realt io
conosco molte di queste ragazze, portate alla ribalta dalla celebrit (anche se non
proprio come la B. B.) e leggo in loro i sintomi di una specie di nevrosi, dissociati-
va, che si potrebbe dire nevrosi del successo: e che i medici non hanno ancora
individuato, immagino, se non incasellandola blandamente nella voce esaurimen-
to. La sua azione dissociatrice del resto chiara, se si pensa che oggettivamente la
personalit viene spaccata in due: quella umilmente quotidiana, la vera, e quella fal-
sata, spesso atrocemente, che costituisce il mito dei boom giornalistici14.
Si sente che Pasolini ha gi dovuto difendersi dalle accuse di chi gli rim-
provera di frequentare troppo la vita mondana, e quindi borghese roma-
na, a lui rivolte da Cassola e poi riprese dai lettori di Vie nuove15, ha gi
dovuto affrontare le polemiche nate dopo la serata di presentazione dei fina-
listi del premio Strega del 27 giugno in cui ha letto i versi, che tanto scalpo-
re hanno suscitato, poi pubblicati nella raccolta La religione del mio tempo con
il titolo di In morte del realismo (una invettiva contro Cassola colpevole di
aver assassinato il realismo) ma, soprattutto, ha dovuto subire, il 30 giugno,
la denuncia per favoreggiamento da parte della polizia, per aver dato un pas-
saggio in macchina a dei ragazzi coinvolti in una rissa a Trastevere.
Il rapporto cos continuativo con il pubblico svela sempre di pi i tratti
variegati di una personalit complessa che reagisce a un destinatario di
massa, a un destinatario che spesso tende a trattarlo oramai come un per-
sonaggio e quindi di volta in volta molto amato o molto odiato, intellettua-
le venerato o intellettuale scomodo, al di l dei contenuti e dellestrema ete-
reogeneit dei problemi, dei temi posti alla sua attenzione. Il successo de Le
ceneri di Gramsci, di Ragazzi di vita, e di Una vita violenta, un successo
ampio, di pubblico, lingresso nel mondo del cinema, la caccia ai dettagli
scandalistici della sua vita privata che si accentua sempre di pi, i giornali che
si accaniscono in questa ricerca e sfruttano qualsiasi notizia, proprio quei
giornali che Pasolini cerca di usare perch strumento invincibile per arrivare
al largo pubblico, tutto fa s che si compia quel che temeva: Non voglio esse-
re un caso letterario. Non voglio essere ridotto a un oggetto di pura attualit,
di superficialit giornalistica16.
14
Cfr. P.P. Pasolini, I dialoghi, cit., n. 41 di Vie nuove del 15 ottobre 1960.
15
Vie nuove n. 28, 9 luglio 1960, a scrivergli Roberto Salvadori da Firenze. La lirica
larticoletto sotto forma di epistola come scrive a Giacinto Spagnoletti (cfr. P. P. Pasolini,
Lettere 1955-1975, a cura di N. Naldini, Einaudi, Torino 1988, p. 474) lo stesso Pasolini il 23
aprile del 60, uscir su Paese Sera il 29 giugno dello stesso anno, con il titolo Per la morte
del realismo. Orazione alla maniera di Antonio, con una chiara allusione al dramma di
Shakespeare Giulio Cesare. Pasolini presenta alla Strega, Il cavaliere inesistente di Calvino, men-
tre Spagnoletti La ragazza di Bube di Cassola.
16
Cfr. N. Naldini, Pasolini, una vita, cit., p. 224.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 533
incredibile quello che hanno visto ieri sera i miei occhi, per non pi di cinque
minuti, fin troppo esaurienti, alla televisione. In quei cinque minuti stavo cenando in
fretta, e i miei occhi non potevano non cadere sul video acceso, proprio davanti alla
tavola (mia madre e mia zia sono tra i dannati che vedono la televisione tutte le sere).
Il mio sguardo era acre, sintende. Infatti, per tutta la mezzora precedente la cena,
avevo corretto delle bozze, e la voce sciocca e futile, piena di insopportabile otti-
mismo, della televisione, mi aveva tormentato.
Acri, erano dunque i miei occhi, ma tutto sommato abbastanza distratti e lontani.
Ho realizzato solo dopo un po quello che stavo vedendo: due donne molto simili
una allaltra, stavano facendo delle evoluzioni, duna assoluta facilit, come due
automi caricati a molle, che sanno fare solo quei due o tre gesti, capaci di dare una
inalterabile e iterativa soddisfazione al bambino che li osserva. Due o tre mossucce
idiote, incastonate in un ritmo, che voleva essere gioioso e invece era soltanto faci-
le [] unallegria collegiale e orgiastica, in cui la donna appariva come una scema,
con dei pennacchi umilianti addosso, un vestituccio indecente che nascondeva e
insieme metteva in risalto le rotondit del corpo, cos come se le immagina, se le
sogna, le vuole un vecchio commendatore sporcaccione e bigotto.
17
Cfr. G.C. Ferretti, Lapprendistato del corsaro. Prefazione a P.P. Pasolini, I dialoghi, cit,
pp. V-XXXVII.
18
Cfr. rispettivamente G. Parise, Scuola e tv (1974), in Verba volant.Profezie civili di un
anticonformista, a cura di S. Perrella, Liberal Libri, Firenze 1998, p. 95. Ma per i rapporti tra
Parise e Pasolini si veda qui il saggio di Gianluigi Simonetti e, inoltre, M. Belpoliti, La fine
dellArcadia cristiana, in Settanta, Einaudi, Torino 2001, pp. 61-65; E. Flaiano, Diario degli
errori, Adelphi, Milano 2002, pp. 107-108.
534 Floriana Calitti
Non c infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane
Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due Persone che avvalora-
no la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, sintende, vanno ancora a
messa la domenica: in macchina). Gli italiani hanno accettato con entusiasmo
questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della
Produzione creatrice di benessere (o meglio di salvezza dalla miseria). Lo hanno
accettato ma sono davvero in grado di realizzarlo? []. Non c dubbio (lo si
vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun
19
In risposta a uninchiesta su Canzonissima, Paese Sera, 8 ottobre 1972, in P.P. Pasolini,
Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 838-839.
20
Da P.P. Pasolini, I dialoghi, cit., il volume raccoglie oltre a tutti i dialoghi su Vie nuove
anche quelli usciti su Tempo nella rubrica di risposte ai lettori Il caos, cfr. anche P.P.
Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 1260-1262.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 535
21
Con il titolo di Acculturazione e acculturazione in P.P. Pasolini, Scritti corsari, con una
prefazione di A. Berardinelli, Garzanti, Milano 2000, pp. 23-25 e anche si veda Id., Lo stori-
co discorsetto di Castelgandolfo uscito sul Corriere della Sera il 22 settembre 1974 con il tito-
lo I dilemmi di un Papa, oggi, pp. 77-81, sui rapporti tra Chiesa e la televisione.
22
Poi in P.P. Pasolini, Lettere luterane, prefazione di G. Crainz, Garzanti, Milano 2009, con
il titolo di Due proposte per eliminare la criminalit in Italia, p. 194.
23
Cfr. la rievocazione dei loro rapporti e scambi epistolari fatta da Franco Fortini stesso in At-
traverso Pasolini, Einaudi, Torino 1993 e E. Golino, Tra lucciole e e Palazzo. Il mito Pasolini dentro la
realt, Sellerio, Palermo 2005 IIa edizione, in particolare le pp. 91-113 Fortini, lamico-nemico.
24
Pubblicata per intero su Nuovi Argomenti, n. 10, aprile-giugno 1968, poi in P.P.
Pasolini, Empirismo eretico, da cui si cita, pp. 151-159, e poi Pasolini torna ancora a parlarne nella
rubrica Il caos del 17 maggio 1969, con una nota dal titolo I cappelli goliardici, cfr. P.P. Pasolini,
Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 1209-1211: Non sto a raccontare al lettore di quali
ricatti sono stato fatto segno in seguito alla cattiva lettura (lettura di cultura di massa) di questa
mia poesia: perfino lettori che se lavesser letta su Nuovi Argomenti lavrebbero capita, leggen-
dola sullEspresso sono stati vittime del processo fatale che ho descritto. Ricorder Occhetto
(su Rinascita) che oltre a limitare la sua critica a quei primi due versi, e non alla dozzina che
seguiva (se ne sta occupando forse adesso, che il problema della polizia esploso, e lUnit pub-
blica lettere di poliziotti che confermano quello che io dicevo!), aveva trasformato la mia espres-
sione simpatizzavo con lespressione, da lui inventata, tenevo per [...] pp. 1210-1211.
536 Floriana Calitti
mica nei confronti degli studenti, Pasolini molto chiaro nello spiegare che i
giovani di questo movimento non possono pi guardare la borghesia oggetti-
vamente attraverso lo sguardo di unaltra classe sociale, perch la borghesia
oramai trionfante e quindi sta permeando anche le altre classi sociali: attra-
verso il neocapitalismo, la borghesia sta diventanto la condizione umana.
Quindi lunica possibilit di comunicare con loro, con i giovani, come extrema
ratio, rimane, appunto, la provocazione, e la loro salvezza pu stare solo oltre
le convenzioni, oltre il conformismo, anche quello della sinistra, del Pci: que-
sta s potrebbe essere la vera rivoluzione. E quando nel 71 torner a scrivere
de Il Pci ai giovani!! parlando della sua ultima raccolta poetica Trasumanar e
organizzar, nel ricredersi sulla bruttezza autodichiarata di quei versi, sottoli-
nea e motiva questo giudizio proprio in quella mescolanza di scritture diverse
che, abbiamo gi detto, senza dubbio la cifra pi caratteristica del giornalismo
pasoliniano e anche della sua poesia: Brutta, invece, non , con quellimpasto
espressionistico di prosa giornalistica e luoghi comuni []25.
Daltra parte, sempre nel 1968, Pasolini decide di ritirarsi dallo Strega e scri-
ve su Il Giorno del 24 giugno quali le motivazioni che lo hanno spinto a un
gesto certamente eclatante, alla seconda votazione per di pi: semplicemente e
drammaticamente essere contro lidea che il libro sia un prodotto di puro con-
sumo e, quindi, accettare che la cultura sia sottoposta a una industria neocapi-
talistica26. Il che comporterebbe arrendersi irreparabilmente allidea che tutto
perduto, tutto finito, non c pi nemmeno una zona franca, e constatare, dun-
que, come far di l a poco, che quella in atto una vera e propria mutazione
antropologica, causata da un boom economico che in Italia ha avuto modalit
diverse dagli altri paesi europei, stato pi rapido, non assimilato gradualmente,
una seconda rivoluzione industriale senza la prima.
Ancora oggi desta meraviglia e stupore, possiamo confessarlo, la collabo-
razione del perturbatore Pasolini al Corriere della Sera, la sua rubrica su
Tempo intanto, il 20 gennaio 1970, era stata sospesa perch lo scrittore vi
affrontava temi troppo politici. Frutto di una trattativa che non stata
certo n rapida n immediata Enzo Siciliano racconta come si sono svolti i
fatti e il ruolo che hanno giocato Gaspare Barbiellini Amidei e Nico Naldini
che conosceva bene lambiente editoriale milanese27 lentrata dello scritto-
25
Cfr. P.P. Pasolini, Pasolini recensisce Pasolini, uscito su Il Giorno, 3 giugno 1971 e poi
pubblicato in Id., Saggi sulla letteratura e sullarte, cit., p. 2577.
26
Id., In nome della cultura mi ritiro dal Premio Strega, in Saggi sulla politica e sulla societ,
cit., p. 154.
27
E. Siciliano, P.P.P., una lucciola al Corriere, in Pasolini e il Corriere, supplemento dell8
ottobre 1986 dal titolo Corriere della Sera (1876-1986). Dieci anni e un secolo: La difficolt
da superare non era di poco conto. Nonostante la nuova direzione, il Corriere della Sera era
pur sempre immagine di quel conservatorismo contro il quale Pasolini non si era fatto scru-
polo di accuse cocenti. In particolare si trattava di spiegare a Pasolini che la cornice di Tribuna
aperta costituiva unassicurazione di libert reciproca, e per il collaboratore e per il giornale.
Naldini ci riusc e la cosa and in porto, p. 4.
538 Floriana Calitti
[] In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
Popolo e Corriere della Sera, Newsweek e Monde
vi leccano il culo. Siete i loro figli [] (vv. 56-59).
E poi ancora:
Occupate le universit
ma dite che la stessa idea venga
a dei giovani operai.
E allora:
Corriere della Sera e Popolo, Newsweek e Monde
avranno tanta sollecitudine
nel cercar di comprendere i loro problemi? (vv. 100-106)28.
28
Da P.P. Pasolini, Empirismo eretico, cit., pp. 152-153.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 539
animo tu, voi avete la spudoratezza di cogliere ogni occasione per parlare di
libert di stampa, quando tu e voi di questa libert fate volgare mercimonio irri-
dendo ai suoi valori con linconfessato e inconfessabile scopo di concimare li-
gnoranza e diffondere linganno? Dunque, caro Ottone, se tinsegno a chiamare
ogni cosa col nome che gli conviene, vorrai non avertene come uomo (come
direttore sarebbe pretendere limpossibile) se ti dico che sei una triviale e laida
puttana. A Cesare quel che di Cesare, alle puttane... E ora seguita pure a ven-
derti per comprare gli altri. Lascia pure lo spazio della tua rubrica alla lettera della
gentile signorina Cesira che essendosi fratturata la caviglia sciando a Cortina si
interessa tanto ad un nuovo metodo per aggiustarsela (vivaddio, visto che non ci
hanno regalato la riforma sanitaria pur sempre qualcosa che vi interessiate alme-
no voi di qualche questione spicciola, davvero!)29.
Il primo articolo corsaro esce il 7 gennaio del 1973, con il titolo Contro i
capelli lunghi 30: una analisi del linguaggio del corpo, un linguaggio non verbale,
legato, in questo caso, alla contestatoria esibizione dei capelli lunghi da parte dei
giovani. Questa esibizione avrebbe dovuto sottointendere una protesta contro il
potere precostituito, contro il tradizionalismo borghese, avrebbe dovuto creare
uno scandalo, ma, in realt, secondo Pasolini, era solo e miseramente una sotto-
cultura di protesta che si opponeva a una sottocultura di potere, niente di pi:
La prima volta che ho visto i capelloni, stato a Praga. Nella hall dellalbergo
dove alloggiavo sono entrati due giovani stranieri, con i capelli lunghi fino alle
spalle. Sono passati attraverso la hall, hanno raggiunto un angolo un po appar-
tato e si sono seduti a un tavolo. Sono rimasti l seduti per una mezzoretta, osser-
vati dai clienti, tra cui io; poi se ne sono andati. Sia passando attraverso la gente
ammassata nella hall, sia stando seduti nel loro angolo appartato, i due non
hanno detto parola (forse bench non lo ricordi si sono bisbigliati qualcosa
tra loro: ma, suppongo, qualcosa di strettamente pratico, inespressivo) []. Ci
che sostituiva il tradizionale linguaggio verbale, rendendolo superfluo e tro-
vando del resto immediata collocazione nellampio dominio dei segni, nellam-
bito cio della semiologia era il linguaggio dei loro capelli []. Qual era il senso
del loro messaggio silenzioso ed esclusivamente fisico?
Era questo: Noi siamo due Capelloni. Apparteniamo a una nuova categoria
umana che sta facendo la comparsa nel mondo in questi giorni, che ha il suo cen-
tro in America e che, in provincia (come per esempio anzi, soprattutto qui a
Praga) ignorata. Noi siamo dunque per voi una Apparizione. Esercitiamo il
nostro Apostolato, gi pieni di un sapere che ci colma e ci esaurisce totalmente.
Non abbiamo nulla da aggiungre oralmente e razionalmente a ci che fisicamen-
te e ontologicamente dicono i nostri capelli [...].
29
Questa lettera stata pubblicata sul Corriere della Sera il 1 novembre del 2000 con il
titolo di Voi, diffusori dellinganno, ma senza indicazione precisa della fonte originaria, proba-
bilmente gli archivi del giornale.
30
Con il titolo Il Discorso dei capelli apre Scritti corsari che Pasolini pubblica nel 1975
per Garzanti, cfr. P.P. Pasolini, Scritti corsari, cit., pp. 5-11.
540 Floriana Calitti
Pur prendendo le loro parti Pasolini aveva il sospetto che quel discorso
silenzioso contenesse il rischio di esprimere qualcosa di equivoco:
Scrive ancora Pasolini che questi giovani si sono isolati, peggio sono regre-
diti, sono andati pi indietro dei loro padri, hanno resuscitato il conformi-
smo, sono una massa inarticolata in cui destra e sinistra si confondono
drammaticamente: Ora cos i capelli lunghi dicono, nel loro inarticolato e
ossesso linguaggio di segni non verbali, nella loro teppistica iconicit, le co-
se della televisione o delle rclames dei prodotti, dove ormai assolutamen-
te inconcepibile prevedere un giovane che non abbia i capelli lunghi: fatto
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 541
che, oggi, sarebbe scandaloso per il potere. una finta libert, una finta
contestazione quella dei giovani che sono entrati in un ghetto fatto di ansia
colpevole di attenersi allordine degradante dellorda. Una contestazione che
non riconoscibile, non dice la verit, sta in quellatroce penombra dove
destra e sinistra si confondono31.
Dal punto di vista stilistico interessante notare come la scrittura giorna-
listica di Pasolini sia davvero molto personale ed efficace: bandito qualsiasi
tecnicismo e quando lo usa lo sottolinea come una mostruosit, una defor-
mazione del linguaggio: si parte dal racconto di un fatto, dalla descrizione di
una situazione, da un piccolo evento autobiografico e si passa a una riflessio-
ne su questioni generali e via via, come per tesi che si sviluppano, si arriva a
conclusioni che sono sempre nette e chiare, e per questo sempre considerate
o semplicemente provocatorie o addirittura scandalose.
Il secondo articolo sul Corriere della Sera esce il 17 maggio dello stesso
1973, con il titolo Il folle slogan dei jeans Jesus e prende spunto da uno slogan
pubblicitario di grande successo Non avrai altri jeans allinfuori di me.
Larticolo dopo una prima parte sul linguaggio della pubblicit, sulla falsa
espressivit della lingua degli slogan, una lingua stereotipata, denuncia un
rapporto tra la Chiesa che reagisce blandamente sulle pagine dellOsservato-
re romano e il consumismo. Quello che interessa sottolineare a Pasolini
che solo la possibilit di concepire questa trovata pubblicitaria lemblema
che la mercificazione si compiuta.
Quando poco pi di un anno dopo, il 10 giugno 1974, Pasolini scriver
larticolo simbolo della sua condanna alla mutazione antropologica degli
italiani, Gli Italiani non sono pi quelli, in sostanza riprende questa riflessio-
ne: questuomo non ha pi radici, una creatura mostruosa del sistema; lo
ritengo capace di tutto. Dopo il referendum sul divorzio, infatti, tutte le
entusiastiche dichiarazioni sulla raggiunta maturit della nazione italiana e
sulla vittoria della laicit sembrano a Pasolini delle falsit che nascondono
una verit, seppur crudele e scomoda, una verit: la vittoria del no indub-
biamente una vittoria ma, se andiamo ad analizzare la qualit di quella vitto-
ria, dobbiamo ammettere, scrive Pasolini, che si deve piuttosto alla vittoria
del consumismo, alla diffusione di un edonismo neocapitalistico, a un senti-
mento pi egoista, pratico, in buona sostanza, pi comodo che profonda-
mente laico, quello di matrice americana. Le reazioni sono immediate, gli ri-
spondono Calvino, Maurizio Ferrara, in rappresentanza della sinistra, e il so-
ciologo Franco Ferrarotti. Lo accusano di essere un nostalgico, di voler ricrea-
re unet delloro che non c pi, unArcadia, immagine di un irrazionalismo
31
In una lettera del 24 settembre 1975 a Giovanni Ventura, imputato per la strage del
1969 della Banca dellAgricoltura a Milano, in carcere a Bari, cfr. P.P. Pasolini, Lettere (1955-
1975), cit., p. 741.
542 Floriana Calitti
estetico, che non pu tornare. Pasolini scrive una lettera aperta a Calvino su
Paese Sera: Io rimpiangere lItalietta? Ma allora tu non hai letto un solo
verso delle Ceneri di Gramsci o di Caldern, non hai letto una sola riga dei
miei romanzi, non hai visto una sola inquadratura dei miei films, non sai
niente di me! [...]. LItalietta piccolo-borghese, fascista, democristiana,
provinciale e ai margini della storia; la sua cultura un umanesimo scolasti-
co formale e volgare. Vuoi che rimpianga tutto questo?32. Ancora repliche,
oltre a Calvino, Moravia, Fortini, Eco, Bocca e la Ginzburg.
La collaborazione con il Corriere della Sera continua, anzi si intensifica
e i contenuti si radicalizzano, in due anni Pasolini scrive articoli memorabili.
Quello sulle lucciole: la loro scomparsa diventa il metro metaforico della
scansione temporale tra un prima e un dopo; la scomparsa delle lucciole a
causa dellinquinamento equivale alla scomparsa delle culture locali contadi-
ne, a causa, per analogia, della societ dei consumi che ne ha inquinato, con-
taminato il mondo. Il tutto in un vuoto di potere, la cui responsabilit, con-
divisa tra la Chiesa e la Dc: nellestate del 75 in una serie di interventi cor-
rosivi Pasolini chiede una nuova Norimberga contro i dirigenti della
Democrazia cristiana. Il 24 agosto 1975 sul Corriere della Sera larticolo dal
titolo Il Processo e poi il 28 agosto su Il Mondo Bisognerebbe processare i
gerarchi Dc (insieme andranno a far parte di Lettere luterane 33) e una lettera
aperta al Presidente della Repubblica italiana, Giovanni Leone, sempre su Il
Mondo dell11 settembre. Gli articoli sul Palazzo e il Potere, sul divorzio,
sullaborto (che gli mette tutti contro), sul massacro del Circeo sul quale
polemizza violentemente con Moravia e, soprattutto, con Calvino (fino alla
Lettera luterana a Italo Calvino uscita su Il Mondo del 30 ottobre 1975 34).
Non solo. Nel 1974 tra la propriet del Corriere e Pasolini si progetta
una rubrica fissa di critica letteraria dal titolo Che dire? che avrebbe dovu-
to partire alla fine del 1975.
Ha detto Contini nel suo ricordo, nel suo epicedio per lamico de lohn,
proprio sugli anni protestanti, quelli di denuncia sul Corriere della Sera:
Entrato con tutti gli onori nelle fila della societ detta affluente, Pasolini si
avvalse degli stessi strumenti di cui essa gli faceva copia per fustigarla in piena fac-
cia. La societ affluente sorrideva o anzi applaudiva sotto le percosse, lieta che
32
Su Paese Sera, 8 luglio 1974 con il titolo Lettera aperta a Italo Calvino: Pasolini: quel-
lo che rimpiango. Poi in P.P. Pasolini, Scritti corsari, cit., pp. 51-55 con il titolo 8 luglio 1974.
Limitatezza della storia e immensit del mondo contadino.
33
Lettere luterane escono postume nel 1976 per Einaudi ma con tutti i materiali che
Pasolini aveva predisposto per la pubblicazione: gli articoli usciti sul Corriere della Sera e sul
Mondo tra gennaio e ottobre del 1975 oltre al trattatello pedagogico Gennariello. Scritti
corsari raccolgono invece gli articoli del Corriere della Sera e de Il Mondo dal 1973 al
1975.
34
Cfr. P.P. Pasolini, Lettere luterane, cit., pp. 197-203.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 543
35
G. Contini, Testimonianza per Pier Paolo Pasolini, in Il Ponte, 30 aprile 1980, poi in
Id., Ultimi eserciz ed elzeviri (1968-1987), Einaudi, Torino 1988, pp. 389-396, p. 393 da cui
si cita.
36
Le ceneri di Gramsci escono presso Garzanti nel 1957, si cita dalledizione sempre
Garzanti (Milano 1976), p. 112.
37
P.V. Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Mondadori, Milano 1978, p. 799.
38
Pasolini pi volte scrisse su Panagulis che dopo aver avuto laministia sulla condanna a mor-
te per lattentato al primo ministro Papadopoulos del 1968 era venuto a vivere in esilio in Italia, cfr.
Il caos, in Dialoghi, cit. e in P.P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp. 1151-1156, e
544 Floriana Calitti
sorta di recensione in versi del libro di Elsa Morante. E, ancora, i vari comu-
nicati: Comunicato allAnsa (Propositi) Ho bevuto un bicchiere dacqua alle
tre di notte/mentre Arezzo aveva laria di essere assolutamente/[indipenden-
te; Comunicato allAnsa (Scelta stilistica), Comunicazione allAnsa (Ninetto),
Comunicato allAnsa (Un cane) e nellAppendice, Comunicato allAnsa (Dove
sono?), Comunicato allAnsa (Il mondo visto da una clinica) con questo incipit:
Notizie trapelate a tarda sera; Comunicato allAnsa (Nazional-popolare),
Comunicato allAnsa (Futuro).
Dopo laccoglienza fredda se non proprio ostile nei confronti di
Trasumanar e organizzar, Pasolini decide di intervenire direttamente in prima
persona e sceglie di scrivere una sorta di autorecensione che, infatti, intitola
Pasolini recensisce Pasolini e fa uscire sulle pagine de Il Giorno (3 giugno
1971). davvero un caso di eccezionale padronanza della scrittura giornali-
stica in tutta la gamma delle possibilit, compresa questa scrittura in terza
persona sulla propria opera, in uno sdoppiamento esplicito e in pi punti in
scoperta antitesi al ruolo di critico letterario che sta interpretando:
Questopera di Pier Paolo Pasolini che rischia di passare meno osservata del giu-
sto perch non strumentalizzabile da nessuno (come orribilmente si dice), in
realt costituita almeno da tre libri. Il primo un diario privato, in cui Pasolini
parla delle sue giornate, per lo pi nere, mescolando alle angosce ma anche ai
piaceri, andiamo! i problemi metalinguistici e sociali del fare poesia: Piccoli
Poemi Politici e Personali (P.P.P.P.) []. Nellinsieme, limpasto tra situazioni
quotidiane particolari e problemi generali, riesce misteriosamente, proprio per lo
sfacciato ricorso allabilit letteraria39.
un articolo sullUnit del 29 giugno 1972 (Il simbolo Panagulis, ivi, pp. 232-236. Nel 1975
e nellanno successivo Andrea Zanzotto collabora intensamente al Corriere della Sera con
recensioni e interventi tra cui uno su Panagulis.
39
In P.P. Pasolini, Pasolini recensisce Pasolini, in Id., Saggi sulla letteratura e sullarte, cit., p.
2575.
40
Cfr. P. Bellocchio, Introduzione a P.P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla societ, cit., pp.
XXXVI-XXXVII.
...se mettessimo questo Pasolini in prima pagina? 545
41
Ivi, p. XIII.
42
P.P. Pasolini, Petrolio, Einaudi, Torino 1992, p. 544.
GIUSEPPE PALAZZOLO
Premessa
1
Cfr. R. Rossanda, Prefazione a F. Fortini, Disobbedienze I. Gli anni dei movimenti (1972-
1985), manifestolibri, Roma 1997, pp. 9-17.
548 Giuseppe Palazzolo
sta. Ed dalla Svizzera che Fortini anticipa la sua riflessione sulla nuova figu-
ra di intellettuale che dovr nascere dalle ceneri della guerra e del fascismo:
in un importante scritto pubblicato tra aprile e maggio del 1944 sulla
Rivista della Svizzera Italiana, egli rilegge la storia dItalia e vi rintraccia la
necessit della ricerca: la ricerca di una lingua comune, che faccia tesoro dei
dialetti contadini e cittadini, e della lingua dei libri, per essere lingua di
comunicazione; la ricerca di una nuova figura di intellettuale, che superi
quella tradizionale delluomo di lettere che quando non quella del pedan-
te, del servo dei prncipi e dei potenti della terra, del retore, dellarcade o
dello scioperato2; la ricerca di un pubblico reale, fatto di persone concrete,
a cui rivolgersi non con demagogia o populismo, ma con umilt, onest e
rigore.
I poeti e gli scrittori dItalia hanno di dovere il primo posto tra le rovine del loro
paese, primo posto di ricostruzione. C anche, come lo sgombero delle macerie
nelle citt bombardate, tutta una prosa giornalistica di informazione, di polemi-
ca e di critica da snellire, da semplificare; tutto un lessico da definire nuovamen-
te, una terminologia netta, genuina, onesta da sostituire agli Ersatz della propa-
ganda e della moda, costumi giornalistici da sanare come quartieri infetti. Tutta
una media stampa dattualit e di volgarizzamenti da liberare dal malgusto, un
teatro da risvegliare nel senso della qualit, da elevare a strumento di edificazio-
ne collettiva. Tutto ci ed altro ancora esige un rigore e uno scrupolo del
quale gli intellettuali non debbono farsi orgogliosi o fanatici difensori di fronte
alla citt, pi di quello che non siano orgogliosi o difensori della propria probit
tecnica gli artigiani e gli operai3.
2
F. Fortini, Il silenzio dItalia, in Rivista della Svizzera Italiana, n. 29, anno IV, aprile
1944, pp. 163-8 e ivi, n. 30-31, anno IV, maggio 1944, pp. 234-7, ora in Id., Saggi ed epi-
grammi, (a cura di) L. Lenzini, Mondadori, Milano 2003, pp. 1211-24.
3
Ivi, pp. 1222-3.
Franco Fortini, ospite ingrato di quotidiani e riviste 549
Quando si pronuncia la parola cultura, viene fatto di pensare ai libri e allo stu-
dio; perch per i pi, infatti, cultura equivale a sistema pi o meno organizzato
di conoscenze intellettuali. Per altri, e per noi, cultura invece il modo nel quale
gli uomini producono quanto necessario alla loro esistenza, la particolare
maniera, mutevole per il mutare dei mezzi di produzione, con la quale essi entra-
no in rapporto con gli altri uomini e con le cose4.
4
Id., Una nuova cultura, in Id., Saggi ed epigrammi, cit., p. 1232.
550 Giuseppe Palazzolo
5
Id., A proposito delle Rime di Dante, in Il Politecnico, n. 31-32, anno II, luglio-ago-
sto 1946, pp. 54-8, ora in F. Fortini, Saggi ed epigrammi, cit., pp. 1246-59: 1249.
6
Vedi Id., La leggenda di Recanati, in Il Politecnico, n. 33-34, anno II, settembre-dicem-
bre 1946, pp. 34-38.
7
Id., La poesia libert, in Il Politecnico, n. 8, anno I, 17 novembre 1945, p. 2 e n. 9,
anno I, 24 novembre 1945, p. 2.
8
Vedi Id., Capoversi su Kafka, in Il Politecnico, n. 37, anno II, ottobre 1947, pp. 14-19.
9
R. Rossanda, Note sul rapporto tra letteratura e politica, in A. Asor Rosa (a cura di),
Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, Torino, Einaudi 2000, p. 240.
10
L. Lenzini, Le parole della promessa, in F. Fortini, Saggi ed epigrammi, cit., pp. XLIII-
XLIV.
11
D. Balicco, Non parlo a tutti. Franco Fortini intellettuale politico, Roma, manifestolibri
2006, in particolare pp. 61-92.
Franco Fortini, ospite ingrato di quotidiani e riviste 551
12
L. Lenzini, Le parole della promessa, cit., p. XLIII.
13
Su questa direzione si muove la ricerca di Davide Dalmas, che anche nella produzione
giornalistica, oltre che saggistica e poetica, rintraccia le forme e i contenuti della protesta for-
tiniana, cio la sua attitudine ad essere ospite ingrato, coscienza critica; la testimonianza,
sapienziale ed evangelica, della verit dei limiti dellesistenza umana (la malattia, la vecchiaia,
la morte); la rivendicazione della dimensione materialista della religione e al tempo stesso le-
sigenza costante di mettere a confronto lattesa ebraico-cristiana della liberazione con lutopia
del socialismo: D. Dalmas, La protesta di Fortini, Stylos, Aosta 2006.
552 Giuseppe Palazzolo
Ricordo una sera, verso Piazzale Corvetto, una specie di hangar mal illuminato,
pieno di operai, di donne con i bambini sulle ginocchia, e ascoltavano parlare del
14
F. Fortini, Che cos stato il Politecnico?, in Id., Dieci inverni. 1947-1957. Contributi a un
discorso socialista, Feltrinelli, Milano 1957, p. 51. Non possibile, in questa sede, seguire le
interpretazioni che, nel corso degli anni, Fortini ha dato della fine dellesperienza del
Politecnico e delle ragioni di Togliatti. Riporto solo alcuni stralci di unintervista del 1975:
Adesso mi rendo conto che aveva ragione Togliatti. Allora sentivo il 45 come un grande avve-
nimento di libert. Non potevamo capire quello che maturava nellUnione Sovietica, col nome
di zdanovismo, vedevamo solo alcune cose visibili del gusto sovietico, ma nella guerra fredda
noi ci siamo entrati a poco a poco, per arrivare cio a capire che si stava preparando laggres-
sione allUnione Sovietica, il suo isolamento, la minaccia atomica, linizio delle persecuzioni ai
partigiani. Ci abbiamo messo del tempo per capire, mentre Togliatti, evidentemente, aveva
tutti gli strumenti per poterlo fare. Tutto quello che veniva messo in evidenza sul Politecnico
riguardava gli anni 20 nellUrss, non gli anni 30. Scopo di Togliatti era garantire, in un perio-
do che cominciava ad essere di guerra fredda, un certo tipo di compattezza. Occorreva preser-
vare il partito dal pericolo che potessero nascere dei gruppi politici alla sua sinistra, facendo
riferimento a un certo tipo di informazioni pi che agli uomini del Politecnico che certo non
erano allaltezza di far questo. C. Stajano (a cura di), Il Politecnico, un discorso aperto, in
Libri Nuovi, n. 1, anno VIII, gennaio 1975, pp. 1-2.
15
Ivi, p. 52.
16
Ivi, p. 53.
17
Il tema del rapporto tra il fondatore della rivista e il suo pi instancabile collaboratore
stato variamente analizzato; ricordo soltanto M. Tancredi, Il Politecnico di Fortini, in
Ideologie, n. 7, 1969, pp. 17-30.
Franco Fortini, ospite ingrato di quotidiani e riviste 553
Politecnico come di una cosa loro, come se si trattasse del loro lavoro e della
loro salute, e interrogavano, volevano sapere18.
Ancora prima della chiusura del Politecnico, Fortini viene assunto alla
Olivetti; comincia a scrivere sulla rivista Comunit, presso cui pubblica il
diario di viaggio in Germania compiuto nel 1949 (Diario tedesco, 1950).
Continua la collaborazione con lAvanti!, dove pubblica il 29 agosto del
1950 larticolo Pavese si ucciso, mentre si avvicina al gruppo di giovani che
stampavano in proprio, sotto forma di bollettino, una piccola rivista intito-
lata Discussioni e distribuita a un centinaio di abbonati e conoscenti. Dir
successivamente Fortini19 che la rivista nasceva dal bisogno di riempire il
vuoto lasciato dal Politecnico e reso pi acuto dalla sconfitta della sinistra
alle elezioni del 1948, dallavvento della guerra fredda, dalla minaccia dello
zdanovismo: la rivista si occupa soprattutto di economia e filosofia, e Fortini
vi scorge la capacit di anticipare argomenti come la politica dellUnione
Sovietica, il significato della guerra in Spagna, i problemi teorici connessi con
luso della violenza proletaria, che saranno centrali nel decennio successivo.
Con alcuni dei membri di questo gruppo, Fortini nel 1955 continua la rifles-
sione critica sui maggiori temi del pensiero marxista contemporaneo pubbli-
cando la rivista Ragionamenti, edita in tiratura limitata e sostenuta soltan-
to dai redattori e da un centinaio di abbonamenti. La rivista si rivolge quasi
esclusivamente ai quadri dirigenti del Partito Comunista e vede la pubblica-
zione, nel settembre del 1956, delle Proposte per unorganizzazione della cul-
tura marxista italiana. La riflessione di Fortini sul ruolo e sulla funzione del-
lintellettuale giunge alla critica radicale della condizione separata del ceto
intellettuale comunista integrato nel Partito, mentre propone la rimodula-
zione degli intellettuali come lavoratori specialisti autonomi, da un punto di
vista politico e pratico, perch direttamente coinvolti nel processo economi-
co. Non pi burocrazia di partito, ma lavoratori tra i lavoratori, gli intellet-
tuali avrebbero elaborato dal basso le proprie proposte politiche. I fatti di
Ungheria, se da un lato confermano le ragioni di Fortini, dallaltro lato ren-
dono evidente linattuabilit della proposta politica.
Sono anni intensi. Anni di viaggi: Fortini in Cina con una delegazione
composta da Carlo Cassola, Piero Calamandrei, Norberto Bobbio ed altri, e
dallesperienza ricava il reportage Asia Maggiore (1956). Anni di nuove colla-
borazioni: nel 1955, su invito di Pasolini, comincia a scrivere su Officina e
18
F. Fortini, Che cos stato il Politecnico?, cit., p. 65.
19
Id., Da Politecnico a Ragionamenti 1954-1957, in S. Chemotti (a cura di), Gli in-
tellettuali in trincea. Politica e cultura nellItalia del dopoguerra, Cleup, Padova 1977, pp. 13-8.
554 Giuseppe Palazzolo
la politica marxista oscilla tra una obnubilazione del futuro, quando fonda gli
istituti della solidariet di classe, e un appello a quel medesimo futuro, quando le
difficolt del presente possono essere superate solo da un supplemento di fede.
[...] Il discorso di Goldmann insomma importante nonostante la sua inevitabi-
le mancanza di sviluppo, proprio perch ripropone, nellatto stesso di negarli, gli
interrogativi di unetica marxista21.
20
Con il titolo Goldmann: visions du monde e marxismo; poi il saggio sar incluso nella
prima edizione di Verifica dei poteri con il titolo Deus absconditus.
21
F. Fortini, Verifica dei poteri, in Id., Saggi ed epigrammi, cit., p. 228.
22
Ivi, p. 233.
Franco Fortini, ospite ingrato di quotidiani e riviste 555
Il Sessantotto e oltre
23
F. Fortini, Il dissenso e lautorit, in Quaderni piacentini, n. 34, anno VII, maggio
1968, pp. 91-100, ora in Id., Saggi ed epigrammi, cit., pp. 1408-1425: 1424.
24
Di paternalismo, ma anche di tensione pedagogica, parla F. Rappazzo nel suo Fortini e
la cultura del Sessantotto, in Allegoria, n. 21-22, anno VIII, n.s., 1996, pp. 142-161; il sag-
gio illustra, in maniera puntuale, distanze e prossimit di Fortini rispetto al movimento del
68, mettendo in luce linsorgenza degli spettri del Negativo.
25
Come dir in Intellettuali, ruolo e funzione [1971], in Id., Questioni di frontiera, Einaudi,
Torino 1977, p. 71.
556 Giuseppe Palazzolo
26
F. Rappazzo, Fortini e la cultura del Sessantotto, cit., p. 156.
27
F. Fortini, Contro gli studenti, in Id., Attraverso Pasolini, Einaudi, Torino 1993, pp. 38-39.
Franco Fortini, ospite ingrato di quotidiani e riviste 557
Qui si deve discutere invece di una carta scritta da uno dei maggiori scrittori del
nostro paese. Il mio giudizio di tristezza e di rifiuto. Le ritrattazioni e le civet-
terie di cui ami disseminare i tuoi testi e questultimo in particolare sono la prova
di un tuo profondo disprezzo per un lettore non-borghese. Tu desideri conqui-
stare, insultandoli, proprio quei giovani borghesi intellettuali, proprio quegli scal-
dasedie di sedie ermetiche, proprio quei giovani che dopo il 1962, a Roma, ti leg-
gevano su Vie Nuove come un teorico del nuovo comunismo. Perch solo
costoro sono capaci di apprezzare la recitazione, i mea culpa, lo strazio eccete-
ra. [...] Sei confortato dal Pci e dai preti, sei ormai nella ormai certa Grosse
Koalition, nella Santa Alleanza nazionale e internazionale. E sai perch? Perch
hai peccato di presunzione. Hai creduto di poter cavalcare una dopo laltra tutte
le tigri del potere comunicativo. Non ti bastava essere DAnnunzio, hai voluto
essere anche Malaparte. Con limpeto della tua genialit si possono fare molte e
bellissime cose. Ma non si pu fare quella sola che permette di uscire dallesteti-
smo verso la storia e la politica: la rinuncia reale, non verbale, al monologo e ai
piaceri del narcisismo28.
28
Ivi, pp. 40-41.
29
Id., Una conclusione, in Id., Attraverso Pasolini, cit., p. 44.
30
Vd. C. Garboli, Ospite ingrato, in Id., Falbalas, Garzanti, Milano 1990, pp. 93-96.
558 Giuseppe Palazzolo
Questa chiarezza la so usare ma non voglio usarla. Non parlo a tutti. Parlo a chi ha
una certa idea del mondo e della vita e un certo lavoro in esso e in s; pu non esse-
re identica alla mia ma egli deve poterla capire. Quella certa idea, lavoro e lotta sono
la musica sulla quale ognuno canta entro di s le parole che riceve. O credete che chi
di notte, in Emilia e Romagna, ancora oggi, canta le romanze verdiane capisca tutto
quel che vogliono dire quelle parole arciletterarie e stravecchie? Eppure la musica le
rende chiare e chi canta sa benissimo che cosa canta. I miei articoli non sono musica.
La musica la mettono i lettori. Ma i miei articoli sono meno difficili delle parole di
Va pensiero. [...] La difficolt nei passaggi da una proposizione alla seguente; nei
salti della sintassi. in quel che non detto, che dato per sottinteso. Fino a un certo
punto quei vuoti reggono la comunicazione. La fanno respirare. Ad esempio, nella
polemica. Oltre un certo limite, la comunicazione sparisce inghiottita da uno di quei
vuoti. Pu essere mancanza di logica o di pazienza in chi scrive. Pu essere mancan-
za di accompagnamento ossia di musica in chi legge. [...] C altro. E cio, che la
verit banale non scrive chiaro chi non ha le idee chiare va tranquillamente ripe-
tuta. vero. Ma allora bisogna sapere che cosa sono e di dove vengono le idee chia-
re. E, soprattutto, quando e perch non ci sono32.
31
F. Fortini, Critico, critica te stesso, in Il Sole 24 Ore, 28 giugno 1992.
32
Id., Scrivere chiaro (I), in il manifesto, 8 gennaio 1974, ora in Id., Disobbedienze I. Gli
anni dei movimenti (1972-1985), cit., pp. 55-56.
33
Id., Scrivere chiaro (II), in il manifesto, 11 gennaio 1974, e Scrivere chiaro (III), in il
manifesto, 18 gennaio 1974 ora in Id., Disobbedienze I. Gli anni dei movimenti (1972-1985),
cit., pp. 58-60 e 61-63.
Franco Fortini, ospite ingrato di quotidiani e riviste 559
la volont di evitare le scorciatoie dei linguaggi settoriali, gli inganni del lin-
guaggio politico, gli infingementi di quanti, dietro lapparente chiarezza,
nascondono un vuoto di analisi. Di fronte alla crescita della quantit dispo-
nibile delle informazioni il 1974, Internet ancora lontano e al dimui-
re della capacit di interpretarle Fortini propone di fornire (prima o altrove)
gli strumenti perch la selezione sia compiuta in modo autonomo anche
mediante la scelta delle fonti e indipendentemente, di fornire criteri gene-
rali, ossia politici, di interpretazione, criteri per selezionare le informazioni e
per commentarle34. Fortini dice di essere un mediocre giornalista perch
rivendica la libert di essere un buon scrittore, cio uno che ha bisogno di
manovrare in un certo modo non questa o quella parola o frase ma una o pi
pagine, uno o pi saggi o libri35. Rivendicava la libert di essere ingrato
anche a s e a i suoi lettori, per ospitare fino in fondo le verit che, nellulti-
mo suo verso, preg di proteggere:
34
Id., La cultura e il giornale, in il manifesto, 6 novembre 1974, ora in Id., Disobbedienze
I. Gli anni dei movimenti (1972-1985), cit., p. 75.
35
Id., Sbaglio perch non sono un buon giornalista, in il manifesto, 5 ottobre 1975, ora in
Id., Disobbedienze I. Gli anni dei movimenti (1972-1985), cit., p. 98.
36
Sono i versi che concludono lultima raccolta pubblicata da Fortini, Composita salvau-
tur (Einaudi, Torino 1994): la poesia si intitola E questo il sonno... (pp. 62-3).
LUCA MASTRANTONIO
nionisti di calcio & derivati, anche se il calcio, come il sesso, spesso un prete-
sto per palare daltro. Come al bar sport. Ma con la tv che emergono alcune
delle sue grandi intuizioni. Tra cui lanalisi di Mike Buongiorno, una sua osses-
sione. Parlando dellex partigiano eroe catodico, elogiandone la mediocrit,
anticipa sia la fenomenologia di Eco, sia la formula pop del quarto dora di
celebrit che Andy Warhol avrebbe lanciato anni dopo.
Come gusti, prediligeva prodotti alti, ma cap subito limportanza dellin-
trattenimento in televisione; contrario ad ogni forma di censura, apprezza i
personaggi originali (lesordiente Paolo Villaggio) e sa intravedere le storture
di altri (annuncia il Celentano pansofico).
Nonostante alcuni tratti luddisti, nelle critiche alle nuove tecniche di regi-
strazione, futuristica la tv che sogna. Sembra quella digitale di oggi, in par-
ticolar modo quella sportiva, con il calcio in diretta simultanea. Apprezza
anche la finzione delle trasmissioni voyeuristiche, quelle che oggi vengono
chiamate reality e allepoca era la Candid camera di Nanni Loi.
Le sue collaborazioni giornalistiche nascono per rapporti di fiducia personali
e sono motivate, fino alla fine, anzi, con un crescendo significativo, dalla paura di
vivere in miseria. Il ricordo della vita agra. Si concludono, spesso, per incidenti
diplomatici, che dimostrano lirriducibilit di Luciano Bianciardi al canone cor-
rente, politico o culturale, e il suo rapporto dialettico, se non antagonista, con le
strutture del lavoro culturale. In redazione, daltronde, ha lavorato poco, come
nella casa editrice Feltrinelli, a Milano, dove fu licenziato per scarso rendimento
e un atteggiamento irriverente nei confronti di Giangiacomo. Perse il lavoro a
Cinema nuovo perch fu visto a Roma, mentre si era dato malato a Milano.
Celebre laneddoto di quando, sentendo dire al Giangiacomo Giaguaro, in una
latteria di Milano, che per un comunista non c la propriet privata, Bianciardi
annu, prese il cappotto, fece il verso alleditore e se ne usc.
Anche lattivit giornalistica di inviato dura poco, sebbene importanti
siano molte sue inchieste: una su tutte, quella sui minatori morti alla minie-
ra della Ribolla, in Maremma. Bianciardi essenzialmente un rubrichista,
forse il primo scrittore che di professione, sui giornali, svolge questo ruolo:
produrre testi dove lo stile e la riflessione sono pi importanti della notizia.
Scrittore laureato (Bianciardi alla Normale di Pisa) viene impiegato come
giornalista esterno, scrivendo testi per spazi che sono appuntamenti fissi.
dai tempi di DAnnunzio che le cronache dautore (bizantine o meno)
imperversano nei giornali, ed antica la pratica degli elzeviristi, ma il profi-
lo delle rubriche di Bianciardi, la sua pratica, pi moderna: iper-specia-
lizzato, da critico televisivo per esempio passa ore e ore davanti alla tv e ne
studia anche gli aspetti tecnici, a tratti tautologico, cio opinionista at large,
divagando su argomenti che spesso con la tv o con lo sport non hanno
legami, come il divorzio o la letteratura.
In un ventennio, dal 1952 al 1971, lanno della scomparsa, Luciano Bian-
ciardi pubblica un migliaio di articoli sparsi su una trentina di testate di varia
Luciano Bianciardi: lanarco-rubrichista. Sport, sesso e televisione 563
natura, cos come molto varia la natura dei suoi articoli1. Di fatto un free
lance, un precario di lusso. Nella sua condizione di irregolare, negli anni del
boom, anche editoriale, precorre la condizione odierna del terziario intellet-
tuale. un giornalista collaboratore indipendente che si muove sul mercato
appoggiandosi spesso a giornali darea di sinistra , prediligendo comunque
riviste giudicate sconvenienti, come quelle erotiche, e argomenti popolari, tv
e sport, rispetto a giornali che hanno una linea politica in cui non si ricono-
sce.
Clamoroso, in questo senso, il rifiuto a Indro Montanelli che, dopo uno
sperticato articolo di elogio del romanzo La Vita agra lo voleva come colla-
boratore al Corriere della sera. No per un rigurgito antiborghese, per moti-
vi politici: il Corriere no, gli dicono i suoi amici, la grande borghesia
sfruttatrice che quando la sinistra sar al potere verr spazzato via.
Dopo il successo del romanzo, Bianciardi era diventato quello che sem-
brava odiare: una firma. lidea-feticcio, creata dallindustria culturale dei
mezzi di comunicazione, che di un testo vale soprattutto lautore. Il marchio,
pi del prodotto. Il personaggio, pi dellautore. Fenomeno che Bianciardi
dunque stigmatizzava e allo stesso tempo viveva sulla sua pelle.
Del lavoro redazionale aveva unopinione distruttiva. Come emerge da un
articolo dellAvanti! del 23 febbraio, dove denuncia lalienazione quasi for-
dista del giornalista di redazione.
Cos chi entri in un giornale [] sar rapidamente ridotto a lavorare per la pagi-
na, per lelzeviro, per il taglio, per il controspalla. Bader a evitare che due titoli
battano, che un pezzo giri, che un perch abbia laccento grave. (E al perch
metter le virgolette, come in questo caso, evitando che il lettore debba far la fati-
ca di rileggere la frase per capirne il significato). Tre mesi di giornale bastano a far
dimenticare anche al pi generoso fra gli uomini lesistenza del lettore. Per il
giornalista, per la segretaria, per la moglie, insomma per tutti quelli che hanno
parte nella vita dei tempi moderni, conta la funzione, e basta. Ai giovani quindi,
che si apprestano a entrare nella vita moderna, non si pu dare altro consiglio:
prima di una religione, prima duna vocazione, prima dun partito, prima dun
mestiere sceglietevi una funzione; sceglietevela complessa, esclusiva, rara, scavate-
vici dentro una nicchia, non ne parlate mai con nessuno. E funzionate2.
1
Principalmente, scrisse su giornali di partito: La Gazzetta (1952-54), del Pci a Livorno,
Avanti! (1952-63), LUnit (1955-56). Giornali di mercato e riviste di attualit, Il
Giorno (1963-65), Guerin Sportivo (1970-71) e il settimanale ABC (1965-70). Giornali
e riviste popolari, erotiche. Le Ore (1963-65) a Kent (1968-69), Executive (1968-70) e
Playmen (1969-71). Occasionalmente, su Belfagor (1952-61) LAutomobile (1953-54)
Il Mondo (1953) Comunit (1954) Il Contemporaneo (1954-57) Cinema Nuovo
(1954-56) Cultura Moderna (1956), Vie Nuove (1956-63) Critica Sociale (1959) Le
Vie dItalia (1960) Notizie Letterarie (1963-66) Domus (1963) La Donna (1964) Il
Delatore (1964) LEuropeo (1966) Annabella (1967).
2
La funzione, Avanti!, 23 febbraio 1970.
564 Luca Mastrantonio
3
L.Bianciardi, Lantimeridiano. Opere complete, vol. II, Isbn, Milano 2008, a cura di A.
Piccinini e M.Coppola, Introduzione, p. XIII.
Luciano Bianciardi: lanarco-rubrichista. Sport, sesso e televisione 565
4
L.Bianciardi, Il lavoro culturale in Lantimeridiano. vol. I, Isbn, Milano 2005, p. 206.
5
Ibidem.
6
I localisti (rubrica Incontri provinciali, in La Gazzetta, 13 settembre 1952).
566 Luca Mastrantonio
Questo primo Bianciardi, legato alla provincia, non ancora disilluso, svi-
luppa una tecnica che Coppola e Piccinini definiscono giustamente della
mosca sul muro a fly on the wall che registra senza essere osservata. Anche
se poi la mosca, spesso, raccontando fatti e nomi facilmente individuabili, ha
avuto molti problemi, anche con gente che lo aspettava sotto casa per prote-
stare dessere finita in un articolo (succer lo stesso con il romanzo La vita
agra, con alcune denunce per diffamazione da parte di personaggi che vi si
riconoscevano). Lo schema losservazione in presa diretta, la predilezione
per ambienti di socializzazione pubblica, i dialoghi, i personaggi che imper-
sona vari punti di vista, il mescolare lalto e il basso. Come negli Europeisti
(negli Incontri provinciali, Gazzetta, 9 maggio 1952), dove il dialogo in
presa diretta, come se ci fosse stato un microfono, permette di registrare il
volo pindarico del discorso culturale in provincia, dove quattro professori
seduti al caff del centro mescolano Hegel, il Benelux, il Cynar, la partita
di calcio Italia-Belgio e la presenza dei giocatori stranieri nel nostro campio-
nato. Sono ritratti dialogici di tipo satirico, Bianciardi decostruisce amene
conversazioni di un ceto sociale che si gode i suoi piccoli privilegi culturali.
Rappresentandolo cos bene una parodia fedele pi rispettosa di una apo-
logia infedele in fondo la rende godibile.
Io sono con loro, i badilanti e i minatori della mia terra, e ne sono orgoglioso; se
in qualche modo la mia poca cultura pu giovare al loro lavoro, alla loro esisten-
za, stimer buona questa cultura, perch mi permette di restituire, almeno in
parte, il lavoro che stato speso anche per me: non mimporta pi quando mi
dicono che questa cultura engag7.
7
Nascita di uomini democratici, in Belfagor, 31 luglio 1952.
568 Luca Mastrantonio
lettuali impegnati strappati alla provincia, poi finiscono per servire lindustria
culturale dei padroni.
Nellarticolo Le penne della Edison (1 gennaio 55), recensisce con ironia
un numero della rivista Colloqui, diretta da Enzo Biangi azionista, futu-
ro mostra sacro del giornalismo , caratterizzata da una specie di omert sugli
interessi delleditore, la Edison, sublimando in una specie di rivista dintrat-
tenimento una politica culturale che vuole coinvolgere giornalisti e scrittori:
Un abbozzo di politica culturale, di tipo chiaramente riformistico, e un
magnificent hobby: i nuovi principi che non possono pi comprarsi un bla-
sone, comprano una squadra di calcio, o un mazzetto di intellettuali, per far-
sene una corte. I nomi che ricorrono son piuttosto grossi, sicuri, com-
menta Bianciardi prima di annotarli: Corrado Alvaro, Achille Campanile,
Alba De Cespedes, e, fra i giovani, Michele Prisco, Vittorio Pozzo e Bruno
Roghi hanno lo sport, Domenico Meccoli il cinema, Eligio Possenti il teatro.
Gli articoli di cronaca portano firme come quelle di Titta Rosa, Orio Vergani,
Giovanni Comisso, Filippo Sacchi, Giorgio Vecchietti, Enrico Emanuelli e,
naturalmente, Indro Montanelli.
La delusione maggiore verso quella sinistra che fa della lotta di classe una
posizione di ideologica rendita di potere. Esperienza che Bianciardi ha vissu-
to alla corte di Giangiacomo Feltrinelli, il giaguaro. Una delusione che emer-
ge rabbiosamente, politica e personale, professionale e sociale, in un brano
del Contemporaneo, nel 1955.
Nel 1995 arriva una nuova proposta dallUnit, dove a Torino, capo
della terza pagina delledizione cittadina, c Adalberto Minucci, che gli chie-
de di collaborare. I due sinventano la rubrica Lo specchio degli altri che
per stile e munizioni ricorda molto gli incontri della Gazzetta, anche se
ovviamente si va a caccia di tipi diversi, metropolitani, non provinciali, pi
acculturati, spesso terziario culturale, giornalisti, segretarie (La segretaria
milanese), pubblicitari, intellettuali (Scrittori giovani), ritratti in luoghi topici
come il tram (Polemica sul trentotto) e il salotto, iniziando a decostruire i tic
della sinistra e, soprattutto, a mettere in gioco lindustria culturale (Marilyn
ieri e oggi) e limpegno politico. Nel Problema (28 marzo 1956) viene rap-
8
Lettera da Milano, in Il Contemporaneo, 5 febbraio 1955.
Luciano Bianciardi: lanarco-rubrichista. Sport, sesso e televisione 569
Certo, noi non siamo cos barbagianni da farci prendere da questa bongiornite
che ha addormentato il pubblico; noi non passiamo la serata a discutere se la
domanda sul controfagotto era legittima o no, o a magnificare la bravura del bal-
lerino che sa perfino dove si trova lisola della solitudine, che piccola da matti.
Noi non siamo davvero cos sprovveduti da scambiare per cultura questa specie
di gran premio dellerudizione dilettantesca.
9
Lantimeridiano, vol. II, cit, p. 779.
570 Luca Mastrantonio
comunque, si rompe alla fine del 1956, per un altro incidente diplomatico,
questa volta pi politico. In La promessa (6 febbraio 1956), Bianciardi pren-
de in giro Franco Ferri, direttore della Biblioteca Feltrinelli e poi dellistituto
Gramsci, perch si racconta della sua incredibile fama di intellettuale ricava-
ta da unopera immensa che non ha ancora terminato, e che quindi gli vale
un encomio a priori. Ha dunque fatto carriera senza meriti se non quello di
essere un ottimo giocatore di biliardino, che infatti al centro del suo studio.
Il direttore Luciano Barca cancella la rubrica per evitare altri incidenti, al
limite dello scontro fisico.
Dopo la cacciata dallUnit lattivit giornalistica di Bianciardi si ridu-
ce di molto, quasi si sospende, per tre anni. Anche perch aumenta il lavoro
di traduttore e iniziano ad uscire i primi libri: Il lavoro culturale (una satira
contro la propria attivit nei cineclub di Grosseto dove si proiettavano anche
film imposti dal Pci, film ungheresi e altre zdanovate) nel 1957 e
Lintegrazione del 1960. Il critico cinematografico dellAvanti!, Corrado
Terzi, lo chiama a collaborare di nuovo al quotidiano socialista. Lamicizia era
nata ai tempi della rivista Cinema Nuovo. Con luscita del romanzo La vita
agra nel 1962 completa la trilogia della rabbia.
Sul Corriere della Sera, il 2 ottobre 1962, Bianciardi riceve una recen-
sione entusiastica di Indro Montanelli, allora direttore del giornale di Via
Solferino, nellarticolo Un anarchico a Milano.
La vita agra uno dei libri pi vivi, pi stupefacenti, pi pittoreschi che abbia
letto in questi ultimi anni [] Io non conosco personalmente Bianciardi. So ch
di Grosseto, che ha una quarantina danni [] Quel tipo di anarchico toscano
che, credendosi comunista, parte con la dinamite in tasca alla distruzione della
societ e poi scopre che lunica realt sono luoom e i suoi valori morali, mi
familiare e congeniale come pochi altri. Ma devo dire che mai lo avevo visto
incarnato cos compiutamente come in Bianciardi e rappresentato con tanta
disperazione e poesia, intercalati da blasfemi sghignazzi alla Cecco Angiolieri.
Fortuna che quella veemenza si sfogata in letteratura. Si fosse tradotta davvero
in gris, a Milano non sarebbe rimasta ritta neanche la Madonnina.
Tele-guardone di professione
10
M. Coppola e A. Piccinini, Introduzione a Lantimeridiano, vol. II, cit, p. XXI.
11
Milano, Lettera a Mario Terrosi, 30 dicembre 1962.
572 Luca Mastrantonio
Poi, verso la conclusione del pezzo, ritrae alcuni amici e compagni politi-
cizzati, anche loro ipnotizzati da Mike. Come gi in precedenza aveva rac-
contato, la televisione azzera struttura e sovrastruttura, lotta di classe e ruoli,
nellopaca ma ottimistica mediocrit di Bongiorno che lanima del mondo,
visto in tv, e non a cavallo, come il Napoleone di Hegel.
Io dico che c sotto il miracolo italiano. Forse senza saperlo, il pubblico che fino
a sabato scorso guardava Studio Uno era indotto ad approvare appunto perch
in quella serie di spettacoli si riassumevano, in simbolo, tutti gli elementi del con-
clamato prodigio.
12
Mike: elogio della mediocrit, in Avanti!, 28 luglio 1959.
574 Luca Mastrantonio
Perch la televisione pur sempre lo spettacolo meno costoso. Fra acquisto del-
lapparecchio e abbonamento, la spesa si aggira sulle 25mila lire annue per fami-
glia: il costo di venticinque posti a sedere a teatro, di sessanta al cinema13.
Si sa come fatta Milano: tutto diventa professione, viene subito lidea di rifar-
le, queste serate fra amici, a pagamento, allargando magari il salotto perch ci
entri pi gente14.
Luciano era piuttosto casalingo. La sera si stava quasi sempre in casa e si guarda-
va la televisione. Scriverne era quasi un modo di crearsi un alibi. Ma poi, si diver-
tiva. Aveva una cultura vasta, raffinata, classica, ma gli piaceva sporcarsi, per cos
dire, le mani con cose pi popolari15.
13
Telebianciardi, in LAvanti!, 10 luglio 1962.
14
Le nostre serate, Telebianciardi, in ABC, 30 gennaio 1966.
15
A.Piccinini, M.Coppola, Introduzione a Lantimeridiano, Vol. II, cit, p. XXV.
Luciano Bianciardi: lanarco-rubrichista. Sport, sesso e televisione 575
Come gusti, Bianciardi molto avanti rispetto alla televisione del suo
tempo. Anche il televisore come elettrodomestico che sogna, futuribile.
16
Il Piave non centra, in LAvanti!, 1 luglio 1962.
17
Tot il giovane, in LAvanti!, 21 maggio 1967.
18
Nientaltro che la verit, Televisione, in Playmen, maggio 1969.
576 Luca Mastrantonio
19
Litaliano provocato, in LAvanti!, 3 dicembre 1964.
20
Se Atene ride Sparta non piange, Televisione, in Playmen, dicembre 1970, p. 1628.
Luciano Bianciardi: lanarco-rubrichista. Sport, sesso e televisione 577
Finita la stagione dei cavalli e dei paioli (viaggiano su certe Cadillac fortemente
scassate, che non valgono neanche la benzina consumata) gli zingari chiedono la
questua. Ogni tanto in Italia c qualche benedetta assistente sociale che si pro-
pone il compito di inserire gli zingari nel nostro contesto sociale. Vuole man-
dare i ragazzini a scuola e trovare un posto agli adulti. Lo stesso scopo che si
proponeva Himmler. E la gente ragiona proprio come Himmler. Basta sentirli se,
alla stazione della metropolitana, una zingara si avvicina a chiedere lelemosina.
Bisognerebbe ammazzarli tutti questi fannulloni. Sporchi, luridi, analfabeti21.
Ora la vita sicuramente meno agra. Non si stenta ad arrivare alla fine mese, non
si saltano pi cene, ci possiamo permettere di bere un bicchiere buono. Per, se
la vita oggi meno agra, anche molto pi confusa. I valori si confondono, le
persone cambiano faccia, e ci si sente male. In un modo diverso, ma forse pi di
prima22.
21
Il cuore uno zingaro, rubrica Locchio giusto, in AZ, 5 aprile 1971.
22
Abolita la castit nella Roma di H.H., rubrica Cos se vi pare, in Guerin Sportivo, 27
settembre 1971, p. 1723.
Luciano Bianciardi: lanarco-rubrichista. Sport, sesso e televisione 579
Si abitua sin dalle fasce a vedere per casa scrittori, artisti, canzonettisti, insomma
firme della scena culturale del suo paese () Dar del tu a Pasolini (...) Il guaio
che le cose gli sono andate troppo bene durante linfanzia e ladolescenza, quasi
sicuramente tirer innanzi per la strada pi facile, vivr delle rendite paterne, a
trentanni sar vecchio e stanco23.
23
L.Bianciardi, Lantimeridiano, vol. II, cit, p. 1275.
580 Luca Mastrantonio
libri, dunque, meglio non leggerli, ma farseli raccontare. I critici letterari per
lo pi parlano di s, non del libro, e lintellettuale deve raccogliere impres-
sioni di altri sul libro del momento, per rivendersi dettagli, trama, il senso,
citazioni... Deve dare limpressione di avere sempre qualcosa da dire. Altri-
menti, usare la pipa. Un ottimo riparo. Quando manca la battuta, o si vuole
prendere tempo.
La quarta lezione riguarda La tecnica matrimoniale di Lady Chatterley.
Bianciardi sconsiglia a ogni intellettuale di mettersi con persone di pari
grado o inferiori, collaterali, come lufficio stampa, la segretaria o la dattilo-
grafa. Evitare anche la figlia del padrone, perch il padre si sentir poi di
dover mostrarsi imparziale, in azienda. Meglio puntare a una donna pi vec-
chia e ricca, magari vedova, cio zitella. Bianciardi la chiama lipergamia
maschile.
Lalternativa trovarsi un neopadrone (5, Brevi cenni di bossologia).
Sconsiglia un padrone allinterno di un ente pubblico o di una societ ano-
nima. Men che meno un ministero, dove la carriera lenta. Meglio punta-
re dritto a quelle imprese culturali dove il padrone visibile, incarnato, tan-
gibile. E ci sono due ipotesi: Il padrone un bel vecchio vegeto e arzillo
deciso a non morire perch conosce i suoi eredi, e si pu frequentare, oppu-
re un gran simpaticone ma meglio tenersi alla larga.
Infine, la scelta basica del modulo di gioco (sesta lezione). Marcature? A
uomo, anzi, a donna. Bisogna puntare sulle segretarie, infatti, vere e proprie
colonne di ogni azienda: Comincia dalla segretaria lo schema di marcature.
Suggerisce, in realt, una zona mista. Se in azienda bisogna marcare segreta-
rie e il padrone, anzi, il neopadrone, cio un padrone redditizio anche per il
dipendente, la critica va marcata in salotto, a casa propria, la zona dove
conta il fattore campo. Palla al centro, che il match abbia inizio. Poi con-
cludeva Bianciardi nellintroduzione vinca il migliore, e fuori i secondi.
CARLO SERAFINI
Potrebbero apparire a prima vista una voce fuori dal coro gli articoli che
Giovanni Testori ha pubblicato dalla fine degli anni Settanta sul Corriere
della sera e su Il Sabato: parlare di fede, di carit, di famiglia, di giustizia,
di amore, di perdono e di speranza in anni nei quali lItalia era sotto la morsa
del terrorismo e laccelerazione tecnologico industriale sembrava lasciare sem-
pre meno spazio alla riflessione, pu sembrare una seconda sfida di Davide a
Golia, e questa volta una sfida ben pi impossibile della prima. In effetti
forse, a trenta anni di distanza, vista la situazione che appare oggi sotto gli
occhi di tutti, non possiamo certo dire che la fiondata di Davide abbia atter-
rato il gigante per la seconda volta. Ma non possiamo nemmeno parlare di
sconfitta, dato che lobiettivo del Davide-Testori non era tanto quello di
sconfiggere il gigante-societ, quanto quello di invitarlo a riflettere.
Personaggio complesso, spesso in bilico tra mondanit e solitudine, tra
culto dellaffetto familiare ed impossibilit di mettere radici, tra naturale pro-
pensione allo scandalo1 e valore della tradizione, Testori, scomparso nel 1993,
ha lasciato un segno forte nella cultura del secondo Novecento. Scrittore,
drammaturgo, storico e critico darte, ha sempre vissuto lopera artistica, in
tutte le sue manifestazioni, come un qualcosa di assoluto, di totalmente coin-
volgente. La fisicit, la passione, la visceralit, la vita e il sentimento, i segni
del corpo riscontrabili in ogni sua opera, siano i quadri come le tragedie, i
saggi come gli articoli e i romanzi, offrono lo specchio di unartista che pone
luomo, nel suo mistero tanto fisico che spirituale, al centro delluniverso, e
ne indaga le infinite possibilit espressive che si rifanno poi essenzialmente
sempre alla parola. Per Testori luomo parola, essenzialmente parola,
anche quando ad esprimersi unicamente il corpo, ed in questo lintera espe-
rienza umana di Testori non ha mai tradito il suo pubblico come i suoi amici
pi stretti o la propria famiglia, vero nucleo affettivo intorno al quale trova
certezza lerrabonda ricerca espressiva dellartista Lui stesso confessa che
1
Testori stesso disse di essersi sentito felice al tempo dello scandalo dellArialda; disse di
aver vissuto ci che si sempre augurato e di aver sofferto, anni dopo, della nostalgia per gli
scandali al punto da desiderare di farne volontariamente degli altri. Cfr. L. Doninelli,
Conversazioni con Testori, Guanda, Milano 1993, p. 49.
582 Carlo Serafini
2
Cfr. L. Doninelli, cit., p. 91.
3
Cfr. A. Cascetta, Invito alla lettura di Testori, Mursia, Milano 1983, p. 39.
4
Cfr. L. Doninelli, cit., pp. 51-52.
I corsivi morali di Giovanni Testori 583
5
Ivi., pp. 102-105.
6
A Giovanni Testori bastava molto per vivere. Anche quando, negli anni 70 dipingeva i
suoi famosi quadri, la quantit di colore era cos copiosa da rendere quella tela pesante come
una porta di quercia. Giorgio Soavi, 1993. Si cita da Giovanni Testori. Una vita appassionata.
Associazione Giovanni Testori. Silvana Editoriale, Milano 2003.
7
Cfr. L. Doninelli, cit., p. 13.
584 Carlo Serafini
8
Ivi, p. 70.
I corsivi morali di Giovanni Testori 585
9
Ivi, p. 108.
10
Testori ha sempre creduto che in ogni uomo si nasconda, anche se apparentemente nega-
to, il desiderio di un credo. Cos dice: Quando leggo le opere dei grandi scrittori o dei grandi
pensatori che si sono dichiarati o che si dichiarano atei, trovo sempre il momento della caduta,
la piccola frana, dove risulta evidente che la loro posizione non risponde del tutto a verit. Pensa
a Giorgio Caproni, che il pi grande poeta italiano dal dopoguerra a oggi, e al suo no, che
tutto segnato dal bisogno del s dalla realt del s. Cfr. in L. Doninelli, cit., p. 134.
11
Il turpe gioco sulle bare, Il Sabato, 16 agosto 1980.
12
Non cancelliamo quei morti, Il Sabato, 1 agosto 1981.
13
Una roccia che resista a tutti i venti, Il Sabato, 21 giugno 1980.
586 Carlo Serafini
Ora noi crediamo che i tempi dellinformazione vadano rispettati e che, anzi,
siano propriamente interni allinformazione medesima. Ma crediamo altres che
esistano altri tempi: quelli che nascono dalla meditazione su di un avvenimento.
E sono proprio questi ultimi che a noi sembra giusto portare in primo piano,
soprattutto in una cognizione del giornalismo come quella che ci preme: un gior-
nalismo che sia ragione di ascolto e di intervento nel profondo delluomo; un
giornalismo che aiuti a restituire allinteriorit delluomo il suo essere mezzo di
notizia e mezzo di comunicazione. Questo non vieta che il giornalismo debba
essere anche dassalto, ma sempre avendo come fine quellinteriorit e quel
profondo. Lassalto sar il primo atto; latto che, talvolta, dovr lacerare uno stato
dinerzia o di menzogne; lacerarlo e indicarlo. Ma, poi, si dovranno pur sempre
riprendere i tempi meditati e lunghi che la nostra societ ama cos poco, ma che
cos tanto appartengono alla natura e alle reali necessit delluomo14.
Mai come in questi giorni, leggendo i quotidiani, abbiamo avuto la dura perce-
zione del terribile obbligo alla velocit, dei terribili limiti e delle terribili trappo-
le proprie di chi lega il suo lavoro ai tempi e ai modi del giornalismo. Lo stesso
discorso vale, crediamo, tanto per la radio, quanto per la televisione. E mentre,
da una parte abbiamo tratto unulteriore conferma circa la transitoriet che a tale
obbligo sembra connessa e circa il peso che nella formazione delle conoscenze e
delle coscienze pubbliche tale transitoriet finisce pur sempre per esercitare; dal-
laltra, ci siamo nuovamente persuasi di quanto sia indispensabile che, in chi assu-
me tale onere e tale responsabilit, si formi una sorta di permanente capacit di
riflessione, di meditazione e, dunque, dumilt nei confronti di cos luomo; nei
confronti della sua enorme, religiosa, abissale dignit; del suo enorme, religioso,
abissale mistero; s da permettere al momento in cui lavvenimento imprevisto e
tragico laceri il ritmo quotidiano, una lettura il pi possibile vicina alle comples-
se ragioni di quella dignit e di quel mistero; pi vicini a ci, che non a un qua-
lunque disegno ideologico o politico.
Attese le difficolt segnalate allinizio, non ci sentiamo di rimproverare nulla a
nessuno, sapendo, tra laltro, come noi stessi in altre occasioni possiamo esserci
sentiti impreparati proprio per difetto di riflessione e dumilt15.
probabile che una delle colpe pi gravi della nostra societ per ci che concer-
ne la possibilit di creare dentro il presente un futuro umanamente reale, abiti
nella fretta con cui tutto fa per dimenticare e, insieme, rimuovere i segni pi
profondi, estremi e drammatici che la colpiscono ed investono. La panacea delle
festaiolit (che giusto il contrario della festivit), il ritmo precipitoso con cui
gli avvenimenti vengono illustrati considerati, e dimessi (quasi che anche qui
vigesse la demenziale legge del prendere, consumare e gettar via), stanno a indi-
carci, ben pi che il bisogno dandare avanti, la fretta ansiosa e cieca di procede-
re per continue sostituzioni affinch luomo non abbia il tempo di fermarsi e
misurare cos il punto in cui si trova e, se esiste, il punto verso cui tende16.
14
Una roccia che resista a tutti i venti, Il Sabato, 21 giugno 1980.
15
Il turpe gioco sulle bare, Il Sabato, 16 agosto 1980.
16
Non rimuoviamo il sangue di quel giorno, Il Sabato, 14 novembre 1981.
I corsivi morali di Giovanni Testori 587
17
Testori dedica numerosi articoli alla figura e al magistero dei Pontefici a lui contempo-
ranei. Cfr. Una pagina bianca per questo dolore, Corriere della sera, 9 agosto 1978 (in occa-
sione della morte di Paolo VI); La Madonna entrata nella Trinit, Corriere della sera, 14
settembre 1978 (sulla Messa dellinvestitura di Giovanni Paolo I); Questa morte una luce,
Corriere della sera, 30 settembre 1978 (in occasione della morte di Giovanni Paolo I); Un
abbraccio nel nome della Madre, Corriere della sera, 16 ottobre 1978 (in occasione dellele-
zione di Giovanni Paolo II); La redenzione delluomo nel dramma della storia, Corriere della
sera, 17 marzo 1979 (sullenciclica Redemptor hominis); Wojtyla: luomo, la donna, lamore,
Corriere della sera, 20 gennaio 1980 (commento allanalisi di Giovanni Paolo II su un passo
della Genesi); Perch la scienza non porti al disastro, Corriere della sera, 4 giugno 1980 (sul
discorso di Giovanni Paolo II allassemblea dellUnesco); C piuttosto qualcosa di rivoluziona-
rio nelle parole di Papa Wojtyla sulladulterio, Corriere della sera, 11 ottobre 1980 (su un
discorso di Giovanni Paolo II sul rispetto allinterno del vincolo matrimoniale); Il martirio del
Papa nel cuore del mondo, Il Sabato, 16 maggio 1981 (sullattentato a Giovanni Paolo II in
Piazza San Pietro); Non rimuoviamo il sangue di quel giorno, Il Sabato, 14 novembre 1981
(ancora sullattentato a Giovanni Paolo II).
18
Nellamore per la vita la vera pace, Corriere della sera, 5 dicembre 1979.
19
Le vacanze dedicate agli altri, Corriere della sera, 22 luglio 1979.
588 Carlo Serafini
20
Testimonianza di Giovanni Testori tratta da L. Doninelli, cit., p. 28.
I corsivi morali di Giovanni Testori 589
Per quello che riguarda me ti dir che ho imparato lorrore dellingiustizia, anche
sociale, molto pi da quellepisodio che non da tutte le letture e da tutte le pre-
diche degli anni successivi21.
21
Cfr. L. Doninelli, Conversazioni con Testori, cit., pp. 33-34.
22
La libert un servizio, Corriere della sera, 24 luglio 1978.
590 Carlo Serafini
23
Da Sebastiano Grasso, Corriere della sera, 17 marzo 1993.
24
Le occasioni di intervento sono prelevate dalla cronaca di anni assai tesi della storia ita-
liana, e nel contesto della cronaca vanno appunto letti, allinterno dellintero menab della
pagina di giornale in cui sono apparsi, piuttosto che nella neutralizzazione letteraria del volu-
me in cui sono stati [] raccolti, nellurgenza insomma del loro nesso con la biografia mili-
tante, piuttosto che nel catalogo per generi delle opere dello scrittore. Cfr. A. Cascetta, cit.,
p. 39.
I corsivi morali di Giovanni Testori 591
25
Perch due giovani diventano killer sullautobus patibolo, Corriere della sera, 25 giugno 1978.
26
Dietro quelle mani, Corriere della sera, 12 ottobre 1980.
27
Dietro quelle mani, Corriere della sera, 12 ottobre 1980.
28
Hanno in mano due vite Corriere della sera, 11 ottobre 1978.
29
Com possibile che quattro ragazzi brucino un negro in una notte di primavera in Piazza
Navona, Corriere della sera, 23 maggio 1979.
592 Carlo Serafini
potrebbero continuare con la violenza sulle donne30, con chi massacra la pro-
pria famiglia31, la propria madre32, una bambina33 tutti episodi compiuti
da giovani o giovanissimi che hanno perso ogni punto di riferimento e di cer-
tezza. La corsa dei nostri giovani trova sulle sue strade cose e prodotti, affa-
scinamenti e seduzioni, modelletti e miti; ma non trova pi, o ben raramen-
te, la roccia della famiglia, la roccia della scuola, la roccia della cultura, e nep-
pure la roccia dun maestro che laiuti a riconoscere il senso e il nome della
propria irripetibile essenza; della propria irripetibile origine e nascita34. E lo
sguardo di Testori non tralascia mai di portare verso gli assassini, i criminali,
i delinquenti il tema della piet e del perdono, si vergogna per lorrore delle
carceri35, oppone la vita alla pena di morte e la riabilitazione allergastolo36,
richiama chi si prende la libert di definire belva chi ha ucciso i genitori37.
A tal proposito di particolare rilievo la riflessione che Testori compie sulle-
pisodio verificatosi in unaula di tribunale subito dopo la lettura di una sen-
tenza dergastolo:
30
Una legge per difendere le donne dalle violenze, Corriere della sera, 26 agosto1979.
31
Dietro lorrore non soffochiamo la piet, Corriere della sera, 23 marzo 1981.
32
Non dobbiamo negargli piet, Corriere della sera, 20 aprile 1980.
33
In memoria di una bambina sgozzata, Corriere della sera, 21 settembre 1980.
34
Un vento che va e va, Il Sabato, 3 maggio 1980.
35
La vergogna delle carceri, Il Sabato, 5 settembre 1981.
36
Giustizia e pena di morte, Corriere della sera, 22 febbraio 1981.
37
Dietro lorrore non soffochiamo la piet, Corriere della sera, 23 marzo 1981.
38
Lergastolo applaudito. La condanna degli uccisori di Olga Julia Calzoni, Corriere della
sera, 3 luglio 1978.
I corsivi morali di Giovanni Testori 593
Per Testori i criminali, gli assassini non sono coloro che non sanno quel-
lo che fanno, bens coloro che non sanno quello che si fanno39, ossia quel-
lo che fanno a loro stessi, alla loro natura di uomini, uomini non pi rico-
noscibili come tali. E la violenza assume caratteristiche ancor pi drammati-
che quando si sposa con lindifferenza40 e linerzia di chi la vede, verso chi,
vittima, viene abbandonato, viene strumentalizzato, mediaticamente esposto
e poi dimenticato, come le bare della strage di Bologna, o come le vittime del
terremoto41.
Testori si rivolge soprattutto ai giovani, vedendo in loro tanto la possibi-
lit del cambiamento quanto il massimo pericolo di esposizione al modello
traditore dei padri42 e della cultura dominante. Rientrata la rivoluzione del
68, nel senso che su tutto ci che aveva determinato si impone ora la rifles-
sione critica, i giovani si trovano a dover fare i conti con una realt (come
quella scolastica ad esempio) incapace di mettere a frutto le idee. La scuola,
per tornare allesempio fatto, proprio ora che si apre al pieno accesso delle
classi popolari, proprio ora viene distrutta; proprio ora il soggetto della scuo-
la, i giovani, viene relegato ad oggetto delle decisioni senza diritto di parteci-
pazione. Dobbiamo, dunque, pensare che c sempre qualcuno che ha con-
venienza ad avere giovani che indirizzano la loro forza, la loro speranza, il loro
dolore e la loro intelligenza, anzich a un fine di costruzione nuova, a un fine
di distruzione vecchia e reazionaria, ancorch ammantata di rivoluzionari-
smo? Il Paese a pezzi e la scuola a pezzi devono pur servire a qualcuno se cos
pervicacemente li si desidera, li si cerca e li si vuole43. Testori questo riven-
dica e denuncia, che i giovani sono tagliati fuori dalla possibilit di parteci-
pazione al loro futuro, e in massima parte i giovani con meno possibilit eco-
nomica, rappresentanti di classi sociali costrette a vivere sul modello delle
classi dominanti borghesi, modello che non potendo per ovvi motivi seguire
gli si rivolta contro di fatto uccidendoli. Come per altri aspetti della vita
apparentemente pi normali, anche per questi bisogna dire, e con ogni chia-
rezza, che i giovani, soprattutto quelli delle classi meno abbienti o addirittu-
ra popolari, vanno imitando o ripetendo il modello che le classi economica-
mente e culturalmente egemoni hanno loro fornito. Anche qui, come negli
altri aspetti, tra modello vissuto dallalto e modello ripetuto dal basso si apro-
no discrepanze incolmabili; tuttavia, nel nostro caso, le discrepanze diventa-
39
Testori usa pi di una volta questa espressione: cfr. Giustizia e pena di morte (Corriere
della sera, 22 febbraio 1981); Non sanno quello che si fanno (Il Sabato, 9 maggio 1981); Il
martirio del Papa nel cuore del mondo (Il Sabato, 16 maggio 1981).
40
Cfr. a tal proposito larticolo La violenza, volto doggi, Il Sabato, 23 maggio 1981.
41
Vergogna e colpa un po per tutti, Corriere della sera 26 novembre 1980; Soltanto nel
cuore di Cristo. Nel meridione ancora il terremoto, Il Sabato, 6 dicembre 1980.
42
I padri traditori e i figli traditi, Corriere della sera, 19 febbraio 1978.
43
Quellurna vuota degli studenti, Corriere della sera, 25 novembre 1979.
594 Carlo Serafini
44
I giovani che implorano la morte cercano solo Dio, Corriere della sera, 24 aprile 1978.
45
Nel lungo dialogo-intervista con Doninelli, Testori confessa che in almeno due occa-
sioni nella vita si trov sul punto di uccidersi e quanto poi gli affetti pi cari e la famiglia
abbiano contribuito alla sua ripresa. Cfr. L. Doninelli, cit., pp. 31-32.
46
Una pagina bianca per questo dolore, Corriere della sera, 9 agosto 1978.
47
Sul tema del suicidio cfr. gli articoli: Il dovere di vivere, Corriere della sera, 20 gennaio
1979; Marco si ucciso. Quale amore cercava?, Il Sabato, 20 gennaio 1979; Alfredo morto.
Unaltra tomba della falsa libert, Il Sabato, 8 settembre 1979.
I corsivi morali di Giovanni Testori 595
povero filo derba, come un povero, breve filo di bava sulle labbra dun bambi-
no o su quelle di un morente. [] Ma, per essere assunta, la speranza doman-
da come primo gesto che venga distrutta lindifferenza; che venga distrutta la
superbia delle tenebre accettate; e che, insieme, venga distrutto lodio non
respinto ma attizzato e covato come un bene [] la speranza reclama non gi
facilit, ma fatica; reclama, ecco, la virt che sembra pi contraria ai nostri
tempi apparentemente cos rapidi e vivi: cio a dire, la pazienza48.
Ora sembra chiaro come per Testori la necessit primaria sia il ritorno alla
vita e al senso della vita, da lui identificato in una parola che, sottolinea sem-
pre lo scrittore, sembra impossibile poter anche semplicemente pronunciare
nella realt che abbiamo davanti, cio Dio, la parola Dio, cio amore, mani-
festazione suprema nella vita dellamore. Verso questo tende la riflessione di
Testori, sia esplicitamente riferita al tema, sia invece procedimento di lettura
e di comprensione di avvenimenti di per s insignificanti. Piccoli atti damo-
re sono la manifestazione di quella speranza, di quella pazienza, di quella-
more appunto, allinterno del quale la vita delluomo deve trovare il suo senso
per non morire nellindifferenza. Mario Gatto, necroforo del Comune di
Milano, scrive a Testori una lettera raccontando di come una vecchietta fosse
morta, avvolta in un lenzuolo, non vestita, posta in una bara gratuita del
Comune, non accompagnata da nessuno, non accompagnata nemmeno in
Chiesa (il portone era sbarrato), cos il solo sguardo del necroforo, presente
per dovere, per lavoro, che solleva il coperchio della bara per donare il pro-
prio sguardo, diventa lunico atto di umanit nei confronti di questa morte
silenziosa. Chi siamo e dove stiamo andando chiede il necroforo, in chiusu-
ra di lettera? Risponde Testori: Semplice, tenera e insieme agghiacciante,
straziata damore e di carit, tutta avvolta da un sentimento e da una consa-
pevolezza pagati, giorno per giorno, nella carne e nellanima, questa lettera
dovrebbe metterci tutti l, in ginocchio, a domandare perdono alluomo che
in ogni uomo dove abbiamo lasciato che luomo arrivasse. [] La risposta
che mi sollecita, non sono io che posso darla a lei; lei che lha data a me e
a tutti noi, col gesto che ha compiuto; sollevare il coperchio della bara e far
scendere, anzi come lei dice, donare alla povera vecchia il suo sguardo
miope, ma amoroso e fraterno. Il mondo, luomo e la speranza della loro sal-
vezza, in quel momento, li ha raccolti nelle sue braccia lei49.
La riflessione sulla morte anche al centro di un testo particolarmente
significativo di Testori, che rientra quasi in una dimensione di oratorio-tea-
trale, Conversazione con la morte (1978). Lopera nasce dallesperienza del-
lautore stesso della morte della mamma, e si presenta come il monologo di
un vecchio attore-autore, quasi cieco, che, persa la mamma e il suo discepo-
48
Il bisogno della speranza, Corriere della sera 26 marzo 1978.
49
Morire a Milano senza una lacrima, Corriere della sera, 1 marzo 1981.
596 Carlo Serafini
lo, rivede il suo passato di certezze e di glorie alla nuova luce del sentimento
della morte. Chi era il Testori di prima? Cosa vedeva nella morte? Era e vede-
va ci che e vede la societ odierna, o meglio ci che non vede, dal momen-
to che la morte rimossa, scacciata da ogni esperienza di vivere comune,
esorcizzata in ragione dellavere, dellapparire50 e del consumare. Ed para-
dossale come una societ che nega la morte viva poi di morte, morte dei suoi
uomini, morte dei suoi valori e dei suoi ideali. grazie alla figura della
mamma che le parole un tempo altere e altezzose dellautore-attore ripren-
dono la dimensione della vita, tornano alla semplicit infantile delluomo,
vedono nella morte non la fine dellessere ma il completamento dellessere.
Questa la visione della morte di Testori, che riporta nei suoi articoli51 e che
assume una forza e un tono particolare quando si tratta di morte della nasci-
ta. La nascita essendo atto di vita, atto damore, atto di Dio, atto della
madre52, della santit della famiglia, nucleo base ed essenziale della societ,
non a caso definito da Testori nel titolo di un suo articolo una roccia che
resista a tutti i venti53. Testori interviene sullaborto in occasione della cam-
pagna conclusasi poi con il referendum del maggio 1981, e proprio del 1981
il monologo, anchesso in stile oratorio-teatrale, Factum est, una sorta di via
crucis di un feto condannato a morte, opera della quale preme evidenziare il
valore universale e sacro del tema trattato. Non tanto una questione di lin-
gua, di stile, di drammatizzazione, quanto una questione di sacralit del tema
che Testori elabora in una forma capace di arrivare ancora una volta al cen-
tro della vita, al senso appunto della vita. E da qui partono anche le riflessio-
ni dei suoi testi giornalistici, dove precisa da subito che la campagna referen-
daria sullaborto un fatto politico solo in ultimissima istanza, poich, quel-
la del diritto alla vita, la verit prima e suprema, la verit di base che pre-
cede ogni umano atto e processo e che, anzi, tutti li ingloba e, tra laltro, li
rende possibili54. Testori si chiede quale societ del sociale, quale
societ del benessere o del consumismo pu nascere sulle fondamenta di vite
uccise, strozzate, assassinate? Tutto questo, anche nei modi torvi con cui si va
proponendo in questi giorni, ha il ghigno sinistro di chi chiama non vita,
non societ sociale, non benessere, ma maledizione e morte55. Pi o meno
stesse considerazioni che Testori fa sul caso Moro; pur nella profonda diver-
50
Cfr. sul tema larticolo Una carcassa chiamata uomo, Corriere della sera, 2 marzo 1980.
51
Sul tema della morte cfr. Il centro della vita, Il Sabato, 23 gennaio 1979; Il diritto di
vivere, Corriere della sera, 28 gennaio 1979; La terra ancora madre delluomo, Corriere
della sera, 4 aprile 1979; Luomo, la vita, la morte, Corriere della sera, 2 novembre 1979.
52
Sul tema della maternit, della nascita, della vita, interessanti legami ci sono con unal-
tra opera di oratorio teatrale di Testori, Interrogatorio a Maria del 1979, rappresentata anche a
Castel Gandolfo il 29 luglio 1980 alla presenza di Papa Giovanni Paolo II.
53
Una roccia che resista a tutti i venti, Il Sabato, 21 giugno 1980.
54
Nel s alla vita lunico vero amore per luomo, Il Sabato, 21 marzo 1981.
55
Non sanno quello che si fanno, Il Sabato, 9 maggio 1981.
I corsivi morali di Giovanni Testori 597
56
Realt senza Dio. Via Fani: il rapimento di Aldo Moro, Corriere della sera, 20 marzo
1978.
598 Carlo Serafini
pare gravissima; e tale da segnalare dietro di s, altre, infinite falle, altri, infiniti
vuoti57.
Pochi mesi dopo torna allattacco della cultura dominante con un altro
articolo sul Corriere dove la denuncia si fa ben pi esplicita e forte, a par-
tire gi dal titolo (Accuso e condanno la cultura):
Testori torna ancora sul tema della cultura e della politica in altri articoli
evidenziando nuovamente, sulla stessa scia delle citazioni appena fatte, le
profonde responsabilit della cultura nei confronti di un popolo cui non
manca di certo storicamente la qualit della pazienza e della sopportazione e
della speranza. Ma cosaltro deve sopportare il popolo? E la cultura e chi ha
la responsabilit di esercitarla o promuoverla, non dovrebbe ripensare se stes-
sa? Magari non pi in ragione di un solo esercitare elitariamente le scienze in
nome della distruzione scolastica e del baronato universitario e culturale, ma
anche in ragione di un compiere atti, di un pronunciare parole e promuove-
re valori propri, storicamente, del nostro popolo. Lo scrittore si chiede per-
ch insistere con una cultura nata sulle spalle del popolo, pronta a soggio-
garlo e demolirlo; e non [] una cultura sorta dal suo corpo o, quantome-
57
La cultura marxista non ha il suo latino, Corriere della sera, 4 settembre 1977.
58
Accuso e condanno la cultura, Corriere della sera, 5 marzo 1978.
I corsivi morali di Giovanni Testori 599
no, dal tentativo di avvicinarsi alle ragioni di quella che stata e continua ad
essere la sua pazienza, la sua resistenza e la sua speranza59. Testori condanna
il tradimento della cultura nei confronti del suo popolo, una cultura che ha
perso identit in ragione del mercato, che ha perso valore in ragione del pro-
fitto, che non oppone alla infinita variet di immagini e di prodotti un pen-
siero che sia riconoscibile in quanto forte. La cultura dominante non ha un
principio forte, non ha un valore assoluto, totale al quale rifarsi, viaggia mer-
cenaria sullonda delle necessit del momento. Lintellettuale pecca di astrat-
tismo, non ha basi forti sulle quali fondare il suo dire. Se il gesto che lin-
tellettuale compie, e in misura massima quello delle pi dure indicazioni,
non determinato dalla fiducia e dalla speranza, che sono il sangue e il desti-
no delluomo, perde ogni senso; si rinchiude in s; arriva solo a creare sopra
la testa del popolo tensioni astratte di cui a soffrire non certo lintellettua-
le, salvato sempre dalla sua stessa posizione, ma, appunto, lui, il popolo. Al
quale in questo modo, viene continuamente procrastinata la possibilit di
costruirsi la propria voce reale; dunque, la propria reale cultura; quella che gli
corrisponde, che merita e che gli spetta60. Lintellettuale Testori61 chiede di
59
Questo popolo, Corriere della sera, 7 ottobre 1979.
60
Ma di quali italiani stiamo parlando?, Corriere della sera, 12 ottobre 1979.
61
Lamarezza che Testori dimostra nei confronti della cultura anche in ragione dellaver par-
tecipato, pi giovane, con profondo e sentito entusiasmo al fervore culturale degli anni Cinquanta
e Sessanta e di aver creduto fortemente nelle potenzialit della cultura stessa per la rinascita morale
e culturale del paese. In un articolo del 1977, Testori rievoca il clima della Milano di queglanni:
La grande, paterna ombra di Roberto Longhi che proprio in quegli anni regala a Milano le sue pi
memorabili mostre; la dolce, smemorante amarezza della poesia di Vittorio Sereni che da lacustre
si va, via via, facendo cittadina (e presaga); il primo, alfieriano inerpicarsi di Fortini verso le sue dif-
ficolt da sacerdote che vuol rifiutare ogni unzione, per essere (immagino) pi sacerdote ancora; il
riapparire in Borlotti, e proprio dentro lo scossone cubista, dellerbe, dei prati, dei muschi, delle
prode e dei deliri tramontizi, l, sopra lAdda; lamata topografia della Piazza nella rete ammonitri-
ce del romanzo di Alberico Sala (leggere, per credere, lavvio della parte seconda); il dio di Roserio
che mangia chilometri e chilometri in Brianza (esistette, seppur variato: non fu, vi prego di creder-
lo, invenzione dello scrivente; fa, ora, il muratore e ha messo su famiglia); la dura e insieme malin-
conica problematica di quella specie di Cerano del decennio che fu Francese; i trafelati intrighi in
forma di chiacchiera (o di lettere) dellArbasino prima-maniera, quello che faceva la spola tra
Voghera e Milano: lapparire dal fondo di Via Garibaldi, della generazione dei pi giovani; la tra-
fittura di spilli (se non proprio di coltelli) del primo Ferrosi, spilli giacomettiani su visi e impronte
baconiani; la fiera ansiet di Guerreschi, il pi vicino di tutti ai parigini de Le Ruche (ed pec-
cato che nessuno di questi giovani avesse avuto occhi per il grande, scontroso e solitario Grber; lui
avrebbe potuto aiutarli, meglio di chiunque altro, a chiarire le interrogazioni dei loro esistenziali
dolori); e, poi, Romagnoli, Banchieri, Vaglieri
Accanto a queste immagini i suoni (le loro memorie sfatte l, tra Scala, sale di teatro e
radio): la voce roca, da carnecrescente senza speranza, di Franco Parenti; la ironia sempre in
bilico tra massacro e dolore della Valeri; la slogata follia di Dario Fo; gli irripetibili voli sui pre-
cipizi del melodramma della Callas viscontiana.
E chi, dite, chi ripeter pi per noi il miracolo del Nos Milan strehleriano? In che modo
risentire altra volta, magari nellora in cui la malinconia pi ci punge e ci assedia, la voce della
600 Carlo Serafini
Conobbi Giovanni Testori nel 1978. Alcuni amici erano andati da lui, nello stu-
dio di Via Brera, senza altro intento che di conoscere lautore di certi fondi che
il Corriere della sera pubblicava in prima pagina: articoli strani e ben presto
odiati, che parlavano della necessit del perdono dei colpevoli e dellurgenza della
carit come primo, imprescindibile bisogno del mondo in cui vivevamo. Il 78 fu
lanno di Aldo Moro, anno di piombo per eccellenza. In tempi simili, Testori si
scagliava contro la mala coscienza dei pubblici fustigatori, ricordando come il
peggior nemico delluomo non fossero le armi dei brigatisti, bens la negazione
della carne, della concretezza della vita, della pena, del dolore di ci che il
Battesimo aveva segnato e benedetto : in una parola, Testori temeva il potere
dellastrazione. Un potere astratto, che teorizza bisogni astratti a sua misura, non
potr che costruire complici la radio, la televisione, i giornali, e, perch no?
Anche la cultura alta un uomo astratto, incapace di provare miseria e dolore
di s, incapace di gioia vera, di allegria cordiale, di pena, di solidariet con laltro
uomo chiunque egli sia. Il suono di queste parole, in anni in cui esisteva una giu-
stizia di sinistra, una carit di sinistra, un bene di sinistra, una solidariet di sini-
stra, non poteva non risultare fortemente stonato. Su quel chiunque si applica-
rono le etichette di reazionario e di qualunquista. E per ogni reazionario cera,
allora, qualcun altro che metteva del cianuro nel proprio inchiostro; poi la prati-
ca passava ad altri uffici, meno culturali. Le liste nere erano di moda.
Anche oggi quegli articoli risulterebbero stonati. []. In ogni caso, Testori
Cortese, vera anima di nebbia vagante tra il Tivoli e le cucine Economiche? Risaliva quella
voce da tutta loscura dignit, da tutte le oscure rogne e gli oscuri magoni delle nostre madri,
donne offese eppure capaci di infinito amore Corriere della sera, 14 dicembre 1977 (si
cita da A. Cascetta, cit., pp. 29-30).
62
Carit e bellezza, Corriere della sera, 29 luglio 1979.
63
Una separazione abusiva, Il Sabato, 16 dicembre 1978; sul tema cfr. anche Qualcuno
vuole uccidere la maest delluomo, Corriere della sera, 26 febbraio 1979.
I corsivi morali di Giovanni Testori 601
apparve, a quel tempo, una mosca bianca. Chi manteneva, per fortuna o per gra-
zia di Dio, una certa passione non ideologica per luomo riceveva ossigeno dai
suoi articoli64.
Come detto in precedenza, Testori invita alla riflessione, invita a dare spa-
zio al tempo dellanalisi, invita a riportare il vivere a misura duomo, a ragio-
ne duomo, a dimensione duomo, a dare peso e forza alla dignit dellesi-
stenza umana, a quella che lui definisce la maest delluomo. Indipenden-
temente dal credo religioso, che pur notevole importanza riveste nei suoi
scritti, Testori offre un credo personale profondo, sul quale anche i non cre-
denti sentono di poter fare affidamento perch proprio delluomo, un credo
che innanzitutto umanit, andare incontro alluomo nella sua natura prima.
Non un caso che Testori sottolinei spesso come si debba cercare luomo
allinterno delluomo, lo spazio cio di umana comprensione che proprio
della natura umana e che troppo spesso per le pi svariate e illogiche moti-
vazioni luomo stesso maschera o soffoca. Anche la vita di Testori stato que-
sto, ricerca di comprensione, di dialogo umano e di amicizia. Un esempio
pu aiutare a chiarire bene questa sua necessit, lincontro con i giovani di
Comunione e Liberazione, cui accennava la testimonianza di Doninelli, con
i ragazzi che lo hanno cercato dopo aver letto i suoi articoli sul Corriere, i
ragazzi, apparentemente cos lontani dallautore scandaloso del teatro e dei
romanzi, dai quali Testori dir di non essersi mai sentito giudicato, ma solo
accolto in virt di un atto di carit che anche giustizia65. Come anche con
il fondatore del movimento Don Luigi Giussani: Lho conosciuto l da loro
[dice Testori] Avevo un po tremore e vergogna, perch mi presentavo, cos,
un povero peccatore Poi, un giorno, ci siamo visti a tavola, e lho trovato
un grande un grande un umile parroco, con una conoscenza teologica
sconfinata, ma anche con la coscienza dellesistere. E non predicava affatto:
mha ascoltato pi di quanto non mabbia detto lui. Ecco, francamente, una
cosa che mha stupito66. Dallumanit, dal non giudizio, dalla comprensio-
ne e dal dialogo nasce per Testori la cultura delluomo, la grandezza delle-
sperienza umana nella sua pi assoluta semplicit. Ed proprio per questo
che forse larticolo pi toccante, pi forte, pi commovente di Testori quel-
lo che riguarda linnocenza di un bambino, il povero Alfredino Rampi,
ingoiato nel ventre della madre terra, che costringe un intero paese a riflette-
re sulla vita offrendo lo straziante spettacolo della sua morte. Ma da quel
sacrificio che occorre ripartire per Testori, da quel sacrificio; da quellinno-
64
Cfr. L. Doninelli, cit., pp. 10-11.
65
Ivi, p. 127.
66
Parte di unintervista pubblicata sullEuropeo, 12 aprile 1986 (si cita da Davide Dal-
lOmbra Fabio Pierangeli, Giovanni Testori. Biografia per immagini, Gribaudo, Cavallermag-
giore 2000, p. 119.
602 Carlo Serafini
67
Nel pozzo, Il Sabato, 20 giugno 1981; sulla tragedia di Vernicino cfr. anche Alfredo,
pi dei sentimenti, Il Sabato, 18 luglio 1981.
MASSIMILIANO BORELLI
1
G. Crainz, Storia del miracolo italiano. Culture, identit, trasformazioni fra anni cinquan-
ta e sessanta, Donzelli, Roma 20052, p. 9.
2
Per un esaustivo resoconto sulla parabola complessiva di Lavoro e sul ruolo di Gianni
Toti nel giornale cfr. lintroduzione di R. Rega al volume Lavoro 1948-1962. Il rotocalco
della Cgil, a cura di R. Rega, Ediesse, Roma 2008, pp. 11-62.
Tra i linguaggi delle cose: Gianni Toti giornalista 605
3
G. Toti, Il tempo libero [1961], Editori Riuniti, Roma 1975, p. 344.
4
Ivi, p. 356.
5
Ivi, p. 362.
6
Ivi, p. 361.
606 Massimiliano Borelli
7
G. Toti, Lettera aperta al Calendario del Popolo, Lavoro, n. 3, 1953; ora anche in Id.,
Planetario. Scritti giornalistici 1951-1969, a cura di M. Borelli e F. Muzzioli, Ediesse, Roma
2008, p. 28.
8
Ibidem.
9
Lavoro, n. 39, 1956.
Tra i linguaggi delle cose: Gianni Toti giornalista 607
come non smetter di occuparsi degli oggetti marginali della vita quotidiana,
come quelli trattati dalle rubriche di moda femminile (Parliamo tra noi,
La nostra moda e La donna moderna) o da quella pensata per lo svago dei
bambini, Il vicoletto.
Su Lavoro Toti inizia quindi a indagare, in proprio o come direttore,
quelle zone di conflittualit contemporanea che attraverser ancor pi diste-
samente negli anni seguenti, e a battere, come recita il titolo di una sua rubri-
ca fissa di politica, dove il dente duole, con modi formali innovativi ed effi-
caci.
10
F. Muzzioli, Lart(icol)ista Toti, in G. Toti, Planetario. Scritti giornalistici 1951-1969, cit.,
p. 14.
608 Massimiliano Borelli
Una nube di avvoltoi oscura laria.... Come una fanciulla supremamente bella,
la cui quasi impersonale leggiadria trascende ogni desiderio umano, ecco il
Kashmir nello splendore dei suoi fiumi, delle sue valli, dei suoi laghi, dei suoi
alberi slanciati.... I rapaci aspettano che sia loro servito il festino di altri cadave-
ri.... Un giardino di eterna primavera, dove la rosa scarlatta, la violetta e il nar-
ciso crescono da soli sui campi di odoriferante smeraldo.... [...] Sulla sinistra
dello stradone, un mitragliere sikh stato fulminato dallesplosione di un obice.
Dietro a lui un grappolo di mujahedin morti dispensano ai fiori il fetore della loro
decomposizione...12.
11
G. Toti, Di turismo non si muore, Vie Nuove, n. 33, 1963.
12
Id. Fioriscono i denti del drago, Vie Nuove, n. 38, 1965; ora anche in Id., Planetario.
Scritti giornalistici 1951-1969, cit., p. 69.
Tra i linguaggi delle cose: Gianni Toti giornalista 609
[...] LAfrica sar divisa fra Bianchi e Neri con la B e la N cos, maiuscole
nella proporzione di un terzo di Bianchi e due terzi di Neri. Questi, se resteran-
no nei territori Bianchi, non godranno del diritto di voto n dei diritti civili. Lo
stesso per i Bianchi nei territori Neri. I governi e le nazioni con pi razze verran-
no smembrati, mescolati, separati, ricomposti, Neri da una parte, Bianchi dal-
laltra, Indiani da unaltra parte ancora e cos via... Se vede, non siamo razzisti.
Ah, no?
La superiorit della razza ariana era un non-senso. La superiorit della nostra
Europa unaltra cosa. Separeremo le razze, elimineremo i conflitti. Sar una
soluzione.
Definitiva? Una soluzione finale?13
13
Id., Oggi il frher si chiama chef, Vie Nuove, n. 16, 1962; ora anche in Id., Planetario.
Scritti giornalistici 1951-1969, cit., p. 118.
610 Massimiliano Borelli
14
F. Muzzioli, Lart(icol)ista Toti, cit., p. 15.
15
Ivi, p. 13.
Tra i linguaggi delle cose: Gianni Toti giornalista 611
te16. Al lavoro di raccolta dei fatti deve seguire il lavoro di estrazione del
contenuto di verit, per usare una formula benjaminiana, lorganizzazione
dei segni del tempo in un racconto che abbia una precisa strategia retorica
e un obiettivo ermeneuticamente orientato. Alluopo occorre tenere presente
la situazione umana in tutta la sua complicata complessit, facendo reagire
distanze spaziali e profondit temporali, in una dimensione planetaria che
metta in prospettiva gli elementi pi disparati e apparentemente irrelati.
Comprendiamo cos la pregnanza del titolo Planetario per la rubrica tenu-
ta settimanalmente nella met degli anni Sessanta, dove vengono accostate
notizie di varia natura, proprio a tracciare un mappa dei posizionamenti
sociali e a raccoglierli poi in costellazioni di senso reciproco. E apprezziamo
pure le digressioni storiche, i ragguagli su civilt lontane dal mondo occi-
dentale, le informazioni sulla produzione artistica e culturale di popoli mar-
ginali, le trascrizioni di modi di dire, di canti e canzoni, di slogan, di dialo-
ghi in moltissime lingue diverse: tutto per approfondire il campo e per dare
profondit allorizzonte informativo, per riempire di significato concreto quel
flusso di fantasmatiche notizie-merci che caratterizza lepoca contemporanea.
16
G. Toti, Ondata di suspense, Vie Nuove, n. 43, 1964.
17
Id., cominciata la psi-guerra, Vie Nuove, n. 42, 1965.
612 Massimiliano Borelli
18
Cfr. Id., I Kruppianer, Vie Nuove, n. 17, 1959; ora anche in Id., Planetario. Scritti
giornalistici 1951-1969, cit., pp. 157-164.
19
Id., Le notti delle Olimpiadi, Vie Nuove, n. 33, 1960; ora anche in Id., Planetario.
Scritti giornalistici 1951-1969, cit., p. 222.
Tra i linguaggi delle cose: Gianni Toti giornalista 613
nante nel mondo occidentale, in virt del quale, come ha scritto Anders, il
bisogno il prodotto del prodotto; e al tempo stesso il bisogno creato dal
prodotto assicura il continuo aumento della produzione del prodotto20. Falsi
bisogni spinti da una galassia di immagini pubblicitarie, di imperativi inviti
allacquisto di prodotti indifferenziati, giacch tutti ugualmente mera merce
da smistare (ai quali Toti oppone significativamente il consiglio, come dono
natalizio, di un antilibro, come quelli che scriver di l a qualche anno,
worstsellers, per dirla con Manganelli, che farebbero impallidire le uscite a
scadenza fissa dei nostri Natali). Toti racconta un mondo fornito a domici-
lio21 per usare ancora parole di Anders, o meglio ri-fornito, somministra-
to agli utenti consumatori secondo logiche di profitto dagli schermi televisi-
vi, o, pi propriamente, televasivi, dove si plasma il nuovo cittadino ideale
assuefatto e narcotizzato sotto una continua pioggia di immagini.
Lamericanizzazione della vita quotidiana, su scala planetaria, passa per i
nuovi oggetti che popolano il boom capitalistico, ninnoli per adulti che Toti
osserva con sospetto: Nella comunione del silenzio visivo, rigorosamente
quantificati, stanno unificandosi, adulti infantilizzati e infanti superinfanti-
lizzati, iperigienici e aerodinamici, nutriti con immense mlanges, tipo pure,
di parole, gags, panpanboums, nielsenizzati22. Uno sbocco del mezzo televisi-
vo regressivo tutto opposto a quello che, anni dopo, Toti raggiunger nelle
sperimentazioni di videoarte, dove limmagine liberer la sua capacit meta-
morfica e sar lobiettivo di una ricezione attiva e creativa dello spettatore.
Cos come molto distante dalla sua idea di tempo libero, che abbiamo gi
visto, quella che vede applicata nelle ferie degli italiani: brevi momenti di
concentrata euforia sui quali viene scaricata la tensione di un intero anno di
lavoro, secondo modalit, tuttavia, tutte prescritte e incentivate dallindustria
del turismo: Il benessere, come va strutturandosi oggi questultimo mito
capitalistico, si configura in ultima analisi come una organizzazione innatu-
rale del tempo libero e del tempo di lavoro e le vacanze-ossessione si trasfor-
mano in vacanze-cloroformio23. La libert offerta dalle automobili, sfornate
in quegli anni dagli stabilimenti Fiat, e lanciate in sorpassi sullautostrada
del sole, si rivela unafosa corazza agli occhi di Toti, qualora a essa non si as-
soci una vera liberazione delle capacit trasformatrici dellessere umano. Allo
stesso modo, Toti mostra lambiguit della rivoluzione sessuale: imbrigliata
nei canali dellindustria dellerotismo, sfruttata al fine di controllare le menti
garantendo uno sfogo ottuso e separato del corpo, corre il rischio di perdere
20
G. Anders, Luomo antiquato I. Considerazioni sullanima nellepoca della seconda rivo-
luzione industriale [1956], Bollati Boringhieri, Torino 2007, p. 167.
21
Ivi, p. 97.
22
G. Toti, Televasione, Vie Nuove, n. 12, 1964; ora anche in Id., Planetario. Scritti gior-
nalistici 1951-1969, cit., pp. 244-245.
23
Id., Lafosa corazza delle vacanze, Vie Nuove, n. 35, 1963.
614 Massimiliano Borelli
Il pericolo consiste proprio nella possibilit che possiede questa industria erotica
di deviare le nuove generazioni dalla via della lotta al pregiudizio sessuale quale
sostegno di altri pregiudizi sociali. Lesplosione erotica come camera di sfogo, e
non come rivendicazione del libero esercizio della naturale sessualit, proprio
una forma di direzione estraniante delle spinte ribellistiche ormai generalizzante-
si in tutta lEuropa24.
24
Id., Sesseuropa, Vie Nuove, n. 1, 1964; ora anche in Id., Planetario. Scritti giornalisti-
ci 1951-1969, cit., p. 240.
25
Ivi, p. 241.
26
Id., Le donne in vetrina, Vie Nuove, n. 19, 1959; ora anche in Id., Planetario. Scritti
giornalistici 1951-1969, cit., p. 168.
Tra i linguaggi delle cose: Gianni Toti giornalista 615
27
Cfr. Un mendicante seduto su una sedia doro, Vie Nuove, n. 26, 1960; ora anche in
Id., Planetario. Scritti giornalistici 1951-1969, cit., pp. 190-198.
28
Id., Le tre Brasilia, Vie Nuove, n. 17, 1960; ora anche in Id., Planetario. Scritti gior-
nalistici 1951-1969, cit., p. 187.
29
F. Muzzioli, Lart(icol)ista Toti, cit., p. 14.
30
G. Toti, Ci siamo: boom e crack, Vie Nuove, n. 13, 1963.
31
Ci riferiamo al celebre 6 Arte e cultura del Quaderno 23 (VI) del 1934; Quaderni del
carcere, a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 19772, 4 voll., vol. 3, pp. 2192-2193.
616 Massimiliano Borelli
32
G. Toti, Boom o crack?, Vie Nuove, n. 6, 1963.
MATTEO DI GES
1
Sciascia pubblic a puntate su La Stampa La scomparsa di Majorana (1975) e I pugna-
latori (1976), sul Corriere della sera La strega e il capitano (1986).
2
Tra i suoi pi appassionati articoli in presa diretta, quello scritto per LOra il 16 gen-
naio 1968, a trentasei ore dal terremoto del Belice che rase al suolo il paese di Gibellina.
3
Sciascia fu dal 1954 direttore di Galleria, rivista letteraria delleditore suo omonimo di
Caltanissetta; la collezione dei Quaderni di Galleria annoverer, in quegli anni, autori come
Pasolini, Compagnone, Caproni, Bassani, Roversi, Leonetti.
4
Della copiosa bibliografia su letteratura e giornalismo, segnalo quantomeno E.
Paccagnini, Letteratura e giornalismo, in Storia della Letteratura Italiana, Il Novecento. Scenari
di fine secolo, a cura di N. Borsellino e L. Felici, vol. XI, Garzanti, Milano 2001, pp. 497-558
e, per un quadro pi generale, C. Bertoni, Letteratura e Giornalismo, Carocci, Roma 2009.
5
Lassunto per cui tutti i testi di Sciascia abbiano un fondamento polemico lo ha formu-
lato in maniera assai convincente, nella sua introduzione al secondo volume delle Opere,
618 Matteo Di Ges
uno Sciascia che scrive libri e uno Sciascia che interviene sui giornali. C semmai
uno scrittore che esercita, consapevolmente e programmaticamente, il proprio
mandato civile anche dalle colonne della stampa; e un giornalista6 che svolge il
suo secondo mestiere fondandolo sulle sue prerogative di scrittore. O, se si vuole,
c una scrittura letteraria che deve alcuni dei suoi tratti distintivi, come quella
sorta di evenemenzialit che contraddistingue alcune sue prove narrative, allassi-
dua indagine della realt (del contesto, per meglio dire); e c una scrittura giorna-
listica che interpreta la realt proprio prendendo labbrivio da una precisa conce-
zione della letteratura (la pi assoluta forma che la verit possa assumere, secon-
do Sciascia che a questa dottrina, allegorizzata mirabilmente nel Consiglio
dEgitto, sempre rimasto fedele, pur rettificando, nel corso del tempo, il modo
di darle forma e di metterla in atto). Al vaglio di una lente che quella offerta
dalla letteratura, i fatti, che forse sono meno ambigui mentre li si vive, diventano
quali veramente sono. Certamente pi oscuri e complessi: ma, in ogni senso,
pi veri7, ha osservato uno dei pi validi studiosi dellautore.
Giornali, giornalismo e giornalisti sono stati del resto temi assai frequen-
tati dallo Sciascia narratore8, quasi che egli avesse voluto, nel corso della sua
Claude Ambroise: Polemico, Sciascia non lo stato solo negli anni settanta e oltre, ma forse
sono gli anni che meglio rivelano la natura polemica di tutta la sua opera, C. Ambroise,
Polemos, saggio introduttivo a L. Sciascia. Opere 1971-1983, a c. di C. Ambroise, Bompiani,
Milano 1989, vol. II, p. XXIII; ne siano riprova, tra laltro, i riferimenti al modello dellama-
to pamphlettista e libellista dellet della Restaurazione Paul Louis Courier, emblematicamen-
te presenti sia negli esordi delle Parrocchie di Regalpetra (1956), che nel tardo Porte aperte
(1987). Sullo Sciascia polemista e sullosmosi tra scrittura dinvenzione e prosa giornalistica si
veda anche G. Traina, Con lemozione dellazzardo: appunti su Sciascia polemista, in F.
Gioviale (a cura di), La parola quotidiana. Itinerari di confine tra letteratura e giornalismo,
Olschki, Firenze 2004, pp. 71-89.
6
Sciascia fu assunto dal Giornale di Sicilia diretto da Roberto Ciuni; iscritto nellalbo
dei praticanti nel 1972, non si sottopose mai allesame per diventare professionista: Il prati-
cantato di Sciascia al Giornale di Sicilia purtroppo fin presto, ed esclusivamente per una sua
questione di sensibilit. Veniva in redazione un paio di volte la settimana portando gi pron-
to larticolo, vi si fermava poco, vedeva ragazzi che sgobbavano come si sgobba solo nei pic-
coli giornali. Mi disse che non gli sembrava giusto guadagnare quanto quei trafelatissimi col-
leghi lavorando un decimo. Non riuscii a convincerlo che i primi ad essere contenti di aver-
lo al giornale erano proprio loro, R. Ciuni, Luomo e il giornalista, in Egle Palazzolo (a cura
di), Sciascia. Il romanzo quotidiano, Kals, Palermo 2005, pp. 76-77.
7
M. Onofri, La cronaca sotto scacco: ipotesi su Sciascia giornalista, in Sciascia. Il romanzo
quotidiano, cit., p. 28. Sintetizza efficacemente questa duplice e univoca dimensione della
scrittura sciasciana Marcello Benfante, quando scrive: Per un verso tutta lopera di Sciascia
pu considerarsi in qualche modo giornalistica, ovviamente nellaccezione pi nobile del ter-
mine, in quanto centrata su una costante attenzione etica allattualit, sebbene rivisitata attra-
verso il filtro della memoria, chiave doro che dischiude o serra. Ma si pu anche dire che
tutta lopera di Sciascia, compresa la sua produzione specificamente destinata a quotidiani e
periodici, anti-giornalistica poich vocata, per intento e scelte stilistiche, alla lunga durata,
M. Benfante, Leonardo Sciascia. Appunti su uno scrittore eretico, Gaffi, Roma 2009, p. 109.
8
Ne d conto diffusamente G. Traina, Giornali e giornalisti nella narrativa di Sciascia, in
Egle Palazzolo (a cura di), Sciascia. Il romanzo quotidiano, cit., pp. 31-58.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 619
La lettura dei giornali mi d neri pensieri. Neri pensieri sui giornali, appunto, sul
giornalismo. I giornali mi si parano davanti come un sipario. Pi esattamente
come un velario [...] Una indefinita paura sembra attanagliare i giornali. La paura
di avere una linea, di assumere i fatti in un giudizio preciso12.
I giornali italiani vengono fatti come se non dovessero essere letti e cio sul
dato, o sul pregiudizio, o sullinconscia credenza che il lettore non esista. Che
non esista con la sua capacit di giudizio, di discernimento, di critica. Il lettore
inesistente. Come il cavaliere inesistente di Calvino. Un lettore che ogni mattina
fa scomparire il giornale dentro la propria vuota armatura di lettore13.
9
Cfr L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra [1956], in Opere 1956-1971, a c. di C.
Ambroise, Bompiani, Milano, vol. I, 1987.
10
Nello scritto daugurio che accompagnava il primo numero di Malgrado tutto, rivista
racalmutese, lo scrittore rievocava il caso Moro come il momento storico in cui la libert di
stampa venuta a mancare e la stampa italiana ha acquistato una uniformit, un conformi-
smo che ancora oggi continua (L. Sciascia, LUomo del sud? [1980] ora in Leonardo Sciascia e
Malgrado tutto. Scritti di Leonardo Sciascia sul giornale del suo paese, Editoriale Malgrado
Tutto, Racalmuto (Agrigento), 1991, p. 9.
11
L. Sciascia, Laffaire Moro [1978], in Opere 1971-1983, cit., p. 495.
12
L. Sciascia, Nero su nero [1979], in Opere 1971-1983, cit., p. 814.
13
Ivi, pp. 826-827.
620 Matteo Di Ges
14
Cfr. G. Traina, Leonardo Sciascia, Bruno Mondadori, Milano 1999, p. 127.
15
Cfr. L. Sciascia, A futura memoria (se la memoria ha un futuro) [1989], in Opere 1984-
1989, a c. di C. Ambroise, Bompiani, Milano, 1991, vol. III, p. 808. Larticolo era origina-
riamente apparso su LEspresso del 20 febbraio 1983.
16
Cfr. L. Sciascia, Nero su nero, cit., p. 667.
17
Cfr. L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetra, cit, p. 42. Allo stile di quel Cecchi letto in
giovent e alla lezione rondesca, tuttavia, Sciascia, non solo come elzevirista, continuer a ri-
manere fedele.
18
L. Sciascia, Fatti diversi di storia letteraria e civile [1989], in Opere 1984-1989, cit.,
p. 628.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 621
sionisti dellantimafia non solo sono vicende che, anche a distanza di decen-
ni, rimandano immediatamente al nome di Sciascia, ma hanno finito col far
lasciare in secondo piano lopera complessiva del racalmutese, o, se non altro,
ne hanno forse compromesso una adeguata e compiuta ricezione.
Per avere unidea di quanto cospicua sia stata la produzione variamente
giornalistica dellautore del Giorno della civetta, potrebbe bastare consultare
la sua bibliografia: in quella davvero monumentale curata da Antonio
Motta19, la sezione Saggi, recensioni e interventi in periodici occupa ben
settantaquattro pagine. Sempre nel repertorio di Motta, lindice delle testate
non meno indicativo per vastit e variet; se ne contano pi di cento per le
quali, nel corso della sua vita, ha scritto: dallesordio su Vita Siciliana, nel
1944, con una Nota a Quasimodo (ma il primo articolo su un quotidiano
apparve su LOra del 25 febbraio 1955: una nota letteraria sul poeta
Domenico Tempio), fino allultimo articolo licenziato per La Stampa,
Requiem per il cinema, il 27 agosto 1989, meno di tre mesi prima della sua
morte. Tuttavia Sciascia ha voluto raccogliere in volume solamente una mini-
ma parte della sua ingente produzione pubblicistica: dato, questo, tuttaltro
che trascurabile dovendo svolgere una disamina della sua attivit giornalisti-
ca, se vero che lautore stato un editore di se stesso assai meticoloso, tanto
da disporre un divieto di fatto per la pubblicazione postuma di sillogi o anto-
logie di suoi scritti che non avessero avuto il suo assenso. Se si escludono le
raccolte di saggi e interventi prevalentemente letterari destinati a volumi
comunque tuttaltro che eterogenei come La corda pazza e Cruciverba e le
prose varie rubricate sotto a due titoli emblematici quali Cronachette e Fatti
diversi di storia letteraria e civile, i soli volumi ricavati dallattivit pi pro-
priamente giornalistica di Sciascia sono Nero su nero, La palma va a nord 20, A
futura memoria, Quaderno 21, Sciascia in Puglia 22. Di questi solamente Nero
su nero e A futura memoria sono da considerarsi, a rigore, libri dello scrittore,
avendoli egli stesso progettati e licenziati; mentre La palma va a nord e
Quaderno sono raccolte curate da altri con il suo assenso. Pi precisamente
La palma va a nord una miscellanea di articoli (alcuni dei quali poi rifusi in
Nero su nero), interviste, interventi parlamentari, comunicazioni a congressi
apparsi tra il 1977 e il 1980, pubblicata originariamente nelle Edizioni
Quaderni Radicali. Pi che una antologia di articoli, dunque, un ottimo via-
19
Cfr. Antonio Motta, Bibliografia degli scritti di Leonardo Sciascia, Sellerio, Palermo
2009.
20
L. Sciascia, La palma va a nord [1980], a c. di V. Vecellio, Gammalibri, Milano 1982.
21
L. Sciascia, Quaderno, a c. di V. Nistic e M. Farinella, Nuova Editrice Meridionale,
Palermo 1991, supplemento a LOra.
22
G. Giacovazzo, Sciascia in Puglia, Edisud, Bari 2001, supplemento a La Gazzetta del
Mezzogiorno.
622 Matteo Di Ges
23
Sciascia fu deputato, eletto nelle liste del Partito Radicale, dal giugno 1979 al giugno
1983. Sul suo scrupoloso lavoro parlamentare cfr. A. Camilleri, Un onorevole siciliano. Le inter-
pellanza parlamentari di L. Sciascia, Bompiani, Milano 2009.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 623
Lo stato danimo dello scrittore appunto quello di chi ha passato una linea di
demarcazione tra due mondi se non addirittura tra due razze. Tra loscura e irri-
mediabile condizione della Sicilia e il continente italiano ed europeo in cui vive
e di cui parte, c lo scarto di appena una generazione. [...] Con la faccia per
terra la Sicilia c gi24.
Dalle pagine de lAvanti!, organo del PSI, rispose Fidia Sassano, il quale,
rimproverandogli un fatalismo poco consono a uno scrittore di sinistra,
imputava al benedetto letterato velleit neo-separatiste da salotto progres-
sista. La replica di Sciascia (di uno Sciascia, bene ricordarlo, deluso dalla-
zione dei governi di centro-sinistra che, accogliendo per la prima volta nella
coalizione di governo i socialisti, avevano suscitato inizialmente caute spe-
ranze di rinnovamento politico) un compendio delle sue migliori qualit di
corsivista: arguzia, ironia, ma anche cristallino rigore nella logica del ragio-
namento, al quale corrisponde lesattezza di una lingua ferma e tersa, come
ebbe a definirla Pasolini. Sassano, scrive Sciascia, esclamando Questi bene-
detti letterati!, ignora
Che non soltanto i letterati sono oggi diversi da quelli dellArcadia, ma anche
che io, tra i letterati, sono uno dei pi lontani dallidea corrente di letteratura
cui certi elementi della classe politica sembrano ancora affezionati. [...] La Sicilia
se ne stia tranquilla, quando ci sono uomini come Sassano che per ore (badate,
per ore) ne dibattono i problemi. E i letterati si tengano fuori dai piedi, e lasci-
no il pensiero a chi tocca. Magari, in tempo di elezioni, saranno chiamati a fir-
mare un manifesto di consenso ai programmi del PSI: ma passata la festa eletto-
rale lascino lavorare i tecnici, i sindacalisti e i politici di varie sfumature25.
24
L. Sciascia, Quaderno, cit., pp. 54-55.
25
Ivi, p. 62.
26
Cfr. Sicilia e sicilitudine, in La corda pazza [1970], in L. Sciascia, Opere 1956-1971, cit.,
pp. 961-967.
624 Matteo Di Ges
27
L. Sciascia, Quaderno, cit., p. 72.
28
Ivi, p. 73.
29
Sulla collaborazione di Sciascia con il glorioso quotidiano palermitano si veda anche E.
Fidora, Un affilato impolitico dalla lunga vista, in Sciascia. Il romanzo quotidiano, cit., pp. 67-
73.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 625
30
M. Onofri, Storia di Sciascia [1994], Laterza, Bari 2004, p. 222.
31
Cfr. R. Ricorda, Sciascia e la forma diaristica, tra modelli francesi e italiani, in Non fac-
cio niente senza gioia. Leonardo Sciascia e la cultura francese, a c. di M. Simonetta, Quaderni
Leonardo Sciascia, 1, La vita felice, Milano 1969, pp. 53-64. A proposito delle fonti di Nero
su nero si veda anche P. De Marchi, Sciascia controluce. Maestri e modelli nei saggi e in Nero su
nero, in Sciascia, scrittore europeo, a c. di M. Picone, P. De Marchi e T. Crivelli, Atti del
Convegno internazionale di Ascona (1993), Birkhuser Verlag, Basel 1994, pp. 247-265.
32
L. Sciascia, Nero su nero, cit., p. 666.
626 Matteo Di Ges
Non vanno tuttavia trascurati, tra i palinsesti che Sciascia allestisce per il
suo journal, gli scrittori moralisti (Montaigne su tutti), ispiratori, daltro
canto, di un moralismo apertamente rivendicato:
Naturalmente il fatto che io trovi sublime la frase che chiude la lapide in memo-
ria di Tanucci [ministro del Regno di Napoli e Sicilia con Carlo III e Ferdinando
IV di Borbone, n.d.a.] lasciando di s quasi povert alla famiglia e molto nome
alla storia mi pone nel novero dei moralisti: esigua specie di sopravvissuti, for-
tunatamente sul punto della totale estinzione. Questo moralismo, mi disse un
giovane al quale mi ero azzardato a dire che, in tempi di confusione, bisognava
almeno cercare di far bene ciascuno il proprio lavoro. Bisogna farlo male. O addi-
rittura, e meglio, non farlo34.
Che cosa la letteratura? Forse un sistema di oggetti eterni (e uso con imperti-
nenza questa espressione del professor Whitehead) che veramente, alternativa-
mente, imprevedibilmente splendono, si eclissano, tornano a splendere e ad eclis-
sarsi e cos via alla luce della verit. Come dire: un sistema solare37.
33
L. Sciascia, Prefazione a V. Brancati, Diario romano, in Id., Opere 1947-1954, a c. di L.
Sciascia, postfazione e apparati di D. Perrone, Bompiani, Milano 1992, vol. II, p. 309.
34
L. Sciascia, Nero su nero, cit., p. 651.
35
M. Onofri, Storia di Sciascia, cit., p. 224.
36
Ivi, p, 230.
37
L. Sciascia, Nero su nero, cit., p. 830.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 627
Mi sono trovato una volta, destate, in un albergo di montagna dove ogni anno
si riuniscono, per gli esercizi spirituali, gli ex allievi di un convitto religioso; uno
di quei convitti che fanno classe, e perci vi si arrampicano anche quelli che
appena possono permettersi di pagarne la retta [...]. La meditazione, la preghie-
ra. Alla fine di ogni predica, dovevano ritirarsi ciascuno nella propria camera, a
meditare38.
Per mia parte, a portare in luce la verit credo di avere contribuito, con questo
mio piccolo libro. Tutto quello che venuto fuori dal 24 agosto, in cui ho finito
di scriverlo, ad oggi, me ne d conferma. Rimpiango soltanto di non aver cono-
sciuto le pagine che vanno sotto il nome di memoriale: quelle pagine che le
Brigate Rosse hanno messo assieme montando cose dette e cose scritte da Moro
nella prigione del popolo. Ci sono cose di splendida verit: di quella verit cui
Moro, ormai tragicamente libero, era finalmente approdato39.
38
Ivi, pp. 653-654.
39
Ivi, p. 836.
628 Matteo Di Ges
come gradi di allontanamento dalla realt, dalla verit; il letterato, lartista, come
cosa leggera, aerea e sacra; io scrittore, io artista, capace di affascinare, di com-
muovere, di convincere: ma soltanto per arte, per artefizio, altra cosa e diversa
essendo la verit effettuale delle cose40.
Lo aveva del resto anticipato alcune pagine prima, di non sentirsi un vero
letterato:
40
Ivi, p. 834.
41
Ivi, p. pp. 763-764.
42
La storia di questo genere giornalistico ricostruita in B. Benvenuto, Elzeviro, Sellerio,
Palermo 2002.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 629
ne: narrativa, saggistica, giornalistica) e che, dalla met degli anni Settanta
fino a tutti gli Ottanta, sullo sfondo di unattualit politica, criminale e giu-
diziaria che in Italia si va facendo pi greve e fosca, diverr un vero rovello,
la giustizia. Se in Nero su nero il tema viene sviscerato prevalentemente ana-
lizzando i presupposti ideologici e le azioni del terrorismo brigatista, e con
essi le reazioni altrettanto ideologiche della classe dirigente e delle istituzioni
di uno Stato che improvvisamente sembra legittimato dalloffensiva sangui-
nosa e insensata delle BR, in A futura memoria (se la memoria ha un futuro)
lindagine sciasciana si focalizza sul fenomeno mafioso, mantenendo intatto
quello spirito garantista intransigente che aveva contraddistinto le sue ereti-
che posizioni sulleversione comunista43. Essendo stato tra i primi e tra i
pochissimi ad occuparsi dellassociazione criminale, gi dal dopoguerra, rac-
contandone e denunciandone con forza la pervasivit delittuosa e la inquie-
tante contiguit con i partiti di maggioranza e le istituzioni, da tempo lau-
tore era stato eletto dallopinione pubblica mafiologo suo malgrado:
43
Non si pu qui ricostruire lassidua e acutissima attenzione verso la mafia che il saggi-
sta e il romanziere (ma anche lautore teatrale, ripensando a I mafiosi, la riscrittura che nel
1972 Sciascia propose della commedia dialettale I mafiusi della Vicaria di Rizzotto e Mosca)
hanno avuto nel corso dellintera carriera; sar sufficiente ricordare che a tuttoggi lautore di
A ciascuno il suo rimane, da scrittore, una delle pi preziose fonti per conoscere e comprende-
re la storia e lantropologia di cosa nostra, nonch le connivenze politiche, le complicit isti-
tuzionali, lhumus culturale che lhanno sostenuta e favorita dallUnit dItalia alla fine del
Novecento.
44
L. Sciascia, A futura memoria, cit., p. 797.
630 Matteo Di Ges
E con ci ho detto la mia opinione riguardo alle ragioni per cui sono stati uccisi:
Cesare Terranova stava occupandosi di qualcosa per cui qualcuno ha sentito in-
combente o immediato il pericolo. Non credo n alla vendetta freddamente pre-
parata per cose passate n al timore per il suo ritorno allattivit di magistrato46.
Buscetta parla con voce ferma, pacata. Quale che sia la domanda che gli si rivol-
ge, non si innervosisce, a momenti sembra anzi divertirsene. [...] Si sar benissi-
mo accorto, in questi giorni, di aver perduto la benevolenza della stampa: ma non
sembra darsene pensiero. [...] La stampa dovrebbe fare un po di autocritica sul
fatto di aver creduto e di aver fatto credere che Buscetta fosse langelo stermina-
tore incombente sullintera mafia siciliana e internazionale. Buscetta semplice-
mente un uomo che ha visto intorno a s cadere familiari ed amici, che sente in
pericolo la sua vita, e vuole dalla parte della legge trovare vendetta e riparo47.
45
la definizione di Pitr che Sciascia riprende nel suo saggio introduttivo al primo volume
delle opere di Brancati, per precisare e far propria lidea di Sicilia che viene fuori dalle pagine dello
scrittore catanese. Mi sembra importante tenere presente, per il nostro discorso, almeno questo pas-
saggio di quel testo sciasciano, essendo oltretutto coevo ai pi scabrosi articoli raccolti in A futura
memoria: Da questa credenza deriva, alla pagina di Brancati, un che di iniziatico, di segreto: una
sintassi, una cifra che possono essere interamente sciolte da coloro, direbbe il Pitr, che sono dei
medesimi pensamenti, del medesimo sentire di lui: e cio dai siciliani e da coloro che nella condi-
zione siciliana sanno immedesimarsi per simpatia, per conoscenza. Non si tratta soltanto di una diffi-
colt strumentale: dialetto, struttura dialettale della frase, riferimenti a tradizioni ed abitudini, a par-
ticolarit storiche; si tratta, soprattutto, di una difficolt sentimentale. Da ci un margine di intra-
ducibilit, che, paradossalmente, si riduce (o si pu ridurre) nelle traduzioni in altre lingue, ma si
allarga per il lettore italiano che non sia passato, con attenzione e affezione, da Verga a Pirandello,
L. Sciascia, Del dormire con un occhio solo, introduzione a V. Brancati, Opere 1932-1946, a c. di L.
Sciascia, Bompiani, Milano 1987, vol. II, pp. IX-X, corsivo mio.
46
L. Sciascia, A futura memoria, cit., p. 797.
47
Ivi, pp. 849-850.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 631
Il generale Dalla Chiesa ha fatto i suoi errori, dunque: e lultimo, fatale, stato
quello di non aver stabilito un sistema di vigilanza e protezione intorno alla sua
persona. Dire che sarebbe stato inutile tanto pi insensato del dire che sarebbe
sicuramente servito.
Domandarsi perch non ha voluto creare intorno a s un tale sistema del tutto
naturale e legittimo. E la risposta che ci si pu dare potrebbe anche essere di un
qualche lume e servire. E dunque: perch? Come diceva Savinio, avverto gli
imbecilli che le loro eventuali reazioni a quanto sto per dire cadranno ai piedi
della mia gelida indifferenza. E la mia risposta questa: il fatto che il generale
Dalla Chiesa si fosse identificato nel capitano dei carabinieri del Giorno della
Civetta dimostrazione, piccola quanto si vuole, di quel che pensava di s e della
mafia48.
Pietoso nellindignazione:
48
Ivi, pp. 800-801.
49
Ivi, pp. 774-775.
632 Matteo Di Ges
Ogni anno, qui in campagna, scrivere un libro un piccolo libro per me ripo-
so e divertimento: quale ne sia loggetto, la materia. Il riposo e divertimento della
scrittura, il piacere di fare un testo (e questo piacere , per un autore, la sola misu-
ra di quello che sar per il lettore e per il critico ma per il critico che riuscir a
non perdere la condizione di lettore il piacere del testo): Ma questo su Moro mi
ha dato una inquietudine che sconfinava nellossessione. E ne esco stanco: per
con limpaziente voglia di mettermi ad altra scrittura, ad altro testo51.
Si pu dire che da quel fatidico 1978, Sciascia abbia dirottato quel barthe-
siano piacere di fare un testo prima solo a quei piccoli libri, quasi spigola-
ture storiche e letterarie, che licenzia nellarco di otto anni (da Dalle parti
degli infedeli, 1979 a 1912+1, 1986); quindi, tornando alla narrativa, a sotie
e romanzi brevi di luminosa leggerezza ma non certo ottimistici nei con-
tenuti come Il cavaliere e la morte (1988) e Una storia semplice (1989). Sono
venute ormai meno, per lo scrittore, le condizioni (sia intime che pubbliche,
si direbbe) per mantenere qualsivoglia diletto mentale che si riverberi anche
nelle forme della prosa giornalistica.
Anche di tutto ci si deve tener conto esaminando il celebre articolo I
professionisti dellantimafia, uscito con questo titolo redazionale sul Cor-
riere della sera del 10 gennaio 1987, e la polemica che esso scaten. In quel
lungo articolo Sciascia prendeva le mosse da un saggio dello storico Christo-
pher Duggan, dal quale desume lindicazione di come, in epoca fascista, lan-
timafia sia stata utilizzata anche come strumento di potere. Il che, e qui
lautore si sposta sul versante dellattualit, pu benissimo accadere anche in
un sistema democratico, retorica aiutando e spirito critico mancando. I casi
esemplari sono due: il primo quello di un sindaco che si proclama pubbli-
camente antimafioso (si tratta, con tutta evidenza, di Leoluca Orlando, allo-
ra primo cittadino democristiano di Palermo, a capo di una giunta che, rom-
pendo con la parte della DC pi compromessa con la mafia, era sostenuta da
una maggioranza che, tra laltro, comprendeva il Partito Comunista e alcuni
50
Naturalmente non si vuole intendere che, prima degli anni di A futura memoria, Sciascia
discettasse allegramente di accadimenti tragici. Si vuole evocare semmai quella gioia di ascen-
denza montaignana (non faccio niente senza gioia) quale condizione mentale che , per il
Nostro, presupposto della scrittura e della lettura: cfr. L. Sciascia, Del rileggere, in Cruciverba
[1983], in Opere 1971-1983, cit., pp. 1220-1224.
51
L. Sciascia, Nero su nero, cit., p. 827.
Leonardo Sciascia, giornalista malgrado tutto 633
Non del fatto che fosse stato promosso il giudice Borsellino mi allarmavo, ma del
modo. [...] Spero che il sindaco di Palermo che, come ho gi detto, mi sim-
patico ne scenda al pi presto e si metta a camminare per la citt. Vedr le stes-
se cose che vedo io e, se sapr ascoltare la gente, sentir le stesse cose che sento
io. [...] Non solo non mi permetto di dare giudizio sulle persone che non cono-
sco, ma con molta cautela giudico quelle che conosco. [...] Reo, secondo i pro-
fessionisti dellantimafia, per avere attaccato il sindaco di Palermo, di pi grave
reit mi si carica per avere attaccato come carrierista il dottor Borsellino, pro-
curatore della repubblica a Marsala, cosa per niente vera ed evidentissima in quel
mio articolo. Ho attaccato invece il modo, e il principio che su quel modo veni-
va a stabilirsi, con cui il Consiglio superiore della magistratura ha proceduto alla
sua nomina. [...] Nel momento in cui ho scritto larticolo per cui tanto reo tempo
si volse e si volge, io nulla sapevo del dottor Borsellino53.
52
L. Sciascia, A futura memoria, cit., pp. 862-869.
53
Ivi, pp. 872-882 (con tagli).
634 Matteo Di Ges
54
Ivi, pp. 874-877. Per una parziale ricostruzione delle polemiche che suscit quellarti-
colo, si veda M. Collura, Il Maestro di Regalpetra. Vita di Leonardo Sciascia, Longanesi, Milano
1996.
UGO PEROLINO
1
Non si deve per dimenticare lattivit di manutenzione e aggiornamento delle opere
edite, a partire dal romanzo Fratelli dItalia, che Arbasino continua a riscrivere fino a triplica-
re la originaria dimensione del testo.
2
Cfr. A. Arbasino, In questo Stato, Milano, Garzanti, 1978 (in seguito con la sigla QS
seguita dal numero di pagina). La prima edizione appare nel settembre 1978, la seconda nel
mese di ottobre. Poi ID., In questo Stato, Milano, Garzanti 2008 (successivamente con la sigla
NQS), con una nuova Postfazione (pp. 185-210) dal titolo Delitti & canzoni che sar di segui-
to indicata con la sigla NP.
3
In una nota su Fantasmi italiani Alfredo Giuliani definisce lo scrittore lombardo un
cabarettista della Kulturkritik. Alla scrittura arbasiniana, annota Giuliani, si deve riconosce-
re una grande idea strutturale che consiste, da un lato, nel trasferire metodicamente la
Kulturkritik [] dal teorizzare serioso e dottrinario al piano dellosservazione comune, e dal-
laltro nelladesione stilistica al piano della performance. Cfr. A. Giuliani, Cabaret di fanta-
smi italiani, in Id., Autunno del Novecento, Feltrinelli, Milano 1984, pp. 107-113 (le citaz. a
p. 107).
636 Ugo Perolino
4
Forse questo spaccato o montaggio di demenze e deliri italiani non mi sarebbe nean-
che venuto in mente, se avessi vissuto quella svolta in una situazione di indifferenza italiana
collettiva, e non di quello straniamento o stacco iniziale che mi ha fatto vedere per qual-
che giorno come con occhi brechtiani la nostra famosa incoscienza travestita da seriosit,
con la nostra irresponsabilit, la nostra leggerezza, e una certa vera ferocia; e diversi altri carat-
teri tradizionali italiani per lo pi camuffati o appiattati in attesa di dare i numeri nelle fasi
pi acute delle nostre crisi nazionali. (QS 6-7).
5
Alcuni tratti di questo libretto di conversazioni secondo la buona tradizione del
feuilleton sono apparsi in prima accaldata stesura sulla Repubblica[]. Ringrazio anche
le mostre della Repubblica di Weimar che in questa stessa primavera, a Roma, hanno offerto
una quantit di riferimenti, strumenti, paragoni, paralleli, analogie, a chi voleva approfittare
dellEspressionismo e della Nuova Oggettivit. (QS 8) E pi oltre, con maggiore pertinenza
rispetto ai codici della narrativit: Continuare a fare giorno per giorno il variet televisivo e il
concorso ippico e la tavola rotonda e la polemichetta letteraria e la mostra-mercato delle
vacanze, come se niente fosse e dando quindi prova di tenuta? [] O tentare di far senti-
re lorrore della sua condizione a chi non se ne rende magari conto, a costo di ripetere maga-
ri non solo che il re nudo, ma si messo nudo per niente, mentre continuano a capitare cose
gravissime, cose che una volta si affrontavano con gli strumenti dellEspressionismo, della
Nuova Oggettivit? (QS 87).
Arbasino e il caso Moro: In questo Stato (1978-2008) 637
In una corrispondenza sul Corriere della Sera dedicata alle reazioni fran-
cesi al caso Moro, Alberto Cavallari ha disegnato il ritratto tragico-grottesco
6
Arbasino registra con pi intensa drammaticit durante i giorni del caso Moro linade-
guatezza e lo scollamento della cosiddetta ideologia italiana davanti ai fatti che costante-
mente la sorpassano e la lasciano indietro; e la flebilit o linsulsaggine di parecchia nostra let-
teratura, specialmente narrativa, rispetto agli enormi drammi e alle colossali stronzaggini che
agitano tutta la nostra societ, topaia facinorosa o laboratorio conflittuale. (QS 115).
7
QS 136.
8
Sulla morfologia postmoderna si veda S. Calabrese, www.letteratura.global Il romanzo
dopo il postmoderno, Einaudi, Torino 2006, in partic. pp. 20 sgg. (le citaz. sono a p. 29).
9
Ivi, p. 30.
638 Ugo Perolino
10
Cfr. A. Cavallari, LItalia paga il tempo delle cicale. Come Parigi giudica i nostri tormenti,
in Corriere della Sera, 27 aprile 1978.
11
Cfr. L. Sciascia, LAffaire Moro, Id., Opere 1971-1983, a cura di Claude Ambroise,
Bompiani, Milano 2001, p. 469.
Arbasino e il caso Moro: In questo Stato (1978-2008) 639
linguaggio del nondire, di farsi capire adoperando gli stessi strumenti che
aveva adottato e sperimentato per non farsi capire12. Cavallari ha intuito un
clima e ne ha tradotto la cifra espressiva il comique-cruel, la rappresentazio-
ne ubuesque, la cattura del sovrano, la mistura folclorica di sacro e sacrilego.
Alla drammaturgia barocca di Sciascia Arbasino oppone intenzionalmente il
lato del grand-guignol: la pi vistosa caratteristica di queste lettere cos imba-
razzanti e sconfessate, scrive, sembra piuttosto che non rivelano unango-
scia primaria, una disperazione autentica immediata e pi che legittimata
dalle circostanze il salvatemi ad ogni costo! di chi sta annegando o sta
appeso al cornicione bens eminentemente meschinit, dispettosit, picci-
neria, cavillo, e ripicca (QS 80)13. Il giudizio sulle lettere del presidente della
Dc si intreccia alla critica del falso unanimismo del compromesso storico
che pretende di mettere insieme democristiani di destra e comunisti di sini-
stra pur di raggiungere il 99% italiano e romano, conciliare e sinodale (QS
12). Se lideologia italiana rivela il rigetto (cattolicissimo) della Realt (QS
52), libridazione degli stili e dei linguaggi visualizza la reversibilit della tra-
gedia fruita come feuilleton (QS 84)14. Come una lente deformante e incon-
scia, che deforma la pi urgente attualit politica trasformandola in uno
sconnesso spettacolo nazional-popolare: non per nulla si chiamava proprio
Big Carnival 15 quel film archetipo che mostrava la veloce degradazione di
unagonia straziante in uno sgangherato spettacolo corale, enorme pollaio di
sceriffi e speculatori e reporters, di comitive domenicali e di spacciatori di
ricordini (QS 68).
12
Ivi, p. 471.
13
E poco oltre: E allora, siccome chiaro che a qualunque brigata di qualunque colore
interessa Moro vivo, che dice e scrive delle cose imbarazzanti, e non gi Moro morto, che
diventa martire e viene fatto santo. (QS 81).
14
Colpa della solita societ dello spettacolo dove la tragedia fa inevitabilmente parte
della rappresentazione quotidiana continua, insieme alla pubblicit dei prodotti stagionali e
alle previsioni del tempo per il week-end, consumate sul medesimo piano dagli utenti degli
schermetti?.... (QS 85).
15
The Big Carnival (in italiano: Lasso nella manica, 1951) il titolo di un film di Billy
Wilder con Kirk Douglas nel ruolo di un giornalista privo di scrupoli, Charles Chuck
Tatum, costretto a trasferirsi nella provincia americana dove attende unoccasione di rilancio.
La trova quando una frana intrappola un operaio allinterno di una miniera e Chuck si accor-
da con lo sceriffo per rallentare i soccorsi, trasformando levento in un grande carnevale
mediatico, finch loperaio intrappolato muore.
16
Per unanalisi delle articolazioni ideologiche del concetto di identit si rimanda a N.
DAntuono, Forme e significati in Alberto Arbasino, Millennium, Bologna 2007 (Nuova Ediz.),
in partic. pp. 227 sgg. Arbasino lavora sui fondali basici di una visione destorificata, lan-
640 Ugo Perolino
sintonia con umori e mutamenti che attraversano la societ italiana tra la fine
degli anni Settanta e linizio degli anni Ottanta, dalla crisi della grande
impresa alla affermazione dei ceti sociali legati al terziario, allespansione
impetuosa di una piccola borghesia impiegatizia inscritta nella trama di
mediazioni e interessi dei ceti politici nazionali e locali 23. Questa puntuale
coincidenza di ragioni personali e quadri sociali e ideologici in trasformazio-
ne tende a farsi meno nitida e perdere di aderenza nel decennio successivo.
Con una suggestione di lungo periodo: la scoperta, sotto la vernice della tarda
modernit, di un fondo arcaico e folclorico che torna a ripetersi identico24.
La nuova edizione apparsa in occasione del trentennale del caso Moro (nel
2008) presenta numerose microvarianti locali (di cui si forniscono di seguito
e in nota alcuni esempi), minime integrazioni e aggiunte25, e alcuni interventi
di modifica sullarchitettura complessiva del libro, operanti su tre livelli: deci-
frabilit, espressivit (aggiornamento lessicale e stilistico), ridefinizione delle
coordinate ideologiche. Complessivamente la somma degli interventi di
aggiornamento non sembra smentire la fedelt al testo originale sotto il pro-
filo della coerenza stilistica e storico-letteraria. Se si guarda agli indici, i primi
due capitoli non presentano differenze sostanziali tra QS e NQS (Visitate
lItalia in primavera, che nelledizione 2008 perde lultimo paragrafo, e
Rapimento Moro); Tradimento Gutenberg diventa Variazioni Gutenberg;
seguono LIdeologia italiana, La rivincita di Maria Goretti e Grand Htel sul-
labisso. In NQS viene invece espunto il capitolo Su su per una narrativa,
discussione per frammenti sul romanzo alla luce di nuove ipotesi di realismo
(uno scrittore testimonio del suo tempo e non del suo tinello, QS 130). La
nuova edizione recupera spessore con linserimento del capitolo Family Day
23
Silvio Lanaro ha parlato di fabbricazione di un ceto medio artificiale come scelta stra-
tegica dei governi moderati per favorire la stabilizzazione di nuovi equilibri politici. Cfr. S.
Lanaro, Storia dellItalia repubblicana dalla fine della guerra agli anni Novanta, Marsilio,
Padova 1992.
24
[] allora il Bel Paese il laboratorio sperimentale della (post-)Modernit! Ma basta
controllar la vecchiezza dei vizi e dei vezzi e le metafore e il birignao del linguaggio giornale-
se falso-moderno []; basta collazionare i gerghi da bisca, boxe, stadio, ippodromo [] cor-
rentemente applicati alle avvilenti manovre di vegliardi ingordi di potere [] E della moder-
nit ecco soprattutto la caricatura, il ghigno, la smorfia, accompagnata dalla parodia del
Progresso. (QS 35).
25
I microinterventi di aggiunzione di brevi segmenti o frasi sono spesso localizzati in fine
di paragrafo: Ma a chi, allora, la famosa Egemonia? Ai camici bianchi e non alle tute blu?
E i neo-architetti epici di Valle Giulia? E i neo-industrialotti padani o del Nord-Est? E i tra-
dizionali avvocaticchi del Profondo Sud, con fiumane di voti sottoproletari? (NQS 47); il
cesso medesimo sporge l in alto in alto sopra un vertiginoso abisso, e bisognano aggrappi per
potersi sporgere e non venir risucchiati dai vortici? (NQS 92). Rare, e con valore di coloritura
lessicale, le inserzioni di brevi paragrafi: Radio-taxi. Alucinanteee! Sto calcio nun pi cre-
dibileee! Nun ce sta pi er pathos! (NQS 102).
642 Ugo Perolino
e del collage Mattinale, mentre Dagli Appennini alle Ande (QS) cambia tito-
lo e diventa Serve una ricevuta? (NQS). Per quanto attiene agli effetti della
decifrabilit e della espressivit, Arbasino sembra intervenire con minimi
ritocchi per chiarire (o eliminare) riferimenti a fatti e a personaggi che
potrebbero non essere pi conosciuti dal lettore attuale (es. 1, 2, 3, 4), modi-
ficando lintonazione, precisando e rinforzando laggettivazione (es. 5) o pro-
sciugandone il tasso di letterariet (es. 6); contrastando lerosione semantica
mediante la dilatazione di un singolo termine in serie analitiche ed elenchi
(es. 7); interpolando nuovi brani, prodotti di collage (es. 8 e 9) o trascrizio-
ni di ricordi personali (es. 10):
(1) In questo caso Marchais (QS 20) Allora, il capo comunista Marchais
(NQS 22);
(2) si vedr presto a chi giova, se alla rivoluzione o se a Strauss (QS 19) si
vedr presto a chi giova, se alla rivoluzione o se ai moderati (NQS 21);
(3) e non per nulla si chiamava proprio Big Carnival quel film archetipo che
mostrava la degradazione di unagonia straziante (QS 68) e non per
nulla si chiamava proprio Big Carnival quel film archetipo di Billy Wilder che
mostrava la degradazione di unagonia straziante (NQS 73);
(4) Il governo che fa sommessamente come dormendo impotente il proprio
mestiere (QS 86) Il governo Andreotti che fa sommessamente come dor-
mendo impotente il proprio mestiere (NQS 93);
(5) per poi rappresentare il volto nuovo o moderno del Bel Paese con i
Giscard e i Carter e i Sadat e i Gheddafi e i Juan Carlos E della modernit
ecco soprattutto la caricatura, il ghigno, la smorfia, accompagnata dalla
parodia del Progresso (QS 35) per poi rappresentare il volto nuovo o
moderno di un Bel Paese coetaneo di Jimmy Carter e Juan Carlos, Giscard e
Gheddafi e Sadat e Thatcher e Castro? E della modernit ecco soprattutto
la caricatura, il ghigno, la smorfia, accompagnata dalla parodia camorristica
del Progresso (NQS 38);
(6) le manifestazioni spicciole di un grande e sapiente e tenebroso disegno
polimorfo dove tutto torna e tutto si riconduce a un pi o meno sensato o
insensato Fine, a una Provvidenza sventata e gaffeuse (QS 23) le manife-
stazioni spicciole di un grande e sapiente e tenebroso disegno polimorfo
dove tutto torna e tutto si riconduce a un pi o meno sensato o sventato
Fine amerikano, a una Provvidenza imperscrutabile (NQS 25);
(7) E se penso che sono andato a Londra nel 54 in treno e senza soldi e ho cono-
sciuto T.S. Eliot, e sono andato in America nel 59 in nave e sempre senza soldi
e ho conosciuto Eleanor Roosvelt, allora aveva ragione Palazzeschi mi pare
di rievocare cose davvero pi remote dellImpero Romano (QS 161-62), E
se penso che sono andato a Londra nel 54 in treno e senza soldi e ho conosciuto
T.S. Eliot e Ivy Compton Burnett e E.M. Forster, e sono andato in America nel 59
in nave e sempre senza soldi e ho conosciuto Edmund Wilson e Mary McCarthy
ed Eleanor Roosvelt, e frattanto Cline e Cocteau e Mauriac a Parigi, e Adorno a
Francoforte, allora aveva ragione Palazzeschi mi pare di rievocare cose davve-
ro pi remote dellImpero Romano (NQS 134);
Arbasino e il caso Moro: In questo Stato (1978-2008) 643
(8) Cheap, cheap. Noi che abbiamo fatto il Sessantotto! E noi che abbiamo
fatto il Sessantanove! Finalmente stata detta, eravamo in ansia, direbbe
Tot. (NQS 152);
(9) Luterane, corsari, lucciole, porcile, eretico, della Chiesa Cattolica, atti
impuri, la religione, il palazzo, lusignolo, le ceneri, orgia, affabulazione,
passione, in forma di rosa, Gramsci, Sade, San Paolo, la divina, la nuova
Vogliano tutto, un po. (NQS 153);
(10) Roma 1961-1962. Dopo aver frequentato i suoi corsi di dottrine politiche
a Harvard, e le sue colazioni sul campus con Schlesinger, Riesman,
Galbraith, Allen Tate, sociologi e politologi, e addirittura Eleanor Roosevelt
con le sue borsone da massaia al mercato, come ex-allievi di Kissinger si
ricambiava invitandolo qui nei suoi giri europei estivi con Pannunzio,
Benedetti, La Malfa, Gorresio, e altri. Una sera arriv sconcertato. Aveva
chiesto (come studioso, ancora senza cariche) di incontrare Moro. Gli ave-
vano proposto Morlino. Is that a diminution? chiese con sospetto il futu-
ro Segretario di Stato (NQS 104).
26
Cfr. A. Arbasino, Romanzi e racconti, vol. I, a cura e con un saggio introduttivo di
Raffaele Manica, Cronologia scritta da Alberto Arbasino con Raffaele Manica, Mondadori (I
Meridiani), Milano 2009. La cit. a p. 1442 e si riferisce in particolare alle varianti intro-
dotte nella edizione adelphiana dellAnonimo lombardo (1996).
27
Per maggiori dettagli si rimanda alle note allAnonimo lombardo, ibid., pp. 1441 sgg.
Sulle divenire del testo di Fratelli dItalia cfr. La scrittura infinita di Alberto Arbasino,
Interlinea, Novara 1999, con studi di Clelia Martignoni, Cinzia Lucchelli, Elisabetta Camma-
rata.
LUIGI WEBER
Premessa
Questo libro racconta sette storie, sono storie di scrittori e di libri, e si svolgono
quasi tutte tra il 1964 e il 1980. [] Volevo raccontare la storia di una lunga
crisi, che coincide con quella della societ italiana nel corso di quel decennio
gli anni Settanta []. Se da questo percorso sono stati esclusi autori importanti
come Moravia, Volponi, Natalia Ginzburg, Edoardo Sanguineti, Elsa Morante,
[], perch ho voluto comportarmi alla stregua di un romanziere, che sceglie
di volta in volta in personaggi e le loro storie.
Sotto la Lanterna
1
M. Belpoliti, Settanta, Einaudi, Torino 2001, p. IX.
2
Sanguineti collabor attivamente con numerosi fogli e riviste, in particolar modo lungo
larco degli anni Settanta. La produzione dal 1973 al 1982 stata raccolta a tuttoggi in cin-
que volumi: Giornalino 1973-1975, Einaudi, Torino 1976, Giornalino Secondo 1976-1977,
Einaudi, Torino 1979, Scribilli, Feltrinelli, Milano 1985 (contiene gli articoli del 1978 e del
gennaio-giugno 1979), Ghirigori, Marietti, Genova 1989 (da giugno 1979 a dicembre 1980),
646 Luigi Weber
Gazzettini, Editori Riuniti, Roma 1993 (le annate 1981-1982). La ristampa in volume del
Sanguineti pubblicista, malgrado la vasta fortuna editoriale che lopera sua tutta ha ricevuto
dal 2000 in avanti, , cos, ferma da ormai tre lustri. Ma tale attivit, certo diradatasi, non
venne meno dopo il 1982, specie su Rinascita. Restano ancora sparsi i non pochi scritti, che
potremmo definire di giornalismo dinvenzione, in forma di dialoghetti o di leopardiane
operette morali, ivi pubblicati almeno dal 1983 al 1987. I dodici testi pi rappresentativi di
questa serie, con il titolo autoriale di Taccuini, sono stati riproposti integralmente, a cura di
chi scrive, in Poetiche, a. 2007, n. 3, pp. 417-475.
3
Cfr. in proposito lampio ed esaustivo saggio di F. Vazzoler, Il critico in poltrona.
Sanguineti recensore, in Id., Il chierico e la scena. Cinque capitoli su Sanguineti e il teatro, il
melangolo, Genova 2009, pp. 61-106.
4
Articolo del 30 gennaio 1976, ora in Giornalino secondo, cit., pp. 11-13.
5
Le sue cronache sono raccolte in A. Gramsci, Sotto la Mole (1916-1920), Einaudi, Torino
1975.
6
A tal proposito ci sia permesso rimandare al nostro Dal Capitale ai Quaderni: per
una storia della critica sanguinetiana, in Poetiche, a. 2002, n. 2, pp. 219-249.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 647
7
Cfr. Il paradosso dellautore (14 agosto 1976), ora in Giornalino secondo, cit., pp. 110-113,
e La bambola manipolata (24 dicembre 1976), ivi, pp. 146-148.
8
Romanzi storici e popolari (20 novembre 1975) e Unidea per i giovani (18 dicembre 1975)
ora in Giornalino 1973-1975, cit., pp. 222-225 e 231-234.
9
Letteratura e vita nazionale (1987), Gramsci, cronista teatrale (1987) e Il nostro Gramsci
(1997), ora riuniti in E. Sanguineti, Il chierico organico. Scritture e intellettuali, a cura di E.
Risso, Feltrinelli, Milano 2000, pp. 198-226.
10
Cfr. M. Walzer, The Company of Critics. Social Criticism and Political Commitment in
the Twentieth Century, Basic Books, New York 1988, trad. it. Lintellettuale militante. Critica
sociale e impegno politico nel Novecento, Il Mulino, Bologna 1991.
648 Luigi Weber
11
Cfr. il classico Z. Bauman, Legislators and Interpreters: On Modernity, Post-modernity and
Intellectuals, Cornell University Press, Ithaca 1987, trad. it. La decadenza degli intellettuali. Da
legislatori a interpreti, Bollati Boringhieri, Torino 1992, cap. I.
12
Ivi, pp. 84-86.
13
Si vedano le parole che M. Berman dedica a Weber, a Marcuse e a Foucault, nella
Introduzione al suo celebre All That Is Solid Melts Into Air: The Experience of Modernity, Simon
& Schuster, New York, 1982, trad. it. Lesperienza della modernit, Il Mulino, Bologna 1985,
pp. 38-49.
14
Z. Bauman, La decadenza degli intellettuali, cit., pp. 50-64.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 649
15
In tempi molto pi recenti (febbraio 2007), Sanguineti si candid a sindaco di Genova
nelle primarie dellUnione.
16
Cos si legge in F. Gambaro, Colloquio con Edoardo Sanguineti, Anabasi, Milano 1993,
p. 114.
17
Ibidem.
18
Ivi, p. 137.
19
Ivi, p. 139.
20
Uno studio specifico dedicato allo stile dei Giornalini lo svelto ma efficace contributo
di M. Manfredini, Sanguinetiana minima, in Aa.Vv., Album Sanguineti, numero speciale de
LImmaginazione a cura di N. Lorenzini ed E. Risso, marzo 2002, pp. 119-122. Si veda
650 Luigi Weber
Sanguineti, pur senza interessarsi mai della bella pagina, e anzi scrivendo con
una rapidit tutta da stile orale, prodotto di una esplicita volont comunica-
tiva e quasi conativa, da persuasore dichiarato insomma, convoglia nei suoi
articoli un numero impressionante di neologismi, per lo pi avverbiali o
aggettivali, a volte sintetici di intere espressioni proverbiali o quotidiane, che
danno a quelle prose una pirotecnica vivacit polemica. una lingua carica-
turale ma non pedantesca, iperbolica e non biliosa, dalla sintassi telescopica,
con continui incisi che sprofondano gli uni dentro gli altri apparentemente
senza fine, intrisa di tutte le parole dordine, gli slogan, i tic, che attraversa-
no a folate il parlato di una comunit. In unepoca di rinnovamento lingui-
stico cos frenetico, soprattutto a causa dellinflusso dei mezzi di comunica-
zione di massa che dagli anni Sessanta avevano ormai cominciato a incide-
re vistosamente sullitaliano come sistema la capacit sanguinetiana di regi-
strare e mimare nei suoi corsivi tutti i registri in auge nel decennio in que-
stione, dal gergo della critica letteraria post-strutturalista a quello dei movi-
menti giovanili impegnati, dal politichese con le sue contorsioni e le sue
opacit allacredine corsara di pasoliniana memoria, risulta uno strumento di
notevole efficacia demistificante.
Dimmi come parli e ti dir chi sei, si potrebbe tradurre. Che poi unal-
tra applicazione del mille volte ribadito convincimento di cui si sostanzia
tutta lopera di Sanguineti, ovverosia lintrinseca dialetticit del nesso ideo-
logia e linguaggio. La proteiforme capacit di spendere le lingue altrui un
sistema per costringere le relative impostazioni ideologiche a palesarsi21. E in
anche Sanguinetianamente di G. Cavallini, ivi, pp. 27-35 che, pur essendo incentrato sulla sag-
gistica, sarebbe in tutto applicabile alla scrittura offerta ai quotidiani.
21
Anche nei Taccuini, che pure partecipano di un clima politico-culturale assai diverso
(risalgono infatti alla met degli anni Ottanta), la polifonicit mira esclusivamente a un
obiettivo critico e decostruttivo. I dodici dialoghetti, giusta la misura ridotta e il timbro
comico-satirico, fanno subito pensare al modello delle Operette morali. Impressione corrobo-
rata da titoli come Dialogo realistico di un viaggiatore esotico e di un aborigeno sedentario o
Dialoghetto del Vegliardo e del Garzoncello, ma per il giovane Sanguineti, allievo di Giovanni
Getto, un altro modello, occulto, era Giordano Bruno. Con alle spalle la fortunata esperienza
collettiva delle Interviste impossibili (Bompiani, Milano, 1975), il Sanguineti pubblicista torna
alla forma del dialoghetto rifacendo dapprima il Dialogo di un venditore di almanacchi e di
un passeggere come Dialogo di un venditore di diari scolastici e di uno studente (in Scuola e
societ del dicembre 1978, ora in Scribilli, cit., pp. 229-231), occasione per un illuminante
affondo sullistituzione scolastica. Scelta solo apparentemente facile: indirizzarsi verso la pi
celebre e riprodotta delle Operette una mossa strategica: la parodia lavora sempre su una
memoria condivisa e a portata di mano per istituire una distanza. Seguirono altri testi simili:
il Dialoghetto ufologico per lanno nuovo (LUnit, 24 dicembre 1978), Il vento e la pioggia
(LUnit, 7 gennaio 1979), Il vecchio e il nuovo (LUnit, 21 gennaio 1979), e finalmente
Lo spaccio delle bestie (LUnit, 4 febbraio 1979), dove limprinting bruniano aggallava alla
superficie gi dal titolo. Poi un lungo silenzio, e lapparente abbandono del genere, con solo
qualche sporadica riemersione (Elogio del cossighese secondo e supremo, LUnit, 21 aprile
1980), fino alla rubrica di Rinascita.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 651
unepoca di scontri politici cos fieri come gli anni Settanta, non abbiamo
bisogno di altro per intendere che secondo Sanguineti lo stile, ancora una
volta, luomo. Ecco perch uno dei filoni tematici ricorrenti che innerva il
complesso di questi cinque volumi una formidabile passione lessicologica.
Espressa tanto nella puntigliosa discussione di ogni volume del Grande
Dizionario della Lingua Italia Utet alla sua uscita22 quanto in una serie di pic-
cole monografie dedicate a letterati dal vocabolario specialmente fecondo di
particolarit lessicali, con un orecchio che non si esiterebbe a definire spitze-
riano23. E Sanguineti stesso cos si giustifica 24:
22
In Luciniana minima (4 aprile 1974) si analizza il volume VIII, in Viaggio tra Elle e
Emme (4 aprile 1976) il IX, in Lettera Emme (1 marzo 1979) il X, infine in Passeggiata fra le
parole (22 aprile 1982) e in Lettera O (27 maggio 1982) lXI. Nel saggio Il complesso di Cratilo
(1986), ora in E. Sanguineti, La missione del critico, Marietti, Genova 1987, si parla invece del
XII volume. Approdo forse inevitabile, il Supplemento 2004 e il Supplemento 2009 del GDLI
di Salvatore Battaglia, rispettivamente Utet, Torino 2004 e 2008, sono stati realizzati proprio
sotto la direzione di Sanguineti.
23
Citiamo appena Le parole di Pareto (1 novembre 1973), Le parole di Valera (10 gennaio
1974), Le parole di Faldella (27 febbraio 1975), Le parole di Migliorini (26 giugno 1975), Le
parole di Mastriani (4 dicembre 1975), Le parole di DAnnunzio (24 giugno 1976), Le parole
del Manga (30 settembre 1976), Cos parl Mussolini (12 novembre 1978). Anche il libretto
Schede gramsciane, Utet, Torino, 2004, consiste di schedature e approfondimenti lessicali accu-
mulati negli anni a margine del testo dei Quaderni.
24
Articolo dell8 aprile 1980, ora in Ghirigori, cit., p. 107.
25
Si vedano le pagine esemplari di Z. Bauman ne La decadenza degli intellettuali, in par-
ticolar modo il cap. 5 Istruire il popolo.
652 Luigi Weber
26
Peraltro, nellarticolo Dove yes suona (22 agosto 1978, ora in Scribilli, cit., pp. 162-164),
Sanguineti precocemente recensisce la versione italiana di Campo del potere e campo intellet-
tuale, uscito quellanno per i tipi di Lerici, molto prima che il nome di Bourdieu cominciasse
a circolare nella cultura italiana.
27
Cfr. ancora Z. Bauman, che discute le tesi di Bourdieu nei capp. I sedotti e I repressi del
suo libro.
28
Chiamate il 113 (31 maggio 1973), ora in Giornalino 1973-1975, cit., pp. 9-12.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 653
Non sono il realismo come stile o come scuola qui ad essere in questione,
bens proprio il rapporto tra due enti che surrettiziamente vengono presenta-
ti come disgiunti e perfino contrapposti, vale a dire la produzione (o ri-pro-
duzione, elaborazione o critica) di un macro-significante, la Letteratura, e il
suo distante, incompatibile, perfino rifiutato referente, la Realt. Il mito
dellArcadia incarna proprio tale supposto divorzio, e come ogni mito non
affatto innocente. Sanguineti reagisce con insofferenza sottolineando che
ogni produzione di senso un lavoro, e ogni lavoro fa parte di quella com-
plessa struttura che, come spiega Jameson chiosando Althusser, il modo di
produzione stesso o il sistema sincronico di rapporti sociali nel suo insieme29.
Cio dotato di un valore immediatamente ancorch non sempre eviden-
te politico. E, semmai, nellostentata vacuit delle odi arcadiche si legge pi
chiaramente che altrove la necessit da parte del lavoro intellettuale di soddi-
sfare una committenza, dunque di inserirsi in un sistema.
29
Cfr. F. Jameson, The Political Unconscious: Narrative as a Socially Simbolic Act, Cornell
University Press, Ithaca 1981, trad. it. Linconscio politico. Il testo narrativo come atto socialmente
simbolico, Garzanti, Milano 1990, p. 39.
30
Cfr. F. Gambaro, Colloquio con Edoardo Sanguineti, cit., pp. 149-150.
654 Luigi Weber
1976 31, linvocazione daiuto per lamico poeta Breyten Breytenbach a rischio
di pena capitale in Sudafrica32 o simili , non scrive direttamente di politica
e societ, e non si fa mai tentare da inflessioni demagogiche. Eppure nessun
argomento, sia unedizione delle opere di Folengo o di Marino, siano le
vignette satiriche dei giornali, risulta abbastanza specialistico o abbastanza
frivolo da non dire qualcosa sul presente.
31
Un voto per la ragione (12 giugno 1976) e Cultura e libert (18 giugno 1976), in
Giornalino secondo, cit. 73-77.
32
Non per un poeta ma per un popolo (14 novembre 1975) e Un appello per Breytenbach (14
novembre 1975), in Giornalino 1973-1975, cit., pp. 218-222.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 655
nello stesso modo in cui si rivolgerebbe a qualsiasi altro lacerto di quel corpus
ideale che lautore medesimo. Ma ci lo pone automaticamente in una zona
di esclusione pi netta di ogni altra: egli ex-grege perch loggetto del suo
studio programmaticamente non stato scritto per lui. E ci spiega perch,
mentre gli epistolari, poniamo, sono s scritture private, ma vengono gioio-
samente saccheggiati in quanto fecondi di informazioni e suggerimenti che a
noi, felici orfani di certe ascesi strutturaliste, risultano imprescindibili, dopo
il tramonto dellelzeviro e delle terze pagine con il loro non del tutto inno-
cente ricorso alla prosa darte, la produzione giornalistica degli scrittori del
secondo Novecento, sebbene spesso quantitativamente e qualitativamente
notevole, sia stata affrontata di rado e con grami risultati.
Si diceva dellesplicita ammissione di un doppio registro comunicativo, e
della necessit di un confronto che la lumeggiasse. Ecco i due documenti in
questione (a partire dal testo poetico, ovvero la sezione 7 di Cataletto 33). La
seconda met, in particolare, ci interessa:
(eppure,
io dico, elle est simpliste, mi dico): (dico: sortir de soi: quindi entrer, mi va bene,
dans un(e) autre): (et foutre, mi dico, insomma: e dico):
qui la protasi una protesi
al sistema dei miei muscoli cardiotesticolari: (per non equivocarmi, prego, leggere
Lichtenberg): (Sudelbcher, F, tre-quattro-due): (e altro ancora): et supra, et infra:
33
E. Sanguineti, Segnalibro. Poesie 1951-1981, 2 ed., Feltrinelli, Milano 1989, p. 339.
34
Cfr. Stracciafoglio 5 del dicembre 1977, ivi, p. 235 e Cinque risposte, presente solo nella
1 ed., Feltrinelli, Milano 1982.
35
E. Sanguineti, Gazzettini, cit., pp. 186-187 e 190-191.
656 Luigi Weber
Qui baster toccare due soli punti. Il primo [...] riguarda la sua arte di epigram-
mista antipatetico, pronto a diagnosticare il furor wertherinus, di cui facilmen-
te si periva ai suoi giorni, e a scrivere questa stupenda sentenza: Se unaltra gene-
razione dovesse ricostruire luomo in base ai nostri scritti sentimentali, lo vedr
come un cuore provvisto di testicoli. Un cuore con lo scroto. Che se folgoran-
te, per lepoca, non ha perso affatto la sua validit complessiva, con il tempo,
dalla cultura del romanzo e del romantico in gi, sino al fotoromanzo e al tele-
romanzo, e cio da quando [...] una generazione ha trasmesso allaltra, come una
fiaccola, massivamente [...] il codice della passione borghese [...] (E) penso alla
sua diffidenza, non per i soli furori cardiotesticolari, ma anche [...] per quelli
meramente intellettivi e discorsivi, [...] di sola testa.
36
G.C. Lichtenberg, Libretto di consolazione, a cura di B. Scriba-Sethe, prefazione e note
di A. Verrecchia, Rizzoli, Milano 1981.
37
Lichtenberg la sintetizzava nella matrice goethiana del Werther per buoni motivi, giac-
ch il romanzo era uscito nel 1774, quando egli aveva trentadue anni, e aveva riscosso un
immenso successo (suscitando anche acuto allarme per londata di suicidi da imitazione) in
tutta Europa. Per alcune interessanti note storiche in merito cfr. W. Siti, Il romanzo sotto accu-
sa e S. Calabrese, Wertherfieber, bovarismo e altre patologie della lettura romanzesca in Aa.Vv., Il
romanzo, a cura di F. Moretti, vol. I La cultura del romanzo, Einaudi, Torino 2001.
38
Sul sosia resta insuperata la monografia di A. Pietropaoli, Unit e trinit di Edoardo
Sanguineti. Poesia e poetica, ESI, Napoli, 1991, in particolare il cap. III La costruzione del sosia
nella fase di mezzo, pp. 83-109.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 657
dei lettori, giocando a mettersi in scena nella propria individuata realt auto-
biografica senza avere come fine n confessioni assolutorie n autoflagellazio-
ni plateali, senza mai postulare insomma il miraggio dellautenticit, anzi
lavorando brechtianamente di Verfremdungseffekt, cosa assai rilevante.
Si tratta di una duplicit di atteggiamento istruttiva, poich molto spesso
non disponibile un riscontro testuale tanto probante. Ci che lintellettua-
le disapprova, perfino detesta, nel complesso della cultura borghese, non lo
stigmatizza in base a un astratto moraleggiare, e nemmeno attraverso una
serie di personaggi fittizi, ma direttamente in quellalter-ego letterario che
rappresenta, a tutti gli effetti, una parte reale delluomo Sanguineti. Una
parte reale, solo osservata come dallesterno, cio estraniata. Nella pagina del
quotidiano, invece, questo artificio letterario viene del tutto accantonato.
La sentinella e lo spazzino
Non conosco che poche reazioni, e tutte negative, allintervento di Moravia sul
Corriere del 20 marzo, La storia ripete i suoi tragici errori. Ma lestraneit, le-
quidistanza moraviana tra terroristi e Stato, con limpressione di gi visto, sta
diventando, giorno dopo giorno, una parola dordine di massa, almeno nella
massa degli intellettuali. [] Si subito tentati di osservare che, da un intellet-
39
Si veda anche R. Candia, La lezione di Leonardo Sciascia sulluso culturale della parola, in
Aa.Vv., La sfida della letteratura. Scrittori e poteri nellItalia del Novecento, a cura di N. Novello,
Carocci, Roma 2004, pp. 231-246.
40
Unallusione alla vicenda si legge nellarticolo Folclore e fanatismo (8 giugno 1978), ora
in Scribilli, cit., pp. 108-110.
41
Paese Sera, 30 marzo 1978, in ivi, pp. 67-69.
658 Luigi Weber
una mezza generazione, e magari pi che mezza, si formata nel puro e sempli-
ce sentimento di terrore dinanzi alle istituzioni democratiche, mera copertura di
forze perversamente complottanti [] Non una buona pedagogia civile, sem-
bra, quella che sbatte la politica tutta lass lass, in alto in alto, criminosa, gol-
pesca, volpina, tutta un corpo separato, separatissimo, tutto un eterno Cile, tutta
una sudamericanizzazione, tutta una stabilissima destabilizzazione, tutta una fan-
tastoria contemporanea.
42
Cos Belpoliti: sono libri ingarbugliati, annodati, tortuosi, in cui la verit sembra sper-
dere la strada pi che ritrovarne una dritta e sicura, tanto da farci sospettare che lidea stessa
della verit sia per Sciascia niente affatto sinonimo di chiarezza e luce, bens di buio e oscu-
rit, cfr. Settanta, cit., p. 9.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 659
43
Cfr. M. Belpoliti, Settanta, cit., pp. 235-271. Si vedano ora, a tal proposito, anche i
molti e sfaccettati contributi presenti nei tre tomi dellAtlante dei movimenti culturali
dellEmilia-Romagna 1968-2007, I. Poesia II. Narrativa III. Arti comunicazione controculture, a
cura di P. Pieri e C. Cretella, Clueb, Bologna 2007.
44
Cfr. su questo argomento la poesia Le ceneri di Pasolini (1979), in E. Sanguineti,
Segnalibro. Poesie 1951-1981, Feltrinelli, Milano, 1982, e il connesso articolo Aggregazione e
organizzazione, del 12 agosto 1979, ora in Ghirigori, cit., pp. 29-31.
45
Cos Sanguineti in F. Gambaro, Colloquio con Edoardo Sanguineti, cit., p. 136.
660 Luigi Weber
Tu esorti non soltanto gli uomini di lettere, non soltanto gli intellettuali, ma
tutti i cittadini di questa Repubblica, non dico a non rischiare la pelle per questa
Repubblica medesima, ma a non alzare un dito, in suo favore. Li esorti a dimet-
tersi da cittadini. Perch la Repubblica fradicia. [] Tu hai paura della gran-
de pattumiera in cui si sta cercando di buttare il dissenso. Ma io ho una paura
infinitamente maggiore. Ho paura di coloro che da sempre, gattopardi o iene, ci
hanno ridotto questa nazione a grande pattumiera fradicia, ma si sono sempre
dimostrati capaci di garantire [] una qualche licenza di dissenso, e certo
molta licenza di dimissioni, agli uomini di lettere, purch puliti e tranquilli.
[] Se limmagine della sentinella non ti garba, ti propongo quella [] dello
spazzino. Quello che perde in bellicosit, ed perdita fortunata, guadagna in
igiene46.
46
A Sciascia, dal consiglio comunale di Genova (26 giugno 1977), ora in Giornalino secon-
do, cit., pp. 237-240. Si veda anche la poesia Postkarten 61, in Segnalibro, cit., p. 221, mentre
larticolo del 10 giugno 1980 (ora in Ghirigori, cit., p. 130-131) cita larghi estratti dellacceso
discorso elettorale tenuto da Sciascia a Palermo in favore del PCI prima delle elezioni del 20
giugno 1976. Un discorso rapidamente smentito, meno di un anno dopo, appunto dalle
dimissioni dello scrittore di Racalmuto. Anche R. Luperini ne Il Novecento: apparati ideolo-
gici, ceto intellettuale, sistemi formali nella letteratura italiana contemporanea, Loescher, Torino
1981, vol. II, scrive: in realt Sciascia si muove in unottica assai vicina a quella dei nouveaux
philosophes francesi e tende, soprattutto nellultima sua produzione, [] ai modi aggressivi, di
derivazione individual-liberale, dellintellettualit del dissenso, pronta alla denuncia e alla con-
testazione del potere ma restia a inserirsi nei meccanismi della lotta collettiva. Lontani, final-
mente, dalle chiusure e dalle aspre contrapposizioni dellepoca, e dunque pi equanimi,
appaiono invece i saggi compresi nel recente volume Sciascia e la giovane critica, a cura di G.
Traina, Fondazione Sciascia, Caltanissetta 2009.
Un salutare difetto ottico. Edoardo Sanguineti pubblicista e recensore 661
libro prezioso come storia del teatro negli anni Settanta47 e come metodolo-
gia di decifrazione del lavoro drammaturgico. Nellarticolo La critica in pol-
trona 48, Sanguineti espone, con una pregnante immagine su cui concludia-
mo, la sua personale concezione della prassi recensoria, che assurge imme-
diatamente a pi generale simbolo dellattivit intellettuale di un aspirante
materialista storico49.
Alla critica occorre, oggi pi che mai, un salutare difetto ottico. Abbiamo biso-
gno di critici cos miopi come presbiti (possibilmente, le due cose ad un tempo)
[]. Per un verso, il critico non-culinario colui che, non ipnotizzato dalla quar-
ta parete, riesce a vedere [] ci che si cela dietro le tre pareti scenograficamen-
te arredate []. In altre parole, egli vede lo spettacolo come il prodotto finale di
un lavoro. Scarsamente interessato alleffetto ultimo, , un po da presbite che
punta lontano, attratto soprattutto dai procedimenti che a quelleffetto condu-
cono. [] Uno dei suoi compiti essenziali cos quello di indurre chiunque
guardi a guardare pi in l, e anche pi indietro nel tempo, dotando di senso e
di responsabilit ideologica (di ideologia teatrale [] poich la ragione tecnica si
risolve, in ultima istanza, in ragione politica) ogni elemento dello spettacolo. []
Ma per altro verso miopissimo, anzi retroveggente [] il critico non-culinario,
anzich sentirsi solidale, nellottica come nello spirito, con i propri vicini fortui-
ti, in sala, [] guarda con locchio degli esclusi. [] Egli guarda dunque con
locchio di chi non c, e tiene docchio chi non c, cos facendo, e chi non ci
pu essere, di norma, perch socialmente non ha ancora avuto mai accesso a
quella, non diciamo platea, ma nemmeno balconata o loggione. Quella sua even-
tuale virt analitica [] poi al servizio di qualcuno che, l nella sala, non pre-
sente. Egli si sente, in certa maniera, come linviato speciale dei socialmente
esclusi. [] In fondo, egli scrive addirittura contro i propri vicini di fila.
47
Ricordiamo appena Ubu in bianco e nero (20 novembre 1977), sulla prima straordinaria
lettura di Jarry operata dal Teatro della Tosse nel giardino dellOspedale Psichiatrico di Quarto
dei Mille, il racconto del Cerchio di Gesso di Besson al Festival dellUnit di Genova (La dolle e
il fool, 9 settembre 1978), la lettura decisamente controcorrente di uno spettacolo oggi intoc-
cabile come il Mistero buffo di Dario Fo (Il giullare creaturale, 27 novembre 1977), e ancora la-
nalisi del lavoro di Leo De Berardinis, (Discorso sugli alberi, 13 giugno 1974; Lantiteatro di Leo
e Perla, 6 marzo 1976), di Jerzy Grotowski (Il romantico Grotowski, 30 gennaio 1979), di Robert
Wilson (Un altro Bob, 16 febbraio 1978), di Carmelo Bene (Thanatos negato, 16 aprile 1979),
del Goldoni di Squarzina (Una macchina comica, 4 ottobre 1977), del Molire secondo Garboli
e Cecchi (Lalienato Jourdain, 19 aprile 1977; Molire imbellettato, 18 febbraio 1978), del Cechov
di Missiroli (Cechov alla Feydeau, 27 ottobre 1978), degli Ibsen degli Schnitzler e degli
Hofmannsthal di Ronconi (Invecchiamento e modernit, 6 febbraio 1977; Teatro al cubo e teatro
di conversazione, 24 settembre 1978; Alla lanterna magica, 16 novembre 1978; Un Edipo post-
tragico, 23 aprile 1979), ma lelenco sarebbe assai pi cospicuo.
48
Rinascita, 3 marzo 1978, ora in Scribilli, cit., pp. 50-54.
49
Cos Sanguineti si definisce in Stracciafoglio 7, in Segnalibro, cit., p. 237.
662 Luigi Weber
Niente fumetti, una libreria per adulti. E gli alunni si interessano atti-
vamente alle iniziative?, fa Eco. Per forza! risponde il preside prof.
Ferraris, che continua.
Le biblioteche come antichi granai del sapere contro gli inverni dello spi-
rito o il logorio della vita moderna gestite per da presidi manager, come
666 Luca Mastrantonio
I latini concepivano la cultura come otium. Riposo dalle fatiche guerresche per i
capitani che nelle soste romane divenivano mecenati; vita beata dallartista corti-
giano, del filosofo di palazzo, del pensatore dalto lignaggio che si poneva a col-
loquio con gli spiriti magni, leggendo Omero tra due schiave nubiane che gli
facevano dolcemente vento. Oggi da varie parti si parla della cultura come azio-
ne nella societ come impegno. Noi diremo: come servizio. Ci rendiamo conto
che latto dellapprendere non pu e non deve risolversi nel piacere egoistico di
chi si sente felice di possedere lo scibile e se lo contempla allungato sulla sedia a
sdraio, accarezzando il gatto accoccolato sulle ginocchia () Deve radicarsi in
noi la convinzione che esser uomo di cultura vuol dire essere qualcuno che lavo-
ra con lo sguardo rivolto agli altri. Latto dello studio, il progredire delle nostre
conoscenze, sono in funzione di un mondo che ci circonda: lunico modo per
inserirci nella societ, per non divenire dei rottami che ne vivono ai margini.
una meditazione che possiamo gi aver fatta: e ci saremo forse domandati cosa
voleva dire servire. Avremo forse pensato che stavamo a perdere le nostre ore su
di un libro, mentre urgevano necessit ben pi pressanti mentre dei fratelli ave-
vano bisogno della nostra opera attiva: ed ogni ora consacrata allo studio ci sar
parsa un gusto. Molte volte avremmo cercato forse ben altri risultati: non tanto
di servire quando di acquistare. E ci sar parso che il nostro studio durasse trop-
po, senza renderci nulla. Ci sar parso che in unepoca di ferro come la nostra,
lotium delluomo di cultura fosse una fuga. Avremo uguagliato lotium alla cul-
tura ed il servizio allazione immediata () Ebbene, un esempio ed un consiglio
ci pu venire da un altra epoca di ferro: il medioevo. I punti di contatto son forse
maggiori di quanto si creda: esisteva anche allora una societ il cui ritmo vitale
non permetteva soste: lotium era un lusso dannoso... se una certa tradizione ci
ha presentato il medioevo come unet di statico abbandono, disilludiamoci.
Recentemente uno storico elencando le invenzioni della societ medioevale par-
lava della pi profonda rivoluzione che si sia vista dopo let del fuoco e di cui
limportanza non si pu comparare che a quella della rivoluzione industriale, nata
dal vapore e dallelettricit.
Mentre una societ guerriera era intenta a cambiare volto allEuropa, una societ
artigiana e contadina operava mutamenti sostanziali nei modi di vita: per nulla
accennar alla scoperta del ferro da cavallo, del mulino a vento, del timone di tipo
moderno, tanto per citare tre esempi... () Tempi duri, in cui necessitava non
otium ma servizio... Solo che ci fu chi fece dellotium un servizio: e furono i
Umberto Eco: Accademico azionista 667
monaci, che rinunciavano alla famiglia, alla vita del mondo, alle comodit quo-
tidiane, per dedicare la loro giornata al Signore. E per abbellirla, la impiegavano
nel lavoro, e copiavano manoscritti, alluminavano pergamene, componevano
canti... Salvavano senza saperlo leredit culturale delloccidente. Si macchiarono,
vero, la coscienza di qualche palinsesto approntato con scarso rispetto per gran-
di dellantichit, ma tennero in dispensa i prelibati banchetti per i ricercatori
della Rinascenza.
Noi non abbiamo da salvare una cultura. Ma possiamo essere gli animatori della
nostra. Possiamo portare una testimonianza cristiana nel nostro mondo cultura-
le. Ci ci era stato richiesto quando fummo chiamati per varie vie ad essere stu-
denti. Per fare ci ci occorreranno dosate e amministrate le ore di otium: le
ore nelle quali ci sembrer di essere inutili, di non servire abbastanza. Allora non
avremo che da dedicare la nostra opera a Dio, e per Lui degli altri: e lotium
diventer servizio. I frutti elaborati nel silenzio entreranno in una circolazione
vitale, in virt di quella muta donazione che avremo pronunciato.
La rivoluzione, dunque, per Eco non parte dalle fabbriche, neanche dalla
Chiesa, ma dai nuovi monasteri, al chiuso e a cielo aperto, dinverno come
destate: scuole con biblioteche e campi-scuola dellAzione cattolica. In nome
di Dio ma soprattutto dellotium, ovviamente, che un suo strumento.
Nella rubrica Sestante, in un articolo di Giovent dell1 marzo del
53, finisce sotto accusa la carit mondana, ossia la carit formato Via Veneto.
Ispirandosi allo spirito pauperistico di Carretto, Eco fa un fal delle vanit
della nobilt romana, con unanalisi strutturale da formalista russo. La scena
non il tono, certo da Cafonal di Dagospia1, con una tirata antiroma-
na. Un articolo lungimirante, dunque. Anche se la sua attualit va piuttosto
a disdoro della societ odierna, dove le principesse, impegnate in opere di
carit, fanno pi spesso beneficenza a se stesse, in termini di immagine pub-
blica.
1
Sito di informazione, che mescola hard news, spesso non pubblicate dai giornali, e gossip.
668 Luca Mastrantonio
Conosco unottima ragazza della buona societ; per sei giorni alla settimana si
scarrozza in 1900 presa da obblighi mondani, ma il sabato va a far visita ai quar-
tieri poveri, lascia un buon sorriso, unelemosina, magari il giornale parroc-
chiale [qui siamo al metatesto, cio il giornale che parla del giornale] orribile
dictu, cattolica praticante [...] Poi ha finito, per tutta la settimana; ha aggiunto
una firma di frequenza al suo libretto per il Paradiso. E non si accorge che ha
ribadito la favola del principe che gioca a fare il povero, ma principe resta, per-
ch il mondo fatto di due schiatte, quella che chiede e quella che dona.
Dalla critica etica al costume del buonismo, Eco passa alla letteratura di
genere, gialla e di science-fiction soprattutto, in tempi non sospetti, lontani
anni luce dagli sdoganamenti recenti. Avverte persino una certa maniera e
una decadenza del genere. In particolare il giallo. Con toni a volte catonia-
ni. Il 17 gennaio del 1954 il giovane Umberto si produce in un lungo arti-
colo sul giallo e la sua evoluzione, o meglio, involuzione. In apertura c un
colonnino che spinge gli uomini a fare outing sul giallo. Genere consolato-
rio, ma non solo. Un peccato cognitivo. Ma un male necessario. Ombra
ludica e spiritualmente inquieta che accompagna ogni uomo.
Muoiono per i nostri sogni. Muoiono per rischiararci unora di vita. Si annullano
in un problema come in un olocausto. Evviva il giallo, vorremmo dire, che ci do-
na ci che gli chiediamo, e non richiede riconoscenti elogi in linguaggio critico.
2
U. Eco, Diario minimo, Fabbri editore, Milano 1975, pag. 137.
Umberto Eco: Accademico azionista 671
Per capire questo potere di Mike Bongiorno, che Eco riconosce come
straordinario, nel senso neutro di fuori dallordinario, bisogna procedere ad
una analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria Fenomenologia di
Mike Bongiorno, dove con questo nome indicato non luomo, ma il perso-
naggio, precisa infine.
Nel 1973, esce la raccolta Il costume di casa. Sei anni dopo, nel 1977 esce
Dalla periferia dellimpero (tascabili Bompiani) che raccoglie testi apparsi
principalmente su LEspresso e Il Corriere della sera, ma anche su riviste
e pubblicazioni pi accademiche, in un arco che va dal 1973 e al 1976. Es-
3
In U.Eco, Il superuomo di massa, Bompiani, Milano 1976, lautore indica, sviluppando
lintuizione di Gramsci, come origine e modello di superumanit nicciana come origine e
modello dottrinale non Zarathustra, ma il Conte di Montecristo di A. Dumas, a sua volta
modellato sui misteri di Parigi di Sue; gi Dumas, sostiene Eco, trasformava la Vendetta in
Volont di Potenza e missione.
4
U. Eco, Diario minimo, cit., pp. 45-52.
5
Ibidem.
672 Luca Mastrantonio
Diciamo subito che si deve evitare di discutere sui rapporti tra arte e pornogra-
fia, discorso millenario che non ci aiuta a cavare un ragno dal buco. E pertanto
dovremo occuparti della pornografia diretta, di quella cio che non si pone pro-
blemi estetici ma solo lonesto intento di stimolare reazioni fisiche e fantasie ero-
tiche nei propri consumatori6.
6
U Eco, Dalla periferia dellimpero, Bompiani, Milano 1977, pag. 81.
Umberto Eco: Accademico azionista 673
Ogni tanto raccolto in volume gli scritti occasionali, gli articoli, le polemiche, le
nugae, quelle osservazioni che un tempo si stendevano come pagine di diario pri-
vato. Oggi, con i mezzi di massa che non solo lo permettono, ma incoraggiano
la messa in pubblico delle proprie reazioni immediate agli eventi e ai problemi,
le pagine di diario escono a stampa, e a puntate. Hanno il vantaggio di non poter
esser riscritte ad uno dei posteri. Sono scritte per i propri contemporanei, posso-
no incorrere in contraddizioni, e nel reato di giudizio avventato. Sono, per chi
scrive di professione, il modo pi giusto (e in ogni caso il pi responsabile) di
impegnarsi politicamente. [] Mi pare che uno dei termini chiave di questo set-
tennio non fosse rivoluzione, lotta di classe, marxismo o nella misura in cui,
come era stato tipico degli anni precedenti. In questo settennio, contrassegnato
dalla scoperta o riscoperta del privato, dei bisogni, della libert delle pulsioni, si
parlato tanto, tantissimo, di desiderio. [] Al desiderio di riflusso, per reagire
alla crisi delle ideologie, fa seguito, o si accompagna, il desiderio (detto negli anni
scorso trasversale) di celebrare il desiderio mai come in questi anni si parla-
to di carnevalizzazione della vita7.
7
Id., Sette anni di desiderio, Bompiani, Milano 1982, pp. 5-6.
8
Ivi, pp. 149-150.
674 Luca Mastrantonio
Quello che sa cosa sono i plurimi punti di fuga, quello che non lo sa bene, ma
coglie loccasione per andare a sfogliare una storia dellarte, e quello infine che
non lo sa, non gli interessa gran che saperlo, ma ritiene che in questo educato e
frequentato ricevimento che LEspresso, alcuni ospiti vanno salutati con un cor-
tese cenno del capo, e con altri ci si intrattiene pi a lungo, lieti in ogni caso che
ci sia tanta bella gente. E questo lettore salter Zevi e andr a leggersi la rubrica
radiotelevisiva di Sergio Saviane dove anche mezzobusto un termine tecnico,
ma di un gergo con cui egli si sente a proprio agio. [] In poche parole,
LEspresso non ha scelto la strada del puro notiziario, ma della raccolta di sagget-
ti. Il lettore di questo giornale non ha da sapere quanti film si proiettino in set-
timana, n quante palle o quante stelle abbia ciascuno, ma divertirsi a seguire la
reazione di Moravia a un solo film. E se le opinioni di Moravia lo irritano, non
le lega. Nel rispetto di questa dialettica dei saggetti, la direzione premia la
variet e la conflittualit (supremo valore borghese) a scapito della coerenza e
della continuit. Il lettore invitato a misurarsi con opposti estremismi.
Naturalmente la proposta nasconde un ricatto: se non sei capace di sopportare
questa doccia scozzese, non sei dei nostri. Una volta accettato questo gioco, le dif-
ficolt di linguaggio non fa problema9.
9
Ivi, p. 152.
Umberto Eco: Accademico azionista 675
accorgevano benissimo, e nei casi in cui le rivelazioni non sono tali, dopo un
poco il lettore se ne accorge lo stesso10.
Dopo aver elencato altri difetti, Eco, come spesso fa in alcuni suo inter-
venti, e nella stessa introduzione alla raccolta, li riassume e assume su di s
palesemente in conclusione.
Ecco, lesperto vi ha detto chi, come, perch e quanto LEspresso ha dei di difetti.
Un inedito in esclusiva. La moda culturale dellanno Pero se arriverete a legge-
re questo articolo, capirete perch si continua a scrivere su questo giornale. Perch
si pu dire che irritante. E si pu perch lEspresso cos irritante da accettare
lautoflagellazione pur di convincere il proprio lettore che non irritante. Per
questo irritante11.
La bustina di Minerva
10
Ivi, p. 154.
11
Ivi, p. 157.
676 Luca Mastrantonio
Se qualcuno si batte per una scelta politica, fatto salvo il diritto-dovere di essere
pronti a ricredersi un giorno, in quel momento deve ritenere di essere nel giusto
e denunciare energicamente lerrore di coloro che tendono a comportarsi diver-
samente. Non vedo dibattito elettorale che possa svolgersi allinsegna dellavete
ragione voi, ma votate per chi ha torto. E nel dibattito elettorale le critiche
allavversario devono essere severe, spietate, per potere convincere almeno lin-
certo. Inoltre molte delle critiche giudicate antipatiche sono critiche di costume.
E il critico di costume (che sovente nel vizio altrui fustiga anche il proprio, o le
proprie tentazioni) deve essere sferzante. Ovvero, e sempre per rifarsi ai grandi
esempi, se vuoi essere critico di costume, ti devi comportare come Orazio; se ti
comporti come Virgilio, allora scrivi un poema, magari bellissimo, in lode del
Divo regnante12.
12
U. Eco, A passo di Gambero, Bompiani, Milano 2006, p. 8.
680 Luca Mastrantonio
Eco invita gli incerti a sottoscrivere, votando per la parte avvera al Polo,
un appello Contro linstaurazione di un regime di fatto, contro lideologia
dello spettacolo, per salvaguardare nel nostro paese la molteplicit dellinfor-
mazione, consideriamo le prossime elezioni come un Referendum Morale a
cui nessuno ha diritto di sottrarsi. Perch nessun uomo unisola Non
mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te.
Il girone degli ignavi non ha fatto il tutto esaurito, perch Rutelli stava
quasi per farcela, e la vittoria di Berlusconi nel 2001 stata una vittoria di
Pirro (se non fosse che anche Prodi riesce a battere il Cavaliere ma non a
governare). Si resa palese, comunque, la dimensione militante, di propa-
ganda, di arruolamento politico entro cui opera Eco, intellettuale che scrive
sui giornali. Una dimensione che, in fondo, quella con cui ha iniziato a fare
il giornalista, per il movimento giovanile dellAzione cattolica.
Eco dunque tornato, o ha mostrato dessere quello che non ha mai smes-
so. Un credente, fervente, convinto della propria fede. Pi cristiano che cat-
tolico, medioevale e postmoderno pi che barocco e modernista, un intel-
lettuale azionista, interventista, al limite della propaganda. Eco un indefes-
so razionalista alle prese con lirrazionalit. Dalla fede passato al credo poli-
tico, persa la fiducia nei partiti diventato un tifoso importante nelle batta-
glie politiche italiane. Ma lanimano i moti di irritazione e indignazione.
tornato, nella convinzione quasi religiosa, di essere nel giusto a fare proseliti-
smo.
13
Ivi, p. 116.