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Collana diretta da
Silvana Cirillo
IMPRONTE
Letteratura
Responsabile scientifico
Silvana Cirillo
IMPRONTE Arti e scienze sociali
Impronte nasce con lobiettivo di offrire agli studenti universitari, non meno
che ai lettori interessati ad aggiornarsi, opere di autori gi noti e contributi
originali di giovani ricercatori, negli ambiti di Arte, Antropologia, Cinema,
Economia, Letteratura italiana, Storia. Promossa da un gruppo di docenti
della Sapienza di Roma, Impronte si propone di ospitare i contributi di
studiosi di altre sedi, diventando una vivace intersezione di rapporti interdi-
sciplinari e di metodologie diverse incardinate nella modernit e proiettate
nel futuro. In tale prospettiva la collana accoglier saggi, monografie, ma-
nuali, traduzioni di testi di rilevanza internazionale, opere collettive, atti di
convegni.
Comitato scientifico:
Paolo Bertetto, docente di Teoria e interpretazione del film
Silvana Cirillo, docente di Letteratura italiana contemporanea
Maurizio Franzini, docente di Politica Economica
Francesco Gui, docente di Storia dellEuropa
Simonetta Lux, docente di Storia dellarte contemporanea
Alberto Sobrero, docente di Antropologia
PAROLA DI SCRITTORE
Letteratura e giornalismo nel Novecento
Introduzione e cura di
Carlo Serafini
BULZONI EDITORE
In copertina:
Fotografia di Sara Di Iacovo
ISBN 978-88-7870-???-?
Introduzione
Parola di scrittore
Una raccolta di studi relativa agli scritti giornalistici dei maggiori autori
del Novecento per forza di cose di parte, nel senso che qualsiasi sforzo di
selezione ci si possa impegnare a fare, resteranno sempre fuori grandi poeti,
scrittori, letterati che sui giornali hanno pubblicato parte della loro produ-
zione. Il Novecento non soltanto un secolo ricco di grandi nomi, anche
un secolo ricco di avvenimenti e un secolo che ha visto unaccelerazione della
comunicazione come mai si era potuto forse nemmeno immaginare. Basti
pensare che nei venti anni, circa, nei quali si imposta la rete di Internet, c
stata pi comunicazione che in tutto il resto della storia. Inoltre va tenuto
presente che i giornali escono ogni giorno e le testate che si sono succedute
nel corso del secolo sono state innumerevoli. Inoltre realizzare un volume di
studi sui letterati giornalisti presenta la difficolt di un doppio criterio di sele-
zione: il primo relativo a quali letterati includere, il secondo su quale pro-
duzione giornalistica del letterato scelto stringere lobiettivo. Se sul primo
punto la scelta del curatore, sul secondo del singolo studioso che allau-
tore si dedicato. Personalit del calibro di Croce, DAnnunzio, Buzzati,
Moravia, Savinio, Pasolini, Piovene e molti altri ancora, che ai giornali hanno
dedicato numerose collaborazioni, richiederebbero un intero volume ciascu-
no. Va ancora tenuto presente che le collaborazioni giornalistiche svolte dagli
scrittori, su quotidiani, riviste, tenendo rubriche, pubblicando racconti, e
molto altro, fanno parte di una letteratura diciamo minore, meno indaga-
ta e studiata rispetto alle grandi opere per le quali gli scrittori sono noti. Se
questo , naturalmente, pi che comprensibile, ci non toglie che fra gli scrit-
ti giornalistici sia possibile individuare elementi di notevole interesse per la
comprensione dellautore stesso, per le dinamiche culturali allinterno delle
quali questi artisti hanno operato, per contatti, scambi, interessi. Il volume
nasce con lintento, dunque, di fornire uno strumento di studio storico-cri-
tico su quello che stato nel Novecento il rapporto tra scrittore e giornalismo
realizzato direttamente sul campo, ossia sugli articoli; la scelta degli autori
quindi in ragione di chi, per grande fama, per quantit, interesse o origina-
lit dellattivit giornalistica svolta (vedi per esempio Cecchi, Zavattini,
Bertolucci), ha dato un notevole e significativo contributo al giornalismo cul-
10 Carlo Serafini
1
Cfr. G. Zanchini, Il giornalismo culturale, Carocci, Roma 2009, p. 13.
2
A. Briganti, Intellettuali e cultura tra Ottocento e Novecento. Nascita e storia della terza
pagina, Liviana, Padova 1972, p. 10.
3
Ivi, pp. 13-15.
4
Ivi, p. 29.
Introduzione. Parola di scrittore 13
5
Cfr. U. Ojetti, Alla scoperta dei letterati, Fratelli Dumolard, Milano 1895, poi Le
Monnier, Firenze 1946.
6
A. Briganti, cit., p. 30.
7
Ivi, p. 44.
8
Sul tema cfr. anche R. Gisotti, La nascita della terza pagina. Letterati e giornalismo 1860-
1914, Cavallino, Capone 1986, e Letteratura italiana, diretta da A. Asor Rosa, Einaudi, Torino
1982, vol. I, Il letterato e le istituzioni (in maniera particolare: R. Tessari, Il Risorgimento e la
crisi di met secolo, pp. 433-468; L. Mangoni, Lo Stato unitario liberale, pp. 469-519).
14 Carlo Serafini
9
A. Briganti, cit., pp. 49-56.
Introduzione. Parola di scrittore 15
10
Cfr. P.L. Ballini, Le elezioni nella storia dItalia dallUnit al fascismo, Il Mulino, Bologna
1988.
11
Cfr. A.W. Salamone, Let giolittiana, Silva, Torino 1949; N. Bobbio, Saggi sulla scien-
za politica in Italia, Laterza, Bari 1969 (poi 1996).
16 Carlo Serafini
12
Cfr. A. Briganti, cit., p. 65.
Introduzione. Parola di scrittore 17
Il Giornale dItalia vide il suo primo numero nel novembre del 1901 e,
fino alla nascita della terza, non spicc per elevata originalit rispetto agli altri
quotidiani presenti nel panorama italiano. Il successo della terza fu notevole,
ma subito ridimensionato dallassenza ogni giorno di avvenimenti del calibro
della prima di DAnnunzio. Ossia la terza era nata sul trampolino di un even-
to culturale molto forte, quindi non deve stupire se non ebbe uno sviluppo
immediato o se la novit venne avvertita solo in relazione ad altri eventi cul-
turali o alla scomparsa di grandi nomi del mondo culturale. Tuttavia
Bergamini, dotato di grande intuito giornalistico, riusc a portare il giornale
a maggiore organo di informazione del Centro-Sud; rispetto alla pagina cul-
turale aveva inoltre colto lesistenza di una sorta di incipiente avvenire bor-
ghese per la cultura14, e soprattutto aveva sperimentato per primo nei modi,
divenuti poi nella consuetudine istituzionale, della terza pagina, la possibilit
di registrare il fatto culturale a fini politici; di ridurre la materia letteraria nei
termini ideologici del giornale, di passare lidea dominante sotto forma di
dibattito intellettuale; di formare lopinione pubblica con articoli pi
influenti, quanto pi siglati da autorevoli firme15. La mossa di Bergamini di
chiamare a scrivere sul giornale grandi nomi16 della cultura fu vincente,
13
A. Bergamini, Nascita della Terza pagina, in Nuova Antologia, novembre 1955, pp.
347-362 (poi in E. Falqui, Nostra Terza pagina, Canesi, Roma 1965, pp. 250-268, cit. a pp.
251-253).
14
Cfr. B. Benvenuto, Elzeviro, Sellerio, Palermo 2002, p. 35.
15
Cfr. R. Gisotti, cit., pp. 101-102.
16
Tra gli altri: Alessandro DAncona, Francesco Torraca, Giuseppe Chiarini, Guido Maz-
zoni, Felice Tocco, Alessandro Chiappinelli, Alessandro Luzio, Raffaele De Cesare, Ferdinan-
do Martini, Antonio Fogazzaro, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Luigi Pirandello, Ce-
sare De Lollis, Attilio Momigliano, Salvatore Di Giacomo, Roberto Bracco, Alfredo Panzini,
18 Carlo Serafini
Si realizz [] una perfetta rispondenza tra la terza pagina e le posizioni del gior-
nale: si offriva al pubblico una cultura sorretta dal robusto tronco del pensiero
crociano e chiusa nellaffermazione gelosa della propria autonomia, ma pronta, in
caso di necessit, a trasformarsi in eteronoma e ad assumere nella battaglia poli-
tica una aperta funzione di fiancheggiamento [] si intensificava lutilizzazione
politica di certi aspetti del costume letterario di quegli anni. [] Cos nel 1912,
in ritardo rispetto alle prime manifestazioni del movimento e in un clima ormai
prebellico, comparvero alcuni scritti sul futurismo che veniva esaminato esclusi-
vamente nelle sue implicazioni politiche e valutato positivamente sulla base del-
laccostamento al nazionalismo. In quegli stessi anni la terza pagina del Giornale
dItalia si faceva portavoce delle teorie e degli scritti di George Sorel, mentre per
altro verso si intensificava la mitizzazione del personaggio DAnnunzio, dalle ini-
ziali accensioni di entusiasmo per le rappresentazioni teatrali alle ovazioni per i
discorsi interventisti del 1915. [] Dalliniziale contrapposizione fra erudizione
accademica e vaghe tendenze ad una rottura del sistema e dellordine tradiziona-
le in direzione conservatrice si era giunti, in prossimit dellimpresa libica e della
guerra mondiale, ad una momentanea convergenza con le impazienze nazionali-
ste, dannunziane e futuriste che costituivano un efficace mezzo di trasmissione
dellopinione pubblica, di unopposizione al giolittismo di natura decisamente
anticostituzionale. La terza pagina del Giornale dItalia ebbe cos un ruolo non
secondario nella battaglia interventista per trasformarsi poi, per tutta la durata del
conflitto mondiale, in pagina di propaganda bellica19.
Giuseppe Giacosa, Enrico Panzacchi, Corrado Ricci, Vittorio Pica, Giulio Cantalamessa,
Vittorio Spinazzola, Vilfredo Pareto, Maffeo Pantaleoni, Rodolfo Lanciani, Luigi Pigorini.
17
Cfr. nel presente volume M. Panetta, Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra rivi-
ste e quotidiani.
18
Cfr. A. Bergamini, cit., p. 351.
19
Cfr. A. Briganti, cit., pp. 69-70.
Introduzione. Parola di scrittore 19
20
Cfr. G. Gentile, Epistolario. Lettere a Benedetto Croce (1896-1909), a c. di S.
Giannantoni, vol. II, Sansoni, Firenze 1974, p. 74.
21
Cfr. per lessenziale sintesi, anche bibliografica, B. Benvenuto, Elzeviro, cit.; Id., La
malinconia del critico, Sellerio, Palermo 2005; E. Falqui, Inchiesta sulla Terza pagina, Eri,
Torino 1953; Id., Nostra Terza pagina, Canesi, Roma 1965; Id., Giornalismo e letteratura,
Mursia, Milano 1969; N. Ajello, Lo scrittore e il potere, Laterza, Roma-Bari 1974; Id., Lezioni
di giornalismo, Garzanti, Milano 1985; G. Bellonci, Nel cinquantenario. La Terza pagina
La sua nascita e le sue vicende, in Il Giornale dItalia, 17 novembre 1951; E. Paccagnini, Il
giornalismo dal 1860 al 1960, in G. Farinelli E. Paccagnini G. Santambrogio A.I. Villa,
Storia del giornalismo italiano. Dalle origini ai nostri giorni, Utet, Torino 1997; P. Murialdi,
Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, Bologna 1996.
22
Sulla collaborazione di DAnnunzio al Corriere della sera, cfr. le pp. 134-146 di A.
Albertini, Vita di Luigi Albertini, Mondadori, Milano 1945.
23
Per la storia dei primi anni del Corriere della sera, cfr. A. Moroni, Alle origini del
Corriere della Sera: da Eugenio Torelli Viollier a Luigi Albertini 1876-1900, F. Angeli, Milano
2005.
20 Carlo Serafini
24
Cfr. L. Albertini, Ventanni di vita politica, Zanichelli, Bologna 1953, p. 3.
25
Cfr. la testimonianza di R. Calzini in E. Falqui, Giornalismo e letteratura, cit., p. 45.
Introduzione. Parola di scrittore 21
Sul Corriere hanno scritto negli anni, ed ancora oggi, i grandi nomi
della letteratura italiana. In questo primo periodo non possono non essere
citate le firme di Luigi Pirandello, Corrado Alvaro e Ugo Ojetti. Menzione a
parte, pur non essendo un letterato tout court, per Luigi Barzini27, forse il
maggiore inviato speciale del giornalismo italiano, creatura di Albertini che
per lui nutr sempre una considerazione ed un affetto particolari, anche
quando aveva qualche motivo di contrariet. Quello del giornalismo di viag-
gio un tema vastissimo intorno al quale non mancato di aprirsi un vivace
dibattito specialmente per quel che riguarda lepoca fascista. Il tema torner
spesso nel presente volume, come anche le analisi sui numerosissimi reporta-
ge di viaggio dallestero o dallItalia stessa (pensiamo a Piovene) degli scritto-
ri giornalisti del Novecento in epoche successive28. Ma tornando al Corrie-
re altra menzione a parte merita ovviamente Gabriele DAnnunzio, che con
Albertini ebbe un rapporto del tutto particolare, nato, forse per esigenze gior-
nalistiche (a DAnnunzio poteva far comodo una vetrina come il Corriere
e il direttore non poteva non tener conto di chi fosse il poeta nel panorama
delle cultura italiana), nel 1907 e diventato negli anni sempre pi stretto, fino
quasi alla funzione di tutore29 di Albertini nei confronti del poeta vate.
26
Cfr. N. Ajello, Storia della terza pagina, in Nord e Sud, n. 32 (1962), pp. 106-111.
27
Tra le numerose pubblicazioni su Barzini, cfr. D. Corucci, Luigi Barzini. Un inviato spe-
ciale, Guerra Edizioni, Perugina 1994.
28
Per una sintesi sul tema cfr. il capitolo Un viatico per le firme in B. Benvenuto,
Elzeviro, cit.; per una visione pi amplia, oltre la bibliografia contenuta nel capitolo prece-
dentemente citato, cfr. S. Sgavicchia, Scrivere il viaggio. Cronache, memorie, invenzioni, in
Storia Generale della Letteratura Italiana, diretta da N. Borsellino e W. Pedull, vol. XII
(Sperimentalismo e tradizione del nuovo), Federico Motta Editore, Milano 1999, pp. 498-515.
29
Il poeta lo chiama tutore inquantoch lAlbertini era stato il solo a tutelare efficace-
mente il patrimonio e lonore di DAnnunzio, quando questultimo era partito per la Francia.
Per ottenere questo ultimo risultato aveva seguito un sistema semplice. Convocati i creditori
aveva fatto loro comprendere che se non volevano perdere tutto dovevano ridurre ragionevol-
mente le loro pretese e solo a questo patto egli avrebbe dovuto garantire loro il pagamento
dovuto [] dal canto suo il poeta si era impegnato a cedere allamico Albertini sino ad estin-
22 Carlo Serafini
zione del suo debito una percentuale sui diritti dautore (cfr. T. Antongini, Quarantanni
con DAnnunzio, Mondadori, Milano 1957, pp. 482-483).
30
Cfr. F. Contorbia, Introduzione a Giornalismo italiano 1860-1901, I Meridiani,
Mondadori, Milano 2007, p. XXXIV.
31
Cfr. L. Mangoni, Lo stato unitario liberale, in Letteratura italiana, diretta da A. Asor
Rosa, vol. I, Il letterato e le istituzioni, Einaudi, Torino 1982, p. 511.
32
Ivi, p. 512.
33
Nota la vicenda relativa alla Canzone dei Dardanelli, dichiaratamente antiaustriaca e non
pubblicata da Albertini, che segn un forte contrasto tra il direttore e il poeta, che cos rispo-
se nella lettera del 16 dicembre 1911: Non pensavo che la mia Canzone avrebbe offeso la
moderazione del Corriere. N pensavo che il mio nome non fosse abbastanza largo da copri-
re intera la responsabilit di ci che firmo Non questo il luogo per risolvere il problema
che sorge da questa crisi, in ordine alla libert della mia collaborazione Per ora basta accen-
nare al fatto. Una comunione mirabile ed insolita tra il popolo dItalia e uno scrittore nazio-
nale interrotta.
Introduzione. Parola di scrittore 23
modo consacrato come espressione politica di quel ceto di media cultura cui
il giornale si indirizzava34.
Lepoca Albertini termin sotto il fascismo, per volont del Duce. L8
luglio del 1923 sul Popolo dItalia, Albertini fu oggetto di un pesante attac-
co: Senatore, vi sopportiamo da troppo tempo, e vi diciamo apertamente
che basta! Senatore Albertini, ci sono tanti fascisti in molte citt dItalia, che
solo domandano per iscritto, assumendo in pieno lonore e la responsabilit
del gesto, di essere prescelti a radere al suolo la vostra indegna baracca.
Mussolini ordin al Prefetto di Milano di diffidare il giornale, cosa che
avvenne il 2 luglio 1925, dato che il Corriere della Sera aveva intensifica-
to da qualche tempo la sua violenta, persistente campagna contro il regime
ed i pubblici poteri e che in alcuni articoli poteva ravvisarsi materiale atto a
gettare discredito sopra la Camera e sopra il Governo, che erano indubbia-
mente poteri dello Stato e infine, che certi suoi interventi per quanto redatti
con sottile accorgimento ed abilit, potevano rilevarsi addirittura pi danno-
si35. Albertini replic osservando che dato il fatto che i continui sequestri
rendevano impossibile allenorme maggioranza dei lettori di conoscere i
nostri articoli politici, rinunciamo per ora a trattar quei temi sui quali non ci
sia consentita la libert di parola necessaria per esprimere un pensiero n
troppo deformato. Siamo buoni intenditori. Ed i lettori anche36. Tuttavia il
Corriere di Albertini cadde il 27 novembre del 1925, con il pretesto di un
cavillo legale. Nel Commiato ai lettori pubblicato il 28 novembre, Luigi
Alberini, oltre a ripercorrere le tappe fondamentali della sua avventura al
giornale, denunci chiaramente limpossibilit di resistere alla decisione del
governo fascista, rivendicando il senso delle sue battaglie politiche sempre
vissute in nome dei principi liberali. Cos scrisse: sono entrato nel
Corriere nel settembre 1896 quale segretario di redazione accanto ad Eugenio
Torelli Viollier prima e a Domenico Oliva poi [] non avevo ancora 29
anni, mi mancavano ogni autorit e ogni credito eppure con grave scandalo
dei benpensanti e di qualcuno dei miei soci di allora e con grave pericolo per
la mia posizione []. Dopo tutte le amarezze del dopoguerra e della crisi di
collasso a cui dovevamo sottostare. Infine questultima battaglia combattuta
in nome delle stesse idealit, degli stessi principi liberali. Essa mi costa oggi
il maggior sacrificio, quello del Corriere, a cui avevo consacrato intera la mia
esistenza che in 25 anni assieme a mio fratello e a tanti eminenti collabora-
tori ai quali va un pensiero di gratitudine infinita, come va al personale tutto
di redazione, di amministrazione e di tipografia [] Perdo un bene che mi
era supremamente caro, ma serbo intatto un patrimonio spirituale che mi
34
Cfr. L. Mangoni, cit., p. 513.
35
Cfr. N. Tranfaglia, La stampa quotidiana e lavvento del regime 1922-1925, Laterza,
Roma-Bari, 1980, p. 27.
36
Ibidem.
24 Carlo Serafini
ancora pi caro e salvo, la mia dignit e la mia coscienza37. Uscendo dal por-
tone di Via Solferino disse che per distruggere il suo lavoro ci sarebbero volu-
ti almeno cinquantanni; Albertni mor il 21 dicembre del 1941, senza quin-
di vedere la fine di Mussolini. Il Corriere esce ancora oggi. Con Albertini
si chiudeva quindi unepoca del giornalismo italiano, come dimostrano anche
i tanti messaggi degli amici38 che si strinsero accanto al direttore.
***
La fine dellepoca Albertini emblematica di cosa sia stata la stampa sotto
il Fascismo39. Ma per la pagina culturale, e la cultura in generale, il discorso
pi complesso del semplice affermare che la presenza della censura abbia
livellato lespressione alla retorica del regime. Cosa vera, ma se da un lato la
censura ha determinato chiaramente un allineamento culturale ai dettami del
fascismo, il trionfo della terza pagina, quale luogo di un solo sterile bello
scrivere avvenuto in epoca fascista viene letto in maniera diversa. Cos ad
esempio Nello Ajello:
Per la terza pagina come istituzione, il consolidarsi del fascismo segn il passag-
gio dallaccademia allarcadia. Essa fu definita, a ragione, il salotto della stampa
italiana. [] I terzapaginisti diventarono una vera e propria corporazione,
affiatata in virt del comune ossequio ad un genere letterario che doveva diven-
tare la cifra distintiva della cultura militante italiana. [] Nel garbo con cui i let-
terati si sottomettevano era implicita una sorta di riconoscenza per il fatto che i
loro ludi stilistici potessero svolgersi sotto lala protettrice del regime. La consi-
derazione opposta che fosse, cio, la pressione politica ad indurli a lavorare di
fino nel recinto della prosa darte apparteneva a quelle verit cos scottanti che,
se soltanto fossero state enunciate da qualcuno, avrebbero danneggiato il lavoro
di tutti. / Lelzeviro divent la manifestazione tipica di questi stati danimo []
Sembr il frutto perfetto di un compromesso tra le ragioni tecniche del giornale
e le esigenze creative dello scrittore [] non si pu non essere daccordo con chi
37
Corriere della Sera, 28 novemnre 1925.
38
Giambattista Pirelli, Camillo Giussani, Ettore Conti, Tomaso Gallarati Scotti,
Alessandro Casati, Giacinto Motta, Francesco Ruffini (Il mondo civile con te, quattro quin-
ti dei migliori italiani sono con te; molti dei tuoi stessi avversari sono, in segreto, con te, cfr.
O. Bari, Luigi Albertini, UTET, Torino 1979, p. 511), Pietro Gobetti (Mi sembra di poter-
le mandare, con la mia, la gratitudine delle 200 persone che rimangono al loro posto, cfr. O.
Bari, cit. p. 511), Luigi Salvatorelli, Adriano Tilgher, Filippo Turati, Corrado Alvaro, Arturo
Carlo Jemolo (nel giorno in cui si spegne lultima luce e crolla lultimo baluardo, le mie pi
vive grazie per il bene che Ella ha fatto a noi tutti finch le stato possibile farne, cfr. O. Bari,
cit., p. 512).
39
A. Signoretti, La Stampa in camicia nera 1932-43, Volpe, Roma 1968; S. Romano,
Lequivoco della cultura antifascista. Considerazioni sugli intellettuali italiani durante il fascismo,
in Nuova Storia Contemporanea, luglio-agosto 2000; P. Murialdi, La stampa del regime fasci-
sta, Laterza, Roma-Bari 1986; V. Castronovo, La stampa italiana dallUnit al fascismo,
Laterza, Bari, 1976.
Introduzione. Parola di scrittore 25
la terza, almeno agli inizi, non sub troppi contraccolpi, assai meno condiziona-
ta rispetto alle altre pagine del giornale dai provvedimenti fascisti di allineamento
dellinformazione. [] Non si assist n a un vero cambio della guardia, e neppu-
re a una radicale messa a regime dei settori colti della stampa [] La terza dei gior-
nali metropolitani durante il Ventennio si arricchisce. E conquista la fisionomia per
cui diventata celebre. Ala nobile del giornalismo nazionale, punto darrivo di
unonorata carriera letteraria, trampolino di lancio per coloro che, usciti dallano-
nimato, muovono i primi passi verso la notoriet, la terza ormai riassume in s tutti
questi significati e altri ancora. Naturale pertanto che la conflittualit fra i giornali
per potersi fregiare delle firme pi accreditate diventi sempre pi serrata. [] Senza
voler sminuire le differenze e le specificit di ciascuna terza, ci che emerge da una
rapida rassegna delle sezioni culturali sotto il Duce il forte significato che per lin-
sieme della carta stampata venne assumendo il settore. Si pu oscillare molto.
Pigiare il tasto della condanna o preferire quello pi beffardo. Si pu considerarlo
spia di chiusure autarchiche. Si pu anche vedere nelloperazione terza un blocco
di individualit (diversissime) capaci di dar risalto alla cultura umanistica nostrana
e in particolare di traghettarla attraverso linformazione a un livello che forse non
ha pari n prima n dopo nella storia del Novecento. I terzapaginisti furono
comunque in grado, come successivamente di rado accaduto, di assicurare con
uno spirito che potremmo definire di servizio (se il termine non suonasse troppo
usurato e fuori tempo massimo) e con perizia e artigiana misura una quantit e una
qualit di informazione culturale capace di orientare e di guidare con mano sicura
il lettore nel magma caotico della produzione letteraria. Svolsero una funzione,
anche, di tipo educativo. Senza precedenti particolarmente lusinghieri, contribui-
rono a una generale elevazione culturale del popolo dei lettori. Lo stesso difetto di
settarismo, il rimprovero di muoversi come gruppo, certe complicit discutibili di
cui sono stati, a ragione, accusati (idem per opinabilissimi e frequenti singoli giu-
dizi o pregiudizi diffusi attraverso quelle solite paginette), non inficiano la sostan-
ziale qualit di unoperazione che ha condizionato in profondit una parte signifi-
cativa della prosa creativa e del dibattito culturale del tempo. Ma che ha lasciato un
segno, non cos effimero, in stili e costumi della letteratura successiva41.
40
Cfr. N. Ajello, Storia della terza pagina, cit., pp. 113-114.
41
Cfr. B. Benvenuto, Elzeviro, cit., pp. 84-88.
26 Carlo Serafini
Il fascismo approva la nuova legge sulla stampa nel 1925 e nel 1934 tra-
sforma lUfficio stampa del capo del governo in Sottosegretariato per la stam-
pa e la propaganda, che lanno successivo diventa Ministero sotto la guida di
Galeazzo Ciano; nel 1937 nasce il Ministero della cultura popolare, il cosid-
detto Minculpop. Tuttavia nelle prime fasi del regime le espressioni propria-
mente culturali, soprattutto per quel che concerne lambito artistico letterario,
non subiscono limposizione di una vera e propria direttiva ufficiale. Il regime
sembra rivolgersi allintera classe intellettuale nellottica della ricerca di una
legittimazione che avviene, ad esempio, dando forte visibilit al tesseramento
di intellettuali (come nel caso di Pirandello sul quotidiano fascista romano
LImpero e altri numerosi articoli e interviste), o con la promessa di premi,
riconoscimenti e incarichi di prestigio42, come ad esempio lambita nomina ad
accademico dItalia data a Marinetti e Pirandello nel 1929, Ojetti e
Bontempelli nel 1930, Papini nel 1937 e ad Emilio Cecchi poco pi tardi.
Tra il 1925 e il 1926 vengono chiusi gli ultimi quotidiani di opposizione
ancora attivi (LUnit, Avanti!, Il Mondo di Giovanni Amendola, La
Voce repubblicana) e vengono introdotte persone fidate come direttori dei
quotidiani liberali. Restano da chiarire la posizioni del Corriere della sera e de
La Stampa. Si gi visto come il regime abbia estromesso Albertini, al quale
succederanno nellordine Pietro Croci, Ugo Ojetti, Maffio Maffii e Aldo Borelli
che rester alla direzione del Corriere dal 1929 fino al 1943 in linea con il
regime. La Stampa viene acquisita nel 1926 da Giovanni Agnelli che, dopo
aver alternato tre direttori (tra i quali, dal febbraio 1929 al gennaio 1931,
Curzio Malaparte anni dopo sar un originale reporter di guerra43 che ha
come redattore capo Mino Maccari), affida il giornale a Alfredo Signoretti che
lo condurr fino al 1943 anchegli in linea con il regime. Nel 1926 viene allon-
tanato dal Giornale dItalia Alberto Bergamini e affidata la direzione a
Virginio Gayda che la manterr anchesso fino al 1943: la terza pagina del
giornale decade rapidamente, prima suonando la grancassa per il regime, e poi
allineandosi passivamente su argomenti congeniali a unattualit dal regime
stesso sollecitata. I collaboratori sono nomi minori, se si eccettua una certa pre-
senza del mondo letterario romano e soprattutto delle scrittrici, da Gianna
Manzini ad Amalia Guglielminetti ed altre. Il titolare della critica letteraria
Goffredo Bellonci, nel suo primo articolo sotto la nuova direzione il 13 aprile
1926, con i toni nazionalistici a lui consueti condanna lasservimento allo stra-
niero in letteratura, mentre ancora il 24 gennaio 1934 sottolinea come il fasci-
smo porti a soluzione i problemi del Risorgimento44.
42
Cfr. S.Solmi, Letteratura e societ. Saggi sul fantastico La responsabilit della cultura
Scritti di argomento storico e politico, a cura di G. Pacchiano, Adelphi, Milano 2000, p. 401.
43
Cfr. nel presente volume C.Spila, Il reportage di guerra di Curzio Malaparte.
44
Cfr. G. C. Ferretti, S. Guerriero, Storia dellinformazione letteraria in Italia dalla terza
pagina a Internet 1925-2009, Feltrinelli, Milano 2010, p. 19.
Introduzione. Parola di scrittore 27
45
Cfr. P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Laterza, Roma-Bari 1986, p. 60.
46
Cfr. G.C. Ferretti, S. Guerriero, cit., p. 20.
47
Ivi, p. 41.
28 Carlo Serafini
sociale degli avvenimenti. Gli intellettuali cio non sono o non riescono ad
essere un gruppo di azione, sono snaturati rispetto alla loro identit che
dovrebbe vederli attivi nella formazione libera dellopinione pubblica. Anche
la tanto decantata critica letteraria in realt resa debole dalla politica diffu-
sa del silenzio recensorio che, letto con il senno di poi, apre notevoli spazi di
interpretazione ai libri passati appunto sotto silenzio. Inoltre il Ventennio si
caratterizza anche per il continuo ritorno degli stessi nomi in ragione di un
oggettivo restringimento del panorama culturale. Non quindi scorretto par-
lare di corporativismo o di aria familiare nella repubblica delle lettere fasci-
sta. stato comunque notato come se tutto questo in alcuni casi fa pen-
sare a un circuito corto e per certi aspetti quasi medievale, tra lo scrittore e un
pubblico ristretto a lui simile e contiguo, al tempo stesso tuttavia favorisce un
legame forte e produttivo tra lo scrittore e il suo critico48. Come detto sul
fascismo i punti di vista non sono concordi.
Ma questo radicarsi in una posizione di chiusura intellettuale fu solo con-
seguenza della censura o delle direttive di regime? La verit forse nel mezzo,
o meglio nellatteggiamento ambiguo pi o meno evidente che tanto politici
che intellettuali dimostrarono nel corso del fascismo. Inoltre non va dimen-
ticato lo stato danimo di molti intellettuali nellimmediato primo dopo-
guerra. Occorre allora forse fare un passo indietro. Alla vigilia della prima
guerra mondiale, Renato Serra scrive Esame di coscienza di un letterato, una
sorta di giudizio sulla cultura italiana di quegli anni, sulla letteratura e sul
ruolo degli intellettuali, prendendo posizione sul fatto che non sar di certo
la guerra a cambiare il rapporto tra intellettuale e vita; si pone cio contro
quegli intellettuali che vedono nella guerra loccasione per uscire dallisola-
mento delle lettere e calarsi nellesistenza concreta. Lazione degli intellettua-
li nella vita sociale si basava su due linee divergenti: chi, come Croce, affer-
mava la propria autosufficienza, per cui il sapere non era al servizio di nessu-
na ideologia e si era lontani quindi da qualsiasi forma di attivismo, e chi inve-
ce, come Papini, agiva in ragione di una forma di milizia ideologica. Serra,
sostenendo che la guerra non cambia nulla, intendeva demolire la nozione di
guerra come sola igiene del mondo, lidea retorica di una missione italia-
na e la convinzione illusoria di molti intellettuali che la guerra avrebbe por-
tato radicali cambiamenti sociali e culturali. Di fatto la guerra sment le illu-
sioni di chi credeva in queste possibilit e acceler la crisi della civilt libera-
le. Se per i crociani si trattava della conferma dellimpossibilit intellettuale
di dominare il processo storico, per il resto del mondo intellettuale la delu-
sione post bellica era nella constatazione che dalla tragedia della guerra non
sarebbe nata una nuova cultura. Lo Stato italiano appariva dopo la Grande
Guerra profondamente diverso da quello di pochi anni prima. Passata la sta-
48
Ivi, p. 57.
Introduzione. Parola di scrittore 29
49
Ivi, p. 25.
50
Sul tema cfr. M. Serri, I redenti. Gli intellettuali che vissero due volte (1938-1948),
Corbaccio, Milano 2009.
30 Carlo Serafini
che Vittorini instaura con i giovani che confusi o disperati o almeno umi-
liati di essere stati fascisti51 temono di non poter pi essere uomini dopo
essere stati non uomini. Vittorini aiuta questi giovani a convincersi di
non essere colpevoli [] strumenti s del fascismo, ciechi dinnanzi a quello
che il fascismo era, vittime di quello che sembrava, deboli, non forti, ma non
fascisti. I giovani non potevano capire il fascismo anche perch lantifasci-
smo era allestero e non arrivava in Italia se non storpiato. Questi giovani
non erano reazionari [] erano per un progresso sociale, per una migliore
giustizia sociale, per leliminazione del latifondo e la socializzazione delle
grandi imprese. Il fascismo disse loro di essere appunto questo e si presenta-
va come un movimento moderno in grado di superare limpostazione dei vec-
chi partiti. I giovani si persuasero che il fascismo fosse in lotta contro
ogni sorta di reazionari per lattuazione di un programma socialmente rivo-
luzionario. Basta scorrere i giornali giovanili, specie nel periodo tra il 31 e il
35, per averne la prova. Gli slogans demagogici del fascismo diventavano, su
quei fogli, argomento di dibattito entusiasta e motivo di attacco concreto al
capitalismo, alla borghesia, ai rapporti di produzione della societ borghese
[] Qui parlo di unesperienza che anche la mia. E io sono nato nel 1908,
non nel 20 o nel 22. Avevo gi quattordici anni lanno della marcia su
Roma. Avevo sentito parlare in qualche modo, di come era nato il fascismo.
Eppure [] anchio mi agitai nel senso che ho descritto qui sopra, su fogli
fascisti pi o meno di provincia. Debbo dirlo a questi ragazzi che mi scrivo-
no. Anche io sono stato uno di loro. Sono stato non acuto e non forte.
Non uomo? Sono stato dei deboli.
***
Da un punto di vista di storia del giornalismo, il dopoguerra vede come
naturale conseguenza della caduta del regime il venir meno del controllo eser-
citato, con relativa sfascistizzazione dei giornali e dellinformazione, e con
lintroduzione dellelemento critico nella lettura sociale e politica della so-
ciet. Questa la grande novit, pur sopravvivendo ancora nella terza pagina
dei giornali lelzeviro tutto letterario, come dimostra, ad esempio, lesperien-
za di Moretti, gi attivo come terzapaginista dal 1923 sul Corriere. Riapre
significativamente la cronaca, soprattutto per quel che riguarda la nera. Mi-
rabile in questambito lo stile e la capacit di Dino Buzzati52. Non sono
pochi gli scrittori e gli intellettuali che partecipano con impegno alla rinasci-
ta dellinformazione democratica nel nostro Paese. Limpegno dei singoli si
concentra, per, sul lavoro di divulgazione politica e di informazione tout
51
Cfr., anche per le citazioni immediatamente successive, E. Vittorini, Fascisti i giovani?,
in Il Politecnico, n. 15, 5 gennaio 1946.
52
Cfr. nel presente volume S. Cirillo, Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del
lettore.
Introduzione. Parola di scrittore 31
court piuttosto che sul piano della produzione letteraria in campo giornali-
stico. I giornali, che in questo periodo escono in formato ridotto (otto pagi-
ne i pi ricchi), limitano gli interventi di natura espressamente culturale a
isolati episodi. Di solito si tratta di articoli in terza pagina a una o due colon-
ne53. Da notare ancora che proprio in questi anni non raro trovare scritto-
ri che lavorano nella redazioni dei quotidiani: Vittorini caporedattore del-
lUnit di Milano, Calvino redattore della terza pagina dellUnit di To-
rino, Montale dal 1948 scrive sul Corriere della sera occupandosi non solo
di critica letteraria, Caproni tra il 1945 e il 1946 conduce inchieste per Il
Politecnico sulle borgate romane per non parlare degli scrittori che dal
primo dopoguerra saranno inviati speciali al seguito del Giro dItalia54. Se da
un lato lesperienza della guerra domina la letteratura neorealista, con una
memorialistica che non pu non tener conto della tragedia subta, altra parte
del mondo intellettuale, e non solo, guarda al futuro con entusiasmo, vitalit
e progettualit diffusa. Lantifascismo domina lintero panorama, caratteriz-
zato dallanalisi critica del recente passato, e da passione civile, volont di rin-
novamento culturale, nascita di nuove testate e riapertura di vecchie, produ-
zione libraria, proliferare di iniziative editoriali. Venne lanno 1945. uno
spartiacque. La guerra appena finita e possiamo cogliere la dimensione delle
rovine. Sono rovine materiali ma anche rovine morali [] La maggior parte
di noi non riusc allora a vedere la faccia negativa del prodigioso sviluppo
della conoscenza che ha sostenuto la guerra e la vittoria. [] Tornavano i
superstiti, uno su cento, dai campi di sterminio. Raccontavano e comincia-
vano a scrivere cose inimmaginabili sulla disumanit del potere e sullorga-
nizzazione scientifica della morte, ma questi racconti non toccavano la nostra
gioia di vivere finalmente nella pace [] Proprio a partire dal 1945 si apr
una nuova e durevole fiducia nellunilinearit dello sviluppo economico e del
progresso sociale55. Ancora da notare che nellimmediato dopoguerra ini-
zia a manifestarsi, per lo meno a livello progettuale, la volont di attenuare la
differenza tra cultura alta ed elitaria e cultura bassa e popolare che si era ben
consolidata negli anni Trenta, e il processo di avvicinamento viene avvertito
quale conseguenza della volont di creare un comune sentire, una comune
esperienza che trova la sua radice nelle istanze di libert e di uguaglianza che
hanno caratterizzato gli anni della Liberazione. Si delinea insomma un pro-
getto di cultura unitaria e democratica, che tende a non privilegiare questa o
53
Cfr. P.F. Borgia, Letteratura e giornalismo dal 1945 a oggi, in Storia generale della lettera-
tura italiana, cit., vol. XII, pp. 488-496.
54
Cfr. per una sintesi sul tema N. Giurlani, La leggenda del Giro dItalia raccontata da gran-
di firme, Il Riformista, 6 maggio 2009; inoltre L. Lepri, In bicicletta, in LItalia in Italia.
Storia, formazione, immagini di una mutevole identit nazionale, a cura di R. Fedi e G.
Capecchi, Guerra edizioni, Perugia 2010, pp. 89-99.
55
Cfr. V. Fo, Il cavallo e la torre. Riflessioni su una vita, Einaudi, Torino 1991, pp. 69-70.
32 Carlo Serafini
quella disciplina, n questa o quella classe sociale, e che si fonda sulle nuove
istanze di trasformazione della societ, in una prospettiva militante e forma-
tiva, sperimentale e divulgativa. Nelle riviste e case editrici in particolare,
unit della cultura dalle lettere alle varie arti, e unit antifascista tra movi-
menti e partiti, convergono in modo dinamico e fecondo56. In questottica
va letta la nuova iniziativa di Vittorini, che il 29 settembre 1945 sul primo
numero de Il Politecnico57 traccia le linee di una nuova cultura che rive-
da il passato e che non sia pi consolatoria ma attiva concretamente nella vita
sociale.
Per un pezzo sar difficile dire se qualcuno abbia vinto in questa guerra. Ma certo
vi di tanto che ha perduto, e che si vede come abbia perduto. I morti, se li con-
tiamo, sono pi di bambini che di soldati: le macerie sono di citt che avevano
venticinque secoli di vita: di case e di biblioteche, di monumenti, di cattedrali, di
tutte le forme per le quali passato il progresso civile delluomo; e i campi sui
quali si sparso pi sangue si chiamano Mathausen, Maidaneck, Buchenwald,
Dakau. / Di chi la sconfitta pi grave in tutto questo che accaduto? Vi era
bene qualcosa che, attraverso i secoli, ci aveva insegnato a considerare sacra lesi-
stenza dei bambini. Anche di ogni conquista civile delluomo ci aveva insegnato
che era sacra; lo stesso del pane; lo stesso del lavoro. E se ora milioni di bambini
sono stati uccisi, se tanto che era sacro stato lo stesso colpito e distrutto, la scon-
fitta anzitutto di questa cosa che cinsegnava linviolabilit loro. Non anzi-
tutto di questa cosa che cinsegnava linviolabilit loro? / Questa cosa, voglio
dirlo subito, non altro che la cultura: lei che stato pensiero greco, ellenismo,
romanesimo, cristianesimo latino, cristianesimo medioevale, umanesimo, rifor-
ma, illuminismo, liberalismo [] Non vi delitto commesso dal fascismo che
questa cultura non avesse insegnato ad esecrare gi da tempo. / E se il fascismo
ha avuto modo di commettere tutti i delitti che questa cultura aveva insegnato ad
esecrare gi da tempo, non dobbiamo chiedere proprio a questa cultura come e
perch il fascismo ha potuto commetterli? / Dubito che un paladino di questa
cultura, alla quale anche noi apparteniamo, possa darci una risposta diversa da
quella che possiamo darci noi stessi; e non riconoscere con noi che linsegna-
mento di questa cultura non ha avuto che scarsa, forse nessuna, influenza civile
sugli uomini. [] qualit naturale della cultura di non poter influire sui fatti
degli uomini? Io lo nego. / Se quasi mai [] la cultura ha potuto influire sui fatti
degli uomini dipende solo dal modo in cui la cultura si manifestata. Essa ha
predicato, ha insegnato, ha elaborato principi e valori, ha scoperto continenti e
costruito macchine, ma non si identificata con la societ, non ha governato con
la societ, non ha condotto eserciti per la societ. Da che cosa la cultura trae
motivo per elaborare i suoi principi e i suoi valori? Dallo spettacolo di ci che
luomo soffre nella societ. Luomo ha sofferto nella societ, luomo soffre. E cosa
56
G.C. Ferretti e S.Guerriero, cit., p. 78.
57
Per la storia della rivista e il suo peso culturale cfr. M. Forti e S. Pautasso, Il Politecnico,
Lerici, Milano 1960.
Introduzione. Parola di scrittore 33
fa la cultura per luomo che soffre? Cerca di consolarlo. [] Potremo mai avere
una cultura che sappia proteggere luomo dalle sofferenze invece di limitarsi a
consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare
lo sfruttamento e la schiavit, e a vincere il bisogno, questa la cultura in cui
occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.
58
Ivi, p. 82.
59
Ivi, p. 84.
60
La lettera, pubblicata su lUnit del 7 agosto 1957, oggi in I. Calvino, Saggi, I
Meridiani, Mondadori, Milano 1995, vol. II, pp. 2188-2191.
34 Carlo Serafini
certo non era favorevole al dilagare di una nuova cultura progressista e demo-
cratica. Non va poi trascurata la vicenda politica e sociale italiana che in qual-
che modo costrinse gli intellettuali a prendere posizione. Infatti lItalia si
venne ricostruendo nel coesistere di forze politiche e sociali molto diverse tra
loro: comunisti, socialisti, partito dazione, liberali, nuovo partito cattolico
della democrazia cristiana, il tutto in un apparato istituzionale rinnovato
(dalla monarchia alla repubblica) ma in un apparato amministrativo burocra-
tico che risentiva ancora pesantemente delle dinamiche del Ventennio. Lan-
tifascismo inoltre era allinsegna della partecipazione pi diretta delle classi
popolari alla gestione del potere, cosa mal vista dallincedere del capitalismo
occidentale e dalle classi privilegiate. Il Partito comunista di Togliatti, schie-
rato per forza di cose e nonostante le aperture con il blocco sovietico stalini-
sta, venne estromesso dal governo nel 1947 e le elezioni dellanno successivo
videro la vittoria della Democrazia cristiana con conseguente ritorno al pote-
re dei cattolici in Italia e avvicinamento al blocco capitalistico in subalternit
agli Stati Uniti dAmerica. Il Partito comunista rest allora, almeno simboli-
camente, garanzia di antifascismo e di uguaglianza, e la sua politica culturale
venne sposata da tutti quegli intellettuali che sentivano di agire in nome
della libert. Il tutto almeno fino a quando cade la maschera del Comuni-
smo, nel 1956, anno che vede attuarsi, in conseguenza dei fatti dUngheria
sui quali bene fermarsi, una vera e propria presa di distanza tra cultura e
politica per lo meno nel senso che fino a qui si visto.
Il 5 marzo 1953 la morte di Stalin apre un nuovo scenario nellassetto
sovietico, con reazioni nei paesi satelliti. Dal 17 al 24 febbraio 1956 si svol-
ge a Mosca il XX Congresso del Partito Comunista, dove Nikita Sergeevic
Chruscv presenta il famoso Rapporto segreto che a breve circola in
America, Europa e quindi in Italia. Vedere il Segretario del Partito Comuni-
sta sovietico attaccare Stalin denunciandone i crimini ebbe un forte effetto
sui comunisti europei61. Di l a breve Polonia prima e Ungheria dopo si orga-
nizzano per insorgere.
Per renderci conto del ruolo giocato dallinformazione in quei giorni,
molto interessante la lettura parallela di due dei maggiori quotidiani italia-
ni. Da una parte lUnit, organo ufficiale del partito comunista italiano,
dallaltra il Corriere della sera, giornale moderato della grande borghesia
italiana. Se seguiamo parallelamente i numeri dei due quotidiani dai giorni
immediatamente successivi al 23 ottobre (inizio della rivoluzione ungherese)
alla met di novembre del 1956 (quando cio i carri armati russi avevano raso
al suolo tanto la citt di Budapest che i suoi abitanti), possiamo osservare
come gli stessi avvenimenti abbiano due volti differenti. Dallinizio della
61
Cfr. A. Guerra, Il giorno che Kruscev parl: dal XX Congresso alla rivolta ungherese, Editori
Riuniti, Roma 1996, p. 80.
Introduzione. Parola di scrittore 35
62
Cfr. A. Castellani, Scontri nelle vie di Budapest provocati da gruppi armati di contro-rivo-
luzionari, lUnit, 24 ottobre 1956.
63
Cfr. A. Valcini, Via i russi dallUngheria, grida la folla a Budapest, Corriere della sera,
24 ottobre 1956.
64
Cfr. Aerei russi bombardano la popolazione (senza firma) e A. Guerriero, Gli insorti com-
battono nelle vie di Budapest contro i carri armati dellesercito sovietico Ansia di libert,
Corriere della sera, 25 ottobre 1956.
65
Cfr. di O. Vangelista su lUnit, Il potere socialista ha infranto in Ungheria lattacco delle
bande armate controrivoluzionarie, 25 ottobre 1956; La giornata di ieri nella capitale unghere-
se, 26 ottobre 1956; Appello del Partito e del governo per la pacificazione mentre continuano scon-
tri tra gli insorti e il potere socialista, 27 ottobre 1956.
66
Cfr. A. Valcini, A mezzogiorno in piazza del parlamento i russi sparavano ancora sulla folla,
Corriere della sera, 26 ottobre 1956 e Migliaia di caduti nella capitale (senza firma),
Corriere della sera, 27 ottobre 1956.
67
Cfr. P. Togliatti, Da una parte della barricata a difesa del socialismo, lUnit, 25 otto-
bre 1956.
68
Cfr. su il Corriere della sera: A.A., Disorientati i comunisti, mentre il PSI condanna
Nagy, 25 ottobre 1956; Si profila per i comunisti il pericolo dellisolamento, 27 ottobre 1956;
Gravi dissensi tra i comunisti nella valutazione degli avvenimenti, 28 ottobre 1956.
69
Cfr. fra gli altri articoli O. Vangelista, Continua il terrore anticomunista a Budapest,
lUngheria denuncia il Patto di Varsavia, lUnit, 2 novembre 1256.
70
M. Luandi, Dalla frontiera austriaca ho visto un popolo rinato alla libert, Corriere della
sera, 1 novembre 1956.
36 Carlo Serafini
75
Per unanalisi dettagliata della terza de Il Giornale e di tutti i maggiori quotidiani ita-
liani dal Fascismo ai nostri giorni, cfr. il recente volume di G.C. Ferretti e S. Guerriero, cit.
76
Cfr. S. Lanaro, Storia dellItalia repubblicana, Marsilio, Venezia 1992, pp. 228 sgg.
77
M. G. Rossi, Una democrazia a rischio. Politica e conflitto sociale negli anni della guerra
fredda, in Storia dellItalia repubblicana, Einaudi, Torino 1994, vol. II, La costruzione della
democrazia, p. 1000.
38 Carlo Serafini
quindi alla met degli anni Sessanta, vede una serie di eventi che creano una
vera e propria metamorfosi nel volto del paese: senza entrare troppo allin-
terno dellanalisi storica e sociale di quegli anni, occorre porre lattenzione
solo su alcuni aspetti per i notevolissimi riflessi esercitati sulla cultura italia-
na. Il forte inurbamento, oltre ai problemi visti, crea una vera e propria tra-
sformazione del volto delle citt, con speculazioni edilizie tanto massicce
quanto criminali, tali da aver devastato in maniera irreversibile quasi tutti i
centri storici. La costruzione di aree periferiche degradate e prive di servizi e
di verde, come la costruzione, anchessa scellerata, di seconde case o comples-
si alberghieri per le vacanze, ha prodotto disagio esistenziale e criminalit in
un caso e depauperamento del patrimonio naturale nellaltro. Ma la vera rivo-
luzione a livello culturale viene data principalmente dallinarrestabile prende-
re piede di due fenomeni: il diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa
e il dilagare della societ dei consumi, che impongono di fatto nella vita quo-
tidiana (pensiamo alla televisione) gli sviluppi portati dallindustria. I giornali
sembrano accorgersi della trasformazione, ma inizia ora una accelerazione dei
tempi che lascia tutti sconcertati; nel 1962 cos scriveva Nello Ajello:
78
Cfr. N. Ajello, Dalla terza pagina al supplemento letterario, in Nord e Sud, n. 33, 1962,
pp. 120-121.
Introduzione. Parola di scrittore 39
79
Cfr. nel presente volume il saggio di L. Weber, Un salutare difetto ottico. Edoardo San-
guineti pubblicista e recensore.
40 Carlo Serafini
dei meccanismi che hanno portato gli anni Settanta ad essere ricordati come
gli anni di piombo, va notato per che lapertura pubblico sociale alla base
del movimento fine anni Sessanta ripiega agli inizi del decennio successivo,
al sentire della crisi, verso lutilitarismo privato e lintrecciarsi di logiche di
potere che con meccanismi mai chiariti sfociano nel terrorismo, tanto rosso
che nero, che, a partire dalla strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) al
sequestro Moro nella primavera del 1978, segna una delle parentesi pi nere
della storia repubblicana. Il momento del bilancio quindi amaro sia da un
punto di vista pratico che da un punto di vista di investimento ideologico,
anche perch i successivi anni Ottanta hanno visto il trionfare della logica dei
partiti e lonnipresenza del loro controllo sulle istituzioni e sullamministra-
zione pubblica il fallimento, cio, del Sessantotto.
Ma prima di tornare al giornalismo culturale e ai suoi protagonisti attivi
occorre ricordare che negli anni Settanta si sono svolte in Italia due vere e
proprie battaglie culturali sociali che hanno coinvolto lintera societ italiana,
dalla politica agli intellettuali, dalla Chiesa ai cittadini comuni intorno ai due
temi del divorzio e dellaborto. Nemmeno qui si entrer nel merito, ma non
si pu trascurare come leco, come anche le strumentalizzazioni, siano state
vastissime e come intorno alle questioni abbiano preso parola le maggiori
voci del panorama intellettuale italiano, da Moravia a Calvino, da Testori a
Manganelli, e, memorabile, la polemica innescata dallarticolo di Pasolini
Sono contro laborto sul Corriere della sera del 19 gennaio 1975. Avverte
giustamente Floriana Calitti80 che occorre fare attenzione a non leggere gli
articoli dello scrittore corsaro pensando alloggi e stare attenti a non cadere in
commenti sul profetismo di Pasolini, ma, sottolinea ancora la Calitti, il
compito arduo, perch in effetti Pasolini forse lesempio pi lucido ed effi-
cace di come la capacit di analisi di un intellettuale possa dare letture della
societ e della politica illuminanti non solo per il presente, ma anche per
quelli che di l a pochi anni sarebbero stati gli esiti delle scelte culturali o delle
politiche italiane. Pasolini si sar pur servito di una forza eccessiva delle sue
esternazioni o di una certa naturale propensione allo scandalo (lo scrisse
anche Moravia rispondendo a Pasolini stesso sullaborto), ma ha dimostrato
sempre, fino alla tragica morte del novembre 1975, di avere delle idee, saper-
le difendere e saperle comunicare. Indipendentemente dal trovarci daccordo
o meno con il suo pensiero, resta un esempio di coerenza e identit intellet-
tuale molto forte che ha dato, soprattutto negli anni del Corriere, un note-
volissimo contributo al sorgere di quel giornalismo di smascheramento del
potere che prender di l a pochi anni piede in maniera massiccia. A racco-
gliere il testimone degli attacchi diretti al Potere, al Palazzo, ai grandi perso-
naggi politici citati per nome e cognome di Pasolini, arriva al Corriere
80
Cfr. nel presente volume F. Calitti, se mettessimo questo Pasolini in prima pagina?.
Introduzione. Parola di scrittore 41
Giovanni Testori, che con i suoi corsivi morali81 sposta lobiettivo sullana-
lisi delluomo nella societ anni Settanta (come anche, sebbene in prospetti-
va diversa, la ricerca dellumano al centro del pensiero di Mario Luzi nella
sua lunghissima attivit intellettuale). Ma emblematico notare nella vicen-
da di Testori al Corriere come il suo ritardato ingresso sia stato causato
anche dallavversione di Montale che osteggiava lo scrittore milanese per la
sua omosessualit82. Testori, sempre in queglanni, viene a contatto con i
ragazzi di Comunione e Liberazione guidati da Don Giussani e diversi anni
dopo confesser a Luca Doninelli che stato proprio nel rapporto con quei
giovani che si sentito pienamente accettato come omosessuale, lontano da
ogni fronte di giudizio: il fatto che sia la poesia a rifiutare lomosessualit, e
ragazzi vicini alla Chiesa ad accettarla, la dice lunga sul divario o sulla con-
traddizione tra cultura, ideologia e realt negli Anni Settanta. Sia chiaro che
essendo un esempio va preso come tale.
Ma per limitare il continuo divagare come stato vissuto dagli intel-
lettuali il periodo in questione? Il trapasso della societ italiana da unecono-
mia prevalentemente agricola a uneconomia industriale venne sentito, in
maniera particolare dalla generazione di scrittori nata fra il 1910 e il 1930,
pi che come superamento del passato, come eliminazione brutale e violen-
ta del passato. Tuttavia questo non vuol dire affatto rifiuto del presente, sem-
mai lo stato danimo di colui che sa di assistere ad un processo assoluta-
mente irreversibile, rispetto al quale il passato non pu pi esistere perch
ormai assolutamente irrecuperabile. La nuova societ non ha modelli ai quali
rifarsi, radicalmente unaltra, non ha possibilit di confronto con modelli
precedenti, altra natura pi che evoluzione di una natura precedente. E
allora, non avendo modelli, lunico modo per conoscerla o tentare di capirla
leggerla dallinterno, immergersi nellorizzonte capitalistico industriale
come se una societ preindustriale non fosse mai esistita. Questa stata la
cifra di Pasolini e Testori a Roma e a Milano, ma in questottica vanno letti,
anche quando sembrano il frutto di semplici osservatori o quando si occupa-
no di altro, gli scritti di Flaiano e Manganelli che evidenziano con la cifra loro
propria tutte le contraddizioni e le incongruit, anche comiche, della nuova
Italia. il caso anche di Gianni Toti, forse meno conosciuto, ma che, par-
tendo da un forte impegno giornalistico in ambito sindacale nel mondo del
lavoro, arriva attraverso un particolare uso del linguaggio a smascherare le
verit della societ dei consumi. Arbasino, ad esempio, vede, non solo lette-
rariamente ma anche giornalisticamente, lItalia del progresso come un inin-
terrotto flusso nel quale losservatore obbligato ad entrare dentro se vuol
vedere qualche cosa. Sanguineti, in occasione del Convegno per i quaranta
81
Cfr. nel presente volume C. Serafini, I corsivi morali di Giovanni Testori.
82
Cfr. S. Grasso, Corriere della sera, 17 marzo 1993.
42 Carlo Serafini
anni del Gruppo 63 83, rispondendo alle accuse mosse al Gruppo di presunto
servilismo nei confronti dellorizzonte capitalistico-tecnologico, replica che a
opporsi al potere del capitalismo non sarebbe servito a nulla un ritorno al
passato pre-tecnologico, mentre pi opportuno stato il radicarsi critico
allinterno di quello stesso orizzonte. La posizione del poeta e critico ha forza
poi negli anni a seguire soprattutto per la sua visione politica e la sua polemi-
ca intellettuale, ben evidenziata in questo volume dal contributo di Weber84
che si sofferma giustamente sul dialogo a distanza con Sciascia, o con
Moravia e sul modo in cui stato affrontato dal poeta ligure il caso Moro.
Recentissimamente scomparso, marxista, materialista storico convinto,
Sanguineti stato per tutta la vita fedele ad un suo progetto intellettuale poli-
tico che lo ha visto molte volte isolato o per lo meno antipopolare. Nello stes-
so convegno citato del 2003 non ha esitato a dichiarasi spaventato da una
cultura talmente supina allimperialismo capitalistico da destituire di ogni
significato termini quali materialismo, capitalismo, proletariato, classe socia-
le, fino alla campagna elettorale per sindaco di Genova nel 2007 dove parla
di odio di classe e di invito a combattere lodio dei ricchi verso il proleta-
riato con le medesime armi dellodio. Ammettendo anche oggi lesistenza del-
lodio di classe (e su questo non gli si pu dare torto), parlarne in campagna
elettorale invitando a combatterlo con altrettanto odio , sempre oggi, un
suicidio politico. Resta il fatto comunque che il suo contributo intellettuale,
se non altro come studioso, critico e poeta, sia uno dei maggiori del
Novecento. Rispetto a Moravia, Valeria Merola85 sottolinea che, come si evin-
ce dal titolo della raccolta di scritti giornalistici dello scrittore (Impegno con-
trovoglia), il suo atteggiamento di fronte alla partecipazione intellettuale alla
vita politica e sociale decisamente controvoglia, nel senso di una non tota-
le militanza e di un mantenimento comunque di separazione con lopera let-
teraria vera e propria. Tuttavia Moravia rappresenta nel secondo dopoguerra
fino alla morte nel 1990 un punto di riferimento intellettuale se non altro
come presenza e come frequenza di interventi, senza contare il notevole con-
tributo culturale che ha dato con la sua attivit di critico cinematografico e
con i suoi reportage di viaggio. Se gli interventi giornalistici del Calvino intel-
lettuale disilluso anni Ottanta, quelli su Repubblica, risentono dellirrever-
sibilit dei tempi e del cambiamento anche psicologico degli Italiani, non
mancano di aprire polemiche e questioni i frequenti interventi di un intel-
lettuale gi attivissimo ai tempi del Politecnico come Franco Fortini. Chi
torna invece sul fronte dello smascheramento delle logiche occulte del pote-
re uno scrittore civile come Leonardo Sciascia: la mafia cambiata come
83
Cfr. il resoconto del convegno tenutosi a Palermo dal 27 al 30 ottobre 2003 sul nume-
ro 8/9, anno III, de LIlluminista, Rivista di cultura contemporanea diretta da W. Pedull.
84
Cfr. L. Weber, cit.
85
Cfr. nel presente volume V. Merola, La commedia umana di Alberto Moravia.
Introduzione. Parola di scrittore 43
86
Cfr. P.P. Pasolini, Nuove questioni linguistiche, Rinascita, 26 dicembre 1964.
87
Cfr. I. Calvino, Per ora sommersi dallantilingua, Il Giorno, 3 febbraio 1965.
44 Carlo Serafini
88
Cfr. F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, Marsilio, Venezia 1992,
p. 408.
89
Cfr. sul tema linteressante analisi di Z. Bauman, in La decadenza degli intellettuali,
Bollati Boringhieri, Torino 1992.
46 Carlo Serafini
mente a tutti i media e che avr il suo pieno sviluppo negli anni novanta e
duemila, con laumento dei canali televisivi disponibili, Internet e la digita-
lizzazione di tutti i contenuti audio, video e grafici90. Sostanzialmente,
quindi, non c consumatore che non venga raggiunto dal suo prodotto,
parallelamente alla nascita di un impero economico tale da non poter non
coinvolgere la politica, che si vede vincolata al mezzo televisivo sotto due
aspetti principali: il primo riguarda ovviamente il controllo di un simile
impero, il secondo riguarda lutilizzo del modello pubblicitario a fini di pro-
paganda politica, con conseguente presa di forza dellimmagine su ogni
forma di pensiero. La comunicazione diventa quindi il primo obiettivo strate-
gico delleconomia e della lotta politica. E nemmeno il mondo industriale ne
pu star fuori, conscio del fatto che i propri prodotti fuori dai circuiti pubbli-
citari sono praticamente invendibili; n possibile entrare nella pubblicit per
il solo lancio di un prodotto. infatti dimostrato che prodotti di grande suc-
cesso se escono dalla visibilit pubblicitaria vengono in brevissimo tempo di-
menticati dal consumatore. in questa fase dellItalia che viene ad imporsi eco-
nomicamente prima e politicamente poi il nome di Silvio Berlusconi e della sua
Fininvest che, dopo aver creato Canale 5 (1980), acquista Italia 1 (1982)
e Retequattro (1984) creando un sistema televisivo nazionale antagonista e
concorrenziale alla Rai. Lespansione del gruppo di Berlusconi non vede limiti
e ingloba anche leditoria cartacea (Mondadori ai primi anni Novanta) e altro,
arrivando poi alla fine del 1993 allingresso in politica del suo leader e di tutto
il suo potere mediatico aprendo il mai risolto, n da lui per ovvi motivi ma
nemmeno dai suoi avversari politici, conflitto di interessi.
Non ci si soffermer sulla storia dellItalia degli ultimi due decenni, sia per
vicinanza cronologica, sia perch caratterizzata dal continuo ripetersi di
espressioni come ribaltoni, tradimenti, scandali, persecuzioni, attac-
chi personali, pressioni fiscali, errori passati da gestire e una illimitata
quantit di parole che non hanno lasciato quasi nulla oltre il tempo che
hanno fatto perdere. La questione non tanto relativa a quanto rester al
governo Berlusconi lui, ma quanto resister il modello politico che lui ha por-
tato, rispetto al quale non sono mancati scrittori, da Tabucchi a Saviano, da
Eco alla Maraini, che hanno dimostrato con forza la loro opposizione. Ci si
limiter allora ad alcune brevi considerazioni conclusive (e soprattutto prov-
visorie) su come si presenta lItalia alla fine degli anni Zero dopo circa venti
anni di imperialismo del modello commerciale e su quale spazio e forza possa
avere ancora oggi la parola dellintellettuale. La prima considerazione da fare
relativa al doveroso prendere atto del fatto che la politica diventata una
saponetta, come disse DAlema, nel senso che il politico deve essere presen-
tato al pubblico (gli elettori) nello stesso modo con il quale un prodotto (tipo
90
G.C. Ferretti e S. Guerriero, cit., p. 295.
Introduzione. Parola di scrittore 47
corruzione che se prima si rubava per i partiti adesso si ruba per se stessi. E
nemmeno a dire che manca la denuncia, perch nonostante si tenti in pi
modi di arginare gli scandali, lattuale sistema del giornalismo di informazio-
ne in grado comunque di far trapelare le cose. Nessuno pu oggi dire di non
sapere, e allora ci si chiede perch unItalia che sa tutto si ostina a non cam-
biare nulla? Perch tanti italiani sono corsi a tirare monetine a Craxi e oggi si
continua a dare il voto a chi perennemente al centro di scandali? Cosa suc-
cesso allItalia in questi venti anni? E qui si apre unaltra questione che ha
riflessi culturali notevolissimi, perch se in Italia ha vinto un sistema com-
merciale che di fatto compra le cose, bisogna pur riconoscere che la vitto-
ria stata possibile perch tale sistema si trovato davanti un paese tutto
miseramente in vendita. Nessuno escluso, un paese dove il piccolo tornacon-
to personale dominante su qualsiasi visione pi ampia che il paese dovreb-
be avere rispetto alla propria situazione. Nessuno dichiara di votare
Berlusconi, come nessuno un tempo diceva di votare Democrazia cristiana,
ma almeno la met degli italiani gli ha dato il voto. Questo vuol dire che in
Italia domina la logica del benessere individuale, logica che ha annientato a
tal punto luso della critica da credere a chi, due giorni prima delle votazio-
ni, ti promette risparmi e benessere. Allora qui entra il problema culturale
il problema cio di chi continua ad essere in vendita rispetto ad un sistema
capitalistico commerciale che non ha altri mezzi di seduzione se non quelli
del denaro. Il problema cio quello di capire che se oggi viene offerto qual-
cosa, non detto che quel qualcosa sia ottenuto, ma forse molto pi pro-
babile che accettando si contribuisca ad indebolire un sistema che per non
collassare ti dovr chiedere ben altro, cio che la motivazione che ti ha spin-
to a dare un voto non stata altro che illusione, immagine appunto, esatta-
mente come quando si compra un dentifricio e ci si accorge che i nostri denti
restano dello stesso colore di prima, magari puliti, ma dello stesso colore di
prima. E la logica individuale non solo personale, a ben guardare anche a
livello di opposizione politica. E questa unaltra delle caratteristiche
dellItalia attuale: lopposizione al governo non fa mai sistema, non riesce ad
organizzarsi in un pensiero politico convincente e riconoscibile.
Il Paese a pezzi e la scuola a pezzi devono pur servire a qualcuno se cos
pervicacemente li si desidera, li si cerca e li si vuole91, scriveva Giovanni
Testori sul Corriere della sera nel 1979, e Calvino, un anno dopo, sostene-
va che non ci sono possibilit che le cose possano cambiare se non in peg-
gio92. Oggi siamo sempre l. La scuola viene riformata con frequenza tale da
non permettere ad alcuna riforma di far vedere che risultati porta, con luni-
co effetto che il livello di competenza di uscita degli studenti che entrano
allUniversit o nel mondo del lavoro bassissimo. Per non parlare dei pro-
91
Quellurna vuota degli studenti, Corriere della sera, 25 novembre 1979.
92
Cfr. I. Calvino, Ma abbiamo anche qualche virt, LEspresso, 21 dicembre 1980.
Introduzione. Parola di scrittore 49
1
Gli articoli di Svevo hanno trovato una sistemazione organica nella recente edizione cri-
tica di Tutte le opere, e in particolare nel volume I. Svevo, Teatro e saggi, a cura di F. Bertoni,
Mondadori (I Meridiani), Milano 2004. Ulteriori, brevi ma numerosi contributi, sono stati
rintracciati e pubblicati da B. Moloney e F. Hope (Italo Svevo giornalista triestino con scritti sco-
nosciuti, in Quaderni Giuliani di Storia, n. 1, Anno XXVII, gennaio-giugno 2006); e non
escluso che altri ancora ne possano affiorare nel corso del tempo.
52 Natlia Vacante
diede voce allirredentismo giuliano dal 1877 al 1915 2, sul quale egli pub-
blic articoli e recensioni (nonch due racconti3), fra il 1880 e il 1890. Oc-
corre tener presente che la collaborazione del giovane Schmitz non si limit
allambito strettamente culturale, se si deve prestar fede ai ricordi di Silvio
Benco riportati su Pegaso, in cui questi ripercorre la storia della frequenta-
zione con Svevo:
Ho conosciuto Italo Svevo quando facevo le mie prime armi nella redazione
dellIndipendente. Ogni mattina egli veniva e, con laiuto dei giornali tedeschi,
schiccherava una rubrica di politica estera. [] Era un lavoratore coscienzioso,
puntuale e anche rapido, bench non senza pentimenti: ma tratto tratto, come
annoiato, sollevava la testa dai fogli, e con la sua bella voce dalle appoggiature
gravi, gettava qualche parola scherzevole sui fatti del giorno. Poi ripigliava la siga-
retta e la penna, e si rimetteva al lavoro con un sorriso paziente4.
2
LIndipendente inizi le pubblicazioni il 4 giugno del 1877, subito dopo la messa al
bando del Nuovo Tergesteo nella primavera dello stesso anno, in seguito allarroventarsi del
clima politico, dovuto tra laltro alla decisione presa dal Parlamento di Vienna di abolire il
porto franco di Trieste. Il nuovo quotidiano fu fondato da un Comitato dazione segreto, costi-
tuito dai maggiori esponenti del Partito Liberale di Trieste, la sua direzione fu affidata allex-
garibaldino Giuseppe Caprin. Si trattava di un giornale assai diffuso negli ambienti della
finanza e del commercio, che si faceva portavoce dellirredentismo, e proprio per questo nel
corso degli anni fu pi volte sequestrato dalle autorit austriache. Tuttavia, nonostante seque-
stri, multe e altri provvedimenti restrittivi, esso riusc a sopravvivere, grazie al lavoro indefes-
so dei suoi redattori e al sostegno delle risorse del partito, fino allentrata in guerra dellItalia
nel 1915 (cfr. J. Gatt-Rutter, Alias Italo Svevo.Vita di Ettore Schmitz, scrittore triestino, Nuova
Immagine Editrice, Siena 1991, pp. 62-63).
3
Si tratta di Una lotta, uscita a puntate sui numeri 6-7-8 gennaio 1888, e dellAssassinio
di via Belpoggio, pubblicato in nove puntate sempre sulla terza pagina del quotidiano dal 4 al
13 ottobre 1890: entrambi i racconti sono firmati con lo pseudonimo E. Samigli.
4
S. Benco, Italo Svevo, in Pegaso, n. 1, Anno I, gennaio 1929, p. 48.
5
B. Moloney e F. Hope sostengono che sullIndipendente furono pubblicati vari altri
contributi non firmati di Svevo. Di recente hanno rinvenuto un Notiziario firmato in calce
Ettore, apparso sul numero del 6 luglio 1884, in cui compaiono brevi notizie sui temi pi
svariati: dallalpinismo, allesposizione di Torino, ad alcune opinioni della Serao e di George
Sand sulle donne, ai commenti del Fanfulla della Domenica su un volume del poeta triesti-
no Marco Padoa, alluscita della terza dispensa del Nvo dizionario universale della lingua ita-
liana compilato da P. Petrcchi. Considerando che molti degli argomenti trattati sono di inte-
resse sveviano, appare plausibile che possa essere sua la paternit di questo Notiziario. Al
Petrocchi, tra laltro, Ettore dedic larticolo Una commedia in lingua impossibile del 2 aprile
1884. Cfr. Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., pp. 22-23 e pp. 31-33.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 53
6
Trascrivo qui il brano per intero: Italo Svevo per lunghi anni fu collaboratore assiduo
dellIndipendente. Prima ancora di pubblicare Una vita, godette di una certa rinomanza di
critico letterario nel piccolo ambiente cittadino. Pot onorarsi dellamicizia di Riccardo Pitteri,
Cesare Rossi, ed anche Attilio Hortis. NellIndipendente pubblic anche una lunga novella
chegli poi ritenne di scarso interesse [cfr. I. Svevo, Profilo autobiografico, in Racconti e scritti
autobiografici, a cura di C. Bertoni, Mondadori (I Meridiani), Milano 2004, p. 802].
7
Allo studioso inglese, instancabile ricercatore di articoli sveviani dispersi, si devono
numerosi rinvenimenti avvenuti dagli anni Settanta. Cfr. B. Moloney, Italo Svevo e
lIndipendente: sei articoli sconosciuti, in Lettere italiane, n. 4, XXV, ottobre-dicembre
1973; Id., Londra dopo la guerra: five unknown articles by Italo Svevo, in Italian Studies,
XXXI, 1976; Id., Count Noris changes trams: an unknown article by Italo Svevo, in The
Modern Language Review, n. 1, LXXI, gennaio 1976; B. Moloney-J. Gatt-Rutter-F. Hope,
tanto differente questa Inghilterra. Gli scritti londinesi di Italo Svevo, Comune di Trieste-
Museo Sveviano, Trieste 2003; B. Moloney e F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scrit-
ti sconosciuti, cit.
8
B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., p. 19. Il
saggio di M. Beer citato quello intitolato Alcune note su Ettore Schmitz e i suoi nomi: per una
ricerca sulle fonti di Italo Svevo, in Contributi sveviani, Lint, Trieste 1979. Sulla figura dello
Schlemihl in relazione ai personaggi sveviani, vedi anche B. Moloney, Italo Svevo narratore.
Lezioni triestine, Libreria editrice Goriziana, Gorizia 1998, pp. 40-44.
54 Natlia Vacante
terizzata da una linea di approccio ai fenomeni letterari, che, sulla scia della
lezione desanctisiana, si orienta verso una prospettiva apertamente europea.
Soffermandoci per ora su un piano meramente descrittivo, possiamo
notare come questi articoli si misurino con una grande variet di argomenti
e come essi forniscano una testimonianza della vastit di interessi del giova-
ne Schmitz, in quella fase di apprendistato letterario e di sperimentazione
ancora privata delle sue risorse di invenzione e di scrittura (attraverso le prime
commedie, i racconti, e fino al primo romanzo), che si apre con il ritorno a
Trieste nel 1878, dopo il soggiorno di studio nel collegio di Segnitz. que-
sta una fase fermentante, di letture onnivore, disordinate, praticate attraver-
so canali di approvvigionamento differenti: dagli scaffali della Biblioteca
Civica ai libri acquistati o scambiati, dalle fonti indirette di giornali e riviste
a diffusione nazionale, come la Nuova Antologia, il Corriere della Sera,
La Domenica Letteraria, La Domenica del Fracassa, Il Fanfulla della
Domenica, alle pagine della stampa estera, soprattutto francese e tedesca.
Per fornire una mappa sommaria di questa prima serie, pu essere utile
cercare di raggruppare gli articoli pubblicati da Svevo dal 1880 al 1890 per
aree di interesse. Si pu notare, innanzitutto, come molti di essi siano dedi-
cati al teatro, una delle grandi passioni di Ettore Schmitz, quella che, in effet-
ti, mise in moto la sua vocazione di scrittore e di recensore; al teatro sono
infatti dedicati il primo articolo, Shylock, e poi Riduzioni drammatiche, Il
pubblico, Una commedia in lingua impossibile, Una frase sulla Mandragola,
Critica negativa. Molti altri contributi vertono su romanzi e su romanzieri
allora in voga (La Joie de vivre di E. Zola, Giorgio Ohnet, Un individualista,
su J. Pladan, La vocazione del conte Ghislain di V. Cherbuliez, Limmortel
di A. Daudet, Mastro-don Gesualdo di G. Verga), altri testimoniano dellin-
teresse precoce dello scrittore per la dimensione memorialistica e autobiogra-
fica (Poesie in prosa di Iwan Turgenjeff, La verit, su E. Renan, Lautobiografia
di Riccardo Wagner, Le Memorie dei fratelli Goncourt). Troviamo inoltre recen-
sioni a libri di saggistica di costume, di critica, di storia (Il vero paese de
miliardi di M. Nordau, Brandelli di Olindo Guerrini, Il libro di Don
Chisciotte di Edoardo Scarfoglio, Per un critico, su H. Taine), e scritti genera-
ti da occasioni particolari (Giordano Bruno giudicato da Arturo Schopenhauer,
Accademia), e da polemiche e dibattiti dellultimora (Salvatore Grita. Pole-
miche artistiche, Il dilettantismo). Un cenno a parte va riservato ad altri con-
tributi che assumono una dimensione spiccatamente elzeviristica, nutrita gi
in questa fase da una forte componente autobiografica. In essi lio di chi scri-
ve entra direttamente in gioco con il proprio vissuto, con i propri ricordi e
persino con i propri vizi: mi riferisco a Il signor Nella e Napoleone, Sogni di
Natale, Il fumo.
La redazione degli articoli per lIndipendente si situa in un periodo in
cui Ettore Schmitz ha iniziato a fare i conti seriamente con le necessit della
vita borghese, cosicch scrivere e studiare si configurano per lui come attivit
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 55
9
Sempre nel Profilo autobiografico Svevo ricorda a proposito dei primi anni successivi al
matrimonio: Scrivere dellaltro era difficile perch allora per poter corrispondere un po meglio
ai propri impegni lo Svevo occupava tre impieghi: la Banca, poi quello dinsegnante di corri-
spondenza commerciale allIstituto Revoltella e infine passava una parte della notte nella reda-
zione di un giornale a spogliare i giornali esteri (in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 807).
10
Cfr. J. Gatt-Rutter, Alias Italo Svevo, cit., pp. 93-94.
11
Cfr. la pagina di Diario del dicembre 1902, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 736.
56 Natlia Vacante
Egli stesso, com noto, ricorda questa esperienza nel Profilo autobiografico:
Com stato pi volte osservato, il passo citato illumina con una luce
scientemente orientata questa fase dellattivit giornalistica dello Svevo ora-
mai riconosciuto scrittore. Innanzitutto, come osservano Moloney e Hope:
12
I. Svevo, Profilo autobiografico, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 811.
13
B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., p. 23.
14
I. Svevo, Profilo autobiografico, in Racconti e scritti autobiografici, cit., pp. 811-812.
15
B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triestino con scritti sconosciuti, cit., p. 27.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 57
di lettere, ma sigle (E.S., Sch., E.Sch.16) che rinviavano alla sua identit
anagrafica di industriale e di viaggiatore, quasi a voler sottolineare il caratte-
re non letterario di quegli scritti. Gli articoli apparsi sulla Nazione sono in
effetti molto diversi da quelli scritti per lIndipendente, in quanto non sono
pi dedicati n al teatro, n a libri o autori, a dibattiti culturali e polemiche
artistiche.
Possiamo raggruppare questi contributi in tre serie che gravitano intorno a
due fuochi geografici17: Trieste e Londra. La prima serie, che ruota intorno
alla vita triestina, comprende gli articoletti intitolati Noi del tramway di Servola,
apparsi dal 23 agosto 1919 al 9 giugno 1921 18, caratterizzati da una verve iro-
nica e satirica che ripercorre le sfortunate vicissitudini del pi lento tramway
del mondo19, e poi larticolo, dal tono per cos dire fantascientifico, Storia
dello sviluppo della civilt a Trieste nel secolo presente (agosto 1921), attribuito
alla penna di un futuro cronista della Nazione nel 2021. La seconda serie
include gli articoli ricompresi sotto il titolo generale Londra dopo la guerra
(dicembre 1920-gennaio 1921)20 ed altri che riguardano gli scioperi dei mina-
tori inglesi nel 1920 e nel 1921, in cui riemerge linteresse di Svevo per la que-
stione sociale, e per i problemi economici e politici aperti dal conflitto nella
realt inglese ed europea. La terza serie, infine, quella pi eterogenea, ed
costituita da una costellazione di brevi dispacci e compendi di notizie inviati
nel 1919 da Vienna, e a partire dal 1920 da Londra. Dopo il ritorno a Charlton
nel 1920, limprenditore triestino fu infatti chiamato dalla Nazione, che
peraltro aveva gi un inviato a Londra, a redigere corrispondenze particolari,
riguardanti gli argomenti pi disparati: la situazione politica internazionale, la
crisi economica post-bellica, la questione irlandese, gli scioperi minerari in
Inghilterra, i problemi connessi ai risarcimenti imposti alla Germania sconfit-
ta, la montante ascesa dei bolscevichi, e poi casi di cronaca nera, notizie relati-
ve ad avvenimenti curiosi, a catastrofi naturali, a innovazioni tecnologiche,
come pure a scoperte geografiche e scientifiche 21.
16
Gli articoli pi lunghi venivano generalmente pubblicati in prima pagina, le iniziali
E.S. erano per lo pi poste in calce a testi di natura analitica e saggistica, laddove la firma
Sch. appare riservata ai pezzi pi brevi (cfr. B. Moloney-J. Gatt-Rutter-F. Hope, tanto dif-
ferente questa Inghilterra, cit., p. 158).
17
La notazione di F. Bertoni, cfr. I. Svevo, Teatro e saggi, cit., p. 1779.
18
Per la complessa storia del rinvenimento degli articoli cfr. F. Bertoni, apparato genetico
e commento a I. Svevo, Teatro e saggi, cit., pp. 1862-1863.
19
Come stato osservato, si tratta del famigerato e inaffidabile numero 2 che Joyce era
solito prendere per recarsi a dare lezioni private a Svevo in Villa Veneziani (cfr. B. Moloney-
J. Gatt-Rutter-F. Hope, tanto differente questa Inghilterra, cit., p. 158).
20
Anche per la storia del ritrovamento di questa serie cfr. lapparato genetico e commen-
to a I. Svevo, Teatro e saggi, cit., p. 1873.
21
Un primo gruppo di questi trafiletti stato pubblicato nel volume di B. Moloney-J.
Gatt-Rutter-F. Hope, tanto differente questa Inghilterra, cit. La serie completa sino ad
58 Natlia Vacante
ora rinvenuta stata inserita nel saggio di B. Moloney-F. Hope, Italo Svevo giornalista triesti-
no con scritti sconosciuti, cit.
22
Cfr. lapparato genetico e commento a I. Svevo, Teatro e saggi, cit., p. 1895.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 59
Ettore la notte prima scrisse (cio la sera prima perch lo scrisse in pochi minu-
ti) Shylock che diceva di voler inserire nellIndipendente. Io non ci credeva, ma
venne alle 9 a raccontarmi che lo port allIndipendente e che parl con Caprin
affinch lo inserisse e questi lo accett, tagliando per alcuni brani. Infatti a mez-
zogiorno venne lIndipendente e larticolo Shylock era inserito24.
23
I. Svevo, Vera battaglia, in Teatro e saggi, cit., p. 1171.
24
E. Schimitz, Diario, Sellerio, Palermo 1997, p. 89.
25
Sulla lettura della tragedia shakespeariana operata dal giovane Svevo cfr. R. Rimini, Il
teatro negli scritti critici di Italo Svevo, in Belfagor, XXVII, 31 luglio 1972, pp. 456-459.
60 Natlia Vacante
del fatto letterario, per cui nella momentanea ubriacatura zoliana Svevo con-
sidera lo stesso Shakespeare come un tragedo verista26, spettatore e inter-
prete del suo tempo; ma ci che lautore dellarticolo vuole mettere a fuoco,
al di l dei riferimenti al contesto storico e dei condizionamenti da esso eser-
citati sul drammaturgo inglese, la creazione di una figura colossale, ammi-
rabile, umana27, in cui affiorano i tratti di un carattere universale.
Sin dallesordio emerge, dunque, lattenzione del giovane Svevo per la
scena, seguita sia attraverso la frequentazione assidua dei teatri della citt, sia
attraverso la lettura delle pagine di critica teatrale sui giornali del tempo (da
cui pu osservare le tendenze e gli sviluppi del teatro italiano ed europeo), e
messa in pratica inoltre nelle sue prime prove creative, come si vede nei
numerosi titoli di opere teatrali progettate e abbandonate, di cui d conto il
diario di Elio.
Nella fase iniziale, la vocazione artistica di Ettore Schmitz si lega ad una
concezione della letteratura come strumento di formazione e diffusione di
idee, come mezzo capace di agire sul pubblico, di incidere concretamente
sulla realt; da questa esigenza profonda sembrano svilupparsi lindagine sulla
situazione del teatro negli anni Ottanta e il giudizio negativo espresso nei
confronti del pubblico e della stessa critica, che gli sembra condizionino trop-
po pesantemente lattivit dei drammaturghi. Dopo una stagione innovativa
di pice che contribuirono a rinsanguare i repertori portando sulla scena la
realt del nuovo dramma borghese, Svevo registra quella che a lui pare una
situazione di crisi e si sofferma su alcuni nodi problematici che secondo lui
occorrerebbe affrontare. Il primo di questi articoli si lega al dibattito sul
Naturalisme au thtre, e in particolare alla speranza della scuola verista di
estendere il suo dominio dal romanzo alla comedia28, riducendo i romanzi a
testi teatrali, cos come era accaduto in Francia29. A parere del giovane criti-
co che gi risente dellimpostazione estetica desanctisiana questa via non
appare particolarmente feconda, visto che questultimo decennio, tanto
povero di buone commedie poverissimo di buone riduzioni30, sia di quel-
le effettuate da riduttori per cos dire di mestiere, sia di quelle operate dagli
stessi romanzieri. Al di l dei vari problemi che il lavoro di adattamento tea-
trale pone agli autori, ci che ne determina il fallimento per il giovane
Schmitz laccoglienza ostile del pubblico, quelleffetto di incredulit che
prova lo spettatore nel sapere che lopera a cui assiste un testo rimaneggia-
26
I. Svevo, Shylock, in Teatro e saggi, cit., p. 969.
27
Ibidem.
28
I. Svevo, Riduzioni drammatiche, in Teatro e saggi, cit., p. 972.
29
Come ha osservato R. Rimini, Svevo mostra di aver chiaro [] le insidie di scarso
autonomismo che si prospettano ad un futuro drammaturgo italiano (cfr. R. Rimini, op. cit.,
p. 461).
30
I. Svevo, Riduzioni drammatiche, in Teatro e saggi, cit., p. 973.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 61
Sono questi, infatti, gli anni in cui la riflessione sul teatro del giovane
Schmitz si sviluppa allontanandosi dai riferimenti fondamentali della sua gio-
vinezza da Shakespeare a Schiller, a Hebbel probabilmente passando per
il verismo, e poi orientandosi verso un teatro di idee, e imperniato sulla cen-
tralit dei conflitti interiori dei personaggi: basti ricordare che, assai precoce-
31
Ivi, p. 974.
32
Larticolo, come osserva il giovane autore, scritto a sproposito [] del libro uscito di
recente: Confessioni di un autore drammatico di G. Costetti, poich il discorso si indirizza piut-
tosto a mettere a fuoco in generale la condizione dellautore di teatro negli anni Ottanta (cfr.
I. Svevo, Il pubblico, in Teatro e saggi, cit., p. 984).
33
I. Svevo, Il pubblico, cit., p. 985.
34
Ivi, p. 986.
35
Ivi, p. 987.
36
R. Rimini, op. cit., p. 464.
62 Natlia Vacante
37
I. Svevo, Critica negativa, in Teatro e saggi, cit., p. 1076.
38
Ivi, p. 1077. Sul problema della lingua nel testo teatrale vedi anche Una commedia in
lingua impossibile.
39
Ibidem.
40
Ivi, p. 1078.
41
R. Rimini, op. cit., p. 477.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 63
42
Su questo punto vedi anche le considerazioni svolte da E. Saccone, nel saggio i dolori
del giovane Schmitz (1880-1889), in Id., Il poeta travestito. Otto scritti su Svevo, Pacini Editore,
Pisa 1977, pp. 45-47.
43
I. Svevo, La joie de vivre di Emilio Zola, in Teatro e saggi, cit., p. 994.
44
Sul rapporto tra etica e verit, cfr. le analitiche e suggestive considerazioni di M. Sechi,
Il giovane Svevo. Un autore mancato nellEuropa di fine Ottocento, Donzelli, Roma 2000.
45
I. Svevo, Poesie in prosa di Iwan Turgenjeff, in Teatro e saggi, cit., p. 991.
64 Natlia Vacante
morali, accettando di finire sulla forca per la liberazione di operai che lo con-
siderano estraneo al loro mondo. Il giovane Svevo apprezza lindividualismo
del personaggio di Turgenev, che si configura come la forma di unetica per-
seguita al di l dei suoi stessi risultati, e diffida invece dellegoismo teorico
di Josephin Pladan, che gli appare regressivo, poich esso riconduce larte e
lartista ad una presunzione di isolamento elitario e di superiorit rispetto alle
masse, negando o ritenendo di poter annullare i processi di collettivizzazione
della vita umana che si sono radicati nella societ moderna facendola progre-
dire. Per Svevo, larte, la scienza sono le collettivit maggiori; abbracciano
lumano consorzio intero46, e il discorso dellartista non si pu scindere dal
percorso di conoscenza prodotto dal cammino dellumanit.
La letteratura fin de sicle, per il critico, sembra aver smarrito quellassillo
di verit47 che aveva rappresentato il motore primo della letteratura naturali-
stica, per dar luogo o a un naturalismo deteriore e di consumo, o ad una let-
teratura decadente, irrazionalistica, imbevuta di miti compensativi (i valori
assoluti dellarte, le personalit deccezione, le nuove aristocrazie della razza e
della fede, ecc.) che, anzich approfondire la coscienza della crisi, finivano per
rendere pi nebuloso e incerto il suo scenario.
E cos negli articoli di questo periodo non mancano i giudizi negativi su
autori di successo: Max Nordau gli sembra animato, pi che da un desiderio
di conoscenza, dal desiderio di riuscire alla conferma di un pregiudizio o
sistema che sia48; George Ohnet viene giudicato come un ambizioso che
tratta larte quale giumenta fornitrice di burro49, nella cui scrittura tra la
rappresentazione e la natura si caccia [] il desiderio dellapplauso (per cui
egli diviene il prototipo dello scrittore che confeziona le sue opere secondo la
ricetta destinata a incontrare i gusti del pubblico, mentre le grandi verit
della vita gli rimangono ignote50); Victor Cherbuliez, a sua volta, gli sembra
posseduto dalla materia narrata, piuttosto che possederla, cosicch qua vio-
lenta, l si adatta lui; pare conduca al guinzaglio un grosso cane indocile che
ogni tanto lo faccia deviare51.
Nel confrontarsi con la crisi di fine Ottocento, dal suo osservatorio peri-
ferico, non sfugge a Svevo un altro fenomeno che sembra aver acquistato
46
Id., Un individualista, in Teatro e saggi, cit., p. 1041.
47
Nellarticolo intitolato La verit, Svevo polemizza con le posizioni di Renan, che, com
noto, cerc di contemperare positivismo e cristianesimo, individuando nei suoi scritti un
atteggiamento contraddittorio e ambiguo che tradirebbe quellamore per la verit professato a
parole nella sua autobiografia e nei suoi celebri discorsi (cfr. La verit, in Teatro e saggi, cit.,
pp. 1008-09).
48
I. Svevo, Il vero paese de miliardi, in Teatro e saggi, cit., p. 977.
49
Id., Giorgio Ohnet, in Teatro e saggi, cit., pp. 1030-31. Limmagine della giumenta trat-
ta da un epigramma di Schiller.
50
Ivi, p. 1035.
51
Id., La vocazione del conte Ghislain, in Teatro e saggi, cit., p. 1070.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 65
52
Al di l della contingenza dello spunto offerto al critico da una nota polemica apparsa
sulla Domenica letteraria, come ha notato M. Sechi, il discorso dellarticolista mostra di
avere contezza dei livelli pi complessi della questione, riconoscendo preliminarmente che il
dilettantismo un prodotto necessario della nostra societ contemporanea, come aveva affer-
mato Bourget in un recente saggio su Renan (cfr. M. Sechi, op. cit., pp. 49-54).
53
I. Svevo, Il dilettantismo, in Teatro e saggi, cit., p. 1018.
54
Ivi, p. 1019.
55
Ibidem.
56
A distanza di qualche anno Svevo torner a soffermarsi in maniera pi articolata sulla
questione, affrontandola da un punto di vista per cosi dire teorico, nel saggio Del sentimento
in arte, in cui espliciter con maggiore chiarezza come in arte non esistano forme di ignoran-
za assoluta, e come il dilettante rappresenti un livello intermedio tra lignorante assoluto e
il dotto in unarte.
66 Natlia Vacante
57
Per una ricostruzione puntuale della storia del testo wagneriano cfr. F. Bertoni, Apparato
genetico e commento a I. Svevo,Teatro e saggi, cit., nota 2 a p. 1020, pp. 1815-16.
58
I. Svevo, Lautobiografia di Riccardo Wagner, in Teatro e saggi, cit., p. 1020.
59
Ibidem.
60
Ivi, p. 1022.
61
Per trovare nella storia artistica un romantico tanto conseguente bisognerebbe risalire
secoli, scrive Svevo nellarticolo in questione (Ibidem).
62
Ivi, p. 1024.
63
I. Svevo, Le Memorie dei fratelli Goncourt, in Teatro e saggi, cit., p. 1062.
64
Ivi, p. 1063.
La battaglia dei libri e delle idee. Italo Svevo recensore e critico 67
65
Id., Il romanzo di Elio, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 672.
66
Id., Le Memorie di fratelli Goncourt, in Teatro e saggi, cit., p. 1066.
67
Id., Pagine di diario, in Racconti e scritti autobiografici, cit., p. 736.
68
Id., Prefazione, in Romanzi e Continuazioni, a cura di N. Palmieri e F. Vittorini, Mon-
dadori, (I Meridiani), Milano 2004, p. 1227.
68 Natlia Vacante
esser vissuto altro che quella parte di vita che descrissi69 far affermare al
vecchio Zeno), fino a risolversi nella paradossale profezia di una vita lettera-
turizzata, di un consumo assolutamente autoreferenziale della scrittura:
met dellumanit sar dedicata a leggere e studiare quello che laltra met avr
annotato. E il raccoglimento occuper il massimo tempo che cos sar sottratto
alla vita orrida vera. E se una parte dellumanit si ribeller e rifiuter di leggere
le elucubrazioni dellaltra, tanto meglio. Ognuno legger se stesso70.
69
Ibidem.
70
Id., Le confessioni del vegliardo, in Romanzi e Continuazioni, cit., p. 1116.
MICHELANGELO FINO
1
I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello. Parole da dire, uomo, agli altri uomini, pref.
di N. Borsellino, Rubbettino, Catanzaro 2002, p. 43. Salvo diversa indicazione, le interviste
citate sono tratte da questo volume. Nei confronti delle interviste, peraltro, latteggiamento di
Pirandello complesso: sa dellimportanza che hanno come mezzo divulgativo e pubblicitario,
ma ne conosce anche le insidie, in particolare le incomprensioni, le distorsioni e le deforma-
zioni operate dallintervistatore che, daltra parte, lo divertono. Cos in unintervista apparsa
su Le grandi firme col titolo Pirandello il 1 luglio 1924: Bisognerebbe che le mie risposte
passassero attraverso la mente di chi le ascolta senza subire una sua interpretazione che sar
sempre troppo personale per rispondere con tutta precisione al mio sentimento. Per le inter-
viste mi divertono appunto per questa inevitabile trasformazione che finisce col presentarmi
un Pirandello che conosco poco e che non parla mai alla mia maniera.
2
Ad eccezione de Il turno e Suo marito tutti i romanzi pirandelliani appaiono su rivista:
Lesclusa esce a puntate su La Tribuna dal 29 giugno al 16 agosto 1901, Il fu Mattia Pascal
sulla Nuova Antologia dal 16 aprile al 16 giugno 1904, I vecchi e i giovani, anche se parzial-
mente (prima parte e seconda parte fino al I paragrafo del IV capitolo), sulla Rassegna con-
temporanea tra il gennaio e il novembre del 1909, Quaderni di Serafino Gubbio operatore con
il titolo Si gira sulla Nuova Antologia dal 1 giugno al 16 agosto 1915 e Uno nessuno e
centomila sulla Fiera letteraria fra il 13 dicembre 1925 e il 13 giugno 1926.
3
Ad esempio latto unico Lepilogo (Ariel, a. I, n. 14, 20 marzo 1898), Pensaci, Giacomi-
no! (Noi e il Mondo, 1 aprile-1 giugno 1917), Cos (se vi pare) (Nuova Antologia, 1 e
70 Michelangelo Fino
egli sembra anticipare svariati elementi della poetica di quegli scrittori americani
degli anni Sessanta (Truman Capote, Norman Mailer, Tom Wolfe, Gay Talese,
Saul Bellow, John Updike, Philip Roth, ecc.) che danno vita al New Journalism,
sperimentando con tecniche, linguaggi, componenti della narrazione giornali-
stica, al punto di creare non solo the journalistic novel ma tutto un filone di
letteratura giornalistica 7.
16 gennaio 1918), Luomo, la bestia e la virt (Comoedia, 10 settembre 1919), Il giuoco delle
parti (Nuova Antologia, 1 e 16 gennaio 1919), Sagra del Signore della nave (Convegno,
30 settembre 1924).
4
Si pensi a Illustratori, attori e traduttori apparso sulla Nuova Antologia (16 gennaio
1908), Teatro nuovo e teatro vecchio su Comoedia (1 gennaio 1923), Arte e coscienza doggi
su La Nazione letteraria (settembre 1893), Lazione parlata su Il Marzocco (7 maggio
1899), Teatro e letteratura su Il Messaggero della Domenica (30 luglio 1918) e Se il film par-
lante abolir il teatro sul Corriere della Sera (16 giugno 1929).
5
Nel romanzo Suo marito il mondo dei giornali gioca un ruolo da protagonista: il malsa-
no e fatuo ambiente giornalistico qui sottoposto al giudizio critico dellautore, che, con pun-
gente ironia, ridicolizza luniverso giornalistico. Daltra parte, come rileva Zangrilli, il prota-
gonista Giustino Boggiolo (marito e agente della scrittrice Silvia Roncella) capisce, come
Pirandello, il grande ruolo che svolge la stampa nel costruire limmagine di uno scrittore, nel
pubblicizzare il prodotto letterario. F. Zangrilli, Pirandello e il giornalismo, premessa di G.
Costa, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma 2003, p. 82.
6
Sul rapporto tra il mondo dei giornali e luniverso creativo di Pirandello, cfr. F. Zangrilli, Pi-
randello e il giornalismo, cit., pp. 71-97 e I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello, cit., pp. 19 sgg.
7
F. Zangrilli, Pirandello e il giornalismo, cit., p. 77.
8
L. Pirandello, Prosa moderna (Dopo la lettura del Mastro don Gesualdo del Verga), Vita
Nuova, 5 ottobre 1890, ora in Id., Saggi, Poesie, Scritti varii, a cura di M. Lo Vecchio-Musti,
Mondadori, Milano 19935, p. 879.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 71
La sera, dopo cena, sto un po a conversar con la mia famigliuola, leggo i titoli
degli articoli e le rubriche di qualche giornale, e a letto 9.
9
Id., Lettera autobiografica, Le lettere, 15 ottobre 1924, ivi, p. 1286.
10
L. Coen, Quel sogno di Pirandello, La Repubblica, 10 gennaio 2000, in F. Zangrilli,
Pirandello e il giornalismo, cit., p. 46n.
11
L. Pirandello, Carteggi inediti (con Ojetti Albertini Orvieto Novaro De Gubernatis
De Filippo), a cura di S. Zappulla Muscar, Bulzoni, Roma 1980, p. 261.
12
I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello, cit., p. 19n. Su questa testata studentesca, cfr.
G.R. Bussino, Alle fonti di Pirandello, Tipografia ABC, Firenze 1979, pp. 27-34.
13
In precedenza collabora, fra gli altri, a Vita Nuova e La Nazione letteraria su cui esce
il fondamentale saggio Arte e coscienza doggi (settembre 1893).
14
L. Pirandello, Carteggi inediti, cit., p. 354.
15
Ivi, p. 355.
72 Michelangelo Fino
ste sulle quali appariranno novelle, poesie, romanzi e saggi, e che offrono
alcuni dei migliori risultati del Pirandello scrittore e saggista16. La collabora-
zione alla rivista fiorentina Il Marzocco fondamentale nella storia della
sua attivit giornalistica e della sua produzione artistica:
16
Sulla Nuova Antologia usciranno, per esempio, Il fu Mattia Pascal e Si gira
17
L. Pirandello, Carteggi inediti, cit., pp. 261-62.
18
Ivi, p. 144. La lettera del 7 dicembre 1909.
19
Ivi, p. 140. Lettera del 28 settembre 1909. La rivista il supplemento mensile del
Corriere, La Lettura.
20
Cfr. ivi, p. 141. Lettera del 1 ottobre 1909.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 73
conto di rimettermi in pieno alle novelle. Ne ho una gran voglia. Badate bene
per di non rifarmi pi le vecchie superate difficolt per la pubblicazione:
Vassumereste una brutta responsabilit! Di quello che scrivo me lassumo io,
intera []21.
21
Ivi, p. 246.
22
Cfr. ivi, p. 253. Lettera del redattore capo Oreste Rizzini, datata 12 dicembre 1935.
23
T. Gnoli, Un cenacolo letterario: Fleres, Pirandello & C., Leonardo, marzo 1935, ora in
Appendice a A. Barbina, Ariel. Storia duna rivista pirandelliana, Pubblicazioni dellIstituto di
Studi Pirandelliani, n. 7, Bulzoni, Roma 1984, p. 151. La definizione di Sincerismo ce la d
lo stesso Pirandello nellarticolo Sincerit, Ariel, a. 1, n. 19, 24 aprile 1898.
24
Questultimi due non compaiono in calce agli articoli dellAriel, ma verranno utiliz-
zati successivamente. Su leffettiva identificazione di Pirandello con tali pseudonimi, cfr. A.
Barbina, Ariel. Storia duna rivista pirandelliana, cit., pp. 15-21.
25
Non mancano comunque esempi in tal senso. Si pensi, fra gli altri, ai pezzi scritti in
occasione del terremoto di Messina e Reggio Calabria (Sul Bosforo dItalia, Il Marzocco, 10
gennaio 1909 e Altrove, Natura ed Arte, 1-15 febbraio1909), a Natale al Polo (Roma lette-
raria, 25 dicembre 1897) articolo in cui Pirandello parla delle spedizioni polari di Fridtjof
Nansen oppure a Lesposizione di belle arti in Roma 1895-96, una serie di articoli apparsa sul
Giornale di Sicilia tra il 20 settembre e il 1 dicembre 1895. Da segnalare anche gli articoli
Rinunzia (La critica di G. Monaldi, 8 febbraio 1896) in cui una recente scoperta scientifica
(probabilmente quella dei raggi X come suggerisce Lo Vecchio-Musti) offre lo spunto per una
serie di riflessioni sulla vita in unottica tipicamente pirandelliana e Feminismo in cui un tema
di grande attualit (il femminismo appunto) subisce il processo di scomposizione tanto caro a
Pirandello, o pi propriamente di sgonfiamento, visto che per lautore il feminismo , come
74 Michelangelo Fino
scrittore sia molto attento proprio alla cronaca, che spesso offre lo spunto alle
sue opere, per esempio ai titoli delle novelle (come ricorda Gnoli26).
Pirandello, dunque, essenzialmente un elzevirista: recensisce opere lette-
rarie e drammatiche27, e pubblicizza la propria opera. Un giornalismo lette-
rario che rifugge il giornalismo mondano, sensazionale, provocatorio al
punto che, in linea con il programma annunciato dalle pagine di Ariel,
lantipatia di Pirandello per il giornalismo di tipo dannunziano viene a coin-
cidere con la sua antipatia per lopera di DAnnunzio28. Pirandello fautore
non solo di una letteratura di cose29, ma anche di un giornalismo di cose e
non di parole. La sua diffidenza verso il giornalismo si spiega, in particolare
tra la fine dellOttocento e linizio del Novecento, anche con lampio spazio
concesso dai giornali a un autore come DAnnunzio che, com noto, lo scrit-
tore agrigentino non ama. C indubbiamente una certa stizza nei confronti
di quei giornali che celebrano la gloria poetica di DAnnunzio, e tale risenti-
mento peser sulla valutazione complessiva del mondo giornalistico. Ecco
perch, soprattutto in questo periodo, la battaglia antidannunziana e la pole-
mica contro il giornalismo vanno di pari passo. Nellarticolo Lidolo, apparso
su La Critica di Gino Monaldi il 31 gennaio 1896, parla addirittura di
mostruosa macchina del giornalismo, che continua a sopravvalutare ed
esaltare lopera di Gabriele DAnnunzio. Nel periodo di maggior successo,
invece, Pirandello criticher i giornalisti italiani per la scarsa attenzione a lui
rivolta, quasi inorridito per unindifferenza che stride con il vivo interesse
mostrato dalla stampa estera. Cos in una lettera inviata nel marzo del 1930
a Marta Abba, in occasione della prima de La vita che ti diedi:
Ho visto che i giornali italiani non hanno riportato il grande successo di Parigi.
veramente inaudito quello che fanno i giornalisti italiani: la loro incoscienza,
la loro leggerezza non hanno limiti. [] Solo il Popolo dItalia ha annunziato
il successo, perch al Restaurant Monteverdi ho visto il corrispondente Pierazzoli
[] e gli ho potuto far sapere che quella sera stessa alla Petite Scene ci sarebbe
tutte le costruzioni ideali, un palloncino sgonfiato. Questi ultimi due articoli sono riprodotti
in L. Pirandello, Saggi, Poesie, Scritti varii, cit., pp. 1056-60 e 1068-72.
26
Cfr. A. Barbina, Ariel. Storia duna rivista pirandelliana, cit., p. 149.
27
Su Pirandello recensore cfr. A. Barbina, Sul primo Pirandello recensore e recensito,
Quaderni dellIstituto di Studi Pirandelliani, I, Carucci, Roma 1973, pp. 121-50.
28
F. Zangrilli, Pirandello e il giornalismo, cit., p. 43.
29
Cfr. il Discorso di Catania (2 settembre 1920) e il Discorso alla Reale Accademia dItalia
(3 dicembre 1931) tenuti da Pirandello su Giovanni Verga, ora in L. Pirandello, Saggi, Poesie,
Scritti varii, cit., pp. 391-426. Altri rilevanti articoli in cui Pirandello polemizza con DAn-
nunzio sono, per esempio, Arte e coscienza doggi, La Nazione letteraria, settembre 1893, Su
Le vergini delle rocce, La Critica, 8 novembre 1895, Lidolo, La Critica, 31 gennaio 1896,
Osservazione sullevoluzione del verso, Marzocco, 29 agosto 1897 e La citt morta di Gabriele
DAnnunzio, Ariel, a. 1, n. 9, 13 febbraio 1898.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 75
stata la prima de La vita che ti diedi. Altrimenti, non sarebbe andato neanche
lui30.
So che razza di canaglie c nella critica romana: quel porco gesuita del DAmico,
che ora stroncandomi sa di far piacere al suo principale Forges-Davanzati;
lAntonelli col Corradini al Giornale dItalia che fa lostruzionismo; e quellal-
tro imbecille del Messaggero, che dopo averlo accolto alle prove della Nuova
colonia perfidamente il giorno dopo ne scrisse male. [] Ma dopo tutto, se c
stampa che non conta nulla, proprio quella romana; ed inutile amareggiarsi il
sangue per ci che quattro bestie in mala fede, pagate, ne diranno33!
30
L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, a cura di B. Ortolani, I Meridiani, Mondadori,
Milano 1995, p. 334.
31
Ivi, pp. 420-21. Lettera del 27 aprile 1930.
32
Ivi, p. 424.
33
Ivi, p. 458.
76 Michelangelo Fino
Devo questo alla oscena camorra dei nazionalisti che hanno in mano la stampa,
Corradini e Forges Davanzati, Federzoni e Bottai e compagnia [] Hanno allon-
tanato il pubblico; a denti stretti sono costretti a decretare il trionfo; proibiscono
ai loro critici doccuparsi di me e dei miei lavori; cestinano le notizie dallestero;
apertamente non possono combattermi e distruggermi per il posto che occupo
nellAccademia; e allora la congiura del silenzio, lo spegnitoio, la mormorazione
segreta, tutti i mezzi coperti e delittuosi della pi iniqua camorra35.
Lo scrittore and indubbiamente a vedere altre proiezioni mobili nei locali che
via via si moltiplicarono [] durante la fase iniziale di sviluppo della nuova
straordinaria invenzione (1896-1904). Fin dallora il cinematografo, come mani-
festazione e applicazione del doppio, dovette destare il suo interesse creativo e
critico37.
34
Ivi, p. 461.
35
Ivi, pp. 469-70. La lettera del 19 maggio 1930. Lidea del complotto ritorna in una
lettera del 3 giugno 1930 (ivi, pp. 502-3).
36
F. Cllari, Pirandello e il cinema. Con una raccolta completa degli scritti teorici e creativi,
Marsilio, Venezia 1991, p. 17n. Il connubio cinema-letteratura in Pirandello risale probabil-
mente al biennio 1903-1904, periodo di progettazione del romanzo Filuri (di cui purtroppo
non si hanno tracce), diventato nel 1913 La tigre, che a sua volta uscir nel 1915 con il titolo
Si gira Su questo aspetto cfr. F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 17-24 e L. Pirandello,
Carteggi inediti, cit., in particolare i carteggi Pirandello-Ojetti, Pirandello-Albertini e
Pirandello-Orvieto.
37
Ivi, p. 17.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 77
tavia, non sono state interpretate sempre correttamente. Per Gaspare Giudi-
ce, ad esempio, lautore fu attratto nellorbita cinematografica dalle necessit
di guadagno che lo strinsero quasi sempre durante tutta la vita38. Eppure, la
diffidenza (se non avversione) non impedir a Pirandello di occuparsi fatti-
vamente del mondo cinematografico39 (ben al di l delle necessit economi-
che), dal momento che nel 1915 pubblica Si gira, autentico romanzo-sag-
gio sul cinema muto, che d inizio a un lungo e controverso dibattito sulle
potenzialit, le opportunit e i limiti del cinema. Pi pertinente, a nostro
avviso, la tesi sostenuta da Francesco Cllari, che contesta la generale opi-
nione [] di un Pirandello spregiatore del muto, nemico del parlato, solo
venalmente interessato al cinema, in favore di un Pirandello osservatore
acuto, spettatore critico, vivamente attento alle capacit espressive della
nuova arte40. Innegabile, ancorch legittima, una certa diffidenza iniziale,
ma altrettanto incontestabile un interesse crescente, che lo porter a condur-
re una vera e propria campagna nei confronti del cinema41, attraverso la carta
stampata, seguendo levoluzione del cinematografo fino al passaggio cruciale
dal muto al sonoro che si concretizza alla fine degli anni Venti.
La critica ha rilevato come [p]ur essendo stato il primo scrittore, in senso
assoluto, ad occuparsi creativamente di cinematografo ed anche criticamen-
te, Pirandello, in questultimo campo non formul (a parte la Cinemelogra-
fia) una sua estetica del cinema ma assimil teoriche altrui (in specie di regi-
sti russi e tedeschi)42. Tuttavia, di grande interesse seguire levoluzione del-
latteggiamento pirandelliano nei confronti di un fenomeno artistico, cultu-
rale e sociale destinato a incidere profondamente sulla realt dellepoca. Un
atteggiamento che cambia sensibilmente nel corso degli anni: dalliniziale dif-
fidenza alla curiosit, dal favore accordato al muto allostilit nei confronti
del parlato (nellottica di una difesa del teatro) fino ad arrivare, allinizio degli
anni Trenta, a unautentica conversione, documentata da una lettera indiriz-
zata a Marta Abba43.
38
G. Giudice, Luigi Pirandello, UTET, Torino 1963, p. 511.
39
La diffidenza per il mondo cinematografico la stessa riscontrata per il mondo giorna-
listico. Anche il cinema pieno di volgarissima gente: in questo sporco mondo del
Cinematografo, mondo di malfattori idioti e brutali, dove s accampato il rifiuto e il ributto
di tutta la societ, la putredine: avvocati imbroglioni e senza cause, salumai arricchiti, com-
mercianti senza capitali, gente dogni risma e dogni conio. L. Pirandello, Lettere a Marta
Abba, cit., pp. 260, 1146.
40
F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 84-85.
41
Il cinema, a sua volta, si interessa a Pirandello a partire dal 1918 quando la Silentium di
Milano produce Il lume dellaltra casa dallomonima novella pirandelliana.
42
F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., p. 112.
43
anche vero che ci sono testimonianze che mettono in dubbio tale conversione: lanimo
dello scrittore, critico e ripugnante nei riguardi del cinema non si modific per quanto fossero
costanti i contatti con questarte. A. Frateili, Pirandello e il cinema, Cinema, 25 dicembre
1936. La testimonianza del Frateili riportata da Gaspare Giudice (Pirandello, cit., p. 511). La
78 Michelangelo Fino
47
Questa enorme distanza non deve trarre in inganno, non deve cio essere interpretata
come incoerenza da parte dello scrittore agrigentino: il protagonista e la storia del Si gira
costituiscono un soggetto estremamente interessante su cui lautore innesta la visione della
realt, i temi e le forme tipici della sua poetica. Lo straniamento del protagonista, la sua assue-
fazione alla macchina da presa che inghiotte voracemente lesistenza degli individui non sono
che una delle tante espressioni del sentimento pirandelliano della vita moderna.
Indubbiamente in Serafino ravvisabile una certa avversione pirandelliana per la meccanizza-
zione della realt e nel romanzo esplicita la difesa del teatro dallassalto della macchina, che
con le sue riproduzioni meccaniche [] riempie le sale dei cinematografi e lascia vuoti i tea-
tri. (L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, cit., p. 585). Sarebbe sbagliato,
per, identificare il protagonista con il suo autore, che resta sempre il creatore di copioni che
gli attori, e non il regista, devono interpretare e recitare. Come sottolinea Giuseppe Petronio,
nel Si gira il tema centrale una riflessione appassionata [] sulla condizione delluomo
nellet delle macchine, dove il cinema solo la macchina scelta a modello e a simbolo di tutte
le altre. G. Petronio, Pirandello e il cinema, in E. Lauretta (a cura di), Pirandello e il cinema,
Atti del convegno internazionale (Agrigento, 1977), Centro Nazionale di Studi Pirandelliani,
Agrigento 1978, p. 42.
48
Intervista apparsa sulla rivista francese Les Nouvelles Littraires (1-15 novembre
1924), in F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., p. 10. Il film russo cui Pirandello allude Padre
Sergio (1917) tratto dallomonimo racconto di Tolstoj.
80 Michelangelo Fino
49
Sono trentaquattro le novelle caratterizzate, in un modo o nellaltro, dal viaggio in treno
(che anche lo spazio-chiave del romanzo Il fu Mattia Pascal). Sul significato del treno e sul
valore simbolico-narrativo del viaggio su rotaie cfr. il mio volume Nella tenebra di una sta-
zione deserta. Il viaggio in treno nelle novelle di Pirandello, in L. Pirandello, Quattro novelle di
viaggio, a cura di L. Martinelli, Allori, Imola 2008. A conferma dellavversione pirandelliana
per i prodotti della modernit, va rilevato come anche il treno, al pari della macchina da presa,
unimmagine inquietante e minacciosa; nella lirica Esame, apparsa sulla Nuova Antologia
il 16 agosto 1910, Pirandello lo definisce un demon, un ferreo mostro: e avanti, avanti,
nella notte sola, / gelida, nera, mi conduce fino / allorlo di un abisso, e l mi lascia. L.
Pirandello, Saggi, Poesie, Scritti varii, cit., p. 843.
50
Il primo accenno alla rivoluzione cui aspira Pirandello (il cinema musicato) lo ritrovia-
mo in una lettera a Marta Abba datata 6 luglio 1928: Ho comprato a Roma tanti libri su
Pirandello, il giornalismo e il cinema 81
Ho una fiducia grandissima in Murnau. Solo lui potr capirmi, solo con lui io
potrei accingermi a comporre e a girare il lavoro. [] E le dico che se Murnau ci
mette mano, Sei personaggi ci guadagneranno in evidenza, direi quasi in origina-
lit. [] Ci che detto o sottinteso nel lavoro, nel film si vedr realmente e suc-
cessivamente svolgersi52.
il mondo dellautore e delle creature che gli forniscono lo spunto (piano della
realt); quello dei personaggi, pallidi dapprima come fantasmi, poi sempre pi
distinti e alla fine superreali e dal corpo potente, statuario, incombente (piano
fantastico); e il mondo degli attori (piano teatrale) si incroci[a]no senza distur-
barsi ed anzi ottenendo unevidenza pari e una ricchezza anche maggiore di quel-
la del lavoro teatrale54.
Beethoven, per quellidea che Tu sai; e son dietro a leggerli. Verranno visioni magnifiche, e cose
non mai viste. L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., pp. 36-37.
51
Curiosamente e inspiegabilmente, come ricorda Cllari, ci sono stati ben 48 progetti di
realizzazione cinematografica dei Sei personaggi senza che nessuno andasse a buon fine. Cfr. F.
Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 34 sgg.
52
E. Rocca, Luigi Pirandello e le sue grandi novit cinematografiche, Il Popolo dItalia, 4
ottobre 1928. La fiducia al Murnau verr ribadita in unintervista apparsa su Comoedia il
15 gennaio 1929.
53
Unanticipazione sul film dei Sei personaggi Pirandello laveva data in due interviste, una
apparsa su LImpero il 12 marzo 1927, laltra su La fiera letteraria il 22 aprile 1928. In que-
stultima fa anche riferimento alla scomposizione su tre piani della trasposizione cinematogra-
fica (reale, fantastica, teatrale).
54
E. Rocca, Luigi Pirandello e le sue grandi novit cinematografiche, cit.
82 Michelangelo Fino
55
Ibidem.
56
L. Bottazzi, Visita a Pirandello, Corriere della Sera, 13 ottobre 1928.
57
Pirandello contro il film parlato e Se il film parlante abolir il teatro.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 83
Volendo, come dicono, far rinascere la nostra cinematografia, mi pareva che non
si potesse dare occasione migliore di questa. Esposi sul Popolo dItalia [] le
mie idee, i miei propositi filmistici. Nessuno ha mostrato, non dico di appassio-
narsi ad essi, ma per lo meno di incuriosirsene. Salvo Mussolini, il quale vede
tutto, sa tutto e che, nelludienza accordatami, ha voluto chio gli illustrassi le mie
idee, le mie trovate tecniche per la traduzione cinegrafica delle mie visioni dar-
te. [] Viceversa non appena conosciute le mie intenzioni, industriali tedeschi e
americani si sono affrettati a farmi offerte lusinghiere58.
Larte, infatti, crea una realt, non copia mai una realt. La realt reale in for-
mazione continua, perch la vita muta continuamente, mentre larte crea una
realt definitiva. [] Non far quindi, nemmeno sullo schermo, opera di foto-
grafo, nonostante la macchina da presa, ma dinterprete59.
58
E. Roma, Pirandello poeta del cine, Comoedia, 15 gennaio 1929. Lintervista cui
allude Pirandello quella apparsa su Il Popolo dItalia il 4 ottobre 1928.
59
E. Roma, Pirandello poeta del cine, cit.
60
W. Benjamin, Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica, premessa di C.
Cases, trad. it. di E. Filippini, Einaudi, Torino 1991, p. 31.
61
In realt, come ricorda Guido Fink, Il Cantante di Jazz non il primo film con colon-
na sonora interamente sincronizzata (lo ha preceduto di quattordici mesi un Don Juan []),
e nemmeno il primo all talkie, che arriver solo nel luglio 1928 con Lights of New York. G.
Fink, Voce di macchina e voce del Padre (Se il film parlante abolir il teatro), in AA.VV.,
Pirandello saggista, Palumbo, Palermo 1982, p. 274.
84 Michelangelo Fino
York nel 1927 ad opera della Warner Bros, e uscito a Milano nel 1929). Nel
mese di aprile lautore rilascia due interviste in cui esce finalmente allo sco-
perto in merito a quella rivoluzione cinematografica cui tante volte ha accen-
nato: riprende concetti gi illustrati in precedenza, ma soprattutto anticipa
ci che dir due mesi dopo nel saggio cinematografico Se il film parlante abo-
lir il teatro. Il 14 aprile del 1929 afferma:
Ecco, sono venuto qua [Londra] per vedere questi film parlanti. [] Tutto il
mondo cinematografico inquieto e ansioso per questi film parlanti che hanno
sconvolto lindustria e sembrano iniziare una rivoluzione definitiva, aprire un
nuovo orizzonte. Ne ho visti 5 di questi film sonori a Londra
E lhanno convertito?
Tuttaltro. Mi hanno confermato il mio giudizio che contrario64.
62
C. Alvaro, Pirandello parla della Germania del cinema e di altre cose, LItalia letteraria,
14 aprile 1929.
63
Avversione riconducibile, in parte, alla diffidenza pirandelliana per le novit tecnologi-
che e che, in questo caso, tradisce clamorosamente lautore agrigentino, visto lenorme e inar-
restabile successo che avr il film parlato.
64
O. Rizzini, Pirandello contro il film parlato, Corriere della Sera, 19 aprile 1929. In una
lettera alla Abba del 16 aprile 1929, proprio allindomani della visione del primo film parla-
to, Pirandello parla di orrore: Non ti dico che orrore! Certe voci La distruzione dogni
illusione! Le figure parevano ventriloque [] una voce che non era umana! Se Dio vuole, e
Pirandello, il giornalismo e il cinema 85
Dopo aver illustrato gli inconvenienti del cinema parlato gi espressi nel-
lintervista del 14 aprile, muove anche delle obiezioni di natura pratica ed
economica che nei decenni successivi verranno per disattese, per quanto alla
fine degli anni Venti non certamente prevedibile lo straordinario progresso
conosciuto dal cinema e in particolare limporsi della pratica del doppiag-
gio65. Un errore di valutazione, quindi, assolutamente giustificabile:
codeste bestie vogliono seguitare cos, sar la morte della cinematografia e la salvezza e il risor-
gimento del teatro. L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., p. 137.
65
Nei primi anni Trenta, quando Pirandello cambier idea sul film parlato, il suo giudi-
zio negativo si concentrer proprio sulla pratica del doublage. Cfr. infra, pp. 90-91.
66
O. Rizzini, Pirandello contro il film parlato, cit.
67
Paradossalmente, sar proprio lAmerica a tradurre in concreto lidea pirandelliana della
cinemelografia (che lo stesso autore abbandoner negli anni successivi), con il film della
Disney, Fantasia (1940).
86 Michelangelo Fino
no sul quale la cinematografia potr navigare a vele spiegate per approdare feli-
cemente ai porti prodigiosi del miracolo. []
Avanti, dunque, signori poeti dItalia: lidea affascinante68.
avrai letto ci chio penso dei films-parlanti. E non ostante questo mio giudizio
contrario, far, far un film-parlante; ma che sar contro i films-parlanti. []
Luomo ha dato alla macchina la sua voce, e la macchina ora parla []. Sar un
film-parlato; ma parler solo la macchina; e la voce da ventriloquo allora non
offender pi, perch non vorr pi essere una voce umana, ma la voce della mac-
china, e tutto sar salvo. Lidea magnifica69.
68
O. Rizzini, Pirandello contro il film parlato, cit.
69
L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., pp. 141-42.
70
S. Raffaelli, Il cinema nella lingua di Pirandello, Bulzoni Editore, Roma 1993, pp. 116-17.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 87
71
L. Pirandello, Se il film parlante abolir il teatro, Corriere della sera, 16 giugno 1929,
in Id., Saggi, Poesie, Scritti varii, cit., pp. 1031-32.
88 Michelangelo Fino
72
Ivi, pp. 1035-36.
73
Ivi, p. 1036.
74
G. Fink, Voce di macchina e voce del Padre (Se il film parlante abolir il teatro), cit.,
p. 274.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 89
75
O. Vergani, Con Pirandello, di ritorno dallAmerica, LIdea Nazionale, 8 marzo 1924.
Su questo aspetto cfr. anche E. Possenti, Colloquio con Luigi Pirandello, Corriere della Sera,
28 ottobre 1930, G. Villaroel, Colloqui con Pirandello, Il Giornale dItalia, 8 maggio 1924 e
D. Segre, Pirandello, Le grandi firme, 1 luglio 1924.
76
L. Pirandello, Il dramma e il cinematografo parlato, La Nacin, Buenos Aires, 7 luglio
1929, ora con il titolo Dramma e sonoro, in F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 125-27.
Il lavoro cui allude Pirandello verosimilmente Sei personaggi in cerca dautore, mentre il
segreto, almeno in Italia, lo ha gi svelato.
77
L. Pirandello, Lettere a Marta Abba, cit., p. 491. La lettera datata 27 maggio 1930 e
contiene una testimonianza assai rilevante, dal momento che Pirandello per la prima volta
accetta apertamente lidea del parlato. Ma un indizio della conversione presente in una let-
tera del 6 maggio 1929, in cui lautore pone la questione dellinternazionalizzazione del film
parlato, la necessit cio di far parlare nelle varie lingue gli attori (riprendendo la polemica
antiamericana dellintervista Pirandello contro il film parlato del 19 aprile 1929): Tutto il
mondo cinematografico in rivoluzione. Pare che il film-parlante sia veramente un prodigio:
sono riusciti ad ottenere alla perfezione la voce umana, vicina, lontana, timbrata in tutti i
90 Michelangelo Fino
Lo scenario che ho consegnato in questi giorni alla Cines e che sintitola Giuoca,
Pietro!, superando gli equivoci delle deleterie esperienze, vuol essere uno dei
primi saggi di cinematografia parlata e sonora, secondo le mie conclusioni78.
Le conclusioni di cui parla sono quelle gi espresse nel saggio del 1929 (e
in altre interviste), laddove si sofferma sulla stretta connessione tra cinema e
inconscio, e sulle possibilit che il cinema, pi del teatro e della letteratura,
ha di rendere la visione del pensiero (il subcosciente, lonirico e il visionario).
La parte iniziale dello scenario Gioca, Pietro!, infatti, realizza il passaggio dal
piano del vissuto a quello onirico. Una situazione che, mutata, ritorna nelle
novelle ferroviarie: il movimento sussultorio del treno in corsa assimilabile
al movimento stesso del ritmo musicale79, cos come le immagini impen-
sate, che possono esser terribili come negli incubi, misteriose e mutevoli
come nei sogni, in vertiginosa successione o blande e riposanti80, evocano lo
scorrere delle immagini fuori dal finestrino in una dimensione che, tanto
seduti davanti a uno schermo quanto seduti su un sedile di seconda classe,
sommovendo il subcosciente81, proiettano nel mondo del sogno. Come
avviene, ad esempio, alla protagonista della novella Il viaggio:
Andava in treno per la prima volta. A ogni tratto, a ogni giro di ruota, aveva lim-
pressione di penetrare, davanzarsi in un mondo ignoto, che dimprovviso le si
modi. [] Rester sempre per da risolvere la internazionalizzazione del film, che con la paro-
la verr a essere distrutta: gli attori inglesi non potranno che parlare inglese; i tedeschi, tede-
sco. Ivi, p. 116.
78
E. Roma, Pirandello e il cinema, Comoedia, 15 luglio-15 agosto 1932. Dallo scenario
Gioca, Pietro! tratto il film di Walter Ruttmann Acciaio (1933). La critica ha mosso dubbi
circa la paternit pirandelliana di tale sceneggiatura, ritenendo decisivo il contributo del figlio
Stefano. Su questo aspetto vedi F. Cllari, Pirandello e il cinema, cit., pp. 78-84.
79
L. Pirandello, Se il film parlante abolir il teatro, cit.
80
Ibidem.
81
Ibidem.
Pirandello, il giornalismo e il cinema 91
creava nello spirito con apparenze che, per quanto le fossero vicine, pur le sem-
bravano come lontane [] il mondo era un sogno82.
Occorre prendere accordi con i mercati esteri e con le Case di produzione, per
poter girare sempre simultaneamente, edizioni dirette, nelle varie lingue, con
attori dei rispettivi paesi. tramontata lepoca degli attori internazionali. Come
in teatro, anche nel cinema ciascuna nazione deve avere i propri attori. [] In
ogni modo il doublage un ibrido ripiego, cui si dovr rinunziare per sempre.
bestiale cercare traduzioni relativamente fedeli delle parole, quando per ciascuna
di esse non corrispondono i gesti. La lingua non consiste soltanto di parole e dei
rispettivi accenti e suoni, ma, esprimendo pensieri e sensazioni, strettamente
legata ai caratteri del popolo. [] Se lattore che doppia la voce ripete le intona-
zioni delloriginale, al nostro orecchio sembrer incolore, sbiadito; [] Perci,
ripeto, lItalia deve pretendere assolutamente dalle Case estere versioni italiane
con attori italiani e imporre versioni francesi, inglesi, tedesche, della produzione
propria. Per intanto, al film doubl, io preferisco mille volte il muto, con dida-
scalie83.
82
L. Pirandello, Il viaggio, in Novelle per un anno (3 voll.), a cura di M. Costanzo, pre-
messa di G. Macchia, I Meridiani, Mondadori, Milano 1990, vol. III, t. I, pp. 220-21.
83
E. Roma, Pirandello e il cinema, cit.
84
I. Pupo (a cura di), Interviste a Pirandello, cit., p. 489.
85
Vedi supra, p. 85.
86
E. Roma, Pirandello e il cinema, cit.
92 Michelangelo Fino
87
Testor, Per il film italiano, La Stampa, 9 dicembre 1932, ora in F. Cllari, Pirandello e
il cinema, cit., p. 127.
88
Gim (Giuseppe Marotta o Mario Gromo), Colloquio con Luigi Pirandello, La Stampa,
21 aprile 1934.
89
In unintervista apparsa sul Corriere della Sera il 18 aprile 1926, cos Pirandello chia-
risce il significato di arte fascista: La mia arte [] arte fascista; essa stata malintesa nel suo
Pirandello, il giornalismo e il cinema 93
Non si deve dimenticare che il cinematografo deve essere, per il nostro Paese,
unindustria redditizia e non un organismo male in arnese fatto per dilapidare dei
capitali. Il cinematografo, a parte le sue finalit artistiche, pu dare lavoro a
migliaia di persone90.
senso morale; la si definita unarte negativa. Mentre con essa ho voluto far intendere e con-
statare che, se la realt vera e propria non esiste, la realt viene per creata. Ho affermato cio
la potenza creatrice dello spirito. Pochi sono gli uomini che creano la realt [] Mussolini ha
creato allItalia una nuova realt. Pirandello, dunque, fascista nel senso di creatore; equazio-
ne applicabile anche al cinema, dal momento che lo scrittore agrigentino ribadisce pi volte la
necessit nel cinema di essere creatori e non fotografi.
90
Gim (Giuseppe Marotta o Mario Gromo), Colloquio con Luigi Pirandello, cit.
DARIO MOMIGLIANO
1
E. Montale, Sulla poesia, Mondadori, Milano, 1976, p. 317.
96 Dario Momigliano
nuove strade, rinunciando una volta per tutte alla tradizione. Il no pronun-
ciato ai danni del passato evidente sin dai motti che Marinetti coni:
Marciare e non marcire, Abbasso i musei e le Biblioteche, Guerra sola
igiene del mondo, Evviva la originalit, Religione della velocit, Morte
al verismo. Poche parole che come lo slogan in politica hanno il compi-
to di riassumere icasticamente i capisaldi di un movimento passato alla storia
per le sue imprese provocatorie e belligeranti.
Marinetti (il cui vero nome non Filippo Tommaso bens Emilio Angelo)
nasce nel 1876 ad Alessandria dEgitto da genitori italiani. Presso il collegio
di gesuiti dove studia fonda Le Papyrus, piccola rivista di carattere scolasti-
co. In seguito, in virt del suo bilinguismo, collabora a numerose riviste, sia
francesi (La Plume, Gil Blas, Vers et prose, La Vogue, La Revue
Blanche) sia italiane (La Rassegna latina, Iride, Esperia). Gli interven-
ti di questi anni vertono per lo pi su questioni letterarie. Accanto alle prime
collaborazioni editoriali Marinetti intraprende unattivit di pubbliche decla-
mazioni poetiche presso teatri francesi e italiani, preludio a quelle che saran-
no, di l a poco, le performance delle cosiddette serate futuriste. La formazio-
ne culturale marinettiana si comprende meglio laddove si consideri la conti-
nua oscillazione dellautore tra i due poli di Parigi e Milano, citt emblema-
tiche dellindustrializzazione e luoghi di grande fermento culturale.
Il Novecento appena iniziato e lascesa dei nuovi mezzi comunicativi sta
riscrivendo le regole della comunicazione stessa. Marinetti intuisce i cambia-
menti in atto e, forte della discreta notoriet gi acquisita, decide di imporsi
allattenzione del pubblico con una rivista propria, capace di spiccare in un
panorama sempre pi affollato. Sfruttando la cospicua eredit paterna di cui
unico beneficiario, nel 1905 dalla sua abitazione milanese d alle stampe
Poesia, rivista internazionale che non ha eguali in Italia. Liniziativa edito-
riale marinettiana non soltanto lussuosa, tratto che di per s basterebbe a
distinguerla da tutte le altre; sono piuttosto le tecniche comunicative provo-
catorie (in copertina il disegno di una giovane nuda nellatto di uccidere un
drago) e innovative (le inchieste come quella sul verso libero) a rendere
Poesia un esperimento unico. La vita della rivista termina nel 1909 ma i
tempi sono ormai maturi per il vero atto di rottura: la nascita di un nuovo
movimento artistico chiamato Futurismo. Marinetti ne ideatore, fondatore
e guida indiscussa. La precedente avventura di editore, bench fallimentare
sul versante economico, servita a spianare la strada per quella che sarebbe
stata una autentica rivoluzione culturale.
2
F.T. Marinetti, Fondazione e Manifesto del Futurismo, in Teoria e invenzione futurista
[TIF], Mondadori, Milano, 1986, p. 7.
98 Dario Momigliano
3
Ivi, p. 8.
4
Ivi, p. 12.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 99
5
G.E. Viola, Filippo Tommaso Marinetti: lo spettacolo dellarte, LEpos, Palermo 2004,
p. 175.
6
F.T. Marinetti, La volutt desser fischiati, in TIF, p. 310.
7
Id., Manifesto tecnico della letteratura futurista, in TIF, p. 46.
100 Dario Momigliano
per noi, del sorriso o delle lagrime di una donna). I precetti marinettiani si
muovono nella direzione di una totale riforma linguistica in nome della sin-
tesi e della velocit. Lo strumento principale despressione di questa nuova
visione del mondo lanalogia:
Lanalogia non altro che lamore profondo che collega le cose distanti, appa-
rentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile
orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico, e polimorfo, pu abbracciare la
vita della materia. [] Le immagini non sono fiori da scegliere e da cogliere con
parsimonia, come diceva Voltaire. Esse costituiscono il sangue stesso della poesia.
La poesia deve essere un seguito ininterrotto di immagini nuove senza di che non
altro che anemia e clorosi8.
Lautore non esista a proporre come esempio delle nuove regole brani
attinti dai suoi stessi testi narrativi (Battaglia di Tripoli e Mafarka il futurista).
Ma al di l delle note autocelebrative la vera intenzione del Manifesto tecnico
della letteratura futurista quella di trovare un aggiornamento e un adegua-
mento del linguaggio rispetto alla realt9. La fusione di parola e vita produ-
ce le parole in libert, strumento futurista di registrazione immediata degli
stati danimo. Grazie ad esse diventa possibile cogliere il fondo analogico
dellesistenza umana. Marinetti nel manifesto Distruzione della sintassi
Immaginazione senza fili Parole in libert elenca i vari risultati che si posso-
no ottenere mediante lespressione parolibera: metafore condensate, im-
magini telegrafiche, scorci di analogie e soprattutto il tuffo della parola
essenziale nellacqua della sensibilit, senza i cerchi concentrici che la parola
produce. In simili teorizzazioni vi sono le premesse di tanti fenomeni comu-
nicativi della modernit. Le espressioni sintetiche e sinestetiche del linguag-
gio pubblicitario devono molto a Marinetti, ma anche vero che un poeta
come Ungaretti ha riconosciuto, dopo numerose smentite, il proprio legame
con i dettami dei manifesti futuristi. La stessa rivoluzione tipografica del
futurismo ha aperto la strada agli artifici della moderna editoria e alla ormai
diffusa mail art.
Lintervento degli artisti futuristi presto interess non soltanto la lettera-
tura ma tutti gli aspetti della vita collettiva. La loro rivoluzione assunse cos
un carattere antropologico e omnicomprensivo. Ecco dunque il manifesto La
cinematografia futurista dove appunto il cinema viene inteso come forma
darte che deve prendere il posto della rivista, del dramma e del libro. Il film
inteso come realt caotizzata diventa lo strumento per una fusione di lin-
guaggi artistici: Metteremo in moto le parole in libert che rompono i limi-
ti della letteratura marciando verso la pittura, la musica, larte dei rumori e
8
Ivi, p. 48.
9
G. Baldissone, Filippo Tommaso Marinetti, Mursia, Milano 1986, p. 70.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 101
10
F.T. Marinetti, La cinematografia futurista, in TIF, p. 141.
11
Id., La radia, in TIF, p. 209.
12
G.E. Viola, cit., p. 13.
102 Dario Momigliano
13
F.T. Marinetti, Il romanzo sintetico, in TIF, p. 224.
14
Id., Introduzione a I nuovi poeti futuristi, in TIF, p. 186.
15
Id., Il poeta futurista Aldo Palazzeschi, in TIF, p. 64.
16
molto interessante in questo senso riportare un passo di una recente intervista alla
figlia dellautore, Vittoria Marinetti, la quale afferma: Il discorso di Marinetti e i futuristi
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 103
un discorso abbastanza complesso. Non vero che lui faceva differenza tra i vari futuristi.
Certo, lui amava molto Boccioni, amava molto Balla; per, in genere, quando lui si occupava
degli artisti era sempre, vorrei dire, vergine nel rapporto con loro []; cera sempre questa
grande considerazione delle personalit con cui aveva a che fare, ed era la principale causa della
sua simpatia, della sua affezione tra tutti, perch lui amava trovare nelle persone questi lati ita-
liani e anche artistici, e anche inventivi, e anche degni di essere sostenuti. Lintervista si trova
in Appendice al volume di G.E. Viola, cit., pp. 181-188.
17
F.T. Marinetti, Introduzione a I nuovi poeti futuristi, in TIF, p. 191.
104 Dario Momigliano
Lidea di unarte militante non poteva che sfociare, gi a partire dal 1910,
in un diretto impegno politico di Marinetti. In una sua lettera a Papini, il lea-
der futurista scrive che larte legata alla politica. Da ci la formula futuri-
sta di Arte-azione. Una posizione netta, e sempre ribadita, del pensiero poli-
tico marinettiano fu il nazionalismo. La conquista della Libia venne salutata
in modo pi che acceso, durante una serata futurista presso il teatro Verdi di
Firenze:
La parola Italia deve dominare su la parola libert. La parola libert che aveva il
suo valore assoluto di violenza e di rigenerazione nella bocca di Garibaldi e di
Mazzini diventata una parola imbecille e sciupata nella bocca dun Turati o di
un Bissolati antilibici. (Applausi. 10 minuti di baccano infernale) Mentre invece la
parola Italia ha oggi il suo massimo fulgore e il suo massimo valore dinamico e
combattivo! Per noi internazionalismo vuol dire mascherare di frasi vuote una
preoccupazione egoistica e paurosa di pelle e di ventre. Internazionalismo signi-
fica essere assorbiti o schiacciati da un nazionalismo straniero! [] Si convinca-
no i socialisti che noi rappresentanti della nuova giovent artistica italiana com-
batteremo con tutti i mezzi e senza tregua i loro vigliacchissimi tentativi contro
il prestigio politico militare e coloniale dellItalia19.
18
L. De Maria, Introduzione, in F.T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, cit.,
pp. XLIX-L.
19
F.T. Marinetti, Grande serata futurista, in Lacerba, 15 dicembre 1913.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 105
Unico nella storia il nostro Partito stato concepito, voluto e attuato da un grup-
po di artisti poeti, pittori, musicisti, ecc.: che, carichi di genio e coraggio ormai
provati, dopo avere svecchiato brutalmente e modernizzato larte moderna sono
giunti logicamente ad una concezione di politica assolutamente sgombra di reto-
rica, violentemente italiana e violentemente rivoluzionaria, libera, dinamica e
armata di metodi assolutamente pratici 21.
Il partito futurista, pur suscitando continui tumulti per via delle sue azio-
ni plateali, numericamente aveva una consistenza pi che modesta. La stessa
Roma Futurista incontrava scarsa considerazione. Ci che permise a
20
E. Gentile, La nostra sfida alle stelle. Futuristi in politica, Laterza, Roma-Bari, 2009,
p. 49.
21
F.T. Marinetti, Democrazia futurista, in TIF, p. 345.
106 Dario Momigliano
22
Ivi, p. 396.
23
L. De Maria, Introduzione, cit., p. XCIII.
24
E. Gentile, cit., p. 112.
25
F.T. Marinetti, Ad ogni uomo, ogni giorno, un mestiere diverso! Inegualismo e Artecrazia,
in Il Resto del Carlino, 1 novembre 1922; ora in Teoria e invenzione futurista, cit., p. 553.
Le utopie di Filippo Tommaso Marinetti 107
Marinetti e la contraddizione
1
A. Bergamini, Nascita della Terza pagina, in Nuova Antologia, novembre 1955,
pp. 347-362 (poi in E. Falqui, Nostra Terza pagina, Canesi, Roma 1965, pp. 250-268, cit. a
pp. 251-253).
110 Maria Teresa Imbriani
[] Or non pochi giorni, invitai nella mia casa a udire la lettura di una mia tra-
gedia gli attori che dovranno rappresentarla e alcuni uomini di lettere amici miei
fedeli, con la pi schietta fiducia nella loro discrezione, pensando che ciascuno
avrebbe avuto per le cose dello spirito almeno quellonesto riguardo che le perso-
ne bene educate soglion dimostrare verso lospite quando si levano da mensa
senza intascar la posata dargento. [] Ma, ecco, mi vien mostrato un giornale
bolognese che pure diretto da un gentile uomo dove leggo un sunto della
tragedia cos goffamente confuso e cos villanamente sconcio che mi fa pensare al
dispetto bestiale onde la scimmia talvolta tratta a manomettere e a lordare log-
getto ignoto in cui ella crede scorgere unapparenza ostile, unoscura minaccia.
Non so ancora quale dei miei uditori abbia trasmesso a quel giornale le indi-
screzioni, ma molto amaramente mi dolgo di aver ricevuto nella mia casa un tal
gaglioffo. [] Io minduco a lamentarmi publicamente perch non questa la
prima volta che patisco simili villanie. Pur di recente ho veduto andar su per tutte
le gazzette del regno mie lettere e miei telegrammi familiari, diretti a persone che
meran parse assai cortesi e gravi; e ho dovuto ammirare la disinvoltura inaspet-
tata con cui quei gentili uomini violavano le pi elementari norme della buona
creanza e dellonest.
Cos dunque in Italia colui che ardisce intendere le sue forze a una qualunque
opera ideale, si vede togliere perfino i diritti di cui gode il pi umile cittadino; e
non soltanto esposto allingiuria cotidiana dagli innumerevoli poltroni cialtro-
ni e buffoni che appestano il bel paese, ma pur sempre escluso dal beneficio del
2
La cit. da L. Pirandello, LIdolo, in La Critica, 31 gennaio 1896, ora in Id., Saggi e inter-
venti, a cura e con un saggio introduttivo di F. Taviani e una testimonianza di A. Pirandello,
Mondadori I Meridiani, Milano 2006, p. 123.
3
F. S. Nitti, DAnnunzio, la guerra e Fiume, in Id., Scritti politici. Rivelazioni. Meditazioni
e ricordi, a cura di G. Carocci, Laterza, Bari 1963, Edizione Nazionale, vol. XV, p. 321.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 111
vivere civile. E nessuno pi si crede in obbligo di usargli quei riguardi che si con-
cedono agli sconosciuti; e per lui particolarmente il segreto epistolare telegrafico
e domestico viene abolito; e il campo dovegli lavora vien considerato come una
vil piazza dove ciascuno pu deporre le sue immondizie o menar gazzarra.
Ma un amico ieri volle dimostrarmi liniquit del mio lamento, facendomi osser-
vare che io almeno dopo tanti anni di sforzi sono riuscito a ottenere nella mia
patria il pi singolare degli offici. In fatti, come la luna regola le maree, io ho lof-
ficio di provocare le inondazioni periodiche della stupidit nazionale. Lultima
dura da un mese e non accenna a descrescere. []4
4
G. dAnnunzio, Per la cortesia, in La Tribuna, 9 ottobre 1901.
5
Cfr. A. Baldazzi, Bibliografia della critica dannunziana nei periodici italiani dal 1880 al
1938, Cooperativa degli scrittori, Milano 1973, pp. 109-110.
6
Cfr. La Fiaccola sotto il moggio di dAnnunzio, in Il Giornale dItalia, 25 marzo 1905,
su cui M. M. Cappellini, Introduzione a G. dAnnunzio, La fiaccola sotto il moggio, Mondadori,
Milano 1998, p. XXVII. Anche in questo caso, su vari altri giornali veniva ampiamente
annunciata la tragedia che sarebbe stata rappresentata a Milano il 27 marzo 1905.
7
L. Pirandello, LIdolo, cit., p. 124. Si ricordi anche la polemica sui plagi dannunziani
inaugurata da Thovez il 7 dicembre 1895 dalle pagine della Gazzetta letteraria con lartico-
lo La farsa del superuomo, su cui si vedano le note allarticolo dannunziano Dellimpresa dei
beoti, in Il Marzocco, 5 aprile 1896 e allintervista di Ernst Tissot, Les sept plaies et les sept
112 Maria Teresa Imbriani
beauts de lItalie contemporaine, Perrin, Paris 1900 in G. dAnnunzio, Scritti giornalistici 1886-
1938, vol. II, a cura di A. Andreoli, testi raccolti da G. Zanetti, Mondadori I Meridiani,
Milano 2003, pp. 1633-1634 e pp. 1856-1859 (dora in avanti SG II).
8
[G. dAnnunzio], Giaufr Rudel (rubrica Cronaca letteraria) in La Tribuna, 9 aprile 1888,
ora in Id., Scritti giornalistici 1882-1888, vol. I, a cura di A. Andreoli, testi raccolti e trascritti da
F. Roncoroni, Mondadori I Meridiani, Milano 1996, p. 1122 (dora in poi SG I).
9
La cattedra a Gabriele dAnnunzio, in Il Giornale dItalia, 9 aprile 1912.
10
F. Torraca, Lettera al Direttore, in Il Giornale dItalia, 12 aprile 1912.
11
Nel 1891 aveva pensato di accettare una cattedra liceale offertagli dal Ministro
Ferdinando Martini, al fine di vivere con Barbara una vita modesta e pacata: cfr. A. Andreoli,
Il vivere inimitabile. Vita di Gabriele dAnnunzio, Mondadori, Milano 2000, p. 188.
12
G. Comisso, Le mie stagioni, Longanesi, Milano 1985, p. 72, cit. da S. Costa (a cura di),
Gabriele dAnnunzio. Volti e maschere di un personaggio, Sansoni, Firenze 1988, p. 246.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 113
perch di buoni ed onesti scrittori che si sieno arricchiti o che almeno abbiano
tratto un giusto guadagno dalle opere loro, noi in Italia non ne conosciamo.
Giosu Carducci, che Giosu Carducci, se non facesse il professore in una
Universit governativa e se non avesse per ci un emolumento, sarebbe perduto,
perch ben poco avrebbe da sperare dal commercio dei suoi libri che pure il pub-
blico ammira, compra e legge. Che cosa offrono gli editori a Giosu Carducci per
un libro di critica o di poesia? Una miseria.
E Luigi Capuana, uno dei pi forti novellieri contemporanei, uno dei pi ricer-
cati, che cosa prende dalli editori per un suo libro di narrazioni? Una miseria.
E Matilde Serao, forse la pi popolare romanzatrice dItalia, una scrittrice labo-
riosa ed infaticabile, quali rendite ha dellopera sua? E Antonio Fogazzaro? E
Giovanni Verga? E Giuseppe Chiarini? E quelli altri pochi che studiano e fanno
larte con coscienza ed amore?13
13
Bull-Calf, Lo sfumino perseguitato, in Fanfulla, 27-28 giugno 1885, ora in SG I, pp.
62-64: 63 (vd. anche la nota alle pp. 1229-1231).
14
Lettera di Anna Kuliscioff a Filippo Turati del 24 febbraio 1907, in S. Costa, Gabriele
dAnnunzio, cit., p. 129.
15
F. S. Nitti, DAnnunzio, la guerra e Fiume, cit., p. 314.
114 Maria Teresa Imbriani
16
E. Scarfoglio, Il Libro di Don Chisciotte, Sommaruga, Roma 1885, pp. 196-197. Il Libro
fu poi riedito con aggiunte nel 1911 (Il Mattino, Napoli); ora disponibile nelledizione a
cura di C.A. Madrignani e note di A. Resta (Liguori, Napoli 1990).
17
Cos si esprimeva lui stesso in una lettera a Cesare Fontana del 20 maggio 1879, cit. da
A. Andreoli, Il vivere inimitabile, cit., p. 43.
18
Marc Monnier, il cronista del brigantaggio meridionale, loda le prove del liceale sulla
Revue suisse del 6 giugno 1889. Larticolo di Chiarini, A proposito di un nuovo poeta, era
apparso in Fanfulla della Domenica, 2 maggio 1889.
19
Cfr. G. Chiarini, Libri nuovi, rec. a G. dAnnunzio, In memoriam, in Fanfulla della
Domenica, 24 ottobre 1880.
20
R. Rutini, Gabriele dAnnunzio, in Gazzetta della Domenica, 14 novembre 1880.
21
A. Andreoli, Il vivere inimitabile, cit., p. 61.
22
Cfr. Uriel, Necrologia, in Capitan Fracassa, 22 novembre 1880; Id., Antinecrologia, ivi,
27 novembre 1880.
23
Cfr. G. dAnnunzio, Tutte le novelle, a cura di A. Andreoli e M. De Marco, Mondadori
I Meridiani, Milano 1992; P. Gibellini, Natura e cultura nel verismo dannunziano, in G.
dAnnunzio, Terra vergine, Mondadori, Milano 1981.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 115
cesco Paolo Michetti, nel cui cenacolo stato ammesso in quella fatidica esta-
te pescarese dellOttanta, le Figurine gli guadagnano lammirazione persino
di Filippo Turati, pronto a dettare nel giugno parole straordinariamente pro-
fetiche, apparse anchesse su un giornale:
La conquista di Roma 25
Solo un lavoro sistematico ha avuto dAnnunzio nel corso della sua vita,
ed stato appunto quello del giornalista, dapprima stipendiato e persino
direttore della Cronaca bizantina per un breve periodo, dallautunno 1885
alla primavera 1886; poi capace di imporre i suoi pezzi al miglior offerente;
infine, nella cosiddetta stagione notturna delle Faville del maglio, riciclatore
di se stesso al caro prezzo che Luigi Albertini, direttore del Corriere della
Sera, paga per le 19 prose autobiografiche che compaiono dal 23 luglio 1911
al 24 settembre 1914 26, soppiantate, durante la guerra, dagli interventi che
tengano desto il morale delle truppe (Canti della guerra latina)27 o dai reso-
conti delle imprese belliche e, al tempo di Fiume, dai discorsi e proclami che
detta agli Arditi. Ovvie le differenze tra gli esordi e i tempi della fama conso-
lidata: se prima gli si chiedono cronache, poi sar lui a dettare le regole del
gioco, a imporre la sua parola, quale che sia; a disseminare, con intenti auto-
24
F. Turati, Una presentazione, in La Farfalla, 5 giugno 1881, in S. Costa, Gabriele
dAnnunzio, cit., p. 20.
25
il titolo di un romanzo di Matilde Serao apparso per i tipi del Barbera di Firenze nel
1885, dove si parla di un parlamentare della Basilicata, in cui qualcuno ha voluto vedere
Giustino Fortunato, destinato a perdersi una volta giunto a Roma.
26
Le Faville del maglio sono ora raccolte in G. dAnnunzio, Prose di ricerca, a cura di A.
Andreoli e G. Zanetti, Saggio introduttivo di A. Andreoli, Mondadori I Meridiani, Milano
2005, vol. I, pp. 1071-1658.
27
Ora in G. dAnnunzio, Versi damore e di gloria, a cura di A. Andreoli e N. Lorenzini,
edizione diretta da L. Anceschi, Milano 1984, vol. 2, pp. 761-865.
116 Maria Teresa Imbriani
promozionali, il suo verbo. Non si contano infatti gli interventi che giorna-
listi amici pubblicano sotto dettatura o raccogliendo fantomatiche interviste,
di cui a volte si ritrovano gli autografi tra le carte dannunziane, come nel caso
della famosa a Ojetti28. N si contano, come si cercato di dire prima, le pre-
senze indirette di dAnnunzio sui giornali del tempo, per il riflesso della sua
opera e della sua vita,
prestigiosa avventura letteraria, che prese tutta un tratto e tenne per tanto tempo
gli animi in un abbaglio fascinoso: quella dun uomo adatto e magnifico, nato
per lavventura, cos nellarte come nella vita, e in una tal confusione darte e di
vita da non potersi dire quanta della sua vita sia nella sua arte, quanta della sua
arte sia nella sua vita29.
28
Sullintervista di Ugo Ojetti, in Id., Alla scoperta dei letterati, Dumolard, Milano 1895:
cfr. SG II, pp. 1375-1390 e relative note 1851-1853.
29
L. Pirandello, Giovanni Verga. Discorso al Teatro Bellini di Catania nellottantesimo com-
pleanno dello scrittore, 2 settembre 1920, in Id., Saggi e interventi, cit., p. 1005.
30
Si prenda il caso del giornale teatrale Il Tirso, nato sulla scia del successo della Figlia
di Iorio, come si legge nella breve premessa indirizzata ai lettori il 12 maggio 1904: Gabriele
dAnnunzio battezzando il nostro giornale con un nome che rievoca il Dio della scena ci
risparmia la fatica dun programma e ci ammonisce che il teatro come presso i Greci pres-
so di noi deve oggi rivendicare le sue originarie caratteristiche nobili e sacre: oggi che Egli vi
ha trasfuso nuovo sangue vivificando una forma drammatica che credevamo non esistere in
noi latini: la forma tragica. Perci noi giovani animati dalla pi schietta sincerit ci accingia-
mo a combattere per un solo ideale, lArte, e tutto quello che non sapr di Arte combattere-
mo con la pi fiera opposizione. | La Redazione | Luca Cortese Ugo Falena Enrico Fondi
Matteo Incagliati Pilade Vecchietti.
31
P. Gibellini, DAnnunzio dal gesto al testo, Mursia, Milano 1995, p. 194.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 117
ti, ma non mancava il riferimento agli scritti di argomento vario mai raccolti
in volume32.
Ledizione complessiva degli Scritti giornalistici dannunziani , ora, quella
procurata da Annamaria Andreoli, con la collaborazione di Federico
Roncoroni per il periodo 1882-1888 e di Giorgio Zanetti per quello 1889-
1938, nella collezione mondadoriana dei Meridiani, che ha finalmente
messo a disposizione del pubblico una gran massa di materiale annotato,
offrendo nel concreto uno spaccato significativo dellenorme prolificit dan-
nunziana: i numeri sono da soli eloquenti, 271 articoli nel primo volume,
217 nel secondo. Restano ovviamente escluse da quei due tomi, le novelle, le
traduzioni, le prose narrative, le Faville, le numerose poesie, i romanzi o gli
abbozzi di romanzo, tutti scritti che pure compaiono sui giornali prima del-
ledizione definitiva, mentre non manca nel secondo dei due volumi una
significativa antologia delle interviste a dAnnunzio33.
Daltra parte, un censimento complessivo della presenza giornalistica dan-
nunziana, sia attraverso i suoi articoli, come auspicava a suo tempo Croce, sia
attraverso gli articoli che parlano di lui, impresa titanica quante altre mai,
sarebbe tuttora auspicabile, giacch, oltre a restituire numeri davvero ecce-
zionali, forse consentirebbe ancora dei recuperi, dal momento che frequente-
mente, anche dietro trafiletti anonimi che parlano di lui o della sua opera, si
cela il facondissimo manager di se stesso.
Difficile da definire, la scrittura sui giornali fu per dAnnunzio una pale-
stra letteraria notevole, com ampiamente noto: dalle cronache mondane
discende Il Piacere; senza le riflessioni del Mattino difficilmente avremmo
Le Vergini delle rocce o Il Trionfo della morte; gli scritti della Tribuna e del
Convito preludono, oltre che al Fuoco, anche alla scelta teatrale. E se si
pensa al dorato esilio in Francia ancora il giornale il banco di prova della
prosa memorialistica, che a ben guardare nasce assai prima e gi in funzione
autocelebrativa proprio grazie al supporto delle gazzette:
32
G. dAnnunzio, Pagine disperse. Cronache mondane, letteratura, arte, coordinate e anno-
tate da A. Castelli, Lux, Roma 1913, pp. 5-10 (dora in avanti Castelli). Per la bibliografia rela-
tiva al giornalismo dannunziano cfr. SG I, pp. 1385-1391 e SG II, pp. 1885-1892. Resta
punto di riferimento E. Tiboni L. Abrugiati (a cura di), DAnnunzio giornalista, Atti del V
Congresso Internazionale di studi dannunziani Pescara 14-15 ottobre 1983, Centro Nazionale
di Studi dannunziani, Pescara 1984 (dora in avanti DAnnunzio giornalista).
33
Cfr. le edizioni annotate della collezione mondadoriane dei Meridiani: Versi damore
e di gloria, cit.; Prose di romanzi, a cura di A. Andreoli e N. Lorenzini, Introduzione di E.
Raimondi, Milano, Mondadori I Meridiani, 1988-1989, 2 voll.; Tutte le novelle, cit.; Prose
di ricerca, cit. e le edizioni critiche apparse per lEdizione Nazionale delle Opere di Gabriele
dAnnunzio: P. Gibellini (a cura di) Alcyone, Mondadori, Milano 1988; M. G. Sanjust (a cura
di), Elegie romane, Mondadori, Milano 2001. Per le interviste si veda anche G. Oliva, Interviste
a Gabriele dAnnunzio 1895-1938, con la collaborazione di M. Paolucci, Carabba, Lanciano
2002.
118 Maria Teresa Imbriani
Io sono nato nel 1864 a bordo del brigantino Irene, nelle acque dellAdriatico.
Questa nativit marina ha influito sul mio spirito. Il mare in fatti la mia pas-
sione pi profonda mattira veramente come una patria. [...] Uscito di collegio,
andai allUniversit di Roma. [] Appena giunto, io fui accerchiato e tratto nel
cenacolo, e adorato. [] Il mio nome correva su tutte le bocche. Tutti mi ricer-
cavano, mi davano incenso, mi proclamavano dio. [] E allora corsi il pericolo
estremo. La lode mi ubriac. Io mi gettai nella vita perdutamente, avido di pia-
cere, con tutto lardore della mia giovinezza. Tutte le porte mi furono aperte; pas-
savo di trionfo in trionfo, senza mai volgermi in dietro. E commisi errori su erro-
ri, rasentai mille precipizi. [] Io mi sarei irrimediabilmente perduto se un inci-
dente fortunato non mavesse costretto a tornare nella mia terra, su la riva salu-
bre del mio Mare. Lasciai dietro di me tutti gli amori, tutte le vanit, pregai la
Terra di riprendermi nelle sue braccia e di rinnovarmi, e fui esaudito. [] Il
Dolore, finalmente, mi diede la nuova luce. Dal Dolore mi vennero tutte le rive-
lazioni. Comera giusto, io incominciai a scontare i miei errori e i miei disordini
e i miei eccessi nella vita; incominciai a soffrire con la stessa intensit con cui
avevo goduto. Il Dolore fece di me un uomo nuovo: rursus homo est!34
34
Gabriele dAnnunzio, pote et romancier italien, in La revue hebdomadaire, 24 aprile
1893, in SG II pp. 173-178.
35
Lo riferisce divertito Geno Pampaloni, in DAnnunzio giornalista, p. 8.
36
La cit. in una lettera di Alessandro DAncona a Torraca del 27 settembre 1884 che cos
si lamenta a proposito di Scarfoglio: M.T. Imbriani (a cura di), DAncona Torraca, Scuola
Normale Superiore, Pisa 2003, p. 88.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 119
37
Roma, Sommaruga, 1883. Gli scritti di Chiarini, Panzacchi, Nencioni, Lodi contro la
poesia dannunziana vennero raccolti nel volume Alla ricerca della verecondia, Sommaruga,
Roma 1884.
38
Cfr. F. Contorbia (a cura di), Giornalismo italiano 1869-1901, Mondadori I Meridia-
ni, Milano 2007, vol. I, pp. 915-918. Significativa la scelta degli articoli dannunziani inseri-
ti appunto nel volume.
39
Larticolo dannunziano cui si fa riferimento Se fosse vivo!, in Il Mattino, 16-17
dicembre 1892, in SG II, pp. 107-109. La cit. tratta da Castelli, p. 5.
40
Ivi, p. 148.
120 Maria Teresa Imbriani
Fra Bartolomeo della Porta (Cose darte, ivi, 8 dicembre 1886), Un pittore dal-
legorie (Cronaca darte, ivi, 13 dicembre 1887); ancora un lungo contributo
sulla presenza di Moleschott a Roma per linaugurazione dellanno accade-
mico della Sapienza (Per una festa della scienza, ivi, 4 novembre 1887); final-
mente due brani autobiografici, insieme a Scarfoglio, il resoconto Masua.
Dalla Sardegna, in Cronaca bizantina, 1 giugno 1882 e Ricordi francaville-
si. Frammento autobiografico, in Fanfulla della Domenica, 7 gennaio 1883.
Di particolare interesse sono appunto gli articoli, entrambi del gennaio
1883, dedicati allattivit dellamico pittore Michetti, autentico mallevadore
dellopera dannunziana a venire: si preannuncia tanta della materia abruzze-
se che avrebbe connotato i capolavori, dalle Novelle della Pescara al Trionfo
della morte, dai Pastori alcyonii alla Figlia di Iorio. Il tono dei Ricordi franca-
villesi gi memoriale, sebbene ci si trovi di fronte a un dAnnunzio non
ancora ventenne:
41
In SG I, pp. 84-91.
42
P. Gibellini, Il primitivo culturale della Pescara, in Logos e mythos. Studi su Gabriele
dAnnunzio, Olschki, Firenze 1985, p. 176.
43
SG I, p. 14.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 121
aveva sostenuto Bull-Calf, ossia lui stesso in veste di cronista, nel primo dei
venti articoli dedicati allevento romano, Arte e artisti. Inseguimento (in
Fanfulla, 22 gennaio 1883). Ma nel Voto ancora una volta il ricordo auto-
biografico si sovrappone alla descrizione del soggetto dipinto:
Bull-Calf non che il primo degli alter ego dannunziani che, se vero che
compaiono per distinguere lopera veramente letteraria, pi meditata e
solenne [] dagli scritti che gli uscivano rapidamente dalla penna giorno per
giorno e che gli sembravano di minor conto45, sono utili anche per molti-
plicare la propria presenza su diverse testate o addirittura sullo stesso giorna-
le, magari scrivendo di argomenti contigui. Si pensi allappena vista serie di
articoli dedicati allEsposizione romana di Belle Arti del 1883 che appaiono
sul Fanfulla nella rubrica Arte e artisti a firma di Bull-Calf (22, 25, 29 gen-
naio; 1, 3, 9, 11, 14, 20, 25 febbraio; 8 marzo; 4, 10 aprile 1883) e sul
Fanfulla della Domenica a firma Gabriele dAnnunzio (28 gennaio; 11, 18
febbraio; 4 marzo; 1 aprile 1883), o alla recensione a Convolvoli, versi di
44
Ivi, pp. 94-95.
45
Castelli, p. 5.
122 Maria Teresa Imbriani
Carmelo Errico, non siglata nella rubrica Libri nuovi del Fanfulla della
Domenica del 28 gennaio 1883 e firmata Mario de Fiori nella Cronaca
bizantina del 1 marzo 1883 e cos via. O si pensi anche agli articoli prolun-
gati artificiosamente con doppia firma: il Duca Minimo e Myr (Il concerto dei
concerti nella rubrica A Roma e altrove, in La Tribuna, 18 aprile 1886) o il
Duca Minimo e Lila (Rubriche: Cronaca darte e Cronachetta mondana, ivi,
19 gennaio 1887). Ogni pretesto buono per riempire la pagina bianca, il
diario di Donna Claribel a firma Sir Ch. Vere de Vere (rubrica Giornate
romane, ivi, 21 dicembre 1884) o il colloquio epistolare con lettori privile-
giati come con il pittore napoletano Augusto Licata (A proposito di una que-
stione, Cose darte, ivi, 23 dicembre 1886) o lamico filosofo Angelo Conti, il
Doctor Mysticus (Cadentia sidera, Lestate a Roma, ivi, 13 agosto 1887), che
detta una nitida pagina leopardiana nel dialogo tra Cielo e Tempo. In que-
stultimo caso, lintroduzione tocca al Duca:
CADENTIA SIDERA
Caro Amico,
ti mando oggi una curiosa epistola del Doctor Mysticus, che tu puoi pubblicare
affinch i lettori conoscano quale strana virt abbiano le stelle cadenti sui cervel-
li degli uomini solitarii nella lunazione dagosto.
Cordiali ringraziamenti e saluti.
Il Duca Minimo 46
Erano auspici, dietro le sedie nuziali, due amici antichi e compagni darte e con-
terranei: Gabriele dAnnunzio e Costantino Barbella47.
Il suo pi noto nome di battaglia, Il Duca Minimo, viene alla luce per la
prima volta il 12 maggio 1885 e lo accompagna nella Tribuna (con la sola
eccezione di un intervento sulla Cronaca bizantina del 23 agosto 1885),
innanzitutto con il Piccolo corriere della rubrica La vita ovunque, poi in altre
rubriche periodiche come Cronaca bizantina, La vita a Roma, Grotteschi e
rabeschi, Cronaca della spada, Cronaca darte, Cronaca letteraria, Lestate a
Roma, qualche Cronaca mondana, appannaggio di Lila Biscuit, che stiler
quasi sempre la Cronaca della moda. Sar proprio il Duca Minimo il vero sti-
pendiato della Tribuna, larbiter elegantiae dei salotti e dei teatri romani,
46
SG I, pp. 926-927.
47
Vere de Vere, Nuptialia, La vita a Roma, in La Tribuna, 3 marzo 1885, in SG I, p. 267.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 123
delle sale da concerto e dei boudoir, visto che Gabriele ha ormai dovuto
accettare limpiego per via delle nozze con Maria Hardouin di Gallese, il cui
Peccato di maggio non rimasto privo di conseguenze48. Prendiamo uno qual-
siasi dei suoi articoli: si va dalle novit del teatro francese ai consigli di lettu-
ra per il pubblico femminile, dalla descrizione delle scomodit legate al cap-
pello a cilindro fino alle massime di Sagesse de poche che sempre riguardano
le signore, alle quali il cronista si rivolge con attenzione meticolosa.
PICCOLO CORRIERE
Gi da qualche giorno lautore di Monsieur de Camors ha letto al comitato della
Comdie Franaise la sua nuova commedia. Octave Feuillet legge molto bene, ma
anche molto lentamente. Cosicch la lettura, incominciata alle due, finita alle
cinque. []
Raccomandiamo alle lettrici i Contes la contesse dArmand Silvestre []. Non
si spaventino le lettrici. Silvestre mette innanzi al suo nuovo volume una specie
di prefazione in cui dichiara la perfetta decenza di queste sue nuove novelle. Le
lettrici possono fidarsi ed aprire il libro che elegante di forme ed elegantemen-
te illustrato Kauffmann. Rideranno molto. Il libro non che un sonante scoppio
di risa, che si prolunga per trecento pagine con un crescendo meraviglioso. []
Mariti ingannati, amanti astuti, femmine amorose formano la maggior parte
delle avventure. Silvestre lillustratore e lamatore delle femmine grasse, delle
dodues. Egli da molto tempo fa una guerra spietata alle donne bernhardtiane [].
Le signore di Roma, bianche e molli nella pinguedine nascente, trovano in
Armand Silvestre un paladino audace e un sapientissimo buongustaio. []
Santillane del Gil-Blas fa una guerra accanita al cappello a cilindro, alla tuba,
allorribile bomba.
Il primo uomo, egli dice, che immagin di coprirsi il capo duna qualunque cosa,
ebbe la manifesta intenzione di mettersi al riparo dal sole, dalla pioggia, dal fred-
do, da tutte insomma le intemperie della stagione. Ora, il cappello a cilindro (le
tuyau de pole, dice Santillane) adatto allo scopo? Per niente, come tutti sanno.
Anzi caldo destate, freddo dinverno; il pi leggero colpo di vento lo butta
gi, senza che ci sia modo di arrivare a fermarlo.
A cavallo, il cappello a cilindro insopportabile; al pi piccolo movimento di
trotto, va allaria; nella cavalcate per i boschi, si attacca a tutti i rami. In chiesa,
in teatro, in qualunque luogo affollato, dun impaccio supremo, e una causa di
continue preoccupazioni se non si vuol che rimanga schiacciato, o sfondato, o
guasto in qualche maniera.
Incomodo e poco pratico, fosse almeno elegante! Ma no. Nulla pi brutto, pi
antiartistico, pi ridicolo di questo strano utensile che deve suscitare molta ilarit
negli Orientali. []
48
G. dAnnunzio, Il peccato di maggio (poi in Intermezzo di rime, ora in Versi damore e di
gloria, cit. vol. I, pp. 267-271 e note pp. 944 e sgg.) apparve in Cronaca bizantina, 16 mag-
gio 1883 (ma delle due duchesse, madre e figlia, si parlava anche nellarticolo Venere capitoli-
na favente, a firma di Bull-Calf, in Fanfulla, 13 aprile 1883, in SG I, pp. 58-61).
124 Maria Teresa Imbriani
Alcune massime tolte dalla Sagesse de poche di Daniele Darc []: Una donna
stupida una calamit assai pi grande di un uomo stupido, perch ella parla di
pi. [] Non vi fidate della donna che ride sempre e delluomo che non ride
mai49.
Al gran sole, non vi fidate dei veli in tulle rosso, giallo, turchino, o verde. Questi
veli hanno tanti riflessi diversi che colorano il volto e non sempre con vantaggio.
Il velo rosso empie tutta la fronte e il naso dun fulgore dincendio che pu star
bene a un viso pallido, specialmente se il viso si vede in pieno. Ma di profilo il
riflesso rosso non pi che una macchia vinosa dunapparenza sgradevole.
Il velo giallo d alla pelle un color di limone e fa sembrare dun color mattone la
parte del viso che rimane scoperta.
Il velo verde d un colore di ranocchia, uno sguardo semispento, laspetto mala-
ticcio.
Il tulle bianco invece sfuma delicatamente i contorni, addolcisce la tinta; e il tulle
nero vivifica il rosso delle labbra, lo splendore delli occhi e rende pi brune le
ciglia e le sopracciglia50.
Oh bei mantelli di lontra ornati di castoro biondo! Il pelo lucidissimo si apre qua
e l come una spiga, variando legual colore cupo con apparenze doro. Nulla
pi signorilmente voluttuoso che una pelliccia di lontra da qualche tempo usata.
Allora le pelli consentono a tutte le pieghevolezze del corpo femminile; ma non
con la leggera aderenza della seta e del raso, s bene con una certa gravit non
priva di grazie e di quelle dolci grazie che li animali forniti di ricco pelame hanno
nei loro movimenti furtivi. Sempre una specie di lampo, una specie di lucidit
repentina precede o accompagna il movimento, e d al movimento una strana
bellezza.
49
Il Duca Minimo, La vita ovunque. Piccolo corriere, in La Tribuna, 25 giugno 1885, in
SG I, pp. 456-459.
50
Id., La vita ovunque. Piccolo corriere, in La Tribuna, 24 giugno 1885, in SG I, pp.
P. 453.
51
S. Slataper, Quando Roma era Bisanzio, in La Voce, 20 aprile 1911, in S. Costa,
Gabriele dAnnunzio, cit., p. 37.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 125
Alle giunture poi delle spalle, su l rovescio delle braccia, in torno ai fianchi, e qua
e l su l seno il colore prende un tono duna soavit antica, quasi morente, simi-
le forse a quello dun vaso di argento dorato in cui largento non anche apparisca
schietto e loro muoia52.
E chi delle nobildonne andr mai pi a una prima teatrale, dopo che Vere
de Vere, autentico struggler for life53, ha avvertito di evitare lApollo, teatro
mediocre e mal frequentato?
Noi amiamo con molto ardore i grandi spettacoli, i larghissimi lussi, le vibrazio-
ni delle pierreries, la luminosit dei tessuti paillettis, pe quali il gran Tho faceva
sonetti mirabili, e le scollature audaci, e le acconciature splendenti di monili aral-
dici e tutte quelle magnificenze feminili che mutano la sala di un teatro in un
convegno di bellezza e di ricchezza dilettoso alla vista dei mortali. Odiamo e
disprezziamo lignobile mediocrit di questo Apollo dove lilluminazione cos
scialba, dove linterno dei palchi duna tinta cos indecentemente sporca, dove
le signore vanno in abito chiuso e qualche volta anche in cappello, e dove per-
messo che un tenore si presenti, con un paio di pantaloni vecchi e con un ber-
retto da fattorino del telegrafo, a far delle stecche atroci. Oh povero Apollo, fre-
quentato omai dalli impiegati al Debito Pubblico, dalli ufficiali della Milizia
Territoriale e dai mariti delle coriste, perch laltra sera le acque melmose del
padre Tevere non ti copersero tutto?54
una primavera precoce. Ieri, uscendo fuori di porta del Popolo, vidi biancheg-
giare sul fondo turchino del cielo un ricamo finissimo disegnato dalla chioma di
un albero: da buon adoratore della santa Natura, ebbi un impeto dallegria, e gri-
dai ad un amico: Un mandorlo fiorente! Ahim, non era che una ramaglia secca
dalle foglie argentine.
52
Happemouche, Cronache romane. La cronachetta delle pellicce, in La Tribuna, 11
dicembre 1884, in SG I p. 205; Il Duca Minimo, Cronaca bizantina, in La Tribuna, 12
novembre 1886, in SG I, p. 674.
53
Lespressione nella lettera di Romain Rolland a Suars del 18 maggio 1897, in G. Tosi,
DAnnunzio visto da Romain Rolland. Con documenti inediti, in Il Ponte, marzo 1963, p. 346.
54
Vere de Vere, Giornate romane. Alla vigilia di Carnevale, in La Tribuna, 16 gennaio
1885, in SG I, pp. 226-227.
55
Cfr. A. Andreoli, Il vivere inimitabile, cit., p. 171.
126 Maria Teresa Imbriani
Pure la primavera c, si sente nellaria, si sente nel verde umile della campagna,
si sente nel sangue. Roma uno splendore; ha un incanto nuovo, pare giovine e
lieta; fa pensare alla saturnia augusta Roma pagana; perfino il Pantheon, il nero
aggrondato gigante, sanima stranamente a questo biondo sole; e di sotto al por-
tico e tra le colonne corintie pare qualche volta di vedere ondeggiare un pallio o
un peplo Con un po di buona volont, anche un questurino si pu trasfor-
mare in vergine sacra o in senatore quirite; perch no?
Tutto diventa oro; gli ultimi sprazzi di luce prendono una tinta calda, un aran-
cione intenso ove turbinano nugoli di polvere luccicante. Si cammina per una
via; tutta un tratto, alzando gli occhi, si vede una striscia gloriosa di sole che
bacia i cornicioni delle case, che d lampi e guizzi vivissimi alle vetrate, una stri-
scia di luce densa, dir cos, consistente, come un vapore. []
Passa poi sempre su quellora qualche splendida creatura dal viso pallido, dagli occhi
cerchiati di violaceo tenero, profondi, pieni di promesse; dalla bocca rossa come una
ferita, qualcuna di quelle pantere umane cantate e ricantate in elzeviro; passa traendo
seco per le penombre crepuscolari un desiderio di adolescente o un sogno di poeta56.
Roma diventa la citt delle demolizioni. La gran polvere delle ruine si leva da tutti
i punti dellUrbe e si va disperdendo a questi dolci maggesi. [] Ma dalle rovi-
ne sorger e risplender la nuova Roma, la Roma nitida, spaziosa e salutare, la
Roma costruita dalli architetti giovani che lasceranno da parte le eleganze spon-
tanee del Bramante e sinspireranno utilmente al palazzo del Ministero delle
finanze, al gran mostro della moderna architettura, alla caserma deglimpiegati57.
Fra non molti anni, se una giusta e severa legge edilizia non mette un freno alla
prepotenza e alla impudenza dei fabbricatori, la capitale del mondo rassomiglier
56
Bull-Calf, Corriere di Roma. Effetti di luce, in Fanfulla, 30 gennaio 1882, in SG I,
pp. 6-9.
57
Il Duca Minimo, La vita ovunque. Piccolo corriere, in La Tribuna, 12 maggio 1885, in
SG I, pp. 310-311.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 127
Infine, nel 1893, larticolo Preambolo, che annuncia il suo ritorno alla
Tribuna, far di nuovo riferimento alla frenesia demolitoria, rievocando, a
distanza di un lustro, lesperienza del cronista mondano, che presto coinci-
der con quella di Claudio Cantelmo, il protagonista delle Vergini delle rocce.
Mi par gi lontanissimo il tempo in cui, mettendo per la prima volta il mio spi-
rito curioso a contatto immediato con i pi singolari fenomeni della vita moder-
na, io su questo giornale medesimo rompevo il mio stile a tutti gli sforzi della rap-
presentazione istantanea e della celere indagine o con la lieta veemenza della gio-
vinezza conducevo qualche impresa efficace contro i beoti, per la dignit dellar-
te, pel rispetto di una grande memoria, pel trionfo di unidea nuova.
Era il tempo in cui pi torbida ferveva loperosit dei distruttori o dei costrutto-
ri sul suolo di Roma. Insieme con nuvoli di polvere si propagava una specie di
follia edificatoria, come un turbine improvviso, afferrando non soltanto i fami-
gliari della calce e del mattone ma ben anche i pi schivi eredi dei majorascati
papali, che avevano fino allora guardato con dispregio gli intrusi dalle finestre dei
palazzi di travertino incrollabili sotto la crosta dei secoli. [] E din torno, su i
prati signorili ove nella primavera anteriore le violette erano apparse per lultima
volta pi numerose dei fili derba, biancheggiavano pozze di calce, rosseggiavano
cumuli di mattoni, stridevano ruote di carri carichi di pietre, si alternavano le
chiamate dei mastri e i gridi rauchi dei carrettieri, cresceva rapidamente lopera
brutale che doveva occupare i luoghi gi per tanta et sacri alla Bellezza e al
Sogno.
Sembrava che soffiasse su Roma un vento di barbarie e minacciasse di strapparle
quella raggiante corona di ville gentilizie a cui nulla paragonabile nel mondo
delle memorie e della poesia. Perfino i bussi della Villa Albani, che eran parsi
immortali come le cariatidi e le erme, rabbrividivano nel presentimento del mer-
cato e della morte.
Fu allora, da per tutto, come un contagio di volgarit. Nel contrasto incessante
degli affari, nella furia quasi feroce degli appetiti e delle passioni, nellesercizio
disordinato ed esclusivo delle attivit utili, ogni senso estetico fu smarrito, ogni
rispetto del passato fu deposto. La lotta per la ricchezza e per la potenza fu com-
battuta con un accanimento implacabile, senza alcun freno. Il piccone, la caz-
zuola e la mala fede furono le armi. E, da una settimana allaltra, con una rapi-
dit quasi chimerica sorgevano sulle fondamenta riempite di macerie le gabbie
enormi e vacue, crivellate di buchi rettangolari, sormontate da cornicioni postic-
58
Id., La vita ovunque, in La Tribuna, 15 dicembre 1886, in SG I, p. 737.
128 Maria Teresa Imbriani
59
G. dAnnunzio, Nella vita e nellarte. Preambolo, in La Tribuna, 7 giugno 1893, in SG
II, p. 196.
60
A. Andreoli, Introduzione, in SG II, p. XXIX, che continua: Identificato di solito con
la pagina optima, con le dimore leggendarie o con leleganza ricercata, lesteta invece alle
prese anche con ben altro che non riguarda il suo personale e, secondo il moralismo dei pi,
discutibile stile di scrittura e di vita. Durante gli anni del suo lungo interventismo culturale lo
troveremo infatti puntualmente l dove il brivido della distruzione fa fremere unopera dar-
te o unaugusta memoria. Non si contano i tesori di bellezza che egli ha difeso senza rispar-
mio: monumenti, abbazzie, cattedrali, cinte murarie, torri, centri storici, paesaggi, arredi urba-
ni, affreschi, statue, volumi rari, spartiti musicali, ricettari, tradizioni artigianali, dialogando di
continuo con soprintendenti, conservatori, archeologi, architetti. Cantore di tutte le bellezze
della terra italiana la dicitura sua dAnnunzio pertanto uno dei massimi, miscono-
sciuti, paladini di quelli che si sarebbero definiti beni culturali.
61
G. dAnnunzio, LAbbazia abbandonata. A Pasquale Villari, in Il Mattino, 30-31
marzo 1892, in SG II, pp. 24-29.
62
Id., La galleria nel centro di Firenze. Una lettera di Gabriele dAnnunzio, in Corriere
della Sera, 25 marzo 1926, in SG II, pp. 780-1 (e per la risposta del Primo ministro cfr. la
nota a p. 1714).
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 129
Museo clementino, mentre nel 1926 sar Benito Mussolini in persona a inter-
venire affinch la Fiorenza del bel San Giovanni non venga deturpata.
La consacrazione delleroe
la voce di Antigone sale verso le stelle virginee; le pieghe del peplo dorico sono
commosse dal vento che passato su i monti e su i mari. E i battellieri del
63
Se ne lamentava nellarticolo Il Ritorno della rubrica Cronaca bizantina, apparso a firma
del Duca Minimo in La Tribuna, 8 ottobre 1887 (in SG I, p. 931): Anche la miserabile fati-
ca quotidiana del giornale, in questa prima sollevazione, vi appare meno dura e meno inutile
poich villumina la speranza che almeno una piccola parte dei vostri convincimenti e dei
vostri intendimenti e dei vostri gusti si diffonda nella moltitudine e serva a preparare tempi
migliori per larte che amate.
64
Per la parola intellettuale, cfr. E. Giammattei, DAnnunzio giornalista a Napoli. I segni
del contesto, in DAnnunzio giornalista, pp. 37-57 (ma anche Ead., Retorica e idealismo. Croce
nel primo Novecento, Il Mulino, Bologna 1987, p. 191). Sulle letture dannunziane cfr. almeno
G. Tosi, DAnnunzio critique dart. Aux sources franaises de son loge de Michetti (1893-1896),
in DAnnunzio giornalista, pp. 75-92.
130 Maria Teresa Imbriani
che in vece per noi ha grandissimo pregio: Voglio dire la modernit. [] Cos
il filosofo si mette fuori del suo tempo, mentre lartefice rientra nel suo tempo.
Ma luno, pur glorificando la vita, spazia in un dominio puramente speculativo;
mentre laltro realizza le sue astrazioni nella forma concreta dellopera darte66.
V nella moltitudine una bellezza risposta, donde il poeta e leroe soltanto pos-
sono trarre baleni. Quando quella bellezza si rivela per limprovviso clamore che
scoppia nellanfiteatro o su la piazza publica o nella trincea, allora un torrente di
gioia gonfia il cuore di colui che seppe suscitarla col verso, con larringa, col segno
della spada. La parola del poeta comunicata alla folla un atto come il gesto del-
leroe. un atto che crea dalloscurit dellanima innumerevole unistantanea bel-
65
G. dAnnunzio, NellArte e nella Vita. La rinascenza della tragedia, in La Tribuna, 2
agosto 1897, in SG II, pp. 263-264. Si veda anche Id., Il fuoco [1900], in Prose di romanzi,
cit., I, p. 298: Il popolo consiste di tutti coloro i quali sentono un oscuro bisogno di elevar-
si, per mezzo della Finzione, fuor della carcere cotidiana in cui servono e soffrono. [] Nelle
anime rudi e ignare la sua arte, pur non compresa, per il potere misterioso del ritmo recava un
turbamento profondo, simile a quello del prigioniere che sia sul punto di essere liberato dai
duri vincoli. La felicit della liberazione si spandeva a poco a poco nei pi abietti; le fronti sol-
cate si rischiaravano; le bocche, use alle vociferazioni violente, si dischiudevano alla meravi-
glia.
66
Id., Nella vita e nellarte. Il caso Wagner II, in La Tribuna, 3 agosto 1893, in SG II,
pp. 242-244.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 131
lezza, come uno statuario portentoso potrebbe da una molle argilla trarre con un
sol tocco del suo pollice plastico una statua divina. Cessa allora il silenzio che
scende, come una cortina sacra, sul poema compiuto. La materia della vita non
pi evocata dai simboli immateriali; ma la vita si manifesta nel poeta integra, il
verbo si fa carne, il ritmo si acclera in una forma respirante e palpitante, lidea
si enuncia nella pienezza della forza e della libert67.
Ebbene, c ancra qualcuno che in mezzo a tanta miseria e a tanta abjezione ita-
liana serba la fede nella virt occulta della stirpe, nella forza ascendente delle idea-
lit trasmesseci dai padri, nel potere indistruttibile della Bellezza, nella sovrana
dignit dello spirito, nella necessit delle gerarchie intellettuali, in tutti gli alti
valori che oggi dal popolo dItalia sono tenuti a vile, e specialmente nellefficacia
della parola. Dopo aver considerato e tentato ogni cosa, io vedo che la parola
non lazione conduce tutto fra i mortali dice lOdisseo di Sofocle, con senten-
za profonda. Ed Elettra Poche parole hanno sovente sollevato o abbattuto un
67
Id., Agli elettori di Ortona, in La Tribuna, 23 agosto 1897, in SG II p. 270.
68
P. Gibellini, Logos e mythos, cit., p. 6.
69
Cfr. A. Andreoli, La regia del Convito, in DAnnunzio giornalista, pp. 167-176 (e anche
della stessa le note in SG II, pp. 1585-1595).
70
Cos si autodefinisce dAnnunzio nellarticolo Per le onoranze a Vittorio Pica, Corriere
della Sera, 26 febbraio 1928, in SG II, p. 784.
132 Maria Teresa Imbriani
uomo. Credendo in questa antica e sempre nuova efficacia, noi ci gettiamo con
ardore nellimpresa71.
A chi la forza?
A noi!
A chi la costanza?
A noi!
71
Proemio, in Il Convito, gennaio 1895, in SG II, p. 285. Le due citt. da Sofocle,
Filottete, vv. 98-99 ed Elettra, vv. 415-416 sono nella c. 13 di ARC.21.1/39, conservata pres-
so la Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II di Roma, su cui M.T. Imbriani,
Nascondere il brutto o volgerlo al sublime: nel laboratorio delle Vergini delle rocce, in
Quaderni del Vittoriale nuova serie 3, 2006, pp. 39-130.
La miserabile fatica quotidiana: Gabriele dAnnunzio giornalista 133
A chi la fedelt?
A noi!
A chi la vittoria?
A noi!
Contro tutto e contro tutti
alal!72
in queste cose scritte un po a caso, mandate una dopo laltra a un giornale che le
paghi e le stampi, la qualit vera di dAnnunzio si dimostra con una purit repen-
tina; senza schemi, senza programmi. dAnnunzio che prende una cosa qua-
lunque e la scrive. [] Son cose del suo passato, della sua vita, che ci riportano
dinanzi le amanti, i giardini, le cere, i cavalli, le abitudini e le pose consuete; ma
tutto questo materiale un po falso e stilizzato ha poco valore nella pagina nuova.
un pretesto per scriverla. Quel che importa soltanto lo scrivere; DAnnunzio
che si ferma sopra un punto, un ricordo, una sensazione e la esprime; ne cava una
pagina e poi ha finito. Va per il suo cammino; la pagine resta dietro di lui lieve e
sciolta come una foglia non legata a nulla; piena e pefetta in s stessa, limpida
come una goccia dacqua pura73.
72
Cos si conclude un discorso dannunziano stampato con il titolo A noi!, in La Vedetta
dItalia, 18 maggio 1920, in SG II, p. 1110. Gli articoli della Vedetta dItalia sono raccolti
in SG II, pp. 1003-1327. Vd. anche E. Paratore, DAnnunzio giornalista al tempo della guerra,
in DAnnunzio giornalista, pp. 155-165 e P. Alatri, DAnnunzio giornalista politico, ivi, pp. 177-
197 e Id., Nitti, dAnnunzio e la questione adriatica 1919-1920, Feltrinelli, Milano 1976, oltre,
a cura dello stesso, G. dAnnunzio, Scritti politici, Feltrinelli, Milano 1980.
73
R. Serra, DAnnunzio, in Id., Le lettere [1914], a cura di A. Palermo, Mephite, Atripalda
2004, p. 84.
74
L. Longanesi, La morte del cigno, in LItaliano, 30 novembre 1928, ora in Id.,
LItaliano, raccolta antologica a cura di M. Veneziani, Ciarrapico, Roma 1985 p. 52.
134 Maria Teresa Imbriani
A Giovanni Agnelli
Mio caro Senatore,
in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina
che mi sembra risolvere la questione del sesso gi dibattuta. LAutomobile fem-
minile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacit duna seduttrice; ha, inoltre,
una virt ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne
ha la disinvolta levit nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur. []76
75
La cit. tratta da A. Gramsci, Passato e presente. Caratteri del popolo italiano, in Quaderni
del carcere, edizione critica a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino 1975, vol. II, p. 1202.
76
G. dAnnunzio, A Giovanni Agnelli, in Rivista Fiat, gennaio-febbraio 1926, in SG II,
p. 1367.
MARIA PANETTA
Settantanni di militanza:
Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani
1
Cfr. B. Croce, I laureati al bivio, in La Voce, I, n. 8, 4 febbraio 1909; rist. in Id.,
Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, a cura di. M.A. Frangipani, Bibliopolis, Napoli
1993, pp. 109-113.
2
Cfr. Id., I laureati al bivio, in Id., Cultura e vita morale, cit., p. 109.
3
Ibidem.
4
Ibidem.
5
Ibidem.
6
Ibidem.
7
Ivi, p. 110.
8
Ibidem.
9
Ibidem.
136 Maria Panetta
li respinge bens anchesso per la natura instabile e sempre pericolante del lavoro
che in grado di fornire; ma assai pi fortemente li attira coi pronti e talora lar-
ghi guadagni, con la dimora nelle grandi citt, con la relativa libert nelluso della
propria giornata, con la notoriet che procura facilmente, sin dalle prime prove10.
Croce prendeva ivi posizione netta contro il mondo della carta stampa-
ta, affermando che fosse necessario indirizzare questi giovani indecisi (ma
capaci) verso linsegnamento, distogliendoli dal giornalismo, che, a suo giu-
dizio, coltivato quotidianamente,
10
Ibidem.
11
Ivi, p. 111.
12
Ibidem.
13
Ibidem.
14
Ibidem.
15
Ivi, p. 112.
16
Ibidem.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 137
17
I quattro articoli vennero ristampati in un opuscolo diffuso in 50 copie per le nozze tra
Giuseppe Lombardo Radice ed Emma Harasim: cfr. B. Croce, Il primo passo. Quattro scritti
critici, S. Tip., Napoli MCMX, poi raccolto in appendice a Id., Pagine sparse, vol. I, Ricciardi,
Napoli 1943, pp. 415-437. Cfr. E. Cione, Bibliografia crociana, Bocca, Milano 1956, pp. 62
e sgg., e p. 231. I saggi sono stati, in seguito, inclusi nel secondo volume delle crociane Nuove
pagine sparse (II ed., Laterza, Bari 1966, pp. 273-300). Cfr. A. Manganaro, Un dono di nozze
a Giuseppe Lombardo Radice: Il primo passo di Benedetto Croce, in Unistituzione. Una storia
(1938-2001), Annuario dellIstituto Magistrale Statale G. Lombardo Radice di Catania,
Greco, Catania 2001, pp. 91-94.
18
Cfr. B. Croce, Pagine sparse, vol. I, cit., p. 420.
19
Ibidem.
20
Ibidem.
21
Giambattista Basile: Napoli, 1883-1889, 1892 (a. VIII), 1893-1905 (a. IX), 1906,
1907 (a. XI). Redattori: M. Mandalari, M. Scherillo, L. Correra, G. Amalfi, V. Della Sala, V.
138 Maria Panetta
dico usc tra il 1883 e il 1907, in 139 fascicoli, e si occup del patrimonio
letterario, linguistico ed etnologico di Napoli e della Campania, con cenni
alle altre regioni del meridione dItalia.
Sotto la suggestione dellimpulso dato da Alessandro DAncona (con cui
Croce era in corrispondenza)22, Giuseppe Pitr e Vittorio Imbriani agli studi
di letteratura popolare, anche Croce si dilett, in quel periodo, a raccogliere
e ad annotare fiabe, canti, cunti, detti e proverbi popolari, non senza assilla-
re, per procurarsene di sconosciuti o poco conosciuti, le cameriere, il cuoco
e il cocchiere di casa, e ancora i contadini, [] anzi persino i zampognari23:
di essi si trova traccia in numerosi articoli da lui pubblicati, tra il 1883 e il
1889, soprattutto sul suddetto Giambattista Basile, seguendo le direttive e
i propositi riassunti nel Programma della rivista (Ai nostri lettori, del 15 gen-
naio 1883), nel quale, dopo aver sottolineato la grande importanza degli
studi di letteratura popolare, i redattori precisavano:
Simoncelli. Cfr. la ristampa anastatica in tre volumi, edita da Arnaldo Forni editore (Sala
Bolognese 1979).
22
Cfr. D. Conrieri (a cura di), Carteggio DAncona-Croce, introduzione di M. Fubini,
Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1977.
23
Cfr. B. Nicolini, Benedetto Croce, UTET, Torino 1962, pp. 62-63.
24
Cfr. Giambattista Basile, cit., a. I, pp. 1-2.
25
Al riguardo, cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, Edizione Nazionale delle Opere di
Benedetto Croce, Bibliopolis, Napoli 2006, p. 108.
26
Ivi, pp. 108-109.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 139
Favola raccolta sul villaggio del Vomero (del 15 novembre 1883)27, che lo stes-
so Croce reputava un seguito di stramberie mal connesse, fatto, direi quasi, pi
per ludito che per la fantasia28; Canti popolari raccolti in Napoli sul Villaggio
del Vomero (del 15 dicembre 1883)29, dieci canti popolari sino ad allora scono-
sciuti, seguiti da note lessicali e notazioni sui personaggi evocati; Canti popola-
ri raccolti a San Cipriano Picentino (del 15 febbraio 1884)30, altri dieci canti
popolari annotati da Croce. Seguirono: Letteratura scolastica (del 15 giugno
1885)31, ovvero motti, versi, indovinelli, filastrocche, aneddoti e facezie cor-
renti nelle scuole; il noto saggio su La leggenda di Niccol Pesce (del 15 luglio
1885)32, in cui Croce ne raccont una delle versioni circolanti, con la successi-
va Giunta alla leggenda di Niccol Pesce (del 15 agosto 1885)33 e la risposta ad
Arturo Graf intitolata Ancora di Niccol Pesce (del 15 gennaio 1886)34; Come va
che gli uomini mangiano ancora il pane (del 15 settembre 1885)35, resoconto di
un fatterello36 raccontatogli da un facchino in una stazione; Un opuscolo popo-
lare del secolo XVI (del 15 ottobre 1885)37, ovvero la ristampa di una Relazione
sincrona sulla morte di Maria Stuarda; Canti popolari della Marittima e
Campagna (del 15 agosto 1886)38, raccolta di sei canti popolari in endecasilla-
bi; Usi nuziali di San Cipriano Picentino e di Mercato San Severino (del 15 mag-
gio 1887)39; Francesco Caracciolo e un suo Omero (del 15 novembre 1887)40, in
cui compare la ristampa di un opuscolo popolare sullammiraglio giacobino
Francesco Caracciolo e sulla battaglia navale del 14 marzo 1795 tra inglesi e
francesi, seguito dallarticolo intitolato Intorno al poemetto popolare su Francesco
Caracciolo (del 15 gennaio 1888)41, in cui si conferma la datazione proposta da
Croce per il suddetto poemetto nellintervento precedente; O cunto ro gallo e
a zoccola. Favola raccolta sul villaggio del Vomero da Benedetto Croce (del 15
maggio 1888)42;O cunto e luorco e lorca (15 gennaio 1889)43 e, infine, Canti
politici del popolo napoletano (del 15 agosto 1889)44.
27
Ivi, pp. 109-110.
28
Cfr. Giambattista Basile, cit., a. I, n. 11, p. 83.
29
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 110-112.
30
Ivi, pp. 113-114.
31
Ivi, pp. 115-116.
32
Ivi, pp. 116-118.
33
Ivi, pp. 118-119.
34
Ivi, pp. 123-124.
35
Ivi, p. 119.
36
Cfr. Giambattista Basile, cit., a. III, n. 9, p. 72.
37
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 119-120.
38
Ivi, p. 124.
39
Ivi, p. 130.
40
Ivi, pp. 130-131.
41
Ivi, p. 132.
42
Ibidem.
43
Ivi, p. 133.
44
Ivi, pp. 133-134.
140 Maria Panetta
45
Del quale non si tratter, in questa sede, se non per brevi cenni e sul quale cfr. F. Lolli,
Croce polemista e recensore (1897-1919), Il Mulino, Bologna 2001.
46
Cfr. a. XIII, n. 162, p. 3; rist. in B. Croce, Pagine sparse, vol. I, cit., pp. 443-447.
47
Cfr., oltre a numerose sue recensioni, B. Croce, Chi lo Schiavo da Bari. Lettera, in
Rassegna pugliese, 1885, p. 261; Id., Ancora dello Schiavo da Bari, 1885, p. 298; Id., Il mito
di Shakespeare, n. 11, 15 giugno 1885; Id., Di un antico vocabolarietto italiano-tedesco, n. 11,
15 giugno 1885; Id., Ranuccio Farnese e Sisto V, n. 12, 30 giugno 1885, pp. 183-185; Id., Una
bugia napoletana di Wolfango Goethe, n. 13, 15 luglio 1885, pp. 202-203; Id., Un elogio della
pazzia italiana, n. 14, 31 luglio 1885, pp. 217-218; Id., Dante Alighieri, poeta latino del sec.
XV, n. 15, 15 agosto 1885, pp. 232-234; Id., Un miracolo, n. 15, 15 agosto 1885, pp. 237-
238; Id., Notizie di opere letterarie italiane su Maria Stuarda, n. 17, 15 settembre 1885, pp.
266-269, 294-297, 310-312; Id., Traduzione in versi dellHiver del Branger, n. 5, 15 novem-
bre 1885, p. 322; Id., Lucrezia dAlagno, notizie storiche, n. 21, 15 novembre 1885, pp. 328-
330, 345-347, 360-363, 373-376; Id., Massime per la vita di Augusto V. Platen, n. 19, 10
novembre 1886; Id., Dai colloqui di Erasmo, n. 8, 30 aprile-6 maggio 1886, pp. 115-118, n.
9, 15-23 maggio 1886, pp. 132-134, n. 11, 25 giugno 1886, pp. 165-166; Id., Gorgheggi del-
lanima, n. 13, 31 luglio 1886, pp. 203-204; Id., Poesie popolari spagnuole e traduzioni in versi
dal Marot, n. 5, 15 marzo 1886, p. 66; Id., Una vecchia questione, larte e la morale, n. 4, 28
febbraio 1886, pp. 51-54; Id., Alcuni appunti di erudizione, n. 15, 19 settembre 1886, pp.
255-257; Id., Pensieri sullarte, n. 15, 15 marzo 1886, pp. 71-73; Id., Necrologia di Vittorio
Imbriani, n. 1, 15 gennaio 1886, pp. 3-4; Id., Appunti, n. 4, 28 febbraio 1886, p. 60; Id., Tra
libri vecchi, nn. 23-24, 31 dicembre 1886, pp. 255-257; Id., Figurine goethiane: La principes-
sa, IV, n. 14, 31 luglio 1887; Id., Figurine goethiana: Miss Harte, IV, n. 16, 31 agosto 1887;
Id., Figurine goethiane: La duchessa Giovane, IV, n. 18, 30 settembre 1887; Id., La poesia dida-
scalica, n. 4, 12 marzo 1887, pp. 52-54; Id., Giordano Bruno e W. Goethe, n. 1, 30 gennaio
1887, pp. 7-8; Id., Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher, V, ff. 7, 9, 11, 16 del 1888; Id.,
Pomponio de Algerino, V, nn. 21-22, 6 novembre 1888; Id., Una raccoltina di autografi, VII,
1890, dal n. 4-5, 21 marzo, al n. 14-15, 12 settembre 1890; Id., Don Onofrio Galeota, VII, n.
7, 4 maggio, e n. 10-11, 15 luglio 1890; Id., Ines de Castro, IX, n. 21-22, 24 dicembre 1892;
Id., Collegi femminili in Italia, IX, n. 21-22, 24 dicembre 1892; Id., Di alcune obiezioni mosse
a una mia memoria sul concetto della storia, X, 1894; Id., Versi spagnuoli in lode di Lucrezia
Borgia duchessa di Ferrara e delle sue damigelle, XI, 1894; Id., Lodi di dame napoletane del seco-
lo decimosesto, dallAmor prigioniero di Mario di Leo, XI, 1894; Id., Lavversario spagnuolo di
Antonio Galateo, XII, 1895.
48
Cfr. A. Iurilli, M.T. Colotti (a cura di), Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti, 1884-
1913: indici; introduzione di M. DellAquila, Lacaita, Manduria 1985; C. Prencipe Di
Donna, La Rassegna pugliese e Benedetto Croce, Apulia, Foggia 1974.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 141
ta dal tipografo Valdemaro Vecchi49, con cui com noto Croce ebbe un
rapporto duraturo e proficuo anche in seguito.
Dopo lavvenuta unificazione nazionale, infatti, la cultura pugliese, in
generale, perse progressivamente il suo carattere marcatamente provinciale,
trovando nella stampa un efficace veicolo di divulgazione: nella Rassegna
pugliese, in particolare, comparvero anche numerosi articoli e recensioni
sugli autori pi importanti della letteratura inglese e di quella americana,
nonch servizi relativi ai diversi aspetti del mondo doltremanica e doltreo-
ceano. La rivista sinser pure efficacemente nel filone della letteratura meri-
dionalista, apportando contributi importanti al dibattito in corso e valendo-
si della collaborazione dei pi illustri intellettuali meridionali dellepoca nel
campo delleconomia, della letteratura, della politica, delle arti e delle scien-
ze: oltre a Croce, Giovanni Bovio, Giacomo Boggiano, Francesco Fraccacre-
ta, Ottavio Serena, Nicola De Nicol, Giovanni Beltrani, Nicola Bavaro,
Francesco Saverio Vista etc.
Alcuni degli articoli di Croce ivi pubblicati riapparvero, poi, in opuscolo
e figurano tra i suoi contributi pi importanti e noti alla storia erudita italia-
na: tra essi, si ricordi almeno Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher, uscito
anche in estratto nel 1888 per la tipografia di Valdemaro Vecchi e poi ristam-
pato nel noto volume crociano su La rivoluzione napoletana del 1799 50.
In questo periodo della vita dello studioso, lattivit giornalistica sintrec-
cia con gli studi eruditi e con la curatela di una serie di edizioni di testi mino-
ri o di difficile reperibilit (come, ad esempio, quella del Memoriale a Beatrice
dAragona regina dUngheria di Diomede Carafa, uscito nel 1894 a Napoli),
dei quali Croce anticipa le prefazioni facendole uscire prima in rivista51.
Del 1887 la collaborazione al Pantagruel, inaugurato a Trani proprio
quellanno da Giovanni Mennuti, e alla romana Rassegna degli interessi
femminili, fondata nel 1886 dalla belga Fanny Salazar Zampini, docente di
lingua e letteratura inglese presso il Magistero femminile di Roma: per que-
stultima Croce firm, tra gli altri, un articolo su Gaspara Stampa52 e uno su
Eleonora Fonseca Pimentel 53, delle quali si sarebbe interessato in modo pi
approfondito in seguito54. Interessante, invece, per quanto riguarda il
49
Cfr. R. Russo, Valdemaro Vecchi: ricordo del grande tipografo-editore a cento anni dalla
morte, 1906-2006, Rotas, Barletta 2006; M. DellAquila, Valdemaro Vecchi e la Rassegna
pugliese, s.n., Bari s.a.
50
Cfr. B. Croce, La rivoluzione napoletana del 1799: biografie, racconti, ricerche, Morano,
Napoli 1899.
51
Per un panorama completo delle prefazioni e delle introduzioni firmate da Croce, cfr.
M. Panetta, Croce editore, cit.
52
Cfr. n. 2, del 15 febbraio, e n. 3, del 15 marzo 1887.
53
Cfr. numeri dal n. 5, del 15 maggio, al n. 9, del 15 agosto 1887.
54
Al riguardo, cfr. M. Panetta, Croce editore, cit., vol. II, pp. 680-681 (per la Stampa); vol.
I, pp. 215-219 e 226 e vol. II, pp. 599-601 (per la Fonseca Pimentel).
142 Maria Panetta
Pantagruel, lintervento intitolato Poesia e non poesia 55, nel quale il giovane
Croce critic duramente la poesia di Mario Rapisardi Per leccidio degli ita-
liani a Saati, contrapponendole il dialoghetto in dialetto napoletano sullo
stesso tema di A. Toschi56.
Unimportante collaborazione prese avvio nel 1889, ovvero quella con
lArchivio storico per le provincie napoletane, la pubblicazione della
Societ di storia patria, alla quale Croce si era associato nel 1886 e che era
stata fondata, dieci anni prima, da Scipione Volpicella, Bartolommeo
Capasso, Giuseppe De Blasiis, Camillo Minieri-Riccio, Carlo Carignani,
Vincenzo Volpicelli e Luigi Riccio: nellArchivio Croce inaugur la serie su
I teatri di Napoli del secolo XV-XVIII 57.
Dello stesso interesse testimoniano anche un articolo uscito lanno suc-
cessivo su Lettere e arte di Bologna, intitolato Il matrimonio di Paisiello 58 e
che sarebbe stato ristampato nel volume del 1891 su I teatri di Napoli dal
Rinascimento alla fine del secolo decimottavo (ma escluso dalle edizioni succes-
sive del saggio), e uno su Pulcinella sul principio del Settecento 59, che diede il
via alla collaborazione col Fanfulla della domenica di Roma. Del 1890
anche linizio dellattiva partecipazione a due fogli torinesi, Letteratura60 e
Lintermezzo (a questultimo con un articolo su Il primo pallone aerostatico
a Napoli, I, 1890), e dellemergere dellinteresse di Croce per le sorti dellar-
chitettura e dellurbanistica della citt di Napoli, con la pubblicazione in
opuscolo della relazione Sulla denominazione delle nuove vie di Napoli risul-
tanti dal piano di risanamento 61.
Questa attenzione per la citt partenopea si pales in modo netto quan-
do, a sue spese (come dichiar nel Contributo alla critica di me stesso 62) e per
amor di cultura, egli inizi una Biblioteca napoletana di storia e letteratu-
ra63, della quale apparve nel 1891, sempre ad opera del Vecchi di Trani64, il
55
Cfr. a. I, n. 2, 27 marzo 1887.
56
Al riguardo, cfr. A. Manganaro, Leccidio di Saati e Poesia e non poesia: Rapisardi e
Torelli raffrontati dal giovane Croce, in Letterature e lingue nazionali e regionali. Studi in onore
di Nicol Mineo, a c. di S.C. Sgroi e S.C. Trovato, Il Calamo, Roma 1996, pp. 275-285.
57
Cfr. vol. XIV, 1889; e il volumi XV e XVI, del 1890-1891. Il lavoro venne riproposto
in estratto, con delle aggiunte, nel 1891, dalleditore napoletano Pierro.
58
Cfr. a. II, 1890. Seguir B. Croce, Sara Goudar a Napoli, II, 1890.
59
Cfr. a. XII, 1890.
60
Cfr. B. Croce, Il falso Bellino, V, 1890; Id., Un poeta meridionale, Vincenzo Padula, V,
1890.
61
Giannini, Napoli 1890.
62
I ed. 1918: si pu consultare nelledizione Adelphi, Milano 1989, da cui sono tratte le
citazioni seguenti.
63
Da lui citata come Biblioteca letteraria napoletana, nel Contributo (cit., p. 28) e da
Nicolini come Biblioteca di scrittori napoletani (Benedetto Croce, cit., p. 145).
64
Il gi citato Valdemaro Vecchi, editore di origini settentrionali che a Trani aveva impian-
tato la sua tipografia. Su Vecchi cfr. anche: V. Vecchi, Trentanni di lavoro in Puglia, Tip. V.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 143
nel compiacimento onde rievocavo quelle immagini del passato, uno sfogo alla
giovanile fantasia, bramosa di sogni poetici e di esercitazioni letterarie; e, in
secondo luogo, nelle assidue e faticose ricerche, una formale disciplina che mi
venivo dando alla laboriosit in servizio della scienza: il che era chiaro anche nello
zelo con cui collaboravo allArchivio storico e alla Napoli nobilissima, e dise-
gnavo collezioni ed edizioni di autori69.
Vecchi e C., Trani 1898; B. Ronchi, Valdemaro Vecchi. Un grande benemerito delleditoria e della
cultura pugliese, in La Rassegna Pugliese, Nuova Serie, a. I, (1966), n. 1, pp. 40-55; n. 3, pp.
256-275 e n. 5, pp. 412-436. Cfr. anche B. Croce, Valdemaro Vecchi, in La Critica, a. IV,
(1906), pp. 167-168: necrologia; rist. in Id., Pagine sparse, II ed., vol. II, Ricciardi, Napoli
1943, pp. 45-47; III ed., vol. II, Laterza, Bari 1960, pp. 56-59. Di probabile attribuzione a
Croce, anche se concepita nello spirito collegiale della redazione e perci genericamente fir-
mata La Napoli mobilissima, la necrologia Valdemaro Vecchi, in Napoli nobilissima, XV,
(1906), fasc. II, p. 17 (cfr. G. Brescia, Valdemaro Vecchi, in Rivista di studi crociani, Napoli,
a. VII, fasc. I, gennaio-marzo 1970, pp. 106-107). Cfr. anche G. Brescia, Note di bibliografia
crociana: IV. Altre correzioni ed aggiunte; V. Ancora di Valdemaro Vecchi, in Rivista di studi cro-
ciani, vol. IX, (1972), fasc. II, pp. 202-208.
65
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 136-153.
66
E non Consalvo, come in C. Patuzzi, Laterza, Liguori, Napoli 1982, p. 29.
67
Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., p. 28.
68
Laterza, Bari 1919.
69
Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., pp. 28-29.
70
Ivi, p. 49.
144 Maria Panetta
Amico del libro, dei librai e dei tipografi Benedetto Croce ebbe costante cura
della veste esteriore di ogni sua pubblicazione. Gli fu particolarmente caro il tipo-
grafo Valdemaro Vecchi [], che cur la stampa della intera serie della Napoli
nobilissima (1892-1906) e del primo decennio della Critica. [] noto che
per molti anni, prima dellincontro con Giovanni Laterza, di tanta importanza
per la cultura italiana, Croce pubblicava i suoi libri a proprie spese, tipografo
fedele il Vecchi. Con esemplare dignit e buon gusto, senza fregi o elementi deco-
rativi, impressi su una deliziosa sottile carta a mano, abbiamo: La critica lettera-
ria (1896); Il concetto della storia nella sua relazione col concetto dellArte (1896);
gli Studi storici della rivoluzione napoletana del 1799 (1897)73.
71
Sul quale cfr. E. Giammattei, Lettere alleditore Ricciardi, in R. Ricciardi, Le carte di
Riccardo Ricciardi alla Biblioteca Nazionale di Napoli, Arte Tipografica, Napoli 1998.
72
Nellintervento di Ricciardi, il volume viene erroneamente citato come Filosofia, Poesia,
Pensiero.
73
Cfr., alle pp. 41-42, R. Ricciardi, Croce e il libro, in Rivista abruzzese, a. XIX, (gen-
naio-giugno 1966), nn. 1-2, pp. 41-44. Cfr. pure A. Pescarzoli, Croce e i librai, in
LApprodo, rivista presso la Radio Italiana, marzo 1953.
74
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 174-193.
75
Ivi, pp. 197-207.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 145
76
Cfr. B. Croce, A proposito del positivismo italiano. Ricordi personali, in Id., Cultura e vita
morale, a cura di M.A. Frangipani, Bibliopolis, Napoli 1993, pp. 41-46.
77
Ivi, pp. 43-44. Cfr. anche A. Momigliano, La Critica, in LOpinione, 16 settembre
1945; rist. in Id., Ultimi studi, La Nuova Italia, Firenze 1954, pp. 3-6: Croce ha sconfitto da
solo tutta una scuola, quella del metodo storico, della quale del resto ha riconosciuto i meriti.
Io mi trovai a studiare nel momento che quella scuola, gi esaurita, si vide sorgere davanti la
calma e potente figura di Croce. Da allora si cominci a capire che quella scuola mancava di
vero senso storico, che i suoi seguaci erano gli aridi cronisti e non gli storici della letteratura
italiana; da allora cominciarono la rivendicazione del De Sanctis, la battaglia contro le pseu-
docategorie estetiche, la distinzione fra storia della cultura e storia della letteratura, fra curio-
sit e critica. Quando apparve la rivista di Croce, il Giornale storico della letteratura italiana
troneggiava ancora; ma gi dava segni di aver finito il suo compito; e se presto si indusse ad
aprir le porte a scritti di genere insolito, mi sembra che questo non sarebbe stato possibile
senza la ventata daria nuova che veniva da Napoli (pp. 3-4). Cfr. anche L. Blasucci, La col-
laborazione di Attilio Momigliano, in Centanni di Giornale storico della letteratura italiana, Atti
del Convegno, Torino, 5-6-7 dicembre 1983, Loescher, Torino 1985, pp. 271-291.
146 Maria Panetta
78
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, in Centanni di Giornale sto-
rico della letteratura italiana, cit., pp. 1-16.
79
Arrivato a suo dire tardi in Italia, intorno al 1870, e morto alla nascita di riviste
come La Critica e Leonardo, nel 1903, anno anche della prolusione di Gentile
allUniversit di Napoli, La rinascita dellidealismo (Stabilimento tipografico della Regia
Universit, Napoli 1903, pp. 11), contro le Baccanti del Naturalismo, del Materialismo e del
Positivismo.
80
Cfr. G. Folena, Rodolfo Renier e gli esordi del Giornale storico, in Centanni di Giornale
storico.., cit., pp. 17-51. Contando su collaboratori provenienti da Milano, Firenze, Roma,
Napoli, Padova e Pisa, il Giornale godeva di una partecipazione corale eppur fortemente
selettiva di tutta la cultura storico-letteraria dellItalia postunitaria, in concorso ed emulazione
con la migliore cultura transalpina, tedesca e francese (ibidem). Folena fa notare che le edi-
zioni allestite da Renier, nonostante il plauso dei maestri DAncona e Bartoli, furono gene-
ralmente manchevoli per vari riguardi (p. 39) e ricevettero numerosi appunti critici da parte
dei giovani pi preparati, come Morpurgo e il carducciano Casini (cfr. Giornale storico della
letteratura italiana, a. I, 1883, pp. 466-477). Da notare, a margine, che gli Svaghi critici di
Renier (Laterza, Bari 1910) furono pubblicati nella Biblioteca di cultura moderna, come
Attraverso il Medioevo di Novati (Laterza, Bari 1905). Cfr. B. Croce, Ancora del Giornale sto-
rico, in La Critica, a. VI, fasc. I (20 gennaio 1908), p. 80; rist. in Id., Pagine sparse, Serie I,
vol. I, Ricciardi, Napoli 1919, pp. 111-112 e in Id., Pagine sparse, II ed., vol. I, Ricciardi,
Napoli 1943, pp. 114-115; III ed., vol. I, Laterza, Bari 1960, p. 152. Cfr. anche B. Croce, Il
Giornale storico, in Quaderni della Critica, 19-20, (1951), pp. 215-216; rist. in Id., Terze
pagine sparse, vol. II, Laterza, Bari 1955, pp. 198-201; Id., La critica erudita della letteratura e
i suoi avversari, in La Critica, a. XI, (1913), pp. 261-275; rist. in Id., La letteratura della
Nuova Italia, vol. III, Laterza, Bari 1915, pp. 388-407 (IV ed., vol. III, 1943, pp. 378-396:
qui Croce contrappone linterpretazione in chiave erudita e cronachistica della letteratura di
DAncona a quella storica di De Sanctis); B. Croce, Metodi critici del Giornale storico della
letteratura italiana [1923-24], in Id., Pagine sparse, III ed., vol. II, cit., pp. 200-212. Cfr.
anche la lettera 69 di Vittorio Cian a Croce (Torino, 23 marzo 1917), in cui Cian si ram-
marica per quella specie di denuncia del Giornale Storico e per linesplicabile accanimento
contro il Graf in un recente fascicolo della Critica (p. 20); quella di Croce a Cian (Vi,
28.9.1917) n. 81, in cui egli si dice pronto a continuare la polemica (p. 27): cfr. R. Bruno
Pagnamenta e R. Martinoni, (a cura di), Allombra del maestro. Lettere di e a Benedetto Croce
(1903-1933) scelte, trascritte e raccolte da Giovanni Castellano, Edizioni dellOrso, Alessandria
2003. In Croce, in genere, da notare un atteggiamento di rifiuto della pura erudizione, in
senso negativo o riduttivo, ma di apprezzamento della opportuna e vittoriosa difesa della
Filologia condotta dalla rivista. Cfr. M. Marti, La linea erudita tra fonti e biografie, in
Centanni di Giornale storico della letteratura italiana, cit., pp. 52-75: su questa erudizione
positiva e positivistica sabbatt lironia, talora sprezzante dellinsorgente neoidealismo e in
particolare di Benedetto Croce, che pure proprio allinsegna della scuola storica aveva condot-
to le sue prime esperienze erudite; era laltro termine dialettico dello svolgimento della storia
(p. 58). Marti fa notare come Croce, con apparente consenso, ma con sostanziale riduzione
(p. 59) riconoscesse principalmente alle pagine di bibliografia e cronaca erudita una qualche
utilit, allinterno del Giornale e aggiunge che i ferrei legami accademici e universitari che
poi lo strinsero e lo sostennero, furono forse non ultima cagione insieme col rifiuto del con-
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 147
temporaneo del profondo iato, a lungo andare, assai dannoso per tutti, tra la cultura togata
e la cultura cosiddetta militante extra-universitaria (pp. 66-67). Cfr. anche M. Berengo, Le
origini del Giornale storico della letteratura italiana, in Critica e storia letteraria. Studi offerti
a Mario Fubini, Liviana, Padova 1970, vol. II, pp. 3-26; V. Cian, Il Giornale storico della let-
teratura italiana, in La Nuova Antologia, 16 ottobre 1916, pp. 385-404; C. Varese, Il primo
venticinquennio del Giornale storico della letteratura italiana, in Annali della Regia Scuola
Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e Filosofia, s. II, vol. I, 1932, pp. 309-323; C.
Varese, Cinquantanni di Giornale storico, in Cultura letteraria contemporanea, Nistri-Lischi,
Pisa 1951, pp. 329-340; P. De Nolhac, Il Giornale storico della letteratura italiana, in
Mlanges dArchologie et dHistoire, XI, 1891, pp. 515-518; L.F. Benedetto, Ai tempi del
metodo storico, in Id., Uomini e tempi, Ricciardi, Milano-Napoli 1953, pp. 21-38; C.
Calcaterra, Il metodo storico, in Idea nazionale, 9 marzo 1922 (e, su di lui, B.T. Sozzi, Carlo
Calcaterra nella direzione del Giornale storico, in Centanni di..., cit., pp. 292-303).
81
Cfr. E. Garin, Il positivismo come metodo e come concezione del mondo, in Id., Tra due
secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo lUnit, De Donato, Bari 1983, pp. 65-89. Il mani-
festo del Positivismo italiano considerata la prolusione letta da Pasquale Villari al principio
del suo primo corso di storia (1865-1866) allIstituto superiore di Firenze, pubblicata ne Il
Politecnico del gennaio 1866 e poi nella raccolta di Saggi di storia, di critica e di politica
(1868). Nella prefazione a questi saggi, Villari scrive: Noi non vi diamo un nuovo sistema,
ma un nuovo metodo per la filosofia. Altro manifesto positivista si pu considerare la prolu-
sione di Arturo Graf Di una trattazione scientifica della storia letteraria, Loescher, Torino 1877
(per le prolusioni grafiane cfr. M. Panetta, Le prolusioni torinesi di Arturo Graf [2001], in
Scrittori in cattedra. La forma della lezione dalle Origini al Novecento, a cura di F. Calitti,
Bulzoni, Roma 2002, pp. 189-205; cfr. anche A. Graf, Confessioni di un maestro. Scritti su cul-
tura e insegnamento con lettere inedite, a cura di S. Signorini, Interlinea srl edizioni, Novara
2002).
82
Numerosi gli interventi di Croce al riguardo; fin dal 1894 egli si schier contro la moda
della ricerca delle fonti e contro certa tendenza alla comparatistica (di cui, ad es., Graf era un
cultore): cfr. B. Croce, La critica letteraria. Questioni teoriche, in Id., Primi saggi, III ed.,
Laterza, Bari 1951, pp. 73-165 (in vivace polemica con B. Zumbini); i capp. su La letteratu-
ra comparata [1902] e La ricerca delle fonti [1909], in Id., Problemi di estetica, IV ed., Laterza,
Bari 1949, pp. 71-76 e 487-502, e V ed., Laterza, Bari 1954, pp. 71-76 e 487-502; Id., La
critica erudita della letteratura e i suoi avversari, in Id., La letteratura della Nuova Italia, IV ed.,
Laterza, Bari 1943, pp. 378-396; i due paragrafi su La critica delle fonti e Critica storica e cri-
tica estetica, in Id., Conversazioni critiche. Serie II, IV ed., Laterza, Bari 1950, pp. 181-192 e
262-266; Id., Un vecchio detto della scuola storica, in Id., Conversazioni critiche. Serie III, II ed.,
Laterza, Bari 1951, pp. 74-78; Id., Postilla, nellultimo dei Quaderni della Critica, 1951, pp.
215-216. Ancora: Id., Un detto del Machiavelli, in Id., Conversazioni critiche. Serie IV, II ed.,
Laterza, Bari 1951, p. 17 (laddove si pu leggere una battuta piuttosto pungente contro V.
Cian, un critico nazionalistico (il che vuol dire bens eroico, sempre, ma non sempre molto
sottile)); Id., Pensieri sullarte, XXXV, in Id., Conversazioni critiche. Serie III, III ed. riv.,
148 Maria Panetta
Laterza, Bari 1942, pp. 181-182 etc. Cfr. anche L. Sozzi, Gli studi di letteratura comparata, in
Centanni di Giornale storico della letteratura italiana, cit., pp. 347-359.
83
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, cit., p. 7.
84
Ibidem.
85
Cfr. C. Dionisotti, Scuola storica, in Dizionario critico della letteratura italiana, UTET,
Torino 1973, III, pp. 352-361; D. Consoli, La scuola storica, Ed. La Scuola, Brescia 1979.
86
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, cit., p. 7.
87
Ivi, p. 8. Cfr. R. Renier, Metodo storico e metodo estetico, in Gazzetta Letteraria, 15
novembre 1890, rist. in D. Consoli, La scuola storica, cit., pp. 116-123; B. Croce, Critica sto-
rica e critica estetica, in Id., Conversazioni critiche, Serie II, IV ed. riv., Laterza, Bari 1950, pp.
262-266.
88
Cfr. N. Bobbio, Il Giornale storico e la cultura positivistica, cit., p. 9.
89
Cfr. A. Limentani, Francesco Novati condirettore del Giornale storico, in Centanni di...,
cit., pp. 188-213.
90
Cfr. M. Chiesa, Vittorio Rossi e il Giornale storico, in Centanni di..., cit., pp. 214-236:
p. 220. A proposito di Vittorio Rossi (cugino, tra laltro, di Renier), Chiesa annota: Non
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 149
In seguito alla morte di Renier, nel 1915, dopo Novati, alla direzione del
Giornale successe Egidio Gorra e ci fu una progressiva apertura della rivi-
sta alla nuova cultura ormai imperante: la recensione91 di Gorra al crociano
Gli scritti di Francesco De Sanctis e la loro varia fortuna (Laterza, Bari 1917)
sanc un netto allontanamento dalla scuola del metodo storico. Ma gi in pre-
cedenza il Giornale aveva manifestato una sostanziale concordanza didee
con le riserve espresse da Croce92 sullutilit delle ricerche e delle classifica-
zioni stilistiche e metriche, al di l di un loro impiego meramente pratico e
comunque allinterno di una critica di tipo estetico93.
Successivamente alla pubblicazione della desanctisiana Storia della lettera-
tura italiana a cura di Croce (1912)94, un intervento di Gorra95 scaten la rea-
zione di Croce sulle pagine della Critica del 1917 96: evidentemente ha
commentato Mario Pozzi97 ragioni umane e politiche gli impedivano di
scorgere nei rimbrotti del Gorra il dispetto di chi, per gli errori di un passa-
to ormai lontano, vedeva misconosciuti gli sforzi di rinnovamento del
Giornale, testimoniati dallaccoglimento della critica estetica, dalla con-
danna dei laudatores temporis acti, dal desiderio di aprire le porte alla cultura
idealistica, e non solo al Gentile (allora assiduo collaboratore) ma, se possibi-
le, allo stesso Croce, i cui lavori erano seguiti con grande attenzione e, per lo
giungeva quindi a pretendere uno stemma; ma queste osservazioni ci fanno anche avvertiti che
fondare ledizione su di un unico manoscritto (senza farne un feticcio) non era in quegli anni
lalternativa al metodo lachmanniano, ma alla contaminazione di cui dava esempi il Solerti
(p. 222).
91
Cfr. Giornale storico della letteratura italiana, vol. LXX, (1917), pp. 209-212: lin-
dagine storica indispensabile fondamento ad ogni buona critica estetica [...] Se ogni sistema
o metodo ha le sue ragioni storiche, ogni recriminazione contro un passato, il cui ritorno non
, per il momento, prevedibile, sterile e vana.
92
Cfr. B. Croce, Rec. al vol. del Lisio, Larte del periodo, in La Critica, a. I, (1903), pp.
62-65 (rist. in Id., Conversazioni critiche, Serie II, IV ed., Laterza, Bari 1950, pp. 180-181);
Id., Stile, ritmo, rima e altre cose, sul saggio di Vossler Stil, Rhythmus und Reim in ihrer
Wechselwirkung bei Petrarca und Leopardi (1903), rist. in Id., Problemi di estetica, IV ed.,
Laterza, Bari 1949, pp. 165-172. Ma le stesse idee vengono anticipate in B. Croce, Di alcuni
princip di sintassi e stilistica psicologiche del Grber, in Atti dellAccademia Pontaniana di
Napoli, XXIX, (1899), pp. 1-12 (poi in Id., Problemi di estetica, V ed., Laterza, Bari 1954,
pp. 141-152; su questo intervento, cfr. E. Cutinelli-Rndina (a cura di), Carteggio Croce-
Vossler. 1899-1949, Bibliopolis, Napoli 1991: le prime 8 lettere del 1899, XII, XIII, XIV, XIX,
XXIV, XXXII, XXXIII, XXXIV, XLVI); B. Croce, Le categorie rettoriche e il prof. Grber, in
Flegrea, II, (1900). Cfr. i commenti positivi della Redazione del Giornale alle due note
crociane, rispettivamente in Giornale storico della letteratura italiana, vol. XXX, (1900), p.
135; e vol. XXXVI, (1900), pp. 232-234 (questultima a cura di Gentile).
93
Cfr. E. Bigi, Studi di stilistica e di metrica, in Centanni di ..., cit., pp. 76-105.
94
Per la quale cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 309-318.
95
Cfr. Giornale storico della letteratura italiana, vol. LXX, (1917), pp. 21-12.
96
Cfr. La Critica, a. XV, (1917), p. 322. Cfr. la replica di Gorra, in Giornale storico
della letteratura italiana, vol. LXX, (1917), pp. 357-361.
97
Cfr., a p. 109, Il Giornale storico fra le due guerre, in Centanni di ..., cit., pp. 106-130.
150 Maria Panetta
pi, con consenso. Per la penna del suo direttore conclude Pozzi il
Giornale dunque riconosceva gli errori del passato e alla luce dellestetica
crociana considerava gli studi eruditi lavori preparatori e subalterni a una cri-
tica estetica che ormai si poteva e si doveva praticare98. Bonora ritiene
io non intendevo di sconoscere [sic] non solo che gli studii speciali sono una con-
dizione sine qua non del progresso della scienza, ma neanche chessi sono una
potente educazione e disciplina dellintelletto; volevo soltanto alludere alla gret-
tezza di mente che si trova in moltissimi specialisti, che consiste nel considerare
il loro ramo di studii non come un ramo, ma come un albero, anzi come tutto il
mondo vegetale; il loro campicello come luniverso; e che saccoppia con una
grande indifferenza di tutto il resto dello scibile. Lo specializzare, non accompa-
gnato dalla coscienza, e dallinteresse pel sapere in generale, mi sembra una fissa-
zione pedantesca, e non una funzione scientifica102.
98
Ivi, p. 110. Cfr., poi, B. Croce, in La Critica, a. XXI, (1923), p. 107, intervento in cui
Croce si dichiara cultore della bibliografia, dellerudizione e del metodo storico; cfr. anche la
recensione di A. Tasca al primo volume crociano delle Conversazioni critiche, in Giornale sto-
rico della letteratura italiana, vol. LXXII, (1918), pp. 350-352 (recensione positiva).
99
Ad esempio, da ricordare la menzionata polemica con Graf relativamente alla pubblica-
zione, da parte del giovane Croce, della citata leggenda di Niccol Pesce, stroncata dal profes-
sore (cfr. Giornale storico della letteratura italiana, vol. VI, 1885; etc.). Cfr. anche G.
Barbarisi, La parte del Graf nella fondazione e nella prima direzione del Giornale storico, in
Centanni di..., cit., pp. 158-187.
100
Cfr. a p. 137: E. Bonora, La direzione Fubini, in Centanni di ..., cit., pp. 131-157. Cfr.
anche B. Croce, Un vecchio detto della scuola storica, in Id., Conversazioni critiche, Serie III,
III ed. riv., Laterza, Bari 1942, pp. 74-78: Croce ivi riconosce alcuni punti in comune con la
scuola del metodo storico, quali la distinzione tra storia della poesia e storia della cultura, e la
contrapposizione (fatti i dovuti aggiustamenti) tra storia ed estetica.
101
Cfr. D. Conrieri (a cura di), Carteggio DAncona-Croce, introduzione di M. Fubini,
Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1977: da questo volume sono tratte tutte le citazioni
seguenti.
102
Lettera n. 2, di Croce, datata Napoli, 15 ottobre 1887.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 151
Non entrer nella questione del doppio metodo ecc., perch anchio ne sono
stufo. Ne ho scritto abbastanza in questi ultimi anni105, e forse non son riuscito
a farmi capire bene. Io credo appunto che tutti i due metodi sieno buoni, perch
adempiono a scopi diversi. Indegnamente, cerco anche, in pratica, di coltivare
luno e laltro metodo. E la lettura del De Sanctis non mi ha fatto e non mi far
mai venire in uggia le ricerche dellerudizione. Mi pare dunque di essere abba-
stanza daccordo con voi106.
Al timore di Croce (lettera 156: Napoli, 4 giugno 1902) che il suo volu-
me sullEstetica avesse fatto cattiva impressione al DAncona (ho cercato di
provare in esso che sono egualmente rispettabili le ricerche speculative e quel-
le derudizione: e del metodo erudito mi son valso nella parte storica. Mi pare
che si possa beneficiare dellopera di entrambe le generazioni precedenti: di
quella anteriore al 1860, e di quella che ha lavorato dopo il 1860107), questi
rispondeva esortandolo (cartolina postale 158: Pisa, 9 giugno 1902:
Cerchiamo di unire, di profittare dogni energia, anzich dividere gli animi
e gli intelletti108), nel momento di massima intesa e vicinanza tra i due stu-
diosi, testimoniato anche dalla spia linguistica del passaggio dal Lei al Tu,
registrato unicamente nella cartolina del 22 novembre 1902.
Ancora, il 15 febbraio 1903 Croce scriveva: Ho letto stamattina il vostro
bellarticolo sul Giorn. dItalia 109; e, ringraziandovi della cortese menzione
che avete fatto di me, voglio dire che sono con voi interamente daccordo. E,
invece di parlare di metodi esclusivi, ognuno dovrebbe pensare a far seria-
mente ci che prende a fare110. Infine, si veda la cartolina postale (datata
103
Sulla quale cfr. A. Parente, Scuola storica e scuola estetica nel carteggio DAncona-
Croce, in Rivista di studi crociani, vol. XIV, (1977), fasc. III-IV, pp. 254 e sgg.
104
Ivi, p. 179. Cfr. anche il C. Bonomo (a cura di), Carteggio DAncona-Gentile, Sansoni,
Firenze 1973, pp. 93-107, soprattutto la lettera di D. del 4 febbraio 1899, p. 100: lopinio-
ne mia questa: che ognuno fa secondo la natura del proprio ingegno, portato o alle conside-
razioni generali o alle ricerche di fatto: che il tutto sta nel far bene, e con misura.
105
Cfr. B. Croce, La critica letteraria. Questioni teoriche, Loescher, Roma 1894; Id., Intorno
alla critica letteraria. Polemica intorno ad un opuscolo del Dr. Trojano, Pierro, Napoli 1895.
106
Cfr. Carteggio DAncona-Croce, cit., p. 181.
107
Ivi, p. 207.
108
Ivi, p. 210.
109
Appunto del 15 novembre 1903, dal titolo Il metodo storico e il metodo estetico (cfr. la
lettera del DAncona, datata 11 novembre).
110
Cfr. Carteggio DAncona-Croce, cit., p. 226.
152 Maria Panetta
Massa, 20 agosto 1912), in cui DAncona ringrazia Croce per una missiva,
la quale mi dimostra che se in certe cose differiamo luno dallaltro, siamo
concordi nel modo di considerare e trattare gli studj; e lasciamo al loro desti-
no certa gente che si piace a seminare zizzania!111.
Del 1901 com noto limportante incontro tra Benedetto Croce e
Giovanni Laterza, che inaugur un sodalizio umano e professionale durato
decenni. Del 1903, invece, la nascita de La Critica (dal 1906 stampata dal-
leditore barese), una delle riviste culturali che hanno pi profondamente
segnato la prima met del Novecento italiano: il periodico si protrasse fino al
1944 e, alla sua fine, prosegu ancora idealmente per sette anni, fino al 1951,
con i Quaderni della Critica.
Dello stesso 1903 anche la fondazione del Leonardo112, ad opera di
Papini e Prezzolini: i carteggi tra Croce e i due giovani intellettuali113 sono
111
Ivi, p. 259.
112
Sulla rivista cfr. C. Ballerini (a cura di), Antologia del Leonardo, prefazione di C. Bo,
Edizioni dellAlbero, s.l. 1957; D. Castelnuovo Frigessi (a cura di), La cultura italiana del Novecento
attraverso le riviste, vol. I, Leonardo, Hermes, Il Regno, Einaudi, Torino 1960; G. Prezzolini (a
cura di), Il tempo della Voce, Longanesi (Firenze, Vallecchi), Milano 1960; P. Casini, Alle origini del
Novecento: Leonardo 1903-1907, Il Mulino, Bologna 2002; Leonardo: rivista didee, rist. anastatica
integrale, Vallecchi, Firenze 2002 (e in particolare Leonardo, 1903-1907: la nascita della modernit,
introduzione di G. Luti, Vallecchi, Firenze 2002). La rivista di Papini e Prezzolini usc dal gennaio
del 1903 allagosto del 1907 per complessivi 25 fascicoli. Lidea databile alla fine del 1902, come
testimonia una lettera di Papini a Prezzolini (cfr. G. Papini-G. Prezzolini, Carteggio, a cura di S.
Gentili e G. Manghetti, vol. I, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2003, lettera 84, del 9 novem-
bre 1902, pp. 199-200): Costetti, De Karolis e altri vorrebbero fondare un giornale di vita e di
battaglia e mi avrebbero offerta la direzione intellettuale. Il titolo sarebbe probabilmente
Leonardo e DAnnunzio darebbe per il 1 numero un brano della Laude della Vita Cosa mi
consiglieresti? Ti prometto di seguire il tuo consiglio se combacia colla mia determinazione (per
altri dettagli, cfr. anche la lettera 88 del citato carteggio). Fondato a Firenze nel gennaio 1903, il
Leonardo fece parte di quel gruppo di riviste fiorentine (tra le quali Hermes e Il Regno) che
prepar lesperienza de La Voce. Il direttore fu Papini, allora ventiduenne, che firmava gli artico-
li con lo pseudonimo di Gian Falco. Prezzolini, allora ventunenne, si firmava, invece, Giuliano il
Sofista. La storia della rivista, che si apr con il programma scritto da Papini in cui si esaltava il gio-
vanilismo e lindividualismo, si articola in tre periodi (con annessi cambi di formato della rivista
stessa). Il primo, corrispondente alla prima serie e a una nuova serie, comprende il biennio 1903-
1904 e si caratterizza per la sua polemica antipositivista e antisocialista; la seconda serie copre gli
anni 1904-1905 ed quella della diffusione del Pragmatismo in Italia; la terza serie, che conclude
la vita del periodico nel 1907, ha il suo centro di interesse nelloccultismo e nella propaganda nazio-
nalista. Il gruppo di giovani che si radun attorno al periodico venne battezzato da Papini Gruppo
Vinciano: ne facevano parte 12 letterati, 9 pittori, 3 musicisti, 1 scultore! Caratteri generali: este-
ti, antidemocratici, lettori di DAnnunzio, ammiratori di Nietzsche (che credono lultima incarna-
zione della filosofia) amanti della forma e delle parole [] Io solo starei a rappresentare la vita e il
pensiero (cfr. G. Papini-G. Prezzolini, Carteggio, vol. I, cit., lettera 88 di Papini, del 17 novembre
1902, pp. 204-205). Cfr. anche A. Accame Bobbio, Le riviste fiorentine del principio del secolo
(1903-1916), presentazione di G. Luti, Le Lettere, Firenze 1984.
113
Cfr. B. Croce-G. Prezzolini, Carteggio, a cura di E. Giammattei, Edizioni di Storia e Lettera-
tura, Roma 1990; quello tra Croce e Papini uscir nel 2010 per le Edizioni di Storia e Lette-
ratura, a cura di chi scrive.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 153
assai preziosi per comprendere le ragioni per cui Croce decise di collaborare,
seppur saltuariamente, al noto periodico, pur non condividendone tutte le
idee ispiratrici e pur criticandone alcune impostazioni nelle sue discusse due
recensioni alla rivista, che comparvero nel 1903 114 e nel 1907 115 sulla Cri-
tica.
Un altro importante intervento sul periodico fiorentino riguard il volu-
me crociano sulla Logica (Lettera sulla Logica [a Giovanni Papini], in
Leonardo, serie II, ottobre-dicembre 1905) e segu alle polemiche suscitate
tra i leonardiani dalla sua pubblicazione.
Alla morte del Leonardo segu, il 20 dicembre 1908, la nascita della
Voce, diretta perlopi da Prezzolini116: Croce vi collabor con vari inter-
venti, tra il 1909 e il 1914. Oltre al gi citato I laureati al bivio (n. 8, 4 feb-
braio 1909), comparvero sulla rivista fiorentina: Un vocabolario della lingua
filosofica italiana (Proposta), del 25 febbraio 1909 (n. 11); Il caso Gentile e la
disonest della vita universitaria italiana (4 marzo 1909); A proposito del caso
Gentile (1 aprile 1909); Linfinit della filosofia (13 maggio 1909); De Con-
solatione Philosophiae (10 giugno 1909); LItalia che non sa nulla [nulla di
nulla, secondo M. Porena, della nuova letteratura estetica tedesca] (n. 30, 8
luglio 1909); Intorno alla vita e al carattere di Giambattista Vico (n. 43, 7 otto-
bre 1909); La letteratura italiana del Seicento e la critica (n. 24, 26 maggio
1910); Il superamento (n. 31, 14 luglio 1910); Postilla [allarticolo di K.
Vossler] (15 settembre 1910); Norme di polizia letteraria (23 febbraio e 2
marzo 1911); Il rapporto tra la morale e la religione nella filosofia del Vico (19
gennaio 1911); Documenti del socialismo italiano (n. 12, 23 marzo 1911); Per
Giuseppe Prezzolini (n. 30, 27 luglio 1911); Per un poeta [Berchet] non trat-
tato bene [da Rabizzani sul Marzocco e da Prezzolini sulla Voce] (n. 49, 7
dicembre 1911); Ho letto appunti di taccuino (25 gennaio 1912); Giudizi
tedeschi su Napoli (1 febbraio 1912); Amori con le nuvole [nota polemica este-
tica con Giovanni Boine] (4 aprile 1912); Circoli, congressi e discussioni filo-
sofiche (19 dicembre 1912); La teoria dellarte come pura visibilit (13 febbraio
1913); Contro una cattedra di filosofia della storia (12 e 19 giugno 1913);
Intorno allidealismo attuale (13 novembre 1913); Intorno allidealismo attua-
le (13 gennaio 1914); infine, Pensieri sullarte (28 maggio 1914).
Le collaborazioni di Croce a riviste e quotidiani furono varie e perlopi
discontinue: il 1907 fu soprattutto lanno del Giornale dItalia (ad esem-
pio, con Nuovi doveri. La missione degli insegnanti, del 10 giugno; con la
Lettera di B. Croce intorno alla poesia di G. Pascoli, del 3 aprile; o con Il poeta.
114
Cfr. vol. I, 1903, pp. 213-217.
115
Cfr. vol. V, 1907, pp. 480-483.
116
Cfr. P. Colonnello, Croce e i vociani, Studio Editoriale di Cultura, Genova 1984; L.
Lattarulo, Egemonia e dialogo. Croce e la cultura primonovecentesca, Vecchiarelli Editore, Roma
2000.
154 Maria Panetta
117
Per il quale, cfr. lIntroduzione al vol. I del mio Croce editore, cit.
118
Cfr. M. Panetta, Rec. a B. Croce-C. Ricci, Carteggio, a cura di C. Bertoni, Istituto
Italiano per gli studi storici, Napoli 2009, in Poetiche, 2009, fasc. I, pp. 203-211; cfr. anche
Bollettino di Italianistica, 2/2009, pp. 249-251.
119
Cfr. lappendice alle sue Conversazioni critiche, Serie II, cit.
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 155
fermamente che uno dei maggiori progressi compiuti in Italia negli ultimi decen-
nii sia stato lessersi disciplinato, mediante le universit e le altre istituzioni di
scuola e di controllo e dinformazione, il metodo della ricerca e della documen-
tazione; ed perci un convinto fautore di quello che si chiama metodo storico o
metodo filologico. Ma egli crede, con altrettanta fermezza, che tale metodo non
basti a tutte le esigenze del pensiero, ed occorra perci promuovere un generale
risveglio dello spirito filosofico; e che, sotto questo rispetto, la critica, la storio-
grafia, e la stessa filosofia, potranno trarre profitto da un ponderato ritorno a tra-
dizioni di pensiero, che furono disgraziatamente interrotte dopo il compimento
della rivoluzione italiana, e nelle quali rifulgeva lidea della sintesi spirituale, li-
dea dellhumanitas 121.
120
Cfr. I, 1903, p. 2.
121
Ivi, p. 3.
122
A. I, 1903, pp. 7-31.
156 Maria Panetta
nel 1911; Prati, Guerrazzi, Tommaseo, Aleardi, Padula, Rovani, Nievo nel 1912;
Manzoni, Settembrini, De Sanctis, la critica erudita, Riccardi di Lantosca,
Rndani, Mazzoni, Ricci Signorini nel 1913; De Bosis nel 1914; alcune aggiun-
te furono edite nei fascicoli degli anni 1934-1939), di fatto impostando un vero
e proprio canone e imponendolo ai suoi lettori.
La seconda serie del periodico (in realt, gi lultimo volume della prima,
del 1914) si focalizz sul maestro De Sanctis (pubblicandone Le lezioni di let-
teratura di Francesco De Sanctis dal 1839 al 1848: dai quaderni di scuola dal
1915 al 1919)123, su problemi storiografici (1915-1920), sulla famiglia dei
patrioti Giuseppe124 e Alessandro125 Poerio (1917) e su Vico (1917-1921),
prendendo posizione, allo scoppio delle polemiche tra neutralisti e interventi-
sti in occasione della Prima guerra mondiale, a favore dei primi; nonostante
limportanza dei temi legati alla guerra, per, La Critica non smise mai di
occuparsi anche di letteratura e di arte, in nome del dovere verso la verit:
proprio sulle pagine della rivista uscirono, per la prima volta a partire dal 1918,
i noti saggi crociani su Ariosto (1918), Shakespeare (1919) e Corneille
(1920)126. Nel 1919 venne inaugurata da Croce anche unimportante sezione
di Note sulla poesia italiana e straniera del secolo decimonono (De Vigny,
Baudelaire, Stendhal nel 1919; Werner, Kleist, Flaubert nel 1920; Ibsen,
Heine, Balzac, Zola e Daudet, Manzoni, Monti nel 1921; Sand, Caballero,
Foscolo, Leopardi, Schiller, Berchet nel 1922; Scott, Giusti nel 1923).
Alla fine della Seconda guerra mondiale, il periodico prosegu la sua lotta
contro il Decadentismo, il Futurismo e il Pascolismo. I futuristi, e in parti-
colare Marinetti, accusarono, in momenti diversi, Croce di essere un tede-
scofilo e un passatista. Nel 1924 egli rispose alle loro provocazioni quan-
do, un decennio dopo il papiniano Discorso contro Roma e Benedetto Croce
(1913), inneggiavano alla rivoluzione contro il filosofo:
Veramente, per chi abbia senso delle connessioni storiche, lorigine ideale del
fascismo si ritrova nel futurismo: in quella risolutezza a scendere in piazza, a
imporre il proprio sentire, a turare la bocca ai dissidenti, a non temere tumulti e
parapiglia, in quella sete del nuovo, in quellardore a rompere ogni tradizione, in
quella esaltazione della giovinezza, che fu propria del futurismo [...] Marciare
contro di me? e perch? Avverto, a ogni modo, quei bravi giovani che si tratte-
rebbe di perseguirmi non a Roma, ma al polo della Logica, dove io mi sono
alquanto acclimatato, ma essi, temo, morirebbero di gelo127.
123
Cfr. F. De Sanctis, Teoria e storia della letteratura, a cura di B. Croce, Laterza, Bari 1926;
cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 440-444.
124
Cfr. M. Panetta, Croce editore, vol. I, cit., pp. 369-370.
125
Ivi, pp. 373-374; vol. II, pp. 685-686.
126
Cfr. B. Croce, Ariosto, Shakespeare e Corneille, Laterza, Bari 1920.
127
Cfr. B. Croce, Fatti politici e interpretazioni storiche, in La Critica, vol. XXII, maggio
1924, pp. 189-192: la cit. tratta dalle pp. 191 e 192 (nota).
Settantanni di militanza: Benedetto Croce, tra riviste e quotidiani 157
Dal 1921 al 1925, invece, comparvero sulla rivista alcune questioni ine-
renti lattivit di Croce senatore liberale (1925) e ministro della Pubblica
Istruzione: ad esempio, si ricordi il dibattito Sullinsegnamento religioso (vol.
XXI, 1923, pp. 253-256). La Critica ospit anche alcuni capitoli della cro-
ciana Storia del reame di Napoli (1923-1924) e questioni storiografiche
riguardanti la storia del meridione dItalia, let barocca (1926-1930) e il
Seicento (1921, 1925, 1932).
Il 20 maggio 1925 venne iniziata la terza serie del periodico, con la dichia-
razione esplicita di una volont di partecipare, con delucidazioni storiche e
con noterelle polemiche, al chiarimento di questioni e problemi relativi alla
contemporanea vita italiana, e di volersi attenere, nel perseguimento di que-
sto obiettivo, al programma liberale annunciato nel 1902, cui la rivista si
ribadiva era sempre rimasta fedele. In una fase in cui lideologia fascista
sembrava aver ammorbidito i toni, La Critica inaugur, allinterno della
sezione Variet, una rubrica intitolata Documenti della presente vita italiana
(1925, pp. 310-318 e 376-378), atta a raccogliere le testimonianze del rap-
porto tra la cultura e la politica italiane di quel preciso momento storico (tra
le altre, la notissima Protesta contro il Manifesto degli intellettuali fascistici,
datata 1 maggio 1925), ma la rubrica termin quellanno stesso, a causa di
un nuovo irrigidimento del regime.
Il fascicolo del 20 gennaio 1926, infatti, in pieno clima di attualismo
trionfante, dichiarava nuovamente che i pochi redattori rimasti attorno a
Croce (come Adolfo Omodeo, Guido De Ruggiero e Francesco Flora,
Giuseppe Citanna, Gioachino Brognoligo etc., dopo che Gentile aveva diser-
tato il periodico, nel 1923) intendevano riprendere il severo programma di
lavoro e di studio enunciato alla nascita della rivista, proponendo una serie di
monografie che trattavano di storia civile e letteraria (1927-1928, 1931,
1933-1937, 1940-1942) e di filosofia contemporanea (1928-1934; Croce
intervenne sul marxismo tedesco nel 1938-1939): da ricordare anche la pub-
blicazione delle lettere di Georges Sorel a Croce stesso (1927-1930)128.
La quarta serie de La Critica (1939-1944), infine, ritorn a occuparsi di
letteratura italiana moderna (la serie sugli Scrittori del pieno e del tardo
Rinascimento inizi nel 1941 e termin nel 1944) e contemporanea, di poe-
sia (gli Studi su poesie antiche e moderne erano stati inaugurati nel 1937, e
durarono fino al 1940), di problemi di estetica, ma anche ad affrontare que-
stioni di metodologia storica e a raccontare fatti e personaggi del passato.
Il 20 marzo 1944, a chiusura dellultima annata della rivista, Croce deli-
ne con soddisfazione un bilancio della sua alacre e duratura attivit (datato
gennaio 1944):
128
Per le quali cfr. M. Panetta, Croce editore, cit.
158 Maria Panetta
La Critica attinge col 1944 il suo quarantaduesimo anno: grande spazio di tempo
al quale ripenso non senza meraviglia e con un tacito atto di ringraziamento verso
la buona sorte, che mi ha concesso di lavorare senza intermissione per quaranta-
due anni a unopera alla quale mi accinsi nella piena virilit, a trentasei anni; ma
che altres con qualche meraviglia sar forse riguardata nellaneddotica delle pub-
blicazioni periodiche, perch una rivista, configurata da unico sistema di concet-
ti e scritta, se non esclusivamente, in massima parte da un sol uomo, la quale duri
tanto tempo, non ha, per quel che io ricordi, alcun riscontro. Rimangono bens
memorande alcune riviste programmatiche, di filosofia, di storia, di letteratura,
dovute a una persona sola o a un piccolo gruppo stretto da comuni convinci-
menti e comuni propositi (come, in Italia, la Frusta letteraria, il Caff, il Concilia-
tore, o in Germania il Kritisches Journal fr Philosophie di Hegel e Schelling), che
tutte consumarono con vorace fiammata, in un anno o poco oltre, la loro vita o,
se mai la proseguirono pi a lungo, serbarono il primo titolo ma non gi il pri-
mitivo carattere []. Il fascismo crollato e [] la libert tornata almeno nella
parte dItalia nella quale io scrivo, e la Critica non serve pi al fine al quale ha
servito per ventanni e che le infondeva vita e calore. [] Non gi che il diretto-
re della rivista e il suo amico collaboratore129 abbiano potuto smettere di far poli-
tica 130: ne fanno, anzi, assai pi e in modo pi diretto e concreto di prima; ma
essi stessi pubblicano di volta in volta, in forma di discorsi, di saggi e di articoli
di giornale, quel che in altri tempi avrebbero detto, nel modo e nella misura in
cui allora potevano, nella Critica 131.
129
Nella pagina precedente, Croce aveva menzionato Adolfo Omodeo e i suoi preziosi
contributi sulla cultura francese della Restaurazione etc.
130
Corsivo mio.
131
Cfr. XLII, 1944, pp. 1-9.
DANIELE GHIRLANDA
1
Fra le opere scritte in questi anni al di fuori della produzione giornalistica ricordiamo
almeno la monografia critica Rudyard Kipling (1910) e limportante Storia della letteratura
inglese nel secolo XIX (1915).
2
Per la biografia di Cecchi si possono consultare: la sezione Vita e opere della Guida ai
Taccuini di Emilio Cecchi, a cura di N. Gallo e P. Citati, Arnoldo Mondadori Editore, Milano
1977, pp. 13-25; la voce a cura di F. Del Beccaro nel Dizionario biografico degli italiani,
Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1979, vol. 23, pp. 250-261; la cronologia che
accompagna la raccolta E. Cecchi, Saggi e viaggi, a cura di M. Ghilardi, Mondadori, Milano
1997, pp. xxxi-lx. La carriera di Cecchi scrittore pu essere ripercorsa facilmente grazie ad un
prezioso repertorio bibliografico ordinato per anno: Bibliografia degli scritti di Emilio Cecchi, a
cura di G. Scudder, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1970.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 161
Non sar mai possibile una giusta valutazione delle opere di Cecchi, e di conse-
guenza del suo influsso pi o meno persistente e fruttuoso sulle vicende contem-
poranee e future tanto della poesia quanto della narrativa italiana, se prima di
tutto non si acconsenta a considerarlo uno scrittore di libri anzich di singoli arti-
coli apparsi per necessit o per scelta sulle colonne di un giornale3.
3
E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. xii.
4
Bibliografia degli scritti di Emilio Cecchi, cit.
5
In una lettera del 17 luglio 1912 a Giovanni Boine, Cecchi ammette di aver messo insie-
me il volume di Studi critici per motivi strettamente finanziari: Sono cose che non bisogne-
rebbe fare, e che spero che non far mai mai pi; ma anno ebbi un momento di bisogno ter-
ribile, cfr. G. Boine, Carteggio, 5 voll., vol. 2. Giovanni Boine Emilio Cecchi (1911-1917),
a cura di M. Marchione e S. E. Scalia, prefazione di C. Martini, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 1972, p. 7. Per questi volumi cfr. i lemmi 154, 155 e 156 della Bibliografia
degli scritti di Emilio Cecchi, cit.
6
Per la composizione di questi volumi cfr. rispettivamente i lemmi 2225, 2367, 2430 e
1257 della Bibliografia degli scritti di Emilio Cecchi, cit. Una buona parte dei materiali critici
sugli autori del Novecento verr poi rifusa nelle sezioni curate da Cecchi per la Storia della let-
teratura italiana, diretta da E. Cecchi e N. Sapegno, Garzanti, Milano 1965-69, IX. Il Nove-
cento, 1969 (I crepuscolari: Gozzano e Corazzini; Due poeti dialettali; Prosatori e narratori).
7
Fra parentesi ho indicato la data della prima edizione. Per le numerose riedizioni, spesso
con consistenti mutamenti di struttura e di stile, confronta le accurate Note e notizie sui testi
di Margherita Ghilardi in calce a E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit. Nota per che gli ultimi due
162 Daniele Ghirlanda
titoli della serie, Appunti per un periplo dellAfrica e Vagabondaggi, seppure raccolti e rivisti dal-
lautore, sono una mera ristampa di alcune corrispondenze di viaggio, privi di una rielabora-
zione strutturale che gli conferisca una riconoscibile forma-libro. In questo saggio le citazio-
ni saranno tratte da E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., che raccoglie questi volumi nella loro ulti-
ma edizione.
8
La genesi delle prose di Pesci rossi minuziosamente ricostruita nella Storia del testo e
apparato critico in E. Cecchi, Pesci rossi, edizione critica a cura di M. Ghilardi, Vallecchi,
Firenze 1989, pp. 139-497.
9
Cfr. quanto Cecchi afferma in una lettera a Boine del 28 maggio 1913: Se ti posso par-
lare per esperienza personale, ti dir che, nel 1910, io credevo di dover campare a vita di col-
laborazione errante, per dir cos, e vidi che si poteva, cfr. G. Boine, Carteggio, vol. 2. Giovanni
Boine Emilio Cecchi (1911-1917), cit., pp. 32-33.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 163
ze estetiche con quelle, meno raffinate, dei quotidiani e dei loro lettori. A pi
riprese Cecchi manifesta la sua insofferenza nei confronti della misura e della
natura artisticamente mortificante dellarticolo, esprimendo la volont di
liberarsi dai vincoli della contingenza e dedicarsi ad un lavoro creativo, libe-
ro. Nelle sue conversazioni epistolari o nei suoi Taccuini personali non dif-
ficile trovare franche espressioni di questo disagio: Quel disfarmi negli arti-
coli mi nauseava; Larticolo una vigliaccheria; [] Questo stato, in me,
non pu essere che di intermezzo: intermezzo utile perch lho vissuto scru-
polosamente, perch ne ho imparato tanto, ma non perpetuabile10; o consi-
derazioni completamente liquidatorie e vertiginosamente pessimiste, come in
questo stralcio di una lettera a Boine:
10
La prima citazione tratta da una lettera alla moglie Leonetta del 26 agosto 1911, ed
riportata da Margherita Ghilardi nella sua introduzione a E. Cecchi, Pesci rossi, cit., p. xi; la
seconda citazione, del marzo 1912, ricordata Ivi, p. ix, e si pu leggere nel suo contesto inte-
grale in E. Cecchi, Taccuini, a cura di N. Gallo e P. Citati, Arnoldo Mondadori Editore,
Milano 1976, p. 120.
11
La lettera, del 28 febbraio 1914, si legge in G. Boine, Carteggio, vol. 2. Giovanni Boine
Emilio Cecchi (1911-1917), cit., p. 88.
12
La citazione tratta da una lettera del 18 marzo 1910 e si legge nellintroduzione a E.
Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. xxxix.
164 Daniele Ghirlanda
Verranno, dopo, i sublimi a dirti che fai giornalismo, ma questo non importa; io
fo, credilo, dei molti crudeli esami di coscienza, ma il mio giornalismo la cosa
che mi rimorde meno. A volte, sono stato io che non lho saputo fare; e, comun-
que, ci che avevo in corpo, quattro anni fa, confermato e purificato ora, non
ha fatto compromessi. Credo che mi sono accostato, attraverso ad una fatica tal-
volta molto dura, superando delle terribili stanchezze, al mio destino ch di scrit-
tore, di artista. E sono contento di aver dato, a volte, pi peso al mio esercizio
giornalistico, di quel che si dovrebbe, forse, dare: non stata fatica invano. Ora
ho qualche momento di vera, profonda sicurezza e serenit finale13.
Le oscillazioni fra questi due stati danimo erano destinate a risolversi con
lapprodo ad un luogo letterario equidistante dalla scrittura giornalistica e dalla
scrittura artistica. Arrivato a Londra nel 1918 come rappresentate dellItalian
Foreing Office Action Bureau e corrispondente de La Tribuna, il distacco
dalla realt italiana e la vicinanza alla venerata memoria del giornalismo ingle-
se mettono Cecchi sulla via che lo porter alla stampa del suo primo volume di
prose letterarie, nella scia di quellessay che ha saputo fondere le esigenze della
letteratura con quelle della realt. Durante la sua esperienza londinese Cecchi
colleziona impressioni, idee, fantasie, incontri, occasioni di riflessione sulluo-
mo, sullarte e sulla natura che confluiranno nei Pesci rossi. Non bisogna pen-
sare ad una conversione immediata, ad una illuminazione inattesa. Molti arti-
coli che finiranno nel volume sono antecedenti al viaggio a Londra, come pure
lo quello che d il titolo alla raccolta, nato come recensione ad una silloge di
poesie cinesi. Ci che Cecchi riporta dal viaggio nellamatissima Inghilterra, fil-
trata e mitizzata attraverso lo studio appassionato e autodidatta della sua lette-
ratura, la misura della sua vocazione letteraria, come in quei giorni confida in
una lettera alla moglie Leonetta: Credo di andar trovando una forma di essay,
nella quale potr dire tutto14.
13
G. Boine, Carteggio, vol. 2. Giovanni Boine Emilio Cecchi (1911-1917), cit., pp. 33-
34. Figura anfibia fra critica e giornalismo, Cecchi prester il fianco alle critiche di entrambi i
campi. Oltre alle accuse degli scrittori e dei critici puri, cui accenna in questa lettera, Cecchi
sub, altrettanto violente, anche le critiche dei giornalisti che, come ricorda Mario Praz in un
suo intervento celebrativo, trovavano che egli, in terza pagina, era un intruso, intruso per
essere troppo astruso, e i pi benevoli lo scongiuravano a mani giunte perch scendesse da
quelle che a loro parevano nuvole, e si decidesse una buona volta a write down, come dicono
gli anglosassoni, a mettersi alla portata di tutti, M. Praz, Emilio Cecchi e la cattedra della terza
pagina nel numero monografico commemorativo de LApprodo letterario, n. 40, anno XIII,
1967, Omaggio a Cecchi, a cura di G. Cattaneo, p. 9.
14
Citazione tratta da una lettera del gennaio 1919 e riportata nellintroduzione a E.
Cecchi, Pesci rossi, cit., p. xxxi; tutta la nota al testo una acuta e serrata ricostruzione del per-
corso intrapreso da Cecchi per giungere al suo primo libro di prose.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 165
15
Ivi, pp. 49-50.
16
Ivi, pp. 120-123.
17
Ivi, p. 125.
166 Daniele Ghirlanda
Per chi conosca il Cecchi di Pesci rossi, dellOsteria del cattivo tempo, di
Messico e delle altre raccolte saggistiche o di viaggio, questo un autoritratto
con la penna in mano. Nello stesso articolo viene affrontato anche un tema
intimamente connesso a quello della dignit artistica del giornalismo, tema
divenuto di stretta attualit per la sua carriera di scrittore dopo il grande suc-
cesso di Pesci rossi: legittimo, o meglio, opportuno raccogliere gli articoli
in un volume, dare ai fogli sciolti la veste di un libro rilegato? La risposta
affermativa, ma fatta con il garbo, con lunderstantment di chi ha compreso
bene quale la strada da intraprendere per affinare e vedere riconosciuta la
propria arte e cerca di convincere gli altri senza alzare la voce o peccare dim-
modestia. Larticolo di giornale, ci dice Cecchi, avrebbe tutto il vantaggio a
rimanere sulla carta stampata, la sua contingenza anche la sua forza: tale
caducit fra le cose che pi invogliano a scrivere sui giornali18; limpres-
sione ricevuta da unidea e dallo stile in cui viene espressa tanto pi profon-
da quanto pi superficiale il contesto in cui la incontriamo; meno sono le
nostre aspettative, pi alta la nostra gratitudine verso chi ci sorprende. La fra-
gilit, non solo culturale ma addirittura fisica, materiale, della carta stampa-
ta una buona alleata dello scrittore. Leventuale ricerca in una misteriosa e
polverosa emeroteca unavventura, unarcheologica ed emozionante impre-
sa dello spirito. Conviene vietarsi siffatte avventure ed emozioni, pel gusto
della ristampa? Togliere gli scritti di giornale da questa atmosfera che nel vol-
gere di poche ore gi comincia a dorarli dun oro di leggenda? Conviene la
diplomatica esattezza dei testi, o la vaga poesia della rimembranza?19. Queste
domande sono solo apparentemente retoriche, visto che appaiono sulla soglia
di Osteria del cattivo tempo, cio proprio di una raccolta composta per la mag-
gior parte di articoli di giornale o di rivista20.
Cecchi ritorna unultima volta sullargomento in Saggio e Prosa darte, una
riflessione pubblicata in due parti nel 1949 sulla rivista Limmagine, accol-
ta praticamente senza alterazioni nellultima edizione di Qualche cosa. Il tito-
lo del testo gi pone una prima distinzione del problema. Il saggio definito
pi dal suo contenuto che dalla sua forma, la prosa darte, al contrario, sin-
serisce nel tessuto dei generi pi diversi. Cecchi include anche Montaigne
allinterno del suo personale pantheon e recupera dalle sue predilezioni di
anglista Charles Lamb e Thomas De Quincey. I due autori inglesi sono rico-
nosciuti come rappresentati tipici, e in qualche modo antagonistici, della
18
Ivi, p. 126.
19
Ivi, p. 127.
20
Gli interrogativi citati compaiono nella seconda parte della redazione definitiva di
Dellarticolo di giornale, ma vennero formulati la prima volta allinterno di una recensione del
tarlo al libro Venti uomini, un satiro e un burattinaio di Pietro Pancrazi, pubblicata il 26 gen-
naio del 1923 su La Tribuna e che ora si pu leggere in E. Cecchi, I tarli, a cura di S.
Betocchi, introduzione di E. Siciliano, Fazi, Roma 1999, pp. 74-78.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 167
forma classica del saggio, il primo; e della prosa poetica, o cosiddetta prosa
darte il secondo, che ne preannuncia assai remoti sviluppi21. Conoscendo
lammirazione di Cecchi per questi due scrittori, facile dedurre che egli stes-
so avrebbe avuto difficolt, se non fastidio, ad etichettare la sua prosa esclu-
sivamente con una di queste due definizioni. Prosa darte infatti sembra esse-
re per lui sinonimo di stile e non definizione di genere. Nel trattare pi ana-
liticamente della prosa poetica Cecchi recupera infatti ascendenze che riman-
dano alla letteratura nazionale, alla prosa italiana insomma; appare finalmen-
te il nome di Leopardi e, dopo opportuni riferimenti a Baudelaire e un ulte-
riore sguardo allOttocento inglese, arriva a parlare, e a lungo, di
DAnnunzio, che in questo campo fu contemporaneamente al suo meglio e
al suo peggio22. A suggello della liquidit del genere, e dunque dellambi-
guit anfibia della sua stessa opera di giornalista e saggista, Cecchi chiude lar-
ticolo tornando al punto di partenza:
Cosicch, nel lasciare, col DAnnunzio, gli esempi storici nei quali di fatto si
testimonia la legittimit del saggio, della prosa poetica e della prosa darte,
queste forme, ancora una volta, sembrano soprattutto mostracisi nella loro insta-
bilit, allotropicit e quasi inafferrabilit; e ancora una volta, tutto considerato,
uno ha limpressione daverne saputo dir poco o niente23.
Nel corso di oltre trentanni, dalle prime riflessioni nei carteggi privati
fino a questultimo ampio articolo, Cecchi impiega tutto il suo acume criti-
co e tutta la sua enorme riserva di conoscenze storico-letterarie per attribuire
alla prosa saggistica di breve respiro e dallo stile raffinato un blasone rispet-
tabile, una genealogia riconosciuta di nobili antenati. Non arriva a definizio-
ni categoriche, che a lui come a noi sembrano impossibili ed inutili, e pro-
prio per questo traccia per s una campo di azione molto vasto, in cui eserci-
tare la propria vena e la propria ambizione artistica senza paura di sconfina-
re. A questi patti Cecchi sembra rivendicare il titolo di giornalista come rico-
noscimento di una piena appartenenza alla categoria, non per civetteria o
pudore24. Reclama a s questo titolo non solo per lopera di recensore e cri-
tico, attivit che storicamente sempre stata di casa sulle colonne dei gior-
nali, ma anche per la sua attivit di saggista, per quelle sue due colonne che
21
E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. 325.
22
Ivi, p. 335.
23
Ivi, p. 336.
24
Queste considerazioni limitative dellautopercezione di Cecchi come giornalista sono
espresse da Margherita Ghilardi, Ivi, p. xiii. Questi giudizi trancianti scontano unaccezione
negativa del termine giornalista, corrente soprattutto nellambito letterario. Come si cercato
di mostrare, non pare che Cecchi, al netto di alcune altalenanti considerazioni dettate dalle
difficolt incontrate agli inizi della sua carriera, abbia mai svalutato il titolo e il ruolo dei gior-
nalisti.
168 Daniele Ghirlanda
25
Fra le molte testimonianze di protagonisti della letteratura e della critica che in prima
battuta ricordano Cecchi come giornalista piuttosto che genericamente come scrittore, cfr.
quanto ebbe a dire Montale nellarticolo del 14 luglio 1964 affidatogli dal Corriere della Sera
per la celebrazione del suo ottantesimo compleanno: Emilio Cecchi si sempre definito gior-
nalista, senza nessuna civetteria, e ha dato coraggio a quanti di noi, scrittori pi o meno buoni,
non avremmo messo la pentola al fuoco se i grandi giornali si fossero convinti che la buona
prosa, come credeva il bourgeois gentilhomme, possono farla, senza accorgersene, anche gli illet-
terati, E. Montale, Auguri a Cecchi, in Id. Il secondo mestiere. Prose (1920-1979), a cura di G.
Zampa, Mondadori, Milano 1996, t. 2, p. 2637. Anche per Contini Cecchi stato giornali-
sta principe, G. Contini, Letteratura dellItalia unita, Sansoni, Firenze 1968, p. 741.
26
Il modo migliore per rendersi conto dei percorsi stilistici e redazionali seguiti da Cecchi
per creare le sue raccolte saggistiche a partire dagli articoli di giornale senza dubbio la consul-
tazione della monumentale sezione Storia del testo e apparato critico nelledizione critica dei Pesci
rossi a cura di Margherita Ghilardi, in E. Cecchi, Pesci rossi, cit., pp. 139-497. Elementi di storia
del testo delle altre raccolte di saggi, pi stringati ma altrettanto accurati, si leggono nelle Note e
notizie sui testi redatte sempre da Margherita Ghilardi per E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit. Non biso-
gna per credere che i testi in questo passaggio venissero radicalmente stravolti, come rimarca fra
gli altri anche Giacomo Debenedetti: le sue note, fin da quando escono sul giornale, hanno l
per l tutti i requisiti dellarticolo, ma gi anche il suono e come la maggiore stabilit tipografica
delle pagine di un libro, G. Debenedetti, Il tarlo in valuta oro, in Id. Saggi, progetto editoria-
le e saggio introduttivo di A. Berardinelli, Mondadori, Milano 1999, p. 1244.
27
A titolo di esempio segnalo unicamente il fatto che, quasi fino al termine dei suoi gior-
ni, Cecchi progetter di aggiungere ai Pesci rossi una suite centrale di pezzi brevi sulla scorta
delle sezioni Lanterna magica de Losteria del cattivo tempo, di Nero e bianco di Qualche cosa e
di Album da disegno di Corse al trotto, cfr. E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit., p. 1918.
28
Il caso pi evidente quello di Messico, che attraverso le varie redazioni subisce radicali
spostamenti di materiali da una parte allaltra del libro ed unalterazione sensibile delleffetti-
va cronologia del viaggio, subordinando le esigenze di veridicit a quelle di carattere estetico e
stilistico, cfr. Ivi, pp. 1799-1805.
Emilio Cecchi fra libri e giornali 169
29
Per tutti riportiamo il giudizio di Geno Pampaloni nel capitolo dedicato a Cecchi nel-
lultimo volume della Storia della letteratura italiana diretta da Cecchi stesso insieme a
Natalino Sapengo, intenso commiato dellopera al suo curatore a tre anni dalla morte: Dopo
il DAnnunzio, e con leccezione, su altro registro, del Croce, non c nellItalia del Novecento
una scrittura cos leggendariamente evocativa e sensibile, Storia della letteratura italiana, vol.
IX Il Novecento, cit., p. 744. Per unaccurata analisi linguistica dello stile di Cecchi cfr. I.
Baldelli, Varianti di prosatori contemporanei (Palazzeschi, Cecchi, Bassani, Cassola, Testori), Le
Monnier, Firenze 1970, pp. 24-45 e M. Brusadin, Emilio Cecchi e la crisi della lingua lettera-
ria italiana del primo Novecento, in M. Brusadin et alii, Profili linguistici di prosatori contem-
poranei: Cecchi, Gadda, Vittorini, Pratolini, Pavese, introduzione di P. V. Mengaldo, Liviana,
Padova 1973, pp. 3-112; considerazioni importanti ed acute sulla prosa di Cecchi in G.
Debenedetti, Corse al trotto di Emilio Cecchi, in Id., Saggi, cit., pp. 480-487.
30
Dice bene a questo proposito la Ghirladi, nella sua introduzione a Pesci Rossi: per un
ennesimo di quei paradossi che tanto gli erano e gli saranno cari in futuro, Cecchi trova pro-
170 Daniele Ghirlanda
prio nella precariet stabile dellelzeviro la misura definitiva del suo talento, nellambiguit
apparente il tratto inconfondibile della sua prosa; nella caducit appositamente ostentata la
forza per fermare con la scrittura il tempo, E. Cecchi, Pesci rossi, cit., p. xxxi; cfr. anche le
osservazioni di Carmine Di Biase: Sar proprio il giornalismo, ossia il necessario contatto con
il lettore e con la realt, a riportare Cecchi allideale dellumilt, a dargli una maniera, nel
senso di uno stile suo, autentica, C. Di Biase, Emilio Cecchi, La Nuova Italia, Firenze 1982
[1983], p. 49; fra virgolette sono citate alcune parole chiave della riflessione di Cecchi sul suo
mestiere di scrittore che compaiono nelle prose Questioni di maniera e La bandiera dellumilt
entrambe accolte ne Losteria del cattivo tempo, cfr. E. Cecchi, Saggi e viaggi, cit. pp. 129-132,
198-99.
31
Per il modus operandi di Cecchi cfr. E. Cecchi, Taccuini, cit., pp. 115-116 e il ricordo
del nipote Masolino DAmico su La Stampa, 8 marzo 2003, p. 23.
32
Il giovane Calvino, ad esempio, sar talmente colpito dalla limpidezza e dalla plasticit
dello stile di Cecchi da imparare a memoria lincipit di Pesci rossi, come confessa nellarticolo
Cecchi e i pesci-drago, La Repubblica, 14 luglio 1984, p. 20.
33
Una lettura illuminante sulle affinit che legano alcuni di questi critici, tutti scrittori di
terze pagine, nel saggio di G. Pulce, Elogio della discontinuit. Di alcuni tratti della scrittura
saggistica nella letteratura italiana novecentesca, in G. Cantarutti, L. Avellini e S. Albertazzi (a
cura di), Forme e funzioni di un genere letterario, Il Mulino, Bologna 2007, pp. 113-133.
GIULIA MAURO
1
Cfr. N. Ajello, Il settimanale dattualit in La stampa italiana del neocapitalismo a cura di
V. Castronovo e N. Tranfaglia, Laterza, Bari 1976, pp. 310-330.
172 Giulia Mauro
2
Cfr. P. Bonetti, Prefazione in Id., Il Mondo 1949-1966: ragione e illusione borghese,
Laterza, Roma-Bari 1975, pp. VII-XXVII.
174 Giulia Mauro
3
E. Falqui, Giornalismo e letteratura, Mursia, Milano 1969, pp. 62-63.
4
Cfr. G. Alfetra, Corriere primo amore, Bompiani, Milano 1984.
5
Lettera da Milano, 20 Aprile 1963, in I. Landolfi, Nota al testo, Un paniere di chiocciole,
in T. Landolfi, Opere II (1960-1971), a cura di I. Landolfi, Rizzoli, Milano 1991, p. 1283.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 175
6
T. Landolfi, Des Mois [1967], in Opere II, cit., p. 695.
7
Cfr. M. Carlino, Tommaso Landolfi in Storia generale delle letteratura italiana, vol. XI, a
cura di W. Pedull e N. Borsellino, Motta, Milano 1999, pp. 222-250.
176 Giulia Mauro
8
T. Landolfi, Des Mois, cit., p. 714.
9
Ivi, p. 757.
10
E. Falqui, Giornalismo e letteratura, cit., p. 87.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 177
11
T. Landolfi, Des mois, cit., p. 757.
12
Ibidem.
13
Ivi, p. 758.
14
Ibidem.
178 Giulia Mauro
spazi costrittivi finisce per introdurre, a lungo andare, una certa serialit, che
emerge dal confronto fra Il paniere di chiocciole, Del meno e Il gioco della torre.
Fermo restando che la collaborazione giornalistica non in Landolfi il
frutto di una personale vocazione, che si tratta di una scelta obbligata e sof-
ferta, la polemica nei confronti del valore degli elzeviri pubblicati (per esem-
pio nel caso de Il furto) va presa con la dovuta diffidenza. Si pu infatti age-
volmente contestualizzare nelle frequenti critiche alle proprie opere, incluse
le maggiori, nel corso della produzione diaristica, parte di una dinamica di
confessione apertamente letteraria, che vede la compresenza di svelamento e
occultamento, verit e fictio nel monologo autobiografico.
Il carteggio del 1954 con lallora direttore del Corriere e la conseguen-
te temporanea rottura con il quotidiano sono emblematici dellincompren-
sione reciproca tra lo scrittore e il mondo della carta stampata.
Missiroli lo invita a collaborare, inizialmente affidando lambasciata alla-
mico dellautore Eugenio Montale, per aver molto apprezzato la raccolta La
spada, sebbene Landolfi lo avverta fin dallinizio che quel genere ormai
superato, n gli dato resuscitarlo. In seguito a diversi rifiuti (tra cui
Lombrello e La vera storia di Maria Giuseppa) e tre soli articoli pubblicati (La
beccaccia, Annina e Sorrento poi confluiti in Ombre), lautore replicher con
durezza: Codesto genere di collaborazione non pu convenirmi, come gi le
feci intendere [] io mi stavo in pace, sobrio e pudico; Ella mi scov, mi
sottopose a un vero fuoco di fila di cortesi sollecitazioni [] e mi indusse
infine, me riluttante, ad accettare. Ora poi sembra, assurdamente, che nulla
Le stia bene. N so vedere come ci sia, se Ella ebbe allora tutto il tempo e
tutto lagio [] di documentarsi sulla mia povera persona e sulle mie possi-
bilit15.
La falsa modestia e il rifiuto di un rapporto subordinato pur prestigioso,
sollecitato da altri piuttosto che perseguito per ambizioni personali, sfociano
nella rivendicazione del valore e delloriginalit della propria scrittura, della
sua irriducibilit: Ella invit dunque me, o un altro? O davvero sperava che
alla scuola del Corriere sarei diventato altro da me? Inoltre, tuttora mi si chie-
de dal suo giornale un impegno (e unesclusiva) che non compensato da
nulla []. Ebbene, caro Direttore devo forse ricordarLe che essendo io
deplorevolmente sprovvisto di ambizioni e non spiegando per me la gloria e
la notoriet alcun allettamento [] se mi risolvo a un lavoro sistematico, lo
fo unicamente per motivi venali?16.
Missiroli, nella lettera di chiusura del contrastato scambio epistolare, oltre
a parlare di impossibilit di redigere contratti, problema poi risolto con mag-
giore buona volont dal successore Alfio Russo, lo apostrofa duramente:
15
I. Landolfi, Nota ai testi, La beccaccia in T. Landolfi, Opere I (1937-1959), a cura di I.
Landolfi, Rizzoli, Milano 1991, p. 1023.
16
Ivi, p. 1024.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 179
Stando cos le cose, io penso che Ella dovrebbe scrivere (per noi) quando le-
stro di un tempo si rinnovi17. Il criterio editoriale, extraletterario, cui il diret-
tore si richiama nellapprovare o respingere i contributi proposti, ha a che
vedere con il giudizio del pi ampio pubblico, destinatario e tiranno dei
mezzi di comunicazione di massa. Chi scrive afferma, inoltre, di non essere
disposto a discuterlo e lancia una sorta di ultimatum per una collaborazione
conforme alle sue aspettative, che Landolfi ricuser con orgoglio e sdegno,
fino allinvito, da altri e diversamente formulato, di nove anni successivo.
In ogni caso, al di l dello spiacevole incidente, il carattere continuativo
dellimpegno giornalistico negli ultimi tre decenni della sua vita sembra con-
fermare come: Uno impara soltanto ci che sa []. La nostra scienza o ci
esce armata (gi articolata) nel cervello, o non esce per nulla []. Dico, redi-
ger telegrammi. Sostengo non si dia questione, per quanto forcelluta o mul-
tipartita, che non possa venir racchiusa (esposta, trattata) in un numero limi-
tatissimo di parole18. Lesperimento telegrafico considerato da Landolfi
positivamente, a differenza di molti nocivi sperimentalismi del suo tempo,
anche se la sfida tra le pi ardue, trattandosi non semplicemente di sinte-
tizzare la materia narrativa adeguandola, ma di conservarne intatti il valore,
la ricchezza.
Le due colonne dellelzeviro, i brevi foglietti di viaggio e gli spunti cri-
tici di Gogol a Roma possono considerarsi una particolare forma di tele-
grammi: queste prove sembrano smentire la convinzione del diarista, ancora
una volta puramente letteraria, insincera, che lesperimento pi difficile del
previsto19 non possa riuscire.
17
Non lasci il Corriere in la Repubblica, 30 novembre 2001, p. 46.
18
T. Landolfi, Des mois, cit., p. 720.
19
Ibidem.
180 Giulia Mauro
temente realistica, dal momento che ritrae una realt altamente mediata, di
secondo grado.
Il viaggio, infatti, gi presente in Cancroregina come metafora di ripeti-
zione e circolarit senza progresso, negli articoli considerati principalmente
un ritorno a luoghi gi noti, non solo di persona ma nella memoria cultura-
le: come le opere maggiori dellautore, Se non la realt in primo luogo un
viaggio dentro la forma20, una riscrittura della tradizione letteraria. Il trait
dunion dei luoghi attraversati unulteriore declinazione del personaggio
autobiografico, coerente con la rappresentazione di s nelle opere maggiori,
ma arricchita dal confronto con la geografia privata di Landolfi.
Lelemento soggettivo, ossia la funzione emotiva sempre presente nella
scrittura di viaggio dautore, occupa in Landolfi una posizione di primo
piano, tanto da scalzare la presunta oggettivit, liberandosi a partire dal con-
testo di riferimento come spunto iniziale, palcoscenico del personaggio auto-
riale. Come si legge ne Il villaggio di X e i suoi abitanti, infatti: Alcuni viag-
giano pi volentieri per di dentro che per di fuori (uno era il noto autore del
Viaggio intorno alla sua stanza, un altro potrei essere io), forse ponendo
mente piuttosto allanimo delle persone e raccontando la storia patria, per
cos esprimersi, dallinterno21.
Come per gli appunti di viaggio, anche per le recensioni Mario Pannunzio
si affida alle scelte dellautore, che sono il frutto di letture personali, nella
maggior parte dei casi indirette, relative a saggi su opere dei grandi dellOtto-
cento (ma non mancano pagine critiche sui contemporanei), in prevalenza
russi e francesi.
Tali contributi, poi confluiti in Gogol a Roma, equivalgono ai tasselli di
una poetica, delineata procedendo per consonanze e dissonanze: possono leg-
gersi come momenti di confronto dellio landolfiano con i rispettivi autori-
personaggi, vissuti come altrettante occasioni di auto-definizione.
La lettura continuativa degli interventi, ricchi di ricorsivit critiche, per-
mette a un primo livello di individuare le principali ascendenze letterarie, di
tracciare una pi accurata genealogia, al di l dellesibito isolamento, di uno
scrittore dalla formazione preziosa e articolata.
In presenza di una dialettica di riconoscimenti e riserve, il maggior moti-
vo dinteresse, trait dunion degli innumerevoli giudizi per adesione o per
contrasto, tuttavia la proiezione di unidea personalissima e classica di let-
teratura, che fornisce uneloquente chiave di lettura del macrotesto landolfia-
no. Nelle vesti di recensore, dunque, Landolfi parla nuovamente per s.
Sul versante opposto alla critica storica e alle cronache letterarie, infatti, la
critica dautore non pu che essere socialmente disinteressata e dal punto di
20
B. Pompili, Tempo e scrittura in Cancroregina di Landolfi, in Il lettore di provincia
n. 56, 1984, anno XV, p. 79.
21
T. Landolfi, Se non la realt [1960], Adelphi, Milano 2003, p. 98.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 181
22
T. Landolfi, La lezione di Proust [1955] in Gogol a Roma [1971], Adelphi, Milano 2002,
p. 163.
23
T. Landolfi, Rien va [1963], Adelphi, Milano 1998, p. 66.
24
Per una definizione del pensiero in atto cfr. E. Biagini, La scrittura sopra la scrittura.
Nota sul critico inquisitore, in AA. VV., Gli altrove di Tommaso Landolfi: Atti del convegno di
studi, Firenze 4-5 dicembre 2001, a cura di I. Landolfi, Bulzoni, Roma 2004, p. 96.
25
T. Landolfi, Un paniere di chiocciole [1968] in Id., Opere II, cit., p. 858.
182 Giulia Mauro
dalla fonte stessa del linguaggio sono vocaboli animati e animalizzati con il
frequente ricorso a metafore zoomorfe, che alludono al carattere originario
della parole come atto congiunto di nominazione e creazione, ulteriore rispet-
to alla valenza comunicativa, referenziale.
Non a caso i protagonisti del racconto, riflessione in chiave fantastica sulla
natura convenzionale del rapporto tra significante e significato, sono termini
desueti come Locupletale, Massiccotto, Magiostra, zone per lo pi
dimenticate del vocabolario che rivendicano, con fare parodicamente conte-
statore, una ridistribuzione dei significati.
Lo scrittore, raffigurato come giocoliere di parole, incarna il carattere
codificato della langue, delle convenzioni linguistiche ereditate dalla tradizio-
ne, gi oggetto di Des mois:
[] Volli una volta foggiarmi una lingua personale []. Ma intesi bene che per
ci dovevo rifarmi da ancor pi lontano [] la lingua essendo supremo fiore anzi
frutto di una civilt []. Ebbene ero votato allinsuccesso. impossibile inven-
tare qualcosa di diverso, non intendo da ci che stato, ma da ci che sempre
stato, come impossibile inventare un gioco nuovo; [] quella invece che in tale
contesto si afferma la Convenzione, in forza di concetto e di dimensione.
Ameni tentativi di chi cerca nuovi linguaggi! E necessariamente rientra in qual-
che antichissimo sistema di rapporti, donde non si evade26.
26
Id., Des mois, cit., p. 681.
27
Id., Un paniere di chiocciole, cit., p. 857.
28
Cfr. Id., Des mois, cit., p. 766: Credo volentieri che coloro, i furiosi sperimentatori,
siano le vittime di una fondamentale incongruenza: volendo profondare nelle tenebre dellin-
conoscibile e mirando al cuore delle cose, essi per utilizzano gli attributi sensibili delle paro-
le. [].
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 183
ne in atto: Calma, dissi io, proprio vero che due femmine e una pape-
ra fanno un mercato a Napoli29.
La soluzione dellincontrollato diverbio linguistico, che mima limpoten-
za dello scrittore nei confronti del suo strumento espressivo, affidata alla
sorte, con la chiusura degli esserini vocianti, paragonati a topi in trappola,
nella bottiglia. Lespediente dellestrazione ricorda il giocatore-poeta classi-
cheggiante di La dea cieca o veggente (In societ), paradosso sulle possibilit
combinatorie del fare poetico che finiscono per riprodurre i capolavori del
passato. Qui lesito dellazzardo altrettanto provocatorio: lio autoriale,
dimentico dei nuovi significati e privato del suo potere demiurgico, si ritrae
in balia delle parole, segni linguistici instabili, svincolati da un rapporto di
determinazione univoca.
La penna un ulteriore sguardo divertito nellofficina dellautore, una
nuova simulazione dimpotenza da parte dellennesimo alterego landolfiano
nei confronti di una penna, personaggio che svolge le improbabili funzioni
di severo critico letterario.
La comicit dellelzeviro, affidato a un narratore intradiegetico, accen-
tuata per contrasto dal ricorso allo stile alto e solenne: Ma neppur questa
filava, bench trattata con ogni riguardo, ovverosia assecondata nei suoi sup-
ponibili capricci di penna mediante opportune inclinazioni o pressioni: il che
indusse il poeta a tornare con spirito pi conciliativo alla prima, la quale per
rimaneva renitente30.
La penna in questione, ribelle come le parole animalini, sciopera, cosic-
ch il protagonista decide di scendere a patti, sforzandosi di capire quale sia
il pensiero della bizzarra messaggera di Apollo, con tanto di diffusi interro-
gativi analitici sulle possibili mancanze della sua opera e sulle opportune stra-
tegie da adottare.
Il racconto manifesta la costante tendenza landolfiana allargomentazione
verbosa di natura paradossale, ricca di variazioni sul tema e precisazioni, che
si avvita su se stessa e procrastina lo svolgimento dellazione.
Lauctor in fabula, nel tentativo di vincere la tenzone, inscena un espe-
rimento letterario, una poesia damore artificiosa e carica di topoi, satura di
iperboli e immagini ipercodificate. Il testo nel testo, parodia della retorica e
della prigione manieristica della letteratura pi volte lamentata da Landolfi,
puntualmente riscritto dalla penna, che lo rovescia in irridente autoritratto,
con unimmagine che richiama Pizzicheria di Palazzeschi: E in conclusione,
con o senza la mia Violante, non mi resta che cambiar mestiere... []. Oh,
addirittura droghiere? Non potrei in caso scegliere un mestiere un tantino pi
29
Id., Un paniere di chiocciole, cit., p. 857.
30
Ivi, p. 922.
184 Giulia Mauro
31
Ivi, p. 925.
32
Ivi, p. 980.
33
Ivi, p. 981.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 185
34
Ivi, p. 986.
35
Ivi, p. 987.
36
T. Landolfi, Des mois, cit., p. 704.
37
Id., Un paniere di chiocciole, cit., p. 989.
186 Giulia Mauro
38
Ivi, p. 1005.
39
Ivi, p. 1007.
40
Ivi, p. 1008.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 187
forse notevole il fatto che a partire dal momento in cui lopera diventa ricerca
dellarte, diventa letteratura, lo scrittore senta sempre pi il bisogno di mantene-
re un rapporto con se stesso. Egli prova sempre unestrema ripugnanza a disfarsi
di s a vantaggio di quella potenza neutra, senza forma e senza destino, che die-
tro tutto ci che si scrive, ripugnanza e apprensione rivelate dal bisogno, proprio
di tanti autori, di redigere ci che essi chiamano il loro Diario []. Si d il caso
che gli scrittori che tengono un diario siano i pi letterari di tutti gli scrittori, ma
forse proprio perch evitano cos lestremo della letteratura, se questa il regno
inquietante dellassenza di tempo41.
41
M. Blanchot, Lo spazio letterario [1955], trad. it. di G. Zanobetti, Einaudi, Torino 1975,
pp. 14-15.
42
O. Macr, Tommaso Landolfi: narratore, poeta, critico, artefice della lingua, Le Lettere,
Firenze 1990, p. 22.
188 Giulia Mauro
43
C. Bo, Nel paniere di Landolfi in Corriere della Sera, 18 luglio 1968.
44
Cfr. T. Landolfi, Commiato, in Ombre [1954], in Id., Opere I (1937-1959), a cura di I.
Landolfi, Rizzoli, Milano 1991, p. 808: Non v pi meta alle nostre pigre passeggiate se non
la realt.
Tommaso Landolfi giornalista sui generis 189
Non a caso, molto spesso gli elzeviri non hanno un vero finale, viceversa
la comunicazione resta aperta, ipostasi della cattiva infinit di un meccani-
smo narrativo centrifugo, improntato alla divagazione e alla dissipazione, che
ha nel gioco dazzardo la sua figura pi emblematica.
Alla rinuncia a una valenza affermativa del discorso, ormai impraticabi-
le, subentra la centralit dello scarto che separa arte e vissuto, nella loro reci-
proca insufficienza, pur nel confronto ineludibile. Il disagio morale che atta-
naglia il soggetto impotente si configura come accidia, inadeguatezza
esistenziale e poetica (si pensi al leitmotiv del narratore o del critico inaffi-
dabile), rifiuto dellazione e della dimensione positiva in genere, destituita
di certezze.
La tendenza a indagare il lato oscuro e retroverso della realt, la predile-
zione per la deformazione grottesca delle situazioni quotidiane, dalla vita
familiare alle chiacchiere gratuite dei passanti, un gioco fra i pi seri, con-
trariamente a quanto potrebbe sembrare.
Lo sguardo gettato sui vuoti e sulle lacune, sui paradossi della condizione
umana, non rinuncia, comunque, a imprimere una forma che contenga
lhorror vacui, e non cosa da poco, oltre a segnare il maggior discrimine
rispetto a un approdo nichilistico.
Se lespressione letteraria irrinunciabile, poich non dato inventare un
gioco nuovo, daltro canto linnocenza della parola, irripetibile e in rappor-
to diretto con la realt, andata perduta: tutto gi stato nominato e alla lin-
gua non resta che dire e disdirsi, riproducendo unattitudine internamente
dialogica e dubitativa.
La chiosa, la ritrattazione e la citazione, segnalata o meno, che costitui-
scono parte integrante di un discorso avvitato su se stesso, danno lidea di un
testo che riproduca un originale non meglio identificabile, con effetti di reci-
tato e ambiguit della significazione vicini alle opere maggiori.
Lossimoro, la litote, lantifrasi e liperbole sono s figure connaturali a una
retorica postuma della classicit, ma rifunzionalizzate nel discorso landolfia-
no, altamente dissacrante e trasgressivo, nellordine letterario come in quello
extraletterario.
Particolarmente significativo, inoltre, risulta il dialogo tra narratore e nar-
ratario, lettore ideale e ponte verso il lettore reale, cui Landolfi non lascia
respiro o possibilit di catarsi, per imporgli viceversa la collaborazione attiva.
Sia negli scritti dinvenzione sia negli articoli critici lautore si mostra parti-
colarmente attento alla ricezione, esercitando le diverse funzioni del linguag-
gio (conativa, ftica e metalinguistica in particolare) per mettere in crisi lo
statuto convenzionale della comunicazione.
Allinterlocutore, alterego oggetto di provocazione, si chiede alternativa-
mente di non credere a quanto si dice, di non attribuire un significato al nar-
rato, o di riempire i vuoti del discorso, disponendolo allo straniamento e
allassunzione di una postura critica.
190 Giulia Mauro
45
Per approfondire il carattere di leitmotiv di questa tesi, che si ripete lungo tutta la storia
dellarte con particolare sviluppo nellet moderna, Cfr. T. Adorno, Societ in Teoria Estetica
[1970], Einaudi, Torino 1975, pp. 452-453.
GIORGIO PATRIZI
egli riesce a crearsi una sua cultura eclettica e dinamica. Il nomadismo diven-
ta quindi una soluzione di stile: eclettismo, plurilinguismo, versatilit savi-
niane nascono dalla possibilit di attingere alle fonti pi prolifiche e pi viva-
ci del momento1.
A questa predisposizione che da culturale sembra diventare sempre pi
radicalmente naturale, si lega il dato stilistico: da l nasce lo stile di
Savinio. Egli stesso si definisce una centrale creativa, dotata di grande ver-
satilit. Usa il termine greco di polipragmosine, che vuol dire, appunto,
dedicarsi a pi arti: e lo usa con orgoglio a dispetto della cultura contempo-
ranea tradizionalista, specialmente quella idealista e crociana, che lo leggono,
invece, come deprecabile sperpero2. A legittimare questa tensione a lavorare
con i linguaggi pi diversi c la reiterata affermazione della fragilit di una
sola verit, che deve essere sostituita da una molteplicit di verit. La batta-
glia della cultura dovr essere allora proprio quella di demolire lautoritarismo
di quella che oggi definiamo cultura unica, a cui Savinio oppone la cultura
delle molteplici verit: C la verit? No, ci sono le verit, un grande confor-
to per noi e, quanto pi alto il numero delle verit, tanto pi bassa la pos-
sibilit di una verit sola. Nostro compito di aumentare il numero delle
verit, fino a rendere impossibile la ricostruzione della verit. nelle pagine
dedicate allOro del Reno di Wagner, raccolte in Scatola sonora che Savinio
definisce in modo preciso questo principio: Poche teste sanno ospitare con-
temporaneamente due idee diverse, dico nella loro vera essenza e profon-
dit Pochi uomini, dunque, sono destinati a conoscere la verit, perch
unidea sola pu dare la fede, ma a farci intravvedere la verit almeno due idee
sono necessarie e che apparentemente si contraddicano3. Ha scritto Cacciari:
Il motto adorniano, Il Tutto falso, potrebbe valere anche per Savinio.
Lunione un errore. In questo senso leuropeo la tomba di Dio ma tale
morte viene assunta gioiosamente, una gaja scienza. Essa annuncia lepoca
di un augurabile nihilismo, assolutamente distinto da quello dello Stato: un
nihilismo versus gli idola che vogliono arrestare il divenire, liquidare la sor-
presa del Caso4. Ed ancora, a proposito della filosofia dellarte saviniana:
Tutta lestetica di Savinio filosofia dellarte su base nietzschiana: arte alcyo-
nia, arte felice misura, rythmos: composizione dei casi5.
fondamentale, per cogliere sino in fondo la peculiarit del pensiero
saviniano, considerare loriginalit del suo modo di rapportarsi ai temi cultu-
rali e politici che and via via affrontando: quando per il mondo comincia-
1
S. Cirillo, Alberto Savinio, Mondadori, Milano 1997, p. 10.
2
Ivi, p. 13.
3
Idem.
4
M. Cacciari, Savinio europeo, in Mistero dello sguardo. Studi per un profilo di Alberto
Savinio, a cura di R. Tordi, Bulzoni, Roma 1992, p. 17.
5
Ivi, p. 18.
Savinio e il giornalista come greco 193
6
S. Cirillo, cit., p. 19.
7
R. Buttier, Savino giornalista, Bulzoni, Roma 1987, p. 15.
8
A. Savinio, Primi saggi di filosofia delle Arti, in Valori plastici, marzo-aprile 1921,
p. 25.
194 Giorgio Patrizi
9
Da Valori plastici, novembre 1918, p. 7.
10
Cit. in S. Battaglia, Savinio e il surrealismo civico in A. Savinio, Torre di guardia, Sellerio,
Palermo 1993 (I ed. 1977), p. 23.
11
A. Savinio, Prefazione a Tutta la vita, Bompiani, Milano 1945.
12
R. Buttier, cit., p. 26.
13
da ricordare la pagina di Apollinaire, in cui cos si sintetizza il lavoro sulla musica di
Savinio: Il croit pouvoir [] faire ressortir par sa musique tout ce qui, dans notre poque, se
rvle nous sous une forme trange et nigmatique. (G.Apollinaire, Musique nouvelle, in R.
Buttier, op. cit., p. 29).
14
S. Zoppi, Quando le statue non sorridevano, in Alberto Savinio, catalogo della mostra di
Palazzo Reale, Milano, Electa 1976, pp. 105-116.
15
A. Savinio, Fini dellarte, in Valori Plastici giugno 1919, p. 21.
Savinio e il giornalista come greco 195
16
Id., Il sorbetto di Leopardi, in Omnibus, 28 gennaio 1939.
17
L. Sciascia, Nota a A. Savinio, Torre di guardia, cit., p. 11.
18
S. Battaglia, Savinio e il surrealismo civico, cit., p. 24-25.
19
R. Buttier, cit., p. 46.
196 Giorgio Patrizi
zione che cera dellaltro: che cerano tante verit, da cercare dentro e fuori di
noi liberamente, senza paure; che il mondo era stato ed era, negli uomini,
nelle cose, nei libri, pi semplice e luminoso e al tempo stesso pi comples-
so ed oscuro, di quanto volevano farci credere; che lItalia in cui vivevamo, e
che volevano che credessimo impareggiabile, era un paese angusto e povero,
che Papini e Malaparte, Ojetti e Soffici, strapaese e stracitt, Lemmonio Bo-
reo e il cavalier Mostardo, La Critica e Il Frontespizio, tutto il fascismo e
certo antifascismo diciamo ufficializzato, appunto erano angustia e povert:
nel loro costituirsi, insieme e di fatto, come antieuropee [] Savinio, ecco,
era lEuropa: lEuropa ancora libera, ricca di idee di contraddizioni, di dege-
nerazioni, inquieta, minacciata; quella in cui ancora si poteva scrivere20.
Questa lettura della pagina saviniana ne illumina i tratti di apertura al nuovo,
sprovincializzazione di una cultura accademizzata e strapaesana che appariva
incapace di incontare le degenerazioni di una pi ampia dimensione di spe-
rimentazione e di ricerca espressiva. Ma la scelta di Savinio molto radicale:
muove in direzione di una sorta di discussione a tutto campo dei linguaggi e
dei personaggi che affiorano nella quotidiana lettura del mondo, della storia,
dei suoi protagonisti o vittime. In questa prospettiva sottolineare la peculia-
re costruzione analitica, o argomentativa, o destrutturante dei saggi di Sa-
vinio, vuol dire mettere a fuoco una sempre lucida volont di comprensione
e di polemica ricerca della verit, quella della conoscenza e della morale. il
Savinio che scriveva, in Tutta la Vita: I greci non facevano nulla, neppure un
particolare di architettura, che non rispondesse ad una ragione morale.
A scorrere la gran mole di scritti giornalistici o di pubblicistica prodotti
da Savinio nei decenni della sua collaborazione alle riviste delle pi diverse
estrazioni, emerge con evidenza la sua peculiare modalit di costruzione del-
larticolo.
Qualche esempio dalla raccolta adelphiana di Scritti dispersi 1943-1952,
curata da Paola Italia, nel 2004. In uno scritto del 45, Savinio ragiona sulla
natura e la cultura dei Greci: Prima di tutto quando si dice Greci antichi, di
quali Greci si vuol parlare? Perch non negabile che fra i Greci della civilt
ionica ossia dei tempi di Omero e i Greci del tempo di Pericle ci sia una certa
quale differenza, considerato che fra gli uni e gli altri si frappone quelloscu-
ro periodo dinvasioni e di trasformazioni che va sotto il nome di medioevo
dorico. Del resto io qui non esamino le mescolanze che possono essere avve-
nute nella penisola greca in sguito alla conquista romana prima, poi allarri-
vo dei Franchi, dei Veneti, dei Turchi, lascio questi studi agli eruditi, ossia a
coloro che sanno tutto e non capiscono niente. A me che conosco i Greci
naturalmente e poeticamente, per essere nato ad Atene e per avere cono-
sciuto intimamente le loro qualit, risulta che tra i Greci di oggi e quelli del-
20
L. Sciascia, in A. Tinterri, Sciascia e Savinio (per lui-meme), in A. Savinio, Scritti disper-
si. 1942-1952, a cura di P. Italia, Milano, Adelphi 2004, pp. XI-XII.
Savinio e il giornalista come greco 197
21
A. Savinio, Greci e Greci, in Id., Scritti dispersi. 1943-1952, a cura di P. Italia, Adelhpi,
Milano, pp. 103-105.
22
Id., Europa, ivi, p. 699.
23
Ivi, p. 701.
198 Giorgio Patrizi
Ed ecco, ancora nel 1950, come Savinio propone una serie di riflessioni
allinterno, come al solito, di unanalisi di grande acume ed originalit sui
caratteri specifici della musica nera: Cantare come i negri rimedio della nevra-
stenia 24, apparso sul Corriere della Sera del 1 gennaio 1950: quando la
musica delluomo bianco sta per finire, essa preannuncia la propria fine. Il
qualcosa di diverso sta per finire. Preparatevi alla fine del diverso. E comin-
cia la cadenza. Talvolta lunghissima [] La musica negra no. La musica
negra non comincia, n finisce. Cessa a un certo momento, sinterrompe.
Salvo a riprendere. Con la stessa mancanza di cominciamento. Cade la musi-
ca, si spegne, nientaltro [] Perch? Perch nella vita del negro la musica
non unaltra cosa, non una cosa diversa. Non ha bisogno dunque di
annunciarsi. N di annunciare la propria fine. Nella vita del negro, la musi-
ca cosa naturale. Parte dalla vita25.
Segue una puntuale descrizione di una serie componimenti di musica
jazz, che Savinio legge sullo sfondo dei caratteri antropologico-culturali dei
musicisti: Il negro non canta, non suona per diletto, non pure per esprime-
re la propria anima. Suona e canta per scaricare la propria anima [] La
musica negra una respirazione pi profonda; una respirazione che scende
oltre i polmoni, nel sacco nero (negro) della psiche26.
Anche questa pagina pu essere assunta ad esempio del procedimento dia-
lettico e retorico di Savinio: muove dalla percezione di una realt, originale o
misconosciuta, rispetto allopinione comune; quindi cerca di dirimerne ed
evidenziarne i vari elementi costituenti, sempre attento a riconoscere, dietro
i dettagli, la loro portata epistemologica, o estetica, o morale. cos che lo
sguardo capace di penetrare nei dettagli delloggetto da conoscere e da inda-
gare, segue il percorso di una catena di significati che ampliano costante-
mente il senso dellanalisi.
questo, paradossale, il surrealismo di Savinio: una scomposizione della
realt fatta al lume della logica, che si giova di tutti gli strumenti dellanalisi
razionale, filologica, linguistica, di senso, per approdare al ritrovamento del
senso pi profondo delle cose, della vita, delle azioni delluomo.
24
Ivi, pp. 1263-1264.
25
Id., Cantare come i negri rimedio alla nevrastenia, ivi, p. 1263.
26
Ivi, p. 1264.
SILVANA CIRILLO
*
Per unidea complessiva dellattivit di Za si veda in Il Caff illustrato, n. 28, gen. feb.
2006, Dossier Zavattini, a cura di S. Cirillo.
200 Silvana Cirillo
1
Il periodo parmense stato studiato da Guido Conti.
202 Silvana Cirillo
2
Cfr. S.Cirillo, Una cento mille lettere, Bompiani, Milano 1986 (ora anche nei tascabili).
3
Ivi, lettera di C. Z. del 4-8-1937.
4
Ivi, lettera del 9-6-1947.
Cesare Zavattini: senza di lui non si muoveva paglia! 205
5
Ivi, lettera del 9-6-1947 a Bompiani.
6
Ivi, lettere ad Alberto Mondadori del 27-6-1950 e del 2-11-1950.
7
Ora pubblicate a c. di Renzo Martinelli, Domande agli uomini, Le Lettere, Firenze 2007.
Cesare Zavattini: senza di lui non si muoveva paglia! 207
1
G. Rando, Corrado Alvaro narratore. Lofficina giornalistica, Falzea Editore, Reggio
Calabria 2004, p. 196.
2
Si pensi a Viaggio in Turchia (1932), Itinerario italiano (1933), Cronaca (o fantasia)
(1934), Terra nuova. Prima cronaca dellAgro Pontino (1934), I maestri del diluvio. Viaggio nella
Russia Sovietica (1935), LItalia rinunzia? (1945), Quasi una vita. Giornale di uno scrittore
(1950), Il nostro tempo e la speranza. Saggi di vita contemporanea (1952), Roma vestita di nuovo
(1957), Un treno nel sud (1958).
3
W. Pedull, Le ribelli di Corrado Alvaro, in Storia generale della letteratura italiana (12
voll.), dir. da N. Borsellino e W. Pedull, Motta Editore, Milano 1999, vol. XI, p. 275.
4
Id., Introduzione a Corrado Alvaro, Scritti dispersi 1921-1956, a cura di M. Strati, Bom-
piani, Milano 1995, p. XIX.
210 Michelangelo Fino
5
Ivi, p. XIV.
6
Ivi, p. XV.
7
C. Alvaro, Documenti di vita, La Stampa, 19 novembre 1952.
8
A. Balduino, Corrado Alvaro, Mursia, Milano 1965, p. 123.
9
M. Strati, Appunti per un discorso critico su Alvaro giornalista: 1916-1936, Arti Grafiche
Edizioni, Ardore Marina 1992, p. 3.
10
M.L. Cassata, Corrado Alvaro, Le Monnier, Firenze 1974, p. 13.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 211
presentata nelle sue opere, dove i colloqui tra i personaggi non sono fre-
quentissimi. Una condizione esorcizzata proprio attraverso la scrittura gior-
nalistica, come rivela una testimonianza dello stesso Alvaro in merito alla
sfortunata esperienza novecentista, considerata un pi o meno conscio ten-
tativo di comunicare col mondo esterno [] unistintiva fuga dallisolamen-
to in cui si chiudeva il nostro paese con la sua cultura11.
E nellAlvaro giornalista c sempre, con alterne fortune, la ferma volont
di agire al di fuori della politica, di uscire dallasfissiante e asfittica realt ita-
liana, non per allontanarla e ignorarla, ma al contrario per meglio osservarla
e documentarla. Nelle sue numerose corrispondenze dallestero come inviato
della Stampa, ad esempio, non parla mai soltanto della Russia comunista,
della Germania nazista o della Turchia moderna; in quelle realt lontane solo
geograficamente, scorge affinit pi o meno latenti, intravede le stesse ombre,
gli stessi problemi del suo paese. In oltre quarantanni di attivit giornalisti-
ca ha saputo cogliere le profonde contraddizioni del suo tempo, passando
consapevolmente attraverso i drammatici avvenimenti storici, politici, socia-
li ed economici che segneranno la prima met del XX secolo: la nascita e laf-
fermazione delle dittature (comunismo, fascismo, nazismo), i due conflitti
mondiali, la Resistenza, le lotte operaie e contadine, la questione meridiona-
le, fino ad arrivare ai primi segnali della nuova societ del benessere.
Il primo incontro di Alvaro con il mondo dei giornali avviene nel 1914,
quando lo scrittore di San Luca pubblica sulla Rivista dOggi la traduzione
di tre poesie di Tagore12. Nel 1916 lo scrittore entra nella redazione del Re-
sto del Carlino, giornale sul quale continuer a pubblicare fino al gennaio
del 1923 (con uninterruzione durata per tutto il 1922)13.
Nel luglio del 1919, grazie allinteressamento di Giuseppe Antonio
Borgese, suo professore di Letteratura tedesca allUniversit di Milano14, ini-
zia la sua lunga e controversa collaborazione al Corriere della Sera, allepo-
11
E. Falqui, Il futurismo. Il novecentismo, Eri, Roma 1953, p. 114.
12
Sempre nel 1914 Alvaro pubblica le sue prime poesie su Il nuovo birichino calabrese.
Altre poesie appaiono su La Riviera Ligure tra il 1915 e il 1917.
13
Sul rapporto tra Alvaro e Il Resto del Carlino cfr. A. Barbina, Alvaro 1916-1917, in
Otto/Novecento, a. III, mar.-apr. 1979, pp. 163-78, poi con il titolo Alvaro al Resto del
Carlino, in AA. VV., Corrado Alvaro, lAspromonte e lEuropa, atti del convegno di Reggio
Calabria (4, 10-12 nov. 1978), Casa del Libro, Reggio Calabria 1981, pp. 327-40.
14
Cos Borgese in una lettera dellottobre 1918 indirizzata al redattore capo del Corriere
Pietro Croci: credo di poterti indicare una persona adatta per la missione in Oriente. Si trat-
ta di Corrado Alvaro. Ha qualit letterarie molto fini ed ha fatto una buona esperienza tecni-
ca giornalistica al Resto del Carlino. [] LAlvaro politicamente del tutto sicuro e non ha
mai mostrato soddisfazione di trovarsi al Carlino. M. Strati (a cura di), Corrado Alvaro e il
Corriere della Sera. Carteggio 1919-1955, Carocci, Roma 2006, p. 127. Il politicamente del
tutto sicuro fa riferimento, come sottolinea Strati, al non allineamento di Alvaro con le posi-
zioni neutraliste e filosocialiste assunte dal giornale durante il primo conflitto mondiale.
212 Michelangelo Fino
15
Sulla collaborazione di Alvaro al Mondo, cfr. C. Alvaro, Lettere parigine e altri scritti
1922-1925, a cura di A.-C. Faitrop-Porta, Salerno Editrice, Roma 1997.
16
Alvaro firma tra laltro la risposta crociana degli antifascisti al manifesto degli intellet-
tuali fascisti redatto da Giovanni Gentile.
17
Su questo delicato momento per lattivit giornalistica di Alvaro cfr. la lettera datata 13
novembre 1925 indirizzata allamico Nino Frank. Alvaro-Bontempelli-Frank, Lettere a 900,
a c. di M. Mascia Galateria, Bulzoni, Roma 1986, p. 11.
18
Il primo contatto con il quotidiano torinese avviene per nel 1921 quando Alvaro, tra
luglio e agosto, pubblica quattro articoli.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 213
Signor direttore,
leggo nel Nuovo Corriere della Sera del 4 aprile, e me ne rammarico, quanto ha
scritto il signor Gaetano Baldacci sullAlleanza della cultura, sugli scrittori italia-
ni e su me personalmente. [] Il fatto che al convegno dellAlleanza della cul-
tura a Firenze nulla s chiesto al Governo in favore degli scrittori italiani [].
Per gli scrittori, io ho avuto modo di chiarire che i nostri interessi dovessero esser-
vi discussi solo in quanto interessi culturali. [] Ho creduto fino a ieri che esse-
re collaboratore del Corriere, e collaboratore letterario e non politico, non impli-
casse la totale abdicazione di ogni mia idea per le idee del signor Baldacci, e Sue,
signor direttore, se Lei assume, come pare lassuma, la responsabilit degli scritti
del Suo corrispondente. Se cos, Le rassegno le mie dimissioni dallincarico
19
Su questo aspetto cfr. M. Strati (a cura di), Corrado Alvaro e il Corriere della Sera, cit.
e Alvaro-Bontempelli-Frank, Lettere a 900, cit.
20
Il riferimento verosimilmente alla rivista filofascista Primato, voluta da Giuseppe
Bottai, personaggio assai influente negli ambienti fascisti nonch ministro dellEducazione
Nazionale tra il 1936 e il 1943, attiva fra il 1940 e il 1943, alla quale Alvaro aveva collaborato.
21
G. Baldacci, Aria di littoriali a Firenze, Corriere della Sera, 4 aprile 1948.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 215
[]. A meno che Lei, pubblicando questa mia lettera, non la accompagni con la
pi doverosa ritrattazione delle affermazioni del signor Baldacci. Il quale avr cos
una prova del desiderio di servit duno scrittore italiano22.
Lungi dal farci impressionare dalle soluzioni gi belle e fatte fuori dItalia, lungi
dal prendere in prestito atteggiamenti non nostri, che facilmente hanno soccor-
so in altri tempi la scarsit dellispirazione e delloriginalit, noi abbiamo rico-
minciato a ricostruire punto per punto la nostra realt, giacch non potevamo
contentarci di risultati polemici, come sono stati gli ultimi che ci hanno propo-
sto prima della guerra; e andiamo elaborando soltanto quello che stimiamo
nostro, particolare, congeniale24.
22
C. Alvaro, Corrado Alvaro o della coerenza, Corriere della Sera, 8 aprile 1948.
23
Ibidem.
24
Id., La solita polemica, La Stampa, 21 febbraio 1933.
25
W. Pedull, Introduzione a Scritti dispersi, cit., pp. X, XVII.
216 Michelangelo Fino
[gli scrittori italiani] hanno dato un giornalismo dei pi originali e puliti, hanno
allargato i confini e compiuto i primi viaggi di una letteratura da troppo tempo
sedentaria, e imparato a guardare con occhi di italiani; [] la letteratura italiana
si distaccata risolutamente dalle influenze straniere per cui teatro e romanzo in
Italia furono, per trentanni prima della guerra, echi di un mondo non italiano
[]28.
26
C. Alvaro, Letterati a rumore, La Stampa, 26 agosto 1926.
27
In questa sede non si ha la pretesa e lintento di stabilire quanto Alvaro sia antifascista
e quanto, ad un certo punto, si avvicini al regime. per importante accennare ai rapporti che
lo scrittore di volta in volta stringe con il mondo politico per meglio comprendere i discorsi e
le posizioni tenuti nel corso degli anni. Per un approfondimento si rimanda, fra gli altri, a E.
Misefari, Alvaro politico. Analisi di un comportamento, pref. di P. Alatri, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1981 e V. Stranieri, Corrado Alvaro e il fascismo, Centro Stampa Sud, Bovalino 1999.
28
C. Alvaro, La solita polemica, cit.
29
Id., Una storia oscura, La Stampa, 4 novembre 1933.
30
In molte altre occasioni Alvaro denuncia la sconfitta della cultura e lo svilimento della
funzione dei letterati. Cos scrive in un articolo intitolato Un dialogo difficile apparso sulla
Stampa il 24 ottobre del 1952: oggi v la sconfitta delluomo di cultura nella sua missione
di guida e nella sua ambizione sacerdotale.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 217
Si discute molto oggi della funzione degli scrittori e degli uomini di selezione in
genere; per limitarci allItalia, le ultime polemiche letterarie sono il sintomo dun
grave malessere. Intanto, e non solo da noi, glintellettuali si sentono fuori della
loro missione, sono ridotti a n pi n meno che a una delle tante classi in cui il
mondo moderno, meglio ancora, uno dei tanti compartimenti stagni incomuni-
cabili fra di loro che il carattere di questa declinante civilt; del resto, gli avve-
nimenti dellEuropa dalla guerra a questa parte segnano la sconfitta degli intel-
lettuali31.
Tant, dunque, proporre apertamente le civilt nazionali, chiuse nei loro limiti,
fino a quando lEuropa, tornata a reggersi in un assetto politico simile, e certo in
forme nuove, non parler un linguaggio concorde. Appunto perch credo
allEuropa come fatto totale parlo di chiusura entro i limiti della civilt naziona-
le. [] Per rimanere in Italia, lesotismo della nostra classe media da pi di
trentanni ha cercato di adattarsi come una colonia alle mode che le venivano da
fuori []. Appunto perch credo allimmortalit, alla universalit, alla premi-
nenza dellEuropa, io parlo di particolarismo: appunto perch so che lEuropa
inevitabilmente il prodotto delle varie civilt che la compongono e non la media
di una civilt, io parlo cos stretto32.
31
Id., Glintellettuali, oggi, La Stampa, 11 maggio 1933.
32
Ibidem.
33
Id., Trucioli della storia, Il Mondo, 7 novembre 1922.
218 Michelangelo Fino
Tutto parve provvisorio e sul punto di scomparire. Le automobili sulla strada par-
vero cariche di assassini. La gente attonita in piazza, incapace di muoversi; []
In ogni uomo un nemico di cui non sera mai sospettato []36.
Alvaro, anche quando fa la voce grossa, non si lascia mai travolgere da una
vera e propria vis polemica. Il suo stile sempre piuttosto pacato, il suo
discorso piano, meditato, proprio di un attento osservatore che predilige la
scrittura composta e misurata alla violenza verbale, un senso adulto della
34
Ibidem.
35
Id., Denunzia, Il Mondo, 20 settembre 1923.
36
Id., Cronaca, Il Mondo, 6 luglio 1924.
37
Id., Il discorso interrotto, La Stampa, 5 aprile 1950.
38
Ibidem.
39
Id., Un giro di vite, Il Mondo, 27 ottobre 1951.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 219
40
G. Rando, Corrado Alvaro narratore, cit., p. 161.
41
Ivi, p. 160.
42
C. Alvaro, Prevalenza del teatro, Il Mondo, 4 ottobre 1923.
43
Id., Giuliano, La Stampa, 8 maggio 1949.
220 Michelangelo Fino
Alla fine, sollecitato dal discredito che veniva al Paese dagli atteggiamenti di
Giuliano, dalle sfide di questo sventurato alle autorit dello Stato e allopinione
pubblica, il Governo ha aperto contro di lui loffensiva decisiva. Chi ha veduto le
condizioni in cui vive una intera contrada a pochi chilometri da Palermo, fra il
terrore dei banditi e quello delle forze di polizia, fra le vittime di questa e di quel-
la parte, la catena delle vendette, delle denunce, le fughe verso la montagna []
si domanda come lavventura di Giuliano abbia potuto durare tanto. C anche
da domandarsi, alla fine, come mai un bandito, macchiato di decine di delitti,
abbia potuto rappresentare un personaggio di fronte a cui ogni terribilit sangui-
nosa passava in seconda linea, per cedere il posto a una certa attrattiva, se non a
piet, come verso il figlio di una terra generosa che ha piegato al male, una forza
non comune, un ingegno strategico, unaudacia, un senso primordiale della giu-
stizia, divenuto delinquenza. Giuliano sembra uno di quei campioni della dispe-
razione che lItalia ha dato troppe volte nella sua storia, votati al male e quasi con-
dannati al male, ma ugualmente tipi umani considerevoli45.
44
Id., Biografie meridionali, Corriere della Sera, 11 settembre 1954.
45
Id., Giuliano, cit.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 221
Perseguire col fiscalismo di una legge disattenta cui molti sfuggono ridendo e pochi
soccombono sanguinando, vuol dire spingere la miseria alla rivolta, alla criminalit.
Perseguitare intere famiglie, complici volontarie, e pi spesso involontarie, dei ban-
diti quando le forze di polizia sono incapaci per mesi e per anni di difendere la casa,
la famiglia, la libert, lintegrit e la libert dei cittadini [] questo seminare un
male inestinguibile [] e non preoccuparsi invece delle origini e dei sintomi di
quei mali e non prevederli e non tentare di porvi riparo, pericoloso errore47.
Giuliano non potr parlare ma non sar lultimo nella discendenza di tanti tristi
personaggi, il cui dramma troppo ripetuto da quando incominciata la storia
della democrazia, fa balenare il sospetto che si tratti di una protesta pazza e inu-
mana di un dramma ben altrimenti umano e paziente. ancora il dramma del-
lunit italiana. E non piacevole che una storia di briganti si tiri dietro conside-
razioni di questo genere49.
46
NellItalia meridionale pi che altrove, si pu parlare del Risorgimento come di una
rivoluzione liberale fallita. Id., Donne di passo e avventure in un albergo siciliano, La Stampa,
22 dicembre 1948.
47
Id., Giuliano, cit.
48
Il cadavere di Salvatore Giuliano verr trovato nel cortile di una casa di Castelvetrano il
5 luglio 1950.
49
C. Alvaro, Giuliano, cit.
222 Michelangelo Fino
tenza della sua indagine sempre lo stesso (profonda conoscenza del feno-
meno meridionale), ma cambia di volta in volta il percorso di tale indagine,
senza peraltro che ci comporti delle differenze nel risultato finale: ogni arti-
colo, pur variando la prospettiva, ci restituisce unanalisi puntuale della realt
meridionale, illuminando un microcosmo indecifrabile per chi meridionale
non (e spesso Alvaro nei suoi articoli sottolinea limportanza, anzi la neces-
sit di avere sangue e anima meridionali per capire il sud). A volte, infatti, lo
scrittore indugia su aneddoti apparentemente divertenti, personaggi bizzarri,
vicende romanzesche, ricorrendo a un tono semiserio per spiegare un dram-
ma (lemigrazione) che, in quanto tale, serissimo. Questo particolare pro-
cedimento, peraltro, funzionale alla rappresentazione di alcune doti carat-
teriali e intellettuali dellindividuo meridionale: lo spirito di sacrificio e di
sopportazione, un certo ottimismo e lirriducibile speranza in un avvenire
migliore. Ecco perch le partenze degli emigranti si consumano in unatmo-
sfera inspiegabilmente (per chi non li conosce) allegra e spensierata:
50
Id., Giornate dellemigrante, La Stampa, 23 ottobre 1926.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 223
vassimo a teatro (e sul teatro Alvaro scriver tanto attraverso i giornali), gli
attori protagonisti di commedie agrodolci. Commedie che, viste dal di fuori,
si trasformano in drammi individuali e collettivi, per quanto, e qui c tanta
parte dellessenza meridionale, i protagonisti nella loro felice inconsapevolez-
za continueranno a recitare il copione di una curiosa e stravagante comme-
dia. Attraverso queste storie eccezionali lautore riesce a fare chiarezza, a
sgombrare il campo da tanti luoghi comuni, a sfatare i falsi miti che circon-
dano i meridionali, la loro vita, la loro storia. Si scopre cos unumanit inso-
spettabile, uno spirito imprenditoriale da far impallidire il pi intraprenden-
te uomo settentrionale, uningegnosit e una disponibilit al nuovo che stri-
dono con lo stereotipo del meridionale ottuso, passivo, refrattario a qualsiasi
novit. Alvaro sa che molto spesso queste qualit restano ad uno stadio
potenziale senza che si traducano in atto, ma sa altrettanto bene che non
tanto un problema di volont quanto di mancanza di opportunit. Un ser-
batoio inesauribile, quello alvariano, dal quale attingere storie51 di improvvi-
se e folgoranti vocazioni come quella del minatore che, tornato in patria, si
mette a fare lorologiaio:
Questa sua vocazione, che era il riscatto dellintelligenza sulla vita materiale, lo
fece pallido e affilato. Impar, a furia di sfruconare, come si fa camminare un
orologio. Queste scoperte gli diedero lebbrezza, e si mise in testa di fabbricare un
orologio che addirittura si caricasse ogni ventanni52.
Un altro, in un paese di mille abitanti dove cera appena danaro per le semine, si
mise a fabbricare gazose con una sua macchina infernale, con essenze inventate
da lui, e certi meravigliosi colori. Fall naturalmente, e io lo vidi amaro presso la
sua macchina morta, e accanto la zappa lucente cui aveva dovuto tornare53.
un giorno, stando appostato coi suoi in una strada, vide venire avanti un pacifi-
co prelato con una croce doro sul petto e un anello al dito. Gli parve di ricono-
scerlo. Ma quello proprio uno del suo paese. Il suo paese! Si volse alla sua com-
pagnia che agognava gi quelloro, e disse: Non lo vedete? un miserabile che
io conosco, un millantatore che porta addosso tutta roba falsa, un vero malan-
51
Storie, quelle raccontate in questarticolo, che alimenteranno pi tardi opere quali Gente
in Aspromonte e Lamata alla finestra.
52
C. Alvaro, Giornate dellemigrante, cit.
53
Ibidem.
224 Michelangelo Fino
drino e furfante come noi. Cos lo salv. Con questi suoi sentimenti, neppure
quel mestiere pot durare, e tornato a casa and a raccontare al prete come lave-
va salvato54.
54
Ibidem.
55
Ibidem.
56
Il 29 ottobre del 1949 segna il tragico epilogo delle lotte agrarie scoppiate in tutto il
meridione del periodo postbellico, e iniziate allindomani della ratifica dei Decreti Gullo da
parte del Ministro allAgricoltura Antonio Segni. Quel giorno, tristemente noto come il gior-
no dei fatti di Melissa, la polizia reprime nel sangue la protesta dei contadini.
57
C. Alvaro, Insopportabile vita nel paese natale, La Stampa, 18 novembre 1949.
58
Ibidem.
59
Spesso Alvaro nei suoi articoli individua nellassenza della classe media, del cemento co-
me la definisce, la causa prima del deficit del Mezzogiorno. Cfr. Id., Biografie meridionali, cit.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 225
Quelli che con gli altri meridionali si sparsero nella nostra penisola, furono il
nerbo della burocrazia, della polizia, delle professioni liberali []. Vale a dire
penetrarono nel circolo della nazione, e in quello che ha di pi delicato lo Stato.
E qui torna la frase di Mazzini, che lItalia sar ci che il Mezzogiorno sar. []
Naturalmente, col peggio, cio col pi istintivo e ferino della popolazione meri-
dionale, fugge anche il pi vigoroso, il pi intraprendente, se non il migliore e il
pi intelligente. il fenomeno pi grave della societ calabrese: la mancanza di
convivenza civile. Evade lelemento sociale pi inquieto e audace. Evade lele-
mento intellettuale, quando pu evade lelemento direttivo. Resta la plebe, tra i
fornitori di merci e lusura, fornitori di medicine, di consigli, di processi; insom-
ma, fornitori di dolori e di lacrime60.
Queste, naturalmente, non hanno diritti, cio diritto al lavoro. Vi sono i qua-
rantamila disoccupati della citt. E naturalmente la massa degli immigrati fuori
legge accusata di togliere ad essi il pane. E siamo al noto dramma meridionale
che ha per scena tutte le citt italiane che abbiano una rinomanza di ricchezza e
in cui si pensa che qualche briciola possa cadere sotto la tavola62.
Spesso questi nuovi disperati sono costretti a tornare nel loro paese pi
disperati di prima e soprattutto pi poveri di prima, perch hanno perso
anche la speranza in un futuro migliore. Ecco perch, secondo Alvaro, tutta
la vita nel sud si consuma da decenni nellillusione del divenire63, e porta i
calabresi (emblemi qui del popolo meridionale) a reputarsi esuli di un regi-
me insopportabile64.
Altrove lo scrittore ricorda come larretratezza economica del sud tragga
origine soprattutto dallisolamento, che a un tempo storico, geografico e
culturale. Di qui la suggestiva associazione tra impraticabilit geografica e
impenetrabilit culturale, che sembra rimarcare la convinzione alvariana
secondo cui allorigine di tutti i mali meridionali ci sia una certa fatalit,
60
Id., Insopportabile vita nel paese natale, cit.
61
Ibidem.
62
Id., Tempi crudeli, La Stampa, 2 ottobre 1951.
63
Id., Biografie meridionali, cit.
64
Id., Insopportabile vita nel paese natale, cit.
226 Michelangelo Fino
che la vita delluomo meridionale pare accada in una dimensione al disopra e al di-
fuori dellindividuo e della sua volont, per un capriccio assurdo e inesplicabile.
lo stesso senso dei canti popolari meridionali. Ed il problema meridionale67.
65
Id., La stella del sud, La Stampa, 1 giugno 1952.
66
Ibidem.
67
Id., Biografie meridionali, cit.
68
Id., Gente in Aspromonte, Garzanti, Milano 2000, p. 8.
69
Segni che, per esempio, si notano anche sui volti dei mendicanti meridionali, che vaga-
no per le strade di Roma e che li distinguono da tutti gli altri mendicanti: Ho veduto men-
dicanti dogni specie. Quelli dellItalia meridionale come colpiti da un male mitico, disperati
e con la voce dei castighi di Dio, quelli del nord sagaci e solidi come banchieri, quelli di Parigi
e di Berlino che a capodanno [] suonano violini impetuosi come per una serata donore.
Id., Primavera dei poveri, La Stampa, 24 aprile 1926.
70
V. Consolo, Il sorriso dellignoto marinaio, Mondadori, Milano 2002, p. 14.
71
Cfr. G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 164, 217.
Scrivere per vivere, vivere per scrivere: Corrado Alvaro e il giornalismo 227
da sferzata dal vento gelido della Sicilia pirandelliana72; nel [m]are amaro73
verghiano che inghiotte la Provvidenza.
Un mondo enigmatico che, tuttavia, conserva al suo interno una logica
chiarissima. Ecco perch, ad esempio, lArgir alvariano pu dire: Beati
quelli che stanno nelle citt dove invecchiano tardi, perch hanno tanti pia-
ceri. Hanno le case grandi e comperano quello che vogliono perch guada-
gnano. Ma non hanno le pere da inverno e i pollastri che abbiamo noi74.
C, probabilmente, un solo modo per tentare di capire la vita meridionale,
ed quello di farne parte, di esserne lespressione, lemanazione diretta:
una vita alla quale occorre essere iniziati per capirla, esserci nati per amarla75.
Anche sullaltro grande problema meridionale Alvaro scrive molto: lanal-
fabetismo e il problema dellistruzione. Ed anche di fronte a questo tipo di
questioni, il suo giornalismo passa da articoli-inchiesta di forte denuncia76 a
pezzi giornalistici in cui prevale il gusto per laneddoto. Ne citiamo uno
appartenente a questa seconda tipologia, dove un dettaglio apparentemente
insignificante raggiunge il cuore del problema e illumina la coscienza del let-
tore. Per lo scrittore calabrese la scuola nel sud si risolve, anche o soprattut-
to, in una questione di scarpe. Una questione che, a ben vedere, investe il senso
civico di un Paese intero e costituisce la risposta a tutta una serie di doman-
de; al perch, per esempio, non impariamo come essere onesti, leali, dotati
di civismo, pagare le tasse, occuparci del problema meridionale oppure al
perch non siamo come gli svizzeri o gli svedesi:
Per la stessa ragione per cui i ragazzi di molte scuole meridionali hanno un libro
di testo per ogni gruppo di tre o sei, e scrivono i loro compiti sulle righe, e poi
in croce sulle righe gi scritte. Non possono comprarsi il libro o il quaderno,
come poi non potranno comprarsi la decenza, il civismo, e forse lonest. Io fui
ragazzo in una di coteste scuole: il maestro rimandava indietro gli alunni che non
serano lavati i piedi, scalzi. Non pretendeva che avessero le scarpe per la buona
ragione che non ne avevano. Il rispetto della scuola anche una questione di scar-
pe, come essere buoni svizzeri o svedesi77.
72
Cfr. L. Pirandello, I vecchi e i giovani, Mondadori, Milano 1967, p. 9.
73
G. Verga, I Malavoglia, in I grandi romanzi, pref. di R. Bacchelli, a c. di F. Cecco e C.
Riccardi, I Meridiani, Mondadori, Milano 1997, p. 35.
74
C. Alvaro, Gente in Aspromonte, cit., p. 49.
75
Ivi, p. 9.
76
Si pensi, per citare alcuni esempi tra i tanti, a Inchiesta tra gli analfabeti apparso sulla
Stampa il 28 luglio 1948 o a Chi parte chi resta uscito sul Corriere della Sera il 28 febbraio 1947,
in cui Alvaro auspica una radicale riforma dellistruzione incentivando la diffusione di scuole tec-
niche per arginare il continuo, ingiustificato e dannoso proliferare delle scuole classiche.
77
C. Alvaro, Emblemi, Corriere della Sera, 4 maggio 1954.
228 Michelangelo Fino
come il maestro del sud, continua a lottare affinch tutti gli scolari, oltre ai
piedi puliti, abbiano un paio di scarpe. Lo scrittore calabrese critica aspra-
mente gli abitanti del nord (un nord non soltanto italiano), che non com-
prendono e mai comprenderanno78 che, per quanto scandaloso e inconcepi-
bile, la decenza degli alunni del Meridione passa, ieri come oggi, attraverso
due piedi perfettamente puliti. Questi frettolosi visitatori stranieri nel nostro
Paese, dice Alvaro, non sanno, non vedono, non capiscono e non possono
capire:
E poich il Paese non il loro, dicono che la libert non per noi. Non possono
capire che, a onta di ogni episodio, se v un Paese che ha al sommo delle sue
preoccupazioni la decenza, e sia pure per ragioni di apparenza [] questo il
nostro. E che le sue qualit cattive sono lestrema manifestazione delle sue miglio-
ri tendenze quando non pu manifestarle 79.
78
Pi volte Alvaro prende le difese della sua terra contro i giudizi e i pregiudizi degli stra-
nieri. Cfr., ad esempio, il sopraccitato Giuliano. Ma laspetto pi interessante notare come i
politici italiani siano considerati da Alvaro alla stregua dei frettolosi visitatori stranieri, per-
ch incapaci come questi di comprendere il fenomeno meridionale. Il punto che, almeno, i
cittadini stranieri possono essere assolti per il fatto stesso di vivere in altri Paesi, alibi al quale
i governanti italiani non possono aggrapparsi per quanto, direbbe Alvaro, vivano soltanto
idealmente nella stessa nazione.
79
C. Alvaro, Emblemi, cit.
80
Id., Insopportabile vita nel paese natale, cit.
81
Id., Donne di passo e avventure in un albergo siciliano, cit.
DANIELA CARMOSINO
1
A. Briganti, Riccardo Bacchelli, ed. La Nuova Italia, Firenze 1967, p. 3.
2
G. Pampaloni, Riccardo Bacchelli o degli sposi promessi, Il Ponte, n. 48.
230 Daniela Carmosino
Lesordio sulle pagine dei giornali avviene nel dicembre 1909 in una testa-
ta di tutto rispetto: Il Resto del Carlino, definito dallo stesso Bacchelli il
pi bel giornale dItalia! Aperto a tutti [...]. Ma da un altro punto di vista,
uno zibaldone indigesto e senzordine continuativo!3.
Proprio in quellanno, passando sotto la direzione ufficiale di Pio
Schinetti, ma di fatto diretto da Mario Missiroli, il giornale perdeva il suo
storico indirizzo filo-giolittiano, democratico e popolare per collocarsi in
unarea pi conservatrice ed agraria. Proprio a Missiroli si deve larruolamen-
to di nuove e prestigiose firme, molte quali colte nella nascente area vociana:
Prezzolini, Papini, Amendola e poi Gentile e Croce. E, naturalmente,
Bacchelli, dapprima in veste di critico teatrale e sporadicamente come auto-
re di novelle: era infatti questo un genere che, richiestissimo in quegli anni,
poteva rappresentare per molti autori esordienti una discreta fonte di guada-
gno. Ma la produzione pi interessante quella che Bacchelli stesso avrebbe
poi definito note pi veramente satiriche del costume che non di polemica
politica, esprimenti gli umori di un liberale conservatore4.
Ha inizio nel 1912 la collaborazione al settimanale bolognese Patria,
rinato nellanno precedente dopo essere stato assorbito, alla fine
dellOttocento, proprio dal Resto del Carlino. Nello Quilici, che giusto dal
1912 aveva assunto la direzione del giornale, era anche lui di provenienza
vociana. In un prezioso articolo5 pubblicato proprio in questa sede, Bacchelli
illustrava, con una vis polemica che caratterizzer molti dei suoi interventi, i
due principali problemi che gravavano sulla qualit dei giornali dellepoca: la
mancanza di contributi statali che li costringevano a far ricorso a sovvenzio-
ni da parte di soggetti diversi, talvolta persino ideologicamente contrapposti
e quali conseguenze del primo la scarsa indipendenza di giudizio e la cau-
tela nel muovere critiche. Un quotidiano costa molto spiega Bacchelli un
quotidiano sempre passivo. Da tutto questo risulta che un giornale lega-
to da tutte le parti e non pu prendere posizioni nette [...]. molto pi pro-
ficuo non rispondere agli attacchi, lasciar dire, abolire addirittura ogni discus-
sione. Di qui la vergogna culminante del giornalismo moderno: labolizio-
ne delle polemiche [...] le polemiche serie, in cui si depura e si rafforza lopi-
nione messa alla prova dallopinione contraria. Cos Bacchelli spiega la rina-
scita, in quegli anni, dei settimanali, meno costosi e meno obbligati a rin-
3
R. Bacchelli, La rinascita del settimanale. Patria 27 aprile 1912.
4
Id., La politica di un impolitico (1948). Scrive lautore: raccolgo in questo volume, con
la data e lorigine di ognuno, gli scritti che testimonino la mia partecipazione intellettuale e
direi umana ai fatti politici dal 14 al 45. Non sono scritti politici in senso stretto, ma pi
tosto riflessioni sotto lassillo dei fatti, riepiloghi di ansie []. Se diretta partecipazione ho
avuto alla politica militante essa si riduce ad articoli sulla Voce antigiolittiana e antitripoli-
na e sul settimanale bolognese Patria.
5
Id., La rinascita del settimanale, cit.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 231
6
Ibidem.
7
Si confronti, a questo proposito, la Prefazione dellautore a Il filo meraviglioso di Lodovico
Cl, da cui risulta chiaro il rifiuto di Bacchelli nei confronti della recente industrializzazione
delleditoria e della formazione di un pubblico di massa, cos come la sua costante ricerca di
un rapporto individuale col lettore: non c pubblico ma degli individui; gli uomini diven-
232 Daniela Carmosino
E ancora:
tano pubblico, quando riuniti in una sala o in piazza o sotto il fascino della rclame soggiac-
ciono a certe leggi speciali. Se no: lettori. R. Bacchelli, Prefazione a Il filo meraviglioso di
Lodovico Clo, Garzanti, Milano 1911.
8
F. Gavazzeni, I cinquantanni dei poemi lirici, in Discorrendo di Riccardo Bacchelli,
Ricciardi, Milano Napoli 1966.
9
R. Bacchelli, Giustizia pi giusta, La Voce, a iv, n. 34, 22 agosto 1912, p. 875.
10
Id., Nazionalismo economico, La voce, a. iv, n. 32, 8 agosto 1912, p. 868.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 233
Col suo sorvegliatissimo stile, larticolo in questione offre una non pro-
prio consueta purezza retorica nellaccezione pi piena e alta del termine
di contro a quella che a volte, in quegli anni, pare un innesto, un tentativo
di innesto di sperimentalismo vociano su una base, come sappiamo, classica.
11
Id., Filosofia degli alberi della libert, LAzione, a.1, n. 9, 5 luglio 1914.
12
Id., La politica di un impolitico (1948), cit.
13
Ibidem.
234 Daniela Carmosino
14
C. Stajano, Riccardo Bacchelli ricorda gli anni della Grande Guerra, Corriere della Sera,
7 novembre 1968.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 235
CRITICA AL METODO
Anni fa un poeta davanguardia in una rivista davanguardia elenc nero su nero
molte cose buie e il tutto dipinto colle tenebre. Dimentic per il massimo del-
loscurit, che, come tutti sanno, sarebbe il culo di un moro visto nella camera
oscura.
15
R. Bacchelli, I tempi della censura (1965) in Giorno dopo Giorno, cit.
236 Daniela Carmosino
Leggo con gusto, perch son spiritosi, gli articoli e le note dei non pochi scritto-
ri che, magari in opposizione e contrasto fra loro, formano, si pu dire, una scuo-
la di polemisti politici e moralistici, sveltiti della pratica giornalistica, scaltriti da
quello stile di dire a mezzavoce [...]16.
Mentre scrivevo questa nota, alcuni giorni or sono, ancora non sapevo quel che
lAvanti mi fa sapere, che cio il mio nome serve di paravento e di pretesto intel-
lettuale a non so quale tenebrosa macchinazione politica e plutocratica. Mi affret-
to a giovarmi della notizia per farmi accrescere lo stipendio18.
16
Id., Uso e valor dellironia politica (1952), in Giorno dopo giorno, cit., p 746.
17
Ibidem.
18
Id., Dedicato ai lettori dappendici, Il Resto del Carlino, 2 febbraio 1922.
19
Id., I tempi della censura (1965) in Giorno dopo Giorno, cit.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 237
[...] Ero a quei tempi partecipe e milite dei principali movimenti critici che, spe-
cialmente su fondamento crociano gentiliano, operavano nei primordi di questo
secolo riforme e rinnovazioni che nellambito civile nel pi ampio senso, si pote-
vano chiamare rivoluzionarie. Tale non era e non poteva n doveva essere la
semiufficiosa Nuova Antologia, la rivista di tutto riposo20.
20
Ibidem.
21
Ibidem.
238 Daniela Carmosino
22
Id., BellItalia. Novelle fiabe racconti, Ceschina, Milano 1928.
23
Id., La ruota del tempo. Scritti doccasione, Litaliano, Bologna.
24
Id., Viaggi allestero e Vagabondaggi di fantasia, Mondadori, Milano 1965.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 239
giornalistici che lo consacra alla notoriet. Alle soglie della guerra e duran-
te il conflitto, lo scrittore si propone quasi solo come critico letterario (dedi-
cher molti articoli del Corriere agli amati Leopardi, Manzoni, Baudelaire)
e come scrittore di viaggio in territorio italiano. Da notare come, nel crucia-
le 1945, le meditazione sui tragici avvenimenti di quegli anni saranno affida-
ti ai versi: quelli della raccolta La notte dell8 settembre 1943 25 e, per la rivi-
sta Nuova antologia, quelli della lirica Stella cadente 26.
La scrittura tender ora a farsi pi agile, pi snella, per meglio servire il
ragionamento, che proceder sempre di pi per snodi ravvicinati e soprattut-
to per allocuzioni a quello che ormai un uditorio affezionato. Faccio un
altro esempio concreto e recente. Tiriamo le somme di quel che da parte
avversa fu promesso [...] Tirate le somme [...]27. E altrove: Cercher dunque
di restringermi ad una conclusione, dopo la quale non metter oltre alla
prova la sopportazione dei lettori28.
La sua fama di attento narratore dei costumi della storia, delle bellezze arti-
stiche e paesaggistiche del territorio italiano tale che nel 1946 Lillustrazione
italiana Garzanti lo inserisce nella rosa dei trenta scrittori italiani cui viene
chiesto un contributo in seno a uninchiesta sulla vita italiana contemporanea29,
mentre il Touring Club Italiano gli commissiona lIntroduzione al volume
Emilia Romagna 30. Gli anni Cinquanta e Sessanta vedono infatti Bacchelli assai
impegnato nelle collaborazioni con La Stampa con il Corriere della Sera: si
tratter quasi esclusivamente di rportage di viaggio, in Italia e allestero (Cuba,
Usa, Grecia). Mentre nel decennio Settanta-Ottanta lo scrittore offrir, soprat-
tutto al Corriere della Sera, riflessioni varie sulla cultura, sul costume, sulla
societ e interventi di carattere letterario, ma su Verga, Ariosto, Manzoni piut-
tosto che sui contemporanei. Dagli anni Quaranta il successo ormai raggiun-
to: membro dellAccademia dItalia, dellAccademia Nazionale dei Lincei di
Roma, dellAccademia della Crusca e dellIstituto lombardo di Scienze e
Lettere, riceve la laurea honoris causa dalle Universit di Milano e di Bologna,
citt che negli anni Settanta gli conferir anche lambita onorificenza
dellArchiginnasio doro. Negli ultimi anni della sua vita, conclusasi a Milano
nel 1985, pot goder del vitalizio che prende il suo nome.
Abbiamo osservato come gi sul finire degli anni Trenta Bacchelli giorna-
lista cominciava ad imporsi come autore di pezzi di costume e soprattutto di
rportage. Genere, questultimo, assai frequentato, nel secondo dopoguerra,
25
Id., La notte del8 settembre 43, Garzanti, Milano 1945.
26
Id., Stella cadente, in Nuova Antologia, f.17838, ottobre 1945, p. 125.
27
Id., La storia fatta di dimenticanze?, Corriere della Sera, 8 gennaio 1948.
28
Id., Italia non barbara, Il Mondo, 13 maggio 1950.
29
Bacchelli contribuir con lo scritto Il mare, in Sommario dellItalia contemporanea, a cura
di D. Terra, Garzanti, Milano 1947.
30
Id., Introduzione a LEmila Romagna, ed. Touring Club Italiano, 1950, pp. 5-22.
240 Daniela Carmosino
al pari della polemistica nei primi decenni del Novecento. Se gi negli anni
Venti il diffuso interesse degli intellettuali italiani per il continente america-
no e per lAfrica aveva prodotto i bei rportage di Enrico Rocca, Oreste Villa,
Orio Vergani, Emilio Cecchi e pi tardi le inchieste sul Sud di Giovannino
Russo per Il Mondo di Pannunzio, a partire dagli anni Cinquanta il gene-
re aumenta il suo gradimento presso il pubblico, anche grazie alla diffusione
in versione televisiva, con la cui concorrenza molti settimanali si trovavano
ora a fare i conti.
Ma come interpreta Bacchelli il genere del rportage? Occorrer puntel-
larsi su due elementi teorici, che informano, daltronde, lintera sua produ-
zione: il primo che Bacchelli si pone di fronte alla materia da narrare nel
rportage di fronte ai luoghi ai loro abitanti e alla loro storia con quello che
nella Prefazione a Il filo meraviglioso di Lodovico Cl, chiama stupor: non
uno stupore finto, rappresentato con maestria ingannevole, ma unintima
disposizione allascolto tipicamente vociana, Prezzolini la definiva meravi-
glia che permette di cogliere lanima, lessenza della realt che si ha di fron-
te e che autonomamente si impone alla creazione. Ed a questo punto che
leredit manzoniana agisce sulla poetica vociana: il dato reale, soggettiva-
mente percepito, va subito innestato nella storia, nella memoria, va, insom-
ma individuato attraverso una precisa contestualizzazione, una ricostruzio-
ne storico-sociale, psicologica e ambientale. unindividuazione che d vita
alloggetto rappresentato, permettendogli cos desser trasposto dal piano sto-
rico a quello esistenziale, dal particolare alluniversale, di assurgere, insomma,
a rappresentante di una data condizione umana, perci astorica31, ma solo a
patto che dalla storia, manzonianamente intesa, si parta. Il secondo puntello
teorico dunque la concezione che Bacchelli ha della storia, concezione era-
clitea, che prevede uno scorrere senza telos: lincessante susseguirsi delle vicen-
de umane, il continuo trasformarsi e consumarsi delle cose del mondo non
soggiace ad alcuna legge o finalit. E se anche queste vi fossero, non sarem-
mo comunque in grado di conoscerle. Da tali premesse discende la prospet-
tiva con cui Bacchelli va incontro ai luoghi da raccontare.
Attraverso la lezione manzoniana gi cara a Gadda, che in proprio in
Bacchelli la ritrovava linerte dato storico-geografico torna a vivere grazie a
un processo di immaginazione capace di ricostruire il dato nei suoi dettagli
concreti, di individuarlo figurandoselo vivo nella sua epoca, nel suo conte-
sto storico-sociale, nel clima spirituale:
31
E quanto realizza Dante e non riesce a raggiungere Ariosto: spiega Bacchelli nella
Prefazione al Filo, cit. Dante scrisse per s e per tutti gli uomini, per il suo tempo e per tutti
i tempi, perch fu realista e Virgilio e tutti gli altri sono bene individuati, cio liberi. E anco-
ra, Mario Saccenti in Riccardo Bacchelli, Mursia, Milano 1973, p. 8. Bacchelli cerca di aderi-
re subito alle cose e tuttavia di estrarne [] una loro interna ma identificabile essenza.
Volevo solo parlare esplicito. La scrittura giornalistica di Riccardo Bacchelli 241
mi figuro che le basiliche dei Vescovi sacerdoti e principi dovessero esser chiese,
parlamento, concilio.
mi son provato a immaginarmi il dottore dellImpero, lesule nellultimo rifugio
mi figuro davanti a SantApollinare in Classe la folla di fedeli, di eretici, di mer-
canti, di artigiani, di operai e di dottori, mescolati.
mi par desser stato nelle Istorie del Machiavelli, un soldato di Antonio Giacomi-
ni o di Castruccio Castracani.
Larte realista rende le forze che muovono le cose del mondo, non fotografa delle
superfici isolate [...]. Intendo che ogni parola e ogni atto che lartista nota, signi-
ficano, nellarte realista, la vita sottessi di unanima.
Larte realista rende dei momenti successivi nella vita di un uomo. Il valore di un
momento dipende dal valore dei precedenti e dei seguenti: valore secondo psico-
logia, e non secondo logica, che una fredda esperienza di cose gi avvenute.
Unanima, in arte, il valore di ogni momento rispetto a tutti gli altri32.
32
R. Bacchelli, Idee critiche, in Appendice a A, Briganti, Riccardo Bacchelli, cit. pp. 169-70.
33
R. Bacchelli, Selciati e selcini in Italia per terra e per mare, cit., pp. 28-32. Da ora tutte
le citazioni sono tratte dal medesimo scritto.
242 Daniela Carmosino
sertazioni sulla tipologia delle pietre e sulle cave da cui esse provengono, risale
ai primi lastricatori dellantichissima Italia, gli Etruschi. Immediatamente
Bacchelli allestisce una scenografia quotidiana ben individuata, vivida, detta-
gliata, in cui fa muovere realisticamente gli individui calati nella specificit
del proprio tempo. Ma lindividuazione, come la intende Bacchelli, fa subito
scattare una sorta di processo inverso: un processo di annullamento delle
distanze temporali che porta in luce lessenza di quellimmagine, facendola as-
surgere, da particolare, a universale, in un commosso affratellamento, tutto
leopardiano. Affratellamento entro una condizione umana colta sempre nella
mediocritas della vita quotidiana di gente semplice, manzonianamente umile:
Ho visto in qualche scavo pezzi di lastrico etrusco, lho calcato col piede riverente [...]
le pi umili vestigia meglio mi parlano e mi torcono dolcemente il cuore bizzarro: ar-
redi domestici, arti rozze, sassi accozzati, traccie lievi. Vissero, come io vivo; ecco, son
morti, e un giorno e millanni sono la stessa cosa. I secoli salleviano, come traccia di
favole di cui ricordo soltanto daverle udite un giorno narrare: olim, una volta.
E ancora:
mi parve udir cigolar i mozzi delle carrette, stridere le ruote che incisero con
lungo attrito quel tufo [...] mi figurai che i lavoratori sospendessero il lavoro e fer-
massero le carrette al pianto dei flauti [...] riebbi, per un istante pi rapido della
luce, vivo ed umano nel cuore il pianto dei dolenti antichi.
E mi ritrovo, coi tempi andati, sotto i portici angusti [...] guardo i selcini, quelli
che strappano le inutili rigogliose erbacce che si insinuano tra i ciottoli del lastri-
cato [...] mi vien dunque fatto di raffrontare il mio mestiere col loro e le parole
con ben lustri ciottoli adatti.
1
Sul ruolo di Malaparte nella seconda guerra mondiale come collaboratore del contro-
spionaggio alleato, si veda M. Canali, Curzio Malaparte e i servizi segreti americani, in Nuova
Storia Contemporanea, a. XIII, n. 4, 2009, pp. 13-22; cfr. anche la recensione al saggio di D.
Messina, Curzio Malaparte doppiogiochista per gli americani, in Corriere della Sera, 17 luglio
2009.
2
Tentativi di revisione degli stereotipi critici sullo scrittore svolgono G. Grana, Il cama-
leonte e il sistema letterario italiano, in Malaparte scrittore dEuropa. Atti del convegno (Prato
1987) e altri contributi, coordinazione G. Grana, redazione e cura bibliografica V. Baroncelli,
Comune di Prato-Marzorati Editore, Prato 1991, pp. 31-52; e G. Pardini, Curzio Malaparte.
Biografia politica, Prefazione F. Perfetti, Luni Editrice, Milano-Trento 1998, in part.
lIntroduzione alle pp. 13-22.
3
Gianni Grana parla di polimorfismo o di sperimentalismo neomorfico per la scrit-
tura malapartiana (cfr. Grana, Il camaleonte e il sistema letterario italiano, cit., p. 48).
4
C. Malaparte, Lo scrittore nel mondo moderno, in Id., Battibecco, a cura di E. Falqui,
Vallecchi, Firenze 1967, pp. 219-220.
244 Cristiano Spila
5
Sulla scelta del reportage come genere o supergenere praticato da Malaparte durante la
sua carriera, si vedano le riflessioni di R. Barilli, Viva Caporetto! come opera archetipa, in Curzio
Malaparte. La rivolta del santo maledetto, a cura di C. Di Biase, CUEN, Napoli 1999, pp. 19-
39. Osservatore attento e inevitabilmente crudo della realt della guerra, Malaparte si serve,
nella sua attivit di reporter, anche dellapparecchio fotografico: un uso documentario a mo
di appunti per la memoria della macchina fotografica, dice M. Isnenghi, I due occhi di
Malaparte giornalista e fotografo, in Da Malaparte a Malaparte. Malaparte fotografo. Catalogo
della Mostra (Prato, 31 ottobre-13 dicembre 1987), a cura di S. Luisini, Comune di
Prato/Regione Toscana, Prato 1987, pp. 3-6.
6
Un interesse metodologico, applicabile a Malaparte operatore culturale, con alterne for-
tune, nei quadri della intellighenzia fascista, riveste il volume di M. Isnenghi, Intellettuali
militanti e intellettuali funzionari, Einaudi, Torino 1979, in part. pp. 228-230. In evidenza
poi il ruolo degli intellettuali militanti o funzionari dellinformazione, operanti allinterno del
fascismo sulla stampa; che lo studioso riconosce come modalit molto simili della stampa poli-
tico-economica in generale.
7
Il giornalismo per Hemingway un mezzo di conquista, di forte passione che, con ine-
sausto spirito combattivo, spinge lo scrittore verso alte mete. Lo stile giornalistico
hemingwaiano cercava soprattutto di evidenziare il dettaglio sensoriale, le sensazioni fisiche e
le percezioni dei sensi, presentandole entro la struttura drammatica della prosa, capace in que-
sto modo di trasportare il racconto in una dimensione emotiva, e non solo descrittivo-info-
mativa. Cfr. By-Line: dal nostro inviato Ernest Hemingway, Traduzioni di E. Capriolo e G.
Monicelli, Introduzione di W. White, Mondadori, Milano 1967, in cui si legge una scelta della
sua produzione giornalistica. Sul giornalismo di Hemingway, vedi le pagine di E. Rovit,
Hemingway, La Nuova Italia, Firenze 1972, pp. 31-45.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 245
8
In questo elenco da porre anche il Diario di uno straniero a Parigi, edito postumo da
Enrico Falqui (Firenze, Vallecchi) nel 1966, ma scritto tra il 1947 e il 48, quando, dopo quat-
tordici anni di assenza (di esilio), Malaparte era tornato nella capitale francese.
9
Per quanto si riscontri una tangenza di linee tematiche e unidea di impegno morale
tipici del gusto letterario di quegli anni, Malaparte si situa piuttosto nellarea critica del neo-
realismo: il suo impegno rivolto semmai alla costruzione di una prosa classica, suggestiva e
incisiva, da scrittore e storico, basata sulla testimonianza diretta. Per la questione dei rapporti
tra Malaparte e il neorealismo si vedano le riflessioni di L. Martellini, Malaparte narratore, in
Id., Nel labirinto delle scritture, Salerno Editrice, Roma 1996, pp. 113-169.
246 Cristiano Spila
10
Una rassegna delle traduzioni di testi malapartiani si legge in Il Boulevard delle diversit.
Da Parigi a Pechino, uno scrittore intorno al mondo. Catalogo della mostra a cura di M. Grassi e
F. Goti, Biblioteca comunale Alessandro Lazzerini/Comune di Prato, Prato 2007; ma si veda
anche la Bibliografia, in C. Malaparte, Opere scelte, a cura di L. Martellini, con una testimonian-
za di G. Vigorelli, Mondadori, Milano 1997 (I Meridiani), pp. 1573-1601 [dora in poi OS].
11
La preistoria dellattivit giornalistica di Malaparte ripercorribile a partire dalla prati-
ca del genere elzeviristico, con alcune deviazioni (verso lo strapaesano Il Selvaggio di Mino
Maccari, con alcuni articoli, fino a LItaliano di Leo Longanesi con scelte di tipo intellet-
tualistico e qualitativamente raffinato). Sulla produzione letteraria del primo Malaparte e la
questione dei modelli letterari, cfr. Martellini, Malaparte narratore, cit.; mentre Falqui pone la
produzione degli anni trenta di Malaparte nel genere della prosa darte (E. Falqui, Capitoli per
una storia della nostra prosa darte, Panorama, Milano-Roma 1938).
12
Malaparte venne licenziato da La Stampa per un litigio con lamministratore delega-
to Giuseppe Colli. Ricostruisce la vicenda G.B. Guerri, Larcitaliano, vita di Curzio Malaparte,
Bompiani, Milano 1980, pp. 125-131.
13
Per la pubblicazione in Italia fu necessario attendere la fine della guerra: ledizione ita-
liana, con il titolo Tecnica del colpo di Stato, uscir infatti solo nel 1948, a Milano per
Bompiani. Sulle vicende connesse alla stesura e pubblicazione del libro, cfr. L. Martellini,
Introduzione alledizione Oscar di C. Malaparte, Tecnica del colpo di Stato, a cura di L.
Martellini, Mondadori, Milano 1983, pp. 5-21. Cfr. anche Pardini, Curzio Malaparte.
Biografia politica, cit., pp. 235-245.
14
Per il giornale milanese Malaparte scrive un complesso di oltre duecento tra articoli e
corrispondenze. Vedi in Corriere della Sera. 1876/1986. Dieci anni e un secolo, il fascicolo dedi-
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 247
flitto mondiale sempre per il Corriere (fino al luglio 1943) e per Tempo.
Una naturale risoluzione tecnica dal brillante saggismo politico-letterario al
reportage di tipo autobiografico15.
La seconda guerra mondiale segna, dunque, una svolta nella scrittura di
Malaparte16. Nei suoi scritti dal fronte, egli pratica uno stile pi letterario che
giornalistico, in cui dominano lattenzione alle scelte espressive, una visione
lirica delle cose e una struttura testuale non propriamente cronachistica. Nei
suoi reports manca una tematica lineare e una ricostruzione cronologica,
quindi manca a guardar bene una base di realismo; mentre domina il filo-
ne introspettivo, che problematizza la realt sotto laspetto psicologico e per-
cettivo. Nellidea malapartiana di reportage, il sangue, la paura, lorrore, la
sofferenza, e altri sentimenti congiunti sono molto pi significativi da rac-
contare piuttosto che la cronaca e la mera registrazione dei fatti. Esistono,
insomma, per dirla pascalianamente, le ragioni del cuore: prima dei fatti
storici esiste la realt interiore, lindividualit e la piet umana. Malaparte
racconta cos il disfacimento corporale, la morte del cuore umano, la lacera-
zione fisica dellio, lo choc mentale in una sorta di interrogazione costante dei
reconditi avvenimenti interiori.
Piuttosto che il referto cronachistico delle azioni di guerra e degli eventi
militari, Malaparte preferisce raccontarne le conseguenze psicologiche: il
trauma, lorrore, la fisicit degli scontri e la sua dimensione introiettiva.
Eppure egli, come un buon reporter, attinge alla realt, raccoglie dati nati da
circostanze quotidiane e dagli avvenimenti: un materiale fattuale che lui tra-
sforma in un surplus espressivo. Il suo reportage di guerra si sviluppa come
un ibrido tra documento e romanzo, nel senso che adatta certi moventi gior-
nalistici al romanzo e viceversa17. In una societ che richiede informazioni e
scandalo, il reportage malapartiano una sorta di archivio della violenza e
degli scandali della guerra, una mostra delle atrocit esposte con pathos ed
enfasi, con metaforismo e valenze oniriche18.
cato a Malaparte e il Corriere, supplemento al Corriere della Sera del 29 novembre 1986,
pp. 3-66.
15
Lelenco ragionato della sua produzione giornalistica in C. Santi, Articoli e altri scritti
in giornali e riviste, in Malaparte scrittore dEuropa, cit., pp. 301-343.
16
A conflitto iniziato, viene richiamato nel 5 Reggimento Alpini come ufficiale di com-
plemento e inviato sul fronte francese nel giugno del 1940, ma dopo poco tempo assume lim-
piego presso lufficio stampa dello Stato Maggiore, avendo modo di svolgere pure lattivit di
corrispondente di guerra da vari fronti per Tempo e soprattutto per Il Corriere della Sera.
Cfr. Guerri, Larcitaliano, vita di Curzio Malaparte, cit., pp. 188-203.
17
Di natura piuttosto diseguale, il reportage diventa un vero genere letterario capace di
fondere insieme poesia e consumo e di sopportare le deformazioni, gli innesti, le etichette di
generi dentro altri generi. Sulla storia del reportage come genere giornalistico-letterario, cfr. E.
Falqui, Giornalismo e letteratura, Mursia, Milano 1969, in part. pp. 125-129.
18
Unanalisi della prosa di guerra di Malaparte in L. Martellini, Comete di ghiaccio, ESI,
Napoli 2003, in part. pp. 11-29.
248 Cristiano Spila
19
Il riferimento alla lirica di C. Baudelaire, Horreur sympatique, LXXXII dei Fiori del
male.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 249
20
Sulla volont di rinnovamento ideologico-letterario di Malaparte, si veda anche il fasci-
colo di Prospettive, IV, n. 6-7, 1940, intitolato Cadaveri squisiti, in cui lo scrittore collega le
problematiche di natura stilistica alla dimensione etica. Cfr. L. Martellini, Impegno e disimpe-
gno, in Id., Invito alla lettura di Malaparte, Mursia, Milano 1977, pp. 122-127.
21
C. Malaparte, Lana caprina, in Prospettive, IV, n. 5, 15 maggio 1940, pp. 3-4.
250 Cristiano Spila
listica che, pure nella presa diretta sulle cose, tende a comporsi nello spazio
della memoria letteraria.
Io penso alla ritirata delle truppe sovietiche, a quella loro triste, solitaria, disperata
lotta. Non la classica ritirata russa, quella di Guerra e pace, la ritirata nel bagliore
degli incendi, sulle vie ingombre di fuggiaschi, di feriti, di armi abbandonate. ,
questa, una ritirata che lascia nellaria la fredda, vuota, deserta atmosfera dei corti-
li delle fabbriche dopo uno sciopero fallito. Qualche arma per terra, qualche indu-
mento, qualche carcassa di macchine. Un enorme sciopero fallito22.
I soldati, seduti sulle panche messe di traverso sugli autocarri scoperti, appariva-
no bianchi di polvere. [...] Sotto la maschera di polvere, i visi si indovinavano
anneriti dal sole, bruciati dal vento greco. I soldati stavano seduti sulle panche
con una strana rigidezza, avevano laspetto di statue. Sembravano di marmo,
tanto eran bianchi di polvere24.
Pi avanti:
22
C. Malaparte, Oltre il Prut, in Id., Il Volga nasce in Europa e altri scritti di guerra, a cura
di E. Falqui, Vallecchi, Firenze 1965, p. 44.
23
Cfr. O. Bergamini, Specchi di guerra. Giornalismo e conflitti armati da Napoleone a oggi,
Laterza, Roma-Bari 2009, che riporta a pp. 113-114, il giudizio di Philipp Knightley (The
First Casuality, 2004), secondo cui Malaparte avrebbe prodotto nel 1941 il miglior giornali-
smo di guerra in circolazione. Cfr. anche pp. 101-103.
24
C. Malaparte, La guerra rossa, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit., p. 24.
25
C. Malaparte, Operai soldati, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit., p. 29.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 251
Stanno seduti sui parafanghi delle macchine, sulla schiena dei carri armati, le
gambe penzoloni dentro le botole, e mangiano. In queste colonne non c lora
del rancio. Si mangia quando si pu. Ciascun soldato si porta con s il suo pane
scuro, la sua marmellata, il suo termos di t. Ogni tanto, anche durante il com-
battimento, il soldato toglie da qualche sua bisaccia una fetta di pane, la spalma
di marmellata, se la porta alla bocca con una mano (e con laltra stringe il volan-
te, o il calcio della mitragliatrice)26.
26
C. Malaparte, Guardateli bene in viso, questi morti, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit.,
p. 65.
27
Cfr. C. Malaparte, Tecnica e morale operaia, in Id., Il Volga nasce in Europa, cit., p. 45.
28
Laggettivo , ovviamente, autorizzato dalluso che ne fa lo stesso Malaparte in due suoi
celebri libri: La rivolta dei santi maledetti (1921) e Maledetti toscani (1956).
252 Cristiano Spila
Per lui si tratta di mettersi nella storia, dentro la storia, in modo da inte-
grare una vicenda privata in una svolta epocale, cos che la vita stessa acqui-
sti un significato, una fondatezza. La sola forma di partecipazione alla storia
lesserne dentro; e la sola forma di etica il non lasciarsi travolgere da essa.
Il cosiddetto moralismo, di cui lo scrittore stato spesso accusato, perci
un tentativo di assolvere alla funzione di intellettuale rappresentandosi come
chi parli per voce altrui, come chi si relazioni con altri destini. Il nodo strin-
gente sta nella maniera di rappresentare gli eventi bellici con il gusto delli-
perbole, dellenfasi, del paradossale topos del mondo alla rovescia.
Lespressione culminante di questa idea della guerra come iperbolica e
macabra esperienza umana Kaputt, reportage o romanzo-saggio, anti-ro-
manzo, romanzo-collage29.
Nel libro, composto da corrispondenze di guerra30, risalta la singolarit
del ruolo testimoniale dello scrittore, la cui presenza al tavolo dei potenti
della terra una attestazione lucida e ironica al tempo stesso, topos letterario
di lunga tradizione. Esaltando la sua figura di osservatore super partes degli
eventi bellici, Malaparte racconta il mondo della diplomazia e della politica
con intelligenza critica e smagata ironia. Si pensi al ritratto del crudele
Dietrich:
gli avevo raccontato dei prigionieri sovietici che mangiavano i cadaveri dei loro
compagni, nel campo di Smolensk. Dietrich si era messo a ridere. Avevo incon-
trato lObergruppenfhrer Dietrich, il sanguinoso Dietrich, comandante della
guardia personale di Hitler, nella villa dellAmbasciata dItalia, sulle rive del
Wannsee, presso Berlino; ed ero stato certamente attratto dal suo viso pallido, dai
suoi occhi incredibilmente freddi, dalle sue orecchie enormi, dalla sua piccola
bocca di pesce. Dietrich si era messo a ridere: Haben sie ihnnen geschmekt? li
mangiavano di gusto? E rideva spalancando la piccola bocca di pesce dal pala-
to roseo, mostrando i denti di pesce fitti e aguzzi31.
29
La definizione di G. Grana, Malaparte, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 78. Vedi
anche pp. 70-103 per unanalisi del testo, che sottolinea la grande energia figurativa con richia-
mi a modelli pittorici europei.
30
In Kaputt confluiscono materiali scritti in precedenza, articoli usciti sul Corriere della
Sera. Sulla genesi e rielaborazione (e collocazione in volume) delle corrispondenze dal fronte,
si veda G. Pinotti, Nota al testo, nella nuova edizione di C. Malaparte, Kaputt, a cura di G.
Pinotti, Adelphi, Milano 2009, pp. 447-476.
31
C. Malaparte, Kaputt, in OS, pp. 445-446.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 253
morte. Nel delirio della guerra, savanza lo spettro marcescente del Patria-
cavallo:
Dal fondo del paesaggio ucraino bruciato e distrutto, emerge il sogno del
cadavere putrescente di un cavallo sporco di sangue; unimmagine apparen-
temente irrelata di distruzione e morte che costituisce la metafora dello sfa-
celo dEuropa, della patria umanistica:
32
Ivi, p. 468.
33
Ivi, p. 499. La figura del crollo, cui rinvia il termine Kaputt, pu essere intesa alme-
no in due direzioni. Il crollo fisico, di distruzione terrena, materiale, storica, che scorge o dise-
gna un presente marcio e disumano; oppure quello morale, etico-giuridico, in cui la materia
del diritto, della convivenza sociale, della pietas hanno perso la loro altera compostezza, lace-
rata dal dolore e dallo sbigottimento, proiettando lEuropa (e lItalia) verso una fine certa e un
futuro pieno di angoscia e di alienazione.
254 Cristiano Spila
I morti giacevano abbandonati sulla neve [...]. Avevano la barba sporca di nevi-
schio e di fango. Alcuni avevano gli occhi spalancati, ci seguivano a lungo con lo
sguardo bianco, guardavan la folla passare. Erano rigidi e duri, parevano statue di
legno. Simili ai morti ebrei di Chagall. Le barbe sembravano azzurre negli scarni
visi illividiti dal gelo e dalla morte. Di un azzurro cos puro, che ricordava quel-
lo di certe alghe marine34.
La guerra non mangia i cadaveri, divora soltanto i soldati vivi. Mangia le gambe,
le braccia, gli occhi dei soldati vivi, quasi sempre mentre dormono, come fanno
i topi. Ma gli uomini son pi civili: non mangiano mai gli uomini vivi.
Preferiscono, chi sa perch, mangiare i cadaveri36.
34
C. Malaparte, Kaputt, in OS, p. 540.
35
Ivi, pp. 514-515.
36
Ivi, p. 753.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 255
37
Ivi, p. 755.
256 Cristiano Spila
Sulle panche disposte luna sullaltra, a gradini, lungo la parete della sauna, stan-
no seduti, o distesi, una decina duomini nudi. Cos bianchi, molli, flosci, iner-
mi. Cos straordinariamente nudi, che par non abbiano pelle. Hanno la carne
simile alla polpa dei crostacei: pallida, rosea, e manda un odore acidulo di cro-
staceo. Il petto hanno ampio, grasso, le mammelle gonfie e cascanti. Il viso seve-
ro e duro, quel viso tedesco, fa un singolare contrasto con quelle nude membra
bianche e flosce, ha quasi il valore di una maschera. Quegli uomini nudi siedono
o giacciono sulle panche come cadaveri stanchi. [...] I tedeschi nudi sono mera-
vigliosamente inermi. Sono senza segreto. Non fanno pi paura. Il segreto della
loro forza non nella pelle, nelle loro ossa, nel loro sangue, ma nella loro unifor-
me. Sono talmente nudi, che non si sentono vestiti se non in uniforme. La loro
vera pelle luniforme38.
38
Ivi, p. 854.
39
Il romanzo-reportage venne pubblicato, con il titolo La peu, nel 1949, a Parigi, da Denel,
poi nel 1950 a Milano da Aria dItalia, una casa editrice creata da Malaparte per loccasione, per-
ch nessun editore in Italia voleva pubblicare questo libro apocalittico e disilluso che disgregava
limmagine retorica delleroismo e rappresentava scandali e amoralit dei vincitori.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 257
E ora tutti guardavano allibiti, muti per la sorpresa e per lorrore, quella povera
bambina morta, distesa a occhi aperti nel vassoio dargento, su un letto di verdi
foglie di lattuga, in mezzo a una ghirlanda di rosei rami di corallo. [...] Io guar-
davo quella povera bambina bollita, e tremavo di piet e di orgoglio dentro di me.
Meraviglioso paese, lItalia! pensavo. Quale altro popolo al mondo si pu per-
40
C. Malaparte, La pelle, in OS, pp. 1196-1197.
258 Cristiano Spila
A Jampol, sul Dniester, in Ukraina, nel luglio del 1941, mera accaduto di vede-
re nella polvere della strada, proprio in mezzo al villaggio, un tappeto di pelle
umana. Era un uomo schiacciato dai cingoli di un carro armato. Il viso aveva
preso una forma quadrata, il petto e il ventre serano allargati e messi di traverso,
in forma di losanga: le gambe divaricate, e le braccia un po discoste dal tronco,
eran simili ai calzoni e alle maniche di un vestito appena stirato, disteso sulla
tavola da stiro. Era un uomo morto, qualcosa di pi, o dimeno, di un cane o di
41
Ivi, p. 1203.
Il reportage di guerra di Curzio Malaparte 259
un gatto morto. Non saprei dire, ora, che cosa ci fosse, in quelluomo morto, di
pi o di meno di quel che non ci sia in un cane o in un gatto morto. Ma allora,
quella sera, nel momento in cui lo vidi stampato nella polvere della strada, in
mezzo al villaggio di Jampol, avrei forse potuto dire che cosa cera in lui di pi o
di meno che in un cane o in un gatto morto42.
In mezzo alla strada, l, davanti a me, giaceva luomo schiacciato dai cingoli di un
carro armato. Vennero alcuni ebrei, e si misero a scrostare dalla polvere quel pro-
filo duomo morto. Adagio adagio sollevarono con la punta delle vanghe i lembi
di quel disegno, come si sollevano i lembi di un tappeto. Era un tappeto di pelle
umana, e la trama era una sottile armatura ossea, una ragnatela dossa schiaccia-
te. Pareva un vestito inamidato, una pelle duomo inamidata. La scena era atro-
ce e insieme leggera, delicata, remota. Gli ebrei parlavano tra loro, e le voci suo-
navano distanti, dolci, smorzate. Quando il tappeto di pelle umana fu del tutto
staccato dalla polvere della strada, uno di quegli ebrei lo infil dalla parte della
testa sulla punta della vanga, e con quella bandiera si mosse43.
La macabra poeticit del racconto si trasferisce agli oggetti rimasti sul ter-
reno: la pelle umana come una bandiera, oggetto forse realmente visto, ma
anche un simbolo surreale di rivendicazione; sono questi gli elementi che
innescano unincessante e delirante catena della memoria, incastrata tra lin-
comprensione e la pazzia. Insieme, prende corpo una tecnica narrativo-gior-
nalistica che presenta cadenze e tagli di tipo cinematografico. Si tratta di un
narrare per immagini e raccontare per sequenze, alla maniera di Hemingway.
Dietro lalfiere veniva, con le vanghe in spalla, il corteo dei becchini, chiusi nei
loro kaftani neri. E il vento faceva sventolar la bandiera, muoveva i capelli impia-
stricciati di polvere e di sangue, irti sulla larga fronte quadrata come la dura cri-
niera di un santo in unicona. Andiamo a veder seppellire la nostra bandiera
dissi a Pellegrini.
Landavano a seppellire nella fossa comune scavata allingresso del villaggio, verso
la riva del Dniester. Landavano a buttare nellimmondezzaio della fossa comune
gi colma di cadaveri bruciacchiati, di carogne di cavallo lorde di sangue e di
fango. [...] E unitici al corteo dei becchini, ci avviammo dietro la bandiera. Era
una bandiera di pelle umana, la bandiera della nostra patria, era la nostra stessa
patria. E cos andammo a veder buttare la bandiera della nostra patria, la ban-
42
Ivi, pp. 1282-1283.
43
Ivi, p. 1283.
260 Cristiano Spila
diera della patria di tutti i popoli, di tutti gli uomini, nellimmondezzaio della
fossa comune44.
44
Ivi, pp. 1284-1286.
SILVANA CIRILLO
1
Da Arcipelago Buzzati. Il tempo dellattesa, il viaggio dela scrittura, Radio Rai, puntata III:
Langelo della nera: fra giornalismo e letteratura, con Silvana Cirillo e Alfredo Pigna, 13 set-
tembre 2006.
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 263
nianza della sua passione per le forme tutte dellarte. Non amava sentirsi chiama-
re critico darte, Buzzati, non aveva compiuto studi adeguati sosteneva era
semplicemente uno scrittore che capiva larte moderna e si sentiva vicino
a tutti quei colleghi che, su quotidiani e settimanali, si mettono al servizio del pub-
blico In Italia, specialmente, la critica darte ha raggiunto vertici di ermetismo quali
non si riscontrano in nessuna parte del mondo. Da noi chi oscuro autorevole, chi
incomprensibile intelligente. Ora io sono convinto che chi sa scrivere e ha le idee
chiare scrive in modo chiaro e cose chiare: non ci sono eccezioni.
Non fidatevi. Non giudicate il dittatore dindustria dal suo spettacolo, quando
esce vittorioso dal consiglio damministrazione o accompagna la figlia allalta-
re per le nozze col giovane Lord Stravolgi.
Dovreste vederlo a tarda sera, quando per pochi minuti, sottratti al vortice degli
impegni, riesce a rimanere solo. Allora egli si guarda attorno e spalanca la bocca
in un urlo estremo, che nessuno tuttavia potr sentire, perch egli in quellattimo
svuotato e dalla bocca non esce che un gemito opaco di agonia.
Una specie di demonio si aggira dunque per la citt, invisibile e sta forse prepa-
randosi per nuovo sangue. Laltra sera, noi eravamo a tavola per il pranzo, quan-
do poche case pi in l, una donna ancora giovane massacrava con una spranga
di ferro la rivale e i suoi tre figlioletti. Non si ud un grido. Negli appartamenti
vicini continuavano tra tintinnio di posate e stanchi dialoghi i pranzi familiari
come nulla fosse successo. Invece l, tutto era silenzioso e immobile, orribil-
mente fermi come pietre i quattro corpi di cui il pi piccolo seduto sul seggio-
lone con la testa piegata da una parte come per un sonno improvviso. fermo
ormai anche il sangue i cui rigagnoli simili a polipi immondi lucevano sempre
meno ai riflessi della lampadina di venticinque candele facendosi sempre pi
neri.
Siamo nel 1946, ancora non c la televisione e quindi tutto quello che il
cronista riesce a ricreare, cogliendone i particolari e restituendo latmosfera
terrificante di stupore attorno, per proiettarci dentro il lettore stesso. E per-
ch creda di vedere con i suoi stessi occhi la scena raccapricciante che lui gli
sta raccontando. Buzzati aveva una predisposizione naturale, aveva il colpo
docchio per la nera, come mi raccontava sempre il suo nume tutelare,
Gaetano Afeltra, e sapeva calare sensorialmente il lettore allinterno del fatto
che narrava. Lui arriva sul luogo del delitto prima della polizia, dunque,
quando la scena si presenta ancor pi drammatica e choccante, scrive il pezzo
qualche giorno dopo il fatto, quando gi Rina Fort accusata dellomicidio;
il processo arriver poi, nel 1950, e anche quello sar seguito da Buzzati attra-
verso altre pagine esemplari, che resteranno a segnare la storia del giornali-
smo italiano. Daltra parte nel 1946, dopo un anno quindi dalla fine della
guerra, esaurite le censure del ventennio fascista, la nera aveva fatto un rien-
tro trionfante sulla stampa, affascinando il pubblico esattamente come lo
affascinava il Giro dItalia e dividendo lItalia focosamente di volta in volta in
innocentisti e colpevolisti.
Il connubio tra arte e scrittura Buzzati, come sappiamo, lo avrebbe cele-
brato per tutta la vita; lo stesso accadde pure per giornalismo e letteratura.
Chi conosce Dino Buzzati si chiesto almeno una volta se viene prima
Buzzati giornalista o prima Buzzati scrittore. La risposta scontata: se vero
che Buzzati esordisce come giornalista, vero anche che le due attivit, in lui,
sono complementari e interagiscono costantemente. Cos se lo scrittore attin-
ge alle storie che la Storia (e cio la vita e la cronaca) gli pone sotto gli occhi,
daltro canto il giornalista trasforma la cronaca nera, il reportage di guerra,
i fatti pi comuni della quotidianit in avvincenti racconti fantasiosi. Lo scat-
to verso il magico, la sua fantasiosit cos familiare nella narrativa che ci pro-
pone, lassurdo che alberga subdolo nel pi trito quotidiano si presentano, sia
nella prosa narrativa che in quella giornalistica, come una naturale conse-
guenza del reale stesso e nato da una medesima radice: Io raccontando una
cosa di carattere fantastico, devo cercare al massimo di renderla plausibile ed
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 265
2
Da Intervista-Autoritratto con Yves Panafieu, 1968.
3
Natura crudele, Corriere della Sera, 10 ottobre 1963.
266 Silvana Cirillo
4
Dino Buzzati al giro dItalia, Mondadori, Milano 1981, pp. 35-37.
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 267
5
Cfr. Marie-Helne Caspar, LAfrica di Buzzati, Nanterre, Universit Paris X, 1997.
268 Silvana Cirillo
si delle ore; dallaltra, secondo quanto egli stesso sosteneva, la vita di reda-
zione al Corriere, di cui allegoria la vicenda di Drogo nella Fortezza:
Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti [al Corriere della sera] ed era un lavo-
ro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni, e io mi chie-
devo se sarebbe andata sempre cos, se le speranze, i sogni inevitabili quando si gio-
vane, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o
no, e intorno a me vedevo uomini [] i quali andavano trasportati dallo stesso lento
fiume e mi chiedevo se anchio un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizio-
ni dei colleghi dai capelli bianchi gi alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non
avrebbero lasciato dietro di s che un pallido ricordo destinato a svanire6.
Naturalmente il peso del Deserto dei tartari non tanto, come molti
hanno visto, nella rappresentazione della noia e della attesa tipici della reda-
zione del giornale, a dispetto dei ritmi serrati di certi momenti, o nella spe-
ranza dellevento e della gloria, quanto (l c molto di pi, dunque!) nellin-
terrogazione sul senso dellesistenza (di cui il giornale una tranche e un
micro-modello), che intraprende la letteratura europea del Novecento: non
pi letteratura delle certezze, ma letteratura delle domande, del dubbio, let-
teratura di chi ha perso la fede e non riesce a sostituirla n a trovare nuovi
miti. Buzzati stesso ha un rimpianto forte per un Dio a cui non riesce a cre-
dere mentre ha perso fedi, miti e illusioni; perfino la morte eroica di Angu-
stina sulla cima del monte suoner inutile e aprir tutto il contenzioso del
rapporto del soggetto con se stesso e con il senso della vita, con la storia, con
la realt, con il contemporaneo. Se dovessimo cercare una consonanza lette-
raria, ancor pi che non con lassurdo esistenziale kafkiano, la troveremmo
senzaltro con lattesa apocalittica e drammaturgica beckettiane.
Lastrattezza geografica, storica e cronologica entro cui si svolgono i fatti
proietta in una dechirichiana dimensione metafisica: Drogo, partendo per la
Fortezza, si dirige verso un generico Nord, verso una terra senza alcuna pre-
cisa collocazione geografica che non sia quella del deserto.
Si sottrae alla madre e agli affetti per lungo tempo, e, sopraffatto dalle
cicliche incombenze della vita e dallabitudine a vivere, non si accorge, se
non in particolari momenti di coscienza, dello scorrere lineare del tempo
che porta dritti alla morte, solo grande evento a cui parteciper da prota-
gonista. La metafisica attesa-ricerca dellevento-Avvento dei Tartari si riveler
fallace e vana quanto linsensato trascinarsi delle singole esistenze nella
Fortezza Bastiani, sorretto solo dalla speranza in un eroico riscatto bellico, ma
unattesa dir Buzzati stesso che non ha timori o dubbi e che rappre-
senta forse lunica forma di felicit concessa agli uomini.
6
Cfr. intervista ad Alberico Sala, prefaz. a D. Buzzati, Il deserto deiTartari, Mondadori,
Milano 1966.
Dino Buzzati: un grande giornalista a servizio del lettore 269
Nel frattempo arriva la guerra, Buzzati imbarcato per conto del Corrie-
re sullincrociatore Fiume come corrispondente di guerra (1940-43).
Chiuso in quellincredibile osservatorio parteciper alle pi importanti batta-
glie del Mediterraneo, da Capo Teulada e Matapan al Golfo della Sirte, scen-
der in paesini e porti, scriver articoli (pubblicati e non) per il Corriere
della sera e il Corriere dellinformazione e questi confluiranno, insieme ad
altri successivi, nel volume Il buttafuoco. Non il deserto, ma il mare ora il
protagonista, convulso e imprevedibile, assieme a tanti anonimi personaggi
della marina militare e a Buzzati stesso che riflette sul mestiere difficile del
giornalista, ancora una volta soggetto ad obblighi e censure. Ma quando sale
a bordo dellincrociatore ed assiste a piccoli tragici momenti quotidiani o bel-
lici e al dolore inconsolabile della morte, indifferente alla et dei giovani che
si porta via o allo stupore inebetito con cui, sorda, stramazza chi resta e alle
tante anonime madri svuotate, allora la sua drammaticit profonda viene
fuori tutta intera e solenne e Buzzati d voce a uomini figli madri ufficiali ser-
genti marinai mogli ansie addii sogni morti agguati battiti mancamenti. Il
pubblico pensa al comandante che tiene la sorte della nave, a chi regge il
timone, per Buzzati invece altri sono gli eroi. E tronfa la paura della guerra.
E il mare amico e nemico, su cui il giornalista scrittore esercita la sua fanta-
sia e il suo pensiero esistenzialista. Oggi, finalmente riscattato Buzzati dalli-
poteca della mancanza di impegno politico e ideologismo esplicitati, che
deriva dallequazione rigida e obsoleta qualit=ideologia, i testi di Buzzati
ritornano alla ribalta: sia i racconti, di forte impronta surreale, sia gli artico-
li, specie del Buzzati post-bellico, il Buzzati che osserva con grande ironia
societ e costumi della Milano bene, nevrotica e ossessionata da rumori, mac-
chine, pericolo rosso e invasione di Mozi. La babelica e labirintica Milano,
quale appare anche nei racconti e in Un amore, il luogo dellabitudine, del
tempo che si ripete sempre uguale, dei conformismi, dei rituali borghesi. il
luogo dellodio che si scatena tra automobilisti, dellinquinamento che allon-
tana dalla natura, della ripetitivit e rapidit dei movimenti negli spazi ristret-
ti, senza orizzonti da scorgere per chi sogna che accada qualcosa, un evento,
che, come tutte le deviazioni o deformazioni del reale, lo possa proiettare in
una dimensione pi vera e accettabile.
Ancora in qualit di inviato troviamo Buzzati ai confini del mondo: in
Giappone andr nel 1963 per seguire i preparativi in vista delle Olimpiadi del
1964 e invier quindici articoli, di cui tre inseriti nelle Cronache terrestri. Qui
non perder occasione per sondare aspetti architettonici, urbanistici, econo-
mici e utilitaristici, ma anche per restituire una spregiudicata immagine
sociale, dedotta da interviste e contatti assidui e diretti con organizzatori,
sportivi, artisti, donne, geishe, perfino chiromanti, girando i quartieri ricchi,
quelli popolari, i poveri, i mondani, i malfamati, le gallerie darte, i teatri i
calamitanti pachinko, sottolineando il rilancio del senso di appartenenza e
orgoglio nazionale che le olimpiadi suscitavano, raccontando con allegria e
270 Silvana Cirillo
7
False leggende di Tokyo, Corriere della Sera,15 novembre 1963.
8
Il Papa sulla via di Cristo, Corriere della Sera, 5 gennaio 1965.
SIRIANA SGAVICCHIA
1
A. M. Ortese, La lente oscura. Scritti di viaggio, a cura di L. Clerici, Marcos y Marcos,
Milano 1991.
2
L. Clerici, Apparizione e visione. Vita e opere di Anna Maria Ortese, Mondadori, Milano
2002.
3
Per la bibliografia completa si rinvia a G. Iannaccone, Bibliografia degli scritti di Anna
Maria Ortese, in A. M. Ortese, Romanzi, vol. I., a cura di M. Farnetti, Adelphi, Milano 2002,
pp. 1153-1221.
272 Siriana Sgavicchia
collaborare alla terza pagina del quotidiano napoletano Roma e al suo roto-
calco settimanale Roma della domenica, soprattutto pubblicando novelle e
racconti. Negli stessi anni, e fino al 1943, scrisse su Belvedere e su IX
Maggio, riviste napoletane legate ai Gruppi Universitari Fascisti. Dal 1945,
trasferitasi per un periodo a Venezia, collabor con Il Gazzettino e con la
Gazzetta di Venezia pubblicando testi creativi e articoli di critica darte e si
occup della sezione letteraria della rivista di scienze, lettere e arti Ateneo
Veneto. Negli stessi anni, sul settimanale Tempo, tenne una rubrica inti-
tolata Colloqui che fu molto seguita dai lettori.
Prima della guerra, a parte alcune eccezioni, i suoi contributi sulla stam-
pa periodica furono di carattere creativo (poesie, racconti) e autobiografico;
immediatamente dopo, invece, sindirizzarono sempre pi verso il reportage.
Nel 1945 la scrittrice torn a Napoli e, pure continuando a pubblicare rac-
conti su La Fiera Letteraria e sullIllustrazione Italiana (molti dei quali
confluiranno nella raccolta Linfanta sepolta pubblicata dalleditrice Milano-
Sera nel 1950), cominci a collaborare con diversi quotidiani e periodici
napoletani con articoli di inchiesta e reportages (su Il Mattino, La Voce e
Il Risorgimento). Tra il 1946 e il 1947 partecip alla breve esperienza della
rivista Sud diretta da Pasquale Prunas, con la quale collaborano, tra gli altri,
Antonio Ghirelli, Luigi Compagnone, Raffaele La Capria, Domenico Rea,
Michele Prisco, Mario Stefanile (del fallimento del progetto di promozione
di una nuova cultura portato avanti dal gruppo di Sud la scrittrice ha
discusso, con toni polemici, nel capitolo intitolato Il silenzio della ragione in
Il mare non bagna Napoli).
Dal 1948, e soprattutto nel 1949, Ortese, che si era trasferita a Milano,
inizi a collaborare al settimanale Omnibus con vari reportages e con unin-
chiesta sulla vita sociale e culturale di Trieste. Nello stesso anno pubblic
resoconti di vita milanese sul quotidiano Milano-sera. Negli anni Cinquan-
ta molti articoli della scrittrice vennero ospitati da varie testate della sinistra,
oltre a Milano-sera, il settimanale Noi donne dellUnione Donne Italia-
ne, il quotidiano di Firenze Il Nuovo Corriere diretto da Romano Bilenchi
e, dal 1954, LUnit e Il Contemporaneo (gi dal 1950 Ortese tenne una
rubrica di corrispondenze con le lettrici nella pagina della donna sulledizio-
ne milanese dellUnit). Contemporaneamente, introdotta da Paola
Masino, pubblic sul rotocalco di Rizzoli Oggi articoli rivolti al grande
pubblico (la storia damore del re Edoardo di Inghilterra e Wallis Simpson,
quella del re Carol di Romania e Magda Lupescu, e un ritratto di Eleonora
Duse). A partire dal 1951 la cifra del reportage divent quella sua pi conge-
niale: scrisse, infatti, come inviata di Milano-sera di suoi viaggi a Bologna,
a Firenze, a Napoli, in Sicilia e pubblic resoconti di vita milanese. Cominci
in quello stesso anno a collaborare con il quotidiano napoletano Il Corriere
di Napoli e con il settimanale Il Mondo diretto da Mario Pazzunzio, sul
quale apparvero, nel 1951, Un paio di occhiali, La citt involontaria e La plebe
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 273
regina, racconti poi inclusi nel Mare non bagna Napoli, che sono dedicati alla
citt partenopea e in cui le motivazioni stilistiche del realismo si intrecciano
con toni visionari ed espressionistici. La collaborazione con Il Mondo acce-
se lattenzione di lettori e critici nei confronti della scrittrice, che nel 1952
ottenne il prestigioso Premio Saint Vincent per il giornalismo (nello stesso
anno Italo Calvino ebbe lo stesso riconoscimento).
Dal 1954 contributi della scrittrice vennero pubblicati anche su
LEuropeo. In seguito, infatti, ad un viaggio in Unione Sovietica compiuto
con la delegazione dellUnione Donne Italiane, Anna Maria Ortese prepar
un servizio intitolato La Russia vista da una donna italiana che usc in sei
puntate sulla rivista milanese (lanno successivo, gli stessi materiali vennero
riorganizzati e integrati con altri appunti per la pubblicazione sulla terza pagi-
na delledizione milanese dellUnit di un ciclo di articoli intitolato Donne
sovietiche come le ho viste). La testimonianza del viaggio in Russia, che suscit
polemiche negli ambienti della destra e della sinistra in questi ultimi sem-
br che il ritratto del paese fornito da Ortese non aderisse allimmagine poli-
tica che di esso si intendeva divulgare in quegli anni stata in parte pub-
blicata nel volume Il treno russo (Pellicanolibri, Catania, 1983). Nel 1955 la
scrittrice firm sullEuropeo anche uninchiesta sul bandito siciliano
Salvatore Giuliano e una serie di articoli in cui si ciment nel giornalismo
sportivo. Inviata dal settimanale milanese, fu la prima donna a seguire il Giro
dItalia (noti corrispondenti del Giro erano stati negli anni Quaranta autori
come Dino Buzzati, Alfonso Gatto, Vasco Pratolini, Achille Campanile, Gof-
fredo Parise, Cesare Zavattini). La collaborazione con ledizione romana del-
lUnit, anche grazie allamicizia con Marcello Venturi che era allora il re-
sponsabile della pagina culturale, sinfitt tra il 1957 e il 1958 con contribu-
ti sul costume e sulla societ italiana e con resoconti di viaggio (tra i quali, Il
viaggio di Anna Maria Ortese in Liguria pubblicato a puntate nellagosto del
1957). Nel 1958 pubblic presso Laterza Silenzio a Milano, un libro in cui
confluiscono reportages che hanno come oggetto la citt lombarda, per lo pi
pubblicati sullEuropeo e sullUnit nel 1957. Alla fine degli anni Cin-
quanta la scrittrice si stabil a Roma, dove per il settimanale Italia Domani
(al quale collaboravano anche Italo Calvino, Carlo Cassola, Carlo Bernari)
scrisse alcuni articoli di impegno sociale, tra i quali uninchiesta svolta pres-
so i quartieri popolari della capitale sui corsi scolastici sperimentali di
Telescuola realizzati attraverso il mezzo televisivo. Collabor, inoltre, anco-
ra con il Mondo, dove pubblic tra laltro il racconto di un viaggio com-
piuto a Londra nel 1953, incluso nel volume Il mormorio di Parigi (Theoria,
Roma, 1986) che raccoglie, oltre al resoconto londinese e a una memoria su
Palermo, una serie di corrispondenze da Parigi pubblicate tra il 1960 e il
1964 sulledizione pomeridiana del Corriere della sera. Dagli anni Sessanta
le collaborazioni di Ortese con quotidiani e riviste tornano ad essere pi di
carattere creativo, fatta eccezione per la rubrica Il flash della Ortese nella pagi-
274 Siriana Sgavicchia
na della donna del Corriere della sera del 1969 e pochi interventi di costu-
me che appaiono negli stessi anni sullo stesso quotidiano. Lallontanamento
dallattivit giornalistica fu sancito dal trasferimento a Rapallo nel 1975.
Esso segn per la scrittrice anni di difficolt e di delusione fino al grande ri-
lancio editoriale promosso dalla casa editrice Adelphi a partire dagli anni
Novanta.
Lesperienza della scrittura giornalistica costituisce, per la gran mole delle
testimonianze, per la variet delle tipologie, per la qualit della scrittura un
aspetto decisivo del percorso di autrice di Anna Maria Ortese come, soprat-
tutto di recente, ampi e documentati studi hanno dimostrato4. opportuno
rimarcare, per, che si tratta in tutti i casi di unesperienza che tende a con-
fluire dal territorio propriamente giornalistico (quello della cronaca, dellin-
chiesta, dellarticolo di costume, del reportage 5) nel pi ampio territorio della
sperimentazione e dellespressione letteraria e che trova nella forma del rac-
conto di viaggio6 la misura stilistica pi adeguata a coniugare le motivazioni
del realismo (inteso in senso ampio) che appartengono alla poetica del-
lautrice lungo tutto larco della sua produzione con lesigenza di andar
oltre il dato oggettivo e la fedelt al visto e al fatto. Fu, daltronde, la stessa
autrice ad attribuire ai suoi scritti di viaggio maggiore rilevanza rispetto agli
scritti giornalistici di altra tipologia, tanto vero che alla fine degli anni
Settanta progett di pubblicare con Mondadori un volume intitolato Scritti
di viaggio in cui incluse una scelta dei suoi pezzi giornalistici migliori. Il libro,
del quale Ortese aveva anche gi provveduto ad inviare alleditore i materiali
in dattiloscritto, non fu realizzato, ma il progetto stato recuperato nel 1991
per ledizione del volume La lente scura. Scritti di viaggio che raccoglie nella
prima parte i testi scelti dalla scrittrice per il progetto mondadoriano e nella
seconda parte articoli di viaggio non inclusi nel primitivo progetto di pub-
blicazione. Questo volume, curato da Luca Clerici, reca una interessante pre-
fazione di Ortese, in cui lautrice fornisce attraverso la metafora della lente
scura la chiave interpretativa pi opportuna a definire lattitudine insieme
malinconica e protestataria della sua scrittura (la mia Lente Scura malin-
4
Oltre alla postazione di L. Clerici al volume A. M. Ortese, La lente scura, cit., pp. 451-
516, cfr. G. Iannaccone, La scrittrice reazionaria. Il giornalismo militante di A. M. Ortese,
Liguori, Napoli 2003 e E. Guagnini, Anna Maria Ortese giornalista, scrittrice di viaggi, in Atti
del Convegno di studi su Anna Maria Ortese, Rapallo, 16 maggio 1998, a cura di F. De
Nicola, P. A. Zannoni, Sagep, Genova 1999, pp. 21-29.
5
Per una contestualizzazione dellattivit della scrittrice allinterno del panorama giorna-
listico italiano del secondo dopoguerra cfr. il fondamentale volume Storia del giornalismo ita-
liano, 1939-1968, vol. III, a cura di F. Contorbia, Mondadori, Milano 2009.
6
Sui reportages in autori del Novecento italiano cfr. M. Farnetti, Reportages. Letteratura di
viaggio del 900 italiano, Guerini, Milano 1994.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 275
Nel periodo compreso tra gli anni 48 e 62, ma anche un po prima e anche un
po dopo, mi accadde di prendere una quantit di treni, scendere in molte sta-
zioni allalba, e ripartire ancora di notte, barcollando per la stanchezza, senza
sapere precisamente dove avrei riposato il giorno successivo. Qualche volta viag-
giavo per un giornale, qualche volta no. E i giornali erano, nel caso fortunato, di
destra (per dire che pagavano), in quelli meno fortunati, di sinistra o piccola sini-
stra (per dire che spesso il compenso era di pochi spiccioli, e a volte nemmeno).
Non saprei dire che animo e che aspetto avessi allora. Si tratta di tanto tempo fa.
LItalia era ancora povera, non offriva una vita facile. Tuttavia questa vita era simi-
le a un campo pieno di confuse, grandiose possibilit; e la speranza e il rischio
bastavano []8.
Accanto alla solidariet, un altro elemento chiave per Ortese che scrive di viag-
gio il contrasto emotivo e cromatico prodotto, da una parte, dalla sfiducia nella
ragione (la ragione (delle cose) non la vedevo pi10), che evidenzia il vuoto di
7
A. M. Ortese, Prefazione in La lente scura, cit. p. II.
8
Ibidem.
9
Ivi, p. II-III.
10
Ivi, p. III.
276 Siriana Sgavicchia
[] devo ammettere che buona parte di questa, e della visione buia carpita dalla
Lente, buona parte appartiene soltanto a me, alla mia indole, soltanto mia. Nel
vivere umano, mentre i decenni e i mezzi secoli rotolano via sempre pi in fret-
ta, con un effetto di turbine e di rovina non visibile e quindi rimediabile io
vedo da tempo una macchia, come vedo una macchia nella natura delluomo
anche buono, e forse una macchia nel sole stesso. E a questa percezione devo
dire forse dovuta la mia propensione per il poco o il nulla e la mia reveren-
za per lUtopia sempre alta e presente come una luce bianca tra le nuvole basse,
nello sconfortato vivere. La vita si muove, viaggia; e alta sui paesi come sulle cam-
pagne perse mentre i convogli del tempo continuano a inseguirsi alta sui paesi
deserti e campagne mute, resta la mirabile, cara fedele Utopia12.
L passai un mese, e vidi molte cose straordinarie, che ora non ripeto, anche per-
ch sono diventate patrimonio di tutti, nel senso che tutti le conoscono, ma allo-
ra mi fecero grande impressione. Mi parve che gli uomini fossero fondamental-
mente buoni, e veri, e il cielo triste. Mi parve che mai, come l, fosse possibile
intendersi subito con gli uomini e le donne. Mi parve che nel loro modo di esse-
re, anche solo di respirare, vi fosse qualcosa dimmenso. Di statura non appena
pi grandi degli europei, con un che di irsuto ed estatico, rusticamente gentile.
Le donne non usavano cappello, ma solo fazzoletti, e quei pochi cappellini una
paglia, eravamo destate, con un nastro rosso tutti simili, erano assai antiquati.
In sostanza, il paragone pi evidente che si presentava tra quei due tipi di uma-
nit, la nostra e quella sovietica, era di un lago brillante di fronte a un oceano
11
Ivi, p. III.
12
Ivi, pp. III-IV.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 277
13
A. M. Ortese, Il cappello piumato, Mondadori, Milano 1979, p. 54.
14
L. Clerici, Lespressionismo immaginifico di Anna Maria Ortese reporter, in Scrittrici, gior-
naliste. Da Matilde Serao a Susanna Tamaro, a cura di F. De Nicola e P. A. Zannoni, Marsilio,
Venezia 2001, pp. 33 e sgg.
15
Nel primo quinquennio degli anni Cinquanta numerosi furono gli intellettuali e fun-
zionari del partito comunista italiano che si recarono in Unione Sovietica e nei paesi dellEst
per conto del quotidiano LUnit che pubblic, ad esempio, a puntate il Taccuino di viaggio
nellUnione Sovietica di Italo Calvino e altri servizi di Renata Vigan, di Sibilla Aleramo. Nel
1954 il quotidiano del Pci tradusse il viaggio in Russia di J. P. Sarte. Anche sullEuropeo,
comparve oltre al reportage di Ortese anche un servizio di Achille Campanile intitolato La mia
Russia. Sulle testimonianze di viaggio in Russia di scrittori italiani del Novecento cfr. anche S.
Sgavicchia, Scrivere il viaggio. Cronache memorie invenzioni, in Storia Generale della Letteratura
Italiana, diretta da N. Borsellino e W. Pedull, vol. XII (Sperimentalismo e tradizione del
nuovo), Federico Motta Editore, Milano, 1999, pp. 498-515.
278 Siriana Sgavicchia
16
Cfr. S. Sgavicchia, Spazio reale e testuale nel Porto di Toledo di Anna Maria Ortese, in
Avanguardia, diretta da F. Bernardini e A. Mastropasqua, n. XXI, Roma, 2002, pp. 89-99.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 279
Salirono a una fermata, ma non cera ombra di stazione, due viaggiatori, e dopo
una leggera esitazione vennero a sedersi di fronte a me. Uno era giovane, laltro
pi anziano, e parlavano fitto fitto in una lingua che mi sembrava vicina al fran-
cese. Supposi che fossero minatori, senza dubbio operai, ma di che nazionalit lo
ignoro. Ed ecco il pi giovane, chera smilzo e biondo, con una faccia dolcissima,
e batteva i denti, posa gli occhi celesti e grandi sul mio sacco di tela abbandona-
to in un angolo. La cerniera si era rotta. Lui vede questo, gli occhi, che scintilla-
no di continuo, con una luce di fiume, una grazia infantile, minterrogano: pu
provarsi a riparare la cerniera? Faccio s col capo. Prende il sacco, e le sue mani
scure e delicate lavorano febbrilmente intorno alla cerniera, fin quando non
aggiustata. Mi riconsegna il sacco sorridendo. Poco dopo, a unaltra fermata, il
giovane e il suo compagno scompaiono. Dico scompaiono perch ancora il cre-
puscolo, lora fredda e torbida che precede lalba, e non posso dire di aver nota-
to chiaramente i loro passi e i loro volti17.
Spalancavo gli occhi per vedere tutto, ma purtroppo, non riuscivo a vedere nulla
di particolare. Lingresso della citt era come quello di Milano, Roma, quasi ano-
nimo, con quelle ampie strade e piazze limitate da palazzi e case alte, alla base dei
quali sporgevano le insegne dei negozi con le diciture, per, scritte in caratteri
cirillici. Come avevo letto mille volte, nei reportages, i negozi, salvo quelli di libri
e di pellicce, avevano un aspetto disadorno, come spento, e la gente che cammi-
nava sui marciapiedi, bench non avesse nulla dindecoroso, era vestita general-
mente in modo dimesso, con abiti di vecchia foggia, sbiaditi, e quelli femminili,
senza nessuna linea che accentuasse o rivelasse delle forme. Questa fu una cosa
17
A. M. Ortese, Il treno russo, in La lente scura, cit., p. 87.
280 Siriana Sgavicchia
che mi colp subito, insieme al silenzio e alla calma del traffico, niente affatto
limitato, a giudicare dalle lunghe colonne di macchine private e di taxi. Ma nulla
faceva rumore. Insieme a questo silenzio, mi stupirono le trecce dorate delle
donne. Ogni essere femminile, dalla bimba alla donna di et, aveva due lunghe
trecce pallidamente dorate oppure rosse, avvolte intorno alla nuca, mentre a qual-
cuna, specialmente se con i libri sottobraccio, scendeva fin sulle reni una pesan-
te coda doro18.
Nel corso del viaggio raccontato nel Treno russo non di rado lautrice
coglie loccasione dellincontro con alcuni altri viaggiatori, non solo per
imbastire racconti o anche per carpire qualche segreto dellanima russa,
discorrendo in francese o nellitaliano stentato dei suoi interlocutori, ma
anche per esporre alcune importanti messaggi di carattere civile che riguar-
dano la convivenza pacifica tra i popoli e la tolleranza nei confronti delle cul-
ture diverse dalla propria. In questo senso le testimonianze del viaggio in
Russia mostrano di voler conciliare lo stile della scrittura diaristica e la cifra
espressiva del racconto letterario con lesigenza di fornire ai lettori (origina-
riamente lettori di stampa giornalistica) un insegnamento o quanto meno un
monito, come quando nel capitolo Verso Mosca si descrive un momento di
speciale solidariet tra la scrittrice e altri tre viaggiatori:
Altrove Ortese trova anche il modo di indicare uno dei modelli espressi-
vi che guidano la sua indagine nella scrittura del viaggio in Russia, fornen-
do una interpretazione del Neorealismo nel corso di un fugace dialogo con
uno studente di ingegneria che dice di conoscere un po lItalia attraverso il
cinema.
18
Ivi, pp. 120-121.
19
Ivi, p. 99.
Straniamento e utopia negli scritti di viaggio di Anna Maria Ortese 281
Penso che neorealismo voglia dire questo, cerco di sorridere. Un regista italia-
no sale su questo treno, sa che un treno dellUnione Sovietica, e perci molto
importante, perch c dietro tutta la storia dellUnione Sovietica, ma per dare il
senso del treno, cio della vita, lui deve guardare tutti i particolari che si trovano
su questo treno, che fanno il treno intero (col suo significato), e che a volte pos-
sono essere deludenti, e sembrare in contrasto con la bella idea del treno, con li-
dea di ci che vorremmo fosse un treno. [] Lo scopo dare il senso della vita,
attraverso una somma di particolari. I particolari sono forse cattivi, il senso
buono. E c anche un altro scopo, nel registrare tante cose: farle migliorare. O,
se per qualche motivo non possono ancora migliorare, la gente sia al corrente di
questo. Cos sia informata sinceramente di tutto quanto riguarda il proprio paese,
delle condizioni economiche, morali, di tutto20.
Dietro il Cremlino si vedeva uno spazio immenso, squadrato, pieno daria, tinto
tenuamente di rosso, dal centro del quale, come una nave a met scomparsa nella
tempesta, emergevano delle mura rosse e delle cupole gialle e verdi, con qualco-
sa di dorato: la chiesa di San Basilio, nella Piazza Rossa. Da un lato si scorgeva
un pezzo del Mausoleo che custodisce le bare di cristallo dove sono deposti Lenin
e Stalin; sullaltro lato, di sbieco, i magazzini Generali. [] Sorgeva una piccola
luna, nel cielo, bench fosse pieno giorno, in un incavo di perla; sorgeva, mi
parve, proprio sulla Cittadella terribile mura rosse, ma ora sbiancate dallafa,
aeree cupole verdi e dorate e illuminava o cancellava? un angolo delle tombe
sublimi. Ma n Lenin n Stalin, n gli altri visi giganteschi si vedevano pi.
Vennero invece dei passeri, che forse abitavano tra quelle tombe, fino al mio
davanzale, vennero strillando con grande allegria, e qualcuno si spinse fin dentro
la stanza: Non sapevo che la natura fosse cos amorosa dovunque!. Cercai del
pane da dare a quegli affamati, e intanto terrore e lacrime, guardando quei pas-
seri, se nerano andati, potevo nuovamente sorridere21.
20
Ivi, pp. 115-116.
21
Ivi, pp. 125-127.
IDA DE MICHELIS
1
Citazione riportata in E. Falqui, Inchiesta sulla terza pagina, Ed. RAI, Torino 1953,
p. 139. Corsivi miei.
284 Ida De Michelis
Eppure proprio il caso di Gadda esorbita dalla norma di questa storia: per
lui, infatti, bisogna piuttosto parlare di terzo mestiere, giacch, com ben
noto, egli lavor per anni come Ingegnere, in Italia e allestero, soffrendo
molto dellimpossibilit di dedicarsi tutto alla sua vera inclinazione, quella
cio per le lettere.
La ricerca di collaborazioni giornalistiche ha perci proprio il senso di
emanciparsi dal lavoro tecnico, pratico, di Ingegnere appunto, per applicarsi
sempre pi allarte della parola. Ma fin da subito, come testimoniano episto-
lari editi ed inediti di suo pugno, si dovette rendere conto che anche la scrit-
tura giornalistica aveva un peso di tempo e impegno consistente che andava
ad essere comunque dimpedimento alla scrittura creativa.
Ben chiara in lui fu quindi la distanza tra larte della scrittura e la scrittura
periodica a pagamento: anche se alto rimane sempre in Gadda il riconosci-
mento e il rispetto tributato ad ogni genere di fatica umana, intellettuale o fisi-
ca, per cui mestiere egualmente degno sar da considerarsi il terzo, di giornali-
sta, come il primo, di scrittore, quanto il secondo di ingegnere. E perch alto
potesse rimanere tale riconoscimento egli sempre ebbe lesigenza di rispondere
con impegno pari a tutti i suoi doveri, soffrendone per non poco lonere e non
vedendosi sempre riconosciuti tutti gli onori attesi:
non mi rivolgo al giornale con trascuratezza, tanto per fare: ma con il vivo desi-
derio di concretare qualcosa che sia giornalismo e, possibilmente, arte a un mede-
simo tempo [] il mio ideale non per larticolo meramente tecnico, ma lar-
ticolo a sfondo umano3.
Ed ecco come fin per essere liberato dalla coazione ingegneristica e assun-
to definitivamente come giornalista solo alle soglie dellet pensionabile:
poco prima cio di potere finalmente dedicarsi tutto ai suoi scritti, e al suo
tardo successo.
2
Citazione da G. Zampa, a c. di, Introduzione a E. Montale, Il secondo mestiere Prose
1920-1979, Mondadori, Milano 1996, p. XI.
3
Lettera inedita di C.E. Gadda a Ermanno Amicucci, 2 ottobre 1934.
Il terzo mestiere: Gadda giornalista 285
4
E. Centofanti, Giornalismo, voce dellEnciclopedia gaddiana on-line, EJGS,
www.gadda.ed.ac.uk.
5
La lettera usc per la precisione il 22 maggio 1915.
6
Larticolo usc nel numero del 20 dicembre di quellanno.
7
Lesordio di Gadda scrittore avvenne nel giugno 1926 sulle pagine della rivista letteraria
Solaria con i raccontini Studi imperfetti: Solaria, a. I, n. 6, giugno 1926, pp. 23-28. E anco-
ra per le edizioni di quella stessa rivista usc, nel 1931, il volume del suo esordio narrativo La
Madonna dei Filosofi.
8
Un libro di poesie: Il Re pensieroso di Ugo Betti, in La Patria degli Italiani, Buenos
Ayres, 20 aprile 1923, firmato Ing. Carlo Emilio Gadda. La raccolta era uscita dai Fratelli
Treves a Milano nel 1922, e Gadda ne fece due differenti recensioni delle quali questa fu la
prima ad uscire. La seconda uscir solo nel 1926 con medesimo titolo, con data 22 gennaio
sulle pagine de Il Giornale dItalia.
286 Ida De Michelis
proprio in relazione alle vicende di questo breve articolo, scrivendo alla sorel-
la Clara: I giornali italiani di qui primo fra tutti la Patria sono i primi deni-
gratori del fascismo e per questo io non vi ho pi scritto e non vi scriver pi
fino a che la Patria non cambi bandiera9.
Chiaro fin da subito gli risultava, quindi, il nesso tra informazione e for-
mazione, politica ed ideologica, nel gi