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RIVIITADI JTUDI INIZIATICI

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CAIA EDITRICE ATANOR- ROMA


PRESENT AZIONE

Come mai questa iniziativa? ci si chiederà.


L'idea nacq�e alcuni ann( fa durante una mia breve permanenza a Ro­
ma, nel c?rso di un colloquio con �nna Alvi, l'in elligente e coraggiosa
_ �
contmuatnce dell,opera del Suo compianto manto _
' il dottor Ercole Alvi e
del suocero Ciro.
. S�l Su� ta�olo si trovavano fra alcune fatture e bozze di stampa, un
pa10 di fascicoli del 1924 della rivista, la cui annata oggi introvabile com­
pone questo volume.
Mentre parlavamo a proposito di una mia pubblicazione, presi in ma­
no uno dei due fascicoli e, quasi soprapensiero, interrompendo il discorso
in atto, dissi:
- Posseggo il primo numero, doppio, e alcune fotocopie di parte di altri
tre numeri che ebbi da un vecchio amico molto tempo fa.
-. La _conosci, vero? -:-- rispose Anna - te ne volevo parlare. Se, come
mi hai accennato, hai intenzione di ristabilirti a Roma, perché non la
pubblichiamo e ne assumi la direzione?
La guardai lusingato. Purtroppo, il mio eventuale ritorno a Roma era
un progetto che, nella realtà dei miei impegni di lavoro era quanto mai
improbabile. Lo dissi ma ella ribattè che avrei potuto interessarmi della ri­
vista anche da Venezia.
Riflettei. Poi sinceramente le dissi che non mi sentivo all'altezza di un
compito che era stato di Arturo Reghini, e di Umberto Gorel Porciatti che
22 anni dopo aveva diretto la rivista per breve tempo. Le prospettai, poi,
l'esposizione finanziaria che una tale realizzazione prevedeva almeno per
un anno, a parte le spese rilevanti del periodo preparatorio nonché la diffi­
coltà di trovare collaboratori degni di coloro che avevano fatto parte della
redazione nel 1924, che rispondevano, fra altri pur ragguardevoli, ai nomi
di Reghini, di René Guenon, di Giuliano Kremmerz e di Julius Evola.
Anna Alvi mi guardò, delusa.
- Eppure - disse - vorrei far qualcosa in proposito... almeno vivificare
il ricordo della rivista con qualche iniziativa. Che te ne pare di ristampare
tutti i numeri diretti dal Reghini, magari in volume? Perché non mi aiuti a
ricercare fra i tuoi amici i numeri che mi mancano?
- L'idea è_ buona - risposi - Vedrò di aiutarti. . . .
Il discorso fu ripreso altre volte fino a quando un amico, 11 capitano
di lungo corso Salvatore Olivari pose a disposizione del progetto la racco!-
ta completa dei dodici numeri (sei se�plici e sei doppi) dell'intera annat�
1924 senza chiedere alcuna contropartita. Non solo ma altra persona offn
parte delle lettere di René Guenon, dirette a Reghini, riguarda��i la sua
collaborazione lettere che sono riprodotte nella loro stesura ongmale.
Ecco dun�ue, come e perché, dopo 55 anni da_lla pubblicazione del
primo numero di una rivista di studi iniziatici - umca del suo genere -
che, dati i tempi in cui apparve, non poteva a�er_e che �reve durata, �na
serie di scritti di uno dei più importanti culton d1 esotensmo e della sim­
bologia e storiografia massomca, nonché antesignano � ei _ nost�i �empi di
quell'idea virgiliana e dantesca che andò sotto il nome d1 "1mpenaltsmo pa­
gano", e dei due più celebri scrittori contemporanei di questioni tradizio­
nali - René Guenon e Julius E vola - ci viene conservata grazie all'inizia­
tiva di Anna Alvi, riportando luce su argomenti pressoché dimenticati o
adulterati_ dall'attuale degenerescenza della gran parte delle associazioni ini­
ziatiche. E infatti ben chiaro che l'attuale "spiritualismo" si confonde con
lo spiritismo e con le 111:111ifc\U7.ioni "culturali" di mas�a quando non adJi­
rittura con i giuochi di prestigio e con l'astrologia per gli ingenui, con i
"funghi cinesi", le "diete a punti" e, per i più evoluti, con la ricerca di
una qualsiasi "potenza" da estrinsecarsi a danno dei propri simili, o quale
dimostrazione di "superiorità". Ciò con le conseguenze che giornalmente
si constatano.
Ma questi scritti fanno luce anche su tatti che si n,1,u111d<>110 a quei
giovani che sono alla ricerca del vero o di una strada che possa facilitare i
bis_ogni del loro spirito verso qualcosa di veramente superiore e trascen­
dente. Ed anche sulla "controversa" questione storica (e politica per quel
tanto che ne risultò) dell'appoggio dato dalla massoneria al fascismo alme­
no fino al ritorno del Gran maestro di palazzo Giustiniani, Domizio Torri­
giani, dagli Stati Uniti d'America, proprio nel 1924, dov'era andato a cer­
car lumi sul come comportarsi. Ciò risulta dalla polemica fra Arturo Re­
ghini e Fer1!1i _(pseu_doni1!1o sotto
_ _ il quale Benito Mussolini, allora presiden­
te del cons1gho dei mm1stn, scnveva sulla rivista "Gerarchia").
Questq_ volume che presenta le citate lettere del Guenon e i 12 numeri
di ''.ATAN<?R" og�i _intro�abili r��presenta dunque, oltre a un invito per
la npresa d1 autent1c1 studi esotenc1 da parte delle associazioni che si defi­
�isc_ono "ini�iatic�e" anch� un documen_to d! prima mano sugli avvenimen­
ti d1 55 anm fa nguardant1 la massonena e 11 perché essa fu vittima - an­
che a causa di un anticlericalismo spinto fino a quel negativo estremo limi­
te de_ lla sua confusione con l'anticristianesimo, e dei consigli ricevuti
all'estero -. dell'assalto alle sue logge e della sua messa al bando durante il
periodo fascista.
Si potrà dire che un punto non proprio iniziatico risulta dalla polemi­
ca condotta sulla rivista dallo stesso Reghini sotto gli pseudonimi di Maxi­
mus e di Vicario di Satana contro singole persone e, con particolare acre­
dine nei confronti del martinismo e della massoneria di palazzo Giustinia­
ni. Ma questa sua posizione potrebbe benissimo inserirsi, contemporanea­
mente a quella dei suoi contrappositori su altre pubblicazioni, così come
iene l'ignot? autore di "Les authen�ique fils de la lumière" pubblicato a
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I ang� dalle _Ed1t101:1s
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v1eu� �olombier nel 1961, m quella tattica «volu­
ta dai nostn supeno�i 1�co�mt1,_ a ser�ire di prova per giudicare della gran­
_ _ .
dezza o della meschimta di spmto di chi segue queste polemiche» e vi dà
importanza. E com'è provato da documenti inoppugnabili, sia il Reghini
che René Guenon erano Superiori incogniti dell'Ordine martinista: i loro
nomi iniziatici erano rispettivamente Maximus S.I. e Palingenius S.I.. Che
l'\po�e�i di una tattica di tal genere sia pertinente pare sia corroborata dal
gmd1Z10 espresso sul Reghini proprio da uno di coloro sui quali egli infierì
polemicamente, cioè l'avvocato Alessandro Sacchi, che lo definì "uomo di
altissimo intelletto e. dal vigile orgoglio". E dall'appoggiarsi del Reghini,
nel 1928, proprio al martinismo e al rito di Memphis per il suo tentativo
di una ripresa della massoneria.
Sul suo anticristianesimo che può dar fastidio a molti come lo ha dato
a me prima di rendermi conto del suo pensiero, mi pare opportuno sottoli­
neare che egli, pitagorico innanzi tutto, non aveva considerazione alcuna
per le religioni pur non essendo ateo e credendo nella trascendenza. Soste­
neva che l'iniziazione è conoscenza: «Come il risultato di un'operazione
aritmetica non dipende da gusti personali, dai "senza dubbio" gratuiti,
dall'essere cristiano o buddista, da un'opinione politica, dal professare una
o altra morale, da luogo e da tempo, da ipo o iperfunzionalità endocrine,
così l'iniziazione non ha proprio nulla a che fare con tutto ciò proprio per­
ché è solo Conoscenza. E chi pretende una conoscenza iniziatica adattata
ai suoi gusti, alle sue credenze, agli umori � uoi,, od � in buona f� d� � d è un
illuso o è in mala fede: comunque, non e, ne puo essere un miziato».
Nato a Firenze nel 1878 morì - in piedi - il primo luglio del 1946.
GASTONE VENTURA
Proprietà letteraria riservata
della
EDITRICE ATANÒR - ROMA
�IVI ITADI JTUDI INIZIATIGI

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CAIA EDITRICE ATANOR-ROMA


Presso la Casa Editrice " Atanòr ,, :
I Primi Elamantl di Occultlsmo di J. Bricaud, traduttore Pietro Bornia. Con
molte figure illustrative, un vocabolarietto di termini occultistici e
un'ampia· bibliografia ; in-16 . . L. 8 -
La Santa Bnosl a cura del Dr. L. S. Fugairon, Dottore in medicina e in scienze
naturali, e di, S. B. t Giovanni II (Joanny Brlcaud) Sovrano Patriarca
Gnostico - Gran Maestro Generale dell'Ordine Martinista. Traduzione,
introduzione e note a cura di Vincenzo Soro ; in-8 . . L. 18 -
La Chiesa dal Paracleto - Studi su Io Gnosticismo antico e moderno - di
Vincenzo Soro. Genesi e dottrina dello Gnosticismo - Patologia Gno­
stica - La Chiesa Martire - La Chiesa Occulta - La Gnosi Contempo­
ranea ; in-8, con varie illustrazioni . . L. 25 -
Il Bran Libro dalla natura - Opera curiosa del secolo XVIII; • in-8 con illustra-
zioni, a cura di Vincenzo Soro . . • L. 15 -
La Parola sacra a di Passo dal primi tra Bradi a Il mass.{mo mistero massonico -
Studiò critico ed iniziatico di Arturo Reghini; in-16 con illustrazioni
esoteriche . L. 14 -
La Leggenda dai Simboli fllosoricl, rallglosl a massonici di Marco Saunier ;
in-8 grande ; 3a edizione , L. 18 • -
La Basi Spirituali dalla massoneria a 111 ulta pubblica di L. Keller. In-8 pic-
colo L. 14 -
!! vangalo di Cagllostro - il Gran Cofto - con un proemio di P. Maq1zzi;
in-16. Esaurito - in ristampa.
Il Libro dagli Splendori del Maestro Incognito Elifas Levi, in-8 piccolo L. 12 -
11 Dogma 8 11 Rituale dBll'Altll màgla dello stesso, 2a edizione, in.,.8 grande, con
illustrazioni . L. 30 -
La Storia dalla magia dello stesso, in-8 grande, con 16 tavole esoteriche fuori
testo . L. 30 -
La Chiava del Brandi misteri secondo Enoc, Abramo, Ermete Trimegisto e
Salomone ; dello stesso, con illustrazioni esoteriche . L. 30 -
La Sapienza IIIIIICII di Enrico Caporali in-16. Esa11rito.
La Parola dal BUddO. Riduzione dal Pali del Biccù Nyanatiloka, versione di
G. B. Penne, in-8 piccolo • L. 12 -
Della Pietra IIIOSOIIIIB e dell'Arte dell'AIChlmla in-16. Esaurito, in ristampa.
LII Legga del nuovo Pensiero di w. Atkinson, in-rn. • L. 8 -
11 Plmandro e altri ScrlUI Ermetici di Ermete Trimegisto. Esaurito, in ristampa.
PICO della Mirandola di G. Semprini, in-16 • -L. 9 -
ANNO I GENNAIO-FEBBRAIO 192�

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NUMERO J E 2
C/C CON LA POSTA
QUATTRO LIRE

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RIVISTA ì\ilENSILE DI STUDI INIZIATICI


Direttore Responsabile : ARTURO REOHINI
Direzione ed Amministrazione presso la Casa Editrice « ATA�OR>, Succursale di Roma
al N. 16 del Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)
Costa DUE lire Il Numero Abbonamento per un anno VENTI lire • Per l'Estero Il doppio

REDAZIONE:
CIRO ALVI - ANICETO DEL MASSA - J, EVOLA - RENÉ GUÉNON - GIULIANO
KREMMERZ - MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MANLIO MORANO! -
FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGHINI - GALLIANO TAVOLACCI.

Al LETTORI.
Questa rivista, interamente dedicata agli studi iniziatici, con
intenti obbietfr:i culturali, e con speciale riguardo alla tradizione
italiana, da Pitagora sino ai nostri tempi, intende mantenersi in­
dipendente da ogni gruppo, scuola e società, astenendosi dal fare
propaganda ad alcuna credenza. Essa si propone di diffondere
l'interesse e la conoscenza degli argomenti iniziatici in Italia senza
preferenze per religioni, preconcetti e sistemi. Alla smania pel nuovo,
l'originale, il maraviglioso, preferirà l'esame dei fatti e· l'appura­
mento della verità vecchia o nuova.
Anche noi dunque intendiamo contribuire a quell' iucremeHto
dei valori spirituali, di cui si parla tanto in Italia da qualche
tempo in qua, in buona ed in mala fede, e mescolandovi purtroppo
considerazioni di ordine politico. Basandoci sopra la tradizione e la
conoscenza iniziatica italiana, noi volemmo e prognosticammo sin
-2-
da quindici anni fa·l'avvento fatale di un regime e di un indirizzo
imperialistico italiano. Era ed è nostra profondissima persuasione
che tale regime debba auspicare, favorire ed apportare un incre­
mento dei valori spirituali, tanto più in quanto, abbandonata ìa po­
litica del piede di casa, diviene necessario far si che l'Occidente,
ossia il mondo romanamente civile, prenda di fronte all'Oriente la
posizione che gli compete anche· nel campo spirituale. E questo
può essere fatto solo dagli eredi legittimi dell'antica sapienza, e.
non da coloro che vanno sempre più esasperandosi in una civiltà
di tipo meccanico industriale.
Noi prendiamo dunque coerentemente il nostro posto; e poi­
chè, come abbiamo detto, intendiamo mantenerci indipendenti e
�uperiori ad ogni sistema filosofico e religioso assurgendo all'u­
niversalità della scienza ed attribuendo alla scienza come campo
di studio e di esperienza qu�lunque argomento e dominio t).es­
suno escluso, e poichè l'universalità è virtù essenzialmente roma.na,
!aremmo tentati di esprimere sinteticamente questa nostra attitu­
dine dichiarandoci esplicitamente cattolici romani.
Non lo facciamo perchè non vogliamo essere frair.tesi. Si usa
infatti, molto impropriamente, attrituire il nome di cattolicismo
romano ad una determinata confessione religiosa, ben lontana
!Otto molti rispetti dalla universalità quale a noi pare debba es­
sere intesa. Ci sembra infatti che l'universalità non possa sussi­
stere quando si accorda simultaneamente nella propria visione e
credenza una smisurata eccezionale importanza a speciali teorie
e buone novelle ed a singoli individui nati nella valle del Nilo,
oppure del Gange, vuoi eziandio del Giordano.
Ma vi è di più. Gli indagatori ed i seguaci della scienza non
possono identificare i valori spirituali con i valori_ religiosi, e peg­
gio ancora con quelli di una singola confessione più o meno ef­
fettivamente dominante in questo od in quel pae�e. Al contrario,
da un punto di vista rigorosamente scientifico ed iniziatico, noi
dobbiamo porre fortemente in dubbio se i sentimenti in genere, e
quelli della fede, speranza e carità in particolare, rappresentino
_
un ausilio e non piuttosto un inutile ingombro e magari un m-
-3-
toppo per l'incremento della spiritualità ed il conseguimento della
illuminazione.
Facciamo questione di scienza e non di religione ; e rite­
niamo che lo stesso metodo • scientifico, sperimentale, pitagorico
che si applica in_ fisica, in chimica, in astronomia, debba, oppor­
tunamente adattato, applicarsi anche nel campo metafisico, spiri­
tuale, "interiore, rimanendo anche in questo campo assolutamente
impersonale, ed estraneo e superiore ad ogni genere di affetti e 'di
sentimenti. Non possiamo ammettere la pretesa di quelle religioni
e credenze che presumono sottrarre alla scienza ed avocare alla
fede il dominio dell'indagine spirituale. Nè possiamo ammettere le
abdicazioni di una scienza che vuole arbitrariamente escludere
dal campo dell'esperienza scientifica le esperienze spirituali, nè
l'irragionevole ostinazione che vuole per forza imporre in questo
campo criteri e metodi inadatti, subordinando l'argomento da stu­
diare al sistema di indagine e non viceversa.
Il nostr� intento è quello di trattare degli studi iniziatici senza
restrizioni, vincoli e preferènzé di alcuna specie. Anche in questo
campo il buon senso, la serietà, il rigore e la diffidenza porte­
ranno migliori frutti, ne siamo pe�suasi, che non la fede, l'entu­
siasmo, la fantasia ed i sentimenti ; e nei limiti delle nostre forze è
quanto cercheremo di fare.

LA DIREZIONE.
IL NECESSARIO RITORNO
Indagine scientifica e speculazione filosofica hanno finito per
ricondurre l'uomo davanti a quegli stessi problemi che esse ave­
vano preteso sfuggire o considerare come superati; hanno guidato
l'uomo moderno in lungo e fantasmagorico viaggio per poi abban­
donarlo presso al punto di partenza,· in cospetto della medesima
ascosa realtà già sommessamente contemplata dall'uomo antico,
dall'uomo di tutte le trascorse età. Gli eterni problemi, o il pro­
blema eterno - unico o molteplice a seconda degli angoli visuali -
restano immutati. Tutto l'umano sapere essoterico si arresta ad un
tratto, quand'è giunto ad un certo confine; comincia il regno del­
l'ignoto, scienza e filosofia vengono fermate da un misterioso
« ESKATO BEBELOI " che viene di dentro le tenebre inviolabili. Se
progresso o differenza vi è oggi ìn confronto b4el passato, con­
siste in questo: la scienza è costretta a riconoscere l'esistenza
d'una realtà ignota nascosta dietro· le apparenze, cioè del mistero.
Parlo naturalmente di progresso o di differenza riferendomi a breve
spazio di tempo, al confronto fra lo stato odierno e le condizioni
di un passato- molto prossimo, ch'è storia di ieri.
Allora gli uomini, stanchi del vuoto: delle metafisiche e disgu­
stati della vanità delle religioni tralignate, si erano rivolti alla scienza
e a quella tal cosa chiamata filosofia_ positiva, con ardore nuovo,
concependo le più audaci speranze. Il metodo cosidetto positivo
conduceva nel campo naturale e fisico a risultati veramente sug­
gestivi, e gli uomini, i quali essendo sfuggiti da un genere di illu­
sioni dovevano crearsene delle altre come è loro naturale destino,
credettero di scoprire con quello la diritta via di tutte le conoscenze,
di tutto il sapere. Si domandarono se passando d'una in altra co­
noscenza fenomenica non sarebbero giunti a penetrare il segreto
del macrocosmo e quello del microcosmo. Il piccolo chiarore del
laboratorio fu proclamato sole dell' Atanòr positivo, capace di illu­
minare ogni oscurità, l'arcano dell'atomo, il mistero dell'Universo,
il segreto dell'Essere. Seguitando a confondere il contingente e il
relativo con runiversale, si andò oltre ogni illogicità, si arrivò alla
follia e alla ciarlataneria; si giunse dove era arrivato il prete di­
mentico e ignaro del lontano esoterismo delle religioni, a promet-
-5-
tere presso a poco quanto il prete divenuto-ignorante aveva attri­
buito ai Numi antropomorfizzati, alle ENTITÀ materializzate e perciò
spogliate di qualsiasi significato e d'ogni primitiva virtù.
Ma sono venute poi grandi libecciate a percuotere le fiorite
fronde della speranza. L'albero della scienza materialista è rimasto •
privo dei suoi fiori e ha perduto molta parte del suo verde• gli
uomini . si sono ritrovati nel punto di prima, però con una deluslone
in più.
••
Anche le esperienze fallite, anche le illusioni, talora producono
qualche effetto utile. Cosi è avvenuto per l'illusione positivista e
materialista: essa ha condotto ad ammettere 'i'insufficienza della
scienza e delle filosofie a conoscere la ragion delle cose, quindi ad
ammettere l'esistenza di un mistero o di misteri.
Il mistero la scienza lo ha ammesso persino con parole ancora
più impressionanti, prese a prestito . dalle religioni altra volta com­
battute, e prese dalla ignoranza ragionante, parole da deplorare
perchè sono assolutamente improprie; per esempio,. Ernesto Haechel
parla di miracolo- Dice egli infatti : - « che cosa è dunque vera­
mente in fondo questo miracolo universale onnipotente che il na­
turalista realista magnifica come Natura e Universo, il filosofo idea­
lista come Sostanza o Cosmo, il pio credente come Creatore o
Dio?,. (1) E Svante Arrhenius per non dire la stessa cosa non giunge
a proporre di rinunciare a investigare sulle origini? e non è cos­
tretto • a un certo punto ad affermare il miracolo sotto la specie
del domma fisico della « vita eterna ,. ? (2)
La grandiosità del mistero che appare esistente agli scienziati,
è tale da indurre taluno d'essi a parlarne con entusiastica ammi­
razione e con trasporto, come accade al Le Bon quando con­
templa la cellula. Dice : « se lo scienziato fosse capace di risol­
ver� con la sua intelligenza i problemi risolti ad ogni istante dalle
cellule di un' infima c reatura, sarebbe cosl grandemente superiore
agli altri uomini, che potrebbe essere considerato da essi come
un Dio •. (3).
Per quanto sia grande l'importanza di tale riconoscimento,
pure le conseguenze di un puro e semplice riconoscimento potreb­
bero essere poco notevoli in riguardo degli uomini che furono il­
lusi. Se dal risveglio dall'illusione null'altro venisse, poco avrebbe
-6-

fatto la scienza per quei suoi fedeli ; li lascierebbe in condizioni


tali che· probabilmente finirebbero o per ritornare in grembo ad
una delle vecchie religioni formaliste. e vuote, o per ricadere in
una specie di medio evo spirituale, o per abbandonarsi alta foia
materialistico-beota-crapulona, dove finiscono tralignati e imbestia­
liti, gli individui in rovina spiritualè e te società prossime al dis­
solvimento. Da quel semplice riconoscimento non ne viene di ne­
cessità una vitate scintilla, perchè questa ci sia occorre dell'altro.
E fortunatamente nel momento stesso di confessare la propria im­
potenza, la scienza si rende veramente utile. Avendo rinunziato
alle stolte negazioni e alle pretese assurde, si raccoglie net campo
e nell'ordine che le sono assegnati - il contingente e il relativo -,
e vi trova impensati conforti. Dove il finito nasconde i suoi con­
fini estremi, che vanno a perdersi nella regione del Mistero, essa
ha costruite te sue opere più ingegnose, le ipotesi. Qualcuna, delle
altre migliore, rievoca improvvisamente il ricordo di un sapere lon­
tano e dimenticato. Se il ricordo è risvegliato in spiriti capaci di
comprendere, allora quelle ipotesi sono come un ponte dal quale
si può andare o risalire nelle chiuse regioni del vero sapere. Quelle
ipotesi coincidono con postulati che la scienza vera, dimenticata e
smarrita o derisa dagli ignoranti di tutti i tempi, antichissima co­
noscenza certa, poneva come principii definiti o dati preliminari
del più vasto insegnamento impartito. esotericamente sotto le cau­
tele della iniziazione. Così ipotesi recenti e recentissime, per e­
sempio quelle sull'elettrono o quelle di Einstein, sono ponti, l'arco
dei quali anzichè. sparire al lato opposto affondando nelle tenebre,­
si posa sul limitare della Scienza maggiore, sulla porta del tempio
dei misteri. Porta e Tempio sono chiusi ; mcl traspare la luce che
brilla dall' Atanòf che vi sta nascosto, I' Atanòr vero conosciuto
soltanto dagli iniziati. Chi vi arriva davanti ha bisogno di vedere,
poco importa se sia giunto dagli incerti e lunghi sentieri della po­
vera scienza del mondo piccolo, tortuosi come il Meandro d'Asia,
invece che dalla sicura via maestra e diritta: ormai ha intraveduto,
non sarà più sordo alle armoniose note della VERITÀ UNA, i
suoni e le parole onde essa si esprime ; non sarà più cieco da­
vanti ai segni manifesti della GRANDE OPERA. Può bussare: se
è bene agguerrito entrerà quando gli verrà aperto, dopo compren­
derà e saprà.
-7-

••
Fu necessario passare per la fase, ormai superata del materia­
lismo scientifico e filosofico� Fra il medio evo e la rinascita spiri­
tuale occorreva fosse inserito un periodo di preparazione. Per
quanto dal finir del medio evo storico in poi si siano avuti innu­
merevoli tentativi di richiamare gli uomini al Vero e di affrettare
il ·rinnovamento spirituale, il risultato doveva essere lento a venire,
remoto rispet,to al tempo e agli avvenimenti storici, perchè era
troppo denso e troppo grave il sedimento di materia accumulato
nei secoli sulla umana sostanza che avrebbe dovuto intendere lo
spiritual soffio dell'Infinito. La decadenza susseguita alla disper­
sione delle scuole dei discepoli di Pitagora, la confusione suc­
ceduta al tramonto degli splendori Orfici, Ermetici e Rabbinici, l' i­
gnoranza sovrappostasi ai lumi gnostici, furono effetto d'una ri­
voluzione della materia. Per legge naturale questa rivoluzione do­
veva compiere il suo intero ciclo.
Però labitur occulte, fallitque volubilis aetas favorevole alle
fuggevoli cose, e noi ci avviciniamo al tempo propizio alla cura
delle cose maggiori.
Mentre la tradizione esoterica, tenuta viva in tanti secoli da
spiriti solitarii formanti una catena invisibile ai profani ed ai pro­
fanatori, riprende novello vigore ; mentre si sta compiendo questo
spirituale ricorso con la sicurezza di una legge ineluttabile, la ma­
teria, la corrente opposta, l'aspetto nero, ciò che sta in basso, su­
bisce la crisi del suo proprio eccesso, si spezza, si schiude, si di­
vide ; e dall'interno di essa tende a fuoriuscire quanto v'ha di più
evoluto, a uscire fuori ed a protendersi verso l'alto e verso la luce.
È questo anche il caso della scienza, la quale giunta al punto di
dover proclamare d'aver incontrato l'ignorabile o il miracolo, trova
la forza di condurre i suoi migliori fedeli presso le vie del misco­
nosciuto esoterismo.
A questo modo si prepara il nuovo ciclo della umana civiltà,
che è un ritorno.
Oltre a tutte le prove che noi conosciamo, oltre alle chiare
imponenti manifestazioni offerte dal simultaneo risveglio vigoroso
della esoterica disciplina in tutto il mondo, vi è un altro indizio di
-S-
eui non posso tacere. Proviamo a tenerci in comunione con gio­
vani di diverse condizioni, anche presi dal turbine della vita degli
affari o dagli ardori de11a politica, abituiamoli a trattenersi con noi
in intellettuali conversazioni che innaliino sovra la materia, verso
spirituali argomenti ; poi proviamo,. scegliendo momenti opportuni,
a fare prudenti accenni a quanto forma oggetto de11a sapienza
degli iniziati. Vedremo allora un'effetto sorprendente. Invece di tro­
vare que11e generali assolute indifferenza e repulsione che furono
constatate sino a ieri (parlare di queste cose sarebbe stato lo stesso
come voler far ascoltare dissertazioni sulla lingua sanscrita), con
meraviglia constateremo come in contrasto con i molti tutt'ora in­
differenti, altrettanti ascoltino con attenzione, parecchi ci seguano
con manifesto interessamento, e qualcuno con trasporto. Le nostre
parole hanno trovato spiriti pronti a riceverle, spiriti ai quali pro­
babilmente occorreva od occorre l'impulso dato da una causa oc­
casionale p_erchè la toro evoluzione abbia a prendere un diverso
corso e avviarsi a svolgersi nello stesso senso de11a nostra.
Questo ha grande significato. Le verità nostre essendo com­
prensibili soltanto da chi ha un particolare sviluppo spirituale, dob­
biamo ritenere il consenso e la simpatia ottenuti da11�, nostre pa­
role evidenti indizii che si va preparando la condizione spirituale
favorevole. Insieme con tutti gli altri segni ed indizii questo pure
contribuisce a dare la certezza della prossima venuta di un tempo
in cui il HIEROS LOGOS potrà essere udito da ben più vasta
cerchia d'uomini.
Come nella primavera Crotonense schiere di eretti fuggivano
il profanissimo volgo per chied�re l'iniziazione Pitagorica, cosi nel
prossimo avvenire gli eletti· verranno in più grande numero a do­
mandare il conforto della Sapienza Antica ed Immortale.

MANLIO MAGNANI

(1) E. HAECHEL - / Problemi dell'universo. Conclus.


(2) S. ARRHENIUS - // Divenire dei Mondi. cip. VIII
(3) o. LE BON - L' Bvolutlon des Forces.
-9-

L'ATANÒR
Secondo Albert Poisson (Théories et symboles des Alchimistes,
pag. 106) « il vero ATANÒR. � .. è una specie di fornello a river­
bero che si può smontare in tre parti. La parte inferiore contiene
il fuoco ; essa è buchereliata per permettere l'accesso all'aria e
presenta una porta. La parte media, pure cilindrica, offre tre spor­
genze disposte a triangolo su cui riposa la scodella contenente
l'uovo. Questa parte è bucata, secondo uno dei d,iametri, da due
buchi opposti, chiusi da dei dischi di cristallo, il che permetteva
di vedere cosa succedeva nell'uovo. Infine la parte superiore, piena
sferica, costituiva una cupola o riflettore, che riverberava il calore.
Tale era l'atanòr generalmente usato ».
Martino Ruland nel suo Lexicon Alchemiae (Francoforte 1602)
a pag. 76 dice : « I'Atanòr, che è filosofico, ed è detto arcano,
è forno composto che fornisce all'arcana pietra dei filosofi da ela­
borare, calore conveniente dove il fuoco non tocca il vaso ».
La stessa cosa dice Guglielmo Johnson nel suo Lexicon Chy­
micum (Cfr. Bibl. Chem. Mangeti, Tomo I, pag. 280) ; ed a pag.
226 dello stesso volume egli aggiunge che l'athanòr è anche chia­
mato athanar.
Ed anche il Guaita (La Clef d_e la Magie Noire, Paris, 1902,
pag. 703) dice che « l'athanòr, o fornello immortale, è così chia­
mato perchè il fuoco deve bruciarvi senza tregua, fino alla perfe­
zione dell'elisir ».
Per altro, data l'analogia dei fenomeni della natura, e la pos­
sibilità e consuetudine di applicare analogicamente uno o più sensi
allegorici alle parole ed ai simboli usati in esoterismo, la parola
Atanor, applicata all'alchimia spirituale, ha pure un altro importan­
tissimo significato. « Quando i maestri di alchimia, rlice Eliphas
Levi (Dogme de la Haute Magie, 1861; pag. 254) dicono che oc­
corre poco tempo e poco denaro per compiere le opere della
scienza, quando affermano sopratutto che un sol? vaso. è _ neces­
sario, quando parlano del grande ed unico atanor che tutti pos�
sono mettere in opera, che è sotto la mano di ognuno, e che gh
-.IO -
uomini posseggono senza saperlo, fanno allusione all'alchimia filo.
sofica e morale ,. .
La più· antica menzione in alchimia della parola athanòr si trova
a quanto ci risulta, negli scritti del grande filosofo ed alchimista
Raimondo Lullo (1205-1313), e precisamente nella Elucidatio. Te­
stamenti Raimondi Lulli, che si trova anche riportata da Jo. Man­
geti a pag. 823 del Tomo I della sua Bibliotheca Chemica (1702).
Essa è contenuta nel capitolo III di questa elucidazione, che è in­
titolato Capitulum tertium de Furno ; e poichè si tratta di un au­
tore tenuto in alta considerazione dai figli di Ermete e di un brano
assai importante sopratutto nel senso dell'alchimia spirituale, re ri­
portiamo la traduzione.

Capitoio lii, del Forno.

« Parleremo del nostro forno ma sarà cosa. gravissima il rife­


rire il segreto del nostro forno, che gli antichi filosofi hanno ce­
lato : imperocchè nei nostri libri abbiamo descrittQ varii forni,
quantunque facciamo uso di un unico forno, che si chiama athanòr,
la cui interpretazicne è fuoco immortale : perchè produce un fuoco
perdurante sempre egualmente nel -medesimo grado, da principio
fino alla fine della nostra pietra, fuoco vivificante e maturante.
Figlio, da ascolto ai nostri detti, e comprendi che il nostro
forno è composto di due parti, bene otturato nella giuntura della
chiusura : di cui il congegno è questo. Il forno si faccia grande o
piccolo secondo la quantità della materia ; poichè una grande quan­
tità di materia richiede un forno grande, una piccola, a modo di
forno distillatorio, col suo coperchietto fermamente chiuso, cosic­
chè quando il forno sia composto col suo coperchietto, abbia ap­
pena un unico spiraglio, in modo che il calore del fuoco acceso
possa respirare : imperciocchè il fuoco della natura questo solo ri­
chiede dal forno e niente altro. E la chiusura della giuntura di que•
sto nostro forno viene chiamata sigillo di Ermete e dei sapienti,
perchè soltanto ai sapienti è notò, e mai da nessun filosofo è stato
espresso, ma è riservato in sapienza, quel che nella sua comune
potestà custodisce•.
Non staremo a commentare questo brano. Riferire il segreto del·
l'athanòr è effettivamente come dice il Lullo, cosa gravissima; anche
- Il -
perchè, per i profani è ìnesp:imibile. Alla stessa maniera non è possi­
bile esprimere che cosa sia la luce in modo intelligibile ad un cieco
dalla nasçita. Per questa ragione gli alchimisti hanno sempre detto
che solamente per mezzo dell'esperienza si può arrivare a cono­
scere la pietra dei filosofi, e che questo non può avvenire che
grazie al-l'insegnamento. di un maestro o per dono di Dio. Alcuni
particolari del brano citato sono per altro assai interessanti, come
_
quello relativo alla respirazione, che effettivamente durante la grande
opera. si attenua sino al minimo ; e possono attestare quale fosse
la sapienza del Maioricano.
L'interpretazione di athanòr data dal Lullo, sopra riportata, cor­
risponde al risultato principale della grande opeta di alchimia spi­
rituale, e corrisponde anche ad una etimologia dal greco à-,'J a rai-o5
immortale, da cui a-thanòr, che è data dal Oictionnaire Universel
(Paris 1866).
Ma ci sembra assai più verosinile e filologicamente corretta
l'etimologia che ne dà il Ragòn nell� Orthodoxie Maçonnique sui­
vie de la Maçonnerie Occulte et de l'initiation hermétique. (Paris
1853, pag. 548). « Si chiama afhoenor (da tannour, forno, in ebraico),
a causa del fuoco che vi si intrattiene, senza discontinuità, du­
rante l'operazione, e di cui i gradi sono proporzionati alla capa­
cità del fornello e dei vasi ed alla quantità delle materie che conten­
gono ». Ed effettivamente la parola ,m� ihannur, che significa for­
nace, forno e si trova nell'antico testamento, quando sia prece­
duta dall'articolo :,, ci dà proprio a-thannur.
Da questa antica parola ebraica od aramaica è venuta poi,
secondo il Oozy (Supplement aux Dictionnaires Arabes, Leida 1881)
la parola araba at - tannur, cioè at = al = la e tannùr = fornace
(cfr. A New English Dictionary del J. H. Murray 1888).
Nelle Congeries Paracelsicae Chemiae de Transmutatione me­
tallorum (cfr. Voi. I. pg. 571 del Theatrum Chemicum - Ursellis 1602)
è detto che il forno è « Athanor chemico nomine vocatus ·ab anti­
quis ». Già dal trecento infatti abbiamo trovata questà parola ado­
perata dagli alchimisti occidentali, i quali la presero, come accade
sempre per i termini -tecnici, dagli alchimisti ebrei o più verosi­
milmente da quelli arabi del medio evo.
A. R.
- 12 -

L'INSEGNAMENTO INIZIATICO
Sembra che, in un senso abbastanza generale, non ci si renda
un conto molto esatto di ciò che è, o di ciò che dovrebbe essere,
l'insegnamento iniziatico, di ciò che lo caratterizza essenzialmente,
differenziandolo profondamente dall'insegnamento profano. Molti,
in simile materia, prendono le cose in un modo troppo superficiale,
si fermano alle apparenze ed alle forme esteriori, e così non ve­
dono, comè particolarità degna di nota, nulla più dell'uso del sim­
bolismo, di cui non comprendono affatto la ragione d'essere, si
può anche dire la necessità, e che, in queste condizioni, non pos­
sono sicuramente trovare che strano e per Io meno inutile.
A parte ciò, essi suppongono che la dottrina iniziatica, in fondo,
non è guari che una filosofia come le altre, un po' differerite forse
per il suo metodo, ma in ogni caso niente di più, perchè la loro
mentalità è così fatta che sono incapaci di concepire altra cosa.
E quelli che acconsentiranno lo stesso a riconoscere all'inse­
gnamento di una tale dottrina qualche valore da uno o da un
altro punto di vista, e per motivi qualunque, che non hanno abi­
tualmente nulla di iniziatico, non potranno mai arrivare anche essi
che a farne tutt'al più una specie di · prolungamento dell'insegna­
mento profano, di complemento dell'educazione ordinaria, ad uso
di un' « elite,. relativa. Ora, è forse ancor meglio negare intiera­
mente il suo valore, il che equivale in fondo ad ignorarlo pura­
mente e semplicemente, che trascinarlo così in basso e presentare,
troppo spesso, in suo nome ed al suo po!lto, l'espressione di ve­
dute particolari, piu o meno coordinate, su ogni sorta di cose che,
in realtà, non sono iniziatiche nè in sè stesse, nè per il modo con
cui vengono trattate.
E, se questa maniera per lo meno difettosa di concepire l' in­
segnamento iniziatico non è dovuta, dopo tutto, che all' incompren­
sione della sua vera natura, ve ne è un'altra che lo è presso a
poco altrettanto, benchè in apparenza affatto contraria a quella.
È quella che consiste nel volere ad ogni costo opporlo all'insegna­
mento profano, pur attribuendogli d'altra parte per oggetto una
- 13 -
certa scienza speciale, più o meno vagamente definita, messa ogni
momento in contradizione ed in conflitto colle altre scienze e
,
sempre proclamata superiore ad esse senza che se ne sappia troppo
il perchè, quando essa non è nè meno sistematica nella sua espo­
sizione, nè meno dommatica nelle sue conclusioni. I partigiani
di un insegnamento di questo genere, se- dicente iniziatico, affer­
man bene, è vero, che esso è di tutt'altra natura dell'insegna­
mento ordinario, sia scientifico, filosofico, o religio.so ; ma non danno
di questo alcuna prova e, disgraziatamente, non si fermano lì in
fatto _di affermazioni gratuite o ipotetiche. .Ma vi è di più; raggrup­
pandosi in scuole multiple e sotto denominazioni diverse, essi si
contraddicono ira di loro non meno di quanto essi non contraddi­
cano, spesso per partito preso, i rappresentanti dei diversi rami
dell'insegnamento profano, il che non impedisce a ciascuno di loro
di pretendere ad essere creduto sulla parola e considerato �omc
più o meno infallibile.
Ma, se l'insegnamento iniziatico non è il prolungamento del­
!' insegnamento profano, come· Io vorrebbero gli uni, nè la sua an­
titesi, come sostengono gli altri, se non è nè un sistema filosofico,
nè una scienza specializzata, si può chiedere che cosa è; perchè
non basta di avere detto che cosa non è, bisogna anche, se non
darne una definizione propriamente detta, il che è forse impossi­
bile, almeno tentare di fare comprendere in che cosa consiste la
sua natura. E far comprendere la sua ·natura, almeno nella pro­
porzione in cui ciò può essere fatto, è spiegare ad un tempo, e
proprio per tale mezzo, perchè non è possibile definirlo senza de­
formarlo, ed inoltre perchè ci si è ingannati così generalmente, ed
in qualche modo necessariamente, sul suo vero carattere. L'im­
piego costante del simbolismo neila trasmissione di questo insegna­
mento, di cui forma come la base, potrebbe per altro bastare a
fare già intravederlo, per chiunque rifletta un poco, quando si am­
metta, come è semplicemente logico di fare senza neppure spin­
gersi fino al fondo delle cose, che un modo di espressione al tutto
diverso dal linguaggio ordinario deve essere stato creato per
esprimere, almeno alla sua origine, ed in quanto di origine si può par­
lare, delle idee parimente diverse da quelle che esprime quest'ultimo,
e delle concezioni che non si lasciano tradurre integralmente per
mezzo di parole, per le quali occorre un linguaggio meno limitato,
\
- 14 -
più universale, perchè esse stes�e appartengono ad un ordine più
universale.
Ma se le concezioni iniziatiche sono cosa diversa dalle con­
cezioni profane, si è che esse procedono innanzi tutto da un'altra
mentalità che quella da cui queste procedono, dalle quali esse dif­
feriscono meno ancora per il loro obbietto che per il punto di vista
sotto il quale esse guardano quesfo obbietto. Ora, se tale è la di­
stinzione essenziale che esiste tra questi due ordini di concezioni,
è facile ammettere che, da una parte, tùtto quel che può essere
considerato da un punto di vista profano può esserlo anche, ma
aHora in tutt'altro modo e con tutt'altra comprensione, dal punto
di. vista iniziatico, mentre che, d'altra parte, vi sono delle cose
che sfuggono completamente al dominio profano e che son proprie
del dominio iniziatico, poichè questo non è sottoposto alle mede­
sime limitazioni di quello.
I
Che il simbolismo, che è come la forma sensibile di ogni in­
segnamento iniziatico, sia di fatti, in realtà, un linguaggio più uni­
versale dei linguaggi volgari, non è permesso di dubitarne un solo
istante, quando solamente si consideri che ogni simbolo è suscet­
tibile di int�rpretazioni multiple, per niente in contradizione fra
loro, ma al contrario sompletantesi reciprocamente, e tutte egual­
mente vere benchè procedenti da punti di vista differenti; e, se la
cosa sta cosi, dipende- dall'essere il simbolo la rappresentazione
sintetica e schematica di tutto un insieme di iùe e di concezioni
che ciascuno potrà affermare secondo le sue proprie attitudini men­
tali e nella misura in cui egli è preparato alla loro intelligenza. E
cosi il simbolo, per chi perverrà a penetrarne la significazione pro­
fonda, potr� far concepire ben più di tutto quel che è possibile
esprimere per mezzo delle parole; e questo mostra la necessità del
simbolismo: ciò' sta nell'essere il solo mezzo cli trasmettere tutto
quell' inesprirr.ibile che costituisce H dominio proprio dell'iniziazione
o piuttosto di deporre in germe le concezioni di questo ordine
nell'intelletto dell'iniziato, che dovrà in seguito farle passare dalla
potenza all'atto, svilupparle ed elaborarle col suo lavoro personale,
perchè non si può fare nulla più che prepararvelo tracciandogli,
�on del!e formule appropriate, il piano çhe egli dovrà di poi rea­
lizzare m sè stesso per pervenire al possesso effettivo dell'inizia­
zione che egli ha ricevuto dall'esterno solo simbolicamente.
I
\
- 15 -

Ma se l'iniziazione simbolica, che non è che la base- od il so­


stegno de!l'iniziazione vera ed effettiva, è la sola che possa essere
data esteriormente, essa p.uò per lo meno ·venir conservata e tras­
messa anche da quelli che non ne comprendono nè il senso nè
la portata. Basta che i simboli siano mantenuti intatti perchè siano
sempre suscettibili di risvegliare, in chi ne è capace, tutte le con­
cezioni di cui raffigurano la sintesi. Ed è in questo :che risiede il
vero segreto iniziatico, che è di sua natura inviolabile e si difende
per sè stesso dalla curiosita dei profani, e di cui non è che una
figurazione simbolica il segreto relativo di certi segni esteriori. Non
vi è altro mistero che l'inesprimibile, che è evidentemente incomu­
nicabile proprio per questo ; ciascuno potrà più o meno penetrarlo
secondo l'estensione del suo orizzonte intellettuale ; ma quando
pure lo abbia penetrato integralmente, non potrà comunicare ad
I
altri che quello che ne avrà compreso egli stesso; tutt'al più potrà
aiutare a pervenire a questa comprensione quelli soltanto che· vi
sono attualmente atti.
Così, il segreto iniziatico è qualche cosa che risiede ben al
di là di tutti i rituali e di tutte le forme sensibili in uso per la
trasmissione dell'iniziazione esteriore e simbolica, il che non im­
pedisce che queste forme abbiano nonostante, sopratutto nei primi
studii di preparazione iniziatica, la loro funzione necessaria ed il
loro proprio valore, provenienti dal fatto che esse non fanno in
somma che tradurre i simboli fondamentali in gesti, prendendo
questa parola nel suo senso più esteso, e che, in questo modo,
esse fanno in un certo senso vivere all'iniziato l'insegnamento che
gli si presenta, ciò che è la maniera più adegµata e più generai­
mente applicabile di :-,reparargliene l'assimilazione, poichè tutte le
manifestazioni dell' individualità umana 'si traducono, nelle sue con­
dizioni attuali di esistenza, in modi diversi dell'attività vitale. Ma
si avrebbe torto di andare più lontano e di pretendere di far della
vita, come molti vorrebbero, una specie di principio assoluto ; l'e­
spressione d'un idea in modo vitale non è dopo tutto che un sim­
bolo come gli altri, così bene come lo è per esempio la sua �ra­
duzione in modo spaziale, che costituisce un simbolo geometrico
od un ideogramma. E se ogni processo di iniziazione presenta
nelle sue differenti fasi una corrispondenza, sia con la vita umana
individuale' sia anche con l'insieme della vita terrestre, si è che
- 16 -
·1a .ste-ssa evoluzione vitale, particolare o generale, può essere con­
siderata come lo sviluppo di un piano analogo a quello che l'ini­
ziato deve· realizzare per realizzare sè stesso nella completa espa n­
sione di tutte le potenze del suo essere. Sono sempre e dovunque
dei piani corrispondenti ad una medesima concezione sintetica,
di maniera che essi sono identici in principio, e, benchè tutti di­
versi ed indefinitamente variati nella loro realizzazione, procedono
da un Archetipo ideale unico, piano universale tracciato da una
Forza e Volontà cosmica che, senza d'altra!parte pregiudicare in
nulla sopra la sua natura, possiamo chiamare il Grande Architetto
dell'Universo.
Ogni essere dunque, individuale o collettivo, tende, conscia­
mente o no, a realizzare in sè stesso, con i mezzi appropriati alla
sua particolare natura, il piano del Grande Architetto dell'Universo,
ed a concorrere così secondo la funzione che gli appartiene nel-
1' insieme cosmico, alla realizzazione totale di questo stesso piano,
la quale insomma non è che l'universalizzazione della sua propria
personale realizzazione. L'iniziazione vera comincia per un essere
al punto preciso della sua evoluzione in cui esso prende effettiva­
mente coscienza di questa finalità ; e, quando esso ha preso co­
scienza di sè stesso, l'iniziazione deve condurlo, secondo la sua
via personale, a questa realizzazione integrale che si compie, non
nello sviluppo isolato di certe facoltà speciali e più o meno stra­
ordinarie, ma nello sviluppo completo, armonico e gerarchico, di
tutte le possibilità implicate virtualmente nell'essenza di. quest'es­
sere. E, poichè la fine è necessariamente la medesima per tutto ciò
che ha medesimo principio, è nei mezzi impiegati per pervenirvi
che risiede esclusivamente quel che fa il valore proprio d'un essere
qualunque, considerato nei limiti della funzione speciale che è de­
terminata per lui dalla sua natura individuale, o da certi elementi
di essa; questo valore dell'essere è d'altra parte relativo e non
esiste che in rapporto alla sua funzione, perchè non vi è da sta­
bilire alcun paragone di inferiorità o di superiorità tra funzioni dif•
ferenti; che corrispondono ad altrettanti ordini particolari egual­
mente differenti benchè tutti egualmente compresi nell'Ordine uni­
versale, di cui sono, tutti al medesimo titolo, degli elementi ne­
cessari.
Cosi, l'istruzione iniziatica, considerata nella sua universalità,
- 17 -
deve comprendere, come altrettante applicazioni, in varietà inde­
finita, di uno stesso principio trascendente ed astratto tutte le vie
di realizzazione particolari, non soltanto ad ogni cate�oria di es­
seri, ma anche ad &gni essere individuale; e, così comprendendole
tutte, essa le totalizza e te sintetizza nell'unità assoluta della Via
universale. Se, dunque, i principii dell'iniziazione sono immutabili
la loro rappresentazione simbolica non pertanto può e deve variar;
in modo da adattarsi alle condizioni multiple e relative dell'esi­
stenza, condizioni di cui la diversità fa si che non vi possono essere
matematicamente due cose identiche in tutto l'universo, perchè,
se esse fossero veramente identiche in tutto, o, in altri termini, se
fossero in perfetta coincidenza in tutta l'estensione della loro com­
prensione, non sarebbero evidentemente due cose distinte, ma sib­
bene una sola e medesima cosa.
Si può dunque dire, in particolare, che è impossibile vi siano,
per due individui diversi, due iniziazioni assolutamente simili, anche
dal punto di vista esteriore e rituale, ed a fortiori dal punto di
vista del lavoro interiore dell'liniziato. L'unità e l'immutabilità del
principio non esigono affatto l'unità e l'immobilità, d'altra parte
irrealizzabili, delle forme esteriori, e questo consente, nell'applica­
zione pratica che de'fe esserne fatta all'espressione ed alla tra­
smissione dell'insegnamento iniziatico, di conciliare le due nozioni,
cosi spesso ed a torto messe tra loro in opposizione, della tradi­
zione e del progresso, ma non riconoscendo comunque a quest'ul­
timo che un carattere ·puramente relativo. Solo la traduzione este­
riore dell'istruzione iniziatica e la sua assimilazione da parte di
questa e di quella individualità sono suscettibili di modificazioni,
e non questa istruzione considerata in sè stessa ; di fatti, neila mi­
sura in cui tale traduzione è possibile, essa deve forzatamente tener
conto delle relatività, mentre ciò che essa esprime ne è indipen­
dente nell'universalità ideale della sua essenza, e non si può evi­
dentemente far questione di progresso da un punto di vista che
comprende tutte le possibilità nella simultaneità di una sintesi
unica.
L'ip.segnamento iniziatico, esteriore e trasmissibil� nelle f��m�,
non è in realtà e non può essere che una preparazione dell mdt­
viduo a ricevere la vera istruzione iniziatica per effetto del suo
lavoro personale. Si può così indicargli la via da seguire, il piano
2
- 18 -
da tradurre in realtà, e disporlo ad acquistare l'attitudine mentale
ed intellettuale necessaria alla intelligenza delle concezioni inizia­
tiche ; si può anche assisterlo e guidarlo controllandone il lavoro
in una maniera costante, ma è tutto, perchè nessun altro, fosse
pure un Maestro nella più completa accezione della parola, non
può fare questo lavoro per lui. Quel che l' iniziato deve forzata­
mente acquistare da per sè stesso, perchè nessuno nè alcuna cosa
a lui esteriore può comunicarglielo, è precisamente quel che sfugge
per la sua stessa natura ad ogni curiosità profana, vale a dire il
possesso effettivo del secreto. infziatico propriamente detto. Ma,
perchè egli possa arrivare a realizzare questo possesso in tutta la
sua estensione e con tutto quel che essa implica, è necessario che
l'insegnamento che serve in qualche modo di base e di sostegno
al suo lavoro personale si apra su delle possibilità illimitate, e gli
permetta così di estendere indefinitamente le sue concezioni, invece
di rinchiuderle nei limiti più o meno ristretti di una teoria sistema�
tica o di una formula dogmatica qualunque.
Ora, stabilito questo, fin dove può andare questo insegnamento
quando si stende al di là delle prime fasi di preparazione inizia­
tica con le forme esteriori che vi sono più specialmente collegate?
In quali condizioni può esistere tale quale deve essere per com­
piere la funzione che gli è devoluta ed aiutare effettivamente nel
loro lavoro quelli che vi partecipano, purchè solamente essi siano
capaci di raccogliere da per loro stessi i frutti? Come sono realiz­
zate queste condizioni dalle diverse organizzazioni rivestite di ca­
rattere iniziatico? Infine, a che cosa corrispondono in una maniera
precisa, nell' iniziazione reale, le gerarchie che tali organizzazioni
comportano? Sono altrettante questioni che non è possibile trattare
in poche parole, e che al contrario meriterebbero .tutte di essere
ampiamente sviluppate, senza d'altra parte che sia mai possibile
facendolo, di fornire altra cosa che un tema da riflettervi e d�
meditare, e senza avere la vana pretesa di dare fondo ad un ar­
g�mento che_ si estende e che si approfondisce di più in più a
misura _che s1 pro�ede ?�I �uo studio, precisamente perchè, a chi
lo . studia con le d1spos1Z1om di spirito richieste, esso apre degli
orizzonti concettuali realmente illimitati.
RENÉ 0UÉNON.
- 19 -

• Tra gli Adepti del Celeste Impero


Ver so l a . metà del 1914, trovandomi per ragioni di servizio in
.
Cma e . precisamente a Cuen-lin, càpoluogo della provincia di
Cuang-si., una delle meno popolose, ebbi occasione d' incontrarmi
con un di�ti�tissimo e colto mandarino ex intendente generale
dell� P r_ovmc1a, che avevo conosciuto a Roma, quando egli, alcuni
a m . pnma, era venut? in Europa per un viaggio di istruzione.
?
L antica conoscenza s1 trasformò· ben presto in una cordiale ami­
CIZla che egli mantenne con me fino all' epoca,-della sua morte
avvenuta nel 1920. Durante le ore libere del giorno mi recavo
spesso in casa sua, ove, parlando del più e del meno, trascorrevo
un pò più lietamente quel tempo che altrimenti avrei dovuto pas­
sare annoiandomi maledettamente in una cittadina che non offriva
nessuna attrattiva e nessun divertimento. Un giorno, nell' attendere
l'amico' che non era ancora rincasato, mi capitò sotto mano un
volume di letteratura classica cinese (il cui titolo non ricordo esat­
tamente dato il lungo tempo trascorso) e preso dalla curiosità di
osservare la struttura e la composizione di un lib ro cinese antico
ne incominciai a sfogliare le pagine scritte in carattere detto
« a pennello "· Premetto che allo_ra non conoscevo che due o tre
segni della scrittura cinese, pallidi ricor di di una sciagurata prima
lezione di cinese avuta dall' interprete della missione, e non più
r ipetuta pe r una improvvisa avversione per quella lingua. (Nei rap­
por ti colle Autorità mi servivo unicamente della lingua francese,
parlata molto correntemente anche dal mio amico). Sfogli��do,
come dicevo il libr o, i mie i occhi ad un tratto furono colp1t1 da
alcuni segni 'e geroglifici caratteristici t racciati su di un foglio di
carta incollato in mezzo a due pagine del libro. Ero allora molto
più giovane e gli studi iniziatici ed occ_ultistici e_r�no _ per �'e anc?ra
_
incipienti, pur tuttavia quei segni, quei _ge:ogltf1c1 m1 colpirono im­
mediatamente..... Mille pensieri mi commct arono a passare per I�
mente. Quei segni di carattere e significato � rettament� occulti­
stico e rano stati scritti dal mio amico? Er a eglt un occultista? U�
grande membro della Grande Schiera lni�iatica C _ i�e�e ? �ra
_ :��
un tao-sse ? Tali conside razioni mi riempi rono di gwia e mi fec
- 20 -
subito formulare il divisamento di approfittare
dell'ami·c·121•a che
avevo con l ut• per cercare d1• avere qualche comu
nicaz· on
lissima sulla Tradizione Iniziatica Cinese e di avere t � uti-
• . . . . fors anco
de1 prez1os1ss1m1 ammaestramenti.
Non star� �ui � narrare quali sforzi dovetti compiere
e quanto
t�mpo dovetti �mp1eg re per indurre l'amico a cedere alle
� mie in­
s1stenze e soddisfare 11 mio ardente desiderio di conoscere
_ ... Non
?trò nemmeno, a quale espediente dovetti ricorrere per distru
_ _ ggere
m lut le ultime riluttanze. Dirò solo che un bel giorno egli final­
mente parlò ... Non ricordo bene ma mi pare che per circa tre mesi
io non feci altro che ascoltare tutto quello che il maestro mi ve­
niva insegnanC:o giorno per giorno, non tralasciando la sera di me­
ditare fino a tarda ora su quello che avevo sentito ed appreso
durante il giorno. Questa comunicaziqne di dottrina attanagliò mag­
giormente i nostri cuori, tanto che un giorno, facendomi ardito,
gli chiesi ali' improvviso di essere accompagnato a visitare uno
dei tanti misteriosi Saggi che vivevavo come eremiti, fuori, lontano
dalla città, e dei quali egli mi aveva parlato sempre con rispetto
ed ammirazione. Mi aspettavo certamente un no secco e deciso
ma invece egli con mia somma meraviglia sorridendo mi rispose
ehe attendeva una tale domanda che sapea sorta spontaneamente
nella mia mente non certo. dettata da una vana curiosità. « Ricor­
dati - mi disse, ricordati di meditare su quanto vedrai e udrai.
Ricordati ancora che tutto ciò che vedrai e udrai è segreto per te,
almeno fino all'epoca del tuo ritorno in Patria. Domattina all'alba
ti verrò a prendere » ••••• Tornato al baraccamento italiano passai
una notte insonne attendendo con ansia febbrile il sorgere del­
l'alba. Verso le 5 infatti con una puntualità militare il maestro
(d'ora innanzi lo chiamerò così) mi venne a prendere e munitici
di alcuni cibi e di una fiaschetta d'acqua ed orzo ci mettemmo
speditamente in cammino. Il tragitto dalla città alla mèta si compì
senza che io me ne accorgessi e senza che io prestassi attenzione
il
ai luoghi che attraversavamo, tanto ero attento ad ascoltare
ti no­
Maestro che strada facendo mi comunicava delle importan
assi­
tizie. Ascoltami - mi disse fra l'altro • io sono in grado di
fiorente e attiva,
curarti che oltre la setta dei Tao-sse, oggi ancor
regione
esistono net Celeste Impero e precisamente in quella vasta
e l'alto
che è compresa fra l' Hoang-ho, l' Janng-tsse, il Kiang
- 21 -
Cuen.--'1un, num.
erosissimi iniziati , i quali , pur non cost'tI uend
o una
vera e prop ria .
d1ram .
az1?ne dei Taoisti, pur non costituendo una
setta,_ un aggregato uniforme vero e proprio, pur non essendo
_
lega!• �a alcun vmcolo� for�ano tuttavia una grande famiglia di
stud1os1, op�rante nel sllenz!o degli eremi e degli Hiang-so.�(1)
Lungo 11 corso dt. un fiume, sulla cima di qualche collina e
.
dt una montagna, nella sella di una valle nelia strettura di una
g_ol�, ovu�que si trovi un sito quieto lont�no dai villaggi e dalle
c1tta, al riparo delle curiosità altrui, lì sorge un modesto abituro di
legno non più alto di 3 o 4 metri di forma ora quadrata, ora ret­
tangolare (spesso ttiangoiare), circondato esternamente da una
fitta rete di canne da zucchero. Sopra il tetto di stuoie, i lunghi
rami di licci e di cuen-lan s' intrecciano e si abbracciano fra loro
formando una volta artisticamente naturale, sicuro riparo dai raggi
solari in estate. Queste modeste abitazioni sono i templi immensi
di alcuni saggi che vivono solitari, o in compagnia di qualche
giovane da iniziare alle grandi scienze, cibandosi di ortaglie e di
frutta e spesso di radici. Attorno a qualcuna di queste abitazioni
sorge una piccola zona di terreno coltivata con cura, il che lascia
supporre anche una piccola attività agricola da parte del miste­
rioso Eremita. Spesso verso le ultime ore del giorno e la mattina
prestissimo da un piccolo foro praticato nel tetto esce un fumo
ora grigiastro, ora rossastro : è l'ora del massimo lavoro. « Ed ora
carissimo amico, esclamò il Maestro interrompendosi, eccoci
giunti. Io ti lascio un momento per recarmi a parlamentare con il
misterioso abitante allo scopo di ottenere il permesso d'introdurti».
Così dicendo egli si scostò ed inerpicandosi su per un trat­
turo scomparve attraverso una siepe di canne da zucchero. Ap­
profittando di quel momento di pausa, io mi volsi indietro e
ammirai meravigliato il lungo cammino che avevo percorso senza
accorgemene, tanto ero stato attento ed avvinto alle int�ressant!
parole della mia guida. Ero sopra una collina lussureggiante dt
vegetazione dalla quale dominava con lo sguardo la sottostante

(1) Io ho trascritto questo ed altri nomi cinesi cosi come li ho _ po­


tuti ricavare da un taccuino d�I quale mi servii allora per r�ccoghe�e
alcuni appunti sulla mia permanenza nella Cina - chiedo vema rerctò
se per qualcuno l'ortografia non è esatta.
- 22 -
valletta nella quale si trovavano i baraccamenti italiani. L'attesa mi
parve lunga; ed impaziente attendevo il ritorno del mio introdut­
t?re. Finalmente dopo alcuni minuti che a me parvero secoli egli
ricomparve affacciandosi attraverso il canneto e mi fece segno di
salire. Il cuore mi pulsava violentemente in petto, mentre un sudore
-m' imperlava la fronte : feci uno sforzo ed aiutandomi con le mani
giunsi ad inerpicarmi fino al canneto. La mia cortese guida mi
fece cenno di costeggiare il canneto stesso fino a trovare una
porticina e lì giunto mi disse di attenderlo. Più che camminare
corsi attraverso la fitta vegetazione che circondava la siepe di
canne, e giunsi quasi subito presso una porta praticata nella pa­
rete più bassa della siepe.
« Entra, oh amico - esclamò la mia guida aprendo la piccola
porta - entra sicuramente. Lo stesso Eremita ti prega di entrare
in questa modesta casa troppo piccola per lui ma forse troppo
grande per te. Essa ha per volta il cielo, per terreno la crosta del
nostro pianeta. Entra, oh amico, e che tu possa esser più felice
quando ne uscirai ». Così dicendo egli mi prese per mano e fa.
cendomi passare attraverso la stretta apertura m' introdusse in
una specie di orto che circondava una modesta abitazione fatta di
tavole di legno e ricoperta di stuoie inchiodatevi sopra, non p.iù
alta di 3 m. e mezzo o 4, senza finestre con una piccola apertura
funzionante certamente da ingresso. Guardando per terra, il mio
volto, ad un tratto, scorgendo un non so che di. strano, dovette
esprimere la più grande meraviglia, perchè la mia guida fu subito
pronta ad esclamare : « Ma che vedo ? Tu ti meravigli troppo
presto. Cosa hai visto? Ah ! comprendo, hai scorto qui per terrà
entro questa piccola fossa scavata nel suolo, un alambicco di
vetro. Niente meraviglia, esso contiene un liquido di gran pregio
che è stato esposto appunto ai sorgenti raggi àel sole per otte­
nere una speciale reazione. E giacchè vuoi meravigliarti ecco qui
un curioso arnese " e cosi dicendo stese la mano indicandomi un
prisma di vetro, sostenuto per la base piana da un'asta di legno
snodata a guisa di perno in modo da permettere il giro del pri­
sma su sè stesso e in tutte le direzioni. - « Siamo di fronte ad un
oggetto di grande importanza. Non credere che sia una stazione
eliografica. Tutt'altro. Esso ha un altro uso. N\a io non posso
,rivelartelo. E questo-piccolo forno di argilla e creta rossa cinese•••
- 23 -
Ah quante volte esso riceve nel suo seno prez1•0s1• meta11·1, er
. - be
sconoscm• te per t rasf ormarle m portentosi balsami. Ma ora entriam
· o,
abb1amo
• g1 1 molto f atto attendere il padrone di..... casa "·
. "à. d"
Cos1 dicendo bussò un piccolo colpo con la nocca delle man
_ i
s_u un p1cc?lo �ong a�peso ai lati della porta. Di dentro una voce
fioca quasi uscisse dt sotterra pronunziò alcune parole in cinese
che il Maestro subito �i trapusse unitamente alle risposte che eglÌ
stesso man mano v�mva dando all'Eremita: « Io sono un figlio
del Celeste Impero, intento a finire la mia vita bassa in silenzio
e meditazione. E tu chi sei ?
Ed il Maestro in mia vece rispondendo : Egli è un mio amièo
è quello di cui ti ho parlato. Egli chiede la gran ventura di esser�
umilmente ammesso alla tua mensa e ti chiede ciò tenendo le mani
come il nostro Budda ci indica il cielo e la terra ... E così dicendo
il Maestro unendo l'atto alle parole mi costrinse a prendere tale
posizione della quale (allora) non sapevo rendermene ragione.
Tutto ad un tratto la stuoia che serviva di porta si sollevò
lentamente lasciandomi scorgere un essere che mi parve non avere
nulla di umano. Quasi intimorito arretrai di pochi ·passi atteggiando
certamente il mio viso a timore e paura nello stesso tempo, tanto
da costringere il mio• Maestro ad avvicinarsi ed a prendermi sotto
braccio mormorandomi : « Smetti quell'aria di timore, potresti com­
promettere la nostra visita e farci cacciare ». Calmato e rassicurato
osservai .attentamente l'Eremita che ora vedevo in tutta la persona.
Immaginate un essere non più alto di un metro e mezzo, incarta­
pecorito, rattrappito nelle membra, dal volto grinzoso e di una
magrezza orridamente spaventosa, dalle mani scarni e ùssute, ri-.
vestito di una cappa nera, sulla quale era disegnato al centro
del petto un sole raggiante. Seguendo il consiglio del mio Mae­
stro e vincendo un disgusto naturale, mi lasciai prendere per
mano dall'Eremita e mi lasciai fissare negli occhi dai suoi, ardenti
come carboni accesi. Immediatamente provai una specie di calore,
mi sembrò che una vampata mi avesse sfiorato il viso e �he un
peso enorme mi premesse sullo stomaco. Ad una �tr�tta �1. �ano
dell'Eremita più forte sentii un non so che aggrov1gharm1SI 1?ter­
namente e salire violentemente alla gola quasi volesse uscirne.
- 24 -
Ma tutto ciò fu un attimo. (1) Riavutomi e sempre guidato dall'Ere­
mita e consigliato dalla cortese guida mi tolsi prima le scarpe,
poscia mi lavai ambo le mani in una brocca dì creta. Finalmente
dopo questo cerimoniale, che m' interessava non poco, entrai nella
casetta.
Il Saggio (d'ora innanzi chiamerò per brevità così l'eremita)
mi invitò con cenni a passare attraverso una seconda porta co­
perta da una stuoia, in una specie di cameretta. Il locale era un
quadrato perfetto con le pareti ricoperte di stuoie; il pavimento
era cost;tuito dalla nuda terra battuta e compressa, solo un soffice
tappeto di vien-goore ne ricopriva il centro. Nessun mobile, nes­
suna suppellettile, dei piccolissimi tappeti di stuoia erano disposti
in un angolo all'uso cinese per accoccolarvieisi sopra. Uno sga­
bello di legno di forma tronco - cilindrica era presso il tappeto
centrale. Un piccolo ed artistico lume ad olio fatto di ceramica
lavorata sospeso al soffitto da una corda annodata, spandeva una
luce mistica nella stanza. Nessuna finestra. Ad un cenno del saggio
mi misi a sedere per terra sopra uno dei tappeti di stuoia ed
attesi in silenzio. Non appena il mio amico si sedette, il saggio
dopo aver scambiato con lui delle 'parole uscì dalla porta per la
quale eravamo noi poco prima passati, rientrando dopo pochi se­
condi conducendo per mano una giovane cinese di circa 20 e 25
anni, magra pallida completamente nuda con il capo rasato e privo
del tradizionale zoccolo. Questi preparativi non tardarono a farmi
comprendere che dovevo fra breve assistere ad una interessante
seduta e perciò oramai ambientato assunsi un'aria di disinvoltura
che tanto piacque alla mia guida la quale mi guardò sorridendo
ed approvando. Osservai attentamente che la giovane non pre­
sentava nulla di straordinario e notai che non aveva caratteristiche
somatiche speciali o eccezionali. Il saggio mi fece dire per mezzo
della guida di visitare accuratamente la giovane, nel mentre che
egli stesso per delicatezza si ritirava in fondo alla stanza. Visitai,
incuriosito, accuratamente la giovane sotto le ascelle, nell'inguine,
nella bocca, nelle orecchie, fra le dite e dichiarai al maestro sen-

(1) - Quello che provai allora in quella circostanza, oggi non saprei
esprimere con parole. Sento che la parola è insufficiente a esprimere un
Jenomeno di quel genere.
- l!S -
z'altro che nulla avevo da osservare. Frattanto ·u saggio aveva
ordinato alla giovane di distendersi per terra e sul tappeto che si
trovava al centro della camera e le ordinò di rivolgere il viso
verso di noi. La giovine che si dimostrava molto intelligente con
l'elasticità caratteristica dei cinesi si distese supina per terra e volse
il suo pallido viso verso di ,noi. A tal punto noi tutti ci trova­
vamo così disposti nella stanza: il saggio in piedi in un angolo,
la giovane al centro distesa per terrn, io e il. mio maestro poco
discosto seduti per terra e rivolti verso la giovane, distante da
noi oltre un metro. Il saggio si tolse primamente la cappa nera e
i sandali e venne presso di noi per farsi anch'egli visitare. L'ispe­
zionammo, il maestro ed io, quel corpo che così hudo era più
spaventosamente ed orridamente scheletrico, ma nulla trovammo
da ridire dopo un'accurata ·visita. Il· saggio dopo di ciò ci pregò
di rimanere in "8ilenzio ed attenti. Con piccoli passi andò a mettersi
ai piedi della giovane e voltandole le. spalle cominciò a muoversi,
ad arrancare le braccia nello spazio, quasi volesse girare dei pe­
santi volani. Man mano che egli accelerava un tale movimento,
la giovane cominciò Jl iussultare, gli arti mi sembravano privi di
ossa tanto si contorcevano; gli occhi si aprivano e chiudevano
violentemente, le dita annaspavano nel vuoto, il corpo tremava, si
agitava, sussultava, sembrava quasi ·che violente scariche elettriche
lo investissero. Finalmente dopo circa cinque o sei minuti il saggio
sembrò soddisfatto del suo lavoro e volgendosi pian piano e senza
mai guardare il soggetto {chiamerò così per intenderci la giovane
succube alle azioni del saggio) venne a mettersi presso di noi.
Oh meraviglia I Il saggio era trasfigurato: non piu le grinze sul
volto, non più gli occhi infossati. Egli sembrava un'altro. Eretto
nella persona mi apparve ringiovanito di quarant'anni almeno, gli
occhi mi apparvero limpidi, chiari, ma dotati di uno sguardo vivo
e brillante. Anche il corpo che poc'anzi mi era sembrato schele­
trico ora appariva notevolmente ingrassato. Il mio maestro mi sug­
gerì avvicinandosi: « Egli è redivivo, ha trasmutato per mezzo del
magnesio della luce astrale ( 1 ). Ad un tratto un lamento debole

(I) Le precedenti parole non sono effettivamente quelle pron�nciate


dal Maestro - Esse di sapore e di significato prettamente occidentale
sono invece la versione del concetto corrispondente comunicatomi con
- :26 -

ma distinto si fece udire nella stanza, distolsi gli occhi dal sag g·
IO
e guardai il soggetto. Era egI.1 che s1. Iamentava: grosse gocci
e
di sudore gli imperlavano la fronte ed un leggero tremito g li si
propagava per tutto il corpo dai piedi al capo, mentre gli occhi
fissavano ostinatamente il soffitto e mentre nella regione ipoga­
strica sinistra un leggero gonfiore venivasi man mano manifestando.
Il soggetto era in istato simile alla catalessi. Fummo invitati il
maestro ed io ad alzarci per controllare di nuovo il soggetto e
fummo anche pregati di assicurarci del suo stato speciale. Già
avvezzo a questi stati speciali non feci a meno di ispezionare il
corpo desiderando osservare solo le condizioni fisiche del soggetto
prodottesi durante quella specie di catalessi.. ...
Notai anzitutto la fissità dello sguardo, numerose lagrime ac­
cumulatesi nella cavità orbitale, irrigidimento dei muscoli flessori
ed estensori, anestesia generale. E fin qui nulla mi parve nuovo
e straoo. Ciò che mi meravigliò fu la mancanza assoluta, o per lo
meno apparentemente assoluta, della respirazione e l'enorme affie­
volimento della funzione cardiaca. (I) Proceduto all' ispezione ed
alla visita del soggetto fui invitato a sedermi di nuovo presso il
Maestro. Rimessomi a sedere nel guardare nuovamente il soggetto
potetti notare che il gonfiore sul fianco sinistro andava vieppiù
accentuandosi. Ad un tratto essendosi affievolita la luce prodotta
dal lume (non so se ciò avvenne o per caso per preordinata mano­
vra del Saggio) vidi uscire dal fianco del soggetto un sottile cor­
done scuro che si alzava pian piano fermandosi poi a circa un
metro da terra. Io, che non mi attendeva· un simile fenomeno
prestai un'attenzione maggiore e ciò che mi meravigliò ancor di
più fu il veder delinearsi al di sopra dell'estremo limite del cordone,
un non so che di indecisamente bianco, una specie di velo tra­
sparente fluidico, di apparenza lanosa. Il Saggio a tal punto venne

espressioni ben diverse e secondo la Tradizione Orientale - Mi sono


avvalso dei termini : trasmutare, magnesio, luce astrale, che più mi sem­
brano adatti a tradurre le frasi pronunciate dal Maestro.
(1) Oltre a ciò notai un'abbondante perdita di urina e di feci circ o­
ant
stanza questa c!·e non ho voluto omettere per non togliere sì import �
di susc�iti bilit à dei
particolare dalla narrazione, sicuro non urtare la
cortesi lettori.
- Z7 -
a sedersi presso di tnl.! e mi fece dire dal Maestro che d'allora
innanzi dovevo ritenerlo estraneo ad ogni altra manifestazione. li
Maestro anzi aggiunse che dovevo osservare attentamente tale
fenomeno e di non credere affatto di trovarmi in presenza dello
spirito di un trapassato che si benignava scendere sulla terra per
prestarsi alle nostre brame. « Pensa egli mi disse che tu ti trovi
in :1resenza del doppio io della giovine che funge in tal frangente
da soggetto ». « E qui il mio maestro, infatuandosi, mi disse che
questo fluido è quello che sopravvive alla materia, e che è esso
che si inalza libero nelle zone celesti astrali se il corpo cui ap­
partenne in vita non gli impedì di spiritualizzarsi, e che è esso
che cercherà affannosamente sulla terra il corpo se in vita questi
fu da falsi piaceri attratto. Gran ventura per te « concluse il Saggio
alla fine di una lunga descrizione che io non posso nè so ricor­
dare, se da questa piccola esperienza p'otrai trovare una chiave
importantissima. li fluido frattanto era notevolmènte cresciuto ed
aveva assunto la forma di un fuso alto circa un metro, congiun­
i gendosi (almeno così mi parve) col sottile cordone uscente dal
l fianco sinistro del soggetto.
) Non appena il Maestro ebbe finito di parlarwi, il fluido co­
:i minciò a girare per la stanza, ora alzandosi, ora abbassandosi,
!I. rimanendo però sempre legato col cordone al corpo del soggetto.
,- Ad un tratto lo vidi alzarsi e poi abbassarsi violentemente, poi
·- correre verso il lume in alto, avvolgerlo, alzarlo, lasciarlo ricadere
il e poi trascinarlo seco a terra, quivi lasciarlo, indi riprenderlo e
[) scaraventarlo rapidamente contro una parete di fronte; senza che

..,
il lume in questo frattempo "si fosse spento o frantumato. Il mio
cappello, il tong del Maestro seguirono ben presto nei viaggi

aerei il tragitto percorso dal lume per poi tornare di nuovo sul
e
nostro capo come guidati da una mano invisibile. Dopo di ciò il
fluido venne verso di me, mi girò dapprima attorno e poi mi av­
viluppò dandomi una sensazione vivissima di peso e di soffoca­
o mento, quasi mi sentissi premere addosso un gran peso, mentre
un panno mi coprisse il volto. Ma fu un istante : il fluido era già
in mezzo alla stanza, all'altro lato. A tal punto, assumendo pro­
porzioni più grandi ma più indecise si tinse in giallo chiaro da
e una parte e di azzurro chiarissimo dall'altra, assumendo rapida­
mente come in una caleidoscopia mille sembianze: umane, animali,
- 28 -
grotteschi, oggetti varii, e poi nuovamente umane. Foggiò prima
il volto di un uomo, poi quello di una donna, poi quello di un
cinese vestito da gran dignitario, poi, oh meraviglia, riprodu�se i e
sembianze nostre, prima quella mia poi quella del Maestro ed in
ultimo quella del Saggio. Terminata questa ridda di immagini as.
sunse quella del soggetto riprendendo dopo di ciò la forma pri­
mitiva più piccola e più intensa. Supponendo qualche mezzò pro­
iettivo attraversai ali' improvviso la stanza, visitando accuratamente
tutti i lati, alzai le stuoie, ma dovetti convenire che nulla di trucc o
vi poteva essere, Ad invito del Saggio rivoltomi dal Maestro fui
pregato di far formulare dal Saggio alcune domande da me com­
poste al soggetto, (af soggetto mi fu detto e non al fluido) che
in quel momento ad un segno del Saggio sembrava riprendere
vita. Infatti quel Corpo si mosse leggermente, le palpebre prima
• fisse si cominciarono a muovere, le labbra prima immote presero
ad agitarsi, le dita delle mani tremarono leggermente.
Formulare una domandai Non mi fu cosa facile. Mille me ne
vennero in mente e mille ne ricacciar indietro· credendole inadatte.
Finalmente mi decisi e chiesto al Maestro quale genere di domande
dovessi rivolgere al soggetto, formulai la seguente (Ja riproduco
come la ricordo): Desidererei conoscere se il.soggetto può attra•
versare con il doppio lo spazio immenso.
La risposta fu pronunziata dai soggetto con voce fiochissima
mentre un tremito lo assaliva. (Tutte le domande da me rivolte
al soggetto e tutte le risposte da questo date, venivano tradotte
dal mio Maestro e trasmesse dal Saggio). Io non conosco spazio,
'..

non so cosa vuol dire spazio.


La seconda domanda fu la . seguente: Questo orologio c�e
tengo in mano è .un vecchio ricordo di famiglia. Da chi mi fu
dato? E così dicendo presentai al Maestro un orologio che avevo
indosso, effettivamente vecchio ricordo di fàmiglia. Il Maestro
consegnò l'orologio al saggio che lo pose sul petto del soggetto.
A tal punto il fluido vibrò di una luce più intensa, si accovacciò
presso i piedi del soggetto e questi quasi fosse .invasato da una
febbre violenta cominciò a tremare più fortemente. Un lungo silenzio
precedette una risposta detta a voce sp�zzata mentre grosse goccie
di sudore si presentarono sul corpo del soggetto. Dalla traduzione
che mi fece il Maestro mi sentii dire che l'orologio mi era stato
-29-
regalat() da un vec �hio vestito di nero (mio nonno, distinto pre­
la �o c �e �ettata poi la tonaca alle ortiche contrasse regolare ma­
trimonio) 11 quale a sua volta lo aveva ricevuto da una vecchia
signora
_ morente che net consegnarglielo lo aveva baciato. (Questo
particolare che a. me allora era sconosciuto fu controllato al mio
ritorno in Italia allorchè chiesi a mio padre alcune notizie sull'o­
rologio. Egli infatti mi disse che a mio nonno era stato dato dalla
di lui madre in punto di morte). Un'ultima domanda volli rivolgere
e fu la seguente: Ai baraccamenti italiani un mio amico giace in
letto colpito da febbre gialla. Si teme della sua vita. Vivrà egli?
Il soggetto ricevuta la domanda si agitò ancor di più e mi fece
pervenire la seguente risposta: Il tuo amico vivrà ma ha bisogno
di un liquido speciale che i medici che lo @urano· non conoscono.
A tali parole il Saggio si alzò e uscì dalla camera ritornando
poco dopo con due ampolline. Versò il llquido di una che conte­
neva una specie di latte biancastro denso nell'altra che era vuota
e nel farmela consegnare dal Maestro mi fece dire che bisognava
darne alcune goccie al mio amico ma.Iato prima di sera. Ringraziai
commosso intascando l'ampolla, chiusa alt'orifizio da un tappo di
erbe attorcigliate.
Un ultimo fenomeno e poi la seduta mi si annunciava al ter­
mine: Fui invitato a pungere il fluido in un punto qualsiasi, con
un pezzo di legno appuntito. Mi alzai e avvicinatomi al fluido
colpii leggermente la regione alta a destra. Immediatamente il corpo
del soggetto sussultò mentre sutta destra si presentava una goccia
di sangue che il Saggio ebbe cura di asciugare con un lino ri­
chiudendo il piccolo foro con una pasta nera. Dopo di ciò la se­
duta era finita. Il Saggio mediante delle operazioni inverse a quelle
usate per provocare il principio dell'uscita del fluido ottenne che
il fluido si affievolisse e poi sparisse del tutto facendo alzare su­
bito dopo il soggetto. Nell'accomiatarci del Saggio che baciai re­
verentemente in volto, il Maestro spiegò a questi che io soffrivo
da vario tempo di alcuni disturbi gastrici causati dai cibi dèl luogo
poco adatti. al mio stomaco. Per tutta risposta il Saggio riusci
dalla stanza insieme al soggetto che mi sembò molto stanco ed
intontito, rientrando solo, poco dopo, recando una piccola ampol­
lina contenente un liquido giallognolo che mi consegnò facendomi
dire che dovevo prenderne la metà la stessa sera ed il resto il
-30-
gforno dopo, mantenendomi però digiuno per due_ gi?rni. (Qu�sta
cura. che io feci con attenzione e fede va!s_e a _guar�rmt della noiosa
gastrica di cui in effetti soffri vo). U�c1t1 . s�lenz10samente �all�
_
casetta prendemmo la via del ntorno_ m . c1tt� ambedue muti ; tl
Maestro forse perchè voleva che med1tass1 ed 10 assorto su quanto
avevo visto. Giungemmo ai baraccamenti sull'imbrunire ed il Ma­
estro nel lasciarmi mi abbracciò più volte commosso. Mia prima
cura fu quella di prodigare al miv amico malato (tal Vannini" Fe­
derico da Firenze) la mia opera di medico improvvisato facendogli
sorbire il liquido tra le risa ed il disprezzo del medico militare
della missione e dell'infermiere di servizio all'Ospedaletto. Dirò
solo che dopo alcuni giorni il Vannini si alzò da letto serbandomi
riconoscenza di quanto avevo fatto credendomi inventore del por­
tentoso balsamo. Prima di lasciare la Cina ebbi occasione di vi­
sitare altre volte l'Eremita assistendo ad altri- fenomeni importan­
tissimi che ora qui almeno per il momento non. credo opportuno
narrare.

Il fatto argomento della suddetta esposizione é stato da mt


riferito il più fedelmente possJbile, tralasciando di narrare quello
che oggi non ricordo più esattamente. Lo affido alla stampa della
presente rivista sicuro di far cosa grata agli studiosi italiani. Debbo
però aggiungere che tempo fa parlando con un dotto e projondo
occultista italiano, residente in Roma, accennai ai punti salienti della
mia visita all'eremita e con mia somma meraviglia, prima ancora
che io citassi i fenomeni dettagliatamente, mi sentii prevenire dal
mio ascoltatore che sorridendo mi prevenne descrivendomi quei
particolari che io stavo pe,-. narrare - pur anche quando si trattava
di sensazioni tutte interiori come quella meravigliosa ed umanamente
inesprimibile accennata nella nota. È dunque vero che non occorre
uscire di Italia per incontrare chi si dimostri conscio ed esperto
di' questi misteri.
0. TAVOLACCI.

- -· --- . --·--
- li -

L'IMPRONTA PITAGORICA
NELLA MASSONERIA
M-riBel<; àyewµitpqto<; efo!tw
Gli elementi che costituiscono il rituale ed il simbolismo dei
due gradi odierni di apprendista e di compagno Libero Muratore
risalgono in massima ad epoca assai antica, anteriore senza dubbio
alla costituzione della Gran Loggia d'Inghilterra (1717). Ed anche
quelli del terzo grado proverrebbero dalla antica leggenda di me­
stiere (craft), in gran parte almeno, secondo l'opinione del Gould
(Robert Freke Gould - History of Freemasonry - london 1887 - ed
anche Histoire Abrégée de la Frane - Maçonnetie, trad. de l'anglais­
Bruxelles 1910).
Il simbolismo massonico di pretto carattere muratorio è stato
con tutta verisimiglianza tramandato sino a noi dalle antiche cor­
porazioni muratorie ; e quantunque innegabilmente i rosacroce e
gli alchimisti ne abbim10 fatto uso al priricipio del XVII secolo in
senso ermetico e metafisico, appare probabile che essi lo abbiano
attinto dai Liberi Muratori del Medio Evo e non viceversa. Men­
tre invece quegli elementi del simbolismo e del cerimoniale mas­
sonico di cui è evidente l'affinità col cerimoniale iniziatico dei mi­
steri isiaci ed eleusini dell'antichità classica non sono verisimil­
mente residuo di una trasmissione segreta attraverso i secoli, ma
risalgono ad un'epoca piuttosto recente, al periodo umanistico ; e
la loro comparsa è dovuta, in parte almeno, alla deliberata inizia­
tiva di massoni adottati del 17° secolo che si valsero della loro
cultura per imprimere alla iniziazione massonica un aspetto abba­
stanza simigliante a quello della iniziazione tradizionale classica
e per innestare sul tronco del simbolismo operativo un rinnovato
ed amplificato simbolismo speculativo inspirato alla sapienza clas­
sica ed ermetica.
Per altro vi è una parte del simbolismo massonico che non
• ha un carattere così indiscutibilmente muratorio come quello della
squadra, del compasso, dello scalpello e�c..., ma che, p�re essendo
nella sostanza e nella forma più speculatzva che operativa, appar-
- 32 -
tiene indubbiamente al patrimonio ritualistico primitivo della Fra­
ternità, ed è perciò stata sempre oggetto di particolare e tradizio­
nale venerazione da parte dei Liberi Muratori.
Questa parte del simbolismo muratorio ha un'origine ed un
aspetto eminentemente· italico, che la rendono degna di speciale
interesse da parte dei Liberi Muratori Italiani. E noi pensiamo che
sia opportuno e doveroso porre in evidenza . questa impronta pi­
tagorica sia nel simbolismo sia nel metodo iniziatico massonico, e
richiamare l'attenzione sopra il fondamento italiano "della Ma-sso­
neria.
Naturalmente il simbolismo muratorio inteso in senso strettis­
simo non ha e non può avere un carattere esclusivamente italiano.
Tnfatti i popoli, che non hanno avuta per tutta abitazione la ca­
verna o la capanna, ma che si sono serviti di pietre e di mattoni
per costruirsi un riparo od una dimora, hanno necessariamente
dovuto adoperare strumenti come la leva, lo scalpello, il martello
ed i più provetti anche il livello, il filo a piombo, la sq·uadra ed,
il compasso ; e, poichè il procedimento mentale formativo delle
metafore si svolge presso tutti i popoli in modo identico, ne se­
gue che dovunque è sorto o può essere sorto spontaneamente ed
indipendentemente il simbolismo della edificazione morale e spiri­
ti.tale. È naturale poi che il maggiore sviluppo di questo sim­
bolismo sia stato raggiunto nel · gergo professionale delle corpo­
razioni muratorie. E, se, anche in questo campo, una preminenza
italica può essere esistita sin da tempo antico, ciò è dipeso solo
dalla estensione e dalla prosperità delle corporazioni muratorie del­
l'antica Roma, come conseguenza del possente genio costruttivo
di quel popolo sovranamente edificatore, e dal fatto che dalle an­
tiche corporazioni romane derivarono poi più o meno direttamente
le corporazioni muratorie medioevali in tutta Europa.
� A conclusioni ben diverse si giunge • considerando invece la
funzione e l'importanza dei numeri, segnatamente dispari, nel sim­
bolismo e nel cerimoniale massonici, quella della Stella Fiammeg­
giante e della lettera G inscritta in essa, e quella parte della
leggenda del grado e del mestiere che identifica la Geometria
colla Massoneria e che insegna e tramanda la importanza delle
sette scienze e la eccellenza tra esse della Geometria. 1f simbolo
JleUa stella fiammeggiante è indubbiamente di origine pitago�ica
- 33 -
e perciò italica ; ed è forse il simbolo caratteristico • e fondamen­
tale della Massoneria.
Ed i rituali antichi e moderni del primo e del secondo grado,
certo derivati sostanzialmente dagli antichi rituali e simboli usati
dalle loggie inglesi e scozzesi prima del 18° secolo, recano tutti
più o meno abbondante, precisa e distinta l'impronta della filosofia
e del simbolismo numerico della Scuola Italica.
E diciamo subito che è giusto attribuire all'Italia anzichè alla
Grecia la gtoria della Scuola Pitagorica, non solo perchè esiste
una tradizione che afferma Pitagora italiano di padre etrusco, non
solo perchè lo stesso Aristotile chiama italica la Scuola Pitago­
rica la cui sede era a Cotrone in Calabria, ma per la sua ininter­
rotta vitalità in Italia per secoli e secoli sino a Boezio ed occul­
tamente anche dopo. Il fatto che Pitagora ed i pitagorici della Si­
cilia e della Magna Grecia, come Empedocle, si servirono della
lingua greca, non ne menoma l'italianità, perchè come riconosce
il Max Mi.iller (Science du Langage, Paris 1867, II, 62), e il fatto
può sembrare strano, ma la verità è che, dai tempi più antichi in
cui l'Italia ci è conosciuta, vi troviamo il greco installato come in
casa sua, quasi al medesimo titolo del latino ».

l.' Aritmetica Pitagorica.

Per escire dalle solite dissertazioni generiche ed inconcludenti,


e principiare a rendersi conto del carattere veramente pitagorico
e del profondo significato esoterico di alcuni simboli e concetti
tradizionali muratorii, è necessario preméttere una breve esposi­
zione dell'aritmetica e della filosofia numerica pitagorica. Ci limi­
teremo per altro a quanto è strettamente necessario per rendere
intelligibili i misteri dell'Architettura e della Massoneria. Si tratta
di cose molto semplici ma estremamente importanti perchè stanno
alla base del simbolismo esoterico pitagorico, cabalista, ermetico
e massonico.
La vi-a seguita dalla scuola pitagorica, e poi da tutta la ma­
tematica greco-latina da Diofanto sino a Boezio per determinare i
numeri interi e le loro proprietà, era una via puramente geome­
trica. È noto che gli antichi matematici non si chiamavano con que­
sto nome ma con quello di geometri, e che solo nella tarda gre-

.Allta11iw 3
-34 -
cità la parola generica matematica (discipline) venne adoperata
per designare in modo speciale l'aritmetica e la geometria.
Il punto geometrico corrisponde all'unità aritmetica e rappre­
senta la monade filosofica. Secondo la definizione che si trova in
. Euclide il punto è ciò che non ha parti ; e come si vede questa
definizione si può applicare beniisimo anche all'unità aritmetica ed
alla monade filosofica.
L'intuizione umana dello spazio consente di concepire lo spo­
stamento del punto, e di ottenere in tal modo un altro punto, e
quindi la coppia di punti ed il segmento individuato da essi. Arit­
meticamente si ottiene così il due, e filosoficamente si ha la diade,
la dualità, il dualismo, la differenziazione. Continuando a spostare
linearmente il punto, ossia considerando altri punti consecutivi, si ot ­
tengono i segmenti lineari ed in particolare rettilinei, composti quindi
di un numero finito di punti. Corrispondentemente si generano i
numeri interi che risultano dall'addizione di più unità consecutive.

•=1; • • = 2 •, • • - ., '
• - "ts.

1+5+6=10:
La scoperta (conseguenza del teorema di Pitagora) della esistenza
di segmenti incommensurabili tra di loro, come il lato e la diago­
nale del quadrato, rende necessario, l'abbandono di questa conce-
- 35 -
zione dei segmenti composti di un numero finito di punti; ma
questa considerazione non ci riguarda in quanto a noi interessa
soltanto occuparci della generazione geometrica della successione
dei numeri interi.
Se ora consideriamo simultaneamente l'aggregato del punto
e del segmento di due punti, disponendo in un piano il segmento
sotto il punto in modo da formare un triangolo (regolare), otte­
niamo una figura piana composta di tre punti. E se al di sotto di­
sponiamo il segmento di tre punti otteniamo un altro triangolo
composto di sei punti; ed in simil modo continuando a disporre
in basso successivamente i segmenti di quattro, cinque, ecc. punti
si ottengono tanti triangoli consecutivi composti di dieci, quindici
ecc. punti. I numeri dei punti che compongono questi triangoli si
chiamano numeri triangolari, e come 1'n° numero intero è dato dalla
addizione di n consecutive unità così l'nlJ numero triangolare è dato
dall'addizione dei primi n numeri interi consecutivi. Ossia, nel
piano, i numeri triangolari obbediscono alla stessa legge di for­
mazione cui obbediscono sulla retta i numeri interi. È facile di­
mostrare (anche col metodo dell'induzione completa) che l'n° nu-
n ( n+l)
mero triangolare è dato dalla formala ossia che:
2

Facendo in questa formala n successivamente eguale a 1 , 2, 3,


4, .... si ottengono i numeri triangolari: I, 3, 6, 10, 15, 21, 28 , ...
Operando analogamente nello spazio, cioè aggregando il punto
col triangolo composto di tre punti, sottoponendo il triangolo al
punto, si ottiene una figura solida composta.di quattro punti, ossia la
piramide tetraedrica avente il punto per vertice ed il triangolo per
base; ed in particolare si ottiene il tetraedro regolare, il poliedro
regolare avente il minimo numero di faccie. Il numem quattro si
dirà numero piramidale. Sovrapponendo ora questa piramide al
triangolo consecutivo (composto di sei punti) si ottiene una nuova
piramide composta di dieci punti; e così proseguendo sottopo­
nendo consecutivamente i triangoli di dieci, quindici punti ecc ....
si ottengono le piramidi composte di venti, trentacinque ecc...
punti. Queste piramidi sono formate da strati di consecutivi trian-
- 36 -

goti ed i numeri dl punti che le compongono si chiamano numeri


piramidali. L'no numero piramidale è quindi dato dalla somma
dei primi n numeri triangolari, come l'n ° numero triangolare era
dato dall'addizione dei primi n numeri interi. Le legge di forma­
zione nello spàzio dei numeri piramidali è dunque la stessa legge
secondo la quale si formano nel piano i numeri triangolari e sulla
retta i numeri interi. Si può dimostrare che
n (n+l) n (n+l) (n+2)
1+3+6+ 10+.• • • • • + = 1 .2. 3
2
formola dalla quale facendo successivamente n = 1 , 2, 3, 4 ... si
ottiene la successione dei numeri piramidali: 1 , 4 , 1 O , 20 , 35 ....
Se invece di proceder.e geometricamente sì procede analiti­
camente si può seguitare a definire altri numeri determinati dal­
l'addizione dei primi n numeri piramidali, e ripetere il procedì­
mento con questi nuovi numeri e çosì via indefinitamente. Dispo­
nendo in una prima riga le unità, in una seconda riga i numeri
interi, nella terza i numeri triangolari, nella quarta quelli piramidali
e così via, si ottiene il così detto triangolo di Tartaglia o di
Pascal.
1 1 1 1 1 1 1 1 1 .....
1 2 3 4 5 6 7 8 .....
1 3 6 10 15 21 28 .....
1 4 10 20 35 56 .....
1 5 15 35 • 70 .....
1 6 21 56 .....
1 7 28 .....
1 8 .....
1
in cui ogni numero può essere determinato come somma di quello
che lo precede nella stessa riga con quello che lo precede nella
stessa colonna. Per esempio il 35 della quarta riga è eguale alla
somma del 20 che lo precede nella stessa riga e del 15 che lo
precede nella stessa colonna. Naturalmente per il fatto che la riga
e la colonna hanno la stessa funzione nella determinazione dei nu­
meri ne segue che la prima riga è eguale alla prima col onna, la
seconda riga è eguale alla seconda colonna ecc ..
- 37 -
Come abbiamo_ detto e _come è evìdente si può proseguire in­
definitamente a scrivere nuove righe e nuove colonne. Ma se ci si
attiene alla via puramente geometrica è invece necessa·rio arrestarsi
alla quarta riga ossia ai numeri piramidali, perchè I' intuizione umana
dello spazio è tridimensionale, e bisognerebbe operare in uno
spazio a quattro dimensioni per ottenere geometricamente delle
iperpiramidi costituite dalla sovrapposizione iperspaziale del1e con­
secutive piramidi e composte di un numero di punti eguale ai nu­
meri della quinta riga del triangolo di Tartaglia. Perciò in una
geometria umanamente costruita lo sviluppo del pqnt6 linearmente,
superficialmente e spazialmente deve arrestarsi allo spazio di cui
abbiamo la intuizione, e perciò le sole classi di numeri da conside­
rare sono le unità, i numeri interi, i numeri triangolari ed i numeri
piramidali.
L'unità è il primo· numero di ciascuna di que$te classi. Filo­
soficamente la Monade si ritrova alla base dello sviluppo o ma­
nifestazione lineare, superficiale e spaziale.
U primo numero intero dopo l'unità è il due, il primo numero
triangol�re è il tre, il primo numero piramidale è il quattro. Col
numero quattro lo sviluppo della Monade risulta dunque spa­
zialmente completo, 'perf�tto. E siccome l'assieme dell'unità e di
queste sue prime manifestazioni, 2 , 3 , e 4 linearè superficiale. e
spaziale dà per risultato dieci
l +2+3+4=10,
il dieci sarà il numero perfetto per eccellenza, e rappresenterà la
totale epifania, l'universo, il tutto.
Notisi che questa proprietà del dieci, come del resto tutte
quelle ottP.nute per via geometrica, è indipendente dalla scelta del
sistema di numerazione, ed ih particolare non dipende dall'ado­
zione del sistema decimale. Una seconda proprietà del numero
dieci, anche essa indipendente dal sistema di numerazione, è
l'appartenere il dieci simultaneamente ai numeri interi, ai numeri
triangolari ed a quelli piramidali. I numeri che godono di questa
proprietà sono relativamente scarsi, e sono quelli che apparten­
gono simultaneamente alla terza ed alfa quarta riga del triangolo
di Pascal. L'no numero triangolare è eguale all'm0 numero pira­
midale quando
- 38 -

n ( + 1) m ( m + 1 ) ( m + 2_)
2 6

ossia per le coppie di valori interi di m e di n c�e �o�disfano questa


equazione indeterminata. Il primo numer? d?po �l d1�c.1 �he appartie_ ne
tanto ai numeri triangolari che a quellt piram1dah e 1! 120, quindi
il 1540, e poi il 7140 ecc ...
Queste proprietà dei primi quattro numeri interi e del numero
dieci sono connesse alla intuizione visiva e tattile dell'universo,
ossia alla intuizione spaziale geometrica umana, e sono indipen­
denti dal sistema di numerazione.
Una terza proprietà del dieci è poi quella appunto di essere
quasi universalmente (Aristotile credeva universalmente) la base
del sistema di numerazione, cosa che dipende quasi sicuramente
dal fatto che le dita delle mani sono in numero di dieci, ossia da
una ragione anatomica.
Un'altra proprietà dei primi quattro numeri interi è invece
connessa alla intuizione acustica dell'universo, alla percezione umana
del tempo ed al senso armonico dell'orecchio umano. È noto infatti
che dei rapporti numerici assai semplici passano tra le sette note
della scala armonica. In particolare se si considerano le lunghezze
delle corde che a parità di diametro e di tensione danno il suono
fondamentale, l'ottava, la quinta e la quarta, si ha subito a che
fare con i quattro numeri 1 , 2 , 3 , 4 .
Se una corda AB dà il suono fondamentale, la corda AC che
si ottiene da AB togliendone la metà dà l'ottava, la corda AD che
si ottiene da AB togliendone la terza parte dà la quinta, e la corda
AE che si ottiene da AB togliendone la quarta parte dà la quarta.
I rapporti dunque alla lunghezza della corda AB delle lunghezze

o------------1.o,______,0-----0------------0
A e DE B
delle corde che danno l'ottava, la quinta e la quarta sono rispet•
1
tivamente espressi dalie frazioni quali si ot·
-2 ' �3 ' ]_ 4 '. te
tengono scrivendo ordinatamente i numeri t , 2 3 e 4 e prendendo
'
- 39 -
le frazioni che hanno per termini le coppie successive 1 , 2 ; 2 , 3
e 3 , 4 : Diogene Laerzio attribuisce proprio allo stesso Pitagora
la scoperta di questi rapporti. È una scoperta della massima im­
portanza scientifica, e che bisogna tenere presente perchè può
dare una chiave dellà filosofia Pitagorica.
Ai misteri del numero quattro e del numero dieci sono colle­
gati due tra i più importanti simboli pitagorici e massonici ; la
decade ed il pentalfa o pentegrammo, ossia massonicamente il
delta e la stella fiammeggiante.
La decade, di cui abbiamo veduto le proprietà e l'importanza,
ha per iniziale la lettera O, in greco delta, che- nell'ordine tradizio­
nale degli antichi alfabeti mediterranei, fenicio, greco, latino stava
al quarto posto; e dai fenici, dagli ebrei e dai greci fu adoperata
per esprimere il numero quattro. Ma al tempo di Pitagora la let­
tera iniziale della decade veniva adoperata per indicare il dieci;
e la sua forma triangolare sembrava fatta apposta per ricordare
che il quattro era un numero triangolare e precisamente eguale
alla somma dei primi quattro numeri interi.
La decade pitagorica si ottiene appunto disegnando questo
numero triangolare ed è quindi

il simbolo della genesi geometrica della decade. Un legame di na­


tura puramente geometrica passa analogamente tra la decade, il
-40-
quattro ed il pentalfa. Se si divide una circonferenza in dieci parti
uguali, e si uniscono i punti ·di divisione ordina�am_ ente di quattro
in quattro sino a tornare al punto di parteuza st viene appunto a

disegnare il pentagramma pitagorico, importantissimo simbolo della


scuola pitagorica, e dell'Ordine dei Liberi Muratori, e di cui se­
condo il Gould è rimasto un mistero il significato passato ed at­
tuale. È la stella a cinque punte, il pentagramma che in cabala è
simbolo del microprosopo, in magia è il pentacolo del microcosmo
ed in massoneria il simbolo principale del compagno libero mu­
ratore. Come è noto esso è anche un simbolo nazionale; e non
è privo di significato che questo simbolo nazionale sia simultanea­
mente un simbolo caratteristico dell'Ordine Muratorio, ed un sim­
bolo fondamentale dell'antichissima Scuola Italica.
Notiamo tra parentesi che la divisione della circonferenza in
dieci parti eguali si fa determinando la corda del decagono rego­
lare inscritto nella circonferenza, e poichè il lato Jd decagono re­
golare inscritto è eguale alla parte aurea del raggio, e la parte
aurea di un segmento si determina con una costruzione basata
sopra il teorema di ·Pitagora e le sue proprietà, tutto poggia in
definitiva sopra il teorema di Pitagora.
- 41 -

Numeri dispari e quadrati.

La filosofia pitagorica operava una prima classificazione fon­


damentale dei numeri, distinguendo quelli dispari da quelli pari.
I numeri dispari erano reputati buoni, divini, propizii; quelli pari
erano per contro considerati cattivi, materiali,. infausti. I numeri
pari, essendo divisibili per due, partecipavano delle proprietà della
diade che . erano compendiate dalla sparizione ,dell'unità necessaria
per l'apparizione della dualità.
L'unità infatti non può essere che unica. Per ottenere il due
è necessario disporre di un'altra Unità, e questo non può avvenire
che con una alterazione (alter-azione) dell'unicità. E siccome l'uni­
cità dell'unità è una sua proprietà intrinseca, questa alterazione
non può essere e,he un'apparenza, un'illusione, un errore, un male.
Il due, divisore della decade, e quindi fattore dell'universo,
era dunque il numero che permetteva la distinzione, la divisione,
il dubbio, la separazione, la limitazione, la forma, la materia.
Col due si passa dalla monade universale ad una monade in­
dividuata, dalla coscienza indifferenziata ad una coscienza che si
identifica in un quid spirituale semplice ma sepàrato e distinto e
fa dell'Ego una per-sona, un alter-ego ; col due appare la distinzione
dell'io e del non io, del me e del te.
I numeri dispari, che non hanno per divisore il due, si pre­
sentano immuni dalle proprietà del numero due, e perciò somma­
mente pregiati dai pitagorici, e, come vedremo, dai liberi muratori.
, Risulta da quanto precede che per liberarsi dalla illusione e
dall'errore occorre mantenere o riacquistare la coscienza dell'unità
universale permanente oltre ogni dualismo ed ogni tlistinzione.
Pure conservando la coscienza della propria individualità e del
dualismo conseguente, si può simultaneamente ricono'scere che
l'apparire della dualità, della distinzione, non è che una apparenza ;
cd allora l'assieme della unità e della dualità dà per somma la
trinità, il primo numero dispari e triangolare dopo l'unità; e l'unità
si ristabilisce con questo terzo momento di coscienza, semplice,
duplice e triplice simultaneamente. Procedit ex uno et est res una,
Volatile et Jixum simul colliga, Sunt duo et tria et sàltem unum;
dice Basilio Valentino, parlando della trasmutazione (Cfr. Duode-
- 42 -
dm Claves Fratris Basi/ii Valentini in Mangeti. Biblio Chem. Cu­
riosa 1702: Tomo II pag. 421 ). Questo è il mistero della Tri­
nità ;idotto ai suoi :tementi fondamentali pitagorici, anteriore di
cinque secoli alla sua forma cristiana, che scorrettamente parla di
tre persone, quando solo la seconda è propri� una persona. Per
questa ragione Omne trinum est perfectum, ed 11 numero tre ·è stato
considerato perfetto. Il delta pitagorico colla sua forma triangolare
esprimeva anche questa proprietà. Tre punti individuano un trian­
golo, come tres faciunt co//egium. I liberi muratori esprimono la
loro approvazione colla. batteria di tre colpi, come nelle antiche
danze sacre il tripudio (trioodos) esprimeva la gioia. E Dante, di­
tagorico, scrive in terzine la sua Commedia.
Oltre ai numeri dispari i pitagorici tenevano in· grande consi­
derazione i quadrati dei numeri. Censorino nel suo trattato De Die
Natali (Cap. XIV, Ediz. Lipsia 1867, pag. 27) ci dice che i numeri
quadrati erano reputati potentissimi; ed ancora oggi si chiamano
potenze dei numeri.
La ragione aritmetica di questo apprezzame11to sta nel fatto
che i quadrati si ottengono dai numeri dispari con quella stessa
legge (geometrica) di formazione per la quale abbiamo ottenuto
successivamente i numeri interi, i numeri triangolari ed i numeri
piramidali. Infatti

1+3=4
1 ·r 3+5=9

........
1 + 3 +s + 7= 16
t +3 ; 5 + 7 + 9 + ..... + (2 n + t ) = n2
Geometricamente la cosa è manifesta nella stessa figura che
serve a determinare i numeri triangolari.
Se per gli estremi delle basi dei consecutivi triangoli si con­
ducono le parallele ai due lati uscenti dal vertice comune si ven­
gono a formare degli strati consecutivi di triangoli. Il primo ne
contiene uno, il secondo ne contiene tre, il terzo cinque, il quarto
aette .... poichè è evidente che ogni strato ne contiene due di più
I soprastante e quindi si ottiene la serie dei numeri dispari.
- 43 -

Se ora si opera sopra questi triangoli come prima si operava sui


punti; e cioè si aggrega il primo strato di triangoli col secondo,

e poi col terzo ecc. si ottengono dei triangoli composti di trian­


goli; ed i numeri dei triangoli componenti sono i quadrati dei
numeri interi:

1 , 4 , 9 , 16 , 25 , 36 , 49 ....

Tra questi ritroviamo il quattro di cui abbiamo già veduto


altre proprietà, e troviamo il nove che è anche dispari,. ed è po­
tenza del numero tre di cui abbiamo già veduto l'importanza come
primo numero dispari.
Adottiamo ora il dieci come base del sistema di numerazione,
ossia consideriamo il dieci come una unità di secondo ordine, la
decade come una nuova monade. Tutti gli altri numeri si espri­
mono allora per mezzo del dieci e dei primi nove; e perciò po­
tremo dire che tutti i numeri si riducono ai primi nove in quanto
che il dieci non è che l'unità.
Prima del dieci abbiamo dunque nove numeri ossia un nu­
mero dispari di numeri, di cui quelli pari sono in numero pari
(quattro) e quelli dispari in numero dispari (cinque). Sono pure in
-44 -
numero dispari quelli triangolari (1 , 3, 6 ,) quelli quadrati (1, 4, 9)
e quelli_ primi (I , 2 , 3, 5, 7).
La riduzione di tutti gli altri numeri ai primi nove veniva ope­
r�ta dai pitagorici sostituendo ad ogni numero il resto della divi­
sione del numero stesso per nove e il nove stesso se il resto della
divisione era nullo. Tutti i nume;i venivano così sostituiti dal loro
pitmene, e quindi nel simbolismo numerico pitagorico l'essenziale
stava, nel conoscere le proprietà dei primi nove numeri. Nove
erano le muse e nove i cieli sovrastanti alla terra e tutto compren­
denti poichè

«Fuor d'ogni altro comprender com'ei piacque


S'aperse in nove amor l'eterno amore»

come� secondo una lezione, dice Dante (Par. XXIX, 17-18).


Se in corrispondenza di questi nove numeri scriviamo i primi
nove numeri triangolari ed i pitmeni di questi numeri triangolari
si ottiene:
numeri interi 2 3 4 5 6 7 8 9

» triangolari 3 6 15 21 28 36 45
radici essenziali dei
-numeri interi 3 6 6 3 1 9 9

Questi numeri ottenuti eseguendo successivamente sui numeri


interi te due operazioni pitagoriche della determinazione dei nu­
meri triangolari e del pitmene, sono chiamati da Saint Martin le
radici essenziali dei numeri. L'operazione può essere continuata
sopra i numeri di più cifre e si può dimostrare facilmente che:
1) tutti i multipli del tre hanno per radice essenziale un multiplo
del tre, ossia un numero detla medesima classe. Cosi il tre ha per
radice essenziale il sei e viceversa, ed il nove riporta a sè stesso
prendendone la radice essenziale. 2.) Tutti i numeri che superano
di uno i multipli del tre hanno per radice essenziale l'unità. Così
il quattro, il sette; il dieci, ecc. In questo modo il sette viene
con il quattro e col dieei ad avere per sua radice essenziale l'u­
nità. 3.) Tutti i numeri che sono inferiori di uno ai multipii del tre
- 45 -
,hanno �er . radice essenziale dei multipli del tre. Così il due porta
al tre, 11 cmque porta al sei, l'otto porta al nove.
I nQve . numeri interi si possono dunque classificare in tre
terne : la pr�ma terna composta dell'uno, del quattro e del sette
comprende 1 numeri che riportano alla Monade ; la seconda terna
che riporta a numeri della stessa terna e comprende i numeri tre
sei e nove; e la terza terna che riporta a numeri della terna pre:
cedente e comprende il due, il cinque e l'otto. Per •ottenerle basta
scrivere ordinatamente i nove numeri interi in t.re terne consecutive
disponendo la f.econda terna sotto la prima e la terza sotto la
seconda;
1 2 3
4 5 6
7 8 9

e si vede che i numeri della prima colonna sono quelli che han
per radice essenziale l'unità, quelli della seconda sono quelli che
han per radice essenziale i numeri della terza colonna, e quelli
della terza sono quelli che han per radice essenziale numeri della
loro stessa colonna. I numeri della pnma colonna han qualche
cosa in comune coll'unità, quelli della terza non riportano all'unità
ed hanno un carattere stabile, quelli della seconda hanno un ca­
rattere instabile, e per così dire ingannevole.
Se al posto dei numeri poniamo le corrispondenti lettere del­
l'alfabeto ebraico, e scriviamo le righe ebraicamente cioè da destra
a sinistra' otteniamo un casellario tripartito orizzontalmente e ver-
ticalmente, un cifrario

, ,
ro r, T
usato dagli antichi cabalisti per formar� le cif�e di un alfabeto con­
venzionale, come riporta Enrico Cornello Agrippa nel De Occulta
- 46 -
Philosophia (publicata verso il 1530) al lib 111, cap. XXX (cfr.
A. Reghini - L'Alfabeto Massonico, in Rassegna Massonica, Agosto.
Settembre 1923.)
La così detta tavola da tracciare o da disegnare, che è uno
dei tre gioielli immobili della Loggia Massonica, differisce da que­
sto casellario solo per essere priva di lettere, o per contenere in­
vece le lettere dell'alfabeto latino nell'ordine usuale. Il Prichard
(Masonry Dissected - 1730) chiama Tarsel Board questo antico sim­
bolo massonico ; e poichè Tarsel è forma antiquata per tiercel -
terza parte, Tarsel Board è proprio la tavola tripartita. Le nove
caselle tanto per i massoni che per i cabalisti, prese isolatamente
servono a sostituire ed indicare le lettere in esse in�critte ; ma
come Agrippa dice esplicitamente esse rappresentavano ed indi­
cavano i numeri corrispondenti. È dunque coll'uso dei primi nove
numeri, somma e simbolo deH'universale epifania, che i pitagorici
ed i liberi muratori tracciano i disegni e risolvono i misteri del­
l'architettura simbolica.
(Continua).
ARTURO REGHINI.

SAVII CONSIGLI
Qui quaerit in merdis secreta pfzilosophorum
Expensas perdit proprias, tempusque laborum.
Est in Mercurio quidquid quaerunt sapientes :
Corpus, abhinc anima, spiritus, tinèfura trahuntur,
Nullus Mercurius fumatur, quam mineralis.
(Dal "De decoctione lapidis philosophorum- Liber Perfecfi Magistefii,,
di Arnaldo di Villanova, nel Theatrum Chemicum - Ursellis 1602, Voi. Ili,
pag. 130, ed :, pag. 684 del Tomo I della Bibl. Chemi. Curiosa del
Mangeti, Basilea 1702.

UN GIUDIZIO COMPETENTE
Da un secolo in qua il rinfrescamento poetico del cristianesimo
è una delle forme del mal francese.
G. Papini - Polemiche religiose - Carabba - Lanciano 1913, pag. 57•
- 47 -

TRA LIBRI E RIVISTE


F. B. CICALA - Introduzione alla teoria dell'essere - Casa
Editrice Il Solco - Città di Castello, 1923.
In questo volume il Cicala espone i fondamenti gnoseologici di un
sistema filosofico-giuridico che troverà dispiegamento in altri undici
tomi ; il suo interesse fondamentale è di riaffermare i principi della fi­
losofia scolastica tradizionale presso ad un'utilizzazione delle posteriori
esperienze speculative.
·Onde �i ha un concetto del conoscere, che è, a un dipresso, il
seguente : Lo spirito viene inteso come categoria unica e specificamente
come un'originario creare di sintesi relazionali o enti ideali; ogni essere
del conoscere è o.pera dell'attività primaria relazionale del pensiero, la
quale però in sè resta inconscia: solo la sintesi, non il relazionare che
lo produce, viene direttamente intuita dal pensiero (p. 460). D'altra
parte questa priorità della relazione è ben lungi dall'essere assoluta,
come secondo l'idealismo: ad essa precede in primo luogo una materia
percepita sensibilmente � in sè (cioè prima che il pensiero la indivièlui
nelle relazioni) assolutamente indeterminata (390), e in secondo luogo
un'intuizione dell' Io che fornisce la categoria generale dell'essere. Le
cose allora si svolgono così : I' Io percepisce il non • Io, immediatamente
la relaziona, e proietta nelle sintesi ideali che così risultano la categoria
dell'essere provenentegli dal suo puro antointuirsi. - Ma ciò non è tutto:
l'indeterminato sensibile è tale solo per noi; in sè è esso stesso un
complesso di sintesi procedenti dall'intelletto intuitivo divino (400), il
quale è altresì la causa della stessa potenza del pensiero umano (387) -
di modo che quell' essere postulato fittiziamente nelle sintesi che l'Io
esteriorizza (che esteriorizza non si sa come e perchè: il C. dice solo
che I' lo è ,. spinto irresistibilmente » a far ciò: p. 389) e di cui la stessa
scienza, col senso comune, si accontenta, in realtà è solamente un "as­
soluto ipotetico » : non appena sorge la riflessione, esso appare costruito
dall'Io e, negato in un primo momento, risorge in un secondo come
I'imagine della razionalità di un ordine divino trascendente.
Quanto poco il C. abbia profittato dei frutti della speculazione mo­
derna, risulta chiaro a chi s'intenda della materia anche da questo
accenno: si sta sempre in quei fortunati tempi in cui si pensava che
l'Io potesse uscire fuori di sè per andarsi ad informare direttamente
dalle cose e dagli dei. II C. dice: « è falsç, che non esista una verità as-
- 48 -
soluta (che sarebbe quella relativa al contenuto della mente divina), non
è falso però che l'uomo è la misura di tutte le cose rispetto appunto
alle forme fenomeniche da lui percepite » (576). Ora ci si dica, di grazia,
in che :modo si possa uscire da queste forme fenomeniche, e come
quell' « assoluta verità», di cul si deve sapere qualcosa per parlarne,
in quanto e per quel tanto che se ne sa qualcosa non rientri in questo
fenomeno, v. d. non sia condizionata dalla categoria o del mio sentire,
o del mio percepire, ragionare, ecc. Come non accorgersi che parlare di
« causa extrasoggettiva delle impressioni sensibili» (p. 351) non. si può,
senza usare la categoria soggettiva della causalità? E non serve, a sal­
vare l' « altro », opporre la sua indeterminazione al fatto che l'Io è es­
senzialmente forma: poichè si è già conl..esso che questo indeterminato è
tale per i'Io, cioè solo dentro una relazione - senza notare che poi il C.,
quando dice che la realtà extramentale ha dei limiti a cui il pensiero
deve uniformarsi se deve esser vero (505), nega di fatto il carattere
d' indeterminazione, respingendo con ciò all'altro problema, di come l'Io
possa affermare il principium individuationis che si connette ali' ideal­
mente indeterminato (509) in qua_nto distinto da quello del suo stesso
pensiero.
Al C. non sono sfuggite interamente queste difficoltà elementari :
p. e. allo Hartmann rimprovera il considerare come esistente in sè nella
natura ciò che è soltanto la nostra forma mentis (465/7); l' in sè, dice,
non è relazione. Ma non sta qui la questione, bensì nel sapere se I' in
sè sia in sè solo per una relazione. L'esigenza giusta sta altrove, fuori
ancora dall'argomento dell' indeducibilità del particolare (che potrebbe
essere provvisoria o, ancora, posta come tale in correlazione ad una
certa dialettica di valori); in un passo significativo il C. dice : « l'urto
di una realtà più forte di noi e pure investita e penetrata dalla nostra
vita spirituale sin nelle sue più intime fibre e ricomposta in sintesi
ideali indefinite» (en passant, quindi non più indeducibile), questo è il
punto per cui ci si deve riconnettere ad una realtà trascendente (474). Cioè
dall'insufficienza dell' Io si inferisce alla sufficienza dell' « altro» - in­
curanti del Michelstaedter che grida : non dare una persona alla tua
deficienza I - con un salto logico ben più grosso di quello che il C con­
_tinuamente rinfaccia agli idealisti. Poichè egli stesso vede che « l'altro»
implica esso stesso una relazione (477/8), v. d. che non si può uscire
dalla soggettività, ciò che vuol dire, se non che l' lo non deve in nes­
sun modo venire ascoltato quando, nella sua ignavia, vorrebbe cavar­
sela rimettendo la realtà che gli manca a d un trascendente ? In verità,
se la deficienza è reale, cosa che qui si concede di contro agli ;dcalisti,
e se d'altra parte, come insegna la gnoseologia, I' lo resta inesorabil­
mente chiuso dentro di sè, l'unica soluzione è di far trapassare la ri-
-49-
fles$10nt in azione e, determinatamente, secondo uno sviluppo che porti
l' lo dall'atto imperfetto all'atto perfetto - cosi come secondo n concetto
dell'ideali smo magico altrove accennato da chi scrive. Il C. invece
spinto con probabilità da preoccupazioni confessionali, cerca nell'antin�
tellettualismo intuizionistico un rifugio, che però non potrà mai trovare :
chè ogni intuito, per immediato che sia, è esso stesso nulla fuor da una
intuizione, e il problema resta tale e quale.,
Di là da ciò, il libro sfoggia di una vera enciclopedia di cultura
filosofica; non di rado si trovano spunti critici interessanti, talvolta
anche nei riguardi dell'idealismo - èosl come quando si nota che questa
dottrina, idealizzando il senso e la materia, in fondo non fa che rendere
senso e materia lo spirito (307fJ). Quel che in massima manca, è l'af­
fermazione di un pensiero libero ed individuale, secondo una reale co­
scienza critica di certi rami di speculazione tradizionale, che non si vede
in qual modo possano ancor oggi teoreticamente legittimare la loro
sussisten:,;a.
J. EVOLA.

Il Sepher Jetsirah.
Una fra le più importanti opere della vasta letteratura ebraica che
può interessare quasi esclusivamente coloro che si occupano di· scienza
occulta è il Sepher Jetsirah, ossia il libro. che tratta della formazione
del cosmo. Senonchè, la difficoltà della lingua in cui questa breve opera
è scritta, l'argomento molto oscuro e di non facile interpretazione, sono
le principali cause per le quali pochissimi ne conoscono profondamente
il contenuto, poichè ognuno sa quanto siano inestricabili i numerosi
enigmi della Cabbalà di cui questo ·libro fa parte.
Il Sepher Jetsirah già tradotto in molte lingue non .fu mai tradotto
in italiano (per quanto io conosca); soltanto poco tempo fa è uscita
una pubblicazione del libro con la traduzione del Prof. Savino Savini
(Edit. Carabba,. Lanciano). Questa versione che vi_ene a colmare una la­
cuna oltre ad essere interessante è anche buona in quantq è stretta­
mente fedele al testo originale ebraico, tuttavia, per una maggiore com­
prensione del testo sarebbe stato necessario che questa versione avesse
avuto un maggior numero di note esplicative.
E' noto che le principali opere ebraiche non si comprenderebbero
senza l'ausilio dei vari commenti ai quali molto spesso è necessario ri­
correre, come per esempio il Talmud che ha vari commenti ed in molti
caai un altro commento al primo. Cosi i due l ibri massimi della Cab-

Alhanòr
-50 -
balà e cioè il S �pher Ha Zohar' Al Hattorah (Il libro dello Splendore
sulla Legge) ed 11 Sepher Jetsirah hanno i loro relativi commenti che
servo�o di ottima guida per interpretarne il denso e prezioso contenuto
racchmso e velato in quasi ogni frase di questi libri misteriosi i quali
altro non sono che un'interpretazione segreta, esoterica della tradizione
ebraica.
11 contenuto del Sepher Jetsirah è un profondo studio sulla genesi
dell'Universo quale opera di un processo della creazione divina in cui
Dio, contraendo la Sua volontà che è tutto il Suo infinito, l'�io )'�
(Ain Soph) o senza fine, determina un vuoto che è la Sua parola e
quindi la Sua forza attiva. Da dò ne consegue lo studio delle lettere
dell'alfabeto che devono necessariamente formare la parola. L'origine
di queste lettere non è di facile ricerca. Il Sepher Ha Zohar ne '.a un
accenno allegorico dove di"ce che fino da duemila anni prima della crea­
zione del mondo le lettere, e così i· numeri, (poichè è noto come"le let­
tere dell'alfabeto ebraico, oltre ad avere un suono hanno pure un va­
lore numerico) erano nascoste, e Dio le contemplava facendone le Sue
delizie.
In un altro passo non meno interessante è detto che Dio incise le
lettere nel cielo, dove la figura di ciascuna lettera dell'alfabeto sacro è
rappresentata da una costellazione. Anche il Sepher Jetsirah conferma
incidentaimente nel suo primo versetto questo passo del Zohar poichè
dice: « Nelle trentadue vie della sapienza incise » ecc. (seguono i dieci
nomi di Dio).
Ora, come bene osserva il nostro traduttore nella sua prima anno­
tazione, la parola « incise » è detta assolutamente, senza complemento
oggetto; perciò dobbiamo dedurre che le trentadue vie della Sapienza,
di cui molto spesso si parla nei libri della Cabbalà e che -significano
le ventidue lettere sacre dell'alfabeto ed i dieci numeri e quindi la
lingua e il conteggio, erano già create ed incise nell'Universo.
Da queste ipotesi molto azzardate dei Maestri della Cabbalà è chiaro
come essi non potendo affermare un'origine certa alle lettere dell'Al­
fabeto ebraico le attrib_drono senz'altro alla creazione divina.
La 1,:rima le:tera che viene analizzata dal Sepher Jetsirah è I'�
vi­
(Aleph) che equivale al numero 1 ed è chiamato lo Spirito del Dio
valore n umerico è la sintesi assoluta del­
vente. Questa lettera nel suo
enta
l'unità di Dio e come figura è un simbolo geroglifico ehe rappres
il tetra5ramma sacro. . .
essa è forma ta da una , (!od) diritta , da una i (Va u) mclm�ta
lnfatti
numerico
e da una seconda , (!od) r,ìVesciata. Ora, prendendo il valore
e quattro •�ettere
di quest e lettere si ha una somma uguaIe a que 11a de li
che formano il nome divino, poichè , (!od) = =
10, i (Vau) 6 e , (lo
d)
- 51 -
== 10 ossia 26_: nel tetragramma s cr? :,,:,, (lhVh) abbiamo: , (lod)
== 10, :, (He) - 5, i (Vau) = 6 ed �mfme :, (He) = 5 ossia 26. Ecco
dunque come questa lettera racchiude misteriosamente il divino tetra­
gramma e ne rappresenta l'unità assoluta.
Una simile dimostrazione potremmo fare per la :l (Beth
) seco-nda
lettera dell'?l�abet� eh� ger glific mente significa "TM� :,,:,, (lhVh)
? �
(Echhad) e c10e : Dio umco, e cosi d1 seguito potremmo dimostrare per
altre lettere.
Queste inestricabili dissertazioni ci sono fornite in massima parte
dai libri della Cabbalà. Il Sepher Jetsirah chiama le lettere dell'alfabeto
sacro ventidue segni di fondamento e le divide in tre categorie: Tre
madri, � (Aleph), � (Mem) e tl-' (Scin); Sette Doppie, :i (Beth), � (Ghimel)
"T (Daleth), � (Caph). � (Pe), -, (Resh) e r, (Thau). Dodici semplici,
:, (He), i (Vau), l (Zain), n (Hheth), ro (Teth), , (Iod), � (Lamed),
j (Num), _e. �Samechh), V_ (' Ain), �;(':zadi) e i'. (Qof), stabilendo con
questa d1v1s10ne le leggi del ternano, settenano e duodenario. Dal
primo gruppo si ha l' idea della trinità universale ed umana; che
ritroviamo pure nel simbolismo alchemico rappresentata dal a sale,
�. lo zolfo ed il mercurio, nelle tre parti dell'anno il freddo, caldo e
temperato; e sopratutto il Sepher Jetsirah allude alle tre parti dell'orga-
nismo umano: Testa, petto, ventre ed anche: Corpo, anima e Spirito.
Le sette Doppie sono cosi chiamate perchè hanno una doppia pro­
nunzia secondochè hanno o no il tl-'�"T (Daghesh) e cioè un punto che
sta dentro la lettera per distinguerla dal suono debole primitivo còn
quello forte; così per es. la :l ha il suono di V mentre col V.,�"T (Da­
ghesh) e cioé ,:i ha quello del B.
Ora. non si comprende come mai fra le sette Doppie vi sia la -,
(Resh) della quale non solo non conosciamo il suono doppio ma
è pure una delle cinque lettere di tutto l'alfabeto che per regola
grammaticale non possono avere il tl-'�"T (Daghesh); da ciò dobbiamo
dedurre che anticamente fosse stata conosciuta la doppia pronunzia di
questa lettera come pure delle altre due : � (Ghimel) e "T (Daled) e che col
tempo sia andata perduta; questo fatto può essere anche una prova del­
l'antichità del Sepher Jetsirah.
Il doppio suono di queste lettere ci dà l'idea del numero due, della
legge dei contrari, del bene e del male, che nel simbolismo muratorio
è rappresentata dalle due colonne del Tempio il.':l (Bohaz) e i,:),
Qakin)
ed il testo lo spiega con molta chiarezza dove è detto: « Sette doppie
per pronunzia e per permutazione : Il contrario della Vita è la Morte,
il contrario della Pace la Malvagità, il contrario della Scienza l'lgno-­
ranza, il contrario della Ricchezza la Povertà, il contrario della Grazia
la Bruttezza, il contrario della Generazione la Sterilità, il contrario della
- 52 -
Potenza la Schiavitù ,. . Vi è poi corrispondenza fra queste sette Doppie
ed i sette Pianeti che vengoi:o cosi chiamati: Sciabtai (Sabatile) ossia
Saturno, Tzedeq (Giustizia) Giove, Maadim (Le forze) Marte, Hham­
miah (Il Calore) Sole, Nogah (La Delizia) Venere, Cohhav (La Stella)
Merc,·rio, Levanàh (La Bianca) Luna; e cosi fra i sette giorni della set­
timana, le sette Porte dell'organismo : Occhi, orecchie, narici e bocca, i
sette elementi ed i metalli degli alchimisti ecc.
Queste sette Doppie indicano come abbiamo visto con le tre Madri
la specializzazione delle partizioni dell'oìganismo umano, prima nelle
sue parti essenziali, ora nello studio delle parti principali della testa,
ed infine con le dodici semplici conosceremo gli altri principali organi
del corpo umano.
L'ultima parte del Sepher Jetsirah studia le dodici Semplici il cui
fondamento ci rappresenta l'idea dei dodici segni dello Zodiaco che
percorre il sole durante le quattro stagioni, i dodici mesi dell'anno ed
infine le dodici parti dell'organismo umano cosidette Guidatori.
Qnesta tripartizione dell'organismo umano c'insegna che l'uomo è
la riproduzione in piccolo dell'4niverso, e secondo il Sepher Ha
Zohar l'uomo è il Microprosopo. Esso è il raggruppamento delle se­
grete facoltà del mondo, di tutti i segni delle ventidue lettere costi­
tuenti le possibilità fenomeniche di cui ogni lettera è la cosa di per sè
come bene lo dimostrano i ventidue arcani maggiori delle Lame del
Tarocco.
II mondo �ei sette pianeti è un simbolismo fisico reale che rap­
presenta la materia in generale in tutte le sue manifestazioni vitali di
mutazione, di cambiamento. Gli elementi animati dallo spirito che li di­
rige si presentano sotto le apparenze ingannatrici di questo mondo.
I dodici segni ra:-presentano il periodo e i periodi di queste muta­
zioni vegetanti in cui l'uomo è incluso. Questi periodi sono quelli delle
quattro stagioni durante le quali il sole percorre questi dodici segni;
l'astrologia che comprende il corpo della terra ha pure circondato
l'uomo dei dodici segni dello Zodiaco, di guisa che ogni parte del suo
corpo corrisponde ad un segno. Infine, i pianeti non sono che le virtit
della sua anima o la grazia che egli ha ricevuto di poter dominare le
sue tendenze, resultato del disquilibrio elementare atavico ch'egli porta
in sè stesso.
Questo, in breve è un accenno �c!iematico dell'argomento del Se
pher chè, per conoscerne profondamente ii contenuto, sarebbe necessario
un lungo e paziente studio non. solo della lingua ebraica, ma ricercare
nella medesima quell'immenso patrimonio spirituale. contenuto nella sua
vasta letteratura. Sebbene le biblioteche ed in ispecie quelle delle Scuole
Rabbiniche siano ricche di prezio!>i volumi, è raro il caso che qualche
- 53 -
studente, futuro candidato di una qualsiasi cattedra rabbinica si prenda
la pena non solo di consultare di tanto in taqto i magnifici libri del
Zohar ma neppure abbia cura di levarne la polvere che If ricuopre.
Og: i gli ebrei d'Italia specialmente hanno dimenticato il dovere
d'essere i conservator"i dell'antica tradizione per dedicarsi esclusivamenle
ad una nuova fede del tutto politica per la quale molti di essi sprecano
invano il loro tempo e denaro. Intendo parlare del movimento Sionista.
Di ciò non se ne può fare loro un torto poichè questo ricade invece
sui Rabbini i quali più noil insegnano poichè più non conoscono l'alta
filosofia ebraica racchiusa nei libri della Santa Cabbalà e fanno sì che
questa col tempo andrà perd11ta;
FERNANDO PROCACCIA

Chiaroveggenza e Scurnveggenza.
Preziosissimi insegnamenti troviamo riportati nel numero di Luglio
del « The American Co-Mason, » bollettino ufficiale della « American
Federation of Human Rights, » altrimenti chiamato Rito Misto, e di cui
ci occuperemo altra volta.
"La signora llles Perry, di Los Angeles, ha tenuto due conferenze
sulla Massoneria, tra le sue.,{lltre conferenze sulla Salute, mentre era qui
l'ultima settimana. Le quattro regole fondamentali della Massoneria essa
le ha date così: 1° 'Un ghiottone non·può essere un vero massone; 20 Un
consumatore abituale di liquori alcoolici non può essere un vero massone;
3,, L'altruismo è necessario per l'avanzamento massonico; 4° Il genuino Prin­
cipe Adepto Massone, del 28·' grado, del Rito Scozzese, deve essere virtual­
mente un celibatario, tranne ·solamente quando i suoi figli vengono conce­
piti. La signora Perry dice che essa trova queste leggi nella Bibbia che
essa legge coll'occhio interno del!' intuizione. ,,
Naturalmente il vero massone è quello fabbricato su modello della si­
gnora Perry; lo ha scoperto lei coll'occhio interno, e non è il caso di met­
terlo L; dbcussione. Però se n'ìn fosse dare prova di deplorevole egoismo,
contravvenendo al terzo com1i1a dd sillabo massonico della Perry, vorrei
chiedere, con tutto il rispetto, un poco di tolleranza per il primo comma,
rh.ordando per esempio la tradi�ione massonica delle agapi, durante le
quali usava masticare e sparare polvere nera. Sarei .. nch� curioso dì
sapere se per quell'ubriacone emerito e discutibile celibatario di nome
Socrate ci sarebbe stata speranza, secorido questo sillabo massonico, di
divenLre un vero massone. Quanto poi all'ultimo comandamento, sa­
rebbe forse bene che la signora Perry si degnasse consultare la Bibbia
- 54 -
col suo occhio interno per dargire dei savii consigli ai veri massoni,
specificando se, in quel tale caso eccezionale dedicato al!a �ro� agazione
della specie, sia o no lecito di abbandonarsi alle eserc1tazt? nt �he o­
gnuno può leggere nel " Cantico de_i Cantici, ,, o se p�re bts?gm stare
_ _
composti, tenere le mani appoggiate al muro-, glt occhi nvolh alla santa
immagine di S. Luigi Gonzaga, e un fischio in bocca.
A. R.

ELIFAS LEVI - La chiave dei grandi misteri, con nume­


rose illustrazioni esoteriche e magiche - Trenta lire.

La Chiave dei Grandi Misteri, che ora pubblica la Casa Atanòr, è il


terzo volume delle opere di• ELIFAS LEVI intorno alla Scienza degli an­
tichi Magi, le quali formano un- corso completo diviso appunto in tre
parti. Le prime due contengono ti Dogma e Rituale dell'Alta Magia e la
Storia della Magia. Ciascuna parte, studiata ser aratamente, dà un inse­
gnamento completo e sembra contenere tutta la scienza ; ma per avere
intelligenza piena e intiera dell'una, occorerà studiare con cura le due altre
La Storia della Magia spiega le asserzioni contenute nel Dogma e
Rituale; la Chiave dei Grandi Misteri completa La. Storia della Magia.
Cosi che, per il lettore attento, nulla mancherà alla rivelazione dei se­
greti de11a Cabala e della Magia, tanto degli Ebrei come di Zoroastroi
e di Ermete. Questi tre libri sono cattolici, e, se le rivelazioni in ess
contenute. sono di natura tale da turbare la coscienza dei semplici, è
pur consolante il pensare ch'essi non li leggeranno. Sono appunto scritti
per gli uomini privi di pregudizii, e l'autore non ha per anco voluto
adulare nè l'irreligione nè il fanatismo.
- 55 -

ASSOCIAZIONI VECCHIE E NUOVE

UNA RINASCITA PITAGORICA

Sono sorte da poco alcune associazioni di carattere, al­


meno nominalmente, pitagorico.
Il N. tO della rivista " O Thanatos ,, (Dicembre 1923) a
pag. 43 dà notizia di un " Gntppo Pitagora ,, costituito in
Roma da un " /{ritppo di giovani volenterosi, senza distinzione
di na:::ionalità, di ling·ua, di sesso, di fede politica e religiosa,
" per fondare ., un (sic!) oasi di pace in tanto divampare di
lotte e di discordie " dove tutti possano riunirsi ,, animati dalla
stessa volontà di propagandare idee di pace e di amore, e dal
desiderio di progredire e studiare, e di cercare la verità do­
vunque si trovi sen:-:,a apriorismi e senza dogmi, e dallo stesso
spirito di tolleranza verso le opinioni diverse e contrarie ,, .
Il dottor Francesco Leti che ha scritto in " O Thanatos ,,
quanto riportiamo, prosegue per due pagine a dichiarare gli scopi
del " Gruppo Pitagora ,, ma a dire il vero con tono più evan­
gelico che pitagorico.
Notizie sopra una " Fratellanza Pitagorica Italiana ,, ora
costituitasi le desumiamo da una comunicazione contenuta a pag.
8 del Numero del 4 Gennaio della " Fenice,, un giornale mas­
sonico che si puhblica in Roma e che sino ad ieri è stato
l'organo di un gruppo staccatosi dal Rito Scozzese Antico ed
Accettato di Piazza del Gesù)
Questa Fratellanza, di cui ignoriamo gli eventuali rapporti
con il Gruppo Pitagora di cui abbiamo parlatu e con la loggia
Pitagora di cui parleremo, afferma di " essersi ricostituita sitlle
antid1e basi con ordiiza111enti nuovi, nssimiendosi il mandato
di /unzirmare conze fncnlare centrale per la cc>11servazione
-56 -
dell'italico sapen iniziatico e per_ la sua propagazione nel
mondo, fra le associazioni massoniche o che com1mqtte hanno
CU,S/odita 1ma tradizione commze a qitella dei Liberi ]1,furatori ,,
" Vi possono essere ammessi Fratelli di qualunqtte Ordine
e Rito ,, ed "il ferzo grado massonico è necessario per poter
entrare nella prima classe della Fratellanza. ,,
Risulta dunque chiaro che si tratta di un'associazione che
si propone di lavorare entro le varie organizzazioni massoniche
esistenti, e non tocca a noi l' indagare se d'accordo con esse o
meno. L'automandato di funzionare come focolare per la conser­
vazione dell' italico sapere iniziatico fa �upporre che questa Fra­
tellanza Pitagorica ritiene di possedere questo italico sapere o per
lo meno reputa opportuno accampare tale pretesa. Ma poichè
" l'ingresso in queste classi, dalla prima all'1iltima, è però
riservato a chi dimostri speciali attitu4ini frztellettivt!- e· pre­
senti garanzie personali di ,moralità, entrambe accertate con
una procediwa lunga e rigorosa ,, nasce qualche dubbio circa
il carattere pitagoric.9 cli questo italico sapere. Nel periodo che
abbiamo riferito • è manifesta infatti una preoccupazione circa
speciali attitudini intelletti-. e, mentr_e invece la propedeutica rac­
comandata al discepolo dai Versi d'oro si riferisce a facoltà del
tutto distinte dall' intelligenza. Vi si parla poi della morale lotti
coiwt come se esistesse una morale assoluta, identica in tutti i
tempi ed in tutti i luoghi, e come se fosse obbligatorio ed utile
conformarsi ad una morale (e proprio a quella) per acquistare
l'italico sapere.
Riservandoci di trattare ampiamente l' importante questione·,
osserviamo che l'accettare ed il proclamare la verità di una teoria
perchè corrispondente al proprio istinto e temperamento ed
a pregiudizii ed ipocrisie moralistiche o perchè soddisfacente
al bisogno umano della giustizia e della consolazione non è ope­
rare secondo i sani principii scientjfici, moderni od antichi, pro­
fani o esoterici. Il riconoscimento della ,:crità non può essere subor­
dinato a nessun postulato di morale e di giustizia, a nessuna sod­
disfazione di gusti e di temperamenti.
- 57 -
Il modo con cui si parla di morale nel passo sopra citato come
se fosse- evidente, sicuro e pacifico l'universale consenso nella con­
cezione e nella valutazione della moralità, lascia supporre una
propensione, per non dire di più, ad accordare alla nauseabonda
morale moderna un Yalore ed un'autorità privilegiata, ed a sta­
he bilire un rapporto più che arbitrario tra di essa e l' italico sapere
ne iniziatico. E badisi che, se in fisica. in chimica, in matematica l'as­
o servimento ad una morale non giova, ma non arreca neppure
:r. danni sensibili al ricercatore, la co5a è ben diversa nel campo
a­ iniziatico ; perchè, trattandosi di trasformare la- coscienza umana
er in coscienza universale, è perfino ridicolo il subordinare una si­
lè mile opera di universalizzazione ai_ miserabili limitati concetti u­
rò mani di morale e di giustizia. Non s1 può affissare lo sguardo
·e ­ nel sole, quando si è incapaci di sollevarlo al di sopra dell'oriz­
zonte morale del " natio borgo selvaggio. ,,
J11
Ma la " Fratellanza Pitagorica Italiana ,, accetta evidente­
:a mente il postulato secondo il quale il filosofo deve restare attac­
he cato alla vita morale come l'ostrica sta attaccata allo scoglio,
coli'evidente risultato di restare ostrica attaccata allo _scoglio vita
c­ natural durante sino a che non venga qualcuno a mangiarsela
iel viva con tutta la sua moralità ; ed è molto probabile che non
ttl avrebbero grazie grandi appo lei non solo Socrate ed i suoi di­
scepoli, non solo, e per delitti varii di lesa morale, Francesco Ba­
Jc cone, padre putativo della Massoneria, e Federigo di Prussia,
re padre come sopra del rito scozzese, ma gli umanisti ed i rosa­
croce in genere. È evidente che, nonostante il suo nome, la Fra­
tellanza Pitagorica, professa la religione universale contemporanea,
ossia la moralina di Nietsche, il moralismo della musoneria trans­
alpina, il più cretino tra tutti i feticci venerati dalle persone
" per bene, come si deve, rispettabili ,, le quali non son capaci
nè di pensare nè di osservare, ma soltanto di ripetere, o meglio
di rivomitare, come fonografi, quel che han sentito e risentito re­
O' citare [ frequentativo del verbo recere J dai pappagalli bene edu­
catì dei due emisferi.
Altro che italico sapere iniziatico !
-58 -


••

Anche la Massoneria di Palazzo Giustiniani ha finalmente


varato la " Loggia Pitagora ,, la cui tentata costituzione quattro
anni fa incontrò così fiere prevenzioni ed opposizioni da parte
dei pezzi grossi della Gran Loggia e specialmente c!el Supremo
Consiglio. Non sappiamo se tra il Gruppo Pitagora, la " Fra­
tellanza Pitagorica Italiana ,, e la " Loggia Pitagora ,, sus­
sistano rapporti, oppure se si tratti di cose diverse e separate.
Un' "Associazione Pitagorica,, è stata stabilita infine in Roma
il 18 Dicembre dello scorso anno. Per altro in questo caso non
si tratta propriamente di una nuova associazione ma di una ma­
nifestazione esteriore di quella scuola italica di cui Arturo Reghini
fece conoscere la esistenza in un articoletto pubblicato in Ultra
nel 1914 e riprodotto nello stesso anno dalla Rivista Massonica
di Palazzo Giustiniani.
Infatti questa " Associazione Pitagorica ,, è presieduta da
Arturo Reghini e tra i dieci fondato� figurano alcuni che fin da
allora appartenevano a cotesta Scuola Italica.
Questa Associazione Pitagorica, non ha alcun rapporto colle
altre tre associazioni di cui abbiamo parlato, non si occupa di
politica, non si preoccupa affatto della pretesa " tristizia dei
tempi, ,, nè si interessa di quanto avviene nel campo massonico
od in quello di altri ordini e società ; non pensa a propagandare
idee di amore e di pace come il " Gruppo Pitagora, ,, nè a
fare propaganda o proselitismi di alcun genere; non si proclama
in possesso del!' italico sapere iniziatico, ma come dice l'articolo
primo dél suo Statuto, ha modestamente per " scopo il consegui­
mento della conoscenza da parte dei propri Soci. ,, Riportiamo
anche i tre articoli seguenti :
" Art. 2 Il metodo per conseguire questo scopo sta nel­
l'osservazione diretta dei fenomeni
Art. 3 Il lavoro individitale dei Soci consiste nella os­
servazione e nello sviluppo integrale della propria natura.
- 59 -
Art. 4 Il lavoro collettivo è costituito da studi di or­
dine storico, filosofico, culturale in genere. Speciale interesse
viene riconosciuto a quanto riguarda la Scuola Italica Pitago­
rica, la stta storia, le sue · dottrine, le sue derivazioni, ed
influenze. ,,
Come si vede, il conseguimento della conoscenza non è su­
bordinato a nessun moralismo, ed a nessun pregiudizio ; e non
si stabilisce che gli iniziati debbano essere fabbricati in serie
standard, sul modello dell'uomo perfetto ed up to date.
Questa rinascita pitagorica vogliamo ritenere che riuscirà gra­
dita a quanti invocano e favoriscono l'affermazione dei valori
spirituali e del!' italianità, indipendentemente da esotismi recenti ed
antichl.
E perciò vogliamo sperare che in queste associazioni Pita-.
gora non ser'Va da attaccapanni, da portare in giro rivestito alla
cristiana od alla moda dell'Ottantanove ; ma che si tratti davvero
di un ritorno alla antica posizione filosofica, ad una intuizione a­
perta, serena, armonica della vita, libera dalle strettoie e dai pre­
giudizi sopravvenutr di poi, ed ancora malauguratamente domi­
nanti.
Piccola Cronaca Martinista
In una delle ultime sessioni del Supremo Consiglio dei 33
del Rito Scozzese Antico ed Àccettato di PalazzQ Giustiniani
fu presa la deliberazione di non permettere ai fratelli dipendènti di
appartenere contemporaneamente all'Ordine Martinista (ed anche
al Rito di Memphis). La politica del Gran Maestro di questo
Ordine, il noto Avv. Sacchi, è stata così sapiente da riuscire in
pochi mesi a fare mettere il suo martinismo al bando,�tanto dalla
Massoneria di Piazza del Gesù che da quella di Palazzo Giusti­
oiani. Congratulazioni vivissime. !
Jn compenso nel Convento Martinista del Gran Consiglio del­
l'Ordine tenutosi il 16 Dicembre fu deliberato di sostituire la pa­
rola Supremo alla • parola Grande. Così abbiamo il piacere di a­
vere un secondo Supremo Consiglio dell'Ordine Martinista contrap-
- 60 -
posto al Supremo Consiglio di cui è Gran Màestro il Signor
Joanny Bricaud, che è anche, per chi lo ignorasse, Giovanni II
patriarca della Chiesa Gnostica. Ci ripromettiamo, e lo confessiamo
senza ambagi, di fare la parte del terzo fra i due litiganti; non
che desideriamo utilizzare comunque il dissidio, ma in hac lacryma­
rum valle non è il caso di lasciarsi sfuggire le occasioni di ri­
crearsi lo spirito.
Nelle comunicazioni ufficiali di questo nuovo Supremo Con­
siglio Martinista si dichiara, tra le altre cose, il proposito di im­
piegare la catena iniziatica (quella stessa che ha ottenuto i sopra
riferiti mirabolanti risultati nei suoi rapporti colla Massoneria) ad
affrettare l'avvento di '' uno slancio - immanente (sic!) di
fratellanza e di solidarietà fra tutti gli umani, ,, e dopo
aver detto che l'Ordine Martinista non può impiegare nè impe­
gnare la sua catena iniziatica operante in realizzazioni esoteriche
a contenuto politico (il che fu appunto voluto dal detto Convento
del Gran Consiglio del 16 Dicembre,) si agg1,1mgono (con dei
se non) le eccezioni e le modificazioni a cotesta deliberazione
con le quali la politica cacciata dalla porta rientra democrati­
camente dalla finestra. Si tratta come si vede di vizio incallito,
su cui richiamiamo l'attenzione di quei Superiori Incogniti Mar­
tinisti che della politica nel Martinismo intendevano farne a meno.
È vero, per altro, che questa atti\ ità della catena iniziatica Mar­
tinista non è destinata a dare soverchi grattacapi a nessuno!

MAXIMUS.
- 61 -

VEXATIO STULTORUM
OVVERO SIA

La Sinagoga degli Ignoranti.


Un francese che la sa lunga è il sign:cr Oswald Wirth. Egli nel suo
« Livre du compagnon (pag. 156, Paris 1922) scrive: « Un essere stret­
tamente isolato, senza comunicazione al�una con chicchessia non potrebbe
avere nozione della sua esistenza "; dopo di che egli aggiunge in nota:
« Tale fu la situazione del Creatore anteriormente alla creazione"·
Per sapere queste cose il Wirth deve essere, a dir poco garante
di amicizia del G.·. A.·. D.·. U.·. I Una volta la carica di fiduciario
del Padre Eterno la teneva Eduardo Frosini, dottore in scienze emetiche
ed ex-ex Gran Maestro. Si vede che in questo basso mondo, ahimè,
tout lasse, tout passe ecc.; ed ora il Wirth ha il grido della pittura...

***
Spropositi colossali si trovano sparsi au petit bonheur nel 11 Rituel
de l'Apprenti » di J. M. Ragon e son dovuti a pura e genuina bestialità
senza arrière pensée. Ecco quel che si trova a pag. 91 : « Tutte le super­
ficie si possono ridurre a triangoli. Essa (la geometria) conta tre angoli:
il retto, l'acuto e l'ottuso; i!d altri tre (I): il rettilineo, il curvilineo, il mi­
stilineo; e tre triangoli: rettangolo, isoscele, scaleno; tre figure: triangolo,
quadrato, cerchio (SENZA CONTARE QUELLA DEL CIUCO CHE OLIE LA FAC­
CIAMO FARE NOI); tre corpi ad angoli: cubo, prisma, piramide; tre punti
per trovare il centro del cerchio; tre punti per piantare le biffe (ED
ANCHE MENO PER AVERE LE BEFFE); tre lati almeno per chiudere uno
spazio. La stereometria conta tre forme: triangolare, quadrangolare, pen­
tagonale, le loro Jaccie sono triangolari; e conta tre corpi; rotondo, ci­
lindrico, conico ».
Questa è la vera pesca reale delle bestialità, e non le rileviamo
una per ·una per non tediare il lettore. Neppure il Sacchi, siamo onesti,
è giunto a simile sublimazione. E se ne è accorto persino Ulisse Bacci
che riporta cotesta roba a pag. 405 del primo volume del « Libro del
Massone Italiano ». Egli fa seguire questa ed altre citazioni da un com­
mento ironicamente spregiativo. Senonchè il Bacci prosegue, citando:
- 62 -
« la meccanica dimostra che la forma è il prodotto della massa, moltipli­
cata per lo spazio, divisa per il tempo ,. ; frase eh� egli riporta dalla
pagina m del Cours Philosophique... del Ragon, mtroducendovi però
un errore di stampa (?) perchè dove il Bacci dice erroneamente forma
il povero Ragon diceva onestamente forza. Ed allora come si fa a pren­
dere in giro il Ragon per quegli errori che invece son proprio di Ulisse

•••
Bacci?

11 Ministro Gentile, che non è nè biondo, nè bello, nè di gentile


aspetto, ma è certo più cristiano che gentile, ha emanato il 5 gen­
naio 1924 una importante circolare sopra l'insegnamento religioso nelle
scuole.
Come è noto, la Chiesa Cattolica, dominante da diciannove secoli
e passa, non considerando sufficiente arma il possesso della verità ri­
velata e la guida infallibile del Vicario di Dio, ricorre alle leggi dello
Stato per imporre la religione nelle scuole. E diciamo imporre, perchè
la preghiera sarà di tutti gli scolari. Secondo il Ministro Gentile questo
è un riferimento alla religione, tale che gli uomini di qualsiasi fede
debbano gradirlo. Evidentemente il Ministro Gentile non sospetta nep­
pure che possano esistere miscredenti capaci di fare a meno di qualsiasi fede;
o che si possa avere una fede (p. e. in sè stessi] e pur giudicare la pre­
ghiera una manovra assurda e ridicola, pari a quella dell'infante che
batte il sasso dove si è fatto la bua.
In compenso egli ci insegna che « civiltà è sinonimo di cristianesimo;
chè nessuna fede concepisce cosi UMANAMENTE il divino ,. . La sottolineatura
non è nostra, è del Gentile che si compiace di esaltare questo merito
del cristianesimo I Eppoi ci insegna che « nessuno senza il cristianesimo
sentirebbe la fede [E CON QUESTO?] sopra tutto come AMOR DEI, pater­
nità dell'infinito per il finito ... ».
Conclusione: Pitagora, Cesare, Giuliano, Plotino erano dei barbari,

•••
senza fede e senza civiltà.

La « Civiltà Cattolica « nei due numeri del Novembre 1923 reca un


articolo sopra gli « Atteggiamenti della Massoneria Internazionale dopo
la guerra ».
E' uno studio assai ben fatto, basato sopra
i documenti ufficia li,
e che si occupa specialmente dell'Associaz
ione Massonica Internazionale
tra �otenze Massoniche Simboliche,
e del Congresso tenuto a Ginevra
nell Ottobre 1923. Riportando il
testo 1 trado tto dal francese in italiano,
della esp?�izione fatta nel Congresso
da Ed. Quartier la Tente, l'org ano
dei Oesuitt, si lascia sfugg
ire il seguente errore di traduzione. Dove di·
- 63 -
ceva: « Nei luoghi dove /es iJZ.1:1cs et /es noirs ou • [es jaunes vivent à
coté » traduce·: « nei luoghi ove i bianchi e i neri o i giovani vivono a
contatto».
Possibile che nella Compagnia non dispongano di qualcheduno che
conosca un po' meglio il francese, o che faccia un pò attenzione a quel
che scrive?
***
Lo svarione per una volta non è intenzionale. Ma negli annali
della « religione dominante » non mancano esempi di zelo eccessivo nel­
l'alterare con disinvoltura la verità ad maiorem dei gloriam.
Ecco cosa dice il Pareto (Trattato di Sociologia Generale 1916.
Voi. 2 pag. 190) parlando di Aristobulo, filosofo ebreo citato da Sant­
Eusebio. « Questo Aristobulo era un gran falsario. Egli cita gli autorf
a suo modo e spinge l'impudenza fino ad alterare un verso di Omero.
Questi nell'Odissea, V, narra come i pre�arativi di Ulisse per lasciare
l'isola di Calipso furono terminati il quarto giorno. « Era il quarto
giorno, e da lui ogni cosa era stata sistemata ». Aristobulo che vuol
dimostrare che anche i pagani santificavano il settimo giorno, mette con
disinvoltura cbdomos invece di tetrados, e così fa dire ad Omero che il
settimo giorno tutto era terminato. Questa buona lana di Eusebio che
cita lo scritto di Aristobulo finge di non accorgersi della falsificazione,
inventa addirittura versi che a lui fan comodo, ed Eusebio li riferisce,
con faccia tosta. Non dimentichiamo che ·tal gente discorreva ognora di
morale"·
IL VICARIO DI SATANA.

NOTA BENE - S'invia in saggio soltanto


questo primo fascicolo doppio di ATANpR. Chi
non manda l'importo dell'abbonamento (L. 20 in
Italia e Colonie; il doppio dall'Estero) all'Ammini­
strazione della Rivista, al N. 16 del Viale Castro
Pretorio, Roma ( 21" ), dentro il mese di Marzo,
non riceverà altri fascicoli.
-64 -

INDICE-SOMMARI O

Ai Ltttorl - LA DIREZIONE • • • • • • pag: 1


Il Necessario Ritorno - MANLIO MAGNANI • ,. 4
l'Athanòr - A. R. . . . • • • • • • ,. 9
l'Insegnamento Iniziatico - RENÉ GUÉNON • ,. 12
Tra gli Adepti del Celeste Impero - G. TAVOLACCI » 19
L'Impronta Pitagorica nella Massoneria - ARTURO REOHINI ,. 31

Tra Libri e Riviste :


a) F. B. CICALA - Introduzione alla teoria dell'Essere -
I. EVOLA . . . . . . . • • • » 47
b) Il Sepher jetzirah - FERNANDO PROCACCIA » 49
c) Chiarovernenza e Scuroveggenza - A. R. " 53
d) E. LEVI - La chiave dei grandi misteri . ,. 54
Associazioni Vecchie e Nuove - MAXIMUS • • • • » 55 •
Vexatio Stultorum, ovvero sia la Sin(lgoga degli Ignoranti -
IL VICARIO DI SATANA • • • • • • • • • • • " 61

=......,,.,�=================--·-
Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REOHINI
ROMA • Tipografia «Iris� - Via Agostino Depretis, 86.
LI RldBnZIORI di ldllmO di L . Puccinelli; ir.-16
L. 6 _
lii missione di Roma nel mondo di v. Marchi, in-8 L. 5 _
FilOSOII Antichi di A. Tilgher, in-8. . . L. 12 _
purlflCIIZIOna di Ciro Alvi (1° della serie: I Romanzi dell'Occulto) in-16 L.6 _
santo Francesco d'Assisi dello stesso. Quarta edizione in-8; in carta di lusso
illustrata con quindici tavole fuori testo di E. Anichini . L. 15 _:
In ultll partana godere. Romanzo dello stesso in-16 . . L. 8 _
Par IO Spirito lii Carne esaltare. Romanzo dello stesso ill-16 . L.. s -
L'Arcobaleno. Novelle dello stesso in-16 L. 6 -
Il LUPO di 6Ubbl 0 di A. Boussac De Saint-Mare; dramma mistico. Traduzione
e prefazione di Adriano Tilgher . L. 6 -

Della '' Biblioteca Umbra ,, sono stati pubblicati


i seguenti volumi:
JIICOPOnB dli Todi di A. D'Ancona . L. 5 -
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canti POPOllrl Umbri di M. Chini L. 10 -
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comune e s1anor111 In orvieto di o. Pardi L. 7-
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un Laudarlo Umbro quanrocentlsta dal Bianchi di o. M. Monti L. 6-
Federico Frazzl. La Ult:a e l'Opera di o. Rotondi L. 7-

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alto, il prezzo s'intende nella valuta dei paesi medesimi.
�IVI ITADI JTUDI INIZIATICI

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La Santa Gnosi a cura del Dr. L. S. Fugairon, Dottore in medicina e in scienze
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Gnostico - Gran Maestro Generale dell'Ordine Martinista. Traduzione
introduzione e note a cura di Vincenzo Soro ; in-8 . . . L. 18 _:
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Vincenzo Soro. Genesi e dottrina dello Gnosticismo - Patologia Gno­
stica - La Chiesa Martire - La Chiesa Occulta - La Gnosi Contempo­
ranea ; in-8, con varie illustrazioni . . L. 25 -
Il Oran Libro della natura - Opera curiosa del secolo XVIII; in-8 con illustr a-
zioni, a cura di Vincenzo Soro . . L. 15 -
Le Parole sacre e di Passo dei primi tre oradl e Il massimo mistero massonico -
Studio critico ed iniziatico di Arturo Reghini; in-16 con illustrazioni
esoteriche . . . .., . L. 14 -
La Leggenda del Simboli filosofici, religiosi e massonici di Marco Saunier ;
in-8 grande ; 3a edizione L. 18 -
Le Basi Spiriluali della massoneria e la vita pubblica di L. Keller. ln-8 pic-
colo L. 14 -
Il Uangelo di Cagliostro - il Gran Cofto - con un proemio di P. Maruzzi;
in-16. Esaurito - in ristampa.
Il Libro degli Splendori del Maestro Incognito Elifas Levi, in-8 piccolo L. 12 -
11 Dogma a II Rituale dall'Alta magia dello stesso, 2a edizione, in-8 grande, con
illustrazioni . L. 30 -
La Storia della magia dello stesso, in-8 grande, con 16 tavole esoteriche fuori
testo . L. 30 -
La Chiave dei Brandi Misteri secondo Enoc, Abramo, Ermete Trimegisto e
Salomone ; dello stesso, con illustrazioni esoteriche . L. 30 -
La Sapienza Italica di Enrico Caporali in-16. Esaurito.
La Parola del BUddO. Riduzione dal Pali del Biccù Nyan�tiloka, versione di
G. B. Penne, in-8 piccolo . L. 12 -
Dalla Pietra filosofale e dell'Arte dell'ilthimla in-16. Esaurito, in ristampa.
La Legge del ftUOUO Pensiero di W. Atkinson, in-16 . . L. 8 -
Il Plmandro a altri Scrlnl Ermetici di Ermete Trimegisto. Esaurito, in ristampa.
PICO dalla Mirandola di G. Semprini, in-16 . L. 9 -
ANNO I. MARZO 1924 NUMBRO 3
CJC CON LA POST A DUE LIRE

RIVISTA MENSILE DI STUDI INIZIATICI


Direttore Responsabile : ARTURO REGHINI
Direzione ed Ammi,1istrazione presso la Casa Editrice « ATANÒR », Succursale di Roma
al N. 16 del Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)

Co3tl1 Dllf. lll:e ll Numero Al>l>on.u:ic::to r-�r u1t a:mo VEN'fJ llr-� • Per I' Est.:ro il dc-,s;vfo

REDAZIONE:
CIRO ALVI - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ - ANICETO DEL MASSA -
J. EVOLA - A. RUSSO FRATTASI - RENÉ GUÉNON - GIULIANO KREMMERZ -
MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MARIO MORANO! - FERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REGHINI - GALLJANO TAVOLACCI.

GN0s·1 E LIBERTÀ
È di moda parlare di libertà e poichè tutti ne discorrono a
modo proprio, secondo cioè un particolare punto di vista, può ben
parlarsene da un punto di vista esoterico che vale almeno, credo,
quanto l'assunto mentale di coloro per cui la grande parola signi­
fica· soltanto possibilità di entrare nella minoranza di un Consiglio
comunale.
Intanto giova assai ordinare, come fa il chirurgo prima dell'o­
perazione, i proprii ferri, assicurarsi che siano bene sterilizzati, e
tener pronti tutti gli altri presidii dell'arte.
Bisogna anche e sopratutto conoscere l'anatomia.
L'anatomia delle idee non è così facile come quella d.:ì corpo
umano; è tanto difficile che tutti gli studiosi di tutti i tempi non
si son trovati d'accordo, e l'affare non sarà tanto presto concluso.
.,... 66 -
Fra ideologie, Ideogrammi, fantasmi, metafore, tropi e simili
pupazzi del teatro logico si può far confusione, solo che manchi
la luce della ribalta, e scambiare Scanapino per Orlando o Car­
lomagno. È questione d'intendersi.
Se chiamiamo baracca una cristallizzazione ideologica, un si­
stema, un programma, e burattini le ideologie avremo un modo
spiccio di intenderci, purchè sappiamo individuare il contrasto o
i contrasti, oppure le divergenze.
Diciamo dunque : fabbrica di fantocci, fiera di fantocci, ne­
gozio di fantocci e diciamo pure fantocci alla rinfusa. Teniamo
ancora in riserva gli stracci.
In questa figurazione che posto avrà la libertà e quale la ne­
cessità, quale il volere e quale il potere?
Quando la baracca è piantata e i fantocci sono stati acqui­
stati, il campo del burattinaio è assai limitato, egli è pressochè in
balia della necessità, egli sente il potere e il suo volere vien meno.
Ad esempio : se io voglio, fortissimamente voglio, per un mi­
nuto non pensare a nulla di concreto, lo potrò : in quel minuto le
mie idee sono stracci, la baracca non esiste e non vi lavorano i
fantocci. Ma, se una vespa mi punge improvvisamente il collo,
ecco formarsi la baracca della puntura di vespa cogli annessi e
connessi burattini del dolore, della difesa, della medicazione
ecc.... ecc....
Gli stracci, per seguire la metafora, durano assai poco ed
hanno tendenza a tras.formarsi in pupazzi e questi tendono a ràc­
cogliersi in baracca.
So bene che gli uomini grossolani obiettano che con simili
sottigliezze non si potrà mai realizzare alcun progetto. Io sono
anche disposto a dar ragione a cotestoro, pur di addivenire con
loro ad un patto. Devono impegnarsi con questo solennissimo
giuramento :
« Giuriamo per avere il diritto di fabbricare abiti di moda, di

costrurre edifizii in stile, di allevare scolari secondo moralità, di


predicare l'avvenire delle anime ai credenti......., giuriamo di non
P:o�unziare mai più le parole verità, libertà, umanità, popolo e
VlilU. ,.
Sbrigatomi con dei realizzatori, dei fabbricatori deoli 0
educa­
tori e degli apostoli, la faccenda mi par piu agevoÌe.
- 67 -
Intanto costoro sono appunto quelli che più maltrattano la
gnosi e l'esoterismo: per essi tutto è chiaro, tutto è facile; tutto
è arte alla mano. Son dessi che inventarono la parolona: orga­
nizzazione ; appunto perciò io interdico loro il diritto di parlare
di libertà. Libertà è un fatto squisitamente spirituale e ineffabil­
mente arcano. C'è, e come, un'arte della libertà ed è arte esoterica.
I burattinai che girano colla loro baracca, coi loro pupazzi,
sempre quelli o sempre acquistati nello stesso negozio, conosce­
ranno l'arte del burattinaio, ma non confidino di conoscere l'arte
della libertà, cioè l'esoterismo.
È un po' una proprietà individuale, è un po', anzi molto, il
frutto di una lunga esper.ienza, di una vocazione ribelle a tutti i
fantocci, di tutte le baracche, di tutti i tempi.
Accennerò ad alcune mie esperienze personali, :ieto se altri
vorrà aggiungere col tempo il frutto delle proprie.
Le baracche (perché no?) devono pure esistere ed anch' id
porto in giro, belle o brutte, le mie. Tanto per intenderci subito.
Ma c'è mestiere e mestiere. Se io faccio credere di essere un con­
corrente di Guignol e poi, invece di far ridere, faccio piangere o
viceversa, il pubblico potrà accogliermi a torsi di cavolo, se ha
dei cavoli in quantita e se li ha mangiati per conservarne i torsoli.
Ma se io mi raccomando alla benignità del pubblico, dicendo: - lo
faccio per campare, non avrei fatto questo mestiere per nessuna
cosa al mondo, ma vi fui costretto da disgrazie di famiglia, - il
pubblico quasi certamente mi compatirà.
Non bisogna, per un esoterico, chiedere di piì1 al pubblico.
Quando si vuole spiegare, persuadere, ottenere un successo
profano..... addio gnosi, addio esoterismo, addio libertà spirituale.....
è la baracca, niente altro che la baracca I
Ne vediamo, di esempi, tutti i gìorni.
Quanti apolitici, quanti agnostici, quanti indipendenti, quanti sel­
vaggi, quanti franga, non flectar hanno piantato dei baracconi
che superano in mole le più celebrate baracche dei più vantati fi­
losofi, politici, economisti del gran mondo della fiera permanente I
Si ha un bel scrivere sul frontone : Libero pensiero •- Libero
esame - Libera coscienza.....
No, non attacca più, se pure ha attaccato mai I
La mia esperienza personale mi dice, come metodo, come
- 68 -
arte di. libertà spirituale, di gnosi, di esoterismo: Contractctiz
opportumsmo,
· f'mz1one,
· 1eggerezza, •1ro111a,
• umori. to e
smo, negazi· n '
Queste varie attività debbono essere sviluppate seconctone:1
casi perchè, come dissi, l'arte della libertà spirituale è assai diff i�J
Quante lotte, e quanti accorgimenti, quante schermaglie p:·
poter lasciar credere, per annebbiare il giudizio dei profani: pe�
ottenere il favore pubblico, per girare �ll'ombra delle baracche
della fiera permanente.
E quanto divertimento nel poter fregare tutti, quanta soddisfa­
zione nel tornare a galla dopo una immersione..... Era un tuffo
un bagno, o un tentativo di suicidio. Oramai sappiamo che tuffo '
bagno e suicidio sono pupazzi rispettivamente delle baracche dell�
sport, dell'igiene e della malinconia.
Ma anche l'esoterismo ha le sue baracche ed i suoi burattini•'
baracche anche brutte, bruttissime alle volte, burattini poi con
certe faccie I
Sarei curioso di sapere perchè la mania burattinaia sia giunta
fin costassù nell'empireo dalle nuvole d'oro, dai tramonti di viola
e dalle albe di madreperla.
Bisogna dunque aggiungere all'arte della libertà esoterica un
ultimo capitolo : diffidenza.
Diffidare di ogni passo per non rifare i passi -del profano, di
ogni parola perchè questa non metta il pelo della barba, di ogni
giudizio affinchè invece di essere leggero, leggero, preda elegante
dello zefiro, non contenda al vischio le sue non invidiabili qualità.

GIULIO CAPURRO.

Nel prossimo numero:

René Guénon - L' Esoterismo di Dante


Giulio Capurro - Rosacroclsmo Esoterico
- 69 -

IMPERIALISMO PAGANO
Parecchi amici e collaboratori di Atanòr ci instigano a ristam­
pare un vecchio articolo sul/' " Imperialismo Pagano, " pubblicato
nel numero di Gennaio-Febbraio 1914 di • Salamandra, ,. una ri­
vista morta al terzo numero ed ora introvabile.
L'argomento iv( trattato, invero, è oggi più che mai di attua­
lità; ed inoltre, tolte le prime due o tre pagine che si riferiscono
e prendono le mosse da circostanze politiche del tempo, tutto il
resto dell'articolo sembra scritto tenendo presenti le attuali condi­
zioni e tendenze politiche. I tivolgimenti di questo decennio non
hanno menomamente infirmato la visione iniziatica cui questo scritto
si inspirava; anzi quel che nel 1914, prima della guerra, dovette
sicuramente apparire come la visione utopistica ed anacronistica di
un isolato, si presenta oggi agli occhi di molti italiani come una
possibilità di fatto se non come un programma da attuare. E non sono
molti, ci sembra, coloro i quali, anziché aver dovuto modificare od
addirittura capovolgere la propria concezione filosofica � politica
sotto la irresistibile pressione degli eventi dt!gli ultimi anni, hanno
veduto le loro idee e le loro previsioni confermate punto per punto
dai fatti.
Quando lo scrittore di queste pagine, insieme a pochissimi altri,
invocava contro il guelfismo minacciante il risveglio di un impe­
rialismo pagano, la sua fede e la sua inspirazione sgorgavano dalla
pura inesauribile fonte della tradizione iniziatica pitagorica ed egli
non ebbe altro merito che di sapere riconoscere la limpidità cristal­
lina dell'acqua sorgiva. E mentre gli odierni imperialisti correvan
dietro, allora, ai sogni del pacifismo, dell'umanitarismo, della de­
mocrazia, del socialismo e qualcheduno perfino alle • parole in
libertà, " quello scarso manipolo di pagani e di pitagorici, conscio
dell'occulto nesso che lega il passato all'avvénire, affermava cate­
t goricamente la propria fede nei destini imperiali di Roma.
Per questo suo carattere iniziatico pitagorico, e non per occu­
parci Ji politica, acconsentiamo dunque a ristampare questo vecchio
articolo; e lo riproduciamo integralmente e senza il menomo ritocco.
-70 -
\
Considerazioni di attualilà si potrebbero agevolmente aggiun­
gere, ma ce ne asteniamo perchè « Atanòr ,. è una rivista dedicat a.
agli studi iniziatici, e non si occupa di politica. \
È vero per altro che si potrebbe anche non restare indifferenti
alla estimazione ed alla funzione da riconoscere agli studii ed alla
sapienza iniziatica. Nè simile questione è priva di ùnportanza anche
dal punto di vista politico, sopratutto quando si parli o si pensi
ad una politica imperiale e si voglia avviare un paese ad una gran­
dezza e civiltà spirituale e non soltanto mercantile. Ed in partìcolar
modo sarebbe savio pensarvi quando la religione ufficiale, priva
o dimentica della sapienza iniziatica, usurpa in terra il loco mio
che vaca, come diceva Dante parlando del Sommo Pontificato, la­
sciando l'Italia e l'Occidente, almeno in apparenza, in una posi­
zione di inferiorità spirituale.
, Da questo punto di vista contingente, non è indifferente, nei
rispetti dell'esoterismo e della sua funzione sociale, il favorire in.
Italia ed in Europa la corrente guelfa o quella ghibellina. Mentre
invece, metafisicamente parlando, la veste pagana o quella cristiana
possono anche equivalersi come espressiolle e velo della sapienza
iniziatica. Basta, s' intende che la saoienza vi sia.
Ripromettendoci di tornare sull'argomento, riportiamo intanto
il seguente articolo :

IMPERIALISMO
• PAGANO
Popolus Romanus natura ordinatus
/uit ad imperandum.
DANTE ALIGHIERI - Dt ·Mon.

Nelle recenti elezioni politiche il suffragio universale, estcemo


corollario dei postulati democratici, ci ha portato al trionfo del
�emplicismo .. I due partiti, infatti, che più han vi'3to aumentare il
numero dei loro voti sono stati senza dubbio il ci\!ricale ed il so­
cialista. Segno evidente che le argomentazioni e le promc�sc usate
da questi partiti era!lo per loro natura più accessibili e più gradite
alla mentalità della grande maggioranza, analfabe:ia, degli elettori,
che non potessero esserlo le idee degli a.Itri partiti. I cont dini del

- 71 -
Veneto e della Brianza, di cui il prete domina l'anima .primitiva
usando ed abusando della tenace fede cristiana ed aiutandosi al­
l'occorrenza col meno spL ituale argomento delle banche cattoliche;
i contadini dell' Emilia e della Romagna e gli operai delle grandi
città,ri abbeverati al fonte inesauribile delle frasi fatte ed ormai di­
sfatte dell'eloquenza democratica, tutto riducendo nel loro ristretto
egoismo di classe al conseguimento di un meschino immediato in­
teresse materiale, fieri di sentirsi evoluti, persuasi di rappresentare
il Progresso, nuovo fantastico Iddio ; forti gli uni e gli altri per la
pecorile disciplina e saldezza delle numerose leghe, hanno usato
del loro sovrano diritto votando per i due grandi partiti interna­
zionalisti.
Analfabetismo, semplicismo ed internazionalismo, stretti in fa­
scio, han dunqµe vinto insieme a maggior gloria del- regime par.­
lamentare.
D'altra parte il partito nazionalista, pure rius::endo vincitore
in alcune belle - battaglie; non ha saputo ottenere un successo pro­
porzionato alla potenza con la quale negli ultimi anni si è risve­
gliata la cosci ::mza nazionale italiana. Che cosa è dunque accaduto
di quella soverchiante marea nazionalista che ha voluto la guerra
(italo-turca) e che ha tolto l' Italia dalla indecorosa ed umiliante
condizione di Cenerentola delle nazioni 7 Se non si vuole credere
che tanta energia sia svanita nel nulla, bisogna ammettere che non
ha potuto esplicare sè stessa a causa delle condizioni dei partiti
in Italia, non esistendo ora in Italia nessun partito col quale la
coscienza nazionale possa fiduciosamente identificarsi. Ed in realtà
quel partito che si dice nazionalista non dà all'anima italiana si­
curo affidamento della sua assoluta italianità; la profonda intuizione
della razza non 8i sente persuasa, ed esita e rinunzia ad affermarsi
nazionalista se nazionalista deve significare clericale.
Istintivamente noi diffidiamo infatti del nazionalismo dei cle­
ricali.
Il cambiamento è stato tropp·o repentino, troppo concorde,
per non puzzare di manovra a primo fiuto. Non vogliamo annoiare·
il lettore ripetendo cose ,arcinote ; pure non possiamo astenerci dal
ricordare la continua avversione dei clericali nostrani e stranieri
pel nostro paese ; nel Belgio, in Austria, Spagna, Germania nei
loro congressi si aeitava l'eterna questione romana ; ancora ieri il
-72 -
Segretario di Stato protestava contro colui che detiene, ed ancora
non sono asciugate le lagrime versate dai fedeli sulla prigionia,
con relativa paglia, del Pontefice. Ed ora, tutto ad un tratto, cam.
biamento a vista; ai fedeli che in S. Pietro gridano evviva il
Papa-re, Pio X stesso fa cenno che tacciano, un arc!vescovo in un
discorso visibilmente ufficiale, cui non possono togliere ogni valore
i più recenti pentimenti, dichiara passato il tempo delle rivendica­
zioni temporaliste, i clericali monopolizzano il nazionalismo; sor­
gono ovunque per opera dei clericali riviste, giornali settimanali,
grandi quotidiani con bandiera nazionalista. Il frate si è dunque
fatto diavolo? Già altra volta vedemmo un Papa chiedere a Dio
di benedire l'Italia, e fu probabilmente sincero. Ma fu accordo di
breve durata e senza conseguenze. Il Papato è istituzione essen­
zialmente internazionale, dichiaratamente cattolica, i clericali nella
vita politica di tutti i popoli rappresentano l'esercito di questa
istituzione; divenire nazionalisti è per essi perdere la loro stessa
natura. Noi non crediamo perciò alla sincerità di questo improv­
viso mutamento, in cui troppo evidente traspare la parola d'or­
dine gesuitica; ed in ogni caso per naturale fatalità di cose non
crediamo possa essere duraturo ; ed in fine_, sincero o no, vediamo
in esso un danno ed un pericolo per l'avvenire d' Italia.
Non è difficile indovinare, del resto, quali considerazioni de­
vono avere indotto la compagnia di Gesù a questo apparente cam­
biamento della sua politica rispetto all' Italia.
Le condizioni internazionali e quelle nazionali rendevano op­
portuna e quasi diremmo indispensabile questa mossa.
La Francia , preziosa alleata contro l' Italia al tempo di
Leone XIII, fallito il tentativo nazionalista clericale militarista a
causa del male augurato affare Dreyfus, è oggi nelle mani della
Massoneria ; e, se armeggia contro l' Italia, lo fa pel tramite di
Palazzo Giustiniani e della democrazia, e non più pe-r mezzo del
Vaticano. L'Austria non procura cert� di questi dispiaceri; il par­
tito clericale è qui strapotente a corte, nell'esercito, nella burocrazia:
l'arciduca ereditario e la sua non principesca consorte sono in ot­
time relazioni con la Compagnia, l'Austria è pur sempre la vecchia
Austria; ma ha troppi guai in casa e troppe minaccie ai confini
per potersi permettere il lusso di una politica contraria ali' Italia.
In Spagna bisogna che spinte o spante, Alfonso XIII si dimostri
-73 -
liberale se non vuole finire come il suo collega di Lisbona ; e la
formazione di una Polonia indipendente, cattolica, con un re pos­
sibilmente di casa Asburgo, non pare tanto prossima. D'altra parte
l'ateismo, il materialismo, il socialismo dilagano sempre più tra le
masse operaie e perfino tra i contadini di tutta l' Europa.
Mala tempora currunt ! E magro conforto a tanti guai è il pro­
gredire del Cattolicismo nei paesi protestanti; in Germania dove
l' Imperatore ha bisogno dei voti del centro cattolico ; in Inghil­
terra e negli Stati Uniti dove il. culto cattolico, più pittoresco dei
varii culti protestanti, guadagna continuamente terreno.
D'altra parte in Italia sono avvenuti due importanti inaspettati
cambiamenti. La guerra con le relative competizioni diplomatiche,
che ha ridestato il senso nazionale del paese; ed il suffragio uni­
versale che ha condotto a partecipare alla attività politica quasi
tutta la massa incolta e malleabile della nazione. Non sarebbe una
manovra da maestri, debbono essersi detto le vecchie volpi della
Curia pontificia, se, invece di seguitare a pretendere da una Italia
ogni giorno più f9rte una restituzione (!) _,sempre meno probabile,
noi cercassimo di volgere a nostro favore gli impreveduti avve­
nimenti ed a poco alla volta ci impadronissimo nonchè di Roma
di tutta Italia? Abbiamo un clero, giç>vane e battagliero, che non
si lascia più sopraffare dai fuochi d'artifizio degli oratori sociali­
sti ; esso saprà irreggimentare colonne e colonne di contadini ;
sfrutteremo la grande rinascita del nazionalismo approfittando della
infatuazione unilaterale economica dei partiti democratici, i quali
pur di sbraitare i sacrosanti principi dell'ottantanove sono così
ciechi da mettersi contro le necessità di fatto, e così buoni da la­
sciarci il monopolio di questa grande corrente; il conte Gentiloni
si incaricherà di importare in Italia il sistema del patto segreto
che ci ha reso negli Stati Uniti così meravigliosi servigi; e la
barca di S. Pietro potrà navigare anche col, mare agitato e nono­
stante il vento ostinatamente poco favorevole. In questo modo anche
il guaio più grosso che sia capitato alla Chiesa di Roma, la for­
mazione dell' Italia a nazione unita ed indipendente, finirà col ri­
dursi a nostro beneficio.
La Chiesa non erra, dunque, giudicando conveniente per essa
di servirsi del nazionalismo. Resta a vedere se e quanto convenga
ai nazionalisti non clericali questo aiuto interessato.
- 74 -

L' impero ed il cristianesimo.

Abbiamo già detto che non crediamo alla sincerità del nazio­
nalismo clericale. Non ci crediamo perchè troppo conosciamo i
sistem� subdoli dei nostri nemici, e perchè è troppo evidente per
quale loro interesse e necessità si siano indotti a questa ma­
scherata.
Nè ci si venga a parlare di cattolici che non siano clericali.
La mentalità, il sentimentalismo� la fede di un· cattolico sono ter­
reno troppo propizio alla coltivazione intensiva del clericalismo
perchè si possa addormentarsi sopra questa distinzione ; i preti
esercitano sopra l'animo dei fedeli tale ascendente che al momento
opportuno potranno sempre fare delle masse credenti ed incolte
tutto quello che vorranno, e sarebbe allora una molto misera con­
solazione il constatare che la distinzione tra cattolico e clericale
avrebbe permesso a qualche persona semi-indipendente di agire di
testa propria.
Un nazionalista deve volere al di sopra di ogni altra cosa il
bene della nazione. Aggiungere o sotto intendere l'aggettivo cat­
tolico mostra la esistenza di una restrizione mentale, mostra che si
vuole il bene della nazione se ed in quanto riesce in prò di una
credenza particolare. Ed allora si può essere sinceri nazionalisti
soltanto se i due fini perseguiti non vengano mai in contrasto.
Ora nel nostro caso vi è contrasto naturale, fatale, profondo,
incomponibile. Nella lunga serie dej secoli, dalla fondazione della
Chiesa di Roma in poi, il Papato, sempre e poi sempre, è stato
il naturale nemico di Ron,a e d' Italia.
La civiltà latina, eclettica, serena, aperta, in una parola gentile,
e l'impero romano con essa furono soffocati dalla mentalità esotica,
intollerante, fanatica, dogmatica del cristianesimo
È questo un delitto che attende ancora la st;a espi.tzione.
Virgilio, il grande poeta imperiale, aveva da poco cantato il
ritorno dell'età dell'oro
Jam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna
e profetizzato la venuta di un veltro che i distruttori dell' ideale
virgiliano hanno avuto l'impudenza di. identificare con Gesù; ed
-75-
ecco un megalomane ipocondriaco e sentimentale, cui la vi�ione
del mondo creato dal suo Dio moveva a compassione ed al _pianto,
si credette il primo, l'unico savio spuntato in questa valle di la­
crime, e fece la peregrìna scoperta che per accom0dare le faccende
dell'umanità bastava rendere gli uomini migliori. Scoperto questo,
non restava da fare altro che persuaderli ad amarsi l'uno coll'altro.
Meno savio di Faust egli si illuse di conoscere che cosa oc­
correva insegnare

Die Menschen zu bessern und zu bekehren

e cominciò quella sua nefasta predicazione dell'amore del prossimo


e della carità cristiana, panacea universale a base di miele e di
rosolio, vera manna per tutti i languori sentimentali dell'umanità.
La predicazione doveva avere immancabile successo; infatti, il pa­
radiso promesso ai fedeli, una vita futura beata nella quale sareb­
bero stati raddirizzati i torti di questa vita e compensati i mali as­
sicurava alla predicazione del mite Gesù il consenso di quanti sen­
tivano la necessità cerebrale di apporre il visto alla regolarità di
una giustizia divina fatta ad immagine e somiglianza del loro mi­
serabile criterio umano.
Non ci mancherà occasione di esaminare i fasti della carità
cristiana e le benemerenze dell'amore del prossimo. L'odio teolo­
gico, il fanatismo cieco, le persecuzioni, le scomuniche, le guerre
di religione .ignote alla umanità pagana, furono la naturale conse­
guenza di questa pazza propaganda. Colpa degli uomini diranno
i nostri eventuali lettori cristiani ; colpa di Gesù diciamo noi, pcr­
chè se egli fosse stato veramente savio avrebbe dovuto prevedere
che gli uomini non avrebbero mai potuto praticare le sue sovru­
mane massime. Per farlo avrebbero dovuto cessare di essere uo­
mini, e non si può cambiare quello che è persuadendolo a non
essere.
Ma torniamo al nostro principale argomento e vediamo come
e perchè i primi imperatori romani non seppero difendere l' impero
dal pericolo cristiano.
I primi imperatori non si resero probabilmente esatto conto
della natura inconsueta di questo pericolo. Abituati alla più serena
tolleranza di tutti i culti e di tutte le sette, che convivevano e
-16 -
prosperavano pacificamente l'una accanto all'altra senza proseli­
tismi e pretese di monopolio, non pensarono neppure che in qualch
testa balzana potesse germinare l'assurda idea che la verità si po�
tesse conseguire e la felicità conquistare divenendo semplicemente
i fedeli di una religione. Nessun culto pagano aveva mai avuto
pretese di questo genere ; ed in tutta l'antichità in Roma ed al­
trove la sapienza non si otteneva mediante le credenze ed i culti
ma partecipando ai Misteri.
Lo stato poi, essenzialmente laico, astraeva dai vari culti,· e
fondava la sua sapienza amministrativa sopra le necessità sociali
ed il puro diritto.
Il diritto, scevro da ogni idea di carattere religioso, non pog­
giava sopra alcuna morale che ripetesse -la sua origine da te o rie,
da postulati e da pregiudizi; ma soltanto si imperniava sopra una
sana conoscenza empirica delle necessità pratiche della vita. Ne­
minem laedere, unicuique suum tribuere, honeste vivere; senza im­
palcature di morali religiose o filosofiche, senza classificazioni di
bene e di male.
Lo stato sovrastava in tal modo a _tutti i culti, e la sua autorità
non aveva limiti. Anche quel piccolo popolo rapace e rissoso, cui
non appariva inverosimile che il Signore Iddio avesse per lui una
predilezione speciale, si chiudeva in questa sua orgogliosa per­
suasione e non sentiva il prurito della propaganda. Come supporre
che un uomo, eccitando l'isterismo sentimentale, ubbriacando l' in­
telligenza, promettendo mari e monti e ciclo e paradiso per giuntfl
a chi lo avesse ciecamente seguito, avrebbe provocato negli uo­
mini la mania missionaria, ovvero sia il santo zelo dello spirito
di proselitismo ?
Quando gli imperatori si accorsero della novità era troppo
tardi. L'infezione si era rapidamente diffusa attraverso l' lmper�,
era giunta sino nell'Urbe ; ed il ferro ed il fuoco usati anche pm
generosamente dì quanto pur troppo non lo siano stati non avreb ­
bero più potuto salvare l'Occidente. Così mentre la pax romana
assicurava ad una grande parte dell'umanità una condizione �i be­
nessere e di felicità che, secondo il Gibbon, mai più fu raggiun_ ta,
per tutto l' impero dilagava la inondazione del latte e del miele.
Un misticismo morboso sentimental� annegava la sana e s�:
rena praticità italiana, la italica prudentia ; e l'aquila romana, ag 1
- 77 -
ampli voli avvezza, s'impiastricciava gli artigli nel dolciume appic­
cicoso dell'amore universale. Nel carattere fiero, realista, duro ed
austero del cittadino romano stava gran parte della forza di Roma ;
ed il tenero ed innocente belato dell'agnello cristiano non era quello
che ci voleva per tenere a freno i barbari prementi al confine.
Nè basta. Stabilitasi solidamente in Roma, la nuova religione
si accaparra, volgendola a suo profitto, la forza stessa e l'ascen­
dente insito nel suolo, nell'aria, nel nome santo di Roma. Rubava
all'antico ed indigete culto di Giano le chiavi e la navicella e ne
faceva le chiavi e la navicella di S. Pietro; rubava all'arcaico
simbolismo massonico il nome stesso del sommo sacerdote, usur­
pando il nome e le funzioni del ponti/ex maximus; e quasi a
nascondere l' insano esotismo originario si proclamava romana.
Primo effetto del prevalere cristiano e del vassallaggio dell'au­
torità imperiale alla nuova autorità fu l'abbandono della concezione
unitaria pitagorica dello stato romano colla creazione dell' Impero
d'Oriente. E, subito dopo, una sequela di rovine : lo sfacelo del-
1' Impero d'Occidente, l'unità politica e la coscienza dell'unità na­
zionale italiana perduta per secoli e secoli, il naufragio della cultura,
del pensiero, delle lettere, delle arti; la barbarie cristiana in breve
sostituita alla civiltà pagana. Ben a ragione Dante (Par. XX) di­
ceva che il mondo fu in tal modo distrutto da Costantino.
E non si getti sopra ai barbari la responsabilità di questa ro­
vina; perchè nei primi secoli dell'era volgare Alessandria fu il
centro della cultura greco-romana; e non furono certo i Vandali
nè i Visigoti che distrussero la Biblioteca ed il Museo e persegui­
tarono ed uccisero i neoplatonici e gli gnostici, i matematici e gli
ermetisti.

La tradizione imperiale romana.


Stabilitasi in Roma colla doppia autorità spirituale· e temporale,
la Chiesa Cattolica, doveva naturalmente opporsi con tutte le sue
forze al sorgere di una qualunque autorità politica in Roma da
essa indipendente. Due autorità politiche indipendenti e sovrane
non possono sussistere nella stessa città e tanto meno quando
una di queste è anche autorità religiosa.
Ma sembrava che la chiesa poteva starsene tranquilla. 11 cri-
- 78 -
stianesimo si era diffuso per gran parte d'Europa, ed ogni resto ct·
1
comunità pagana era scomparso; erano falliti i tentativi dei r
barbari per ricostituire l'Italia in unità, e quelli degli imperato�
bizantini per ristabilire in Italia l'auto:-ità imperiale; le sette e le
eresie non sorte ancora o non prospere, e l' idea dell' impero 11011
era che un ricordo. Pure i fatti· si incaricarpno di farne sentire la
necessità.
Un'altra religione, rampollando dall'ebraismo e dal cristiane­
simo, minacciava dall'Asia. Il fanatismo musulmano non faceva cat­
tiva figura a petto di quello cristiano ; dall'estrema Arabia le orde
asiatiche salivano su su verso l'Europa, e strada facendo con­
vertivano e conquistavano i popoli coll'argomento della scimitarra.
In Oriente l'Impero tratteneva e resisteva per secoli alla furia
islamitica; in Occidente, conquistata l'Africa, gli arabi minacciavano
te isole e le coste tutte della penisola, passavano in Spagna e
varcavano i Pirenei. La coscienza del pericolo fece sentire la ne­
cessità .anche per l'Occide1ite della unità politica; e risorgeva così
I'Impero. La capitale non era pero in Roma, e l'autorità politica
del Papato non correva pericolo ; mentre d'altra parte l'Impero
non poteva fare a meno di basarsi sopra la religione cattolica allora
universalmente accettata in Italia, in Francia, ed in grandissima
parte della Germania. Ma il connubio tra Chiesa cattolica ed Im­
pero Romano era essenzialmente innaturale, e doveva ripetersi
sinceramente solo una volta, con Carlo V, e durar ben poco. In­
tanto, l' idea dell' impero romano, attuata da Carlo Magno, restava
oramai presente alla coscienza dei popoli, e diveniva a poco per
volta· 1a secreta speranza di tutti gli eretici, il fine ultimo di tutte
le società segrete che dal mille al quattrocento e dopo pullularono
per tutta l'Europa. La storia di questo grande periodo è ancora
non diciamo da fare, ma certamente da comprendere. Non è pos­
sibile penetrare nel vero spirito dei rivolgimenti di quel tempo
senza una èonoscenza dello gnosticismo, del manicheismo, del pa­
ganesimo di quasi tutte !'eresie d'allora, senza avere divinato il
segreto mistico e politico della cavalleria, senza avere compreso
la gaia scienza d'amore dei trovatori, ed il gergo ed il simbolism�
delle società segrete, e senza avere scoperto l'affinità e gli occulti
vincoli che incatenavano tra loro eretici e ghibellini, lombardi e
tolosani, fraticelli, trovatori e cavalieri del Tempio.
- 79 -
La chiesa, raffigurata dai trovatori e dai poeti d'amore (Dante
compreso) come la bestia apocalittica dell'abbominazione babilo­
nese, si sentì profondamente minacciata, e si difese con tutti i
mezzi. I primi apostoli

dall'evangelio fero scudo e lancie

ma le mani sanguinose di San Domenico e dei pari suoi adope­


rarono spade non simboliche per propagare la fede e la carità cri­
stiana. Il fuoco ed il ferro aveva ragione dell'eresia tolosana; la
frode e la tortura e I' inquisizione abbattevano Io strapotente Or­
_dine del Tempio, che minacciava scalzare fin dalle fondamenta
l'autorità temporale e la spirituale in uno della Chiesa di Roma.
L'assalto era stato tremendo, la difesa fu spietata. Il più grande
degli italiani ne fremeva e ne dolorava, ed invocava il soccorso
dell' lmp.eratore e la vendetta di Dio.
Con Dante la concezione monarchica pitagorico-romana, dive­
nuta la tradizione imperialista italica, riprende visibilmente intiera
coscienza di sè. Questa grande idea lega infatti tra loro Numa, Pita­
gora, Cesare, Virgilio, Augusto, Dante e gli altri grandi italiani venuti
più tardi.
E quei nazionalisti cattolici che ci vogliono gabellare Dante
per cristiano quasi che non fosse stato perseguitato e processato
come eretico, e che si danno l'aria di non porre in dubbio la or
todossia dell' imperialismo dantesco, come se non fosse all' indice
proprio il De Monarchia, si cerchino qualche altro Cristoforo
Colombo da stamburare come gloria cattolica all'umanità I Perchè
Dante, per il sommo Giove e per il buon Apollo che egli invocava,
non era cattolico ed il suo imperialismo era pagano e romano I
Come egli stesso dichiara, il suo solo maestro è Virgilio; ma
aveva egli stesso
umani corpi già veduti accesi

torcie viventi a maggior gloria del signore lddio mite e miseri­


cordioso, conosceva il suo valore e non voleva certo sacrificandosi
inutilmente rinunciare alla sua grande opera; la necessità lo co­
strinse a farsi cristiano, ma non fu che una grande Commedia.
Egli è pagano e non lascia passare un'occasione per farlo intra-
- 80 -
vedere; sino dal primo canto del poema sacro Dante invoca il
Sole, il divino Apollo, l'iniziatore di Ercole e di Enea; ed è noto
quanto la Divina Commedia si richiami al sesto canto dell'Eneide.
L'isagogia è la stessa nei due, è la esposizione allegorica e tal
volta cateO'orica
o della metamorfosi dell'uomo in Dio ; politica-
mente poi Virgilio e Dante non fanno che l'esaltaz10ne dell' Im-
pèro Romano.
Il .nemico sempre presente, l'oggetto perenne della formidabile
invettiva dantesca è la Chiesa, simboleggiata in inferno dalla lupa,
nel purgatorio dalla bestia apocalittica; e mentre egli trova il r,1odo
di precipitare nel!' inferno anche i due papi ancor vivi al tempo del
suo mistico viaggio, non si serve delle parole eretico e cattolico
che una sola volta in tutto il poema, quasi a parare l'accusa di
avcrie volute evitare di propùsfto come si scansano gli appestati.
Tutk le sconfitte e le sciagure imperiali e ghibelline Io fanno
soffrire. Si sente che ci maledice la male augurata e misteriosa
tragedia che tolse a Feù�rigo il suo grande ministro ; Manfredi e
Corradina hanno tutta la sua simpatia. E per l'uccisione di Corra­
dina e per il tradimento contro i templari si scaglia appena lo può
contro la Francia, i Capetingi, casa d'Angiò e specialmente contro
Filippo il Bello.
Naturalmente Dante non poteva in nessun modo trascinarsi
dietro Virgilio in Paradiso. Le sue guide, come è noto, si succe-
- dono in quest'ordine: Virgilio, pitagorico ed imperialista; Stazio
che egli nominava tolosano motu proprio, semplice ipostasi di Vir­
gilio ; Beatrice, simbolo della filosofia ; e finalmente San Bernardo.
Il quale San Bernardo, così ortodosso, in apparenza, deve
tanto onore all'avere fondato la regola dei Templari. Dante, che
non dimentica di chiamarlo quel contemplante, lo riveste della bianca
stola, l'abito dei cavalieri templari ; lo stesso abito che indossano
i beati che costituiscono la rosa del Paradiso attorno alla grande croce
templare ; e vedendo questa immensa croce egli esce in queste
parole significative :
« Quale è colui che tace e dicer vuole
mi trasse Beatrice e disse : Mira
quanto è il convento delle bianche stole I «
dJve la•parola convento è il termine tecnico tradizionale per le
grandi riunioni delle società segrete, ed è proprio al suo posto trat-
- 81 -
tandosi di bianche stole ; e tutta la visione richiama alla mente la
preghiera gnostica di Valentino
Adeste visiones stolis albis candidae.
I due grandi simboli del Paradiso sono l'aquila, il santo uccello
che fè i Romani al mondo reverendi, e la rosa-croce, che non è
la rosa mistica ma sibbene la rosa settaria del « Roman de la rose »,
ou l'art d'amour est tout enclose, ed il simbolo fondamentale della
misteriosa fraternità dei rosa croce, e del 18° grado del rito
scozzese.
L'imperatore era tale per diritto divino, e siccome Dante fa.
ceva derivare la legittimità dell' imperatore germanico da quella
del divino Augusto, che non la aveva certo ricevuta dal Papa,
ne segue che anche spiritualmente l'autorità imperiale era indipen­
dente da quella del Papa. Basta leggere il De .Monarchia e con­
frontarlo con il De Repubblica di Cicerone(Lib. I-XXXVII e Lib.
II-XXIII) per accorgersi che l'uno e l'altro sostengono la tesi delle.
eccellenza del governo monarchico (universale) sopra ogni altro
basandosi sopra il principio unitario pitagorico ; come Cicerone e
come Virgilio, Dante si atteneva alla grande immortale tradizione
della Scuola Italica, cronologicàmente ed essenzialmente anticristiana.
Ma altra volta ci occuperemo più ampiamente del paganesimo­
e dell' imperialismo di Dante.

L' idea imperiale dopo Dante.


Il grande fiorentino moriva in esilio senza vedere esaudite le
sue speranze e le sue invocazioni da Enrico di Lussemburgo. La
Chiesa trionfava, il guelfismo prendeva in Italia incontrastato so­
pravvento, ed il fiorire dei comuni italiani, delle repubbliche di
Venezia e di Firenze in ispecie rendeva impossibile l'attuazione
dell'idea imperiale e dell'unità politica d' Italia.
Restava l' idea. I grandi spiriti le mantenevano fedeltà. Il
Petrarca, il cantore di Cola di Rienzi, continuava la tradizione.
Ac�enniamo scorrendo, e rimandando il lettore per più ampia trat­
tazione dell' imperialismo romano del Petrarca al Bartoli (Storia
della Letter. Italiana 1884 - Voi. VII pag. 135-146).
- 82-

J1 Machiavelli, che scorgeva I·1 penco • lo della divisione politica
ad . umT� �/rrtc '.
italiana, mentre gli altri popoli si costituivano / �
pe che sapesse e voles se co �tc re . . p a 1
invoc ava un princi �
t pen�l'ismo ro-
unificazione. Anche egli si ispirava ali' idea dell �
•• Voi. III,
mano, come è stato g1a veduto dal Villari (N Mach1avelh •
pag, 370-82, Ediz. 1877).
Ma come Dante non aveva veduto morire dt dogr1� t� lupa
.
vaticana' anche il Machiavelli • morì senza che alcun. p�mcipe lo
••
ascoltasse ; e la politica mach1ave 11·1ca vem·va di poi .ripres, a ed .
applicata dalla Compagnia di Gesù a danno e non a pro dell Italia
e dell'idea imperialista. .. .
L'umanes imo neo-platonièo frattanto ed il or_ g ere pm tardi

delle scienze sperimentali; e la rivolta contro l anstotehsmo �er
-opera specialmente dei neo-pitagorici meridionali Bruno, Teles10,
Campanella, iniziava quella cultura laica occidentale, che sta len�
tamente disinfettando dal cristianesimo la mentalità europea. Questi
mistici sensisti, questi precursori cd iniziatori della filosofia europea,
non erano dei santi poltroni che si ritirassero in una Tebaide od
in un cremo; erano degli uomini d'azione battaglieri e coraggiosi.
Campanella, solo, incompreso, in un tempo nel quale il sole non
tramontava mai sui domini della cristianissima Spagna, pel primo
osò tentare di mettere ad effetto l'ideale della sua Monarchia, non
cristiana certo, esposto nella città del Sole, cercando aiuto sino tra
i Turchi. Tradito, processato, torturato per cura degli stessi Re.v
Padri Gesuiti che si occupavano con tanto zelo di Giordano Brun o
mai si tradì o si ricredette, e, sepolto per ventisette anni in una
infame prigione, continuò a sperare ed a profetizzare il compi­
mento del suo grande ideale
.
Moriva Campanella in Parigi e quasi a dare tangibile manife­
stazione dell'occulto legame riunente nei seco uomi
li ni e cose,
dalla casa dove egli moriva usciva la prim
a voce della rivoluzione
�rancese. Riv�luzione che fu il resultato, ed è noto, dell'opera pra·
te� delle società segrete, la massoneria
e gli illnminati in ispecie,
animate tutte da uno spirito profondame
nte anticristiano. Ma non
è_ n�to q_ual� parte a bi� _avuto in essa
� l'opera di un altro gran­
d1ssuno italiano che I ab1htà e la calu
nnia gesuitica è riuscita a fare
P��sare per un iarlatano. Intendiamo
� parlare di Giuseppe Balsamo
p1u noto come ti Conte di Cagliostro,
il meraviglioso rappresen
-83-
tante de11'esoterismo ita.liano. Per persuadersene basta ricordare
la profezia assolutamente indiscutibile della presa e distruzione
della Bastiglia fatta a Londra Ob Casliostro, e basta pensare al
commovente interesse degli ufficiali francesi massoni quando,
nel 1797, passaron per San Leo, e sopratutto all'accanimento fe­
roce degli scrittori cattolici anche odierni contro di lui. Gli scrit­
tori della Rivista Massonica del Grande Oriente d' Italia che non
si vergognano di stampare a danno di Cagliostro le sconcie frot­
tole messe in giro dai gesuiti al tempo del processo di Roma,
farebbero meglio prima di ingiuriare la memoria di un loro grande
fratello, a studiare la magnifica e documentata recente opera del
Dr. Mare Haven ! Cominciercbbero allora ad intravedere perchè i
contemporanei che lo conobbero lo chiamassero il divino Ca­
gliostro l
Un altro italiano arginava e dominava la rivoluzione francese,
e di quella immensa energia scatenata si faceva strumento per at­
tuare l' impero. È da osservare infatti, come scrive il Carducci,
« che quel che Dante pensò un altro italiano, Napoleone I tentò a
modo suo di mettere in effetto ». E se il Carducci si fosse reso
conto di quanto fosse giusta la asserzione del Foscolo, che Dante
voleva fondare in Europa una nuova scuola di religione, fon� non
avrebbe egli, pagano come era, odiato il santo impero di Dante.
L'aquila romana levava dunque n_uovamente altissimo il volo
colle legioni napoleoniche, tornava l'Italia a libertà anche in pro­
vincie oggi soggette, la latinità trionfava e Roma aveva di nuovo
un Re. Ed era I' idea imperiale romana, pagana non ostante l'errore
del Concordato, che di tra l' incendio della rivoluzione ricostituiva
dopo tanti secoli l'unità d'Italia.
Caduto l'Impero, il cristianesimo cattolico, luterano e greco­
ortodosso tornava colla Santa Alleanza a pesare sopra tutta
l' Europa. Ma non era che una sosta. Napoleone non era ancor
morto, e già due giovani generosi agitavano nella loro mente l'an­
tica immortale idea. Quali profonde radici avesse nell'animo di
Giuseppe Mazzini la fede nell' idea imperiale, sa chiunque abbia
una qualche famigliarità cogli scritti del veggente genovese. Anche
egli, come Virgilio e come Dante, che amò, studiò e comprese più
di tanti illustri professori, diceva essere I'Italia destinata da Dio
a dominare sopra le genti, a dare al mondo da Roma la luce di una
-84-
11 suolo di Rom
terza civiltà; egli prociamava santo il nomP a
e corse a difenderla con Garibaldi nel 1 �49 dai francesi e dagtl
austriaci riuniti a sostegno del cattolicismo.
Giuseppe Garibaldi ebbe sempre Roma in cima dei suoi pen­
sieri; a Roma pensava combattendo al Volturno, a Roma nel 62
e nel 67; e sciogli endo la sua legione in San Marino » a Roma,
disse, d rive dremo a Roma ». Il grido « Roma o morte « mostra
quanto chiara fosse in lui la visione della trascendentale impor­
tanza di Roma per i destini d'Italia.
Oh I fosse l'esempio di questi due grandi, non sospe tti di cri­
stianesimo, seguito da quei repubblicani che hanno abbandonato lo
spjritualismo mazziniano per le t eorie mat erialiste importate dalla
Germania, e che gettan via la grande forza ideale della tradizione
italica, p er scimmiottare i socialisti, solo curantisi di secondarie
transitorie questioni economiche r
Oh I fosse la parola di Mazzini, che ammoniva gli Italiani a
non fidarsi della Francia « pericolosa per la simpatia ch e inspira
tra noi lii' ascoltata da quei democratici che sull'altar e dei sacro­
santi principii dell'ottantanove, cd in nome di una fraternità latina
sempre favorevole alla Francia, si ingegnano a porre i bastoni fra
le ruote, tutte le volte che l'Italia è obbligata a difendere i suoi
diritti ed i suoi destini dalla tracotanza d'oltre Alpe !
Ma la democrazia massonica sogna oggi una confederazione
delle repubbliche latine, cape ggiata si capisce dalla Francia, con
la fatidica città di Berna per capitale, tanto per contentare i buz­
zurri internazionalisti; e Mazzini se lo possono leggere i rivolu­
zionari indiani e polacchi, giacchè ci tengono I
"'
* "'
In questa rapida rassegna la necessità ci ha spesso obbligato
a semplici enunciazioni od a dimostrazioni incomplete ; ma ci pre­
meva esporre in una visione sintetica l' immutabile paganesimo
dell' imperialismo italiano.
Da quanto abbiamo veduto risulta che fare un nazionalismo
cattolico vuol dire staccarsi da una tradizione trenta volte secolare,
puramente italica, per fare l' interesse di una religione esotica, in­
timamente repugnante ad ogni senso di romanità, e che è sempre
stata in venti secoli di storia la sciagura d' Italia.
- 85-
Ma il tefltatlvo è politicamente sbagliato ,· perchè le condizioni
momentanee dei partiti non hanno importanza di fronte alle seco­
colari e fatali rivoluzioni degli spiriti; ed una brusca ·artificiosa
deviazione non può cambiare l'andamento delle grandi linee della
storia.
Nazionalismo e cattolicismo sono termini antitetici persino eti­
mologicamente I Storicamente ed intrinsecamente il nazionalismo
cattolico è una assurdità ! Noi esortiamo gli italiani sinceri a non
volersi prestare al giuoco della Chiesa Romana; ed a costituire
un partito imperialista laico, pagano, ghibellino che si inspiri uni­
camente alla tradizione italica di Virgilio, di Dante, di Campanella,
di Mazzini.
Gli altri facciano ciò che vogliono. Sappiamo che non possono
vincere. Ce Io assicura la nostra fede nel destino della Città Eterna,
ed ai nemici palesi e nascosti dell' imperialismo pagano ricordiamo
e ricorderemo la sentenza latina:
Ducunt volentes fata, nolentes trahunt.
ARTURO REOHINI.

PUREZZA E PULIZIA

« In tutte le religioni provenienti dall'Oriente, il sudiciume


(dirtiness) personale è sempre stato riconosciuto come il segno
esteriore e visibile della purità interiore ; pienamente esemplificato
nei fachiri, nei dervisci, e nei santi medioevali».
King - The Gnostics and their Remains (pag. 24.)


- so-

TRA LIBRI E RIVISTE


Chiaroveggenza e Scuroveggenza

Traduciamo dal numero di Giugno 1923 del " The American Co -


Mason »:
« Grazie alla cortesia del fratello Limbruggen abbiamo ricevuto una
copia del Voi. 1 ° , No 1 ° del « The Blazing Star ", organo della « Jnter­
national Society /or Masonic Research » .....
..... La pubblicazione di un articolo del F.·. C. W. Leadbeater sopra
la Massoneria ed i Misteri Egiziani, come risultato di investigazione
colla chiaroveggenza, non attirerà alla rivista ed alla Società persone
cche sentano maggiore interesse per i fat_ti anzichè per i sogni della
fantasia.
Nel suo articolo il fratello Leadbeater dice : « Quando fui iniziato
alla Massoneria in questa vita, la mia prima visione della Loggia co­
stituì una grande e piacevole sorpresa perchè trovai che io era perfet­
tamente famigliare con tutte le sue disposizioni, che esse erano identiche
a quelle che avevo conosciuto seimila anhi fa nei misteri di Egitto. So
bene che questa asserzione è sorprendente ; posso solo dire che essa è
vera. Nessun errore è possibile. La coincidenza non basta a spiegare la
cosa. Il posto occupato dai tre o/ficers (le tre luci) è inconsueto, i sim­
boli sono significativi, caratteristici e la loro disposizione è peculiare;
pure essi appartennero tutti all'antico Egitto, ed io li conobbi bene allora.
Quasi tutte le cerimonie sono rimaste le stesse, vi sono solo poche diffe­
renze in punti secondarii ".
Senza dubbio vi sarà qualcheduno che darà credito alle asserzioni
del Fr.·. Leadbeater. Le asserzioni di altri preti (il Fr:. Leadbeaferè od
era pastore anglicano) secondo le quali Dio era pazzo quando tonava,
fµrono pure credute dai fedeli non molti anni fa. Esse possono ancora
trovare credito in certe comunità.
Per altro nella medesima rivista un altro scrittore afferma che « seb­
bene la Massoneria discenda dagli antichi Misteri, pure i rituali in uso,
l'ammobigliamento della Loggia e così via datano soltanto �al 18° se�
colo ,._ Basterebbe questa asserzione a provare che il vecchio sogno di
seimila anni fa del fratello Leadbeater ha scarsa base.
La posizione dei tre principali ufficiali non è la stessa in tutte .1�
loggie massoniche ; le tre luci minori si trovano disposte in oltre do d�c:
posizioni diverse, l'ammobigliamento della Loggia e· gli strumenti e
- ffl -
lavoro non sono gli stessi in tutte le giurisdizioni. I rituali differiscono
moltissimo e neppure la Gran Loggia d'Inghilterra ha le medesime di­
sposizìoni, le stesse parole ecc ... che essa ebbe durante la prima metà
0 più della sua vita come prima Gran Loggia ,. .
A questo commento garbato ma concludente dell' " American Co -
Mason » son da aggiungere varie cosarelle. Le cerimonie massoniche at­
tuali infatti non solo sono indubbiamente il risultato di graduali aggiunte
e variazioni verificatesi in questi ultimi due secoli ma quel che in esse
si riscontra con carattere egiziano è dovuto ad imitazioni e derivazioni
settecentesche od ottocentesche dai tardi misteri isiiaci ed eleusini, con­
forme alle nozioni più o meno esatte tramandateci attraverso gli scrit­
tori classici e cristiani. Ed invece non vi è quasi nt.lla di simile tra
esse e le cerimonie dei misteri egi�iani antichi (di seimila anni fa) che
oggi si conoscono grazie alle scoperte archeologiche ed ai pazienti e
sapienti lavori di varii egittologhi, e segnatamente di Alexandre Moret
(Les Mystères egyptiens - 2° edition - Paris 1923).
La chiaroveggenza del signor C. W. Leadbeater, prete anglicano,
vescovo di non sappiamo quale chiesa, e pezzo grosso della Società
Teos:,fica, è certamente mirabile nonchè spicciativa. Egli, poverino, era
persuaso in tutta buona fede che le cerimonie iniziatiche in massoneria
fossero uniformemente le stesse per tutte le loggie ; µè pensava che gli
egittologhi fossero in grado di farci conoscere la parte cerimoniale del­
!' iniziazione egiziana di seimila anni fa. Contava perciò di farla franca
e di far colpo colla sua chiaroveggenza.
Ed invece è riuscito solo a dar prova della propria poderosa igno­
ranza tanto dei misteri massonici che di quelli egiziani. Un antico al­
chimista (il Cosmopolita) lo avrebbe ficcato in quella categoria di im­
pudenti che egli chiamava la scelerata fumivendulorum furba. Il dottor
Franz Hartmann, un vecchio discepolo della Blavatsky, ce ne parlava
indignato oltre dieci anni fa definendolo : tlze greafest Uar in the world;
ed alzava le !nani e gli occhi al cielo ad invocare la testimonianza di­
vina. Ma come ved�emo un'altra volta, di questi chiaroveggenti..... d' E­
gitto, che riscuotono iucenso, mirra ed... oro in cambio di bubcole,
panzane e romanzi, ve ne sono parecchi, e dovunque. Ed è naturale:
vulgus vult decipi, ergo decipiatur. Ed il fratello Leadbeater 0 contornato
da gente talmente teosofa che non si disillude neppure col mettergli
sotto il naso queste ed altre prodezze; gente cui la nostra onesta dif­
fidenza, il nostro rigore sembrano satanica magia nera; e che si ricon­
forta sapendo che il cattivo Karma, che in questo modo ci creiamo, lo
dovremo poi scontare in un'altra incarnazione I Ma se non hanno altri
moccoli.....
A. R.
-88 -

ASSOCIAZIONI VECCHIE E NUOVE


MARTINISMO E PITAGOREISMO
Le due più diffuse e più note organizzazioni che in Italia si
ammantano di un preteso carattere iniziatico sono la Società Teo­
sofica e l'Ordine Martinista nelle loro varie divisioni, suddivisioni
e derivazioni.
Entrambe vantano mi�teriosi rapporti con Maestri operanti in
piani iperfisici, che le guidano e le proteggono in modo invisibile
(molto invisibile !), entrambe sentono la fregola della propaganda,
ed insegnano tante belle teorie, morali e consolanti, c.he spiegano
e giustificano l'esistenza, come l'evoluzione, il progresso, la rein­
carnazione, il Karma et similia. Ed entrambe derivano, si inspirano
ed obbediscono a capi stranieri, e si conformano a mentalità
esotiche.
L'Ordine Martinista, per giunta, è anche una Società Segreta;
e siccome molti,. illusi da tutto questo mistero, suppongono o
posson supporre cne negli occulti penetrali del Martinismo si na­
sconda chissà quale tesoro di sapienza esoterica, così, per norma,
regola ed edificazione degli studiosi serii, pubblichiamo alcuni
documenti che ne mostrano in bella luce il carattere ed il valore.
E cominciamo col riportare, fedelmente ed integralmente tra­
dotto, un articoletto pubblicato dal Papus, fondatore e primo Gran
Maestro dell'Ordine Martinista, nel numero di Agosto 1898 del-
1' « Initiation, » articoletto che per la rarità della rivista è certa­
mente ignorato anche dalla maggior parte dei Martinisti Italiani.
È intitolato una « Una Spiegazione » e dice :

Una _Spiegazione.
« Non vi è nulla di più curioso che raccogliere le diverse ac­
cuse e calunnie portate, in ogni epoca, contro l'Ordine Martinista,
dalla sua fondazione. Martines di Pasqually, poi Claude de Saint
Martin hanno voluto costituire una cavalleria cristiana essenzial­
mente laica, incaricata di diffondere e spargere la tradizione ini-
- 89 -
ziatica d�ll'Occi�ente e di preparare del suo meglio la grande opera
della Remtegra�w?e umana. La Provvidenza ha voluto opporre
una corrente �nst1ana alla corrente pagana e di origine pitagorica,
che ha cer:trallzzato una parte delle opere di diffusione iniziatiche.
Dalla sua creazione, il Martiuismo è stato l'oggetto di attacchi ap­
passionati da parte dei varii cleri, e sopratutto del clero romano,
che si figura essere il solo rappresentante di Dio nell'umanità. Cosi
si accusarono i Martinisti di essere dei ministri dell'Inferno, dei
maghi neri ed altre baie del medesimo genere, che non impedirono
affatto i progressi rapidissimi dell'Ordine. È allora che un nuovo
genere di calunnie nacque, in un campo tutto opposto. Gli ignari
settatori del Grande Oriente che hanno sempre avuto, per il Mar­
tinismo, l'odio dei parvenus e che son riusciti a far mette.re la
Francia alla porta di tutte le Loggie dell'Universo facendo tutti i
loro sforzi per creare un ateismo ufficiale e rappresentando al di
fuori il nostro paese come un'accozzaglia di scellerati senza fede e
senza credenza, si accorsero tutto ad un tratto che ali' infuori del
Rito Scozzese che essi avevano quasi completamente annichilito, e­
sisteva in Francia un ordine di illuminati che metteva il nome di
Cristo in testa a tutti i suoi atti ufficiali e che osava trattare i
suoi avversari con educazione. Era orribile, e questi Martinisti non
potevano essere che dei Gesuiti mascherati, e della gente che si
sforzava di ricondurre al clero cattolico i loro adepti, sempre più
numerosi.
- Così ecco il Martinismo accusato di essere anticristiano
dagli ignari del clero e di essere una creazione dei Gesuiti dagli
ignari del Grande Oriente, tali sono le due colonne della calunnia
che si erge dinan_i alla nostra strada. Se noi avessimo creato il
Martinismo, avremmo potuto, forse dargli un carattere meno spe­
ciale, ma non bisogna dimenticare che ogni ordine di illuminati
prende la sua radice nel piano invisibile dove si trova la sua ca­
tena reale, ed è là che bisogna cercare i guardiani ed i protettori
di un tale ordine, cosa che lo differenzia dalle società umane e
dalle loggie massoniche, che non chiedono la loro direzione che
agli errori del suffragio collettivo, senza garanzie morali e senza
esame. Il Martinismo avendo come direttori nel piano invisibile, dei
laici cristiani, ha la pretensione di fare conoscere questo cristiane­
simo esoterico, che non scomunica nessuno, pensando che ogni uomo
-90 -
dabbene (! ?) può arrivare alla salvezza qualunque sia la sua rer­
gione esoterica, e che apre le �ue file a tutti: gnostici, protestan�i
0 cattolici, tanto come a quellt che cercano senza avere una for­
mula speciale. Ma non bisogna dimenticare che il Martinismo è un
o;dine di propaganda e non un centro di insegnamento dommatico
(e quella dei guardiani e protettori nel piano invisibiie non è un'as­
serzione dommatica? E quella dell' intervento della Provvidenza
per opporsi alla corrente pitagorica non è un insegnamento dom­
matico?) e che non pretende assolutamente di monopolizzare L'oc­
culto, ciò che sarebbe semplicemente grottesco. Il Gruppo esoterico,
la Facoltà ermetica, la Società Alchimica di Francia, l'Unione I­
dealista Universale, la stessa Società Tecsofica, studiano ciasche­
duna uno degli aspetti dell'occulto. Quel che forma il carattere par­
ticolare del .Martinismo, é che i suoi capi invisibili: Martines e
Saint Martin, non hanno mai cessato di interessarsi all'opera che
essi hanno creata e che sapranno anche vendicare l'Ordine e per­
donare ai suoi impotenti calunniatori.
Bisogna che la flegma cada irz fondo alla bacinella ermetica,
e noi proseguiremo la nostra strada senza iaquietarci degli attacchi
del clero più che di quelli degli atei. Non ci si. appoggia che su
quel che resiste.
Le vacanze lasciando a tutéi la cura di raccogiiersi, abbiamo
scelto questo momento per mettere definitivamente in chiaro questa
questione.
" Papus"

E così sia. Resta dunque inconfutabilmente dimostrato, in base


a questo documento ufficiale del piimo Gran J-\aestro dell'Ordine
Martinista da lui costituito (o ri::ostituito come .egli pretende), che
il Martinismo è una corrente cristiana sorta in opposizione alla
corrente pagana e di origine pitagorica. Anzi, come dichiara il
Papus, questo è il suo carattere speciale. Non è dunque vero che
le sue file siano aperte a tutti perchè i pitagorici ·vengono esclusi
e combattuti.
Quale fosse la specifica corrente pagana che il Martinismo
del Saint �artin alla fine dell'ottocento, o quello del Papus nel
1887, sentiva la necessità di combattere coll'aiuto della Provvi­
denza non vogliamo stare ad indagare. Qualunque essa sia stata
- 91 -
e pitagorica,
• all'attacco del Martinismo la corrente pagana
e sia,
difesa, ha nspos
. to e nspon
· dera,

essa in condizioni di legittima
In Italia, intanto, la ca­
h :ei modesti limiti delle proprie possibilità.
. Eletto a �ran
tena iniziatica Martinista è stata servita a dovere
er
Maestro dell'Ordine i! pi_ù inetto che si potesse trovare,_ q_uestt, �
prima cosa, appena entrato in _funzione, separò il � �a t1msmo ita­
_ -
liano da quello universa le aggmnge ndo cosi una d1v1s10ne a quelle
già esistenti. E nel breve giro di un anno, sotto cosi sapiente ed
illuminata guida, il Martinismo in Italia è stato posto al bando
tanto dalla Massoneria Scozzese di Palazzo Giustiniani che da
quella del Gesù, nonostante la protezione dei capi invisibili e quella
della Provvidenza. E questo senza pregiudizio dell'avvenire.
11 Papus, nella « Spiegazione " che abbiamo riportata, dice che
il carattere particolare del MarUnismo è che i suoi capi invisibili :
.\i\artines e Saint Martin non hanno mai cessato di interessarsi al­
l'opera che essi banno creato. Ed anche questo non è vero, perchè
il Martinismo non è solo ad accampare di tali pretese. La Società
Teosofica, p. e., sq�tiene anche essa di essere guidata e protetta
da capi invisibili. Ed il Papus che, staccatosi dalla Società Teo­
sofica e dalla Blavatsky con cui aveva collaborato nel Lotus Rouge
sino al 1886, fondò insieme ad altre sei persone nel 1887 l'Ordine
Martinista, sapeva benissimo che la Blavatsky si dichiarava per­
sonalmente guidata e diceva la ,Società Teosofica protetta da due
Maestri (certi Morya e Kutumi, quest'ultimo pretesa reincarnazione
di Pitagora), domiciliati nell'Himalaya nonchè nel piano invisibile;
ed è probabilmente per non lasciare il Martinismo in condizioni
di inferiorità rispetto alla Società Teosofica che saltarono fuori
come capi invisibili il Martines ed il Saint Martin, due personaggi,
tra parentesi, di cui è molto discutibile il valore iniziatico e che
per giunta non andarono troppo d'accordo sia nell'azione che negli
scritti. Cosi di fronte alla sedicente tradizione orientale della So­
cietà Teosofica sorse la sedicente tradizione occidentale del Mar­
tinismo e di tutti quegli organismi sopra elencati dal Papus.
Nonostante questo v&ntato .carattere particolare, ossia la pro­
tezione dei Maestri invisibili, il Martinismo (come pure la Società
Teosofica) non si è salvato da un continwo processo di sgretola­
mento e di suddivisione. Del resto i rapporti tra questi capi invi­
sibili e gli adepti, se pure avvengono, debbono essere parecchio
- 92 -
intermitt nti. Infatti, secondo
quanto ci confessava uno

fondaton del Martinismo, l'ultima volta de,. sette
che il sa· t M ar�,.
d�_to segni di vita sarebbe stato circa ventiquat; avrebb
� n �a; e e
p�u nulla. Eli, . Eli, lamma sabactani? E si p p oi
trattav: �
d� una evocazione semi spiritica, e di carattere un ; �� f tutto
ta 1ti 1 O d ub­,
bioso, anche. Essa ebbe luogo « il 13 Giugno 1901 • R
om
presenza e coli' intervento di cinque esperimentatori ' inim·zla• t I· a a_lla
· tUftt e
CO mpreso t·1 MEDIO psico strumentale recipiendario » (A
• Sacch· 1 1stt.
t. u�1?n!• d'1 c1enze Occulte, nota a pag. 283). Alla grazia di q' :

ueg 1 1

mIz1atI I

Colla guida o senza la guida del Saint Martin , il Martinis mo


ha c?nservato il suo speciale carattere cristiano. Tan to il Bricaud
che ti Sacchi sono infatti due patentatissimi cristiani. E tanto l'uno
quanto l'altro condiscono il loro cristianesimo con delle molto si­ ,.
gnificative velleità rivoluzionarie e con teorie e tendenze anarcoidi
e bolsceviche. Tutta roba che con l'esoterismo non ha molto da
spartire. Il Bricaud, prete spretato, già vescovo di una pretesa
« Chiesa Ortodossa latina » nonchè Patriarca della « Chiesa Gno­

stica Universale », « si pretende il successore di Papus alla testa


« dell'Ordine Martinista e di parecchie altre organizzazioni; con­
« viene aggiungere che questi titoli gli sono contestati da altri
« occultisti ; sarebbe d'altra parte difficile enumerare tutte le
Chiese
" e tutti gli Ordini ai quali M. Bricaud ha afferma to di riattacca rsi
» (R. GUÉNO
« successivamente ed ·anche simultaneamente
N - Le
tutti i suoi travestimenti si tra­
« Theosophisme, Pag. 235); ma in
hè semel abbas
scina sempre dietro il suo peccato originale, giacc
lico praticante
semper abbas. Quanto al Sacchi non è che un catto spiritismo,
cristiane di
e professante, che infarcisce le sue credenze
di teosofia e di spropositi.
sono degli apprezzamenti
Tanto perchè non �i dica che questi
zioni.
e nulla di più, ecco qua alcune cita Cel
..
este VtSI·
è dun que il Re del Reg no
« Il Cristo Salvatore
ato capo
« bile sop ra la Terra. Egl
i è stato riconosciuto e proclam
A DIRLO
la gra nde ma ggi ora nza dei popoli civili (I QUALI MANCO
« dal BRICAUD NON SI
ELLI CRISTIANI, ED IL
« SONO NATURALMENTE QU VONO NEL R�O :
IO
NES PRINCIPII NON SER ne'
« ACCORGE CHE LE PETITIO questa elezio
« NAMENTO), e non
è più possibile ritornare su
- 93 -

« noi lo dobbiamo accettare quali che siano le critiche rivolte da


« certuni al Capo, in quanto che oramai si tratta di un fatto com­
« piuto ». (La Santa Gnosi, a cura di S. Fugairon e di S. B. Gio­
vanni II, versione italiana di V. Soro, pag. 123).
A parte il lusso inverosimile di iniziali maiuscole che servono
a dare un carattere trascendente a quel che ne è privo ed a pro­
vocare fraudolentemente una reverenza religiosa a scapito del
freddo ed onesto scetticismo, ed a parte il carattere piuttosto equi­
voco di questa apologia destinata ad indorare la pillola del Cristo
Salvatore a quei tali critici che non vogliono accettare il fatto
compiuto (I?), è incontrovertibile che qui si fa assumere a Gesù
ed al cristianesimo una posizione predominante.
Naturalmente il Bricaud non ha, non diciamo esperienza, ma nep­
pure un'idea del Regno Celeste. Egli non sa che si tratta unica­
mente di una condizione di coscienza, che non ha nulla a che fare
coll'assetto sociale dell'umanità. Gesù, che non è poi così brutto
come lo si dipinge, aveva ben dichiarato esplicitamente che il suo
regno non era di questo mondo ; ma, come doveva anche egli
amaramente constatare, aures habent et non audient, oculos habent
et noa vident.
La concezione cristiano bolscevica del Bricaud risulta dai
seguenti due passi (tra gli altri) del libro ora citato:
« Per far parte di questo regno, la cui forma è schiettamente
« COMUNISTA (la sottolineatura è del testo e non nostra) bisogna
« che ogni uomo sia fornito di qualità indispensabili... Fra gli uo­
« mini della Terra, i più atti ad acquistare tutte queste qualità, e
« per conseguenza ad entrare nel Regno del Cielo sono precisa­
« mente i poveri, i proletari,... e (O. C. pag. 124).
« A causa dei violenti che attualmente si oppongono alla sua
« costruzione, il regno del Cielo sopra la Terra non potrà stabi­
« lirsi se non dopo una gran battaglia, la quale sarà data al mo­

« mento opportuno. Allora si farà una prima selezione e il primo


« Giudizio tra gli uomini maturi per il Regno e i violenti che ne
« ostacolano l'avvento. Quando potrà avvenire questa prima sete­
« zione nessuno può dirlo : forse accadrà fra un migliaio di anni.

« Ma bisogna sempre tenersi pronti, perchè il momento opportuno


« può giungere quando meno lo si crede • (O. C. 124).
Quanto al Sacchi egli non è meno cristiano del suo rivale
-· 94 -
d'oltre Alpi. « Non intendiamo affatto sconoscere l'orera redentrice
« e purgatrice del Cristo ; anzi al contrario l'ammettiamo e vorre
mmo
« che tutti i veri occultisti si convincessero della verità e della
re­
« altà di quell'opera anche sotto il punto di vista magico ,. (A
.
Sacchi - Istituzioni di Scienze Occulte, pag. 292). Naturalmente i
VERI occultisti sono quelli che hanno già, o sono disposti ad avere
'
queste convinzioni. Al solito, con una petitio principii ed un giu-
dizio ex cathaedra, la questione è risolta. Ma il Sacchi, a scanso
di equivoci, prosegue : « la Chiesa cattolica è quella che per noi
occultisti ha sola il diritto di chiamarsi tale ,. (pag. 311 della stessa
opera). Non è una frase molto chiara perchè in simil modo si po­
trebbe dire : Il paese di Scaricalasino è quello che per noi occul­
tisti ha solo il diritto di chiamarsi tale ; ma alla meglio si capisce
che nella mente annebbiata dello scrittore la Chiesa cattolica tro­
neggia indiscutibilmente. Ecco dunque dimostrato ad abundantiam
che il Martinismo forestiero o nostrano è intinto di quella tal
pece che noi pagani e pitagorici ci rifiutiamo di accettare per
manna.
Ma si dirà che è possibile esser cristiani ed esser grandi ini­
ziati. Eh, tra le tante cose che si dicono, si può dire anche questa;
ma bisognerebbe per lo meno definire bene il significato della pa­
rola cristiano. L'albero, diceva Gesù, va giudicato daf-Ìsuof<Zfrutti;
ora in questo caso si tratta di frutta acerba o di frutta marcia ;
in ogni caso di frutta bacata. E, perchè non si dica che facciamo
degli appre_zzamenti, metteremo sotto gli occhi del lettore qualche
piccolo ·saggio della cultura profana e della sapienza iniziatica dei
capi di questo Ordine di illuminati.
Ecco cosa stampa il Bricaud nei « Primi Elementi di Occul­
tismo, tradotti da Pietro Bornia, Todi 1922 ,. :
« Il numero uno designava l'armonia, l'ordine, o il principio
e buono : Dio uno e unico. Questo era espresso in latino da solus
« (solo, unico) della qual voce si è fatto sol, e Sole », simbolo
e di tal Dio ,. (pag. 23).

Qui Io sproposito è doppio ; solus in latino non· corrisponde


all' italiano solo ; e la voce sol non ha etimologia comune con
iI
quella di solus. , .
e Gli Egiziani ebbero Amun, (da confrontare con l
Aum in­
diano) ,. (pag. 27). Quando ha confrontato bene bene non c'è
nulla di comune
« Lo spirito creato si polarizza nella materia » (pag. 30).

In quale dei sei giorni della creazione ?


« In ogni altro caso di cessazione brusca della vita, l'essere

« disincarnato dovrà compiere in stato di corpo astrale, il periodo


« di tempo che avrebbe impiegato sulla terra a conseguire l'evolu­
zione normale » (pag. 84).
Di qui risulta che c'è una evoluzione normale ed una non
normale; che l'essere disincarnato diventa corµo astrale, che il
tempo seguita a sussistere anche dopo la morte, ed in modo com­
mensurabile col tempo della coscienza umana corporale, ecc...
« La verità è ciò che risulta dal complesso delle idee conce­
pite da tutti i diversi abitatori dell'universo » (pag. 93).
Non ci mancherebbe altro I
« MAGIA da Maya illusione », e mago, « per illusionista ».
(pag. 103). Altro ravvicinamento puramente fonetico e fatto alla
carlona; ma che non ha nessuna base.
Il Bricaud ha un debole per l'etimologia, in cui non ne az­
zecca una. Il Sacchi invece è debole in ogni campo, ma trova
modo di disti:1guersi in aritmosofia.
« Geometricamente, i tre triangoli insieme formano il cubo
« simbolico » (A. Sacchi. Istituzioni di Scienze Occulte, pag. 113).
Questo si che è il mistero della trinità!
« Ciò che avviene avviene perchè avvenne tutto ciò che av­
« venne prim�, a cominciare dal primo istante che la materia ap­
« parve o che l'uomo apparve nel monC.:o » (pag. 247).
A parte la bellezza stilistica di questo tiro a ripetizione colla
parola avvenire, ed ammesso che questa sia una ragione o spie­
gazione e che abbia un senso qualunque, pare manifesto che al
famoso primo istante non possa applicarsi simile principio; e che
quindi il Sacchi è andato a cascare proprio nell'esempio che non
fa al caso suo. Ed ecco uno squarcio di esoterismo:
« Tu vedi bene, o iniziato, che lo zero è il punto neutro, il

« punto di congiunzione tra le due rappresentaz;oni, la geometrica


« e l' aritmetica ; molto più che non potrebbe essere il cubo, le cui
" dimensioni sono statiche e non dinamièhe, perchè il circolo in
" moto non ha una circonferenza ben definita, ma bensl una cir­
" conferenza in formazione, il cui interno turbiglionando a spirale
" esprime il desideratum matematico del punto centrale al quale
- 96 -
« tendono altresl i coni dei diversi settori in formazione per i
nnes-
« tarvi le loro linee convergenti ai lati ,. (Pag. 104).

� fa�ciamo punto per mancanza di spazio. Per riferirle tutte


.mfattt, bisognerebbe fare una seconda edizione dell'opera.
Dopo questo, chi vuole entrare nel Martinismo può farlo con
una certa cognizione di causa.
Il mondo è bello perchè è vario, e per certi gusti e certe
mentalità il Martinismo pare proprio fatto apposta.
E noi potremmo anche fare a meno di ragionar di loro se non
accampassero pretese iniziatiche e se ci lasciassero stare in pace.
Ma la Provvidenza, come dice il Papus, ha fatto sorgere il
Martinismo per opporre una corrente cristiana alla corrente pa­
gana di origine pitagorica. E sia, ma la provvidenza non vorrà
mica pretendere che lasciamo libero il campo all'intolleranza cri­
stiano-martinista, diretta dai molto incogniti e poco superiori capi
invisibili ? MAXIMUS.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCI COLO


Gnosi e Libertà - GIULIO C APURRO . . . . . , pag. 65
Imperialismo Pagano - ARTURO REGHINI . . . . . . . . » 69
Tra Libri e Riviste :
Chiaroveggenza e Scuroveggenza - A. R. . . . . . . . » 86
Associazioni Vecchie e Nuove - Martinismo e Pitagoreismo -
MAXIMUS . . . . . . . . . . . . , . · » 88

SOMMARIO del N. 1-2 (Oennaio-Febbraio 1924)


Al lettori - LA DIREZIONE . . . . . . • pag. 1
Il Necessario Ritorno - MANLIO MAGNANI » 4
L'Atanòr - A. R. . . . . . . . . . . . • . • • » 9
L'Insegnamento Iniziatico - RENÉ GUÉNON • . • • • • » 12
Tra gli Adempti del Celeste Impero - C. TAVOLACCI. • • » 19
L'Impronta Pitagorica nella Massoneria - ARTURA REOHINI » 3l
Tra libri e Riviste : . ,
a) F. B- CICALA - Introduzione alla teoria dell Essere -
I. EVOLA . . . . . • • • • • • • • ,. 47
n) Il Sepher Jetzirah - FLRNANDO PROCACCIA. • ,. 49
c) Chiarovevgenza e Scur�veggen�a : A. _R. • ,. 53
d) E. LEVI - La chiave dei grandi misteri • • ,. 54
,. 55
Associazioni Vecchie e Nuove - MAXIMUS . • • • . • • • •.
Vexatio Stultorum ovvero sia La Sinagoga deg/L lgnorantt ,. 61
lL VICARIO DI S ATANA . . • , • • • • , • • • • •
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REDAZIONE:
CIRO ALVI - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ - ANICETO DEL MASSA -
J. EVOLA -. A. RUSSO FRATTASI - RENÉ GUÉNON - GIULIANO KREMMERZ
MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MARIO MORANO! - FERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REGHINI - GALLIANO TAVOLACCI.

ROSACROCISMO ESSOTERICO

I. Alcuni cenni storici sul Rosncrocismo.

L'emblema rosa e croce compare la prima volta, secondo M.


Waite (riferisce il Gould) nel 1598, colla fondazione a Nurembcrg,
per opera dell'alchimista Simon Studion, di una associazione intitolata
« Militia crucifera evangelica ». Verso ii 1612-14 si publicarono in
Germania degli opuscoli che misero in voga i! vocabolo Rosacroce;
la « Fama fraternitatis » in cui si parlava di una fratellanza segreta
dell'ordine meritorio della Rosa-croce » ; la « Confessio » ovvero
confessione della fratellanza della Rosa-croce, dedicata allo stesso
soggetto.
- 98 -
ti lettore tollererà che io ricordi, benchè notissimi, gli argo.
menti dei celebri opuscoli ; ciò può servire a chi entri per la prima
volta in siffatto tema tanto interessante. Sarò breve.
La « Fama fraternitatis » narra le vicende di un nobile tedesco
Cristiano Rosencreuz che, in possesso di segreti arcani, dopo lung�
peregrinare, fondò in un chiostro una frateria colla regola di cu­
rare i malati, professar medicina gratis, raccogliersi in assemblea
annuale, tenere il segreto, scegliere i successori e per cento anni
non far parlare di sè. La « Confessio " ribadisce i concetti di
questa frateria di scienziati che pongono la scienza a disposizione
del popolo, costretti da una regola di segreto, di sacrificio, di amore
per il prossimo. Dello stesso tipo degli opuscoli accennati era il
libro iutitolato « Silentium post clamores » pubblicato nel 1617 a
Francoforte da Michele Maier. Autore dei citati opuscoli, secondo
il dotto storico Begemann, fu Giovanni Valentino Andrea, teologo
abate di Adelberg che nel 1616 pubblicò a firma propria un libro
intitolato « Le nozze chimiche di Cristiano Rosencreuz ,._ Giovanni
Valentino Andrea fondò a Casse!, nel 1620, colla protezione del
principe Federicù Enrico di Nassau e nel palazzo di questi, l'Or­
dine della Rosa-croce », e ciò risulta da una lettera di Valentino
ad Amos Comoenius, scienziato e filosofo, scritta nel 1628. Scrisse
altri opuscoli e romanzi sul detto tema. Quest'associazione ristret­
tissima non ebbe vita lunga e • alcuni suoi membri trasferitisi in
Olanda contribuirono alla costituzione, in Amsterdam, di un capi­
tolo che nel 1637 si trasferiva ali'Afa. La fama di cotesto raggrup­
pamento e dell'idea che lo ispirava era giunta in Inghilterra, dove
Roberto Fludd, insigne filosofo, ne parlava benevolmente e, doveva
aver fatto presa nelle loggie massoniche, se nel 1638 Enrico Adamson
in una composizione poetica introduceva i notissimi versi che,
tradotti, dicono:
« Per essere fratelli della Rosa-croce, noi possediamo la parola
dei massoni e la seconda vista ». Fludd era gnostico-cabalistico .
Nel 1659 Pietro Sthael, da Strasburgo, teneva conferenze
a Londra sul tema della fratellanza in parola e gli opuscoli • Fama •
e « Confessio ,. erano tradotti in inglese e diffusi.
Si nominano come primi Rosacroce inglesi Elias Ashmole e
Tommaso Waughan entrati in massoneria rispettivamente nel 1646
e 1641.
- 99 -
L'Ashmole (nato a Litchfield il 23 maggio 1617, morto a Londra
il t8 maggio 1692) era procuratore legale, sol/icitor; di professione
antiquario, çirdente partigiano della causa degli Stuardi e nel 1644
fu nominato Commissario Regio nel suo paese natio.
Alcuni lo dissero israelita; fu invece cattolico ed ardente cat­
tolico, membro attivo del circolo cattolico di Londra con Lilly e
Booker e fu sepolto nella chiesa cattolica di South-Lamueth. Egli
fondò con Tommaso e Giorgio Warton, medici, William Ough-tecd,
matematico, Giovanni Herwitt e Giovanni Prarson, teologi, e William
Lilly, astrologo, un capitolo o club speciale il cui scopo era la
costruzione dell'ideale tempio di Salomone, sull'esempio dell'Utopia
di Tommaso Moro e della « Nuova Atlantide » di Bacone, ser­
vendosi a ciò dei locali della loggia 'in Mason Alley., Basing Hall
Street. Questo gruppo di sognatori ebbe una influenza notevole
sulla costituzione del rito massonico. Il Bord (Gustavo Borcl: « La
Franc-maçonnerie en France, des origines à 1815. Parigi, 1908)
giunge a dire che il grado di apprendista sarebbe stato inventato
nel 1646, quello di maestro n�I 1652. Ma, secondo il Gould, i vo­
caboli maestro muratore, compagno dell'arte, apprendista iscritto
e cowan erano usati in Scozia fin dal 1598 (epoca degli Statuti
di Schaw) mentre in Inghilterra nel 1723 non si conoscevano che
due gradi: apprendista e compagno-maestro e la divisione in tre
gradi si deve, sempre secondo TI Gould, al massone dissidente
Samuele Prichard, che ne parlò per primo nel libro « Masonry dis­
sected » che vide la luce in Londra il 20 ottobre 1730.
Comunque sia; questo cenno basterà per chiarire che l'asso­
ciazione dei Rosacroce, desunta da un ..emblema già noto e im­
maginata dall'abate Giovanni Valentino Andrea, fu da questi fon­
data in Germania nel 1620, passò in Olanda e quindi in Inghilterra,
dove nel 1646-1652 esercitò notevole influenza sul rito Massonico.
11 pastore protestante Samuele Richter nel 1710 scrisse un
libro sulla • Vera e completa preparazione della pietra filosofale
della Fratellanza dell'Aurea Rosa-croce ». Da questo scritto è de­
rivato il grado di Principe Sovrano della Rosa-croce d'oro, che fu
praticato dalla Gran Loggia « Royal York » di Berlino fino al 1798,
epoca in cui fu abolito.
Il Bord nel libro citato pubblica (pag. 512) le « Instructions
générates sur le sublime gré de Chevalier de l'Aigle ou du Pé-
- 100 -
licain S. P. R. C. d'Herodim » con la data del 1779
I
al De�aux. È da notare che alla detta epoca il Gra�ttr•b�end 01�
'
Fra�c1a avev� da sei anni vietata la pratica degli alti d b ��nt; di
tav1a un Capitolo Rosacroce funzionava ad Arras, fondgra 1. · u�­
I
dagr1 avvocat·1 Robesp1er
ato, ct 1c
· re e Lagneau con intenti Stuardist·ICI.• es' 1' I
I
Q"1ces1· pure che n�l 1751 si facessero ali'
Aja ricezion· 1
grado Rosacroce e _ si cita �ra gli ammessi il barone Vau
1w::.
senaar. Nel 1780 gmngeva m Olanda dalla Francia un tal Corb
·
commediante, e tondava un Capitolo Rosacroce, non senza s���
levare proteste e denigrazioni, da parte dei :Massoni Oland esi. A
p�opo�ito dell'Ol_anda, paese che per i primi accolse, come già si
I
I

disse 11 rosacroc1smo, devesi notare che nell'assemblea del 15 Ot­


tobre 1803, con cui si c0stituiva il primo Grand'Oriente dei gradi
superiori, si stabilì che ogni Capitolo Olandese avesse nuove let­
tere di costituzione in sostituzione di . quelle antiche; il che signi­
fica che tali documenti erano ritenuti falsi.
Una commissione fece, in quell'importante assemblea, un rap­
porto circa il grado di Principe Sovrano della Rosa-croce, da cui
risulta che, dopo molti studi, si era scoperta l'esistenza di una au­
torità legale avente potere di erigere Capitoli e di istituirne uno
supremo. Questo Capitolo legale si chiamava « Credentes vivent
ab illo » e ne era presidente il Venerabile della loggia « Concordia
vincit animos », Pietro Dieprest.
II Capitolo « Credentes » aveva avuto un diploma da Avignone
nel 1788 dal Vicario Supremo dell'Ordine santo della R. C., si­
gnor Dalenencourt e da altri dignitari sottoscritti in quel docu­
mento che ha fra l'altre queste parole « sotto la misericordia di
Nostro Signore Gesù Cristo, affine che la pace e l'unit� _prenda no
postq sulle rocche della fede, della speranza e �ella_ c�nta._ » di
È curioso il notare che la loggia «Concordia vmc1t ammossen­
Amsterdam fondata nel 1755 da una loggia Scozzese, aveva pa:­
le
tito il bisogno di richiedere non in Scozia, ma in Francia sarà
1804
tenti per la costituzione di un tipo di Capitolo che nel L det
. � :�
pars magna della gerarchia scozzese antica ed accettata Scozia P
loggia, nel 1842, p·er una vertenza locale, ricorre alla
avere una patente di regolarità. .
ciò
. otto
nte di Avig none -
I nomi dei firmatari della pate Ber g;' De·
Dale nenc ourt , Dela gard e, è
importante - cioè i nom di
- 101 -
couzalvin, figurano pure in documenti relativi a un Capitolo di Gesù
Cristo e a un Capitolo di Gionatan e Davide che esistevano pure
ad Avignone nel 1788 ed erano posti « sotto l'auspicio e la tolle­
ranza misteriosa di Sua Santità Pio, Pontefice Sovrano, Maestro
Supremo ed ecumenico, ecc.
In capo al documento vi sono due sigilli di cera rossa por­
tanti, quello a sinistra le parole Grati datio, quello a destra la
tiara papale con due chiavi in croce e la data 1320. Mi soffermo
su questi particolari perchè la data cade sotto il pontificato di
Giovanni XXII che fu accusato di eresie! e mori per il dolore di
tale accusa, come si dice. Égli sostenne in seno all'Ordine fran­
cescano la comune osservanza, contro coloro che volevano la rinun­
zia a tutti i beni. Scomunicò la banda dei pastorelli che voleva indire
una crociata contro gli ebrei; ebbe nemico l'imperatore Ludovico il
Bavaro, che gli ::iuscitò contro un antipapa, nemici i Francescani
rigorosi guidati dal generale dell'Ordine Michele da Cesena.
Che accadeva dunque in Francia in quegli anni, perchè pul­
lulassero tanti e così curiosi capitoli?
Bisogna ricordare che, mentre l'Inghilterra massonica fu dila­
niata fra il 1732 e la fine del secolo dalle discordie fra Massoni
cosidetti moderni, cioè filosofici e teosofisti e quelli COiidetti an­
tichi, cioè protestanti, la Francia massonica si dibatteva fra aristo­
cratici sostenitori del sistema inglese e borghesi inventori e cul­
tori de! più svariati riti a base pseudo-cavalleresca. I capitolì pul­
lularono quindi: alla leggenda dell'Ordine di Malta, dopo la scon­
fessione del Gran Maestro dell'Ordine nel 1740, fu sostituita quella
dei templari e dei Kadosch, vendicatori di questi, apparsa a Lione
per la prima volta nel 1743. Vi furono lotte vivaci, coll'intervento
anche della polizia, come nel 1772.
Pei far breve: nel 1778 il Direttorio scozzese volle raggrup­
pare, con un congresso a Lione, tutti i capitoli e le loggie parti­
giani degli alti gradi, avversari del Grand'Oriente che qualche anno
prima aveva interdetto la pratica di tali gradi, ma che per pru­
denza nel 1782 li riconoscerà, formando una Camera perciò, e nel
1786 riformerà il rito accettando i gradi superiori di eletto, cava­
llere d'Oriente, Scozzese e Cavaliere Rosacroce.
Un a:nno prima della patente d'Avignone di cui si è parlato,
la Gran Loggia di Francia (organismo rivale del Grand'Oriente)
costituiva nel suo seno un Capitolo R. C.
P_ 102 -
Frattanto la loggia parigina « Ardente Amitié " venuta a co­
noscenza delle prerogative scozzesi della GraA Loggia di Kilwin­
ning portava in Francia l'Ordine di Heredom di Kilwinning che
aveva fatta fa sua apparizione nel 1763, vantando la derivazione
da quella Gran Loggia che nel 1743 si era resa indipendente.
È pure di quegli anni (1787) la creazione, per opera della
loggia « La parfaite union » di Chambery del Sovrano Capitolo
R. C. della Savoia, che il 4 aprile 1788 otteneva il riconoscimento
per parte del « Gr. Chapter of the Royal Order of Scotland H.
R. D. M. of Kilwinning, and Knights of the R. S. Y. C. S. ».
È pure del 1787 la fusione fra il Grande Capitolo Generale
di Francia costituito nel 1784 da Roettiers de Montaleau, col Ca­
pitolo di Gerbier De Werschamp, il quale Gerbier aveva cavato
fuori una patente del 15 febbraio 1747 di Carlo Edoardo Stuart
come G. M. del Capitolo di H. R. D. M. ecc... a fa" ore del Ca­
pitolo di Arras, per dimostrare che in Parigi non poteva funzio­
nare che un solò Capitolo del genere.
Per chi è curioso di simili indagini diremo che tale documento
evidentemente aprocrifo fu posto in vendita all'asta pubblica in
Parigi dal libraio Tross, il 27 marzo 1863, e portava il N. 9 del
catalogo Tross.
Giungiamo così dalla riforma del rito francese ( 1786) che ac­
coglieva il grado. Rosacrociano, attraverso la pleiade di Capitoli
R. C., alle consacrazioni più solenni del principio del secolo XIX,
e precisamente del 1804 .tanto in Olanda quanto in Francia nei
due organismi diversi che accoglievano ancora il Rosacrocismo,
il Grand'Oriente degli alti gradi d'Olanda e il Supremo Consiglio
del 33° ed ultimo grado di Parigi.
Poichè quest'articolo non si occupa di storia rituale se non
come premessa si trascura di anche solo brevemente accennare
alla storia del rito Scozzese antico ed accettato che assorbiva
circa un secolo dopo gli alti gradi olandesi, ivi compreso quello R. C.
Accennato al Rito francese, al Rito Scozzese antico ed ac­
cettato ed agli alti gradi olandesi, si è esaurita la storia dei Corpi
Muratorii che accolsero il pensiero Rosacrociano. Non ci resta
quindi che entrare nell'intimo del soggetto di questo articolo.

(Continua). GIULIO CAPURRO,


- 103 -

L' ESOTERISMO DI DANTE


Che la Divina Commedia, nel suo assieme, possa venire inter­
pretata secondo parecchi sensi differenti, è cosa che non si può
menomamente mettere in dubbio, perchè Dante stesso dice nel
Convito che tutte le scritture, e non soltanto le scritture sacre, « si
possono intendere e debbonsi sponere massimamente per quattro
sensi ,. ( 1 ). È evidente, d'altra parte, che queste diverse significazioni
nonpossono in nessun caso distruggersi o contrastarsi, ma che devono
al contrario completarsi ed armonizzare tra loro come le parti di uno
stesso tutto, come gli elementi constitutivi di una sintesi unica. La
difficoltà comincia quando si tratta di determinare queste diverse
significazioni, sopratutto le più elevate o le più profonde, ed è là
anche che principiano le divergenze di vedute tra i commentatori.
Questi si trovano d'accordo in generale nel riconoscere sotto il
senso letterale del racconto poetico, un senso filosofico, o piut­
tosto filosofico-teologico, ed anche un senso politico e sociale;
ma pur comprendendovi Io stesso senso letterale, con questo si
arriva soltanto a tre, e Dante ci avverte di cercarne quattro; quale
è dunque il quarto ? Per noi esso non può essere che un senso
propriamente iniziatico, metafisico nella sua essenza, ed al quale
si riattaccano dei dati multipli che, senza essere tutti di ordine
puramente metafisico, presentano un carattere egualmente esoterico.
È precisamente per ragione di questo carattere che questo senso
profondo è completamente sfuggito alla maggioranza dei commen­
tatori; eppure, se lo si ignora o se lo si misconosce, anche gli
altri sensi non possono essere afferrati che parzialmente, perchè •
esso è come il loro principio, in cui ii coordina e si unifica la
loro molteplicità.
Quelli stessi che hanno intravveduto questo lato esoterico
dell'opera di Dante hanno commesso errori assai circa la sua vera
natura, perchè, il più dette volte, faceva loro difetto la compren­
sione reale di queste cose, e perchè la loro interpretazione risen­
tiva l'influenza dei pregiudizi che era loro impossibile eliminare.
È così che Rossetti ed Aroux, i quali furono tra i primi a segna-
(1). D. Alighieri - Convito, Il, 1.
- 104 -
lare l'esistenza di questo esoterismo, credettero di poter condu­
dcre affermando l'eresia di Dante, senza rendersi conto che i'. far
ciò era mescolare delle considerazioni riferentisi a campi del tutto
diversi; si è che, se essi sapevano molte cose, ve ne erano molte
altre chie essi ignoravano, e che noi tenteremo indicare senza
avere la menoma pretesa di dare una esposizione completa di un
argomento che sembra quasi ine�auribile.
La questione, per Aroux, si è posta così : Dante è stato un
cattolico od un albigese? Per altri sembra piuttosto che essa si
ponga così: Fu cristiano o pagano? (1) ? Da parte nostra non_
pensiamo che ci si debba porre da un tal punto di vista, perchè
l'esoterismo vero è tutt'altra cosa che non sia la religione este­
riore, e, se esso ha con questa alcuni rapporti, ciò non può essere
che in quanto trova nelle forme religiose un modo di espressione
simbolica; poco importa, d'altra parte, che queste forme siano
quelle della tale o tal'altra religione, perchè ciò di cui si tratta è
l'unità dottrinale essenziale che si dissimula dietro la loi·o appa­
rente diversità. Per. questa ragione gli antichi iniziati parkcipavano
indistintamente a tutti i culti esteriori, seguendo i costumi stabiliti
nei varii paesi in cui si trovavano; ed è pure perché vedeva questa
unità fondamentale, e non per effetto di un « sincretismo » super­
ficiale, che Dante ha adoperato indifferentemente, secondo i casi,
un linguaggio attinto, sia al cristianesimo, sia all'antichità greco
romana. La metafisica pura. non è nè pagana nèI cristiana, essa è
universale ; i misteri antichi non erano paganesimo, ma si sovrap-
ponevano ad .esso; e similmente, nel medio evo, si ebbero delle
organizzazioni di carattere iniziatico e non religioso, ma che pren­
devano la loro base nel cattolicismo. Se Dante, come ci sembra
incontestabile, ha appartenuto ad alcune di queste organizzazioni,
non è dunque una ragione per dichiararlo « eretico » ; _quelli \che
così pensano si fanno del medio evo un' idea falsa od incompleta;
essi non vedono per così dire che l'esterno, perchè, per tutto il
resto, non vi è più nulla nel mondo moderno che possa loro ser­
vire di termine di paragone.
Se tale fu il carattere reale di tutte le organizzazioni inizia-

(1) Cf. Arturo Reghini, L'allegoria esoterica irz Dante, nel Nuovo
Patto, Settembre - Novembre 1921, pp. 541-548.

- 105 -

tiche, non vi furono che due casi in cui l'accusa di " eresia ,, potè
essere portata contro- alcune di esse o contro alcuni dei loro membri,
e questo per nascondere altre accuse molto più fondate od almeno
più vere, ma che non potevano essere apertamente formulate. li
primo di questi due casi è quello in cui certi iniziati hanno potuto
ab bandonarsi à divulgazioni inopportune, arrischiando di. �ettarc
il disordine negli spiriti non preparati alla conoscenza delle verità
superiori, ed anche di provocare dei disordini dal punto. di vista
sociale; gli autori di simili divulgazioni avevano il torto di creare
essi stessi una confusione tra i due ordini esoterico ccl essoterico,
confusione che, in somma, giustificava sufficientemente il rimpro­
vero di « eresia » ; e questo caso si è presentato a diverse riprese
nel!' Islam, dove per altro le scuole esoteriche non incontrano nor­
malmente alcuna ostilità da parte delle autorità religiose e giu;
ridiche che rappresentano l'exoterismo. Quanto al secondo caso, è
quello in cui la medesima accusa fu presa come semplice pretestò
da un potere politico per rovinare degli avversarii che esso sti­
mava tanto più temibil,i quanto più era difficile raggiungerli me­
diante i mezzi ordinarii; la distruzione dell'Ordine del Tempio ne
è l'esempio più celebre, e questo avvenimento ha precisamente
un rapporto diretto col soggetto del presente studio.

Nel museo di Vienna si trovano due med:iglie di cui una rap­


presenta Dante e l'altra il pittore Pietro da Pisa, le quali portano
tutte e due al rovescio le lettere F. S. K. I. P. r. T, così inter­
pretate da Aroux: Prater Sacrae Kadosch, lmperialis Principatus,
Prater Templarius. Per le prime tre lettere questa interpretazione
è manifestamente scorretta e, non dà un senso intelligibile; noi
pensiamo che bisogni ìeggere Fidei Sanctae Kadosch. L'associa•
zione della Fede Santa, di cui Dante pare sia stato uno dei capi,
era un terz'Ordine di filiazione templare, ciè) che giustifica l'appel­
lazione di Prater Templarius (1 ), ed i suoi dignitarii portavano il

(1) Non è senza ragione che Dante prende come guida, alla fine del
suo viaggio celeste (Par; d. XXXI) San Bernardo, che stabilì la regola
dell'Ordine del Tempio.
..
- 106 -
titolo di Kadosch, parola ebraica che signifi�a « santo ., 0
• con­
sacrato », e eh� s, è conservata smo_ _
a, nostn giorni negli alti
• della m assonena. Quanto ali' lmperialis Principatus , forse pe _gract· 1
. , 1 spi. e-
garI o, non si deve limitarsi a considerare la parte e l'azione p 1-
o I·
f1ca d'l Dante, Ia qual� mostra che le associ azi0ni cui apparteneva
eran� allora favorevolt al potere imperiale; bisogna notare inoltre
che 11 « Santo Impero » ha un significato simbolico, e che ancora
oggi, nella Massoneria Scozzese, i membri del Supremo Consiglio
sono qualificati dignitarii del Santo Impero, mentre il titolo di
« Principe » entra nella denominazione di un numero assai grande
di gradi. Di più, i capi delle varie organizzazioni di origine rosa­
cruciana, a partire dal XVIl• secolo, hanno portato il titolo di Im­
perator: e vi sono delle ragioni per pensare che la Fede Santa,
ai tempi di Dante, presentava certe analogie con quel che fu più
tardi la « Fraternità della Rosa Croce ». ca
Noi troveremo ancora molti altri avvicinamenti del medesimo la
genere, e lo stesso Aroux ne ha segnalato un numero assai grande; val
uno dei punti essenziali che egli ha messo assai bene in luce,. Ka
senza forse tirarne tutte le conseguenze che esso comporta, è la
significazione delle varie regioni simboliche descritte da Dante, e vai
più particolarmente quella dei « cieli ». Queste regioni, infatti, raf­ ca
figurano altrettanti stati diversi, ed -i cieli sono propriamente delle de
« gerarchie spirituali », vale a dire dei gradi di iniziazione; vi sa­ gr
rebbe, sotto questo rapporto, da stabilire una concordanza interes­ CO
sante tra la concezione di Dante e quella di Swedenborg. Dante p
stesso ha dato a questo riguardo una indicazione che è degna di
nota : « A vedere quello che per terzo cielo s'intenda ... dico che
per CIELO intendo la scienza e per CIELI le scienze » (I). Ma di
quali scienze si tra tta, e bisogna veder là un'allusione alle « sette
arti liberali », di cui d'altra p arte Dante, come tutti i suoi contem·
poranei, fa così spesso menzione ? Ciò che fa pensare che così
s
deve essere, è che, secondo Aroux, ,, i Catari avevano, dal x11°
secolo, dei segni di riconoscimento, delle parole di passo? u�a e
dottrina astrologica; essi facevano le loro iniziazioni all'eqmno�•0 t
di primavera, il loro sistema scientifico era basato sulla d� ttnna
delle corrispondenze : alla Luna corrispondeva la Grammatica, a

(1) Convito, T. II, c,.p. XIV


• - 107 -
Mercurio la Dialettica, a Venere la Rettorica, a Marte la Musica
a Giove la Geometria, a Saturno l'Astronomia, al Sole I'Aritmetic;
o la Ragione illuminata ». Così, alle sette sfere planetarie. che
sono i primi sette dei nove cieli di Dante, corrispondevano �ispét­
tivamente le sette arti liberali, precisamente le stesse di cui pure
vediamo i nomi figurare sopra i sette scaiini del saliente di sinistra
della scala di Kadosch (30<> grado della Massoneria Scozzese).
L'ordine ascendente, in quest'ultimo caso, non differisce dal pre­
cedente che per l' interversione, da una parte, della Rettorica e
della Logica (che è qui sost<tuita alla Dialettica), e, d'altra parte,
della Geometria e della Musica, ed anche in questo che la scienza
corrispondente al Sole, l'Aritmetica, occupa il grado che spetta
normalmente a quest'astro nell'ordine astrologico dei pianeti, vale
a dire il quarto, medio del settenario, mentre i Catari lo collo­
cavano al più alto gradino della loro Scala Mistica, come Dante
imo fa per il corrispondente del saliente di destra, la Fede (Emounah),
de; vale a dire quella misteriosa Fede Santa di cui egli stesso era
ice, Kadosch (1).
la Ciò nonostante, a questo soggetto s'impone anc:ora una osser­
vazione: come mai alle arti liberali che erano insegnate pubbli­
camente ed ufficialmente in tutte le scuole sono state attribuite
delle corrispondenze di questa fatta, che ne fanno dei veri e propri
gradi iniziatici? Noi pensiamo che dovevano esservi due modi di
considerarle, uno exoterico e l'altro esoterico : Ad ogni scienza
profana può sovrapporsi un'altra scienza che si riferisce, se si
vuole, al medesimo oggetto, ma che lo considera sotto un punto
di vista più profondo e che è per questa scienza profana quel
che i sensi superiori delle scritture sono pel loro senso letterale.
Si potrebbe anche dire che le scienze esteriori forniscono un modo
di espressione per delle verità superiori, perchè esse stesse non
sono che il simbolo di qualche cosa di un altro ordine, perchè
come lo ha detto Platone, il sensibile non è che un riflesso dell' u1-
telligibile; i fenomeni della natura e gli avvenimenti della storia
hanno tutti un valore simbolico, in questo che essi esprimono

(1) Sopra la Scala Misteriosa dei Kadosch, di cui tratteremo anche


più innanzi, vedere il Manuel Maçonnique del Fr. •. Vuillau,;·e, pi. XVI e
PP, 213-214; 2a edizione, 1830.
- 108 -
qualche cosa dei prmc1p1 da cui dipendono, di cui ess1•
.. sono delle
conseguenze p1u o n:eno lontane. Così ogni scienza ed
ogni arte
pu ò, con una conveniente trasposizione, prendere un vero
va1ore
• ; perehè mai• 1 e espressioni tratte dalle arti liberali
esoteneo
no �1ll1
avrebbero compiuto, nelle iniziazioni medioevali, una funzione �
a
ragonabile a quella che il linguaggio attinto all'arte dei costrutt� -
. . n oia1ri?
ha nelia massoneria speculativa? Ed andremo più lungi : conside- O éll q
r�r� le cose in questa m�niera, è in somma ricondurle al loro prin­ .; il
_
c1p10 ; questo punto dt vista è dunque inerente alla loro stessa senta
1ff1Cti
ess�nza, e niente affatto accidentalmente sopra aggiunto; e, se z
cosi è, non potrebbe la tradizione che vi si riferisce rimontare al­ si trov
l'origine stessa delle scienze e delle arti, mentre che il punto di // girO
vista esclusivamente profano non sarebbe che un punto di vista A1,TI 5
tutto moderno, resultante dalla dimenticanza generale di questa gradi
tradizione? Non possiamo qui occuparci di questa questione con Masso
tutti gli sviluppi che comporterebbe; ma vediamo in quali termini zerbin
Dante stesso, nel commento ch'egli dà della sua prima canzone, perso
indica la maniera colla quale egli applica alla sua oper a le regole rimen
di alcune delle arti liberali : « O uomini, che vedere non potete la blea
sentenza di questa canzone, non la rifiutate però ; ma ponete mente bolo
alla sua bellezza, che é grande, sì per COSTRUZIONE, la quale si dei t
pertiene a/li GRAivUv\ATICI ; SÌ per L'ORDINE DEL SERMONE, che si cui i
pertiene alli RETTORICI; SÌ per lo NUMERO DELLE SUE PARTI, che mano
si pertiene alli MUSICI ». !n questo modo di considerare la musica cazio
in relazione con il numero, quindi come scienza del ritmo in tutte
T�JC
le sue corrispondenze, non si può riconoscere un'eco della tradi­
zione pitagorica? E non è questa stessa tradizione, precisamente,
mar.
Ven
che permette di comprendere la funzione " solare » attribuita al­
l'aritmetica, di cui essa fa il centro comune di tutte le altre scienze,
bra
e così pure i rap.porti che uniscono queste tra di loro, e special­
mente la musica con la geometria, per mezzo della conoscenza
delle proporzioni nelle forme (che trova la sua applicazione diretta Sé
nell'architettura) e con l'astronomia, per mezzo di quella dell'ar­ l'A
monia delle sfere celesti? Vedremo sufficientemente, in seguito, de
quale importanza fondamentale ha il simbolismo dei numeri nell'o• de
pera di Dante; e, se questo simbolismo non è unicamente pitago­
rico, se si.(ritrova in altre dottrine per la semplice ragio?e che la !)r
verità è una, non è meno permesso pensare che, da Pitagora
a
- 109 -
Virgilio e da Virgilio a Dante, la « catena della tradizione ,, senza
dubbio non fu rotta sopra la terra d'Italia.

Ma, da queste considerazioni generali, bisogna ora che ritor­


niamo a quei singolari riavvicinamenti che ha segryalati l'Aroux,
td ai quali facevamo allusione più sopra (1) : « L'INFERNO rappre­
senta il MONDO PROFANO, il PURGATORIO comprende le PROVE INI­
ZIATICHE, ed il CIELO è il soggiorno dei PERFETTI, presso i quali
si trovano riuniti e portati al loro zenith l' intelligenza e l'amore...
Il giro celeste descritto da Dante (Paradiso, vm) comincia dagli
ALTI SERAFINI, che sono i PRINCIPI CELESTI, e finisce agli ultimi
gradi del Cielo. Ora accade pure che certi dignitarii inferiori çf,ella
Massoneria Scozzese, che pretende rimontare ai Templari, e di cui
Zerbino, il principe scozzese, l'amante d!. Isabella di Oallizia, è la
personificazione nell'Orlando Furioso dell'Ariosto, si intitolano pa­
rimente principi, PRINCIPI DELLA COMPASSIONE, che la loro assem­
blea o capitolo ha nome il TERZO CIELO ; che e::si hanno per sim­
bolo un PALLADIO, o statua della VERITÀ, rivestita come Beatrice
dei tre colori, verde, bianco e rosso (2); che il loro Venerabile (di
cui il titolo è Eccellentissimo Principe), portando una freccia in
mano e sul petto un cuore entro un triangolo (3), è una personifi­
cazione dell'AMORE; che il misterioso numero NOVE, da cui « BEA·
TRICE É pARTICOLARME NTE AMATA », Beatrice « che abbisogna chia­
mare Amore », dice Dante nella Vita Nuova, è pure affetto a questo
Venerabile, circondato da nove colonne, da nove candelabri a nove
braccia, ed a nove luci, che conta infine l'età di 81 anni, multiplo

(1) Noi citiamo il riassunto dei lavori di Aroux che è stato dato da
Sédir, Histoire des Rose _ Croix, pp. 16-20. - I titoli delle opere del-
1' Aroux sono : Dante Hérélique, Révolutionnaire et So�ialiste, e,t la �oméd_ �e
de Dante, traduite en vers se/on fa .lettre et commentee se/on l espri., sucvce
de la Clef du tangage symbolique des fidèles d'amour. . . . .
(2) È perlomeno curioso che questi stessi tre colon stano d1venu h,
precisamente, nei tempi moderni, i colori nazionali d' Italia.
(3) A questi segni rlistintivi, bisogna aggiungere « una corona a
punte di freccie in oro ,. .
- 110 --
(o più esattamente quadrato) di nove' quando Be(1 trtc·
. nell'8J'!anno del secolo,, (1). e s1 considera
I muow
c1e
Q11csto grado ài Principe di Compassione' O
Scozzc,se . 1.
• R.1to Sco zzese; ecco quel che ne dice ilTnn
t;n•�, e• 1·1 -?6 ' (:e!
Fr• .-•
_ _
out II y nel 1 a sua Expl,catwn dLs emblèmes et des
SJmiboIes
d. ouze grmi_es_ �hl·1��o h.,qu�s � dal. I g,, al 30° ) : ,. Questo graddes
�ecorzdo noL, e ti pm mestnc F o
ablle dL . tutti quelli che compon17on '
questa s,1piente categoria, cosi prende il nome di SCOZZESE /Ri �
TA:�'? (2). Tutto, di fatti, offre in questa categoria l'emblema
. de%�
Trzmta: questo fondo a tre colori (verde, bianco e rosso), in basso
tli!CS!a figura Je!la VERITÀ, dovunque infine questo indizio della
Gl{,\NDE Ol'l:IU DELLA NATURA (alle cui fasi fanno allusione i tre
coi?ti�, dcg!i �tementi constitutivi dei m�talli (solfo, mercurio e sale),
della wro JllSWne e della loro separazwne (SOLVE ET COAGULA),
in ana parola della scienza della chimica minerale (o piuttosto del­
t'alcllimia), di cui ERMETE fu il fondatore presso gli Egiziani, e
che diede tanta potenza ed estensione alla medicina (spagiri:a) (3).
Tanto è vero che le scienze costitutive della felicità e della libertà
si succedono e si classificano in quest'ordine ammirevole, il quale
prova che il creatore ha fornito agli uomini tutto ciò che può cal­
marq i loro mali e prolungare il loro passaggio sopra la terra ( 4).
f: principalmente nel numero TRE, così be.rze rappresentato dai tre
angoli del Delta, di cui i .cristiani hanno fatto il simbolo fiammeg­
giante ddla Divinità; è, dico, in questo numero TRE, che rimonta
ai tempi più lontani (5), che il sapiente osservatore scopre la sor-
(1) e;. Light on Masonry, p. 250, e il Manuel Maçonnique del Fr:·
Vuilliaume, pp. 179-182, citato da Aroux, La Comédic dc Dante.
(2) Dobbìamo confessare che non vediamo il rapporto che può esi­
stere tra la complessità di questo grado e la sua denominazione.
(3) Le parole tra parentesi sono state aggiunte da noi per rendere
il testo più comprensibile.
(4) In queste ultime parole si può scorgere un'allusione discreta
quello
all'elixir di lunga vita « deg i alchimisti ». - Il grado precedente,
racchiu de?te
del Cavaliere dd Serpente di Bron:w, era presentato come «
l'orig me
una parte del primo grado dei Misteri Egiziani, di dovL! scaturì
, della medicina e la grande Arte di comporre i medicamenti ».
li o
(5) L'autore senza dubbio vuol dire: « di cui l'impiego simbo �
abbta
rimonta ai tempi più lontani » perch:• non possiamo su, porre che
preteso assegnare un'origine cronologica allo stesso 1111111cro !re.
- 111 -
gente primitiva di tutto quel che colpisce il pensiero, arricchisce l' im­
maginazione e dà una giusta idea dell'eguaglian;:a iociale. Non ces­
siamo dunque affatto, degni Cavalieri, di restare SCOZZESI TRINI­
TARII, di mantenere e di onorare il numero TRE come l'emblema
di tatto quello che costituisce i doveri dell'uomo, e ricorda nel me­
desùno tempo la Trinità diletta del nostro Ordine, incisa sopra le
colonne dei nostri Templi: la Fede, la Spe:anza e la Carità » ; (1 ).
Quel che sopratutto bisogna ritenere r.li ques.to passaggio, è
che grado di cui si tratta, come quasi ,i!.ltti quelfi che si riattac­
il
cano alla medesima serie, presenta un significato ermetico; e quel
che conviene di notare in modo tutto particolare a questo riguardo
� la connessione dell'ermetismo cogli Ordini di Cavalleria. Non è
qui il luogo di ricercare l'origine storica degli alU gradi dello Scoz­
zesismo, nè di discutere la teoria cosl controversa della loro di­
scendenza templare ; ma, che vi sia stata filiazione reale e diretta
o solamente ricostituzione, non è meno certo che la maggior parte
di questi gradi, e cosi alcuni di quelli che si trovano negli altri
riti, appaiono come le vestigia dì organizzazioni chi hanno avuto
altra volta un'esistenza indipendente, e specialmente di quegli an­
tichi ordini di Cavalleria di cui la fondazione è legata alla storia
delle Crociate, vale a dire di un'epoca in cui si ebbero non sola­
mente dei rapporti ostfli, come credono quelli che se ne stanno
alle apparenze, ma anche degli attivi scambi intellettuali tra l'O­
riente e l'Occidente, scambii che si attuarono sopratutto per mezzo
degli Ordini in questione. Devesi ammettere che questi ordini at­
tinsero dall'Oriente i dati ermetici che assimilarono, o non si deve
piuttosto pensare che essi possedettero dalla loro origine un eso­
terismo di questo genere, e che fu la loro propria iniziazione che
li rese atti ad entrare in relazione su questo terreno con gli Orien­
tali? Anche questo è un problema. che non pretendian'lo risolvere,
ma la seconda ipotesi, benchè considerata meno spesso della prima,
non ha nulla di in verosimile per chi riconosce l'esistenza, durante

(I) Le insegne di questo grado di Principe di �ompassione s�no: un


grembiale rosso in mezzo al quale è dipin'.o o ncamato un tnangolo
bian o e verde ' 'ed un cordone coi tre colori dell'Ordine messo a tra-
�olla, al quale è sospeso per gioiello un tnango
• I O equi·1 atero (o Delta)
•n oro (Manuel Maconnique del Fr:. Vllil iaume, p. 18!).
1
- 112 - i
tutto il medio evo, di una tradizione iniziatica prop stat0 11
r di e )1 '
denta Ie ,• e queIIo ancora che porterebbe ad ammetteiamente occi- flellll :
re
gli Ordini fondati più tardi, e che non ebbero mai ciò' è eh� estl
dei· rapporti qil. e
o11'0 nente
• , furon o egua lment e provveduti di un simbo lismo essi
�-1
co, come quell� del ! son �'Oro, il cui nome stesso è erme- ciate
_ � un'allu­
s1� e quan�o mai p ss1bll� ch1ar a questo in:bolismo. Comu scervt
� � � � nque,
ali epoca d1 Dante, I ermetismo esisteva cert1ss1mamente
d� I �empio, come pure la conoscenza di certe dottrine di origin
nell'Ordine quilil,
rattril
p1u. sicuramente araba, che anche lo stesso Dante sembra e mano
non
avere ignorate, e che pure gli furono senza dubbio trasmesse per
questa via. di qu
Frattanto, torniamo alle concordanze massoniche menzionate d i Oi
dal commentatore, e di cui non abbiamo visto ancora che una parte,
justili
pcrch� vi sono parecchi gradi dello Scozzesismo per i quali Aroux denza
crede rilevare una perfetta analogia con i nove dcli che Dante si spi
percorre con Beatrice. Ecco le corrispondenze indicate per i sette cbrai1
cieli planetarii : alla Luna corrispondono i profani, a Mercurio, il alla �
Cavaliere del Sole ( 28° ), a Vçnere il Principe di Compassione di Sé
(26') verde, bianco e rosso); al Sole il Grande Architetto ( 12° ) si pc
o il Noachita ( 21 ·' ) ; a Marte il Grande Scozzese di Sant'Andrea ed al
o Patriarca delle Crociate (29° rosso con croce bianca), a Giove scala
il Cavaliere dell'Aquila bianca e nera o Kadosclz ( 30·, ) ; a Saturno cider
la Scala d'oro degli stessi Kadosch. Per dire il vero, alcune di ciasc
queste attribuzioni ci sembrano dubbie; quello che, sopratutto, non dei n
è ammissibile è di fare del primo cielo il soggiorno dei profani, bibli
quando la sede di questi ultimi non può trovarsi che nelle « te­ la te
nebre esteriori » ; ed, in fatti, non abbiamo precedentemente ve­
duto che è l'Inferno a rappresentare il mondo profano, mentre
che non si perviene ai varii cieli, compresovi quello della Luna,
che dopo aver traversato le prove inizfatiche del Purgatorio?
Sappiamo bene, ciò nonostante, che la sfera della Luna ha anche
un rapporto speciale col Limbo ; ma è questo un tutt'altro aspetto
del suo simb�'lismo che non bisogna confondere con quello sotto
il quale essa è rappresentata come il primo cielo.
. 11e
Quel che è molto meno discutibile è la identific azione dc
figure simboliche vedute da Dante : la 'croce nel ciclo di � r�6 a
l'aquila in quello di Giove la scala in quello di Saturno. Si P e
esser
sicuramente riaccostare qu�sta croce a quella che, dopo
- 113 -

stato il segno distintivo degli Ordini di . Cavalleria, serve ancora


di emblema a parecch.1 grad.1 massonici ; e, se essa è collocata
nella sfera di Marte, non è per allusione al carattere militare di
questi Ordini, lor� ragione di essere apparente, ed alla parte che
essi ebbero esteriormente nelle spedizioni guerriere delle cro­
ciate (1)? Quanto agli altri due simboli, è impossibile non ricono­
scervi quelli del Kadosch Templare: e, nel medesimo tempo l'a­
quila, che l'antichità classica già attribuiva a Giove come gli Hindu
l'attribuiscono a Vislrnu (2), fu l'emblema dell'antico Impero Ro­
mano (cosa che ci è ricordata dalla presenza di Traiano nell'occhio
di quest'aquila), ed è rimasto • quello del Santo Impero. Il cielo
di Giove. è il soegiorno dei « principi savii e giusti » : Diligite
justitiam qui judicatis terram " (Parad: xvm, 91-93), corrispon­
denza la quale, come tutte quene che Dante dà per gli altri cieli,
si spiega intieramente con delle ragioni astrologiche; ed il nome •
ebraico del pianeta Giove è Tsedek, che significa « giusto ». Quanto
alla scala di Kadosch, ne abbiamo di già parlato : Essendo la sfera
di Saturno posta immediatamente al di sopra di ·quella di Giove,
si perviene al piede di questa scala per la Giustizia ·(Tsedakah),
ed alla sua sommità per la Fede (Emounah). Questo simbolo della
scala pare sia di origine . caldea e che sia stato apportato in Oc�
cidente con i misteri di Mitra : Vi erano allora sette scalini di �ui
ciascuno era formato di diverso metallo, secondo la corrispondenza
dei metalli con i pianeti; d'altra parte, si sa che, nel simbolismo
biblico, si trova parimente la scala di Giacobbe, che, congiungendo
la terra ai cieli, presenta un significato identico (3).
« Secondo Dante, il cielo ottavo del Paradiso, il cielo stellato

(1) Si può anche osservare che il cielo di Marte è rappresentato


come il soggiorno dei « martiri della religione "; anzi si ha quì, tra·
Marte e Martiri una specie di giuoco di parole di cui si potrebbero tro­
vare altrove altri esempi : cosi la colli11a di Montmartre, a Parigi, fu
un a volta il Monte di Marte prima di diventare il .Mont des Martyrs.
(2) Il simbolismo dell'aquila nelle diverse tradizioni richiederebbe
per sè solo tutto uno studio speciale.
(3) Non è senza interesse osservare ancora che S. Pietro Damiano,
col quale Dante- si intrattiene nel cielo di Saturno, figura nella liSta
(in gran parte leggendaria) degl( /mperatores Rosae Crucis. datéf nel
Clypeum Veritatis (1618).
- 11.; -
di
(o delle stelle fisse) è il cielo dei Rosa-Croce: i Perfetti vi son
dt
ve�titi di bianco ; essi vi espongono un simbolismo analogo a quel[� 111
det CAvALIERI DI HEREDOM ( 1) ; vi professano la « dottrina evan­
. ci
gelica », qu�lla stessa di Lutero, opposta alla dottrina cattolica di
romana ». E questa l' interpretazione di Aroux, che documenta la
confusione, frequente in lui, tra i due dominii dell'esoterismo e del­ in
Si
l'exoterismo : il vero esoterismo deve essere al di là delle oppo­
sizioni che si affermano nei movimenti esteriori agitando il mondo d
Cl
profano; e, se questi movimenti sono talora suscitati o diretti in­
visibilmente da delle potenti organizzazioni iniziatiche, si può dire
che queste li dominano senza mescolarvisi, in modo da esercitare d
egualmente la loro influenza su ciascuno dei partiti contrari. È vero d
che i protestanti, e più particolarmente i Luterani, si servono abitual­ ti

mente della parola « evangelica » per designare la loro propria


dottrina, e, d'altra parte, si sa che il sigillo di Lutero portava una (
croce con quattro rose; si sa pure che l'organizzazione rosacruciana
che manifestò pubblicamente la sua esistenza nel 1604 (quella con
cui Qescartes cercò invano di mettersi in rapporto) si dichiarava
nettamente « antipapista ». Ma dobbiamo dire che questa Rosa
croce del XVII0 secolo era digià molto esteriore, e molto allontanata
dalla Rosa Croce originale, che non costituì mai una « società »
nel vero e proprio senso della parola; e, quanto a Lutero, sembra
che non sia stato che ..;na specie di agente subalterno, senza dubbio
anche assai poco cosciente della funzione che aveva da compiere;
questi diversi punti, d'altra parte, non sono mai stati completa­
mente chiariti.
Comunque sia, per far comprendere quale è il simbolismo di
cui si tratta nell'ultimo passaggio che abbiamo citato, ecco· la de­
scrizione della Gerusalemme Celeste, tale quale· è raffigurata nel
Capitolo dei Sovrani Principi Rosa Croce deil'Ordine di Heredom

(t) L'Ordine di Heredom di Kilwinning è il Grande Capitolo degli


alti gradi connesso alla Gran Loggia Reale di Edimburgo, e fondato,
secondo la tradizione, dal re Roberto Bruce (Thory, Acta Lato"! orum,
T. ler, p. 317). La parola inglese Heredom significa« eredit� » (det T�m­
plari); pure alcuni, fanno venire tale designazione dall'ebra1co Haro� 1m,
titolo dato a quelli che dirigevano gli operai impiegati nella costruzwne
del Tempio di Salomone.
- 115 -

di J(ilwimzing o Ordine Reale di Scozia, chiamati anche Cavalieri


dell'Aquila e del Pellicano: « Nel fondo (dell'ultima camera) vi è
un quadro dove si vede una montagna da cui sgorga un fiume, sulla
cui riva cresce an albero che porta dodici specie di frutti. Sulla vetta
della montagna vi è uno zoccolo composto di dodici pietre preziose
in dodici filari. Al disopra di questo zoccolo vi è un quadrato in oro,
su ogni faccia del quale sono tre angeli con i nomi di ciascuna delle
dodici tribù di Israele. fil questo quadrato vi è una croce, sul cui
centro è coricato un agnello » (1).
, « Nei canti XXIV e xxv del PARADISO, si ritrova il triplice baéio

del FRINCIPE ROSA CROCE, il pellicano, le bianche stole, le medesime


di quelle dei vegliardi dell'Apocalisse (VII, 13: 14), i bastoncini di cera
da sigillare, le tre Virtù teologali dei Capitoli massonici (Fede, Spe­
ranza e Carità); perclzè il fiore simbolico dei Rosa Croce (la Rosa
Candida dei canti xxx e XXXI) è stato adottato dalla Chiesa di Roma
come ltI figura della Madre del Salvatore (ROSA MYSTICA delle litanie),
e da quella di Tolosa (gli albigesi) come il tipo l!Jisterioso dell'as­
semblea generale dei FEDELI DI AMORE. Queste metafore erano già
impiegate dai PAULICIANI, predecessori dei Catari dei x ed XI
secolo ».
Abbiamo creduto utile di riprodurre tutti questi riavvicinamenti,
che sono interessanti, e che si potrebbero senza dubbio moltipli­
care ancora senza grande difficoltà ; ma, ciò nonostante, non biso­
gnerebbe pretendere di tirarne delle conclusioni troppo rigorose in
quel che concerne una filiazione diretta :delle varie forme iniziatiche
tra le quali si constata così una certa comunanza di simboli. In fatti,
di non soltanto il fondo delle dottrine è sempre e dovunque lo stesso,
ma ancora, il che può sembrare più stupefacente a prima vista, gli
le·
1el
stessi modi di espressione presentano spesso una somigìianza che
colpisce, e questo per delle tradizioni che sono troppo lontane nel
1/11
tempo o nello spazio perchè si possa ammettere un'influenza delle
une sopra le altre; senza dubbio bisognerebbe in simile caso, per
scoprire un effettivo avvicinamento, risalire molto più lontanò <li
quanto la storia ci consenta di fare..

(l) Manuel Maçonniq


ue del Fr. •. Vuilliaume, pp. 143 144. Cf. Apo•
calypse, XXI.
- 116 -
• D'�ltr� parte, comm entatori
p1ando li s1mbo quali il Rossetti e
s ono atten ti adhsm o dell'opera di Dante com e lo 1•Aroux, stu­
_ � un aspetto che pos hanno fatto
nore; vo g_ha dire che essi siamo ancora
qualificare
_ _
ri 11 suo lato ritua si sono fermati a quel che chiam er eme'st:'.
m
voJenhe
listico, vale a dire a
c olo ro che sono i
ncapaci di andare più delle form e che, pmo
profondo p iuttost in là, nascondono il er
o che esprim erlo. E, sen s
mente de tto, � è natu com e è stato molto giu o
sta­
ed intendere le allu rale che sia così, perchè per poter accorgers
sioni i
occorre conoscere l'o ed i riferimenti convenzionali od allegorici
ggetto dell'allusione o dell'a
ques to ca so occorre llegoria; ed in
cono
passa il misto e l'epopto scere le esperienze mistiche per le quali
della vera iniziazione. Per chi ha
esperien za del genere non una
vi ha dubbio sopra l'esistenza nel qualche
media e nell'Eneide di una la
allegoria metafisico-esoterica, cheCom­
ed espone le successive fas i per vela
cui passa la coscienza del!' iniziando
per divenire im mortale » (1 ).

Continua
RENÉ 0UÉNON.
(1) Arturo Reghini, art. cit.,
pp. 5-45-.546. -

NOTA BENE. - Chi non intende abb onar�i, respinga


• •• . . fascicolo.
ali' Amministrazione della Rivista questo
. ' bb -
Tuttavia coloro e h e hanno già aderito per l a o
. ,.
namento sono l·nvitati a mandare 1 importo.
- 117 -

TRA LIBRI E RIVISTE


AUGUSTO ROSTAGNI - Il Verbo di Pitagora. Picc. Bib.
di Scien. Mod.; Bocca, un volume di pag. 302 - L. 25.

Nel primo numero di questa Rivista abbiamo dato notizia dell'esi­


stenza di varii movimenti di carattere più o meno pitagorico in Italia
e della formazione di gruppi e società con simile carattere. Ed altri con­
simili aggruppamenti .ci vengono S\!gnalati anche nell'Italia settentrio­
nale e meridionale.
Un altro sintomo dell'interesse crescente per questi argomenti si ha
nella pubblicazione di scritti relativi alla filosofia pitagorica, e tra questi •
diamo il primo posto allo studio del Rostagni che la casa editrice Bocca
ha dato recentemente alla luce. Si tratta di un'opera originale, piena di
erudizione senza essere pesante, che si legg-� con profitto e con piacere
ON. e che vuole e riesce a rivalutare il « Verbo di Pitagora » ed a rico­
struirlo, almeno sino ad un certo punto.
La critica moderna, infatti, aveva fatto verso la tradizione pitagorica
opera essenzialmente demolitrice e negativa. Come il Rostagni dice,
• attribuendo una parte della dottrina alla elaborazione neopitagorica e
stoica, altra a Platone ed a Aristotile, altra ancora all'influsso di questo
o di quello dei Presocratici (specialmente di Eraclito, di Parmenide, di
Empedocle), essa ha ridotto l'originario pitagorismo ad una pallida larva
in cui pochi concetti fon,Jamentali sono lievemente accennati ».
L'opera di rivendicazione e di appuramento della dottrina pitago­
rica è ardua quanto mai per la mancanza assoluta di scritti che emanino
direttamente dalla scuola pitagorica e per la difficoltà di sceverar� negli
scritti posteriori gli elementi genuini pitagorici da quelli impuri od al­
terati. A queste difficoltà che si oppongono alla ricostituzione culturale
del pensiero pitagorico occorre poi aggiungere quella insita nella men­
talit� " moderna » e « profana » che vieta la piena intelligenza
dei « mi­
Sfer, � a coloro che non abbiano
la c,,pacìtà di astra, re da ogni abito
e deformazione inte
llettuale.
11 Rostagni prende le mosse da un frammento
. di Epicarmo, il co­
mico siciliano,
conservatoci da Alcimo, retore e storico siciliano, vis­
uto tra il IV ed il
; III secolo a. C. in certa sua trattazione. In questo
ram mento è
contenuta una concezione del divenire universale che sino
- ltS -
ad oggi era stata attribuita all'influenza dell'eraclitismo; ed il Rostagnl,
con mtnu • te ed acuta ana1 •1s1,• e ponendo ìn giusta eviden a
• ta, paz1en
1'in�egabile pitagoreismo di certi richiami alle proprietà dei numeri �
riporta a1h ispirazione pitagorica. Anche le osservazioni del medie�
crotoniate Alcmeone sulla vita e sul corpo umano non possono essere
secondo il nostro, indipendenti od anterie, i alla intuizione complrssiv�
dei pitagorici. Per mezzo di questi antichissimi e rari fra :· menti di E"i­
carmo, di Filolao, di /llcmeone l'A. stabilisce come punti fondament�li
della sua ricostruzione dottrinale il nesso tra il moto delle anime ed
il moto degli astri, e quello tra la metempsicosi in senso specifico, e
la metacosmesi, o trasformazione del mondo in generale.
Utilizzando poi un tar.�o documento del pitagorico Sozione, il Ro­
stagni rintraccia i primi indizii di quello che egli convenzionalmente
chiama « Sacro Discorso » di Pitagora. Secondo SoziÒne la dieta vegeta­
riana prese. itta r ella Scuola era nel pensiero di Pitagora connessa alla
dottr(na della metempsicosi; e, poi:.hè sopra sentmenti legati a quesh
credenza si b.isano anche Empedocle nel Poema Lustrale ed Ovidio nel
dh·corso di Pitagora in fine delle Metamorfosi p·.r indurre gli uomini a
non uccidere gli animali, il frammento di Sozione avvalorerebbe il ca­
rattere genuinamente ed arcaicamente pitagorico del Poema Lustrale
dell'agrig.:'ntino e del racconto ; cetico di Ovidio.
0

D'altra parte il proverbiale segreto prescritto ai componenti il So­


dalizio pitagorico doveva ben n::scondere qualche sacro deposito; e1
�econdo il Rostagni, questo tesoro erz, la forma stessa della· dottrina,
i s: ntimenti e le interpretaz'oni che la illustravano, il complesso dei riti,
delle orazioni, dei discorsi sacri: soprattutto il Verbo di Pitagora. Il
primo a raccoglierlo ed a ·esporlo fu Empedocle, che per questa ragione,
pare, \·enne espulso dal sodalizio. A::alizzato « il poema pitagor:co di
Empedocle » che avrebbe abusivament•� profittato del discorso esoterico
di Pitagora, il Rostagni asserisce che questo discorso si trova senza
altro in Ovidio, e rap, resenta quasi la chiusa, magni�ica, delle Meta­
morfosi, dove Pitagora è introdotto a svelare dalle superbe altezze
del suo profetico pensiero i egreti dell'universo, l'origine e la for­
0

mazione del mondo. Il R. fa una con�pleta rivalutazione del di­


scorso ovidiano di Pitagora, che era stato sino ad oggi considerato come
un prodotto dell'ecletismo neopitagorico, neoplatonico e stoico che si
dice 'abbia alterato la dottrina di Pitagora sovrapponendole elementi di
altre scuole e specialmente di Eraclito; e scorge in esso in sostanza il
Verbo di Pitagora.
- 119 -

***
i moc!erni! pur ,�andosi att�rno
11 Rostagni riconosce (pag. 256) che
si liberano mat nell tnterpretaz10ne
con metodo critico e storico, non
suo libro n?n mancano davv ero
dalle influenze dei tempi nostri. E nel ifesto che l'ostacolo
Ie prOve di tale asser- vimento. Anzi risulta man . . •
�n� ptt�gor•ca per part e
primo ad una più esatta comprension .' della d�ttr
_d, u�a pre suppo�
degli « intellertuali » censiste proprio nel preg1ud1z:o
rna, cosi progr edita, rispetto a quei
sta superiorità della mentalità mode
• primitivi». li Rostagni parla della « immatu rità lo_ � ica » dei pit gort 1,
delle loro « intuizioni primitive ed ingenu e; di intuizi oni in prevalenza
fantastiche, mitiche, simbolistiche, anterior i alle vere e proprie costnt­
zioni logiche». Per lui la concezione che si tr-ova in Alcmeon e, in Par­
menide, in Euripide di un'anima demoniaca immortale distinta da quella
somatica mortale con il corpo e come il corpo, alla quale ed alle cui
vicende si connette anche la facoltà pensante, è ·na 'oncezione primi­
tiva che si nobilita e si perfeziona in Platone ed in Aristotile in quanto
1

« in queste çlo:triae si tende ad identificare, come noi facciamo, « l'a­


nima immortale » con la facoltà più alta, la « ragione » (logos _o nous,
logicon meros tes psyches): cioè si è in procinto di staccare d ll'anima
somatica un'anima pensante o raziocinante senza la mediazione delle
percezioni e di assegnare a questa l' immortalità» (pag, 110).
Stabilito cosi assiomaticamente che la ragione è la facoltà 1 •iù alta,
la fabbricazione di sistemi filoi-,ofici diventa naturalmente la più bella e pro­
ficua impresa che immaginar si possa. E l'assegnare a questa od ;• quella
parte dell'anima l'immortalità viene a dipendere dallo sviluppo o dal pro­
gresso logico della filosofia, libera di creare teorie e spiegazioni di cui è s u­
perfluo verificare la rispondenza coi fatti se ne risulta soddisfatto l' ln­
telletto. Per il Rostagni e per molti altri, ad e sempio il De Ruggiero
il grande progresso e la grande benemerenza della filosofia greca st�
proprio in questa fioritura della logica. Il che non gli impedisce di am­
mettere che la grossolanità primitiva può anche avere scoperto un ptu ..
• • à che non 11• secolo del
ampio veIo d"I vent razionalismo e dell' illumi-
nismo greco (pag. 113).
!..a mentalità moderna e profana del Rostagni si manife sta netta
mente nella questione assolutamente fondamentale per il Pita ­
della e metempsicosi ». gori smo

Tutti vi sanno dire che Pitagora in segnava la metem


dietro questa parola sta di solito un concetto a psic s· . a
ssai mal definiti : 't �
�': confusione tr� mete�psicosi, palingenesi, metacosmesi, trasmi:ra�
ne, peregrinazione, remcarnazione.....
- 120 _
11 Rostagni verso la fine del suo volume identifica la metempsicos .
colla universale metacosmesi, altrove dice (pag. 153) che Pitagora,stess �
chiamò della palingenesi delle anime (palingenesia) il dogma che i posteri
più comunemente designarono col nome di metempsicosi. E questo dice
appoggiandosi ad un passo (che non riporta) di Servio (Ad. Aen. III, 68)
che invece ha per scopo di distinguere nettamente i due concetti : « Pi­
ta!f;>ra disse che vi era non la mettmpsicosi, ma la palingenesi » ; ed
appoggiandosi ad un passo del Rhode (Psyche. II, pag. 426 ediz. Laterza)
il quale dice che l'espressione metempsicosi che noi usiamo più spesso,
è proprio la meno usata dai greci. Osserviamo poi che una cosa è la
palingenesi ed un'altra la palingenesi delle anime o le palingenesi dell'a­
nima, termini questi adoperati dal Rostagni.
A parer nostro la palingenesi, ossia la rinascita pitagorica, va con­
nessa al concetto orfico pitagorico del corpo prigione ed alla possìbì­
lità dell'anima che « solo in casi eccezionali riesce (prima di essere libe­
rata colla morte) a svelarsi, nella forma di una « conoscenza superiore»
della quale pochi sono i privilegiati : che ha luogo talvolta nei sogni
profetici, nell'eccitazione estatica, nel furore bacchico�». La palingenesi
cui P!tagora avviava- i discepoli era quella dei misteri di tutti i tempi
e di tutti i luoghi, chiamata appunto rinascita nd vedanta, in ermetismo,
nel cristianesimo, la rinascita necessaria per entrare nel « Regno dei
cieli », nella « Vita nuova ».
Quesh eccezionale liberazione della coscienza dai vincoli e dalle
limitazioni deJla coscienza corporea reca con sè un dono riconosciuto
in modo specialissimo a Pitagora, che nella terminologia orfica, pita­
gorica e platonica porta il nome della famosa o.na.nuim, la memoria
mistica che permette la conoscenza. Nella concezione escatologica
orfica e nella corrispondente· allegoria cerimoniale dei misteri l'anam­
nesi si otteneva bevendo alle fresche acque di Mnemosine (la me­
moria), l'eunoè dantesco, invece che a quelle dell'oblio (lete); e ne con­
seguiva naturalmentt la conoscenza dell'aleteia (la verità). Pitagorica­
mente il discepolo cercava di assimilarsi ed idenficarsi con Dio, e si
capisce che ad assimilazione raggiunta se non prima la cos:ienza umana
acquistava un senso superiore della propria continuità e la possibilità
di ricordarsi.
Ma appunto per questo. quando Pitagora od Empedocle parlano dei
loro ricordi di altre esistenze bisogna por mente che il loro io non è
l'io umano ma l'io cosmico, e le loro affermazioni vanno con-iderate
sotto questo aspetto speciale ed essenziale.
Scorgere in questa affermazione che la leggenda attribuisce a Pita­
gora la prova che la palingenesi da lui insegnata non era altro che la
metempsicosi volgarmente intesa, e dal caso specialissimo di Pitagora
- 121 --
sentirsi ·autorjzzati ad attribuirgli una generalizzazione di tale teoria a
tutti gli uomini sulla base di un postulato democratico e perciò non pi­
tarrorico, e confondere la palingenesi iniziatica col processo cosmico
dell'universale trasfosmazione e conservazione dell'energia e del a ma­
teria, fraintendere il " Verbo di Pitag· ra » nei suoi elementi più im­
portanti.
Che storicamente si debba essere v. rificata simile confusione è per-
fettamente comprensibile, perchè il concetto della palingenesi iniziatica
non è tanto facile da afferrare anche perchè per formarsene un'idea
chiara è necessaria una qualche speciale esperienza interiore, senza. la
quale k parole che lo esprimono restano flatus vocis. Il concetto sem­
plicista della reincarnazione, tipo spiritico o teosofico, è invece un con­
cetto in cui tutti si illudono di capire qualche cosa senza spremersi il
cervello. All'insegnamento di Gesù è pure toccato di non essere affatto
compreso per la s'essa ragione; e si potrebbe addurre altri esempi. Ma
questa non è una ragione per perseverare nella confusione.
Anche !''argomento addotto dal Rostagni che il tema dell'astinenza
dalle carni (pag. 121 e 192) non è separabile dal concetto della metem­
psicosi va inteso non come è stato inteso che cioè non bisogna cibarsi
delle carni degli animali perchè essi potrebbero essere la reincarnazione
di nostri parenti od amici in precedenti esistenze, ma come semplice
pratica catartica mirante, come la pratica della castità duran c i misteri,
ad agevolare l'attuazione della palingenesi, impresa che non è da pigliare
a gabbo. Bastava pensare alla dieta di magro dei cristiani ed al vege­
tarianesimo dei teosofi, che non sono determinati dalla paura di man
giare i propri r,arenti ed amici, per riconoscere che l'astensione dalle
carni è legata non alla credenza nella metempsicosi ma alla conoscenza
pratica delle condizioni della palingenesi.
In questa nostra comprensione ed interpretazione della metempsicosi
piiagorica non andiamo d'ac :ordo, lo sappiamo, con gli spiritisti, gli oc­
cultis i, i martinisti, i teosofi ed hoc genus onme; ma andiamo p.:rò d'ac­
cordo cogli antichi ermetisti. Jean d'Espagnet per esempio (Enchiridion
Physicae restitutae. 3 ed. Rothomagi 1657, pag. 139) dice che la metem­
psicosi pita_gorica non era stata compresa; ed Olao Borricchio, citato
nel Dictionnaire mytho-hermétique di Antoine Joseph Pernety (Paris 1758)
alla voce Metempsycosis, cosi definis:;(; la metempsicosi: « Traslazione
dell'anima di un essere vivente nel corpo di un altro essere che non
e!a vivente che in potenza. Si dice che Pitagora avesse attinto il sen­
timento della Metempsicosi presso i preti in Egitto, e questo è vero;
ma i settatori della filosofia ermetica pretendono che è stato male spie­
gato questo sistema di Pitagora, e che gli si è attribuito un senso che
non aveva. I savii di Egittc appresero a Pitagora la trasmutazione me-
- 122 -
tallica, che questo filosofo trattò in seguito enigmaticamente nelle sue
opere. Quelli che non erano al fatto della grande oper a intesero tutt0
quello che egli aveva scritto secondo il senso che la lettera presentav
e non secondo lo spirito. L'idea di Pitagora non era altro che di dar:
ad intendere che lo spirito., o ciò che costituisce l'anima dei metalli
perfetti, passava colla trasmutazione nel piombo, nel ferro, e gli altri
metalli imperfetti, e li rendeva diversi da quelli che erano prima •.
Naturalmente bisognerebbe tradurre questa terminologia ermetica in
linguaggio ordinario. Ma ne lasciamo, per questa volta, il compito al
candidissimo lettore.

ARTURO R!OHINI.
- 123 -

ASSOCIAZIONI VECCHIE E NUOVE

La Baraonda Martinista.

I letto ri di Atanòr sono stati informati della costituzione di


n nuovo Supremo Consiglio dell'Ordine Martinista, presieduto
�all'Avv. Alessandro Sacchi e destinato a fare la concorrenza a
quello di cui è capo Joanny Bricaud; il cui viaggio in Italia
l'anno scorso non ha potuto impedire che la scissione si com­
piesse. Ma questo scisma non è il primo che si verifica nell'am­
biente di cui si tratta. Da alcuni anni, infatti, vi erano già in ·Francia
due organizzazioni martiniste rivali che avevano rispettivamente
per Gran Maestri i signori Bricaud e Blanchard; è inutile dire che
essi si scomunicarono a vicenda... in nome -della Fratel-lanza uni­
versale, e, durante lunghi mesi, il Voile d'lsis pubblicò con grande
.mparzialità i proclami di ambedue gli avversari.
1
Non basta: Vi è anche il signor D. P. Sémelas, greco di na­
zionalità e direttore della rivista Eon, il quale è alla testa di un'or­
ganiz,zazione martinista distinta dalle precedenti, ed a cui ha so­
vrapposto un nuovo Ordine di sua invenzione, detto Ordine del
Giglio e dell'Aquila, e collocato sotto gli auspici di una misteriosa
Dea, qualificata di • Venerabile Madre •. La persona a cui sono
stati cosi decretati gli onori di una • deificazione ,. postuma è una
giovane russa, la Signora Dupré, nata Maria Routchine, il cui ma­
rito era altra volta delegato dell'Ordine Martinista in Egitto. Pare
c�e, in quest'Ordine del Giglio � dell'Aquila, i titoli pomposi vengon
_
distribuiti con la più grande generosità; ognuno vi è come
minimo
Gran Commendatore di qualche cosa, come
già un tempo nella
• R ose Croix CathoHque ,. di Sar Peladan. Pure bisogna ricono­
scere che il signor
Sémelas non si è proclamato da sè stesso Gran
Maestro del Martinismo
, cosa cr1e avrebbe potuto fare benissimo
come gli altri;
al contrario egli intende riservare questa dignità
per • colui
che deve venire., e che viene già presentato come la
- 124 -
r eincarnazione d1' uI1 « M
• tro ,, ceI e bre per le sue rel
acs
l a Corte di Russia • aziont. con
Ma ecco ancora qualche co 'altro: e
sorto di fresco un Ordre
. N. E.), che si afferm a mo­
l(niversel de la Nouvelle Er:r es
aestamente destinato a co:rIf.
t
' uire(?a :UR epubblica Inte
versale ,, ' e di cui il p resi dente ad vztam' Mr• Loisell llettuale Uni-
e,
sotto lo pseudonino di Librabius ct· h ' forma·l� ente noto an che
che « la quc-
stionc della Gran Maestranza d;ll'�r���� Mar mis t ta non potrebb e
css•'re posta, perchè quest'Ordine è defunto' o piuttosto rinnovato
tras"forinato allargato ». Ne11a medesuna . .
circolare si vieta a chiunq ue
,
di serv1rs1. . ' .
d1 un certo numero ' . di nomi e di titoli, tra i qua 1·t ·11
nome stesso di , • papus'. « d1 cu, la proprietà è riservata ,, . 11 si nor
. . , che e farmacista, li avrebbe mai depositati
Loiselte, legalm!nte
co?1e t�arche com�erciali, come potrebbe fa:fo per le etichette
dei �uo1 pr�dotti? E vero che lo stesso Papus aveva ben avuto
la bi�zarra 1�ea di depositare in simil modo al Tribunale del Com­
. .
mercio 11 s1g1llo dell'Ordine Cabalistico della Rosa Croce!.
L'intervento del Signor Loise!le in questa storia richiede una
spiegazione ; la daremo in poche parole. Quando Papus morì im­
provvisamente nell'Ottobre del 1916, si pretese da principio che
non aveva lasciato nessuna indicazione circa il s.uo successore ' e
Téder si fece eleggere Gran Maestro « all'unanimità » da un Co-
era lo
mita to Direttivo che comprendeva tre Membri di cui uno
moriva a sua
stesso Téder. Due anni dopo il nuovo Gran Maestro or Bricaud,
e il sign
volt a in un ospedale di Clermont Ferrand, dov
ato in qualità di infer­
come per caso, si trovava allora mobilizz
e la sua successione e di
miere, il che gli permise di raccoglier
quelli di cui si fregiava di �ià:
aggiungere un nuo vo titolo a tutti
d'a ltra pa rte Pa pus ave va las ciato, pare, tra le mani d1
Ma rta
de i suo i dis ce po li un a let ter a che non doveva venire ape l�
un o qua
tra sc ors o un ce rto tem po dopo la sua morte, e nella. ne d�
ch e az w.
sore, contrariamente all'afferm si apn
egli si designava un succes Qu ando
i del Comitato Direttivo. stupore c e
Tédet e dei su oi partigian
te ra da ta ta da l Di ce mb re 1915, si constatò n co
p

tale let cu i si era ��
essere uno di qu elli �
ns

il successo're invece di en te n ov o �
r Loiselle, assolutam essi con�por-
enu

fino allora' e�·a il signo


u

h e g 1 1
• er a. . stati rim
mondo occultista; ed
i po te •
ri c
la sua sostitu-
110
m ar hm sm o e
della parola
ta vano la soppressione
' - 125 -
zione colla designazione di Ordre Universel de la Nouvelle Egypte.
Ben inteso, questo non ha impedito ai varii Gran Maestri, o se
�I dicenti tali, di continuare ad agire ognuno per conto suo senza
,. occuparsi affatto di Loiselle e dei suoi poteri.
i�
Dobbiamo ancora aggiungere che, quando era ancor vivo il
Papus, il Gran Gonsiglio Martinista di America, presieduto dal
Dr. Blitz si era già costituito in una Obbedienza indipendente, che
esiste probabilmente ancor oggi. Quando saremo arrivati a dieci...
Ma sarebbe curiosq_ sapere esattamente quanti membri contano
I,

I ,{ tutte assieme queste multiple organizzazioni!


��i
• is"('(''
R. o.
1�
La Loggia " Pitagora,, si scioglie.
ttk�
lta) Nel numero di Gennaio-Febbraio cli Atanòr demmo notizia del­
l'esistenza di una loggia « Pitagora » all'obbedienza ct; Palazzo
Giustiniani. Dobbiamo oggi partecipare che questa,. loggia non
esiste più.
Costituita da un gruppo di studiosi di argomenti ritualistici,
storici e filosofici massonici, era presieduta da un massor.e serio
e colto, il quale pure occupandosi di esoterismo non aveva nulla a
che fare con certi aggruppamenti o riti massonici minori che il
Supremo Consiglio di Palazzo Giustiniani fin dal Dicembre scorso
aveva dichiarato incompatibili col Rito Scozzese.
La Loggia Pitagora avrebbe quindi potuto compiere un non
spregevole lavoro se avesse ·trovato una qualche rispondenza da
parte dell'organizzazione di cui faceva parte. Invece ha dovuto
lottare contro l'indifferenza, il dispregio, la diffidenza, l'incompren­
sione e l'ostilità di un ambiente ingrato e riluttante, ed ha finito
col doversi sciogliere.
Riproduciamo la tavola con la quale il suo , Ven;. ne dà co-
municazione agli altri Venerabili.

16 Febbraio 1924.
Car. Fr. Venerabile,
Nella seduta di lunedi 11 febbraio 1924, la R. L. Pitagora
ha deciso il suo scioglimento con l'approvazione all'unanimità meno
llno del "eguente ordine del giorno:
- 126 -

« f Jf. della R. L. Pitagora all'Or. •. di Roma rluniti ln seduta


di famiglia, dopo aver preso atto delle dimissioni motivate del Fr.
Venerabile, constatato che il sincero per quanto modesto tentativo
di ricondurre la Mass. alla sua vera ragione di essere, per cui si
costituì e lavorò per più di un anno corz grande sincerità d'intenti,
è restato completamente sterile in mezzo al resto dellù compagine
massonica, che, nella realtà concreta, non concepisce la Mass. che
come un agone di angusta passionalità politica, la quale ha tolto
e toglie ogni visione serena e giusta delle verità e reùliù viventi t
cil> anche in contrasto con le formali dichiarazioni dei Capi della
Gerarchia, delibera di sciogliersi».
Con Jr. saluti.
Il Venerabile (segue la firma).

***

Quali siano i capi della gerarchia cui la tavola si riferisce non


sappiamo. Se dovessimo giudicare dalle considerazioni svolte nel
numero di Dicembre 1923 di « Lux •, organo del Supremo Consiglio
dei 33.·, di Palazzo Giustiniani, non potremmo certamente farci
un'idea lusinghiera della capacità e competenza iniziatica dei capi
di cotesta gerarchia. In un'articoletto dal titolo « Riti Spuri »; ed
a commento del bando che il detto Supremo Consiglio ha diretto
contro il rito di Memphis e contro il Martinismo, è scritto: « Siamo
oggi forse di fronte ad una rinascita di questi conati a fondo mi­
stico, caratteristici delle età di decadenza spirituale e morale? E
allora diciamo e/taro che chi tenta simili imprese compie opera an­
tistorica ed antimassonica. La massoneria è pensiero ed azione che
si conformano ai tempi e li precedono e preparano, è sana e po­
sitiva educazione di spiriti moderni, e non ha nulla a vedere con
l'occultismo, lo spiritismo, la teosofia».
Ora noi non abbiamo n(;!ssuna intenzione di prendere la difesa
degli occultisti, degli spiritisti e dei teosofi; e riconosciamo che
Palazzo Giustiniani in casa sua può fare quel che gli pare. Non
solo, ma comprendiamo perfettamente che la mala esperienza di
certi se-dicenti interpreti dell'iniziazione massonica possa, parzial­
mente, anche giustificare l'attitudine sopra manifesta. Si capisce che
- 127 -
teosofia , del Martinismo, del Rito misto; i Sacchi,
. c ampioni della
� frosini e simile fior di sapienti, possano provocare una diffidenza
�d ostilità per partito preso contro l'esoterismo in genere.... e contro
la Loggia Pitagora in particolare.
Ma pensiero ed azione. che si conformavano ai tempi e li pre­
cedevano e li preparavano erano pure nel conato a fondo mistico
di Giuseppe Mazzini. E se la Massoneria non ha. nulla a che ve•
dere con l'occultismo, lo spiritismo e la teosofia, ha per altro in­
dubbiamente molto da vedere e molto in comune coll'ermetismo,
coi rosacroce, coll'alchimia, col pttagoreismo e coi misteri inizia­
tici antichi. Da Alberto Pike a Goblet d'Alviella sono molti gli
insigni massoni al vertice della Piramide che sono. coscienti· di
questo, ossia, come dice la tavola della Loggia Pitagora, della
vera ragione di essere della Massoneria.
Ma a Palazzo Giustiniani al vertice della Piramide si trovano
coloro pei quali la massoneria è sana e serena educazione di spi­
riti moderni, coloro pei quali nella officina ognuno deve portare
• il con tributo delle proprie idee e dei proprii studli, si che . dalla
serena discussione scaturisca il vero •.
Povero vero! Si può essere più profani di cosl?
Ma per i capi della gerarchia in q1..testione l'iniziazione sta
tutta qui. Essi pervennero, coll'aiuto del Grande Architetto, a
questa sana e positiva educazione di spiriti moderni oltre mezzo
secolo fa. E da cinquanta anni, in nome del progresso e de&li
spiriti moderni, non han più fatto... il menomo progresso.

MAXIMUS.
- 128 -

LIBRi RICEVUTI.
Y. RAMACHARAKA • Cristia11esimo mistico - Bocca ed. Picc. Bill!
Se. Mod. L. lb. • ct·1
O. SCHEMBARI - la Scienza Orieuit1le - Bocca cd - Pice. Bibl S··i ·r
Mod. L. 25. • ''- 1: ,ze
ZANN(?Nl GIUSEPPE - Il Timeo di Platone, tradotto, con note esege­
tiche. - Faenza 1923 - L. 15.
CRISTINA - (Medium scrivente) Fenomeni medianici - Firenze - Le
Monnler, 1923.
V. SALVO ,BASSO - Reliquiae seu de iis quae supersunt. Scordia 1924.
E, SCHURE - Merlin l'Enchcmteur - Perrin iv24.

S01VlMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


Rosacrocismo Essoterico - GIULIO CAPURRO . . pag. 97
L'Esoterismo di Dante - RENÉ GUÉNON . . . « 103
Tra libri e Riviste :
Il Verbo di Pitagora - ARTURO REGHINI » 117
Associazioni Vecchie e Nuove:
a) La baraonda Martinista - R. G. . . . . « 123
b) La Loggia ,. Pitagora» si scioglie • A. R. . « 125
Libri ricevuti . . . . . . . . . . . . . . . « 128

SOM.MARIO dei N. 1-2-� (Gennaio-Febbraio-Mat·zo 1924)


Ai lettori - LA DIREZIONE . . . . . . . . pag. 1
li Necessario Ritorno - MANLIO MAGNANI ,. 4
L'Atanòr - A. R. . . . . . . . . . . » 9
L'Insegnamento Iniziatico - RENÉ GUÉNON . . . . . . » 12
Tra gli Adepti del Celeste Impero - C. TAVOLACCI. . . » 19
l'Impronta Pitagorica nella Massoneria - AR�URò REOHINiI » 31
Tra libri e Riviste :
a) F. B- CICALA - Introduzione alla teoria dell'Essere -
I. EVOLA . . .- . . . . . . . . . . . . . . » 47
n) Il Sepher Jetzirah - FERNANDO PROCACCIA . . . . » 49
c) Chiaroveggenza e ScuroTeggenza - A. R. • . . . . . » 53
d) E. LEVI - La chiave dei grandi misteri . . . . » 54
Associazioni Vecchie e Nuove - MAXIMUS . • . • • • • • » 55
Vexatio Stultorum ovvero sia la Sinagoga degli Ignoranti -
lL VICARIO DI SATANA . . . . . . . • -.. » 61
Gnosi e libertà - GIULIO CAPURRO . . . • • • • • ' « 65
Imperialismo Pagano - ARTURO REGHINI . • • • » 69
Tra libri e Riviste : » 86
Chiaroveggenza e Scuroveggenza - A. l•:. . . . • , : • •
Associazioni Vecchie e Nuove - Martinismo l? P1tagore1smo - » 88
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RIVISTA MENSILE DI STUDI INIZIATIC!


Direttore Responsabile : ARTURO REGHINI

Direzione ed Amministrar.ione
• .pr�sso la C<1.sa Editrice « ATANÒR �, Succurnale di Roma
al N. Hl ùel Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)

REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA - J, .EVOLA - A. RUSSO FRATTASÌ - RENÉ GUÉNON -
iunier; GIULIANO KREMMERZ - MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MARIO
MORANDI - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGl!INI - GALLIANO TAVOLACCI.
, li-
-8 pir­
, 14-
anmi;
ROSACROCISMO ESSOTERICO
(Vedi numero preceden!e)

Il. Il Rosacrocismo del Orande Oriente di Francia ;


quello di Alberto Pike e quello della Giurisdizione
Nord S. U. A. e del Canadà.

Il signor Amiable, nel discorso tenuto alla Conferenza dei


Cavalieri R. C. di Bruxelles (1888) cosi diceva:
« La convinzione dei membri del Grande Oriente di Francia è
fatta e già da qualche tempo il Grande Oriente si applica a far
disparire tutte le false interpretazioni ed a rendere al Grado Ro­
sacroce il suo carattere reale, cioè eminentemente naturalista. . .
. .
. . . . . . . . . . .
Per ogni massone cha rifletta è possibile dare alle iniziali INRI
~ 130 -
un senso che non sia naturalista? È.
egli possibile accettare .
prefazione Cristiana O Cattolica? l'mter-
�o stesso Amiable, parlando dell'epoca in cui il grado
questione entrò nel Grande Oriente di Francia dice in
va:
. « �/ fine di stabilire in modo durevole la nuova organizzazione
dtrettrice della Massoneria francese... fu deciso che il
Grand
adott�rebbe �a fo,:ma rappresentativa, vale a dire sareb 'Oriente
be compo­
sto di membrz elettz dalle loggie ,· d'altra parte al fine di
permet
a tutti di compiere la loro funzione elettiva fu accordata a ciastere
cu
ufficiale o dignitario eletto una indennità annuale... Al fine di n
me­
glio studiare l'organizzazio'ne degli alti gradi, il loro simbolismo e
la loro ragion d'essere, gli ufficiali del Grand'Oriente di Francia
li richiesero,· es.si potevano, in tal modo, frequentare i capitoli,
dove si praticava lo scozzesismo e ivi perseguire lo scopo che si
erano prefisso.
Uno dei prinzi Grandi ,Maestri del Grand'Oriente di _Francia
fu il barone Tschoudy, uomo molto intelligente ma di idee aristo­
cratiche, che volle introdurre nella massoneria, in opposizione colla
corrente che la conduceva verso l'eguaglianza, le idee che egli pro­
fessava nel mondo profano ».
Fin qui il Sig. Amiable. Aggiungiamo che dalla lettura del
celebre libro del barone Tschoudy « L'étoile fjamboyante » si ap­
prende che egli era appunto di idee aristocratiche ed era catto­
lico osservante.
Tschoudy e gli altri come lui non potevano pensare un Ro.
sacrocismo esoterico; probabilmente non pensavano che a . con­
trollare gradi per opporsi alla marea borghese che incalzava
Non fu se non nel secolo XIX, ed anche innanzi (la nostra
modesta opinione desunta da qualche studio storico al rigu�rdo
o
farebbe risalire ad Alberto Pike la paternità del neo-ros. a�rocism
ti Grado
naturalmente esoterico) che nel Grand'oriente di Francia
acquistò un significato naturalista. �mns. .
delle opin ioni prev alent i pres� o la
Diremo in appresso � m pa �
il S. C. del Can adà, ma frattanto starn o
dizione Nord e lo poniam o.
.
zien ti di rapp rese ntar e il quad ro del prob lema � ome
a) Interpretazione esoteri�a di Alb�rt? P1ke.G. . di Francia.
b) Interpretazione essoterica naturahsttca del G1u ? ns . d• Nord·
one ess ote rica cristian a del la
e) Int erp ret azi
- 131 -
Per procedere nella selva selvaggia del grado Rosa-croce con­
viene, pur astenendoci dalla grave disputa intorno alle origini ed
alla legittimità dello Scozzesismo, accennare a qualéhe rituale tipo.
Il rituale adottato dal Supremo Consiglio che ha sede in Roma,
nel palazzo già Giu,stiniani, Supremo Consiglio attualmente indi­
pendente, è steso sulla traccia del Cassard, con mutilazioni fre­
quenti.
Scriveva a proposito del Cassard, Giorgio F. Moore, Sovrano
G. Commendatore della Giurisdizione Sud S. U. A. negli atti della
Conferenza dei S.S. C.C. tenutasi a Washington nel 1912:
« Ho ricordato il fatto che, una cinquantina d'anni sono, un
massone distinto redigeva per il rito Scozzese una costituzione che
suscitò molte discussioni e molti dissapori dolorosi, benr.hè il suo
autore, Andrea eassard, non avesse voluto farne che uno schizzo, de­
stinqto a guidare i S.S. e.e. nello stabilire i loro statuti. La con­
ferenza dei S.S. ç.e. tenuta a Losanna (Svizzera) nel 1875 pub­
blicò una edizione delle Grandi Castituzioni, che non fu accolta
all'unanimità dai S.S. e.e. del mondo.
Vediamo dunque un rituale di tjpo diverso da quello Cassard,
tido adottato dn una parte dei Supremi Consigli Federati.
Descritta la camera verde (di preparazione) il primo tempio
(nero) il secondo tempio (rosso) tratta dell'esame dei recipien­
darii fatto in camera verde, il viaggio, nel tempio nero, alle
colonne della fede, della speranza e della carità, da parte dei Ca­
valieri d'oriente e d'occidente, che ebbero nella camera verde i
gradi scozzesi dal IX al XVII, per comun'icazione. Questi recipien­
darii stanno ad attendere, mentre nel tempio rosso si aprono i la­
vori capitolari; essi entreranno poscia col capo velato.
Introdotti i recipiendarii, il Grande Esperto, narra dello smar­
rimento della parola e della scoperta di una cassetta chiusa che
consegna al Saggissimo presfdentc. Questi la apre e ne trae una
pergamena con la parola « INRI », si tolgono i veli dei recipiendarii
'e si applaude. Seguono: la ricezione, il giuramento, la investitura
!allocuzione, la cena mistica, in cui il Saggissimo rompe il pane,
ne mangia e beve, facendo mangiare e bere gli altri similmente.
Alberto Pike commenta nel suo « Morals and Dogma » questo
rituale.
Circa la camera verde dice che la luce che vi splende è messa
- 132 -
in opposizione alle tenebre e che tate luce è il Bene Supremo,
cioè Dio, e che il grado insegna tre cose:
I. Unità, immutabilità e bontà di Dio;
2. Immortalità dell'anima;
3. Disfatta finale del ma.le, dell'ingiustizia, del dolore, a
mezzo del Redentore.
Circa il tempio nero dice che, ognuno, secondo la sua cre­
denza, può scorgervi l'angoscia dell'uomo per la vittima del male
o· il lutto dei maestri per la morte di Hiram, o il dolore degli ebrei
per la caduta di Gerusalemme o la desolazione dei Templari per
la morte di Molay e la rovina dell'Ordine o l'angoscia dei Cri­
stiani per la morte del Redentore.
Quanto al tempio rosso dice che rappresenta l'universo rischia­
rato dalla luce, liberato dal male, libero ciascuno di trovarvi i mo­
tivi della propria credenza personale.
F. E. Stoecklin, alto massone svizzero, dice invece nelle sue
istruzioni sul grado rosacroce, che il titolo di Rosacroce non ha
che un senso storico, ma che il vero titolo espressivo del grado
è quello di Perfetto Massone ; che la croce simbolizza il senti­
mento del dovere, lo spirito di sacrifizio ; che essa è veramente
la croce di Gesù e. che la parola « INRI » deve leggersi :]esus Na­
zarenrs, Rex Judaeorum, mentre l'altra interpretazione ( « lgne na­
tura renovatur integra ,. ) è un vecchio aforisma senza valore (S.
C. 33c degré du Rite écossais anc, ace. pour la Suisse - Compte­
rendu 1910, Lausanne 1911, pag. 151).
Il Bord, nella sua storia già citata narra di aver avuto sot­
tocchi u11 rituale facente parte di una raccolta in uso nelle loggie
di rito scozzese filosofico ed appartenente alla loggia del « Con­
tratto Sociale « all'Oriente di Parigi. Ha la data del 21 febbraio
1784 ed è firmato, fra gli altri, da La Rochefoucauld - Bayer, che
se ne dice autore.
I membri del Capitolò sono tutti Cavalieri Principi ; il capo è
il Sovrano Gran Maestro assistito da un Grande Priore e da un
Grande Sorvegliante, nonchè da Ufficiali. II fine del Capitolo era
di attendere l'arrivo del sole nelle 12 case o figure dello Zodiaco
e di trarre dai 4 elementi e dai 3 regni della natura il famoso Al·
kaest degli alchimisti.
Il locale è addobbato come un tempio massonico con nume•
- 133 -
rose figurazioni alchimistiche, eliosistiche muratorie. Non mancano
la stella fiammeggiante, l'altare triangolare, la Bibbia e la bilancia
cabbalistica.
1 Princip� sono vestiti di nero ; portano una piun1à bianca sul
cappello, spada e nastro fiammeggiante, nonchè il grembiale di
Maestro Muratore.
11 rituale ha una prefazione ricordante Raimondo Lullo, l'oro
filosofico con cui furono coniate in Inghilterra certe monete con
una croce e una rosa impressevi. Dice che lo scopo del grado è
la scienza sublime della conoscenza della natura. La parola sacra
é Messias (tesoro dei filosofi), quella di passo è Och (semente). 11
neofita è proclamato « Cavaliere dell'Aquila nera di Rosa-croce
di Germania ", ciò che ricorda il rito dell'Aurea Rosa-croce! istituito
nel 1710 da Samuele Richter.
Per completare i cenni ritualistici, ricorderemo che Dev a'lx
d' Hugueville, fondatore nel 1780 e venerabile della loggia . « Amé­
nité » di Parigi, nelle sue Istruzioni Generali pubblicate nel 1779,
definisce il grado di Rosa-croce, come lo studio dei misteri della
morte e della resurrezione del Salvatore e spiega che « Cavaliere
dell'Aquila » è titolo proveniente dal gioiello del grado (un'aquila)
e il titolo di « Cavaliere del Pellicano " ricorda il Figlio di Dio
che versò il suo sangue per noi. Dice ancora che « Massone di
Heredom " è titolo ricordante la Montagna della Scozia dove fu
tenuto il primo capitolo di questo grado ecc.....
Il Conte Gobiet d'Alviella, il Venerando Massone Belga, So­
vrano G:. Commendatore di quel S:. Consiglio (alla cui cortesia
debbo alcuni degli importanti elementi di studio sulla vexata quae­
stio) dice, in una sua memoria favoritami insieme con importanti
lettere sue sulla materia, che il culto Cristiano ha due elementi;
quelli degli insegnamenti di Gesù e quello che ripete cerimonie
dei Giudei, dei Siriaci, degli Egiziani e dei Greco-Romani. Ricorda
che i µrimi Cristiani passavano agli occhi dei Romani come ado-
ratori del sole. •
Il Goblet non prende partito circa la derivazione della liturgia
del grado rosa .:.. croce e si limita a constatare la presenza a suo
�odo_ di vedere, nel rituale dei due elementi già detti : �assione
di Cristo e rinnovazione del fuoco in una
sintesi che si riallaceia
al sincretismo pagano-cristiano.
- 134 -
Questo motivo può trovarsi accennato in moltissime opere;
panni però interessante dcordare quanto diceva il Willermoz, in
una lettera scritta al Duca rerdinartdo di Brunswich parlando del­
l'Ordine di Réau-croix (Croce Reale) istituito da Martinez de Pa­
squally, ordine che nulla ha di comune col Rosacrocismo.
I Fratres rosae et aureae crucis Christiani, secondo il Willermoz,
rimonterebbero ad Ormus, prete di Serapide, che nel 46 dell'era
fu battezzato da s: Mar_co ed adattò !e dottrine segrete degli Egi­
ziani a quelle dei Cristiani. Presa nel 1188 Gerusalemme, tre adepti
di questo sincretismo Eg::do-Cristiano sarebbero andati in Scozia
perpetuando l'ordine attraverso la Libera Muratoria ecc...

* *

Ed ora non mi resta che parlare del fatto che ha dato luogo
alla constatazione formante oggetto di questo articolo : il Rosacro­
cismo essoterico.
Esistono dei gruppi anglosassoni di Rosa--croce i quali, oltre
a! ripudiare l' interpretazione naturalistica del grado (prototipo
quella del G. O. di Francia) non condividono l'opinione cli Alberto
Pìke, scartano naturalmente le interpretazioni siocretistiche ed af­
fermano l'essenza e la forma puramente cristiane del grado.
Al qual proposito debbo fare un'osservazione preliminare ed
è questa : la Confeàerazione dei S.S. C.C. sente che questo punto
di interpretazione rappresenta una impasse per il proposito suo
unitario ed ha abbandonato definitivamente nella Conferenza di
Losanna (1922) ultima (non quella del 1875 dou1inata dal Cassard
e ritenuta ormai irregoiare) il ter;.tativo fatto nelle. Conferenze di
Bruxelles (1907) e \Vashington (191"2) di !tnificazione rituale e fi.
losofica del rito.
Desumo i dati dal volume « Compte rendu de la Conférence
internationale de Cbevaliers Rosc-croix tenue à Bruxelles les 28
et 29 mars 1888 » pubblicato dal Segretariato del S. C. del Belgio
e favoritomi dal Conte Goblet d'Alviella.
La Conferenza, dice la circolare di convocazione del 10 gen­
naio 1888; aveva per scopo ·di raccogliere dei materialì storici sopra
l'istituzione, Vi assisterono alti Massoni Ola.ndesi, Francesi, Belgi,
Americani degli S. U. Aderirono con lettere la G. L. « Zur Ein-
- 135 -
il S. C. di Francia, il G. O. Lusitano,
ht • il s. C. d'Irlanda,
! � c.' del Brasile, il S. C. d'Inghilterra, il Gran Commendatore
ra

1,b�r to Pike. Conviene riassumere la lettera dell'emintnte Massone,


che fu assai abbottona
to_. . . .
C irca l'origine degh alti gradi e particolarmente d1 quello
Rosa-croce (art. 1 ° del progrnmma) dice di aver poco da dire e
che quel poco è noto o può essere· facilmente conosciuto.
Circa lo scopo degli alti gradi, il carattere del R. C., la pos­
sibilità di entrata degli ebrei, maomettani ecc..., la apoliticità del
rito, si rimette al rituale.
Consiglia di discutere le questioni 2a e 4a cioè quelle riguardanti
lo scopo dei gradi alti e il carattere di R. C.
Il Gran Commendatore Giovanni W. Ellis del S. C. del Canadà
mandò un memorandum da cui stralcio le frasi più importanti :
« La questione di un rituale uniforme per i R. C. può essere
ogo
« esaminata sotto un duplice punto di vista :
cr�
« È necessario ? È possibile ?
« L'uniformilà del rituale non sembra assolutamente necessaria
ollre
. I rituali dei tre gruppi dell'America del Nord
1lipo
« • '. • . . •
rto « (Giurisdizione Sud e Nord S. U. A. e Canadà) differiscono ma­
aJ. « terialmente ed anche, su alcuni punti, nell'essenza.
« Tuttavia coloro che sono rivestiti del 18° grado professano
ed « una forte unione di sentimenti umanitarii. . . . . . . . Al
« Canadà e nel Nord degli Stati Uniti, il grado è essenzialmente
« cristiano e può essere descritto come sviluppatore di un punto

« importante de.Ila fede cristiana. Nel Sud il carattere predomi­

« nante del grado è puramente filosofico in quanto che non vi si

« insegna la formula cristiana, come tale . . . . . . . . .


« Attualmente sarebbe impossibile avere su questo continente
« un rituale uniforme. Lo sforzo per introdurre nella Giurisdizione

e del Nord degli Stati Uniti un rituale uguale a quello della Giu-
• risdizione del Sud sarebbe causa di grandi scompigli e la sua
• riuscita condurrebbe al ritiro degli spiriti- più sensibili fra gli ade-
• renti al cn•st·1anes1mo • . . . . . . . . . • • • • • • •
• Il Supremo Consiglio per la Giurisdizione del Nord, com­
prendente una cinquantina di uomini colti, competenti e compie­
e tamente consci dei
e

sentimenti che prevalgono fra i loro aderenti,


- 136 -
« ha più volte rifiutato di modificare il caratteré-.cristiano del grado,
« prevedendo il confusionismo che ne seguirebbe . . . . . .
« Nel Canadà, noi abbiamò adottato il rituale scozzese per
" tutti i gradi, ad eccezione di quello di Rosa-croce, nel quale
« noi seguiamo il rituale inglese, che è cristiano.
• • • • • • • . • • • • • • • • • • • • o • • • •

« Un'altra òsservazione da farsi è. che, grazie alla ricchezza,

« al gusto artistico ed ali' immenso zelo degli adepti della Giuri­


« sdizione Nord, il rituale dei Rosa-croce è eseguito come una
« rappresentazione drammatica con una perfezione ed una varietà

« di dcttagii, un complesso di mise en scéne, di musica e cli quadri


"' che eserdtà una vera attrattiva dei sensi». Aderirono moltissimi
altri corpi che è superfluo ricordare, senza manifestare opinioni
degne di nota.
Tralascio le discussioni avvenute per enunciarne le conclusioni.
II Goblct cl' Alviella aveva proposto questo ordine del giorno :
« Gli clementi che Ia liturgia dei RR CC. ha tratto dalle re-
« ligioni positive hanno un carattere esclusivamente- simbolico e
« q11indi non possono essere un ostacolo alla ammissione di neofiti
« estranei a tali culti ",·che fu .ipprovato all'unanimità.

Il Tcmpels propose uno scambio di rituali per giungere all'u


nificazionc loro e la proposta ottenne 13 voti in favore e 9 con.
trari. Sappiamo che il proposito non ebbe effetto.

* **

III. Conclusioni sul Rosacroci�mo e::;sot�rico.

Avrà prodotto un'impressione certamente gravissima la le.tura


di quanto sopra ho riportato.
Tuttavia ritengo che non vi sia ·luogo a meraviglia: in rap
porto all'csoterfsmo tanto vale il ;-iaturalismo del Grnnde Oriente d.
Francia quanto il cristianesimo del Supremo Consiglio del Cana<là.
Non si può dire che questi siano fuori di strada ma bensì che
tali ·corpi sono fermi in un punto della strada.
Già nel libro del Barone Tschoudy, Gran Maestro del G. O.
di Fran.cia, « L'étoilc flr1.mboyantc ,,, si leggeva una !cttera del 23
- 137 -
di un illustre ma �sone in cui si diceva_: « �acci�,
novembre 1764 Rosacroce,
. , cas• o del
• ptU
non d1 que11 o c. a1 1 1 a lampada mcsttnglll-

• bil e, ma di quello propriamente detto o massone tii 1-leredom ;


• quan tunque non si �ratti che_ di una N\assontri� rif?rniat�, ? del
• cattolicismo messo m guardia, non lo credo d1 calibro s1m1le a
, quello degli altri "·
Ma conviene sbarazzarci senz'altro della obiezione degli sto­
rici che può essere fornrnlata così : La vera essenza del rosa­
sti,
crocismo non potersi ricercare se non attraverso alic fasi storiche
dell'istituto, deduttivamente quindi, non induttivamente.
Le 1asi storiche del rosacrocismo furono con sufficiente pre­
cisione delineate nelle pagine precedenti e gli elementi in nostro
possesso ci dicono che l'idea rosacroce fu:
Usioni. a) Nel 1612-17 quella di una fratellanza di scienziati 11mani­
orno: tari, vincolati da una regola e possessori di un segreto.
e re, b) Nel 1620-37 quella di un Ordine d! filosofi e studiosi
liru e ispirati daHa concezione del periodo precedente.
e) Nel 1637-52 quella di Capitoli di carattere od ordinamento
eoli!i
massonico composti di scienziati, filosofi, teosofi, alchimisti ecc ...
tendenti teoricamente aUa costruzione di una società perfetta n
almeno ad una educazione perfetta della mente e del cuore, pra­
ticamente, in alcuni, a sostenere la causa degli Stuardi.
d) Nel 1710-1798 in Germania quella di Capitoli Massonici
di alta speculazione filosofica ed· alchimistica.
e) Nel 1751-1803 in Olanda quella di Capitoli Massonici di
scarso contenuto.
I) Nel 1750-86 in Francia quella di Capitoli Massonici di
dubbio contenuto e spesso con apparenze cattoliche.
g) Nel 1786-1804 in Francia quella dì Capitoli Massonici di
allegata origine scozzese e di contenuto scarso cd indefinibile.
h) Nel 1804-1870 in Francia quella di Capitolo Massonico
del Rito Scozzese antico ed accettato di contenuto scarso ed in
definibile.
. i) Nel 1870 ad oggi in Francia quella di Capitolo Masso-
nico ut supra, di contenuto naturalistico.
I) Nel 1804-1857 nell'America del Nord quella di Capitolo
Masson_ico del Rito Scozzese predetto.
Qui conviene ch'io mi fermi un po'; perchè, malgrado il di-
- 138 -
chiarato mio fermo proposito di non entrare nella scottante que­
stione storica del Rito Scozzese, debbo pure preoccuparmi della
intelligibilità di queste ·mie sintesi storiche. Mi basterà citare queste
parole di Alberto Pike
« lo ho accettato le Costituzioni latine (del Rito Scozzese)
" perchè mi sono vergognato di quelle francesi che non erano
« evidentemente una copia completa di alcun originale, nè degne
« di essere approvate ..... e non vi era la minima evidenza circa
« la loro origine » (Proceedings Sud Jurisdiction 1870 appendix,
pag. 153).
« lo vidi la prima volta la versione latina delle Costituzioni a
« N. Orleans nel 1857, in una delle copie pubblicate a Parigi nel
« 1834 dal Supremo Consiglio di Francia e. suoi alleati. Il nostro
e Supremo Consiglio (di Charleston) non ebbe mai prima di.allora
« una copia di ciò e · nessun altro dei suoi membri vide una copia
« di ciò; essa mi fu imprestata da Claudio Samory ». (Officiai Bul­
letin Sud Jurisdiction, Voi. VII, N° 1, pag. 21)
Quale poteva essere il fondamento sicuro di una dottrina dal
1804 al 1857 se il pitt autorevole dei suoi divulgatori, Alberto Pike,
non conosceva nel 1857 il testo fondamentale del rito di cui quella
dottrina era si gran parte? Difatti scriveva il Pike nel 1878:
* La verità è che il rito non era nulla, i rituali pressochè nulla;
per la maggior parte un cumulo di scartafacci senza valore fino·
al 1855 (Proceedings Sud Jurisdiction 1878, pag. 20)
Nel Reprint Sud jurisdiction 1857 to 1866, pag. 262 si legge
questo consiglio del Pike :
« Ed anche vi raccomando di adottare nuovi testì nel 18° (Grado
« Rosacroce) 30t• e 32° grado, di farli conoscere a tutti gli Orienti
« e Supremi Consigli in amicizia con noi, cosicchè nessuno che non
« sia dei nostri possa, dopo ciò, essere autorizzato a visitare of­
« ficine superiori in quat,rnque parte del Mondo "·
Finalmente, e può bastare per gli scrupoli degli storicisti, il
Pike scriveva nel 1865: « Durante gli ultimi due �nni della guerra
« ho consacrato quasi tutto il mio tempo al Rito antico ed accet­
c tato. Ho compilato i rituali di tutti i gradi, cosicchè dal 1 ° al
« '.}2° incluso essi sono stampati o pronti per la stampa •· (Reprint
S. J. 1857-66, pag. 258)
m) Nel 1866-1907, cioè dall'epoca del Pike alla Conferenza
- 139 -

di Bruxelles il rituale rosacroce fu, come abbiamo provato, domi­


n:ito dai tre sistemi già detti : naturalistico, cristiano, esoterico.
L'obiezione degli storicisti non regge, perchè la storia del ro­
s:icrocismo, come abbiamo veduto, non dice nulla di preciso al
riguardo.
Il rosacrocismo devesi quindi interpretare, prescindendo dalle
indagini storiche.
Il rosacrocismo è pertanto un fatto di pretta natura iniziatica
e l'essoterismo nel suo seno è fenoméno che meritava di esser<."
segnalato a tutti gli studiosi di scienze occulte, come quello che
non è conosciuto che da pochissimi nei paesi latini e si inserisce
nel più vasto fenomeno del conformismo evangelico della Masso­
neria di lingua inglese, conformismo che tante ripercussioni ha
avuto, continua ad avere ed avrà, nella vita massonica delle Na­
zioni c:attoliche, ostacolo, diciamolo con franchezza rude ma ormai
per molti lustri di esperienza infrangibile, alla realizzazione di un
sogno che non fu mai realtà, la unione dei liberi muratori sparsi,
è la frase d'uso, su tutta la superficie della terra.

GIULIO CAPURRO

NOTA BENE. - Chi non intende abbonarsi, respinga


ali'Amministrazione della Rivista questo fascicolo.
Tuttavia coloro che hanno già aderito per l'abbo­
namento sono invitati a mandare l' importo.
L'ESOTERISMO DI DANTE
(vedi N° precedente)

Il medesimo rimprovero di insufficienza può essere diretto


anche ad Eliphas Lévi, che, pure affermando un rapporto con i
misteri antichi, ha visto sopratutto uu'applicazione politica, o po­
litico-religiosa, che ai nostri occhi non ha che una importanza se­
condaria, e che ha sempre il torto di supporre che le organizza­
zioni propriamente iniziatiche sono direttamente impegnate nelle
lotte esteriori. Ecco, difatti, quel che dice questo autore nella sua
« Storia della Magia » : Si sono moltiplicati i commenti e gli studii
sull'opera di Dante, e nessuno, che noi sappiamo, ne ha segnalato
il vero carattere. L'opera del grande Ghibellino è una dichiarazione
di guerra al Papato per mezzo della rivelazione ardita dei misteri.
l'epopea di Dante è gioannita (t) e gnostica; è un'applicazione
ardita delle figure e dei numeri della Kabbala ai dogmi cristiani,
ed una negazione segreta di tutto quello che vi è di assoluto in
questi dogmi. Il suo viaggio attraverso ai mondi sovrannaturali si
compie come l'iniziazione ai misteri di Eleusi e di Tebe. È Virgilio
che lo conduce e lo protegge nelle cerchie del nuovo Tartaro, come
se Virgilio, il tenero e melanconico profeta dei destini del figlio di
Poi/ione, fosse stato agli occhi del poeta fiorentino il padre ille­
gittimo, ma vero, dell'epopea cristiana. Grazie al genio pagano di
Virgilio, Dante sfugge all'abisso sulla cui porta aveva letto una
sentenza di disperazione; egli vi sfugge, METTENDO LA SUA TESTA
AL POSTO DEI SUOI PIEDI ED I PIEDI AL POSTO DELLA TESTA, vale
a dire prendendo il contrappiede del dogma, ed allora risale alla
luce servendosi dello stesso demonio come di una scala mostruosa;
egli sfugge al terrore a forza di terrore, all'orribile a forza di or.­
rore. l' inferno, sembra che egli dica, non è una via senza uscita

(1) San Giovanni è spess: considerato comt il capo della Chiesa


interiore, e, secondo certe concezioni di cui troviamo qd un indizio, si
vuole a questo titolo, opporlo a San Pietro, capo della Chiesa esteriore;
la verità è piuttosto che la loro autorità non si applica al medesimo
campo.
- 141 -
non sanno rivoltarsi ; egli prende il diavolo a
che per quelli che è qui permesso di adoperare
contropelo, se mi questa espressione
m , e si eman c i pa c ol l'a �a c �a . È già il Protestantesim o ol­
fa igliare . poeta dez_ nem1�c1 dz Roma ha
trepassato, ed 1/ già divinato Fausto
che sale sopra la testa del vinto Mefistofele,. (1).
In realtà, la yolontà di " rivelare i misteri », supponendo che
la cosa sia possibile (e non lo è perchè non vi ha di veri misteri
che l'inesprimibile), ed il partito preso di « prendere il t;ontrap­
piede del dogma », o di rovesciare conscientemente il senso ed il
valore dei simboli, noo sarebbero i segni di un'iniziazione molto
alta. Fortunatamente, noi non vediamo, da parte nostra, nulla di
ciò in Dante, il cui simbolismo si avvolge al contrario d'un velo
assai difficilmente penetrabile, nel medesimo tempo che si appoggia
su delle basi strettamente tradizionali ; fare di lui un precursore
l del Protestantesimo, e forse anche della Rivoluzione, è miscono­
scere intieramente il suo pensiero e non capir nulla dello spirito
i
della sua epoca.
Vi è ancora altra cosa che ci sembra difficilmente sostenibile:
è l'opinione che consiste nel vedere in Dante un « Cabalista ,. nel
vero e proprio senso della parola ; e qui siamo tanto più portati
a non fidarci quanto non sappiamo che troppo bene quanto alcuni
dei nostri contemporanei s' illudano a questo proposito, credendo
di trovare della Kabbala dovunque vi è una qualsiasi forma di
esoterismo. Non abbiamo veduto uno scrittore massonico affer­
mare gravemente che Kabbala e Cavalleria sono una sola e me­
desima cosa, e, a dispetto delle più elementari nozioni linguistiche,
che perfino le due parole hanno un'origine comune? (2) In pre­
senza di tali .inverosimiglianze si comprenderà la necessità di
mostrarsi circospetti, e di non contentarsi di alcuni vaghi ravvici­
namenti per fare del tale o tal'altro personaggio un cabalista ; ora
la Cabala è essenzialmente una tradizione giudaica, e non abbiamo

(I) Questo passaigio di Eliphas Lévi è stato, come molti altri (tratti
sopratutto dal Dogme et Rituel de la Haute Magie) riprodotto testual­
men te, senza indicazioni di provenienza, da Albert Pike nei suoi Morals
and Dogma o/ Freemasonry, p. 822; del resto il titolo stesso di quest'o­
pera è visibilmente
imitato da quello di Eliphas Lévi.
(2) Ch. M. Limousin, La Kabbale littérale occidentale.
-142 -

si sia esercitata diretta-


alcuna prova che tlna influenza ebraica · Io
· .
una ta1 e opm ne, e
mente su Dante.•. Quel che ha fatto nascere • · ·
• che egli ha fatto della scienza d e1 numeri;
wi1camente I 'impie<YO
b
a
ma, se questa scienza esiste effettiva?1e?te neli a K bbaI a eb ra1• ca
e vi tiene un posto dei più ilùportanh, sI trova pure anche altrove;
si andrà dunque a pretendere parimente, sotto lo �tesso pr�testo,
che Pitagora era un cabalista? Come l'abbiamo gIa detto, e ben
piuttosto al Pitagorismo che non alla C�bala che, sotto ques!o
rapporto, si potrebbe riattaccare Dante, 11 quale, molto probabil­
mente, del giudaismo conobbe sopratutto quel che ne ha conser­
vato il Cristianesimo nella sua propria dottrina.
·., Notiamo anche, continua Eliphas Lévi, che l'Inferno di Dante
non è che un PURGATOIUO NEGATIVO. Spieghiamod: Il suo Purga­
torio sembra essere formato nel -suo Inferno come in u,na forma,
è il coperchio e come il tappo dell'abisso, e si capisa che il Titano
fiorentino, nel dare la scalata al Paradiso, i•orrebbe gettare con un
colpo di piedi il Purgatorio dentro l'Inferno ,. . Ciò è vero in un
senso, perchè il monte del Purgatorio si è formato, sull'emisfero
australe, con i materiali rigettati dal seno della terra quando per
la caduta di Lucifero venne a scavarsi l'Inferno ; ma pure l'Inferno
ha novd cerchie che sono il riflesso invertito dei nove deli, mentre
il Purgatorio non ha che sette divisioni ; la simmetria non è dunque
esatta sotto tutti i rapporii.
« Il suo cielo si compone di una serie di circoli cabalistici' di-
11isi da una croce come il pentacolo di Ezechiele ; al centro di questa
CROCE fiorisce una ROSA, e noi vediamo comparire per
la prima
volta, pubblicamente esposto e quasi categoricamente spiegato, il
simbolo dei Rosa Croce "· D'altra parte, verso la stessa epoca
questo stesso simbolo appariva anche, benchè forse
in un modo
un po' 1t1eno chiaro, in un'altra celebre opera poet
ica: il Roman
·de la Rose. E!iphas Lévi pensa che ,, il ROM.'\N DE
L:\ ROSE ed il
poema di Dante sono due forme opposte (sarebbe
più giusto dire
complementari) di una stessa opau : l' iniz
_ iaziont nl/' indipendenza
·ntellett�ale, !� satira delle istituzioni contemporan
ee, e la formo/a,
alleg?rtc� dei grandi segreti dell a sofietà rosa
crudana ,, , la quale
per dire li vero, non portava ancora
_ questo nome, e di più, lo 1 i­
pehamo, 11 11 fu mai (salvo in alcune
_ � tard ive e pii: o meno deviate
amaz1om) una " società » costituita
con tutto l'assieme de.Ile
- 143 -
forme esteriori che implica questa parola. D'altra parte, « I' indi­
pendenza intellettuale » non era, nel medio evo, una cosa tante
eccezionale come i moderni se lo immaginano ordinariamente, o
gli stessi monaci non si astrenevano da una critica assai libera, di
cui si possono ritrovare le manifestazioni persino nelle sculture
delle cattedrali ; tutto questo non ha nulla di propriamente esote­
rico, e, nelle opere di cui si tratta, vi è qualche cosa assai più
profonda
• Queste importanti manifestazioni dell'occultismo, dice ancora
Eliphas lévi, coincidono coll'epoca della caduta dei Templari, mentre
Jean de Meung e Clopinel, contemporanei d!° Dante fiorivano alla
corte di Filippo il Bello (I). Il ROMAN DE LA ROSE è il poema epico
dell'antica Francia, è un'opera profonda sotto un'esteriorità tri­
viale (2) � è una esposizione dei misteri dell'occultismo sapiente quanto
quella di Apuleio. la rosa di Plamel, quella di Jean de Meung e
quella di Dante fiorirono sopra il medesimo albero ".
Sopra queste ultime righe, non faremo che una riserva: Che
la parola « occultismo ..-, che è stata inventata dallo stesso Eliphas
Lévi, è assai poco conveniente per indicare quel che è esistito
anteriormente ad ess.o, sopratutto se si pensa a quel che è dive­
nuto l'occultismo contemporaneo, che, pur dandosi per una restau­
razione dell'esoterismo, non è arrivato che ad esserne una gros­
solana contraffazione, perchè i suoi dirigenti non furono mai m
possesso dei veri principi nè di alcuna iniziazione seria. Eliphas

(1) Vi ha qui un'inesattezza storica, perchè Jean de Meung e Clo­


pinel non sono in realtà che uno stesso ed unico personaggio: la prima
parte del Roman de la Rose ebbe per autore Guillaume de Lorris (morto
verso il 1230); e la seconda parte fu scritta quasi un mezzo secolo dopo;
da Jehan de Meung detto Clopinel (1230-1305 circa), così soprannominato
perchè zoppicante ; è quest'ultimo che fu difatti contempora1teo di Dante
(1265-1321) e di Filippo il Bello (re nel J 286, morto nel 1314). La conti­
nuazione di quest'opera da parte di un secondo autore così distante cro­
nologicamente dal primo, mostra bene che l'uno e l'altro dovevano es­
sere rappresentanti di una stessa tradizione.
(2) Si può dire la stessa cosa, nel secolo xvi, delle opere di Rabe­
lais, che racchiudono pure un significato esoterico che potrebbe essere
interessante di studiare davvicino ; Eliphas Lévi stesso ne ha d'altra
parte parlato in un libro intitolato Le Sorcier de Meudon.
- 144 -
Lévi sarebbe senza dubbio il primo a sconfcssarc i suoi pretesi
successori, ai quali egli era certamente ben superiore intellettual­
mente, pure essendo lontano dall'essere realmente così profondo
come vuole apparirlo, cd avendo il torto di intravedere tutte k
cose attraverso la mentalità di un rivoluzionario del 1848. Se ci
siamo un po, attardati a discutere la sua opinione, è perchè :rnp­
piamo quanto la sua influenza sia stata grande, anche su quelli
elle non l'hanno guari compreso, e perchè pensiamo che è.' l>ènc
fissare i limiti nei quali la sua competenza può essere riconosciuta:
il suu principale difetto, che è quello del suo tempo, è quello di
mel lcre al primo piano le preoccupazioni sociali e di mescolarle
indi::;lintamentc a tutto; all'epoca di Dante si sapeva sicuramente
meglio situare ogni cosa al posto che deve spettarle normalmente
ncll,t gerarchia universale.
Quel che offre un interesse tutto particolare per la storia delte
doltrinc esoteriche, è la constatazione che parecchie manifestazioni
impu1 tanti di queste dottrine coincidono, a meno di alcuni a1mi,
,
con la distruzione dell Ordine del Tempio ; vi è una incontestabile
relazione, bem:hè assai difficile a determinare con precisione, tra
questi varii avvenimenti. Nei primi anni del x1v0 secolo, e senza
dubbio già nel corso del secolo precedente, \'i era dunque, tanto
in Francia che in Italia una tradizione segreta ( « occulta » se si
vuole, ma non occultistica), quella stessa che doveva portare più
tardi il nome òi tradizione ro3acruciana. La denominazione di Fra­
tcrnitas Rosae Crucis appare per la prima volta nel 1374, od anche,
secondo alcuni (specialmente Miche::le Maier), nel 1413; e ia leg­
genda di Christian Rosenkreuz, il supposto fondatore-di cui il nome
r.: la vita sono puramente simbolici, forse non fu intieramente co­
stituita che nel XVI" secolo; ma abbiamo propriò ora veduto che
il simbolo stesso della Rosa Croce è certamente ben anteriore.
Questa dottrina esoterica, qualunque sia la particolare desi­
gnazione che si .. vorrà darle sino all'apparizione del Rosacrucia­
nismo propriamente detto (se pure si trovi necessario di darglict� e
una), presentava dei caratteri che permettono di farla ricntrare 1�
_
quel che si chiama assai generalmente l'ermetismo. La stona d�
questa tradizione ermetica è intimamente legata a quella degli
Ordini di Cavalleria·1 e all'epoca di cui ci ocLupianw, essa era
conservata da delle or�anizzazioni iniziatiche cc•rnc quella della
-- 145 -
Fede Santa e dei Fedeli di Amore, ed anche quella Masse11ia del
San Oraal di cui Io storico Hcnri Martin parla in questi termini (1 ),
precisamente a proposito dei romanzi di cavalleria, che sono an­
cora 1111a delle grandi manifestazioni letterarie dell'esoterismo del
medio evo: « Nel TITUREL la leggenda del GRAAL raggiunge la
sua ultima e splendida trasfigurazione, sotto l'influenza di idW?.
che Wolfram (:�) sembrerebbe avere attinte in Francia, e particolar­
mente presso i Templari del Me�;_:ogiorno della Francia. Un eroe
chiamato Titurel fonda un tempio per deporvi il santo VASO, ed è
il profeta Merlino c/ze dirige questa costruzione misteriosa, iniziato
come egli è stato da Giuseppe di Arimatea in persona al piano del
Tempfo di S1lomonc. /,a CAVALLERIA DEL GRAAL diviene qui la
MASSENIA, Virlc a dire llna Frammassoneria ascetica, di cui i membri
si chiamano i TEMPLISTI, e si può qui afferrare l'intenzione di col­
lef!are ad un centro comune, raffigurato da questo Tempio ideale,
/'Orm1NE DEI TEMPLAW e le numerose CONFRATERNITE DI COSTRlJT·
TORI che rinnovellano allora l'architettura del medio evo. Si ;ntra­
vedono qui delle aperture su quel che si potrebbe ·chiamare la storia
sotterranea di quei tempi, molto più complessi di quel che lo si
crede generalmente. Quel l'he è ben curioso e di cui non si può af­
fatto dubitare, è che la Frammassoneria moderna ri:,ale di gradino
in gradino sino alla MASSENIA DEL SAN GRAAL ".
Sarebbe forse imprudente adottare in un modo troppo esclu­
sivo l'opinio:ie espressa nell'ultima frase, perchè i legami della
Massoneria 1noderna colle organizzazioni anteriori sono, anche
essi, estremamente complessi ; ma non è meno bene di tenerne
conto, perchè si può scorgervi almeno l'indicazione di una delle
origini reali della 1'v\assoneria. Tutto questo può servire ad affer­
rare in una çerta misura i mezzi di trasmissione delle dottrine eso­
teriche a traverso il medio evo, così come l'oscura filiazione delle
organizzazioni iniziatiche nel corso di questo stesso periodo, du�
rante il quale esse furono vernmentc segrete nella più completa
accezione di questa parola.
(Continua). RENÉ GUÉNON.

(I) Htstoire de France, T. lii, p. 398.


(2) Il Templare svevo Wolfram d' Escembach, autore di Parceval,
ed imitatore dei benedettino satirico Guyot de Provins.
- 146 -

° CAMPIDOGLIO E GOIJGOTA,,
In occasione del Natale di Roma !"On. Benito �lussolini, capo
del Gùverno, rivolgendosi come cittadino rumanu al popolo ro­
mano, ha pronunziato dal Campi<loglio un discorso inteso a ce­
lebrare !e glorie dell'aritica Roma ed ad auspicare la grandezza
cii quclll-l futura ..
Una frase •.li quc:,to discurso non ci trova però consenzienti;
e vogliamo ..: dobbiamo dichiararlo.
11 culle del Campidogliu, egli ha detto, « dopo il Golgota,
è certa1neHte da secoli il più sacro alle genti civili».
In questo mu<lo l'On. �lu�solini, invece di esaltare la roma­
mta, i:-crvicne piuttosto ad irriderla cd a vilipenJerla.
Dal punto di ,·ista iniziatico, inveru. cd anche ::;cmplicemente
dA-1 punto di \'ista storico ed italiano, non vediamo per quale
motivo il genio costnittorc romano debba essere posposto al genio
demolitore di quel cristianesimo, che dopo avere 1:.tistrutto l' im­
pero ne ha sfruttato il prestigio.
La <.( parte ,!f1tdfa )>, oggi impei•ante, può, se crede, inveire
contro i « cattivi italia11,i » che non sottopongono la romanità
al cristianesimo.
Noi ci rifiutiamo di subordinare ad una. collinetta asiatica il
sacro colle Gel Campidoglio
La nostra concezione pitagorica dcll' impero armonizza con
quella di \"irgilio, di Federigo, di Dante, di Niccolò da Cusa: e
non con quella del Bellarmino. 1\'è ci sembra, del resto, che Vil­
fredo Pareto, il grande maestro dell'On. ì\1ussolini, anebbe mai
pronunciato, sia pure per politica, simili frasi '.

ARTURO REOHINI
- 147 -

MASSIME DI SCIENZA INIZIATICA


« Iniziamo con qut!sto numero di Atanòr la pubblicazione di
, alcune Massime di Scienza Iniziatica di Amedeo Armentano.
Una park di esse hanno già veduto la luce in alcuni numeri
de! Mondo Occulto ; e noi ring:·aziamo la rivista consorella per
averci accordato il permesso ali<!, loro ristampa. Altre, -per esempio
la prima, che pubblichiamo in questo ,numero, rimaste sin ora ine­
dite, le aggiungeremo àlle prime.
Nel « Mondo Occ!llto � quc::.tc massime comparvero prive di
qualsiasi ·commento; e-on il quale 'invece ci è qui sembrato oppor­
tuno accompagnarle per rendc:c più accessibile il senso ed il
nesso del testo non sempre facilmente e s(curamente comprensi­
bile nella sua magistrale condsa espressione. Al Maestro cd ai
leltÒri chiediamo venia degli eventuali errori di in te!·pretazione e
commento ; la buona intenzione di porgere agli assetati di scienza
la pura e fresca acqua sorgiva ci spinge ad affrontare un compito
che eccede, forse, le nostre forze ".

l. È-: possibile conoscere'!


È possibile.
Come?
Dominando il J)ensiero, facendo a meuo di credere,
e libera11do5i dalle passioni e dalla pau.ra del nulla.

Bcnchè il testo nella lapidaria sua concisione non dica di quale


conoscenza si tratti, è implicitamente inteso che la domanda non
può riferirsi che ad una conoscenza degna di questo nome, ossia
ad una conoscenza sintetica integrale che possa chiamarsi la .co­
noscenza.
Una conoscenza limitata ad un'area finita e confinante con un
campo indeterminato e sconosciuto non merita il nome di cono­
scenza; e, sebbene gli uomini si accontentino generalmente di
- 148 -
conoscenze di questo genere e credano alla fatalità di tale carat­
t�rc, pure si può porre il problema se sia o no possibile perve­
nire ad una conoscenza superiore, ad una vera e propria cono­
scenza esente da ogni limitazione e momento di errore.
Naturalmente questo problema non può essere a sua v�lta
risolto con i soli mezzi atti a dare la conoscenza ordinaria; ed è
perciò naturale che non sia possibile dare la dimostrazione logica
della esattezza della risposta positiva che il nostro testo dà a
questa domanda. Infatti l'affermazione che il conoscere è possibile
è già necessariamente frutto di una esperienza trasc<;ndente il pen­
siero, a meno che non provenga da credenza religiosa o filosofica,
da illusione o da menzogna cosciente. Ma nel nostro caso queste
ultime sono ipotesi che dobbiamo escludere; perchè il testo dice,
subito e categoricamente, che dalle credenze e dalle passioni bi­
sogna liberarsi e che il pensiero va dominato e quindi va tenuto
immune dalle influenze delle passioni e delle credenze. La positiva
affermazione del testo è dunque risultato dell'esperienza.
Che sia necessario trascendere il pensiero per ottenere questa
conoscenza è cosa che si può comprendere· anche logicamente. Il
pensiero infatti, di sua natura, definisce e rappresenta, riferendosi
e coordinandosi alle esperienze dei sensi. Comprendere, capire è
necess�rianiente ed etimologicamente limitare. La facoltà della
mens è quella di misurare (mensura) i e quindi le sfugge non solo
l'indefinito ma anche l'incommensurabile rispetto ad essa.
Assegnare al pensiero, come generalmente si usa la funzione
della conoscenza, e concepire l'universo come infinito, illimitato,
equivale a condano.arsi per un duplice motivo ad un inesorabile e
spenceriano inconoscibile. La mentalità moderna che non ha nes­
suna ripugnanza a limitare l'universo nel tempo, ed accetta tran­
quillamente le varie còsmogonic religiose e scientifiche con tanto
di creazione e di fine del mondo, è invece portata ad ammettere
un universo spazialmente infinito, concezione che appare inevita­
bile perchè un nec plus ultra senza al di là spaziale sembra un
assurdo logico. E, se l'universo è spazialmente infinito come potrà
il pensiero arrivare a conoscerlo tutto? E senza conoscere tutto
l'universo si potrà mai veramente parlare di conoscenza?
Tutto questo si basa però sopra l'intuizione umana dello spazio
ed in particolare sopra il concetto di retta indefinita sopra la
- 149 -
• uò essere nè un primo punto nè un ultimo p unto.
quaie non v1 p licita che
.
la concez10ne d.1 un universo
.
ra I' · otesi im
Ossi� sop p p
tridimensionale ed euclideo corrisponda alla
estenore paz�ale •
realtà. ' e sta � anzi l'unica adeguata e precisa. Questo concetto dello
che sembrava così evidente, è stato recentemen te
spazio assotufo, . . .
da lle scoperte e dalle teorie d1 E mst�m
, Ie �uaI'I tr a · I�
sc osso ct
il concett� ·d1 un �mverso t n 1-
altre cose portano ad accettare .
mens10 • nale fiinito. Ma, siccome esse. implicano la esistenza d I una
.
uarta dimensione, anche colle teone d'I E mstem • 1·1 probi ema de I•
.
�universo spaziale finito od infinito seguita a �uss1stere ; _e . solo
dall'universo tridimensionale si sposta ad un universo plund1men­
sionalc lasciando la questione insoluta e ridotta alla sua !on�� pu­
ramente analitica astratta senza più alcun riferimento alla mtulZlone
spaziale umana dell'universo concreto.
È curioso poi osservare che mentre il pensiero trova assurdo
che una retta tracciata nello spazio debba arrestarsi ad un ultimo
punto, viceversa non può immaginare altro che dei segmenti. Perciò,
!� se la logica conduce ad ammettere l' infinità .dell'universo, I' imma­
Il ginazione conduce alla concezione di un universo limitato.
JSi Ci indugiamo in queste considerazioni. unicamente per mostrare
è come non vi sia nessuna vera ragione per accettare questo postu­
la lato dell'infinità dell'universo.

o I l concetto pitagorico della Monade, dell'Essere unico e limi­


tato, non è quindi affatto un concetto superato, per adoperare
un'espressione infelice ma io voga.
Pitagoricamente l'Essere è Qecessariamente limitato nella sua
unicità. L'unità è unica, senza altro nè altri. La dualit
à e la mol­
tep licità sono apparenze che non distruggon
o l'unicità dell'essere.
Passando dall'unità alle unità, dall'uno ai nume
ri, dalla unità inte­
gra te alla numerazione indefinita, si
passa dall'unicità d,all'essere
�ll'indefinita varietà e diversità
della natura. L'universo illimitato
m questa sua varietà è contra
pposto a ll a caratteristica limitazione
dell'essere; e ci dà la prim
a coppia_ degli opposti pitagorici, di
quel[� fondamentale dualità
su cui poggia la natura tutta. Ma pi­
�ago�icameute la indefinita
illimitazione della natura non orta ad
mfe_nr� analogicamente p
una simigliante illimitazione dell'Essere,

� zi giusto _l'opposto. Dedurre dal l'infinità del mondo l'tnfinità di
10 è tras
cmarsi dietro nel regno dei cieli i concetti di questo
- 150 -
mondo, è appoggiarsi sopra a delle idee per cercar di comprendere
quel che- trascende le idee, è infine pretendere di levarsi a volo
senza liberarsi dalle impedimenta.
Coloro che sono pervenuti a sentire il proprio corpo entro <li
sè, e che rerciò possono, con Plotino, arrivare ad intuire che, si­
milmente, il Macroco::,mo è. in Dio come 'n Microcosmo è in noi,
possono anche comprendere come si possa parlare di limitazione
dell'Essere ed anche del Macrocosmo. Dante giunto alla fine della
sua ascesi vide che " nel suo profondo si interna

legato con amore in un volume


Quel che per l'Universo si squaderna.

Questo è il nesso, unico, dell'illimitata molteplicità; e la co­


scienza umana, connettendovisi a sua volta, può raggiungere la co­
scienza dell'universale connessione, ed in essa e per essa raggiun­
gere la conoscenza.
È un nesso tutto interiore a-spaziale. Exotericamente il sim-
bolismo geometrico spaziale fa corrispondere e rappresenta questo
nesso con il volumen, l'6h6; pitagorico della sfera racchiudente il
mondo squadernato nei quattro elementi, volume che avvolge il
mondo ; e mostra che solo dal centro è possibiJe la visione sinte­
tica, simultanea, globale dell' intiera sfera e del suo volume o nesso.
Il simbolismo aritmetico, temporale, musicale, ritmico percepisce
e rappresenta questo nesso nell'armonia che fa del mondo un
cosmo, e mostra che solo con l'accordo è possibile armonizzare
col tutto e vivere all'unisonù con l'armonia delle sfere.

* *
Con questo non intendiamo affatto di togliere il suo valore
al pensiero.
Il e picciol lume ,. nell'oscur(tà della notte può servire per
non mettere il piede in fallo, ma sarebbe assurdo pretendere che
la facesse scomparire. Anzi chi nella piena oscurità, spento d' in­
torno ogni lume, assuefa l'occhio alla notte finisce coll'ottenere
la percezione più o meno indistinta delle cose vicine e delle lon­
tane ; mentre una luce dappresso, permettendo la visione delle
- 151 -

cose vicine,_ rende attorno ad esse più fitte te tenebre ed impedisee


ogni percezione delle lontane. Soltanto H sole, che fuga le tenebr
illumina parimente quel che è vicino e quello che è lontano. �
prima che l'aurora spunti è pur savio contentarsi della visione not­
turna consentita dagli astri senza ricorrere a lumi artific.iali. La ci­
vetta, sacra a Minerva: sa. pur vedere _nelle tenebre ; pur noh po­
tendo competere. con I aqmla sacra a G1ovei usa a fisare lo sguardo
nel sole. Per il nostro scopo è inutile sostituire la potente lampada
ad arco alla modesta lucerna ad olio ; si tratterà sempre di un
lume in mezzo alle folte tenebre ; anzi le lampade ad arco delle
nostre città. fugando le stelle dal cielo, privano i uostri .sensi di
quel continuo richiamo alla celeste immanenza. Ma il pensiero ha
la sua funzione ; ed anche la conseguita visione. sintetica non
esclude e non contrasta una considerazione analitica razionale,
volontariamente ristretta ad un argomento determinato.
Se la coscienza si affida, si identifica e si vincola al pensiero,
non distaccando mai l'attenzion� dalla piccola luce della ragione,
non solo finirà Cvi perdere perfino la nozione del mare di te­
nebre che la avvolge e coli' illudersi di vedere, ma si metterà
da sè stessa in condizione di insensibilità verso ogni possibile
aurora.
Il pensiero deve ctunque rinunziare al suo dominio sopra la
coscienza umana. Occorre rinunziare al pensiero, alle sue spie­
gazioni, alle teorie, alle immaginazioni, ed a fortiori alle cre­
denze.
E poichè i pensieri son provocati, determinati e signoreg­
giati dalle passioni, bisogna liberarsi dalle passioni. E poichè la
vita degli uomini è tutta tessuta di elementi passionali e men­
tali, bisogna in pratica eliminare ogni attaccamento alla vita.
Nè questa ·eliminazione è sufficiente per mettere la coscienza
assolutamente al riparo dalle perturbazioni del pensiero. Bisogna
sradicare dalla· coscienza l'attaccamento alla sua modalità umana
di esistenza condizionata di modo che I' impressione di annulla­
mento provocata dalla s�omparsa di questa modalità �on susc_iti,
complice l'orrore organico ed istintivo del corpo, un improvviso
sgomento che tarpi il volo ali' inizio e ripiombi .a terra l'audac�.
Anche I' idea che la coscienza umana ha d1 sè stessa è m
fondo un' idea, e com e tale va superata, dominata. L'orrore del
- 152 -
1•� nnichilimento è un sen�imento, e bisogna che esso non
. si
pm, a sua posta, ad ag1tart> e turbare la coscienza. Fintantodesti
la coscienz_ che
a resta attaccata al proprio isolamen to come
• ad
' ·
e?�d1z1one una
necessaria di esistenza, ed afferma l' indipendenza in-
d1v1duale, essa altera l'unità dell' Essere ; <.I ifferenziandosi e fra­
zionandosi -Vieta a sè stessa la percezione dell'unità. L'abbandono
di sè, l'abdicazione, fa cadere il tramezzo e rende possibile l'assi­
milazione .con l'unità, l'amalgama, P indiamento, ed il conseguimento
della conoscenza.
Concl:..dendo, per conseguire la conoscenza, è dunque neces­
sario:
1. Liberarsi dalle passioni : ossia dalla passività, dal ser­
vaggio verso i sentimenti e le emozioni provocate dai sensi. Bi­
sogna cessare dal patire la loro influenza, d'essere il loro soggetto
e paziente.
2. Rinunziare ad ogni credenza, religiosa, moralistica, filo­
sofica, scientifica c....... pseudo esoterica. Sormontare, abbattere
ogni pregiudizio, convenzione, superstizione locale e temporale,
d_j razza, casta, scuola, tradizione, abitudine, vizio, virtù, tempera­
mento. Sciogliere ogni stratificazione ed incrostazione di concetti
e di valutazioni, inerenti al linguaggio ed alla forma mentis et
;sentimenti individuale ed ambientale. Questo nella terminologia
ermetica è il dissolvente universale, I' Alkaest, che compie la
soluzione del detrso.
3. Rinunziare complt:tamente a sè stessi. Per nascere alla
vita nuova è necessario morire alla vecçhia. Questa rinunzia a sè
stessi è necessaria perchè il' terrore istintivo dell'annichilamento
potrebbe altrimenti de·starsi in un momento poco opportuno,
in una fase importante della grande opera ed impedire la
« fissazione o coagulazione del sottile ».
4. Dominare il pensiero, fissando la mente e cessando dal
pensare. L'agitazione del pensiero (lat. agitare) oc�upando . la
im­
coscienia, vincolandone l'attenzione, turbandone la quiete, ne
pedisce la trasmutazione nella modalità superumana.
co­
·Quest'operazione è terribilmente difficile eC: esige una è
natnra_
stanza ed' una pazienza a tutta prova. Il pensiero di sua
mobile come l'argento vivo ; e fissarlo è tanto difficile
c?�e fis­
fuggitivo. La
sare il mercurio dei filosofi, di sua natura volatile e
. '

--- 153 -

mente de.ve �oagularsi, in. una quiete serena imperturbabile. Neppure


un improvviso senso d1 annullamento deve avere presij sopra
questa immobilità e turbarla.
La coagulazione del sottile è resa possibile dalla soluzione del
denso, perchè le due operazioni si consentono e si aiutano a vi­
cenda, e come dicono gli alchimisti « la soluzione del denso è· la
i,.,n1�
\ fissazione· del sottile ».
1111 Non è forse superfluo l'accennare che man mat10 procede l'o­
' perazione sr destano r, si acui�cono certe speciali sensibilità tra-
Pli�( scendenti e si determinano dtlle « forze ostili », capaci non solo
aie ar ��
i.i.,,. di turbare la serenità dell'animo ma di travolgerlo addirittura ; e
re il llor -.1�. � aucsto in particolare è i! caso per la fase culminante della vera
'�ii� � propria operazione clcila palingenesi. Questa è una delle ragioni
per le quali la grande opera oltrcchè difficile è anche pericolosa,
moran11�� �
e per le quali non è co:1sigliabile avventurarvisi senza avere com­
on�1e1 il�m piuto la preliminare catarsi, e senza la guida e l'assistenza di un
aie e temfl.\'� Maestro o senza la grazia di Dio, come dicono gli alchimisti. Ed
.
IO, Virlu,ltm� è una delle ragioni del silenzio pitagorico ed ermetico che vincola
zione �i tioc� tutti i figli dell'arte.
Questa che abbiamo c·onsiderato sin ora è la parte prelimirrare
/orma m11m 1 e negativa della grande opera. In questa fase la materia dei filo­
nella !errrl�:p sofi viene sottoposta ad un processo di rettificazione e qi subli­
c�e romii 1 mazione. Una continna aspirazione mantiene nell'Atanòr filosofico
il santo fervore dell'ascesi, il fuoco moderato ed ininterrotto, suf­
I

Per nit�I di ficiente e necessario al compimento della grande opera, poichè


, • 1i tutto dipende dal « regime del fuoco ». È il fuoco sacro, l'ardore
esl a � a divenir del mondo esperto che nulla potè vincere nella coscienza
e dell'Ulisse dantesco.
�oeo. ;J� i Separando il sottile dallo spesso, ed il denso dal sottile, con
1mr· grande industria; volatilizzando quel che è fisso e fissando quel
e� che è mobile; sciogliendo il denso-e coagulando il sottile, si compie

la conversione degli elemen-ti. La volo!1tà dell'artefice li riunisce e
ce�� li separa insieme' come l'asse centrale riunisce e separa i due ser-
e e�,tl
penti del Caduceo nelle mani di Ermete, l'alato messaggero degh
.
l l' � Dei e guidatore delle anime.
ti Q Prima di iniziare la fase positiva dell'opera è dunque neces­
";, fI sario che la parte umana si putrefacc\a e muoia. Per questa ragione,
�� ;i�e l, primo a comparire nell' Atanòr filosofico é il color nero del
�tif/
l . ,/
�,
- 154 -
Caput mortuum, il nero più nero del nero, simboleggiato dal corvo.
Quel che è denso, materiale, mortale deve morire, perchè il grigio
e pesante Piombo possa trasmutarsi in più nobile metallo, perchè
Saturno, figlio di Crono, perda il potere della sua falce mortale.
L'azione ininterrotta del fuoco effettua l' imbiancamento, il
blanchissage deÌla materia. Ad un certo punto compare il candore,
l'albedo dell'Argento, della Luna o delle candide colombe della
Diana ignuda. E mantenendo e spingendo il fuoco nell 'Atanòr,
portando la materia dai bianco al rosso, compare infine la rubedo
dell'Oro solare e filosofico, simboleggiata dalla purpurea Fenice,
che rinasce .fiammea ed immortale di tra le fiamme divine dello
zolfo (0sfov = divino: 0stov = zolfo).

( Continua).
ARTURO REGHINI.

,i\'\ERJ.Ti DELLA SCUOLA rrAL!CA


« Nessuna scuola fu in antico così preoccupata dei fenomeni
naturali e celesti, così attenta alla realtà che cade sotto i nostri
sensi, che si misura e si pesa, come furono i Pitagorici, senza che
ciò contrastasse per nulla con le altrettanto essenziali loro specu­
lazioni nel campo mitico ed e.,.<,catologico. Gli Italici, in generai�,
avevano attitudine pratica: occhio clinico che affonda nella rcalta,
scruta e confronta le fasi dei fenomeni ».

(A. !::osTAGNI - Il Verbo di Pitagora - pag. 37.)


- 155 -

'fRA LIBRI E RIVISTE


Ci piace riportare in questa nostra Rivista il seguente brano del ro­
man.w di recente pubblicazio1a! di Ciro Alvi « Per lo Spirito la Carne
esaltare».
Questo rom,mzo fu scritto multo tempo prima della Marcia su Roma,
e appunto q:ti lo riportiamo per mostrare in qual modo da anni qualcuno
di noi co;1cejJisca la ricostruzione soirituale e materiale della Nazione,
secondo la vera idea tradizionale e italica dell'Impero.

ITALIA
Essi toccarono il suolo d'Italia con religioso fervore.
II loro cuore si colmava d'ebrezza. Sembrava compiuto un voto a
cui si aspirasse da millenni, in una lunga vicenda di vite.
Non v'era una realtà più magnifica della cara, della grande Italia.
Essi l'abbracciavano, la carezzavano, inneggiavano a lei, coi lorv cuori,
col sorriso delle !oro labbra, con la voce colma d' indicibile _sodisfazione.
In tutte le città che visitavano, i loro occhi; t6cchi dalla luce ch'esi­
steva per essi soli, vedevano meraviglie; i loro orecchi udivano suoni
miracolosi"; le ioro anime percepì vano un odore simile a quello che si
esala dai corpi dei mortali che sono cari agli Dei.
Parlavano i fiori mai più veduti, parlavano gaiamente le foreste al
vento, le quali amarono i grandi; ridevano i fragorosi torrenti, gorgo­
gliavano ncll' infinito i placidi fiumi dalle sacre memorie, che andavano,
andavano, fra le giogaie verdi, come teorie di armate in trionfo rntto
gli archi; sospiravano _le cuspidi. bacianti l'azzurro, liberamente, non
come esseri meschini che preghi110 nell'umiltà; stavano i forti palagi
dalla mura imbrunite come l'acciaio, o dorate dalla gloria del sole, e
guardavano con le loro . smerlettate finestre, in un sorriso sicuro, per
raccontare le innumerevoli geste dei migliori tra i figli tl' Italia; pas•
savano sempre i giovani figli d'Italia che avevano salvato l'Italia, che
avevano ancor più glorificato l'Italia, intrepidi e senza macchia, come
purfsi.imi eroi, cantando, con la voce riboccante di gaudio, perchè si
accrescessero i ritmi della virtù nell'universo; ca11tavano le officine,
cantavano le sculture, le smaglianti pitture, cantavano le bre.zze, le nu­
vole bianche e immense come gli esseri che non si possono nominare;
- 156 -
e , Poichè era una musica divina la parlata
cantavano tutte le bocch
d'Italia.
Essi vennero nell'Umb ria
. rav•. no nell' aria ·; rilucevano i ricordi com
v b
Soffi di te?ere� za
ii
noatte C'era la d onna che _lo aveva alleva e
a
ft:ocht• !ontam• dt fesrn nel • perte. • · · h' b · to,
, c'er no b1 nc 1 uo1 con ·1
la veTa madre, con le braccia a . d"1-
a 1 a 1
si sentiva 1, a 1eggIare dei.

• solco,• si• udivano le ant·iche musiche•' . .
ritto
ri.
santi taumaturghi e deg1,• spiriti dei forti guerrie
Egli era trasf?rma�o, ma � 011 si c redev a un altro né aveva l'animit
.mp anto poichè era istintivament
avvolta nella mahncoma per I n i. ' e un
saggio come era stato a. quind ici an11t.
Essi vennero ad abitare ne11a casa di campagna dove egli era ere-
sciuto, festosamente acc lt
� \r t 11' che aveva abbeJlito e ingrandito la
V ;�:!: ::�iv��: a :na �:g�iore agiateua. ?utti gli altri c ompo­
e a
casa �
nenti la famiglia o erano morti o sì erano trasfentt �ltrov_e ..
Questi• era dunque t·1 fratello maggiore c on m oglte e ftgh, un uomo
serio e di gran cuore, che era attaccato alla terra beneh.e non I avora"se "
pìii la terra.
Egli aveva avvezzato i figli ad e sser� l abon. s1. c?me I gravi pad11
· · .·
antichi; te sue due figliole erano delle gaie adole::;centt � m olto per bene,
semplici e compite.
Tutta la popolazione aveva molto ìngenhht .. . . . .
o 1 suoi ostutJ11 111 -�11c­
rrlì a,mi ch'erano trascorsi, come se fosse passato un secolo; perc10 la
�azza appariva più bella e più forte. 'erano delle usanze nno�e, o c�c
sembravano tali, ma esse erano in fondo V
quelle del tempo antic o eh e­
rano state rimesse. in onore, poichè era inc ominciato in Italia il regno
dello spirito nella glorificazione della carne, e gl' ignoti buoni Dei, a
cui avevano creduto i padri, ora erano tornati a protegge
re l a invittis­
sìma stirpe. Tutte le fosc:1e credenze. chè a-.•evano
martoriato le anime
e i corpi per lunghi secoli, coi fantasmi del dol
ore, della miseria , del-
1' incompren�ione e della eguaglianza, and
avano in disuso . La vera ima­
gìne di Roma imperiale era venuta di nuo
vo a riful gere tra le nuvol e
immense del cielo d'Italia, e l'aria
odorava di mirti, giacchè la Dea
del!'Aprile, arcano nume, ave va riaffas
cin
primavere sacre, i giovani, dinanzi alle ato tutti ì cuori. C o me nelle
sè stessi, della famiglia e della naz are, giuravano , per l'eternità di
ione, invocando gli spiriti presenti
degli e roi e il ritmico soffio del
l'Innominabile. Perciò la gioven ù tutta
anelava alla comprensione della t
verità e al i 'elezione, sebbene non vi
fosse alcuno che non avesse pie
na coscienza d l'!la disuguagl ian del
anime umane ed esatta cognizione za le
che
per il conseguìme:tto dell' immorta �non a tutte è concesso di salite
lità e de lla ,nisteriosa forza per cui
- 1�7 -

l'uomo quaggiù può avere influsso e dominio su la


• ' • provvl-
f l volere del •
nza, coraggio, prudenza, giust 1z:a, letizia.
la fata lità. T empera
denz a e
ue te
erano le parole ch'erano scritte. La scuola .era il nucleo, il
Q S di partenza per la trasformazione graduale dell 'organamento po­
u_nto
� e della nazione. In essa erano avviluppate di grazia
1ttic della città
;e le massime più austere; i fanciulli erano assuefatti per tempò a
an
passioni e a frenarne gli 1.'.!Ccessi, a moderarsi nei piaceri
veg\are su -le
�aper sop portare le pene; nella scuola si cantava l' inno creato per
�I :ecchio lddio d' Italia, ch'era pure un nuovo Dio, perchè plasmato per
�I po polo. Il P?P o �o era tutta la nazi?ne� ma l_a ple�e, _la moltitudine
_ m se alcuna parvenza d1 mito aglt occhi d1
no n avev a piu alcuno ; essa
era la materia, non era lo spirito. Al governo della cosa pubblica
v'erano i primi fra i cittadini, i favoriti degli Dei, e solo ad essi era
dito la
commesso l'operare per il benessere materiale degli umili, affinchè
cornpo.
q uesti non turbassero con tumulti o con lamentele ogni manifeatazione
più alta. La religione della moltitudine, che aveva informato la politica
uomo d'Italia nel passato, era giudicata adesso come la più stupida aberra­
arasse zione che fosse mai es\stita fra gli uomini.
Enrico non arrivò subito a comprerdere tutte queste co:;e, ma le
padri intuì come novità miracolose, e ne fu lieto. Che era avvenuto? Il regno
bene, del bene si era davvero stabilito su la terra?
Egli andò con la sua Elsa, sempre in quei primi giorni, di qua, di
Il qllC· là, per le città vicine, beandosi solo con lei, per la accresciuta dolcezza
·ciò la del loro amore, anche in qualunque nonnulla.
o che Poi essi acquistarono maggior dimestichezza coi loro ospiti ; s' in­
ch'c• trattennero spesso con essi, incominciarono ad amare molto le due
regno fanciulle.
ei, a Veniva spesso con loro anche il fratello maggiore.
ittis- Questi era un giovane tra i venti e i venticinque anni, ed era, come
il suo padre, serio e di gran cuoi·e, e attaccato alla terra.
Enrico prese abitudine a conversare con lui, essendo attratto dalla
sua_ parola convincente e simpatica, e dalla sua faccia aperta. Da lui
egh ebbe spiegazioni su le novità miracolose d'Italia che aveva già
intuito.
11 giovane mostrava di avere una cultura profonda, ma era modesto
e parlava sempr
e con calma e con disinvoltura, anche se il ragiona­
m ento fosse
difficile.
Talora Enrico si compiaceva confutarlo, lo avvolgeva di domande
c ome astrus
e o fuori di luogo, e il giovane non mostrava mai di sgo­
m entarsi ,• •
rispondev a sempre con argomenti che parsuadevano.
- Ma voi non avete abolito il denaro - diceva. - Il denaro è la
causa di
tutti i mali.
.- 158 -
Il giovane rispondeva:
- Se noi partiamo dati' idea detl' c1,uaglianza degli uomini, il d�naro
può sembrar tale. Se invece ctici:lmo che questa idea è erronea, il de­
naro è anche una gioia per l'uomo; ed è sempre, certamente, un in­
centivo alla produzione, perchè dei produttori sostiene il diritto, essendo
da noi il lucro solo limitato ai vantaL:gi che dànno le industrie, l'agri­
coltura e i commerci. Come noi potremmo reggerci in questa nostra
rinnovata società, che è querta della libertà e del contratto senza la
frode, e perfezionarla ancora, se non esistesse pitt ! I denaro?... Pure
nessuno può dire quel che avverrà un giprno. È probabile, é imagina­
bile eh� fra cento, fra mille anni, sia cosi arrivat..l all'apogèo !J spon­
taneo ordinamento di gruppi collettivi destinati ad assumere la gestione
della produzione, che si ritenga opportuno, 0 avve11ga per cons-:gue11za
di ciò, l'abolizione del denaro. Noi ci fondiamo sul con-..:etto dl"I 1:,crpe­
tuo fluttuare dell'essere, supponiamo i cittadini e le loro associazioni
in. perpetuo travaglio di perfezione. Perciò abbiamo negato e neghiamo
la democrazia, e siamo aristocratici, e ci vantiamo d�lla nostra società
aristocratica e gerarchica che dà il benessere a tutti, avendo sfatato
l'errore incombente sui cervclji da secoli.
- Siete in fondo dei sindacalisti. Ma il sindacalismo ho inteso
sempre dire che sia contro la società capitalistica e per il bene di coloro
che producono.
- Tutti sono considerati prod�ttori nella nostra società. Possia�no
dunque affermare che noi siamo anche sindacalisti. Ma il nostro sind:t­
calismo non è operaio, o esclusivamente operaio; è una tenct'enza gene­
rale dell'economia che ora domina nella na:::ione. li raggruppamento dd
cittadini • in categorie d' interessi è un fatto piit vasto che non sia il
vostro sindacalismo operaio in senso stretto. Noi abbiamo ricondotto i
giorni e le opere alla gioia virtuosa, e abbiamo rinnovato d�I profondo
Il popolo affrancandolo dalle menzogne dei demagoghi e dei falsi culti.
Del resto, la nostra società è quella vaticinata dai nostri maestri, primo
fra tutti Pitagora che era un puro e forte italiano come le mura etrusche
che voi tanto ammirate nelle nostre città. Perciò chiamiamo meglio pi­
tagorica !a nostra sccietà. lnfattr, noi abbiamo una religione, e lo stato
non è più quello di prima, centralistico e politico, che portava alla ro­
vina l'Italia; ma è lo stato come ordine e armonia, e gli uomini che
reggono la repubblica e le associazioni non sono più, come priina, degli
inetti o degli affaristi, o degli incompetenti, o dei vigliàcchi; essi sono
appunto i favoriti delle potenze che non si vedono, gli eletti per la
scienza e per la virtù, sono simili ai genii ignoti che si aspettavan�, e
saranno sempre tali e appariranno sempre tali, essendovi ora correla­
zione in Italia fra il mondo visibile e quello invisibile. Le cariche che
- 159 -
esigono valore non si conferiscono che a uomini valorosi, quelle che
esigono esperienza che agli esperti, quelle che esigono liberalità che ai
liberali; ed essi appaiono, dovranno sempre apparire, come i messia.
Cosi diceva e voleva Pitagnra. Noi siamo lieti di avere alfine compreso
ta nto divino maestro. In nome,di lui noi abbiamo impedito che preva­
lesse quella folle idea dell'eguaglianza il cui trionfo sembrava dovesse
effe ttuarsi per la nequizia, la viltà e il tradimento dei governanti come
era avvenuto al tempo di .Costantino imperatore; in nome di lui I' Italìa
è grande, :,a ripreso la sua via che aveva smarrito da quel tempo, si è
inalzata agli occhi di coloro che un giorno la disprezzavano; '.,i è fatta
valere e si fa valere; non sta più con la schiena curva, non balbetta,
parla; è conscia dei suoi diritti, del suo « imperium », ed è perciò che
Roma saggiamente e fortemente può esplicare atfine la· sua missione nel
mondo.
Il giovane diceva tutte queste cose con la massima calma, senza la
minima aria di falso entusiasmo, ed Enrico chiudeva gli occhi come s'
vedesse delle cose impossibili, poichè andava d'un tratto col pensiero
a quelle miserevoli che avevano un tempo lacerato l'Italia. Ma esse
erano la realtà, la smagliante realtà; il cuore si allargava, doveva allar­
garsi esultando, e la mente non doveva fermarsi più alle confutazioni
e ai cavillì. Giacchè l'Italia era così rinnovata, bisognava solo imagi­
nare che non fossero mai apparse nella sua mente le insulse ièee della
rivoluzione e ch'egli fosse ritornato il giovinetto del tempo lontano
quando colei ch'era stata la vera madre, lo prendeva fra le braccia
dicendo: - Figliòlo mio tu hai le mani d'oro.

CIRO ALVI
- 160 -

LA MORTE DI RABBI HIV A ( 11•


Rabbi Hiyà sentendo prossima la sua fine, pronunciò queste parole:
« Oh mia anima ritorna alla tua dimora. Divina sdntilla d'um: fiamma
celeste, lascia questo corpo mort1le e meschino; trastullo del timore,
della speranza e dd dolore.
È ormai tempo che tu t'innalzi verso le regioni della vita eccelsa.
Odo già la voce armoniosa degli angeli che chiama la mia anima.
lo mi turbo, la mia forza mi abbandona, mi si offusca la vista, cesso
di respirare. La terra sparisc..: sotto i miei piedi ed il- cielo si apre ai
miei occhi ; le mie orecchie sono colpite dal canto degli angeli alati.
Che vedo? Che è quest'albero magnifico risplendente di luce, olez­
zante la volta azzurra ed alla sommità del quale si posa la colomba ce­
leste? lo lo riconosco ; è il Re, unto del Signore che ho già visto alla
scuola celeste di Rabbi Simeon. (2)
Oh angeli alati I prestatemi le vostre ali, affinchè io ascenda coR
volo piit rapido verso il Re unto del Signore. Che I anima mia, questo
è morire? Oh che follia temere una simile estasi I Oh sepolcro, dov'è
la tua vittoria? Oh morte, dov'è il tuo pungiglione? ,. Rabbi Hiyà cessò
di parlare e la sua anima volò via. (Dal Sepher Ha Zohar. fol. 46; ver­
sione libera)
FERNANDO PROCACCIA
(1) Il maestro Hiyà è uno dei dottori del Talmud.
(2) Il capo dei Maestri ciel Zohar.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


Rosacrocismo Essoterico - GIUI m CAPURRO . . . . . . . pag. 129
L'Esoterismo di Dante - RENÉ GUÉNON . . . . . . . . . « 140
Golgota e Campidoglio - ARTURO RE0HINI . . . . . . . « 146
Massime di Scienza Iniziatica - AMEDEO ARMENT ANO con com-
mento di ARTURO REGHINI. . . . . . . . . . . . « 147
Tra Libri e Riviste : Italia " CIRO ALVI . . . . . . . . . « 155
La morte di Rabbi Hiyà - FERNANDO PROCACCIA . . . . . « 160

SOMMARIO DEL NUMERO PRECEDENTE


Rosacrocismo Essoterico - GIULIO CAPURRO . . pag. 97
l'Esoterismo di Dante - RENÉ OUÉNON . . . . , « 103
Tra Libri e Riviste :
Il Verbo di Pitagora - ARTURO REGHINI ,. 117
Associazioni Vecchie e Nuove:
a) La baraonda Martinista - R. G. .
b) La Loggia ,. Pitagora,. si scioglie
. .
A. R..
. «
«
123
125
Libri ricevuti . . . . . . . . . . . . « 128
Direttore Gerente Responsabile : ARTURO Rl!GHINI
ROMA - Ti pografia , Iris• - Via Agostino Depretis, 86.
La Redenzione di Adamo di L. Puccinelli, i1:-t6 L. 6 _
La missione di Roma nel mondo di v. Marchi, in-8 L. 5 _
filOSOli BntiChi di A. Tilgher, in-8 . . L. 12 _
ruriticazione di Ciro Alvi (1° della serie: I Romanzi dell'Occulto) in-16 L. 6 _
santo Francesco d'Assisi dello stesso. Quarta edizione in-8; in carta di lusso
illustrata con quindici tavole fuori testo di E. Anichini . L. 15 _'.
In ulta perletta godere. Romanzo dello stesso in-16 . L. 8 _
Per IO Spirito la Carne esaltare. Romanzo dello stesso in-16 . . L. 8 • -
L'Arcobaleno. Novelle dello stesso in-16 . L. 6 _
li lU!lO di 6UbUiO di .A. Boussac De Saint-Mare; dramma mistico. Traduzione
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Direttore Responsabile: ARTURO REGHINI

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al N. 16 del Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)
Costa DUE lire il Numero Abbonamento per un anno VENTI lire • Pu l'Estero Il doppio

REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA - J. EVOLA - RENÉ GUÉNON - MANLIO MAGNANI - VITTORE
MARCHI - MARIO MORANO! - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGHJNI -
GALLIANO TAVOLACCI.

MORALE E PECCATO
Il concetto pagano di confondere, per così dire, la religione
collo stato nazionale, di ammettere sempre nuovi dei, purchè l'am­
missione fosse approvata dall'autorità dello stato, non consentiva
una doppia morale, come avviene per gli stati di religione cristiana.
Essendo religione e diritto intimamente connessi nel mondo
pagano, non poteva aversi una morale giuridica ed una morale
religiosa; tale dualismo non poteva assolutamente concepirsi.
11 Cristianesimo, innestandosi sulla religione ebraica, aveva
ed ha per caposaldo il peccato del primo uomo, da cui consegue.
la condanna di tutti gli uomini, il riscatto per il sacrifizio della
divinità umanizzatal)i condizionato però a quell'adesione morale da
parte del colpevole nato al sacrifizio espiatorio che insieme alle
buone opere (per taluni) conduce alla salvazione.
L'ide<'. di peccati, sia pure di un peccato originale e poten-
- 162 -
ziale, non può andare disgiunta dall'idea di costume, di norma
di legge morale.
,
Cosicchè non può immaginarsi infrazione di una regola, senza
che si conosca questa regola; non �i può pensare al male, senza
conoscere il bene.
Secondo la morale pagana, il peccato era null'altro che la
infrazione della legge dello stato.
Orazio che si confessava parcus deorum cultor et infrequens
non si credeva perciò minacciato nella salute eterna ed i Romani
non perseguitarono il cristianesimo in nome della fede, o per
tutela dei toro iddii, ma in nome dello stato e della legge.
Per essere buoni, nel paganesimo, bastava essere cittadini
osservanti delle leggi; mentre, nella concezione cristiana, la sal­
vezza non è dovuta al fatto di essere buoni cittadini.
La religione cristiana che deriva da quella ebraica essenzial­
mente politica, cambiando territorio si è fatta apolitica e magari
impolitica. Mentre in Roma attaccare la religione significava at­
taccare lo stato, nei paesi cristiani si pensa che lo stato possa
anche essere una cosa separata dalla Chiesa e questa ha una
sua gelosa teoria di supremazia sullo stato.
La norma fondamentale della religione apolitica non può mu­
tare e crea una morale assoluta.
Secondo tale morale è da tenersi la stessa condotta all'equa­
tore, come in Groenlandia, nella tribù di pastori della penisola del
Siam di dieci secoli prima dell'era nostra, come nel grattacielo di
New-York, o sopra il velivolo che fra qualche lustro avvicinerà
l'Alaska al Capo di Buona Speranza. In pratica ciò è assurdo e
quindi deve anche esserlo in teoria.
In confronto a tale sistema di religione internazionale, avulsa
dalla stirpe, isolata nel tempo, il paganesimo o qualunqµe religione
nazionale, modificabile, soggdta alla legge, rappresenta un quid
di meglio accettabile, un sistema più ragionevole e pratico.
È certamente molto stravagante che, quando lo stato ha di­
chiarata una guerra, ciò che vuol dire legalizzata l'uccisione di
persone per parte dei suoi cittadini ordinati in esercito, sorgano
dei cittadini a combattere la guerra, iri nome di un principio re­
ligioso. In questo punto sorge un conflitto intollerabile fra la re•
ligione e lo stato.
- 163 -

li missionario che col libro della sua fede in pugno dice al­
l'antropofago : « Tu pecchi ,. non pensa che l'antropofago non
pecca contro la propria legge.
Per aver il diritto di dire all'antropofago : « Tu pecchi » bi­
sogna che prima lo stato, la� tribù o la comunità politica cui' ap­
partiene l'antropofago sia soggetto, colla forza; e incorporatù in
un altro stato che abbia la legge del missionario. Da quel mo­
mento la legge per l'antropofago è mutata e, in relazione, è mu­
tato il peccato contro la legge.
Ma lo stato in genere sa pure che la legge non può disgiun­
gersi dal costume e questo non si modifica se non lentamente,
seguendo una sua particolare. linea che i cultori del diritto cono­
scono e che lo stato conosce in conseguenza.
Quanti errori, quanti dolori, quante sciagure provengono dal
fatto che i cittadini siano indotti ad osservare due norme diverse,
due morali diverse I
Tutti coloro che si credono eroi, martiri, apostoli, precursori
sono le vittime della doppia o tripla morale e purtroppo la nostra
educazione è ancora molto imbevuta di questi errori.
Quante volte noi pensiamo e diciamo: cattolicismo, cristianesimo,
umanità, popolo, proletariato, borghesia, in contrasto colla idea
di stato ! Nominare tali enti astratti è molto vicino al pensarli con­
creti, così da creare nelle menti non aperte il disegno di un
diritto di questi enti, mentre il diritto è dello stato.
La teoria della relatività ha inferto un grave colpo al con­
cetto del moto assoluto e della quiete assoluta : è stata questa
una grande conquista della scienza. Possiamo trasportare queste
nuove osservazioni dal campo fisico a quello morale e inferirne
che non esiste il bene morale assoluto come non esiste il male
morale assoluto.
Per necessità di calcolo il fisico paragona la condizione cine
matica di un corpv a quella d'un altro, assunta come Caposaldo ;
per necessità di vita e di legislazione, lo stato crea la sua legge e
questa dev'essere unica, non inferiore ad altre leggi che uomini
ingenui possano credere assolute.
Non v'è peccato assoluto, ma il peccato presuppone una legge
contingente.
Toccare un filo elettrico quando vi scorre l'energia ad alta
- 164 -
tensione è mortalmente pericoloso ; toccare lo stesso filo arroto­
lato nel negozio di ferramenta non è pericoloso.
Sposare tre donne in un centro popoloso, dove le condizioni
economiche medie consentano appena di poterne mantenere una
sola può essere peccato ; ma sposarne tre in un vasto territorio
facilmente coltivabile, in cui difettino le braccia da lavoro, può
essere utile e comandabile.
Il peccato - camicia di Nesso, per tutta la vita legato all'uomo,
non poteva essere che l'inverizione di chi vedeva lo stato esau­
torato, frantumato, usurpato e voleva sostituire alla norma di legge
che si affievoliva una norma di �oscienza, s13ecie di tribunale con­
solare in territorio straniero. Cotesto tribunale durò fino a che,
sutle rovine del Romano Impero, non si formarono saldi stati
nazion�li.
Oggi, dopo la grande guerra, scomparso ogni medievalismo
(tanto nel protagonismo comunalistico, feudalistico o signorile,
quanto nel deuteragonismo democratico, figlio del contrattualismo
della Enciclopedia e di G. Giacomo Rousseaµ) oggi, si inizia l'era
degli stati nazionali sovrani ; stati di· diritto, secondo la dottrina
maturatasi in contrapposto e in prosecuzione del democratismo
statofobo della borghesia liberale nelle sue forme europee e tran­
satlantiche, derivanti però ambedue dal contrasto fra il borgo e
il castello, fra l'urbanesimo e Ja campagna, fra la fabbrica e la
corporazione.
Oggi non può più consentirsi una doppia legge, non più una
doppia anima, non più l'alibi del principio superiore, o della legge
superiore.
Anche il ridicolo, arma potente, dobbiamo adoperare verso e
contro le pinzocchere della legge superiore, siano esse imbottite
di dollari e brille per sbornie prese in regime asciutto, oppure
provengano dalle nebbie del Nord, impacchettate come il cotone
fenicato o come i preservativi per uomini.
E, in casa nostra, tanto per non dimenticarci, si dovrebbero
leggere le pagine di fuoco che Arturo Reghini ha scritte contro
certe libere (per modo di dire) muratorie di perenne marca stra­
niera, alimentate, sofisticate, imbellettate alla straniera.
Si va cercando da gruppi diversi affannosamente la regolarità.•.
Questa regolarità significa : berretto frigio liberté - Egalité -
- 165 -
Fraternité o cilindro fasciato della bandiera polistellata ; vuol dire
schiavitù allo straniero, menzogna in casa nostra per simulare ciò
che non si pensa, a profitto di chi ?
Detl' Associazione per il movimento dei forestieri ?

GIULIO CAPURRO

UNA VITTORIA MERITATA

Il nostro giovane e valente collaboratore, il pittore e dise­


gnatore Dario Wolf, creatore della bella ed ammirata copertina
di Atanòr, ha vinto il premio Calderon, per il disegno, istituito
dal colonnello Calderon all'Accademia Britannica di Belle Arti in
Roma, conferito alternativamente per la pittura e per il disegno
agli studenti inglesi ed italiani.
All'amico ca1issimo, all'artista modesto e valente le nostre
congratulazioni.
- 166 -

MASSIME DI SCIENZA INIZIATICA


(Vedi numero precedente)

2. La contemplazione dà la conoscenza

La prima massima di Amedeo Armentano ci ha detto quali


sono le condizioni cui è necessario soddisfare per potere cono­
scere. Questa ci dice la condizione sufficiente : La contemµlazione
dà la conoscenza.
Udiamo già qualche lettore borbottare che questa non è una
gran novità. Ne siamo perfettamente persuasi; e siccome non pò­
niamo il nostro impegno nell'apparire originali, nel costruire nuovi
sistemi di filosofia, nei portare il solito sassolino o contributo al
l'edificio della Scienza, ma soltanto nell'essere fedeli interpreti della
conoscenza e della tradizione esoterica, così questa critica ci lascia
indifferenti. Nè con questo intendiamo trincerarci od appoggiarci
ad alcuna autorità; vi sono ormai tanti occultisti che sono gli
unici, i veri, i soli portavoce, rappresentanti, delegati, patentati
brevettati (e che più ?) della vera Rosa Croce, dei Templari garantiti'
della famosa Loggia Bianca del Tibet, che noi miserelli non osiamo
neppure scendere in lizza a dichiararci i veri eredi della sapienza
di questa o di quella associazione o scuola. Quel che diciamo non
si basa che sulla nostra esperienza; e, naturalmente, la verifica
non può ottenersi che con una consimile esperienza. ,
Il riconoscimento della incapacità ed insufficienza tlel pensiero
per conseguire la conoscenza, pone il problema dei mezzi indi­
cati all'uopo. Dalle pratiche di yoga indiano e di ascesi taoista,
buddista e cristiana alle cerimonie dei misteri, dall'estasi plotiniana
alla grazia illuminante, dall'assimilazione a Dio dei pitagorici alla
intuizione del Bergson, si ha tutto un assieme di designazioni di­
verse e di concezioni più o meno giuste e precise della via da
tenere.
A noi la parola contemplazione sembra la più adatta a desi­
gnare il mezzo per conseguire la conoscenza.
- 167 -
Essa non ha nulla a che fare, lo ripetiamo, col ragionamento.
Parlare di contemplazione razionale è cadere in un controsenso.
La contemplazione di cui intendiamo parlare non è la meditazione'
non è un assorbimento nel pensiero, nè una concentrazione insi-
stente in un determinato pensiero. E non è neppure una preghiera,
una esaltazione sentimentale e devota. La contemplazione pone la
coscienza del contemplante in comunicazione ed in comunione con
la coscienza indifferenziata. Vi ha assimilazione, immedesimazione.
La nostra coscienza diviene il Tempio consacrato, di cui i
templi pagani, cristiani, templari e massonici sono l'immagine ed
il simbolo esteriore. In questo templio ogni limitazione scompare ;
esço è il simbolo dell'universo. Per questa ragione il templio mas­
sonico si estende ritualmente da Oriente ad Occidente, da Setten­
trione a Mezzogiorno e dalle oscure profondità del Nadir si eleva
alle celesti altezze dello Zenith. In simil modo l'augure etrusco
circoscriveva e consacrava sul terreno un tempulum con una sepa­
razione puramente ideale dal rimanente spazio. È il miro ed ange­
lico templio (Parad. vxvm, 57) cui Dante, risalP.ndo dal Nadir
terrestre, perviene, ed ove si trovano i contemplanti abbigliati
delle bianche stole templari.
Secondo il pitagorico cardinale Niccolò da Cusa, nel templio
edificato da Salomone in Gerusalemme è la visione di Dio. « Poichè
il templio ivi edificato da Salomone non fu altro che il luogo wr
la visione degli Dei, il quale il principe dei sacerdoti consultava,
dove si tenevano in iscritto i responsi dei profeti, dai quali i sa­
cerdoti investigavano le cose occulte ». (Niccolò da Cusa, Opera;
Basilea 1565, pag. 632)
Questo templio del Cusano non serve dunque per recitarvi le
orazioni o per celebrarvi delle funzioni, ma per effettuarvi le mi­
stiche nozze dell' « anima zelante, che viene scelta in sposa per il
figlio di Dio, il quale abita l'immortalità ossia l� celeste incorut­
tibilità » (Cusano, ibidem), le nozze alchemiche del Re e della
Regina, del Sole e della Luna, dell'Oro e dell'Argento.
Tutto questo va fatto con la medesima calma e serenità im­
personale con cui un matematico integra un sistema di equazioni
ed un chimico opera sopra i suoi reagenti. Si tratta di arte o
scienza reale e non di misticismo. ll linguaggio cristiano si presta
come qualsiasi altro ad esprimere le condizioni e le fasi dell'ope-
-168-
razione, • ma malauguratamente i lettori cristiani sono di solito por­
tati ad intendere molto male le cose spirituali ed ·a scambiare te
pratiche della scienza ermetica con quelle della devozione.
E questo è un grandissimo errore, perchè se è vero che la
contemplazione non si effettua col pensiero, è egualmente vero
che essa non si effettua col sentimento; e tanto meno coll'utero.
Gli isterismi sentimentali, gli spasimi di amore per Gesù, sono
sentimento, passione, patologia. Non solo non servono; ma ab­
biamo veduto che sono d-i danno e· di ostacolo; e bisogna eli­
minarli.
La grazia di Dio che ìl Sendivogio, il Filalete..... dicono ne­
cessaria, se non vi è la guida dl un Maestro, non ha nulla da
spartire colla carità cristiana e con l'amore del prossimo ; ed in
generale tutta la terminologia ermetica si sottrae al pericolo di
una degenerazione in misticismo. Con essa è evidente che si tratta
di scienza e non di religione, di iniziazione e non di misticismo, di
esperienza e non di credenza, di contemplazione e non di devo­
zione, di sublimazione e non di umiliazione della coscienza.
Potremmo riportare innumeri passi di antichi sapienti dai
quali traspare una coscienza pratica effettiva di queste cose. Plo­
tino, Bruno, Campanella, ìl Cusano sono delle vere miniere al
riguardo. Ma a dare un esempio di terminologia cristiana sapien­
t-èmente adoperata, riportere"mo una pagina di un alchimista e me­
dico spagirico del principio del 700, pagina che occorre leggere
con altrettanta sapienza, ed in cui sarebbe un errore vedere niente
altro che uno dei soliti sfoghi mistici a base di amore e di devo­
zione con l'uso delle solite espressioni e tiritere consacrate e ve­
nerate di cui nessuno si preoccupa di intendere il senso.
Ecco il passo che traduciamo dalla Basilica Chymica di Oswald
Crollio (Francoforte 1608) e precisamente dalla pag. 105 della
praefatio admonitoria :
« Chi non si unisce per adesione a questa unitissima Fonte ed
unica unità, è necessario perisca in eterno, e che per la seconda
morte venga separato dalla Luce e dal/a Vita, e venga gettato nelle
Tenebre esteriori del Mondo Caliginoso, la quale mancanza dal
conspetto di Dio è la più acerba di tutte le pene.
Conoscere che lo stesso Dio è l'artefice di tutte le cose, e pas­
sare tiz lui con la completa immagine della somiglianza o con certo
- 169 -

essenziale contatto senza vincolo, col quale lo stesso Dio st tra­


sforma e si comp�e, _è pre�isamen�e l� ve'.a e solida filosofia. Per­
tanto la mente dez ftlosoft Adepti, dt cut per la maturità di vita
terrena il 1t0Àl't!oµa. è in cielo, pei quali uno solo è tutto in tutto, e
tutte le cose una sola cosa in uno ; i quali sempre queste cose tran­
sitorie vedvno con l'occhio sinistro, ed il cielo col destro, la mente
di questi sempre fu lungamente remota ed aliena da superiore so­
fisma. Poichè, lasciato a tergo il mondo posto nel maligno, con
meditazione tranquilla e religiosa, risvegliati dal sepolcro del loro
corpo o dalle opere morte delle tenebre colla cooperazione della grazia
divina, poterono aprire gli Occhi del cuore e per separazione della
mente dagli ostacoli terreni poterono nello stesso sè, nel Sabbato
del cuore, divcrtere a Dio, e con beatissima visione ossia can un
solo e semplice intuito dall'interno, con una specie di contatto es­
senziale della Divinità, poterono vedere tutte le cose in uno, e nel
lume di Dio come in uno specchio di eternità poterono contemplare
la bellezza del Sommo Bene, incomprensibile alla Vecchia Creatura,
considerarono infortunio quella che è la dimora in questa valle di
miseria e di ignoranza: Il nostro Cuore infatti è inquieto, sino a
dai che lasciato a tergo il bellissimo niente (ossia la regione delle Te­
Pio- nebre e dell'Ombra morta) ritorniamo all'Ente degli Enti (da cui
al peregriniamo), come a prefisso scopo di ogni desiderio e volontà,
1ien· cui ogni creatura anela e sospira. Perciò, denudati, ed abbandonati
me• da ogni creatura, si abbandonano ed escono totalmente di sè, di­
gere sprezzate tutte le cose corporee ed incorporee, si affrettano sospi­
enle rando all'uniw e perfetto, la cui cognizione e contemplazione (il
ivo­ che quel sapientissimo Ermete dalla veneranda canizie e piissimo
antesignano dei filosofi della natura, e primo profeta nella sua Mo­
ve· nade pure conobbe) è il sacro celeste ed occulto silenzio, la quiete
dei sensi e di tutte le cose, dove finalmente assolto il compiio delle
miserie, dei lavori e delle peregrillazioni, con unanime amicizia, tutti
gli uomini in una sola • Mente, in un certo modo inef/abile profon­
damente una sola pervengono. Intima visione di Dio e conoscenza
intuitiva di Dio, la quale continge anche in questo mondo all'anima
separata per il lume della grazia, se alcuno voglia solo liberarsi,
e rendersi suddito a Dio. Cosi molti santi uomini per virtù dello
spirito deificante degustarono in questa vita le primizie della Resur­
rezione, e pregustarono il sapore della patria celeste. Ossia quella
- 170 -
mo':�� spi�ituale dei sa�ti (che gli Ebrei chiam_a�o Mortis Osculum)
_
pre...tosa m cospetto dz D:o, SQ morte deve dzrsz la pienezza della
vita. Bisogna muoia al mondo, alla carne, al sangue, a tutto l'uomo
animale, chi vuole per l'excessum della mente entrare in questi pe­
netrali dei segreti, e entrare nel Paradiso. L'uomo vivente di sola
mente come angelo evade; e con tutto il petto (per cosi dire) in
certo modo Dio concepisce ».
Ecco quel che si trova in un libro apparentemente dedicato
alla medicina. Ma la medicina di cui si tratta è la medicina• spa­
girica di Paracelso, di cui il Crollio è un seguace. E secondo il
Crollio è proprio èosì che bisogna intendere la medicina spagirica
capace di dare la vita lunga. Questo, dice il Crollio, è l'Elisir di
lunga vita di Paracelso.
Ed a pag. 106 aggiunge: « Questi segretissimi tra i segreti
sempre furono occultati dal volgo dei filosofanti, e specialmente
dopochè gli uomini principiarono ad abusare della Sapienza, dispo­
nendosi al male, la quale Dio aveva concesso per salute ed utilità
loro ».
(Continua)
ARTURO REGHINI

NOTA BENE. - Chi non intende abbonarsi, respinga


att'Amministrazione della Rivista questo fascicolo.
Tuttavia coloro che hanno già aderito per l'abbo­
namento sono invitati a mandare l' importo.
- 171 -

CON LE MOLLE
Tutta tua vision fa manifesta
E lascia pur grattar dov'è la rogna.

I lettori ricorderanno che nel numero di Marzo di Atanòr


abbiamo riprodotto un nostro vecchio articolo, « Imperialismo pa­
gano », togliendolo dal numero di Gennaio 1914 della rivista « Sa­
lamandra•·
Quest'articolo ha avuto la çlisgrazia di dare maledettamente
sui nervi di uno scrittore di cose iniziatiche, il quale ha ritenuto
suo dovere scaraventarci contro una sua fiera requisitoria nel nu­
mero di Marzo - Aprile della rivista consorella « O Tlianatos »,
rivista che oltre ad essere organo ufficiale del Supremo Consiglio
dell'Ordine Martinista .(quello italiano dissidente cosi mirabilmente
presieduto dal noto Avv. Sacchi) è anche divenuta il Bollettino
bimensuale del Sovrano Ordine Militare dei Cavalieri del Tempio.
I titoli sono lunghi anzichenò, ma non è il caso di spaventarsi.
Questo scrittore, al secolo Costantino De Simone Minaci, ha
già avuto con chi scrive queste righe una polemica, svoltasi in
altri fogli, che egli chiuse dichiarando che per suo conto intendeva
porre fine alla polemica. Non gli rispondemmo altro e sperammo
che almeno così si sarebbé contentato. Dobbiamo constatare
che tanta condiscendenza non ha servito a nulla. Ecco, infatti,
Coatantino De Simone Minaci scendere novellamente in campo
« contro i concetti eh'! appaiono nello scritto • Imperialismo
Pagano « con concetti saldi e ben definiti ». Egli afferma che il
contenuto di quell'articolo lo obbliga a prendere la parola perchè
�on si confonda lo spirito della Massoneria e deg_li ordini che
intorno a lei si agitano (reparto agitati), con la nostra veduta che
è « in viv?, forte co�trasto con lo spirito moderno » (e con questo?)
e che noi « camuffiamo per massonica ed iniziatica mentre è nostra
speciale «.
Secondo il Minaci l'autore dell'Imperialismo Pagano con co­
_ _
testa pubbhc1z1one • tenta di farsi bello dinanzi al Presidente del
- 172 -
Consiglio ", cosa perfettamente assurda se si rifletta che cotesto
articolo fu scritto oltre dieci anni fa, quando, salvo errore ed omis­
sione, l'attuale Presidente del Consiglio dirigeva un quotidiano
socialista, e si ponga mente al contrasto tra la intonazione reci­
samente ghibellina dell'articolo e la politica tendenzialmente guelfa
seguita dall'attuate governo sino al momento in cui scriviamo. In­
tendevamo soltanto, e lo dichiarammo, mostrare con una inconfu­
tabile prova come fosse possibile, al lume della conoscenza ini­
ziatica pitagorica, prevedere sin dall'ante guerra l'avvento fatale
in Italia di un imperialismo, e, poichè 1' imperialismo pronosticato
era pagano e non guelfo, si sarebbe, caso mai, dovuto pensare
che secondo le nostre antiche previsioni un imperialismo gueJfo
in Italia sia da condannare e da ritenere destinato all'insuccesso.
Dopo avere dato colla sua interpretazione questa mirabile
prova di chiaroveggenza, Costantino De Simone Minaci si ingolfa
in una stucchevole apologia del Cristianesimo ed in un� carica a
fondo contro il paganesimo ; carica a fondo che dal suo punto di
vista non ci sembra affatto giustificata, se è vero, come egli pre­
tende, che il cristianesimo ha vinto e trionfato del paganesimo e
ne ha fatto un semplice ricordo del passato.
Così, i lettori dell'organo magno del martinismo e del tem­
plarismo, apprendono delle verità di questo genere; « Nulla di
più falso, di più antistorico dell'affermazione della potenza del­
/' impero romano " Ed ancora: « In politica il paganesimo segna

l'era nefasta della vilfà morale �. Ed ancora: « Oli uomini in allora


vagavano come bruti nel laberinto • della ricerca di un perchè ".
« Praticamente passavano dalla più bassa superstizione alla più
triste delinquenza erotica ». Ai quali lettori martinisti e templari
vorremmo consigliare, sia detto con tutto il rispetto dovuto a
questi alti iniziati, di dare un'occhiatina su quest'argomento anche
al De Monarchia di Dante Alighieri, ai discorsi del Macchiavelli,
alle opere del Montesqieu e del Pareto, tutta gente che del paga­
nesimo e dell'impero romano si è fatta un concetto non precisa­
mente concordante con quello esposto dal signor Costantino De
Simone Minaci.
Costantino De Simone ecc... , dopo aver detto che « il Cesa­
rismo pagano era la negazione della realtà ideale e della libertà
pratica », poche righe dopo aggiunge con simpatica coerenza che
- 173 -
• allora /e forme passionali agivano sovran� e � igeva la . libertà
del disordine ». Si vede che la libertà del dtsordmc, che st aveva
allora nella pratica, non era una libertà pratica.. .
. .
Fortunatamente, a tutti questi orrori pose fme ti cnsttanes1mo
con la sua morale superiore, inventata dal grande iniziato Gesù,
la cui opera, certo, è continuata dagli ordini iniziatici cristiani e
dalle loggie martiniste dove, a quanto asserisce il nostro avver­
sario « s1 TENTA di forzare la coscienza a quei sensi di bontà,
di ar:zore e di carità che Gesù largamente diffuse ml mondo •· Si­
mile concezione del metodo e del compito iniziatici può fare il
paio con la definizione data anni sono da un altro campione della
faciloneria applicata alle cose iniziatiche, secondo la quale e l'oc­
cultista è un uomo dotato di intuizione e di sintesi che CERCA di
penetrare nei lati ascosi della natura con i metodi della SCIENZA �
della FILOSOFIA, e cioè co/l'OSSERVAZIONE e la RAOIONE ••• I> (E.
Frosini. Massoneria Italiana e Tradizione iniziatica. Pescara 1911,
Pag. 79). In simil guisa esprimendosi, ciclista sarebbe colui che
tenta di andare in bicicletta, cavallerizzo quegli che cerca di man­
tenersi in sella, nuotatore chi annaspa per non affogare, ecc-:..
Ecco, dunque, ex ore vestro, la vostra grande sapienza I :Sape­
vamcelo ; ma non è male mettere i punti sugli i, perchè, ed in
questo andiamo d'accordo, non vogliamo che si possa far confu­
sione tra la nostra speciale veduta che « camuffiamc per iniziatica »,
e la veduta corta d'una spanna di certi Gran Maestri e di certi
arruffoni.

Ma, nell'articolo di cui ci stiamo occupando, vi sono anche


pare persino impossibile, delle affermazioni che non è necessari�
contest�re. Soltanto che, mentre il Minaci ne fa un capo di accus
_ a
iontro ti paganesimo, per noi esse ne costituiscono un merito .
. �ero, per esempio che " la religione romana non era una re­
ltgzone :, o per e�sere più esatti non aveva quei
caratteri e quegli
elemen!1 eh� ogg, vanno associati di solito a
cotesta parola. Non
�veva infatti dogmi, non aveva credenze da imporre, non aveva
mtoller��ze. Non ci sarà stata allora la
libertà cara ai cristiani de-
mocrattc1 ,• ma vi era, per davvero, .
. . 1a liber tà di pensare a proprio
piacimento, socialmente e legalmente •
riconosciuta ; poichè la reti-
- 174 -
gi one della carità e dell'amor del prossimo non aveva ancora ap­
portato la santa inquisizione, il pio sadismo, la ·crociata di Simone
di Monfort, la guerra dei venti anni ecc...
Altra affermazione del medesimo genere : « Nel cuore dei più
alti filosofi il mondo dei sensi viveva gigante, essi staccavano la
vita del cervello da quella del corpo. Potevano benissimo di ritorno
dai sodalizi filosofici recarsi al loro privato bordello e giacere
con femmine e fanciulli ". A dire il vero non ci sembra un carat­
tere di inferiorità questa potenza della mente che non si lascia
menomamente turbare ed alterare da quel che :iccade o non ac­
cade nel mondo dei sensi, questo dominio di tutto l'essere che
non ha bisogno di rinunciare ai sensi per poter vivere la vita in­
teriore del sapiente e dell' iniziato. Nè ci sembra giusto ed inizia­
tico basarsi sopra una morale speciale, in questo caso la cristiana,
per condannare i gusti ed i costumi di una civiltà basata su tut­
t'altra morale. Il fare di una morale miope, meschina, selvaggia,
costruita di pregiudizi, di ignoranza e di fanatismo, la morale as­
·soluta di tutti i tempi e di tutti i luoghi, è fare precisamente il
contrario di quanto deve fare chi vuole assurgere all'universalità.
Col restringere la propria visione, col limitare la propria com­
prensione, coll'accettare i dogmi della religione morale imperante
nel natio borgo selvaggio, ci si pone nella impossibilità di com­
prendere i feno:neni della vita che l'iniziato deve giungere a con­
siderare ed osservare serenamente ed intelligentemente dal punto
di vista integrale della divinità e non dal punto di vista della
bestia-uomo, moderna, ben pensante, artefatta e cristiana.
Eppoi, anche rt:stando nel semplice campo della logica e della
giustizia, perchè, trattando di queste cose alla. stregua di una pre­
tesa morale superiore e assoluta, adoperare due pesi e due misure?
Noi non abbiamo nè per Socrate nè per Gesù il menomo
beguin; ma siamo sempre disposti ad usare eguaimente verso
l'uno e verso l'altro modi urbani e gentili. E davvero non sappiamo
vedere perchè il piagnisteo dell'asiatico : « allontana da me questo
calice; perchè, perchè mi hai abbandonato, ? ecc... ,. debba tornare
a suo grandissimo onore, più che non torni ad onore del greco
la serenità nel chiedere, giunta l'ora, il veleno letale.
E se si vuole condannare Tizio, che nell'ultimo giorno di sua
vita, discorrendo dell' immortalità dell'anima, si permise, ohibò,
- 175 -

di carezzare le fluenti chiome del suo benamat� dis�epolo, perchè


mai non vi deve essere nulla da ridire su conto dt Caio che permet­
teva al discepolo diletto di coricarsi, eziandio nella cena, sul suo
petto ? (a, xci:l cxvansaav iv i:if> �e!1tvqi i1tl ,:ò �9oç ocù:oil.)
Ed altre cose in copia potremmo aggmngere se non temes­
simo di scandaliz;are le a;ime timorate. Queste incontrovertibili
verità infatti hanno per effetto di scandalizzare ili uomini che
all'on;sto e freddo riconoscimento del vero preferiscono l'attacca­
mento inerte e fanatico ai loro pregiudizi. Ed è noto che, quando il cri­
stiano si scandalizza (il che accade specialmente se gli pestano
il callo del moralismo), va in bestia, perchè si sente autorizzato a
lasciare completamente da parte il decantato amore del prossimo
ed a mostrarsi quale veramentè è rimasto sotto la vernice ipocrita
della pietà e della carità. Provare per credere. Qualunque lac­
che::zo diventa allora ai suoi occhi ed a quelli dei suoi correligio­
nari in moralismo un'opera meritoria, come la sancta simplicitas
della vecchiarella che si affannava a portare fascine per il rogo
di Giovanni Huss. La morale conferisce all'uomo, che normalmente
è soltanto una bestia, il diritto ed il dovere di diventare una
bestia feroce.
Anche il Minaci dalle quistioni di idee e di scienza scende
subito alle quistioni personali. Poichè noi, come il Machiavelli, il
Leopardi, il Guyot, il Sorel, il Pareto ed anche Mussolini, abbiamo
dichiarato di non credere alle « magnifiche sorti e progressive ,.
dell'umanità, il Minaci si scandalizza e ci chiede la prova di questa
nostra incredulità, dimenticando che giuridicamente e scientifica­
mente l'onere della prova grava su chi afferma e non su chi di­
chiara solo di non avere motivo di accettare ia apodittica affer­
mazione. Ebbene, per spiegare questa nostra irriverente incredu­
lit�, il Minaci afferma che certo .. nel nostro cuore non appare lo
.
spmto della bellezza e della bontà ", o forse calunniando noi
stessi crediamo « che nulla ci parli di affratellamento umano
.
Ora fin dal primo· numero di questa rivista dicemmo che noi
facevamo questione di scienza e non di credenza. La
credenza �
un mobile utilissimo, in cucina, soltanto in cucina
' per riporvi le
stov1g r
• 1e e Ie pietanze. E siccome non vediamo quale conoscenza
app?rti il credere nel progresso o nel
regresso, così ci asteniamo
dal! accettare questo postulato. Parimente,
agli effetti della cono-
- 176 -
scenza, non serve a nulla il credere che Gesù sia un grande ini­
ziato, che la sua morale sia una morale superiore ecc ... ; e tanto
meno il forzar la coscienza a quei famosi sensi di amore, di bontà
e di carità, di cui la manifestazione è visibile ad occhio nudo, dal
rogo al manganello.
Comunque alle insinuazioni personali del Minaci possiamo rispon­
dere che se nel nostro cuore appaia o non appaia lo spirito di bellezza
e di bontà è cosa che non IÒ riguarda menomamente:e che ancora
non lo abbiamo preso per nostro confessore particolare, nè abbiamo
riconosciuto la sua competenza in shnile campo. Attacchi i nostri
scritti e lasci stare la nostra persona; giacchè te questioni ad ho­
minem non hanno nulla a che fare con i problemi universali di cui
stiamo trattando. Per giudicare la sapienza del pensiero di Bacone
od il valore stilistico di una pagina dell'Aretino non serve a nulla
andare a considerarne la vita privata. Nè un teorema di geometria
diverrebbe falso se il suo scopritore finisse in galera per furto.
Se anche dunque noi fossimo il peggiore arnese del mondo
sarebbe un errore basarsi su questo per confutare quel che scri­
viamo. Ad ogni modo possiamo assicurare che non solo non abbiamo
mai preso a pedate nostra madre come fece quel pagano di Nerone,
ma non abbiamo neppure mai detto a nostra madre: Donna, che vi
è egli di comune fra me e te ,. ? Certe cose, noi pagani, noi senza
cuore e senza sentimenti, non riteniamo savio di dirle, non fosse
altro che per gentilezza, virtù questa eminentemente gentile, ov­
verosia pagana.
ARTURO REGHINI

Capiat et sapeat, qui capere et sapere potesi;


qui non vel taceat, vel discat;
aut abeat, aut talis, qualis est, maneat.
(Henricus Khunrath - Amphitl!atrum Sapientiae Aete�nae).
- 177 -

LA POTENZA
COME VALORE METAFISICO
Abbiamo ritenuto superflua la cons;1eta esplicita dichiarazione,
per la quale ogni collaboratore è responsabile di quanto afferma
e scrive.
,. Atanòr ,. è una rivista di studt, e le sue pagine sono aperte
a tutti gli studiosi. Esse sono chiuse soltanto agli analfabeti ed ai
fanatici delle varie sette e religioni, che pur di fare la propaganda
alla loro fede non esitano a bistrattare la scienza per correre sulle
ali dell'entusiasmo e dell'immaginazione.
Siamo perciò lieti di pubblicare questo pregevole ed acuto studio
di]. Evo/a, uno studioso che dimostra di tenersi molto accurata­
mente in contatto con le mutevoli correnti dello spirito moderno.
Ad altri invece, come a noi, può non interessare gran che il con­
nettere la scienza _iniziatica con lo spirito d'oggi o di domani, di
questo o di quel paese, di questa o di quella scienza, filosofia,
religione e morale.
La scienza iniziatica sta per conto suo senza alcuna connessione
possibile con le teorie e le speculazioni filosofiche elaborate dagl!
uomini, e rispetto ad essa le impalcature della dommatica e l'an­
fanare del progresso scientifico hanno il valore effimero di tutte le
cose che passano.
Pure, in una rivista di studi iniziatici, non è fuori di luogo
nè privo di interesse l'osservare ed il rilevare l'importanza che
vanno assumendo da qualche tempo agli occhi dei pensatori più
intelligenti ed inquieti certe questioni di carattere iniziatico e l'atti­
tudine dello spirito moderno di fronte ad esse.
LA DIREZIONE.
- 178 -
1. Il contenuto del presente saggio, pur realizzando un'autono­
mia a sè propria, va a connettersi a quell' insieme di posizioni, che
chi scrive ha voluto indicare col termine di idealismo magico. Uno
dei principi fondamentali che da tale dottrina, con riferimento alle
conquiste della moderna gnoseologia, viene affermato, è che in
tanto la conoscenza può esser intesa come capace <li fornire un
sistema di assoluta certezza, in quanto si va a concepire il pen­
siero non più come modellantesi sulle cose, bensì come modellante
esso stesso le cose; cioè. non più come un passivo riprodurre,
bensl come un porre, come una funzione generante, con la sua
energia, l'oggetto del conoscere nello stesso punto che la cono­
scenza di esso. Tale teoria fu intravista sin dal Vico, che la fissò
nella nota formula: « verum et factum corventuntur » cioè il vero,
l' incondizionatamente certo, si mutua col fatto, ossia con ciò che
viene prodotto consapevolmente da un'attività dell'Io. Concezione,
questa, che nel Vico fu probabilmente provocata dall-'osservazione
delle matematiche, nette quali il carattere di apoditticità e di uni­
versale validità si connette appunto al fatto che esse procedono
essenzialmente per costruzione, secondo una libera posizione e
legislazione dell' lo. Senonchè il Vico, in quanto vi si tenne ad un
concetto concreto si, ma unilaterale delle possibilità umane, si
trovò costretto dal suesposto criterio a restringere la conoscenza
assolutamente certa pec l'uomo, al dominio alquanto misero della
matematica e della storia, sembrandogli questi i soli campi in cui
l' Io potesse essere effettivamente creatore, laddove, circa la natura,
affermò poter venire essa conosciuta secondo sapere assoluto solo
da Dio, suo autore. - Di ciò non si tenne però paga la filosofia
posteriore, e con la " sintesi a priori » di Kant, con l' « intuizione
intellettuale ,. di Fichte e Schelling, col concetto hegeliano di
storia, onde questa non più resta ristretta al campo sociale, ma
riprende in una fenomenologia ideale lo stesso processo della c?­
struzione cosmica, infine con il dialettismo della conoscenza m
atto quale fu elaborato dal Gentile e, con riferimenti più positivi,
dal 'Weber, andò ad allargare il dominio del " fatt? ,. s�ll'inter

Infatti
ambito dell'umana esperienza. Nè poteva essere altnmenh. il carattere
sapere se è parziale, non può avere in alcun modo certezza
metà_ il dominio della
�� assolut� sapere, e spezzare a , m quanto assoluta certezza.
nare ogni certezza
implica in verità rovi
- 179 -

Aut Caesar, aut nihil: se ali' Io non è dato d'intendere come


suo prodotto l'intero sistema dell'esperienza, in nessun modo si
potrà rivendicare sur una parte di questa un conoscere incondi­
zionato, ed allora qualunque istanza di assoluta certezza va re­
spinta nel nulla. - Che le cose stiano cosi, si può mostrare esa­
minando i due campi a cui si restringeva il Vico, la matematica
e la storia. Circa la matematica, oggi si sa che la certezza è sem­
plicemente formale cd ipotetica, in concreto essa si subordina a
quella dei principi primi. Ora tali principi in sede teoretica in
nessun modo saprebbero garentirsi una determinazione unic.a ed.
esclusiva : per fermarsi ad un esempio a tutti noto, a priori è vera
tanto la geometria di Euclide, quanto quella del Riemann, quanto
quella del Lobatschewsky. Chi può dare ad una di queste tre
geometrie teoreticamente compossibili la nota di una non più formale,
ma concreta certezza è, al dire stesso del Riemann e del Lobat­
schewsky (I),. l'esperienza. Specificamente: che sembri volgar­
mente evidente che la somma degli angoli interni di un triangolo
dia 180° anzichè più che meno, che 2+2 faccia 4 e non un altro
numero, ciò non pt ocede da un priQcipio certo a priori o liberamente
posto, bensì dal fatto che ci si trova in un ambiente fisico a cui è pro­
prio un certo indice di densità e non un altro (2), in un'esperiehza
fissata su insiemi finiti anzichè infiniti. Ma finchè questo elemento
di esperienza è qualcosa di dato, qualcosa che è indipendente dal
nostro potere, nulla potrà garentirrie la fissità, e però il sistema di
certezza matematica, che in esso ha le radici, resta irremediabil­
mente dominato dal contingente. - Del pari, nella storia è vero
che il fattore umano sta assai in rilievo, ma essa dipende altresì
dall' insieme di ambiente, condizioni fisiche, ecc. che l'uomo, inteso
in senso sfretto, trova e non fa; e se circa queste condizioni, ap­
punto perchè non « fatte », si deve escludere una conoscenza certa,
è evidente che la storia accoglie nel suo seno un principio oscuro,
che ne svapora in nulla la pretesa assolutezza, spettante solo per

(l) RIEMANN. Ueber die Hypothesen welche der Geometrie zu Orunde


liegen. Abh. d. k. Gesellschaft, Gottingen, 1854, p. 148. LOBATSCHEWSKY,
Pangeometria (Coll. dei lavori geom. di Lobatschewsky, voi. li. p. 618).
(2) Cfr. L. RournER. les paralogismes du rationa/isme, Paris 1920,
p. 28114 e passim.
- 180 -
un intero dominio su tutte le condizioni. - L'esigenza della filo
• sof'ta
d.1 là da v·1co è d unque legitti ma: se, in generale, vi deve essere
una certezza assoluta, nulla deve esser per l' Io, che l' lo non
ab­
bia posto.
2 Ma se reale è l'esigenza, illusoria è la soddisfazione che ad
essa quella filosofia ha dato. Secondo una tale esigenza occor­
reva infatti poter porre l' lo al posto di Dio, poichè Dio dal Vico
e�a prec�samente inteso come il principio sufficiente di quella parte
d1 esperienza che egli pensava cader fuori dall'attività umana. Al­
l?ra occorreva intendere l'individuo non come un che di rigido,
fissato una volta per tutte in certe capacità, bensì come potenza
infinita di sviluppo, ed affermare che un assoluto sapere ha per
condizioni l'estendimento effettivo delta concreta attività dell' lo su
tutto quel mondo, che è il suo mondo ; conseguentemente, che il
punto dell' incondizionata certezza si mutua con quello dell'assoluta
potenza, folgorante da una progressiva affermazione dell' lo di là
dell'amorfa ed obliqua sua vita quotidiana. La teoria dell'assoluto
sapere, svolta conseguentemente, deve dunque trapassare nella
magica poichè, nell'altro caso, non potrebbe conservare neppure
una delle sue posizioni,
Senonchè a questa condizione dell'autocostruirsi sino ad In­
dividuo assoluto, che procedeva logicamente dall' istanza, si oppose
una fondamentale ignavia; e poichè d'altra parte restò l'orrore
dell'altra alternativa, conducente alla bancarotta di ogni sapere in
un mero opinare e in una problematicità schiava della contingenza
del momento, la filosofia moderna si fece a cercare un modus
vivendi: e questo trovò assai a buon mercato nel concetto dell'Io
trascendentale. È molto importante intendere bene la situazione
donde è nata una tale nozione. - lo posso ben dire che ogni cosa,
in quanto da me conosciuta, deve esser ripresa in una mia attività
conoscitiva : la tesi opposta condurrebbe infatti all'assurda affer­
mazione, che vi sono cose da me conosciute (perchè, da me co­
è ne
nosciute debbono ben essere, in un m·odo o nell'altro, affinch
mio
possa parlare) e che tuttavia, in quanto le metto fuori dal _ e
tto?
atto conoscitivo, non posso dire di conoscere. Che la 1ques dubb io,
non v è
stia cosi dal punto di vista dell'astratto conoscere _ _
one as­
e ·1• idealismo, sotto questo riguardo, costituisce
una pos1Z1
punto d'1 vi·sta, re­
solutamente imprendibile. Rispetto ad un tale
- 181 -
sterebbe dunque soddisfatta I' istanza del conoscere assoluto,
poichè I' lo, inteso come il soggetto gnoseologico dell' .idealismo
va indubbiamente a sostituire Dio.
Ma quando, di là dal lato astratto e formale, si investe l'espe­
rien dal punto di vista della libertà e de!I' individuo concreto,
za
le cose appaiono in un ben altro modo : la potenza, che folgora
in sede conoscitiva, si trasmuta allora in massima . in impotenza.
Rispetto al mondo della rappresentazione I' lo risulta infatti come
incatenato e necessitàto, ìn nessun modo gli è concesso - in via
normale - di non percepire o trasmutare ciò che percepisce, di
modificare le condizioni della rappresentazione sia nel riguardo
delle cosidette forme a priori (spazio, tempo, causalità, ecc.), sia
nel riguardo dei vari determinismi fisici e fisiologici ai quali, in
un modo o nell'altro, bisognà bene concedere una certa realtà e
consistenza, poichè le scienze fisiche e fisiologiche non sono in­
·teramente un vuoto suono, e bisogna bene spiegare la possibilità
della loro riuscita, per parziale che essa sia. E la cosa appare
ancor più distintamente nel piano dell'azione propriamente detta,
ove l' individuo concreto si trova ingranato in un' infinità di con­
tingenze che lo costringono a ciò che meno vuole. - Dal punto
di visto gnoseologico, nulla è dunque che non sia po3to dall' Io :
come Mida non poteva toccare nulla, senza che lo trasformasse
ìn oro, così il conoscere non può affermarsi su nulla, senza che
con ciò n0n lo riduca ad un che di condizionato da esso e da esso
posto. Ma, dal punto dì vista della libertà, l' lo appare in un
certo modo schiavo della sua attività conoscitiva, questa si svolge
in determinazioni su cui ha un potere scarso o nullo, che lo pos­
seggono più che egli non le possegga. Ora ciò che dinnanzi a
questa �ituazione restava a fare ad una individualità ignara e pur
affisata alla condizione per l'assoluta certezza, è ben chiaro: e
cioè, restringersi al punto di vista astratto-conoscitivo,· e negare
come illusione tutto ciò che è libertà ed individualità concreta. E
così nacque l' idea dell' lo trascendentale, astrattò soggetto del
conoscere, si badi, non del mio o di qualunque altro reale cono­
scere, bensì del conoscere « in generale », forma vuota divorante il
mondo concteto in entità ideali, che un'attività incomprensibile,
stringente libertà e necessità, individualità e universalità in una
beata coincidentia oppositorum, dispiega in insiemi che Bradley
- 182 -
giustamente intese come « balletti non-terrestri di esangui categorie"·
Un tale Io trascendentale fu posto come il « vero » Io e, con una
_
specie di masochismo metafisico raffinato, ad esso venne con­
trapposto I' individuo della vita concreta e della libertà come
un'astrazione, come un « fantoccio dell' immaginazione ", come un
che di contradittorio il cui solo destino - così si espresse Hegel -
è « la dannazione di una fredda e piatta morte » - nè poteva es­
sere altrimenti, poichè tutto ciò che cade fuori dall'astratto cono­
scere �sala una testimonianza d' impotenza, che avrebbe inesora­
bilmerite dissolto il miraggio dell'assoluto sapere. Così, come notò
acutamente lo Stirner ( 1 ), partendo dalla premessa che solo quel
che è umano è vero, si fu costretti a porre che l'umano vive solo
nella testa del razionalista, nel suo fantastico Io trascendentale,
mentre l'antiumano si trova dappertutto; non solo, ma, andando
in fondo alla posizione, si perviene ad un vero e proprio capo­
volgimento : dalla premessa che l'assoluto sapere è condizionato
dall'assoluta attività e potenza, si va a finire col porre che, in
verità, una tale condizione è invece un'assoluta passività ed impo­
tenza.
3. Che la cosa stia così, si può chiarire mostrando come tali
filosofi siano portati a concepire la volontà. Il Royce, p. e., in un certo
modo accetta il piincipio vichiano : l'effettivo essere C:elle cose,
egli dice, si risolve nel loro essere og�etti di un 'affermazione della
volontà individuale: le cose sono incarnazioni compiute di scopi,
che in sede teorica hanno solo un'espressione parziale ed indeter­
minata. Sta bene ; ma risulta di fatto che spessissimo le cose con­
trastano, deludono o addirittura sconfiggono l'effettiva e consape­
vole volontà dell' individuale. Come si spiega ciò? li Royce si
trova spinto a questa graziosa soluzione: che una tale effettiva, consa­
pevole volontà è illusoria ed astratta, e che ciò che l'Io «veramente"
vuole in tali casi sta appunto in quel che lo violenta o delude (2).
Ossia ciò che egli crede di volere, egli non lo vuole - egli può ri-� o
noscere la sua « vera » volontà solo nelle determinazioni con cui le

(1) STIRNER, Der Einzige und sein Eigentum, ed. Reclams Bibliothek
p. 172, cfr. p. 'Ji11.
(2) ROYCE, /I mondo e l'individuo, trad. ital., Bari 1914, v • Il •
p. 129, cfr. p. 121.
- 183 -

cose spezzano la sua reale volontà. Conclusione : la « vera " vo­


lontà dell' lo è la sua negazione e, più precisamente, la persona
della s�a impotenza. Non si ha cioè un'attività dell' lo che, secondo
assoluta, creatrice potenza, incarna nelle cose, in un moto dal
di dentro al di fuori, ciò che egli liberamente vuole. Al contrario:
Ja mia volontà deve invece farsi dire dalle cose ciò che essa ha
• liberamente » voluto, il criterio del mio vero volere è fornito dal
dato, dall'esterno, e in quanto a ciò che io, come individuo con­
creto, voglio, esso è un'ombra, un'illusione causata dalla mia in­
coscenza e dalla mia finitudine. Al Royce ripugna ammettere che
l'idea o il volere si conformi alla natura, chè tale è il profondo
senso della sua dottrina, e crt'de di salvarsi dicendo che questa
natura incorpora un sis1ema di fini di un'ordine divino: ma con
ciò le cose in nulla cambiano, il midollo del processo resta del
pari esterno alla mia concreta individualità, che di contro ad esso
viene privata di ogni potere e di ogni reale autonomia. Si sente
il bisogno di richiamare l'attenzione del lettore sulla profonda im­
moralità e sulla tragica ironia di ta,le dottrina che coerentemente
svolta, conduce all'apoteosi dell' impotenza, alla dissoluzione del-
1' individuo sulle cose e però a nulla più che ad un materialismo
raffinato e potenziato. Questo svolgimento si ritrova p. e. nella
filosofia del Gentile ; a centro della quale sta il concetto della
cosiddetta « libertà concreta », cioè della libertà che è identica alla
necessità, che non è il principio sufficiente di un'assoluta, arbitraria
legislazione, ma che segue la fatalità di una legge razionale « ul­
tima ed incondizionata " (I); questa la svolge in un infinito divenire,
di cui dunque non possiede la ragione, nel quale; secondo il prin­
cipio che non v'è autocoscienza fuori dai vari contenuti della co­
scienza, la luce e la persuasione dell' lo folgorano solo nel punto
in cui le varie determinazioni dell'esperienza violentano un indi­
viduale che ad esse si adegua e che ogni autarchia nega nell'assorta
demiurgicità dell'atto. - Come è noto, nel farsi violentare sta il
piacere della donna, e però qui si vuole lasciare il filosofo sce­
gliere il sesso che meglio gli conviene. Va solo notato che un
tale movimento, culminante nella più netta dissoluzione di ogni
libertà e concreta individualità, è una logica conseguenza della

(1) OENTILE. Logica, Bari 1923, v. Il, p. 68.


- 184 --
condizione per un sapere assoluto, quando essa
vada ad affer­
marsi presso un'ostinata ignavia dell'Io concreto.
Solo una tale
abdicazione può infatti dare I' illusione di una potenza.
È chiaro
che, col cavarsi gli occhi, si abbia modo di non vedere
ciò che
pur esistendo, non si ama vedere : non altro è il senso del
movi�
mento per cui dall' Io concreto ci si rimette ali' Io trascendentale.
4. Si consideri l'esperienza umana in tutta la sua concretezza,
allora il problema posto spinge ad una ben altra soluzione. Poichè
appare anzitutto che un puro conoscere è un'astrazione mai esi­
stita, che qualunque determinazione conoscitiva e logica, il pensiero
e le sue leggi non_ sono quakosa di ultraterreno, volgentesi auto­
maticamente secondo norme eterne ed indifferenti all'umano, bensì
sempre il prodotto di un'attività, bensì sempre le espressioni, sim­
boliche di forze profonde di vita (I). Del pari, le categorie non
sono astratte forme conoscitive, ché l'Io troverebbe in sè belle e
fatte, èadutegli non si sa da dove, bensì sono, come già fu inteso
dalla filosofia vedanta e buddhistica, semplicemente modi dell'at­
tività e della iibertà, che esistono finchè esiste la correlativa af­
fermazione dell' individuale, e cadono o si trasmutano col cadere
o trasmutarsi di questa. Ma se il prius non è mai l'astratto cono­
scere o la verità logica, bensì l'attività, la volontà, l' individualità,
è chiaro tutto l'assurdo di contentarsi del punto di vista del
soggetto gnoseologico e di cancellare, con una specie di verdetto
d'autorità, l' insieme profondo delle potenze di vita, di passion�,
di sforzo che presiede alle sue formazioni e di cui la stessa atti­
vità filosofica è soltanto un momento parziale, sospinto da una
vicenda sconvolta di elementi, che I' individuo, finchè si tenga
fermo al piano dell'astratto speculare, in nessun mo�o. potrà ??­
minare. Allora la sufficienza dell' lo trascendentale s1 nvela u:1 il­
lusione e una rettorica, ad essa si contrappone I' impotenza del:
dt
I' individuo concreto, e, presso alla più distinta consapevolezza
assoluto
questa antitesi, è da affermarsi che la certezza e il sapere
a potenz
sono un vano nome, là dove non rispecchino la. con�re� . :.
alto di un' incondizionata, arbit raria hberta, d
di un Io che, dall'
--
I teazione di ques ta
• tT
. gms
(1) Una e�.posizione suggestiva (; un , ampia
. a1.t deI pen-
zwn
tesi si trova nell'opera : G. ABBAONANO. Le sorgen fi irra
sitro, Napoli, 1923.
- 185 -

mini l' insieme di tutte quelle condizioni e di quelle energie, in


cui si plasma la totalità della sua esperienza. L'assoluta certezza
si estende tanto, per quanto si estende la mia potenza e il mio
dominio : tutto ciò che sfugge alla mia volontà e alla mia signoria,
è da dirsi da me non conosciuto secondo un sapere certo, poichè
il suo principio che, per Ipotesi, mi trascende, sarà sempre qual­
cosa di cui non potrò mai esser sicuro, qualcosa che potrà sem­
pre sfuggirmi e deludere e far false, con variazioni imprevedute,
le posizioni che ad esso connetto. Il processo del conoscere e
quello dell'assoluta autorealizzazione, dell'elevazione dell' individuo
a Signore universale, cadono allora .in uno ste�so punto, dal che
appare altresì essere il principio dell'errore e dell'oscurità nulla
più che quello dell'impotenza. Una tale teoria, se suona molesta
alla mentalità europea, si riconnette ai principi fondamentali della
sapienza di Oriente, secondo la quale si ritiene che pochi pregiu­
dizi sono così assurdi, quanto quello, irradicato nella cultura mo­
derna occidentale, onde si pensa che chiunque, purchè abbia un
certo grado di chiarezza intellettuale, qualunq!le sia la vita in cui
si lascia vivere, possa partecipare, mediante l' insegnamento co­
municatogli dalla scienza e dalla filosofia, ad una reale certezza (1).
Si stia certi che su questa via nessuna violenza potrà far mai sì
che dell'assoluto sapere s' incontri altro che l'ombra deforme ed
inconsistente. La veduta {legli orientali, che poi riecheggia nella
}llistica di ogni luogo, è invece che il processo conoscitivo è
condizionato dal processo di effettiva trasformazione e di poten­
ziamento dell' lo concreto, che l'assoluto conoscere è un flatus
vocis quando non rappresenti come il fiore o la luce sgorgante
da colui che, con la sua potenza, si è compiuto nell'assoluta auto­
realizzazione del rishi vedico, dell'ahrarat buddhistico, del phap
taoistico.
In definitiva: finchè qualche cosa esista, non si dà assoluta
certezza; finchè esista un mondo in quanto mondo, cioè come un
che di • altro », come un insieme di potenze impenetrabili e resi­
stenti, l' Io, in verità non esiste. Ma questa negazione del mondo
come condizione della certezza non va intesa in modo astratto,

(1) Cfr. J. WOODROFPE, The World as Power, Madras, 1922 v. I,


Reallty, p. 14, 109.
- 186 -
ossia come un assoluto annullamento di ogni forma, come un vuoto
e indeterminato nirvana. Al contrario : essa si riconnette a colui che
non cede al mondo e nemmeno fugge da esso, bensì che si mette
faccia a faccia con esso, che lo domina interamente, e che in ogni
determinazione riconoscendosi allora come ente di potenza, con ciò
dimostra la non - esistenza del mondo stesso in quanto « altro », cosi
come, nello stesso punto, l'assoluta realtà di esso, nell' infinità
delle sue forme, in quanto semplicemente manifestazione di un' in­
condizionato autovolersi dell'Individuo assoluto, del!' Unico.
Stabilita così la subordinazione del problema gnoseologico al
principio di potenza, resta da elaborare una distinta comprensione
del concetto di questa affinchè risulti effettivamente il punto ca­
pace di risolvere l'esigenza dell'assoluta certezza. - Si vedrà come
per un tale assunto si venga altresì a determinare ciò che va pen­
sato nel concetto di libertà, se questa non deve svaporare in un
vuoto suono.
(Continua).
J. EVOLA.

NOTA. - Questo saggio, tratto da una conferenza tenuta il. 10 aprile


1924 presso la « Lega Teosofica» di Roma, esce contemporaneamente
sulla rivista « Ultra »••
- 181 -

TRA LIBRI E RIVISTE


GIOVANNI A. FICHTE - La filosofia della Massoneria -
Prima versione italiana con introduzione e note di Santino
Caramella - Genova, Libreria Editrice Moderna.

Per chi conosce l'attività filosofica del Fichte, questa prima tradu­
zione italiana della « Filosofia della Massoneria » redatta da Santino Ca­
ramella ed edita dalla Libreria Editrice - Genova 1924 - non aggiun­
gerà che poco alla conoscenza del pensiero che ha informato la filo,,ofia
di questo che è considerato, e non a torto, uno dei più forti pensatori
della Germania dell' 800 - Ma il titolo, è titolo ingannevole ; e coloro
che credono di trovar nel trattato tm contributo alla conoscenza delle
cose massoniche, anche se a tal riguardo la loro conoscenza è .limitata
a solo ciò che è di pubblica ragione, rimarranno certo delusi - Non è
che qui si voglia negare Il valore che queste lezioni, tenute in . loggia
dal Fichte e che gli valsero una discreta popolarità nel• mondo masso­
nico, hanno nel loro complesso; ma ne_ghiamo in modo assoluto che
questo trattato contenga quei prinçipi anche elementari atti a formare,
specialmente nel lettore profano, chiari concetti sulla attività e sulla
storia dell'Ordine. Queste lezioni che nel presente volume hanno assunto
la forma di lettere ad un giovine profano, si propongono maggiormente
di sviluppare una concezione quanto m1i semplicistica della evoluzione
etica ed individualistica della coscienza, in un ordine dh,tinto dalla so­
cietà umana, in questa operante e vivente; concezione socia:e questa
che ha avuto il sopravvento in determinate epoche e risorge sempre,
causa di molteplici mali e di contraddittorie applicazioni.
La fortuna, del resto, che arrise a queste lezioni del Fichte costi­
tuisce in certo modo la loro più severa e meritata condanna.
Non vorremmo essere fraintesi, data la brevità in cui siamo costretti,
nè che si credesse che 1,1oi volessimo negare il valore speculativo di
queste pagine; ma l'ideale etico che il Fichte assegna di moto proprio
come fine alla massoneria è del tutto arbitrario. Sostituire alla tradizione
iniziatica, la speculazione razionalistica ed • idealistica, significa non
capire affatto le conseguenze disastrose che tale deviazione può arrecare ;
e già fin da quel tempo l'analisi razionalistica, portata alle �ultime espres­
sioni, cominciava a sfociare in quel mare burrascoso di arbitrarismi
- 188 -
scientifici e filosofici, causa non ultima della gran confusione oggi dila­
gante. Chi legge questo libro del Pichte si fa un'idea approssimativa della
Massoneria, tale da confonderla· con un qualsiasi partito politico, vuoi
pure il partito migliore, con una qualunque società filosofica; crediamo
che ciò sia voler diminuire il valore di un Ordine essenzialme,te iniziatico.
Le radici stesse dalle quali è sorta la Massoneria, che hanno ori­
gine nella misteriosofia, il rigoglio dell'Ordine stesso attraverso le in­
finite persecuzioni, dovevan consigliare una certa prudenza; ma per cer­
tuni tutto ciò che è simbolismo, tradizione iniziatica costituisce al più
un patrimonio storico, di cui si può fare a meno e che volentieri si ri­
lega in soffitta fra le anticaglie non pìù consoni alla vita moderna. (Il
Pichte diceva a Thedor von Shon, ministro e burgravio di Mariemburgo
di essere « convinto, con quanta sicurezza è possibile a un profano, che
i Liberi Muratori no:1 hanno alcun fine universale e tutto il loro travaglio
si riduce a cercar questo fine, che sperano di ricavare da simboli e an­
ticaglie » ). E a queste anticaglie si sostituisce il razionalismo idealistico,
con annessi e connessi ormai arcinoti per cui è facile ogni adattamento
a qualsiasi « nova forma » e di cui la mèta è limitata nel solo confine
umano, universalistico e materialistico.
È vero che la presente raccolta sotto forma epistolare contiene delle
lacune e alcune riserve; ma è troppo evidente il pensiero del Fichte e
il metodo suo, per non dubitare dei suoi buoni propositi ; assegnare al­
l'Ordine massonico un fine precisamente sociale fu in sostanza il suo
determinato proposito, e troppo lungo sarebbe citare i passi più evidenti
che confermano questo proposito ristretto. È, cosi, naturale che intesa
i-n tal modo la storia del!'Ordine, questo si ridurrebbe a pura accademia
scientifico--filosofica, a tribuna politica, a una cattedra ambumnte di mo­
rale ad uso di professori disocc upatl, di filo,ofi a spasso in cerca di
quei successi e battimani a poco prezzo e che purtroppo anche oggi ab­
bondantemellte si concedono. A questa corrente che ha avuto un seguito
e che pur oggi alcuni sostengono, è opposta una tendenza, che per tutti
i segni è la più solida e fedele alla tradizione, e che ha per scopo di
riportare l'ordine alle antiche origini, alla antica gloria; questa tendenza,
iniziatica, non invasa da manierismi modernizzanti, lavora per trarre
dal pantano quanto di meglio è stato obliato da secoli, oggi in un co­
raggioso risveglio, conta eminenti uomini che più che alla gloriola di
facili successi tengono alla realizzazione di fini infinitamente superiori
di quelli sbandierati daJli illusi iconoclasti, invasati di modernità ed
altre fantasie. Una pubblicazione recente del Dott. Arturo Reghlni dà
ampie possibilità di confronto anche a studiosi profani che semplice­
mente e sinceramente seguono quei movimenti spirituali che restitui­
scono ali' individuo e la padronanza del pensiero e una coscienza di sè,
- 189 -
come nessuna filosofia può dare, tanto meno I' ide�lis�o attua!e rid�tto
_
a tutti gli usi e ben servito e condito in piatti van dat s1�� on Ge�ttle,
Croce e numerosa compagnia. In questo trattato del Reghm1 e chi h�
_,
conoscenza di cose massoniche non potrà negare che esso sia uno det
più completi e chiari, stampato nel 1922, si trov� r opposi�ione più re­
,
cisa alla corrente modernistica, la confutazione piu categorica a queste
riforme arbitrarie ; corrente modernistica che il Fichte impersona.
Per il Fichte e i suoi seguaci le basi del pensiero massonico sono
poste nell'evoluzionismo etico, che rifugge anzi rinnega la antica sa­
pienza « che la civiltà classica custodiva e perpetuava nel sacri misteri• (J),
fidandosi dei concetti approssimativi e relativi della morale e creando
per ogni bisogno e consumo apriorismi e adattamenti arbitrari. Per co­
loro che si basano sulla tradizione, tradizione iniziatica italica e pita­
gorica, queste concioni più o meno moralistiche e sociali non possono
che dimostrare palesamente l'insufficiente comprensione di chi da uno
sgabello pencolante pretende dettar leggi e riforme ad Ubitum.
Varie altre considerazioni si potrebbero fare su queste lezioni della
.. Filosofia della Massoneria» di ordine prettamente filosofico ; ma sol­
tanto ci siamo limitati a far risaltare il lato negativo del libro del Fichte
dal punto di vista iniziatico, interessandoci questo avanti tutto ; trattan­
dosi infatti di conoscenza non si può ammettere come un filosofo, e per
di più dotato di dottrina molta e di buona costituzione, abbia potuto
incorrere nell'errore di credere possibile l'inserire un suo particolare
punto di vista in un campo assolutamente estraneo a certe esercitazioni
quale è il patrimonio della tradizione iniziatica.
Al di là di tutte le fedi, e di tutte le speculazioni dove il metodo
scientifico profano è inadeguato, permane il grande mistero dell'essere, il
grande arcano della coscienza. L'esoterismo massonico attacca il mistero
alla sua radice, e continua in mezzo alla società cristiana, dorante l'era
volgare, la tradizione di quei misteri di Cerere, grazie ai quali Cicerone po­
teva dichiarare di avere realmente conosciuto i principi delle cose. Perdere
di vista questa posizione fondamentale per ridurre la Massoneria ad una
società filantropica; snaturarne l'universalità, il carattere filosofico esote­
rico per trasformarla in una associazione politica democratica, in una rocca
forte del libero pensiero, e peggio ancora in una specie di setta cristiana,
asservita ad un vago moralismo atto a soddisfare l'unanimità dei pregiu­
dizi, è rinnegare la tradizione e l'ortodossia. (2)

ANICETO DEL MASSA.


(1/ Cfr, ARTURO Rl<:GHINI: L� paruk �u,r:, e di pa8so dei primi tre gradi ed il
massimo mistero mas1;onico. pag. 22.'i.
(2 ) IDEM, pag. 9a.
- 190 -

VEXATIO S'fULTORUM
OVVERO SIA

La Sinagoga degli Ignoranti


« Le affermazioni degli spiriti hanno carattere di semplici racconti
la cui attentlbllità aspetta la riprova personale ... ».
(Da un articolo di Costantino De Simone Minaci, avente per titolo
« Sopravtvenze dell'anima e attentibilità umana", a pag. 21 del fascicolo
di Gennaio-Febbraio 1924 di « O Thanatos ", organo Ufficiale del Su­
premo Consiglio dell'01 dine Martinista).
« La còntradizlone a questa fede non è facile, ed io la poso sul
terreno dell'attentibilità umana ,. (idem come sopra, a pag. 23).
« Nel mondo puro della mente ci è ignota l'alterazione della mo-
,.
rale e della verità eh� rende attentibile il senso immediato della bontà
e dell'amore ». (idem, stesso autore, pag. 23).
« Il pensatore ha il doYere di superare l'uomo emozionale e di con­
trollare· direttamente e coraggiosamente ciò che potrebbero essere i vani
inganni dell'esistenza separata » (idem sempre come sopra, pag. 19).
« La capacità della coscienza a esercitare il discorso subisce sempre
la suggestione dell'epoca, e gli uomini deviati possono divertire I sensi
della conoscenza " (idem, ec:... pag. 21).
E pòssono, anche, clivertire il lettore.
Noi non sappiamo se la correttezza tipografica renda attentibile,
(od attendibile come direbbe il Petrocchi, il Fanfani, il Rigutini, il Tom­
maseo, la Crusca, vuoi eziandio il Melzi) l'ipotesi di attribuire al Minaci
piuttosto che al proto l'uso pertinace della parola attentibilità. La quale
potrebbe tutt'al più indicare la disposizione di una compagnia a mettersi
sull'attenti. Ad ogni modo ci limitiamo a ricordare che la prima delle
sette scienze liberali, di pitagorica e massonica memoria, era la Gram­
matica l
••
« L'anima singola non è tenuta a continuare la catarsi sol rn:entc
nell'ignoranza delle ragioni. Il Karma si può scontare in diverse ma­
niere: in questo vi è libertà I (salute I!!). : i tratta di liberarsi da un
assieme di emozioni che riunite costituiscono il determinato corpo di
dolore. li corpo di dolore è un organismo eterico-astrale, di cui la cor- _
teccia sovrapposta diventa materia massiccia, corpo fisico, non carne,
- 191 -

perchè carne è l'unione di corpo ed emozioni ci? è Ka: ,�an, di cui il


san.:ue è il liquido che contiene la sostanza eterico-flu1d1ca >,
• (Da uu articolo di Orig... intitolato: Sulla soglia di Ades; medita­
zione per gli studenti di occultismo a pag. 28 di O Thanatos, Oen­
naio-Febbraio 1924).
Ma la vera definizione esoterica del corpo di dolore glie la dare:no
noi: Il corpo di dolore non è cl!e la metatesi del dolor di corpo, Ine­
vitabile per chi si pasce di simili intrugli.

•••
Il e Nuovo Dizionario della lingua italiana in servizio della gioventù>,
compilato dal Sac. Prof. Francesco Cerruti, Dottore in lettere, stampato
a Torino dalla Società Anonima Internazionale per la diffusione della
buona stampa nel 1910, a pag. 263, contiene questo insegnamento:
ESOTERIGO = POPOLARE, TRIVIALE.
È bene osservare che non si tratta di un errore di stampa, perchè
la posizione della parola esoterico nell'ordinamento alfabetico dei voca­
boli prova che de\·e proprio dire esoterico.
Ed è bene anche ;.apere che questa perla di dizion11.rio era obbli­
( gatoria nel R. Ginnasio Liceo di Jesi per l'anno scolastico 1923-24.
Bel servizio rende alla gioventù l'esimio sacedot • nonchè professore I

•••
e Meglio l'ignoranza che l'errore. Ciò lo disse Plutarco; ed è vero,
per esempio, nell'arte medica; ma non credo sia vero in religione •.
Cosi scrive il direttore del!' « Evangelista " nel numero del 6 Feb­
braio 1924 di questo giornale. Egli crede perciò che sia meglio l'errore
dell'ignoranza. Ma non il solo Plutarco, pagano, è di opposta opi­
nione; dice Salomone nei Prov. cap. XV, verso 14: e Cor sapientis quat­
rit doctrina111; et .os stultorum pascitur imperitia ·•. E noi, In omaggio a
Salomone, poniamo l'os stultorum nella « Vexatio s tultorum "·

•••
. _« La scuola pitagorica ha per noi un Interesse supremo, percbè fu
1� ptù notevole tent �tivo di iniziazione laica. Sintesi anticipata (11) del­
_
I ellenismo e del cristianesimo (!?), essa innestò il frutto della scknza
sull'albero della vita " (Ed. Schuré - I Grandi Iniziati - Pitagora IV)
Con questa « licenza letterari" " e ,. on altre molte lo Schuré ha cam­
�iato i connotati al povero Pitagora, che dal cristian�simo era proprio
immune.
192 -

•••
« L'escavazione senza dubbio è riferibil • ali' idea del circolo di zero
col quale l'infinito scava i suoi vuoti per la ricerca di liti centro nel
mo moto a turbiglione, virtualizzante le sue tendenze e le finalità sue
« (Alessandro Sacchi - lstituziori: di Scienze Occulte. pag. J 12)

« Ora, scrive anco; a il Sacchi, supponendo che lo zero circolare giri


continuamente, l'immagine riflessa dell'unità centrale, nel proiettarsi di
istante in istante verso e sulla circonferenza, definisce una curva cicloide
che si apre verso l'infinito; e ciò mentre il centro matematico resta
immobile ed invariabile, qualunque sia il movimento della circonferenza.
Così formasi la spirale centrifugale come prodotto del!' irradiamento del
centro verso una periferia roteante ed attraverso ad una superficie cir­
colare roteante anche essa, mentre per mezzo della spirale centripedale
lo zero circolare produce il· proprio centro -. . (Alessandro Sacchi - ibidtm
pag. 22-23)
Con questa smagliante e perspicua prosa e con questo giramento di
zeri circolari, Sacchi A, (Sinesio), spezza il pane deila sapienza esote­
rica alle reclute del Martinismo, ed assicura il prestigio e la sclldità
della catena iniziatica Martinista. Et vides quam parva sapientia.,.
IL VICARIO DI SATANA.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


Morale e peccato - GIULIO CAPURRO . . . . . . . . . . pag. 161
Massime di Scienza Iniziatica, con commento di Arturo Reghini -
AMEDEO ARMENTANO . . . . . . . . . , . . . « 166
Con le molle - ARTURO REGHINI . . . . . . . . . . . » 171
Là Potenza come valore metafisico - ] . EVOLA . . . . . . « 177
Tra Libri e Riviste - La Filosofia dhlla Massoneria - ANICETO
DEL MASSA . . . , , . . . . . . . . « 187
Vexatio Stultorum ovvero sia la Sinagoga degli Ignorant -
IL VICARIO DI SATANA . . . . . . . . . . . . . . « 190

SOMMARIO DEL NUMERO PRECEDENTE


Rosacrocismo Essoterico - GIULIO CAPURRO . . . . . . , pag, 139
L'Esoterismo di Dante - RENÉ GUÉNON . . . . . . . . . « 140
Golgota e Campidoglio - ARTURO REGHINI . . . • . . . . • 146
Massime di Scienza Iniziatica - AMEDEO ARMENTANO con com- « 147
mento di ARTURO REGHINI. . . . . . . . . . .
« 155
Tra Libri e Riviste : Italia - CIRO AL VI . . . . . . , .
. La morte di Rabbi Hiyà - FERNANDO PROCACCIA . . . • • « 160

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REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO • GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA- J. EVOLA • RENÉ GUÉNON- MANLIO MAGNANI· VITTORE
MARCHI - MARIO MORANDI - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGHINI -
OALL!ANO TAVOLACCI.

L'ESOTERISMO DI DANTE
(Vedi N. 5)

Una questione che sembra avere fortemente preoccupato la


maggior parte dei commentatori di Dante è quella delle sorgenti
cui conviene ricollegare la sua concezione della discesa agli In­
ferni, ed è anche uno dei punti in cui appare più nettamente l'in­
competenza di coloro i quali non hanno studiato queste questioni
che in una maniera tutta « profana "· Vi è là, infatti, qualche cosa
che può essere compresa solo con una certa conoscenza delle fasi
dell'iniziazione reale, ed è quel che ci avviamo a tentar di spiegare.
Senza dubbio, se Dante prende Virgilio per guida nelle due
prime parti del suo viaggio, la causa principale sta, come tutti
concordano nel riconoscere, nel ricordo del VI canto dell' Eneide;
ma bisogna aggiungere che questo si è perchè vi ha costi, in Vir­
gilio, non una semplice finzione poetica, ma la prova di un in-
- 194 -

contestabile sapere iniziatico. Non è senza ragione che la pratica


delle sortes virgilianae fu così diffusa nel medio evo ; e se si è
voluto fare di Virgilio un mago questa non è che una deforma­
zione popolare ed exoterica d'una verità profonda, che sentivano
probabilmente, meglio che non sapessero esprimerla, coloro che
ponevano la sua opera accanto ai Libri Sacri, non fosse che per
un uso divinatorio di un interesse molto relativo.
D'altra parte, non è difficile constatare che lo stesso Virgilio,
per quello di cui ci occupiamo, ha avuto dei predecessori presso
i Greci, e ricordare a questo proposito il viaggio di Ulisse al paese
dei Cimmerii, come pure la discesa di Orfeo agli Inferni ; ma la
concordanza che si osserva in tutto questo nùn prova nulla più
che una serie di imprestiti e di imitazioni successive? La verità è
che quel di cui si tratta ha il più stretto rapporto coi misteri del­
\ 'antichità, e che questi varii racconti poetici e leggendarii non
sono che delle traduzioni d'una stessa realtà : il ramo d'oro che
Enea, condotto dalla Sibilla, va per prima cosa a cogliere nella
foresta (quella stessa « selva selvaggia ,. dove anche Dante situa
l' inizio del suo poema), è il ramo che portavano gli iniziati di
Eleusi, e che ricorda ancora l'acacia della Massoneria moderna,
« pegno di resurrezione e di immortalità "· Ma vi ha di meglio,
ed il cristianesimo stesso ci presenta pure un simbolismo simile :
nella liturgia cattolica è colla festa delle palme ( l) che si apre la
settimana santa, che vedrà la morte del Cristo e la sùa discesa
agli Inferni, eppoi la sua resurrezione, che sarà ben tosto seguita
dalla sua ascensione gloriosa; ed è precisamente ìl Lunedì santo
che comincia il racconto di Dante, come per indicare che è an­
dando alla ricerca del ramo misterioso che egli si è smarrito nella
foresta oscura dove lo attende I' incontro con Virgilio, ed il suo
viaggio attraverso i mondi durerà sino alla domenica di Pasqua,
vale a dire sino al giorno della Resurrezione.
Morte e discesa agli Inferni da una parte, resurrezione ed ascen­
sione ai Cieli dall'altra, sono come due fasi inverse e complemen­
tari, di cui la prima è la preparazione necessaria della seconda, e

(1) In francese la domenica delle Palme si chiama le dimanche des


Rameaux, si designa cioè colla stessa parola che designa Il ramo d'oro
di Eleusi ed il ramo dt acacia massonico. (Nota del trad.)
- 195 -

che si ritroverebbero egualmente senza fatica nella descrizione


della « Grande Opera » ermetica ; e la medesima cosa è nettamente
affermata in tutte le dottrine tradizionali. È così che nell' Islam in­
contriamo l'episodio del « viaggio notturno » di Mohammed, che
comprende parimente la discesa alle regioni infernali (isra), poi
l'ascensione nei diversi paradisi o sfere celesti (miraj); e certe re­
lazioni di questo " viaggio notturno » presentano col poema di
Dante delle simiglianze particolarmente sorprendenti, a tal punto
che taluni hanno voluto scorgervi una delle sorgenti principali
della sua ispirazione. In un'opera recente, M. Miguel Asln Palacios
ha mostrato i multipli rapporti éhe esistono, per il fondo ed anche
per la forma, tra la Divina Commedia (senza parlare di certi pas­
saggi della Vita Nuova e del Convito), da una parte, e, d'altra
parte, il Kitab el-isra (Libro del Viaggio notturno) ed il Fotuhat
el-Mekkiyya (Rivelazioni della Mecca) di Mohyiddin ibn Arabi,
opere anteriori di ottanta anni circa; ed egli conclude che queste
analogie sono da loro sole più numerose che tutte quelle che i
commentatori sono pervenuti a stabilire tra l'opera di Dante e tutte
le altre letterature di ogni paese (1 ). Tali coincidenze, sino nei
particolari estrem-amente precisi, non possono essere accidentali,
e noi abbiamo delle buone ragioni per ammettere che Dante si è
effettivamente ispirato, per una parte assai importante, dagli scritti
di Mohyiddin; ma come li ha egli conosciuti? Si scorge un pos­
sibile intermediario in Brunetto Latini, che aveva s.oggiornato in
Spagna, ma questa ipotesi ci sembra poco soddisfacente. Mohyiddin
era nato a Murcia, donde il suo sopra:inome di El Andalusi, ma
egli non passò tutta la sua vita in Spagna, e morì a Damasco ;
d'altro canto, i suoi discepoli erano sparsi in tutto il mondo mus­
sulmano, ma sopratutto in Siria ed in Egitto, ed infine è poco pro­
babile che le sue opere siano state sin da allora di dominio pub­
blico, persino dove alcune di esse non sono mai state. Difatti,
Mohyiddin fu ben altra cosa che il « poeta mistico » che si figura
M. Asfn Palacios; ciò che questi verisimilmente ignora, è che,
nell'esoterismo musulmano egli è chiamato Es-Sheikh el-akbar, vale

(1) Miguel Asin Palacios, la Escatologia musulmana en la Divina


Comedia, Madrid. 1919. Cfr. Blochet, Les sources orienta/es de la DiFine
Comédle, Paris, 1901.
- 196 -
· stro per eccel-
a d•ire 1 1 più grande dei Maestri spirituali, il Mae
f' • e he
I enza, Che la sua dottrina è di essenza puramente meta 1s1ca, e
li' he s�no
molti dei principali ordini iniziatici dell' Islam, tra que I e
•1 p1u• • elevati ed i più chiusi nel medesimo tempo , proce dono d1ret-
· m· '
tamente da lui. Noi abbiamo già indicato che orgam•zzaz1o dt
tal genere furono, nel xm secolo, _v�le . a dire al_l'epoca stess� di
Mohyiddin, in relazione cogli Ord1111 d1 cavalleria, e, per not, è
in questo modo che si spiega la trasmissione constatata ; se fosse
diversamente, e se Dante avesse conosciuto Mohyiddin per vie
« profane » perchè non lo avrebbe mai nominato, cosi come egli
nomina bene i filosofi exoterici dell' Islam, Avicenna ed Averroè ?
Di più, è cosa riconosciuta che si ebbero delle influenze musul­
mane all'origine del Rosacrucianesimo, ed è a questo che fanno
allusione i supposti viaggi di Christian Rosen Kreuz in Oriente ;
ma l'origine reale del Rosacrucianismo, come lo abbiamo già detto,
è data predsamennte dagli Ordini di cavalleria, e sono essi che
formarono, nel medio evo, il vero legame intellettuale tra l'Oriente
e l'Occidente.
I critici occidentali, che non vedono nel « viaggio notturno .,.
di Mohammed che una leggenda più o meno poetica, pretendono
che questa leggenda non è specificatamente islamica ed araba, ma
che essa sarebbe originaria della Persia, perchè il racconto di un
consimile viaggio si trova in un libro mazdeano, l'Arda Vira/
Nameh (I). Certuni pensano che bisogna risalire ancora più lon­
tano, sino ali' India, dove si trova difatti, tanto nel Brahmanesimo
quanto nel buddhismo, una moltitudine di descrizioni simboliche dei
diversi stati di esistenza sotto la forma di un insieme gerarchica­
mente organizzato di Cieli e di Inferni ; ed alcuni vanno fino a
supporre che Dante abbia potuto subire direttamente l' influenza
indiana (2). In coloro che in tutto questo non vedono che della
« letteratura », questa maniera di considerare le cose si comprende,

(1) Blochet, Etude sur l' histoire religieuse de l'Islam, in Revue


toire des Religions, 1899
(2) Angelo De Gubernatis, Dante e l'India, in Giornale della
de/'His­

Società
Asiatica Italiana, Voi. III, 1889, pp. 3-19; le type indien de Lucifer chez
I
Dante, dans /es Acts d11 X• Congrès des Orientalistes. Cf. A. Cabaton.
La Divine Comédie et /'/slum, in Re1me de l'Histoire des Religions, 1920.
- 197 -
benchè sia assai difficile, anche dal semplice punto di vista storico
di ammettere che Dante abbia potuto conoscere qualche cosa del-
1' India altrimenti che per l' intermediario degli Arabi. Ma per noi
tutte queste somiglianze non mostrano altra cosa che l'unità della
dottrina che è contenuta in tutte le tradizioni ; non vi è nulla di
stupefacente nel trovare dappertutto l'espressione delle stesse ve­
rità, ma precisamente, per non meravigliarsene, bisogna sapere da
bel principio che sono delle verità, e non delle finzioni più o meno
arbitrarie. Laddove non vi sono che delle somiglianze di ordine
generale, non vi ha luogo a concludere ad una comunicazione di­
retta ; questa conclusione non è giustificata che se le medesime
idee sono espresse sotto una forma identica, che è appunto il caso
per Mohyìddin e Dante. È certo che quel che troviamo in Dante
è in perfetto accordo con le teorie indiane dei mondi e dei cicJi
cosmici, ma senza per altro essere rivestito della forma che sola
è propriamente indiana; e questo accordo esiste necessariamente
in tutti quelli che hanno coscienza delle medesime verità, qualunque
sia il modo con cui ne hanno acquistato la conoscenza.

La distinzione dei tre mondi, che costituisce il piano generale


della Divina Commedia, è comune a tutte le dottrine tradizionali;
ma essa prende delle forme diverse, e, nella stessa India, ve ne
sono due che non coincidono, ma che non sono neppure in con­
tradizione, e che corrispondono solamente a dei punti di vista di­
versi. Secondo una di queste divisioni, i tre .mondi sono gli In­
ferni, la Terra ed -i Cieli ; secondo l'altra, dove gli Inferni non sono·
più considerati, sono la Terra, l'Atmosfera (o regione intermediaria)
ed il Cielo. Nella prima, bisogna ammettere che la regione inter­
mediaria è considerata come un semplice prolungamento del mondo
terrestre; ed è ben cosi che appare in Dante il Purgatodo, che

L'autore di quest'ultimo articolo segnala che " Ozanam aveva di già in­
travista una doppia infuenza islamica ed indiana subita da Dan�e " (Es�al
sur la philosophie de Dante, pp. 198 et suivantes) ; m� dobb1a?10 dire
che l'opera di Ozanam, malgrado la riputazione di cui gode, c1 sembra
estremamente superficiale.
- 198 -
può venire identificato con questa medesima regione. D'�lt�� p arte,
e tenendo conto di questa assimilazione, la seconda d1v1�1one è
rigorosamente equivalente alla distinzione fatta dalla dottrina � at­
tolica tra la Chiesa militante, la Chiesa ..sofferente e � a Ch1es�
trionfante ; anche qui, non può trattarsi dell' Inferno. Infine, pe: 1
_
Cieli e per gli Inferni, vengono spesso considerate delle sudd1v1�
sioni in numero va riabile; ma, in tutti i casi si tratta sempre d1
una ripartizione gerarchica dei piani dell'esistenza, che sono :eal�
_
mente in indefinita molteplicità, e che possono venire class1ftca t1
differentemente secondo le corrispondenze analogiche che si pren­
dono come base di una rappresentazione simbolica.
I Cieli sono gli stati superiori dell'essere, gli Inferni, come
d'altra parte lo indica il loro stesso nome, sono gli stati inferiori;
e, quando diciamo super iori e inferiori , questo deve inte ndersi in
rapporto allo stato um ano o terrestre, che naturalme nte è preso
come termine di paragone, perchè è q uello che deve for zatamente
servirci di punto di partenza . La vera iniziazione essendo una
presa cosciente di possesso degli stati superiori, è facile compren­
dere che essa sia descritta simbolic amen te come una a 3censione
od « un viagg i o celeste »; ma si potrebbe chiedersi pe;chè questa
ascensione d(!bba esser preceduta da una discesa agli lnferni. Vi
sono di ciò parecch ie ragioni che non potremmo esporre c_o m ple­
tamente s enza entrare in sviluppi troppo lunghi ; diremo soltanto
q uesto : da una parte questa di scesa è come una r icapitolazione
degli stati che precedono logicamente lo stato umano, che ne
h anno determinato le condi zioni spec iali, e che debbono pu re
parteci pare all a « trasformazione » che si avvia a compiersi; d'altra
parte, es sa per mette la manifestazione, sotto certe modalità, delle
possibilità di ordine inferiore che l'essere porta ancor a in sè allo
s�ato �o� svilupp�to, � che devono es sere da lui esau r ite piima
cne gh sia poss1b1le d1 pervenire alla realizzazione dei suoi stati
super!ori . Biso na b en sservare, d'altronde, che non p u ò essere
� � _
uesti?ne er 1 ssere d1 ritorn a re effettivamente a degli stati per
; � �-
. q� ah eg h è g1a passato ; ·egli non può
esplorare questi stati che
m� irettamente, prendendo coscienza delle trac
• • oscu
• i• • p1u cie che hanno la-
sciato nelle region re dello st to
• a umano medesimo ·' ed è
perciò
• che gr1 Inferm• sono rnppresentati simbolica
.
tuati nell' mterno della Terra. Per mente come si-
contro, i Cieli sono realmente
1 - 199 -
proprio gli stati superiori, e non soltanto il loro riflesso nello stato
umano, i cui più elevati prolungamenti non costituiscono che la
regione intermediaria o il purgatorio, la montagna sulla cui vetta
Dar,te colloca il Paradiso terrestre. Lo scopo reale dell 'iniziazione,
non è solamente la restaurazione dello « stato edenico ", che non
è che una tappa sulla strada che deve condurre ben più lontano,
poichè è al di là di questa tappa che comincia veramente il « viaggio
celes te » : questo scopo, è la conquista attiva degli stati « super­
umani », perchè, come Dante lo ripete prendendolo dal Vangelo,
• Regnum caelorum violenza pate ... » (-Parad., xx, 94), ed è là una
delle differenze essenziali che esistono tra gli iniziati ed i mistici.
Per esprimere altrimenti le cose, diremo che lo stato umano deve
per prima cosa essere portato alla pienezza della sua espansione,
per mezzo della realizzazione integrale delle sue proprie possibi­
lità (e questa plenitudine è ciò che bisogna intendere qui per lo
« stato edenico •) ; ma, lungi dall'essere il termine, non sarà an­
cora là che la base sopra la quale l'essere si appoggierà per
« salire alle stelle » (Purg. xxxm, 145), vale a dire per innalzarsi
agli stati superiori, che le sfere planetarie e stellari nel linguaggio
dell'astrologia e le gerarchie angeliche in quello della teologia raf­
figurano. Vi sono dunque due periodi da distinguere nell'ascen­
sione, ma il primo, a vero dire, non è un'ascensione che rispetto
all'umanità ordinaria : l'altezza di una montagna, qualunque essa
sia, è sempre nulla in paragone della distanza che separa la Terra
dai Cieli ; in realtà, è dunque piuttosto una estensione, poichè è
il completo fiorire dello stato umano. Lo spiegamento delle pos­
sibilità dell'essere totale si effettua così per prima cosa nel senso
dell' « ampiezza, » ed in seguito in quello del!'« esaltazione ", per
servirci di termini presi a prestito dall'esoterismo musulmano ; ed
aggiungeremo ancora che la distinzione di questi due periodi cor­
risponde alla divisione antica dei « piccoli misteri » e dei « gral1di
misteri "·
Le tre fasi cui si riferiscono rispettivamente le tre parti della
Divina Commedia possono anche spiegarsi colla teoria indiana dei
tre gunani, che sono le qualità o piuttosto le tendenze fondamen­
tali da cui procede ogni essere manifestato ; secondo che l'una o
l'altra di queste tendenze predomina in essi, gli esseri si distri­
buiscono gerarchicamente nell' insieme dei tre mondi, vale a dire
- 200 -
di tutti i gradi dell'esistenza universale. I tre guntìni sono: sattva,
l'essenza pura dell' Essere, che è identica alla luce della Cono­
scenza, simboleggiata dalla luminosità delle sfere celesti che rap­
presentano gli stati superiori; rajas, l' impulsione che provoca l'e­
spansione dell'essere' in uno stato determinato, tale come lo stato
umano, o, se si vuole, lo spiegamento di quest'essere ad un certo
livello dell'esistenza; infine, tamas, l'oscurità assimilata ali' igno­
ranza radice tenebrosa dell'essere considerato nei suoi stati infc-
riori. Così, sattva, che è una tendenza ascendente, si riferisce agli
stati superiori e luminosi, vale a dire ai Cieli, e tamas, che è una
tendenza discendente, agli stati inferiori e tenebrosi, vale a dire
agli Inferni; rajas, che si potrebbe rappresentare pe� mezzo di
una estensione nel senso orizzontale, si riferisce al mondo inter­
mediario, che è qui il « mondo dell'uomo », poichè è il nostro
grado di esistenza che prendiamo come termine di paragone, e
che deve essere considerato come comprendente la Terra col Pur­
gatorio, vale a dire l'assieme del mo--f}do corporale e del mondo
psichico. Si vede che questo, corrisponde esattamente alla prima
delle due maniere di considerare la divisione dei tre mondi che
abbiamo menzionato precedentemente ; ed il passaggio dall'uno
all'altr.o dei tre mondi può essere descritto come risultante da un
cambiamento nella direzione generale dell'essere, o da un cambia­
mento del guna che, predominante in lui, determina questa dire-
zion�. C'è precisamente un testo vedico dove i tre gunani sono
così presentati come convertentisi l'uno nell'altro, procedendo se­
condo un ordine ascendente : « Tutto era tamas : Egli (il Su­
premo Brahma) comandò un cambiamento, e tamas prese la tinta
(vale a dire la natura) di rajas (intermediario tra l'oscurità e la
iuminosità), e rajas,- avendo ricevuto di nuovo un comandamento
rivestì la natura di sattva ». Questo testo dà come uno schem�
dell'organizzazione dei tre mondi, a partirt dal chaos primordiale
�elle possibilità, e conformemente all'ordine di generazione e di
incatenamento dei cicli dell'esistenza universale. D'altronde, ogni
essere, per realizzare tutte le sue possibilità, deve pa�sare, in quel
che
_ lo_ concerne particolarmente, per gli stati che corrispondono
n_sp�thvamente a questi differenti cicli, ed è per questo che l' ini­
z1az1one, che ha per scopo il compimento totale del! 'essere, si
- 201 -
effettua necessariamente mediante le stesse fasi : il processo ini­
ziatico riproduce rigorosamente il processo cosmogonico secondo
l'analogia costitutiva del Macrocosmo e del Microcosmo' ( 1 ).
(Continua)
RENÉ GUÉNON

(1) La teoria dei tre gunani, riferentesi a tutti i modi possibili della
manif estazion e universale è naturalmente suscettibile di applicazioni mul­
tiple ; una di queste applicazioni che concerne specialmente il mondo
sensibile, si trova nella teoria cosmologica degli elementi ; ma noi non
avevamo da considerare qui che il significato piit generale, poichè si
trattava soltanto di spiegare la ripartizione di tutto l'assieme della ma­
nifestazione secondo la divisione gerarchica dei tre mondi, e di indicare
la portata di questa ripartizione dal punto di vista iniziatico.

« 1 discepoli di un Pietro, di un Giovanni, d'un Giacomo


non potevano essere che popolaccio : esseri che il ridicolo schiacciò
o la forza disperse. Essi avevano un doppio interesse a nascon­
dersi: così, secondo Minucio Felice, celebravano i loro misteri di
notte, in cantine, in • case solitarie.
Eran lasciati in pace malgrado le persecuzioni favolose, di
cui oggi si fa tanto scalpore, e la loro mania di fuggir la luce
li fece chiamare Luci/ugaces : debole vendetta dei partigiani del­
l'impero di cui essi meditavano la rovina ».

(Pigault - Lebrun - Il Citatore - trad. ital. di A. de Stefani -


N. 134 della Raccolta di Breviari intellettuali. Voi. I, pag. 255).
- 202 -

LA POTENZA
COME VALORE METAFISICO
(Vedi numero precedente)

5. Rispe tto ad una eventuale determinazione _della . sua co-


• . ass.umere due atteggiamenti radicalmente
scienza, 1•·md'1v1·duo può
opposti fra loro. Ogni distinzione conc�e�a. fra natur� e spm • •t�• fra
non _ Io e lo, fra oggettività e soggett1v1ta ecc .. puo _essere inva­
riabilmente ricondotta ai valori che procedo�o. nspett1v��e�t� da
ciascuna di queste due direzioni, fra le quah e d�to al! md1v1duo
di optare, per con ciò definire il piano che or?1a1 a�dra. a con�e­
nere l'intimo significato di ogni sua vita. 11 prnno d1 tait atteggia­
menti è quello secondo cui I'lo non si tiene a sè, come ad u�
centro o principio assoluto, bensì sì profonda nella sua determi­
nazione, ch'egli non vive come una sua creazione o posizione, ma
a cui egli attribuisce una realtà distinta da lui e in sè sussi­
stente. Egli cosi in un certo modo si aliena da sè, si fa come
un vuoto e, con un gesto di dedizione, va a rimettere ad un
« Altro », ad un e.epov la sua centralità e la sua realtà. Allora egli ,

rispetto alla sua determinazione, resta essenzialmente passivo ed


inconsistente, in tutto ciò che è non ha la sua vita e la sua per­
suasione in sè, ma fuori di sè, in un « Altro », da cui sente di di­
pendere . - A questo atteggiamento, essenzialmente negativo o fe­
mìneo, si contrapone l'altro, secondo cui l'individuo consiste in sè
come in un principio di assoluta centralità, come in una potenza
prima e fuori dalla quale non vi è nulla, e da cui soltanto ogni determi­
nazione od oggetto trae la propria realtà, che viene dunque vissuta
come quel!a di un che di posto, di liberamente generato dall' lo.
Secondo tale opzione I'lo respinge assolutamente l'Altro nega
che esista una qualunque realtà fuori o sopra di sè da c1iò che
e
�gli trae da �è; e�li sente non d!pendere da nulla, egli è a sè
I estrema ragione, 11 centro su cui gravita ogni esist
enza, e dentro
- 203 -

ogni vit� si_ co�por!a �o?1e. 1 •�ssolu�o Signore. Si tratta dunque


di due piani o hvelh d1stmt1 dt coscienza che differenziano infini­
tamente l�azio�e, anche quando questa mantenga un identico og­
getto: po1chè, m gen.ere - -· e questo è un principio fondamentale del-
1' idealism o magico, del resto già apparso nel Michelstaedter e
svolto dal Keyserling ( 1) - una considerazione spirituale non fissa
il fare in �è, ossia ciò che si fa, bensì il come che cosa si fa ciò
che si fa, ossia il s.enso, il valore entro cui viene vissuta una certa
a,zione o esperienzà. Cosi bisogna estirpare nel modo più netto il
pregiudizio, proprio di una coscienza inferiore, che il criterio della
spiritualità, libertà ecc. risieda nella natura propria di questo o
quell'oggetto. In verità non vi sono cose materiali o spirituali, bensi
_un modo materiale o spirituale di vivere le cose, che in sè non
sono nè materiali nè spirituali e che nel loro valore o disvalore
sono determinate soltanto dal piano, di libertà e di centralità, ov­
vero di necessità e di assenza, in cui l'individuo si pone rispetto
all'esperienza in generale. Ora null'altro che l'atteggiamento fe­
mineo e negativo genera il carattere di materialità : che l'Altro -
cioè quella realtà che l' lo distingue da sè, in cui non si riconosce
e da cui si fa dipendente - si chiami materia fisica, natura, ovvero
lo trascendentale, volontà superiore, od ancora Spirito, entità so­
vrasensibile, Dio, ciò in nulla cambia la situazione : esso resta
sempre una cosa, un che di straniero, un « fantoccio dell'imagina­
zione •, e il mondo che per esso vive non potrà mai essere che
quello della non centralità, del non essere, dì una coscienza vuota
e a sè stessa deficiente - in breve, di una creatura e di uno schiavo :
tale è il mondo della materia, dell'entità bruta ed oscura. Di contro
alla negatività di questo atteggiamento, che coi termini della psi­
cologia dello Jung si potrebbe dire di estravertito, il punto di es­
senziale positività, di assoluta, irreducibile autoaffermazione presso
ad ogni esperienza definisce evidentemente il principio dello Spi­
rito, e fornisce una condizione fondamentale pel concetto di po­
tenza. Si badi però : mai il contenuto, bensì sempre la forma del­
l'atto è ciò che decide. Lo stesso Assoluto può esser vissuto pas­
sivamente e però materialmente, cosi come in certi casi di èstasi

(I) MICHELSTAEDTER, La persuasione e la rettorica, Genova, 1913, P· 32.


- KEYSERLINO SchiJp/eri,che Erkenntnls, Darmstadt, 1922, P• 499.
- 204-
. l'opzione contraria si precluda
mistica. Viceversa, no� è d tt che ogni deficienza, ogn i ge ne­
ogni riconoscimento d1 rea1:à �-i tinte,
rosità, ogni amor� 0 ,abne �� . n: Al contrario tutto ciò può ben
e libertà - basta
essere oggett� d1 un espe��:� s�condo poten�a invece si fru
che l' lo non s1 perda nell atto relativo' ma in esso -
.1sca come 1 a vo1onta· che l'ha in condizion atamente voI uto, onde

nemmeno per un ·sta 1 nte cada nell'illusione . d1 ered ere che tutto
ciò che, in virtù del suo atto stesso, va a_ nco�oscere come vaI �re
o realtà in sè, sia tale necessariamente, cioè sta t�le per la v10
lenza di un principio che trascende 1� s�a . centraht�.
6. Da ciò procede l'ulteriore d1stmz1one, delm�an�e ancor
di più il concetto di potenza, fra azione. secon ?� des1deno 0. de­
ficiente e azione secondo autarchia, o mcond1z1onata. Se si dà
uno sguardo alla vita in cui abitualme nte vive l'individuo, non pur�
nell'amorfa mediocrità delle masse, ma spesso anche nelle ,. grandi
luci dell'umanità tragica e spirituale, allora appare che in massima
il suo fare non è da dirsi propriame nte determinato da lui come
centro sufficiente' bensì da correlazioni di appetiti e di motivi ri­
spetto alle quali egli è passivo o quasi. L' lo non possiede cioè
la sua azione: egli desidera - e nel desiderio non l'Io prende la
cosa, ma la cosa prende l'Io, ne distrugge la centralità in u na
compulsione che lo scaglia all'esterno, alla periferia di sè stesso.
Quel che è assai importante, è notare che u n a -tale situazione può
riprendere entro di sè non questa o quella azione, bensi la totalitt!,
di tutte le azioni possibili. Un servo non cessa i nfatti di essere
tale pel fatto di cambiare padrone ; e chi pensa di aver realizzato
qualcosa dal punto di vista del valore individuale e della libertà
per esser passato p. e. da motivi sensuali a motivi spirituali, dal­
l'amore della materia e di sè a quello del sovrasen sibile, degli
altri o della stessa libertà, chi crede esservi un a qualche differenza
fra il desiderio del bruto e quello del Dio che alcu
concepiscono come generante il mondo preso all'ane cosmogon ie
l'idea di « essere molti », quei si fa vittima di u n ttrazione del­
lusione, che solo l'assenza non tanto di una riflea grossolana il­
abbastanza approfondita, quanto piuttosto del ssione filosofica
sia propriamen!e il _valore di u�'azione può rendsenso di ciò che
Nella totahtà d1 un tale universo, vi è dipe ere compren sibile.
presenta sempre secondo necessità; l'Io non nden za : l'azione sl
ne è l'autore, ma la
- 205 -

subisc�, e la �agione di �-ssa cade i_n verità fuori di lui. E dovunque


l'individuo agisce per un interna spinta della propria natura ovvero
in r�azion� a�. un dis�gio o. privazione i terna, od ancora' per l'at­

trazione d1 un idea, d1 un piacere o beatitudine, qualunque esso
sia, « materiale • o • spirituale », egli resta inesorabilmente rinchiuso
in questo cerchio dello schiavo. - In particolare : il godimento
che, solo, viene vissuto dall'umanità, è in massima il prezzo di
un'obbedienza e di una abdicazione. Esso, con le sue lusinghe
sempre varie e pur sempre uguali, impone all'attività che lo cerca
date determinazioni, e riduce quindi l'individualità a strumento pas­
sivo di correlazioni trascendenti, cosi come in modo particolarmente
chiaro mostrò lo Schopenhauer pel caso della sessualità e, in un
assai più vasto orLzzonte, iJ Michelstaedter nel suo concetto di
qi�>.�uxia (1 ). È evidente che, secondo il punto della potenza, una
tale situazione
,. vada trascesa nel modo più assoluto. Il valore e il
piacere non debbono precedere e determinare l'attività e la volontà
ma debbono invece procedere quasi come effetto dall'autonomo
autodeterminarsi di questa. Nell'azione del Signore non vi deve
cioè essere nulla di desiderio e di interna compulsione : essa deve
manifestare un volere che nel suo determinarsi non ha nulla din­
nanzi a sè, nè una sua natura, nè la luce di un piacere, nè l'at­
trattiva di un motivo o di un ideale, che dunque in sè si genera
assolutamente e positivamente, in ciò non avendo presente che il
freddo e solitario amore della sua affermazione sufficiente. Finchè
compio un atto perehè semplicemente piacevole, sia sensibilmente
che spiritualmente, o perchè conforme al mio essere, e non perch�
semplicemente voluto, non si parli, di grazia, nè di libertà, nè d1
potenza. Si badi però : da ciò non procede la negazione di ogni
godimento in una squallida ascesi, ma solo il fruimento di esso
come di una proprietà : non si ha cioè più un'attività che per per­
venire ad un godimento, è costretta a svolgersi in un certo modo
inconvertibile, bensì un'attività che non si fa dare da nulla le con­
dizioni pel piacevole e pel doloroso che inoltre ?el punto . della
sua determinazione non ha affatto presente l'appetito dt un piacere
9 la repulsione di un dolore ma che assolutamente si afferma, e
i piacer traendolo
1 e non trova o ricev�, ma crea arbitrariamente,

(1) MICHELSTAl!DTER - op. cit. p. 12.


- 206 -
dal seno stesso dell'assolutezza della sua affer�azione, �olgorante
di potenza. Solo quando il piacere, e con ess� 11 ��l?re m �enere,
può essere vissuto non come H determinante l attJv1ta, bens1 come
il fiore e la creazione di questa (1 ), che a sua �olta �rocede da
un volere su cui nessuno stimolo, appetito, motivo o idea ha po­
.
tere solo allora il servo non cambia più padrone, ma s1 eleva
real:nente ad autonomia, ad essere libero - e it,piacere, da st!�ma
della passività, diviene lo splendore stesso dell assoluto_ positivo.
Non s'intende dunque correttamente il concetto d1 potenza,
di cui è qui quistione, se non vi si connette_ un'_atteggia�ent� di
positività, di affermazione centrale, la recisa negazione dell 1llus10ne
di un « Altro » presso a qualsiasi esperienza, infine una volontà
determinantesi dal nulla, fuori da ogni motivazione e da ogni ap­
petito. Infatti in tutti gli altri casi si ha invariabilmente una di­
pendenza dell' individuale da qualcosa che cade fuori di lui, e delle
cui determinazioni egli non potrà quindi dii si mai certo secondo
un assoluto sapere. - Può essere utile lumeggiare questi risultati
riaffermandoli presso alle nozioni di morale, di lo�ica e della stessa
potenza in quanto rimessa ad una scienza naturale applicata.
7. La morale s'impernia fondamentalmente sul sentimento
di dovere, procedente da un certo sistema di valori, a cui la vo­
lontà, che è volontà morale, si sussume. Ora qui si tratta di in­
tendersi sul senso del rapporto fra volontà e valore : è la volontà
che, incondizionatamente, determina i valori, ovvero i valori le si
presentano come qualcosa di dato, che essa semplicemente rico­
nosce ed accetta? Questa alternativa si ritrova nell'opposizione
delle dottrine di Platone e di Duns Scoto. Platone, nell' « Euti­
frone », si pose appunto il problema, se alcune determinazioni fos­
sero volute dagli Dei perchè da questi riconosciute come buone,
ovvero se esse risultassero buone unicamente perchè esse erano
volute dagli Dei. Nell'un caso, prima vi è una norma eterna ed in
s� valida, a cui la volontà degli Dei si sussume, nell'altro prima
v� � la volontà ? libertà, e la ragione che una cosa appaia buona
s1 rimette semplicemente al fatto che essa esprime una. affermazione
in sè incondizionata degli Dei. Platone si decise pel primo ca�o,

(1) Cfr. HAMELIN, Essai sur !es éléments principaux de /a répresentation,


Parls, 1907, p. 426.
- 207 -
cioè ammise esser le cose volute dagli Dei perchè in sè buone,
senza accorgersi che allora quei che continuava a chiamare Dei
erano ridotti a semplici creature, le quali dovevano andar ad im­
parare da una norma superiore ciò che fosse bene o male - il
vero Dio essendo in verità il legislatore, cioè colui che, come cre­
atore della legge, in sè non può in alcun modo esser soggetto
ad una legge. Ciò vide Duns Scoto, il quale andò precisamente
ad affermare l'altra opzione, e cioè che la nuda potenza di Dio,
ossia un'assoluta libertà traente dal nulla la sua determinazione,
fosse l'unico criterio donde risultasse poi, come conseguenza, il
valore o il disvalore di certe cose o azioni ( l). II Dio di Duns
Scoto è cioè il Signore ed il creatore del bene e del male, quello
platonico è uno schiavo del bene e del male, e però un'ombra di
Dio. Ciò posto, non occorre insistere ulteriormente per render
chiaro che ci si deve decidere fra moralità e libertà, come fra due
dimensioni della coscienza assolutamente incompatibili: la moralità,
in quanto tale, implica invariabilmente dipendenza e assenza del-
1' individuale dal punto di un' incondizionata legislazione, onde
resta esclusa nel modo più netto dal concetto di potenza. L' Io,
che a sè è sufficiente, non riconosce altro criterio di valore fuor
da quello che fa sgorgare dalla sua incondizionata, arbitraria volontà.
Ora ciò che si è detto pel bene e pel male può venire esteso
alla verità logica e al concetto di natura in generale. È solo da
poco tempo, e cioè col Rickert e il Windelband, che ci si è resi con­
sapevoli del carattere essenzialmente morale della verità logica.
Ciò che ci sembra logicamente evidente ha infatti sempre un ca­
rattere di assoluta imperatività, annullante ogni agilità di arbitrio
soggettivo. Esso appare risplendere in un ordine eterno, che s' im­
pone ali' lo non appena questi l'apprenda. La verità logica non
viene cioè vissuta dall' Io come un'assoluta posizione che, in quanto
procedente dalla sua volontà, dovrebbe intendere che se è cÒsì,
quando egli volesse, potrebbe anche .essere diversamente, bensì
come q1 1alcosa di imperativo, come qualcosa che incatena univo­
camente la sua libertà e non le permette assolutamente alcu11'altra
alternativa. Ciò che cosa significa, se non che l'Io non possiede la
verità bensl è da essa posseduto, se non che egli non è il legisla-

(I) OUNS SCOTO. In magislrum sententiarum, I, dist. 39, quaest. I,


- 208 -

tore, bensi il suddito . del regno dell a razionalità ? Ancora in questo
. o gni altro - il centro
dominio - e forse m quest� pi�, he in
eggiamento fo ndamen­
non cade nell' individuo, ma _uon d� lui l'att
di una creatura, in
tale resta sempre quello p�ss1vo Ineg'ativo
nessun modo quello del Signore. � no n, si opp • ·o nga che è illegit­
n rapporto
ti�o stab ire fr_a l
l�;er tà e ne:
e
� P ��:�f �1 :;r�:t t i�:�::::::;:��: d�
t
c e
e. chi
�:s��t� :s r��:. solo u; modo raffinato di negare_ I_a libertà,
opponess: ciò, riuscirebbe soltanto ad una . esplic
ita c e
che il suo orizzonte si arresta al concetto d1 natura.
N e�ta ::.
tC:::
infatti la libertà è una con la necessità, nel senso che . ogm atf_1•
vità è conforme ad una determinazione iniziale c he . è. mconverb­
bile anche se, d'altra parte, solo mediante questa attività può per­
venire ad una sua co ncreta realizzazione. Secondo un tale c oncetto�
non si diviene che ciò che si è : cosi una pianta no n po trà mat
essere nulla di diverso da una pianta, una creatura da una crea­
tura Dio da Dio. Le differenze relative, ossia quelle p. e. fra uo mo
e pianta, fra Dio e creatura, ecc. non debbono creare illusio ni,
poichè esse cadono fuori dal rapporto delle entità rispetto � sè
stesse che, solo, va assunto in una co nsiderazione concreta c1rca
la libertà. Per esprimersi ancor più chiaramente : una pianta che
eternamente fosse costretta a vegetare in nulla differirebbe da un
pensiero che eternamente fosse costretto ad essere razio nale o da
un assoluto che eternamente fosse costretto ad essere assoluto : la
fatalità della razionalità, della perfezione e della stessa libertà no n
è meno fatalità di quella di un gravitare, di un vegetare, di un ap­
petire sensibilmente. È chiaro che c hi si arresti a ques
to punto
non sospetta nemmeno che cosa sia
propriamente libertà : il suo
piano è quello della creatura, e che la sua ultima
verità sia il di­
venire dell'Idea anzichè la materia, il piano provvid
anzichè il caos delle potenze incoerenti, lo svil enziale divino
uppo di un ordine
logico anzichè l' incoercibilità di un irrazio nale
e élan vital • tra­
smutante in sempre nuove, imprevedibili
formazioni ciò in nulla
cambia la cosa : resta sempre,
al fondo, un
qualcosa di cui l'Io non possiede la rag fatto br�to, un destino,
ione e rispet t o a cui egli
è _f�ndam�ntalmente passivo. Ad una
sbc1, ultenormente da Plotino, Eckhartale situazione già dagli gno­
t, Schelling e Sécretan fu
opposta quella dello spirito come
assoluta, indeterminata libertà,
- 209 -
non stretta cioè da alcuna legge o natura, sia razionale che mo­
rale o materiale, ma creantesi da sè, arbitrariamente, la sua natura
e il suo essere. In verità, non v•è spirito che ·come libertà, e li­
bertà che come • causa sui • e specificamente, « causa sui ex ni­
hilo • : al difuori di un tale valore, tutto è natura e necessità -
materia opaca e deficiente. Insomma, delle due l'uria: o esiste una
condizione iniziale, che determina univocamente la libertà, e di là
dalla quale ali' lo non è dato penetrare e riaffermarsi; ovvero il
prius è un'assoluta, incondizionata libertà, da cui ogni natura, ogni
legge e razionalità procede. Nel primo caso vi è analiticità : io sono
quel che sono, ho il fato della mia natura; nel secondo, sinteticità :
io sono quel che voglio, secondo una volontà che si crea asso­
utamente dal nulla. E qui si tratta di due piani separati fra loro
da un abisso, in relazione ai quali si deve scegliere, onde definire
l'atteggiamento che illuminerà tutta la vita e l'esperienza dell' in­
dividuo, elevantesi a Signore del sl e del no, ad autarca, ovvero
sprofondante nell'obliqua e maledetta vita della creatura e della
femina. E, si badi, compromessi non ne esistono: non vi è posto
per due nel mondo: ·u.n Dio, cosi come notò • Malebranche, non
potrà mai creare degli Dei.
Risulta dunque che non si può parlare di potenza finchè si
riconosca la priorità di una qualunque legge o norma, sia razio­
nale che morale o naturale, alla libertà e però alt' Io, finchè ciò
che sia bene o male, vero o falso, razionale o irrazionale, essere
o non-essere non venga semplicemente deciso dall'assoluta affer­
mazione dell' individuale e da null'altro che da essa.

(Continua.
j. EVOLA.
- 210 -

L'IMPRONTA PITAGORICA
NELLA MASSONERIA
(Vtdi N. 1-2)

La Oamma Pitagorica.

Abbiamo veduto come la concezione e la genesi aritmetico­


geometrica dei numeri interi secondo la Scuola pitago�ica condu­
_ _
cesse naturalmente, in base alla intuizione umana tnd1mens1onale
dello spazio, a considerare completa con i primi quattro numeri
interi la manifestazione dell'essere.
E vedemmo anche che l' intuizione acustica dei fenomeni na­
turali conduceva a risultati concordanti con quelli corrispondent!
a questa intuizione visiva e geometrica. I rapporti di questi quattro
numeri presi ordinatamente due a due, esprimono infatti i rapporti
tra le lunghezze delle corde che danno l'ottav�, la quinta e la •
quarta e la lunghezza della corda che a parità di tensione e di
spessore dà il suono fondamentale. Si ha cosi un legame ed anche
un passaggio dalle proprietà aritmetiche e geometriche astratte,
alle proprietà fisiche acustiche espresse mediante rapporti semplici,
nonchè tra le facoltà logiche della mente e le facoltà di percezione
del senso acustico sotto forma di armonia o di melodia musicale.
Alla base dei più semplici fen0meni musicali si rinvengono
adunque delle leggi di proporzione e di armonia, che fanno subito
pensare a tutta una architettura dell'universo basata sopra consi
mili rapporti e proporzioni ; e conseguentemente ad una naturale
applicazione di tali leggi e concetti nelle arti e nelle scienze.
Vedemmo già che il numero sette si riduceva mediante l'ope­
razion<! della riduzione teosofica (pitagoricamente pitmene) all'u­
nità, che_ era la radice essenziale tanto del quattro come del sette.
Vediamo ora come la divisione dell' intervallo che va dal suono
fondamentale all'ottava conduca naturalmente e non arbitrariamente
come di solito si crede, alla gamma pitagorica costituita da sette
- 211 -
intervalli, gamma che poco differisce anche dalla scala mU6icale
moderna.
Partiamo da un dato di fatto. L'orecchio umano ha una per�
cezione, variabile da individuo ad individuo e talora assai precisa,
della consonanza o dissonanza di due suoni.
La fisica e la fisiologia dimostrano che l'orecchio umano non
sopporta suoni che alla condizione che : i numeri delle loro vibra­
zioni al minuto secondo stianQ fra di loro in rapporti semplici, vale
a dire in rapporti espressi da cifre semplici. E poichè il numero
delle vibrazioni di una corda è sempre in ragione inversa della
sua lunghezza, ne segue che due suoni saranno concordanti quando
le corde che li producono a parità di spessore, tensione ecc ...
avranno lunghezze in rapporti semplici fra di loro. Gli antichi che
non avevano il mezzo di misurare l'altezza di un suono contando
il numero delle sue vibrazioni al minuto· secondo, consideravano
sempre la lunghezza delle corde ; e noi faremo altrettanto per en­
trare il più possibile nello spirito della loro filosofia, e possibil­
mente giungere per la stessa via alle mede�ime concezioni.
Si tratta sempre di cose semplicissime ma fondamentali, pure
per maggiore chiarezza ci richiameremo anche a quello che presso
a poco tutti conoscono.
Preso come suono fondamentale quel qualunque suono pro­
dotto da. una corda che vibri tutta in un'unica vibrazione, e divisa
la corda per metà, essa vibra dando un suono che l'orecchio ri­
conosce armonico col suono fondamentale, il quale anzi risulta,
come è noto, rinforzato dal suono di combinazione che si produce.
Questo rapporto, di uno a due, è il più semplice rapporto pos­
sibile, e la consonanza di questi due suoni è perfetta. Se, tanto
per intendersi, chiamiamo do il suono prodotto datla intera corda
la corda metà produce il suono che noi chiamiamo il do detl'ot­
tava successiva.
Dopo di questo il rapporto più semplice è quello di due terzi ;
la corda lunga i due terzi dell' intiera corda dà un suono, armonico con
quello fondamentale, che si chiama la quinta, o la dominante (ve­
dremo poi il perchè di queste denominazioni). Ed infine l'altro
rapporto semplice che si può formare coi quattro primi numeri
interi, il rapporto tre quarti, è tale che la corda di questa lun­
ghezza dà un suono (la quarta) pure consonante col suono fon-
- 212 -
come J 'ottava e la
non cosi perfettamente
damentale sebbene
quinta (l) . . • ti l
. onica la serie dei suoni prodot dal e
Se chiamiamo sene arm
la lunghezza eguale ad
corde aventi rispettivamente
t 1 l 1
I
1
- -, -, -, -, ••••••••••• ,
' 2' 3 4 5 6
e, ossi a i suoni le cui vi­
della corda che dà il suono fondamental
o stan no tra loro come
brazioni in un medesimo intervallo di temp
2, 3, • • • • ••
i numeri della serie indefinita dei numeri interi 1,
mentale
si può subito osservare che la quinta sta al suono fonda
1 l 2
armoni e-o sta al second o : Difatti - : - •
come il terzo
3 2 3
Perciò l'accordo della quinta e del suono fondamentale è lo stesso
che l'accordo tra il terzo ed il secondo armonico, e siccome in
questo caso il suono di combinazione è l'ottava bassa del secondo
armonico (perchè il numero delle sue vibrazioni dato dallat- differenza
dei numeri delle vibrazioni dei due suoni è uno, ossia la metà di due)
cosi anche nel caso dell'accordo tra il suono fondamentale e la
quinta il suono di combinazione sarà l'ottava bassa del suono fon­
damentale, fatto cui corrisponde la percezione musicale di una
consonanza da parte dell'orecchio, sia melodicamente sia armoni­
camente, a seconda che i due suoni si producono successivamente
o simultaneamente.
È pure facile osservare che la quarta non è altro che la quinta
bassa del suono fondamentale . Infatti se prendiamo l'ottava bassa
�elta quarta (basta perciò raddoppiare la lungh ezza della corda),
li rapporto tra la lunghezza della corda fondamen
tale e la lunghezza
di. questa corda è <;;ato dal rapporto tra
l'unità e tre mezz i che
è uguale a due terzi. '

(l) 11 rapporto _: è lo stesso


che!._; il rapporto_: ci dà l'ottava del-
1 4 2 ..
l'ottava, ed - t'ottava de 11
a quinta ; e qulnd_i nulla di nuov ma
3 o, la ri-
petizione nella seconda
ottava di quanto abbiamo trovato
.
- 213 -
Tutto questo mostra che se si considerano le quattro lunghezze
3 2 1
I, -, -,
4 3 2
dispo ste in ordine de � rescent e si ve � e che la quinta (due terzi)
.
e la quarta (tre quarti) sono s1mmetncamente disposte rispetto al
2
suono fondamentale ed all'ottava, poichè il rapporto di _ ad I
3
1 3
è eguale al rapporto di - a - ; e questo rapporto costante non
2 4
è altro che l' intervallo della quinta.
Questi quattro suoni componevano tradizionalmente la lira di
Orfeo, la lira dai magici effetti. Essa è povera, ma si presta benis­
simo ai bisogni della declamazione, poichè, come è noto, interro­
gando, la voce si alza di una quarta, e per rinforzare una parola
si alza ancora di un tono e si va alla quinta, mentre quando si
chiude un racconto si cala di una quinta. Osservazione special­
mente importante in una lingua la quale, secondo il Meillet, aveva
conservato l'accento di altezza dell' indo-europeo.
Da questa lira, per quintf:! successive, con ùn principio rigo­
rosamente applicato, si è sviluppata la scala musicale pitagorica.
Per formare una scala musicale si_ può teoricamente dividere in
parti in un modo arbitrario l' intervallo tra un suono ed il suo primo
armonico, scegliendo i suoni intermedi con criterii varii ; e si pos­
sono in tal modo ottenere le diverse scale usate dai varii popoli
in tempi diversi. Cosi, secondo il Combarieu (Jules Combarieu -
La Musique, ses lois, son evolution; Paris 1907, pag. 123), « la
gamma musicale è una creazione soggettiva dei musicisti e per­
tanto un fatto che si è potuto qualificare di « naturale • perchè è
l'opera di un istinto collettivo sottomesso a delle condizioni fisio­
logiche comuni • . Ora i pitagorici costruirono la loro scala appli­
cando rigorosamente il principio delle quinte successive, partendo
dalla lira di Orfeo ottenuta a sua volta dalla considerazione delle
corde le cui lungh�zze sta 'lno in rapporti semplici, determinati dal�e
q�attro prime cifre, ossia dai quattro numeri interi del quaternano
pitagorico.
In questo modo i sette intervalli, di cui viene a risultare formata
- 214 -
la gamma pitagorica, vengono ad essere . natu:almente connessi al
quaternario pitagorico, e l'arte della musica viene ad avere la me­
desima base della geometria e dell'aritmetica.
Vediamo brevemente come si ottenga la gamma pitagorica.
Basta procedere per quinte ascendenti, e scendere di un'ot­
tava tutte le volte che si ottengono corde di lunghezza inferiore ad
un mezzo, ossia suoni non compresi nell' intervallo dal suono fon­
damentale alla sua ottava.
La quinta della quinta sarà dunque data dalla corda avente
2 2 4 4 •
la lunghezza - X - ossia - ; e, poichè - è minore di unmezzo,
3 3 9 9
questo suono è più alto di quello dell'ottava, e perciò per rima­
nere entro l'ottava basterà prenderne l'ottava bassa ; .il che vuol
dire raddoppiare la lunghezza della corda, ossia prendere la corda
8
di lunghezza - . Prendendo ora la quinta di questo suono, ossia
9
8 2 16
la corda di lunghezza - - = - , abbiamo un altro suono
9 3 27
compreso entro l'ottava. La quinta di questo nuovo suono, ossia
16 2 32
la ·corda di lunghezza - X - = - , appartiene all'ottava supe-
27 3 81
32 1
periore perchè è minore di ; se ne prende quindi l'ottava
81 2
32 64
bassa, data dalla corda di lunghezza - X 2 = ; ed infine
. . 81 81
prendendo la qumta d1 questo suono si ha il suono dato dalla corda
128
di lunghezza -- , suono che appartiene all'ottava fondamenta
le
243
perchè questa frazione è maggiore di � .
2
Disponendo in ordine decrescent� i numeri espr
imenti te lun­
ghezze delle corde finora ottenute abbiam
o:
S 64 3 2 16 128
I, 1
g' 81 4 3 243 2
- 215 -
Abbiam o dunque ottenuto altri quattro suoni dati da corde che
hanno 1le lunghezze espresse da numeri simmetricamente disposti
in due coppie rispetto ai quattro numeri delle corde del tetracordo
primitivo: il suono fondamentale, la -quarta, la quinta e l'ottava. La
sesta e la terza furono introdotte da Terpandro, la settima dallo
stesso Pitagora (C/r. Pietro Blaserna; La teoria del suono nei suoi
rapporti colla musica. Milano 1875, pag. 109). Abbiamo cosi i sette
intervalli della gamma pitagorica. Si potrebbe continuare il pro­
cedinento, prendendo la quinta dell'ultimo suono ottenuto, quello
della corda lunga -- , e continuare a suddividere • l' intervallo
dal suono fondamentale all'ottava con altri suoni intermedii.
Ma prima di tutto è evidente che non è possibile continuare
indefinitamente il procedimento di suddivisione ; eppoi è da consi­
derare che il motivo che ci ha indotto ad interpolare dei suoni tra i
quattro suoni della lira d'Orfeo è stato il fatto che in questa lira
I 'intervallo tra la quarta e la quinta è troppo piccolo rispetto
ali' intervallo tra la quarta e la fondamentale e quello tra l'ot•
tava e la_ quinta; calcolata in vibrazioni la differenza tra il nu­
mero delle vibrazioni nell'unità di tempo della quarta e della fon­
damentale è doppia della· differenza analoga tra le vibrazioni della
quinta e della quarta, e la differenza tra il numero delle vibrazioni
dell'ottava e della quinta è tripla di questa stessa differenza. Ora
agli occhi dei pitagorici non poteva essere privo di importanza il
fatto che nella gamma che abbiamo ottenuto si hanno ben quattro in­
tervalli tra suoni consecutivi che hanno precisamente lo stesso
valore dell' intervallo tra la quinta e la quarta : Sono l' intervallo
tra la seconda e la prima, quello tra la terza e la seconda, quello
tra la sesta e la quinta, e quello tra la settima e la sesta. Inoltre
se si continuasse il procedimento, prendendo la quinta dell'ultimo
suono ottenuto, e prendendone l'ottava bassa, si avrebbe un
128 2 512
suono -- X - X 2 = -- che cadrebbe proprio tramezzo
243 3 729
alla quarta ed alla quinta; e quindi si verrebbero a formare due
nuovi intervalli troppo piccoli rispetto agli altri e si ricadrebbe
nell' inconveniente che si trattava di eliminare. Inoltre • i rapporti
numerici comincierebbero a diventare abbastanza complessi, e
quelli dei suoni consecutivi troppo poco differenti, cosa da cui de-
- 216 -
riverebbero degli inconvenienti di ordine musicale, di cui non pos­
siamo qui occuparci. Per queste ragioni di armonia aritmetica ap­
pariva senza dubbio naturale di arrestarsi a questa suddivisione
deW intervallo tra due suoni armonici consecutivi in questi sette
intervalli costituenti l'ottava.
Altre considerazioni di ordine aritmetico, e quindi singolar­
mente importanti agli o cchi dei pitagoric i, erano date dalle seguenti
proprietà: La seconda è media proporzionale tra la prima e la
terza, cioè tra i due suoni che la comprendono ; la quinta è media
proporzienale tra la quarta e la sesta. e la sesta è media propor­
zionale tra la quinta e la settima. Il pitagorico Archita fece inoltre
l'osservazione che la quinta è media armonica tra la prima e l'ot­
tava, il che equivale a dire che il numero delle vibrazioni della
dominante nell'unità di tempo è eguale alla media aritmetic a del
numero delle vibrazioni del suono fondamentale e dell'ottava. Tre
numeri a, b, e, si dicono infatti in proporzione armonica quando
le loro inverse sono in proporzione aritmetica, e perciò quando
1 l l 1
- = - (- + -), formola dalla quale si ricava subito il valore
b 2 a e
b della media armonica tra a e c. Nel nostro caso, facendo cioè
l 1 1
+
3 2
a - l e e = -, si ottiene - = - (1 2) = -, e b = -.
2 b 2 2 3
La quarta è d'altra parte la media aritmetic a della prima e
1 1 3
dell'ottava; poichè - (1 + -) = -; e quindi • le tre prime serie
2 2 4
consider�te dai matematici greco italici, la serie aritmetica, quella
_
geometrie� e q�ella armonica, compaiono nelle lunghezze delle
corde costituenti la gamma pitagorica.
Si può a?zi arrivare a costruire la gamma pitagorica, partendo
dal quaternario, e procedendo per mezzo di med·1e armonie · h e,
aritmertehe e geometnch .
e. È quanto ha fatto Platone ed cc
qual m?do: Teone da Smirne, oltre al quaternario f�nda
� en�a�:
pitagon�o for�ato con i numeri della serie aritmetica
t 2 3, e 4
ne considera diversi altri ,• tra i quali que11•1 compo ' . ' ' '
• . sti dalle due
e 1e geomet!1che che hanno rispettivamente per
-� ; ragione il 2 ed
• e per primo termine I' unità, ossia quaterna
rio :
- 217 -
l, 2, 4, 8; ed il quaternario : l, 3, 9, 27 ;
tra i quali numeri passa la relazione
1 2 + 3 + 4 + 8 + 9 = 27
in cui al primo membro non figurano che potenze del 2 e del 3
inferiori al 10. (Cfr. f. Dupuis, Théon de Smyrne. Exposition des
connafssances mathematiques utiles pour l'etude de Platon. /892;
pag 155). Platone parte da queste due progressioni geometriche,
ed inserisce fra le coppie di termini consecutivi (per esempio tra
t e 2) la loro media armonica e la loro media aritmetica, ottenendo
in tal modo le successioni :
4 3 8 '16
1, 2, 3, 4, 6, 8
3 2 3 3
3 9 27
e l , 2' 3 , 6, 9, 18, 27
2 2 2
Osservando poi che il rapporto tra i primi termini inseriti é
3 4 9
- : - = - , e cosi pure tra le altre coppie di termini inseriti
2 3 8
nella prima progressione, costruisce tante progressioni geometriche
con tale ragione, partendo dai termini di posto dispari ed arre-
standosi volta per volta a quel termine che non supera il primo
termine di ciascuna coppia precedentemente inserita ; t!d ottiene
cosi le tre serie
9 81 4 3 27 143
l ' t 2
8 64 3 2 16 128
9 81 8 27 243
2' 3, 4
4 32 3 8 64
9 81 16 27 243
4, 6, 8
2 16 3 4 32
che non sono altro che le inverse delle lunghezze delle tre prime
ottave della gamma pitagorica. (Cfr. Platone, Timeo VIII; Th. Il.
Martin; Timée de Platon, T. Il, pag. 38; Cfr. anche la versione
dei Dialoghi di Platone dell'Acri, Milano 191 5; Pag. 195-199; e
Plinio. H. N. Il, 20).
Per tutte queste ragioni si presenta dunque naturélle e con-
218 -
o fon dame ntale
arrest ar_
s 1• na a sud - isi. one dell' intervall
div
veniente . è perciò costituita
qu esti
• s ette mterv a 1. L'ottava pitagonca
11·
in
ezze:
dalle corde vent'i le lungh 16 128
� 64 3 2
-- '
1, 27' 243 2
81 ' 4 3'
9 . e a ltre saranno:
Se la prima dt essa la ·nd I ichiamo c o n do, l

do re mi, fa, ol la si, do.


.
' interv
I sette ' alli, ossia• •I sette srapp ' orti 'tra la lunghezza d1
ti a se ala
ogni corda e la lunghezza della cor da che la prec ede, ne
pitagoric sono
� � 243 8 8 8 243
,
25 0 g 256
9 9
? ?
Come si vede uno di_ questi_ rapporti è diverso dall'altro e
lo supera d1• un qum • d'icesimo •' SI h a CIO _ è un tono ed un semitono
che presenta l' inconvenien • t e di non essere formato da cifre ab-
ast s
b �:t ;;� �:· li
p vista musicale questa scala è decisa mente _c on­
traria all'armonia perchè i n essa la terza e la sesta sono d1_s�o­
nanti. A questo {nconveniente, che per altro no? è m olto _sens1b
1le
finchè si faccia, come nell'ant ichità, della mus,_ca sem
�hcemente
melodica, si è rimediato, come è noto, colla
mtroduz1one della
scala fisica. La scala maggiore, infatti,
8 4 3 2 3
I, 15 1
g 5 4
3 5 8 2
do, re, mi, fa, sol,
è una semp lice modificazione de la, si, do
lla pitag orica, fatta co
di mantenere presso a poco i l criterio
medesimi su oni, in m
soddisfino alla legge dei ra od o pe rò che
pporti semplici. Questa
so lo alcuni secoli fa, pres scala introdo tta
enta il vantaggio ch
la prima, la sesta rinfo e la te rz a rinforza
rza la quarta, e la
è facile vedere stud settima la quinta, co
iando i suoni di c me
rapporti successivi om binazione. Ed anch
sono assai semplic e i
8 i; sono infatti :
9 15 8 9
g' 10' 16
1
9' lÒ
8 15
Per altro, esp 9' 16
crienzt! molto
ingegnose fatte
una c:inquantina
- 219 -

di anni fa da Mcrcadier e Cormi, misurando direttamente le vibra­


zioni prodotte da buoni cantanti e buoni suonatori di violino,
mentre eseguivano colla massima attenzione una melodia pura,
hanno mostrato che essi non si servivano della scala fisica, e
neppure della scala temperata (che è approssimativa) ma di una
scala poco diversa dalla pitagorica. Questi musicisti usavano della
64 5
terza = - nella monodia e della terza = - nella poli fonia
81 4
(Cfr. Combarieu. Opera cit., pag. 301 e Blaserna. Opera cit., pag. 130).
Cornu concluse che la scala pitagorica deve ancora considerarsi
come la scala della melodia, mentre la nostra scala moderna deve
riguardarsi come la scala dell'armonia. « In pratica, dice il Blaserna
(pag. 130), questa distinzione non ha grande importanza (oggi)
perchè basta il minimo accompagnamento per dare dell'armonia.
Tuttavia il fatto è in sè molto interessante e merita di essere esa­
minato con cura. Esso dimostrerebbe una certa tendenza in noi,
di seguire nella melodia la scala pitagorica, e darebbe una base
molto naturale alla melodiosa musica greca ,. .
Vi è inoltre un altro fatto, che sta forse in una ignorata rela­
zione col precedente, e che da! punto di vista pitagorico rende pre­
feribile e per così dire più naturale la gamma pitagorica. Ed è il
seguente, che non crediamo sia mai stato rilevato : Nella scala pi­
tagorica i rapporti dclie lunghezze di due corde qualunque sono
sempre espressi da potenze del due e del tre, (ossia per mezzo
dei tre numeri due, tre e quattro, essendo il quattro una potenza
del due). Invece nella scala moderna in tali rapporti figura anche
il numero cinque; e si esce quindi fuori dal quaternario fonda­
mentale ed originale.

(Continua)
ARTURO REGHINl
- 220 -

NUVOLE NERE
Discife justitlam moniti et non temnere divos.
(Yerg. Aen. VJ, 620)

ta, dice­
Un mese fa nel numero precedente di questa Rivis
smo
vamo che « seco�do le 11.ostre antiche previsioni 1m imperiali
guelfo in Italia sia da condannare e da rite11ere destinato al-
i'insiiccesso ».
Alludevamo non soltanto all'articol0 .::;�111"�< frnpe1·ialis1no P,i,-
gano » già da noi riprodotto e specialmente nlla sua chiusa, ma
anche ad altri tra i quali l'articolo su « Il Velfro » pubblicato
nell' « Impero � del 24 Aprile 1923 in occasione del Natale di
Roma. Traemmo allora fausti presagi sub conditione, « se il po­
polo saprà vivere auste1·amente, virt1tosa111mte, se il Duce avrà
la fede e la reverenza romana per gli lddii delta patria ».
E per indicare le vie misteriose ed i mezzi piccoli per i quali
maturano i grandi effetti, e per i quali avrebbe potuto rovinare
il Governo cui auguravamo il successo, scrivemmo ; « Quando
la gerarchia non sussiste, l'assetto sociale precipita. Qtiando
l'imperatore indnlge a sentimenti pe,-sonati o pretende volgere
l'impero a beneficio di popolo non predesNnato, il fato, etti
sottostanno gli Dei si abbatte s11, di ltti e la stta opera. Carlo V
esce di senno, tt,n'incredibile testardaggine determina l,Vater­
loow, sttlla Marna e sul Piave si avverano miracoli».
L'On. Mussolini con la tenacia che gli è peculiare si è lun­
gamente ostinato in una politica apertamente favorevole alla re­
ligione cattolica, alla Chiesa di Roma, ed ai partiti ed alle occulte
organizzazioni ad essa asservite, politica che già il Pareto nel
numero di « Gerarchia » del luglio 1923 dichiarava· assai peri­
�ol�sa ; e _lungi dal mostrare la reverenza verso gli dei della patria,
e giunto smo ad esaltare il Golgota a spese del Campidoglio, sì
- 221 -
da farci escire dal nostro riserbo per ammonirlo che passava
veramente i limiti anche se agiva con intendimenti politici. Taluni
nostri avversari, nel giornale « La Fenice », han levato le alte
strida per questo fatto proclamando e maravigliandosi che osa­
vamo spingerci sino ad attaccare la persona del Presidente del
Consiglio ; ma quanto abbiamo riportato mostra che tale nostra
attitudine era perfettamente consona e coerente con quanto sempre
avevamo scritto.
Questa politica dell' On. Mussolini, e l' incoscienza ed il fa­
natismo per non dir peggio di certi pezzi grossi della sua molto
profana gerarchia, costituita facendo di ogni erba un fascio, dove­
vano apportare quei frutti che i lettori conoscono in parte e che
han culminato nella tragedia dell' On. Matteotti. E poichè le riper­
cussioni e gli effetti indiretti di questi avvenimenti possono eser­
citare la loro influenza anche sopra i movimenti iniziatici italiani
vogliamo fermarci sull'argomento.
Come il Pareto ammoniva, appariva minacciosa � una dedi­
zione al partito cattolico che esige più di quanto e voglia dare,
e che quindi può essere cagione di danni non lievi ». Anche il
Pareto sentiva che era impossibile empire la bramosa , oglia della
lupa vaticana. Dante Alighieri, il vate dell' imperialismo ghibellino,
ben conosceva questa caratteristica insaziabilità, e I' On. Mussolini
avrebbe potuto trovare nelle terzine dantesche qualche remora agli
amoreggiamenti col cristianesimo. Sarebbe bastato tener presenti le
seguenti terzine, tra cui è notevole l'ultima che indica un con­
gruo programma di politica ecclesiastica :

« Chè questa bestia, per la qual tu �ridt


Non lascia altrui passar ptr la sua via,
Ma tanto lo impedisce che l'uccide:
Ed ha natura sl malvagia t ria,
Che mai non empie la bramosa voglia,
E dopo il pasto ha più fame che pria.
Molti son gli animali, a cui si ammoglia'
E più saranno ancora, in/in che il veltro
Verrà, che la farà morir di doglia.
- 222 -
Questi non ciberà terra nè peltro,
Ma sapienza e amore e virtute,
E sua nazion sarà tra feltro e feltro.
Di quell'umile Italia /la salute,
Per cui moria la vergine Cammilla,
Eurlalo, e Turno, e Niso di ferute:
Questi la caccierà per ogni villa,
Fin che l'avrà rimessa nello Inferno,
Là onde invidia prima dipartilla » •

In attesa del Veltro' il grande iniziato che sarà la salut e del-


. . '

l'Italia pagana (dei quattro personaggi virgiliani), e che ncacc1era


sotto terra, nell' inferno, la lupa cristiana escita appunto dalle ca­
tacombe sarebbe stato prudente non fidarsi del Vaticano, che tra
le altre �ose aveva da trarre vendetta del fascismo che gli h_a
impedito di dominare l'Italia pel tramite di Don Sturzo. Avvenuta
finalmente la rottura e cominciata la lotta sorda tra Mussolini ed
il Vaticano, ecco un clamoroso delitto politico viene a sconvol­
gere la vita della nazione, ad agitare gli animi. Ed ecco i corvi
e le procellarie del malo augurio farsi avanti gracchiando e sbat­
tendo le ali. Investito da popolari e da ogni gradazione di demo­
cratici, a Mussolini non resterebbe che battere la via dell' impe­
rialismo ghibellino, se non esistesse un partito che già lo sta esau­
torando ad altro non pensando che a prepararne il tramonto.
Intendiamo parlare di quello stesso partito, nazionalista di nome,
antiitaliano di fatto, che già dal 1913 abbiamo identificato coi
Gesuiti. Con un sapiente armeggio, tra qualche mese o qualche
settimana, essi si !-.tanno preparando ad assùmere il diret ed in­
to
contrastato dominio d'Italia presentandosi come
i legittimi eredi
dell'attuale governo.
Ed è questa possibilità che non ci può
}asciare indifferenti,
anche dal punto di vista iniz
iatico. Difatti i nazionalisti ossia i
gesuiti, per prima cosa si scagliereb
bero con rabbia co�tro tutto
quanto è genuinamente m1z • • 1a
• tico,
. e contro tutte le correnti pagane,
classic he, esenti da ogni infezione ges
uitica. Basta ricordare la cam-
pagna, sempre iinnovantesi
nei loro fogli, contro la massoneria
- 223 -
per prevedere che essi ordinerebbero l'abolizione �ega!e di ?gni
associazione più o meno iniziatica, e si tornerebbe a1 bei tempi del
Bellarmino od a quelli più recenti del processo e della condanna
Ji Cagliostro per magia e massoneria.
Attendendo, con la stessa fede di Dante e �fazzini, ìl pro­
fetato veltro, vogliamo intanto dichiarare che tale eventualità la
abbiamo messa in bilancio da molto tempo. E tengano ben pre­
presente i nostri nemici che, nonostante la loro enorme potenza
e tutte le loro prodezze, esiste ancor oggi, come è esistita in
passato, traendo le sue radici da quelle profondità interiori che
il ferro ed il fuoco non tangono, la stessa catena iniziatica pa­
gana e pitagorica. inutilmente e secolarmente perseguitata. E come
i loro piani ed i loro conti sono stati scompaginati in occasione
dell'ultima guerra, ed in occasione della mancata rivoluzione bol­
scevica, così lo saranno anche in seguito, in ogni loro tentativo
di soffocare la romanità rinascente, e di impedire, alla sapienza
iniziatica occidentale di risollevare il livello spitituale del!' Occidente.

ARTURO REOHINJ.

11 prossimo numero di Atanòr escirà il 1° Settembre.


Sarà un numero doppio Aglsto - Settembre. Conterrà la
fine dei due studil di Ouénon ed Evola, la continuazione
di quello di Reghini, articoli di Capurro, Del Massa,
Morandi, ecc.
- 224 -

LIBRI RICEVUTI.
RENÉ uUÉNON - Orien_t et Occident - Payot, Paris - Un volume in-8
di pag. 250; Fs. 7,50.
CARLO PASCAL - Le credenze d'oltre tomba nelle opere letterarie del­
l'antichità classica. - 2. edizione G. P. Paravia e C. - 2 voi. in-8
di pag. 196 e 205; L. 21.

Avvertiamo i nostri abbonati che l'Amministrazione


di Atanòr non può ritenersi responsabile delle nume­
rose dispersioni postali. Chi desidera un numero sepa­
rato occorre dunque ne invii l' importo.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


L'Esoterismo di Dante - RÉNE GUÉN0N . . . . . . . pag. 193
La Potenza come valore metafisico - J. EVOLA . • .
L'Impronta Pitagorica nella Massoneria - A. REGHINI .
,. 202
,. 210
Nuvole Nere - A. REGHINI . . . . . . . . . ,. 220

SOMMARIO DEL NUMERO PRECEDENTE


Mora�e e peccato - O1�uo CAPURR0 • . . . . . . . . . pag. 16l
Massime di Scienza Jn,ziatica, con commento di Arturo Reghini _
AMEDEO ARMENTAN0 . . .
Con le molle - ARTURO REOHINI . : : : • • • • • • • ,. 171
« 166
la Potenza come valore metafisico - J. EVOLA • • • • • • • «
Tra r Riviste - La Filosofia della Masson�ri; _ AN;CE� •
177
�t 'JASSA . . . • o

:.;x�:.

e r sia ·,a • ·sÌnago�a de�li • Ig�o;anti _
« 187

V x��'{r.!,!:!� g:715
0

. . . . . . . . . . . « 190
-
Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REOHINI
ROMA • Tlporrafta e Iris,. • Via Agostino Depretis, 86.
ta Redenzione di Adamo di L. Puccinelli, i.·.-16 L. 6 -
u missione di Roma nel mondo di v. Marchi,. in-8 L. s -
Filosof i Antich i di A. Tilgh er, in-8. L. 12 -
purilicazlone di Ciro Alvi(1° della serie: I Romanzi dell'Occulto) in-16 L. 6 -
santo Francesco d'Assisi dello stesso. Quarta edizione in-8; in carta di lusso,
illustrata con quindici tavole fuori testo di E. Anichini L. 15 -
In uita perletla godere. Romanzo dello stesso in-16 . L. 8 -
Per 10 Spirito la Carne esaltare. Romanzo dello stesso in-16 . L. 8 -
L'Arcobaleno. Novelle dello stesso in-16 L. 6 -
Il LUPO di 6UbbiO di A. Boussac De Saint-Mare; dramma mistico. Traduzione
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Solitudine di Maria Luisa Fiumi . L. 5 -
Un Laudarlo Umbro quattrocentista dei Bianchi di G. M. Monti L. 6-
Federico Frazzl. La Vita a l'Opera di G. Rotondi L. 7 -

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11 Vangelo di Cagl)ostro - il Gran Cofto - con un proemio di P. Maruzzi;
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L!I Storia della ma.ola dello stesso, in-8 grande, con 16 tavole esoteriche fuori
testo . L. 30 -
La Chiava del Brandi Misteri secondo Enoc, Abramo, Ermete Trimegi sto e
Salomone; dello stesso, con illustrazioni esoteriche. . . L. 30 -
La Sapienza Italica di Enrico Caporali in-16. Esaurito.
La Parola d&I BUddO. Riduzione dal Pali del Biccù Nyanatiloka, versione di
G. B. Penne, in-8 piccolo . L. 12 -
Dalla Pietra f:losotale 8 dell'Irta dBll'AIChlmla in-16. Esaurito, in ristampa.
La Legge dli ftUOUO Pensiero di W. Atkinson, in-16. . L. 8 -
Il Plmandro 8 altrl Scrtm Ermetici di Ermete "frimegisto. Esaurito, in ristampa.
PICO dalla ffllrandola di O. Semprini, in-16 . L. 9 -
AOOSTO-SETTEMBRE 1924 NUMERO S.9
c/C CON LA POSTA DUE LIRE

RIVISTA MENSILE DI STUDI INIZIATICI


Direttore Responsabile: ARTURO REOHINI
Direzione ed Amministrazione presso la Casa Editrice • ATANÒR », Succursale di Roma
al N. 16 del Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)
Costa DUE lire II Numero Abbonamento per un anuo VENTI lfTe - Per l'Estero Il dopr;lo

REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA- J. EVOLA- RENÉ GUÉNON - MANLIO MAGNANI - VITTORE
MARCHI - MARIO MORANDI - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REOHINI -
OALLIANO TAVOLACCI.

PALINGENESI E REINCARNAZIONE
Da quando è sorta questa Rivista il suo direttore Arturo Re­
ghini, sia parlando di alcune associazioni pitagoriche di breve du­
rata, sia scrivendo intorno alla più recente letteratura pitagorica,
ha trovato modo di insistere su alcuni punti essenziali di quella
che è tradizione iniziatica esoterica ; insistenza giustificata perchè
è proprio e costante del rifiorire di certi studi, di particolari mode
del pensiero, lo svilupparsi prodigioso di confusioni deplorevoli,
di arbitrarietà inconcepibili .
Proponendoci perciò di chiarire, per quanto è possibile, secondo
il nostro punto di vista, la differenza che passa fra concetto di
palingenesi e di metempsicosi intendiamo apportare il nostro mo­
desto contributo a un'opera di semplificazione, di eliminazione di
false e parziali interpretazioni, di pregiudizi, presunzioni e arbi•
Atanòr 15
- 226 -
pitagorica c' intratteni�mo
trarie identificazioni. Se delta dottrina
nostro modesto avviso,
su que Sto Punto, si è proprio perchè, a . .
e rn certo modo cresc1u· ta
più ingiustificata è la confusione creatasi
e aiutata a crescere.

Ed entriamo senz'altro in argomento.


Che il concetto della metempsicosi sia un concetto confuso e
il più delle volte mal capito non siamo noi certo ! primi a rilevarlo.
_
Jean d' Espagnet nell' Enchiridion Physicae restitutae - 4a Ed1z.
Rothomagi 1647, pag. 143, scrive:
Quemadmodum caho singulae universi partes secundum mate­
riam potentia inerant, quae actu postea separatae et productae sunt,
ita singula rerum individua universo mundo materiali potentia in­
sunt, antequam in lucem exeant, inde tempore et ordine suo
fluxura et aliquando acto emersura: ubi autem deficiunt, in uni­
versam molem a qua prodierant, tanquam flumina, in mare· relabuntur,
qualibet nempe natura, regione(m) sua(m) reperente, iterum atque
iterum in naturae officinam regredienda, et sub eius incudem
ad opus novum remittenda. Forsan ea fuit dudum explosa, quia
non intellecta Pithagoreorum mttempsycosis ...
Il Ramsay, il famoso fondatore del rito scozzese, nel suo sto­
rico Discours sur la mithologie, come ognun vedrà chiaramente
più sotto, per primo, crediamo, dà una interpretazione limitativa
al concetto di metempsicosi. Egli riassumendo la dottrina di Pi­
tagora scrive :
« Pitagora definiva l'anima - come Talete - un principio au­
tomovente. Egli sosteneva inoltre che uscendo dal corpo, ella si
riuniva all'anima del mondo (Cic. De Senectute cap. 21 ), che
ella non è Dio ma l'opera di un Dio Eterno e che ella è immor­
tale a causa del suo principio.
Pitagora non adottava la finzione poetica della seconda morte.
Egli insegnava che il puro spirito e l'eterna materia dell'anima es­
sendo nati insieme, dopo la morte del corpo, erano inseparabili e
_
n�ornavano nell'astro di dove erano discesi. Qui non si allude af­
fatto alla metempsicosi; essa non riguardava che le anime che si
erano degradate e corrotte nel corpo mortale ,. .
Pure risul �a anche chiaro che la concezione della metempsi­
.
cosi del Ramsay non è molto ben definita, e ciò non deve stupire.
- 2'ZT-
lnfatti nel volume X (1918) della Encyclopedia of Religion and
Ethics dell' Hastings, alla voce Pythagoras and Pythagoreism (a cura
di G. Burnett) troviamo scritto :
• La parola metempsicosi con cui questa dottrina è general­
mente nota ha solo una molto tarda autorità ed è basata sopra
una confusione d'idee : perchè significherebbe che lo stesso corpo
è abitato successivamente da varie anime. Il termine corretto
avrebbe dovuto essere metasomatosi che è effettivamente usato
da Plotino e dagli apologisti cristiani. L'espressione più appropriata
e. è indubbiamente palingenesi o rinascita ».
lf, Quanto sopra è del resto molto discutibile perchè, analizzata

t
j.
nella sua costituzione, la parola metempsicosi significa propriamente:
dotare di anima dopo (al di là), e non dice in che modo questa
postuma animazione si effettui.
Anche l'illustre grecista Rostagni A., nel suo recente libro
• Il Verbo di Pitagora ,. (Bocca Editore - 1924) incorre nella me­
desima confusione quando a pag. 153 dice che Pitagora chiamò
« palingenesi delle anime il dogma che i posteri più comunemente
designarono col nome di metempsicosi ,. ; citando in nota, senza
riportarlo, il passo di Servio nel suo commento alt' En. lii (68), nel
quale invece Servio insiste sulla differenza di significato di qµ,esti
due termini, dicendo chiaramente che Pitagora insegnò la palinge­
nesi e non la metempsicosi. Tale circostanza non è sfuggita a Gu­
glielmo lrhovius, il quale nel suo De Palingenesici veterum seu me­
tempsycosi sic dieta Pithagorica (Amstelodamii apud Henricum
Vieroot MDCCXXXIII) riporta per intero il passo serviano, testi­
monianza degna di tutta la nostra attenzione.
Maggior confusione è nata infine, quando alla parola greca
metempsicÒsi si sono sostituiti i termini latini non perfettamente
corrispondenti e concordanti di reincarnazione, trasmigrazione e
peregrinazione.
Questa identificazione di metempsicosi e palingenesi, combat­
tuta da Servio, quanto mai arbitraria e gratuita, ha talmente deviato
si da far completamente dimenticare che la parola palingenesi (ri­
nascita) è parola adoperata ripetutamente nei misteri e nella ini­
ziazione a significare non una reincarnazione dell'anima in un corpo
materiale ma al contrario una seconda nascita ad una vita nuova,
nuova vita spirituale. Tale .parola, adoprata tuttora dagli yoghi
- 228 -
), ra sa
indiani i quali si dichiarano due volte nati �dwjgi� � � �� d�
Apuleio ad indicare il risultato dell'iniziaz10 ne a1 m1sten 1s1ac1,
ed è termine tecnico iniziatico. , .
. g �e�1. . deoba ri­
Nella dottrina Pitag orica che la parnla palm �
_ 1mz1ato e non
i
ferirs piutt osto alla rinas cita misti ca pecu ltare dell .
alle modalità della sopravvivenza spirituale umana, ns�lta �nch�
dal fatto che tale parola è in tal senso usat� da Fere�1de d1 cu�
si dice che Pitagora fosse discepolo. È da nle,.,:are _poi . ch_e _ogni
volta che si parla di metempsicosi si intende d! s�hto nfenrs1 al�a
coscienza individuale umana, supponendo che I amma umana sia
un complesso inscindibile e che tutti gli uomini si trovino nelle
medesime condizioni spirituali. Il concetto di reincarnazione dei teo­
sofi e degli spiritisti, ad esempio, è quanto mai confuso e sem­
plicista: ammettendo che Tizio, Caio, Sempronio dopo la morte si
reincarnino in altri corpi, non si accorgono che il concetto stesso
adombrato dalla parola Tizio risulta in buona parte proprio dalla
presenza del corpo, e il loro ragionamento quindi è vizioso, nè
dice bene cosa è che si reincarna.
È dunque necessario determinare, per quanto è possibile, in
che consistesse questa palingenesi erroneamente chiamata metem­
psicosi, studiare il destino delle varie partì non corporee costitu­
enti l'uomo, se esiste o no una legge universale per tutti gli uo­
mini circa il loro destino dopo la morte e se il modo di vivere
e la coscienza spirituale non a·pportino modificazioni e alterazioni
alle modalità della sopravvivenza.
Se te difficoltà stesse di· varia natura e numerose che si frap­
pongono alle ricerche sul pitagorismo, date le poche testimonianze,
e la natura stessa della dottrina avessero consigliata più prudenza
agli studiosi nell'accettare conclusioni senza prima ponderata ana­
lisi e non al lume della sola critica storica, e se gli studiosi tenes­
sero in maggior conto certe discipline, non accadrebbe, come ac­
cade purtroppo, che volta volta il campo sia sempre più intorbi­
dato e più crescano e fioriscano le ipotesi e i malintesi.
Volere indagare con mentalità profana e relativi mezzi nelle
dottri?e inizia�ic�e è già un errore grave, e può accadere quindi
_
c�e s1 d1menbch1 con troppa facilità il significato di alcune te­
.
sbmom�nze concordi nel confermare la rigida disciplina che re­
_
golava li sodalizio pitagorico, il silenzio imposto agli aderenti e
- 229 -
t'uso costante dei pitagorici di servirsi di termini enigmatici; si
capisce quindi la distinzione fatta in conseguenza di ciò in inse­
gnamento esoterico ed essoterico.
ti, Non c'è bisogno di ricorrere a troppi esempi per dimostrare
on la fatale trasformazione di una verità filosofica ed iniziatica di dif­
he ficile comprensione in un concetto più grossolano, quando esempi
di tali deplorevoli trasformazioni possono riscontrarsi anche per
dottrine filosofiche comuni.
E se dal fatto stesso della popolarità del concetto della rein­
ia carnazione si ha un motivo di credere che effettivamente qualche
Ile importante insegnamento circa la sopravivenza esisteva, abbiamo
bensì il diritto di ritenere la concezione popolare una deformazione
della verità esoterica. Non fa quindi meraviglia se tale concezione
popolare si è prestata alla satira, la qualcosa si verifica tutt'oggi
per i misteri cristiani, per i dogmi cattolici e in genere per tutte
'O le dottrine che cadono in mano del volgo.
a Il Rostagni, per esempio, pur riconoscendo la misteriosità del­
è !'idea di metempsicosi (..... E il concetto della metempsicosi - si
sa - formava là spina dorsale di tutto il poema (Empedocle). Dal
principio alla fine tutti i pensieri, le rimembranze, i precetti gra­
vitano intorno a questa misteriosa idea, ch'era la preoccupazione
e l'incubo dei pitagorici. Rostagni Pag. 193), e certamente conscio
delle difficoltà delle ricerche sul Pitagorismo (questa specie di
sfinge che intorbida i primordi della filosofia greca, pag. 65) non
par· guidato da troppa prudenza quando identifica, come abbiamo
veduto la palingenesi con la metempsicosi.
Il basarsi, come egli fa, sopra Ovidio non offre che scarsa si­
curezza, trattandosi in buona parte di leggende; pur tenendo nel
debito conto che Pitagora abbia affermato di ricordarsi di cose
accadute alla sua coscienza di iniziato in altri tempi (come pure
Empedocle affermava di essere stato: già garzone e donzella, e
a�busto e uccello e muto pesce abitatore dell'onde - Fram. 117)
ciò non dimostra che soltanto con la teoria della metempsicosi
simile capacità possa spiegarsi.
Nè ci sembra sia lecito da una simile legge che si riferisce
par!icolarmente a Pitagora, a Empedocle, costruire la generaliz­
zazione della teoria della reincarnazione per tutti gli uomini.
Trascurando il fatto che la storia delle reincarnazioni di- Pi-
.... 230...,
tagora è molto leggendaria, fatto per noi d'altronde p�chissi�o
importante, almeno come ci è per�enuta. e come è stata ricostruita
(Rostagni op. cit. pag. 239-40), noi cred1a?10 che qua��o �mpe­
.
docle O Pitagora dicono di ricordarsi le vite passate, s1 nfenscono
al loro io in quanto assimilato a Dio ; e si capisce che possa ri­
cordarsi quello ed altro. (Io al vostro cospetto, non più mortale
ma nume divino, m'aggiro. Fram. 112. Bignone, Empedocle pag. 484).
Noi sappiamo come tali esseri non soltanto abbiano la pos­
sibilità di aver coscienza delle cose passate, ma anche delle future
e delle cose che accadono a grande distanza nel medesimo tempo,
come gli esempi veri o no di Filostrato, Swedemborg dimo­
strano; e nei quali casi è evidente la reincarnazione non averci
proprio nulla a che fare. La rimembranza delle vite anteriori è per
Pitagora, anche se,:ondo Ovidio, un dono speciale degli Dei ; si
tratta della classica anamnesi dei misteri, e il discorso di Ovidio
conferma che Pitagora aveva raggiunto il risultato dei misteri.
La memoria mistica aveva infatti un valore precipuo nella fi.
losofia pitagorica e degli orfici (Bignone. Empedocle pag. 500
Fram. 129 n. v. 5 sg. si tratta della memoria mistica, l'anamnesi
delle peregrinazioni delle anime .. . ) ; secondo la concezione reli­
giosa greco italica le anime morendo bevevano alla fonte del Lete
e per sopravvivere era necessario bere all'eterna fonte di Mne­
mosine l'acqua della vita. Questo era l' insegnamento fondamen­
tale dell'Orfismo e dati gli intimi rapporti fra Orfismo e Pitago­
r!s?1o possiamo rite�ere che simile concezione avessero i Pitago­
nc1. Del resto sappiamo per le precise testimonianze di Apuleio,
Plutarco e Tertulliano che l' iniziazione era paragonata alla morte
e l' iniziando doveva compiere da vivo quelle vicende che avrebbe
�ov�to c_o�pi�re dopo la morte, assicurandosi cosi, prima di mo­
me Il pnv1leg10 dell' immortalità.
. Nell'oper� del Dott. A. Reghini. Le parole sacre e di passo e
.
ti massimo miste
una �spos1ZJ. . ro massonico (Todi - Casa Atanòr Editri·ce) s1• trova
�ne qua�to mai chiara di questa dottrina della seconda
nasc1t� o �a�mg�nes1 per la quale l' iniziato ai sacr
i misteri acqui­
stava il pnv1leg10 dell' immortalità.
A pag. 199 troviamo scritto:
« La morte iniziatica con
s'·ste, seco do
dotti a determinare ' neI porre la pro � qu�nto siamo stati con-
pr,a coscienza, rimanendo vivi
- 231 -

e presenti a sè, nella condizione in cui deve trovarsi la coscienza


del morto. Si tratta di sperimentare, vivendo in piena coscienza, la
morte.
Per il greco si trattava di morire conservando la memoria. Era
l'oblio (H,1fr;) :che procurava la vera morte, che era veramente
letale, deleterio. La sorgente della memoria (ll'l'YJ7':ù>auv·I)) dava invece
la capacità di ricordare, l' ANAMNESI ; e poichè era l' iniziazione
che permetteva di conosr,ere in verità i principii, le cause delle cose, è
naturale che la verità si dica &:-MìAet7.; e la teoria platonica del/'A­
NAMNESI per cui l'apprendere non è altro che ricordare si basa evi­
dentemente sopra la misterioso/la ,. .
Di conseguenza essendo la palingenesi (rinascita) il risultato
dell'iniziazione, dichiarare di aver memoria di vite antecedenti, di
possedere insomma l'anamnesi, equivale a dire di aver operato
sopra di sè la palingenesi iniziatica.

Intesa in tal modo la palingenesi iniziatica, e non confusa con


la metempsicosi insegnata dai posteri e compresa dai profani, è
naturale che essa costituisse l' insegnamento fondamentale della
scuola italica e che scopo ultimo della disciplina ascetica e mi­
stica degli ascritti al sodalizio fosse quello di raggiungere questa
palingenesi che il savio maestro sapeva insegnare come ottenere·
Questo concetto delta palingenesi rende perfettamente naturale­
e chiaro quanto dice Aristosseno : Per i Pitagorici scopo dell'uomo
è di divenire simile a Dio. La chiave del sistema pitagorico è il se­
guire ·Dio. Lo stesso dice un autore ignoto citato da Stobeo: l'au­
torità di Aristotile ci permette di asserire che i Pitagorici- divide­
vano le cose razionali viventi in Dei, uomini e simili a Pitagora,
(Fram. 198 Rodhe). È interessante osservare che l'anima purificata
ricorda le sue precedenti incarnazioni.
Ciò dimostra che Pitagora, come Empedocle, non si conside- .
rava uguale agli uomini, e non è verosimile che egli volesse esten�
dere a tutta l'umanità le leggi che regolavano la sua esistenza.
Se per metempsicosi, du11que, si intende la palingenesi inizia­
tica ha ragione il Rostagni a scrivere che il fondamento della fi.
losofia pitagorica consiste nel dogma delta metempsicosi. E in
questa interpretazione ci conferma anche il fatto che se il fenomeno
- 232 -
della metempsicosi fosse stato e fosse universale non �i spieghe­
,
rebbe come soltanto Pitagora dovesse avere l anamnesi.
Il Rostagni, nell'opera citata, dopo aver fatto risa� tare in Alc­
.
meone, in Empedocle, Parmenide, Euripide e perfmo m Platone e
Aristotile la distinzio'le di anima somatica e anima demoniaca, e
dopo aver mostrato come nel concetto di questi filosofi la prima
seguisse le vicende del corpo e la seconda fosse invece immor­
tale, non dice affatto a quale di queste due anime debba riferirsi
la dottrina della metempsicosi.
In qualche punto egli dice che l'anima somatica è destinata a
perire e che non si potrebbe parlare di immortalità dell'uomo se
l'uomo non avesse questo dèmone, dimodochè non è l'uomo che
sopravvive, ma il dèmone dell'uomo. e L'anima dunque c'è (pag.
104) sebbene non abbia alcuna parte nell'attività cosciente del­
l'uomo •· Non ci sembra che l' immortalità di questo ente possa
costituire la metempsicosi dell'uomo. A pag. 105, scrive : e Se il
nome di anima dovesse riferirsi al complessù delle forze psi­
chiche, nessun dubbio che per Alcmeone l'anima sarebbe mortale
aÌ pari del corpo I Ovvero bisognerebbe supporre che, quando
egli parla di anima immortale, l' immortalità che le attribuisce,
e che paragona a quelle degli astri e di tutti i corpi celesti
non è più affatto l' immortalità vera, assoluta, quale generalmente
s' intende, dell' individuo che non vuol perire, che vuole sussistere
nella sua indiminuita e salda unità ; ma è semplicemente l' immor­
talità della specie, l' immortalità che si effettua trasmettendo di
generazione in generazione il movimento contenuto nel seme ,. .
Considerando in tal maniera l'anima somatica, la C:ottrina pita­
gorica la troveremo correttamente espressa da Ovidio, che si ri­
duce in sostanza all'esposizione dell' indistruttibilità e continua va­
riazione degli elementi materiali ed animici umani, in cui però le
singole individualità· con le loro memorie scompaiono, come d'al­
tronde, è provato dalla stessa esistenza degli uomini, i quali non
conservano memoria della lor vita antecedente.

Nec perit in tanto quicquam, mihi credite, mundo


sed variat, faciemque novat: nascique vocatur
incipere esse aliud, quam quod fuit ante ; morique
desinere illud idem.
- 233 -
A questo proposito ci sembra più proprio a indicare il processo
di universale variazione della materia animata, nel cuncta Jluunt
il ter mine metamorfosi che non quello di metempsicosi O di me:
tacosmesi.
Per quanto, invece, si riferisce all'anima demoniaca essa non
avendo, come abbiamo detto, alcuna parte nell'attività cosciente
dell'uomo, limitandosi la sua funzione a quella di spettatrice for­
zata e inerte delle vicende della vita corporea, allo sparire di
questa resta quello che è, liberata dal vincolo del cieco carcere;
aa
ed anche qui non è il caso di parlare di metempsicosi perchè, pur
se ammettendo che dopo la morte del corpo quest'anima sopranna7
he turale informi un altro corpo, essa non può dare a questo nuovo
g. corpo maggior importanza di quella che dava a quello di prima,
il- e il nuovo individuo non ha nessuna ragione di chiamarsi l' in­
carnazione dell'altro.
Da quanto abbiamo esposto non risulta che il Rostagni, che
è senza dubbio uno studioso pieno di acume e un ottimo espo­
sitore, abbia raggiunto I' intento di chiarificare il concetto di me­
tempsicosi, che egli identifica con quello di metacosmesi (pag. 280),
dopo averlo prima identificato con quello di palingenesi, come ri­
sulta dall' indice ; dimodochè la metacosmesi sarebbe identica alla
palingenesi, il che è semplicemente assurdo.
A pag. 223 egli parla di palingenesi al plurale (.. ,.. su per la
tribolata scala delle palingenesi), ciò che conferma la confusione.

In un solo caso il concetto di metempsicosi umana acquiste­


rebbe senso, e si è nel caso in cui l'anima umana sfuggisse alla
vicenda ordinaria che subisce in quanto è anima somatica, e si as•
similasse all'anima demoniaca o divina di sua natura immortale.
È chiaro che una tale assimilazione porterebbe di conseguenza una
immortalità cosciente, memore, e che quando l'anima divina si le­
gasse ad un nuovo corpo, a questo nuovo corpo si congiunge­
rebbe anche contemporaneamente quest'anima umana divinizzata;
si potrebbe allora dire che l' intera coscienza umana rivive nel
nuovo corpo. • •
Abbiamo sufficienti testimonianze per ritenere che scopo del­
l' iniziazione pitagorica fosse appunto il raggiungimento di questa
assimilazione ; fra le altre quella di Aristosseno, che ·.abbiamo già
- 234 -
gi
veduta, _ch!�ra e p recisa • . Per / Pitagorici scopo dell'uomo è di di­ stJ
del sistema pitagorico è il seguire bt
venire similt a Dro· L a c·hiave
Dio. e
do questa interpretazione risulterebbe che nel concetto
. Seg. uen re la per f ez1one
· cons1s· teva
d1 Pitagora I-1 metodo per raggiunge I l
,
uomo la scm
· t'll 01
nell 'ass1 •m1•iamento alla Divinità• di cui è ne 1 a, e
, iniziato, per la palingenesi rinasceva a questa nuova vita . d
che 1 51
della coscienza. g
I versi d'oro terminano infatti : d

• Ma se lasciato il corpo salirai al libero etere
sarai immortale Dio, incorruttibile nè pili. mortale •. e
d
Nel capitolo sul poema pitagorico di Empedocle il Rostagni e
con chiarezza espone questo fine (pag. 220).
e Per conoscere il divino non serve la strada trita e comune e
del sapere umano, fondato sulle sensazioni ; occorre l'impervio I
sentiero dell' iniziazione mistica; quel sentiero della salute di cui t
Empedocle aveva dato l'annuncio al .principio del poema. Il sen­
tiero della salute è fatto di pratiche ascetiche, di purificazioni, di
mistero. L'essenza e lo scopo del mistero è la comunione con Dio.
La comunione con Dio non è altro che conoscenza di Dio : perchè,
come noi sappiamo, conoscere ed essere sono nell' intendimento dei
mistici quasi la medesima cosa : almeno ciascuno conosce quanto
è, e viceversa. Imitare Iddio, questo era stato il precetto fonda­
mentale di Pitagora "·
In considerazione di ciò è chiaro come la disciplina e i pre­
cetti pratici avessero tanta importanza; ma i preéetti debbono
essere intesi come pratiche utili o indispensabili per raggiunge
re
questa assimilazione e per sublimare la coscienza uma
na ; pratiche
catartiche che il savio maestro avrà certo imp
osto, perchè atte a
formare nell' iniziando quella coscienza cap
ace di resistere all'ardue
prove dei misteri e della palingenesi.
, No� si capisce proprio perchè la man ia di voler confortare
1 1. potes1 d�lla metempsicosi ad
_ ogn
viar.� dal buon sentiero, e tratto i costo, abbia fatto tanto de­
denti contraddizioni. studiosi seri e abilissimi in stri­
11 Rostagni ad esempio a
pag. 159 si chiede : e Su quali ra-
- 235 -
gioni doveva Pitagora fondare il divieto dei cibi animali, se non
sulla parentela - ch'egli certo ammetteva - fra gli uomini e le
bestie, e per conseguenza sul dogma del!' immortalità dell'anima
e delta metempsicosi? "·
A pag. 175 invece sostiene che : La predicazione per l'asti­
4

nenza delle carni era di argomento esoterico; si indirizzava ai soli


discepoli dell' interno della scuola... " Giustamente a tale proposito,
sul divieto de"i cibi carnei, recensendo l'opera del Rostaeni, A. Re­
ghini ha fatto notare : « che bastava pensare alla dieta di magro
dei cristiani e al vegetarianesimo dei teosofi, che non sono de­
terminati dalla paura di mangiare i propri parenti ed amici, per ri­
conoscere che l'astinenza dalle carni è legata non alla credenza
della metempsicosi ma alla conoscenza pratica delle condizioni
ni della palingenesi ».
E fortuna che lo stesso Rostagni in nota a pag. 274, riconosce
e che: « la questione dei limiti in cui era praticata l'astinenza è com­
o plicatissima e già molto discuss;,. dagli antichi. Causa di malin­
tesi fu l'aver confuso le prescrizioni di rito, praticate nel mistero,
con gli usi della vita normale ».

Riassumendo noi crediamo che sostenere una dottrina della


metempsicosi nel senso che a questa parola viene dato, confuso,
incerto e soggetto a malintesi, e attribuire questa dottrina all'eso­
terismo ini.ziatico pitagorico sia per lo meno arbitrario e dovuto
all'abito di trar facili illazioni da principi inseriti volta volta nelle
dottrine più svariate e perciò facili a esser fraintese, ed alla noncu­
ranza in cui vengono tenute certe discipline ; fidandosi i più dei
lumi dei moderni metodi, mezzi e possibilità, che autorizzano a
bollar di primitivi uomini come Pitagora, Empedocle, Filolao e a
dichiarar superate le loro concezioni metafisiche, religiose e po­
litiche. Noi purtroppo constatiamo che nel vario risorgere della
dottrina pitagorica, e anche oggi come sempre, gli elementi meno
pitagorici, i più barbaramente interpretati, hanno sviluppi davvero
rigogliosi ; adattandosi questi travisamenti al dilagante democra­
ticismo e ai beati poveri di spirito ; mentre sono dimenticati e si
ha cura a lasciar nell'oblio filosofi come il Caporali che ha saputo
applicare i principi e il metodo della scuola italica nella scienza,
nella storia e nella politica, continuando la gloriosa tradizione che
- 236 -
ebbe in Bruno, Campanella, Galileo, Da Cusa, i più potenti crea­
tori della modernità.
11 nome di Pitagora fa ora, le spese un po' di tutti t! se lo
disputano teosofi, spiritisti, mistici a spasso e vai dicendo. È un
grande ombrello, quasi di moda; come ebbe il suo tempo l'om­
brellone Giordano Bruno; di questo i più dotti che vi cercavano
riparo sapevano che era stato arrostito in Campo di Fiori in una
lontana epoca quando i papi comandavano; di Pitagora sanno
benissimo che insegnava la metempsicosi.

ANICETO DEL MASSA.


LA POTENZA
• COME VALORE METAFISICO
(Vedi numero precedente)

8. Resta infine da disilludere quei che fantasticano la rea­


iizzazione di una qualun_9!le potenza mediante lo sfruttamentq delle
forze della natura, procedente dalle applicazioni delle scienze fi.
sico-chimiche. Già Bacone- 11otò che per questa via la naturà non
la si comanda, che a patto di servirla e riconoscerla: 1' infinita af­
fermazione dell'uomo attraverso indeterminate serie di meccanismi,
drspositiyi tecnici ecc. è un marché de dupes, essa ha per sua ve­
verità profonda un omaggio di servitù e di obbedienza, una pro­
fonda negazione del principio dell' individuale. Non si ha infattt
l'affermazione centrate, che è un dominare senza condizioni, senza
chiedere a nulla fuor che alla propria potenza la riuscita dell'a•
zione, senza accettare leggi, ma imponendone, dominandole o vio�
lentandole: al contrario, da ogni punto di quella situazione esala
il riconoscimento della propria non-realtà e della realtà di una po­
tenza straniera, alla quale si va a mendicare la riuscita dell'azione;
p. e. non si parlerà mai di creare una pietra, bensì solo di farla
produrre in obbedienza alle leggi di natura. E ciò, perchè il pre­
supposto della tecnica è la scienza positiva, la quale è essenzial­
mente estravertita, non considera cioè le cose nella loro profonda
interiorità, in quella toro radice per cui esse andrebbero a ricon­
nettersi ali' Io e a dipendere da questi, bensì dal difuori, nel loro
apparire fenomenico. Null'altro che questo atteggiamento estra•
vertito e separativo h1 dato una realtà autonoma alla natura, ha
creato, nell' insieme di leggi meccaniche che la reggono, un bruto
fato che dissolve in nulla ogni reale consistere ed ogni libertà del­
!' individuo. Astraendo dal fenomeno il principio spirituale le scienze _
della natura si sono possibibilità di forn ire
preclusa a priori ogni
una qualunque soluzione positiva al problema delta potenza. se..
-238-
- per q�anto spiacevole e mortifican
nonchè tali considerazioni riconoscere -:- vanno estese ben pte iù
sarà a parecchi il doverlora prasseologta.. dovun ue non a sè, in
in là dall'ambito della me �
ente dal cent ro, bens 1 a qualcosa di
assoIuta affermazione part o del e 1egg1• deli a natur sta .
l'ele-
• altro ,. _ e che ciò al luog � . . _ _ �
le ent ita sov ra sen s1b1h d1 un ce rto
mèntale di una certa magia, _
t:
osciente � ! �ode no me­ r
occultismo, la grazia del mistico, il subc é, la d1v1 mtà, ecc., la
todo di autosuggestione cosciente del Cou
sua azione, se­
cosa in nulla cambia - chiede la riuscita della
condo situazioni che la formula « non io, ma il Padr e agisce in
me ,. riassume, non si ha a che fare con una potenza, bensi con
un' impotenza.
9. Tuttavia ad un tale concetto dell'individuo come domi­
natore, come centro di onde di potenza non arrestantesi all'am­
bito della mera forma discorsiva, come nelle discipline filosofiche
o a quello dell'animazione sentimentale e lirica, come nell'arte, od
ancora a quello delle comunità sociali, come secondo le vedute
del Nietzsche, ma profondantesi altresi fino al cuore della realtà
fisica e degli stessi regni delle entità sovrasensibili, ancor oggi si
poco conosciuti, sembra opporsi una grave obbiezione. Si può
infatti dire : sia concesso che un assoluto sapere ha per condi­
zione la potenza, e inoltre che non vi è reale potenza quando
non sia dato riconnetterla ad una libertà incondizionata, fruentesi
di là da ogni legge o natura. Senonchè può l' Io concreto effet­
fettivamente affermarsi in una tale situazione? Voi stesso avete
concesso, nel combattere I' idealismo astratto, che l' individuo in
m�l!eplici congiunzioni è impotente e deficiente : ciò che altro si­
gnifica, se non che l' Io è costretto a riconoscere delle potenze
:uto�o_me, c�e egli n?n ha posto e che invece gli impong ono la
0nd121one d1 uno sviluppo per l'assoluto sapere? Ma quando cosi
stessero le cose, non si pretenda mai più
valore d1_ una vera potenza,. co1 di rivendicare all' Io il
ricie. nza 51. accetta infatti un'elemnconosc
• 1mento necessario della de-
verà come una maled'121• one su enta re oscurità e fatalità che gra-
tutto ciò che, di contro ad ' essa, si
potrà poi· rea1.1zzare poic _
se l'autarc ' . hè se ali'ongme
• h·1a non dom • • s1• ha qualcosa di· dato,
ma già l' miz •
• 1• �, m • nessun altro punto, che
dall' inizio in un mod0 ,
come realmente autare nell �ltro dipende, sarà dato di ritrovarla
h?ia, e cioè come incodizionalità.
- 239 -

A ciò si risponde anzitutto avvertendo che qui in nessun modo


dalla deficienza propria alla sufficienza O realtà di un
si inferisce
movimento di fuga, generante il mondo delle
• Altro • : questo _
del realismo, viene escluso nel modo più netto
entità autonome
dalla presente teoria, la quale non rimette, secondo un uso ingenuo
e trascendente del principio di causalità, ad altro ciò che manca
ali' Io, ma tutto quello su cui questi non ha potere riconosce sem•
plicemente come suo non•essere o privazione, e I' intero mondo
risolve quindi in un corpo ripartito ed articolato in « quanta. di suf­
ficienza e di deficienza. Il principio fondamentale di tale teoria è
quello stesso che il Michelstaedter riprese dalla prima sapienza
greca : non dare una personl,l alla tua deficienza, non chiamare
essere il tuo non-essere. In secondo luogo, non si concede affatto
che la deficenza sia un dato originario imponentesi ali' Io secondo
una bruta fatalità: essa invero sorge solo in correlazione al sorgere
di una certa esigenza, e quindi è condizionata dall'atto di libertà
che ha portato a vita quest'esigenza stessa. Nello stesso modo
che alcuni elementi di desiderio vengono sentiti come male solo
nel punto in cui una volontà morale si stacca da essi e ad essi si
contrappone, cosi tutto quell' insieme mondiale che, a chi si elevi
al senso dell'individuo assoluto, appare come non-essere e priva•
zione, rispetto ad un altro atteggiamento -- rispetto p. e. a quello
del sadhana indiano, riecheggiante nei vari panteismi naturistici -
può bene apparire come essere e vita piena ed attuale. Ancora
una volta, il dato non impone mai determinazioni inconvertibili,
esso è piuttosto una materia plastica, la cui forma gli viene solo
dagli atteggiamenti che rispetto ad esso l' individuo assume, e ciò
che decide è, in ogni caso, la libertà. Ciò premesso si rifletta sul­
l'osservazione finale della « Critica della ragion pratica • di
Kant (1), cioè che la stessa oscurità ed indecisione della natura è
a dir vero da considerarsi come i.ma disposizione provvidenziale,
poichè se l'universo
rivelasse chiaramente all'uomo la via che va
seguita, questi sarebbe privato d'ogni reale spontaneità ed auto­
nomia, sarebbe ridott da vita e libera volontà ad un automa­
o
tismo trae nte le
sue determinazioni non dal suo interno, ma dal di-

(I) KANT
Kritik der praktlschen • Vernunft, parte l, libro li, cap. Il,
sez. 9,
- 240 -
fuori, per una specie di spinta inconvertibile e quasi meccanica
data .dalla conoscenza.
Ciò vuol dire che, dato che si volesse porre una volontà au­
tonoma, si dovrebbe porre altresì dinnanzi e in correlazione ad
essa un'oscurità, un' indeterminazione, una assenza di linea già data.
Ora un tal concetto può venire esteso. Si supponga che ciò che
l'assoluta libertà dell' lo afferma come valore sia la folgorazione
di quell'attività secondo cui un soggetto si strappa da alcune sue
determinazioni, questa si contrappone come sua negazione, dalla
quale risorge e si genera poi assolutamente secondo nuove forme.
Affinchè un tale valore possa venire realizzato, occorre evidente­
mente che ad un certo punto la libertà ponga come sua negazione
quel che,rispetto ad un altro,anteriore stadio,era potevaessere invece
affermazione della sua potenza. Ora ciò in cui I' Io, che è il principio
del porre, si nega, è chiaro che non gli possa, come tale, appa­
rire che come da lui non posto ossia come dato, e solo presso
questa apparizione di un non-essere che, pure essendo sentito come
tale dalt' Io, non risulta da questi posto, sarà possibile l'ulteriore
affermazione dell' lo secondo assolutezza, di cui sopra. Il concetto
dell' idealismo magico può dunque non venire affatto negato dal­
l'ammissione di una deficienza : basta che l' individuo rispetto a
questa si affermi in un atteggiamento positivo ; non deve cioè fug­
gire alla propria deficienza, bensì prenderne su sè il peso e ad
esso farsi sufficiente, bisogna poterla riconoscere come un mo­
mento essenziale che rientra nell'ordine di ciò che si è liberamente
voluto. Co:ne la fiamma potrebbe riprendere l'esistenza del com­
bustibile nella sua profonda volontà di attuarsi, di divampare, cosi
l' lo, che si vuole come autarca, può riprendere in sè il suo non­
essere, e, a dir vero, come la materia dalla quale soltanto potrà
far scaturire lo splendore di una vita e di un'attività assolute ; e
come per la fiamma il combustibile non sarebbe, che in quanto
cosa da consumare, cosi il non-essere o l'antitesi di deficienza e
d' impotenza che l' Io vede sgorgare in sè correlativamente ed in
virtù del suo elevarsi ad un certo valore, non è posto che in
q��nto deve essere negato : non è, che per non essere. Per l' in­
dividuo che sa farsi sufficiente a questo punto, la forma dell'as­
soluto dominio riprende la totalità dell'esperienza nella sua con­
cretezza, non è relegata a questo o quello stadio previleglato,
- 241 -
eno si vive, raccolta, come infinita potenza
be nsl in ogni fenom
tra scendente.
10. Una tale considerazione conduce ad un ultimo e con-
tusivo passo. Se nulla esiste, fuor che l' lo, quale potrà mai es­
�ere l'oggetto della potenza, se non l' lo stesso ? E ciò che, in confor­
mità della situazione che si è sopra esposta, va negato, che altro
potrà mai essere se non, di nuovo, l' lo stesso, la sua propria so­
stanza? Da qui il concetto centrale dell' idealismo magico : Di
contro a ciò che è mera natura, l' individuate o lo spirito si defi­
nisce non come quei che è, bensì come quei che si ha. Aversi, è
negare sè come semplice esistenza o posizione, annullarsi, e, ap­
e
punto per quest'atto negativo che trascende ogni essere nel non­
o
essere dell' infinita libertà, dominare la propria sostanza e nella
propria sostanza ogni sostanza, fruirsi come il principio eterna­

mente irreducibile a qualsiasi forma o legge. Come già distinta­
D
mente fu visto da Laotze ( 1 ); l' individuo essendo non è, non es­
sendo, consumandosi, strappandosi eternamente da sè è, ed è se­
condo un assoluto essere. Il principio di potenza e di dominio de­
finisce e realizza cosi, di là dall' indeterminato dell'assoluta libertà
immanifestata, l'atto stesso dell' individuale, e però è a sè stesso
mezzo e fine. Lo spirito non è null'altro che l' infinita energia che
si riafferma su tutte quelle forme in cui si coagula e determina il
suo potere, non è che il 11:6p eracliteo, la vampa creatrice e dissol­
vitrice, che ogni realtà risolv e nell'assoluto, innominabile splendore
del centro che possiede interamente sè, di colui, che è ent� di po­
tenza. E in quanto si è mostrato ogni cosa potersi dire conosciuta
secondo un assoluto sapere solo nella misura in cui in essa si
può intendere l'espressione di un gesto di potenza, l' intero si­
stem a del mondo, nei suoi fulgori come nelle sue miserie, nell' in­
finità del suo divenire vibrato in forme sempre nuove di là da
ogni spazio e da ogni tempo, altro non rappresenta che il feno­
meno del punto assoluto della libertà, che si è voluta in autarchia
Tale è l'Individuo assoluto il Persuaso : chiuso nella sua assoluta
ed immobile unità, egli vi �i compiace e vi si riposa, amandosi
solo creando tutto quel che crea per questo amore solitario :
----
(l) LAOTZE. Il libro della Via e della Virtù, trad. Evola, Lanciano
lg23 p. Xlii, XIV.

Alanòr 16
- 242 -

r/ �, .,(ç tò E.foW ofov cpép1rn:it IXÒ'toO i:lov, fa,;-r;èiv &y1X1tf101Xr; IXÒY,ìt, x�61X--if•
, I" ,'
i:xòtò; &v 't"')'}tO: 81tep �yr7:TtYj0E ,
(2). Ogni fenomeno procede da lui e in lui si consum
come nella potenza trascendente che, quale incondizionata negat��
vità, folgora nella sintesi eterna dell'assoluto possesso. Questa fol­
gorazione, null'altro che questo, è l'individuale, da cui l'uomo
che allo splendore terribile del proprio ·centro è insuff iciente, am�
fuggire come dal punto dell'assoluta morte.

J. EVOLA.

(2) PLOTINO, Enn. VI, VIII, 16. Cfr. VACHEROT, Histoire critique dt
l'école d'Alexandrle, Paris, 1846 t. I. p. 40.
- 243 -

IL GIARDINO DEI FILOSOFI


Arboreae frondes auro radiante vlrentes
Ex auro ramos, ex auro poma tegebant
(Ovid. Met. IV 637-38)

Don Antoine Joseph Pernety, religioso benedettino della Con­


gregazione di S. Mauro, nat<;> a Roanne n'èl) 716, morto a Valence
nel 1801, ermetista e massone, fondatore verso il 1783 in Avignone
del Rito massonico a carattere è"rmetico « degli Illuminati di A vi­
gnone ,., e creatore, sembra, del 28° grado (Cavalieri del Sole) del
Rito Scozzese Antico cd Accettato, ha lasciato, oltre ad un libro
di viaggi, due opere molto importanti che trattano di f!tosofia er­
metica. La prima ha per titolo : Les Fables Egyptiennes et Orecques
dévoilées et réduites au mème priacipe, avec une e_xplication des hié­
roglyphes et de la guerre de Troye - Paris, 1758; e consta di due
volumi in-8 di circa 600 pagine l'uno : e ne esiste una seconda
edizione del 1786. La seconda è il Dictionnaire mytho-hermétique -
Paris 1758: un voi. in-8 di 550 pagine, di cui esiste una seconda
edizione del 1787.
Come appare anche dai titoli il Pernety ha fatto una sistenJa­
tica interpretazione della mitologia pagana come allegoria dell'arte
sacra od arte reale, intesa tanto nel senso alchimico della trasmu­
tazione dei metalli in oro, quanto nel senso ermetico della trasmu­
tazione della coscienza umana in coscienza super-umana. È l' idea
che il padre Ath. Kircher (1602-1680) ha sostenuto nel suo Oedipus
Aegyptiacus (Roma 1652-53; 4 voi.), !l medico spagirico Pierre
Jean Fabre nel suo Hercules piochymicus - Tolosae 1634, e Michele
Majer nelle sue numerose opere (prima metà del settecento).
Dal Dictionnaire mytho-hermétique, pag. 207-209, alla voce
Jardin, traduciamo e riportiamo il seguente brano cuij,,aggiungiamo
varie note esplicative :

ARTURO REOHINI.
- 244 -

IL OIARDINO DEI FILOSOFI


Il Giardino dei Filosofi é il vaso che contiene la materia dell
«
grande opera. I colori sono i fiori di questo Giardino, che il fuoc°
della Natura, aiutato dal fuoco artificiale, fa nascere e schiude,:
Il Dragone delle Esperidi (1) v(g'ila alla porta del Giardino dei

(1) I pomi d'oro, le arancie (basso latino: arangia, aurantia, da cui ·n


francese oranges) del giardino delle Esperidi, custodite da un dragone,
racchiudono, secondo il Kircher, (cfr. Hoefer - Histoire de la Chimie,
Paris 1866, I. 36) tutto il mistero dell'arte ermetica. Le Esperidi erano
tre sorelle, di nome Egte, Aretusa, ed Esperetusa, figlie di Espero, fra­
tello di Atlante, che secondo i poeti pagani avevano un giardino nel
quale crescevano dei pomi d'oro. « Questo giardino, dice il Pernety
(Dic. Mitho-hermétique - edit. 1758, pag. 194), secondo la spiegazione dei
filos()ji spagirici, è il simbolo dell'Alchimia, per mezzo delle cui operazioni
si fa germinare, crescere, fiorire e fruttificare questo albero solare, di cui
li frutto wrpassa l'oro comune in bellezza e bontà, perchè converte gli altri
metalli nella sua propria natura; cosa che non può fare l'oro volgare. Il
Dragone che stava a guardia del giardino delle Esperidi, è il simbolo
delle di/Jicoltà che bisogna sormontare per giungere alla perfezione della
pietra filosofale, e nel me<lesimo tempo quello della putrefazione del mercurio»
Ed altrove (Dict. Mytho-herm. : pag. 118): « /I Dragone guardiano del
giardino delle Esperidi, rappresenta la terra, questa massa informe ed
indigesta che nasconde nel suo seno la semenza dell'oro, che deve frutti­
ficare colle operazioni dell'Alchimia rappresentata dal giardino delle Espe­
ridi. È questo dragone, cosi frequentemente rappresentato nelle figure
simboliche della Filosofia Spagirica, il quale non può morire st non col
suo fratello e la sua sorella, vale a dire se non è mescolato nel vaso fi­
losofico con lo zolfo suo fratello, e l'umore radicale innato, o acqua mer­
curiale, che è la sua sorella, la quale con la sua volatilità 10· rende volatile,
lo sublima, lo fa cambiare di natura, lo putrefà, e non fa in seguit o che
un solo corpo con lui. Quando esso non esiste più sotto la forma di te"a
o di dragone, allora la porta del giardino delle Esperidi è aperta e s1
Pll? cogliervi senza timore i pomi d'oro, nel modo che spiegano i libri
dei veri Filosofi Spagirici ».
�'albero che dà questi pomi d'oro è detto solare, perchè il Sole
corrisponde all'oro; il simbolo astrologico dell'uno è il simbolo alche•
- ffl-

Saggi, della cui entrata_ sta_ a guardia. D'Espagnet dà la seguente


descrizione di questo G1ardmo (1 ).

mtco dell'altro, e nelle lingue Indo-europee ed in queJle semitiche le


voci che esprimono il sole, l'oro, ed il colore aureo sono in generale
filologicamente connesse.
Nel simbolismo spirituale ermetico la terra è·il corpo umano (cfr. ; J. r
Sen eca - Qu est. nat. III, 15) o meglio l'organismo umano nella condizione
di coscienza ordinaria umana; mentre l'oro rappresenta Ja coscienza
/V)(;

perfetta di cui nell'uomo vi è solo la sementa, che di solito non germo-


glia neppure per l' ingratitudine del terreno e del clima, e perchè non
coltivata. Lo zolfo, suo fratello, è l'elemento divino [in greco una stessa
parola indica zolfo e divino, circostanza già sfruttata negli scritti degli
alchimisti greci sin dal 1v secolo d. C.], spirituale, aereo; l'acqua mer- ClcJ • -& "Wt�
curiale, la sua sorella, è l'anima umana, che possiede la capacità di i
sublimarsi, di trasformarsi cioè da acqua in gas (spirito).
Quando la sublimazione dell'anima umana viene compiuta ritual­
mente, mescolando e sigillando ermeticamente nel vaso filosofico la
terra, l'acqua mercuriale e lo zolfo, anche la terra finisce col cambiare
natura, si putrefà, muore, forma una sola cosa con l'acqua (od almeno
la si sente co,me se fosse divenuta incorporea, fluidica, amalgamata con
l'anima), e non esiste più sotto forma di terra o dragone. Si può allora
aprire la porta del giardino delle Esperidi, e cominciare a cogliervi i
pomi d'oro.
(1) Jean d' Espagnet, nato nel Delfinato nel 1591, morto a Londra
nel 1659, Presidente del Parlamento di Bordeaux, è stato uno dei più
famosi alchimisti del xvn secolo. I suoi scritti alchemici hanno avuto
numerosissime edizioni e traduzioni ed hanno esercitato una grande in­
fluenza.
L'Enchiridion Physicae Restitutae - Parigi 1623, è opera sua. L'Ar­
canum Ermeticae Philosophiae in generale è pure attribuito a lui ; lo nega
il Borellio nella sua Bibliotheca Chimica - Parigi 1654, pag. 6, che lo
attribuisce al Chevalier de l' lmperial, ed anche I' Hoefer (Hisf. de la
Chimit I, 325) dice che non appartiene al D' Espagnet perché differente
nello stile e nelle idee. L' incertezza è dovuta all'essere, secondo iJ co-
stume, il nome dell'autore sostituito da motti che ne sono l'anagramma.
Nell'edizione di Rothomagi (1647), che è la quarta edizione, l'Enchi­
rldion ha per motto nel frontispizio : Spes mea in agno est e I'Arcanum
ha per motto : Penes nos unda Tagi.
Nè l' uno nè l'altro sono anagrammi completi e precisi ; nel primo
vl sono però tutte te lettere che figurano in Jean d' Espagnet; il secondo
- 248 -
Quando si é trovato il mezzo di aprire la porta del Oiardt
dei Filosofi, si trova appena entrati una fontana d'acqua limpid1:;.

sarebbe l'anagramma di Joann D' Espagnetus. 11 primo significa : la mia


speranza è nell'agnello, l'agnello immacolato dell'ermetismo, l'agnello
del vello d'oro; e ricorda il motto della Gran Loggia d' Inghilterra:
Spes mea in Deo est, costituito dalle ultime parole pronunciate dal Gran
Maestro dei Templari J. B. Molay. Il secondo significa: Presso di noi
l'o�da • del Tago, fiume della Lusitania, oggi Tejo, noto per la sua
• sabbia aurifora.
Una traduzione inglese di questi scritti fu fatta da James Hasolle,
detto a,nche Mercuriophilus Anglicus. James Hasolle non è che l'ana­
gramma di Elias Ashmole, il famoso erudito, ermetista e massone del
XVII secolo, ben noto nella storia della massoneria.
A questo proposito è bene osservare che D' Espagnet è storica­
mente uno dei primi autori che facciano uso della parola architetto per
indicare Iddio.
Il mondo per lui è quasi un opus fabrile e vi è un opifex dovunque
presente che quasi come fabbro ripara di continuo gli attriti. (Ench.
Phys. rest. Rothomagi - 1647 - pag. 15). A pag. 24 di quest'opera parla
dello Spiritus Mundi Architectonicus; e così pure a pag. 58 e 106. E nel-
1' Arcanum Ermeticae Philosophiae, cap. 106, a pag. 274 della stessa edi­
zione, parlando della grande opera dice ·Che il fuoco deve essere som­
ministrato secondo le regole della Geometria. Questa parola va intesa
anche nel suo senso cabalistico di gematria.
Il sistema di anagrammare le parole e le frasi, sostituendo ad esse
altre parole e frasi composte colle stesse lettere·; o con lettere che des­
sero per somma un eguale valore numerico, è appunto un'applicazione
della gematria; e non è altro che un procedimento già usato dai pita­
gorici. I cabalisti presero colla cosa anche il nome. L'alchimista, autore
deW Asch Mezareph, fa della gematria una continua applicazione.
Il passo del d' Espagnet tradotto dal Pernety costituisce i paragrafi
52 e 53 dell'Arcanum Erm. Phil. (pag. 235 dell'edizione del 1647).
La traduzione del Pernety, a nostra volta tradotta ora qui in Ita­
liano, non è fedelissima. Il D' Espagnet specifica subito che i fiori da
trovare sono: punicae violae, candens li/ium, et purpureus immortalisqut
Amaranthus. Lo zaffiro è detto suboscuro. E per indicare che i fiori ver­
ranno uno dopo l'altro il D' Espagnet dice: Jaciles sequentur, et flore
uno avulso, non deficiet alter aureus, dove è chiara la reminiscenza e
l' intenzionale allusione al virgiliano primo avulso non deficit alter aureus
(Ve�g. Aen. v1, 149), che è detto del mirto aureo strappato da Enea, sim·
- 24'1 -
sorgenti, e che l'annaffia tutto quanto. Bi­
/ma che esce da sette
Dragone per il numero magico di tre volte sette,
!ogna fare bere il
fino a che si sia talmente inebriato da spogliarsi delle sue vesti.
Ma non se ne verrà mai a capo se Venere portaluce e Diana cor­
nuta (1) non ci sono propizie e favorevoli. Si deve cercare in questo
Giardino tre sorta di fiori, che bisogna necessariamente trovarvi
per riuscire.
Subito presso la soglia della porta si vedono delle violette
primaverili, che innaffiate da piccoli ruscelli, formati da delle prese
Ile fatte al fiume dorato, fanno prendere a queste un brillante colore
ana.
I
di zaffiro (2) intenso. Il sole vi servirà di guida. Voi non separe­
rete affatto questi fiori dalle loro radici sino a che non componiate
det
la vostra pietra, perchè essi danno più succo e tintura quando sono
colti di fresco : allora li coglierete con una mano sottile ed ingenosa :
cosa che farete molto facilmente se il vostro cattivo destino non vi si
oppone: quando ne avrete colto uno, la radice ve ne produrrà ben
gue presto degli altri, dorati come il primo. Voi troverete in seguito dei
t bei gigli, d'un bianco risplendente, ed infine l'immortale amaranto
tria d'un bel colore di porpora. Tutto ciò che riportiamo dal D'Espagnet,
e�
•dl· bolo iniziatico usato poi similmente da Dante nel Canto I del Purg. dove
Virgilio ricinge Dante del giunco schietto ed :
� Oh maraviglla I Ché qual egli scelse
L'umile pianta, cotal si rinacque
Subitamente là, onde l'ave/se.
es- La versione inglese dell'Arcanum, che costituisce il primo volume
(1899) dei Collectanea Hermetlca editi da W. Wynn Westcott è più ac­
curata di quella del Pernety, ma vi è pure qualche inesattezza.
(1) Venere portaluce è Lucifero, l'astro che appare all'Oriente, pre­
annunziando l'alba ed il sole. È la madre di Enea, quell' Enea appunto
che per entrare nei Campi Elisi deve cogliere il ramoscello aureo che
la bella Proserpina {Diana) vuole le sia recato come dono suo proprio
(Verg. Aen. VI, 142). Diana, chiamata Lucina in cielo, e Proserpina agli
Inferni, secondo il D' Espagnet è la sola capace di addolcire la ferocia
del Dragone filosofico.
(2) Nel testo latino il Dragone, nero secondo Pernety, abbandona
una squallida veste; le viole sono dette punicae, cioè fenicie, di colore
r os �, ma anche vernantes, ossia primaverili, germoglianti; ed irrigate
dal1 ampio fiume aureo acquistano un nititis�imo colore di zaffiro sub-
- 248 -
deve intendersi della seconda operazione, che quasi tutti i filosofi
chiamano la prima, perche suppongoflo che si ha il mercurio bell'e
tinto del fosco rosso
oscuro. 11 giglio è candido, e l'amaranto purpureo, «
Ph. Rest., § 120; pag. 281, edi-
del sangue,. come dice altrove (Ench. _
zione 1647). , 1v l � . • <'

Abbiam o dunque il colore nero, cui succede il colore suboscuro,


grigio, violaceo, poi il bianco, e poi la porpora. Lo squallore e la morte
dell' inverno, le viole di primavera, la bianca estate, e l'autunno colle
sue frutta che cambia in giallo ed in rosso il verde delle fronde.
Da quanto abbiamo detto commentando la prima delle Massime Ini­
ziatiche di Amedeo Armentano, (cfr. Atanòr, N. 5, pag. 147 e seg.), ri­
sulta che la fase positiva della grande opera è preceduta da una fase
negativa, che consiste nel fare morire e putrefare la parte umana. Dopo
ciò si possono compiere le due opere, i due magis ieri della luna e del
sole. I colori fondamentali nella grande opera sono dunque tre : il nero,
il bianco ed il rosso (sono i colori del 18° grado, Rosa-Croce, del
Rito Scozzese Antico ed Accettato). Se invece si considerano i co­
lori che appaiono entro il giardino dei saggi, essi sono : violaceo, bianco
e rosso (sono i colori: bianco, azzurro, rosso del 23° grado, Capo del
Tabernacolo, uno dei gradi ermetici aggiunti nel 1786) ; oppure i colori
verde, bianco e rosso del 26° grado (Scozzese· Trinitario, altro grado
ermetico aggiunto pure nel 1786).
Comunqt:e le due operazioni fondamentali erano quelle della alblfi­
ficazione e rubificazione ossia délla trasmutazione in argento ed oro.
Il Pernety, alludendo alla tavola smaragdina dice che, quantunque il
mercurio dei saggi sia formato dai sette pianeti, pure per questa ra­
gione, soltanto il Sole è suo padre, e la Luna è sua madre. Sono le
due chiavi, [l'una era d'oro e l'altra era d'argento, Purg. IX, 18) del
Pontefice Massimo, di cui si serve l'angel di Dio per aprire la porta,
cui conducono i tre gradi, di color diversi, il primo di bianco marmo,
il secondo tinto più che perso d'una petrina ruvida ed arsiccia, e
lo terzo che di sopra s'ammassiccia
Porfido mi parea si fiammeggiante'
Come sangue che fuor di vena spiccia.
Questo simbolismo dei tre colori ermetici,
di cui Dante fa uso (Purg.
XXIX, 121-126; XXX, 31-33: Parad. XXX, 17)
si connette al simbolismo
dei tr� colori delle virtù teologali che sono
_ a�punto le virtù metafisiche,
ca�a�1 dt condurre a Dio. Queste somme chiav
i sono le chiavi del regno
dei cieli (Matteo 16, 13), ed a esse è annessa
la potestas ligandi ac so/­
vendi, il potere ermetico della dissoluzione (del Dragone) e dell'àmal-
..... 249 -

preparato. Questa preparazione clononostante � quel che vi è di più


difficile, perchè essi l'hanno chiamata i lavori di Ercole. Ma pochi
-----
gama e fissazione (del mercurio) in oro. La chiave bianca è quella dei
misteri minori, i misteri di Iside; la gialla è quella dei misteri maggiori,
di Osiride.
Nella classificazione delle varie fasi si riscontrano, circa i colori er­
metici, delle varianti nella lunga storia dell'Alchimia. Artefio alchimista
del Xl secolo, nel suo De Arte Occulta, atque lapide phllosophorum liber
secretus - Paris 1612, racconta: « Pervenuto all'età di oltre m/1/e anni,
per la grazia di Dio e l'uso della mia ammirabile quintessenza, ho riso­
luto, in questi ultimi giorni della mia vita, di tutto rivelare sull'argomento
della pietra filosofale, salvo una certa cosa che non è permesso a nessuno
di dire e di scrivere, perchè non si rivela che per mezzo di Dio o per la
bocca di un maestro. Nondimeno tutto si può apprendere in questo libro,
_purchè si abbia un po' di esperienza e non si abbia la testa troppo dura •.
L'età di mille e più anni va intesa come l'età del grado in masso­
neria j dove si arriva sino a non contare più gli anni.
« Colui, dice Arte/io, che saprà maritare, generare, vivificare le specie,
produrre la luce bianca, pulire l'avvoltoio del suo nero, sarà onorato do­
vunque ,· anche i re lo rispetteranno. Nella putrefazione e soluzione appa-
riranno tre segni, cioè : il _so/ore nero, la discontinuità delle parti, ed li ... , '
fetore che ricorda quello dei sepolcri. La cenere che resta in fondo al vaso
è quella di cui i filosofi hanno tanto parlato; è in essa che si trova il .J
diadema del nostro re, come il mercurio nero ed immondo da cui si eleva
il colore bianco chiamato oca (anser) o pollo di Hermogene (Pullus Her­
mogenis). Cosi chi sa imbiancare la terra nera possiede il segreto del ma­
gistero,· può risuscitare il morto, dopo avere ucciso il vivo. E quando tu
vedrai apparire la vera bianchezza, risplendente come una spada nuda,
bisognerà sempre continuare a calcinare� fino a che si manifestino la ci­
trinità. ed il rosso scintillante. Quando tu avrai veduto questo, loderai Dio
ottimo massimo, che dà la sapienza, li candore e la ricchezza a quelli che
lo meritano, e che toglie questi tesori al malvagi, piombandoli nella ser-
vitù dei loro nemici. Lode e gloria a Dio I Amen I •·
L'Hoefer (Histoire de la Chimie - Paris 1866; I. pag. 351) si prende
giuoco di Artefio, dei suoi mille anni e del suo segreto ; ma è facile
ridere quando non si capisce I
Nel XVI e xvu secolo, lasciando da parte il primo regime, il regime
d
. l Mercurio che è la fontana ed il substrato di tutte le fasi, stadi e me-
alt li, si ha questa successione : ... •
-2&> -
han n pa r l t perchè tutto il loro segreto giace quasi
tra lor o ne � ; �• la seconda, che è la formazione dello
o
in questa _ f era zione} da donne ed un
lun ifzc o e so t11 zco ) ,' è chiamata un lavoro
zolf o agone.
giu. oco da 'agazzi in par all'e ntra ta del Gia rdm
. .
o, è zl mercurio
. La Iontana ehe sz . trov a
. esc e da sett e sor gen ti, per chè è z·1 princz•n�•o dez• sette
1 che
neti, benchè soltanto zl Sole sia
::t!f;��d è Iormato dai sette pia Luna sua madre. Il Dragone
chi amato suo padre, e soltanto la

Piombo, Stagno,
Saturno, Giove, Luna, Venere, Marte e Sole; ossia
. . .
Argento, Rame,' Ferro, Oro. .
o, sacro Crono (Satur no), il 010 arm a to dt falce, ti Dto
Dal Piomb a
del tempo divoratore dei propri figli, cui corrisponde il colore nero, la
putrefazione, la morte, ed il simbolo del corvo, si p ass a allo Stagno, il
Piombo grigio dei filosofi; e da questo ali' Argento, al c andore, alla pu­
i. rezza nivea del giglio, simboleggiato dalle colombe di Di ana, dal pel­
licano, dal cigno, dal pollo di Hermogene ecc . .. Proseguendo si ottiene
il colore citrino, zafferano del Rame ; e dal R ame si passa al Ferro, ossia
dal colore verde - giallognolo del rame al colore rossastro di Marte,
al colore ruggine degli ossidi e di certi sali di ferro. Infine appare il
Sole, la porpora della grande opera, le macchie rosso cupo caratteri­
stiche dell'oro colato, il colore di fi amma viva della fenice, rinata dalle
suè ceneri ed immortale. Dalla condizione mortale, soggetta al tempo,
caratteristica di Saturno, si p_erviene ali' immortalità della fenice.
L'amaranto, che in greco significa appunto immortale, è dunque il
.
fiore della sapienza, l'elixir perfetto al rosso • il fiore r accolto da cbi
al divino dall'umano, all'eterno dal tempo sia 'venut
o.
(_t) La_ prima operazione consiste nel trovare l'entrata al gi rdino
a
del filosofi. Per potere intuire dove è l'entrata, ed
�ezz� ed audac.ia, senza timore del Dragone insin uarvisi, con fer­
(che indica anch e il « guar­
d� ano del soglio ,.), occorre preliminarmente
com piere le dodici fatiche
f :�c.ole, . essenzla�e tra queste la pulitura delle stalle di Augia ossia
a 1smfez1one radicale da tutti i '
Abbiamo insistito i'u ct·I u�a vol sed'tmenti, detriti ed escrementi umani.
steremo, perchè n! conosc1amo ta sopra questo argomento e vi insi-
tica; ed Il lettore che abbia tutta la diffl coltà e I' i mportanza pra-
,ttl\l4, tè �a ezz a e.t t. ori_ di a
di ricordarsi che si tratta di u !_!l maranto è pregato
'i; t, i ',.i _� !
tlamo gettare sopra il sig n cond' 110 sme qua non. La luce che ten­
Tc t spi�l tuale del
P ev potrà far meglio capire di :�� :t simbolismo ermetico
porta che si apre dal di tratti, ma non può spalancare una
dentro e non dal di
fuori.
- 251 -

che vi si fa bere � la putrefazione che sopravviene alla materia che


essi hanno chiamato Dragone, a causa del suo colore nero ; del
suo fetore. Questo Dragone lascia le sue vesti quando il colore
grigio succede al nero. Voi non riuscirete per niente se Venere e'
Diana non vi sono favorevoli, vale a dire, se, con il regime del
fuoco, non perverrete ad imbiancare la materia che egli chiama in
questo stato di bianchezza, il regno della Luna, al quale succede
quello di Vene.re, poi quello di Marte ed infine quello del Sole. Voi
non separerete affatto questi fiori dalle loro radici, ecc ..... , vale a
dire che non bisogna togliere niente del vaso, allora voi li coglierete
con una mano sottile ed ingegnosa ; non già che occorra allora to­
gliere una qualsiasi cosa all'uovo, nè neppure aprirlo; ma fare suc­
cedere i colori gli uni agli altri, per mezzo del regime del fuoco.
Con questo mezzo si avranno dapprima le violette di colore di zaf­
firo cupo, in seguito il giglio, ed infine l'amaranto, od il colore di
porpora, che è l' indizio della perfèzione dello zolfo aurifico •·

(A. J. PERNETY - Diction. - Mytho-hermét. pag. 207).


L'ESOTERISMO DI DANTE
(Vedi N. 7)

Prima di passare alle considerazioni che si riferiscono alla


teoria dei cicli cosmici, dobbiamo ora presentare alcune osserva­
zioni sopra la funzione che compie il simbolismo dei numeri nel­
l'opera di Dante ; e noi abbiamo trovato delle indicazioni molto
interessanti su questo argomento in un lavoro del Professor Ro­
dolfo Benini (1 ), che non ne ha per altro tirato tutte le conse­
guenze che ci sembra esse comportino. È vero che questo lavoro
è una ricerca del piano primitivo deWlnferno, intrapresa con degli
intenti prevalentemente di ordine letterario ; ma le constatazioni
alle quali conduce questa ricerca hanno in realtà una portata molto
più considerevole.
Secondo il Benini, vi sarebbero per Dante tre coppie di nu­
meri aventi un valore simbolico per eccellenza: sono il 3 ed il 9,
il 7 e il 22, il 515 e il 666. Per i due primi numeri non vi è alcuna
difficoltà: tutti sanno che la divisione generale del poema è ter­
naria, e ne· abbiamo proprio ora spiegate le ragioni profonde ;
d'altra parte, abbiamo già ricordato che 9 è il numero di Beatrice,
come lo si vede nella Vita Nuova. Questo numero 9 è d'altra
parte direttamente collegato al precedente, poichè ne è il quadrato,
e si potrebbe chiamare un triplo ternario ; esso è il numero delle
gerarchie angeliche, dunque quello dei Cieli, ed è anche quello
�elle cerchie infernali, perchè vi è un certo rapporto di simmetri a
mversa tra i Cieli e gli Inferni. Quanto al numero 7 che troviamo
particolarmente nelle divisioni del Purgatorio, tutte' le tradizioni
concordano nel considerarlo parimente un numero sacro e non
crediam� utile di enumerare qui tutte le applicazioni cui �sso dà
l�ogo ; ricorde:emo solamente, come una delle principali, la con­
.
siderazion e dei sette pianeti, che serve di base ad una moltitudine

. (I) Per la restituzione della Cantica dell'Inferno alla


mN,va, nel Nuovo Patto, settembre-n sua forma pri­
ovembre 1921, pp. 506-532.
- 2.'S3 -
di corrispondenze analogiche (ne abbiamo visto un esempio a
proposito delle sette arti liberali). Il numero 22 è legato al 7 dal
22
rapporto -, che è l'espressione approssimativa del rapporto della
7
circonferenza al diametro, dimodochè l'insieme di questi due numeri
rappresenta il cerchio, che è la figura più perfetta per Dante come
per i Pitagorici ( e tutte le divisioni di ciascuno dei tre • mondi
hanno una forma circolare); di più 22 riunisce i simboli dì due
dei " movimenti elementari > della fisica aristotelica : Il movimento
locale, rappresentato da 2, e quello dell'alterazione, rappresentato
da 20, come Dante stesso lo spiega nel Convito. Tali sono; per
quest'ultimo numero le interpretazioni date dal Benini ; pur rico­
noscendo che esse sono perfettamente giuste, dobbiamo dire cio­
nonostante che questo numero non ci sembra cosi fondamentale
come egli pensa, e che esso ci appare anche sopratutto come de­
rivato da un altro numero che il medesimo autore non ricorda che
a titolo secondari.o, mentre esso ha in realtà una importanza più
grande : è il nurie·ro 1 ! , di cui 22 non è che un multiplo.
A questo proposito, ci è necessario insistere àlcun poco, e
diremo per prima cosa �he questa lacuna ci maraviglia tanto più
nel Benini, in quanto tutto il suo lavoro si appoggia sull'osser­
vazione seguente : nel!' Inferno la maggior parte delle scene com­
plete od episodii nei quali si suddividono i diversi canti compren­
dono esattamente 11 o 22 strofe (alcuni 10 solamente); vi è anche
un certo numero di preludii e di finali in 7 strofe ; e, se queste
proporzioni non sono sempre state conservate intatte, si è che il
pian'l primitivo dell'Inferno è stato modificato ulteriormente. In
queste condizioni perchè 11 non sarebbe�almeno tanto importante da
considerare come il 22? Questi due numeri si trovano ancora associati
nelle dimensioni assegnate alle estreme « bolgie », le cui circon­
ferenze rispettive sono di 11 e 22 miglia; ma 22 non è il solo mul­
tiplo di 11 che interviene nel poema. Vi è anche il 33, che è il nu­
mero dei canti in cui si divide ciascuna delle tre parti ; il solo In­
ferno, ne ha 34, ma il primo è piuttosto una introduzione gene­
rale, che completa il numero totale di 100 per l'assieme dell'opera:
D'altra parte, quando si sa quello che era il. ritmo per Dante, s1
può pensare che non è arbitrariamente che egli ha scelto il verso
- 254 -
. . i pur e la strofa
di 3 ve rsi che ci ricorda il ter-
di 11 sI 11 ab , cos
33 sillabe, nel m edesim • o modo che I• gruppi
e

. ,. ogni strofa ha •
e

nano ora o� c� p� t·1 conten gon � nspct-


i ci sia mo
di 11 e 22 strofe di cu 11 che troviamo qui
si • ed i vari multtph d1
t.Ivamen1e 33 e 66 ver , tic ola re . È dunque ben ins uf-
.
sim bo lico par
hanno tutti un valore
Benini, ad introdurre 10 ed � 1 tra 7
ficiente limitarsi, come fa il a lghanza col
e 22 per formare «
un tetracordo che ha una vag so�
ione ci sembra piuttosto im-
tetracordo greco », e la cui spiegaz
barazzata.
n tava una parte consi-
La verità, è che il numero 11 rapprese
azioni iniziatiche ; e,
derevole nel simbolismo di certe organizz
te questo : 22 è il
quanto ai suoi multipli, ricorderemo solamen
ne sia I' im­
numero delle lettere dell'alfabeto ebraico, e si sa quale
vita ter­
portanza nella Kabb ala ; 33 è il nume ro degli anni della
restre di Cristo, che si ritrova nell'età simbolica del Rosa Croce
massonico, cd anche n el numero dei gradi della Massoneria scoz­
zese; 66 è, in arabo, il valore numerico totale del nome di Allah,
e senza dubbio si potrebb ero rilevare an cora altri avvici n am enti.
Al difuori dei diversi sign ificati che, possono collegarsi ad 11 ed
ai suoi multipli, I' impiego che ne ha fatto Da nte costituisce un
vero « segno di ricon oscimento », nel senso più stretto di questa
espressione ; ed è là, per noi, che risiede pre cisamente la ragione
de_lle modifi�azioni che l'Inferno ha dovuto subire dopo la sua
pnm� re�az1o _ ne. Tra i motivi che hann o potuto apportare queste
.
mo�1ficaz1om, il Benini vede certi cambiamenti n el piano crono­
logico ed architettonico dell'opera, che sono possibili senza dubbio,
ma che ?00 ci sembrano nettamente provati • ma egli m enziona
anche « 1 fatti nuovi, di cui il poeta voleva te ere conto nel si­
s�e�a delle �rofezie », ed è qui che ci semb
n
ra che egli si appros-
tmt aI ai verità ' sopratutto qua nd ° egh• aggmng . e : « ad esem pio,
la5 morte di a leI?ente V, avvenuta n el 1314, allorchè l'Inferno
nella sua pri�i �
az �ne doveva essere ultimato ». Infatti, la vera
ragione ai nostr;\c � 1'
è �ata dagli avvenimenti che ebbe ro luogo
dal 1300 al 1314 �e a dir� la
e le sue varie c�n::g distruzio
_ ne dell'Ordin e d el Tempio
nz e • ecco 1 _fatti nuovi
di cui Dante ebbe
a tenere con to e qu �; _
e� � per motiv a
può pensare q�ando divers i da que lli ai quali si
ign ora la natura delle organ
quali egli apparte izzazioni alle
nev�• Q ueSte organi
zzazioni che procedevano
- 255 -
dall'Ordi�e del Tempio � �he ebbero a raccogliere una parte della
sua eredità, dovettero d 1ss1 mularsi allora molto p·1u· aceura tament
e
di prima, so�ra tutto _dopo la morte del loro capo esteriore l' im-
peratore Ennco VII d 1 Lussemburgo, di cui Beatrice, per antici­
pazione, aveva mostrato il seggio a Dante nel più alto dei cieli
(Parad. XX�, _124-148� O). Dopo di allora, conveniva nascondere
il « seg�o d1 nconosc1mento » al quale abbiamo fatto allusione : te
divisiom del poema dove appariva più chiaramente il numero 11
dovevano essere, non soppresse, ma rese meno visibili, in modo
da poter essere ritrovate soltanto da coloro che ne conoscevano
la ragione d'essere ed il significato ; e, se si pensa che sono tra­
scorsi sei secoli prima che la loro esistenza sia stata. segnalata
pubblicamente, bisogna ammettere che le precauzioni volute erano
state ben prese e che non mancavano di efficacia (2).
Da un altro lato, nel medesimo tempo che apportava questi
cambiamenti alla prima parte del suo poema, Dante ne profittava
per introdurvi delle nuove referenze ad altri numeri simbolici; ed
ecco quel che ne dice il Benini : « Dante allora immaginò di re­
golare gli intervalli tra le profezie ed altre note salienti del poema,
per modo che queste si rispondessero l'una all'altra dopo numeri
determinati di versi, numeri scelti naturalmente fra i simbolici. In-

(1) Le organizzazioni di cui si tratta avevano preso per parola di


passo Altri, che secondo I'Aroux (Dante hérétiqee, revolutionna!re et so­
cialiste - Paris 1854, pag. 227) si interpreta : Arrigo lucemburghese Teu­
tonico, Romano Imperatore; e secondo noi Arrigo Luxemburghese Templare
Romano Imperatore. É interessante di considerare la successione di queste
date: nel 1307, Filippo il Bello d'accordo con Clemente V, fa imprigionare
il Gran Maestro ed i principali dignitari dell'Ordine del Tempio (in numero
di 72, si dice, ed anche questo è un numero simbolico); nel 1�, E?­
rico di Lussemburgo è eletto imperatore; nel 1312, l'Ordine del 1e':1pto
è abolito ufficialmente·' nel 1313 l' imperatore Enrico VII muore mt5te:
'
riosamente, senza dubbio avvelenato; nel 1314 ha luogo I·1 suppI'1z1• ? det
Templari il cui processo durava da sette anni ; il medesimo anno 11 re
Filippo il Bello ed il papa Clemente V muoiono alla loro volta.

(2) Il numero 11 è stato conservato nel rituale del 33° grado sc?

zese, dove è precisamente associato alla data dell'abo 1·tztont! dell'Ordtne
. e non secondo l'era voi-
del Tempio, contata secondo l'era massonica
eare.
-256-
. tema di consonanze e di perio di ritmici, sostit
!omma, un s1s . o e seg:eto, co uito
comphcat nve-
ad un altro, ma di questo assai più to d a essen c h e ve d ono
me . nte aI 1·ngu
i aggio della rivelazione• parla
1·1 futurO • Ed ecco comparire i
famosi 51 5 e 666 , d'1 cm• è piena • la
.
Trilogia Separano la profezia di Ciac co da qu e
. .Ila 1
d' v·ug1 ·1·10 666
versi. 515 la profezia di Farina ta da quella dt C1acco, daccapo
666 si interpongono tra la profezia di Brunetto Latini e quella di
Farinata, e ancora 515 tra la profezia di Niccolò III e quella di
Ser Brunetto ».
Que5ti numeri 515 e 666, che vediamo alternarsi così regolar-
mente, si oppongono l'un l'altro nel simbolismo adottate da Dante:
difatti, si sa che 666 è nell'Apocalisse il « numero della Bestia •,
e che alcuni si sono abbandonati a dei calcoli innumerevoli, spesso
fantasiosi, per trovare il nome dell'Anticristo, di cui esso rappre­
senta il valore numerico, • perchè questo numero è un numero
d'uomo • ; d'altra parte, 515 è espressamente enunciato, con un
significato direttamente contrario a questo, nella predizione di
Beatrice: « Un cinquecento dieci e cinque, messo da Dio... " (Purg.
XXXIII, 43-44). Si è pensato che questo 515 era la stessa cosa del
Veltro misterioso, nemico della lupa che si trova in tal modo iden­
tificata colla Bestia apocalittica (Inferno, 1, 100-111) ; e si è anche
supposto che l'uno e l'altro di questi simboli designavano Enrico
di Lussemburgo (1). Noi non abbiamo l' intenzione di discutere qui
il significato del Veltro, ma non crediamo che si debba vedervi
una allusione ad un personaggio determinato ; per noi, si tratta
soltanto di uno degli aspetti della concezione generale che Dante
si fa dell'Impero (2). Il Benini, osservando che il numero 515 si
trascrive in lettere latine con DXV, interpreta queste lettere come
delle iniziali designanti Dante Veltro di Cristo ; ma questa inter­
pretazione è singolarmente forzata, e d'altra parte nulla autorizza
a supporre che Dante abbia voluto identificare sè stesso con questo

(1) E G. Parodi, Poesia e Storia


;_ nella Divina Commedia.
(2� L imperatore, tale quale lo
concepisce Dante, è del tutto para­
g?nabile a �hakravartt o monarca univ
ersale degli Hindu, la cui fun­
z1o�e essenziale è di fare regnare la
pace sarvabhaumika, che si estende
cioe a tuth la terra ; vi sarebbero
pure degli avvicinamenti da fare tra
questa teoria dell' Impero e quella del
Khaliffato in Mohyid din.
- 257-

, messo da Dio •· In realtà basta c�mbiare l'ordine delle lettere


numeriche per avere_ DV�, vale a dire la parola Dux, che si ca­
pisce senza altra sp1egaz1one ; ed aggiungeremo che la somma
delle cifre di 51� dà .ancora il numero 11 (1) : Questo Dux può
bene essere Enrico d1 Lussemburgo, se lo si vuole ma è anche
ed allo stesso titolo, qualunque altro capo che pot;à essere scelt�
dalle stesse organizzazioni per tradurre in realtà lo scopo che
esse si erano assegnato nell'ordine sociale, e che la Massoneria
Scozzese designa ancora come il « regno del Santo Impero ,. (2).

0-opo queste osservazioni che noi crediamo atte a fissare al­


cuni punti storici importanti, arriviamo a quel che il Benini chiama
la « cronologia » del poema di Dante. Abbiamo già ricordato che
questi compie il suo viaggio attraverso i mondi durante la setti­
mana santa, vale a dire nel momento dell'anno liturgico che cor­
risponde all'equinozio di primavera; ed abbiamo anche veduto che
è in quest'epoca, secondo Aroux, che i Catari facevano le loro
iniziazioni. D'altra parte, nei Capitoli Massonici di Rosa Croce, la
commemorazione della Cena è celebrata il giovedl santo, e la ri­
presa dei lavori ha luogo simbolicamente il Venerdì alle ore 3 del
pomeriggio, vale a dire nel giorno e nell'ora in cui morì il Cristo.
Infine, il principio di questa settimana santa del 1300 coincide colla
luna piena; e si potrebbe fare osservare a questo proposito, per
completare le concordanze segnalate da Aroux, che è pure durante
la luna piena che i Noachiti tel}evano le loro assemblee.

(1) In simil modo, le lettere D I L, le prime delle parole Diligite


justitiam..... , e che sono dapprima enunciate separatamente (Parad.
�111, 79), valgono 551, che è formato colle stesse cifre di 515, disposte
•n un altro ordine, e che si riduce parimente a 11.
(2) Dobbiamo peraltro notare come alcuni Suprem! Con�igli d�l
Rito Scozzese Antico ed Accettato, p. e. quello del Belgio, abbiano eh­
minato dalle loro Costituzioni e rituali l'espressione • Santo Impero,.
dovunque essa si trovava; ed altri [p. e. uno dei più potenti del!' Ame­
_
rica del Nord] si accingano a fare altrettanto ; e senza addurre alc�na
ragione per questo ostracismo ad una parte cosi fondamentale del sim­
Oblismo dei due gradi supremi del Rito. [Nota del trad.]

17
- 258 -
, e il mezzo d e lla sua vita (egli
Quest ann0 1300 segna per Dant
è anche ·per 1m• I·1 m e zzo de1· tempi ;
aveva aIlora 35 anni)' ed esso • • : « Rapi·to m
· un pen-
Il. 8 enini
anehe qui,• citeremo quello che dice. • •
• D te s1·tuò Ia sua v1s1one
siero straordinariam ente egocentrico, an
I mo a I u1• era durato
neI• mezzo della vita del mondo - 65 seco1- f'
·
il moto dei cieli 65 doveva durarne d opo d'1 I u1• - e con ablle
giuoco vi fece �onfluire gli annive r�ari e�atti in tre �pecie . d'anni
astronomici, degli maggiori avvenimenti della _stona, e m una
quarta specie l'anniversario del maggior avvenimento della sua
vita personale ». Quel che sopratutto deve fermare la nostra at­
tenzione, è la valutazione della durata totale del mondo, diremmo
piuttosto del ciclo attuale: due volte 65 secoli, vale a dire 130
secoli o 13000 anni, di cui i 13 secoli trascorsi dal principio del•
l'era cristiana formano esattamente la decima parte. Il numero 65
d'altronde è per sè stesso de gno di nota : coll'addizione delle 'Sue
cifre, si riconduce ancora ad 11, e, di più, questo numero 11 Vi.
si trova decomposto in 6 e 5, che sono i numeri simbolici rispet­
tivi del Macrocosmo e del Microcosmo, e che Dante fa escire 1 'uno
e l'altro dall'unità di principio quando egli dice: « • • .• Cosi come
raia dall'un, se si c.onosce, il cinque e il sei » (Parad. XV, 56-57).
Infine, traducendo 65 in lettere latine come abbiamo fatto-per 515,
abbiamo LXV, o, colla medesima permutazione di prima, LVX, vale
a dire la parola lux; e questo può avere un rapporto coll'era mas­
sonica della Vera luce.
Ma' ecco ciò che vi ha di più interessante: la durata di 13000
anni non è altra cosa che il semiperiodo della precessione degli
equinozii, valutata con un errore per eccesso che è soltanto di
40 anni, inferior e dunque ad un mezzo secolo, e che rappresenta
per conse guenza un'approssimazione del tutto accettabile, sopra­
tutto quando questa durata è espressa in secoli. Difatti il periodo
totale è in realtà di 25920 anni, dimodochè la sua metà è di 12960
anni ; questo semiperiodo è il « grande anno •
dei Persiani e dei
Greci, valutato talora anche in 12000 anni
il che è molto m eno
esa!to dei 13000 anni di Dante. Questo
; grande anno > era ef­
fethv�111ente �o siderato dagli antichi
� tome il tem po che passa tra
due nnnovaz1om del mondo, ciò
che si deve senza dubbio inter­
preta�e, nel! storia dell'umanità
� terrestre, come l'intervallo che se•
para I grandi cataclismi nei qua
li scompaiono dei continenti interi
- 2"J -
(e di cui l'ultimo fu la distruzione dell'Atlantide). A vero dire, questo
non è che un ciclo secondario, che potrebbe essere considerato
come una frazione di un altro ciclo più esteso ; ma in virtù di
una certa legge di corrispondenza, ciascuno de·i cicli secondarii
ripr oduce, in una scala più ridotta, delle fasi che sono paragona­
bili a quelle dei grandi cicli nei quali esso si integra. Quel che
può dirsi delle leggi cicliche in generale troverà dunque la sua
applicazione in gradi diversi : cicli storici, cicli geologici, cicli pro•
priamente cosmici, con delle divisioni e suddivisioni che moltipli­
cano ancora queste possibilità di applicazione. D'altronde, quando
si passano i Hmiti del mondo terrestre, non può più essere que­
stione di misurare la durata di un ciclo con un numero di anni in­
teso letteralmente ; i numeri prendono allora un valore puramente
simbolico, ed esprimono delle proporzioni piuttosto che delle du­
rate reali. Non è meno vero che, nella cosmologia indiana, tutti i
numeri ciclici sono essenzialmente basati sopra il periodo della
precessione degli equinozii, con la quale hanno dei rapporti netta­
mente determinati (1); è dunque là il fenomeno fondamentale nel­
l'applicazione astronomica delle leggi cicliche, e, quindi,· il punto
di partenza naturale di tutte le transposizioni analogiche a cui
queste stesse leggi possono dar luogo. Non possiamo pensare ad
entrare qui nello sviluppo di tali teorie ; ma è degno di nota che
Dante abbia preso la medesima base per la sua cronologia sim­
bolica, e, anche su questo punto, possiamo constatare il suo per­
fetto accordo colle dottrine tradizionali dell'Oriente.
Ma si può domandarsi perchè Dante situi la sua visione esat­
tamente nel mezzo del • grande anno •, e se bisogna veramente
parlare a questo proposito di « egocentricismo •, o se non vi siano
per ciò alcune ragioni di un altro ordine. Possiamo per prima cosa
fare osservare che, se si prende un punto di partenza qualunque
nel tempo, e se si conta a partire da questa origine la durata del
periodo ciclico, si perverrà sempre ad un punto che sarà in per­
fetta corrispondenza con quello da cui si è partiti, perchè è questa

(I) I principali di questi numeri ciclici sono 72, 108, e 432; è facile
vedere che queste sono delle frazioni esatte del numero 25920, a cui
sono collegate immediatamente dalla divisione geometrica del cerchio;
e questa stessa divisione è ancora una applicazione dei numeri ciclici.
- 260-
dei cicli successiv i che
stessa corns • pondenza tra gli elementi sce g1-1ere 1,on· gm • e •m m as-
ò dunque odo
?•
s·1cura la loro continuità. Si pu zzo . ta1e pen• o do ; s1• ha no. cos•i
da collocarsi idealmente nel me I )tra osteno .
r , e I
?
assieme
re e � � !
due durate eguali, una anterio _ � �
h,
delle quali si compie in verit� ogm _ nvoluz10n_ � der cre _ per�hè
pos1z1one, non identica,
tutte le cose si trovano alla fme m una dell' « eterno ritorno • di
(pretender ciò sarebbe cadere nell'errore lla che esse ave­
Nietzche), ma analogicamente corrispondente a que a t
vano dapprincipio. Ciò può essere rappresentato geometric men e
nel seguente modo : se il ciclo di cui si tratta è il semi periodo
della precessione degli equinozii, e se si raffigura il periodo intero
con una circonferenza, basterà tracciare un diametro orizzontale
per dividere questa circonferenza in due metà di cui ognuna rap­
presenterà un semiperiodo, il principio e la fine del quale corri­
spondono alle due estremità del diametro ; se si considera soltanto
la semicirconferenza superiore, e se si traccia il raggio verticale,
questo terminerà al punto mediano, corrispondente al « mezzo dei
tempi •· La figura cosi ottenuta è il segno E9, vale a dire il sim­
bolo alchemico del regno minerale ( 1) ; sormontato da una croce
è il • globo dèl mondo », geroglifico della Terra ed emblema del
potere imperlale (2). Quest'ultimo uso del simbolo di cui si tratta
�ermett� di pen�are che per Dante doveva avere un valore par­
!•colare , e I aggmnta della croce si trova implicata nel fatto che
li punto centrale in cui egli si collocava corrispondeva geografi­
c�mente a Geru�alemme, che rappresentava per lui quel che pos­
s1a�o chiam are al • polo spirituale • (3). D'altra parte agli anti­

so pr
�t
���dt Gt'r�Salemme, vale a dire all'altro polo, si ele�a il monte
quale
forma:� �a �:�t�1��ione � e a Croce brillano le quattro stelle che
g 0 1
del Sud (Purg, 1, 22-27) ; là
(I) Questo simbolo è uno di . .
quelli eh� 8�. riferis
quaternaria del cerchio' di cu cono alla divisione
1 1e applicaziom analogiche son quasi in-
numerevoll.
(2) Cfr. Oswald Wirth
Le Symboltsme h rmétique
av« I'Akhlmle tt la Fran e dans ses rapports
c�M pp 70 -7 1.
(3) li sim bolismo del � er/ e , . 19 e
pol:ç r;:-
ppresenta una parte_ considerevole in
tutte le dottrine trad
izionali . er darne la spiegazi
bisognerebbe poter conaacr completa,
a;v�:•uJO uno studio speciale.one
.- 261 -
è l'entrata dei Cieli, come aì di .sotto di Oerusalem.me è l'e,ntrata
degli Inferni ; e noi troviamo raffigurata, in questa opposizione, l'an­
titesi del « Cristo doloroso • e del « Cristo glorioso •.
Si potrà trovare sorprendente, a prima vista, che noi stabiliamo
cosi, una assimilazione tra un simbolismo cronologico ed un shn­
bolismo geografico ; eppure è qui che volevamo giungere per dare
all'osservazione precedente il suo vero significato, perchè la suc­
cessione temporale, in tutto questo, non è eh.e un modo di espres­
sione simbolica ; un ciclo qualunque può essere diviso in due fasi,
che sono, cronologicamente, le sue due metà successive, ed è so.tto
questa forma che le abbiamo considerate primieramente ; ma, in
realtà, queste due fasi successive rappresentano rispettivamente
l'azione di due tendenze avverse, e d'altronde compiementari ; e
quest'azione può evidentemente essere tanto simultane.a quanto
successiva. Collocarsi nel mezzo del ciclo, è dunque collocarsi riel
punto dove queste due tendenze si equilibrano : è� come dicono
gli iniziati musulmani, « il _ luogo divino dove si conciliano i con­
trari e le antinomie » ; è il centro della « ruota delle cose •, Je­
condo l'espressione indiana, o l' « invariabile mezzo -• della tradi­
zione dell'estremo Oriente, il punto fisso attorno al qual� si effettua
la rotazione delle sfere, la perpetua m�tazione del mondo mani­
festato. Il viaggio di Dante si compie lungo l' • asse spjrituale del
mondo • ; di là solamente, difatti, si possono consider.are tutte le
cose in modo permanente, perchè si ha sottratto sè stessi al cam­
biamento, e si può per conseguenza averne una veduta s.inteti�.a
e totale.
Dal .punto di vista propriamente iniziatico, quel· che noi al).
biamo ora indicato risponde ancora ad una verità profonda : l'e�­
sere deve innanzi tutto identificare il centro della sua propria in­
dividualità (rappresentato dal cuore nel simbolismo tradlz-ionalc)
con il centro cosmico dello stato di esistenza a cui appartiene
questa individualità, e che egli si accinge a prendere .come base
per elevarsi agli stati superiori. È in questo centro che risied.e re­
quilibrio perfetto, immagine dell' immutabilità di principio nel mondo
manifestato ; è là che si proietta l'asse che rilega tra loro tutti gli
stati, il • raggio divino > che, nel suo senso ascendente, condtAce
direttamente a questi stati superiori che si tratta di raggiuugere.
Ogni punto possiede virtualmente queste possibilità ed t, se si
- 262 -
enza; ma bisogna che esso lo divenga
pub dirlo, il. eentro in pot
effettlvamente, med'ante
1 una identificazione reale, per rendere at-
1 e il dispiegamento comp1eto de11'essere. Eeco
tualmente possi'b'l . . • · doveva co11ocars1•
a1 C1eh, per
perchè Oant·e, per Potere innalzarsi ·
. . ente 11 centro deI • mondo
prima cosa m un punto che sia veram
secondo 11 tempo
terres tre ,. e questo punto 10 è simultaneamente
e secondo lo spazio, vale a dire per rapporto• a Ile due cond'1z1om • •
che caratterizzano essenzialmente l'esist�nza m ques _ t o m ·
n
� o:d
Se ora riprendiamo la rappresentazione geome tr� ca d1 cui ci
_
siamo serviti precedentemente, vediamo ancora che 11 rag�10 ver­
ticale che va dalla superficie della terra al suo centro, cornsponde
alla �rima parte del viaggio di Dante, vale a dire alla traversata
degli Inferni. Il centro della terra è il punto più basso, perchè è
là che tendono da tutte le parti le forze del peso ; appena esso
è sorpassato, ricomincia dunque l'ascesa, ed essa si effettuerà nella
direzione opposta, per terminare agli antipodi del punto di partenza.
Per rappresentare questa seconda fase bisogna dunque prolun­
gare il raggio al di là del centro, in modo da completare il dia­
metro verticale; si ha allora la figura del cerchio diviso mediante
una croce, vale a dire il segno ffi , che è il simbolo ermetico
del regno vegetale. Ora, se si considera in un modo generale la
natura degli elementi simbolici che rappresentano una parte .pre­
ponderante nelle due prime cantiche del poema, si può difatti con­
statare che essi si riportano rispettivamente ai due regni minerale
e vegetale ; non insisteremo sulla relazione che unisce il primo
alle regioni interiori della terra, e ricorderemo solamente gli e al­
beri mistici • del Purgatorio e del Paradiso terrestre. Si potrebbe
attendersi di vedere la corrispondenza proseguire
tra la terza parte
�d. il �egno animale; ma, a vero dire, non si ha nulla di ciò, perchè
1 bmib d l mo do te restre
� � � qui sono sorpassati, dimodochè non è
più possibile d1 applicare la continuazio
ne del medesimo simbo•
lis�o. È alla fine della seconda
parte, vale a dire ancora nel Pa­
ra�iso terrestre, che troviamo
la più grande abbondanza di simboli
ammali ; bisogna avere percorso
i tre regni, che rappresentano
- 2G3-

le diverse modalità dell'esistenza del nostro mondo, prima di pas­


sare ad altri stati, che hanno condizioni del tutto differenti. (1)
, nobbiamo ancora considerare i due punti opposti, situati alle
estremità dell'asse che traversa la terra, e che sono, come abbiamo
detto, Gerusalemme ed il Paradiso terrestre. Son questi, in un certo
modo, le proiezioni verticali dei due punti che segnano il principio
e la fine del ciclo cronologico, e che abbiamo, come tali, fatto
corrispondere alle estremità del diametro orizzontale nella raffigu­
razione precedente. Se queste estremità rappresentano la loro op­
posizione secondo il tempo, e se quelle del diametro verticale rap­
presentano la loro opposizione secondo lo spazio, si ha cosi una
espressione della funzione complementare dei due principii, la cui
azione, nel nostro mondo, si traduce mediante Ja esistenza deJle
due condizioni del tempo e dello spazio. La proiezione verticale
potrebbe essere riguardata come una proiezione nell' « intempo­
rale •, se è lecito esprimersi cosi, poichè essa si effettua secondo
l'asse di dove tutte le cose sono considerate in modo permanente
e _non più transitorio; il passaggio dal diametro orizzontale aJ
diametro verticale rappresenta dunque in verità una trasmutazione
della successione in simultaneità.
Ma, si dirà, quale rapporto vi è tra i due punti di cui si tratta
. e le estremità del ciclo cronologico ? Per uno di essi, il Paradiso
terrestre, questo rapporto è evidente, ed è ben là quel che cor­
risponde a) cominciamento del ciclo; ma, per l'altro, bisogna os­
·s�rvare che la Gerusalemme terrestre è presa come Ja prefigura­
:zfone della Gerusalemme celeste descritta dall'Apocalisse·; simbo­
licamente, d'altronde, è pure a Gerusalemme ehe si pone il luogo
della resurrezione e del giudizio che terminano il ciclo. La situa­
zione dei due punti agli antipodi l'uno dell'altro prende ancora un
nuovo significato se si osserva ,:he la Gerusalemme celest� non è
altro che la ricostituzione stessa del Paradiso terrestre, secondo

(I) faremo osservare che i tre gradi della Massoneria simbolica


hanno, in certi riti, delle parole di passo che rappresentano pure rispet­
tivamente i tre regni minerale, vegetale ed animale ; di più, la prima
� q\elte parole si interpreta in un senso che è in uno stretto rapporto
col llmbolllmo del • &lobo del mondo •.
- 2G4-
un'analogia che si applica in senso inverso. ( 1) Al principio dei
tempi, vale a dire del ciclo attuale, il Paradiso terrestre è stato
reso inaccessibile in seguito alla caduta dell'uomo ; la nuova Ge­
rusalemme deve « discendere dal cielo in terra ,. alla fine di questo
medesimo ciclo, per segnare il ristabilimento di tutte le cose nel
loro ordine primordiale, e si può dire che essa rappresenterà per
il ciclo futuro la medesima parte che il Paradiso terrestre per questo.
Difatti, la fine di un ciclo è analoga al suo principio, ed essa co­
in.cide coll' inizio del ciclo seguente ; quello che non era che vir­
tuale ali' inizio del ciclo si trova effettivamente realizzato alla sua 1
fine, e genera allora immediatamente le virtualità che si sviluppe­
ranno alla loro volta nel corso del ciclo futuro ; ma è questa una
questione sopra la quale non potremmo ulteriormente insistere senza
uscire. completamente dal nostro soggetto. (2) Aggiungeremo so­
lamente, per indicare ancora un altro aspetto del medesimo sim-"
bolismo, che il centro dell'essere, a cui abbiamo fatto allusione
più sopra, è designato dalla tradizione indiana come la « città di
Brahma • (in sanscrito Brahma-pura), e che parecchi testi ne par­
lano in termini che sono quasi identici a quelli che troviamo nella
descrizione apocalittica della Gerusalemme celeste. (3) Infine, e
per ritornare a quel che concerne più direttamente il viaggio di
Dante, conviene notare che, se è il punto iniziale del ciclo che
diviene il termine della traversata terrestre, si h,a là una allusione
formale a quel « ritorno alle origini • che tiene un posto importante

(1) Tra il Paradiso terrestre e la Gerusalemme celeste corre il me­


desf mo rapporto che tra i due Adami di cui parla San Paolo (1. epi­
stola af Corinzii, cap. XV).
(2) VI sono ancora a questo proposito bea altre questioni che po­
trebbe essere interessante di approfondire, per esempio questa : Perchè
il Paradiso terrestre viene descritto come un giardino e con un simbo­
lismo vegetale, mentre la Gerusalemme celeste viene descritta come uua
città e con un simbolismo minerale ? Si è che la vegetazione rappresenta
l'elaborazione dei germi nella sfera dell'assimilazione vitale, mentre che
i minerali rappresentano i risultati definitivamente fissati, « cristallizzati >
per cosi dire, al termine dello sviluppo ciclico.
(3) L'avvicinamento cui questi testi danno luogo è ancora più signi­
ficativo quando si conosce la relazione che unisce l'Agnello del simbo­
lismo cristiano a l'Agni vedico.
- 265 -

in tutte le dottrine tradizionali, e sul quale1 per una coincidenza


assai notevole, l'Islamismo esoterico ed il Taoismo insistono più
particolarmente ; ciò di cui si tratta, d'altronde, è ancora la restau­
razione dello « stato edenico •, di cui abbiamo già parlato, e che
deve essere considerata come una condizione preliminare per la
conquista degli stati superiori dell'essere.
Il punto equidistante dalle due estremità di cui abbiamo ora
parlato, vale a dire il centro della terra, è, come abbiamo detto,
il punto più basso, ed esso corrisponde anche al mezzo del ciclo
cosmico, quando questo ciclo è considerato cronologicamente, o
sotto l'aspetto della successione. Difatti, si può allora dividerne
l'assieme in due fasi, una discendente, che va nel senso di una
differenziazione di più in più accentuata, e l'altra ascendente,· di
ritorno verso l'essere di principio. Queste due fasi, che la dottrina
indiana paragona a quelle della respirazione, si ritrovano parimente
nelle teorie ermetiche, dove esse sono chiamate « coagulazione ,.
e e soluzione ,. : in virtù delle leggi dell'analogia, la « Grande
Opera ,. riproduce in compendio tutto il ciclo cosmico. Si può
scorgervi la predominanza rispettiva delle due tendenze avverse,
tamas e sattva, che noi abbiamo definite precedentemente : la prima
si manifesta in tutte le forze di contrazione e di condensazione,
la seconda in tutte le forze di espansione e di dilatazione ; e tro­
viamo ancora, a questo riguardo, una corrispondenza colle pro­
prietà opposte del calore e del freddo, la prima che dilata i corpi,
mentre la seconda li contrae ; è la ragione per cui l'ultimo cerchio
dell'Inferno è gelato. Lucifero simboleggia la « attrazione inverso
della natura •, vale a dire la tendenza ali' individualizzazione, con
tutte le limitazioni che le sono inerenti; il suo soggiorno è dunque
« il punto al qual si traggon d' ogni parte i pesi ,. (In/. XXXIV,
110-111), o, in altri termini, il centro di quelle forze attrattive e
compressive che, nel mondo terrestre, sono rappresentate dalla pe­
santezza; e questa, che attira i corpi verso il basso (il quale è
dappertutto il centro della terra), è veramente una manifestazione
di tamas. Possiamo notare en passant che questo è in contrasto
coll'ipotesi geologica del « fnoco centrale •, perchè il punto più
basso deve essere precisamente quello dove la densità e la so­
lidità hanno il loro maximum; e, d'altra parte, non è meno con­
trario ali' ipotesi, considerata da certi astronomi, d'una e fine del
mondo • per congelazione, poichè questa fi ne non può esse
- 266 -

un ritorno alla indifferenziazione. D'altronde quest'ultima _re eh�


è m· con trad'1Z1o ' 1potes,
• ne con tutte le concezioni tradizionali : non è
tanto per Eraclito e per gli Stoici che la distruzione del monsol-
d
d oveva comc1 · 'dere con Ia sua combustione ; la medesima afferma.o
z1one
· s1· n·trova presso a poco dovunque, dai Purilnd dell' I d'
ali'A_p�c�lisse; e noi �abbiamo constatare ancora l'accordo di qu:,�:
trad1z1om colla dottrma ermetica, per la quale il fuoco (che è quello
d�gli _elemen ti in c ui sattva predomina) è l'agente della « rin nova­
z10ne della n atura ,. o della « reintegrazione fi nale ».
11 centro della terra rappresenta dunque il punto estremo della
manifestazione nello sta to di esistenza considerato ; è un vero e
proprio punt� di arresto, a partire dal quale si produce un cam­
biamento di direzione, passando la preponderanza dall'una all'altra
delle d ue ten denze avverse. È per questa ragione che, appena il
fondo degli I nferni è stato toccato, l'ascensione od il ritorno verso
il principio comincia, succedendo immediatamente alla discesa ; ed
il passaggio dall'uno all'altro emisfero si fa contornat}do il corpo
di Lucifero, in una maniera che dà a pen sare che la constderazione
di questo punto centrale non manca di certi rapporti con i mi•
steri massonici della « Camera di Mezzo », dove si tratta parimente
di morte e di re�urrezione. Dovunque e sempre, ritroviamo egual•
mente l'espressione simbolica delle due fasi complementari che,
nella vera in iziazione o nella « Grande Opera • ermetica (che in
fondo non è che una sola e medesima cosa), traducono queste
medesime leggi cicliche, universalmente applicabili, e sopra le quali
per noi, poggia tutta la costruzione del poema di Dante• •1

• ••
Porr•mo fine qui a questo studio, che, malgrado la sua lun·
va;
-1hezza, pone forse anche più quest ioni di quante non ne risol oc­
d'altronde, tutto è talmente connesso, in questo campo,. che tti
sog ge
correrebbero s icuramente parecchi volumi per sviluppare 1 del:
multipli cui siamo stati condotti a fare allusione nel co�so
p
nostra esposizione. Per termin are faremo osservare che 1 ve n�
vista che abbiamo indicati non sono affatto esclusivi, e che
unti 1

sono senza dubbio ancora ben altri dal quali ci ai potrebb


e par·
- 261-
mente mettere e da cui si _trarrebbero delle conclusioni non meno
importanti, tutti questi punti di vista completandosi in perfetta con­
cordanza nell'unità della sintesi totale. Sta nella stessa essenza del
simbolismo iniziatico di non potersi ridurre a delle formule più o
meno strettamente sistematiche, come quelle in cui si compiace la
filosofia e profana » ; la funzione dei simboli è quella di essere il
sostegno di concezioni le cui possibilità di estensione sono vera­
mente illimitate, ed ogni espressione non è essa stessa che un
simbolo; bisogna dunque sempre tenere in serbo la parte dell' ine­
sprimibile, che è anche, nell'ordine della metafisica pura, ciò. che
più importa. Non sapremmo dunque avere altra pretesa che quella
di fornire un punto di partenza alla riflessione di coloro che si in­
teressano veramente a questi studii e di indicare la via di rjcerche
da cui ci sembra che si potrebbe trarre un profitto affatto parti­
colare; cosi speriamo che questo lavoro potrà suscitarne altri nel
medesimo senso, ciascheduno contribuendo per conto suo ad ap­
portare un po' più di luce sopra questo lato troppo poco cono­
sciuto dell'opera di Dante.
• RENÉ 0UÉNON.
A
L'IMPRONTA PI TAGO RIC
NELLA !AASSONERIA
(Vedi N. 1)

Le sette note, i sette pianeti e la settimana.

In questa maniera, come conseguenza del venerato quaternario,


si peniene alle sette note della gamma pitagorica.
A questo punto. un'osservazione si presenta immediatamente;
ed è questa : che il numero delle note od intervalli musicali cosi
determinati è precisamente il numero dei pianeti o degli intervalli
planetari. È naturalmente indifferente porre la terra oppure, come
facevano alcuni pitagorici, il sole al centro del sistema.
Il passaggio dalla musica all'astronomia avviene colla massima
semplicità ; e si completa cosi il nesso tra le quattro scienze del
quadrivio : l'aritmetica, la geometria, la musica e l'astronomia. È
il ritmo, ii numero che sta alla base dell' universo. « l pitagorici,
dice Aristotile (Meta. A. 986 a) supposero che l' intiero cielo era
una scala naturale ed un numero ,. ; e stabilirono un rapporto di toni
e di diapason musicali col numero e le distanze stesse dei pianeti.
(Arist. Meta/. 1, c. 5; Cicer. Quaest. Acad.lV, c. 27).
Platone (Timeo, Vili) si serve a questo scopo dei numeri con­

I
tenuti nelle tre serie che danno le inverse delle tre prime ottave
.
pitagoriche, e dei numeri 9, 2,
27
18, 27 della serie ottenuta dal terzo
quaternario di Teone.
. _Se Pitagora e Platone erravano, il loro errore era più quan•
ht�tivo che qualitativo. La conce zione di un'armoni matematica
um�ersale, che fa del mondo un cosmo a
altri grand·I h anno avuto, e che la ' è una conc ezione che
scienza moderna ha cònfermato.
Secondo Gal'l1 _eo 1·1 gran libro della
natura era scritto nella lingua
de11e matematiche; e nei nostri
tempi l' Hellenbach affermava che
-�9-
)'universo è costruito in modo da realizzare per quanto è possibile
la legge dei rapporti semplici. (Hellenbach Lazar B. ; Die Magie
der Zahlen als Grundlage aller Mannigfaltigkeit und das scheinbare
Fatum. Wien 1882).
Senza volere esagerare o forzare le cose è assolutamente in­
dubbio che con questa visione dell'universo si accordano nume­
rosi fenomeni e leggi. La legge di Dalton o legge delle propor­
zioni multiple, per esempio, stabilisce che quando due o più corpi
si combinano in proporzioni varie i pesi di uno di essi rispetto al
peso dell'altro stanno fra loro in rapporti semplici. In sei corpi
composti di ossigeno ed azoto, prendendo il peso dell'azoto eguale
a sette, i pesì dell'ossigeno nei sei composti sono: 4, 8, 12, 16,
20, 24; che stanno fra loro come i suoni armonici 1, 2, 3, 4, 5-, 6.
La teoria della valenza è strettamente basata sopra i rapporti sem­
plici. Altra legge consimile è quella di Berzelius (Berzelius - Théo­
rie des proportions chimiques) e quella di Gay Lussac, per la
quale, quando due gas si combinano, i volumi dei componenti
stanno tra loro in un rapporto semplice, ed il volume del composto
formato, misurato allo stato gassoso, nelle medesime condizioni
di temperatura e pressione, è in un rapporto semplice colla somma
dei volumi dei componenti. Così nell'acqua il rapporto tra l'ossi­
geno e l'idrogeno che la compongono è il rapporto di uno a due,
ossia lo stesso rapporto del suono fondamentale all'ottava. Le legge
settenaria di Mendelejeff, ed i fenomeni di cristallizzazione in forme
geometriche regolari forniscono ancora altri esempi di questa grande
legge ritmica ed aritmetica che regge il mondo.
Le successive distanze planetarie, quali sono state determinate
dalla scienza moderna, non sono certo paragonabili con le diffe­
renze di lunghezza delle varie corde dell'ottava pitagorica ; ma
questo fatto è secondario di fronte all'altro più semplice ed esatto
della identità tra il numero delle note della gamma pitagorica ed
il numero dei pianeti, tra i quali s' intende vanno inclusi il sole
(o la terra) e la luna, e dai quali vanno esclusi Urano .e Nettuno
e tutti gli asteroidi. Nel nostro studio inteso a determinare la genesi
e la trasmissione del simbolismo numerico pitagorico nel simbo­
lismo numerico massonico, non interessa affatto la questione del
vero numero dei pianeti, nè in fondo se sia o no una combina­
zione che le note musicali della gamma pitagorica siano in numero
-2'70-·
. . antichi. Importa invece stabilire che
di sette come _I pianeti de li
�a e stabilita alla base della concezio ne
simile co�ness '. one f ve d
cosn:1olog1ca p1tagor�a. fa�to di imp ortanza e norme perchè ess o
° '
coshtul un punt dI P artenza e di
appoggi o per la scoperta o l'ar­
· •
n aria m _m olf1 e sva na • fI
bitraria classificazione di una legge sette
• lon ne ' arco b a l
campi.• per esempi o, la distinzione di se tte co 11 eno
o nello spettro solar e , orama i consa crata d a N ew ton, eh e fors�
esisteva già presso gli antichi Caldei (Cfr: �- Berth�lot. Les Ort­
gines de /'Alchimie; 1885, pag. 76), che d1v1devano 11 m ese lunare
in quattro settimane. È curioso, del r esto, ch7 anche . la legge em:
plrica di Bode che determina le distanze det pianeti dal sole �
1

basi sopra le potenze del 2 e del 3. Essa invero parte dalla sene
O 3 6 12, 24, 48, 96, 192
'
i cui term'ini (e�cluso lo zero) non contengono altri fattori che il
tre e le successive potenze del due ; ed aggiungendo a ciascuno
'di questi termini 4, ossia il quadrato di due si ottiene i numeri
4, 7, 10, 16, 28, 52, 100, 196;
che rappresèntano le distan ze dal Sole dei pianeti Mercurio, Ve­
nere, Terra, Marte, distanza media degli asteroidi, Giove, Saturno
ed Urano con una approssimazione considerevole. Per Nettuno si
otterrebbe un valore troppo grande. Ed è da notare che al tempo di
Bode gli ast roidi non erano ancora stati scoperO, ed Il Bodc aveva
e
nella sua legge tanta - fiducia da assicurare che tra Marte e Giove
alla distanza assegnata dalla sua legge doveva esservi un pianeta.
Un'altra c onsiderazione importante e suggestiva dobbiamo
fare; ed è che talora per scoprire l e leggi che reggono l'anda­
mento generale di un fenomeno bisogna tral)curare i fenom
eni se­
condari. E quindi la valutazione approssimativa, relati
vamente gros­
solana, di un fenomeno può darsi che giovi invec
e di danneggiare,
ed aiuti a scoprire la esistenza di certe gran
di leggi, appunto perchè
permette di fare astrazione dalle perturbaz
ioni nella loro manife­
stazione in conseguenza
di altre cause. Cosl I' imperfetta deter­
minazione delle orbite planetarie
permise a Keplero la sua famosa
s�o�erta, in quanto appunto egli
non tenne con to delle perturba­
z10?1 apportate alle orbite
ellittiche dall'attrazione degli altri pia­
neti. E la teoria newtoniana
, vera solo in approssimazione mentre
quella di Einst�in meno
semplice è as sai più precisa, non sarebbe
stata nè costruita nè
accettata se appunto si fosse voluto con essa
r - 271 -
rendersi e_sattan:iente c ?nto di_ tutti l fenomeni. La primitiva per­
cezione p1tagonca de 11armonia delle sfere è dunque pur sempre
• ab"I .
• e sc1ent . .
una mir I e cons tatazion lf1ca di un grande fenomeno h
la mitologia adombrava forse nel g�ande coro delle nove m;s: :
dell'Apollo citaredo.
A vero dire non oseremmo affermare che Pitagora ed i Pita­
gorici siano pervenuti alla loro intuizione matematica ed armonica
del cosmo basandosi su queste ed unicamente su queste o su con­
simili considerazioni. Anzi l'esattezza, la profondità, e l' importanza
delle loro conoscenze metafisiche rende molto verosimile, anche
da! punto di vista razionale, che Pitagora e taluno dei suoi di­
scepoli abbiano avuto intima, piena coscienza della connessione
armonica del tutto ; e che quindi essi non abbiano poi fatto altro·
che cercare per via analitica di constatare l'esistenza di questa ar­
monia dando la dimostrazione razionale di quanto avevano intuito
per via sintetica. È un rovesciamer,to di posizione di cui i pro­
fani non sospettano neppure la possibilità; ma che talora si im­
pone ; sarebbe ad esempio interessante farne l'applicazione al caso
dell'ermetismo e del suo simbolismo, considerando l'alchimia non
come il punto di partenza da cui si è svolta l' idea della grande
opera ermetica spirituale, ma come una ricerca analogica deter­
minata dalla risoluzione del corrispondente problema spirituale, e
come una semplice ed appropriata miniera di termini allegorici per
esprimere in qualche modo, intelligibile ai soli figli dell'arte, con­
cetti e questioni di ordine metafisico.
Comunque, non si esagera affermando che questa concezione
pitagorica che pone alla base dell'universo il ritmo, il numero, ha
un' importanza enorme storicamente parlando. Tutto il pensiero e
la civiltà classica ne sono permeati ; non soltanto essa informa le
scienze del quadrivio, ma presiede ed appare in tutte le arti : la
poesia, la danza1 il canto e l'architettura, quest'ultima di partico­
lare importanza pel nostro studio. Le leggi di proporzione, di ritmo,
di rapporti semplici, di periodicità che in esse si manifestano, cor­
rispondono ad analoghe leggi di universale armonia ed in qualche
modo le esprimono e le trasmettono alla coscienza uma�a'. �o�fe­
rendo cosi alle arti un carattere sacro, sacerdotale ed 1mz1ati�o.
Uno stretto e misterioso legame unisce alla musica anche la magia,
come è provato dagli effetti della musica sugli uomini ed anche
- 'ZT2 -
sugli animali. Nelle nostre 1ingu_e moder_ne resta la _traccia di questa
conoscenza ; le parole incanto, mcantes1mo che riportano al canto
e la parola francese charme che non è altro che il latino carmen'
carme bastano per dimostrarlo. L' iniziato egizio, del resto, er�
colui �he possedeva la voce giusta, noi diremmo intonata, per pro­
nunciare le parole necessarie per dominare le varie divinità in­
fernali.
E come l'armonia del macrocosmo era percepita dalla ragione
e dai sen�i, così pure la ragione rinveniva un'armonia nelle pro­
porzioni del corpo umano ; ed i sensi la percepivano e la ricono­
scevano come bellezza. Anche la pittura e la scultura risultavano
quindi classicamente armoniose, e tutte queste arti, inspirate alla
ed esprimenti la bellezza del mondo e quella del corpo umano, e
l'armonia dei loro mutui rapporti, afferravano e riunivano in una
suprema sintesi, in una sola sinfonia • di bellezza, il ritmo univer­
sale del macrocosmo e del microcosmo, accentuandone la naturale
manifestazione.· Cosi Eros aveva la sua pura e nobilissima funzione
spirituale ; poichè, come Socrate insegnava, dalla percezione e dal­
l'amore per la bellezza individuale permetteva di risalire ed assur­
gere alla contemplazione ed all'ammirazione del tutto con una
trasmutazione e sublimazione del senso analoga alla vibrazione
degli armonici più alti suscitata per risonanza dalla vibrazione del
suono fondamentale.
Prima di passare allo studio dei rapporti semplici nell'archi­
tettura antica e medioevale, vogliamo accennare ancora ad un'altra
determinazione del numero sette nei fenomeni della natura, che,
aggiunta a quella pitagorica, ha contribuito a dare al numero sette
il suo carattere di numero sacro e misterioso per eccellenza. Il
mese lunare, usato da molti popoli antichi, si divide naturalmente,
grazie alle fasi della luna, in quattro periodi di sette giorni l'uno.
Combinazione o no, anche in questo caso non poteva sfuggire il
fatto che questo numero era quello stesso dei sette pianeti, e do­
veva sorgere naturale l' idea di stabilire una qualche corrispon­
denza tra i sette pianeti ed i sette giorni della settimana.
Sic�ome il giorno si divide naturalmente, al pari del mese
lunare, m quattro parti o nel suo multipto ventiquattro, la corri­
sp�nden�a t ra pianeti e giorni si può stabilire disponen do i pia­
_
neti nell ordme
,
della loro distanza dal sole ed attribuendo alla
- 2113 -
ora. del primo giorno della settimana, a Saturno ta
tuna ta prima
iove la terza e così via ; dlmodochè la prima
seconda ora, a G
quindice sima e la ventiduesima ora sono consacrate ali�
l'ottava, la
la nona, la 16a e la 23a a Saturno ; la terza, ia
luna; la seconda, a
10a, la 17a e la 24 a Venere; la 4 , 1 ta, t8a, del primo giorno
a

e la prima del giorno seguente a Marte ecc. Denominando


ogni giorno dal pianeta corrispondente alla prima ora del giorno,
si hanno i giorni della settimana nel loro ordine attuale, e con le
denominazioni pagane che il cristianesimo non è riuscito a fare
sparire che in Portogallo ed in Brasile. Il processo consiste in fondo
nel contare per quinte, andando nel senso della distanza crescente,
ossia nel senso Luna, Mercurio, ecc.

Se scriviamo i pianeti nel loro ordine: Luna, Mercurio, Venere,


Sole, Marte, Giove, Saturno, e contiamo a partire dalla Luna sino
a cinque si perviene infatti a Marte, pianeta corrispondente al se•
condo giorno, e similmente contando a partire da Marte sino a
cinque rifacendosi da capo, quando si è giunti in fondo alla serie
planetaria, si perviene a Mercurio, e cosi via. La cosa si può sem­
plificare, disponendo i pianeti circolarmente nel loro ordine natu­
rale e poi andando di cinque in cinque, ossia dal primo al quinto
e cosi via, congiungendo ordinatamente estremi di archi eguali ai
11
- 27.C -
. . ro sett. m1. dew intera circonferenza. È chiaro naturalmente che
quatt t C:opo sette giorni, si torna al punto di
dopo sette volte, ossia
partenza. . è una certa simiglianza tra
1 lettori avrann0 notato che vi .
. tenuto per determm
· arc
questo proced'1men to e quello che abbiamo
.
·
la gamma p1·tagor·ca 1 • La cosa .si pnò facilmente rendere anche p1u••
vere la sene delle sett e no te
evi'dente• Basta scri8 128
64 3 2 16
I, -, - , -, 27
-, 243
9 81 4
in questo modo
3 2 24 21
I, -;, �• -2 -, -;, s
3 3 2 3 3 3
r
e moltiplicare tutti i termini per intervallo tra la quinta e la quarta
8
ossia per. -, in modo da ottenere la sene :
9
Il 6 g 1 • 1 10
2 2 2 2 2 2 2
-, -, -, -, -, �, 7
2 4 6 1 S 5
3 3 3 3 3 3 3
che differisce dà que11a delle lunghezze de11e corde de11a gamma
pitagorica solo per un coefficiente di proporzionalità.
Se ora operiamo sopra la successione degli esponenti dei denomi•
natori (si potrebbe in modo leggermente diverso fare altrettanto
anche con quelli dei numeratori), ossia sopra la successione
2, 4, 6, 1, 3, 5, 7
formata datI'unità e dai primi tre numeri pari e dispari (simmétri­
camente ed ordinatamente disposti rispetto ad essa) nel medesimo
modo che 1bbiamo operato sopra i pianeti si ottengono i primi
sette numeri interi nel loro ordine naturale, come è facile verifi­
care, e come risulta chiaramente disponendo anche cotesti numeri
circolarmente (cfr. figura alla pagina precedente).
La identità dei due fenomeni risulta cosi manifesta.
Se si fa corrispondere ai sette numeri interi ordinatamente i
sette pianeti secondo la loro distanza dalla terra e se scrivono
' si
- 275 -
i numeri interi in corrispondenza delle note musicali nell'ordine In
cui figurano come esponenti dei denominatori che abbiamo consi­
derato si finisce quindi per trovare la seguente corrispondenza
naturale tra numeri interi, pianeti e note musicali :
2, 4, 6, 1, 3, 5, 7,
do re ml fa sol la si
Marte Giove Saturno Luna Mercurio Venere Sole
(Co1dtnua).
ARTURO REoHINI

BENEMERENZE
Ma ecco spuntò un bel giorno in cui la pace sembrò assi­
curata definitivamente ; e ciò fu perchè venne Cristo, e gli ufficiali
e soldafi romani si rifiutavano di adoperare la spada, perchè Cristo
vieta df adoperare la spada. Sarebbe stata una cosa sublime se ai
confini dell' Impero non ci fossero stati molti Armini, i quali non
conoscevano Cristo ed avevano molto sangue nelle vene. Allora
un sàvio imperatore, di nome Diocleziano, ricorse alle più severe
misure contro quegli indisciplinati. Ma come era possibile punire
quegli indisciplinati quando il numero di costoro superava gli agenti
della disciplina? E fu cosi che un altro imperatore, sàvio quanto
lui, ma di nome Costantino, adottò un altro sistema; inquadrò gli
indisciplinati nello Stato. Ma dal giorno in cui i seguaci di Cristo
furono inquadrati nello Stato, essi non andarono più d'accordo,
nemmeno su la natura di Cristo.
Ah, mostruosa cosa t Conòscere Cristo e non andare d'accordo t
Aver distrutto il meraviglioso impero in nome di Cristo, e combat­
tersi ancora in nome di Cristo t

(Dal « Viaggio di un Povero Letterato di Alfredo Panzlnl - Fr. Trtv,s


- Milano, 1919: pag. 151.
-----------�----- �--

-'.!/6-

TRA l.JBRI E RIVISTE


G. COSTA _ Apologia del P,t
ganesimo - A. F. Formiggini
Ed. Roma, L. 5.
iamo, i!l questi tempi in cui più im­
È con vero piacere che noi ved
o _guelfo. e ì�. cui un d�p_u�ato a1:11co
pazza e folleggia un falso imperialism
aiutato m c10 da uomm1 mcosc1entl
di don Bòsco vuol porre ad ogni costo,
e Capitolino, un bel libro come
e in mala fede, la croce sul sacro Coll
nza del paganesim•o ·e la
questo del Costa, che chiarisce la vera esse
difende coraggiosamente.
, d accordo con
Noi, pur non essendo in <.:ualche parte del libro '
visto molte cose
l'autore, dobbiamo riconoscere che egli del resto ha
chiar amente.

Il Costa comincia con il far rilevare l'essenza prima e vera del pa­
ganesimo sorto dall'anima naturale e spontanea dei padri che sentirono
Dio nelle selve e nei monti, per i mormoranti fiumi e per i mari e ve­
nerarono in essi le forze divine espresse dalla natura. Continua pole­
mizzando acutamente contro quelli che vorrebb�ro vedere nel paganesimo,
aiutati in ciò dalla scienza iniettata loro dai buoni fratelli della Compa­
gnia diGesù, gli uomi ni gavazzanti in banchetti licenziosi, tra sconcie
prostitute, ubriachi fradici e ributtanti, tutti desiderosi di sangue e di
morte e le loro donne, furie belliche, quando non siano etère.
E rivendica al paganesimo tutta la sua serena sincera potenza. Si
d manda ?ome è mai possibile credere all'esistenza di un paganegitno

ftolio, smid?ll_at?, corrotto, quando proprio dal :nondo pagano abbia mo
av�to una civtlta che spiega ancor oggi splendidi, solari bagliori in arte
e m letteratura, in filosofia cd in politica e quando ancor ogal ìl diritto
romano _regola i rapporti sociali in tutto 'il mondo Dimostr; com e il
pa�aneSu�o, religione di sincerità, sorto dall 'auscult�zi e fredda e reale
on
det grandi palpiti della natura non puo
essere corruzione. Infatti la so-
cietà pagana che proclamava I a . à det. legami naturali, non 1mpo-
santit
nendo rig on• d'1 astensio .
.
un ideale della rinu
.
.
ni O r'
tgt
·d ezze d1 norme, non facendo, in genere,
.
ncia alla vita e c I1e apriva
sione delle forze uman e, non le porte alla libera espres-
poteva essere corrotta. Corruzione è de-·
-ZT7-
cadlmento dailo stato naturale non accet!azio�e pur� e sempl�ce del!e
.
le 1- di natura. E bisogna essere ben sc,occlu per nsahre dall esempio
dJ� da qualche individuo, in cui le condizioni speciali_ dell'ambi��te
hanno acuito le stigmate naturali della degenera _ione, smo a stabilire
norme costanti.
D'altra parte il cristianesimo ci dà esempi abbondantissimi - prova
inconfutabile delle nostre asserzioni - di quello che producono le sue
regole antinaturali, dai casti isterismi di S. Teresa, alle dolci sm_ ancerie
di un Luigi Oonzaga. Ed, essendo naturale, il paganesimo era smcero;
sincero quando riconobbe la necessità della guerra e non proclamò mai,
come i seguaci di Cristo o di altre religioni orientali, la santità di essa.
I Romani che - come ben dice l'autore - « passano secondo gli imbecilli,
come il popolo più militarista della terra, non amarono affatto la vio­
lenza, anche quando l'adoperarono� Essi sapevan bene che gli uomini
sono quelle che sono, conoscevano la necessità e il bisogno d'e­
spansione necessaria delle nazioni e che soltanto essendo forti si può
essere! tranquilli. L' Impero fu una necessità non di dominio ma di pace,
e la prova è nel modo con cui fu regolato e conservato, nell'ampia li­
bertà riconosciuta ai soggetti nelle leggi e nelle fedi. E per esso si ebbe
quella PAx ROMANA (1) che assicurava « a gran parte dell'umanità una
condizione di benessere e di felicità che non fu mai raggiunta».
E fu la mèta costante a cui tese tutto il mondo pagano-romano ;
che gli' uomini vivessero sereni e in pace. E mentre il paganesimo non
prometteva « una futura vita beata (2) nella quale sarebbero stati rad­
drizzati i torti di questa vita e compensati i mali» e chiaramente diceva
che a tutti gli uomiai non è aperta la porta dell'immortalità e che essi
non possono essere uguali agli dei, salvo un caso straordinario in cui
la divinità crede di poter fare accedere un suo prediletto ad uno stato
simile al suo, nelle cerimonie del culto non ammetteva forme scomposte,
abituava i fedeli alla serietà e teneva la società calma impedendo le
scissioni e le lotte religiose. Il culto pubblico dei Romani e dei Greci
procurò quanto fosse più possibile di eliminare dalla società le cause
del dolore e dell'agitazione. E mentre conce, iva il male come un ele­
mento scaturente dal cozzo della vita e degli esseri e non come castigo
che pesi sull'umanità e accettava la vita come un bene che bisogna vi­
vere Interamente e sanamente p1::r sè e per gli altri e non si irretiva nei
vincoli di un tenebroso peccato, giacchè gli uomini vivevano la loro vita
naturalmente e non potevano concepire come, vivendo così, non si po­
tesse essere altro che buoni, il paganesimo, se era necessario, bandiva

(I) A. Reghlnl, Atanòr n. 8, Anno I, pag. 77.


(2) Idem • • • • I, • 70.
- 2T8-
l filosofi, cacciava gli occultisti, dis_perdeva quanti mostravano di essere
una minaccia alla tranquillità pubblica. Importava sommamente ad esso
che la società non avesse l'aspetto di una combutta di orientali sempre
altercanti per quisquilie teologiche.
E da questo ordine meraviglioso in politica, in arte, In letteratura,
nella vita insomma, sorsero come fiori divini le più pure opere di bel­
lezza. Opere di serenità e non di freddezza che freddezza non vi fu,
ma religiosità VQluta che domina ancora chi le guardi. E Innanzi, a
queste opere - ben dice l'Autore - « varrebbe la pena di gettare l' in­
censo ancor oggi, dinanzi ai tripodi fumanti, tanto in e ssi parla tuttora
il senso del divino, la religione della fede che ci tormenta ci e brucia ,. .
E parlando di queste opere, l'Autore dice come esse furono disprezzate
e oltraggiate, perchè oscene e perchè considerate come idoli.
A parte che il nudo classico non è mai osceno giacchè l'oscenità
del nudo l'hanno trovata i moderni in posizioni ed atti che gli antichi
non avrebbero mai riprodotto per rispetto a sè e agli dei, come pote­
vano per esempio, i romani pensare a Venere come un'etèra mai sazia
se Essa invocavano genitrice di Enea, da cui discèndeva Giulio Cesare,
il fondatore della potenza di Roma? O non è essa tal quale l'invoca
Lucrezio Caro nel De rerum natura, l'armoniosa generatrice, la feconda
ridente madre? Non è senza ragione, diciamo noi, che dalla dea della
fecondità e dell'armonia, provenga quegli che diede al mondo la più
armonica costruzione sociale e politica che sia mai e sistita.
E continua l'Autore polemizzando contro quelli che parlano di idoli
e di idolatria nel paganesimo, obbiettando giustamente che I' idolatria
è stat� �empre in tutti i. tempi e in tutti i luoghi - ed è in questo la
supenontà che assume 11 paganesimo di fronte agli altri culti _ la sin­
cera manifestazione di folle che non hanno saputo e levarsi alla divinità
senza bisogno d' intermediari materiali.
E a questo proposito è preferibile venerare la Vene re dl Cirenc
che un S. Rocco plagoso.
ve o n_on siamo d'accordo con l'Autore è quando egli parla
dei :�:� M� !�n s n ancora per lui pratiche di religion riservate
e,
ad un cerchio ;1 ris ��e�O di fedeli. Questo
è errato. I Misteri erano
ben altra cosa ;0 bis gna confonde
re I' Iniziazione con l e pratiche
comuni del rit�. T:nt : vero che,
mentre nessuno più, in pratica,
compie le funzioni rit:a r1 del p�gane�i
mo, la catena Iniziatica è conti-
nuata a traverso i secO .11 e cont
mua fmo ad ogg i •
segultando a discutere sul cosi detto estetismo
Paganesimo e dimostra e superficialità del
' . ndo come esso no
.,.; sa ma solo n
••o . n � ono bb l' intolleranza rcli-
ecessaria ed util
e
e difesa sociale l'Autore arriva alla fine
- 279-
del suo bel libro augurando e prevedeado un prossimo ritorno al Pa-,
ga�simu.
« Allora .- egli dice - la società potrà vivere e prosperare in un
senso di equanimità e di ordine che renda possibile la convivenza e la
giustizia, allora l'anima dell'uomo palpiterà nel senso religioso dell' i­
gnoto che l'avvolgerà e bellezza e armonia saranno la sua preghiera,
in una tranquilla luce di sincerità, poichè bellezza e armonia costitui­
scono, nella sincerità, l'unità dello spirito, l'accordo dell'esteriore con
l'interiore, ed in questa unità è tutto il Paganesimo "·

MARIANI DELL' ANOUILLARA

ACHILLE PASINI - Impero Onico - Teo,-ia dello Stato Sinat'­


chico: assunzione contintta ed armonica delle tre aristo­
crazie dello Spirito - (Roma - Berlutti).

In queste pagine del Pasini ove è considerato l' Impero sinarchico


come unica possibile soluzione dello stato futuro, riecheggiano e si mol­
tiplicano motivi noti e ritornelli ricantati in questi ultimi anni con di­
screto crescendo. Distingue questa raccolta di articoli - non lo chiamiamo
trattato •che per non mettere l'autore in una posizione imbarazzante -
una sbrigliata disinvoltura, che par di lontana origine futurista, la quale
se assicura all'autore la simpatia di molti lettori, dimostra pure il poco
raccoglimento in cui è sorto il lavoro. È un brutto giuoco quello di
scherzar con I' idee; credo che altri l'abbia già avvertito: ora tutti
questi trattatisti improvvisati che sono sorti accanto al fascismo hanno
tutta l'aria di trastullarsi con alcuni problemi che per loro natura ri­
chiedÒno costante preparazione, sana origine e costituzione gagliarda.
Fatalmente col Pasini ci trov-iamo d'accordo su vari punti; cl divide
la concezione dell' Impero che secondo noi non può essere se non ro­
mano e pagano; e il significato che noi attribuiamo a questi due ter­
mini è noto perchè insistiamo sull'argomento.
li Pasini vede nell'ascensione delle tre aristocrazie: la politica, la
religiosa e l'economica, al potere, la salvezza dell'umanità; ma consi­
dera queste tre forze come forze per sè stanti, omogenee, compatte,
esistenti potenzialmente; e l'errore più grave, a nostro avviso, lo com­
mette proprio quando nella prefazione scrive (pag. 2) che le tre ari­
stocrazie suddette « embrionalmente si hanno nei tre partiti : fascista
(politica), popolare (relieione), socialista (economia)"· (sic)
OlQtamente Il Pulni ai scaglia contro li liberalismo, usando anche
- 280 --
dinastia che di questo liberalismo si fa sc
tefaninl violenti contro ta ud
. ma si sofferma alla crosta,
. non va nel profondo della P o r
e 1 •
ancia , ia..

llbera1 e senza ricerca rne le origini "'••
si• 11 mlta a considerare l'errore • 1a
avrebbe senza du bb"10 fseh"iarito l'orizzon
consi"derazione delle quali gli •• · te
contraddiziom• • e con us10ni deplore
e impedito di cadere in certe . vo li •
Dopo aver scritto a pag. 56 che i·1 fasci smo per giungere alla s ua
rearzzazion e deve superare la dottrina nazional ista dalla quale pure
i
. .
.1 dee, 1. 1 pas1m ha
avuto un primo nucleo fondamentale di sostiene che
., ,,Impero oggi presuppone (I dogma cattolico » e non si accorge che
questo è pregiudizio, li�itazione ; e . anche volendolo con�iderare
come mezzo politico, infehce e senza risultato. 11 dogma cattolico fa a
cozzi con l' idea Imperiale: la chiesa cattolica ha degli interessi parti­
colari da tutelare ed avanzare; la sua ingordigia non ha limiti ed lè
più che naturale che oggi incoraggi protegga sovvenzioni un movimento
del quale abilmente sa sfrutrare a proprio vantaggio gli elementi; alcuni
ingenui e in buona fede, altri edotti ma ligi ai suoi servizi ed ai suoi
stipendi. L' Impero cattolico, delle nazioni cioè di confessione cattolica,
è destinato ad essere, se pur lo sarà, un esperimento di breve durata
e disastrosissimo. Già la nuova riscossa delle democrazie avrebbe do­
vuto aprir gli occhi a molti; nell'ordinamento della presente civiltà dove.
fatalmente dominano forze nuove e disparatissime, nel superficiale con­
nubio creato da una infinità di interessi che è molto difficile studia.re e
calcolare, bisogna tener conto di fattori anche minimi e non coauentarsJ
di risultati approssimativi.
La lotta contro la concezione liberale, forte della sua debolezza e
dei suol vizi, può esser vi!lta al solo patto che la concezione imperiale
sia un vero e proprio superamento del liberalismo e del nazionalismo.
Questa concezione dello stato sinarchico del Pasini, sebbene enunciata
con nobiltà di intenti, non cl pare purtroppo condotta a gran pulimento;
i pregiudizi che noi combattiamo nelle dottrine nazionalista, liberale,
popolare, anche qui hanno ampia rappresentanza, e si mescolano ad
altri, più gravi di origine culturale :
« l'Impero di questo secolo sarà dato dalla libertà· trascendentale del
Oenio, illuminata dalla grazia, dal trionfo del regno di Dio iull'atomlsmo
razionalista dal miracolo della scienza posta al servizio della Fede per
diritto divino•. (pag. 119).
Proposizione di senso oscuro, fra le
tante da citarsi, dettata con
elegante disinvoltur_a. Ma la serenità
e serietà dottrinale del Pasinl è
addirittura ed�flcante. Questa forte
colonna dell'Impero (quoti diano poli·
tico della capitale), dopo aver
considerato com e abbiamo visto quale
n;iaggior coefficiente di una
coesione imp�rlalistica : il miracoio della
xltnza poita a servizio della Fede
per diritto divino, (quale miracololl.),
- 28-i -
a pag. 159, per la mania di tutto voler ridurre ad esclusivo Interesse
della !!!la tesi, deprecando l'inconciliabilità dello spiritualismo scientifico
moderno (« che pure ha salde radici nei nostri grandi umanisti») con la
tradizione cattolica-romana, si augura l'avvento di un grande instaura­
tore « capace di porre risolutamente in campo la ricostruzione ab ovo del
nostro stato per integrare il potere religioso con la forza scientifica la
quale, sotto un certo aspetto, si può dire realizzi li regno di Dio in terra».
Défl miracolo della scienza ai servizi della Fede per diritto divino
(cosa significhi lo sa il Pasini) si passa, dunque, ali' integramento dei
potere religioso per mezzo della forza scientifica, per arrivare (pag. 164)
a proclamare :
« Solo con la fede nella sovranità della scienza, solo con questa
grande concezione l'Italia, inquadrata nelle leggi del suo nuovo Stato
creatore universale, da me, primo, invocato e definito come sola ed
assoluta armonia dei tre reali ,u,teri: religioso-politico-economico, potrà
risorgere pienamente liberandosi dalle pastoie del materialismo economico
d'oltre Alpe, ritornando a quelle pure fonti in cui lo spirito scientifico
umanistico è congiunto alla forza tradizionale di una Chiesa Cattolica
costituita ".
Questi si chiamano pasticci belli e buoni e potremmo continuare a
citarne, se lo spazio non lo vietasse.
ANICETO DEL MASSA

Per mancanza di spazio, rimandiamo al prossimo numero varie recen­


sioni; tra le altre quella del volume di R. Quénon « Oriente ed Occidente ..
da poco escito.

LA PALINGENESI ERMETICA
« Corpus autem hoc, ad omnes perferendas miserias est orcti­
natum. Oportet enim transire per ignem et aquam, et renasci,
aliter- in_ requiem aeternam ingredi non poterit ; Cuìus color est
brunus, subrubeus. et non fulgidus. Item opus eius est, dissolvi,
exaltari, mori, et ad altum ascendere»,
(Dalla « Enarratio Methodlca Trluni Gebrl medlcinarum in qulbus con­
tinltur Lapidls Phllosophlci vera confectio autore Anonymo sub nomini
AeyrtMI Phllallthu, natu Angli, habltatlone cosmopolita.• - Amstelo­
clamt 1678, paa. 21).
- 282 -

ASSOCIAZIONI VECCHIE E NUOVE

Una vittoria della parte guelfa.

Nel numero scorso di Atanòr in un commento, intitolato « Nu­


vole nere » alle vicende politiche italiane, prevedevamo che il par­
tito « nazi�nalista di nome, antiitaliano di fatto, che già dal 1913
abbiamo identificato coi gesuiti », avrebbe con sapiente armeggio,
tra qualche mese o qualche settimana, tentato di assumere il di­
retto ed incontrastato dominio d'Italia. E spiegavamo che tale
possibilità non poteva lasciarci indifferenti, anche dal punto di
vista iniziatico, perchè si sarebbe certamente risolta in un attacco
contro ogni associazione df carattere più o meno iniziatico e contro
tutte le correnti pagane, esenti da ogni infezione gesuitica.
È quello che sta succedendo.
La « Civiltà Cattolica ,. organo ufficiale della Compagnia di
Gesù, pubblica ora (2 agosto 1924) simultaneamente all'attacco, con­
tro la Massoneria sferrato nella riunione del Consiglio Nazionale
del Partito Fascista e che ha condotto all'approvazione dell'Or­
dine del giorno Bodrero contro la Massoneria, un articolo sopra
« la Massoneria Italiana e la Massoneria internazionale ,. che aveva
annunciato sino da otto mesi fa. Aspettava, pare, il momento buono
per l'offensiva.
Quest'articolo non è firmato, ma il suo autore si rivela absit
in/uria verbis, un vero gesuita. Esso ha per ·scopo di dimostrare
come la Massoneria italiana (specialmente quella di Pal�zzo Giu•
stiniani) sia sena. della Massoneria anglo-americana, poichè fa
parte dell'Associazione Massonica Internazionale di Ginevra, costi­
tuita quasi unicamente con Potenze massoniche latine ma di cui
fa p�rte l � Gra? Loggia di New-York, una delle 49 g�andi loggie
_
d�gl� Stati U�zt1, numericamente superiore a tutte le altre organizza­
zioni aderenti all'A. M. I. prese insieme. « La Civiltà Cattolica> sa
bénissimo che questa superiorità numerica delta G.·. L.·. di New-York
non ha che una molto indiretta ripercussione nel seno della A. M. I.,
- 28] -

chè u suo voto resta pur sempre unico; ma, siccome le cifre fanno·
�:�po su chi non sa o non vuole tenerle nel . debito _ . cont�, « La
Civiltà Cattolica • se ne serve per i suoi scopi. Qumdt per 1mpres-­
sionare i lettori, fa intravvedere la possibilità che a questa asso­
ciazione aderisca anche la Massoneria inglese ; e « se cosl acca­
desse, non v,,è chi non veda quale enorme preponderanza verrebbe
a raggiungere la Massoneria a_nglo-americana, e quale sorte sarebbe
riservata alla Massoneria latina •.
La « Civiltà Cattolica• prospetta questa possibilità come con-
seguenza della visita di un inviato della_ Gr�n Log�ia d' Inghi!terra�
sir Alfredo Robbins, alle Grandi Logg1e d1 Washmgton e dt altn
Stati Americani. L'organo dei gesuiti, che conforta ed appoggia il suo
attacco su documenti ufficiali massonici [il che prova che la Mas­
soneria è una società segreta, mentre la Compagnia di Gesti non
lo è I], sa benissimo di dire il falso, perchè proprio sir Alfre9
Robbins in una intervista pubblicata nel numero di giugno del
The Builder, organo della National Masonic Research Society, e
riprodotta dalla « Rassegna Massonica 10 di luglio 1924, ha dichia­
rato che la Massoneria Inglese, lungi dal pensare ad aderire ad
m1a tale associazione, si rifiuta di riconoscere massonicameute la
massoneria latina, e questo per le insanabili divergenze relative ai
landmarks. Non solo, ma la « Rassegna Massonica•, in base a sue
autorevoli informazioni, prevede che anche la Gran Loggia di New­
York si ritirerà dall' A. M. I., da cui tutta la Massoneria anglo-sas­
sone resterà cosi lontana.
I paurosi pronostici che trae la C. C. dalla adesione che pre­
sagisce sono dunque assolutamente infondati; e se alla C. C. stesse
veramente a cuore, come pretende, di illuminare l'opinione pub­
blica, dovrebbe astenersi dal basare sopra notizie in perfetto con- .
trasto coi fatti e colla verità il seguente periodo : e È necessario
chefopinione pubblica sia opportunamente illuminata intorno a questi
gravi pericoli che minacciano ad un tempo gli interessi della fede
e quelli della nazione, onde sappia riconoscere in coloro che vantano
la privativa del se,ztimento di patria, i veri traditori d'Italia : ed
a/finché, ciò che più preme, si prendano ad ora e tempo oppor­
tuni, provvedimenti prima che i biechi maneggi della setta producano
effetti irreparabili ».
I veri traditori d' Italia I? Salute, Rev. Padri della Compapla
--284:-

di 0esÙ I Sapreste dirci


quali osanna avete intonato e quali peana
avete stampat o nelle vostre
nv1s
� .. ,v
• • te quando, e1 1870 ,• eri_• tradi-
,
• . d'Italia attuavano e plaudevano a 1 1a rest Ituz10ne a 1 1 1taha della
tori •
pr
sua capitale'? Ce ne dà_ un' idea un opuscoIo d"I opaganda cle-
ricale « Della Massonerza, quel che è, quel che f� quel che vuote •
,
1�4, che ha_ �er . s cop� d� mos�rare me i
stampato a Prato nel
dehtto dell ,umf1caz1one 1tahana siano �o
veri responsabili del 1 mas­
soni. Dice esso.: « l'idea dell'unità d' Italia è un trovato massonico,
che non risale più in là di un centinaio di anni. se pur li arriv a,
ed ha avuto per vero scopo lo sterminio della monarchia, l'apo­
stasia del popolo italiano dal cristianesimo e l'abbattimento del
potere temporale del Papa, qual preludio necessario all'abbattimento
del suo potere spirituale ».
Ed altrove: « l'unità d'Italia invxe è un concetto tutto e solo
massonico, ordinato al fine ultimo della setta, che è l'annientamento
della chiesa..... Chi ha ideata questa unità ? Chi ha cospirato per
attuarla ? Chi l'ha condotta a termine ? Chi ne gode i frutti? la
Massoneria •.
Queste citazioni possono dimostrare che cosa intendono i ge­
suiti .per veri traditori d'Italia. La quale tesi è ampiamente svolta
in oltre cento pagine nel cap. 9 e 10 della voluminosa opera del
Deschamps « les societés secrètes et la Societé » 6a edit. - Avi­
gnon - 1882, opera di parte clericale tenuta certamente in consi­
derazione dal gesuita autore dell'articolo della C. C., giacchè il
cappello di detto articolo, pur figurando di citare solo fonti mas­
soniche, è in realtà preso quasi di peso dal Deschamps.
Lo spauracchio, ad arte agitato dai gesuiti per sfruttare il sen­
timento patriottico per i loro italianissimi fini, della soggezione
della Massoneria italiana a quella estera, non esiste e non può
esistere, per l'assoluta autonomia ed indipendenza degli organismi
massonici italiani, i quali sono Sovrani e non soggetti L'autonomia
è �nche eccessiva, dal punto di vista rituale e dottri. nale, perchè
p. e. è sancito dai Coniressi del Rito Scozzese Antic ed Accet­
o
tato che un �upremo Consiglio di questo
rito può fare tutto quello
che crede: d1modochè, se anche snat
urasse il rito gli altri Su•
p�emi Consigli non potrebbero
impedirglielo; e lo dimostra il fatto
citato nella nota a pag. 257
_ di questo fascicolo. Tutte le organiz­
zaziom_ ma&soniche italiane
sono autonome ed •hanno eapi italiani:
- 285 -
ed il Sup:. Cons:. del Rito Scozzese A:. ed A:. d'Italia ha per­
fino stabilito che uno straniero non può essere membro effettivo
di tale Supremo Consiglio, che già ebbe a suo capo quel vero
traditore d'Italia che fu il Pot:. Fr:. Giuseppe Garibaldi 33:.
La Compagnia di Gesù, la quale come tutti sanno, si astiene
dai maneggi occulti, ha invece per Generale un polacco, come
prima aveva un tedesco; le Dame del Sacro Cuore, potentissimo
ordine femminile, filiazione dei gesuiti, con mtliardi di capitale stra­
niero, sono presiedute da una tedesca; i Cavalieri di Colombo,
istituzione di marca angiò-sassone, hanno capi americani, e ·si ba­
sano sopra i dollari. Ma tutto questo non conta, e non desta nes­
suna preoccupazione nei nazionalisti e nei fascisti che da questi
si stanno facendo rimorchiare ed egregiamente freg ...1are. ·Biso�a
essere dei massoni, dei veri traditori d'Italia, per non sentirsi per­
vasi di fiducia e di simpatia per i gesuiti ed i loro accoliti, e per
incaponirsi a non vedere il mirabile contdbuto apportato all'opera
del risorgimento italiano dall'abate Bresciani, dal card. Antonelli,
dai deprecatori dell' inutile strage, dal caro amicone Gertach, e da
tjuell' intemerata figura di patriota che ha riome Monsignor Faidutti,
benemerito per la sua azione snazionalizzatri-ce nell' Istria • e nel
Goriziano I
*
* *

Racconta Edmondo De Amicis (un altro cattivo italiano I) net


suo libro « Alle porte d'Italia " di avere assistito alla interessante
gara di alcuni ragazzi che giuocavano a chi sputava più lontano.
Qualche cosa di simile è accaduto alla riunione del Gran Con­
siglio Nazionale del Partito Fascista dove, seguendo volenti o no­
lenti, la pawla ct•o�dine gesuitica, espressa anche dall'articolo della
« Civiltà Cattolica ", pubbllcato per l'occasione, si è svolta una
nobile gara a chi più inveiva contro la Massoneria.
Il tiro di inquadramento lo aveva fatto il 22 luglio I 'on. Fe­
derzoni, ministro dell'Interno, nell'intervista pubblicata dall'Unità
Cattolica, in cui si attaccava tutta la Massoneria. In quello stesso
torno di tempo l'on. Mussolini, invece, se la pre1ideva colla sola
Massoneria di Palazzo Giustinìani. E la stampa di parte guelfa,
dall' e Idea Nazionale" al « Popolo", entrava iubito in campagna,
senza fare distinzioni tra massoneria fascista od antifascista, ma
bene che ad essa non
attaccando tutta la massoneria, e mostrando
importa nulla del fascismo e dell'a ntifas cis � '?a eh� essa perse­
o,
gue i suoi fini (ossia quelli della _C omp agma dt Gesu)? e eh� pe�
_ ggere ogm specie d1
poterli raggiungere ritiene necessano distru
massoneria.
L'appoggio dei nazionalisti [transit�rio] all'on .. �ussolini, è
subordinato a questa condizione ; e I on. Mussohm, che pure
aveva officialmente riconosciuto le benemerenze patriottiche e.....
fascistiche di una parte della Massoneria, ha dovuto dimenticarsene,
e dichiarare la sua ostilità ad ogni Massoneria. )
Tanto per ricordare qualche nome, hanno inveito contro la
Massoneria i signori : Boattinl di Milano, Martignoni di Mantova,
Pili sardo, Rotigliano di Firenze (che urlava: vogliamo una legge
che sopprima tutte le massonerie), Catalani di Potenza, !'on. Gray,
Nenciolini di Firenze, l'on. Farinacci detto 11 selvaggio, !'on. Maggi.
L'on. Finzi, imparentato al cardinale Vannutelli, era assente per
forza maggiore. A motti di questi signori si potrebbe applicare il
verso dantesco (In/. VIII, 63), ma siccome non è facile stabilire
se abbian f�tto finta per davvero o faccian finta di avere fatto
finta cosi tiriamo via.
Alla fine del salmo venne approvato all'unanimità l'ordine del
giorno Bodrero. Votare contro significava confessare di appartenere
alla setta ; ed, essendo o no massone, nessuno di quegli antide­
mocratici si sentiva certo l'animo di affrontare I' impopolarità ; i
nazionalisti che già avevano fatto con successo questo accorto
ealcolo nel Gran Consiglio Fascista del febbraio 1924, hanno di
nuovo trionfato in questa votazione.
Con questo ordine del giorno, troppo lungo per poterlo qui
riportare, il partito fascista, [e quindi il governo che ne è I 'espres­
sione] dichiara di porre tra gli scopi principali della propria azione
politica la lotta contro la Massoneria ; ed in questo modo riporta
l' Italia in quella stessa posizione in cui si trovava prima del 1859,
quando era governata dall' Imperatore d'Austria, dai suoi satelliti
e dal papa. I nostri complimenti all'on. Mussolini, all'artefice della
restaurazione nazionale, allo scopritore di colli più gloriosi del
Campidoglio I
La motivazione dell'ordine del giorno Bodrero dice tra le altre
tose che il fascismo deve per sua intima natura essere contrario
- 287 -
à 'qualunque dottrina universalistica, dovendo esso sempre più raf�
forzare l' individualità imperiale della Nazione italiana e non rico­
nosce come legittima nessun'altra universalità che non sia quella
romana o quella cattolica.
Ora l'errore, di scienza, di fatto, e quindi inevitabilmente anche
di politica, sta proprio qui. Appunto perchè l'universalismo è ro­
mano non può essere cristiano, sia pure cattolico. L' Impero, ono­
revole Mussolini, non può essere che ghibellino ; l' Impero guelfo
non è mai esistito, e non potrà esistere mai. E contro la parte
guelfa, cosi baldanzosa e che si prepara a darvi sgambetto, noi
solleveremo la coscienza ghibellina d' Italia, e ridesteremo la co­
sclenia pagana di Roma che deve vivere per sè e per ridare al
mondo i propri valori universali, e non per servire da sgabello e
da sputacchiera ad uno pseudo universalismo importato datrAsia.
Noi, ché apparteniamo al partito dei 39 milioni d'italiani, di uni­
versalità ne riconosciamo due : quella della scienza e quella della
legge romana. Noi, pionieri dell' Imperialismo, come cr chiamava
l' « Impero " (24 aprile 1923), ci siamo rifiutati sin da dodici anni
fa di prestarci al giuoco della parte guelfa.
Nelle parole rivolte « Ai lettori" nel ,primo numero di questa
rivista, dicevamo come intendevamo « mantenerci indipendenti e
superiori ad ogni sistema filosofico e religioso assurg,endo all'uni •.
versalità della scienza..... e poichè l'universalità è virtù essenzial­
mente romana ,. eravamo tentati di « esprimere sinteticamente questa
nostra attitudine dichiarandoci esplicitamente cattolici romani ».
« Non lo facciamo, dicevamo, perchè non vogliamo essere
fraintesi : Si usa infatti, molto impropriamente, attribuire il nome di
cattolicismo romano ad una determinata confessione religiosa, ben
lontana sotto molti rispetti dall'universalità quale a noi pare debba
essere intesa. Ci sembra infatti che l'universalità non possa sussi­
stere quando si accorda simultaneamente alla propria visione e
credenza una smisurata eccezionale importanza a speciali teorie
e buone novelle ed a singoli individui nati nella valle del Nilo,
oppure del Gange, vuoi eziandio del Giordano>,
Come si vede non abbiamo bisogno di fare dell'acrobatismo
per dimostrare l'errore contenuto nell'ordine del giorno Bodrero.
La parte guelfa, che sta facendo alle spalle dei gonzi ed ai danni
d' Italia il giuoco delle tre carte, confondendo ad arte l'universalità
---
di. Roma pagana con l' inter�a zionalismo della Chiesa di Roma, sa
.
benissimo di " fare della polthca »; e certai:nente nè Marco Aurelio,
_
nè Giuliano, nè Traiano, nè Dante o Macch1avelh abboccherebbero.
Abbocca invece l'on. Mussolini !
Attendiamo che il governo accontenti I 'on. Rotigliano nelle
sue· richieste ; attendiamo che si ristabilisca il « biglietto pasquale >
come in Austria ai tempi di Cecco Beppe, ad uso dei funzionari
dello stato, ed il ghetto ad uso degli Ebrei ; attendiamo che i veri
italiani fomentino il regionalismo, trasformino l'unità in federazione,
presieduta dal . capo degli Stati della Chiesa, e profanino la roma�
nltà del Campidoglio.
Noi che· siamo per i gesuiti « veri traditori delta patria , non
piegheremo .per questo. La scienza iniziatica (epperciò anche l'arte
reale massonica) è intrinsicamente universale. La scienza delta
Massoneria, della costruzione spirituale, è universale ; tale e qual
come la chimica o l'algebra. È questo un pericolo ? Per chi?
Per questa universalità e per l'universalità di Roma latina,
imperiale, pagana e ghibetlina noi combattiamo da molti anni una
difficile battaglia. E seguiteremo.
L'on, Mussolini, invece, serve la parte guelfa. Buon pro' gli
faccia I
MAXIMUS

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


Palingenesi e Reincarnazi:Jne - ANICETO DEL MASSA . . . . pag. 225
La potenza come valore metafisico - J. EVOI,A . . . . . . ,. 237
Il Giardino del Filosofi, tradotto e commentato da Arturo Re-
ghini - ANTOINE jOSEPH PERNETY, , . . . . . . . ,. 243
L ;Esoterismo di Dante - RENÉ OUÉNON . . . . . . . . . ,. 252
L Impronta Pitagorica nella Massoneria - ARTURO REGHINI • . ,. 268
Tra libri e Riviste :
G. COSTA - l'Apologia del Paganesimo (Mariani Detl' Anguillara) ,. 276
ACHIL�E PA�INI - Impero Unico (Aniceto Del Massa) . . . . ,. 279
Associazione Vecchie e Nuove - Una vittoria della parte guelfa -
MAXIMUS • . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 282
SOMMARIO DEL NUMERO PRECEDENTE
L'Esoterismo di Dante - RÉNE OUÉNON . . . . . pag. 193
l<f Potenza come va_lore metafisico - J. EVOLA . . .
.
.
.
.
.
.
. ,. 202
L Impronta Pitagorzca nella Mass a - A RE0HINI 210
Nuvole Nere - A. RE0HINI . . oneri
»
. . . .• . � . ' » 220
. Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REGHINI
ROMA • Tipografia « Iris ,. - Via Agostino Depre
tis, 86.
La Redenzione di Adamo di L. Puccinelli, in-16 L. 6 _
La missione di Roma REI mondo di v. Marchi, in-8 L. 5 _
FIIOSOli Antichi di A. Tilgher, •in-8. L. 12 _
Purificazione di Ciro Alvi (1 ° della serie: I Romanzi dell'Occulto) in-16L. 6-
Santo Francesco d'Assisi dello stesso. Quarta edizione in-8; in carta di lusso,
illustrata con quindici tavole fuori testo di E. Anichini L. 15-
In vita perfetta godere. Romanzo dello stesso in-16 . L. 8 -
Per IO Spirito la Carne esaltare. Romanzo dello stesso in-16 . L. 8-
L'Arcobaleno. Novelle dello stesso in-16 L. 6 -
Il LUPO di Gubbio di A. Boussac De Saint-Mare; dramma mistico. Traduzione
e prefazione di Adriano Tilgher . . . . L. 6-
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Della '' Biblioteca Umbra ,, sono stati pubblicati


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Arie Umbra di G. Urbini - con ricche illustrazioni L. 12 -
canti POPOiari Um�ri di M. Chini L. 10 -
Eretici e Rlbelll ililll' Umbria di L. Fumi L. 8-
Comune e Signoria in orvieto di o. Pardi L. 7-
SOIUUdlne di Maria Luisa Fiumi . L. 5-
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Dirigere vaglia alla Casa Editrice « Atanòr » Succursale di Roma (21),


16, Viale Castro Pretorio. Non si fanno spedizioni contro assegno. Se si vuole
la spedizione raccomandata, aggiungere cent. 50. Per i paesi esteri a cambia.
alto, il prezzo s'intende nella valuta dei paesi medesimi,
�IVIITADI ITUDI INIZIATIOI
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CAIA EDITRICE ATANOR-ROMA


Presso la Casa Editrice " Atanbr,, :
tt re Pi�tro Borni� • �on
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Vincenzo Soro. Genesi e dottrina dello Gnosticismo - Patologia Gno­
stica - La Chiesa Martire - La Chiesa Occulta - La Gnosi Contempo­
ranea; in-8, con varie illustrazioni . . L. 25 -
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zioni, a cura di Vincenzo Soro . . L. 15 -
Le Parnlt sacre e di Passo dei primi tre Gradi e Il massimo Mistero massonico -
Studio critico ed iniziatico di Arturo Reghini; in-16 con illustrazioni
esoteriche . L. 14 -
LB Leggenda dei Simboli tilosoficl, religiosi e massonici di Marco Saunier;
in-8 grande; 3a edizione L. 18 -
Le Basi Spirituali della massoneria e la lilla PUbtlica di L. Keller. In-8 pic-
colo L. 14 -
Il vangelo di Caglìostro - il Gran Cofto - con un proemio di P. Maruzzi;
in-16. Esaurito - in ristampa.
Il Libro degli Splendori del Maesti:o Incognito Elifas Levi, in-8 piccolo L. 12 -
Il Dogma B il Rituale dell'iilla magia
dèllo stesso, 211 edizione, in-8 grande, con
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La Storia della Magia dello stesso, • in-8 grande, con 16 tavofe esoteriche fuori
testo . . . L. 30 -
La Chlaue del Brandi misteri secondo Enoc, Abramo, Ermete Trimegisto e
Salomone ; dello stesso, con illustrazioni
esoteriche . . L. 30 -
La Sapienza Italica di Enrico Caporali in-16. Esaurito.
La Parola del BUdllO Riduzione dal Pali del Biccù Nyanatiloka, versione di
G. B. Penne, m-8:
piccolo . . . . . . . . . L. 12 -
Della Pietra filosofale e dell'Arta dlll'IUChim in-16
ta . Esaurito, in ristampa.
La Legge Ilei nuouoPenslm! cli w.
Atkinson, in-16. . , . . L. 8 -
Il Pimanìlro e altri Sc_rutl
Ermotiti di Ermete Trimegisto. Esaurito, in ristampa.
PICO dBJIB Mirandola di G. Scmprìn
i, in-16 . L. 9 -
OTTOBRE-NOVEMBRE 1924 NUMERI 10..1 l

'
ANNO I.
clc CON LA POSTA QUATTRO LIRE

RIVISTA MENSILE DI STUDI INIZIATICI


Direttore Responsabile: ARTURO REGHINI
Direzione ed Amministrazione presso la Casa Editrice « ATANÒR ,., Succursale di Roma
al N. 16 del Viale Castro Pretorio (Quartiere 21j
Costa DUE lire Il Numero Abl>on,unento per un anno VENTJ lire • Per l'Estero Il do,pplo

REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO _ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA - J. EVOLA - RENÉ GUÉNON - MÀNLIO MA-ONANI - VITTORE
MARCHI - MARIANI DELL'ANGUILLARA - MARIO MORANDI - FERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REOIIINI - MARIO MANLIO ROSSI - SAVINO SAVINI -
OALLIANO TAVOLACCI.

Al LETTORI
Nel primo numero di questa rivista, rivolgendo la parola ai
lettori, annunciammo l' intenzione di diffondere mediante essa l' in­
teresse e la conoscenza degli argomenti iniziatici in Italia senza
preferenze per religioni, preconcetti e sistemi, mantenendoci indi­
pendenti da ogni gruppo scuola e società, ed astenendoci dal
fare la propaganda ad alcuna credenza. Nostro proponimento era
il fare questione di scienza e non di religione, ed applicare nel
campo metafi.5ico, spirituale, interiore lo stesso metodo scientifico,
sperimentale, pitagorico che • si applica in fisica, in chimica, in
astronomia, adattandolo opportunamente, ma rimanendo anche in
questo campo assolutamente impersonali, estranei e superiori ad
ogni genere di affetti e di sentimenti. Il carattere morale, estetico,
- 290-
confortante, rispondente al bisogno di giustizia od a preferenze ed
aspirazioni, non può e non deve contrib� .
ire a rendere a�cetta,
ali' indagatore freddo e rigoroso, una teoria pmttosto che un altra.
Nell'attenerci a questo programma scorgevamo l'unico modo
di elevare il livello culturale, scientifico ed iniziatico di que sti
studii, rimasto pur troppo assai in basso per il malo andazzo di
correre sulle ali della fantasia, della- chiaroveggenza, della fede
nelle rivelazioni di pretesi maestri ed in pseudo tradizioni inizia­
tiche, spregiando per giunta i cauti mezzi d' indagine della scienza
« profana ».
Sino a qual punto siamo riusciti ad attuare il programma
lasciamo giudicare ai lettori. I quali, per quanto severi, dovranno
riconoscere che in Atam,r non vi è stato spazio per le solite ri­
fritture, abborracciature e clichés a base di spappolamenti senti­
mentali, di fossilizzazioni e di drappeggiamenti in ridicoli misteri.
Anche i nomi dei nostri collaboratori, nuovi in gran parte
per il pubblico, provano il nostro distacco- e la nostra indipen­
denza. 11 valore iniziatico di Amedeo Armentano e di René Guénon,
lo scrittore francese che per primi abbiamo fatto conoscere al
pubblico italiano, non sarà sfuggito ai nostri lettori. E così pure
la serietà e la competenza del Capurro, di Del Massa, Evola.....
e dei tre nuovi collaboratori Savini, Rossi, Morandi conferisce ad
Atanor quel carattere di rivista iniziatica, culturale, indipendente
che era nelle nostre intenzioni di darle.
Nel prossimo anno con rinno,·ato ardore proseguirerr1o nel
compito che ci siamo assunti.
Seguiteremo, tra le altre cose, a pubblicare e commentare
passi di antichi alchimisti ed a occuparci largamente della tradi­
zione occidentale, pitagorica ed ermetica. È nostra intenzione di
fare ogni sforzo per rendere Atan6r semore più rispondente alle
esigenze nostre e dei lettori. E poichè, forse, incombono tristi tempi
di fanatismo e di persecuzione contro ogni società movimento e
studio di c�rattere iniziatico; l'opera nostra potrà ac�uistare un ca­
, _
rattere dt difesa e non soltanto di diffusione e di valutazione. Nella
nostra indipendenza da ogni organizzazione sentiamo pur sempre
- 291 -
il dovere di prendere posizione netta contro le denigrazioni, che
per spirito partigiano politic_?, per partito preso, a base di ca­
lunnie e di ingiurie, la parte guelfa ha sferrato contro la Mas­
soneria e che estenderà ad ogni Ordine e società di carattere ed
origine iniziatica. E non potrebbe essere diversamente, perchè,
mentre la meschina politica di parte si riduce all'arte di alterare
la verità secondo il proprio tornaconto, la scienza deve guardare
e difendere la verità senza badare ad alcun interesse.
Annunciamo dunque sin da ora che Atan6r seguiterà a pub­
blicarsi, sicuramente, anche nel 1925. Ad alleviare i nostri sforzi
ed a consentirci di apportare alla nostra rivista i miglioramenti
più necessari, occorre però che i lettori ci secondino contribu­
endo con la loro opera a renderla più conosciuta e diffusa.
Per cominciare, bisogna che i lettori, invece di comprare Atan6r
nelle rivendite, ci inviino l'abbonamento; per i lettori è lo stesso,
per noi invece l'abbonamento rappresenta l'unico modo . proficuo
di sopperir:e alle spese, poic�è per varie ragioni il benefizio finan
zia rio della vendita al minuto è quasi nullo per la rivista. · Per
questa ragione, ridurremo grandemente la vendita al minuto ; -ele­
vandone il prezzo rispetto a quello dell'abbonamento annuo
in modo che l'interesse del lettore venga a coincidere col
nostro. Porgendo il nostro saluto e ringraziamento ai lettori, ci
auguriamo dunque di avere in essi non soltanto dei lettori fedeli'
ma degli amici, dei propagandisti, dei sostenitori ferventi ed effi-
caci dell'opera nostra, che diverrà in tal modo anche loro.

LA DIREZIONE.
- 292 -

H. B. Brewster, poeta del fatalismo


Enrico B. Brewster è poco conosciuto fra noi ; ritengo sia
anche poco conosciuto altrove, perchè l'opera sua principale • l'A-
nima pagana » è come un piccolo gioiello perduto nell'arena.
Eppure vi sono pagine magnifiche, consolanti, parole che schiu­
dono la mente a verità sublimi e che danno al cuore un' impres­
sione analoga a quella deila vista di una larga vallata luminosa,
dopo l'oscurità di una galleria ferroviaria.
E vi è io tutto il libro una calma, una leggerezza serena che
fanno tanto bene, una rassegnata accettazione che sa di divino e
che sente profondamente gli echi più intimi della iniziazione.
Esiste una traduzione italiana dal testo france5e pubblicata
�all'editore Perrella di Napoli nel 1008.
Il libro incomincia con queste parole : « Lè persone is-truite e
serie ci han data la filosofia o le filosofie. Si può affermare, senza
paura, che questo dono non è piaciuto ......... Era riservato agli spi-
riti ignoranti e leggeri di comprendere che questo mondo è già
l'altro mondo e che noi" siamo fin da ora in possesso dell'immor-
•talità.........
Essi (glJ spiriti ignoranti e leggeri) non ci han dato nè filo­
sofia, nè religione ; ma è per essi che il mondo è abitabile e se
le perso'le serie ed istruite riescono a vivere, si è perchè dimen-
ticano, ad ogni istante, la loro istruzione e la loro serietà.........
La storia deWumanità potrebbe portare questo titolo : Annali
della sconfitta dei ben pensanti I •.
Si incomincia molto bene; lo spirito sente subito come un'aura
fresca ed è solleticato da una voglia birichina di ridere.
Il ridere, checchè ne pensino i ben pensanti, fa buon sangue !
Parlando del destino, il nostro autore, distingue tra molt4tu­
.
dme e borghesia; quella non ha l'abitudi'ne di leggere libri, questa
sl, non solo, ma ne scrive, perchè « l'uomo incline a coordinare
1� su� opinioni, l'uomo intellettualmente accentrato è borghese o
s avvia verso la borghesia ; è uscito o è per uscire dalle file, e,
- 293 -
se sì mette a scrivere, non è il modo di sentire di quelli che rc1
stano che egli ci racconterà, ma appunto il suo, ché da quegli
altri lo separa ,. .
Dice il nostro : « I veri agiati ed i miseri si somigliano, iri
quanto sono emancipati dalla speranza. Hanno la calma ; gli uni
per sazietà, gli altri per miseria ; e s'accomodano a una vita dàlfa
quale non v'è più nulla da aspettare se nòri quello che �ssa dà
ad ogni ora ...
Lao - Tsè cosi cantava, ventisei secoli sono.
« Gli uomini del mondo sono dotati di penetrazione·: io solo
ho lo spirito torbido e confuso. Sono mobile come il mare,· fluttuo
come se non sapessi ove fermarmi ,. .
Il nostro autore chiama Lao-tsè il senza...test colui che éortosce
una parola sola : destino ! " simbolo di un gesto ché fa il giro
dell'orizzonte e non esprime speranza, nè rimpianto •·
Gli ambiziosi hanno un io che ocèupa esattamente lo spatfo
rischiarato dalla coscienza lucida. Quando essi dicono è Io ,. sem·bta
che tuoni il cannone, un getto di luce abbagliante cade sopra di
essi e li stacca nettamente dal piano del quadro.
Quando rAutore dice « Io ,. non crede di sentire il tuono, rtè
di veder funzionare il proiettore elettrico. Certo vi è un punto
meglio illuminato ; forse si parla di questo ma fors'anche della pe­
nombra che lo circonda e forse della notte nella quaie la penombra
sj fonde.
Un tempo si chiamavano Dei quelle grandi érttità pàssìonalf,
di cui le nostre passioni sono copie in dimensioni da rtl'arionette·.
Secondo l'Autore nella concezione pagana delta vita e qua­
lunque sforzo è predestinato e assoluto nel senso, che' ess() porta
in sè stesso la sua causa e la sua ricompensa •.
La concezione dei dottrinari, dei moralisti è it1ve·c·e questa :
insegnare ov,.è il bene e spingerè ad esso gli altri in c.onsidera­
zione dei vantaggi dimostrati.
Bisogna sentire dalla bocca d'el nostro Autore· l'enunciazione
ironica di questo verbo : udite :
• Tu non conterai per nulla il desiderio det momento ; tu pen._
serai sempre all'ora seguente ed ai risultati remoti; tu non dissi­
perai. tu resterai padrone di te, tu fonderai una famiglia, porterai
le tue economie alla cassa di' risparmio e più tatdi sottoscriverai
-294-
rerai un pezz o di terra; invierai li
a1 prestlti deIlo stato o . ti comp •
· c è cg 1 1• �1� a ddottorato ,· eredera,·
tuo figliuolo all' Univers1t� affm � _
11 tuo paese
al progresso, ti arricchirai e servirai cosi _
;>:

• Questo è bene: tutto quest o è assai m rale. Molti contadtn�


• •

_ �
C
e operai son vissuti cosi ed han fatto benissimo......... �rto essi
to d1 lavorare
si son compiaciuti della loro prosperità ed han credu
per riuscirvi. . . . .
Allo stesso modo le giovani signore eleganti s1 comp1acc1ono
di credere che si vestono con cura per piacere al loro amico,
mentre la scienza ha dimostrato che, senza la passione della ele­
ganza, ci si veste come uno spaventa-passeri, per quanto si ami
teneramente il proprio amico ».
L' intenzione, ogni intenzione, la buona come la cattiva, il la­
stricato dell' inferno e quello della strada quotidiana, sono colpiti
dagli strali del Brewster che chiama egoismo pedante il voler fare
il bene ed invoca da Dio :
- Signore, liberateci dai programmi ! E piglia per un orecchio
Pascal, il quale si indignava di veder uomini che vivono incuranti
dell'oltre tomba.
Ascoltiamo prima Pascal e poi Brewster.
Dice Pascal della gioia dei piaceri :
- Non bisogna aver l'anima molto elevata per comprendere
che non v'ha qui soddisfazione vera e solida, che tutti i nostri pia­
ceri non sono che vanità, che i nostri mali sono infiniti e che in­
fine la morte che ci minaccia ad ogni istante deve infallibilmente
metterci, in pochi anni, nell'orribile necessità d'essere eternamente
annientato o eternamente infelice -
Ed ecco Brewster :
• Certamente non è necessario avere l'anima molto elevata
per comprendere tutto questo. Basta avere lo stomaco molto ma­
lato : basta anche, in alcuni, un po' di infatuazione intelle
ttuale.
Pensare, �e�pre pe sare ; giudicare, giudicare senza
� tregua, tra­
durre ogm impulso m parole, per informarsi del
suo valore sul
mercato del linguaggio I
_Chi non perderebbe in tal mestiere il sens
o della realtà ? •
Biagio Pascal è servito.
Poichè molti attribuigcono all'uomo un'a
. _ nima il nostro Autore
si diverte a regalargliene tre: una
grande impassibile, un'altra va-
rtablle, una terza sistematica, fittizia, la quale ultima sarebbe l'a­
nima che i mortali si riconoscono.
Quanto a me non garantisco che siano tre, proprio tre, ma
sono per il numero plurale, senza tante indagini psicologiche, perchè
spesso mi accade di sentire in me tante persone diverse.
Ma stiamo col Brewster.
La 1 a anima, secondo I' A., contempla, la 2a agisce e canta,
mentre la Ja Nostra Signora delle tesi, insegna. .
Noi offriamo ai nostri Dei, qualunque sia la religione domi­
nante, un culto continuo. La Borsa, la Fabbrica, l' Ufficio, la Ca­
serma..... sono i templi di questi culti.
e Noi abbiamo accettato. à parole una morale che assegna ad
ogni azione un valore fisso ; noi tolleriamo nei nostri tribunali l'as­
surdo d'una legge eguale per tutti; ma tutto ciò si svolge alla su­
perficie delle cose ; in fondo noi apparteniamo a caste differenti,
la cui opinione prevale contro i trattati di morale e contro il co­
dice quando per caso v'è conflitto ».
Salutiamo dunque i nostri Dei. Battiamoci, ma non neghiamoli !
Ed ora ascoltate queste parole e ditemi se mai avete letto
qualche cosa di più bello e di più grande :
e Da duemila anni l'uomo religioso non sa più che mormorare,
sbalordito, penitente ed abietto :
- Ho torto, Signore, ho torto I -
La qual cosa non gli impedisce di vivere precisamente come
quando diceva : - Ho ragione I - e che, pieno di questa intima
certezza, ne attribuiva l'onore a forme celesti vagamente riflesse
nei suoi desideri/ >.
Si chiederà dal dottrinario atterrito : dove conduca cotesta fi­
losofia del nostro anti-filosofo. Rispondo coli'Autore :
e Noi chiediamo a ciascuno di sentire la necessità della parte
che gli incombe e di onorarne l'eterna immagine al di' là della delizia
o dell'amarezza con cui essa si manifesta I •. È il culto della realtà.
« Figli rispettosi dell'oscuro destino - termina Enrico Brewster
il suo volume, di cui ho dato alcuni cenni, non una sintesi o re­
censione - noi descriviamo il percorso che ci è prescritto e nulla
muta per noi, nè in bene nè in male ; gli Dei abitano la nostr�.
anima pagana I
GIULIO CAPURRO
-294-

al prestiti dello sta!o 0 ti compre rai un pezzo di terra; invierai li


tuo figliuolo ali'. U mv ersità a inchè egli sia
ff addottorato ; crederai
.i 11. tuo paese ».

al progresso, tI arncchir ai e servirai cos
. tutto questo è assai . morale. Molti contadini
" Questo è bene •
e ope rai son viss uti cos i ed han f atto . bem ss1m d...
. o••• c t o essi·
han ere uto d�I �avorare
si son compiaciuti della loro prosperita ed
per riuscirvi. . . • •
Allo stesso modo le giovani signore el�gantl s1 comp1acc1?no
di• eredere ch• e s1• vestono con cura per piacere al. lo ro amico,
mentre Ia scienza ha di·mostrato che, senza la passione d eIla eIe-
. . .
ganza, ci si veste come uno spaventa-passen, per quanto s1 amt
teneramente il proprio amico ». . .
L'intenzione ogni intenzione, la buona come la cattiva, 11 la­
stricato dell' infe;no e quello della strada quotidiana, sono colpiti
dagli strali del Brewster che chiama egoismo pedante il voler fare
il bene ed invoca da Dio :
- Signore, liberateci dai programmi ! E piglia per un orecchio
Pascal, il quale si indignava di veder uomini che vivono incuranti
dell'oltre tomba.
Ascoltiamo prima Pascal e p oi Brewster.
Dice Pascal della gioia dei piaceri :
- Non bisògna aver l'anima molto elevata per c omprendere
che non v'ha qui soddisfazione vera e solida, che tutti i nostri pia­
ceri non sono che vanità, che i nostri mali sono infiniti e che in­
fine la morte che ci minaccia ad o gni istante deve infallibilmente
metterci, in pochi anni, nell'orribile necessità d'essere eternamente
annientato o eternamente infelìce -
Ed ecco Brewster :
" Certamente non è necessario avere l'anima molto elevata
per comprendere tutto questo. Basta avere l o stom
aco molto ma­
lato : basta anche, in alcuni, un po' di infatuazi
o ne intellettuale.
Pensare, sempre pensare ; giudicare, giudicar
durre ogni impulso in parole, per informa e senz a tregua, tra•
mercato del linguaggio I rsi del suo valore sul
_Chi non perderebbe in tal mestier
e il senso della realtà? ,.
Biagio Pascal è servito.
. _Poichè molti attribi.ti�cono all'uomo un'anima il nostro Autore
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gliene tre : una grande impassibil un'altra va•
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-�-
rfablle, una terza sistematica: fittizia, la quale ultima sarebbe l'a­
nima che i mortali si riconoscono.
Quanto a me non garantisco che siano tre, proprio tre, ma
sono per il numero plurale, senza tante indagini psicologiche, perchè
spesso mi accade di sentire in me tante persone diverse.
Ma stiamo col Brewster.
La t a anima, secondo l' A., contempla, la 24 agisce e canta,
mentre la Ja Nostra Signora delle tesi, insegna.
Noi offriamo ai nostri Dei, qualunque sia la religione domi­
nante, un culto continuo. La Borsa, la Fabbrica, l' Ufficio, la Ca­
serma..... sono i templi di questi culti.
« Noi abbiamo accettato. à parole una morale che assegna ad
ogni azione un valore fisso ; noi tolleriamo nei nostri tribunali l'as­
surdo d'una legge eguale per tutti; ma tutto ciò si svolge alla su­
perficie delle cose ; in fondo noi apparteniamo a caste differenti,
la cui opinione prevale contro i trattati di morale e contro il co­
dice quando per caso v'è conflitto •.
Salutiamo dunque i nostri Dei. Battiamoci, ma non neghiamoli I
Ed ora ascoltate queste parole e ditemi se mai avete letto
qualche cosa di più bello e di più grande :
« Da duemila anni l'uomo religioso non sa più che mormorare,
sbalordito, penitente ed abietto:
- Ho torto, Signore, ho torto I -
La qual cosa non gli impedisce di vivere precisamente come
quando diceva : - Ho ragione I - e che, pieno di questa intima
certezza, ne attribuiva l'onore a forme celesti vagamente riflesse
nei suoi desideri/ ».
Si chiederà dal dottrinario atterrito : dove conduca cotesta fi.
losofia del nostro anti-filosofo. Rispondo coll'Autore :
« Noi chiediamo a ciascuno di sentire la necessità della parte

che gli incombe e di onorarne l'eterna immagine al di' là della delizia


o dell'amarezza con cui essa si manifesta I •. È il culto della realtà.
« Figli rispettosi dell'oscuro destino - termina Enrico Brewster
il suo volume, di cui ho dato alcuni cenni, non una sintesi o re­
censione - noi descriviamo il percorso che ci è prescritto e nulla
muta per noi, nè in bene nè in male ; gli Dei abitano la nostr�.
anima pagana I
GIULIO CAPURRO
I'

a con ce zione de m iurgica del­


L
tsirah
l'alfabeto e il Sepher Je
loro o rigine ed il loro svi-
Le religioni, qualunque si•� la certo momento una forma spic-
un
luppo, in generale as�mono : il Dio _ 0 gli Dei - si presenta
cata�ente �ntr?po mo e cui
e un essere umano dalle fa.
alla ,minagmaz1one ett;e�ente com to quasi solamente dalla•
coltà estremamente ?mgt·gant,·te e differenzia assumere le forme pm ·
prerogat.,va ct,· essere invisjbile e di pot ere
diverse. ' •
La natura in queste concezioni sembra essere qu�1cosa dt m-
d•tpendente dal Dio, il quale agisce in essa e sopra dt · essa · ·
solo
·
in forza di una specie di muscola tu ra p repotent e ch e St impone a,
fenomeni ed è capace di regolarli. Molte fedi individuali sono an­
cora a questo livello.
Ma una teologia cosi fatta non può certo bastare quando
l'uomo abbia abbastanza sviluppato il proprio intelletto e. si sia
reso conto di quanti misteri essa lasci ancora senza una soluzione
adeguata, primo fra tutti il mistero della vita, il perchè stesso del­
l'esistenza, im_posto alla men te con angosciosa intensità dai feno­
meno morte, tanto più im·pressionante quanto meno spiegabile con
la volontà e l' intervento degli esseri divini. Si apre allora una
serie di d man de alle �uali non è agevole trovare una rispo
sta, e
che pure I�uomo non s1 rassegna a lasciare inso
lute. I suui dei
devono conoscere la verità, e in essi dev
• • 0 stes
• c1�1 e trov�rsi la spiegàzione
e forse 1·1 �nn so d1• quello che to rtura il pensiero umano.
Dalla ipotesi della perfetta scienz
è breve e necessario : gli de � divina alla certezza il passo
i, o un Dio' sanno I
M a questi dei• la me • nte
• è ab'1 tuata a concepirli
nuamente mescolati alle come conti-
c_ose te pora , e co me int
nalmente alle facc d h ere ssati perso-
d ��rt�� .
l i, e anzi, com e int
con tanta frequen:: : ;' ervenenti in esse
uomini stessi, al pu h a tà d st ingere
nto c::• 00npochi� ero� rapporti con gli
tela, se non addirit � . . i vantano legami di paren ­
tu
ne vantano l'amici ra d'1 f'1 iazio ne, con qualche num e e moltissimi
zia e 1a pro tezion _
e.
-�7-
Ma allora perchè questa divinità che conosce non comuni­
cherebbe almeno parte del suo segreto a quei mortali che essa ama?
In questa concezione è il fondamento e il punto di partenza
di gran parte delle religioni rivelate, che, se osservate da vicino, ci
si mostrano tutte come risalenti o ad un uomo illuminato dalla di­
vinità o ad un dio umanizzatosi per dare la conoscenza agli uomini.
E tale concezione, che è una convinzione, è tanto forte che perfino
i pittori delle epoche più vicine a noi ne hanno subito ancora
I' influsso, quando hanno rappresentato i loro santi fondatori di
ordini religiosi faccia a faccia con uno dei tanti aspetti della di­
vinità secondo i cattolici, dalla quale ricevono in forma di un car­
tello le regole delle future asspciazioni.
Ma, ben presto - per servirmi delle parole stesse del Guignebert
(Evolution des Dogmes), del quale fin qui non ho fatto che rias­
sumere il pensiero e che seguirò ancora un poco - la concezione
antropomorfica non basta assolutamente più. Il fedele. sente di non
poter attribuire a Dio un corpo e una bocca e comincia a dubi­
tare che esso abbia realmente parlato. Allora si mette alla ri.cercn
di mezzi adatti a toglier via la difficoltà e immagina, come nella Ge­
nesi a proposito di Abramo, un intermediario, un messaggero, un
angelo, al quale la volontà superiore è comunicata con mezzi che
-trascendono la comprensione umana e che si ripongono nell'on­
nipotenza divina. RESTA PERÒ ANCORA IL CONCETTO CHE DIO HA
PARLATO, RIMANE L'IDEA DELLA SUA PAROLA.
Qui è il punto fondamentale che spiega come, verso la fine
del primo secolo avanti l'era volgare, i dotti ebrei fossero già ar­
rivati ad immaginare « che la potenza creatrice e l'energia di Dio
st erano, per un atto della sua volontà, proiettate in qualche modo
fuori del suo essere per fare le opere della sua saggezza e del suo
spirito. Questa forza attiva di Dio era prima di tutto la Parola
(il Logos del greco), tanto forte restava l'abitudine di dare a un
v�rbo diviQo il privilegio d'esprimere l lgnoto e di generare la Ve­
rttà e la Vita. Nella pratica, a poco a poco, sotto l'influsso delle
_
�ot �rtne greche identificanti Dio con l'1nfinito e non osanti quindi
'''!'�tarlo con farlo agire direttamente e ricorrenti ad una ipostasi
divma, i Giudei finirono con fare vere personificazioni della Sag­
gezza, dello Spirito, della Parola dell'Eterno, e can attribuire
- 299-
toro ognuno dei rapporti stabiliti fra Dio perfetto e l'umanità par,
tecipe della grossolanità della materia ...
Messi su questa strada e spinti sempre più oltre dal fenomeno
del rabbinismo, ossia dello studio laico, extra - sacerdotale, delle
tradizioni religiose del proprio popolo, i dotti giudei finirono con
trovarsi ad un certo momento di fronte a un vero e proprio dua­
lismo religioso. Da una parte il vecchio concetto della divinità, vivo
ancora e potente in mezzo al popolo, dall'altro un sistema filoso­
fico oltremodo complesso e lontano nelle sue conclusioni dal pre­
cedente concetto. Ma questo sistema filosofico non era con la tra­
dizione contraddittorio, poichè da essa appunto era partito e da
essa si era sviluppato con un sistema di logica quanto mai rigo­
rosa, tanto che nessuno avrebbe potuto dire dove il vecchio ces­
sasse e cominciasse il nuovo ; e la coscienza dei filosofi religiosi
potè trovare il mezzo di acquetarsi. Tutti e due i sistemi erano
veri, ma il primo era quello riservato alla gran massa, l'altro, più
esatto perchè più profondo, era quello riservato ai pochi, i quali -
mi si passi l'espressione dantesca - avevano per tempo drizzato
il collo al pan degli angeli ed avevano potuto trovare il maestro,
l'iniziatore a quelle dottrine che essi poi avrebbero trasmesso
altrui. Cosi si continuò ; cosi si finì con formare la cabbala, la tra
dizione per eccellenza, in quanto trasmissione ai lìoli degni di un
complesso di dottrine teosofiche e secrete che nel loro insieme
offrono il seguente sistéma.
Dio, essere inconoscibile e senza limiti, l'En Soph quasi
'contraendosi in se stesso (tsimtsùm), concentrandosi nella propria
sostanza per dar posto agli esseri limitati, ha creato prima lo
olam Atziluth, ossia il mondo dell'emanazione costituito da dieci
sephiroth, dal quale sono derivati in subordinazione l'olam Be­
riah, o il mondo della Creazione, l'olam yetsirah, o il mondo
della formazione, l'olam Assiyah .o il mondo dell'azione, tutti
paralleli, anche come disposizione, gli uni agli altri. L'anima
umana è il risultato della mescolanza di tutti questi mondi e può
per mezzo della conoscenza, accompagnata alla perfezione, agire
sopra uno o sopra tutti, anzi (forse questo è il concetto ultimo)
sulla divinità stessa, presso a poco come i brahmana che ci pre­
senta il Mahabharata possono con l'ascesi e la preghiera agi!e
sugli dei. Perchè l'ortodossia 9ia salva, il fondo segreto di questa
dottrina deve però trovarsi - è indubbio - ne i lìb�I stessi
_
della Bibbia, in quanto questi libri contengono una nv� laz1one che,
se non fosse completa, sarebbe imperfetta. Dato che 11 senso let•
tera!-= e anche quello allegorico delle frasi scritturali non illuminano
affatto sulla questione, saranno non più le parole in quanto espres•
sione di concetti che potranno rischiarare, bensì le parole in quanto
insieme di segni grafici. Alla scrittura dunque si rivolgerà tutta
l'attenzione, a quell'arte misteriosa sull'origine della quale la Bibbia
tace tanto completamente.
Il Sepher Jctsirah, è il libro che insegna appunto il valore vero
delle lettere dell'alfabeto ebraico, mostrando come Dio stesso non
abhia fatto altro che scrivere quando ha voluto comporre l 'Universo
e come sia possibile anche all'uomo fare altrettanto, se Abramo,
illuminato o ispirato o istruito, non sappiamo bene, dal suo Crea•
tore potè farlo e se da lui la scienza è arrivata fino a quel R.
Akiba, ultimo possessore del grande mistero.
Ma perchè un 'opera come il Sepher ha potuto sorgere solo
nell'ambiente culturale giudaico ? La ragione dobbiamo ricercarla
nel ben antico monoteismo degli Ebrei e nella loro evoluzione re­
ligiosa. Mi porrò sulle tracce della via già segnata dal Gobineau.
In tutte le religioni, quando sopraggiungono momenti di deca­
denza morale e quindi politica - non so se devo dire piuttosto di
decadenza politica e quindi morale - nel popolo che le professa,
sorgono tentativi di riforma nel senso di riportare questa religione
alle sue fonti primitive, o presupposte tali, perchè esse si reputano
rispecchiare la verità con meno corruzione e senza quasi altera­
zioni. Credo che il protestantesimo possa da solo bastare a dar
ragione al mio asserto, ma a lui si potrebbero porre accanto le
vaehe ,aspirazioni all'età dell'oro cosi caratteristiche dell'ultima re­
pubblica e del primo impero romano, le agitazioni dei Catari prima,
dei Valdesi e dei Fraticelli poi, nel periodo il quale dal lato mo­
rale culmina nelle grandi riforme ecclesiastiche di Gregorio VII e
dal lato politico nella lotta delle investiture, segno visibile del la­
tente sfacelo della concezione imperiale .carolingia. Anche la reli­
gione ebraica senti (e più volte I) questo bisogno. Niente di strano
�unque vedere che lungamente visse in mezzo al popolo d ' Israele
ti desiderio di ristabilire in tutta la sua purezza la fede degli antichi
profeti, dei patriarchi, di Mosè sl, ma anche di Abramo l'uomo con
-XO-
H quale primieramente Dio fece alleanza. Il m?vimento, gi� _l ni�ato <:°n
la predicazione dei profeti veramente detti, presentanti ti 01� umco
dal nome ineffabile come identico a quello che era· stato rivelato
a Noè e ad Abrahamo, arriva ben avanti nel tempo ed esce per-
. sino fuori dell'ambito giudaico non solo con i cristiani chiamanti
se stessi con S. Paolo il vero Israele e tutti preoccupati di tro­
vare un senso più vero delle parole bibliche, ma addirittura con
Maometto, che annunzia la sua dottrina come quella che Dio stesso
ha dato nell' Eden ai primi uomini e che finalmente. è stata libe­
rata da tutte le incrostazioni con le quali il tempo l'ha mascherata.
Ma è sopratutto dopo la distruzione di Gerusalemme che tale
movimento s' intensifica e, mentre una schiera di dotti si preoc­
cupa di fissare in maniera definitiva le tradizioni extra-bibliche del
popolo d' Israele, un'altr.a schiera si abbandona alle più ardite spe­
culazioni metafisiche, creando tutto quel complesso di misteriose
affermazioni che porta tanto comunemente quanto vagamente il
nome di Cabbala. È l'epoca nella quale attorno alle grandi scuole,
vere e proprie università, alle Jescibòth di Nehardéa, di Pumbe•
dità, di Riscihr, ecc. si raccoglievano turbe di studiosi di ogni razza
e di ogni religione, perfino di cristiani-, che dal nuovo insegna­
mento riportavano con sè i germi di quelle idee gnostiche che fio�
rirono sl a lungo nell'Asia minore.
E quale era l'insegnamento tipo di quede scuole delle quali
alcune tanto antiche da potersi dire fondate ai tempi del secondo
esilio?
Ecco come lo riassume appunto il Gobineau. il quale ha U
merito di non preoccuparsi delle differenze locali e personali. In
esse si affermava non solo l'unità assoluta di Dio, ma anche la
sua onnipotenza e la sua perpetua attività. Dio è dovunque e do­
vu�q�e .esiste: nei pianeti e nell'uomo, nei concetti i più imma­
teriah e nelle grandi manifestazioni cosmiche. Non è però che si
�ossa pensare ad una concezione panteistica, e nemmeno, a stretto
• rigore, a � un vero emanatismo, come si crederebbe a prima vista,
. . _
e eome infatti molti d1 coloro che a tali concezioni si riattacche­
ranno, credera�no: ogni manifestazione non è che l'espressione di
una forza costituente uno degli aspetti dell'unica forza esistente
nel.la realtà, come la rivoluzione dei pianeti intorno al sole-, la ca-
- 301 -
tre casi della
. sione, molecolare non sono che
duta det gravi,• la coe
plu. grande legge dell'attrazione· universale. .
. ta stra d alla qua le er a no stati con-
Posti ben presto su ques a
' .
'evo luzi one stes s del con cet � o � rofeti�o d1 .un 0·io ch�
dotti dall a
1 dotti ebrei sono andati
è soltanto il più potente dei baaltm,
���e. Lo spirito ebraico è • ricercatore
per natur� • secondo la de­
mai ne_ll� s�e specu:
finizione del Gobineau e aud ace quanto altro
o •volgersi
!azioni : niente di più naturale che vedere questo spmt �
a quelle che oggi noi chia miamo
le scienze occulte, e m �od.o
già
speciale t11la teoria filosofica dei numeri, l� qual� da te�p•
a
molto antichi sembra avesse attirato l'a ttenzione dt tutta la fdosofi
non solo ebraica, ma in genère semitica .
t nota la teoria che si formò nelle grandi università su accen­
nate circa la scrittura . Non bastò più che un' idea fosse rispon•
dente a certi presupposti ; per essere bella essa dovè anche essere
espressa in una certa forma stilistica , alla concezione della quale
si era arrivati per forza stessa di cose, a furia di analizzare e di
sottilizzare sopra i testi che una lunghissima tradizione presentava
già come sacri. Non ci si contentò più in un certo momento di
esser riusciti a stabilire fino a quarantanove sensi diversi della
Thorà, non ci si limitò neppure a dire che uno di questi. sensi,
perchè l' investiga zione fosse perfetta, doveva risultare blasfemo,
ma si volle anche comporre su questa falsariga qualcosa di simile ;
ed ecco i sapienti affannarsi a fabbricare lavori che dovevano
avere un senso da qualunque parte fossero letti e continuassero
ad averne uno anche quando le lettere o le parole venissero tra­
sposte secondo certe regole determinate.
Tutto ciò soddisfaceva, oltre che il morboso desiderio di sot­
tigliezza, anche l'abitudine così caratteristica degli orientali
di na­
scondere le proprie idee sotto false apparenze, a volta fino
in con­
trasto con il concetto che solo gli iniziati sanno
vedervi; abitudine
I� quale, occasionata dalla necessità di travestire
il proprio pen­
siero per sottrarsi alla intolleranza di
dominazioni tanto violente
quanto yre arie, ha finito con il cost
� ituire come una seconda na­
tu�a. Dt qm la preoccupazione
_ di stud iare la forma a scopo di do­
marla e dt_ p1eg rla a tutte le esig
: � enze, giacchè la forma ha in
un_ qualcosa d1 cosi _ misterioso
da potere essere assimilata alle
energie che agis • cono m natura e quindi da avere
carattere magico.
- 302 -
Tutti gli sforzi dei saggi tendono a scoprire combinazioni nuove,
sempre più gravide di sensi, ossia in fondo nuovi talismani sempre
più potenti.
Il giuoco comincia, si capisce, con le parole che esprimendo
gli -attributi divini rivelano almeno un lato della natura di Dio,
ossia scoprono la realtà più vera delle ·cose, e possono dare quindi
il mezzo di agire irresistibilmente sulle forze cosmiche ; e mano
mano si continua con tutti gli altri aggruppamenti di lettere, in
una spasmodica ricerca della parola più completa che racchiude il
maggior numero di sensi, della parola capace da sola di offrire la
chiave dell'universo a chi sappia leggerla in tutti i modi possibili.
È chiaro che in questa maniera la parola pronunziata perde
quasi completamente il suo valore, mentre ne acquista uno gran­
dissimo la parola scritta. La prima infatti non è che una delle ac­
cezioni di cui è capace la seconda, ma non il vero modo di render
quest'ultima, perchè non è il solo, essendo la parola scritta pas­
sibile di quasi infinite interpretazioni tutte vere, la cui importanza
è costituita appunto dal numero d'esse. E allora è �gevole capire
come si passi da un esame lessicale e grammaticale a un esame
grafico.
Le lettere sono in un numero ben limitato, eppure basta unirle
in gruppi perchè per mezzo di esse sia possibile esprimere infiniti
concetti : dunque ogni lettera e un frammento di concetto. Ma ciò
non può esser casuale ! . Ogni lettera deve corrispondere ad un
concetto base il più elementare e quindi il più comprensivo pos­
sibile, per essere in grado di servire a manifestare concetti più
complessi : ma allora dovremo dire che esistono questi concetti ir­
riducibili e fondamentali espressi appunto dai segni che noi chia­
miamo lettere e che devono appunto indicare le basi di ogni ma­
nifestazione dell'esistenza. Uno studio accurato o la rivelazione
divina possono guidare alla cono,•enza di tali modi di essere e
quindi al possesso delle cause ultime. Conoscere però vuol dire
dominare ; conoscere la vera natura delle lettere equivarrà a do­
minare l'universo. I nomi divini - ed ecco che ritorniamo al punto
di partenza -, come quelli che appunto rivelano i modi di agire
della grande forza unica, saranno i più adatti a guidare lo studioso,
e fra essi il principale, il più importante; sarà quello che non si
può pronunziare e rton tanto perchè sia solo vietato, quanto perchè
- 303 -
é impv5sibile ne.I senso più rigoros� dell'espressi?ne,. esse�dosene
.
persa da tempo immemorabile la chiave: Pronunziare infa�ts quest�
.
nome non significa niente, poichè racchiudendo esso tutti 1 sensi,
in quanto esprime il tutto e la sua ragion d'esscre, �on ha u� pe­
_
culiare corrispondente fonetico, e nessuno potra mai comunicare
tale corrispondente : . potrà solo mettere il discente sulla strada di
arrivare da sè alla scoperta del modo di giungere alla contem­
plazione delle infinite possibilità che si aprono dinanzi agli occhi
dell'iniziato e nelle quali egli è in grado di riscontrare volta per
volta tutti gli accidenti della realtà materiale. « Dio, essendo l'u­
nica esistenza è anche l'unico pensiero e l'unica parola», ma questa
parola è per l'uomo ineffabile. '
• J

Questo, aveva concepito la metafisica ebraica, questo volevano


dire quei dotti, i quali erano giunti a identificare il concetto di
vivere, con quello di parlare, anzi di pensare. Il cogito ergo sum
cartesiano può quindi· vantare un' ignota genealogia, e l'afferma­
zione dello Spinoza che Dio, la ragion d'essere, di ogni cosa -
credo poco al panteismo assoluto dello Spinoza - può esser de­
finito solo mediante una serie convergente di affermazioni e di ne­
gazioni di tutti gli infiniti attributi che l'uomo conosce od ignora,
ha, come si vede, basi ben remote.
Si comprende allora - siamo sempre sulla via del Gobineau -
come questi dotti ebrei avessero già fra i popoli dell'oriente ara­
bizzato fama di insuperabili fabbricatori di talismani e come la loro
rinomanza potesse echeggiare dalle rive dell' Eufrate a quelle del
Guadalquivir, suscitando un'ammirazione che doveva terminare
nell' imitazione, della quale non credo che sarebbe difficile rinve­
nire le traccie, anche se oggi la filosofia araba ci si presenta come
il modello e quella ebraica come l'ancella I

• ••
Ma è tempo ormai di lasciare il campo delle generalità e di
avvicinarci di più al nostro tema.
. A�biamo detto che cura precipua dei dotti fu quella di pre­
c�sa�e 11 � alore delle lettere, di trovare la chiave delle permuta­
zion1_ logiche delle loro combinazioni. Ciò è tanto vero che noi
abbiamo ancora oggi documenti di tale indirizzo, il più cospicuo
- 304 -
il Sepher Jetsirah, il
Libro della Formazione,
det • qu a1·
1 è ap pu nto
de l co sm os . E all or a, pn• ma d't cont·muare,
ossia della formazione tro libro.
esaminiamo un poco il n os ne testualmente I , 1. �121 . . 0.
Credo necessa rio ripor tar .
me ravigl ios e de lla Sa pie nza lddto (desi­
« Nelle tren tadue
vie �e l'universo)
gnato qui �o die ci n om i) fece la sua Etern ità (o anc
il Numeran te e 11 N'lmerato.
n
con tre Sepharim con il Numero, e due volte dieci e due segn i
a,
Dieci Sephiroth, �enza alcuna cos
ppie e dodici Semplici ».
di fondamento: tre Madri, sette Do e, i ventidue seg ni di
Come il testo stesso dichiara più oltr
aico, delle quali le madri
fondamento sono le lettere dell'alfabeto ebr daleth, caph, pe, rese,
sono aleph, mem, scin, le doppie beth, ghimel,
lle rimanenti.
tau, che hanno infatti due suoni, le semplici que il concetto
Dal bel principio dunque è assiomaticamente posto
a sua i segni
che Dio rrea tutto, ponendo come base dell'oper
nte,
dell'alfabeto. In che sen so dobbiamo intender questo? È evide
dati sopra tutto i parallelismi che mostra il testo fra vari ogget ti
della creazione, che dobbiamo pen sare le lettere come il simbolo
grafico dei ventidue modi nei quali si esplica la poten za di Dio,
attraverso le Sephiroth, modi che possiamo riscontrare in ogni
opera della natura e che da soli, se riconosciuti, permettono d' iden­
tificarla.
Come si sia arrivati a tale rnncezione demiurgica dell'alfabeto
della quale non troviamo traccia nella Bibbia lo abbiamo visto'
D'al�onde _il simbolo è stato sempre il grande' trastullo dell'oriente:
e noi �osi,1amo constatare ancora oggi la sopravvivenza di tale
concezione nella dottrina babista della Persia, come potremmo ri­
levarla nelle _affermazion i della letteratura apocalittica. Forse a
esto medesimo concetto, tanto bene riassunto dal medioevale
:omen-Numen, dovremmo riportare anche il Louos la Parola del
6 '
vange ol secondo G'0 " • qu 1 Verb� per m�zzo • del quale tutto
è stato generato: p�:t: ;;, au�ou egeneto, kat khorls autofì egé-
A

t
neto oudè en O gego • nen.
Non credo opportuno far , q� 1• un riassun. to dell'opera e mi
permetto di rimandare senz a tro 11 lettor
e alla introduzione da me
premessa alla ver . °ne pubblicata
sterà completare �: con cetto presso il Carabba : mi ba­
constatazione che no ,. siamo _ � sposto sopra, insistendo sulla
dt fron te a d una vera glorifica-
- 305 -
zione della Parola. Ho altrove proposto come epigrafe al libro il
versetto della Genesi Voi sarete simili a dei: mi si affaccia ora
alla mente il dubbio se forse non sarebbe meglio adatto, a indi­
care 10 spirito del Sepher Jetsirah, l' inizio del IV vangelo .En
arche en o Logos.
L'oriente, è ancora il Gobineau che lo ha constatato, non si
commuove di fronte ai miracoli: ne rimane stupito, sbalordito
anche, ma si guarda bene dall' inferire da essi la verità delle idee
che con loro si vogliono provare. Perchè? Un europeo moderno,
in generale non si comporterebbe così: o negherebbe il miracolo,
o, una volta il miracolo ammesso, lo accetterebbe .come irrefragabile
dimostrazione dell'idea, dando cosl ragione a Gesù gridante ai
Giudei : Se non credete a me, credete almeno ai miracoli che io
faccio I L'orientale si guarda bene dall'agir in tal modo, perchè
esso non ammette limiti alla potenza motrice e creativa della pa­
rola, che è la stessa per l'uomo e per Dio. La parola ha stabilito
non le leggi di natura che non esistono in quanto leggi immuta­
bili, bensì i rapporti fra le cose, ed essa può alterarli se usata da
chi ha compreso. Difficile è comprendere, ma, raggiunto ciò,
ogni cosa è possibile ali'iniziato, che non per questo perde il suo
carattere di uomo, e non per questo è in grado di dimostrar le­
gittimamente la verità delle sue asserzioni con la grandezza delle
proprie opere.
Abramo è stato accolto, dice il Sepher, nel seno di Dio, ma
non per questo Abramo è Dio : gli manca quella capacità di espan­
sione non contraddicente al principio di unità che è stata implici­
tamente affermata con la fissazione delle Sephiroth. Dio solo può
emanare da se stesso e formare le cose molteplici senza frazionare
la propria unicità e quindi senza decadere : l'uomo può agire su
queste emanazioni già formate e comporne di più complicate, ma
non formarne a sua volta altre. Non con questo che l'uomo non
possa in certo senso creare : non può aggiungere un nuovo fon­
damento. Ventidue sono i segni perchè tali li ha posti Iddio: in
questi limiti, ma non oltre, può fare tutto colui che sa.
Ben lungamente, queste dottrine sono durate nei secoli, nè
sono morte ancora. Non ho bisogno di ricordare la tenace vita
delle associazioni mistico-cabbalistiche, alle quali pur si riattac­
cava la più misteriosa figura del sec. xvm, il conte di Cagliostro ;
2
- 306 -
accennerò soltanto al rifiorire in Persia del babismo, la cui cosmo­
gonia insegna che tutto il mondo eman� dal!a divinità attraverso
sette horouf, ossia sette lettere, le quali corrispondono a sette ma­
nifestazioni : la forza, la potenza, la volontà, l'azione, la condiscen­
denza, la gloria, la rivela�ione.
Dice il Sepher :
« Sette Doppie : Beth, Ghimel, Daleth, Kaf, Pe, Rese, Tau ;
il loro fondamento: Vita, Pace, Scienza, Ricchezza, Grazia, Gene­
razione, Potenza ».
La vecchia sapienza dei Caldei risuscita e nella sua stessa
patria trova continuatori, i quali, senza accorgersene, si ricollegano
a lei, attraverso il neoplatonismo dei filosofi arabi. La catena
non è interrotta e non c'è alcuna ragione di credere che debba
interrompersi proprio adesso.

Dopo tutto questo, si comprende agevolmente come il Sepher


Jetsirah possa essere stato posto nel canone dei libri sacri - mi
si passi l'espressione - della Cabbala esoterica, accanto allo Zohar,
alle 'Othiyoth di R. Akiba, alla impressionante visione del primo
capitolo di Ezechiele. Quale noi lo abbiamo, non ha certo in sè
elementi tali da permetterci di distanziarlo nel tempo da tutta
quella letteratura basata sulle più audaci interpretazioni delle pa­
role bibliche, che, fiorita intorno al VI e al vn secolo dopo Cristo,
suggestionò tanto vivamente con i suoi tentativi di conciliare il
finito con l'infinito le menti di un Raimondo Lullo, di un Pico della
Mirandola, di un Reuchlin, di un Paracelso, di un Cardano, di un
Van Helmont, di un B0hme e di tanti moderni, fra· i quali mi piace
ricordare quel Gerardo Encausse, piit noto còme P�pus, strana­
mente morto durante -la guerra nel compiere il proprio dovere di
medico, dopo _avere predetto perfino il giorno del suo decesso.
Ma niente, proprio niente, si oppone nemmeno a che noi ri­
conosciamo sotto il velame rimasugli, o meglio continuazioni di
dottrine ben più antiche, conservate e documentate inconsciamente
dal libro con ricordi astronomici, i quali ci permettono di prendere
in seria considerazione l'ipotesi di una origine tanto lontana che
nulla vieta possa giungere davvero ai tempi di Abramo.
- 307 -
Mi sia permesso di passar sotto silenzio · questo lato della
questione, poichè non saprei strapparmi alla inevitabile sugge­
stione dell'argomento e temo che finirei con far la figura dell' in­
genuo e dell'esaltato. Vuol dire che ci contenteremo della tanto
prudente ipotesi dei filologi moderni, i quali ci insegnano esser
il Sepher una composizione dell'epoca di mezzo, e rigetteremo
da noi con orrore anche l' ipotesi pur contrastata di un R. Akiba
revisore e trascrittore di una dottrina arrivata oralmente da Abramo
fino a lui e fissata sulla carta per tema che nella dispersione ve­
nisse a spezzarsi la catena iniziatica. Ho detto che la respingeremo
con orrore, perchè altrimenti le supposizio�i più pazze si affacce­
ranno alla nostra fantasia, che, richiamando inevitabilmente i ri­
cordi di Pitagora e della sua scuola, potrebbe arrivare fino a cre­
dere stil serio che il filosofo italo-greco sia davvero stato a scuola
nell'Oriente ; o, peggio che peggio, a supporre non impossibile
una azione diretta del pensiero umano sul mondo fisico e anche
su quello metafisico.
No, tutto si spiega, è evidente, in modo più agevole; Gli ec­
cessi del ritualismo e del legalismo - cito Edmondo Fleg - nei
quali erano cadute verso il vn secolo le comunità ebraiche dove­
vano fatalmente produrre una forte reazione mistica. Ne volete la
prova? 1:,a troverete in quello che in identiche circostanze accadde
un millennio dopo nel fervore della lotta fra gli ortodossi e i Cas­
sidim. Anche i Cassidim accordarono al sentimento religioso una
importanza infinitamente più grande che alla conoscenza ed alla
patica della Legge, e anche essi insisterono sull'onnipresenza di
Dio, praticando per mezzo della preghiera e di un allenamento
psicologico speciale l'estasi che permette ali 'uomo di entrare in
comunicazione diretta con la divinità, riprendendo così dalla Cab­
baia la credenza secondo la quale ogni atto umano può avere ri­
percussioni nelle sfere elevate del mondo divino, potendo l'uomo·
puro e giusto, lo Tsaddik, agire sulla volontà divina mettendosi
quindi in grado di modificare il corso normale degli avvenimenti
naturali.
Cosi si fa presto e comodamente I Il curioso è che la rea­
zione in parola ci fu, ma alla rovescia, e rappresentata dal Ca­
raismo !
- 308 -
Io confesso che nella mia ignoranza di empirico della filologia se­
mitica non me la sento di trattare così alla buona un libro del
quale è stato scrirto :
« Il Sepher Jetsirah è una scala di verità. In esso vengono spie-
gati i trentadue segni assoluti della parola, i numeri e le lettere;
ogni lettera riproduce un numero, un'idea, una forma, nella stessa
guisa che i concetti matematici si applicano alle idee e alle forme
non meno rigorosamente che ai numeri, con una proporzione esatta
e una corrispondenza perfetta. Per la scienza del Sepher Jetsirah
lo spirito umano è fissato nella verità e nella ragione e può ren­
dersi conto dei progressi possibili all'intelligenza per mezzo delle
evoluzioni del numeri. Lo Zohar, genesi di luce, rappresenta la ve­
rità assoluta, il Sepher Jetsirah insegna il modo di afferrarla, di
appropriarsela, di farne uso».
Non dirò di chi sono queste parole, perchè le suppongo no­
tissime ai lettori di « Atanòr • e piuttosto concluderò con le espres­
sioni stesse con le quali fin daU' inizio il Sepher riassume tutto il
proprio insegnamento :
« Dieci Sephiroth senza niente ; la loro fine è confitta nel prin­
cipio e il loro principio nella fine, come la fiamma é legata al car­
bone ardent'!_. Sappi, giudica, medita : il Signore è unico e il For­
matore unico. Niente viene dopo lui..... e prima del/' Unico che cosa
potresti porre?•,
ricollegandole a quelle con le quali l'opera • termina :
« E quando fu pervenuto a ciò Abraham nostro padre, a lui
la pace, riguardò attentamente e osservò e investigò e separò e
tagliò e incise e operò con la mano sua, e fu rivelato a lui il Si­
gnore di tutto, il suo nome lo benedice in eterno, ed egli lo accolse
nel seno, lo baciò sul capo, e lo chiamò amico suo e fece alleanza
con lui e con la discendenza di lui in sempiterno, secondo quel che
è detto : Ed egli credette in jHVH e ciò gli fu imputato a giustizia •·

SAVINO SAVINI.
- 309 -

L'ARISTIA DEL CRISTO


« a Edmea C.
• per il colot·e sidereo del suo ,wme .,.

Designeremo, come testo del presente sermone, il Discorso


della Montagna. Anche il più untuoso pastore dovrà riconoscere
felice la nostra scelta ed edificante il tema proposto. Per ciò che
ci riguarda, possiamo benissimo immaginare che il Discorso sia
stato tenuto su un grattacielo newyorkese da un Cristo di colore
- d'un bel colore d'ebano, come deliziosamente ha deliberato un
recente congresso.
Ma questo Gesù, un eretico giudaico di dubbia originalità,
acquista ai nostri occhi, appunto per l'umiltà dei suoi mezzi, un
pregio singolare nella scoperta della vita beata.
Non è tanto la prima parte del Discorso che ci interessa ; no­
tiamo tuttavia che, già nell'elenco delle beatitudini, uno spirito non
prevenuto deve riconoscere la predicazione del dominio ( « possi­
debunt terram •) e di una spirituale aristocrazia ( « filii Dei voca­
buntur •), in nome della forza, naturalmente spirituale.
« Beati mites •, « Beati pacifici • : non sono imposizioni nè
comandamenti. Sono constatazioni, osservazioni che hanno valore
in sè e per sè, come norma di vita pratica. Gesù non promette il
cielo ovvero una trascendente redenzione ai miti ed ai pacifici :
garantisce ad essi precisamente la potenza, e nella potenza la pace,
sulla terra � tra gli uomini. Ciò che alla lunga vince, ciò che per­
dura fino a superare ogni tempesta, è precisamente la forza con­
tenuta e quasi rassegnata del mite, che non si scoraggia nella
sconfitta, che non indebolisce attendendo, che non ha velo d'odio
e di violenza se guarda cercando la sua paziente strada.
L'osceno sport della boxe ha insegnato ai contemporanei bar­
bieri che la forza dell'atleta non consiste tanto nella violenza del
colpo quanto nella capacità d'incassare. Orbene : il mite è preci­
samente l'incassatore nel piano spirituale. Non è un debole e non
è un umile : la sua volontà non si esaurisce nello sforzo dell'attimo,
la sua potenza non è solo nello swing energico ed istantaneo. È
- 310 -
più forte Ja catapulta o la muraglia che resiste ai s.ioi colpi? è
più forte il violento od il mite?
Non facciamo confusioni: non depraviamo il mite a modello
proponibile per tutta l'umanità. La mitezza, appunto perchè forza,
è di pochi e per pochi : la mitezza senza sforzo senza martirio
senza rancore. Predicata al popolo, alla massa dei fedeli, non è
che un modo per dominarli, di averli sempre pronti e proni ali' im­
posizione d'un tiranno. Ma non era questo l' intento del Nazareno.
Egli proponeva una vita d'eccezione: non la via comune, non la
strada maestra del mondo umano. Non intendeva certo dissolvere
la società e porre fine alla vita unanime del gregge bipede, quando
imponeva l'abbandono della città e della famiglia, dell'opera quo­
tidiana e della quotidiana viltà a chi volesse seguirlo : non tutti
potevano seguirlo, solo da pochi voleva essere seguito. Era il suo
un modello di vita ideale, possibile ai pochi : vita per gli eletti,
per i nobiii. Tale è la vita cristiana, la Freiheit eines Christen-Men­
schen : e non può essere altra.
Così la mitezza non sarà qualità del pecorume, ma divisa
ideale dell'aristocratico. La plebe urla e si dibatte sotto la violenza,
e spesso prorompe in pietosi tentativi di rivolta. Il saggio - saggio
to pnelimati - cammina duramente da solo la sua dura strada : e
come il Matho di Flaubert, arriva, piagato ed ancora forte, battuto
e non sconfitto, a contemplare gli occhi iridati della sua ideale
Salammbò.
V'è dentro di lui (tanto dentro che non lo si può raggiungere
per quanto gli si frughino le carni con una lama) un dominio in­
tangibile ed austero, donde partirà, in un giorno pi,ù lontano di
ogni speranza d'uomo, la sua riscossa ideale. Egli ha atteso : il
sangue non è che devastazione carnale, le piaghe non sono che
solchi soidi nella carne cieca, quando lo spirito non si dibatta nè
riceva il tormento. E questo spirito alacre ed intento, lo spirito
dell'uomo che cammina solo nel deserto delle case e delle città,
resta ritto ed intatto a capo del ponte, quando la furia degli as­
salitori è passata oltre, senza accorgersi che il Coclite ideale non
era stato abbattuto.
Ma tutto questo, è facile e piano. Anche la dura pedagogia
d�ll'incassamento morale ( « Si quis te percutit in maxillam, praebe
e1 et alteram », ecc.) è cosa comprensibile agli uomini. Non che
-31l -

essi l'abbiano mai seguita : Cristo ha .creato rassegnati, umiliati e


dall'altro lato, tiranni: non ancora i suoi miti, quei pochi che pos­
sono essere il sole della terra ed il senso dell'umanità.
A questo si sono fermati i tenhtivi di applicazione dell' inse­
gnamento cristiano. Tant'è vero che uno dei tanti testicoli di [eheu
ab angulo /] religione che stanno pullulando per le SS. Scuole del
bel R�gno d' Italia si ferma alle Beatitudini : dopo averle elencate�
con una freddezza ben attendibile in un testicolare per denaro,
non osa nemmeno citare l'insegnamento successivo, l' imposizione
mistica, il comandamento etico veramente sovrumano, cioè sup,e­
riore alle forze del bestiame, riservato come criterio discriminatore
a chi sia capace della Vita Seconda.
Non rompiamoci Panima con testi d'appoggio, con prove sus­
sidiarie : affrontiamo in pieno il senso preciso e letterale degli ul­
timi versetti del cap. VI di S. Matteo, e ricordiamo (per i buoni
cristiani, se ne esistono I) che il Discorso della Montagna finisce
dkendo che solo chi mette .in pratica (cioè chi esegue fedelmente,
ad literam, i comandi di Dio) avrà il cosidetto Paradiso.
« Ideo dico vobis ne soliciti sitis animae vestrae quid mandu­
« cetis nec corpore vestro quid induamini.....
« Quis autem vestrum cogitans potest adjicere ad staturam
« suam cubitum unum ?.....
« Nolite ergo soliciti esse, dicentes : Quid manducabimus, aut
« quid bibemus, aut quo operiemur ?.....
« Nolite ergo soliciti esse in crastinum. Crastinus enim dies
solicitus erit sibi ipsi: sufficit diei malitia sua •.
Fratelli nello Spirito, compagni nella desolazione del mondo,
riflettete I

Non v'è un'alba simile all'altra, e la speranza di· oggi già non
è più la speranza di ieri. L'anima si colora del colore del tempo
� della vita nuova che misteriosamenw si prepara per il suo dopo
ignoto.
Cosi una meravigliosa fertilità gli fiorisce da ogni attimo pie­
namente vissuto. Vissuto per ciò eh� è, per tutto ciò che vale :
non. come preparazione, hon come conseguenza ; ma pieno e piano
- 312 -
in se stesso, esaurito nella contemplazione del mondo present
nella meditazione della verità suprema che vive in ogni mome:te
0
del pensare.
Quanto poco lo spirito sia presente a se stesso, è appunt
mostrato dalla cura del domani. Domani, è una parola, o poco più�
certo, un' immagine astratta, avulsa dalla vita vivente, sognata (no�
pensata) giù per i torbidi declivi della Schwii.rmerei sentimentale.
Non v'è scienza del domani, e sopratutto non v'è moralità, in senso
assoluto, ove si considerino le conseguenze anzi che la delibera­
zione e l'atto in se stesso, per se stesso, con tutto ciò che esso
racchiude ed implica nell'effettuarsi.
La vita è in realtà tale infinita ricchezza che da sola (nuda e
pura, vaso di perfetto cristallo anche senza un vino che innebbrii)
basta alla felicità d'un uomo. Che appunto per esser .allzumensch­
lich, troppo umano, vizia e deturpa la vita vivente per la vita da
vivere ; e mentre, per sorbirne tutta la delizia, dovrebbe assorbirsi
nell'attimo, lo trascura assediato di paure e di speranze d'un do­
mani che forse non verrà. In fondo, ogni momento della nostra
vita, se fosse possibile viverlo, ci strapperebbe l' incantato grido
di Faust:
« Verweile doch, du bist so schon I ,.
Faust non è giunto, dopo una vita di lotta e di torture, a dare un
contenuto nuovo e trasumano al presente : è riuscito soltanto a
vivere integralmente un momento, un momento qualunque, « con
tutto ciò che esso implica ». Nulla di più, ma neanche nulla di meno:
nulla cioè della vita vivente che sia sottratto e sacrificato alla vita
ventura.
È di comune esperienza la singolare limpidezza delle gioie
passate in confronto alle gioie presenti. « Quanto avremmo dovuto
godere I " E perchè ci è stato impossibile? perchè ci sarà impos­
sibile nelle gioie future, sempre impossibile?
Perchè la nostra nequizia e la nostra debilità vuole eternare
la contentezza istantanea, e già mentre sopraggiunge la delizia,
si studia di prolungarla : e le appare singolarmente vuoto e scarno
il futuro, in cui la gioia sarà finita. Ovvero, prevede il contrac­
colpo, presagisce mali inevitabili e mali immaginari per scontar�
la presente felicità. Non v'è che un modo di godere, ed anche dt
patire, dell'oggi per tutto ciò che veramente l 'oggi vale : non pen-
- 313 -
sare al futuro. Più si riflette, e più si vede impossibile altra solu­
zone che non sia la liberazione dal futuro.
Compito più che umano, compito veramente degno di una spi­
rituale aristocrazia che d'umano non conservi che la forma caduca
pur avendo già un piede oltre la soglia dell'Assoluto poichè la
preoccupazione del domani non è che l' incidenza animica della
Wille zum Leben, dell' istinto di conservazione annidato insidiosa­
mente nella carne. È la maledizione materiale che perseguita l'uomo,
Hylas anche s'è Philonous ; e che solo in una dionisiaca palinge.
nesi, preparazione alla Vita Vivente dello spirito può trovar tregua
e redenzione. Poichè l'adepto porterà la sua carne come un abito
logoro ed indifferente oltre la soglia del santuario : si che, pur vi­
vendo nella carne, non vivrà secondo la carne, nel suo basso istinto
di prosecuzione melmosa ad ogni costo: ma vivrà nell'attimo dello
spirito ch'è Vita, « Vita nella Vita, la maggiore nella minore e tutto
entro lo Spirito di Dio •.
E così acquista tutto il valore etico ed eudemonologico im­
plicito l' insegnamento di S. Agostino, apprezzato finora solo dai
rivenditori al minuto della scintilla prometea (i. e. psicologi). Per
l'uomo esiste presente, passato, futuro : per Dio, non esiste che
l'attimo che è eternità. E l;eternità non si vive che come attimo,
dove non c'è futuro nè passato chè l'eternità è tota simul.
Cosi la vita proposta dal figlio del Carpentiere è in realtà vita
sovrumana, la beatitudine degli eletti o meglio degli iniziati. Fin
qui, Cristo insegna esotericamente la felicità dei pochi. Ma solo
in questo stato teofanico dove l'aristos trova la beatitudine, sarà
possibile anche un'etica, un imperativo perfettamente categorico,
la condizione morale della palingenesi dianoetica.

« arketòn te eméra e kakla autes •· E quella KAKlA la si può,


la si deve intendere in doppio senso, eudemonologico e mo.rate :
questo vien provato chiaramente da tutto il contesto.
CosJ risorge, per vie misteriose, quella che i moderni filosofi
amano indicare come la deficienza etica del pensiero pagano : cioè
la fusione (o confusione?) tra felicità e virtù, tra sommo bene e
sommo buono. Inutile ripetere cose note lippis et tonsoribus, e rie­
vocare il pensiero dello scrittore del Critias, per cui saggezza e
- 314 -
. sono tutt'uno, in una forma di vita
sap ie�za e pote;za e felicità
im plicita nel Cristianesimo per la
superiore. Ques a unione' già uomo moraI e, qui. non è
beatitudine paradisiaca promessa all' o e col valore pagano ipo-
stasata ma permane appunto col sens nella
vita presente. .
Kakia' malitia : il male ed il p eccato, la sofferenza patita e la
sofferenza inflitta ad altri è inevitabile. Ma non occorre compli­
carla ed approfondirla distendend_ol� nel tempo, nel p�ssato_ e nel­
l'avvenire. Nen c'è ragione plaus1b1le perchè questo s1 faccia, ed
il p eccato di oggi sarà redimibile soltan_to se è u� peccato, senza
essere anche, protundendosi al futuro, vita peccaminosa.
Chè l'azione morale acquista valore, ha una norma solo in
quanto è decisione : cioè momento puntuale dello spirito. Si sa
bene di che siano patrimonio il se ed il ma. Cosi la volizione non
f1.a condizioni che ne possan mutare il pregio, non ha possibilità
a venire per cui ne cambi la stima. Dall'azione presente può uscir
bene ovvero male per il prossimo, ma non ci è mai possibile pre­
vederlo esattamente. Appunto per ciò le conseguenze distese nel
tempo non contano, nella valutazione: l'atto vale per l'animus con
il quale vien compiuto mentre si compie, ed il suo avvenire è sulle
ginocchia di Zeus. Ogni moralità, che sia degna di questo nome,
è strettamente immanente ; e non esce dal soggetto che vuole.
Fuori di lui, vi sarà vita sociale, possibilità storiche e river­
berazioni utilitarie: non v'è più valore etico. E qui, riprendiamo
fuori dal cassetto la pigra ma granitica sapienza di Kant ; la mas­
sima morale non si esprime: « Tu devi per...... , ma: e Tu devi
perchè devi •. Stop, e a capo: l' imperativo esteso alle conseguenze
dell'atto è imperativo ipotetico. Però esser religioso : non è morale.
Di più c hiaro, di più evidente che questo, non esiste che « La
.
vispa Teresa •· Che però non è dottrina filosofica...

Noi temiamo di non esser stati abbasta


nza convincenti. Ma il
lettore che desideriamo rimedierà
alla nostra deficienza ed alla
nostra fretta : queste supreme ver
ità, le predicheremo ancora ed
�ncora. Questo è soltanto il prim
o tentativo e non ci sentiamo di
m � ulcar la verità con una ma
zza ferrata nel' duro cranio del be­
st1ame umano • abb•am• o voce tenue e forza poc
a, e solo u n 'ala•
- 315 -
crità rara ed una profonda saggezza può udirci e perfezionare it
dettame. Non intendiamo di fondare una setta nè una setticemia
politica: siamo soli, e ci resteremo.
Ma prima di chiudere, ricordiamo che il terzo Crocifisso del
Golgota ha indicato anche la conditio sine qua non per questa
ascesi iniziatica. « Nolite thesaurizare vobis thesauros in terra :
ubi aerugo et tinea demolitur, et ubi fures effodiunt et furantur.
Nemo potest duobus dominis servire: aut enim unum odio habebit
et alterum diliget ; aut unum sustinebit et alterum contemnet. Non
potestis Deo servire et mammonae ,. .
Non potete servire lo Spirito ed il denaro. Non potete vivere
per la luce ammucchiando carbone per esser certi d'aver fuoco
domani.
Aver timore di domani, esser « solleciti nell' anima » di ciò che
mangeremo e di ciò che vestiremo, impedisce· ogni libera medita­
zione, ogni sapienza che sia veramente trasumanazione.
Il sangue chiama sangue ed il denaro vuole denaro. Basta che
guardiamo, oltre il bisogno dell'ora che passa, al bisogno dell'ora
che verrà, perchè si chiuda sopra di noi una pesante volta di paura
e di preoccupazione: e il domani sicuro chiamerà il pensiero della
carriera, e non vi sarà un punto al quale, nel presagio, arresteremo
il nostro curriculum vitae, ma vivremo sempre preparando il do­
mani, vivremo più per assicurar l'avvenire che per godere la vita
presente: come se dovessimo vivere in eterno, con questo gramo
corpo, nato inter faeces et sanguinem e nutrito di feci e di sangue.
Il pescecane, lo speculatore non fanno che condurre alle estreme
conseguenze la vita comune : lavorando e penando per una ric­
chezza tanto oltre i loro bisogni possibili, presenti e futuri, da farci
capire in che orrenda schiavitù essi affondino. - Ma tutti siamo
schiavi di simile assurdità. E teniamo acceso il fuoco prometeo
solo per scaldarci la pappa per il corpo.
e È impossibile fare altrimenti ! • - Ne siete ben certi? o siete
soltanto vili ? Non è cosa da tutti : chi ci arrivasse, sarebbe il sale
della terra. E basta cosi poco sale... « Voi siete la luce del mondo ».
E basta una luce sul monte.
Gesù sapeva che sarebbero stati pochi, ma forse non sospet­
tava che non ve ne sarebbe stato uno. Ed il suo presagio si verifica
instancabilmente: « Quod si sai evanuerit, in quo salietur ? ad ni-
-3t6 -
r foras �� conculcetur... » È quet
hilum valet ultra, nisi ut mittat�t sale spm tuale? dove sono i POChì,
quel che succede oggi : dove � i
è una s era
ad illuminare la terra? Ormai, la_ te_rra . Ed 1� ed�scur� che r o.
tota insipientemente per gli s�az1 s1 derah. � 1centt iniziati,
i figli dello spirito fanno carnera e radun a no soc ietà e fanno c o
n.
ferenze : la Besant arricchisce con le sue conferenze e lo Steiner
ha potuto fabbricare un tempio, una casa sicura e perenne per.....
si, per lo Spirito I I
« È possibile fare altrimenti? ,. - Vi risponderò domandando
se credete possibile vivere, o s'è invece necessario, inevitabile
morire. Morire della second a morte : e « quis vos servet a morte
secund a?,.

Una notte, eravamo su una strada dell'Appennino toscano. Le


stelle pendevano sui castagni, e d un vento leggero scendeva dal
cielo a cancellare le orme. Sentivamo avvicinarsi un passo lento
e sicuro: attendemmo. - Usci ad agio d all'oscurità una figura, come
ancora se ne trovano per certe strad e, poco frequentate, verso le
montagne sospese al cielo e lungo le spiaggie assediate dal mare.
Cencioso e lercio, camminava sicuramente, posando bene il pied e
e guardando avanti. Si fermò, e chiese, con una voce stranamente
arrugginita, una sigaretta. Gliene offrimmo due.
« No, grazie: basta una I ,.
e Ma per dopo ... ,.
« Oh, troverò un altro I »
« Dove andate ?,.
e Verso là... ,. ed accennò vagamente la strada che si snodava
salendo.
« Ma dove d ormite, stanotte ? ,.
e Non so... Ancora non ho sonn
o ... ,.
. Si toccò il berretto, e prose gui, gustando
a larghe boccate la
sigaretta e guardandosela fra le dita come
un i naudito tesoro.
Restammo a lungo, inseguendolo con lo sgu
ancora, nel nco _ rdo, ardo. Ed oggi
guardiamo verso il vagabon do d'una notte lon·
�· Qua n�i altri pas sano instancabilmen te p er le stra
�:8 1
ca de del mondo?
?I end i n o O rubano, lavorano o dormono secondo il bisogno
de1 giorno e le necessità del
tempo. Di poco hanno bisogno chè
-317-
di molto possono far senza. E tutti hanno negli occhi una pace
che noi non conosciamo.
Una nobiltà che ci è lontana, poichè, pur tentando le vie dello
spirito, il pensiero del domani ci incatena alla terra. Ed i vaga­
bondi, senza aver ancora un'alba spirituale, sono già separati dalla
carne, sono liberi...
Non abbiamo dimenticata la lezione appresa in una notte lon­
tana, e la ripetiamo con queste scarne parole, poichè non possiamo
seguirla, poichè non ne vediamo· che l' infinita poesia e le sublimi
possibilità ideali. Non possiamo, non osiamo viverla.
Ma sappiamo che di fronte agli oscuri Ahasveri, la nostra as­
setata ricerca vien ritardata da una palla di piombo che tolJeriamo
alla nostra caviglia. E sulla palla sta scritto : Domani.
Però, non abbiamo pretese. Non speriamo una palingenesi. E
la storia del cristianesimo, al confronto deJla pratica cristiana d'un
bohéme, ci appare una pietosa miseria. E v'è stato chi ha osato par­
lare di una « imitazione di Cristo I .,.
Nemmeno il Poverello d'Assisi ha capito fino in fondo : ed ha
fondato luoghi, ed ha assicurata la vita ai mendicanti...
Mentre Cristo sapeva, ed insegnava, che l'avvenire dello Spi­
rito è affidato all'uomo, solo e nudo sulle grandi strade.
MARIO-MANLIO ROSSI.
- 318 -

IL PAT RIOT TISMO


DELLA MASSONERIA ITALIANA

NelJa stampa di parte guelfa seguita ad imperversare contro


la Massoneria una feroce campagna, iniziata dalla « Civiltà Cat­
tolica • del 2 Agosto decorso ; campagna la quale, auspice Fed er­
zoni, prelude alla proibizione in Itali� delle Società Segrete, ad
eccezione beninteso di quelle cattohche governate da stranieri
(Compagnia di Gesù, Dame del Sacro Cuore, Cavalieri di Co­
lombo...) le quali non destano la menoma preoccupazione nell' iper­
sensibilità nazionalista dei nuovi custodi e paladini .d' Italia.
I gesuiti, ben sapendo che il dipingere i massoni come nemici
della religione ed adoratori di Satana lascia discretamente scettici
ed indifferenti i seguaci della « religione dominante > e che nes•
suno crede più una buccicata della farragine di accuse a base di
sozzure e di turpitudini periodicamente lanciate contro la « setta »,
preferiscono oggi speculare sopra i sentimenti patriottici per aiz­
zare i gonzi contro la Massoneria.
Dopo avere, per decenni, fatto dei massoni i principali respon­
sabili dell'unificazione d' Italia e della· caduta del potere temporale
dei papi, oggi, con una disinvoltura incredibile, han rovesciato
tutte le carte, e si accaniscono contro la Massoneria dipingendola
come un pericolo naziolale, come un covo di malviventi al servizio
dello straniero. Noi non vogliamo entrare in questo dibattito po­
litico ; ma non possiamo astenerci dal deplorare che per passione
di parte ed odio di religione si alteri di proposito la verità. Eppure
per gli spiritati della politica, e p�r quelli di parte guelfa in par­
ticolare, il sommo dell'abilità si riduce all'arte della falsificazione
senza limiti e senza pudore.
Per accusare la Massoneria italiana di mancanza di patriot­
tismo e di asservimento allo straniero come hanno fatto e fan no
i gesuiti e� i l?r� amici e vassalli na�ionalisti, bisogna essere ap·
punto degh artista della falsificazione. False
e ridicole le ostentate
- 319 -
pre0ccupazioni per il segreto massonico. La Massoneria, a testi­
monianza autorevole del Keller e dell' Hughan, non è una società
segreta.. E le sette segrete, vere e proprie, oggi, si può dire che
non esistono in Italia. Sola eccezione i gesuiti e derivazioni. Ma,
se a maggior gloria del dio asiatico, del dio « senza muscoli •, ed
a servizio dell' internazionale gesuitica,. seguiterà ad imperversare
un partito che si è chiamato « nazionalista » a meglio nascondere
la sua intima natura antiromana, e che assegna all'Italia la sola
fnnzione di servire la messa ed il Vaticano, allora è prevedibile
che le società segrete, veramente segrete, alla cinese, di cui è
ignoto capo, sede ed esistenza, sorgeranno anche in Italia. E la
società segreta più potente sarà una società senza nome, senza
tessere, senza matricola, formata dal solo vincolo spirituale che
va affratellando gli animi di tutti coloro che ricercano il vero al
di sopra di ogni_ pregiudizio e di ogni interesse, che non preten­
dono al monopolio del patriottismo, che non contaminano l'univer­
salità roma�a con la pseudo - universalità del vangelo di un pro­
feta ebraico, nè la sacrificano a rancidi principi ed ideologie tran:­
salpine.
Ma la vera ragi_one dell'accanimento nazionalista contro la Mas­
soneria non sta nella riprovazione del suo preteso antipatriottismo
e nell'orrore del segreto. È I' indelebile carattere iniziatico dell' i­
stituzione che turba i sonni dei gesuiti, è la paura di quel che può
divenire l'antico Ordine acquistando coscienza di questo suo ca­
rattere che spinge la Chiesa al rinnovato attacco. Ed è per questa
ragione che alle denigrazioni fatte a base di calunnie e di insulti,
risponderemo coi documenti e la prova di fatto.

Il Rito St3zzese e l' Unità d' Italia.

Il primo Supremo Consiglio del 33° ed ultimo grado del Rito


Scozzese Antico ed Accettato che si è costituito in Italia è stato
quello costituito a Milano il 5 Marzo 1805 per opera dei Sovrani
Grandi Ispettori Generali Calepio, Felici, De Grasse Tilly, Keller­
mann, Costabili, Renier, Alessandri, Pyron ed S. P. Vidal con pa­
tenti ricevute da De Grasse Tilly, Sovrano Gran Commendatore
del Supremo Consiglio di Francia. Come è noto il Supremo Con-
- 320 -
siglio Madre fu quello di C?arlestown costituitos� nel 1801 ;
ed
secondo quello di San Domingo. Il De Grasse Ttlly, torn ando il
i
:;, Francia appunto da San Domingo, fondò il Supremo Consiglio d�
Francia nel Settembre 1804; e quindi venuto in Italia dette oper�
alla costituzione del Supremo Consiglio d'Italia. Primo atto di
questo Supremo Consiglio fu quello di eleggere a suo. Sovrano
Gran Commendatore il Principe Eugenio, che fu come è noto il
Re del Regno d'Italia ricostituito. Però, mentre dalla giurisdizione
politica del Regno d'Italia rimase escluso il mezzogiorno d'Italia
il Supremo Consiglio del Rito Scozzese affermò sin dal primo mo:
mento l'unità d'Italia.
Infatti appena aperta la seduta sopravvenne il Generale d'Ar­
mata Conte Giuseppe Lechi G:. M. •. del Gr.·. Or:. stabilito pres so
la divisione dell'Armata d'Italia nel regno di Napoli e partecipò
« di essere incaricato di unire i due Grandi Orienti in un solo
e medesimo corpo .. per fare della Massoneria un unicù « centro
di luce .. in Italia. L'annuncio fu salutato da uno scoppio di entu•
siasmo ; ed il Supremo Consiglio costituì subito alla sua dipen­
denza una Gran Loggia Generale in Italia, di cui fu capo Gioac­
chino Murat. Quanto abbiamo riferito il lettore può trovarlo a pag.
29-30 del libro di Alessandro Luzio - « La Massoneria sotto il
regno italico e la restaurazioue austriaca • Milano 1918; e ri­
sulta dai documenti ufficiali del tempo con timbro a secco del
Supremo Consiglio in Italia ; ossia dal testo italiano . e francese
dell'«Estratto de' primi travagli della Gran Loggia Generale dell'Or­
dine R1e.•• della Franca Massoneria Scozzese al Rito antico ed ac­
cettato sotto la denominazione di O.·. O.·. in Italia. Dalla Stam­
peria del G.·. O.·. d'Italia, 5805,.
Che faceva in quel tempo, a favore dell'unità d' Italia, la Com•
pagnia di Gesù, cl:te tiene sotto la sua santa protezione il partito
nazionalista italiano ?

Garibaldi Sovrano Oran Commendatore del Rito Scozzese.


Colla caduta di �apoleone e del Regno d' Italia, cessò di esi·
st�re nel 1813 anche li Supremo Consiglio in Italia con sed e in
Mtlano. Tornati in Italia gli austriaci, ricaduta l' Italia sotto il do•
- 321 -
vassalli,· la
• • dello straniero, del Papa e dei loro satelliti e
lo meno
:;��oneria venne, se non intieramente abolita di fatto, per
proibita t! legalmente perse guita ta sino al 1859.
. .
Ed ora, che di nuovo tornano a comandare 1 preti, , corre 11
Fe­
pericolo di essere nuovamente soppressa. Il governo ��li On.
derzoni segue, come si vede, la stessa condott a polttt a
� � t nuta
dagli austriaci e dalla Chiesa di Roma. ln nome del naz1onal �smo
si agisce dunque come una volta si agiva rn nome ed a difesa
dell'Austria e del Papato. . .
Ma vediamo i primi atti della Massoneria apertamente ncostt-
�r. tuitasi • vediamo quale spirito la animasse.
N;I 1862, con patenti ricevute da un Supremo Consiglio del­
·so l'America del Nord, si costituiva a Palermo un nuovo Supremo
ò Consiglio del Rito Scozzese con a capo Giuseppe Garibaldi. Non
lo è difficile intuire con quali intendimenti sorgeva quc$tO nuovo Su­
o premo Consiglio presieduto da cosi grande italiano e massone ;
basta pensare che il generale Garibaldi indi a poco veniva fermato
ad Aspromonte, per impedirgli di andare a Roma, colle sue legioni,
al grido di Roma o morte.
Ed un altro Supremo Consiglio di Rito Scozzese, quello di
Napoli, in quel medesimo tempo, affermava \a necessità dell'unione
di tutta I' Italia, e di togliere Roma al Papa per farne la capitale
d'Italia. Bisogna notare che alla testa di questo Supremo Con­
siglio era il canonico Domenico Angherà, colto e benemerito mas­
sone ed ottimo italiano. Nella sua " Guida del Fratello Libero Mu­
ratore nei lavori di Maestro o 3° grado del Rito Scozzese Antico
ed Accettato per uso dei Membri della R. •. M. •. loggia La Sebezia
all'Or:. di Napoli. Napoli 1862 ", l'Angherà, deplorando la con­
fusione del tempo nella determinazione delle Giurisdizioni àei varii
corpi massonici di Torino, Napoli, Palermo, Firenze, affermava te­
stualmente: « I) che in ogni nazione, la società dei liberi muratori
appellasi, SOCIETÀ NAZIONALE (i cefalopodi antimassoni sono pre­
gati di prenderne nota) ; 2) che la Madre Loggia di ogni nazionale
società di liberi muratori, secondo gli Statuti Generali dell'Ordine
è _Jorzatamente sita nella città capitale della nazione ; 3} Che la
ca:
P1f�le �e!l'italica nazione è ASSOLUTAMENTE Roma ». Per queste
ragioni I Angherà negava a Torino, a Palermo ecc..... il diritto
di
rappresentare il G.·. Or:. italiano, e, considerando provv
isorie tali
Alanor
- 322 -
giurisdizioni, diceva: bisogna i,ztanto far voti, che il carissimo
«

nostro fratello e Gran Maestro della Società dei Liberi Muratori


italiani, Giuseppe Garibaldi, vada presto in Roma, ed allor a ogni
male inteso principio su questo particolare disaccordo sarà finito •.
Si può sapere, egregi signori nazionalisti che rimproverate alla
Massoneria il suo antinazionalismo, quaìi voti esprimev ano in co­
testa cone'oiuntura i vostri arnie: del cuore, gesuiti e... preti e frati
e cappuccini.. ... ? E perchè mai la vèech
ia canzone patriottic a cui
appartengono queste ultime parole proseg uiva dicendo sono avanzi
di galera... ? traducendo il pensiero in azione, il Gran Maestro Giu­
seppe Garibaldi, cui questa stessa canzo ne inneggiava, sc endeva
ancora in campo, sempre mirando a Roma, e combatteva a Men­
tana contro i francesi, i mer..: enari stranieri e gli svizzeri del papa.
Nelle file dei volontarii garibaldini l' « intern azionale massonica an­
tiitaliana > era invece rappresentata in queste e nelle precedenti
campagne da Stefano Turr ed i suoi ungheresi, dalla Blavatsky,
e da altri stranieri che, trascinati dal fascino di Garibaldi, e con­
forme alle direttive della « setta ,. vole van Roma per capitale d' I­
talia. Il colmo, è chiaro, dell'antinazionalità.

L'origin<l massonica del tricol.1re italiano.


":ra�ces�o �usani n�lla sua " Storia di Milano dall'origine ai
nostr, gwrm, Milano 1861-84 cap. VI, voi. V » sostiene che i co­
lori della bandiera italian a sono stati tratti dalla Massone ria.
È positivo che Luigi Zamboni nel suo tentativo di rivoluzione
a Bologna �el 1794 _adottò come simbolo il bianco, il rosso e d il
ver�e. O�a ti Cusam, proponendosi la questione di dove lo Zam-
bom abbia tratto questi tre coI on,• scarta 1, interpre

tazione s econdo
1a quale 1�. bian
.
co ed il rosso sono semplic emente i colori di Bo
­
°
logna ed ti v erde è il s'unb Io de1 la
s1• b asa sopra la popo1are •inter
s peranza '• interpretazione che
pretazione data molti anni (1831)
dopo d aI Berchet (Opere,
B an• 1911 voi. I_, pag. 99) ai tre colori
della bandiera ita �ana
r . .
phcand0 ar colon della ba ndiera italiana
un significato co r spond
e te a quel o_ dei color i simbolici delle
tre viitù teologa� � 5 sh? l
e e e e ssi erano in uso prima del 1794
presso i franco m�r:ton. � ? �h
0 ic e 11 Cusani :
-3� -
« /I famoso impostore Cagliostro, qualche tempo prima che
scoppiasse la rivoluzione in Francia, introdusse tra i Franchi Mu­
ratori la riforma, che intitolò degli Illuminati, dell'Alta Osservanza
0 del Rito Egiziano, e la diffuse anche in Italia. Fra le bizzarre
cerimonie prescritte per l'accettazione di un aspirante alla iniziazione
trovasi la seguente. la benda (posta sugli occhi) deve essere di
seta nera terminata in tre aie, ed avere qualche figura emblematica
alle estremità. Una di queste aie deve essere BIANCA, una ROSSA
ed una VERDE ». Ed aggiunge la citazione : « // Cagliostrismo sve:­
lato ; 1791, pag. 73 •·
Questa citazione non è esattissima. Essa infatti è presa dal
libro « Corrispondenza Segret<t sulla vita pubblica e privata del
Conte di Cagliostro, e gli arcani della setta degli Illuminati e Li­
beri Muratori. Venezia 1791 •, senza nome di autore, ma dovuto
alla penna dell'abate Compagnoni Giuseppe da Lugo, uno dei tanti
preti denigratori e calunniatori �istematici, che, non paghi d'aver
tolto la vita a Cagliostro, sentivano la necessità di distruggerne
anche la fama. Il 2° volume di quest'opera ha per titolo : « Gli ar•
cani svelati ossia il Cagliostrismo smascherato dove si dimostrano
i fonti del/' empietà della pretesa scienza occulta ", titolo da cui
traspare chiaro per quali motivi l'opera di Cagliostro turbasse i
sonni di tutte le fraterie. A pag. 74-75 di quest'opera è riportata
l' iniziazione dell'Apprendista servente, tradotta dal libro (non ci­
tato): • Les Frane Maçons ecrasés, suite du livre intitulé l'Ordre
des Francs Maçons trahi, trad. du latin, Amsterdam 1746 », libro
anche esso denigratorio e fantasioso, dovuto all'abate Larudan ;
libro che, nonostante l'affermazione del poco veridico abate, non
è affatto traduzione dal latino, e non è affatto continuazione ma
sibbene rimaneggiamento ed àlterazione del libro « l'Ordre des
Franc-Maçons trahi et le secret des Mopses révelé », la cui prima
edizione è del 1742, ed il quale, bem:hè attribuito all'abate Perau,
è effettivamente opera di un prete spretato pisano, Giovanni Gual­
berto Bottarelli, come rilevasi dalle Memorie di Casanova.
Questo libro di Larudan, ristampato nel 1747, tradotto in te­
desco nel 1746, in olandese nel 1747, ed in italiano nel 1793, con­
tiene due passi che interessano pel nostro proposito.
11 titolo dell'edizione italiana è questo : « / Liberi Muratori
schiacciati - Origine dottrine ed avanzamento della setta filosofica
- 324 -

. te _ O'Pera compo sta da uomo pratichissimo delle loug• 6 1e


ora domman
dall'ed izio ne dt
.
A m ster dum dal s·zg. A bat� Don Pietro
ora tradotta , conferma ta co� note relatwe �Ile
Mogas, sacerdote spagnolo E:rropa d a 1 8 zg. A ba te D . Pietro pre.
di Sa-
sentt. rtv• oluzioni e novità no co Il'aggw • n ta d' ,
l un appendice in
verw. Casseda' pomp ejop olita
A ss1::;1
• • 1793 ». Q . uesta versione
sostegno della cattolica religione - . :· I seg: e_ t z del "!assonismo
è identica a quella contenuta
nel libro :
cattoltct - ltalta 1793. La
svelati al pubblico per lume e cat:.tela dez
sola differenza sta ne! frontespizio; entra mbe portano la data del
1793. A pag. 140 di quest'opera [e corrispondeniemente alla pag. 169
dell'edizione francese del 1747], riportando le modalità cerimoniali
dell'iniziazione del fratello servente lèbero muratore, � detto: « E.a
benda con cui chiudono gli occhi dell'aspirante servente deve essere
di seta nera, di circa quattro diia di !ar_r.rlzezza, e tre braccia (AUNES)
di lunghezza : al termine di ogni braccio bisogna eh(! ci sia ricamata
qualche figura : la prima che sarà nell'mza delle punte deve essere
BIANCA ; la seconda lùnfana dalla prima un braccio, ROSSA ; la terza
a simile distanza VERDE; la quarta in fine dell'altra punta, bianca
come quella dell'altra estremità. Questa benda si mette con tre giri
e si annoda al di dietro della testa. Que::;te figure denotano la Giu-.
stizia e l'Equità colle qual[ un massone impiega la for.za, anche a
spese del proprio sangue, e di quello degli altri, coll'idea di assicu­
r�re· per l'avvenire la Pace, la Libertà e l'Eguaglianza. Qu�sto,
dtcono essi, essere l'ultimo fine della Società ».
Ed a Pl�. 161 delle due edizioni italiane [e 202 ddla francese],
nel « Catechismo del Fr:. Servente » ivi riportato:
« D. Con che vi avevano chius
' R. Con una specie di Zodiaco.
o gli occhi?
D. Quanti segni ha esso?
R. Quattro.
D. Di qual colore?
R. Il orimo ed il quarto sono .
terzo verde. btanchi, il secondo rosso, 1.1
�- Cosa esprimono queste figure ?
PaVtm . • Esse rappresentano queIle che hanno dtsegnato er me sul
ento alla mosaica. p
D. Cosa denotano · •
R,. Un ra mo d'olivoquesfl dive rsi colori ?
, ale per vo,,are ed una
bilancia.
- 325 -
D Di quale colore è questo Zodiaco ?
R. Del colore delle tenebre.
D. Chi vi a,eva chiusi gli occhi con • questo Zodiaco ?
R. Aletto, Tisifone e Megera.
D. Chi .e l'ha tolta ?
R. Nicanor. •
D; Pel potere di chi ?
R.. Pel potere di R. N. ed F. »
Nel libro dell'abate Compagnoni è riportato il primo di questi
• passi, e la parola aunes è scorrettamente tradotta aie : « la benda
poi che debbe essere di seta nera larga quattro dita, terminata in
tre aie..... ».
È probabile che l'abate Compagnoni non abbia direttamente
tradotto dall'edizione francese, che non cita, ma abbia invece at­
tinto all'opera : « Istituzione Riti e Cerimonie dell'Ordine de' Francs­
Maçons ossian Liberi Muratori. Venezia 1785 », di cui esiste una
seconda edizione del 1788 pure stampata a Venezia; opera che
contiene i due brani sopra riportati [pag. 41 e 51 dell'edizione del
1785; e 43 e 53 dell'edizione del 1788], ed in cui la parola aunes
è tradotta ate di misura.
Risulta dunque evidente che questa cerimonia, (se non è apo­
crifa), risale almeno al 1746 e quindi non ha nulla a che fare con
Cagliostro, co81i Illuminati, coll'Alta Osservanza ecc... Il Larudan
e tutti coloro che la riportano sono antimassoni, e bisogna fare
la tara alle loro asserzioni.
In ogni caso si tratta di cerimonia relativa ai fratelli serventi
e quindi di scarsa importanza filosofica. Essendo il passo tradu�
zione da libro francese del 1746, di carattere antimassonico, la
menzione che ne fanno i cinque libri italiani nel 1785, 1788, 1791,
1793, non prova affatto che la massoneria Italiana, e Cagliostro in par­
ticolare, costumassero tale iniziazione dei fratelli serventi. Co­
munque, essendo tutti i libri che abbiamo citato abbastanza dif­
fusi e non rari a trovarsi neppure oggi, l' idea, vera o falsa, che
l' iniziazione massonica si eseguisce bendando il profano con una
benda nera con le figure dell'olivo, delle ali e della bilancia rica­
mate sopra di essa in colore verde, bianco e rosso rispettivamente,
doveva grazie a questi cinque libri essere assai diffusa nel mondo
profano e forse anche nelle loggie del decennio pretedente al 1794 ;
- 326 -·

oss i·a prima che lo Zamboni adottasse i tre colori nazionali n e·i
. . ed è qum • d.I per lo men suo
tentativo di rivoluzione a Bologna '. o
. " che tali idea abbia determinat9 la scelta dello Zamb on?I. os.
SI.bI l" •
1 n• . pubbl"1cat·1 tra 11 1785 ed il E
la esistenza di almeno cmque l"b

1793
[invece dell'unico citato dal Cusam] che espongono la cerimon·
dell' iniziazione massonica colla be?da tricol_?re, rinforzerebbe ;:
tesi del Cusani, secondo la quale 1. tre colon fur�no proposti net
l 796 da alcuni capi della Massoneria come colon della repubblica
Cisalpina.
Alla fine del 1796 si formava la prima legione lombarda;. ed
i legionarii furono vestiti di panno verde, coi rivolti rossi e le tra­
colle bia'lche; sul tondo cappello portavano un pennacchio dai
tre colori. A questi Bonaparte, sulla piazza del Duomo di Bologna,
consegnava una bandiera bianca, rossa e verde, che così era vo­
luta dagli italiani, scriveva al Direttorio • (Luigi Carnevali - /l
• Centenario della Bandiera Nazionale - Mondovi 1892). In essa
sotto il berretto grigio, ricamato nel bianco, figura il caratteristic o
livello massonico, (cfr. Ghisi Enrico - Tricolore italiano - 1912).
Il 7 Gennaio 1797, il congresso dei Deputati di Ferrara, Bo­
logna, Modena e Reggio adunato in quest'ultima città, sanzionan do
la costituzione della Repubblica Cispadana, procla:nava propria
bandiera la tricolore.
Chi propose a questo Congresso il bianco il rosso ed il
verde fu.... l'abate Giuseppe Compagnoni, lo stesso abate che sei
anni prima scriveva contro Cagliostro ed i Liberi Muratori.
Verso la fine del 1796 « Compagnoni fu chiamato da Ferrara
alla carica di Segretario Generale dell'Amministrazione centrale...
fu poscia eletto deputato per Ferrara al Congresso di Reggio e
Modena, e subito divenne oratore parlamentare di grande efficacia ...
A Reggio, il giorno 7 Gennaio 1797, Compagnoni dimostrò che
un nuovo stato doveva sorgere dall'unione delle provincie cispa­
darye, e che ad esso spetta'4a un simbolo nuovo una bandiera sua ,
nazion�le, italiana, diversa da quella franc
ese. É propose il trico·
lore �,�neo, ro�so e verde che fu senz
a altro adottato ,. (Luigi Rav�
- Chz mve�tò zl tricolore - Giusepp
vis. e Campagnoni 1754-1834; Ri­
ta mensile. del Touring Club ita
liano - Ma rzo 1916).
Il Rava, m questo suo artic
min . arono olo non dice quali m otivi deter•
il Compagnoni a fare la pro
posta del tricolore ed il Con-
- 32'1 --

gresso ad approvarla. Nè fa alcuna menzione del passo relativo


alla benda massonica tricolore nel libro del Compagnoni.
Fu#il ricordo di questo particolare che inspirò tale idea a,lla
mente de1 Compagnoni, oppure fu la consapevolezza della popo­
larità già acquistata oramai dal 1794 al 1796 dai tre colori come
simbolo di italianità? Nel primo caso l'origine massonica del tri­
colore è evidente ; nel secondo bisognerebbe determinare da che
cosa fu determinata la scelta dello Zamboni.
11 Cusani rileva alcune circostanze che indicherebbero l' influ­
enza della Massoneria circa l'adozione dei tre colori : il silenzio
completo sopra l'origine di essi, e sopra i motivi determinanti la
scelta ; la prontezza e la concordia con cui furono accettati dal­
l'assemblea Costituente della Repubblica Cispadana come colori
nazionali già noti; l'essere stati decretati anche a Bergamo e Brescia
nel 1797, come colori nazionali, da quei governi provvisorii. « Tale
accordo, dice il Cusani, nelle provincie di qua e di là dal Po ed
in quelle staccatesi dalla Repubblica di Venezia, provincie che
avanti il 1796 avevano per unico nesso politico la Massoneria, fa
presentire l'azione di essa per troncare le divergenze che certo
sarebbero insorte sulla scelta dei tre colori. Aggiungasi che questi
furono detti nazionali fin dall'origine, mentre realmente divennero
tali soltanto dopo l' istituzione della Repubblica Cispadana ».
Come si vede la teoria dell'origine massonica del tricolore non
manca di elementi a suo favore. Ma, poichè la prova assoluta non
si è potuta rintracciare, i discepoli di S. Eusebio posson levarsi
il gusto, se vogliono, di raccontare che il tricolore italiano pro­
viene dalle tre virtù teologali. In buona fede, o per « fine nazio­
nale •, non mancano coloro che ingolleranno anche questa.

MAXIMUS
- 328 ....

YOGA ED ARTE
, fusione • ed è quel sistema in­
Yoga significa « unìficazione erso l'esperienza di migliaia e
i attrav
diano formatosi ed evolutos
irituali, pratiche f!si�he, co_nce�trazioni
migliaia di anni di esercizi sp fonde _f_orze mbme, d_i cm_ è ca­
psichiche che liberano le più pro
ma pm perfetta, al d1 là dt tempo
pace l'esistenza umana e nella for
dell' « Io » stesso ; astrazione
e spazio, portano alla liberazione
« Io » ad una sintesi intima,
questa che porta al di là del proprio
concreto della medi­
ad una fusione assoluta, prima coll'oggetto
o, cosmico, coll' Es­
tazione, poi, proiettato in un campo più vast
in diver.s.i modi
senza di tutto l' Esistente, fusione che si ottiene
stato di
secondo i mezzi che si adoperano per arrivare a questo
re
perfezione e fusione chiamato Yoga (Hata-Yoga p. e. per arriva
allo stato Yoga attraverso la respirazione... e. c. v.)
Non vogliamo qui nè dare una spiegazione del sistema Yoga
in generale, nè fare la sua storia, ambedue si presupµongono co­
nosciute almeno in quelle linee generali, che bastano per questo
studio ; si passa senz'altro a considerare il Yoga indiano e quello
occidentale nella sua relazione coll'arte e coll'artista.
I mezzi citati di sopra per ottenere il sopravvento su se stesso
�er arrivare al dominio della volontà e ad una concentrazione spi­
�ttuale prim�, �sichica dopo, sono simili a quelli che furono usati
1� Europa, md1pendente dall' India e dalle classiche pratiche Yoga,
sta attraverso la vera e propna . . . . (rosacroct. am,. tem-
• forma 1mz1ahca
lan. ecc. e�c.) _sia attraverso una forma che chiameremo « pro-

Jana ,. dagli artisti per arnvare .
• a d .
una .
fusione totale spirit o-ps 1-
. coll'o
ch1ca .
• . .
ggetto della 1oro 1sp1raz1one artistica Vogliamo porre
attenz1o . ne a questa forma profana
del sistema Yoga che portò
« incon�ciamente • 1.1 grande
' il « vero • artista. . un campo che
m
per la sua intima e s nza non_ �otrem
o non chiamare iniziatico.
Il vero artista : : n 1 !aft 5ic? incos
realtà empirica ma v a� :1 à ciente, egli si forma alla
l'e­
terno c_he si m�nifest: ne11e � di essa, egli cerca di afferrare
orme e negli avvenimenti di questo
- 329 -
mondo attraverso le rappresentazioni in parole forme colori e toni
arriva ad una rivelazione intima delle cose, visione questa che può
nei grandi artisti dell'umanità stare degnamente a lato della ri•
velazione filosofica e religiosa e nelle forme più perfette a 'quella
iniziatica.
Questa possibilità intima e quasi naturale dell'artista di af•
ferrare il supremo nesso delle cose, che poi si dissolve in una
fusione assoluta colla monade universale, è già riconosciuto dai
più antichi canti del Rigveda (I 164) « e Ram sad vipra bahudha
vadanti » (di nominare con più nomi quello che con uno solo chia­
mano i poeti). Ormai nelle piìì antiche poesie vediche si racconta
dell'artista che trova l'unico, l'eterno, chiamato Prajapati, che Pu­
rusha, che Brahman solo può dare, e che unicamente trova nel
proprio interno. Questa concentrazione per ritrovare questo « lo »
è stata racchiusa nel concetto primitivo, unicamente vero della «pre­
ghiera », nome che nulla ha di comune colla degenerazione nella
preghiera delle religioni semitiche, la quale ha raggiunto l'apice
della corruzione nella preghiera cristiana, che è sinonimo d'un'umi­
liante, egoistica invocazione d'elemosina.
In India si venne molto presto alla conoscenza che quello
stato superiore a cui porta la pratica Yoga, ha una grande somi­
glianza collo stato in cui si trova l'artista nel momento in cui ha
la « visione creativa » ; riconoscimento questo che portò a svilup­
pare una forma speciale Yoga, che nella sua ultimà perfezione non
ha nulla di dissimile, nè in qualità, nè in potenzialità dal sistema
puramente speculativo, spirituale del Yoga stesso.
Nella forma che chiameremo « artistica » del Yoga, l'artefice
si pone un soggetto sensitivo, lo medita, cerca la fusione con esso.
In questa meditazione egli dirige la sua attenzione sempre più con­
centrata sull'oggetto prescelto, astraendo da tutte le cose, sia ma­
teriali che spirituali, che sono estranee ad esso : la duplicità del
soggetto e dell'oggetto man mano va scomparendo per fondersi
in una vitalità nuova, indivisibile. Si arriva cosi ad una coscienza
nuova, che non ha nulla da fare con quello stato di esaltazione,
quasi di ubbriachezza, come molte volte fu chiamata da poèti e
pittori, artisti minori ; è in contrario una forma tipica di sobrietà
tutta nuova dove ogni cosa che si attiene al soggetto diventa
chiara, netta, attraver&Q ad una potenzialità di comprensione che
- 330 -
e profonde dell' ir-
div ino _ pro feti c o, in cui te forze inti�e
ha .del hbere ed attive. In
endentale diventano
raziona1e e po·i del trasc dell� c eaz1one nuova dal suo
nto pri n c ipia i_l distacco :
que sto mo me
r viv er e un a vzta tu f fa pr opria •
creatore « pe
. .
tes t� 1�d 1an o che t� !tegg1� que sta disci­
Riportiamo l'antico �
forma rehg10sa-ntuale • « Il cre­
_
spiritu ale nel la f10nta
plina psico-
dente recita il Dyama Mantram
: (una �o.r�ula dete_rminata di me­
ditazione) « descrive una determ
inata dzvzmtà per citare un deter­
forma genera coll potenza ta a
minato oggetto spirituale ed a questa i votivi. l'artista segue
dello spirito' egli offre le sue preghiere e don .. tu
e sprn ale sotto
.
questi precetti ma egli pone questa sua creazion
una forma visibile modellandola o diseg nand ola ».

Abbiamo un esempio convincente dell'uso di questa ccncen­


trazione e trafusione spirituale nel creare un'op era d'arte nelle in­
numerevoli statue del Buddho: non basterebbe certo l' ipotesi della
• copia od imitazione ,. per spiegare la strana rassomiglianza delle
linee intime e così sintetiche e perfette che abbiamo nel volto e
nella posa del Buddho, espressione questa che è una ben rara sin­
tesi d'un uomo ed ancor più di una dottrina ; perfezione che at­
!rave�so migliaia e migliaia di variazioni artistiche resta sempre
identica ed egualmente compita. Bisogna per giocoforza ammettere
che l'artista indiano che plasmava una statua ctel Buddha almeno
quelle più perfette e caratteristiche sia arrivato, per poter c'ompiere
tale opera, attraverso ad uno stato Yoga, ad una imedesimazione
nel Bu�dho e della sua dottrina. Le storie del fabbric atore di cam­
pane dt Tsung-Tse e quella del tagliatore di frecce (Cem RaraRarya
commento Bramasutra) non sono che due de1· p1·u.
cara ttens• t·1c1�
ep1s
• od"i toh I · dalla letteratura orientale che meo- t:. lio d'1 a lt n• con f er-
mano in forma se r c d" r
. '
o e I� � reparazione Yoga degli
artisti. Non è pur:�r�;an�;: :r •;alm1k1,
che sap end o a perfe­
zione la storia della stir e d" Ra
a voll e cercare la con cent razione
c per v �erlà con occhio pin
� te:no �?
I ptu grandi pensatori dell'O c
• d te han no espresso eguali co-
cetti, _frutto d'un assoluta fusi i� �
one ll �ssoluto e oll'ope� dell loro
a a
creaz,one; Byron dice «
Noi
Anima del tutto ci riempia dobbiamo vuotare,, perche la grande

coI suo Alito • mentre Goeth
lo stesso concetto in _
una forma più e esprime
poetica dic end o « chi è arri-
- 33i -
vato alta visione della Bellezza si è liberato da se stesso •. Se un
proverbio indiano dice � come l'amore diventa realtà per mezzo
dell'amante, la vita per mezzo del pensatore cosi la bellezza diventa
realtà per mezzo dell'artista •, J' India si trova col neoplatonismo
di Hsich-Ho ed in Occidente Dante, Goethe, Blacke, Schopenhauer,
ed una volta tanto anche Croce, si accordano nella convinzione
della presenza universale di tutto l' esistente e della fusione di
questo coli'Assoluto.

Molteplici, quasi infiniti sono i vari e delicati passaggi deUo


stato dell'artista tra il principio dell'astrazione dell'" lo ,. e la na­
scita, il distacco, la vita nuova ed indipendente dell'opera creata.
La potenzialità individuale isolata dell'opera creata vien sen­
tita nel suo effetto vitale anche dal profano che nel caso dell'ar­
tista del pennello e dello scalpello, al di là di ogni perfezione di
pura tecnica, la esprime profondamente dicendo : « il quadro e la
statua vive .:
L'artista nel più volte dei casi arriva allo stato Yoga (più o
meno perfetto) senza esserne assolutamente conscio, tutto compreso
dell'«arte• che in quel caso diventa qualche cosa di più che «arte»
nel significato profano della parola : l'artista giudica quale «arte,. lo
� stato nuovo in cui si trova e lo elabora unicamente in quella di­
re rezione, e sorpreso egli mira, proseguendo innanzi, la visione « ultra
artistica • che gli si presenta davanti, che si sviluppa in lui. Da ciò
deriva che molti artisti diventano pensatori, iniziati veri e propri,
e non creano più opere d'arte. Se nel concetto indiano « poeta e
vate • sono sinonimi di « ispirato ,.. cioè colui che ha e l'occhio
interno •, l'artista che si trova nello stato Yoga diventa sinonimo
di veggente, cioè d' ispirato.

Dalle considerazioni passate possiamo arguire che prodotti del


e vero • genio umano, quelli che imperituri restano al di là del
tempo, spazio e uomini, e portano ad un reale accrescimento della
coltura spirituale siano il prodotto di uno stato psico-spiritico che
potremo considerare come la conseguenza di uua yisione trascen­
dentale, iniziatica del cosmo. Oli spiriti magni • tutti • di ogni
- 33l -
iazione,
vettero cam mi ar per quella via dell' Iniz al di della
tempo do n � _ 1
are col e loro opere sopra di
Cono scen za p er a
Suprema a madre ,. .
esto misero gl ob o c he c:-,�:iamo • terr
qu
MARIO MORANDI

• -fstere alquanto sopra la. per cez ione dei rap-


Vale la pena d1• ms com e tn Ori
. e, è
ent trad
.
1-
iniz iati ca che
porh• tra ar te e sap,·enza ·
zionale anche in Occidente. nd
. .
o la c o nc_ez1o ne tradi-
Questo avvicin ame nto ha luog o, sec o
a p�es1a. La parola
zionale d'Occidente, specialmente nel caso dell ore, autore,
greca poetés, è un'antica variante di poietés, fabbricat
poeta; dal verbo poeln, poietn, fare, creare, produr re. I� �!�une
poche pagine, relative a questo argomento, premesse ali ed1z1one
di Venezia del 1564 della Divina Commedia (Dante con l'esposi­
zione di Cristoforo landino et di Alessand ro Vellutello - Ve­
netia 1564), intitolate: • Che cosa sia Poesia et Poeta, et della o­
rigine sua divina et antichissima ,. , è detto : « i Greci dicono poeta
da questo verbo POIN, il quale è in mez.w tra creare, che è proprio
di Dio quando di niente produce in essere alcuna cosa, e fare, che
è degli uomini in ciascuna arte, quando di materia e di forma com­
pongono».
E poco di sopra è detto : • Se in diligentia la natura dell'uno
e .dell'altro (poeta e p rofeta) investigheremo, non piccola similitu­
dine troveremo essere tra il poeta ed il profeta . Il perché i Latini
vol�ono, �he Vates detto a vi mentis, cioè da vehementia, et conci­
fattone dt mente fosse comune nom e e all'uno e
all'altro ».
Questa etimologia della par ola vate dov
v_�rr�ne_ ?on è corretta. Vate è voc uta a Servio ed a
e di etimologia incerta. e dai
p1u s1 r1ttene di pro venienza celti
ca. Il gaelico faidh prdfeta , il
got·, vo d s, forse n nato I'antt •mg. . .
conne ssi ad una radi' a
• v?od, msp ir ato, pare' che siano
rcep re, c
nel sanscrit o (ap )v:�� ' :t i ?�oscere , che figura anche
non pregiu dica però
a i n de�e. L. m� rtezz
a dell'etimologia
il v� ro e: antico sagm �
che è appu nto quello f1ca to della parola vate,
d' pr ofeta. Vat (cfr.
me nte uomo divino, � For cellini) è propria-
fati�ico che pre dic e cose future. Ed è perciò
- 333 -
quaI ch e C osa più di poeta. II concetto che
se ne' faceva Tacito•
1 a1·1ano d'oggi
zione che corre neIl' ·t
(Dial. 2) corrisponde alla distin
tra vate e poeta,
. . . . . Et me /ecete poetam
Pierides, sunt et milzi carmina, me qaoque dicunf
vatem pastores ; sed non ego credulus illis
cantava Virgilio (Verg. Egl. IX) facendo consimile distinzione.
Ad ogni modo l'avvicinamento dei due concetti avvenne.
Il vate, il sacerdote e profeta druidico, era anche poet� �er­
chè esprimeva in versi i suoi vaticinii ; il poeta per la sua tspira�
_
zione aveva anche qualche cosa di sacro, di trascendente; e qumdt
il vate era poeta, ed il pòeta talora anche vate. La poesia in tal
modo si e.leva spiritualmente.
« La poesia, dice il Landino, è una certa cosa molto più di­

vina che le liberali discipline », e la sua origine è « più eccellente


che le origini delle arti umane ». Ciò « si manifesta : perché il di­
vino furore, onde lzu origine la poesia, è più eccellente, che la ec­
celleTLlia lwmana, onde hanno origine le arti. Et che dal furore di­
vino proceda la /acuità poetica, efficacemente lo pruova Platone
nel libro che egli intitola Jone, per tre segni. Primo perché gli huo­
mini non imparano una delle altre arti, se non dopo lungo tempo,
senza il divino furore : ma i veri poeti, quali esso afferma essere,
Orpheo, Homero, Hesiodo, Pindaro_, nei suoi poemi, pongono certi
iudidi di tutte le arti, e segni ehe essi le intesero. Il secondo è che
injìiriati molte cose stupende cantano, le quali di poi cessato il fu­
rore appena essi medesimi, le intendono, come se non essi l'habbino
pronunciato, ma lddio per la bocca loro. Terzo che non i più pru­
denti huomini nè da teneri anni più eruditi son quelli, che divengono
migliori poeti; ma quelli, che sono spinti da furore come Platone
s�rive essere intervenuto ad Jone, et Tinnico Chalcidense, et a He­
swdo ,· et aggiunge questo Filosofo, che le Muse alcune volte inspi­
rano questo divino spirito ad huomini inettissimi : perchè vuole la
divina provvidentia dimostrarci, che i preclari poemi, non sono in­
ventione di filosofi, ma sono doni di Dio. Oltre di ciò afferma nel
�hedro, che nessuno benchè diligentissimo, benchè ancora eruditis­
�Lmo _sia, diviene poeta, se. non è concitato dal divino furore. Onde
e scrttto: EST DEUS IN NOBIS, AGITANTE CALESCIMUS ILLO ».
Il passo del Fedro cui il Landino si riferisce è quello dove
- 334 -

nd della musica, la bellissima arte per l


a qual
Socrate parla ° . . • La terza specie di mania ed invas m e s,.
d e • a ento è
scerne il futuro
1c
pure anime, e ommu

le t enere e ove/e e in
muse e 1!1.�fa
dalle
c
t re forme di poesia; si che or n
briale alle OdI eb·t,·allenlali antichi dà ammaestramenti a ando
1

ell:�­
'e innumera ' 6 de que l li na�·e�,_
o'""
,,- Col ui poi che va e picchia ali'uscw • de Ila poesia •
senza f urore
• ,
t�rl. b uon poe a solo per
di Muse,. credend o diven t are t arte, div enterà
o . si he oscu rata la poesia di lui savio da quella
po t a sc c c é
det� fiurenwt�t ,. • ,(Platone ' Fedr o XXII , trad
. . A cr i). . .
.
ciò, come osser va il an � mo, o efl so�t contro alla \
E per � f .
« i
. l .
uet udine degli alt ri scrt t fort, invocano aiuto divino, et non
�°::ano, et da divino furore pro c eden t e, il che, et Democrito, et
Origene, et Cicerone affermano . . Per, la qua� cosa non è meraviglia:
e i poeti sono an�ichissimi� c_oncwssiachè Dt� vo!le, eh! ab initi� i
suoi mist erii fosstno descritti a tutte le genti pe poeti. Il che in­
dusse cred() Aristotile a chiamare i poeti theologi ,. .
I grandi poeti come Virgilio e Dante, sono dunque non sol­
tanto dei letterati, ma dei profeti inspirati, dei veggenti, dei savii,
dei vati. Nel suo antico senso iniziatic o il carattere poetico di
un'opera implica molto più che non sia espresso dal carattere
poetico di un'opera letteraria moderna.
La poesia del • poema sacro », della Commedia veramente di­
vina, frutto dell' • alta fantasia ,. del vate fiorentino, è l'ultimo mi­
rabile esempio della perfetta fusione del1'artista e
dell' iniziato, pa­
rimente riconosciuta dall'Oriente e dall'O
ccidente.
Oggi, col progresso, Ja poesia si insp
che quell� di Elicona ; ed il sacro ira a ben altre fonti
no me di poesia serve ad indi•
�are_ le piu �retenziose banalità purchè scritte
hben, e perfino, eterni De in versi, rimati o
i, le « parole , in libertà.

A. R.
PRETI ED IMPERO

Nel centro di Roma, di fronte a Palazzo Chigi, si erge un'an­


tica e gloriosa colonna trionfale, dedicata dall' imperatore Antonino
ali' imperatore Marco Aurelio per i suoi trionfi sopra gli Armeni,
i Parti ed i Germani.
Su questa colonna, restaurata duegento cinquanta anni fa dal­
l'architetto Fontana, i preti, dominanti allora senza interposte per­
sone, sovrapposero la statua. di S. Paolo ; e, perchè non vi' fossero
dubbi circa i sentimenti che tale atto inspirarono, fecero incidere
sui" lato del basamento che guarda Palazzo Chigi la seguente in­
scrizione : Triumphalis et sacra nunc sum Christi vere pium Disci­
pulum ferens qui per crucis praedicafionem de Romanis barbarisque
triumpfzavit.
Traduciamo per comòdo di quelli che non capiscono o non
vogliono capire il latino: « Ora che porto il pio discepolo di Cristo
che mediante la predicazione della croce trionfò dei Romani e dei
barbari sono veramente trionfale e sacra •.
L'avere distrutto l' impero romano viene dunque consideratò e
proclamato gloria e benemerenza del cristianesimo ed in particolare
di S. P�olo, il greco ellenizzato discepolo del profeta di Nazareth
(Asia). Ed è a scherno, ludibrio e riparo dalla· romanità che la
�tatua del pio discepolo fu messa e sta in vetta della colonna. Per
constatare quali siano i veri ed immutabili sentimenti dei preti
verso l'Impero (quello romano, non quello dei gesuiti), l'On. Mus­
solini non ha dunque che da affacciarsi alle finestre di Palazzo Chigi,
munendosi, se ne ha d'uopo, di congruo binocolo.
L'On. Mussolini nel discorso del giugno 1921 alla Camera
disse (Il Popolo d'Italia - 28 giugno 1921): « Affermo qui che la
tradizione latina e imperiale di Roma oggi è rappresentata dal cat•
tolicismo ..... ; affermo che l'unica idea universale, che oggi esiste a
, e quella che s'Irradia dal Vaticano •. E nel discorso del 27
tpu egli ha detto : « Alfredo Oriani volle . morire col Cro­
�o a JJlmJJstrare che dopo le grandi parole dettate dal
- 336 -
Cristianesimo, parole cosi solenni, cosi universali non f11rono pili
dette sulla faccia della terra ».
Queste affermazioni concordano perfettamente colla tesi so­
stenuta dai nazionalisti, dai gesuiti e da tutta la stampa guelfa.
Contrastano invece colla tradizione imperialista ghibellina, di
Dante e di Machiavelli, coli' imperialismo pagano che noi e la Mas­
soneria del Rito Filosofico Italiano abbiamo riaffermato diversi anni
prima della guerra, quando molti, e non dei meno eminenti, odierni
imperialisti subivano I' influenza delle ideologie democratiche tran­
salpine.
L'iscrizione che abbiamo riportata basta da sola a demolire
queste affermazioni. Essa dimostra che il cattolicismo non rappre­
senta la tradizione latina ed imperiate di Roma, che I' idea cristiana
non è l'erede di quella romana, ammenochè non si voglia consi­
derare il cannibale come erede della sua vittima. Appropriarsi di
una parte della potenza romana e ritorcerla contro la romanità è
una singolare maniera di continuare l' idea imperiale romana. Ma
nella sincerità del trionfo i cristiani stessi si proclamano, non con­
tinuatori, ma distruttori e fortunati antagonisti dei romani.
L'idea cristiana, poi, non è affatto universale. Essa divide gli
uomini in due categorie : i credenti e i miscredenti. L'amore del
prossimo, la carità cristiana ristanno di fronte al pazzesco abisso
così scavato tra fedeli ed infedeli; ma l'odio, il fanatismo, l' intol­
leranza, la persecuzione sanno bene colmarlo. Universale era la
legge romana che si adeguava ad ogni tipo di uomo; non lo è
l' idea cristiana che pretenderebbe violentare la natura riducendo i
varii tipi di uomini al tipo unico del « mite Gesù ,. ; universale
era il paganesimo che sapeva godere ed esaltare le divine mani­
festazioni dell'universo, e non protestava piagnucolando contro
l'esistenza in questa valle di lacrime e profetando anche peggio
per l 'al di là. ( Ivi sarà il pianto e lo stridor dei denti).
Una politica imperialista basata sopra simili errori teorici non
può fruttare che errori. Il carattere di questa rivista ci vieta di sof­
fermarci sopra di essi, e non ci occuperemo quindi nè della biblio­
teca di Palazzo Chigi, nè dei francobolli per l'anno santo e per
San Francesco d'Assisi. Ma il riconoscimento dei titoli nobiliari
conferiti dal Pontefice è tale madornale errore dal punto di vista
- 337 -
iniziatico, e dal punto di vista imperialistico che non possiamo
fare a meno dal lumeggiarlo.
Il conferimento dei titoli nobiliari è infatti prerogativa impe­
riale. L'imperatore [unico nella concezione tradizionale imperiali­
stica] sovrasta a tutti gli altri nobili, re, principi, conti..... ; ed essi
esercitano un potere che trae, teoricamente almeno, la sua autorità
da quello imperiale. Un sovrano può quindi, come manifestazione
di effettiva sovranità politica nel territorio del suo stato, conferire
dei titoli nobiliari. Perciò riconoscere i titoli nobiliari conferiti dal
papa equivale a riconoscere la sua sovranità politica.
La nobiltà, per quanto ridotta a semplice questione di titolo,
è pur sempre un residuo imperiale. Una speciale educazione distingue
il nobile dal plebeo, e gli impedisce di commettere azioni ignobili;
la cerimonia con cui si armavano i cavalieri ha non pochi aspeHi
iniziatici ; dimodochè la nobiltà antica, del tempo delle crociate, ha
un valore spirituale, iniziatico considerevole, che non ha e non p�ò
avere la nobiltà moderna, specie quella del papa. Un riconoscimento
più o meno preciso di questo fatto spiega e giustifica il disdegno
e la fierezza tradizionale della nobiltà feudale. Parificare i titoli no­
biliari moderni conferiti dal papa a quelli antichi imperiali, è dunque
essenzialmente contrario allo spirito aristocratico,è ignobile nel senso
etimologico· della parola (absit injuria verbo), ed è sovvertire ia
gerarchia imperiale, naturale ed iniziatica. È un atto che non può
essere gradito alla nobiltà genuina. Ma fa piacere al Vaticano, cui
consente un più proficuo sfruttamento dell'umana vanità; e quando
una determinazione è gradita al Vaticano ogni altra considerazione,
evidentemente, è superflua.
Con simile criterio per soddisfare le (censura) voglie dei preti
e di tutti gli adoratori di un Rabbi, nato tra un bue ed un asino,
e morto tra due ladri, è stata concessa una nuova profanazione
del Campidoglio. E tutto questo lo si gabella per imperialismo
romano f
L'apologia dei valori spirituali non è stata che il paravento di
uno sfrenato favoritismo in prò della Chiesa di Roma, I' interna­
zionalismo antilatino della Chiesa cattolica lo si serve umilmente
facendolo passare per continuazione dell'universalità romana, e l'u­
niversalità dell'arte reale e della Massoneria viene combattuta in
base ad una iperestesia nazionalista che rinnega l'evidenza del pas-
A"'11br
- 338 -
sato e del presente. In questa maniera si f! nisce col P_rovoc�re il
ritorno della coscienza italiana alle ideologie democratiche, liberali
ed anticlericali, e col soffocare lo spontaneo rifiorire del!' impe­
rialismo e dell'universalità romana genuina, non adulterata da eso­
tismi. Cosl va perduta la grande possibilità imperialistica che noi
pagani, noi massoni, vedemmo, volemmo e profetammo quando
nessuno vedeva e voleva, la grande funzione imperiale romana
che sarebbe ancora possibile

Se non fosse il gran p rete a cui mal prenda I (lnf. XXVII, 70.)
Ed all'On. Mussolini, che non comprende come i nazionalisti,
i gesuiti en robe courte, i paolotti, i guelfi, i sanfedisti, i baciapile
non possano in buona fede e disinteressatamente appoggiare una
politica imperialista itaiiana, accadrà qualche cosa di simile a quanto
accadde a Napoleone. Anche Napoleone fu aiutato a salire dalla
Massoneria, ed in un primo momento Napoleone seguì una politica
intieramente conforme alla visione della Massoneria, e giunse fino
ad imprigionare il papa. Poi cambiò, e, pur non dando alla Mas­
soneria il calcio dell'asino (come sta facendo !'On. Mussolini), ac­
ciecato dal suo stesso successo, volle amicarsi la Chiesa Romana.
La quale finse di credere alla sua amicizia fino a che non lo ebbe
ridotto a Sant' Elena.
11 piano dei gesuiti è questo: dominare, per interposta persona,
sino a che non è possibile dominare direttamente; altrimenti sca­
tenare la guerra civile, spezzare ad ogni costo la risorgente po­
tenza romana.
I g�suiti non ammettono I' Imperatore che non faccia il sacre­
stano• Ne�suna politica, nessun partito, neppure quello bolscevico,
.
è cosi deliberatamente e profondamente anti - italiano. Ed è per
questo che_ a poco per volta !'On. Mussolini si
_ _ va alienando ogni
simpatia, diventa sempre più prigioniero
dei naziomrlisti e stru•
mento dei ges ·t·1 (smo
�� . • a che non convenga loro spezzarlo), e si
vede sempre p1u ridotto a reggersi
soltanto colla forza' con
la mala signoria che sempre accora
li populi soggetti.
' Ammannato, Ammannato, disse
dz marmo che Michelangiolo' che bel pezzo
hai sciupato I
ARTURO REOHINI
- 339 -

TRA LIBRI E RIVISTE

RENÉ GUÉNON - Orient et Occident.

È questo il titolo dell'ultimo libro di René Guénon, pubblicato pochi


mesi fa dalla casa Payot di Parigi (1).
Questa rivista di studii iniziatici ascrive a proprio vanto ed onore
la collaborazione di questo eminente scrittore francese, e noi riteniamo
avere reso un vero servizio agli studiosi italiani, serii e spregiudicati,
pubblicando alcuni scritti del Guénon e richiamando l'attenzione sopra
il suo eccezionale valore.
Fin da quando, col trasparente pseudonimo di Palingenius, egli di­
rigeva la rivista « La Gnose,. (1909-1912) avevamo notato in Guénon una
sicurezza ed un rigore iniziatico di primo ordine, indice di una cono­
scenza diretta, che appoggiata ad una erudizione amplissima, ad una po­
tenza di critica serena e sottile, ed a una architettura espositiva armo­
nica, ordinata e precisa, lo poneva sin da allora ad un livello ben su­
periore a quello degli « specialisti » e dei soliti « occultisti, teosofi, spi­
ritisti ,. et hoc genus omne. Ed è stato il nostro antico apprezzamento del
valore di questo scrittore che ci ha indotto, or fa un anno, a cercarne
l'ambita collaborazione per Atanòr. Errerrebbero dunque coloro i quali
pensassero che, essendo il Guénon nostro collaboratore, noi naturalmente
stampassimo qua il consueto soffietto per il suo libro. Non lo lodiamo
perchè è nostro collaboratore ; ma è nostro colhboratore perchè ne
abbiamo da molto tempo stima grandissima. E poichè, da varie parti ci
si dipinge (e ci si rimprovera) come una specie di antropofago, la cui
critica feroce e maligna si accanisce con voluttà morbosa contro tutti e
contro tutto, siamo lieti che ci si presenti il modo di dimostrare che
quando· ci imbattiamo in chi merita la nostra lode e la nostra ammira­
zione la tributiamo senza riserve, secondo giustizia, senza calcoli e
gelosie.
Noi, che in anni oramai lontani, abbiamo conosciuto quanto sia do­
loroso per un ricercatore Il dovere constatare di essere fra tutti il meno
ignorante e dl non opere dove e come rimediare ana propria ignoranza,
·t'f!,tt
1 pag. 250 - fs. 7,50 - Payot, 106 Roulev. Saint
- 340 -
possiamo ben dire che, s� non ci è proprio sgradito l'attaccare ed il
_
pungere acconciamente, c1 è pur anche gradito dare la giusta lode a chi
ne è meritevole.
Quando la Gnose cessò le sue pubblicazioni, Palingenius parve ri­
trarsi da ogni attività. La rivista « le Symbolisme » pubblicò nel Gen
naio 1913 un suo articolo sopra « l'Enseignement lnitiatique ,., noto ai
nostri lettori (cfr. Atanòr N. 1-2); eppoi più nulla è apparso di lui sino
al 1921. Anni di silenzio, ma di layoro assiduo certo; consacrati alla
preparazione di un complesso di opere poderose, tra loro organicamente
coordinate secondo un piano prestabilito, inspirate ed inquadrate da una
visione netta e sintetica, sicura di sè, frutto di tenace travaglio interiore.
La « Revue de Philosophie » pubblicava nel 1921 una serie di articoli in­
titolati « le Théosophisme - Histoire d'une Pseudo-Religion ,. dovuti alla
penna di René Guénon, e sempre nel 1921 uscivano, prima la « Intro­
duction Généra/e à l' Étude des Dùctrines Hindoues .., , eppoi « Le Théoso­
phisme - Histoire d'une Pseudo-Re/igion » libro nel quale, con mag­
giore ampiezza ma collo stesso titolo, veniva ripreso e trattato lo stesso
argomento oggetto degli articoli già apparsi nella « Revue de Philosophie ».
A queste due opere seguiva nel 1923 « L' Erreur Spirite »; ed infine
nel J 924, oltre allo studio sopra « L'Esoterismo di Dante » pubblicato
in questa rivista e tuttora inedito neil'originale francese, ecco ora ap­
parire l'« Orfent et Occident,. (1).
Molto succintamente, possiamo dire che lo scopo principale propo­
stosi dal Guénon in tutti i suoi scritti, ma precipuamente nel!'« lntro­
duction . .. > è quello di spianare la strada agli studiosi occidentali per
arrivare alla « conoscenza •, ed, in modo più definito e come primo
gradino, alla comprensione intellettuale delle dottrine hindu, cosa ben
diversa dalla erudizione anche corretta degli Orientalisti, e dalle adat•
tazioni della « Theosophical Society ,. o della « Vedanta Society ,.,
Diciamo subito che il Guénon usa certe parole come intellettuale,
metafisica, conoscenza in un senso preciso ed appropriato ma un po'
diverso da quello generico e consueto. La « co11osce11za > è quella vera,
sintetica, trascendente, iper-razionale, la « vidya ,. insomma degli hindu.
E l 'intellettualità pura è appunto q1:1ella faco;tà iper-logica, intuitiva,
che permette la comprensione immediata, non discorsiva, metafisica. La
deficienza dell'Occidente, e l'abisso che separa la scienza e la civiltà
dell'Occid;. nte da quelle dell'Oriente, poggia proprio qui, nella· univer-
(1) Rcné Guénon - lntroduction Gér.érale a l' Etude dcs ()c,.:trines Hindoues - rag.
346 - fs. 12 - Paris -• Librai rie M. Rivière.
- Le Théosophismc - Histoire d'une Pseudo - ReHginn, pag 310 - fs. 12 - Paris • Nouv.
Lib. Nationale.
- L' Erreur $pirite, pag. 406 - rs. 16 - Paris - :\I. Riviére.
-" 241 -
sale ignoranza ln cui l'Occidente si trova di queste condizioni, possi­
bilità e risultati. Per giungere a questa comprensione intellettuale pura
esiste tutta una disciplina, che non è di ordine culturale, o emotivo 0
sentimentale... Sgombrato l'animo da ogni pregiudizio ed affetto, tale
disciplina ha per punto di partenza l'ekagrata, di cui dice il Max Miiller
(Preface to the Sacred Books oj the East, pag. XXIII): ekagratiì or one­
pointdness, as tile Hindus called it, is something to us almost unknown "·
Il documento italiano del settecento, attribuito al Bruno od al Cam­
panella, intitolato « La Prattica dell'estasi filosofica", e che noi abbiamo
riprodotto altrove (1), basterebbe da solo a provare che se questa concen­
trazione del pensiero è qualcosa quasi sconosciuta agli Orientalisti, essa,
cun quel segue, non era e non è ignota a tutti in Occidente. Ma se delle
eccezioni debbono essere riconosciute, ed il Guénon lo sa e lo dice, esse
non sono certo costituite dai « teosofi ", nè dagli « antroposofi », nè dai
« martinisti • ; ed esse sono talmente scarse che l'affermazione del Max
Milller e le deplorazioni del Ouénon sono giustificate ed esatte.
Alla e /ntroduction... », opera prevalentemente costruttiva, il Guénon
ha fatto seguire due opere prevalentemente critiche ; la prima rivolta a
mostrare l' inconsistenza delle pretese teosofiche a rappresentare la tra­
dizione iniziatica orientale (od anche non orientale), e l'incompetenza,
l' incomprensione, i secondi fini e peggio dei leaders teosofici ; la se­
conda intesa a dimostrare l'assurdità delle teorie spiritiche, i pericoti
inerenti a certe pratiche ed il carattere equivoco dei movimenti « neo­
spiritualisti », di provenienza in generale anglo-sassone.
La competenza indiscutibile, la documentazione di prima niano, la
critica serrata e sottile, ed una punta di ironia leggera e gustosa ne ren­
dono la lettura sommamente utile e dilettevole.

••
« Oriente ed Occidente •, pur stando perfettamente a sè ed essendo
leggibile per se stesso, è continuazione e sviluppo dell'ultima parte
dell' « Jntroductlon •• Gli argomenti ivi trattati sono qui ripresi e svilup­
pati in modo più ampio ed accessibile ad un pubblico meno ristretto:
La prima parte di quest'opera consta di una critica radicale della
civiltà occidentale moderna. i pregiudizii contemporanei dell'Occidente,
a cominciare da quello cosi radicato della superiorità di questa nostra
civilizzazione, e della identificazione di essa colla civilizzazione tout-court,
vengono in essa rintracciati, sviscerati e battut! in �reccia. li Gué� o�
denuncia in primo luogo gli errori e le illusiom occtdentali. « La cm-

(1) Cfr. A. Beghini - Le Parole Sacre o di Passo ..... pag. 003.


- 342 -
scrive egli , appare nella storia come una
.
nt a Ie m od erna u o �eno compie-
Itzzazfone occide r tutt queIle che ci sono conosciute pi'
anomalia; / a aze è I sola c he si sia sviluppata m un senso
�ivi/izz
�;:,zie, questa iale, e q ��;:0 s;/upp o mostruoso, lt cui inizio coincide
puramente mater convenuto h,a . la Rinascenza, è stato accompagnato,
con quel che si è \ mare da u a regressi one intellettuale corrispon­
dov eva esse r lo fatafmen
com e wn tarrivata a
tale punto che gli Occidentali di
n

dente..... Questa ��g;::! :a essere l'intellettualità pura, che non sospet-


oggi non sanno p u P_ tere qualche cosa di sim ile •.
tana neppure c�e. ,possad:�:� intellettualità pura, e l'identificazione dell' in -
Questa_ deficienz�
ragione, è inevitabilmente accompagnata
tiera intelhg�nza co I a sola dal razionalismo,. dallo « scientismo »,
dalla esaltazion• e• della ragi one • della scien za ,., oppure da un
dalla « superst1Z1one della ragione ,. e « dalla sostituz . ione . de I cn·terto .
complet. o scett.tc1sm · o, dall' agnosticismo, .
ione d eg 1· . i e.
della ricerca dell'uti·te a quello del ver o • da una esaltaz . ,. 1 1st nh
.
e de1 sent·ime nti ,
· e c1• 0e· dalla " superst izione della vita
.
(Bergs · on}, e
dalla esasper azio e de!la sentim entalità e del moralt smo.
n
,.
o l' illusione dì poter raggiungere la conoscenza con I indagine
scientifica e la speculazione filos ofica, o l'affermazione di una forzata
ignoranza, od una curiosa identificazione pragmatistica della verità e
dell'utilità. Tale mondo, privo di aspirazioni intellettuali, e ridotto alle
sole aspirazioni materiali e sentimentali, senza « principi ,. e senza « sta­
bilità», va sprofondando alla deriva trascinato dalla smania di cambiare,
di correre, di « progredire », travolto verso un qualche oscuro e pauroso
abiss o o cataclisma. La frenesia del progresso scientifico e più special­
mente industriale, ed il crescente fanatismo di un intollerante moralismo
vanno rendend o sempre più precaria l'esistenza stessa del cosi detto vi­
vere civile, sempre più insqpportabile e pericolosa alle altre
occiden tale, « che gli altri chiamerebbero piuttosto la civiltà
barbarie perchè vi
manca precisamente l'essenziale, vale a dire un
principio d{ ordine supe-
riore».
Bi�o?na dunqu� ritornare ad una
la t�a_dmon e metafisica occidentale
civilizzazione normale ricostituire
!
s!a ?1 1re le g�ra rchie naturali,
con le sue scienze trad,i zionali ri­
restaurare l'assetto sociale· in ,
cipi tnformatt ad una cono ba se a p rin-
scenza vera. È un compit
cessarlo. E per· attuarlo oc o gig antesco ma ne-
all'Occidente la conosce
0 p�r ri. ma e fondamentale cos ridare
nz; ;:� r c p . di � a
metafi�ica, la conosc
enza intelleitua m t t ordi ne univer sale, ossia la
essenzialmente sopra le pura e trascendente,
la quale è
' rsiv -ind·ivi'dua I e e sopra ra • I
d1sco a , indipende . - z1o na e, int uit iva e non piu
tellettuale pura , è nte d � ?gni relatività. Essa è la co mp
la metaf1s1ca
ed è essenz1al . re nsione ln-
Nella seconda p ment e
arte del su� r •bro 11_ Ouénon propo rsale.
unive
ne per risolvu
-� 3-B ·-
tradizione or!entale • la quale,. a
uesto pr{lblema di fare appell<? alla «
uta, esiste ancor o��• tn
d·tterenza di quella occidentale che si è perd
limitarci alle sole tre pt u Im-
c'ina, in India, e nell'Oriente islamic,, per
portanti civiltà orientali. era o dell�
Secondo il Ouénon, una volta, anche in Occidente . vi �
scuole in possesso della conoscenza metafisi ca. La f unz1on �. de� �um�n
z L ­
nell'espressione delle dottrine pitagoriche (pag. 75) ne è un md1_ 10. �
n Occt
quivalente di ciò che posseggono le civiltà ?rientali, è stato � =
se, e ne lla d o tnna sco
dente patrimonio di scuole estremamente cht u _ _ �
lastica vi è almeno una parte di metafisica vera, forse msufftc1cnte��nte
svincolata dalle contingenze filosofiche e troppo poco nettamente distinta
dalla teologia (pag. 177); probabilmente nel medio evo occidentale vi
sono stati dei comple menti a ciò che era insegnato esteriorm ente, e
questi complementi per uso esclùsivo di ambienti m olto chiusi, m ai for­
mulati per iscritto, possono essere solo rintracciatì in espressioni sim ­
boliche, chiare per chi sappia di che si tratta. inentilligibili per gli altri
(178); ma egli dubita fortemente che ne siano rimaste traccie s ufficienti
per arrivare a farsene un' idea esatta se non per mezzo dell'analogia
con ciò che esiste in Oriente (193). Egli ritiene disgraziatamente assai
improbabile che esistano ancora in Occidente delle indi-vid ualità anche
isolate, che abbiano conservato intatto il deposito della tradizione p u­
ramente intellettuale che ha dovuto esistere nel medio evo. Ciò sem­
plificherebbe molto le cose ; e spetta ad esse, dice il Oufoon, se vi sono,
l'affermare la propria esistenza e produrre i loro titoli. li Ouénon af­
ferma per altro che l'Occidente non ha rappresentanti in quel che è
designato simbolicamente il • centro del mondo». Evidentemente non è fa­
cile confermare o contestare simile affermazione; ma dato il caratttre uni­
versale, informale ed -immutabile della conoscenza m etafisica, e tenendo
presente le possibilità inerenti a quella « posterità spirituale ,. che, dice
il Ouénon, non è una vana parola, ci sembra alquanto ardito circoscrivere
la localizzazione geografica della conoscenza intellett uale pura ed am­
mettere che delle individualità iniziate del medio evo non si possa piit
trovar traccia.
Naturalmente, anche se queste riserve sono giustificate, non perciò
perde valore q uanto il Ouénon propone.
E cioè di cercare in Oriente l'appoggio necessario per ricostituire
la tradizione occidentale. Un ai uto è difatti necessario, perchè com
e dice
Ouénon (e noi_ pure abbiamo motivo di pensarlo)« quali si siano
le facoltà
latenti di un individuo dubitiamQ che possa. svilupparle con
i soli suoi
mezzi».
A prescindere dalle minori vi sono dunq ue in Oriente
con le relative tradizioni cinese, hlnd u e m usul le tre civiltà
m ana. Per considerazioni
-· 344 --
alla tradizione hindu,
ritiene preferibile ricorrere e me
varie il o.uénon on il consenso dei. rappresentant·i autoriz .
zati di que t -
to
dian:e. l' arn : �rla al carattere occidentale e . ricostituire nella sua � �
tradizione, ad .tt. intellettual e pur a dell'Occidente.
n
m o ne
tegrità la trad leta dello spmto
• •
occi'dentale è
Ora la rt.for ma comp • • ». s·i comprende dapprincipio '
. . so ltanto ad una ristretta « ellte che non può
Poss1b1le
. che d'1 una « élite intellec.tue/le », del f"10re m • te11ettuale, nel senso
si •
trattar
. tivo. S1 tratta d"i dare coscienza dt· loro stessi a
Preci so datO a questo agget requisiti • • • d"I ord"me m • te11ettuale, da non
que�h. che po , eggono questi e la cultura.
contondere , col::i �a capacità razionale, nè colla erudLdone .
associata alla Kultur co-
Anzi la « miopia intelleJtuale » prodotta ed
a �uel che sarà il compito normale
stituisce un ostacolo e rende inetti
e peculiare del « fiore intellettu• ale" »•• cioè alla speculazione intellettuale.
I' é/"t
Sbarazza to il terreno dai pregmd izu, « _1 e» neI s�o peri_• odo d'i co-
rtuzione acquisterà e sviluppe rà la pura mtellettuahtà mediante lo stu­
:/0 delle dottrine orientali; quando poi essa sia già costituita potrà ri­
cevere l'appoggio e l' interesse da parte dei rappresentanti autorizzati
delle tradizioni or ientali, e quando la conoscenza sarà posseduta da una
élite abbastanza potente essa potrà determinare lo stato di spirito ne­
cessario per compiere tutto il lavo ro sociale di trasformazione dell'Oc­
cidente in una civiltà normale:
Dapprincipio specialmente non c'è bisogno che questo fiore intel­
lettuale sia molto numeroso; non si t ratta di costituire una società od
un partito di masse, con tessere, quote, elezioni, ordini del giorno e
tutto il miserabile bagaglio democratico. Si tratta di cose essenziali e
non formali, di realtà interiori e non di chiacchiere; ed ogni esteriorità
è qui per lo meno superflua. Per necessità di fatto il modus operandi
dell'élite resterà per la grandissima maggioranza un mistero, poichè Ti
sono cose che il volgo non arriva a comprendere comunque si cerchi
di esprimerle; ma non per questo l'élite sarà una società segreta nel
senso ordinario della paro.a. È bene dunque dissipare il maleinteso già
�?.rto in .seguito al cenno che della costituzione e della funzi
_ n�lla « Vita Italia one di questa
eute abbiamo _fa�to na,. (1). Alla ,. Fenice ,. (2) che si
domanda se siamo dt fronte ali' iniziativa di
una istituzione di una or­
gan_izzazione iniziatica « in fieri» propugn
ata dal Reghini d'�ccordo col
G_uenon i e che già vede il Reghini per
dt là , e peccare d' mco attuarla ' uscire di qui ' passare
• stan za, dobb iamo
dt. tutto questo·, nulla d"i p ro dunque dire che non vi è nulla
----- fano, di democratico ; ma sibbene qualche
(1) Arturo Reghinl .
L'Unlver 94I'•tà Rolllana e
di Agusto-Settembre 1924 quella cattolica; nella «Vita Italiana•
26
\2) La Penice • 15-31 pag. 1 .
,
Ottobre 1924 'pa 8
g,
-- 345 -

cosa di veramente « Intellettuale » e che non è perciò di competenza della


fungaia di cosi detti Iniziati che va spuntando da ogni parte (1).
Il Ouénon, il quale dichiara categoricamente di dovere la sua « co­
noscenza • all'Oriente, e si considera più orientale che occidentale, si
preoccupa quindi principalmente di rintracciare e richiamare alla co­
scienza quegli occidentali, ignari delle loro stesse latenti capacità intel­
lettuali, che posseggono le qualifiche appropriate per entrare a costituire
t'é:lte. Ed è per questa ragione, che, abbattendo e disperdendo la mo­
struosa escrescenza del • sapere ignorante• dell'Occidente, fa continui
richiami alla comprensione intellettuale pura, alla metafisica, alla cono­
scenza, ed alle sconfinate possibilità che si aprono dinanzi a chi sappia
addentrarsi nelle profondità interiori.
Analizzando i caratteri dei varii popoli dell'Occidente (America e
colonie europee comprese), egli giunge per eliminazione a concludere
che i popoli latini souo i sol! tra i quali è meno difficile rintracciare gli
elementi per costituire l'élite. Ed anche a noi sembra giusta la conclu­
sione. Geograficamente, storicamente, ed anche spiritualmente i paesi
latini sono ancor oggi il naturale anello di congiunzione tra l'Oriente,
con il quale I' Italia confina, ed il mondo anglosassone in cui la devia­
zione dalla civilizzazione r.ormale e dalla tradizione è più spinta.
Moire altre cose bisognerebbe aggiungere a questa inadeguata re­
censione ; ma vogliamo sperare che anche fermandoci qui il lettore abbia
compreso che se vi sono libri che va'e la pena di leggere e di.. ... ri­
leggere tra questi va messo anche l' « Orlent et Occident •.
ARTURO REOHINI

CARLO PASCAL - Le credenze d'oltretomba - 2 vol. - Pa­


ravia Editore - Torino.
Due volumi ricchi di materiale con scrupolo di studioso raccolto ;
costruzione disciplinata, esposizione serena ed agile ; se soltanto si pensa
alla mole della materia occorsa e al'e difficoltà di vario genere neìl'or­
dinamento e Inquadramento delle parti che l'argomento presenta; infine
a quella maggiore di dare cioè con chiarezza, intorno a credenze quanto
mai delicate e suscettibili di troppe modificazioni e interpretazioni, una
equilibrata valutazione, l'aver condotto a termine un lavoro come questo
non può che tornare a gloria dell'autore; meritata ed anche riconosciuta.

(1) A proposito dl ·questo articolo sorra « L'Universalità romana e quella cattolica"•


p11bblicato la una ru■egna di parte guelfa accentuata, lo e Fenice" vorrebbe fare cre­
dere che euo ala diretto contro la Massoneria. Questa è malafede per non dir p�ggio ;
oome mal aon riferisce la cFenlce• che Il direttore della ,Vita ltAliana• si è scandalizzato
peroht, ,.,., ,erftt,o ,,,,,o,1lblle, abbiamo osato fare la esaltazione della Maasoneria?
-346 -
st a seconda ristam
pa licenziata al pubblico non è
Ne è confer� a
�:: cura dal Paravia . II Pascal passa in rassegna le ere­
molto ed edita
nell'antichità, seguen done le trasformazioni attr av erso
denz� d'oitr_et om ba ndo il testo di molte citazioni e di una interess
i va.n tempi correda . . . ante
.ia .' t nto che questi due volumi sono, non d"1rò mdts pens abili
bibliograf • _ a elli stu . di tali ricerche esperti, perchè con�
diosi
uti 1 anc he a qu
ma certo I
unto e risparmi• ano 10 • cer to modo
tengono un diTigente riass piegarsi . . . .Se lacunosa può sembrar questa
una fatica
cui ognuno avr e b be dov uto
10 cm pur attraverso frammenti..mcom-
trat t azione, specle in quei passi
z • at t e ct t• t• d ee dom10 • anfi, ci_• ò
pleti è dato capire un nucleo essen ' i
credo,
r e all'ordi ne stesso d e l i ope ra a l o sc�po pre cis o cui si
si debba attribui
.1er1 scon0 questi due libri. Infatti non si conterrebbe 111 u,1 lavoro che
n • de una espos1z10ne • •
abbraceia si vasto argomenlo e che ne . h1e documer.-
t ata e precisa, un maggior sviluppo filosof
. ener 10
ico a lato

di quel lo storico ;
dubbio potevans1 t • m10or cons1 ·d eraz •
1one
bbene senza alcun se-
:ndarie deviazioni, mentre era desiderabile una maggior valuta zione di
quelle dottrine che, lo riconosce il Pasca! stes�o, h�nno. avuto partico­
lare influenza sullo svolgimento del pensiero f1losof1co fmo a Platone.
La misteriosofia, e gli elementi in questi dominanti, (orfico-pitagorici)
ha ben poco posto e francameate valeva la pena che il Pascal ci dedi­
casse qualche capitolo completo ; che non difettano testimonianze e do­
cumentazioni. Egli avrebbe cosi aggiunto un merito alla sua opera e
colmata una lacuna che avreb"e inoltre conferito originalità a questo
studio; poichè è difficile scorgere, nelle opere di altri autori su tale
argomento, chiaro possesso del tema e chiarezza ; mentre da vari passi
dell'opera del Pascal risulta che questi ha saputo porre nel giusto ri­
lievo l'importanza massima dei nuclei dottrinari orfico-pitagorici. Opera
di chiarificazione era necessaria e non di sola indagìne ; poichè molte
credenze specialme·nte quelle popolari e divulgate dai poeti, non sono
che deviazioni di dottrine naturalmente non atte alla facile compr
ensione
del volgo.
Ma, ripeto, l'ordine dell'opera è tale che non
consente appunti da
parte della critica se non remissivi e
benevoli ; a leggere con attenzione
questi due volumi, si capisce bene
che difficile era far meglio.
A. DEL MASSA

Elogi e critiche di " A


tanòr ,,.
Ri t
v� a Popolare • nel suo n nme
di A�: � ro del 15-30 Giugno si occupa
,::,1 uppo dei suoi
« : ;
la Rl i t : r colla bor atori . Essi costituiscono, scrive
a 'PO re•, « una vera scuola iniziatica, che si sofferma sulla
-� 34T --
verità eterna, per portare ali'/talla nuova un grande ed indispensabile con-­
tributo di valori spirituali Ma nulla di nebuloso e di quacquerislico . Se­
.
condo Atanòr la tradizione e la coscienza iniziatica italiana preannunciano
l'avvento di un regime e di un indirizzo imperialistico italiano. Ed è ve­
rissimo: nè ci sorprende la balda affermazio11e, ben sapendo che alcuno
del gruppo di Atanòr fu discepolo di Eduardo Frosini, altro massone e
fondatore del nuovo Grande Oriente Italiano, che da vent'anni sostiene lo
stesso principio •.
Ringraziamo la « Rivista Popolare ,. del lusinghiero apprezzamento
che fa dell'opera nostra, ma a scanso di equivoci dobbiamo fare osser­
vare che sino ad oggi in Atanòr non ha mai scritto alcun discepolo di
Eduardo Frosini, al quale anzi abbiamo più di una volta tirato qualche
frecciata. Su questo punto la « Rivista Popolare,. è stata informata male.
Il nostro indirizzo imperialistico, appunto perchè iniziatico, segue
le grandi linee dell' imperialismo dantesco, rigidamente intransigente coi
guelfi, profani ed antiitaliani; mentre invece la « Massoneria Nazionalista ,.
del Frosini, organizzazione messa su pochi mesi prima dell' inizio della
campagna nazionalista in grande stile contro la Massoneria, segue su
questo punto un indirizzo « convenientemente ,. riguardoso. Non una sola
parola meno che rispettosa verso la chiesa dominante figura nel numero
1 o di « Roma », il bollettino di questo nuovo Grande Oriente ; anzi vi fi­
gura l'esplicita dichiarazione che cotesto Grande Oriente Italiano « non
cerca di modificare le direttive del Partito Fascfata nei riguardi della Mas­
soneria (pag. IO sotto il titolo di Avvertenza importante) ».
Del resto quanto la « Rivista Popolare • sia lontana dal vero con
questa sua elevazione del Frosini a nostro maestro, è dimostrato da
un'imparziale testimonianza del « Don Chisciotte •, il quale, parlando
di Atanòr nel suo numero del 30 Giugno cosi si esprime: « segue l'in­
dirizzo iniziatico pitagorico e si raccomanda per la serietà e coTTlpetenza
degli scrittori e per i temi trattati esaurientemente e chiaramente. Tra le
riviste iniziatiche italiane ci pare veramente una dellt migliori e delle scien­
ti/lcamente serie.
Nel numero di Giugno abbiamo letto con vero compiacimento una presa
per la..... giacca del direttore della rivista O Thanatos sulla questione
dell'Impero Pagano.
Chi è andato, però, più male di tutti è quel tale..... Dottor(! .....) E.
Froslni, che ultimamente aveva ..... fondata una Massoneria, nientedimeno,
nazionalista, poichè quella filosofica succeduta alla Giustinianea, alla
Scozzese, alla Martinista non andava più.
••••• Via Froslnl, lascia andare" le questioni iniziatiche, le quali recla­
mano cervelli robusti, e tu continua a scrivere libelli..... • .
Cl sembra che questo giud�zio del « Don Chisclotte • separi con un
- 348 --
taglio netto « la serietà e la competenza degli scrittori di Atanòr » dalla
_
prosopopea dei fabbricanti di bolle di sapone e dalla petulanza dei suo­
natori ambulanti di gran cassa.
*
* *

Il e Retaggio ., settimanale mazziniano della �igilia, �el suo n_umer o


_ _
del 7-Settembre, segnalando Atanòr, cosi ne scrive: " � una r,v,st� �l
_
studi profondi e severi. A noi pare che sarebbe dovere dt buoni 1taltam,
leggerla diffonderla e sopratutto meditarla. Sono importanti l'articolo di
Del Massa e di Maximus ".
Anche « Lux .-, Bollettino del Supremo Consiglio dei 33. •. per la Giu­
risdizione italiana (Palazzo Oiustiniani) nel numero di Luglio riconosce,
un po' a denti stretti, il valore e la serietà di Atanòr. Dopo avere pre­
messo di non avere alcuna disr,osizione verso gli studi concernenti le
scienze occulte e le dottrine iniziatiche (questa categorica professione di
fede anti iniziatica in bocca ad un Sovr. •. Or.·. lsp. •. Gen. •. ci sembra
sufficiente a caratterizzare l'ortodossia massonica di chi la ha scritta),
e dopo avere premesso di avere molte prevenzioni per questi studi, ed
avere giustamente deplorato che troppo spesso questa materia, per il
velo di mistero che l'avvolge, attragga le menti deboli e le mezze cul­
ture, con effetti disastrosi, soggiunge : « Fatte queste riserve è giusto ri­
corwscere che Atanòr é scritta con maggior serietà di altre riviste del ge­
nere e con obbiettivi culturali. Vi abbiamo trovato scritti non privi di in­
teresse, come quello sull'aritmetica pitagorica e su l'insegnamento inizia­
tico, ed altri che possono dar lume a comprendere momenti filosofici e
tendenze spirituali in voga, specie per ciò che ha tratto al pensiero orien­
tale che ha avuto e potrà avere ancora notevoli influssi sull'Occidente"·
l(oi che abbiamo forse una qualche disposizione verso questo ge­
nere di studli e nessuna prevenzione contro di essi, abbiamo appunto
pensato che era tempo di togliere il monopolio o quasi di questi studii
atle menti deboli ed alle mezze culture, in modo da obbligare gli scettici
ed i mal disposti a non confondere in uno stesso dispregio le discipline
ed i loro poco valenti cultori.
11 giudizio di Lux, e quelli sopra riportati mostrano che ci siamo
riusciti.
Un poco �iù lungàmente dobbiamo fermarci a parlare del « Turbine»,
.
giornale ecletftco nazionale; che tre voltt: al mese all'aura di Caserta
e come di t rbine lancia il suo grido "· È una « rassegna di volgarizza­
� _
zione inlzialtca (cosi la defmisce C De Simone Minaci I) che si è ripe­
tutamente occupata di noi, ospitando degli attacchi contro Maximus,
contro Guénon, e contro Arturo Reghini, ad opera di martinisti seguaci
-349-
di quel Bricaud da noi tartassato e di quel Sacchi A. (Sinesio) da noi
bistrattato.
Siccome O Thanatos, organo ufficiale del martinismo italiano nonché
dei Cavalie ri del Tempio, malgrado il vaHdo appoggio di queste due
possenti organizzazioni, deve essere defunta (est omen in nomine), poichè
siamo a Novembre ed O Thanatos

son sette mesi che non scrive più,

il suo ex-direttore Costantino De Simone Minaci, si affida al « Turbine •


per i suoi periodici sfoghi contro / rturo Reghini. Nel numero del 30
Giugno egli reagisce alla presa per la..... giacca cui sopra abbiamo al­
luso ossia all'articolo comparso' nel numero di Giugno di Atanòr col ti­
tolo « Con le molle », « titolo, dichiara il Minaci, plebeo degno delle be­
cerate più triviali ». Suscettibile il democratico Minaci!; un'altra volta
adopreremo le pinze.
Ma, pur divagando assai in ogni ramo dello scibile in cotesta sua
polemica contro il pitagoreismo, il paganesimo ecc... , il Minaci non le­
sinava davvero le lodi alla capacità intellettuale del Reghinì, che tratta
di iniziato, di eruditissimo e di occultista. A queste « avances » ed a
questo scritto non abbiamo risposto per mancanza di tempo e di spnio;
ed il Minaci, la cui fantasia attendeva, forse, e già seguiva con com;.
piacenza
un sincrono oscillare di turibolo,

rinnova ora gli attacchi contro il direttore di Atanòr. Con questa fiera
campagna egli va fabbricandosi i titoli di benemerenza per porre la sua
candidatura a Gran Maestro del Martinismo italiano, quando, non sia
mai, il basto, cc:si degnamente portato, si rendesse vacante.
Chi gli ha dato lo spunto è stato Simonius Il, Sovrano Delegato
Generale per I' Italia e Colonie, dipendente dal Martinismo francese, il
quale nel numero 12 del Turbine, (che nonostante le nostre insistenti ri­
chieste non ci è stato possibile di procurarci e di leggere e cui non
possiamo quindi rispondere), se la prende con Maximus, che egli con•
fonde con René Guénon, per il libello contro il Martinismo comparso
nel N. 3 di Atanòr. II Ph. Jnc. Orig. della diaspòra partenopea, ossia,
dare
cred iamo, C. De Simone Minaci, interviene per rettificare, e per
o di Mar-
una mano nella polemica al suo confratello dell'altro branc
ttnlsti.
« Certo, scrive il Minaci, la confusione Jra Guén
on e Reghini è fa-
-350-
tilt _ L'isttsso stile, le sttsst idet, le stesse persone nella loro prosa ita­
.
lica Il loro ptnslero appare rosa croce, templare, iniziatico, e tontempo­
ran�mentt lanciano sui rosa croce e neo templari, gli Iniziati, gli stra/
intinti nei più perfidi veleni». Sicuro, lo stesso stile, le stesse idee,

. . . . . . . Arcades ambo,
et cantare pares et respondere parati I

SI, sopratutto ben preparati a rispondere, cogli strali inti?ti � et �uon


senso e nella conoscenza, alle scemenze ed alle false asserztom. V1 ma­
ravJglia udire due campane attaccare lo stesso antifonema?; e perchè
non si maraviglia il Minaci di trovare gli stessi teoremi, lo stesso me­
_
todo 1n due trattati di geometria? Noi abbiamo sempre mostrato 11 mas­
simo rispetto per i rosacroce e per i templari ; ma i nostri strali Il ab­
biamo diretti e li dirigeremo contro tutli i pretesi continuatori dei Rosa
Croce e contro i neo-templari, ed è già onorarli di troppo. Che il
Guénon sia stato, come asserisce il Minaci, prima occultista, Massone,
Martinista, eppoi sia ,stato, come sarebbe provato da certo F. B., cac­
ciato da tutte le loggie con regolare processo ; che il Reghini sia stato
« tal qual, e con l'istesso procedimento alluntanato dalle officine (Marti­
niste) italiane, perchè riconosiuto in mala fede e in contradizione con la
sua attività ufficiale, è cosa che proprio non ha nulla a che vedere con
Ja verità e la giustezza o meno dei loro scritti ; ed invece che a di­
sdoro potrebbe tornare a loro onore.
Siamo per altro in grado di assicurare, e possiamo provarlo con
testimoni e documenti ufficiali, che l'asserzione del Minaci è completa­
mente falsa. Ed umoristica è l'altra accusa fatta al Reghini di « pubblicare
e vendere ai profani le idee dei suoi fratelli (i martinisti ? !) in inizia­
zione ,. e cosi pure dicasi di tutte le altre ridicole accuse di tradimento
ecc ••• mess � in giro, sott'ac qua e giurando in verba magistri, dalle mar­
_
motte atassiche punte sul vivo dalle nostre critiche. E quanto al Guénon
riteniamo che l'egregio ed anonimo signor F. B. sia in grado di dimo­
strare una cosa sola, la propria assoluta incapacità ad afferrare anche
la più elementare delle verità esposte dal Guénon nei suoi magistrali
scritti ; detto in lingua becera ma colorita, non gli lega neanche le scarpe •

••
Anche all'estero non manca chi comincia ad occuparsi di Atanòr
La • Revue Splrite • di Parigi nel suo numero di Agosto riferisce com;
iali della Società di studi psichici •Roma-Milano» 11' cui importan­
;l::
mo organo 1 • Lact ed Ombra • hanno fondato diversi gruppi a Qe-
- 351 -
nova, Napoli, Trieste; essi posseggono i loro organi particolari Sinai
Reincarnazione, Atanòr ». È superfluo dire che per quanto riguard�
Atanòr la notizia è priva di fondamento e di verosimiglianza. E così
dicesi cti quanto afferma il « Voile d'/sis », e cioè che Atanòr è una ri­
vista Martinista !
Ci é poi pervenuta notizia di qualche critica verbale piuttosto acer­
betta rivolta da un occultista francese alla copertina di Atanòr, nella
quale questo sapientone avrebbe rilevato parecchi errori di simbolismo.
A questo ipercritico faremo solamente osservare che l'autore della co­
pertina di Atanòr, il nostro valentissimo Dario Wolf, è un artista, e non
u n pedagogo dei simbolismo; e che noi alla sua fantasia artistica non
abbiamo voluto, paganamente, porre alcun laccio; poichè, come diceva
Orazio, (De Arte Poet. 9-10)
. . . . . . . Pictoribus atque Poetis
Quidlibet audendi semper fuit aequa potestas
M.AXIMUS

L'amministrazione della Rivista "Atanòr" invita co­


loro fra gli �bbonati, che ancora non hanno inviato l'im­
porto dell'abbonamento dell'anno corrente 1924 in L. 20,
a mandarlo senza più alcuno indugio, non potendo l'am­
ministrazione suddetta tenere per cosi lungo tempo
conti sospesi. Chi dunque non manderà con cortese sol­
lecitudine il suo dare, riceverà TRATTA POSTALE A
VISTA, con l'aggiunta di Lire 2, spese della tratta me­
desima che dovranno essere a suo carico.
- 352 -

LIBRI RICEVUTI
- L. 9. .
/I Pimandro - Casa Editrice Atanòr, 24 ediz. - 19� i.dt Natur a dt Raimond o
/I trattat o della Quinta Essen z a ov11ero de' Secr�t
Lui/o a cura di Enrico Card/ le - Ca� E�1tn c� �tanò r, 1924 - L 11.
es
A. DE ROCH.--1S - Les vies successives - L�brane Generale des Sciénc
Occultes - Chacornac Fréres, 2a ed1z. - 1924 - fs 15.
LOTUS DE PAINI - Les Trois Totémisations - Ch�co�n�c 1924. fs. 15.
PAUL CHOISNARD - Qu'est-ee que I' Astrologie sctentiftque? Chacomac
Fr. 2c edit. 1924 - fs. 2.
FERNANDE P'ARSEN - Les Forces qui regissent la Chance. Chacornac
Fr., 1924 - fs 10.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


Ai Lettori - LA DIREZIONE . . . . . . . . . . . . . pag. 289
H. B. Brewster, poeta del fatalismo - GIULIO CAPURRO • . • 292
LA coflcezione demiurgica de/l'alfabeto ed il Sepher Jetsirah
SAVINO SAVINI . . . . . . • . . . • • 296
L'Aristia di Cristo - MARIO MANLIO ROSSI . • . . • 309
li patriottismo della Massoneria italiana - MAXIMUS " 318
Yoga e Arte - MARIO MORANDI . • • . . • • ,. 328
Preti ed Impero - ARTURO RE0HINI • . . . • . " 335
Tra Libri e Riviste :
RENÉ OUÈNON - Orient et Occident - ARTURO REGHINI . . . " 339 \
CARLO PASCAL - Le credenze d'oltretomba - ANICETO DEL MASSA • 345
Elogi e critiche di Atanòr - MAXIMUS . . . • . . • . • " 346

SOMMARIO DEL NUMERO PRECEDENTE


Palingenesi e Reincarnazione - ANICETO DEL MASSA • • . • pag. 225
IA Pf lenza come valore metafisico - J. EvoLA • • . . . . ,. m
Il Giardino dei Filosofi, tradotto e commentato da Arturo Re-
ghini - ANT0INE j0SEPH PERNETY. • • • • • » 243
L'Esoterismo di Dante - RENÉ GUÉN0N . • • •• • " 252
l' Impronta Pitagorica nella Massoneria - ARTURO RE0HINI • • " 268
Tra libri e Riviste :
O•• COSTA - l'Apologia del Paganesimo (Mariani Dell'Anguill ,,
ACHILLE PASINI - Impero Unico (Aniceto Del Massa ara) 276
) ,, 279
Associazioni Vecchie e Nuove - Ona vittoria della part� guelf
MAxlMUS a :
• • • • • , • • , . • . • • • , 282
• ,,

Direttore Gerente Responsabile: ART�o REOHINI


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DICEMBRI! t 924 NUMERO 12
ANNO l.
DUE LIRE
C/C CON LA POSTA

RIVISTA MENSILE DI STUDJ INIZIATICI


Direttore Responsabile: ARTURO REOHINI

Direzione cd J\mmi,iistrazione presso la Casa Editrice • ATANÒR ,., Succursale di l\•111•


al N. 16 del Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)
co,ta DUE llrr. 11 '.'i:imero Al>bonamentu per un anno VENTI lire • Per l',f:stero ll dor,ple

REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COM�Z -
ANICETO DEL MASSA - J. E VOLA - RENÉ GUÉNON - MANLIO MAGNANI - VITTOR�
MARCHI ,- MARIANI DELL' ANGUILLARA - MARIO MORANDI - PERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REGHINI - MARIO MANLIO ROSSI - SAVINO SAVINI -
OALLIANO TAVOLACCI.

IL RE DEL MONDO
Dopo la morte di Saint-Yves d'Alveidre, venne pubblicato un
libro intitolato La Mission de l'lnde, di cui si era trovato il ma­
noscritto tra le sue carte, ed il quale conteneva la descrizione di
un centro iniziatico misterioso designato sotto il nome di Agarttha.
Saint-Yves aveva senza dubbio avuto delle buone ragioni per non
fare apparire quest'opera, scritta da oltre trent'anni, e che non era
stata veramente approntata e limata definitivamente; sotto certi
aspetti la sua pubblicazione potè anche essere considerata come
un cattivo servizio reso alla memoria dell'autore da quelli che si
dicevano suoi « amici ». Difatti, parecchi lettori dovettero supporre
che non era che un racconto puramente immaginario, una apecie
di finzione che non poggiava su nulla di reale; ed, a vero
.
s1 trovano in quest'opera, se si vuol prendere tutto alla
dire,
lettera.
- 354 -
delle inverosimiglianze che potrebbero, almeno per chi se ne sta
alle apparenze esteriori, giustificare uI1 . tale apprczzamento. Anche
_ . .
per coloro che erano d'un altro parere, la m1ghor cosa era forse,
in assenza di ogni altra testimonianza, astenersi dal parlarne ; è
quello, in ogni caso, che abbiamo sempre pensato per conto nostro.
Ma ecco che è accaduto un tatto nuovo ed un pochino inatteso :
ci si occupa molto attualmente di un libro in cui Ferdinando Os­
sendowski racconta le peripezie del viaggio movimentato che egli
fece nel 1920 e 1921 attraverso l'Asia centrale; e questo libro, in­
titolato B�tes, Hommes et Dieux, contiene, sopratutto nella sua ul­
tima parte, dei racconti quasi identici a quelli di Saint-Yvcs. Questa
parte, d'altronde, non sembra abbia particolarmente attirato l'at­
tenzione generale; e noi non sappiamo di troppo se lo stesso au­
tore, ben più preoccupato di politica che di idee e di dottrine, ne
ha veduto nettamente tutto l'interesse : ignorando tutto quanto
tocca l'esoterismo, egli non ha avuto, a quanto pare, altra pretesa
che di dire quel che ha veduto ed inteso; ma la sua testimonianza,
in queste condizioni, non avrà forse agli occhi di alcuni che mag­
giore importanza.
Eppure, sappiamo bene che degli spiriti scettici e malvolenti
non mancheranno di dire che Ossendowski non ha fatto che pla­
giare Saint-Yves, e di rilevare, a sostegno di questa allegazione,
tutti i passaggi concordanti delle due opere; ed è vero che ve ne
è un numero assai grande che presentano, sin nei particolari, una
similitudine assai sorprendente. Innanzi tutto vi è quel che poteva
sembrare nello stesso libro di Saint-Yves la cosa più inverosimile,
vogliam dire l'affermazione dell'esistenza di un mondo sotterraneo
estendente le sue ramificazioni dovunque, sotto i continenti ed
anche sotto gli Oceani, e pel cui mezzo si stabiliscono delle co­
municazioni invisibili fra tutte le regioni della terra; Ossendowski,
del resto, non prende sopra di sè questa affermazione, anzi dichiara
che non sa cosa pensarne, ma l'attribuisce a diversi personaggi
che ha incontrato nel corso del suo viaggio. Vi è pure, sopra dei
punti più particolari, il pas:;aggio dove il .i. Re del Mondo·» è rap­
pres �ntato dina?zi alla tom �a ?el s�o predecessore, quello dove
_ _ _
� qmst10�e dell ongme degli zmgan, che avrebbero un tempo vis­
suto nell Agarttha, e be� altro ancora. Saint-Yves dice che vi sono
dei momenti, durante la celebrazione sotterranea dei " Misteri co-
-355-
smici ,., in cui i viaggiatori che si trovano nel deserto si fermano,
in cui gli stessi animali rimangono silenziosi ; Osi-endowski assi­
cura che ha assistito egli stesso ad uno di questi momenti di ge­
nerale raccoglimento, vi è sopratutto, come strana coincidenza, la
storia di un' isola, oggi scomparsa, dove vivevano degli uomini e
degli animali straordinarii : in proposito, Saint-Yves cita il rias­
sunto del periplo di Jambulo di Diodoro Siculo, mentre Ossen­
dowski parla del viaggio di un antico buddhista del Nepal, eppure
le loro descrizioni non differiscono quasi affatto ; se veramente esi­
stono di questa storia due versioni provenienti da fonti così lon­
tane l'una dall'altra, potrebbe essere interessante di rintracciarle e
di confrontarle con cura.
Abbiamo tenuto a segnalare tutti questi avvicinamenti, affinchè
coloro che li avessero parimente notati non possano credere che
ci sono sfuggiti, nè accusarci di dissimulare certe difficoltà; si po­
trebbe ora, discutere evidentemente sulla portata che conviene at­
tribuir loro. In ogni caso, Ossendowski ci ha affermato personal­
mente che non aveva mai letto Saint-Yves, e che anche il nome
glie ne era ignoto prima della pubblicazione della traduzione fran­
cese del suo libro; e, quanto a noi, non abbiamo alcuna ragione
di dubitare della sua sincerità. Del resto, se egli avesse copiato
in parte la Mission de l'lnde, non vediamo troppo per quale ra­
gione avrebbe cambiato la forma di certe parole, scrivendo per
esempio Agharti invece di Agarttha (il che si spiega al contrario
benissimo se egli ha avuto da fonte mongola le informazioni che
Saint-Yves aveva ottenute da fonte hindu), nè per quale ragione
avrebbe impiegato, per designare il capo della gerarchia iniziatica,
il titolo di " Re del Mondo » che non figura in nessun posto in
Saint-Yves. Ma, anche se si ammettessero certi imprestiti, reste­
rebbe pur sempre il fatto che Ossendowski dice talora delle cose
che non hanno il loro equivalente nella Mission de l'lnde, e che
sono tali che egli non ha certamente potuto inventarsele di sana
pianta: tale è, per esempio, la storia di una " pietra nera » inviata
un tempo dal « Re del Mondo » al Dalai'-lama, poi trasportata ad
Ourga in Mongolia, e che disparve circa cento anni fa ( 1) ; bi-

(I) In numerose tradizioni, le « pietre nere », rappresentano una


parte importante, da quella che era il simbolo di Cibele sino a quella
-3M-
abbia realmente inteso parlare di queste
&0 gna dunque_ ehe egli giorno in Oriente, o che egli le abbia
co�e durante, .1\i5 uo so: una su gge stion e delle più stra ordinarie (1 ).
scritte so�to l i n uenza
i
as ta p r cr d erci autorizza ti a rompere finalmente il
Qu est.o c1 b e e , ttha, tanto pm " eh e la
. z10_ dell Agar
sden sopra. q uesta questione abbandonarci. a q uesto propo-
di
nostra intenz10 ne non è affatto . .
sito ad una « criti ca dei testi », ma s1bbene. d1 apportare alcune
' · m• che non sono ancora state date 111• ness'un posto, e che
• d1caz1o
eh'1anre c1ò e h e ossen-
m
possono aiutare in una certa _mis_ura . a
dowski chiama il « mistero dei m1sten ».

11 titolo di • Re del Mondo •, preso nella sua accezione più


elevata, la più comple ta e nel medesimo tempo la più rigorosa, si
applica propriamente a Manu, il Legislatore primordia le ed univer­
sale, di cui si ritrova il nome, sotto forme diverse, p.resso un gran
numero di popoli antichi. Questo nome, d'altronde, designa in re­
altà un principio, e non un personaggio storico ; ma questo prin­
cipio può essere manifestato da un centro spirituale stabilito nel
mondo terrestre, da una organizzazione incaricata di mantenere
integralmente il deposito della tradizione sacra ; ed il capo di una
tale organizzazione, rappresentando in qualche modo lo stesso
Manu, potrà legittimamente portarne il titolo e gli attributi. Tale

che è incassata nella Kac1ba della Mecca. -- Ossendowski, che non sa


che si tratta di un aerolito, cerca spiegare certi fenomeni come la corn­
pars? di caratteri alla sua superficie, supponendo che 1 essa era una
specie di ardesia.
(l) Altro esempio: il Bogdo-Khan o « :;oud
ad Ou�ga, conserva, tra le altre cose dha vivente» che risiede
sopra prez iose • l'anello di o'engis-Khan •
: . . li qua 1 e e• rncis
• • o uno swasfika, ed una placca
di rame che porta
i 1 s1g11lo del « Re del M on d o
». Sembra che Ossendowski non abbia po-
tuto vedere che il pri m? .ct·1
q
assai difficile di lmmaginare �e�h due oggetti ; ma gli sarebbe a
ben la nostra o fn· l es1ste �za del second
o. - Noi ab
opr le ra ni per le
rono dinanzi a/ 0��;: : :. g,� quali certe p� ti
d 1• ma , fino a nuo vo ordine, p
non esporle pubblic
amen:�
- 357 -
è ben il caso per 1 Agarttha, se questo centro ha raccolto, come
1

lo 111 • t-Yves,, I'ere d'1ta• dell,antic


• ct·1ca Sain . a « dinas
tia solare ,. (Sa a
vansha) che risiedeva nn tempo ad Ayodhya, e che facev
. . . a risa-
'! -
lire la �ua ongme a Va1vaswata, il Manu del ciclo attuale (1).
Saint-Yves pertanto, come lo abbiamo già detto non cons·­
dera il capo supremo dell'Agarttha come « Re del Mondo ,. : eg;i
lo presenta come " Sovrano pontefice », ed, in oltre, lo pone alla
testa di una « Chiesa brahmanica », designazione che procede da
una concezione un po' troppo occidentalizzata (2). A parte que­
st'ultima riserva, quello che egli dice, completa, sotto questo ri­
spetto, quel che dice da parte sua Ossendowski; sembra che cia­
scuno di essi non abbia veduto che l'aspetto che sembrava rispon­
der,f più direttamente alle sue tendenze ed alle sue preoccupazioni
dominanti, perchè, a vero dire, qui si tratta di un doppio potere,
ad un tempo sacerdotale e regale.
Nel medio evo esisteva un'espressione nella quale questi due
aspetti complementari si trovavano riuniti in una maniera che è
ben degna di nota: si parlava spesso, in quel tempo, d'una con­
trada misteriosa che si chiamava il « regno del prete Giovanni ».
Era il tempo in cui quel che si potrebbe designare come la « co­
pertura esteriore ,. del centro in questione si trovava formata, per
una buona parte dai Nestoriani e dai Sabezii (3); e, precisamente,

(J) È evidente che il « Re del Mondo», inteso come noi abbiamo


ora detto, non ha nulla assolutamente di comune con il Princeps hujus
mundi di cui si tratta nell' Evangelo. Noi n::,n avremmo neppure pensato
a fare questa osservazione se non sapessimo che una tale assimilazione
è venuta alla mente di alcune persone la cui comprensione si trova stra­
namente limitata da certe idee preconcette.
(2) Questa denominazione di e Chiesa bràmanica », in fatti, non è
mai
stata impiegata nell'India che dalla setta eterodoss� e tutta mode rna d�I
Brahma-SamAj nata sotto influenze europee e specialmente prote
stanti,
ben tosto divi�a in multipli rami rivali, ed oggi completamente estl_nta.
(3) Si sono trovate nell'Asia centrale, e particola
rmente nell_a �eg1one
i alle
del Turkestan, delle croci nestoriane cht sono esattamente sund la
nel loro centro
croci di cavalleria, e di cui alcune, inoltre, portano
figura dello &wastika. _ D'altra parte, è da notare che
i N�stori�ni eb­
bero un'azione importante, benchè assai tniamatfca
n11li ini1h dtll l1lan1.
- 358 -
di mendayyeh de Yahìa,
. I. davar1O a se stessi il nome
q uesti. ult1m · m
vale a d.ire e d.IScepoli cti Giov
anni "· A questo proposi·to, poss,a
fare subito • rvazione : è per lo meno cunoso
. • un,altra osse ·
che pa-
·
carat tere mo I to c I1iuso , · dagli
recch1• fra I gruppi· orientali di un ·
• deI • Vecchio de1la Montagna • a,· orust del b a o,
L1 'l
u hts• htn
nas
q�1a I � com e g1·
1 O . r ct·
tnt . ct·I ca-
abbiano preso uniformemente, t:.le e
vali ena· occ1 ·dentali , il titolo di ., guard1an1 della Terra Santa ,,. Il
cto · e ·
seguito farà senza dubbio. comprend�re meg1-10 · e h ques to puo
significare; pare che Saint-Yvcs abbia trovato una parola molto
giusta, forse ancor più ch'egli stesso 11011 pensasse, quando parla
dei • Templari dell'Agarttha •.
Comunqu·e, l' idea di un personaggio che è prete e re simul­
taneamente non è un' idea molto corrente in Occidente ; anche nel
medio evo difatti il potere supremo vi era diviso fra il Papato e
l'Impero (1 ). In Oriente, al contrario, una tale separazione proprio
al vertice della gerarchia non si trova ché in certe concezioni bud­
dhiste (2); vogliamo alludere alla incompatibilità affermata tra la
funzione di Buddha e quella di Cakravartt o « monarca universale .. ,
allorchè è detto che Shakya-Muni, ad un certo momento, ebbe
a scegliere tra l'una e l'altra. D'altronde, è permesso pensare che
,i,

ci fu ivi tutt'altra cosa che una sc::elta volontaria, perchè il fatto


che è cosi presentato da! buddhismo sembra bene non essere
altro in realtà che quello che è indicato tanto da Saint-Yves che
da Ossendowski : Shakya-Muni, allorchè progettò la sua rivolta
contro il Brahmanesimo, avrebbe veduto le porte di Agarttha chiu­
derglisi dinanzi. Conviene aggiungere che il termine Chakravarti
non ha,· in se stesso nulla di µropriamente buddhico e che può
beni�sirno, in una concezione strettamente ortodossa, �pplicarsi alla
funzione del Manu o dei suoi rappresentanti: è, letteralmente,

� ! ) Ne l l'� ntica Roma, per contro, l'Imper


ato, era nel medesimo tempo
Ponli!ex Maxam s . - La teoria musulmana del Khaliffa
� to unisce pure i due
poteri, almeno IU una certa misura
.
2 ar iamo qui d el budd hismo pro
,sfor� az ) 1o: n 1l· c l 1 e esso h priamente detto, e non delle tra-
a subite • fuort• de Il' Ind'1a sotto
• f l uenze procedenti da
in ' l'azione di certe
dottnne
• !rad1• Z1o. �ali o rtodosse, e che perml.
di ristabilire, in più .-.
di un easo, 1 legami che
volta di Shkayva Muni. erano stati rotti d•IJe.
- 3!19 ,-
.. colui che fa girare la ruota », vale a dire colui che collocato al
'
centro di tutte le cose, ne dirige il movimento senza parteciparvi
egli stesso, o che ne è, secondo l'espressione di Aristotile, il « mo­
tore immobile (1). È il punto fisso che tutte le tradizioni concor­
dano nel designare simbolicamente come il « Polo ", poichè è in­
torno ad esso che si effettua la rotazione del mondo ; e tale è il
vero significato dello swastika, questo segno che si trova sparso
dovunque, dall'estremo Oriente all'estremo occidente, e che gli
scienziati europei dei nostri giorni hanno vanamente cercato spie­
gare con le più fantasiose teorie.
Mediante ciò che abbiamo or detto per ultimo, si può com­
prendere che il « Re del Mondo ,. deve avere una funzione essen­
zialmente ordinatrice e regolatrice, che si può riassumere in una
parola come quella di « equilibrio • o di « armonia ,. : Quel che
intendiamo con ciò, è il riflesso, nel mondo manifestato, dell'im­
mutabilità del principio supremo. Si può cosi comprendere anche,
con le medesime considerazioni, perchè egli ha per attributi la
« Giustizia • e la « Pace .,, , che non sono che le forme rivestite

più specialmente da quest'equilibrio e da quest'armonia nel « mondo


dell'uomo ,. ; e noi richiamiamo su questo punto l'attenzione di co­
loro che si lasciano andare a certe paure chimeriche, di cui il libro
stesso di Ossendowski contiene come una eco nelle sue ultime
ri&he.
•••
Secondo Saint-Yves, il capo supremo dell'Agarttha porta il
titolo di Brahatma (sarebbe forse più corretto scrivere Brahmatmb),
• sostegno delle anime nello Spirito di Dio ,. ; i suoi due assessori
sono il Mahatma, « che rappresenta l'Anima universale ", ed il
Mahanga, « simbolo di tutta l'organizzazione materiale del Co­
smos ,. (2). Importa notare che questi termini, in sanscrito, desi-

paragoaa­
(3) La tradizione chinesc impiega, in un senso del tutto
È da osservare che se­
bile l'espressione di • invariabile mezzo •· -
cono nella ' Camera
condo il simbolismo massonico, i Maestri si riunis
di Mezzo"·
e Mahyn1••
(I) Ossendowski scrive Brahytma, Mahy#ma
- 360 -
. • ipi , e che essi non poss ono venire
gnano propriamente de1 princ .
. . in quanto questi rappresentano
applicati a deg 1-, esseri• umani che o ,
· .·1 p 1• di modo che anche in quest caso sono le-
qu�sh. stes� 1• t rm � a delle funzio�i e non a delle individualità.
gah essen z1a men e
w 1 dmlì, ' • le cause di questi av-
• dirige
Secondo o ssendo ski, il Mal·t

• .

· • o al Brahatma, egli puo • •parlare a 10 faccia



veniment·1 " ,. quart · · ·
• I ct tre, se c1 s1
a faccia, eL1 è facile compf·endere che cosa c10 vuo

ncorda eh e egli occupa il punto centrale dove s •
1 s t ab'I'
1 1sce t a co-
· ·
municazione diretta del mondo terrestre con g1.1 st at'I supenon,
ed, attraverso questi, con il Principio supre�no. D'altro�de, l'espres­
sione di "Re del Mondo;,, se si volesse mtenderta m un senso
ristretto ed unicamente per rapporto al mondo terrestre, sarebbe
assai in�deguata; sarebbe più esatto, sotto certi rispetti, di appli­
care al Brahatma quella di � Maestro dei Tre Mondi,. (1 ). "Quando
egli esce dal tempio, dice ar�cora Ossendowski, il Re· del Mondo
irradia una luce divina »; la Bibbia ebraica dice esattamente la
stessa cosa di Mosè quando egli discendeva dal Sinai, ed è da os­
servare, a proposito di questo rav·:icinamento, che la tradizione mu­
sulmana vede in Mosè quegli che fu il « polo» (El-Qutb) della su�
epoca; ancora bisognerebbe qui distinguere tra il centro principale
ed i centri secondarii che possono essergli stati subordinati, e
che lo rappresentano solamente pe r rapporto a delle tradizio'iÌi
particolari (2).
« Il Re del Mondo, disse un lama ad Ossendowski, è in
rap­
porto con i pensieri di tutti coloro che dirigono il destino dell'u­
manità... Egli conosce le loro intenzioni e le loro idee. Se esse
piacciono a Dio, il Re del Mondo le favorirà col suo aiuto
invi­
sibile; ma se spiacciono a Dio, il Re ne provocherà lo scacco.
Questo potere è dato ad Agarthi dalla scienza misteriosa di Om,

(1) A coloro che si meravigliassero d'una tale


. espressione, potremmo
chiedere se hanno mai riflettuto al trir;;gnum
, la tiara a tre corone che
è, con le chiavi, una delle principali inse
gne del Papato.
(2) Senza di! ungarci su questo punto,
faremo osservare che Ja fu 1-
zione di " legislatore " (in arabo
rasul), che è quelJa di Mosè, suppone
n t:essan_amente una delegazione
: del potere che designa il nome di Manu.
� altra p�rte, uno dei significati contenuti in questo
d1ca precisamente 11 _ nome di Ma.'111 i■-
riflesso della luce divina.
- 361 -

parola con la quale cominciano tutte le nostre preghiere "· Imme­


diatamente dopo viene questa frase, che, per tutti quelli che hanno
soltanto una vaga idea del significato del monosillabo sacro Om,
deve essere una causa di stupore : « Om è il nome di un antico
santo, il primo dei Ooros (Ossendowski scrive goro per guru),
che visse trecentomila anni fa. « Questa frase, difatti è assoluta­
mente inintelligibile se non si pensa a questo : l'epoca di cui si
tratta, e che d'altronde non ci sembra indicata che in un modo
assai vago, è molto anteriore all'era del Manu attuale; d'altra parte,
l'Adi-Manu o primo Manu del nostro Kalpa ( Vaivaswata essendo
il settimo) è chiamato Swlìyambhuva, cioè derivato da Swayambhu,
" colui che sussiste per se stesso », od il Logos eterno; ora il
Logos, o colui che lo rappresenta direttamente, può in verità esser
designato come il primo dei Gurus o « Maestri spirituali » ; ed,
effettivamente, Om è in realtà un nome del Logos (1).
D'altra parte, la parola Om da immediatamente la chiave della
ripartizione gerarchica delle funzioni tra il Brahiìtmiì ed i suoi due
assessori. Difatti, secondo la tradizione hindu, i tre elementi di
questo monosillabo sacro simboleggiano rispettivamente i « tre
mondi »; la Terra, l'Atmosfera, il Cielo, vale a dire, in altri termini,
il mondo della manifestazione corporea, il mondo della manifesta­
zione sottile o psichica, il mondo C:ei principii non manifestato (2).

(1} Questo nome si ritrova anche, in un modo assai stupefacente,


nell'antico simbolismo cristiano, dove, tra i segni che servirono a rap­
presentare il Cristo, se ne trova uno che è stato considerato più tardi
come un'abbreviazione di Ave Maria; questo segno � si de­
compone in A V M, vale a dire nelle tre lettere latine che equivalgono
esattamente ai tre elementi constitutivi del monosillabo Om (la vocale
o, insanscrito, essendo formata dall'unione di a e di u).
(2) Per più ampie spiegazioni sopra questa concezione dei « tre
mondi «, rimanderemo al nostro studio sull'esoterismo di Dante. Il sim­
bolismo di cui quì si tratta è esposto intieramente nella Mdndakya Upa­
nishad; in un opera che abbiamo l'intenzione di fare apparire prossima­
mente, daremo la spiegazione completa di questo testo dal punto di
vista puramente metafisico i ciò che abbiamo presentemente in vista ne
è una applicazione particolare.
- 362 -
Son questi, andando dal basso all'alto, i _dom!nii proprii de� Mahang�,
del Mahatma e del Brohatma, come s1 puo vedere facilmente n­
portandosi ali' interpretazione d_ei l?ro titoli ch_e è stata data . pi�
sopra • ed i rapporti di subordinazione che esistono tra questi di­
versi dominii giustificano bene, per il Brahatma, l'appellativo di
« Maestro dei tre mondi » che abbiamo impiegato precedente­
mente ( 1 ). Il Mahanga rappresenta la base del triangolo iniziatico
ed il Brahiìtmiì il suo vertice ; tra i due, il Mahatma incarna in un
certo modo un principio mediatore, la cui azione si spiega nello
« spazio intermediario » ; e tutto questo è chiarissimamente raffi­
gurato dai corrispondenti caratteri dell'alfabeto sacro che Saint-Yves
chiama vattan ed Ossendowski vatannan.
Se Ossendowski avesse compreso certe cose più profonda­
mente che non abbia fatto, avrebbe potuto osservare la rigorosa
analogia che esiste tra il ternario supremo dell'Agarttha e quello
del Lamaisml): il Datar-Lama, « che realizza la santità (o la pura
spiritualità) di Buddha », il Tashi-Lama, « che realizza la sua
scienza » (non « magica " come egli sembra credere, ma piuttosto
« teurgica » ), ed il Bogdo-Khan, « che rappresenta la sua forza
materiale e guerriera ,. ; è esattamente la medesima ripartizione
secondo i « tre mondi ». Egli avrebbe anche potuto fare questa
osservazione tanto più facilmente in quanto gli era stato indicato
che la « capitale di Agarthi ricorda Lhassa dove il palazzo del
Dalai'-Lama, il Potala, si trova in cima ad una montagna ricoperta
di templi e di monasteri » ; questo modo di esprimere le cose è
d'altronde erroneo in quanto rovescia i rapporti, perchè, in realtà,
è dell' immagine che si può dire che essa ricorda il suo prototipo,
e non il contrario. Vi è ancora un'altra concordanza: Saint-Yves,
descrivendo i varii gradi o cerchi della gerarchia iniziatica, che
sono in relazione con certi numeri simbolici, che si rileriscono spe­
cialmente alle divisioni del tempo, termina dicendo che « il cerchio
più elevato e più approssimato al centro misterioso si compone
di dodici membri, che rappresentano l' iniziazione surrema, e cor­
_
nspondono, tra le altre cose alla zona zodiacale ». Ora questa con-

(I) Nell'ordine dei principii universali la funzione del Brahlitmd si


riferisce ad Ishwara, quella del Mahatma ad Hiranyagarbha e quella de\
Mahanga a Viraj.
-- 363 -
s!ituzione si trova r_i prodotta in quel c ?e si chiama il « consiglio
_
circolare » del Dala1-Lama, formato dai dodici grandi Namshans
(o Nomekhans); e la si trova anche, d'altronde, fino in certe tra­
dizioni occidentali, da notarsi quelle che concernono i « Cavalieri
della Tavola Rotonda ». Aggiungeremo ancora che i dodici membri
del circolo interiore del!' Agarttha, dal punto di vista dell'ordine
cosmico, non rappresentano semplicemente i dodici segni dello
Zodiaco, ma anche (saremmo sino tentati di dire « piuttosto .,. ,
benchè le due interpretazioni non si escludano) i dodici Adityas,
che sono altrettante forme del Sole, in rapporto con i medesimi
segni zodiacali ; e naturalmente, come Manu Vaivaswata è chia­
mato « figlio del Sole », il « Re del Mondo " ha pure il Sole tra
i suoi emblemi (1 ). Vi sono veramente dei legami ben stretti tra
tutte le descrizioni che, in tutti i paesi, si riferiscono a dei centri
spirituali più o meno nascosti, o per lo meno difficilmente acces­
sibili ; la sola. spiegazione plausibile che possa esserne data, è che'
se queste descrizioni si riferiscono a dei centri diversi, questi non
sono per così dire che delle emanazioni di un unico e supremo
centro.

(1) II simbolo a cui facciamo allusione è esattamente quello che la


liturgia cattolica attribuisce al Cristo quando essa gli applica il titolo
di Sol Justitiae. Segnaleremo ancora che, tra gli antichi simboli del
Cristo che si riferiscono al medesimo ordine di idee, si incontra lo swa­
stika (segno polare, d'altronde, come abbiamo indicato più sopra, e non
solare come molti credono a torto) e la « mano benedicente » (che è
nel medesimo tempo la « mano di giustizia » ). Non pensiamo opportuno
per il momento, di menzionare il nome sotto il quale la funzione di
« Re del mondo » si trova espressamente designata nella tradizione giu­
daico cristiana; m�diante tutto quello che qui diciamo, taluni potranno
probabilmente scoprirlo senza grande difficoltà. D'altto lato, avrebbe
potuto essere interessante, dal punto di vista in cui ci mettiamo, e se
non ci avesse dovuto trascinare troppo lontano, esaminare certi attributi
caratteristici della regalità, e particolarmente il senso geroglifico della
parola ebraica ed araba Haq; questa parola ha per valore numerico
108, che è uno dei numeri ciclici fondamentali. Nell'India, il cappelletto
shivana è composto di 108 grani; ed il significato primo del cappe!!dl�
simboleggia la « catena dei mondi », vale a dire I' incatenamento dei
cicli o degli stati dell'esistenza.
••
t'Agarttha, dicesi, non fu sempre sotterranea, e_ non lo rimarrà
sempre; verrà un tempo in cui, secondo le parole nportate da Os­
sendowski, « i popoli di Aghartì usciranno dalle lo:o caverne ed
appariranno sopra la superficie della terra » (I). Pnma della sua
disparizione dal mondo visibile, questo centro portava un altro
nome, perchè quello di Agarttha, che significa « inafferrabile ,. o
« inaccessibile », non sarebbe allora stato adatto ; Ossendowski
precisa che è divenuto sotteraneo « più di seimila anni fa », ed
accade che questa data corrisponde, con una approssimazione ab­
bastanza sufficiente, ali' inizio del Kali-Yuga o « età nera », l' « età
del ferro ,. degli antichi occidentati (2) ; la sua riapparizione deve
coincidere con la fine del medesimo periodo. Vi sono in realtà, in
Asia centrale come in America e forse anche altrove, delle caverne
e dei sotterranei dove certi centri in.iziatici hanno -potuto mantenersi
da molti secoli ; ma, al di fuori di questo fatto, vi è in quello che
abbiamo ora ricordato una parte di simbolismo che non è molto
difficile districare. Saint-Yves avrebbe senza dubbio potuto spie­
gare questo simbolismo, ma non lo ha fatto, ed è quello che dà
a cene parti del suo libro un'apparenza di fantasmagoria (3); quanto
ad Ossendowskì, egli era certamente incapace di andare al di là
della lettera e di vedere in quello che gli si diceva altra cosa che
il senso più immediato.
In tutte le tradizioni, è fatto allusione a qualche cosa che, ad

. (1) Queste parole sono quelle con le quali termina una profezia che
11 « Re _del Mondo » avrebbe fatta nel 1890, qua n do apparve al mona­
stero d1 Naraba nchi.
2 IJ A!anvantara O era di un Manu, chiamatC'I anche aha-Y
. _ ( ).
divi M uga' si
de in quattro periodi • Krt·ta Y:·t1ga, Treta-Yuga,
Kali-- Yu a che . id . : a o r�1spettivam
Dwap arà-Y uga e
. nt1f ente con I'« età dell'oro•,
l' « età l1i'argent: », � « e ;� �el bron zo,.
e l'« età del ferro»
(3) c·i teremo come esempio I·1 passaggio . dove è quistione della « di-
scesa agli infer n i » . coloro .che
ne avranno l'occasione potranno para-
gonarlo con ciò che', sopra
' 1 1 medesimo soggctto, ne abbiamo detto qui
stesso a proposito di Dante.
-36!5-
una certa epoca, sarebbe stato perduto o nascost() ! è per esem 1
il soma degli Hindu od il Haomà dei Persiani, che �on mane: �Ì
un c�rto. rappor to col 0:aal delle leggende occidentali; presso gli
Ebrei è 1a vera pronuncia del gran nome divino (1). II periodo
attuale è du_n�ue_ un perio?o di o�curamento e di confusione (2);
le sue cond1z10111 sono tait che, sm tantu che persisteranno la co­
noscenza iniziatica deve necessariamente rimanere nascosta 'donde
il carattere dei « Misteri » dell'antichità detta « storica ,. (�he non
rimonta neppure sino al principio di questo periodo) e delle or­
ganizzazioni segrete di tutti i popoli : organizzazioni che danno
un?. iniziazione effettiva là dove sussiste ancora una vera dottrina
tradizionale, ma che non ne offrono più che l'ombra quando lo
spirito di questa dottrina ha cessato di vivificare i simboli i quali
non ne sono che la rappresentazione esteriore, e .questo perchè,
per diverse ragioni, ogni legame col çentro spirituale del mondo
ha finito coll'essere rotto. Si deve dunque parlare di qualche cosa
che è nascosto piuttosto che perduto, poichè non è perduto per
tutti e taluni lo posseggono ancora integralmente ; e, se così è,
altri hanno sernpre la possibilità di ritrovarlo, purchè lo cerchino
come si conviene, vale a dire purchè la loro intenztone sia diretta
in tal guisa che, mediante le vibrazioni armoniche che essa risveglia
secondo la legge delle « azioni e reazioni concordanti » (3), essa
possa metterli in effettiva comunicazione spirituale con il centro
supremo (4).

(1) Ricorderemo anche, a questo rispetto, la « Parola perduta» della


Massoneria, che simboleggia parimente i segreti della vera iniziazione.
(2) L' inizio di questa età è rappresentato, nel simbolismo biblico,
dalla Torre di Babele e dalla « confusione delle lingue ,. .
(3) Questa espressione è tratta dalla dottrina taoista ; d'.altra �arte,
noi qui prendiamo la parola « intenzione » in un senso che e assai esat­
tamente quello dell'arabo niyya, che abitualmente si tniduce cosi, e
questo senso è d'altronde conforme all'etimologia latina.
(4) Quel che abbiamo or detto permette di interpretare in un senso _
molto preciso queste parole dell' Evangelo: « Cercate e trove rete; chie­
dete e riceverete; picchiate e vi sarà aperto». - Si può anche,_ dal
punto di vista della tradizione cristiana intesa nel suo senso superiore,
e
F,ll'De una spiegazione di questa formola : Pax in terra hominibus bona
,;t;,ntatls.
- 366 -
il centro p r . �1ezzo di
In Europa, ogni legame stabilito con ed. è cosi� g1� da t •
rotto, _ compiuta ?a
organizzaziòni regolari è attualmente e
rott ura non d un
recchi secoli· d'altronde, questa
s1
successive. La prim a di queste
tratto solo �a in parecchie fasi 0 secolo ; d'altronde quel che abbiam
fasi rimonta ali' inizio del XIV
e
già detto degli Ordini di cavalleria può f_ar c�mprend re che un�
delle principali loro funzioni era quella d1 assicurare una comuni­
cazione tra l'Oriente e l'Occidente, comunicazione di cui è pos­
sibile di afferrare la vera portata se si osst:!rva che il centro di
cui qui parliamo è sempre stato descritto come situato dalla parte
di Oriente. Ciononostante, dopo la distruzione dell'Ordine del
Tempio, il Rosacrucianismo, o ciò cui dovevasi in seguito dare
tal nome, continuò ad assicurare il medesimo legame, benchè in
maniera più dissimulata (1 ). La Rinascenza e la Riforma segnarono
una nuova fase critica, ed infine, secondo quanto sembra indicare
Saint-Yves, la rottura completa avrebbe coinciso con i trattati di
Westfalia, che nel 1648, terminarono la guerra dei Trent'anni. Ora
è notevole che parecchi autori abbiano affermato precisamente
che, poco dopo la guerra dei Trent'anni, i veri Rosa Croce ab­
biano lasciato l' Eur0pa per ritirarsi in Asia ; e ricorderemo, a
questo proposito, che gli Adepti rosacruciani erano in numero di
dodici, come i Membri del cerchio più interiore dell'Agarttha. A
partire da questa ultima epoca, il deposito della conoscenza inizia­
tica non è più custodito realmente da alcuna organizzazione ocd•
dentale; così Swedenborg dichiara che è oramai tra i Savii del
Thibet e della Tartaria che bisogna cercare la « Parola perduta ,, ;
e, dal suo lato, Anna-Caterina Emmerich ha la visione di un luogo
_ .
m1sten oso che essa chiama la « Montagna dei Profeti » e che
ess� s1_ �ua nelle medesime regioni. Aggiungiamo che è da,!le infor­
maz10m frammentarie che 1\t\.me B!avatsky potè raccoglie
re su questo
argomento, senza d'altronde comprenderne veramen
te il significato
che nacqu� in essa l'idea della « Gran Loggia
Bianca » ' che po�
tremmo chiamare una carie at Ula . O d una parodia immaginaria del-
l'Agarttha.

(l) Anche su questo pun . .


to siam
• o obbltgati a rimandare al nostro
studio su Dante dove bb" '
di giustificare q�esta a:ser��:e.dato tutte le ind ic azioni che permettono
-367-

In base a quanto riporta Ossendowski, il « Re del Mondo ,.


apparve un tempo parecchie \'Olte, nell' India e nel Siam, "' bene­
dicendo il popolo con un pomo di oro sormontato da un anello ,. .
e questo particolare prende tutta la sua importanza quando lo si
riaccosta a quel che Saint-Yves dice del « Ciclo dell'Agnello e
dell'Ariete » ( l ). Da un'altro lato, e questo è ancora più degno di
nota, nella simbolica cristiana esistono innumerevoli rappresenta­
zioni dell'Agnello sopra una montagna da cui discendono quattro
fiumi, che sono evidentemente identici ai quattro fiumi del Para­
diso terrestre (2). Ora noi abbiam detto che l'Agarttha, anterior­
mente all'inizio del Kali-Yuga; portava un altro nome, e questo
nome era quello di Paradesha, che, in sanscrito, significa « con­
trada suprema », il che si applica bene al centro spirituale per ec­
cellenza, designato anche come il « Cuore del Mondo ,. ; è da
questa parola che i Caldei hanno fatto Pardes e gli occìdentali
Paradiso.
Non è ancor tutto ; se ci si riporta a quel che è stato detto
più sopra sul simbolismo del « Polo », si potrà comprendere adesso
quel che significa la « montagna polare » di cui è questione, sotto
nomi diversi, in quasi tutte le tradizioni: il Meru presso gli Hindu,

(J) Ricorderemo qui l'allusione che abbiamo già fatto altrove al rap­
porto che esiste tra l' Agni vedico ed il simbolo dell'Agnello; l'ariete
rappresenta, in India, il veicolo di Agni. D'altra parte, Ossendowski
indica a parecchie riprese che il culto di Ràma esiste sempre in Mon­
golia ; vi è dunque là altra cosa che del Buddhismo, conirariamente a
quel che pretendono gli orientalisti.
(2) Segnaliamo pure le rappresentazioni dell'Agnello sopra il libro
sigillato coi sette sigilli di cui è parlato nell'Apocalisse,; il Lamaismo
tibetano possiede egualmente sette sigilli misteriosi, e noi non pensiamo
che questo avvicinamento sia puramente accidentale. Per comprendere
intieramente quel che segue, sarà bene di riportarsi alla parte del nostro
studio sopra Dante dove sono spiegati i rapporti del Paradiso terrestre
e della Gerusalemme c�leste (preraffigurata dalla stessa città di Geru­
salemme).
-368-
l'Alborj presso i Persiani, la montagna di Kaf presso gli arabi
ed anche il Monsalvato della leggenda occidentale del Graal. Anche
quì, si tratta di una regione che, come il Paradiso terrestre, è di­
venuta inaccessibile, e questa regione è veramente la « contrada
suprema ,, ; del resto secondo certi testi vedici ed avestici, la sua
situazione sarebbe stata primitivamente polare, anche nel senso
letterale di questa parola. D'altra parte, sembra che vi sia luogo
di considerare parecchie locaiizzazioni successive, corrispondenti
a diversi cicli, suddivisioni di un altro ciclo più esteso; ma, senza
insistere su questa questione molto complessa, diremo che possono
anche esservi simultaneamente, oltre il centro principale, parecchi
centri secondarii che vi si ricollegano e che ne sono come altret­
tante immagini. Abbiamo già notato l'analogia di Lhassa, centro
del Lamaismo, con l' Agarttha; aggiungeremo che, anche in Occi­
dente, si conoscono ancora almeno due città la cui stessa dispo­
sizione topografica presenta delle particolarità che, all'origine, hanno
avuto una simile ragione di essere: Roma e Gerusalemme (i). Vi
era difatti, nell'antichità, quel che si potrebbe chiamare una geo­
grafia sacra, o sacerdotale, e la posizione delle città e dei templi
non era arbitraria, mé\ determinata secondo delle leggi molto pre­
cise (2); d'altronde, vi era tra la fondazione di una città e la co­
stituzione di una dottrina (o di una nuova forma tradizionale, per
adattamento a delle condizioni definite di tempo e di luogo) un
rapporto tale che la prima.era spesso presa per simboleggiare la
seconda (3). Naturalmente, bisognava prendere delle precauzioni
affatto speciali, quando si trattava di fissare la positura di una
città che era destinata a divenire, sotto un rapporto o sotto un
altro, la metropoli cli tutta una parie <lei mondo ; cd i nomi delle
città, come pure quel che viene riferito delle circostanze della loro

(I Vi fu un centr? cli questo genere anche in Creta


. � nell'epol'a rreel­
len�c �, pare che l'Egitto ne abb1a contati parec
chi, probabilmente fon­
dati 111 epoche successive.
(2) Il Timeo di Platone sembra con
. t,enere
, certe allusioni alla scienza
d•I CUI• SI. tratta.
(3) Ricordiamo qui il simbolo di Amf
ione che costruiva le mur:i di
Tebe col suono della sua lira.
- 369 -
fonda zione, meriterebbero di essere esaminati accuratamente da
questo punto d.1 vis · t a; ma son queste delle considerazioni che
non
si collegano che •mct·ire ttamente al nostro soggetto.
Potremmo citare ancora, in quel che concerne la ., contrada
suprema », molte altre tradizioni concordanti (1 ), ma dobbiamo li­
mitarci; la conclusione che si ricava molto nettamente da tutto
questo, è l'affermazione che esiste una « Terra Santa » per eccel­
lenza, prototipo di tutte le altre « Terre Sante », centro spirituale
a cui tutti gli altri centri sono subordinati (2). Nel periodo attuale,
questa " Terra Santa », difesa dai « guardiani » che la nascondono
agli sguardi profani pur assicurando per altro certe relazioni este­
riori, è invisibile, inaccessibile, ma solamente per coloro che non
pos�eggono le qualifiche richieste per penetrarvi. Ora, la sua lo­
calizzazione in una regione determinata deve essere riguardata
come letteralmente effettiva, o soltanto come simbolica, oppure è
simultaneamente l'una e. l'altra? A questa questione, risponderemo
semplicemente che, per noi, gli stessi fatti storici e geografici hanno,
come tutti gli altri, un valore simbolico, che d'altronde, evidente­
mente, non toglie loro nulla della loro realtà propria, ma confe­
risce loro un significato superiore (3). Ne abbiamo già detto assai
più di quanto non era stato fatto sinora, ma non pensiamo che

(1) Vi è specialmente un altro nome, probabilmente più antico an­


cora di quello di Paradesha, e che aveva la medesima accezione : è quello
di Tuia, di cui i Greci fecero Thulé; forse avremo occasione di ritor­
narvi in un altro studio poichè questo si ricoliega a tutto un insieme
di questioni di un interesse assai grande.
no al
(2) Notiamo ancora, che tra le scuole buddhiche che esisto
Giappone, ve n'è una il cui nome si traduce con « Tt!rr� �ura »,
espre :­
parte ri­
sione equivalente a quella di « Terra Santa», e che, d altra
», senza
corda la denominazione persiana dei « Fratelli della Purezza
parlare dei Catari del medio evo occidentale.
dei se�si second�
(3) Questo può essere paragonato alla pluralità
orsi O dal di­
i quali si interpretano i testi sacri, e che, lungi dall'_opp
nella conoscenza
struggersi, si com pletano e si armonizzano al contrario
sintetica integrale.
- 370 -
sia troppo ; nelle circostanze in mezzo a cui viviamo presente­
mente, gli avvenimenti si svolgono con una ta_le rapi?ità che molte
cose di cui le ragioni non appaiono ancora 1mmed1atamente po­
trebbero ben trovare; e più presto di quello che non si sarebbe
tentati di crederlo, delle applicazioni assai imprevedute (1 ).

RENÉ GUÉNON

{I) Aggiungeremo quì, per tutta risposta a certi attacchi, come pure
per prevenire delle nuove malevole insi::uazioni, che coloro che affer­
reranno tutta la portata d: quello che abbiamo ora detto comprende­
ranno in tal modo i motivi della nostra attitudine verso tutte le orga­
nizzazioni pseudo iniziatiche che hanno veduto il giorno nell'Occidente
contemporaneo : non ve n'è aJcuna che, sottomessa ad un esame serio,
possa fornire la me.1oma prova di « regolarità ».

CHAOS SOPHORUM

Filius Philosophorum audiat sophos unanimiter


conc.ludentes, opus hoc esse creationi universi adsi­
milandnm. In initio igitur creavit Deus coel1..1m et
terram, et erat terra inanis et vacua, et ferebatur
Dei spiritus super aquarum fuciem, et dixit Deus,
esto lux, et lux erat. Verba hacc artis filio sat
erunt. Etenim coelum cum terra oportet conjungi
super thorum amicitiae. Sic in honore per univcrsam
vitam regnabit.
Introitu1n Apertus ad Occluswni Regis Palatinm; autore
a1tonymo Philaletha philosopho. ( Amstelodami, 1667, pag. 8)
- 371 -

TRA LIBRI E RIVISTE


A proposito di Gerarchi�..

La rivista «Gerarchia»� organo dell'on. Mussolini; nel suo numero


di ottobre 1924, dedica circa sei pagine della rubrica « Cronache del
pensiero religioso « ad un riassunto ed a una confutazione di un nostro
articolo iutitolato « L'Uni versaliià Romana e quella cattolica», apparso
nel numero di agosto-settembre della « Vita Italiana». Questo scritto di
«Gerarchia» porta il titolo: « Un'altra Gerarchia», e la firma Fermi,
pseudonimo dell'unico scrittore di «Gerarchia», che non firma col suo
vero nome.
Ci è impossibile riassumere qui tanto il nostro articolo della « Vita
Italiana» quanto quello del nostro avversario; ma i lettori di « Atanòr,.
conoscono già per altri scritti qui pubblicati il nostro pensiero, e non
avranno difficoltà ad immaginare la tesi e gli argomenti da noi addotti
in cotesto studio.
Dal titolo stesso: «Un'altra Gerarchia» e da tutto il contesto dell'ar­
ticolo comparso neJl'organo Mussoliniano, traspare netta la preoccupazione
dello scrittore : «Perchè ha scritto il Reghini?». si chiede egli. Per cal­
deggiare un'idea che molti oggi accarezzano, non senza una segreta spe­
ranza: l'idea di costituire un'élite capace di assumere la direzione, spiri­
tuale, per ora, del mondo ». Il Fermi ci attribuisce questo intendimento,
deducendolo dal cenno che, nel nostro articolo, abbiamo fatto della pro­
posta dell'élite intellectuelle fatta dal Guénon nel suo libro « Orient et Oc­
cident" allo scopo di collegare l'Oriente e l'Occidente e porre in tal
modo le basi per una ricostituzione dalla tradizione metafisica in Occi­
dente. Il Fermi, dopo avere aggiunto �uel « per ora,. a far comprendere
ai suoi lettori che il proposito di dirigere spiritualmente il mondo na­
sconderebbe nella élite intellectueUe l'aspirazione ad un'altra direzione,
giudicandoci alla stregua di certe Compagnie ben note per le loro in­
traprese passate e presenti, afferma poi che tale programma non potrebbe
essere raggiunto perchè « il grandioso disegno della Gerarchia spirituale,
dovesse pur attuarsi, e nel modo come egli (il Reghini)" lo concepisce, non
sarebbe altro che una nuova Accademia».
Noi non possiamo fare altro che rimandare il Fermi ed i lettori di
« Gerarchia,. alla recensione dell' « Orient et Occident» apparsa �el nu-
- S'72 -
mero precedente di • Atanòr •, nonchè all'opera stes,;a <.!elio scrfttot(:
francese, dove colla massima possibi!t; chiarezza l'd insistenza è detto e
ridetto che questa élif:: intellectuelle non ha assolutamente nulla a che
fare con una società od una org,rnizzazione formale di alcuna sorta.
Non è colpa nostra se coloro i quali, per motivi varii, vogliono esserci
avversarii, nella loro incapacità a concepire la realtà di una co­
munione spirituale, fattiva e vivente, al disopra di ogni espressione e
confinamento in società, partiti, chiese et similia, non sanno fare a meno
di materializzare il concetto della élite, riducendolo al loro livello umano.
Ciò non è altro, appunto, che conseguenza e prova di quell'oscuramento
del senso spirituale, di quel crasso materialismo, che anneobia la men­
talità dell'Occidente, e cui l'élite si propor:e sottrarre, dapprima gli
eletti, eppoi, nei limiti del possibile, I' intiera cristianità.
Perché paventare quest'opera? Perchè contrastare questo intendi­
mento? Per ragioni spirituali?
Si rassicuri il Fermi, noi non abbiamo nessun proposito di costi­
tuire un'altra gaarchia. Quando ci serviamo di questa parola gerarchia,
infatti, non intendiamo alludere od occuparci delle molte « gerarchie >,
come quella militare, quella fascista, quella massonica, quella ecclesia­
stica, che fanno uso più o meno appropriato di questo termine, ma in­
tendiamo sempre riferirci alla «Gerarchia,. intesa nell'accezione etimo­
logica della parola, e cioè alla gerarchia spirituale esistente di fatto, la
quale è già, e non può essere che quella che è, necessariamente e per
definizione, unica. Noi non pensiamo nè a scimmiottarla, nè ad avver­
sarla, nè ad alterarla; ci sembra savio invece riconoscere l'esistenza della
gerarchia spirituale effettiva, badando solo ad occupare in essa il posto,
modesto od elevato, che ci compete.
L'articolo di René Guénon sopra « Il Re del Mondo », che appare in
questo stesso numero di « Atanòr », può dare anche ad un profano una
prlma sensazione della effettiva esistenza della gerarchia universale,
esistenza tradizionalmente riconosciuta in Oriente. Sì potrebbe mostrare,
e ci proponiamo di farlo in seguito, che anche in Occidente esiste la
tradizione di questa gerarchia unica, cui" presiede il monarca universale,
il Re del Mondo, il Solimano, il Sar-Ha-Olam, l' Imperator. Le traccie
di questa tradizione biblica e musulmana, si possono ritrovare nei canti
dei trovatori, e nelle leggende rosacroce e massoniche, come si desume
dai Praedamifae de 1 La Peyriere, dalla Bibliotèque Orienta del O' Her­
le
belot, dal Iter Subterraneum det Klimius e da altri scritti. Riconoscendo
l'esistenza della vera gerarchia, non siamo dunqu
e noi che possiamo
pensare a costituirne dei surrogati. Anzi, è
senza altro evidente che le
gerarchie parziali, ristrette ad un dato
ambit o e paese, se non vogliono
fare sboccare chi_ per esse ascenda
dinanzi ad un vicolo cieco, debbono
- 373-
a'.la loro volta coordinarsi e subordinarsi nel « regno det. c1e1t . . ,. alla
supr ema ed umca• gerarc h'
1a. Non è una nostra pretesa questa ,. e. una
. .
necess1• tà d1 fatto che non abb iamo, noi ' la presunzione d.1 rinneg
• are.
Not. non pens.ia�o dunq_ue a creare un'altra gerarchia, nè a costi-
.
tuire . un� " N uova , ccadernia"· C�dono perciò tutte :e confutazioni del
Fermi dirette a mostrare •
che non e mediante una « nuova Accademia•,
.
·
c�e e p_ osst t·b · e creare .
1 1
�rand1 movimenti spirituali, i quali, come egli
dice giustamente, « non sz creano a tavolino, non hanno assolutamente a
veder nulla con le Istituzioni /i/antropiche e le Società di cultura ». Anche
noi sappiamo, seco ndo quanto osserva il Pareto, che i movimenti reli­
giosi partono dal popolo ; e, non soltanto non intendiamo costituire
nuove accademie, ma non pensiamo affatt0 a movimenti religiosi. Nè il
nostro articolo nella « Vita Jtàliana ", nè il libro del Guénon ivi citato
auspicano e propugnano un qualsiasi movimento religioso, perchè daÌ
punto di vista della sapienza tradizionale siamo piuttosto alieni dalle
innovazioni. È noto, come i Romani, cosi larghi e tolleranti in fatto di
religione, si opponessero ai culti nuovi, e per questa ragione anche al
cristianesimo, in quanto sapevano che dal punto di vista della sapienza
tradizionale e da qnello della pace e dell'ordine sociale non vi è nulla
da guadagnare dalle propagande e daile lotte di religione.
Il campo d'azione della « élite intellectuelle », sola capace secondo
il Guénon di arrestare la pericol o sa deviazione dell'Occidente fuorviato
e di rimetterlo in carreggiata, non è quello della religione, nè della
cultura, nè della politica, ma sibbene quello « intellettuale puro», e non
è colpa nostra se in Occidende si fanno in proposito delle confusioni.
Circa mezzo secolo fa, il Nietsche già scriveva: « È passato il tempo,
in cui la Chiesa possedeva il monopolio della meditazione, e in cui la vita
contemplativa doveva, anzi tutto, essere sempre vita religiosa. (La Gaia
Scienza, IV, 280) "· « Per un uomo pio, diceva ancora . il Nietsche, non
esiste sol;tudine vera, siamo stati noi, atei, a primi inventare la solitudine.
(La Gaia Scienza, V, 367) ». Ne consegue che alla « Grande Solitudine,.
cui è possibile pervenire mediante la vita contemplativa, non si può
giungere colla semplice vita religi o sa, perchè fintan'10 si ha il senso
dell'altro, fintanto si prega qualcuno, si resta vittime dell' «alterazione».
Il monaco, il Muni, che riconosce la sua solitudine interiore, non è
sempre colui che abita nei monasteri, dove mo lti si radunano per star
soli. Un convento no:1 è sinonimo di monastero ; ed il luogo come l'a�
d,
bito non fa il monaco, ma sibbene l'afferrare che: «non c'è nulla
cose come se
diverso qui; va da una morte in un'altra chi vede qui le
uale e re rtgto . �o '.
fossero diverse. (Kath. Upanishad, IV. 11) ».
Sempre a cansa di questa confusione tra intellett al Regh tm
non piac e
tra metafisico e mistico, il Fermi afferma che "
- 374 -
l'unione mistica con l' Unità suprema ». Siccome egli pone, tacitamente,
per postulato c �e soltanto per via mistica (e, s'intende, cristiana) si può
ottenere tale unione, ne trae, sempre tacitamente la illazione che i non
mistici debbono essere avversi alla unione con la Divinità. L::t verità, e
risulta da quanto sopra abbiamo detto, si è semplicemente che riteniamo
il misticismo cristiano con le sue morbosità sentimentali e devote, non
sia il più atto per raggiungere di fatto cotesta unione. Se la parola mi­
stica fosse adoperata nel suo senso primitivo ed etimologico riferendosi
al mystes dei sacri misteri, non avremmo nulla da obbi�ttare; abbiamo
molto invece da obbiettare a quanto è indicato oggi dalla parola mi­
stico grazie alla solita deformazione in senso religioso, devozional e-,
sentimentale e patologico che anche questa parola ha subito.

In uno spunto polemico, nella prima parte del nostro articolo nella
• Vita Italiana» per controbattere l'ostracismo dato dai nazionalisti alla
Massoneria a causa del suo preteso esotismo, abbiamo mostrato quanto
cotesto terreno sia sdrucciolevole per i nazionalisti ed i paladini della
religione dominante. È innegabile dihtti il carattere esotico del cristia­
nesimo, dato il fatto « inequivocabile » (per usare uno dei barbari ter­
mini con cui infiorano la lingua italiana i fascisti ed i nazionalisti) che
Gesù è nato. cresciuto e vissuto in Asia, a differenza di Pitagora, per
esempio, che non era certo un asiatico, e che visse e lavorò in Italia.
II Fermi che ha sentito la botta diritta, cerca ritorcerla dandomi di
esaltatore dell'Oriente Ai lettori di "Atanòr » non occorrerebbe dimo­
strare quanto sia inesatta cotesta asserzione. Essi sanno come quella per
cui siamo in campo sia una purissima battaglia di italianità, e come sia
vano farci passare per degli anti-occindentali. Ma, a costo di ripeterci,
torniamo a fare osservare come ogni scienza, profana od iniziatica, fisica
o metafisica, sia necessariamente indipendente dalla latitudine e dalla
longitudine geografica. La proprietà del triangolo, avente i lati lunghi
rispettivamente, tre, quattro e cinque, di avere i lati minori ortogonali
tra loro, nota parimente agli Egizii, a Pitagora ed a Chang-tst, non
è nè orientale nè occidentale, ma semplicemente geometrica. Così gli
studiosi della scienza iniziatica non hanno alcun motivo di essere ne prò
nè contro l'Oriente o l'Occidente.
Non vi può dunque essere nessun contrasto tra la sapienza metafi­
sica secondo gli orientali e quella secondo gli occidentali , esse possono
soltanto differire nell'espressione che è connessa alla forma mentis e�
allo sviluppo storico della diversa civiltà. Per questa ragione deve�,
_
tenere conto del carattere romano della civiltà occidentale ed m parti-
-- 375 -
. italiana ; ecco perchè cer-
colare d�lla ra d·ca 1 le ed immortale paganità . ·t . o-
. 1·n « Atanòr » alle corren ti pagane, p1 �gonche e r
chiamo ncoll ega rc,
t razza' tradizione e mentalità . Ma l' ita-
ma11e, connaturate alla nos ra •versalità ' ' sia pere h •
e l' •
umversa 1·,tà dell
. .tà non contrasta con "•
ha01 uni . I' 1talia0 . .1t . a
. con sia perchc . a non può pog-
scienza no n con osce cer t·• fini ' . . . t·1co ed
re sacro, m1z1a
giare che sulla roman'Ta d'1 cui il caraae prete e della Chiesa utn1v . er-
sa r15 r•e·o permane per mo nei
r · riflessi e nelle s cat olica.
Un altro capo ctI· accusa il Fermi lo trova ne! . ' t ," art.e sacra ».
r
rntto che
'
I
non sarà comu . t a aIle moltitudini. A ccade cosi d 1 tu t e :e scienze, di
nica
. ed anche la Chiesa cattolica non permette a qua I unque fe-
tuttc le arti, · y·1 e· propno · da
:, e· di amministr ' are 1. sacramenti.
dc:e d.1 ct·1r me"sa
• 1-1 ars1· chc anche J'. arte sacra" debba essere nservata . a . me-
rav1g . . chi sa ap-
prcn , derI a ?• Ne consegue proprio a filo dt Iog1ca, come suppone .ti Fern1.1,
• ' •
che essa debba essere e sia impartita soltanto « at dl'.tge�tt• ufft·�ra · 1·z e
visibili delle nazioni, anzi del Sacro Impero?» Questa 1llaz1one ed 11 con­
seguente allarme del Fermi sono arbitr_arii. N�turalmente_, _com_c o��i �c­
cade che degli scienziati siano chiamati per t loro menti sc1enhf1c1 a
far parte del Senato e del G<>verno, la conoscenza della scienza inizia­
tica potrebbe costituire un titolo per essere chiamato ad una funzione
dirigente nella cosa pubblica, che davvero troppo sarebbe vedere in tale
conoscenza una ragione di demerito e di esclusione; ma ·il supporre
come fa il Fermi che tali dirigenti debbano essere indotti dalla loro
scienza a tenere in no� cale gli interessi, le aspirazioni, i sentim
enti
dei governati, è supporre che i sapienti, in virtù della loro
sapienza,
siano degli ignoranti. Potrà anche d;:rsi che il Fermi
sia in buon a fede
(tutti sono in buona fede, fino a prova in cont
rario , e non sentiremmo
l'opportunità di dire una banalità di questo
gen ere se il Fermi non ci
avesse obbligato a questa facile ritorsio
ne) in questa sua catena di ar­
bitrarie !lla�ioni; ma è evidente che
è troppo comodo per colifutare un
avve�sar� tirar una catena di illa
� � zioni, far del le ipotesi sopra il futuro
eppoi cnttcare ti parto della ,
' pro pri a fan tas ia com e se fos
l avversario . se la tesi del-
�-er riporta�e l'occidente
ad una comprensione intel
sta�� hre 1a tr?d1z1. 0ne della lettuale per ri-
sci enza metafisica, non
l ' é /ue de, G uenon sia si tratta' 'sia con
, altr ìmP�n t·1, d'1 agi•re
una nuova accademia nel cam po della cultura con
• . ' nè si tratta ct·1 azione
smedno, né s1. tratta di rifo · sa.
politica per mezzo (li un
riforma protestante n na re 1·igw . Quel che abb iam o scritto della
dovrebbe tran . .
" nova tori », non ul llt zz are ti . Fermi. Non siamo dei
sentiamo il prur�
pazione di salva ito della propagan
re l'umanT i � con delle « da, nè la preoccu­
di riformare la bu on e novelle ». Non si tratta
• reli
posito (egli scriv gione es 1stente come il .
e la rei'tgione . F er mi P venta sia nostro pro-
esiStente, perchè
delle altre religioni non
- 376 -

si preoccupa, e_ SI
•�t eh e le riformerebbe e le distruggerebbe volen-
: non fare agli altri quel che non vor-
tieri, in omagg w a .a ma ssima . si tratta di comprenderla e di renderla con:-
. . fosse fatto a te) ,
rest•1 che .
prens1bile al_la I_uce delia conoscenza spirituale effett1va, . d eIla espene nza
• • iatica .
miz det m1s t eri . sac 1_ ' della tradizione sacerdotale. espert a de i fatti,

1•
depositaria . d1 ..
formu Ie, riti e ce-
delle . realtà mten on, • e n on semplice . .

rimonte meccanicamente ripetuti e trasmess1. La re1·1g10ne non puo, es-
. e non .
.tmts;
sere danneg • ta da u 11a tale instaurazione ub
gia . e co1 pa nostra
• catt.o 1· 1ca si· è ridotta a vedere un penco 1 o •
m quanto ele
se la Chiesa ..
verebbe •
11 1-
1ve li o " m
• te11·ettuale » e spirituale della rehgtone. L a R'1forma
• •
npud1ò tutto que• o c li he non era capace di comprendere al lume
. della

sua ragione; noi PI!,nsiamo che rigettare per mcomprens1one e a 1 trettanto
• •
. f • .• ,
inintelligente quanto accettare senza capire ; e c1.· sembra pre ent,1Je I a�
spirazione alla conoscenza alla voglia di rigettare, anche se talora certi
atteggiamenti e certi sentimenti siano tali da muover �av�ero alla nausea.
Vorremmo che anche attraverso alla gerarchia eccles1asttca, anche s_ otto
la guida sacerdotale, si potesse dalla religione assurgere_ alla sapienza
metafisica, in modo che i pochi che drizzan per tempo ti_ collo a� pan
degli angeli non si trovassero eternamente e fa:alm�nte incatenati alla
mangiatoia del « prossimo », dove la mandra dt facile contentatura in­
grassa lieta e soddisfatta

O di paglia o di fieno
purché il suo corpaccio sia pieno.

Quanto alla massa che non può assurgere alla verità, poco impor
ta
di quale illusione, credenza ed errore si bei. Per pensare ad una r iforma
religiosa bisogna credere che una sostituzione di credenze possa
portare
alla conoscenza, bisogna credere alla possibilità di rinchiude
re ed enun­
ciare la verità in formule intelligibili a tutti ; mentre
noi sappiamo che
agli effetti della conoscenza il credere ed il pens
are sono, a dir poco,
assolutamente superflui; poictè la conoscen
za è data dall a conte mpla­
zione pura che è nece ssariamente immune
dai sentimenti e dai raziocinii.
E poichè non può ess,ere che così,
logic amente e necessariamente,
ricono sciamo il diritto de'la massa
ad una credenza, e non solo rispet­
tiamo la religione della maggiora
nza, ma anche quelle de lle minoranze,
e persino ai cretini riconoscia
mo il diritto di dire e credere tutte le cre­
tinate che vogliono. Non sia
mo dunque cosi malvagi da voler togliere
le �tarnpelle agli zoppi ;
ma non siamo nepP.ure disposti
pericolo permanente rap a trascurare il
presentato dal fanatismo ag
e P:rsecutore che con gressivo, prepotente
la scusa del salvataggio
dell amor del Pròssimo d e lle anime ed in nome
è sempre pronto da un
momento all'altro a tra-
- ffl -
mutare U ruminante cristiano In una, bestia feroce • E che sia necessar1o
· mente e socia
politica • Imente tener d occhio le sempre possib·
I1·t mani•-
festaziom• deIla .« cari·tà • iana ,., ci sembra indicarlo anche 1
cnst
. . a non
troppo vel a ta minacc
. .
ia de 11o scritto re di « Gerarchia ,. il quale non SI
perita di . amm�ntre 1 non c�n!ormisti in questa guisa esprimendosi :
I

e se vogltono rtformare la relzgzone esistente, chiedano a sè medesimi


se
hanno vocazione di Profeta e di Messia, se hanno stoffa di Martire ,. . Se
non erriamo, secondo l'opinione che il Fermi si fa della società cat­
tolica, chi volesse fare riforme religiose andrebbe di sicuro incontro al
ntartirio !
Comunque, noi non temiamo, o Rev. padri della Compagnia di Gesù,
queste minaccie di morte. ; perchè quel che ci interessa è il modo di vi­
vere della coscienza e non il modo di morire del corpo. Come abbiamo
spiegato, si è la mancanza di certe ubbie per la testa, e non le minaccie
ed i pericoli, che non ci fanno pensare ad una riforma. Caso mai biso­
gnerebbe far piazza pulita. Nè pensiamo di meritare trattamento pari
a quello dei nostri grandi fratelli e maestri, Molay, Bruno, T. Ca�pa­
nella, Borri, Cagli ostro ... ; ma se dovessimo essere elevati a simile al­
tezza sappiamo pur tanto di latino da ripetere anche noi te parole : Non
nobis, Domine, non nobis . .... Ma non imparerete dunque mai che i re­
sponsabili delle riforme, delle eresie e della irreligiosità caratteristica
dell'Occidente, siete voi, soltanto voi, che Dante poneva al di sotto degli
idolatri, voi che tenete iJ manganello nella destra e l'aspersorio nella
sinistra, forse in omaggio alla massima che la sinistra non deve sapere
quello che fa la destra? Non vi ricorderete dunque mai dei frutti di
cenere e tosco che avete raccolto colle vostre persecuzioni? E non sa­
pete che l'abisso invoca l'abisso?

***

Ci siamo occupati sinora della parte essenziale dello scritto del l'ermi.
E troppo ci vorrebbe se dovessimo rilevare e rispondere alle molte cri­
tiche e richieste secondarie ; ne rileveremo soltanto alcune.
Egli ci rimprovera con insistenza di non aver dato la prova di al­
cune no5tre affermazioni: che Dante era iniziato, che R. ed F. Bacone
e R. Fludd eran dei rosacroce, e per non aver accennato alle fonti, alle
conclusioni al metodo dell'• arte sacra». Voleva evidentemente che
e
scrivessimd un volume invece di un articolo di venti pagine, volum
che G. Preziosi avrebbe giustamente ritiutato di pubblicare nella • Vita
pra�
Italiana ». Osserviamo inoltre che perfino in matematica è d'�so e
dim o trare ;
tica necessità il citare, semplicemente enunciando, senz a �
91 ado -
prenda qualunque trattato di aeometria analitica e vedrà che
-378-
perano senza dimostrarle le proprietà dei determinanti e del sistemi di
equazioni. Ma poichè ci tiene, rimanderemo il Fermi, per quanto riguarda
Dante, ai nostri articoli in «Salamandra» ed in « Atanòr », all'artic:olo
sopra e l'allegoria esoterica in Dante » che pubblicammo nel numero
dantesco del « Nuovo Patto " (1921), e specialmente al più completo e
profondo studio di .René Guénon sopra « L'esoterismo di Dante » pub­
blicato in precedenti numeri di questa rivista.
L'esigenza rispetto agli altri, del resto, non impedisce a Fermi di
affermare bellamente senza dimostrazioni. Cosi, per lui, Dante fu u11
cattolico sincero, Boezio, il pitagorico Boezio, non aveva nulla di pa ­
gano, e Galileo fu uno degli eccelsi campioni del sapere, i quali es­
sendo profondamente cristiani impedirono che divenisse generale lo
scrtzio (sic!) tra la religione e la scienza. I lettori sono pregati di ve­
rificare che non inventiamo, non alteriamo, e non carichiamo le tinte.
E dopo ciò ha il coraggio di prendersela con noi per avere qualificato
di rosacroce I due Bacone e R. Fludd e di chiederci in tono canzona­
torio che cosa possiamo dirgli di �icuro del famoso Rosen-Kreuz, giacchè
egli cerca da ta.nti anni e non ha' mai trovato nulla. Non meriterebbe
che gli rissondessimo sul medesimo tono, ricantandogli: Cercar che giova?
Al buio non <-i trova. Non meriterebbe che, seguendo cotesto sistema,
gli domandassimo a nostra volta : perchè non ci parla il Fermi di S. Al­
berga,' di. S. Josaphat, di S. Aura e Placida, di S. Perpetua e di S. Fe­
licita, di S. Orsola e delle undicimila vergini? Anche noi abbiamo cer­
cato ed aJ>biamo trovato anche, ma son risposte non troppo lusinghiere
per la religione dominante.
Quanto alle fonti, alle conclusioni ed al metodo dell'arte sacra di
cui ci richiede il· Fermi, ci sembra di averne detto qualche cosa in questa
rivista ed altrove. E stia pur certo che seguiteremo anche senza i suoi
incitamenti.
Un'ultima cosa vogliamo dire al Fermi: Lasci stare l'Oriente. La sa­
pienza misteriosa si trova certo nei libri sacri dell'oriente, come pure
nella Bibbia ed anche nel Vangelo; ma come potrà un cieco farsi un'idea
adeguata della bellezza di un tramonto e comprendere la vera portata
del teoremi di un trattato di ottica? Bisogna prima farsi operare di ca­
teratta, ripulirsi gli occhi del deposito di porcherie (vulgo cispa) che
impediscon la vista. Per apprendere la sapienza misteriosa non bastano
i testi di religi_one, occorrono le teste dei savii, come per apprendere
la ginnastica non basta distendersi in un poltrona e sprofondarsi nella
lettura di un trattato di ginnastica; come per imparare ad arrampicarsi
su per i canaloni, per le cengie, per i camini e per i lastroni non basta
andare al cinematografo a vedere le prodezze dell'alpinismo acrobatico,
raa è savio rieorrere all'ammaes tramento di una iUida od i indispensa-
- 37r, -
bile provar\! ed esercl�arsi pe�sonalmente. Lasci andare dunque: e IH
_
astenga dalla poco sena class1f1cazione dei libri e delle dottrine orlen­
taii in libri mistici, ed in libri morali ed ascetici. Fintanto si confonde
l'ascetismo con la morale (e si sottointende per giunta che di morale
ve ne è una sola, quella. occidentale cristiana moderna, ossia i pregiu­
dizii di Mr. Tout le Monde), fintanto si crede di poter apprendere la
verità dai libri, fintanto non si arriva a concepire un'élite intellectuellc
che sotto la forma grossolana di Società o di Accademia, fintanto non
si riconosce che l'acquisizione della sapienza non si ottiene con la ra­
gione, col sentimento, con la morale, con le preghiere e con la devo­
zione, 01-1 soltanto con la contemplazione intellettuale pura, iper-razio­
nale, iper-logica, iper-individuale, si resta magari in grembo a Santa
Madre Chiesa, ma della porta del « regno del cieli " non se ne vede
neppure l'esterno.
Per vedere il regno dei cieli bisogna nascere di nuovo, e perciò.
bisogna prima morire. E, morendo, la cultura, il sentimento, le cre­
denze, la morale e le formulette restano a terra; e bisogna abbando­
narle per forza. Per forza. E tu sei dottore in Israele, e, non sai queste
cose?

ARl'URO R!OH!Nt

ATTENZIONE ALLA CREDENZA

Errat amor coecus, non est amor arbiter aequus


Nam deforme pecus judicat esse decus ;
Quisquis amat ranam, ranam putat esse Oianam
Quisquis amat cervam, cervam putat esse Minervam,
Quisquis amat lenam, lenam fore censet Helenam.
Quanvis foedatur, semper placet id, quod amatur.
Dall'opera: Chymica Vannus - Amsteloda111i 1666, pa1. -43.
ASSOCIAZIONI VECCHIE E NUOVE
Un avvenimento massonico ed i Oesuiti.
Nel n!lmero di agosto-settembre di questa Rivista, abbiamo
fatto osservare come l'ordine del giorno Bodrero contro la Mas­
soneria, votato il 4 agosto dal Consiglio Nazionale del Partito
fascista traesse ispirazione e si basasse sopra un articolo comparso
due giorni prima nell'organo ufficiale della Compagnia di Gesù,
intitolato "La Massoneria Italiana e Massoneria internazionale•.
Con questo articolo, tenuto in serbo e pronto per il momento
opportuno durante be11 otto mesi, i Gesuiti ed i loro agenti na­
zionalisti agitarono dinanzi agli occhi ingenui dei fascisti lo spau­
racchio dell' influenza internazionale sempre operante ai danni d' I­
talia al coperto e mediante il segreto della « setta ,. massonica,
riuscendo cosi a fare prendere dal fascismo una deliberazione che /'AS
tornava bensi a vantaggio della loro politica settaria, ma era dan­ di a
nosa alla Massoneria, al Fascismo ed anche al paese. schi
La « Civiltà Cattolica •, in cotesto suo articolo, affermava che
la Massoneria Italiana del Grande Oriente d'Italia, subiva l'influenza dice
straniera e sopratutto quella della Grande Loggia di New-York,
che costituiva il Corpo Massonico di gran lunga preponderante
nella Associazione Massonica Internazionale di Ginevra, cui ap­
parteneva pure il Grande Oriente d'Italia. Quindi, astenendosi dal
rilevare varie importanti circostanze, tra le altre che quella di
New-York era la soia Grande tloggia Americana appartenente al­
ca
l'Associazione Massonica di Ginevra mentre le altre 48 non vi ap­
partenevano, faceva intravedere, per impressionare i lettori e per
provocare lo stato di animo ed il pretesto necessario per imporre
al Consiglio Nazionale Fascista l'ostracismo alla Massoneria, la
possibilità che alla Associazione Massonica di Ginevra aderisse
anche la Massoneria inglese, aggiungendo : « se cosl accadesse, non
v'è chi non veda quale enorme preponderanza verrebbe a raggiun­
gere la Massoneria anglo-americana, e quale sorte !arebbe ristr­
vata al/u Massoneria latina >.
Noi mostrammo come l'asserzione dei Rev. Padri fosse ben
lontana dalla verità, t solo mirasse a carpire fraudolentemente
- 381 -
J'approvazio�� dcll'Ordin� ?el giorno _ Bod-rero, e scrivemmo: ; pau­
rosi pronosflcz che la « Czvzltà Cattolzca ,. trae dalla adesione che
presagisce sono dunque completamente infondati; ed aggiungemmo
inoltre che in base ad autorevoli informazioni della « Rassegna
Massonica,. del Rito Scozzese Antico ed Accettato (di Piazza del
Gesù, ossia della Massoneria regolare Scozzese) si prevedeva che
« anche la Gran Loggia di New-York si ritirerà dall'Associazione

Massonica Internazionale, da cui TUTTA la Massoneria anglo sas­


sone resterà cosi lontana «.
Orbene, i fatti han dato piena ragione a queste previsioni e
pienamente torto ai paurosi pronostici dei Gesuiti. E se alla « Ci­
viltà Cattolica ,. stesse veramente a cuore, come pretende, di illu­
minare l'opinione pubblica, dovrebbe fare noto ai suoi lettori il
seguente cablogramma ricevuto e stampato dal « New-York Herald»
del giorno 8 novembre, edizione di Parigi:
« la Gran loggia dei Massoni di New York si è ritirata dal�
tAssociazione Massonica Internaziouale a causa della «irreligione"
di alcune Giurisdizioni Massoniche estere e della tendenza a « mi­
schiarsi con la Lega delle Nazioni ,. .
La dichiarazione fatta dal Gran Maestro William S. Rowan
dice che investigazioni fatte hanno mostrato che alcune giurisdi­
zioni facenti parte dell'Associazione omettevano il nome di Dio e
le cerimonie della Bibbia ».
Risulta dunque manifesto come le previsioni della « Civiltà Cat­
tolica • fossero assolutamente sballate. Vogliamo sperare che ne
prendano atto alcuni almeno degli incompetenti ed entusiasti in
camicia nera che si sono fatti turlupinare dalle male arti gesuitiche.
L'ostracismo fascista alla Massoneria, nelie mire di chi lo ha
organizzato, doveva essere il preludio ad una azione di Governo
contro questa Istituzione sino ad ottenerne l'abolizione per legge.
Ma i resultati della congiura e della campagna gesuitica contro
l'antica Istituzione, rea di conservare nel suo patrimonio rituale il
tesoro della tradizione iniziatica, saranno ben diversi da quelli che
i gesuiti si attendevano. Ed. essi constateranno a suo tempo
che la ·loro persecuzione dabit fructum in tempore.

ARTURO REOtUNI
- 38:Z -

VEXATIO STlJLTORUM
OVVERO SIA

La Sinagoga degli Ignoranti


Con le pinze :
« Dantt, sappia l'amico Boftiglitro, viveva in un tpoca sptciale /atta
« di profondi veri, ignoti agli scrittori della Curia Romano., poche decine

• d'anni prima di lui l'Ordlnt templare era stato sciolto, ed i suoi mo­
« naci dispersi nel sangue in fra i patiboli ed i roghi". Così ex cathaedra,

scrive nel « Turbine " del 30 ottobre 1924 çostantino De Simone Mi­
naci in un articolo intitolato : L' Esoterismo nella Divina Commedia.
La precisione cronologica della frase : poche decine di anni prima di
lui, lascia molto a desiderare. Ma ammettiamo pure che voglia dire :
prima della morte di Dante; ebbene ciò avvenne nel 1321, il Gran Ma­
estro dei Templari venne bruciato nel 1314; la differenza è eguale ad
anni sette. Ed anche partendo dall' inizio della persecuzione (1307), non
si arriva che a quattordici anni di differenza fra l'inizio della persecu­
zione e della dispersione dei cavalieri [e non monaci) .templari e la morte
del loro grande difensore. Dove sono le poche decine d'anni ? In piano
astrale?
Ai lettori desiderosi di maggiori rivelazioni, raccomandiamo viva­
mente: L'Esoterismo di Danft nella Divina Commedia, monografia di C.
De Simone Minaci, pubblicata a cura dalla Casa Editrice della rivista
« La Fenice ,. .t una miniera I

••
Nel numero del 10 dicembre del «Turbine» abbiamo avuto la conso­
lazione di vedere che anche Alessandro Sacchi, il Gran Maestro del
Martinismo dissidente [guardarsi dalle contraffazioni], largisce ai popoli
i lumi della sua sapienza esoterica in certe « Variazioni sulla leggenda
di Hiram ,. e • la parola perduta», in. cui si rifriggono per la n.ma volta
svariate corbellerie. Tra le altre quella della scin che scende in mezzo
al tetragramma per formare il nome di Gesù (sanctificetur nomen tuum...)
11 tetragramma munito di scin, secondo questi pseudo-cabalisti, rappre­
senta il nome del • Redentore degli uomini ». Ora, secondo B. Levi (Ri­
tuel de la H. Mazie paz. 354) I' ieroglifo della scin è il pazzo, dimo-
-:m-
dochè il tetragramma munito di scin è veramente scin-munito. e
ri �ponde legittimam�nte al!a 21 lama del tarrocco di cui E. Levi '(pa/;5
R1tuel de la H. Magie) scnve: Danger pour l'esprit et fa raison.
Ques �o �aturalmente non riguarda Sacchi A. (Sinesio), perchè quel
ti _
che poggia in terra non puo cadere. Difatti egli in perfetta tranquil­
lità ne smamma per q �attro colonne, si ferma sul solito binario, ripiglia
il solito tram trnm, e finalmente dà di cozzo in questa cantonata:
• L'unità è il più grande di tutti i numeri perchè li contiene tutti e
tciQ
/1
/i, contiene in se stessa moltiplicandosi e dividendosi: essa è il perfetto
och1 /Q#o equilibrio risultante dalla fusione dei contrari, e perciò rappresenta la per­
d tt i fetta indifferenziazione, siccome equidistante da tutti gli estremi. Essa è
S/Joi /' ltiVARIABILE METÀ, .i/ Tcheurzg-Young di Confucio •.
c �
a11ia1: L'illustre professore, onore e vanto del martinismo italiano, non
"1one •u.'n conosce il cinese ... e neppure il francese e l'italiano. Egli ha pescato,
1
llltdia, , chissà dove, che il Tcheung-Young (o Cung-yung per trascrivere la pa­
i Pri111a � rola come la trascrive il grande sinologo Puini) significa l'« invarlable
MILIEU » [così lo traduce il Remusat], ossia l'invariabile MEZZO. E siccome
lia dire:
un mezz_o ed una metà si equivalgono, anche in aritmo [e dico poco]
Gran Ma. sofia, 1' infelice martinista per sdottoreggiare ed épater i vili profani,
guale aa piglia una solennissima cantonata ; l' invariabile mezzo diventa per lui
lY/), non l'invariabile metà, ed egli si rivela per quello che è: Sacchi A. (Sinesio).
persecu­ Lo consigliamo di leggersi una pagina sola, la pag. 365 dell'opera : « Il
la morte Buddha, Confucio e lao-tse di Carlo Puini - Firenze 1878 •, e di tener
presente l'aurea massima: Oportet studuisse !
In plano
IL VICARIO DI SATANA
o viva·
a di C.
ri�stl

Net prossi-mo numero :


Cag/io5f1'0 tn documenti
ARTURO REGl-!JNI:
inediti dal S. Uffizio.
e cosa.
JULES EVOLA: La donna com
A tanòr verrà in­
Insieme al prossimo numero di
viato l'Indice dell'annata 1924.
- 384 -

LIBRI RICEVUTI
Prot. Avv. VITTORE MARCHI - Lo. Filosofia dt?l Romantsimo - Roma 1924.
ANNIE BESANT - Il Cristianesimo Esoterico t i Misteri minori - L. 15 -
Prometeo - Torino 1924.
VITTORIO FALORSI - Problemi di Emigrazione - L. 12 - Zaniche lli -
Bologna 1924.
L'Idealismo Mazziniano - Anno I - Fase. I.

SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO


Il Re del Mondo - RENÉ GUÉNON . • . • • . • , • • • pag. 353
Tra Libri e Riviste: A proposito di Gerarchia - ARTURO REGHINI • 371
Associazioni Vecchie e Nuove: Un avvenimento massonico ed i
Gesuiti - ARTURO REGHINI . . . . . . . . . . . • 380
Vexatio Stultorum ovverosia la Sinagoga degli Ignoranti - IL VI-
CARIO DI SATANA . . . . . . . . . . . . . •. • 381

SOMMARIO DEL NUMERO PRECEDENTE


Ai Lettori - LA DIREZIONE . . . . . . . . . . . . . pag. 289
H. B. Brewster, poeta del fatalismo - GIULIO CAPURRO . . • 292
LA concezione demiurgica dell'alfabeto ed il Sepher Jetsirah -
SAVINO SAVINI . . . . . . . . . . . . . . • 2'6
l'Aristia di Cristo - MARIO MANLIO ROSSI. . . . • 309
Il patriottismo della Massoneria italiana - MAXIMUS • 318
Yoga e Arte - MARIO MORANDI . . . . . . . • 328
Preti ed Impero - ARTURO REOHINI . . . . . . • 335
Tra libri e Riviste :
RENÉ GUÈNON - Orient et Occident - ARTURO REGHiNI . . . » 339
CARLO PASCAL - le credenze d'oltretomba - ANICETO DEL MASSA » 345
Elogi e critiche di Atanòr - MAXIMUS . . . . . . . . . • 346

AVVISO IMPORTANTE.
Non tutti coloro che sottoscrissero l' impegno di abbonarsi
ad « Atanòr " hanno ancora fatto, dopo avere ricevuto la Rivista
per tutto l'anno, onore alla loro parola.
Ne pubblicheremo i nomi nel prossimo numero di •Atanòr•.
Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REOHINI
mr.11===-:E

ROMA - Tipografia e Iris • - Via Agostino Depretis, 86.


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