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NUMERO J E 2
C/C CON LA POSTA
QUATTRO LIRE
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REDAZIONE:
CIRO ALVI - ANICETO DEL MASSA - J, EVOLA - RENÉ GUÉNON - GIULIANO
KREMMERZ - MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MANLIO MORANO! -
FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGHINI - GALLIANO TAVOLACCI.
Al LETTORI.
Questa rivista, interamente dedicata agli studi iniziatici, con
intenti obbietfr:i culturali, e con speciale riguardo alla tradizione
italiana, da Pitagora sino ai nostri tempi, intende mantenersi in
dipendente da ogni gruppo, scuola e società, astenendosi dal fare
propaganda ad alcuna credenza. Essa si propone di diffondere
l'interesse e la conoscenza degli argomenti iniziatici in Italia senza
preferenze per religioni, preconcetti e sistemi. Alla smania pel nuovo,
l'originale, il maraviglioso, preferirà l'esame dei fatti e· l'appura
mento della verità vecchia o nuova.
Anche noi dunque intendiamo contribuire a quell' iucremeHto
dei valori spirituali, di cui si parla tanto in Italia da qualche
tempo in qua, in buona ed in mala fede, e mescolandovi purtroppo
considerazioni di ordine politico. Basandoci sopra la tradizione e la
conoscenza iniziatica italiana, noi volemmo e prognosticammo sin
-2-
da quindici anni fa·l'avvento fatale di un regime e di un indirizzo
imperialistico italiano. Era ed è nostra profondissima persuasione
che tale regime debba auspicare, favorire ed apportare un incre
mento dei valori spirituali, tanto più in quanto, abbandonata ìa po
litica del piede di casa, diviene necessario far si che l'Occidente,
ossia il mondo romanamente civile, prenda di fronte all'Oriente la
posizione che gli compete anche· nel campo spirituale. E questo
può essere fatto solo dagli eredi legittimi dell'antica sapienza, e.
non da coloro che vanno sempre più esasperandosi in una civiltà
di tipo meccanico industriale.
Noi prendiamo dunque coerentemente il nostro posto; e poi
chè, come abbiamo detto, intendiamo mantenerci indipendenti e
�uperiori ad ogni sistema filosofico e religioso assurgendo all'u
niversalità della scienza ed attribuendo alla scienza come campo
di studio e di esperienza qu�lunque argomento e dominio t).es
suno escluso, e poichè l'universalità è virtù essenzialmente roma.na,
!aremmo tentati di esprimere sinteticamente questa nostra attitu
dine dichiarandoci esplicitamente cattolici romani.
Non lo facciamo perchè non vogliamo essere frair.tesi. Si usa
infatti, molto impropriamente, attrituire il nome di cattolicismo
romano ad una determinata confessione religiosa, ben lontana
!Otto molti rispetti dalla universalità quale a noi pare debba es
sere intesa. Ci sembra infatti che l'universalità non possa sussi
stere quando si accorda simultaneamente nella propria visione e
credenza una smisurata eccezionale importanza a speciali teorie
e buone novelle ed a singoli individui nati nella valle del Nilo,
oppure del Gange, vuoi eziandio del Giordano.
Ma vi è di più. Gli indagatori ed i seguaci della scienza non
possono identificare i valori spirituali con i valori_ religiosi, e peg
gio ancora con quelli di una singola confessione più o meno ef
fettivamente dominante in questo od in quel pae�e. Al contrario,
da un punto di vista rigorosamente scientifico ed iniziatico, noi
dobbiamo porre fortemente in dubbio se i sentimenti in genere, e
quelli della fede, speranza e carità in particolare, rappresentino
_
un ausilio e non piuttosto un inutile ingombro e magari un m-
-3-
toppo per l'incremento della spiritualità ed il conseguimento della
illuminazione.
Facciamo questione di scienza e non di religione ; e rite
niamo che lo stesso metodo • scientifico, sperimentale, pitagorico
che si applica in_ fisica, in chimica, in astronomia, debba, oppor
tunamente adattato, applicarsi anche nel campo metafisico, spiri
tuale, "interiore, rimanendo anche in questo campo assolutamente
impersonale, ed estraneo e superiore ad ogni genere di affetti e 'di
sentimenti. Non possiamo ammettere la pretesa di quelle religioni
e credenze che presumono sottrarre alla scienza ed avocare alla
fede il dominio dell'indagine spirituale. Nè possiamo ammettere le
abdicazioni di una scienza che vuole arbitrariamente escludere
dal campo dell'esperienza scientifica le esperienze spirituali, nè
l'irragionevole ostinazione che vuole per forza imporre in questo
campo criteri e metodi inadatti, subordinando l'argomento da stu
diare al sistema di indagine e non viceversa.
Il nostr� intento è quello di trattare degli studi iniziatici senza
restrizioni, vincoli e preferènzé di alcuna specie. Anche in questo
campo il buon senso, la serietà, il rigore e la diffidenza porte
ranno migliori frutti, ne siamo pe�suasi, che non la fede, l'entu
siasmo, la fantasia ed i sentimenti ; e nei limiti delle nostre forze è
quanto cercheremo di fare.
LA DIREZIONE.
IL NECESSARIO RITORNO
Indagine scientifica e speculazione filosofica hanno finito per
ricondurre l'uomo davanti a quegli stessi problemi che esse ave
vano preteso sfuggire o considerare come superati; hanno guidato
l'uomo moderno in lungo e fantasmagorico viaggio per poi abban
donarlo presso al punto di partenza,· in cospetto della medesima
ascosa realtà già sommessamente contemplata dall'uomo antico,
dall'uomo di tutte le trascorse età. Gli eterni problemi, o il pro
blema eterno - unico o molteplice a seconda degli angoli visuali -
restano immutati. Tutto l'umano sapere essoterico si arresta ad un
tratto, quand'è giunto ad un certo confine; comincia il regno del
l'ignoto, scienza e filosofia vengono fermate da un misterioso
« ESKATO BEBELOI " che viene di dentro le tenebre inviolabili. Se
progresso o differenza vi è oggi ìn confronto b4el passato, con
siste in questo: la scienza è costretta a riconoscere l'esistenza
d'una realtà ignota nascosta dietro· le apparenze, cioè del mistero.
Parlo naturalmente di progresso o di differenza riferendomi a breve
spazio di tempo, al confronto fra lo stato odierno e le condizioni
di un passato- molto prossimo, ch'è storia di ieri.
Allora gli uomini, stanchi del vuoto: delle metafisiche e disgu
stati della vanità delle religioni tralignate, si erano rivolti alla scienza
e a quella tal cosa chiamata filosofia_ positiva, con ardore nuovo,
concependo le più audaci speranze. Il metodo cosidetto positivo
conduceva nel campo naturale e fisico a risultati veramente sug
gestivi, e gli uomini, i quali essendo sfuggiti da un genere di illu
sioni dovevano crearsene delle altre come è loro naturale destino,
credettero di scoprire con quello la diritta via di tutte le conoscenze,
di tutto il sapere. Si domandarono se passando d'una in altra co
noscenza fenomenica non sarebbero giunti a penetrare il segreto
del macrocosmo e quello del microcosmo. Il piccolo chiarore del
laboratorio fu proclamato sole dell' Atanòr positivo, capace di illu
minare ogni oscurità, l'arcano dell'atomo, il mistero dell'Universo,
il segreto dell'Essere. Seguitando a confondere il contingente e il
relativo con runiversale, si andò oltre ogni illogicità, si arrivò alla
follia e alla ciarlataneria; si giunse dove era arrivato il prete di
mentico e ignaro del lontano esoterismo delle religioni, a promet-
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tere presso a poco quanto il prete divenuto-ignorante aveva attri
buito ai Numi antropomorfizzati, alle ENTITÀ materializzate e perciò
spogliate di qualsiasi significato e d'ogni primitiva virtù.
Ma sono venute poi grandi libecciate a percuotere le fiorite
fronde della speranza. L'albero della scienza materialista è rimasto •
privo dei suoi fiori e ha perduto molta parte del suo verde• gli
uomini . si sono ritrovati nel punto di prima, però con una deluslone
in più.
••
Anche le esperienze fallite, anche le illusioni, talora producono
qualche effetto utile. Cosi è avvenuto per l'illusione positivista e
materialista: essa ha condotto ad ammettere 'i'insufficienza della
scienza e delle filosofie a conoscere la ragion delle cose, quindi ad
ammettere l'esistenza di un mistero o di misteri.
Il mistero la scienza lo ha ammesso persino con parole ancora
più impressionanti, prese a prestito . dalle religioni altra volta com
battute, e prese dalla ignoranza ragionante, parole da deplorare
perchè sono assolutamente improprie; per esempio,. Ernesto Haechel
parla di miracolo- Dice egli infatti : - « che cosa è dunque vera
mente in fondo questo miracolo universale onnipotente che il na
turalista realista magnifica come Natura e Universo, il filosofo idea
lista come Sostanza o Cosmo, il pio credente come Creatore o
Dio?,. (1) E Svante Arrhenius per non dire la stessa cosa non giunge
a proporre di rinunciare a investigare sulle origini? e non è cos
tretto • a un certo punto ad affermare il miracolo sotto la specie
del domma fisico della « vita eterna ,. ? (2)
La grandiosità del mistero che appare esistente agli scienziati,
è tale da indurre taluno d'essi a parlarne con entusiastica ammi
razione e con trasporto, come accade al Le Bon quando con
templa la cellula. Dice : « se lo scienziato fosse capace di risol
ver� con la sua intelligenza i problemi risolti ad ogni istante dalle
cellule di un' infima c reatura, sarebbe cosl grandemente superiore
agli altri uomini, che potrebbe essere considerato da essi come
un Dio •. (3).
Per quanto sia grande l'importanza di tale riconoscimento,
pure le conseguenze di un puro e semplice riconoscimento potreb
bero essere poco notevoli in riguardo degli uomini che furono il
lusi. Se dal risveglio dall'illusione null'altro venisse, poco avrebbe
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••
Fu necessario passare per la fase, ormai superata del materia
lismo scientifico e filosofico� Fra il medio evo e la rinascita spiri
tuale occorreva fosse inserito un periodo di preparazione. Per
quanto dal finir del medio evo storico in poi si siano avuti innu
merevoli tentativi di richiamare gli uomini al Vero e di affrettare
il ·rinnovamento spirituale, il risultato doveva essere lento a venire,
remoto rispet,to al tempo e agli avvenimenti storici, perchè era
troppo denso e troppo grave il sedimento di materia accumulato
nei secoli sulla umana sostanza che avrebbe dovuto intendere lo
spiritual soffio dell'Infinito. La decadenza susseguita alla disper
sione delle scuole dei discepoli di Pitagora, la confusione suc
ceduta al tramonto degli splendori Orfici, Ermetici e Rabbinici, l' i
gnoranza sovrappostasi ai lumi gnostici, furono effetto d'una ri
voluzione della materia. Per legge naturale questa rivoluzione do
veva compiere il suo intero ciclo.
Però labitur occulte, fallitque volubilis aetas favorevole alle
fuggevoli cose, e noi ci avviciniamo al tempo propizio alla cura
delle cose maggiori.
Mentre la tradizione esoterica, tenuta viva in tanti secoli da
spiriti solitarii formanti una catena invisibile ai profani ed ai pro
fanatori, riprende novello vigore ; mentre si sta compiendo questo
spirituale ricorso con la sicurezza di una legge ineluttabile, la ma
teria, la corrente opposta, l'aspetto nero, ciò che sta in basso, su
bisce la crisi del suo proprio eccesso, si spezza, si schiude, si di
vide ; e dall'interno di essa tende a fuoriuscire quanto v'ha di più
evoluto, a uscire fuori ed a protendersi verso l'alto e verso la luce.
È questo anche il caso della scienza, la quale giunta al punto di
dover proclamare d'aver incontrato l'ignorabile o il miracolo, trova
la forza di condurre i suoi migliori fedeli presso le vie del misco
nosciuto esoterismo.
A questo modo si prepara il nuovo ciclo della umana civiltà,
che è un ritorno.
Oltre a tutte le prove che noi conosciamo, oltre alle chiare
imponenti manifestazioni offerte dal simultaneo risveglio vigoroso
della esoterica disciplina in tutto il mondo, vi è un altro indizio di
-S-
eui non posso tacere. Proviamo a tenerci in comunione con gio
vani di diverse condizioni, anche presi dal turbine della vita degli
affari o dagli ardori de11a politica, abituiamoli a trattenersi con noi
in intellettuali conversazioni che innaliino sovra la materia, verso
spirituali argomenti ; poi proviamo,. scegliendo momenti opportuni,
a fare prudenti accenni a quanto forma oggetto de11a sapienza
degli iniziati. Vedremo allora un'effetto sorprendente. Invece di tro
vare que11e generali assolute indifferenza e repulsione che furono
constatate sino a ieri (parlare di queste cose sarebbe stato lo stesso
come voler far ascoltare dissertazioni sulla lingua sanscrita), con
meraviglia constateremo come in contrasto con i molti tutt'ora in
differenti, altrettanti ascoltino con attenzione, parecchi ci seguano
con manifesto interessamento, e qualcuno con trasporto. Le nostre
parole hanno trovato spiriti pronti a riceverle, spiriti ai quali pro
babilmente occorreva od occorre l'impulso dato da una causa oc
casionale p_erchè la toro evoluzione abbia a prendere un diverso
corso e avviarsi a svolgersi nello stesso senso de11a nostra.
Questo ha grande significato. Le verità nostre essendo com
prensibili soltanto da chi ha un particolare sviluppo spirituale, dob
biamo ritenere il consenso e la simpatia ottenuti da11�, nostre pa
role evidenti indizii che si va preparando la condizione spirituale
favorevole. Insieme con tutti gli altri segni ed indizii questo pure
contribuisce a dare la certezza della prossima venuta di un tempo
in cui il HIEROS LOGOS potrà essere udito da ben più vasta
cerchia d'uomini.
Come nella primavera Crotonense schiere di eretti fuggivano
il profanissimo volgo per chied�re l'iniziazione Pitagorica, cosi nel
prossimo avvenire gli eletti· verranno in più grande numero a do
mandare il conforto della Sapienza Antica ed Immortale.
MANLIO MAGNANI
L'ATANÒR
Secondo Albert Poisson (Théories et symboles des Alchimistes,
pag. 106) « il vero ATANÒR. � .. è una specie di fornello a river
bero che si può smontare in tre parti. La parte inferiore contiene
il fuoco ; essa è buchereliata per permettere l'accesso all'aria e
presenta una porta. La parte media, pure cilindrica, offre tre spor
genze disposte a triangolo su cui riposa la scodella contenente
l'uovo. Questa parte è bucata, secondo uno dei d,iametri, da due
buchi opposti, chiusi da dei dischi di cristallo, il che permetteva
di vedere cosa succedeva nell'uovo. Infine la parte superiore, piena
sferica, costituiva una cupola o riflettore, che riverberava il calore.
Tale era l'atanòr generalmente usato ».
Martino Ruland nel suo Lexicon Alchemiae (Francoforte 1602)
a pag. 76 dice : « I'Atanòr, che è filosofico, ed è detto arcano,
è forno composto che fornisce all'arcana pietra dei filosofi da ela
borare, calore conveniente dove il fuoco non tocca il vaso ».
La stessa cosa dice Guglielmo Johnson nel suo Lexicon Chy
micum (Cfr. Bibl. Chem. Mangeti, Tomo I, pag. 280) ; ed a pag.
226 dello stesso volume egli aggiunge che l'athanòr è anche chia
mato athanar.
Ed anche il Guaita (La Clef d_e la Magie Noire, Paris, 1902,
pag. 703) dice che « l'athanòr, o fornello immortale, è così chia
mato perchè il fuoco deve bruciarvi senza tregua, fino alla perfe
zione dell'elisir ».
Per altro, data l'analogia dei fenomeni della natura, e la pos
sibilità e consuetudine di applicare analogicamente uno o più sensi
allegorici alle parole ed ai simboli usati in esoterismo, la parola
Atanor, applicata all'alchimia spirituale, ha pure un altro importan
tissimo significato. « Quando i maestri di alchimia, rlice Eliphas
Levi (Dogme de la Haute Magie, 1861; pag. 254) dicono che oc
corre poco tempo e poco denaro per compiere le opere della
scienza, quando affermano sopratutto che un sol? vaso. è _ neces
sario, quando parlano del grande ed unico atanor che tutti pos�
sono mettere in opera, che è sotto la mano di ognuno, e che gh
-.IO -
uomini posseggono senza saperlo, fanno allusione all'alchimia filo.
sofica e morale ,. .
La più· antica menzione in alchimia della parola athanòr si trova
a quanto ci risulta, negli scritti del grande filosofo ed alchimista
Raimondo Lullo (1205-1313), e precisamente nella Elucidatio. Te
stamenti Raimondi Lulli, che si trova anche riportata da Jo. Man
geti a pag. 823 del Tomo I della sua Bibliotheca Chemica (1702).
Essa è contenuta nel capitolo III di questa elucidazione, che è in
titolato Capitulum tertium de Furno ; e poichè si tratta di un au
tore tenuto in alta considerazione dai figli di Ermete e di un brano
assai importante sopratutto nel senso dell'alchimia spirituale, re ri
portiamo la traduzione.
L'INSEGNAMENTO INIZIATICO
Sembra che, in un senso abbastanza generale, non ci si renda
un conto molto esatto di ciò che è, o di ciò che dovrebbe essere,
l'insegnamento iniziatico, di ciò che lo caratterizza essenzialmente,
differenziandolo profondamente dall'insegnamento profano. Molti,
in simile materia, prendono le cose in un modo troppo superficiale,
si fermano alle apparenze ed alle forme esteriori, e così non ve
dono, comè particolarità degna di nota, nulla più dell'uso del sim
bolismo, di cui non comprendono affatto la ragione d'essere, si
può anche dire la necessità, e che, in queste condizioni, non pos
sono sicuramente trovare che strano e per Io meno inutile.
A parte ciò, essi suppongono che la dottrina iniziatica, in fondo,
non è guari che una filosofia come le altre, un po' differerite forse
per il suo metodo, ma in ogni caso niente di più, perchè la loro
mentalità è così fatta che sono incapaci di concepire altra cosa.
E quelli che acconsentiranno lo stesso a riconoscere all'inse
gnamento di una tale dottrina qualche valore da uno o da un
altro punto di vista, e per motivi qualunque, che non hanno abi
tualmente nulla di iniziatico, non potranno mai arrivare anche essi
che a farne tutt'al più una specie di · prolungamento dell'insegna
mento profano, di complemento dell'educazione ordinaria, ad uso
di un' « elite,. relativa. Ora, è forse ancor meglio negare intiera
mente il suo valore, il che equivale in fondo ad ignorarlo pura
mente e semplicemente, che trascinarlo così in basso e presentare,
troppo spesso, in suo nome ed al suo po!lto, l'espressione di ve
dute particolari, piu o meno coordinate, su ogni sorta di cose che,
in realtà, non sono iniziatiche nè in sè stesse, nè per il modo con
cui vengono trattate.
E, se questa maniera per lo meno difettosa di concepire l' in
segnamento iniziatico non è dovuta, dopo tutto, che all' incompren
sione della sua vera natura, ve ne è un'altra che lo è presso a
poco altrettanto, benchè in apparenza affatto contraria a quella.
È quella che consiste nel volere ad ogni costo opporlo all'insegna
mento profano, pur attribuendogli d'altra parte per oggetto una
- 13 -
certa scienza speciale, più o meno vagamente definita, messa ogni
momento in contradizione ed in conflitto colle altre scienze e
,
sempre proclamata superiore ad esse senza che se ne sappia troppo
il perchè, quando essa non è nè meno sistematica nella sua espo
sizione, nè meno dommatica nelle sue conclusioni. I partigiani
di un insegnamento di questo genere, se- dicente iniziatico, affer
man bene, è vero, che esso è di tutt'altra natura dell'insegna
mento ordinario, sia scientifico, filosofico, o religio.so ; ma non danno
di questo alcuna prova e, disgraziatamente, non si fermano lì in
fatto _di affermazioni gratuite o ipotetiche. .Ma vi è di più; raggrup
pandosi in scuole multiple e sotto denominazioni diverse, essi si
contraddicono ira di loro non meno di quanto essi non contraddi
cano, spesso per partito preso, i rappresentanti dei diversi rami
dell'insegnamento profano, il che non impedisce a ciascuno di loro
di pretendere ad essere creduto sulla parola e considerato �omc
più o meno infallibile.
Ma, se l'insegnamento iniziatico non è il prolungamento del
!' insegnamento profano, come· Io vorrebbero gli uni, nè la sua an
titesi, come sostengono gli altri, se non è nè un sistema filosofico,
nè una scienza specializzata, si può chiedere che cosa è; perchè
non basta di avere detto che cosa non è, bisogna anche, se non
darne una definizione propriamente detta, il che è forse impossi
bile, almeno tentare di fare comprendere in che cosa consiste la
sua natura. E far comprendere la sua ·natura, almeno nella pro
porzione in cui ciò può essere fatto, è spiegare ad un tempo, e
proprio per tale mezzo, perchè non è possibile definirlo senza de
formarlo, ed inoltre perchè ci si è ingannati così generalmente, ed
in qualche modo necessariamente, sul suo vero carattere. L'im
piego costante del simbolismo neila trasmissione di questo insegna
mento, di cui forma come la base, potrebbe per altro bastare a
fare già intravederlo, per chiunque rifletta un poco, quando si am
metta, come è semplicemente logico di fare senza neppure spin
gersi fino al fondo delle cose, che un modo di espressione al tutto
diverso dal linguaggio ordinario deve essere stato creato per
esprimere, almeno alla sua origine, ed in quanto di origine si può par
lare, delle idee parimente diverse da quelle che esprime quest'ultimo,
e delle concezioni che non si lasciano tradurre integralmente per
mezzo di parole, per le quali occorre un linguaggio meno limitato,
\
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più universale, perchè esse stes�e appartengono ad un ordine più
universale.
Ma se le concezioni iniziatiche sono cosa diversa dalle con
cezioni profane, si è che esse procedono innanzi tutto da un'altra
mentalità che quella da cui queste procedono, dalle quali esse dif
feriscono meno ancora per il loro obbietto che per il punto di vista
sotto il quale esse guardano quesfo obbietto. Ora, se tale è la di
stinzione essenziale che esiste tra questi due ordini di concezioni,
è facile ammettere che, da una parte, tùtto quel che può essere
considerato da un punto di vista profano può esserlo anche, ma
aHora in tutt'altro modo e con tutt'altra comprensione, dal punto
di. vista iniziatico, mentre che, d'altra parte, vi sono delle cose
che sfuggono completamente al dominio profano e che son proprie
del dominio iniziatico, poichè questo non è sottoposto alle mede
sime limitazioni di quello.
I
Che il simbolismo, che è come la forma sensibile di ogni in
segnamento iniziatico, sia di fatti, in realtà, un linguaggio più uni
versale dei linguaggi volgari, non è permesso di dubitarne un solo
istante, quando solamente si consideri che ogni simbolo è suscet
tibile di int�rpretazioni multiple, per niente in contradizione fra
loro, ma al contrario sompletantesi reciprocamente, e tutte egual
mente vere benchè procedenti da punti di vista differenti; e, se la
cosa sta cosi, dipende- dall'essere il simbolo la rappresentazione
sintetica e schematica di tutto un insieme di iùe e di concezioni
che ciascuno potrà affermare secondo le sue proprie attitudini men
tali e nella misura in cui egli è preparato alla loro intelligenza. E
cosi il simbolo, per chi perverrà a penetrarne la significazione pro
fonda, potr� far concepire ben più di tutto quel che è possibile
esprimere per mezzo delle parole; e questo mostra la necessità del
simbolismo: ciò' sta nell'essere il solo mezzo cli trasmettere tutto
quell' inesprirr.ibile che costituisce H dominio proprio dell'iniziazione
o piuttosto di deporre in germe le concezioni di questo ordine
nell'intelletto dell'iniziato, che dovrà in seguito farle passare dalla
potenza all'atto, svilupparle ed elaborarle col suo lavoro personale,
perchè non si può fare nulla più che prepararvelo tracciandogli,
�on del!e formule appropriate, il piano çhe egli dovrà di poi rea
lizzare m sè stesso per pervenire al possesso effettivo dell'inizia
zione che egli ha ricevuto dall'esterno solo simbolicamente.
I
\
- 15 -
(1) - Quello che provai allora in quella circostanza, oggi non saprei
esprimere con parole. Sento che la parola è insufficiente a esprimere un
Jenomeno di quel genere.
- l!S -
z'altro che nulla avevo da osservare. Frattanto ·u saggio aveva
ordinato alla giovane di distendersi per terra e sul tappeto che si
trovava al centro della camera e le ordinò di rivolgere il viso
verso di noi. La giovine che si dimostrava molto intelligente con
l'elasticità caratteristica dei cinesi si distese supina per terra e volse
il suo pallido viso verso di ,noi. A tal punto noi tutti ci trova
vamo così disposti nella stanza: il saggio in piedi in un angolo,
la giovane al centro distesa per terrn, io e il. mio maestro poco
discosto seduti per terra e rivolti verso la giovane, distante da
noi oltre un metro. Il saggio si tolse primamente la cappa nera e
i sandali e venne presso di noi per farsi anch'egli visitare. L'ispe
zionammo, il maestro ed io, quel corpo che così hudo era più
spaventosamente ed orridamente scheletrico, ma nulla trovammo
da ridire dopo un'accurata ·visita. Il· saggio dopo di ciò ci pregò
di rimanere in "8ilenzio ed attenti. Con piccoli passi andò a mettersi
ai piedi della giovane e voltandole le. spalle cominciò a muoversi,
ad arrancare le braccia nello spazio, quasi volesse girare dei pe
santi volani. Man mano che egli accelerava un tale movimento,
la giovane cominciò Jl iussultare, gli arti mi sembravano privi di
ossa tanto si contorcevano; gli occhi si aprivano e chiudevano
violentemente, le dita annaspavano nel vuoto, il corpo tremava, si
agitava, sussultava, sembrava quasi ·che violente scariche elettriche
lo investissero. Finalmente dopo circa cinque o sei minuti il saggio
sembrò soddisfatto del suo lavoro e volgendosi pian piano e senza
mai guardare il soggetto {chiamerò così per intenderci la giovane
succube alle azioni del saggio) venne a mettersi presso di noi.
Oh meraviglia I Il saggio era trasfigurato: non piu le grinze sul
volto, non più gli occhi infossati. Egli sembrava un'altro. Eretto
nella persona mi apparve ringiovanito di quarant'anni almeno, gli
occhi mi apparvero limpidi, chiari, ma dotati di uno sguardo vivo
e brillante. Anche il corpo che poc'anzi mi era sembrato schele
trico ora appariva notevolmente ingrassato. Il mio maestro mi sug
gerì avvicinandosi: « Egli è redivivo, ha trasmutato per mezzo del
magnesio della luce astrale ( 1 ). Ad un tratto un lamento debole
ma distinto si fece udire nella stanza, distolsi gli occhi dal sag g·
IO
e guardai il soggetto. Era egI.1 che s1. Iamentava: grosse gocci
e
di sudore gli imperlavano la fronte ed un leggero tremito g li si
propagava per tutto il corpo dai piedi al capo, mentre gli occhi
fissavano ostinatamente il soffitto e mentre nella regione ipoga
strica sinistra un leggero gonfiore venivasi man mano manifestando.
Il soggetto era in istato simile alla catalessi. Fummo invitati il
maestro ed io ad alzarci per controllare di nuovo il soggetto e
fummo anche pregati di assicurarci del suo stato speciale. Già
avvezzo a questi stati speciali non feci a meno di ispezionare il
corpo desiderando osservare solo le condizioni fisiche del soggetto
prodottesi durante quella specie di catalessi.. ...
Notai anzitutto la fissità dello sguardo, numerose lagrime ac
cumulatesi nella cavità orbitale, irrigidimento dei muscoli flessori
ed estensori, anestesia generale. E fin qui nulla mi parve nuovo
e straoo. Ciò che mi meravigliò fu la mancanza assoluta, o per lo
meno apparentemente assoluta, della respirazione e l'enorme affie
volimento della funzione cardiaca. (I) Proceduto all' ispezione ed
alla visita del soggetto fui invitato a sedermi di nuovo presso il
Maestro. Rimessomi a sedere nel guardare nuovamente il soggetto
potetti notare che il gonfiore sul fianco sinistro andava vieppiù
accentuandosi. Ad un tratto essendosi affievolita la luce prodotta
dal lume (non so se ciò avvenne o per caso per preordinata mano
vra del Saggio) vidi uscire dal fianco del soggetto un sottile cor
done scuro che si alzava pian piano fermandosi poi a circa un
metro da terra. Io, che non mi attendeva· un simile fenomeno
prestai un'attenzione maggiore e ciò che mi meravigliò ancor di
più fu il veder delinearsi al di sopra dell'estremo limite del cordone,
un non so che di indecisamente bianco, una specie di velo tra
sparente fluidico, di apparenza lanosa. Il Saggio a tal punto venne
..,
il lume in questo frattempo "si fosse spento o frantumato. Il mio
cappello, il tong del Maestro seguirono ben presto nei viaggi
l·
aerei il tragitto percorso dal lume per poi tornare di nuovo sul
e
nostro capo come guidati da una mano invisibile. Dopo di ciò il
fluido venne verso di me, mi girò dapprima attorno e poi mi av
viluppò dandomi una sensazione vivissima di peso e di soffoca
o mento, quasi mi sentissi premere addosso un gran peso, mentre
un panno mi coprisse il volto. Ma fu un istante : il fluido era già
in mezzo alla stanza, all'altro lato. A tal punto, assumendo pro
porzioni più grandi ma più indecise si tinse in giallo chiaro da
e una parte e di azzurro chiarissimo dall'altra, assumendo rapida
mente come in una caleidoscopia mille sembianze: umane, animali,
- 28 -
grotteschi, oggetti varii, e poi nuovamente umane. Foggiò prima
il volto di un uomo, poi quello di una donna, poi quello di un
cinese vestito da gran dignitario, poi, oh meraviglia, riprodu�se i e
sembianze nostre, prima quella mia poi quella del Maestro ed in
ultimo quella del Saggio. Terminata questa ridda di immagini as.
sunse quella del soggetto riprendendo dopo di ciò la forma pri
mitiva più piccola e più intensa. Supponendo qualche mezzò pro
iettivo attraversai ali' improvviso la stanza, visitando accuratamente
tutti i lati, alzai le stuoie, ma dovetti convenire che nulla di trucc o
vi poteva essere, Ad invito del Saggio rivoltomi dal Maestro fui
pregato di far formulare dal Saggio alcune domande da me com
poste al soggetto, (af soggetto mi fu detto e non al fluido) che
in quel momento ad un segno del Saggio sembrava riprendere
vita. Infatti quel Corpo si mosse leggermente, le palpebre prima
• fisse si cominciarono a muovere, le labbra prima immote presero
ad agitarsi, le dita delle mani tremarono leggermente.
Formulare una domandai Non mi fu cosa facile. Mille me ne
vennero in mente e mille ne ricacciar indietro· credendole inadatte.
Finalmente mi decisi e chiesto al Maestro quale genere di domande
dovessi rivolgere al soggetto, formulai la seguente (Ja riproduco
come la ricordo): Desidererei conoscere se il.soggetto può attra•
versare con il doppio lo spazio immenso.
La risposta fu pronunziata dai soggetto con voce fiochissima
mentre un tremito lo assaliva. (Tutte le domande da me rivolte
al soggetto e tutte le risposte da questo date, venivano tradotte
dal mio Maestro e trasmesse dal Saggio). Io non conosco spazio,
'..
- -· --- . --·--
- li -
L'IMPRONTA PITAGORICA
NELLA MASSONERIA
M-riBel<; àyewµitpqto<; efo!tw
Gli elementi che costituiscono il rituale ed il simbolismo dei
due gradi odierni di apprendista e di compagno Libero Muratore
risalgono in massima ad epoca assai antica, anteriore senza dubbio
alla costituzione della Gran Loggia d'Inghilterra (1717). Ed anche
quelli del terzo grado proverrebbero dalla antica leggenda di me
stiere (craft), in gran parte almeno, secondo l'opinione del Gould
(Robert Freke Gould - History of Freemasonry - london 1887 - ed
anche Histoire Abrégée de la Frane - Maçonnetie, trad. de l'anglais
Bruxelles 1910).
Il simbolismo massonico di pretto carattere muratorio è stato
con tutta verisimiglianza tramandato sino a noi dalle antiche cor
porazioni muratorie ; e quantunque innegabilmente i rosacroce e
gli alchimisti ne abbim10 fatto uso al priricipio del XVII secolo in
senso ermetico e metafisico, appare probabile che essi lo abbiano
attinto dai Liberi Muratori del Medio Evo e non viceversa. Men
tre invece quegli elementi del simbolismo e del cerimoniale mas
sonico di cui è evidente l'affinità col cerimoniale iniziatico dei mi
steri isiaci ed eleusini dell'antichità classica non sono verisimil
mente residuo di una trasmissione segreta attraverso i secoli, ma
risalgono ad un'epoca piuttosto recente, al periodo umanistico ; e
la loro comparsa è dovuta, in parte almeno, alla deliberata inizia
tiva di massoni adottati del 17° secolo che si valsero della loro
cultura per imprimere alla iniziazione massonica un aspetto abba
stanza simigliante a quello della iniziazione tradizionale classica
e per innestare sul tronco del simbolismo operativo un rinnovato
ed amplificato simbolismo speculativo inspirato alla sapienza clas
sica ed ermetica.
Per altro vi è una parte del simbolismo massonico che non
• ha un carattere così indiscutibilmente muratorio come quello della
squadra, del compasso, dello scalpello e�c..., ma che, p�re essendo
nella sostanza e nella forma più speculatzva che operativa, appar-
- 32 -
tiene indubbiamente al patrimonio ritualistico primitivo della Fra
ternità, ed è perciò stata sempre oggetto di particolare e tradizio
nale venerazione da parte dei Liberi Muratori.
Questa parte del simbolismo muratorio ha un'origine ed un
aspetto eminentemente· italico, che la rendono degna di speciale
interesse da parte dei Liberi Muratori Italiani. E noi pensiamo che
sia opportuno e doveroso porre in evidenza . questa impronta pi
tagorica sia nel simbolismo sia nel metodo iniziatico massonico, e
richiamare l'attenzione sopra il fondamento italiano "della Ma-sso
neria.
Naturalmente il simbolismo muratorio inteso in senso strettis
simo non ha e non può avere un carattere esclusivamente italiano.
Tnfatti i popoli, che non hanno avuta per tutta abitazione la ca
verna o la capanna, ma che si sono serviti di pietre e di mattoni
per costruirsi un riparo od una dimora, hanno necessariamente
dovuto adoperare strumenti come la leva, lo scalpello, il martello
ed i più provetti anche il livello, il filo a piombo, la sq·uadra ed,
il compasso ; e, poichè il procedimento mentale formativo delle
metafore si svolge presso tutti i popoli in modo identico, ne se
gue che dovunque è sorto o può essere sorto spontaneamente ed
indipendentemente il simbolismo della edificazione morale e spiri
ti.tale. È naturale poi che il maggiore sviluppo di questo sim
bolismo sia stato raggiunto nel · gergo professionale delle corpo
razioni muratorie. E, se, anche in questo campo, una preminenza
italica può essere esistita sin da tempo antico, ciò è dipeso solo
dalla estensione e dalla prosperità delle corporazioni muratorie del
l'antica Roma, come conseguenza del possente genio costruttivo
di quel popolo sovranamente edificatore, e dal fatto che dalle an
tiche corporazioni romane derivarono poi più o meno direttamente
le corporazioni muratorie medioevali in tutta Europa.
� A conclusioni ben diverse si giunge • considerando invece la
funzione e l'importanza dei numeri, segnatamente dispari, nel sim
bolismo e nel cerimoniale massonici, quella della Stella Fiammeg
giante e della lettera G inscritta in essa, e quella parte della
leggenda del grado e del mestiere che identifica la Geometria
colla Massoneria e che insegna e tramanda la importanza delle
sette scienze e la eccellenza tra esse della Geometria. 1f simbolo
JleUa stella fiammeggiante è indubbiamente di origine pitago�ica
- 33 -
e perciò italica ; ed è forse il simbolo caratteristico • e fondamen
tale della Massoneria.
Ed i rituali antichi e moderni del primo e del secondo grado,
certo derivati sostanzialmente dagli antichi rituali e simboli usati
dalle loggie inglesi e scozzesi prima del 18° secolo, recano tutti
più o meno abbondante, precisa e distinta l'impronta della filosofia
e del simbolismo numerico della Scuola Italica.
E diciamo subito che è giusto attribuire all'Italia anzichè alla
Grecia la gtoria della Scuola Pitagorica, non solo perchè esiste
una tradizione che afferma Pitagora italiano di padre etrusco, non
solo perchè lo stesso Aristotile chiama italica la Scuola Pitago
rica la cui sede era a Cotrone in Calabria, ma per la sua ininter
rotta vitalità in Italia per secoli e secoli sino a Boezio ed occul
tamente anche dopo. Il fatto che Pitagora ed i pitagorici della Si
cilia e della Magna Grecia, come Empedocle, si servirono della
lingua greca, non ne menoma l'italianità, perchè come riconosce
il Max Mi.iller (Science du Langage, Paris 1867, II, 62), e il fatto
può sembrare strano, ma la verità è che, dai tempi più antichi in
cui l'Italia ci è conosciuta, vi troviamo il greco installato come in
casa sua, quasi al medesimo titolo del latino ».
.Allta11iw 3
-34 -
cità la parola generica matematica (discipline) venne adoperata
per designare in modo speciale l'aritmetica e la geometria.
Il punto geometrico corrisponde all'unità aritmetica e rappre
senta la monade filosofica. Secondo la definizione che si trova in
. Euclide il punto è ciò che non ha parti ; e come si vede questa
definizione si può applicare beniisimo anche all'unità aritmetica ed
alla monade filosofica.
L'intuizione umana dello spazio consente di concepire lo spo
stamento del punto, e di ottenere in tal modo un altro punto, e
quindi la coppia di punti ed il segmento individuato da essi. Arit
meticamente si ottiene così il due, e filosoficamente si ha la diade,
la dualità, il dualismo, la differenziazione. Continuando a spostare
linearmente il punto, ossia considerando altri punti consecutivi, si ot
tengono i segmenti lineari ed in particolare rettilinei, composti quindi
di un numero finito di punti. Corrispondentemente si generano i
numeri interi che risultano dall'addizione di più unità consecutive.
•=1; • • = 2 •, • • - ., '
• - "ts.
1+5+6=10:
La scoperta (conseguenza del teorema di Pitagora) della esistenza
di segmenti incommensurabili tra di loro, come il lato e la diago
nale del quadrato, rende necessario, l'abbandono di questa conce-
- 35 -
zione dei segmenti composti di un numero finito di punti; ma
questa considerazione non ci riguarda in quanto a noi interessa
soltanto occuparci della generazione geometrica della successione
dei numeri interi.
Se ora consideriamo simultaneamente l'aggregato del punto
e del segmento di due punti, disponendo in un piano il segmento
sotto il punto in modo da formare un triangolo (regolare), otte
niamo una figura piana composta di tre punti. E se al di sotto di
sponiamo il segmento di tre punti otteniamo un altro triangolo
composto di sei punti; ed in simil modo continuando a disporre
in basso successivamente i segmenti di quattro, cinque, ecc. punti
si ottengono tanti triangoli consecutivi composti di dieci, quindici
ecc. punti. I numeri dei punti che compongono questi triangoli si
chiamano numeri triangolari, e come 1'n° numero intero è dato dalla
addizione di n consecutive unità così l'nlJ numero triangolare è dato
dall'addizione dei primi n numeri interi consecutivi. Ossia, nel
piano, i numeri triangolari obbediscono alla stessa legge di for
mazione cui obbediscono sulla retta i numeri interi. È facile di
mostrare (anche col metodo dell'induzione completa) che l'n° nu-
n ( n+l)
mero triangolare è dato dalla formala ossia che:
2
n ( + 1) m ( m + 1 ) ( m + 2_)
2 6
o------------1.o,______,0-----0------------0
A e DE B
delle corde che danno l'ottava, la quinta e la quarta sono rispet•
1
tivamente espressi dalie frazioni quali si ot·
-2 ' �3 ' ]_ 4 '. te
tengono scrivendo ordinatamente i numeri t , 2 3 e 4 e prendendo
'
- 39 -
le frazioni che hanno per termini le coppie successive 1 , 2 ; 2 , 3
e 3 , 4 : Diogene Laerzio attribuisce proprio allo stesso Pitagora
la scoperta di questi rapporti. È una scoperta della massima im
portanza scientifica, e che bisogna tenere presente perchè può
dare una chiave dellà filosofia Pitagorica.
Ai misteri del numero quattro e del numero dieci sono colle
gati due tra i più importanti simboli pitagorici e massonici ; la
decade ed il pentalfa o pentegrammo, ossia massonicamente il
delta e la stella fiammeggiante.
La decade, di cui abbiamo veduto le proprietà e l'importanza,
ha per iniziale la lettera O, in greco delta, che- nell'ordine tradizio
nale degli antichi alfabeti mediterranei, fenicio, greco, latino stava
al quarto posto; e dai fenici, dagli ebrei e dai greci fu adoperata
per esprimere il numero quattro. Ma al tempo di Pitagora la let
tera iniziale della decade veniva adoperata per indicare il dieci;
e la sua forma triangolare sembrava fatta apposta per ricordare
che il quattro era un numero triangolare e precisamente eguale
alla somma dei primi quattro numeri interi.
La decade pitagorica si ottiene appunto disegnando questo
numero triangolare ed è quindi
1+3=4
1 ·r 3+5=9
........
1 + 3 +s + 7= 16
t +3 ; 5 + 7 + 9 + ..... + (2 n + t ) = n2
Geometricamente la cosa è manifesta nella stessa figura che
serve a determinare i numeri triangolari.
Se per gli estremi delle basi dei consecutivi triangoli si con
ducono le parallele ai due lati uscenti dal vertice comune si ven
gono a formare degli strati consecutivi di triangoli. Il primo ne
contiene uno, il secondo ne contiene tre, il terzo cinque, il quarto
aette .... poichè è evidente che ogni strato ne contiene due di più
I soprastante e quindi si ottiene la serie dei numeri dispari.
- 43 -
1 , 4 , 9 , 16 , 25 , 36 , 49 ....
» triangolari 3 6 15 21 28 36 45
radici essenziali dei
-numeri interi 3 6 6 3 1 9 9
e si vede che i numeri della prima colonna sono quelli che han
per radice essenziale l'unità, quelli della seconda sono quelli che
han per radice essenziale i numeri della terza colonna, e quelli
della terza sono quelli che han per radice essenziale numeri della
loro stessa colonna. I numeri della pnma colonna han qualche
cosa in comune coll'unità, quelli della terza non riportano all'unità
ed hanno un carattere stabile, quelli della seconda hanno un ca
rattere instabile, e per così dire ingannevole.
Se al posto dei numeri poniamo le corrispondenti lettere del
l'alfabeto ebraico, e scriviamo le righe ebraicamente cioè da destra
a sinistra' otteniamo un casellario tripartito orizzontalmente e ver-
ticalmente, un cifrario
, ,
ro r, T
usato dagli antichi cabalisti per formar� le cif�e di un alfabeto con
venzionale, come riporta Enrico Cornello Agrippa nel De Occulta
- 46 -
Philosophia (publicata verso il 1530) al lib 111, cap. XXX (cfr.
A. Reghini - L'Alfabeto Massonico, in Rassegna Massonica, Agosto.
Settembre 1923.)
La così detta tavola da tracciare o da disegnare, che è uno
dei tre gioielli immobili della Loggia Massonica, differisce da que
sto casellario solo per essere priva di lettere, o per contenere in
vece le lettere dell'alfabeto latino nell'ordine usuale. Il Prichard
(Masonry Dissected - 1730) chiama Tarsel Board questo antico sim
bolo massonico ; e poichè Tarsel è forma antiquata per tiercel -
terza parte, Tarsel Board è proprio la tavola tripartita. Le nove
caselle tanto per i massoni che per i cabalisti, prese isolatamente
servono a sostituire ed indicare le lettere in esse in�critte ; ma
come Agrippa dice esplicitamente esse rappresentavano ed indi
cavano i numeri corrispondenti. È dunque coll'uso dei primi nove
numeri, somma e simbolo deH'universale epifania, che i pitagorici
ed i liberi muratori tracciano i disegni e risolvono i misteri del
l'architettura simbolica.
(Continua).
ARTURO REGHINI.
SAVII CONSIGLI
Qui quaerit in merdis secreta pfzilosophorum
Expensas perdit proprias, tempusque laborum.
Est in Mercurio quidquid quaerunt sapientes :
Corpus, abhinc anima, spiritus, tinèfura trahuntur,
Nullus Mercurius fumatur, quam mineralis.
(Dal "De decoctione lapidis philosophorum- Liber Perfecfi Magistefii,,
di Arnaldo di Villanova, nel Theatrum Chemicum - Ursellis 1602, Voi. Ili,
pag. 130, ed :, pag. 684 del Tomo I della Bibl. Chemi. Curiosa del
Mangeti, Basilea 1702.
UN GIUDIZIO COMPETENTE
Da un secolo in qua il rinfrescamento poetico del cristianesimo
è una delle forme del mal francese.
G. Papini - Polemiche religiose - Carabba - Lanciano 1913, pag. 57•
- 47 -
Il Sepher Jetsirah.
Una fra le più importanti opere della vasta letteratura ebraica che
può interessare quasi esclusivamente coloro che si occupano di· scienza
occulta è il Sepher Jetsirah, ossia il libro. che tratta della formazione
del cosmo. Senonchè, la difficoltà della lingua in cui questa breve opera
è scritta, l'argomento molto oscuro e di non facile interpretazione, sono
le principali cause per le quali pochissimi ne conoscono profondamente
il contenuto, poichè ognuno sa quanto siano inestricabili i numerosi
enigmi della Cabbalà di cui questo ·libro fa parte.
Il Sepher Jetsirah già tradotto in molte lingue non .fu mai tradotto
in italiano (per quanto io conosca); soltanto poco tempo fa è uscita
una pubblicazione del libro con la traduzione del Prof. Savino Savini
(Edit. Carabba,. Lanciano). Questa versione che vi_ene a colmare una la
cuna oltre ad essere interessante è anche buona in quantq è stretta
mente fedele al testo originale ebraico, tuttavia, per una maggiore com
prensione del testo sarebbe stato necessario che questa versione avesse
avuto un maggior numero di note esplicative.
E' noto che le principali opere ebraiche non si comprenderebbero
senza l'ausilio dei vari commenti ai quali molto spesso è necessario ri
correre, come per esempio il Talmud che ha vari commenti ed in molti
caai un altro commento al primo. Cosi i due l ibri massimi della Cab-
Alhanòr
-50 -
balà e cioè il S �pher Ha Zohar' Al Hattorah (Il libro dello Splendore
sulla Legge) ed 11 Sepher Jetsirah hanno i loro relativi commenti che
servo�o di ottima guida per interpretarne il denso e prezioso contenuto
racchmso e velato in quasi ogni frase di questi libri misteriosi i quali
altro non sono che un'interpretazione segreta, esoterica della tradizione
ebraica.
11 contenuto del Sepher Jetsirah è un profondo studio sulla genesi
dell'Universo quale opera di un processo della creazione divina in cui
Dio, contraendo la Sua volontà che è tutto il Suo infinito, l'�io )'�
(Ain Soph) o senza fine, determina un vuoto che è la Sua parola e
quindi la Sua forza attiva. Da dò ne consegue lo studio delle lettere
dell'alfabeto che devono necessariamente formare la parola. L'origine
di queste lettere non è di facile ricerca. Il Sepher Ha Zohar ne '.a un
accenno allegorico dove di"ce che fino da duemila anni prima della crea
zione del mondo le lettere, e così i· numeri, (poichè è noto come"le let
tere dell'alfabeto ebraico, oltre ad avere un suono hanno pure un va
lore numerico) erano nascoste, e Dio le contemplava facendone le Sue
delizie.
In un altro passo non meno interessante è detto che Dio incise le
lettere nel cielo, dove la figura di ciascuna lettera dell'alfabeto sacro è
rappresentata da una costellazione. Anche il Sepher Jetsirah conferma
incidentaimente nel suo primo versetto questo passo del Zohar poichè
dice: « Nelle trentadue vie della sapienza incise » ecc. (seguono i dieci
nomi di Dio).
Ora, come bene osserva il nostro traduttore nella sua prima anno
tazione, la parola « incise » è detta assolutamente, senza complemento
oggetto; perciò dobbiamo dedurre che le trentadue vie della Sapienza,
di cui molto spesso si parla nei libri della Cabbalà e che -significano
le ventidue lettere sacre dell'alfabeto ed i dieci numeri e quindi la
lingua e il conteggio, erano già create ed incise nell'Universo.
Da queste ipotesi molto azzardate dei Maestri della Cabbalà è chiaro
come essi non potendo affermare un'origine certa alle lettere dell'Al
fabeto ebraico le attrib_drono senz'altro alla creazione divina.
La 1,:rima le:tera che viene analizzata dal Sepher Jetsirah è I'�
vi
(Aleph) che equivale al numero 1 ed è chiamato lo Spirito del Dio
valore n umerico è la sintesi assoluta del
vente. Questa lettera nel suo
enta
l'unità di Dio e come figura è un simbolo geroglifico ehe rappres
il tetra5ramma sacro. . .
essa è forma ta da una , (!od) diritta , da una i (Va u) mclm�ta
lnfatti
numerico
e da una seconda , (!od) r,ìVesciata. Ora, prendendo il valore
e quattro •�ettere
di quest e lettere si ha una somma uguaIe a que 11a de li
che formano il nome divino, poichè , (!od) = =
10, i (Vau) 6 e , (lo
d)
- 51 -
== 10 ossia 26_: nel tetragramma s cr? :,,:,, (lhVh) abbiamo: , (lod)
== 10, :, (He) - 5, i (Vau) = 6 ed �mfme :, (He) = 5 ossia 26. Ecco
dunque come questa lettera racchiude misteriosamente il divino tetra
gramma e ne rappresenta l'unità assoluta.
Una simile dimostrazione potremmo fare per la :l (Beth
) seco-nda
lettera dell'?l�abet� eh� ger glific mente significa "TM� :,,:,, (lhVh)
? �
(Echhad) e c10e : Dio umco, e cosi d1 seguito potremmo dimostrare per
altre lettere.
Queste inestricabili dissertazioni ci sono fornite in massima parte
dai libri della Cabbalà. Il Sepher Jetsirah chiama le lettere dell'alfabeto
sacro ventidue segni di fondamento e le divide in tre categorie: Tre
madri, � (Aleph), � (Mem) e tl-' (Scin); Sette Doppie, :i (Beth), � (Ghimel)
"T (Daleth), � (Caph). � (Pe), -, (Resh) e r, (Thau). Dodici semplici,
:, (He), i (Vau), l (Zain), n (Hheth), ro (Teth), , (Iod), � (Lamed),
j (Num), _e. �Samechh), V_ (' Ain), �;(':zadi) e i'. (Qof), stabilendo con
questa d1v1s10ne le leggi del ternano, settenano e duodenario. Dal
primo gruppo si ha l' idea della trinità universale ed umana; che
ritroviamo pure nel simbolismo alchemico rappresentata dal a sale,
�. lo zolfo ed il mercurio, nelle tre parti dell'anno il freddo, caldo e
temperato; e sopratutto il Sepher Jetsirah allude alle tre parti dell'orga-
nismo umano: Testa, petto, ventre ed anche: Corpo, anima e Spirito.
Le sette Doppie sono cosi chiamate perchè hanno una doppia pro
nunzia secondochè hanno o no il tl-'�"T (Daghesh) e cioè un punto che
sta dentro la lettera per distinguerla dal suono debole primitivo còn
quello forte; così per es. la :l ha il suono di V mentre col V.,�"T (Da
ghesh) e cioé ,:i ha quello del B.
Ora. non si comprende come mai fra le sette Doppie vi sia la -,
(Resh) della quale non solo non conosciamo il suono doppio ma
è pure una delle cinque lettere di tutto l'alfabeto che per regola
grammaticale non possono avere il tl-'�"T (Daghesh); da ciò dobbiamo
dedurre che anticamente fosse stata conosciuta la doppia pronunzia di
questa lettera come pure delle altre due : � (Ghimel) e "T (Daled) e che col
tempo sia andata perduta; questo fatto può essere anche una prova del
l'antichità del Sepher Jetsirah.
Il doppio suono di queste lettere ci dà l'idea del numero due, della
legge dei contrari, del bene e del male, che nel simbolismo muratorio
è rappresentata dalle due colonne del Tempio il.':l (Bohaz) e i,:),
Qakin)
ed il testo lo spiega con molta chiarezza dove è detto: « Sette doppie
per pronunzia e per permutazione : Il contrario della Vita è la Morte,
il contrario della Pace la Malvagità, il contrario della Scienza l'lgno-
ranza, il contrario della Ricchezza la Povertà, il contrario della Grazia
la Bruttezza, il contrario della Generazione la Sterilità, il contrario della
- 52 -
Potenza la Schiavitù ,. . Vi è poi corrispondenza fra queste sette Doppie
ed i sette Pianeti che vengoi:o cosi chiamati: Sciabtai (Sabatile) ossia
Saturno, Tzedeq (Giustizia) Giove, Maadim (Le forze) Marte, Hham
miah (Il Calore) Sole, Nogah (La Delizia) Venere, Cohhav (La Stella)
Merc,·rio, Levanàh (La Bianca) Luna; e cosi fra i sette giorni della set
timana, le sette Porte dell'organismo : Occhi, orecchie, narici e bocca, i
sette elementi ed i metalli degli alchimisti ecc.
Queste sette Doppie indicano come abbiamo visto con le tre Madri
la specializzazione delle partizioni dell'oìganismo umano, prima nelle
sue parti essenziali, ora nello studio delle parti principali della testa,
ed infine con le dodici semplici conosceremo gli altri principali organi
del corpo umano.
L'ultima parte del Sepher Jetsirah studia le dodici Semplici il cui
fondamento ci rappresenta l'idea dei dodici segni dello Zodiaco che
percorre il sole durante le quattro stagioni, i dodici mesi dell'anno ed
infine le dodici parti dell'organismo umano cosidette Guidatori.
Qnesta tripartizione dell'organismo umano c'insegna che l'uomo è
la riproduzione in piccolo dell'4niverso, e secondo il Sepher Ha
Zohar l'uomo è il Microprosopo. Esso è il raggruppamento delle se
grete facoltà del mondo, di tutti i segni delle ventidue lettere costi
tuenti le possibilità fenomeniche di cui ogni lettera è la cosa di per sè
come bene lo dimostrano i ventidue arcani maggiori delle Lame del
Tarocco.
II mondo �ei sette pianeti è un simbolismo fisico reale che rap
presenta la materia in generale in tutte le sue manifestazioni vitali di
mutazione, di cambiamento. Gli elementi animati dallo spirito che li di
rige si presentano sotto le apparenze ingannatrici di questo mondo.
I dodici segni ra:-presentano il periodo e i periodi di queste muta
zioni vegetanti in cui l'uomo è incluso. Questi periodi sono quelli delle
quattro stagioni durante le quali il sole percorre questi dodici segni;
l'astrologia che comprende il corpo della terra ha pure circondato
l'uomo dei dodici segni dello Zodiaco, di guisa che ogni parte del suo
corpo corrisponde ad un segno. Infine, i pianeti non sono che le virtit
della sua anima o la grazia che egli ha ricevuto di poter dominare le
sue tendenze, resultato del disquilibrio elementare atavico ch'egli porta
in sè stesso.
Questo, in breve è un accenno �c!iematico dell'argomento del Se
pher chè, per conoscerne profondamente ii contenuto, sarebbe necessario
un lungo e paziente studio non. solo della lingua ebraica, ma ricercare
nella medesima quell'immenso patrimonio spirituale. contenuto nella sua
vasta letteratura. Sebbene le biblioteche ed in ispecie quelle delle Scuole
Rabbiniche siano ricche di prezio!>i volumi, è raro il caso che qualche
- 53 -
studente, futuro candidato di una qualsiasi cattedra rabbinica si prenda
la pena non solo di consultare di tanto in taqto i magnifici libri del
Zohar ma neppure abbia cura di levarne la polvere che If ricuopre.
Og: i gli ebrei d'Italia specialmente hanno dimenticato il dovere
d'essere i conservator"i dell'antica tradizione per dedicarsi esclusivamenle
ad una nuova fede del tutto politica per la quale molti di essi sprecano
invano il loro tempo e denaro. Intendo parlare del movimento Sionista.
Di ciò non se ne può fare loro un torto poichè questo ricade invece
sui Rabbini i quali più noil insegnano poichè più non conoscono l'alta
filosofia ebraica racchiusa nei libri della Santa Cabbalà e fanno sì che
questa col tempo andrà perd11ta;
FERNANDO PROCACCIA
Chiaroveggenza e Scurnveggenza.
Preziosissimi insegnamenti troviamo riportati nel numero di Luglio
del « The American Co-Mason, » bollettino ufficiale della « American
Federation of Human Rights, » altrimenti chiamato Rito Misto, e di cui
ci occuperemo altra volta.
"La signora llles Perry, di Los Angeles, ha tenuto due conferenze
sulla Massoneria, tra le sue.,{lltre conferenze sulla Salute, mentre era qui
l'ultima settimana. Le quattro regole fondamentali della Massoneria essa
le ha date così: 1° 'Un ghiottone non·può essere un vero massone; 20 Un
consumatore abituale di liquori alcoolici non può essere un vero massone;
3,, L'altruismo è necessario per l'avanzamento massonico; 4° Il genuino Prin
cipe Adepto Massone, del 28·' grado, del Rito Scozzese, deve essere virtual
mente un celibatario, tranne ·solamente quando i suoi figli vengono conce
piti. La signora Perry dice che essa trova queste leggi nella Bibbia che
essa legge coll'occhio interno del!' intuizione. ,,
Naturalmente il vero massone è quello fabbricato su modello della si
gnora Perry; lo ha scoperto lei coll'occhio interno, e non è il caso di met
terlo L; dbcussione. Però se n'ìn fosse dare prova di deplorevole egoismo,
contravvenendo al terzo com1i1a dd sillabo massonico della Perry, vorrei
chiedere, con tutto il rispetto, un poco di tolleranza per il primo comma,
rh.ordando per esempio la tradi�ione massonica delle agapi, durante le
quali usava masticare e sparare polvere nera. Sarei .. nch� curioso dì
sapere se per quell'ubriacone emerito e discutibile celibatario di nome
Socrate ci sarebbe stata speranza, secorido questo sillabo massonico, di
divenLre un vero massone. Quanto poi all'ultimo comandamento, sa
rebbe forse bene che la signora Perry si degnasse consultare la Bibbia
- 54 -
col suo occhio interno per dargire dei savii consigli ai veri massoni,
specificando se, in quel tale caso eccezionale dedicato al!a �ro� agazione
della specie, sia o no lecito di abbandonarsi alle eserc1tazt? nt �he o
gnuno può leggere nel " Cantico de_i Cantici, ,, o se p�re bts?gm stare
_ _
composti, tenere le mani appoggiate al muro-, glt occhi nvolh alla santa
immagine di S. Luigi Gonzaga, e un fischio in bocca.
A. R.
•
••
MAXIMUS.
- 61 -
VEXATIO STULTORUM
OVVERO SIA
***
Spropositi colossali si trovano sparsi au petit bonheur nel 11 Rituel
de l'Apprenti » di J. M. Ragon e son dovuti a pura e genuina bestialità
senza arrière pensée. Ecco quel che si trova a pag. 91 : « Tutte le super
ficie si possono ridurre a triangoli. Essa (la geometria) conta tre angoli:
il retto, l'acuto e l'ottuso; i!d altri tre (I): il rettilineo, il curvilineo, il mi
stilineo; e tre triangoli: rettangolo, isoscele, scaleno; tre figure: triangolo,
quadrato, cerchio (SENZA CONTARE QUELLA DEL CIUCO CHE OLIE LA FAC
CIAMO FARE NOI); tre corpi ad angoli: cubo, prisma, piramide; tre punti
per trovare il centro del cerchio; tre punti per piantare le biffe (ED
ANCHE MENO PER AVERE LE BEFFE); tre lati almeno per chiudere uno
spazio. La stereometria conta tre forme: triangolare, quadrangolare, pen
tagonale, le loro Jaccie sono triangolari; e conta tre corpi; rotondo, ci
lindrico, conico ».
Questa è la vera pesca reale delle bestialità, e non le rileviamo
una per ·una per non tediare il lettore. Neppure il Sacchi, siamo onesti,
è giunto a simile sublimazione. E se ne è accorto persino Ulisse Bacci
che riporta cotesta roba a pag. 405 del primo volume del « Libro del
Massone Italiano ». Egli fa seguire questa ed altre citazioni da un com
mento ironicamente spregiativo. Senonchè il Bacci prosegue, citando:
- 62 -
« la meccanica dimostra che la forma è il prodotto della massa, moltipli
cata per lo spazio, divisa per il tempo ,. ; frase eh� egli riporta dalla
pagina m del Cours Philosophique... del Ragon, mtroducendovi però
un errore di stampa (?) perchè dove il Bacci dice erroneamente forma
il povero Ragon diceva onestamente forza. Ed allora come si fa a pren
dere in giro il Ragon per quegli errori che invece son proprio di Ulisse
•••
Bacci?
•••
senza fede e senza civiltà.
INDICE-SOMMARI O
=......,,.,�=================--·-
Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REOHINI
ROMA • Tipografia «Iris� - Via Agostino Depretis, 86.
LI RldBnZIORI di ldllmO di L . Puccinelli; ir.-16
L. 6 _
lii missione di Roma nel mondo di v. Marchi, in-8 L. 5 _
FilOSOII Antichi di A. Tilgher, in-8. . . L. 12 _
purlflCIIZIOna di Ciro Alvi (1° della serie: I Romanzi dell'Occulto) in-16 L.6 _
santo Francesco d'Assisi dello stesso. Quarta edizione in-8; in carta di lusso
illustrata con quindici tavole fuori testo di E. Anichini . L. 15 _:
In ultll partana godere. Romanzo dello stesso in-16 . . L. 8 _
Par IO Spirito lii Carne esaltare. Romanzo dello stesso ill-16 . L.. s -
L'Arcobaleno. Novelle dello stesso in-16 L. 6 -
Il LUPO di 6Ubbl 0 di A. Boussac De Saint-Mare; dramma mistico. Traduzione
e prefazione di Adriano Tilgher . L. 6 -
Recentissima pubblicazione:
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REDAZIONE:
CIRO ALVI - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ - ANICETO DEL MASSA -
J. EVOLA - A. RUSSO FRATTASI - RENÉ GUÉNON - GIULIANO KREMMERZ -
MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MARIO MORANO! - FERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REGHINI - GALLJANO TAVOLACCI.
GN0s·1 E LIBERTÀ
È di moda parlare di libertà e poichè tutti ne discorrono a
modo proprio, secondo cioè un particolare punto di vista, può ben
parlarsene da un punto di vista esoterico che vale almeno, credo,
quanto l'assunto mentale di coloro per cui la grande parola signi
fica· soltanto possibilità di entrare nella minoranza di un Consiglio
comunale.
Intanto giova assai ordinare, come fa il chirurgo prima dell'o
perazione, i proprii ferri, assicurarsi che siano bene sterilizzati, e
tener pronti tutti gli altri presidii dell'arte.
Bisogna anche e sopratutto conoscere l'anatomia.
L'anatomia delle idee non è così facile come quella d.:ì corpo
umano; è tanto difficile che tutti gli studiosi di tutti i tempi non
si son trovati d'accordo, e l'affare non sarà tanto presto concluso.
.,... 66 -
Fra ideologie, Ideogrammi, fantasmi, metafore, tropi e simili
pupazzi del teatro logico si può far confusione, solo che manchi
la luce della ribalta, e scambiare Scanapino per Orlando o Car
lomagno. È questione d'intendersi.
Se chiamiamo baracca una cristallizzazione ideologica, un si
stema, un programma, e burattini le ideologie avremo un modo
spiccio di intenderci, purchè sappiamo individuare il contrasto o
i contrasti, oppure le divergenze.
Diciamo dunque : fabbrica di fantocci, fiera di fantocci, ne
gozio di fantocci e diciamo pure fantocci alla rinfusa. Teniamo
ancora in riserva gli stracci.
In questa figurazione che posto avrà la libertà e quale la ne
cessità, quale il volere e quale il potere?
Quando la baracca è piantata e i fantocci sono stati acqui
stati, il campo del burattinaio è assai limitato, egli è pressochè in
balia della necessità, egli sente il potere e il suo volere vien meno.
Ad esempio : se io voglio, fortissimamente voglio, per un mi
nuto non pensare a nulla di concreto, lo potrò : in quel minuto le
mie idee sono stracci, la baracca non esiste e non vi lavorano i
fantocci. Ma, se una vespa mi punge improvvisamente il collo,
ecco formarsi la baracca della puntura di vespa cogli annessi e
connessi burattini del dolore, della difesa, della medicazione
ecc.... ecc....
Gli stracci, per seguire la metafora, durano assai poco ed
hanno tendenza a tras.formarsi in pupazzi e questi tendono a ràc
cogliersi in baracca.
So bene che gli uomini grossolani obiettano che con simili
sottigliezze non si potrà mai realizzare alcun progetto. Io sono
anche disposto a dar ragione a cotestoro, pur di addivenire con
loro ad un patto. Devono impegnarsi con questo solennissimo
giuramento :
« Giuriamo per avere il diritto di fabbricare abiti di moda, di
GIULIO CAPURRO.
IMPERIALISMO PAGANO
Parecchi amici e collaboratori di Atanòr ci instigano a ristam
pare un vecchio articolo sul/' " Imperialismo Pagano, " pubblicato
nel numero di Gennaio-Febbraio 1914 di • Salamandra, ,. una ri
vista morta al terzo numero ed ora introvabile.
L'argomento iv( trattato, invero, è oggi più che mai di attua
lità; ed inoltre, tolte le prime due o tre pagine che si riferiscono
e prendono le mosse da circostanze politiche del tempo, tutto il
resto dell'articolo sembra scritto tenendo presenti le attuali condi
zioni e tendenze politiche. I tivolgimenti di questo decennio non
hanno menomamente infirmato la visione iniziatica cui questo scritto
si inspirava; anzi quel che nel 1914, prima della guerra, dovette
sicuramente apparire come la visione utopistica ed anacronistica di
un isolato, si presenta oggi agli occhi di molti italiani come una
possibilità di fatto se non come un programma da attuare. E non sono
molti, ci sembra, coloro i quali, anziché aver dovuto modificare od
addirittura capovolgere la propria concezione filosofica � politica
sotto la irresistibile pressione degli eventi dt!gli ultimi anni, hanno
veduto le loro idee e le loro previsioni confermate punto per punto
dai fatti.
Quando lo scrittore di queste pagine, insieme a pochissimi altri,
invocava contro il guelfismo minacciante il risveglio di un impe
rialismo pagano, la sua fede e la sua inspirazione sgorgavano dalla
pura inesauribile fonte della tradizione iniziatica pitagorica ed egli
non ebbe altro merito che di sapere riconoscere la limpidità cristal
lina dell'acqua sorgiva. E mentre gli odierni imperialisti correvan
dietro, allora, ai sogni del pacifismo, dell'umanitarismo, della de
mocrazia, del socialismo e qualcheduno perfino alle • parole in
libertà, " quello scarso manipolo di pagani e di pitagorici, conscio
dell'occulto nesso che lega il passato all'avvénire, affermava cate
t goricamente la propria fede nei destini imperiali di Roma.
Per questo suo carattere iniziatico pitagorico, e non per occu
parci Ji politica, acconsentiamo dunque a ristampare questo vecchio
articolo; e lo riproduciamo integralmente e senza il menomo ritocco.
-70 -
\
Considerazioni di attualilà si potrebbero agevolmente aggiun
gere, ma ce ne asteniamo perchè « Atanòr ,. è una rivista dedicat a.
agli studi iniziatici, e non si occupa di politica. \
È vero per altro che si potrebbe anche non restare indifferenti
alla estimazione ed alla funzione da riconoscere agli studii ed alla
sapienza iniziatica. Nè simile questione è priva di ùnportanza anche
dal punto di vista politico, sopratutto quando si parli o si pensi
ad una politica imperiale e si voglia avviare un paese ad una gran
dezza e civiltà spirituale e non soltanto mercantile. Ed in partìcolar
modo sarebbe savio pensarvi quando la religione ufficiale, priva
o dimentica della sapienza iniziatica, usurpa in terra il loco mio
che vaca, come diceva Dante parlando del Sommo Pontificato, la
sciando l'Italia e l'Occidente, almeno in apparenza, in una posi
zione di inferiorità spirituale.
, Da questo punto di vista contingente, non è indifferente, nei
rispetti dell'esoterismo e della sua funzione sociale, il favorire in.
Italia ed in Europa la corrente guelfa o quella ghibellina. Mentre
invece, metafisicamente parlando, la veste pagana o quella cristiana
possono anche equivalersi come espressiolle e velo della sapienza
iniziatica. Basta, s' intende che la saoienza vi sia.
Ripromettendoci di tornare sull'argomento, riportiamo intanto
il seguente articolo :
IMPERIALISMO
• PAGANO
Popolus Romanus natura ordinatus
/uit ad imperandum.
DANTE ALIGHIERI - Dt ·Mon.
Abbiamo già detto che non crediamo alla sincerità del nazio
nalismo clericale. Non ci crediamo perchè troppo conosciamo i
sistem� subdoli dei nostri nemici, e perchè è troppo evidente per
quale loro interesse e necessità si siano indotti a questa ma
scherata.
Nè ci si venga a parlare di cattolici che non siano clericali.
La mentalità, il sentimentalismo� la fede di un· cattolico sono ter
reno troppo propizio alla coltivazione intensiva del clericalismo
perchè si possa addormentarsi sopra questa distinzione ; i preti
esercitano sopra l'animo dei fedeli tale ascendente che al momento
opportuno potranno sempre fare delle masse credenti ed incolte
tutto quello che vorranno, e sarebbe allora una molto misera con
solazione il constatare che la distinzione tra cattolico e clericale
avrebbe permesso a qualche persona semi-indipendente di agire di
testa propria.
Un nazionalista deve volere al di sopra di ogni altra cosa il
bene della nazione. Aggiungere o sotto intendere l'aggettivo cat
tolico mostra la esistenza di una restrizione mentale, mostra che si
vuole il bene della nazione se ed in quanto riesce in prò di una
credenza particolare. Ed allora si può essere sinceri nazionalisti
soltanto se i due fini perseguiti non vengano mai in contrasto.
Ora nel nostro caso vi è contrasto naturale, fatale, profondo,
incomponibile. Nella lunga serie dej secoli, dalla fondazione della
Chiesa di Roma in poi, il Papato, sempre e poi sempre, è stato
il naturale nemico di Ron,a e d' Italia.
La civiltà latina, eclettica, serena, aperta, in una parola gentile,
e l'impero romano con essa furono soffocati dalla mentalità esotica,
intollerante, fanatica, dogmatica del cristianesimo
È questo un delitto che attende ancora la st;a espi.tzione.
Virgilio, il grande poeta imperiale, aveva da poco cantato il
ritorno dell'età dell'oro
Jam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna
e profetizzato la venuta di un veltro che i distruttori dell' ideale
virgiliano hanno avuto l'impudenza di. identificare con Gesù; ed
-75-
ecco un megalomane ipocondriaco e sentimentale, cui la vi�ione
del mondo creato dal suo Dio moveva a compassione ed al _pianto,
si credette il primo, l'unico savio spuntato in questa valle di la
crime, e fece la peregrìna scoperta che per accom0dare le faccende
dell'umanità bastava rendere gli uomini migliori. Scoperto questo,
non restava da fare altro che persuaderli ad amarsi l'uno coll'altro.
Meno savio di Faust egli si illuse di conoscere che cosa oc
correva insegnare
PUREZZA E PULIZIA
•
- so-
Una _Spiegazione.
« Non vi è nulla di più curioso che raccogliere le diverse ac
cuse e calunnie portate, in ogni epoca, contro l'Ordine Martinista,
dalla sua fondazione. Martines di Pasqually, poi Claude de Saint
Martin hanno voluto costituire una cavalleria cristiana essenzial
mente laica, incaricata di diffondere e spargere la tradizione ini-
- 89 -
ziatica d�ll'Occi�ente e di preparare del suo meglio la grande opera
della Remtegra�w?e umana. La Provvidenza ha voluto opporre
una corrente �nst1ana alla corrente pagana e di origine pitagorica,
che ha cer:trallzzato una parte delle opere di diffusione iniziatiche.
Dalla sua creazione, il Martiuismo è stato l'oggetto di attacchi ap
passionati da parte dei varii cleri, e sopratutto del clero romano,
che si figura essere il solo rappresentante di Dio nell'umanità. Cosi
si accusarono i Martinisti di essere dei ministri dell'Inferno, dei
maghi neri ed altre baie del medesimo genere, che non impedirono
affatto i progressi rapidissimi dell'Ordine. È allora che un nuovo
genere di calunnie nacque, in un campo tutto opposto. Gli ignari
settatori del Grande Oriente che hanno sempre avuto, per il Mar
tinismo, l'odio dei parvenus e che son riusciti a far mette.re la
Francia alla porta di tutte le Loggie dell'Universo facendo tutti i
loro sforzi per creare un ateismo ufficiale e rappresentando al di
fuori il nostro paese come un'accozzaglia di scellerati senza fede e
senza credenza, si accorsero tutto ad un tratto che ali' infuori del
Rito Scozzese che essi avevano quasi completamente annichilito, e
sisteva in Francia un ordine di illuminati che metteva il nome di
Cristo in testa a tutti i suoi atti ufficiali e che osava trattare i
suoi avversari con educazione. Era orribile, e questi Martinisti non
potevano essere che dei Gesuiti mascherati, e della gente che si
sforzava di ricondurre al clero cattolico i loro adepti, sempre più
numerosi.
- Così ecco il Martinismo accusato di essere anticristiano
dagli ignari del clero e di essere una creazione dei Gesuiti dagli
ignari del Grande Oriente, tali sono le due colonne della calunnia
che si erge dinan_i alla nostra strada. Se noi avessimo creato il
Martinismo, avremmo potuto, forse dargli un carattere meno spe
ciale, ma non bisogna dimenticare che ogni ordine di illuminati
prende la sua radice nel piano invisibile dove si trova la sua ca
tena reale, ed è là che bisogna cercare i guardiani ed i protettori
di un tale ordine, cosa che lo differenzia dalle società umane e
dalle loggie massoniche, che non chiedono la loro direzione che
agli errori del suffragio collettivo, senza garanzie morali e senza
esame. Il Martinismo avendo come direttori nel piano invisibile, dei
laici cristiani, ha la pretensione di fare conoscere questo cristiane
simo esoterico, che non scomunica nessuno, pensando che ogni uomo
-90 -
dabbene (! ?) può arrivare alla salvezza qualunque sia la sua rer
gione esoterica, e che apre le �ue file a tutti: gnostici, protestan�i
0 cattolici, tanto come a quellt che cercano senza avere una for
mula speciale. Ma non bisogna dimenticare che il Martinismo è un
o;dine di propaganda e non un centro di insegnamento dommatico
(e quella dei guardiani e protettori nel piano invisibiie non è un'as
serzione dommatica? E quella dell' intervento della Provvidenza
per opporsi alla corrente pitagorica non è un insegnamento dom
matico?) e che non pretende assolutamente di monopolizzare L'oc
culto, ciò che sarebbe semplicemente grottesco. Il Gruppo esoterico,
la Facoltà ermetica, la Società Alchimica di Francia, l'Unione I
dealista Universale, la stessa Società Tecsofica, studiano ciasche
duna uno degli aspetti dell'occulto. Quel che forma il carattere par
ticolare del .Martinismo, é che i suoi capi invisibili: Martines e
Saint Martin, non hanno mai cessato di interessarsi all'opera che
essi hanno creata e che sapranno anche vendicare l'Ordine e per
donare ai suoi impotenti calunniatori.
Bisogna che la flegma cada irz fondo alla bacinella ermetica,
e noi proseguiremo la nostra strada senza iaquietarci degli attacchi
del clero più che di quelli degli atei. Non ci si. appoggia che su
quel che resiste.
Le vacanze lasciando a tutéi la cura di raccogiiersi, abbiamo
scelto questo momento per mettere definitivamente in chiaro questa
questione.
" Papus"
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Costa DUE ltro il Numc,·o • Al>!Ji>namci11o per 1rn ann;i VENTI lire - Per l'Estero Il doppio
REDAZIONE:
CIRO ALVI - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ - ANICETO DEL MASSA -
J. EVOLA -. A. RUSSO FRATTASI - RENÉ GUÉNON - GIULIANO KREMMERZ
MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MARIO MORANO! - FERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REGHINI - GALLIANO TAVOLACCI.
ROSACROCISMO ESSOTERICO
(1) Cf. Arturo Reghini, L'allegoria esoterica irz Dante, nel Nuovo
Patto, Settembre - Novembre 1921, pp. 541-548.
♦
- 105 -
tiche, non vi furono che due casi in cui l'accusa di " eresia ,, potè
essere portata contro- alcune di esse o contro alcuni dei loro membri,
e questo per nascondere altre accuse molto più fondate od almeno
più vere, ma che non potevano essere apertamente formulate. li
primo di questi due casi è quello in cui certi iniziati hanno potuto
ab bandonarsi à divulgazioni inopportune, arrischiando di. �ettarc
il disordine negli spiriti non preparati alla conoscenza delle verità
superiori, ed anche di provocare dei disordini dal punto. di vista
sociale; gli autori di simili divulgazioni avevano il torto di creare
essi stessi una confusione tra i due ordini esoterico ccl essoterico,
confusione che, in somma, giustificava sufficientemente il rimpro
vero di « eresia » ; e questo caso si è presentato a diverse riprese
nel!' Islam, dove per altro le scuole esoteriche non incontrano nor
malmente alcuna ostilità da parte delle autorità religiose e giu;
ridiche che rappresentano l'exoterismo. Quanto al secondo caso, è
quello in cui la medesima accusa fu presa come semplice pretestò
da un potere politico per rovinare degli avversarii che esso sti
mava tanto più temibil,i quanto più era difficile raggiungerli me
diante i mezzi ordinarii; la distruzione dell'Ordine del Tempio ne
è l'esempio più celebre, e questo avvenimento ha precisamente
un rapporto diretto col soggetto del presente studio.
(1) Non è senza ragione che Dante prende come guida, alla fine del
suo viaggio celeste (Par; d. XXXI) San Bernardo, che stabilì la regola
dell'Ordine del Tempio.
..
- 106 -
titolo di Kadosch, parola ebraica che signifi�a « santo ., 0
• con
sacrato », e eh� s, è conservata smo_ _
a, nostn giorni negli alti
• della m assonena. Quanto ali' lmperialis Principatus , forse pe _gract· 1
. , 1 spi. e-
garI o, non si deve limitarsi a considerare la parte e l'azione p 1-
o I·
f1ca d'l Dante, Ia qual� mostra che le associ azi0ni cui apparteneva
eran� allora favorevolt al potere imperiale; bisogna notare inoltre
che 11 « Santo Impero » ha un significato simbolico, e che ancora
oggi, nella Massoneria Scozzese, i membri del Supremo Consiglio
sono qualificati dignitarii del Santo Impero, mentre il titolo di
« Principe » entra nella denominazione di un numero assai grande
di gradi. Di più, i capi delle varie organizzazioni di origine rosa
cruciana, a partire dal XVIl• secolo, hanno portato il titolo di Im
perator: e vi sono delle ragioni per pensare che la Fede Santa,
ai tempi di Dante, presentava certe analogie con quel che fu più
tardi la « Fraternità della Rosa Croce ». ca
Noi troveremo ancora molti altri avvicinamenti del medesimo la
genere, e lo stesso Aroux ne ha segnalato un numero assai grande; val
uno dei punti essenziali che egli ha messo assai bene in luce,. Ka
senza forse tirarne tutte le conseguenze che esso comporta, è la
significazione delle varie regioni simboliche descritte da Dante, e vai
più particolarmente quella dei « cieli ». Queste regioni, infatti, raf ca
figurano altrettanti stati diversi, ed -i cieli sono propriamente delle de
« gerarchie spirituali », vale a dire dei gradi di iniziazione; vi sa gr
rebbe, sotto questo rapporto, da stabilire una concordanza interes CO
sante tra la concezione di Dante e quella di Swedenborg. Dante p
stesso ha dato a questo riguardo una indicazione che è degna di
nota : « A vedere quello che per terzo cielo s'intenda ... dico che
per CIELO intendo la scienza e per CIELI le scienze » (I). Ma di
quali scienze si tra tta, e bisogna veder là un'allusione alle « sette
arti liberali », di cui d'altra p arte Dante, come tutti i suoi contem·
poranei, fa così spesso menzione ? Ciò che fa pensare che così
s
deve essere, è che, secondo Aroux, ,, i Catari avevano, dal x11°
secolo, dei segni di riconoscimento, delle parole di passo? u�a e
dottrina astrologica; essi facevano le loro iniziazioni all'eqmno�•0 t
di primavera, il loro sistema scientifico era basato sulla d� ttnna
delle corrispondenze : alla Luna corrispondeva la Grammatica, a
(1) Noi citiamo il riassunto dei lavori di Aroux che è stato dato da
Sédir, Histoire des Rose _ Croix, pp. 16-20. - I titoli delle opere del-
1' Aroux sono : Dante Hérélique, Révolutionnaire et So�ialiste, e,t la �oméd_ �e
de Dante, traduite en vers se/on fa .lettre et commentee se/on l espri., sucvce
de la Clef du tangage symbolique des fidèles d'amour. . . . .
(2) È perlomeno curioso che questi stessi tre colon stano d1venu h,
precisamente, nei tempi moderni, i colori nazionali d' Italia.
(3) A questi segni rlistintivi, bisogna aggiungere « una corona a
punte di freccie in oro ,. .
- 110 --
(o più esattamente quadrato) di nove' quando Be(1 trtc·
. nell'8J'!anno del secolo,, (1). e s1 considera
I muow
c1e
Q11csto grado ài Principe di Compassione' O
Scozzc,se . 1.
• R.1to Sco zzese; ecco quel che ne dice ilTnn
t;n•�, e• 1·1 -?6 ' (:e!
Fr• .-•
_ _
out II y nel 1 a sua Expl,catwn dLs emblèmes et des
SJmiboIes
d. ouze grmi_es_ �hl·1��o h.,qu�s � dal. I g,, al 30° ) : ,. Questo graddes
�ecorzdo noL, e ti pm mestnc F o
ablle dL . tutti quelli che compon17on '
questa s,1piente categoria, cosi prende il nome di SCOZZESE /Ri �
TA:�'? (2). Tutto, di fatti, offre in questa categoria l'emblema
. de%�
Trzmta: questo fondo a tre colori (verde, bianco e rosso), in basso
tli!CS!a figura Je!la VERITÀ, dovunque infine questo indizio della
Gl{,\NDE Ol'l:IU DELLA NATURA (alle cui fasi fanno allusione i tre
coi?ti�, dcg!i �tementi constitutivi dei m�talli (solfo, mercurio e sale),
della wro JllSWne e della loro separazwne (SOLVE ET COAGULA),
in ana parola della scienza della chimica minerale (o piuttosto del
t'alcllimia), di cui ERMETE fu il fondatore presso gli Egiziani, e
che diede tanta potenza ed estensione alla medicina (spagiri:a) (3).
Tanto è vero che le scienze costitutive della felicità e della libertà
si succedono e si classificano in quest'ordine ammirevole, il quale
prova che il creatore ha fornito agli uomini tutto ciò che può cal
marq i loro mali e prolungare il loro passaggio sopra la terra ( 4).
f: principalmente nel numero TRE, così be.rze rappresentato dai tre
angoli del Delta, di cui i .cristiani hanno fatto il simbolo fiammeg
giante ddla Divinità; è, dico, in questo numero TRE, che rimonta
ai tempi più lontani (5), che il sapiente osservatore scopre la sor-
(1) e;. Light on Masonry, p. 250, e il Manuel Maçonnique del Fr:·
Vuilliaume, pp. 179-182, citato da Aroux, La Comédic dc Dante.
(2) Dobbìamo confessare che non vediamo il rapporto che può esi
stere tra la complessità di questo grado e la sua denominazione.
(3) Le parole tra parentesi sono state aggiunte da noi per rendere
il testo più comprensibile.
(4) In queste ultime parole si può scorgere un'allusione discreta
quello
all'elixir di lunga vita « deg i alchimisti ». - Il grado precedente,
racchiu de?te
del Cavaliere dd Serpente di Bron:w, era presentato come «
l'orig me
una parte del primo grado dei Misteri Egiziani, di dovL! scaturì
, della medicina e la grande Arte di comporre i medicamenti ».
li o
(5) L'autore senza dubbio vuol dire: « di cui l'impiego simbo �
abbta
rimonta ai tempi più lontani » perch:• non possiamo su, porre che
preteso assegnare un'origine cronologica allo stesso 1111111cro !re.
- 111 -
gente primitiva di tutto quel che colpisce il pensiero, arricchisce l' im
maginazione e dà una giusta idea dell'eguaglian;:a iociale. Non ces
siamo dunque affatto, degni Cavalieri, di restare SCOZZESI TRINI
TARII, di mantenere e di onorare il numero TRE come l'emblema
di tatto quello che costituisce i doveri dell'uomo, e ricorda nel me
desùno tempo la Trinità diletta del nostro Ordine, incisa sopra le
colonne dei nostri Templi: la Fede, la Spe:anza e la Carità » ; (1 ).
Quel che sopratutto bisogna ritenere r.li ques.to passaggio, è
che grado di cui si tratta, come quasi ,i!.ltti quelfi che si riattac
il
cano alla medesima serie, presenta un significato ermetico; e quel
che conviene di notare in modo tutto particolare a questo riguardo
� la connessione dell'ermetismo cogli Ordini di Cavalleria. Non è
qui il luogo di ricercare l'origine storica degli alU gradi dello Scoz
zesismo, nè di discutere la teoria cosl controversa della loro di
scendenza templare ; ma, che vi sia stata filiazione reale e diretta
o solamente ricostituzione, non è meno certo che la maggior parte
di questi gradi, e cosi alcuni di quelli che si trovano negli altri
riti, appaiono come le vestigia dì organizzazioni chi hanno avuto
altra volta un'esistenza indipendente, e specialmente di quegli an
tichi ordini di Cavalleria di cui la fondazione è legata alla storia
delle Crociate, vale a dire di un'epoca in cui si ebbero non sola
mente dei rapporti ostfli, come credono quelli che se ne stanno
alle apparenze, ma anche degli attivi scambi intellettuali tra l'O
riente e l'Occidente, scambii che si attuarono sopratutto per mezzo
degli Ordini in questione. Devesi ammettere che questi ordini at
tinsero dall'Oriente i dati ermetici che assimilarono, o non si deve
piuttosto pensare che essi possedettero dalla loro origine un eso
terismo di questo genere, e che fu la loro propria iniziazione che
li rese atti ad entrare in relazione su questo terreno con gli Orien
tali? Anche questo è un problema. che non pretendian'lo risolvere,
ma la seconda ipotesi, benchè considerata meno spesso della prima,
non ha nulla di in verosimile per chi riconosce l'esistenza, durante
Continua
RENÉ 0UÉNON.
(1) Arturo Reghini, art. cit.,
pp. 5-45-.546. -
***
i moc!erni! pur ,�andosi att�rno
11 Rostagni riconosce (pag. 256) che
si liberano mat nell tnterpretaz10ne
con metodo critico e storico, non
suo libro n?n mancano davv ero
dalle influenze dei tempi nostri. E nel ifesto che l'ostacolo
Ie prOve di tale asser- vimento. Anzi risulta man . . •
�n� ptt�gor•ca per part e
primo ad una più esatta comprension .' della d�ttr
_d, u�a pre suppo�
degli « intellertuali » censiste proprio nel preg1ud1z:o
rna, cosi progr edita, rispetto a quei
sta superiorità della mentalità mode
• primitivi». li Rostagni parla della « immatu rità lo_ � ica » dei pit gort 1,
delle loro « intuizioni primitive ed ingenu e; di intuizi oni in prevalenza
fantastiche, mitiche, simbolistiche, anterior i alle vere e proprie costnt
zioni logiche». Per lui la concezione che si tr-ova in Alcmeon e, in Par
menide, in Euripide di un'anima demoniaca immortale distinta da quella
somatica mortale con il corpo e come il corpo, alla quale ed alle cui
vicende si connette anche la facoltà pensante, è ·na 'oncezione primi
tiva che si nobilita e si perfeziona in Platone ed in Aristotile in quanto
1
ARTURO R!OHINI.
- 123 -
La Baraonda Martinista.
il successo're invece di en te n ov o �
r Loiselle, assolutam essi con�por-
enu
h e g 1 1
• er a. . stati rim
mondo occultista; ed
i po te •
ri c
la sua sostitu-
110
m ar hm sm o e
della parola
ta vano la soppressione
' - 125 -
zione colla designazione di Ordre Universel de la Nouvelle Egypte.
Ben inteso, questo non ha impedito ai varii Gran Maestri, o se
�I dicenti tali, di continuare ad agire ognuno per conto suo senza
,. occuparsi affatto di Loiselle e dei suoi poteri.
i�
Dobbiamo ancora aggiungere che, quando era ancor vivo il
Papus, il Gran Gonsiglio Martinista di America, presieduto dal
Dr. Blitz si era già costituito in una Obbedienza indipendente, che
esiste probabilmente ancor oggi. Quando saremo arrivati a dieci...
Ma sarebbe curiosq_ sapere esattamente quanti membri contano
I,
16 Febbraio 1924.
Car. Fr. Venerabile,
Nella seduta di lunedi 11 febbraio 1924, la R. L. Pitagora
ha deciso il suo scioglimento con l'approvazione all'unanimità meno
llno del "eguente ordine del giorno:
- 126 -
***
MAXIMUS.
- 128 -
LIBRi RICEVUTI.
Y. RAMACHARAKA • Cristia11esimo mistico - Bocca ed. Picc. Bill!
Se. Mod. L. lb. • ct·1
O. SCHEMBARI - la Scienza Orieuit1le - Bocca cd - Pice. Bibl S··i ·r
Mod. L. 25. • ''- 1: ,ze
ZANN(?Nl GIUSEPPE - Il Timeo di Platone, tradotto, con note esege
tiche. - Faenza 1923 - L. 15.
CRISTINA - (Medium scrivente) Fenomeni medianici - Firenze - Le
Monnler, 1923.
V. SALVO ,BASSO - Reliquiae seu de iis quae supersunt. Scordia 1924.
E, SCHURE - Merlin l'Enchcmteur - Perrin iv24.
Recentissima pubblicazione:
. .
Direzione ed Amministrar.ione
• .pr�sso la C<1.sa Editrice « ATANÒR �, Succurnale di Roma
al N. Hl ùel Viale Castro Pretorio (Quartiere 21)
REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA - J, .EVOLA - A. RUSSO FRATTASÌ - RENÉ GUÉNON -
iunier; GIULIANO KREMMERZ - MANLIO MAGNANI - VITTORE MARCHI - MARIO
MORANDI - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGl!INI - GALLIANO TAVOLACCI.
, li-
-8 pir
, 14-
anmi;
ROSACROCISMO ESSOTERICO
(Vedi numero preceden!e)
* *
Ed ora non mi resta che parlare del fatto che ha dato luogo
alla constatazione formante oggetto di questo articolo : il Rosacro
cismo essoterico.
Esistono dei gruppi anglosassoni di Rosa--croce i quali, oltre
a! ripudiare l' interpretazione naturalistica del grado (prototipo
quella del G. O. di Francia) non condividono l'opinione cli Alberto
Pìke, scartano naturalmente le interpretazioni siocretistiche ed af
fermano l'essenza e la forma puramente cristiane del grado.
Al qual proposito debbo fare un'osservazione preliminare ed
è questa : la Confeàerazione dei S.S. C.C. sente che questo punto
di interpretazione rappresenta una impasse per il proposito suo
unitario ed ha abbandonato definitivamente nella Conferenza di
Losanna (1922) ultima (non quella del 1875 dou1inata dal Cassard
e ritenuta ormai irregoiare) il ter;.tativo fatto nelle. Conferenze di
Bruxelles (1907) e \Vashington (191"2) di !tnificazione rituale e fi.
losofica del rito.
Desumo i dati dal volume « Compte rendu de la Conférence
internationale de Cbevaliers Rosc-croix tenue à Bruxelles les 28
et 29 mars 1888 » pubblicato dal Segretariato del S. C. del Belgio
e favoritomi dal Conte Goblet d'Alviella.
La Conferenza, dice la circolare di convocazione del 10 gen
naio 1888; aveva per scopo ·di raccogliere dei materialì storici sopra
l'istituzione, Vi assisterono alti Massoni Ola.ndesi, Francesi, Belgi,
Americani degli S. U. Aderirono con lettere la G. L. « Zur Ein-
- 135 -
il S. C. di Francia, il G. O. Lusitano,
ht • il s. C. d'Irlanda,
! � c.' del Brasile, il S. C. d'Inghilterra, il Gran Commendatore
ra
e del Nord degli Stati Uniti un rituale uguale a quello della Giu-
• risdizione del Sud sarebbe causa di grandi scompigli e la sua
• riuscita condurrebbe al ritiro degli spiriti- più sensibili fra gli ade-
• renti al cn•st·1anes1mo • . . . . . . . . . • • • • • • •
• Il Supremo Consiglio per la Giurisdizione del Nord, com
prendente una cinquantina di uomini colti, competenti e compie
e tamente consci dei
e
* **
GIULIO CAPURRO
(I) Questo passaigio di Eliphas Lévi è stato, come molti altri (tratti
sopratutto dal Dogme et Rituel de la Haute Magie) riprodotto testual
men te, senza indicazioni di provenienza, da Albert Pike nei suoi Morals
and Dogma o/ Freemasonry, p. 822; del resto il titolo stesso di quest'o
pera è visibilmente
imitato da quello di Eliphas Lévi.
(2) Ch. M. Limousin, La Kabbale littérale occidentale.
-142 -
° CAMPIDOGLIO E GOIJGOTA,,
In occasione del Natale di Roma !"On. Benito �lussolini, capo
del Gùverno, rivolgendosi come cittadino rumanu al popolo ro
mano, ha pronunziato dal Campi<loglio un discorso inteso a ce
lebrare !e glorie dell'aritica Roma ed ad auspicare la grandezza
cii quclll-l futura ..
Una frase •.li quc:,to discurso non ci trova però consenzienti;
e vogliamo ..: dobbiamo dichiararlo.
11 culle del Campidogliu, egli ha detto, « dopo il Golgota,
è certa1neHte da secoli il più sacro alle genti civili».
In questo mu<lo l'On. �lu�solini, invece di esaltare la roma
mta, i:-crvicne piuttosto ad irriderla cd a vilipenJerla.
Dal punto di ,·ista iniziatico, inveru. cd anche ::;cmplicemente
dA-1 punto di \'ista storico ed italiano, non vediamo per quale
motivo il genio costnittorc romano debba essere posposto al genio
demolitore di quel cristianesimo, che dopo avere 1:.tistrutto l' im
pero ne ha sfruttato il prestigio.
La <.( parte ,!f1tdfa )>, oggi impei•ante, può, se crede, inveire
contro i « cattivi italia11,i » che non sottopongono la romanità
al cristianesimo.
Noi ci rifiutiamo di subordinare ad una. collinetta asiatica il
sacro colle Gel Campidoglio
La nostra concezione pitagorica dcll' impero armonizza con
quella di \"irgilio, di Federigo, di Dante, di Niccolò da Cusa: e
non con quella del Bellarmino. 1\'è ci sembra, del resto, che Vil
fredo Pareto, il grande maestro dell'On. ì\1ussolini, anebbe mai
pronunciato, sia pure per politica, simili frasi '.
ARTURO REOHINI
- 147 -
* *
Con questo non intendiamo affatto di togliere il suo valore
al pensiero.
Il e picciol lume ,. nell'oscur(tà della notte può servire per
non mettere il piede in fallo, ma sarebbe assurdo pretendere che
la facesse scomparire. Anzi chi nella piena oscurità, spento d' in
torno ogni lume, assuefa l'occhio alla notte finisce coll'ottenere
la percezione più o meno indistinta delle cose vicine e delle lon
tane ; mentre una luce dappresso, permettendo la visione delle
- 151 -
--- 153 -
( Continua).
ARTURO REGHINI.
ITALIA
Essi toccarono il suolo d'Italia con religioso fervore.
II loro cuore si colmava d'ebrezza. Sembrava compiuto un voto a
cui si aspirasse da millenni, in una lunga vicenda di vite.
Non v'era una realtà più magnifica della cara, della grande Italia.
Essi l'abbracciavano, la carezzavano, inneggiavano a lei, coi lorv cuori,
col sorriso delle !oro labbra, con la voce colma d' indicibile _sodisfazione.
In tutte le città che visitavano, i loro occhi; t6cchi dalla luce ch'esi
steva per essi soli, vedevano meraviglie; i loro orecchi udivano suoni
miracolosi"; le ioro anime percepì vano un odore simile a quello che si
esala dai corpi dei mortali che sono cari agli Dei.
Parlavano i fiori mai più veduti, parlavano gaiamente le foreste al
vento, le quali amarono i grandi; ridevano i fragorosi torrenti, gorgo
gliavano ncll' infinito i placidi fiumi dalle sacre memorie, che andavano,
andavano, fra le giogaie verdi, come teorie di armate in trionfo rntto
gli archi; sospiravano _le cuspidi. bacianti l'azzurro, liberamente, non
come esseri meschini che preghi110 nell'umiltà; stavano i forti palagi
dalla mura imbrunite come l'acciaio, o dorate dalla gloria del sole, e
guardavano con le loro . smerlettate finestre, in un sorriso sicuro, per
raccontare le innumerevoli geste dei migliori tra i figli tl' Italia; pas•
savano sempre i giovani figli d'Italia che avevano salvato l'Italia, che
avevano ancor più glorificato l'Italia, intrepidi e senza macchia, come
purfsi.imi eroi, cantando, con la voce riboccante di gaudio, perchè si
accrescessero i ritmi della virtù nell'universo; ca11tavano le officine,
cantavano le sculture, le smaglianti pitture, cantavano le bre.zze, le nu
vole bianche e immense come gli esseri che non si possono nominare;
- 156 -
e , Poichè era una musica divina la parlata
cantavano tutte le bocch
d'Italia.
Essi vennero nell'Umb ria
. rav•. no nell' aria ·; rilucevano i ricordi com
v b
Soffi di te?ere� za
ii
noatte C'era la d onna che _lo aveva alleva e
a
ft:ocht• !ontam• dt fesrn nel • perte. • · · h' b · to,
, c'er no b1 nc 1 uo1 con ·1
la veTa madre, con le braccia a . d"1-
a 1 a 1
si sentiva 1, a 1eggIare dei.
•
• solco,• si• udivano le ant·iche musiche•' . .
ritto
ri.
santi taumaturghi e deg1,• spiriti dei forti guerrie
Egli era trasf?rma�o, ma � 011 si c redev a un altro né aveva l'animit
.mp anto poichè era istintivament
avvolta nella mahncoma per I n i. ' e un
saggio come era stato a. quind ici an11t.
Essi vennero ad abitare ne11a casa di campagna dove egli era ere-
sciuto, festosamente acc lt
� \r t 11' che aveva abbeJlito e ingrandito la
V ;�:!: ::�iv��: a :na �:g�iore agiateua. ?utti gli altri c ompo
e a
casa �
nenti la famiglia o erano morti o sì erano trasfentt �ltrov_e ..
Questi• era dunque t·1 fratello maggiore c on m oglte e ftgh, un uomo
serio e di gran cuore, che era attaccato alla terra beneh.e non I avora"se "
pìii la terra.
Egli aveva avvezzato i figli ad e sser� l abon. s1. c?me I gravi pad11
· · .·
antichi; te sue due figliole erano delle gaie adole::;centt � m olto per bene,
semplici e compite.
Tutta la popolazione aveva molto ìngenhht .. . . . .
o 1 suoi ostutJ11 111 -�11c
rrlì a,mi ch'erano trascorsi, come se fosse passato un secolo; perc10 la
�azza appariva più bella e più forte. 'erano delle usanze nno�e, o c�c
sembravano tali, ma esse erano in fondo V
quelle del tempo antic o eh e
rano state rimesse. in onore, poichè era inc ominciato in Italia il regno
dello spirito nella glorificazione della carne, e gl' ignoti buoni Dei, a
cui avevano creduto i padri, ora erano tornati a protegge
re l a invittis
sìma stirpe. Tutte le fosc:1e credenze. chè a-.•evano
martoriato le anime
e i corpi per lunghi secoli, coi fantasmi del dol
ore, della miseria , del-
1' incompren�ione e della eguaglianza, and
avano in disuso . La vera ima
gìne di Roma imperiale era venuta di nuo
vo a riful gere tra le nuvol e
immense del cielo d'Italia, e l'aria
odorava di mirti, giacchè la Dea
del!'Aprile, arcano nume, ave va riaffas
cin
primavere sacre, i giovani, dinanzi alle ato tutti ì cuori. C o me nelle
sè stessi, della famiglia e della naz are, giuravano , per l'eternità di
ione, invocando gli spiriti presenti
degli e roi e il ritmico soffio del
l'Innominabile. Perciò la gioven ù tutta
anelava alla comprensione della t
verità e al i 'elezione, sebbene non vi
fosse alcuno che non avesse pie
na coscienza d l'!la disuguagl ian del
anime umane ed esatta cognizione za le
che
per il conseguìme:tto dell' immorta �non a tutte è concesso di salite
lità e de lla ,nisteriosa forza per cui
- 1�7 -
CIRO ALVI
- 160 -
Recentissima pubblicazione:
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•• "" 'l'llffll!ffttl'',••
REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA - J. EVOLA - RENÉ GUÉNON - MANLIO MAGNANI - VITTORE
MARCHI - MARIO MORANO! - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGHJNI -
GALLIANO TAVOLACCI.
MORALE E PECCATO
Il concetto pagano di confondere, per così dire, la religione
collo stato nazionale, di ammettere sempre nuovi dei, purchè l'am
missione fosse approvata dall'autorità dello stato, non consentiva
una doppia morale, come avviene per gli stati di religione cristiana.
Essendo religione e diritto intimamente connessi nel mondo
pagano, non poteva aversi una morale giuridica ed una morale
religiosa; tale dualismo non poteva assolutamente concepirsi.
11 Cristianesimo, innestandosi sulla religione ebraica, aveva
ed ha per caposaldo il peccato del primo uomo, da cui consegue.
la condanna di tutti gli uomini, il riscatto per il sacrifizio della
divinità umanizzatal)i condizionato però a quell'adesione morale da
parte del colpevole nato al sacrifizio espiatorio che insieme alle
buone opere (per taluni) conduce alla salvazione.
L'ide<'. di peccati, sia pure di un peccato originale e poten-
- 162 -
ziale, non può andare disgiunta dall'idea di costume, di norma
di legge morale.
,
Cosicchè non può immaginarsi infrazione di una regola, senza
che si conosca questa regola; non �i può pensare al male, senza
conoscere il bene.
Secondo la morale pagana, il peccato era null'altro che la
infrazione della legge dello stato.
Orazio che si confessava parcus deorum cultor et infrequens
non si credeva perciò minacciato nella salute eterna ed i Romani
non perseguitarono il cristianesimo in nome della fede, o per
tutela dei toro iddii, ma in nome dello stato e della legge.
Per essere buoni, nel paganesimo, bastava essere cittadini
osservanti delle leggi; mentre, nella concezione cristiana, la sal
vezza non è dovuta al fatto di essere buoni cittadini.
La religione cristiana che deriva da quella ebraica essenzial
mente politica, cambiando territorio si è fatta apolitica e magari
impolitica. Mentre in Roma attaccare la religione significava at
taccare lo stato, nei paesi cristiani si pensa che lo stato possa
anche essere una cosa separata dalla Chiesa e questa ha una
sua gelosa teoria di supremazia sullo stato.
La norma fondamentale della religione apolitica non può mu
tare e crea una morale assoluta.
Secondo tale morale è da tenersi la stessa condotta all'equa
tore, come in Groenlandia, nella tribù di pastori della penisola del
Siam di dieci secoli prima dell'era nostra, come nel grattacielo di
New-York, o sopra il velivolo che fra qualche lustro avvicinerà
l'Alaska al Capo di Buona Speranza. In pratica ciò è assurdo e
quindi deve anche esserlo in teoria.
In confronto a tale sistema di religione internazionale, avulsa
dalla stirpe, isolata nel tempo, il paganesimo o qualunqµe religione
nazionale, modificabile, soggdta alla legge, rappresenta un quid
di meglio accettabile, un sistema più ragionevole e pratico.
È certamente molto stravagante che, quando lo stato ha di
chiarata una guerra, ciò che vuol dire legalizzata l'uccisione di
persone per parte dei suoi cittadini ordinati in esercito, sorgano
dei cittadini a combattere la guerra, iri nome di un principio re
ligioso. In questo punto sorge un conflitto intollerabile fra la re•
ligione e lo stato.
- 163 -
li missionario che col libro della sua fede in pugno dice al
l'antropofago : « Tu pecchi ,. non pensa che l'antropofago non
pecca contro la propria legge.
Per aver il diritto di dire all'antropofago : « Tu pecchi » bi
sogna che prima lo stato, la� tribù o la comunità politica cui' ap
partiene l'antropofago sia soggetto, colla forza; e incorporatù in
un altro stato che abbia la legge del missionario. Da quel mo
mento la legge per l'antropofago è mutata e, in relazione, è mu
tato il peccato contro la legge.
Ma lo stato in genere sa pure che la legge non può disgiun
gersi dal costume e questo non si modifica se non lentamente,
seguendo una sua particolare. linea che i cultori del diritto cono
scono e che lo stato conosce in conseguenza.
Quanti errori, quanti dolori, quante sciagure provengono dal
fatto che i cittadini siano indotti ad osservare due norme diverse,
due morali diverse I
Tutti coloro che si credono eroi, martiri, apostoli, precursori
sono le vittime della doppia o tripla morale e purtroppo la nostra
educazione è ancora molto imbevuta di questi errori.
Quante volte noi pensiamo e diciamo: cattolicismo, cristianesimo,
umanità, popolo, proletariato, borghesia, in contrasto colla idea
di stato ! Nominare tali enti astratti è molto vicino al pensarli con
creti, così da creare nelle menti non aperte il disegno di un
diritto di questi enti, mentre il diritto è dello stato.
La teoria della relatività ha inferto un grave colpo al con
cetto del moto assoluto e della quiete assoluta : è stata questa
una grande conquista della scienza. Possiamo trasportare queste
nuove osservazioni dal campo fisico a quello morale e inferirne
che non esiste il bene morale assoluto come non esiste il male
morale assoluto.
Per necessità di calcolo il fisico paragona la condizione cine
matica di un corpv a quella d'un altro, assunta come Caposaldo ;
per necessità di vita e di legislazione, lo stato crea la sua legge e
questa dev'essere unica, non inferiore ad altre leggi che uomini
ingenui possano credere assolute.
Non v'è peccato assoluto, ma il peccato presuppone una legge
contingente.
Toccare un filo elettrico quando vi scorre l'energia ad alta
- 164 -
tensione è mortalmente pericoloso ; toccare lo stesso filo arroto
lato nel negozio di ferramenta non è pericoloso.
Sposare tre donne in un centro popoloso, dove le condizioni
economiche medie consentano appena di poterne mantenere una
sola può essere peccato ; ma sposarne tre in un vasto territorio
facilmente coltivabile, in cui difettino le braccia da lavoro, può
essere utile e comandabile.
Il peccato - camicia di Nesso, per tutta la vita legato all'uomo,
non poteva essere che l'inverizione di chi vedeva lo stato esau
torato, frantumato, usurpato e voleva sostituire alla norma di legge
che si affievoliva una norma di �oscienza, s13ecie di tribunale con
solare in territorio straniero. Cotesto tribunale durò fino a che,
sutle rovine del Romano Impero, non si formarono saldi stati
nazion�li.
Oggi, dopo la grande guerra, scomparso ogni medievalismo
(tanto nel protagonismo comunalistico, feudalistico o signorile,
quanto nel deuteragonismo democratico, figlio del contrattualismo
della Enciclopedia e di G. Giacomo Rousseaµ) oggi, si inizia l'era
degli stati nazionali sovrani ; stati di· diritto, secondo la dottrina
maturatasi in contrapposto e in prosecuzione del democratismo
statofobo della borghesia liberale nelle sue forme europee e tran
satlantiche, derivanti però ambedue dal contrasto fra il borgo e
il castello, fra l'urbanesimo e Ja campagna, fra la fabbrica e la
corporazione.
Oggi non può più consentirsi una doppia legge, non più una
doppia anima, non più l'alibi del principio superiore, o della legge
superiore.
Anche il ridicolo, arma potente, dobbiamo adoperare verso e
contro le pinzocchere della legge superiore, siano esse imbottite
di dollari e brille per sbornie prese in regime asciutto, oppure
provengano dalle nebbie del Nord, impacchettate come il cotone
fenicato o come i preservativi per uomini.
E, in casa nostra, tanto per non dimenticarci, si dovrebbero
leggere le pagine di fuoco che Arturo Reghini ha scritte contro
certe libere (per modo di dire) muratorie di perenne marca stra
niera, alimentate, sofisticate, imbellettate alla straniera.
Si va cercando da gruppi diversi affannosamente la regolarità.•.
Questa regolarità significa : berretto frigio liberté - Egalité -
- 165 -
Fraternité o cilindro fasciato della bandiera polistellata ; vuol dire
schiavitù allo straniero, menzogna in casa nostra per simulare ciò
che non si pensa, a profitto di chi ?
Detl' Associazione per il movimento dei forestieri ?
GIULIO CAPURRO
2. La contemplazione dà la conoscenza
CON LE MOLLE
Tutta tua vision fa manifesta
E lascia pur grattar dov'è la rogna.
LA POTENZA
COME VALORE METAFISICO
Abbiamo ritenuto superflua la cons;1eta esplicita dichiarazione,
per la quale ogni collaboratore è responsabile di quanto afferma
e scrive.
,. Atanòr ,. è una rivista di studt, e le sue pagine sono aperte
a tutti gli studiosi. Esse sono chiuse soltanto agli analfabeti ed ai
fanatici delle varie sette e religioni, che pur di fare la propaganda
alla loro fede non esitano a bistrattare la scienza per correre sulle
ali dell'entusiasmo e dell'immaginazione.
Siamo perciò lieti di pubblicare questo pregevole ed acuto studio
di]. Evo/a, uno studioso che dimostra di tenersi molto accurata
mente in contatto con le mutevoli correnti dello spirito moderno.
Ad altri invece, come a noi, può non interessare gran che il con
nettere la scienza _iniziatica con lo spirito d'oggi o di domani, di
questo o di quel paese, di questa o di quella scienza, filosofia,
religione e morale.
La scienza iniziatica sta per conto suo senza alcuna connessione
possibile con le teorie e le speculazioni filosofiche elaborate dagl!
uomini, e rispetto ad essa le impalcature della dommatica e l'an
fanare del progresso scientifico hanno il valore effimero di tutte le
cose che passano.
Pure, in una rivista di studi iniziatici, non è fuori di luogo
nè privo di interesse l'osservare ed il rilevare l'importanza che
vanno assumendo da qualche tempo agli occhi dei pensatori più
intelligenti ed inquieti certe questioni di carattere iniziatico e l'atti
tudine dello spirito moderno di fronte ad esse.
LA DIREZIONE.
- 178 -
1. Il contenuto del presente saggio, pur realizzando un'autono
mia a sè propria, va a connettersi a quell' insieme di posizioni, che
chi scrive ha voluto indicare col termine di idealismo magico. Uno
dei principi fondamentali che da tale dottrina, con riferimento alle
conquiste della moderna gnoseologia, viene affermato, è che in
tanto la conoscenza può esser intesa come capace <li fornire un
sistema di assoluta certezza, in quanto si va a concepire il pen
siero non più come modellantesi sulle cose, bensì come modellante
esso stesso le cose; cioè. non più come un passivo riprodurre,
bensl come un porre, come una funzione generante, con la sua
energia, l'oggetto del conoscere nello stesso punto che la cono
scenza di esso. Tale teoria fu intravista sin dal Vico, che la fissò
nella nota formula: « verum et factum corventuntur » cioè il vero,
l' incondizionatamente certo, si mutua col fatto, ossia con ciò che
viene prodotto consapevolmente da un'attività dell'Io. Concezione,
questa, che nel Vico fu probabilmente provocata dall-'osservazione
delle matematiche, nette quali il carattere di apoditticità e di uni
versale validità si connette appunto al fatto che esse procedono
essenzialmente per costruzione, secondo una libera posizione e
legislazione dell' lo. Senonchè il Vico, in quanto vi si tenne ad un
concetto concreto si, ma unilaterale delle possibilità umane, si
trovò costretto dal suesposto criterio a restringere la conoscenza
assolutamente certa pec l'uomo, al dominio alquanto misero della
matematica e della storia, sembrandogli questi i soli campi in cui
l' Io potesse essere effettivamente creatore, laddove, circa la natura,
affermò poter venire essa conosciuta secondo sapere assoluto solo
da Dio, suo autore. - Di ciò non si tenne però paga la filosofia
posteriore, e con la " sintesi a priori » di Kant, con l' « intuizione
intellettuale ,. di Fichte e Schelling, col concetto hegeliano di
storia, onde questa non più resta ristretta al campo sociale, ma
riprende in una fenomenologia ideale lo stesso processo della c?
struzione cosmica, infine con il dialettismo della conoscenza m
atto quale fu elaborato dal Gentile e, con riferimenti più positivi,
dal 'Weber, andò ad allargare il dominio del " fatt? ,. s�ll'inter
�
Infatti
ambito dell'umana esperienza. Nè poteva essere altnmenh. il carattere
sapere se è parziale, non può avere in alcun modo certezza
metà_ il dominio della
�� assolut� sapere, e spezzare a , m quanto assoluta certezza.
nare ogni certezza
implica in verità rovi
- 179 -
(1) STIRNER, Der Einzige und sein Eigentum, ed. Reclams Bibliothek
p. 172, cfr. p. 'Ji11.
(2) ROYCE, /I mondo e l'individuo, trad. ital., Bari 1914, v • Il •
p. 129, cfr. p. 121.
- 183 -
Per chi conosce l'attività filosofica del Fichte, questa prima tradu
zione italiana della « Filosofia della Massoneria » redatta da Santino Ca
ramella ed edita dalla Libreria Editrice - Genova 1924 - non aggiun
gerà che poco alla conoscenza del pensiero che ha informato la filo,,ofia
di questo che è considerato, e non a torto, uno dei più forti pensatori
della Germania dell' 800 - Ma il titolo, è titolo ingannevole ; e coloro
che credono di trovar nel trattato tm contributo alla conoscenza delle
cose massoniche, anche se a tal riguardo la loro conoscenza è .limitata
a solo ciò che è di pubblica ragione, rimarranno certo delusi - Non è
che qui si voglia negare Il valore che queste lezioni, tenute in . loggia
dal Fichte e che gli valsero una discreta popolarità nel• mondo masso
nico, hanno nel loro complesso; ma ne_ghiamo in modo assoluto che
questo trattato contenga quei prinçipi anche elementari atti a formare,
specialmente nel lettore profano, chiari concetti sulla attività e sulla
storia dell'Ordine. Queste lezioni che nel presente volume hanno assunto
la forma di lettere ad un giovine profano, si propongono maggiormente
di sviluppare una concezione quanto m1i semplicistica della evoluzione
etica ed individualistica della coscienza, in un ordine dh,tinto dalla so
cietà umana, in questa operante e vivente; concezione socia:e questa
che ha avuto il sopravvento in determinate epoche e risorge sempre,
causa di molteplici mali e di contraddittorie applicazioni.
La fortuna, del resto, che arrise a queste lezioni del Fichte costi
tuisce in certo modo la loro più severa e meritata condanna.
Non vorremmo essere fraintesi, data la brevità in cui siamo costretti,
nè che si credesse che 1,1oi volessimo negare il valore speculativo di
queste pagine; ma l'ideale etico che il Fichte assegna di moto proprio
come fine alla massoneria è del tutto arbitrario. Sostituire alla tradizione
iniziatica, la speculazione razionalistica ed • idealistica, significa non
capire affatto le conseguenze disastrose che tale deviazione può arrecare ;
e già fin da quel tempo l'analisi razionalistica, portata alle �ultime espres
sioni, cominciava a sfociare in quel mare burrascoso di arbitrarismi
- 188 -
scientifici e filosofici, causa non ultima della gran confusione oggi dila
gante. Chi legge questo libro del Pichte si fa un'idea approssimativa della
Massoneria, tale da confonderla· con un qualsiasi partito politico, vuoi
pure il partito migliore, con una qualunque società filosofica; crediamo
che ciò sia voler diminuire il valore di un Ordine essenzialme,te iniziatico.
Le radici stesse dalle quali è sorta la Massoneria, che hanno ori
gine nella misteriosofia, il rigoglio dell'Ordine stesso attraverso le in
finite persecuzioni, dovevan consigliare una certa prudenza; ma per cer
tuni tutto ciò che è simbolismo, tradizione iniziatica costituisce al più
un patrimonio storico, di cui si può fare a meno e che volentieri si ri
lega in soffitta fra le anticaglie non pìù consoni alla vita moderna. (Il
Pichte diceva a Thedor von Shon, ministro e burgravio di Mariemburgo
di essere « convinto, con quanta sicurezza è possibile a un profano, che
i Liberi Muratori no:1 hanno alcun fine universale e tutto il loro travaglio
si riduce a cercar questo fine, che sperano di ricavare da simboli e an
ticaglie » ). E a queste anticaglie si sostituisce il razionalismo idealistico,
con annessi e connessi ormai arcinoti per cui è facile ogni adattamento
a qualsiasi « nova forma » e di cui la mèta è limitata nel solo confine
umano, universalistico e materialistico.
È vero che la presente raccolta sotto forma epistolare contiene delle
lacune e alcune riserve; ma è troppo evidente il pensiero del Fichte e
il metodo suo, per non dubitare dei suoi buoni propositi ; assegnare al
l'Ordine massonico un fine precisamente sociale fu in sostanza il suo
determinato proposito, e troppo lungo sarebbe citare i passi più evidenti
che confermano questo proposito ristretto. È, cosi, naturale che intesa
i-n tal modo la storia del!'Ordine, questo si ridurrebbe a pura accademia
scientifico--filosofica, a tribuna politica, a una cattedra ambumnte di mo
rale ad uso di professori disocc upatl, di filo,ofi a spasso in cerca di
quei successi e battimani a poco prezzo e che purtroppo anche oggi ab
bondantemellte si concedono. A questa corrente che ha avuto un seguito
e che pur oggi alcuni sostengono, è opposta una tendenza, che per tutti
i segni è la più solida e fedele alla tradizione, e che ha per scopo di
riportare l'ordine alle antiche origini, alla antica gloria; questa tendenza,
iniziatica, non invasa da manierismi modernizzanti, lavora per trarre
dal pantano quanto di meglio è stato obliato da secoli, oggi in un co
raggioso risveglio, conta eminenti uomini che più che alla gloriola di
facili successi tengono alla realizzazione di fini infinitamente superiori
di quelli sbandierati daJli illusi iconoclasti, invasati di modernità ed
altre fantasie. Una pubblicazione recente del Dott. Arturo Reghlni dà
ampie possibilità di confronto anche a studiosi profani che semplice
mente e sinceramente seguono quei movimenti spirituali che restitui
scono ali' individuo e la padronanza del pensiero e una coscienza di sè,
- 189 -
come nessuna filosofia può dare, tanto meno I' ide�lis�o attua!e rid�tto
_
a tutti gli usi e ben servito e condito in piatti van dat s1�� on Ge�ttle,
Croce e numerosa compagnia. In questo trattato del Reghm1 e chi h�
_,
conoscenza di cose massoniche non potrà negare che esso sia uno det
più completi e chiari, stampato nel 1922, si trov� r opposi�ione più re
,
cisa alla corrente modernistica, la confutazione piu categorica a queste
riforme arbitrarie ; corrente modernistica che il Fichte impersona.
Per il Fichte e i suoi seguaci le basi del pensiero massonico sono
poste nell'evoluzionismo etico, che rifugge anzi rinnega la antica sa
pienza « che la civiltà classica custodiva e perpetuava nel sacri misteri• (J),
fidandosi dei concetti approssimativi e relativi della morale e creando
per ogni bisogno e consumo apriorismi e adattamenti arbitrari. Per co
loro che si basano sulla tradizione, tradizione iniziatica italica e pita
gorica, queste concioni più o meno moralistiche e sociali non possono
che dimostrare palesamente l'insufficiente comprensione di chi da uno
sgabello pencolante pretende dettar leggi e riforme ad Ubitum.
Varie altre considerazioni si potrebbero fare su queste lezioni della
.. Filosofia della Massoneria» di ordine prettamente filosofico ; ma sol
tanto ci siamo limitati a far risaltare il lato negativo del libro del Fichte
dal punto di vista iniziatico, interessandoci questo avanti tutto ; trattan
dosi infatti di conoscenza non si può ammettere come un filosofo, e per
di più dotato di dottrina molta e di buona costituzione, abbia potuto
incorrere nell'errore di credere possibile l'inserire un suo particolare
punto di vista in un campo assolutamente estraneo a certe esercitazioni
quale è il patrimonio della tradizione iniziatica.
Al di là di tutte le fedi, e di tutte le speculazioni dove il metodo
scientifico profano è inadeguato, permane il grande mistero dell'essere, il
grande arcano della coscienza. L'esoterismo massonico attacca il mistero
alla sua radice, e continua in mezzo alla società cristiana, dorante l'era
volgare, la tradizione di quei misteri di Cerere, grazie ai quali Cicerone po
teva dichiarare di avere realmente conosciuto i principi delle cose. Perdere
di vista questa posizione fondamentale per ridurre la Massoneria ad una
società filantropica; snaturarne l'universalità, il carattere filosofico esote
rico per trasformarla in una associazione politica democratica, in una rocca
forte del libero pensiero, e peggio ancora in una specie di setta cristiana,
asservita ad un vago moralismo atto a soddisfare l'unanimità dei pregiu
dizi, è rinnegare la tradizione e l'ortodossia. (2)
VEXATIO S'fULTORUM
OVVERO SIA
•••
Il e Nuovo Dizionario della lingua italiana in servizio della gioventù>,
compilato dal Sac. Prof. Francesco Cerruti, Dottore in lettere, stampato
a Torino dalla Società Anonima Internazionale per la diffusione della
buona stampa nel 1910, a pag. 263, contiene questo insegnamento:
ESOTERIGO = POPOLARE, TRIVIALE.
È bene osservare che non si tratta di un errore di stampa, perchè
la posizione della parola esoterico nell'ordinamento alfabetico dei voca
boli prova che de\·e proprio dire esoterico.
Ed è bene anche ;.apere che questa perla di dizion11.rio era obbli
( gatoria nel R. Ginnasio Liceo di Jesi per l'anno scolastico 1923-24.
Bel servizio rende alla gioventù l'esimio sacedot • nonchè professore I
•••
e Meglio l'ignoranza che l'errore. Ciò lo disse Plutarco; ed è vero,
per esempio, nell'arte medica; ma non credo sia vero in religione •.
Cosi scrive il direttore del!' « Evangelista " nel numero del 6 Feb
braio 1924 di questo giornale. Egli crede perciò che sia meglio l'errore
dell'ignoranza. Ma non il solo Plutarco, pagano, è di opposta opi
nione; dice Salomone nei Prov. cap. XV, verso 14: e Cor sapientis quat
rit doctrina111; et .os stultorum pascitur imperitia ·•. E noi, In omaggio a
Salomone, poniamo l'os stultorum nella « Vexatio s tultorum "·
•••
. _« La scuola pitagorica ha per noi un Interesse supremo, percbè fu
1� ptù notevole tent �tivo di iniziazione laica. Sintesi anticipata (11) del
_
I ellenismo e del cristianesimo (!?), essa innestò il frutto della scknza
sull'albero della vita " (Ed. Schuré - I Grandi Iniziati - Pitagora IV)
Con questa « licenza letterari" " e ,. on altre molte lo Schuré ha cam
�iato i connotati al povero Pitagora, che dal cristian�simo era proprio
immune.
192 -
•••
« L'escavazione senza dubbio è riferibil • ali' idea del circolo di zero
col quale l'infinito scava i suoi vuoti per la ricerca di liti centro nel
mo moto a turbiglione, virtualizzante le sue tendenze e le finalità sue
« (Alessandro Sacchi - lstituziori: di Scienze Occulte. pag. J 12)
Recentissima pubblicazione:
manuale Sintetico e Pratico del Tarocco di E. Picard, con 78 illustrazioni,
in-8 •
. L. 9 -
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. ,I I I I. I
•• "·• !�•·�
'ffl•r•
· ·
REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO • GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA- J. EVOLA • RENÉ GUÉNON- MANLIO MAGNANI· VITTORE
MARCHI - MARIO MORANDI - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REGHINI -
OALL!ANO TAVOLACCI.
L'ESOTERISMO DI DANTE
(Vedi N. 5)
Società
Asiatica Italiana, Voi. III, 1889, pp. 3-19; le type indien de Lucifer chez
I
Dante, dans /es Acts d11 X• Congrès des Orientalistes. Cf. A. Cabaton.
La Divine Comédie et /'/slum, in Re1me de l'Histoire des Religions, 1920.
- 197 -
benchè sia assai difficile, anche dal semplice punto di vista storico
di ammettere che Dante abbia potuto conoscere qualche cosa del-
1' India altrimenti che per l' intermediario degli Arabi. Ma per noi
tutte queste somiglianze non mostrano altra cosa che l'unità della
dottrina che è contenuta in tutte le tradizioni ; non vi è nulla di
stupefacente nel trovare dappertutto l'espressione delle stesse ve
rità, ma precisamente, per non meravigliarsene, bisogna sapere da
bel principio che sono delle verità, e non delle finzioni più o meno
arbitrarie. Laddove non vi sono che delle somiglianze di ordine
generale, non vi ha luogo a concludere ad una comunicazione di
retta ; questa conclusione non è giustificata che se le medesime
idee sono espresse sotto una forma identica, che è appunto il caso
per Mohyìddin e Dante. È certo che quel che troviamo in Dante
è in perfetto accordo con le teorie indiane dei mondi e dei cicJi
cosmici, ma senza per altro essere rivestito della forma che sola
è propriamente indiana; e questo accordo esiste necessariamente
in tutti quelli che hanno coscienza delle medesime verità, qualunque
sia il modo con cui ne hanno acquistato la conoscenza.
L'autore di quest'ultimo articolo segnala che " Ozanam aveva di già in
travista una doppia infuenza islamica ed indiana subita da Dan�e " (Es�al
sur la philosophie de Dante, pp. 198 et suivantes) ; m� dobb1a?10 dire
che l'opera di Ozanam, malgrado la riputazione di cui gode, c1 sembra
estremamente superficiale.
- 198 -
può venire identificato con questa medesima regione. D'�lt�� p arte,
e tenendo conto di questa assimilazione, la seconda d1v1�1one è
rigorosamente equivalente alla distinzione fatta dalla dottrina � at
tolica tra la Chiesa militante, la Chiesa ..sofferente e � a Ch1es�
trionfante ; anche qui, non può trattarsi dell' Inferno. Infine, pe: 1
_
Cieli e per gli Inferni, vengono spesso considerate delle sudd1v1�
sioni in numero va riabile; ma, in tutti i casi si tratta sempre d1
una ripartizione gerarchica dei piani dell'esistenza, che sono :eal�
_
mente in indefinita molteplicità, e che possono venire class1ftca t1
differentemente secondo le corrispondenze analogiche che si pren
dono come base di una rappresentazione simbolica.
I Cieli sono gli stati superiori dell'essere, gli Inferni, come
d'altra parte lo indica il loro stesso nome, sono gli stati inferiori;
e, quando diciamo super iori e inferiori , questo deve inte ndersi in
rapporto allo stato um ano o terrestre, che naturalme nte è preso
come termine di paragone, perchè è q uello che deve for zatamente
servirci di punto di partenza . La vera iniziazione essendo una
presa cosciente di possesso degli stati superiori, è facile compren
dere che essa sia descritta simbolic amen te come una a 3censione
od « un viagg i o celeste »; ma si potrebbe chiedersi pe;chè questa
ascensione d(!bba esser preceduta da una discesa agli lnferni. Vi
sono di ciò parecch ie ragioni che non potremmo esporre c_o m ple
tamente s enza entrare in sviluppi troppo lunghi ; diremo soltanto
q uesto : da una parte questa di scesa è come una r icapitolazione
degli stati che precedono logicamente lo stato umano, che ne
h anno determinato le condi zioni spec iali, e che debbono pu re
parteci pare all a « trasformazione » che si avvia a compiersi; d'altra
parte, es sa per mette la manifestazione, sotto certe modalità, delle
possibilità di ordine inferiore che l'essere porta ancor a in sè allo
s�ato �o� svilupp�to, � che devono es sere da lui esau r ite piima
cne gh sia poss1b1le d1 pervenire alla realizzazione dei suoi stati
super!ori . Biso na b en sservare, d'altronde, che non p u ò essere
� � _
uesti?ne er 1 ssere d1 ritorn a re effettivamente a degli stati per
; � �-
. q� ah eg h è g1a passato ; ·egli non può
esplorare questi stati che
m� irettamente, prendendo coscienza delle trac
• • oscu
• i• • p1u cie che hanno la-
sciato nelle region re dello st to
• a umano medesimo ·' ed è
perciò
• che gr1 Inferm• sono rnppresentati simbolica
.
tuati nell' mterno della Terra. Per mente come si-
contro, i Cieli sono realmente
1 - 199 -
proprio gli stati superiori, e non soltanto il loro riflesso nello stato
umano, i cui più elevati prolungamenti non costituiscono che la
regione intermediaria o il purgatorio, la montagna sulla cui vetta
Dar,te colloca il Paradiso terrestre. Lo scopo reale dell 'iniziazione,
non è solamente la restaurazione dello « stato edenico ", che non
è che una tappa sulla strada che deve condurre ben più lontano,
poichè è al di là di questa tappa che comincia veramente il « viaggio
celes te » : questo scopo, è la conquista attiva degli stati « super
umani », perchè, come Dante lo ripete prendendolo dal Vangelo,
• Regnum caelorum violenza pate ... » (-Parad., xx, 94), ed è là una
delle differenze essenziali che esistono tra gli iniziati ed i mistici.
Per esprimere altrimenti le cose, diremo che lo stato umano deve
per prima cosa essere portato alla pienezza della sua espansione,
per mezzo della realizzazione integrale delle sue proprie possibi
lità (e questa plenitudine è ciò che bisogna intendere qui per lo
« stato edenico •) ; ma, lungi dall'essere il termine, non sarà an
cora là che la base sopra la quale l'essere si appoggierà per
« salire alle stelle » (Purg. xxxm, 145), vale a dire per innalzarsi
agli stati superiori, che le sfere planetarie e stellari nel linguaggio
dell'astrologia e le gerarchie angeliche in quello della teologia raf
figurano. Vi sono dunque due periodi da distinguere nell'ascen
sione, ma il primo, a vero dire, non è un'ascensione che rispetto
all'umanità ordinaria : l'altezza di una montagna, qualunque essa
sia, è sempre nulla in paragone della distanza che separa la Terra
dai Cieli ; in realtà, è dunque piuttosto una estensione, poichè è
il completo fiorire dello stato umano. Lo spiegamento delle pos
sibilità dell'essere totale si effettua così per prima cosa nel senso
dell' « ampiezza, » ed in seguito in quello del!'« esaltazione ", per
servirci di termini presi a prestito dall'esoterismo musulmano ; ed
aggiungeremo ancora che la distinzione di questi due periodi cor
risponde alla divisione antica dei « piccoli misteri » e dei « gral1di
misteri "·
Le tre fasi cui si riferiscono rispettivamente le tre parti della
Divina Commedia possono anche spiegarsi colla teoria indiana dei
tre gunani, che sono le qualità o piuttosto le tendenze fondamen
tali da cui procede ogni essere manifestato ; secondo che l'una o
l'altra di queste tendenze predomina in essi, gli esseri si distri
buiscono gerarchicamente nell' insieme dei tre mondi, vale a dire
- 200 -
di tutti i gradi dell'esistenza universale. I tre guntìni sono: sattva,
l'essenza pura dell' Essere, che è identica alla luce della Cono
scenza, simboleggiata dalla luminosità delle sfere celesti che rap
presentano gli stati superiori; rajas, l' impulsione che provoca l'e
spansione dell'essere' in uno stato determinato, tale come lo stato
umano, o, se si vuole, lo spiegamento di quest'essere ad un certo
livello dell'esistenza; infine, tamas, l'oscurità assimilata ali' igno
ranza radice tenebrosa dell'essere considerato nei suoi stati infc-
riori. Così, sattva, che è una tendenza ascendente, si riferisce agli
stati superiori e luminosi, vale a dire ai Cieli, e tamas, che è una
tendenza discendente, agli stati inferiori e tenebrosi, vale a dire
agli Inferni; rajas, che si potrebbe rappresentare pe� mezzo di
una estensione nel senso orizzontale, si riferisce al mondo inter
mediario, che è qui il « mondo dell'uomo », poichè è il nostro
grado di esistenza che prendiamo come termine di paragone, e
che deve essere considerato come comprendente la Terra col Pur
gatorio, vale a dire l'assieme del mo--f}do corporale e del mondo
psichico. Si vede che questo, corrisponde esattamente alla prima
delle due maniere di considerare la divisione dei tre mondi che
abbiamo menzionato precedentemente ; ed il passaggio dall'uno
all'altr.o dei tre mondi può essere descritto come risultante da un
cambiamento nella direzione generale dell'essere, o da un cambia
mento del guna che, predominante in lui, determina questa dire-
zion�. C'è precisamente un testo vedico dove i tre gunani sono
così presentati come convertentisi l'uno nell'altro, procedendo se
condo un ordine ascendente : « Tutto era tamas : Egli (il Su
premo Brahma) comandò un cambiamento, e tamas prese la tinta
(vale a dire la natura) di rajas (intermediario tra l'oscurità e la
iuminosità), e rajas,- avendo ricevuto di nuovo un comandamento
rivestì la natura di sattva ». Questo testo dà come uno schem�
dell'organizzazione dei tre mondi, a partirt dal chaos primordiale
�elle possibilità, e conformemente all'ordine di generazione e di
incatenamento dei cicli dell'esistenza universale. D'altronde, ogni
essere, per realizzare tutte le sue possibilità, deve pa�sare, in quel
che
_ lo_ concerne particolarmente, per gli stati che corrispondono
n_sp�thvamente a questi differenti cicli, ed è per questo che l' ini
z1az1one, che ha per scopo il compimento totale del! 'essere, si
- 201 -
effettua necessariamente mediante le stesse fasi : il processo ini
ziatico riproduce rigorosamente il processo cosmogonico secondo
l'analogia costitutiva del Macrocosmo e del Microcosmo' ( 1 ).
(Continua)
RENÉ GUÉNON
(1) La teoria dei tre gunani, riferentesi a tutti i modi possibili della
manif estazion e universale è naturalmente suscettibile di applicazioni mul
tiple ; una di queste applicazioni che concerne specialmente il mondo
sensibile, si trova nella teoria cosmologica degli elementi ; ma noi non
avevamo da considerare qui che il significato piit generale, poichè si
trattava soltanto di spiegare la ripartizione di tutto l'assieme della ma
nifestazione secondo la divisione gerarchica dei tre mondi, e di indicare
la portata di questa ripartizione dal punto di vista iniziatico.
LA POTENZA
COME VALORE METAFISICO
(Vedi numero precedente)
(Continua.
j. EVOLA.
- 210 -
L'IMPRONTA PITAGORICA
NELLA MASSONERIA
(Vtdi N. 1-2)
La Oamma Pitagorica.
(Continua)
ARTURO REGHINl
- 220 -
NUVOLE NERE
Discife justitlam moniti et non temnere divos.
(Yerg. Aen. VJ, 620)
ta, dice
Un mese fa nel numero precedente di questa Rivis
smo
vamo che « seco�do le 11.ostre antiche previsioni 1m imperiali
guelfo in Italia sia da condannare e da rite11ere destinato al-
i'insiiccesso ».
Alludevamo non soltanto all'articol0 .::;�111"�< frnpe1·ialis1no P,i,-
gano » già da noi riprodotto e specialmente nlla sua chiusa, ma
anche ad altri tra i quali l'articolo su « Il Velfro » pubblicato
nell' « Impero � del 24 Aprile 1923 in occasione del Natale di
Roma. Traemmo allora fausti presagi sub conditione, « se il po
polo saprà vivere auste1·amente, virt1tosa111mte, se il Duce avrà
la fede e la reverenza romana per gli lddii delta patria ».
E per indicare le vie misteriose ed i mezzi piccoli per i quali
maturano i grandi effetti, e per i quali avrebbe potuto rovinare
il Governo cui auguravamo il successo, scrivemmo ; « Quando
la gerarchia non sussiste, l'assetto sociale precipita. Qtiando
l'imperatore indnlge a sentimenti pe,-sonati o pretende volgere
l'impero a beneficio di popolo non predesNnato, il fato, etti
sottostanno gli Dei si abbatte s11, di ltti e la stta opera. Carlo V
esce di senno, tt,n'incredibile testardaggine determina l,Vater
loow, sttlla Marna e sul Piave si avverano miracoli».
L'On. Mussolini con la tenacia che gli è peculiare si è lun
gamente ostinato in una politica apertamente favorevole alla re
ligione cattolica, alla Chiesa di Roma, ed ai partiti ed alle occulte
organizzazioni ad essa asservite, politica che già il Pareto nel
numero di « Gerarchia » del luglio 1923 dichiarava· assai peri
�ol�sa ; e _lungi dal mostrare la reverenza verso gli dei della patria,
e giunto smo ad esaltare il Golgota a spese del Campidoglio, sì
- 221 -
da farci escire dal nostro riserbo per ammonirlo che passava
veramente i limiti anche se agiva con intendimenti politici. Taluni
nostri avversari, nel giornale « La Fenice », han levato le alte
strida per questo fatto proclamando e maravigliandosi che osa
vamo spingerci sino ad attaccare la persona del Presidente del
Consiglio ; ma quanto abbiamo riportato mostra che tale nostra
attitudine era perfettamente consona e coerente con quanto sempre
avevamo scritto.
Questa politica dell' On. Mussolini, e l' incoscienza ed il fa
natismo per non dir peggio di certi pezzi grossi della sua molto
profana gerarchia, costituita facendo di ogni erba un fascio, dove
vano apportare quei frutti che i lettori conoscono in parte e che
han culminato nella tragedia dell' On. Matteotti. E poichè le riper
cussioni e gli effetti indiretti di questi avvenimenti possono eser
citare la loro influenza anche sopra i movimenti iniziatici italiani
vogliamo fermarci sull'argomento.
Come il Pareto ammoniva, appariva minacciosa � una dedi
zione al partito cattolico che esige più di quanto e voglia dare,
e che quindi può essere cagione di danni non lievi ». Anche il
Pareto sentiva che era impossibile empire la bramosa , oglia della
lupa vaticana. Dante Alighieri, il vate dell' imperialismo ghibellino,
ben conosceva questa caratteristica insaziabilità, e I' On. Mussolini
avrebbe potuto trovare nelle terzine dantesche qualche remora agli
amoreggiamenti col cristianesimo. Sarebbe bastato tener presenti le
seguenti terzine, tra cui è notevole l'ultima che indica un con
gruo programma di politica ecclesiastica :
ARTURO REOHINJ.
LIBRI RICEVUTI.
RENÉ uUÉNON - Orien_t et Occident - Payot, Paris - Un volume in-8
di pag. 250; Fs. 7,50.
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:.;x�:.
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e r sia ·,a • ·sÌnago�a de�li • Ig�o;anti _
« 187
V x��'{r.!,!:!� g:715
0
. . . . . . . . . . . « 190
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Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REOHINI
ROMA • Tlporrafta e Iris,. • Via Agostino Depretis, 86.
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REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA- J. EVOLA- RENÉ GUÉNON - MANLIO MAGNANI - VITTORE
MARCHI - MARIO MORANDI - FERNANDO PROCACCIA - ARTURO REOHINI -
OALLIANO TAVOLACCI.
PALINGENESI E REINCARNAZIONE
Da quando è sorta questa Rivista il suo direttore Arturo Re
ghini, sia parlando di alcune associazioni pitagoriche di breve du
rata, sia scrivendo intorno alla più recente letteratura pitagorica,
ha trovato modo di insistere su alcuni punti essenziali di quella
che è tradizione iniziatica esoterica ; insistenza giustificata perchè
è proprio e costante del rifiorire di certi studi, di particolari mode
del pensiero, lo svilupparsi prodigioso di confusioni deplorevoli,
di arbitrarietà inconcepibili .
Proponendoci perciò di chiarire, per quanto è possibile, secondo
il nostro punto di vista, la differenza che passa fra concetto di
palingenesi e di metempsicosi intendiamo apportare il nostro mo
desto contributo a un'opera di semplificazione, di eliminazione di
false e parziali interpretazioni, di pregiudizi, presunzioni e arbi•
Atanòr 15
- 226 -
pitagorica c' intratteni�mo
trarie identificazioni. Se delta dottrina
nostro modesto avviso,
su que Sto Punto, si è proprio perchè, a . .
e rn certo modo cresc1u· ta
più ingiustificata è la confusione creatasi
e aiutata a crescere.
t
j.
nella sua costituzione, la parola metempsicosi significa propriamente:
dotare di anima dopo (al di là), e non dice in che modo questa
postuma animazione si effettui.
Anche l'illustre grecista Rostagni A., nel suo recente libro
• Il Verbo di Pitagora ,. (Bocca Editore - 1924) incorre nella me
desima confusione quando a pag. 153 dice che Pitagora chiamò
« palingenesi delle anime il dogma che i posteri più comunemente
designarono col nome di metempsicosi ,. ; citando in nota, senza
riportarlo, il passo di Servio nel suo commento alt' En. lii (68), nel
quale invece Servio insiste sulla differenza di significato di qµ,esti
due termini, dicendo chiaramente che Pitagora insegnò la palinge
nesi e non la metempsicosi. Tale circostanza non è sfuggita a Gu
glielmo lrhovius, il quale nel suo De Palingenesici veterum seu me
tempsycosi sic dieta Pithagorica (Amstelodamii apud Henricum
Vieroot MDCCXXXIII) riporta per intero il passo serviano, testi
monianza degna di tutta la nostra attenzione.
Maggior confusione è nata infine, quando alla parola greca
metempsicÒsi si sono sostituiti i termini latini non perfettamente
corrispondenti e concordanti di reincarnazione, trasmigrazione e
peregrinazione.
Questa identificazione di metempsicosi e palingenesi, combat
tuta da Servio, quanto mai arbitraria e gratuita, ha talmente deviato
si da far completamente dimenticare che la parola palingenesi (ri
nascita) è parola adoperata ripetutamente nei misteri e nella ini
ziazione a significare non una reincarnazione dell'anima in un corpo
materiale ma al contrario una seconda nascita ad una vita nuova,
nuova vita spirituale. Tale .parola, adoprata tuttora dagli yoghi
- 228 -
), ra sa
indiani i quali si dichiarano due volte nati �dwjgi� � � �� d�
Apuleio ad indicare il risultato dell'iniziaz10 ne a1 m1sten 1s1ac1,
ed è termine tecnico iniziatico. , .
. g �e�1. . deoba ri
Nella dottrina Pitag orica che la parnla palm �
_ 1mz1ato e non
i
ferirs piutt osto alla rinas cita misti ca pecu ltare dell .
alle modalità della sopravvivenza spirituale umana, ns�lta �nch�
dal fatto che tale parola è in tal senso usat� da Fere�1de d1 cu�
si dice che Pitagora fosse discepolo. È da nle,.,:are _poi . ch_e _ogni
volta che si parla di metempsicosi si intende d! s�hto nfenrs1 al�a
coscienza individuale umana, supponendo che I amma umana sia
un complesso inscindibile e che tutti gli uomini si trovino nelle
medesime condizioni spirituali. Il concetto di reincarnazione dei teo
sofi e degli spiritisti, ad esempio, è quanto mai confuso e sem
plicista: ammettendo che Tizio, Caio, Sempronio dopo la morte si
reincarnino in altri corpi, non si accorgono che il concetto stesso
adombrato dalla parola Tizio risulta in buona parte proprio dalla
presenza del corpo, e il loro ragionamento quindi è vizioso, nè
dice bene cosa è che si reincarna.
È dunque necessario determinare, per quanto è possibile, in
che consistesse questa palingenesi erroneamente chiamata metem
psicosi, studiare il destino delle varie partì non corporee costitu
enti l'uomo, se esiste o no una legge universale per tutti gli uo
mini circa il loro destino dopo la morte e se il modo di vivere
e la coscienza spirituale non a·pportino modificazioni e alterazioni
alle modalità della sopravvivenza.
Se te difficoltà stesse di· varia natura e numerose che si frap
pongono alle ricerche sul pitagorismo, date le poche testimonianze,
e la natura stessa della dottrina avessero consigliata più prudenza
agli studiosi nell'accettare conclusioni senza prima ponderata ana
lisi e non al lume della sola critica storica, e se gli studiosi tenes
sero in maggior conto certe discipline, non accadrebbe, come ac
cade purtroppo, che volta volta il campo sia sempre più intorbi
dato e più crescano e fioriscano le ipotesi e i malintesi.
Volere indagare con mentalità profana e relativi mezzi nelle
dottri?e inizia�ic�e è già un errore grave, e può accadere quindi
_
c�e s1 d1menbch1 con troppa facilità il significato di alcune te
.
sbmom�nze concordi nel confermare la rigida disciplina che re
_
golava li sodalizio pitagorico, il silenzio imposto agli aderenti e
- 229 -
t'uso costante dei pitagorici di servirsi di termini enigmatici; si
capisce quindi la distinzione fatta in conseguenza di ciò in inse
gnamento esoterico ed essoterico.
ti, Non c'è bisogno di ricorrere a troppi esempi per dimostrare
on la fatale trasformazione di una verità filosofica ed iniziatica di dif
he ficile comprensione in un concetto più grossolano, quando esempi
di tali deplorevoli trasformazioni possono riscontrarsi anche per
dottrine filosofiche comuni.
E se dal fatto stesso della popolarità del concetto della rein
ia carnazione si ha un motivo di credere che effettivamente qualche
Ile importante insegnamento circa la sopravivenza esisteva, abbiamo
bensì il diritto di ritenere la concezione popolare una deformazione
della verità esoterica. Non fa quindi meraviglia se tale concezione
popolare si è prestata alla satira, la qualcosa si verifica tutt'oggi
per i misteri cristiani, per i dogmi cattolici e in genere per tutte
'O le dottrine che cadono in mano del volgo.
a Il Rostagni, per esempio, pur riconoscendo la misteriosità del
è !'idea di metempsicosi (..... E il concetto della metempsicosi - si
sa - formava là spina dorsale di tutto il poema (Empedocle). Dal
principio alla fine tutti i pensieri, le rimembranze, i precetti gra
vitano intorno a questa misteriosa idea, ch'era la preoccupazione
e l'incubo dei pitagorici. Rostagni Pag. 193), e certamente conscio
delle difficoltà delle ricerche sul Pitagorismo (questa specie di
sfinge che intorbida i primordi della filosofia greca, pag. 65) non
par· guidato da troppa prudenza quando identifica, come abbiamo
veduto la palingenesi con la metempsicosi.
Il basarsi, come egli fa, sopra Ovidio non offre che scarsa si
curezza, trattandosi in buona parte di leggende; pur tenendo nel
debito conto che Pitagora abbia affermato di ricordarsi di cose
accadute alla sua coscienza di iniziato in altri tempi (come pure
Empedocle affermava di essere stato: già garzone e donzella, e
a�busto e uccello e muto pesce abitatore dell'onde - Fram. 117)
ciò non dimostra che soltanto con la teoria della metempsicosi
simile capacità possa spiegarsi.
Nè ci sembra sia lecito da una simile legge che si riferisce
par!icolarmente a Pitagora, a Empedocle, costruire la generaliz
zazione della teoria della reincarnazione per tutti gli uomini.
Trascurando il fatto che la storia delle reincarnazioni di- Pi-
.... 230...,
tagora è molto leggendaria, fatto per noi d'altronde p�chissi�o
importante, almeno come ci è per�enuta. e come è stata ricostruita
(Rostagni op. cit. pag. 239-40), noi cred1a?10 che qua��o �mpe
.
docle O Pitagora dicono di ricordarsi le vite passate, s1 nfenscono
al loro io in quanto assimilato a Dio ; e si capisce che possa ri
cordarsi quello ed altro. (Io al vostro cospetto, non più mortale
ma nume divino, m'aggiro. Fram. 112. Bignone, Empedocle pag. 484).
Noi sappiamo come tali esseri non soltanto abbiano la pos
sibilità di aver coscienza delle cose passate, ma anche delle future
e delle cose che accadono a grande distanza nel medesimo tempo,
come gli esempi veri o no di Filostrato, Swedemborg dimo
strano; e nei quali casi è evidente la reincarnazione non averci
proprio nulla a che fare. La rimembranza delle vite anteriori è per
Pitagora, anche se,:ondo Ovidio, un dono speciale degli Dei ; si
tratta della classica anamnesi dei misteri, e il discorso di Ovidio
conferma che Pitagora aveva raggiunto il risultato dei misteri.
La memoria mistica aveva infatti un valore precipuo nella fi.
losofia pitagorica e degli orfici (Bignone. Empedocle pag. 500
Fram. 129 n. v. 5 sg. si tratta della memoria mistica, l'anamnesi
delle peregrinazioni delle anime .. . ) ; secondo la concezione reli
giosa greco italica le anime morendo bevevano alla fonte del Lete
e per sopravvivere era necessario bere all'eterna fonte di Mne
mosine l'acqua della vita. Questo era l' insegnamento fondamen
tale dell'Orfismo e dati gli intimi rapporti fra Orfismo e Pitago
r!s?1o possiamo rite�ere che simile concezione avessero i Pitago
nc1. Del resto sappiamo per le precise testimonianze di Apuleio,
Plutarco e Tertulliano che l' iniziazione era paragonata alla morte
e l' iniziando doveva compiere da vivo quelle vicende che avrebbe
�ov�to c_o�pi�re dopo la morte, assicurandosi cosi, prima di mo
me Il pnv1leg10 dell' immortalità.
. Nell'oper� del Dott. A. Reghini. Le parole sacre e di passo e
.
ti massimo miste
una �spos1ZJ. . ro massonico (Todi - Casa Atanòr Editri·ce) s1• trova
�ne qua�to mai chiara di questa dottrina della seconda
nasc1t� o �a�mg�nes1 per la quale l' iniziato ai sacr
i misteri acqui
stava il pnv1leg10 dell' immortalità.
A pag. 199 troviamo scritto:
« La morte iniziatica con
s'·ste, seco do
dotti a determinare ' neI porre la pro � qu�nto siamo stati con-
pr,a coscienza, rimanendo vivi
- 231 -
(I) KANT
Kritik der praktlschen • Vernunft, parte l, libro li, cap. Il,
sez. 9,
- 240 -
fuori, per una specie di spinta inconvertibile e quasi meccanica
data .dalla conoscenza.
Ciò vuol dire che, dato che si volesse porre una volontà au
tonoma, si dovrebbe porre altresì dinnanzi e in correlazione ad
essa un'oscurità, un' indeterminazione, una assenza di linea già data.
Ora un tal concetto può venire esteso. Si supponga che ciò che
l'assoluta libertà dell' lo afferma come valore sia la folgorazione
di quell'attività secondo cui un soggetto si strappa da alcune sue
determinazioni, questa si contrappone come sua negazione, dalla
quale risorge e si genera poi assolutamente secondo nuove forme.
Affinchè un tale valore possa venire realizzato, occorre evidente
mente che ad un certo punto la libertà ponga come sua negazione
quel che,rispetto ad un altro,anteriore stadio,era potevaessere invece
affermazione della sua potenza. Ora ciò in cui I' Io, che è il principio
del porre, si nega, è chiaro che non gli possa, come tale, appa
rire che come da lui non posto ossia come dato, e solo presso
questa apparizione di un non-essere che, pure essendo sentito come
tale dalt' Io, non risulta da questi posto, sarà possibile l'ulteriore
affermazione dell' lo secondo assolutezza, di cui sopra. Il concetto
dell' idealismo magico può dunque non venire affatto negato dal
l'ammissione di una deficienza : basta che l' individuo rispetto a
questa si affermi in un atteggiamento positivo ; non deve cioè fug
gire alla propria deficienza, bensì prenderne su sè il peso e ad
esso farsi sufficiente, bisogna poterla riconoscere come un mo
mento essenziale che rientra nell'ordine di ciò che si è liberamente
voluto. Co:ne la fiamma potrebbe riprendere l'esistenza del com
bustibile nella sua profonda volontà di attuarsi, di divampare, cosi
l' lo, che si vuole come autarca, può riprendere in sè il suo non
essere, e, a dir vero, come la materia dalla quale soltanto potrà
far scaturire lo splendore di una vita e di un'attività assolute ; e
come per la fiamma il combustibile non sarebbe, che in quanto
cosa da consumare, cosi il non-essere o l'antitesi di deficienza e
d' impotenza che l' Io vede sgorgare in sè correlativamente ed in
virtù del suo elevarsi ad un certo valore, non è posto che in
q��nto deve essere negato : non è, che per non essere. Per l' in
dividuo che sa farsi sufficiente a questo punto, la forma dell'as
soluto dominio riprende la totalità dell'esperienza nella sua con
cretezza, non è relegata a questo o quello stadio previleglato,
- 241 -
eno si vive, raccolta, come infinita potenza
be nsl in ogni fenom
tra scendente.
10. Una tale considerazione conduce ad un ultimo e con-
tusivo passo. Se nulla esiste, fuor che l' lo, quale potrà mai es
�ere l'oggetto della potenza, se non l' lo stesso ? E ciò che, in confor
mità della situazione che si è sopra esposta, va negato, che altro
potrà mai essere se non, di nuovo, l' lo stesso, la sua propria so
stanza? Da qui il concetto centrale dell' idealismo magico : Di
contro a ciò che è mera natura, l' individuate o lo spirito si defi
nisce non come quei che è, bensì come quei che si ha. Aversi, è
negare sè come semplice esistenza o posizione, annullarsi, e, ap
e
punto per quest'atto negativo che trascende ogni essere nel non
o
essere dell' infinita libertà, dominare la propria sostanza e nella
propria sostanza ogni sostanza, fruirsi come il principio eterna
l·
mente irreducibile a qualsiasi forma o legge. Come già distinta
D
mente fu visto da Laotze ( 1 ); l' individuo essendo non è, non es
sendo, consumandosi, strappandosi eternamente da sè è, ed è se
condo un assoluto essere. Il principio di potenza e di dominio de
finisce e realizza cosi, di là dall' indeterminato dell'assoluta libertà
immanifestata, l'atto stesso dell' individuale, e però è a sè stesso
mezzo e fine. Lo spirito non è null'altro che l' infinita energia che
si riafferma su tutte quelle forme in cui si coagula e determina il
suo potere, non è che il 11:6p eracliteo, la vampa creatrice e dissol
vitrice, che ogni realtà risolv e nell'assoluto, innominabile splendore
del centro che possiede interamente sè, di colui, che è ent� di po
tenza. E in quanto si è mostrato ogni cosa potersi dire conosciuta
secondo un assoluto sapere solo nella misura in cui in essa si
può intendere l'espressione di un gesto di potenza, l' intero si
stem a del mondo, nei suoi fulgori come nelle sue miserie, nell' in
finità del suo divenire vibrato in forme sempre nuove di là da
ogni spazio e da ogni tempo, altro non rappresenta che il feno
meno del punto assoluto della libertà, che si è voluta in autarchia
Tale è l'Individuo assoluto il Persuaso : chiuso nella sua assoluta
ed immobile unità, egli vi �i compiace e vi si riposa, amandosi
solo creando tutto quel che crea per questo amore solitario :
----
(l) LAOTZE. Il libro della Via e della Virtù, trad. Evola, Lanciano
lg23 p. Xlii, XIV.
Alanòr 16
- 242 -
r/ �, .,(ç tò E.foW ofov cpép1rn:it IXÒ'toO i:lov, fa,;-r;èiv &y1X1tf101Xr; IXÒY,ìt, x�61X--if•
, I" ,'
i:xòtò; &v 't"')'}tO: 81tep �yr7:TtYj0E ,
(2). Ogni fenomeno procede da lui e in lui si consum
come nella potenza trascendente che, quale incondizionata negat��
vità, folgora nella sintesi eterna dell'assoluto possesso. Questa fol
gorazione, null'altro che questo, è l'individuale, da cui l'uomo
che allo splendore terribile del proprio ·centro è insuff iciente, am�
fuggire come dal punto dell'assoluta morte.
J. EVOLA.
(2) PLOTINO, Enn. VI, VIII, 16. Cfr. VACHEROT, Histoire critique dt
l'école d'Alexandrle, Paris, 1846 t. I. p. 40.
- 243 -
ARTURO REOHINI.
- 244 -
Piombo, Stagno,
Saturno, Giove, Luna, Venere, Marte e Sole; ossia
. . .
Argento, Rame,' Ferro, Oro. .
o, sacro Crono (Satur no), il 010 arm a to dt falce, ti Dto
Dal Piomb a
del tempo divoratore dei propri figli, cui corrisponde il colore nero, la
putrefazione, la morte, ed il simbolo del corvo, si p ass a allo Stagno, il
Piombo grigio dei filosofi; e da questo ali' Argento, al c andore, alla pu
i. rezza nivea del giglio, simboleggiato dalle colombe di Di ana, dal pel
licano, dal cigno, dal pollo di Hermogene ecc . .. Proseguendo si ottiene
il colore citrino, zafferano del Rame ; e dal R ame si passa al Ferro, ossia
dal colore verde - giallognolo del rame al colore rossastro di Marte,
al colore ruggine degli ossidi e di certi sali di ferro. Infine appare il
Sole, la porpora della grande opera, le macchie rosso cupo caratteri
stiche dell'oro colato, il colore di fi amma viva della fenice, rinata dalle
suè ceneri ed immortale. Dalla condizione mortale, soggetta al tempo,
caratteristica di Saturno, si p_erviene ali' immortalità della fenice.
L'amaranto, che in greco significa appunto immortale, è dunque il
.
fiore della sapienza, l'elixir perfetto al rosso • il fiore r accolto da cbi
al divino dall'umano, all'eterno dal tempo sia 'venut
o.
(_t) La_ prima operazione consiste nel trovare l'entrata al gi rdino
a
del filosofi. Per potere intuire dove è l'entrata, ed
�ezz� ed audac.ia, senza timore del Dragone insin uarvisi, con fer
(che indica anch e il « guar
d� ano del soglio ,.), occorre preliminarmente
com piere le dodici fatiche
f :�c.ole, . essenzla�e tra queste la pulitura delle stalle di Augia ossia
a 1smfez1one radicale da tutti i '
Abbiamo insistito i'u ct·I u�a vol sed'tmenti, detriti ed escrementi umani.
steremo, perchè n! conosc1amo ta sopra questo argomento e vi insi-
tica; ed Il lettore che abbia tutta la diffl coltà e I' i mportanza pra-
,ttl\l4, tè �a ezz a e.t t. ori_ di a
di ricordarsi che si tratta di u !_!l maranto è pregato
'i; t, i ',.i _� !
tlamo gettare sopra il sig n cond' 110 sme qua non. La luce che ten
Tc t spi�l tuale del
P ev potrà far meglio capire di :�� :t simbolismo ermetico
porta che si apre dal di tratti, ma non può spalancare una
dentro e non dal di
fuori.
- 251 -
. ,. ogni strofa ha •
e
17
- 258 -
, e il mezzo d e lla sua vita (egli
Quest ann0 1300 segna per Dant
è anche ·per 1m• I·1 m e zzo de1· tempi ;
aveva aIlora 35 anni)' ed esso • • : « Rapi·to m
· un pen-
Il. 8 enini
anehe qui,• citeremo quello che dice. • •
• D te s1·tuò Ia sua v1s1one
siero straordinariam ente egocentrico, an
I mo a I u1• era durato
neI• mezzo della vita del mondo - 65 seco1- f'
·
il moto dei cieli 65 doveva durarne d opo d'1 I u1• - e con ablle
giuoco vi fece �onfluire gli annive r�ari e�atti in tre �pecie . d'anni
astronomici, degli maggiori avvenimenti della _stona, e m una
quarta specie l'anniversario del maggior avvenimento della sua
vita personale ». Quel che sopratutto deve fermare la nostra at
tenzione, è la valutazione della durata totale del mondo, diremmo
piuttosto del ciclo attuale: due volte 65 secoli, vale a dire 130
secoli o 13000 anni, di cui i 13 secoli trascorsi dal principio del•
l'era cristiana formano esattamente la decima parte. Il numero 65
d'altronde è per sè stesso de gno di nota : coll'addizione delle 'Sue
cifre, si riconduce ancora ad 11, e, di più, questo numero 11 Vi.
si trova decomposto in 6 e 5, che sono i numeri simbolici rispet
tivi del Macrocosmo e del Microcosmo, e che Dante fa escire 1 'uno
e l'altro dall'unità di principio quando egli dice: « • • .• Cosi come
raia dall'un, se si c.onosce, il cinque e il sei » (Parad. XV, 56-57).
Infine, traducendo 65 in lettere latine come abbiamo fatto-per 515,
abbiamo LXV, o, colla medesima permutazione di prima, LVX, vale
a dire la parola lux; e questo può avere un rapporto coll'era mas
sonica della Vera luce.
Ma' ecco ciò che vi ha di più interessante: la durata di 13000
anni non è altra cosa che il semiperiodo della precessione degli
equinozii, valutata con un errore per eccesso che è soltanto di
40 anni, inferior e dunque ad un mezzo secolo, e che rappresenta
per conse guenza un'approssimazione del tutto accettabile, sopra
tutto quando questa durata è espressa in secoli. Difatti il periodo
totale è in realtà di 25920 anni, dimodochè la sua metà è di 12960
anni ; questo semiperiodo è il « grande anno •
dei Persiani e dei
Greci, valutato talora anche in 12000 anni
il che è molto m eno
esa!to dei 13000 anni di Dante. Questo
; grande anno > era ef
fethv�111ente �o siderato dagli antichi
� tome il tem po che passa tra
due nnnovaz1om del mondo, ciò
che si deve senza dubbio inter
preta�e, nel! storia dell'umanità
� terrestre, come l'intervallo che se•
para I grandi cataclismi nei qua
li scompaiono dei continenti interi
- 2"J -
(e di cui l'ultimo fu la distruzione dell'Atlantide). A vero dire, questo
non è che un ciclo secondario, che potrebbe essere considerato
come una frazione di un altro ciclo più esteso ; ma in virtù di
una certa legge di corrispondenza, ciascuno de·i cicli secondarii
ripr oduce, in una scala più ridotta, delle fasi che sono paragona
bili a quelle dei grandi cicli nei quali esso si integra. Quel che
può dirsi delle leggi cicliche in generale troverà dunque la sua
applicazione in gradi diversi : cicli storici, cicli geologici, cicli pro•
priamente cosmici, con delle divisioni e suddivisioni che moltipli
cano ancora queste possibilità di applicazione. D'altronde, quando
si passano i Hmiti del mondo terrestre, non può più essere que
stione di misurare la durata di un ciclo con un numero di anni in
teso letteralmente ; i numeri prendono allora un valore puramente
simbolico, ed esprimono delle proporzioni piuttosto che delle du
rate reali. Non è meno vero che, nella cosmologia indiana, tutti i
numeri ciclici sono essenzialmente basati sopra il periodo della
precessione degli equinozii, con la quale hanno dei rapporti netta
mente determinati (1); è dunque là il fenomeno fondamentale nel
l'applicazione astronomica delle leggi cicliche, e, quindi,· il punto
di partenza naturale di tutte le transposizioni analogiche a cui
queste stesse leggi possono dar luogo. Non possiamo pensare ad
entrare qui nello sviluppo di tali teorie ; ma è degno di nota che
Dante abbia preso la medesima base per la sua cronologia sim
bolica, e, anche su questo punto, possiamo constatare il suo per
fetto accordo colle dottrine tradizionali dell'Oriente.
Ma si può domandarsi perchè Dante situi la sua visione esat
tamente nel mezzo del • grande anno •, e se bisogna veramente
parlare a questo proposito di « egocentricismo •, o se non vi siano
per ciò alcune ragioni di un altro ordine. Possiamo per prima cosa
fare osservare che, se si prende un punto di partenza qualunque
nel tempo, e se si conta a partire da questa origine la durata del
periodo ciclico, si perverrà sempre ad un punto che sarà in per
fetta corrispondenza con quello da cui si è partiti, perchè è questa
(I) I principali di questi numeri ciclici sono 72, 108, e 432; è facile
vedere che queste sono delle frazioni esatte del numero 25920, a cui
sono collegate immediatamente dalla divisione geometrica del cerchio;
e questa stessa divisione è ancora una applicazione dei numeri ciclici.
- 260-
dei cicli successiv i che
stessa corns • pondenza tra gli elementi sce g1-1ere 1,on· gm • e •m m as-
ò dunque odo
?•
s·1cura la loro continuità. Si pu zzo . ta1e pen• o do ; s1• ha no. cos•i
da collocarsi idealmente nel me I )tra osteno .
r , e I
?
assieme
re e � � !
due durate eguali, una anterio _ � �
h,
delle quali si compie in verit� ogm _ nvoluz10n_ � der cre _ per�hè
pos1z1one, non identica,
tutte le cose si trovano alla fme m una dell' « eterno ritorno • di
(pretender ciò sarebbe cadere nell'errore lla che esse ave
Nietzche), ma analogicamente corrispondente a que a t
vano dapprincipio. Ciò può essere rappresentato geometric men e
nel seguente modo : se il ciclo di cui si tratta è il semi periodo
della precessione degli equinozii, e se si raffigura il periodo intero
con una circonferenza, basterà tracciare un diametro orizzontale
per dividere questa circonferenza in due metà di cui ognuna rap
presenterà un semiperiodo, il principio e la fine del quale corri
spondono alle due estremità del diametro ; se si considera soltanto
la semicirconferenza superiore, e se si traccia il raggio verticale,
questo terminerà al punto mediano, corrispondente al « mezzo dei
tempi •· La figura cosi ottenuta è il segno E9, vale a dire il sim
bolo alchemico del regno minerale ( 1) ; sormontato da una croce
è il • globo dèl mondo », geroglifico della Terra ed emblema del
potere imperlale (2). Quest'ultimo uso del simbolo di cui si tratta
�ermett� di pen�are che per Dante doveva avere un valore par
!•colare , e I aggmnta della croce si trova implicata nel fatto che
li punto centrale in cui egli si collocava corrispondeva geografi
c�mente a Geru�alemme, che rappresentava per lui quel che pos
s1a�o chiam are al • polo spirituale • (3). D'altra parte agli anti
so pr
�t
���dt Gt'r�Salemme, vale a dire all'altro polo, si ele�a il monte
quale
forma:� �a �:�t�1��ione � e a Croce brillano le quattro stelle che
g 0 1
del Sud (Purg, 1, 22-27) ; là
(I) Questo simbolo è uno di . .
quelli eh� 8�. riferis
quaternaria del cerchio' di cu cono alla divisione
1 1e applicaziom analogiche son quasi in-
numerevoll.
(2) Cfr. Oswald Wirth
Le Symboltsme h rmétique
av« I'Akhlmle tt la Fran e dans ses rapports
c�M pp 70 -7 1.
(3) li sim bolismo del � er/ e , . 19 e
pol:ç r;:-
ppresenta una parte_ considerevole in
tutte le dottrine trad
izionali . er darne la spiegazi
bisognerebbe poter conaacr completa,
a;v�:•uJO uno studio speciale.one
.- 261 -
è l'entrata dei Cieli, come aì di .sotto di Oerusalem.me è l'e,ntrata
degli Inferni ; e noi troviamo raffigurata, in questa opposizione, l'an
titesi del « Cristo doloroso • e del « Cristo glorioso •.
Si potrà trovare sorprendente, a prima vista, che noi stabiliamo
cosi, una assimilazione tra un simbolismo cronologico ed un shn
bolismo geografico ; eppure è qui che volevamo giungere per dare
all'osservazione precedente il suo vero significato, perchè la suc
cessione temporale, in tutto questo, non è eh.e un modo di espres
sione simbolica ; un ciclo qualunque può essere diviso in due fasi,
che sono, cronologicamente, le sue due metà successive, ed è so.tto
questa forma che le abbiamo considerate primieramente ; ma, in
realtà, queste due fasi successive rappresentano rispettivamente
l'azione di due tendenze avverse, e d'altronde compiementari ; e
quest'azione può evidentemente essere tanto simultane.a quanto
successiva. Collocarsi nel mezzo del ciclo, è dunque collocarsi riel
punto dove queste due tendenze si equilibrano : è� come dicono
gli iniziati musulmani, « il _ luogo divino dove si conciliano i con
trari e le antinomie » ; è il centro della « ruota delle cose •, Je
condo l'espressione indiana, o l' « invariabile mezzo -• della tradi
zione dell'estremo Oriente, il punto fisso attorno al qual� si effettua
la rotazione delle sfere, la perpetua m�tazione del mondo mani
festato. Il viaggio di Dante si compie lungo l' • asse spjrituale del
mondo • ; di là solamente, difatti, si possono consider.are tutte le
cose in modo permanente, perchè si ha sottratto sè stessi al cam
biamento, e si può per conseguenza averne una veduta s.inteti�.a
e totale.
Dal .punto di vista propriamente iniziatico, quel· che noi al).
biamo ora indicato risponde ancora ad una verità profonda : l'e�
sere deve innanzi tutto identificare il centro della sua propria in
dividualità (rappresentato dal cuore nel simbolismo tradlz-ionalc)
con il centro cosmico dello stato di esistenza a cui appartiene
questa individualità, e che egli si accinge a prendere .come base
per elevarsi agli stati superiori. È in questo centro che risied.e re
quilibrio perfetto, immagine dell' immutabilità di principio nel mondo
manifestato ; è là che si proietta l'asse che rilega tra loro tutti gli
stati, il • raggio divino > che, nel suo senso ascendente, condtAce
direttamente a questi stati superiori che si tratta di raggiuugere.
Ogni punto possiede virtualmente queste possibilità ed t, se si
- 262 -
enza; ma bisogna che esso lo divenga
pub dirlo, il. eentro in pot
effettlvamente, med'ante
1 una identificazione reale, per rendere at-
1 e il dispiegamento comp1eto de11'essere. Eeco
tualmente possi'b'l . . • · doveva co11ocars1•
a1 C1eh, per
perchè Oant·e, per Potere innalzarsi ·
. . ente 11 centro deI • mondo
prima cosa m un punto che sia veram
secondo 11 tempo
terres tre ,. e questo punto 10 è simultaneamente
e secondo lo spazio, vale a dire per rapporto• a Ile due cond'1z1om • •
che caratterizzano essenzialmente l'esist�nza m ques _ t o m ·
n
� o:d
Se ora riprendiamo la rappresentazione geome tr� ca d1 cui ci
_
siamo serviti precedentemente, vediamo ancora che 11 rag�10 ver
ticale che va dalla superficie della terra al suo centro, cornsponde
alla �rima parte del viaggio di Dante, vale a dire alla traversata
degli Inferni. Il centro della terra è il punto più basso, perchè è
là che tendono da tutte le parti le forze del peso ; appena esso
è sorpassato, ricomincia dunque l'ascesa, ed essa si effettuerà nella
direzione opposta, per terminare agli antipodi del punto di partenza.
Per rappresentare questa seconda fase bisogna dunque prolun
gare il raggio al di là del centro, in modo da completare il dia
metro verticale; si ha allora la figura del cerchio diviso mediante
una croce, vale a dire il segno ffi , che è il simbolo ermetico
del regno vegetale. Ora, se si considera in un modo generale la
natura degli elementi simbolici che rappresentano una parte .pre
ponderante nelle due prime cantiche del poema, si può difatti con
statare che essi si riportano rispettivamente ai due regni minerale
e vegetale ; non insisteremo sulla relazione che unisce il primo
alle regioni interiori della terra, e ricorderemo solamente gli e al
beri mistici • del Purgatorio e del Paradiso terrestre. Si potrebbe
attendersi di vedere la corrispondenza proseguire
tra la terza parte
�d. il �egno animale; ma, a vero dire, non si ha nulla di ciò, perchè
1 bmib d l mo do te restre
� � � qui sono sorpassati, dimodochè non è
più possibile d1 applicare la continuazio
ne del medesimo simbo•
lis�o. È alla fine della seconda
parte, vale a dire ancora nel Pa
ra�iso terrestre, che troviamo
la più grande abbondanza di simboli
ammali ; bisogna avere percorso
i tre regni, che rappresentano
- 2G3-
• ••
Porr•mo fine qui a questo studio, che, malgrado la sua lun·
va;
-1hezza, pone forse anche più quest ioni di quante non ne risol oc
d'altronde, tutto è talmente connesso, in questo campo,. che tti
sog ge
correrebbero s icuramente parecchi volumi per sviluppare 1 del:
multipli cui siamo stati condotti a fare allusione nel co�so
p
nostra esposizione. Per termin are faremo osservare che 1 ve n�
vista che abbiamo indicati non sono affatto esclusivi, e che
unti 1
I
tenuti nelle tre serie che danno le inverse delle tre prime ottave
.
pitagoriche, e dei numeri 9, 2,
27
18, 27 della serie ottenuta dal terzo
quaternario di Teone.
. _Se Pitagora e Platone erravano, il loro errore era più quan•
ht�tivo che qualitativo. La conce zione di un'armoni matematica
um�ersale, che fa del mondo un cosmo a
altri grand·I h anno avuto, e che la ' è una conc ezione che
scienza moderna ha cònfermato.
Secondo Gal'l1 _eo 1·1 gran libro della
natura era scritto nella lingua
de11e matematiche; e nei nostri
tempi l' Hellenbach affermava che
-�9-
)'universo è costruito in modo da realizzare per quanto è possibile
la legge dei rapporti semplici. (Hellenbach Lazar B. ; Die Magie
der Zahlen als Grundlage aller Mannigfaltigkeit und das scheinbare
Fatum. Wien 1882).
Senza volere esagerare o forzare le cose è assolutamente in
dubbio che con questa visione dell'universo si accordano nume
rosi fenomeni e leggi. La legge di Dalton o legge delle propor
zioni multiple, per esempio, stabilisce che quando due o più corpi
si combinano in proporzioni varie i pesi di uno di essi rispetto al
peso dell'altro stanno fra loro in rapporti semplici. In sei corpi
composti di ossigeno ed azoto, prendendo il peso dell'azoto eguale
a sette, i pesì dell'ossigeno nei sei composti sono: 4, 8, 12, 16,
20, 24; che stanno fra loro come i suoni armonici 1, 2, 3, 4, 5-, 6.
La teoria della valenza è strettamente basata sopra i rapporti sem
plici. Altra legge consimile è quella di Berzelius (Berzelius - Théo
rie des proportions chimiques) e quella di Gay Lussac, per la
quale, quando due gas si combinano, i volumi dei componenti
stanno tra loro in un rapporto semplice, ed il volume del composto
formato, misurato allo stato gassoso, nelle medesime condizioni
di temperatura e pressione, è in un rapporto semplice colla somma
dei volumi dei componenti. Così nell'acqua il rapporto tra l'ossi
geno e l'idrogeno che la compongono è il rapporto di uno a due,
ossia lo stesso rapporto del suono fondamentale all'ottava. Le legge
settenaria di Mendelejeff, ed i fenomeni di cristallizzazione in forme
geometriche regolari forniscono ancora altri esempi di questa grande
legge ritmica ed aritmetica che regge il mondo.
Le successive distanze planetarie, quali sono state determinate
dalla scienza moderna, non sono certo paragonabili con le diffe
renze di lunghezza delle varie corde dell'ottava pitagorica ; ma
questo fatto è secondario di fronte all'altro più semplice ed esatto
della identità tra il numero delle note della gamma pitagorica ed
il numero dei pianeti, tra i quali s' intende vanno inclusi il sole
(o la terra) e la luna, e dai quali vanno esclusi Urano .e Nettuno
e tutti gli asteroidi. Nel nostro studio inteso a determinare la genesi
e la trasmissione del simbolismo numerico pitagorico nel simbo
lismo numerico massonico, non interessa affatto la questione del
vero numero dei pianeti, nè in fondo se sia o no una combina
zione che le note musicali della gamma pitagorica siano in numero
-2'70-·
. . antichi. Importa invece stabilire che
di sette come _I pianeti de li
�a e stabilita alla base della concezio ne
simile co�ness '. one f ve d
cosn:1olog1ca p1tagor�a. fa�to di imp ortanza e norme perchè ess o
° '
coshtul un punt dI P artenza e di
appoggi o per la scoperta o l'ar
· •
n aria m _m olf1 e sva na • fI
bitraria classificazione di una legge sette
• lon ne ' arco b a l
campi.• per esempi o, la distinzione di se tte co 11 eno
o nello spettro solar e , orama i consa crata d a N ew ton, eh e fors�
esisteva già presso gli antichi Caldei (Cfr: �- Berth�lot. Les Ort
gines de /'Alchimie; 1885, pag. 76), che d1v1devano 11 m ese lunare
in quattro settimane. È curioso, del r esto, ch7 anche . la legge em:
plrica di Bode che determina le distanze det pianeti dal sole �
1
basi sopra le potenze del 2 e del 3. Essa invero parte dalla sene
O 3 6 12, 24, 48, 96, 192
'
i cui term'ini (e�cluso lo zero) non contengono altri fattori che il
tre e le successive potenze del due ; ed aggiungendo a ciascuno
'di questi termini 4, ossia il quadrato di due si ottiene i numeri
4, 7, 10, 16, 28, 52, 100, 196;
che rappresèntano le distan ze dal Sole dei pianeti Mercurio, Ve
nere, Terra, Marte, distanza media degli asteroidi, Giove, Saturno
ed Urano con una approssimazione considerevole. Per Nettuno si
otterrebbe un valore troppo grande. Ed è da notare che al tempo di
Bode gli ast roidi non erano ancora stati scoperO, ed Il Bodc aveva
e
nella sua legge tanta - fiducia da assicurare che tra Marte e Giove
alla distanza assegnata dalla sua legge doveva esservi un pianeta.
Un'altra c onsiderazione importante e suggestiva dobbiamo
fare; ed è che talora per scoprire l e leggi che reggono l'anda
mento generale di un fenomeno bisogna tral)curare i fenom
eni se
condari. E quindi la valutazione approssimativa, relati
vamente gros
solana, di un fenomeno può darsi che giovi invec
e di danneggiare,
ed aiuti a scoprire la esistenza di certe gran
di leggi, appunto perchè
permette di fare astrazione dalle perturbaz
ioni nella loro manife
stazione in conseguenza
di altre cause. Cosl I' imperfetta deter
minazione delle orbite planetarie
permise a Keplero la sua famosa
s�o�erta, in quanto appunto egli
non tenne con to delle perturba
z10?1 apportate alle orbite
ellittiche dall'attrazione degli altri pia
neti. E la teoria newtoniana
, vera solo in approssimazione mentre
quella di Einst�in meno
semplice è as sai più precisa, non sarebbe
stata nè costruita nè
accettata se appunto si fosse voluto con essa
r - 271 -
rendersi e_sattan:iente c ?nto di_ tutti l fenomeni. La primitiva per
cezione p1tagonca de 11armonia delle sfere è dunque pur sempre
• ab"I .
• e sc1ent . .
una mir I e cons tatazion lf1ca di un grande fenomeno h
la mitologia adombrava forse nel g�ande coro delle nove m;s: :
dell'Apollo citaredo.
A vero dire non oseremmo affermare che Pitagora ed i Pita
gorici siano pervenuti alla loro intuizione matematica ed armonica
del cosmo basandosi su queste ed unicamente su queste o su con
simili considerazioni. Anzi l'esattezza, la profondità, e l' importanza
delle loro conoscenze metafisiche rende molto verosimile, anche
da! punto di vista razionale, che Pitagora e taluno dei suoi di
scepoli abbiano avuto intima, piena coscienza della connessione
armonica del tutto ; e che quindi essi non abbiano poi fatto altro·
che cercare per via analitica di constatare l'esistenza di questa ar
monia dando la dimostrazione razionale di quanto avevano intuito
per via sintetica. È un rovesciamer,to di posizione di cui i pro
fani non sospettano neppure la possibilità; ma che talora si im
pone ; sarebbe ad esempio interessante farne l'applicazione al caso
dell'ermetismo e del suo simbolismo, considerando l'alchimia non
come il punto di partenza da cui si è svolta l' idea della grande
opera ermetica spirituale, ma come una ricerca analogica deter
minata dalla risoluzione del corrispondente problema spirituale, e
come una semplice ed appropriata miniera di termini allegorici per
esprimere in qualche modo, intelligibile ai soli figli dell'arte, con
cetti e questioni di ordine metafisico.
Comunque, non si esagera affermando che questa concezione
pitagorica che pone alla base dell'universo il ritmo, il numero, ha
un' importanza enorme storicamente parlando. Tutto il pensiero e
la civiltà classica ne sono permeati ; non soltanto essa informa le
scienze del quadrivio, ma presiede ed appare in tutte le arti : la
poesia, la danza1 il canto e l'architettura, quest'ultima di partico
lare importanza pel nostro studio. Le leggi di proporzione, di ritmo,
di rapporti semplici, di periodicità che in esse si manifestano, cor
rispondono ad analoghe leggi di universale armonia ed in qualche
modo le esprimono e le trasmettono alla coscienza uma�a'. �o�fe
rendo cosi alle arti un carattere sacro, sacerdotale ed 1mz1ati�o.
Uno stretto e misterioso legame unisce alla musica anche la magia,
come è provato dagli effetti della musica sugli uomini ed anche
- 'ZT2 -
sugli animali. Nelle nostre 1ingu_e moder_ne resta la _traccia di questa
conoscenza ; le parole incanto, mcantes1mo che riportano al canto
e la parola francese charme che non è altro che il latino carmen'
carme bastano per dimostrarlo. L' iniziato egizio, del resto, er�
colui �he possedeva la voce giusta, noi diremmo intonata, per pro
nunciare le parole necessarie per dominare le varie divinità in
fernali.
E come l'armonia del macrocosmo era percepita dalla ragione
e dai sen�i, così pure la ragione rinveniva un'armonia nelle pro
porzioni del corpo umano ; ed i sensi la percepivano e la ricono
scevano come bellezza. Anche la pittura e la scultura risultavano
quindi classicamente armoniose, e tutte queste arti, inspirate alla
ed esprimenti la bellezza del mondo e quella del corpo umano, e
l'armonia dei loro mutui rapporti, afferravano e riunivano in una
suprema sintesi, in una sola sinfonia • di bellezza, il ritmo univer
sale del macrocosmo e del microcosmo, accentuandone la naturale
manifestazione.· Cosi Eros aveva la sua pura e nobilissima funzione
spirituale ; poichè, come Socrate insegnava, dalla percezione e dal
l'amore per la bellezza individuale permetteva di risalire ed assur
gere alla contemplazione ed all'ammirazione del tutto con una
trasmutazione e sublimazione del senso analoga alla vibrazione
degli armonici più alti suscitata per risonanza dalla vibrazione del
suono fondamentale.
Prima di passare allo studio dei rapporti semplici nell'archi
tettura antica e medioevale, vogliamo accennare ancora ad un'altra
determinazione del numero sette nei fenomeni della natura, che,
aggiunta a quella pitagorica, ha contribuito a dare al numero sette
il suo carattere di numero sacro e misterioso per eccellenza. Il
mese lunare, usato da molti popoli antichi, si divide naturalmente,
grazie alle fasi della luna, in quattro periodi di sette giorni l'uno.
Combinazione o no, anche in questo caso non poteva sfuggire il
fatto che questo numero era quello stesso dei sette pianeti, e do
veva sorgere naturale l' idea di stabilire una qualche corrispon
denza tra i sette pianeti ed i sette giorni della settimana.
Sic�ome il giorno si divide naturalmente, al pari del mese
lunare, m quattro parti o nel suo multipto ventiquattro, la corri
sp�nden�a t ra pianeti e giorni si può stabilire disponen do i pia
_
neti nell ordme
,
della loro distanza dal sole ed attribuendo alla
- 2113 -
ora. del primo giorno della settimana, a Saturno ta
tuna ta prima
iove la terza e così via ; dlmodochè la prima
seconda ora, a G
quindice sima e la ventiduesima ora sono consacrate ali�
l'ottava, la
la nona, la 16a e la 23a a Saturno ; la terza, ia
luna; la seconda, a
10a, la 17a e la 24 a Venere; la 4 , 1 ta, t8a, del primo giorno
a
BENEMERENZE
Ma ecco spuntò un bel giorno in cui la pace sembrò assi
curata definitivamente ; e ciò fu perchè venne Cristo, e gli ufficiali
e soldafi romani si rifiutavano di adoperare la spada, perchè Cristo
vieta df adoperare la spada. Sarebbe stata una cosa sublime se ai
confini dell' Impero non ci fossero stati molti Armini, i quali non
conoscevano Cristo ed avevano molto sangue nelle vene. Allora
un sàvio imperatore, di nome Diocleziano, ricorse alle più severe
misure contro quegli indisciplinati. Ma come era possibile punire
quegli indisciplinati quando il numero di costoro superava gli agenti
della disciplina? E fu cosi che un altro imperatore, sàvio quanto
lui, ma di nome Costantino, adottò un altro sistema; inquadrò gli
indisciplinati nello Stato. Ma dal giorno in cui i seguaci di Cristo
furono inquadrati nello Stato, essi non andarono più d'accordo,
nemmeno su la natura di Cristo.
Ah, mostruosa cosa t Conòscere Cristo e non andare d'accordo t
Aver distrutto il meraviglioso impero in nome di Cristo, e combat
tersi ancora in nome di Cristo t
-'.!/6-
Il Costa comincia con il far rilevare l'essenza prima e vera del pa
ganesimo sorto dall'anima naturale e spontanea dei padri che sentirono
Dio nelle selve e nei monti, per i mormoranti fiumi e per i mari e ve
nerarono in essi le forze divine espresse dalla natura. Continua pole
mizzando acutamente contro quelli che vorrebb�ro vedere nel paganesimo,
aiutati in ciò dalla scienza iniettata loro dai buoni fratelli della Compa
gnia diGesù, gli uomi ni gavazzanti in banchetti licenziosi, tra sconcie
prostitute, ubriachi fradici e ributtanti, tutti desiderosi di sangue e di
morte e le loro donne, furie belliche, quando non siano etère.
E rivendica al paganesimo tutta la sua serena sincera potenza. Si
d manda ?ome è mai possibile credere all'esistenza di un paganegitno
�
ftolio, smid?ll_at?, corrotto, quando proprio dal :nondo pagano abbia mo
av�to una civtlta che spiega ancor oggi splendidi, solari bagliori in arte
e m letteratura, in filosofia cd in politica e quando ancor ogal ìl diritto
romano _regola i rapporti sociali in tutto 'il mondo Dimostr; com e il
pa�aneSu�o, religione di sincerità, sorto dall 'auscult�zi e fredda e reale
on
det grandi palpiti della natura non puo
essere corruzione. Infatti la so-
cietà pagana che proclamava I a . à det. legami naturali, non 1mpo-
santit
nendo rig on• d'1 astensio .
.
un ideale della rinu
.
.
ni O r'
tgt
·d ezze d1 norme, non facendo, in genere,
.
ncia alla vita e c I1e apriva
sione delle forze uman e, non le porte alla libera espres-
poteva essere corrotta. Corruzione è de-·
-ZT7-
cadlmento dailo stato naturale non accet!azio�e pur� e sempl�ce del!e
.
le 1- di natura. E bisogna essere ben sc,occlu per nsahre dall esempio
dJ� da qualche individuo, in cui le condizioni speciali_ dell'ambi��te
hanno acuito le stigmate naturali della degenera _ione, smo a stabilire
norme costanti.
D'altra parte il cristianesimo ci dà esempi abbondantissimi - prova
inconfutabile delle nostre asserzioni - di quello che producono le sue
regole antinaturali, dai casti isterismi di S. Teresa, alle dolci sm_ ancerie
di un Luigi Oonzaga. Ed, essendo naturale, il paganesimo era smcero;
sincero quando riconobbe la necessità della guerra e non proclamò mai,
come i seguaci di Cristo o di altre religioni orientali, la santità di essa.
I Romani che - come ben dice l'autore - « passano secondo gli imbecilli,
come il popolo più militarista della terra, non amarono affatto la vio
lenza, anche quando l'adoperarono� Essi sapevan bene che gli uomini
sono quelle che sono, conoscevano la necessità e il bisogno d'e
spansione necessaria delle nazioni e che soltanto essendo forti si può
essere! tranquilli. L' Impero fu una necessità non di dominio ma di pace,
e la prova è nel modo con cui fu regolato e conservato, nell'ampia li
bertà riconosciuta ai soggetti nelle leggi e nelle fedi. E per esso si ebbe
quella PAx ROMANA (1) che assicurava « a gran parte dell'umanità una
condizione di benessere e di felicità che non fu mai raggiunta».
E fu la mèta costante a cui tese tutto il mondo pagano-romano ;
che gli' uomini vivessero sereni e in pace. E mentre il paganesimo non
prometteva « una futura vita beata (2) nella quale sarebbero stati rad
drizzati i torti di questa vita e compensati i mali» e chiaramente diceva
che a tutti gli uomiai non è aperta la porta dell'immortalità e che essi
non possono essere uguali agli dei, salvo un caso straordinario in cui
la divinità crede di poter fare accedere un suo prediletto ad uno stato
simile al suo, nelle cerimonie del culto non ammetteva forme scomposte,
abituava i fedeli alla serietà e teneva la società calma impedendo le
scissioni e le lotte religiose. Il culto pubblico dei Romani e dei Greci
procurò quanto fosse più possibile di eliminare dalla società le cause
del dolore e dell'agitazione. E mentre conce, iva il male come un ele
mento scaturente dal cozzo della vita e degli esseri e non come castigo
che pesi sull'umanità e accettava la vita come un bene che bisogna vi
vere Interamente e sanamente p1::r sè e per gli altri e non si irretiva nei
vincoli di un tenebroso peccato, giacchè gli uomini vivevano la loro vita
naturalmente e non potevano concepire come, vivendo così, non si po
tesse essere altro che buoni, il paganesimo, se era necessario, bandiva
LA PALINGENESI ERMETICA
« Corpus autem hoc, ad omnes perferendas miserias est orcti
natum. Oportet enim transire per ignem et aquam, et renasci,
aliter- in_ requiem aeternam ingredi non poterit ; Cuìus color est
brunus, subrubeus. et non fulgidus. Item opus eius est, dissolvi,
exaltari, mori, et ad altum ascendere»,
(Dalla « Enarratio Methodlca Trluni Gebrl medlcinarum in qulbus con
tinltur Lapidls Phllosophlci vera confectio autore Anonymo sub nomini
AeyrtMI Phllallthu, natu Angli, habltatlone cosmopolita.• - Amstelo
clamt 1678, paa. 21).
- 282 -
chè u suo voto resta pur sempre unico; ma, siccome le cifre fanno·
�:�po su chi non sa o non vuole tenerle nel . debito _ . cont�, « La
Civiltà Cattolica • se ne serve per i suoi scopi. Qumdt per 1mpres-
sionare i lettori, fa intravvedere la possibilità che a questa asso
ciazione aderisca anche la Massoneria inglese ; e « se cosl acca
desse, non v,,è chi non veda quale enorme preponderanza verrebbe
a raggiungere la Massoneria a_nglo-americana, e quale sorte sarebbe
riservata alla Massoneria latina •.
La « Civiltà Cattolica• prospetta questa possibilità come con-
seguenza della visita di un inviato della_ Gr�n Log�ia d' Inghi!terra�
sir Alfredo Robbins, alle Grandi Logg1e d1 Washmgton e dt altn
Stati Americani. L'organo dei gesuiti, che conforta ed appoggia il suo
attacco su documenti ufficiali massonici [il che prova che la Mas
soneria è una società segreta, mentre la Compagnia di Gesti non
lo è I], sa benissimo di dire il falso, perchè proprio sir Alfre9
Robbins in una intervista pubblicata nel numero di giugno del
The Builder, organo della National Masonic Research Society, e
riprodotta dalla « Rassegna Massonica 10 di luglio 1924, ha dichia
rato che la Massoneria Inglese, lungi dal pensare ad aderire ad
m1a tale associazione, si rifiuta di riconoscere massonicameute la
massoneria latina, e questo per le insanabili divergenze relative ai
landmarks. Non solo, ma la « Rassegna Massonica•, in base a sue
autorevoli informazioni, prevede che anche la Gran Loggia di New
York si ritirerà dall' A. M. I., da cui tutta la Massoneria anglo-sas
sone resterà cosi lontana.
I paurosi pronostici che trae la C. C. dalla adesione che pre
sagisce sono dunque assolutamente infondati; e se alla C. C. stesse
veramente a cuore, come pretende, di illuminare l'opinione pub
blica, dovrebbe astenersi dal basare sopra notizie in perfetto con- .
trasto coi fatti e colla verità il seguente periodo : e È necessario
chefopinione pubblica sia opportunamente illuminata intorno a questi
gravi pericoli che minacciano ad un tempo gli interessi della fede
e quelli della nazione, onde sappia riconoscere in coloro che vantano
la privativa del se,ztimento di patria, i veri traditori d'Italia : ed
a/finché, ciò che più preme, si prendano ad ora e tempo oppor
tuni, provvedimenti prima che i biechi maneggi della setta producano
effetti irreparabili ».
I veri traditori d' Italia I? Salute, Rev. Padri della Compapla
--284:-
Recentissima pubblicazione:
manuale Sintetico e Pratico del Taroi:co di E. Picard, con 78 illustrazioni,
in-8 . L. 9 -
'
ANNO I.
clc CON LA POSTA QUATTRO LIRE
REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO _ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COMEZ -
ANICETO DEL MASSA - J. EVOLA - RENÉ GUÉNON - MÀNLIO MA-ONANI - VITTORE
MARCHI - MARIANI DELL'ANGUILLARA - MARIO MORANDI - FERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REOIIINI - MARIO MANLIO ROSSI - SAVINO SAVINI -
OALLIANO TAVOLACCI.
Al LETTORI
Nel primo numero di questa rivista, rivolgendo la parola ai
lettori, annunciammo l' intenzione di diffondere mediante essa l' in
teresse e la conoscenza degli argomenti iniziatici in Italia senza
preferenze per religioni, preconcetti e sistemi, mantenendoci indi
pendenti da ogni gruppo scuola e società, ed astenendoci dal
fare la propaganda ad alcuna credenza. Nostro proponimento era
il fare questione di scienza e non di religione, ed applicare nel
campo metafi.5ico, spirituale, interiore lo stesso metodo scientifico,
sperimentale, pitagorico che • si applica in fisica, in chimica, in
astronomia, adattandolo opportunamente, ma rimanendo anche in
questo campo assolutamente impersonali, estranei e superiori ad
ogni genere di affetti e di sentimenti. Il carattere morale, estetico,
- 290-
confortante, rispondente al bisogno di giustizia od a preferenze ed
aspirazioni, non può e non deve contrib� .
ire a rendere a�cetta,
ali' indagatore freddo e rigoroso, una teoria pmttosto che un altra.
Nell'attenerci a questo programma scorgevamo l'unico modo
di elevare il livello culturale, scientifico ed iniziatico di que sti
studii, rimasto pur troppo assai in basso per il malo andazzo di
correre sulle ali della fantasia, della- chiaroveggenza, della fede
nelle rivelazioni di pretesi maestri ed in pseudo tradizioni inizia
tiche, spregiando per giunta i cauti mezzi d' indagine della scienza
« profana ».
Sino a qual punto siamo riusciti ad attuare il programma
lasciamo giudicare ai lettori. I quali, per quanto severi, dovranno
riconoscere che in Atam,r non vi è stato spazio per le solite ri
fritture, abborracciature e clichés a base di spappolamenti senti
mentali, di fossilizzazioni e di drappeggiamenti in ridicoli misteri.
Anche i nomi dei nostri collaboratori, nuovi in gran parte
per il pubblico, provano il nostro distacco- e la nostra indipen
denza. 11 valore iniziatico di Amedeo Armentano e di René Guénon,
lo scrittore francese che per primi abbiamo fatto conoscere al
pubblico italiano, non sarà sfuggito ai nostri lettori. E così pure
la serietà e la competenza del Capurro, di Del Massa, Evola.....
e dei tre nuovi collaboratori Savini, Rossi, Morandi conferisce ad
Atanor quel carattere di rivista iniziatica, culturale, indipendente
che era nelle nostre intenzioni di darle.
Nel prossimo anno con rinno,·ato ardore proseguirerr1o nel
compito che ci siamo assunti.
Seguiteremo, tra le altre cose, a pubblicare e commentare
passi di antichi alchimisti ed a occuparci largamente della tradi
zione occidentale, pitagorica ed ermetica. È nostra intenzione di
fare ogni sforzo per rendere Atan6r semore più rispondente alle
esigenze nostre e dei lettori. E poichè, forse, incombono tristi tempi
di fanatismo e di persecuzione contro ogni società movimento e
studio di c�rattere iniziatico; l'opera nostra potrà ac�uistare un ca
, _
rattere dt difesa e non soltanto di diffusione e di valutazione. Nella
nostra indipendenza da ogni organizzazione sentiamo pur sempre
- 291 -
il dovere di prendere posizione netta contro le denigrazioni, che
per spirito partigiano politic_?, per partito preso, a base di ca
lunnie e di ingiurie, la parte guelfa ha sferrato contro la Mas
soneria e che estenderà ad ogni Ordine e società di carattere ed
origine iniziatica. E non potrebbe essere diversamente, perchè,
mentre la meschina politica di parte si riduce all'arte di alterare
la verità secondo il proprio tornaconto, la scienza deve guardare
e difendere la verità senza badare ad alcun interesse.
Annunciamo dunque sin da ora che Atan6r seguiterà a pub
blicarsi, sicuramente, anche nel 1925. Ad alleviare i nostri sforzi
ed a consentirci di apportare alla nostra rivista i miglioramenti
più necessari, occorre però che i lettori ci secondino contribu
endo con la loro opera a renderla più conosciuta e diffusa.
Per cominciare, bisogna che i lettori, invece di comprare Atan6r
nelle rivendite, ci inviino l'abbonamento; per i lettori è lo stesso,
per noi invece l'abbonamento rappresenta l'unico modo . proficuo
di sopperir:e alle spese, poic�è per varie ragioni il benefizio finan
zia rio della vendita al minuto è quasi nullo per la rivista. · Per
questa ragione, ridurremo grandemente la vendita al minuto ; -ele
vandone il prezzo rispetto a quello dell'abbonamento annuo
in modo che l'interesse del lettore venga a coincidere col
nostro. Porgendo il nostro saluto e ringraziamento ai lettori, ci
auguriamo dunque di avere in essi non soltanto dei lettori fedeli'
ma degli amici, dei propagandisti, dei sostenitori ferventi ed effi-
caci dell'opera nostra, che diverrà in tal modo anche loro.
LA DIREZIONE.
- 292 -
_ �
C
e operai son vissuti cosi ed han fatto benissimo......... �rto essi
to d1 lavorare
si son compiaciuti della loro prosperità ed han credu
per riuscirvi. . . . .
Allo stesso modo le giovani signore eleganti s1 comp1acc1ono
di credere che si vestono con cura per piacere al loro amico,
mentre la scienza ha dimostrato che, senza la passione della ele
ganza, ci si veste come uno spaventa-passeri, per quanto si ami
teneramente il proprio amico ».
L' intenzione, ogni intenzione, la buona come la cattiva, il la
stricato dell' inferno e quello della strada quotidiana, sono colpiti
dagli strali del Brewster che chiama egoismo pedante il voler fare
il bene ed invoca da Dio :
- Signore, liberateci dai programmi ! E piglia per un orecchio
Pascal, il quale si indignava di veder uomini che vivono incuranti
dell'oltre tomba.
Ascoltiamo prima Pascal e poi Brewster.
Dice Pascal della gioia dei piaceri :
- Non bisogna aver l'anima molto elevata per comprendere
che non v'ha qui soddisfazione vera e solida, che tutti i nostri pia
ceri non sono che vanità, che i nostri mali sono infiniti e che in
fine la morte che ci minaccia ad ogni istante deve infallibilmente
metterci, in pochi anni, nell'orribile necessità d'essere eternamente
annientato o eternamente infelice -
Ed ecco Brewster :
• Certamente non è necessario avere l'anima molto elevata
per comprendere tutto questo. Basta avere lo stomaco molto ma
lato : basta anche, in alcuni, un po' di infatuazione intelle
ttuale.
Pensare, �e�pre pe sare ; giudicare, giudicare senza
� tregua, tra
durre ogm impulso m parole, per informarsi del
suo valore sul
mercato del linguaggio I
_Chi non perderebbe in tal mestiere il sens
o della realtà ? •
Biagio Pascal è servito.
Poichè molti attribuigcono all'uomo un'a
. _ nima il nostro Autore
si diverte a regalargliene tre: una
grande impassibile, un'altra va-
rtablle, una terza sistematica, fittizia, la quale ultima sarebbe l'a
nima che i mortali si riconoscono.
Quanto a me non garantisco che siano tre, proprio tre, ma
sono per il numero plurale, senza tante indagini psicologiche, perchè
spesso mi accade di sentire in me tante persone diverse.
Ma stiamo col Brewster.
La 1 a anima, secondo I' A., contempla, la 2a agisce e canta,
mentre la Ja Nostra Signora delle tesi, insegna. .
Noi offriamo ai nostri Dei, qualunque sia la religione domi
nante, un culto continuo. La Borsa, la Fabbrica, l' Ufficio, la Ca
serma..... sono i templi di questi culti.
e Noi abbiamo accettato. à parole una morale che assegna ad
ogni azione un valore fisso ; noi tolleriamo nei nostri tribunali l'as
surdo d'una legge eguale per tutti; ma tutto ciò si svolge alla su
perficie delle cose ; in fondo noi apparteniamo a caste differenti,
la cui opinione prevale contro i trattati di morale e contro il co
dice quando per caso v'è conflitto ».
Salutiamo dunque i nostri Dei. Battiamoci, ma non neghiamoli !
Ed ora ascoltate queste parole e ditemi se mai avete letto
qualche cosa di più bello e di più grande :
e Da duemila anni l'uomo religioso non sa più che mormorare,
sbalordito, penitente ed abietto :
- Ho torto, Signore, ho torto I -
La qual cosa non gli impedisce di vivere precisamente come
quando diceva : - Ho ragione I - e che, pieno di questa intima
certezza, ne attribuiva l'onore a forme celesti vagamente riflesse
nei suoi desideri/ >.
Si chiederà dal dottrinario atterrito : dove conduca cotesta fi
losofia del nostro anti-filosofo. Rispondo coli'Autore :
e Noi chiediamo a ciascuno di sentire la necessità della parte
che gli incombe e di onorarne l'eterna immagine al di' là della delizia
o dell'amarezza con cui essa si manifesta I •. È il culto della realtà.
« Figli rispettosi dell'oscuro destino - termina Enrico Brewster
il suo volume, di cui ho dato alcuni cenni, non una sintesi o re
censione - noi descriviamo il percorso che ci è prescritto e nulla
muta per noi, nè in bene nè in male ; gli Dei abitano la nostr�.
anima pagana I
GIULIO CAPURRO
-294-
• ••
Ma è tempo ormai di lasciare il campo delle generalità e di
avvicinarci di più al nostro tema.
. A�biamo detto che cura precipua dei dotti fu quella di pre
c�sa�e 11 � alore delle lettere, di trovare la chiave delle permuta
zion1_ logiche delle loro combinazioni. Ciò è tanto vero che noi
abbiamo ancora oggi documenti di tale indirizzo, il più cospicuo
- 304 -
il Sepher Jetsirah, il
Libro della Formazione,
det • qu a1·
1 è ap pu nto
de l co sm os . E all or a, pn• ma d't cont·muare,
ossia della formazione tro libro.
esaminiamo un poco il n os ne testualmente I , 1. �121 . . 0.
Credo necessa rio ripor tar .
me ravigl ios e de lla Sa pie nza lddto (desi
« Nelle tren tadue
vie �e l'universo)
gnato qui �o die ci n om i) fece la sua Etern ità (o anc
il Numeran te e 11 N'lmerato.
n
con tre Sepharim con il Numero, e due volte dieci e due segn i
a,
Dieci Sephiroth, �enza alcuna cos
ppie e dodici Semplici ».
di fondamento: tre Madri, sette Do e, i ventidue seg ni di
Come il testo stesso dichiara più oltr
aico, delle quali le madri
fondamento sono le lettere dell'alfabeto ebr daleth, caph, pe, rese,
sono aleph, mem, scin, le doppie beth, ghimel,
lle rimanenti.
tau, che hanno infatti due suoni, le semplici que il concetto
Dal bel principio dunque è assiomaticamente posto
a sua i segni
che Dio rrea tutto, ponendo come base dell'oper
nte,
dell'alfabeto. In che sen so dobbiamo intender questo? È evide
dati sopra tutto i parallelismi che mostra il testo fra vari ogget ti
della creazione, che dobbiamo pen sare le lettere come il simbolo
grafico dei ventidue modi nei quali si esplica la poten za di Dio,
attraverso le Sephiroth, modi che possiamo riscontrare in ogni
opera della natura e che da soli, se riconosciuti, permettono d' iden
tificarla.
Come si sia arrivati a tale rnncezione demiurgica dell'alfabeto
della quale non troviamo traccia nella Bibbia lo abbiamo visto'
D'al�onde _il simbolo è stato sempre il grande' trastullo dell'oriente:
e noi �osi,1amo constatare ancora oggi la sopravvivenza di tale
concezione nella dottrina babista della Persia, come potremmo ri
levarla nelle _affermazion i della letteratura apocalittica. Forse a
esto medesimo concetto, tanto bene riassunto dal medioevale
:omen-Numen, dovremmo riportare anche il Louos la Parola del
6 '
vange ol secondo G'0 " • qu 1 Verb� per m�zzo • del quale tutto
è stato generato: p�:t: ;;, au�ou egeneto, kat khorls autofì egé-
A
t
neto oudè en O gego • nen.
Non credo opportuno far , q� 1• un riassun. to dell'opera e mi
permetto di rimandare senz a tro 11 lettor
e alla introduzione da me
premessa alla ver . °ne pubblicata
sterà completare �: con cetto presso il Carabba : mi ba
constatazione che no ,. siamo _ � sposto sopra, insistendo sulla
dt fron te a d una vera glorifica-
- 305 -
zione della Parola. Ho altrove proposto come epigrafe al libro il
versetto della Genesi Voi sarete simili a dei: mi si affaccia ora
alla mente il dubbio se forse non sarebbe meglio adatto, a indi
care 10 spirito del Sepher Jetsirah, l' inizio del IV vangelo .En
arche en o Logos.
L'oriente, è ancora il Gobineau che lo ha constatato, non si
commuove di fronte ai miracoli: ne rimane stupito, sbalordito
anche, ma si guarda bene dall' inferire da essi la verità delle idee
che con loro si vogliono provare. Perchè? Un europeo moderno,
in generale non si comporterebbe così: o negherebbe il miracolo,
o, una volta il miracolo ammesso, lo accetterebbe .come irrefragabile
dimostrazione dell'idea, dando cosl ragione a Gesù gridante ai
Giudei : Se non credete a me, credete almeno ai miracoli che io
faccio I L'orientale si guarda bene dall'agir in tal modo, perchè
esso non ammette limiti alla potenza motrice e creativa della pa
rola, che è la stessa per l'uomo e per Dio. La parola ha stabilito
non le leggi di natura che non esistono in quanto leggi immuta
bili, bensì i rapporti fra le cose, ed essa può alterarli se usata da
chi ha compreso. Difficile è comprendere, ma, raggiunto ciò,
ogni cosa è possibile ali'iniziato, che non per questo perde il suo
carattere di uomo, e non per questo è in grado di dimostrar le
gittimamente la verità delle sue asserzioni con la grandezza delle
proprie opere.
Abramo è stato accolto, dice il Sepher, nel seno di Dio, ma
non per questo Abramo è Dio : gli manca quella capacità di espan
sione non contraddicente al principio di unità che è stata implici
tamente affermata con la fissazione delle Sephiroth. Dio solo può
emanare da se stesso e formare le cose molteplici senza frazionare
la propria unicità e quindi senza decadere : l'uomo può agire su
queste emanazioni già formate e comporne di più complicate, ma
non formarne a sua volta altre. Non con questo che l'uomo non
possa in certo senso creare : non può aggiungere un nuovo fon
damento. Ventidue sono i segni perchè tali li ha posti Iddio: in
questi limiti, ma non oltre, può fare tutto colui che sa.
Ben lungamente, queste dottrine sono durate nei secoli, nè
sono morte ancora. Non ho bisogno di ricordare la tenace vita
delle associazioni mistico-cabbalistiche, alle quali pur si riattac
cava la più misteriosa figura del sec. xvm, il conte di Cagliostro ;
2
- 306 -
accennerò soltanto al rifiorire in Persia del babismo, la cui cosmo
gonia insegna che tutto il mondo eman� dal!a divinità attraverso
sette horouf, ossia sette lettere, le quali corrispondono a sette ma
nifestazioni : la forza, la potenza, la volontà, l'azione, la condiscen
denza, la gloria, la rivela�ione.
Dice il Sepher :
« Sette Doppie : Beth, Ghimel, Daleth, Kaf, Pe, Rese, Tau ;
il loro fondamento: Vita, Pace, Scienza, Ricchezza, Grazia, Gene
razione, Potenza ».
La vecchia sapienza dei Caldei risuscita e nella sua stessa
patria trova continuatori, i quali, senza accorgersene, si ricollegano
a lei, attraverso il neoplatonismo dei filosofi arabi. La catena
non è interrotta e non c'è alcuna ragione di credere che debba
interrompersi proprio adesso.
SAVINO SAVINI.
- 309 -
Non v'è un'alba simile all'altra, e la speranza di· oggi già non
è più la speranza di ieri. L'anima si colora del colore del tempo
� della vita nuova che misteriosamenw si prepara per il suo dopo
ignoto.
Cosi una meravigliosa fertilità gli fiorisce da ogni attimo pie
namente vissuto. Vissuto per ciò eh� è, per tutto ciò che vale :
non. come preparazione, hon come conseguenza ; ma pieno e piano
- 312 -
in se stesso, esaurito nella contemplazione del mondo present
nella meditazione della verità suprema che vive in ogni mome:te
0
del pensare.
Quanto poco lo spirito sia presente a se stesso, è appunt
mostrato dalla cura del domani. Domani, è una parola, o poco più�
certo, un' immagine astratta, avulsa dalla vita vivente, sognata (no�
pensata) giù per i torbidi declivi della Schwii.rmerei sentimentale.
Non v'è scienza del domani, e sopratutto non v'è moralità, in senso
assoluto, ove si considerino le conseguenze anzi che la delibera
zione e l'atto in se stesso, per se stesso, con tutto ciò che esso
racchiude ed implica nell'effettuarsi.
La vita è in realtà tale infinita ricchezza che da sola (nuda e
pura, vaso di perfetto cristallo anche senza un vino che innebbrii)
basta alla felicità d'un uomo. Che appunto per esser .allzumensch
lich, troppo umano, vizia e deturpa la vita vivente per la vita da
vivere ; e mentre, per sorbirne tutta la delizia, dovrebbe assorbirsi
nell'attimo, lo trascura assediato di paure e di speranze d'un do
mani che forse non verrà. In fondo, ogni momento della nostra
vita, se fosse possibile viverlo, ci strapperebbe l' incantato grido
di Faust:
« Verweile doch, du bist so schon I ,.
Faust non è giunto, dopo una vita di lotta e di torture, a dare un
contenuto nuovo e trasumano al presente : è riuscito soltanto a
vivere integralmente un momento, un momento qualunque, « con
tutto ciò che esso implica ». Nulla di più, ma neanche nulla di meno:
nulla cioè della vita vivente che sia sottratto e sacrificato alla vita
ventura.
È di comune esperienza la singolare limpidezza delle gioie
passate in confronto alle gioie presenti. « Quanto avremmo dovuto
godere I " E perchè ci è stato impossibile? perchè ci sarà impos
sibile nelle gioie future, sempre impossibile?
Perchè la nostra nequizia e la nostra debilità vuole eternare
la contentezza istantanea, e già mentre sopraggiunge la delizia,
si studia di prolungarla : e le appare singolarmente vuoto e scarno
il futuro, in cui la gioia sarà finita. Ovvero, prevede il contrac
colpo, presagisce mali inevitabili e mali immaginari per scontar�
la presente felicità. Non v'è che un modo di godere, ed anche dt
patire, dell'oggi per tutto ciò che veramente l 'oggi vale : non pen-
- 313 -
sare al futuro. Più si riflette, e più si vede impossibile altra solu
zone che non sia la liberazione dal futuro.
Compito più che umano, compito veramente degno di una spi
rituale aristocrazia che d'umano non conservi che la forma caduca
pur avendo già un piede oltre la soglia dell'Assoluto poichè la
preoccupazione del domani non è che l' incidenza animica della
Wille zum Leben, dell' istinto di conservazione annidato insidiosa
mente nella carne. È la maledizione materiale che perseguita l'uomo,
Hylas anche s'è Philonous ; e che solo in una dionisiaca palinge.
nesi, preparazione alla Vita Vivente dello spirito può trovar tregua
e redenzione. Poichè l'adepto porterà la sua carne come un abito
logoro ed indifferente oltre la soglia del santuario : si che, pur vi
vendo nella carne, non vivrà secondo la carne, nel suo basso istinto
di prosecuzione melmosa ad ogni costo: ma vivrà nell'attimo dello
spirito ch'è Vita, « Vita nella Vita, la maggiore nella minore e tutto
entro lo Spirito di Dio •.
E così acquista tutto il valore etico ed eudemonologico im
plicito l' insegnamento di S. Agostino, apprezzato finora solo dai
rivenditori al minuto della scintilla prometea (i. e. psicologi). Per
l'uomo esiste presente, passato, futuro : per Dio, non esiste che
l'attimo che è eternità. E l;eternità non si vive che come attimo,
dove non c'è futuro nè passato chè l'eternità è tota simul.
Cosi la vita proposta dal figlio del Carpentiere è in realtà vita
sovrumana, la beatitudine degli eletti o meglio degli iniziati. Fin
qui, Cristo insegna esotericamente la felicità dei pochi. Ma solo
in questo stato teofanico dove l'aristos trova la beatitudine, sarà
possibile anche un'etica, un imperativo perfettamente categorico,
la condizione morale della palingenesi dianoetica.
oss i·a prima che lo Zamboni adottasse i tre colori nazionali n e·i
. . ed è qum • d.I per lo men suo
tentativo di rivoluzione a Bologna '. o
. " che tali idea abbia determinat9 la scelta dello Zamb on?I. os.
SI.bI l" •
1 n• . pubbl"1cat·1 tra 11 1785 ed il E
la esistenza di almeno cmque l"b
•
1793
[invece dell'unico citato dal Cusam] che espongono la cerimon·
dell' iniziazione massonica colla be?da tricol_?re, rinforzerebbe ;:
tesi del Cusani, secondo la quale 1. tre colon fur�no proposti net
l 796 da alcuni capi della Massoneria come colon della repubblica
Cisalpina.
Alla fine del 1796 si formava la prima legione lombarda;. ed
i legionarii furono vestiti di panno verde, coi rivolti rossi e le tra
colle bia'lche; sul tondo cappello portavano un pennacchio dai
tre colori. A questi Bonaparte, sulla piazza del Duomo di Bologna,
consegnava una bandiera bianca, rossa e verde, che così era vo
luta dagli italiani, scriveva al Direttorio • (Luigi Carnevali - /l
• Centenario della Bandiera Nazionale - Mondovi 1892). In essa
sotto il berretto grigio, ricamato nel bianco, figura il caratteristic o
livello massonico, (cfr. Ghisi Enrico - Tricolore italiano - 1912).
Il 7 Gennaio 1797, il congresso dei Deputati di Ferrara, Bo
logna, Modena e Reggio adunato in quest'ultima città, sanzionan do
la costituzione della Repubblica Cispadana, procla:nava propria
bandiera la tricolore.
Chi propose a questo Congresso il bianco il rosso ed il
verde fu.... l'abate Giuseppe Compagnoni, lo stesso abate che sei
anni prima scriveva contro Cagliostro ed i Liberi Muratori.
Verso la fine del 1796 « Compagnoni fu chiamato da Ferrara
alla carica di Segretario Generale dell'Amministrazione centrale...
fu poscia eletto deputato per Ferrara al Congresso di Reggio e
Modena, e subito divenne oratore parlamentare di grande efficacia ...
A Reggio, il giorno 7 Gennaio 1797, Compagnoni dimostrò che
un nuovo stato doveva sorgere dall'unione delle provincie cispa
darye, e che ad esso spetta'4a un simbolo nuovo una bandiera sua ,
nazion�le, italiana, diversa da quella franc
ese. É propose il trico·
lore �,�neo, ro�so e verde che fu senz
a altro adottato ,. (Luigi Rav�
- Chz mve�tò zl tricolore - Giusepp
vis. e Campagnoni 1754-1834; Ri
ta mensile. del Touring Club ita
liano - Ma rzo 1916).
Il Rava, m questo suo artic
min . arono olo non dice quali m otivi deter•
il Compagnoni a fare la pro
posta del tricolore ed il Con-
- 32'1 --
MAXIMUS
- 328 ....
YOGA ED ARTE
, fusione • ed è quel sistema in
Yoga significa « unìficazione erso l'esperienza di migliaia e
i attrav
diano formatosi ed evolutos
irituali, pratiche f!si�he, co_nce�trazioni
migliaia di anni di esercizi sp fonde _f_orze mbme, d_i cm_ è ca
psichiche che liberano le più pro
ma pm perfetta, al d1 là dt tempo
pace l'esistenza umana e nella for
dell' « Io » stesso ; astrazione
e spazio, portano alla liberazione
« Io » ad una sintesi intima,
questa che porta al di là del proprio
concreto della medi
ad una fusione assoluta, prima coll'oggetto
o, cosmico, coll' Es
tazione, poi, proiettato in un campo più vast
in diver.s.i modi
senza di tutto l' Esistente, fusione che si ottiene
stato di
secondo i mezzi che si adoperano per arrivare a questo
re
perfezione e fusione chiamato Yoga (Hata-Yoga p. e. per arriva
allo stato Yoga attraverso la respirazione... e. c. v.)
Non vogliamo qui nè dare una spiegazione del sistema Yoga
in generale, nè fare la sua storia, ambedue si presupµongono co
nosciute almeno in quelle linee generali, che bastano per questo
studio ; si passa senz'altro a considerare il Yoga indiano e quello
occidentale nella sua relazione coll'arte e coll'artista.
I mezzi citati di sopra per ottenere il sopravvento su se stesso
�er arrivare al dominio della volontà e ad una concentrazione spi
�ttuale prim�, �sichica dopo, sono simili a quelli che furono usati
1� Europa, md1pendente dall' India e dalle classiche pratiche Yoga,
sta attraverso la vera e propna . . . . (rosacroct. am,. tem-
• forma 1mz1ahca
lan. ecc. e�c.) _sia attraverso una forma che chiameremo « pro-
�
Jana ,. dagli artisti per arnvare .
• a d .
una .
fusione totale spirit o-ps 1-
. coll'o
ch1ca .
• . .
ggetto della 1oro 1sp1raz1one artistica Vogliamo porre
attenz1o . ne a questa forma profana
del sistema Yoga che portò
« incon�ciamente • 1.1 grande
' il « vero • artista. . un campo che
m
per la sua intima e s nza non_ �otrem
o non chiamare iniziatico.
Il vero artista : : n 1 !aft 5ic? incos
realtà empirica ma v a� :1 à ciente, egli si forma alla
l'e
terno c_he si m�nifest: ne11e � di essa, egli cerca di afferrare
orme e negli avvenimenti di questo
- 329 -
mondo attraverso le rappresentazioni in parole forme colori e toni
arriva ad una rivelazione intima delle cose, visione questa che può
nei grandi artisti dell'umanità stare degnamente a lato della ri•
velazione filosofica e religiosa e nelle forme più perfette a 'quella
iniziatica.
Questa possibilità intima e quasi naturale dell'artista di af•
ferrare il supremo nesso delle cose, che poi si dissolve in una
fusione assoluta colla monade universale, è già riconosciuto dai
più antichi canti del Rigveda (I 164) « e Ram sad vipra bahudha
vadanti » (di nominare con più nomi quello che con uno solo chia
mano i poeti). Ormai nelle piìì antiche poesie vediche si racconta
dell'artista che trova l'unico, l'eterno, chiamato Prajapati, che Pu
rusha, che Brahman solo può dare, e che unicamente trova nel
proprio interno. Questa concentrazione per ritrovare questo « lo »
è stata racchiusa nel concetto primitivo, unicamente vero della «pre
ghiera », nome che nulla ha di comune colla degenerazione nella
preghiera delle religioni semitiche, la quale ha raggiunto l'apice
della corruzione nella preghiera cristiana, che è sinonimo d'un'umi
liante, egoistica invocazione d'elemosina.
In India si venne molto presto alla conoscenza che quello
stato superiore a cui porta la pratica Yoga, ha una grande somi
glianza collo stato in cui si trova l'artista nel momento in cui ha
la « visione creativa » ; riconoscimento questo che portò a svilup
pare una forma speciale Yoga, che nella sua ultimà perfezione non
ha nulla di dissimile, nè in qualità, nè in potenzialità dal sistema
puramente speculativo, spirituale del Yoga stesso.
Nella forma che chiameremo « artistica » del Yoga, l'artefice
si pone un soggetto sensitivo, lo medita, cerca la fusione con esso.
In questa meditazione egli dirige la sua attenzione sempre più con
centrata sull'oggetto prescelto, astraendo da tutte le cose, sia ma
teriali che spirituali, che sono estranee ad esso : la duplicità del
soggetto e dell'oggetto man mano va scomparendo per fondersi
in una vitalità nuova, indivisibile. Si arriva cosi ad una coscienza
nuova, che non ha nulla da fare con quello stato di esaltazione,
quasi di ubbriachezza, come molte volte fu chiamata da poèti e
pittori, artisti minori ; è in contrario una forma tipica di sobrietà
tutta nuova dove ogni cosa che si attiene al soggetto diventa
chiara, netta, attraver&Q ad una potenzialità di comprensione che
- 330 -
e profonde dell' ir-
div ino _ pro feti c o, in cui te forze inti�e
ha .del hbere ed attive. In
endentale diventano
raziona1e e po·i del trasc dell� c eaz1one nuova dal suo
nto pri n c ipia i_l distacco :
que sto mo me
r viv er e un a vzta tu f fa pr opria •
creatore « pe
. .
tes t� 1�d 1an o che t� !tegg1� que sta disci
Riportiamo l'antico �
forma rehg10sa-ntuale • « Il cre
_
spiritu ale nel la f10nta
plina psico-
dente recita il Dyama Mantram
: (una �o.r�ula dete_rminata di me
ditazione) « descrive una determ
inata dzvzmtà per citare un deter
forma genera coll potenza ta a
minato oggetto spirituale ed a questa i votivi. l'artista segue
dello spirito' egli offre le sue preghiere e don .. tu
e sprn ale sotto
.
questi precetti ma egli pone questa sua creazion
una forma visibile modellandola o diseg nand ola ».
ell:�
'e innumera ' 6 de que l li na�·e�,_
o'""
,,- Col ui poi che va e picchia ali'uscw • de Ila poesia •
senza f urore
• ,
t�rl. b uon poe a solo per
di Muse,. credend o diven t are t arte, div enterà
o . si he oscu rata la poesia di lui savio da quella
po t a sc c c é
det� fiurenwt�t ,. • ,(Platone ' Fedr o XXII , trad
. . A cr i). . .
.
ciò, come osser va il an � mo, o efl so�t contro alla \
E per � f .
« i
. l .
uet udine degli alt ri scrt t fort, invocano aiuto divino, et non
�°::ano, et da divino furore pro c eden t e, il che, et Democrito, et
Origene, et Cicerone affermano . . Per, la qua� cosa non è meraviglia:
e i poeti sono an�ichissimi� c_oncwssiachè Dt� vo!le, eh! ab initi� i
suoi mist erii fosstno descritti a tutte le genti pe poeti. Il che in
dusse cred() Aristotile a chiamare i poeti theologi ,. .
I grandi poeti come Virgilio e Dante, sono dunque non sol
tanto dei letterati, ma dei profeti inspirati, dei veggenti, dei savii,
dei vati. Nel suo antico senso iniziatic o il carattere poetico di
un'opera implica molto più che non sia espresso dal carattere
poetico di un'opera letteraria moderna.
La poesia del • poema sacro », della Commedia veramente di
vina, frutto dell' • alta fantasia ,. del vate fiorentino, è l'ultimo mi
rabile esempio della perfetta fusione del1'artista e
dell' iniziato, pa
rimente riconosciuta dall'Oriente e dall'O
ccidente.
Oggi, col progresso, Ja poesia si insp
che quell� di Elicona ; ed il sacro ira a ben altre fonti
no me di poesia serve ad indi•
�are_ le piu �retenziose banalità purchè scritte
hben, e perfino, eterni De in versi, rimati o
i, le « parole , in libertà.
A. R.
PRETI ED IMPERO
Se non fosse il gran p rete a cui mal prenda I (lnf. XXVII, 70.)
Ed all'On. Mussolini, che non comprende come i nazionalisti,
i gesuiti en robe courte, i paolotti, i guelfi, i sanfedisti, i baciapile
non possano in buona fede e disinteressatamente appoggiare una
politica imperialista itaiiana, accadrà qualche cosa di simile a quanto
accadde a Napoleone. Anche Napoleone fu aiutato a salire dalla
Massoneria, ed in un primo momento Napoleone seguì una politica
intieramente conforme alla visione della Massoneria, e giunse fino
ad imprigionare il papa. Poi cambiò, e, pur non dando alla Mas
soneria il calcio dell'asino (come sta facendo !'On. Mussolini), ac
ciecato dal suo stesso successo, volle amicarsi la Chiesa Romana.
La quale finse di credere alla sua amicizia fino a che non lo ebbe
ridotto a Sant' Elena.
11 piano dei gesuiti è questo: dominare, per interposta persona,
sino a che non è possibile dominare direttamente; altrimenti sca
tenare la guerra civile, spezzare ad ogni costo la risorgente po
tenza romana.
I g�suiti non ammettono I' Imperatore che non faccia il sacre
stano• Ne�suna politica, nessun partito, neppure quello bolscevico,
.
è cosi deliberatamente e profondamente anti - italiano. Ed è per
questo che_ a poco per volta !'On. Mussolini si
_ _ va alienando ogni
simpatia, diventa sempre più prigioniero
dei naziomrlisti e stru•
mento dei ges ·t·1 (smo
�� . • a che non convenga loro spezzarlo), e si
vede sempre p1u ridotto a reggersi
soltanto colla forza' con
la mala signoria che sempre accora
li populi soggetti.
' Ammannato, Ammannato, disse
dz marmo che Michelangiolo' che bel pezzo
hai sciupato I
ARTURO REOHINI
- 339 -
••
« Oriente ed Occidente •, pur stando perfettamente a sè ed essendo
leggibile per se stesso, è continuazione e sviluppo dell'ultima parte
dell' « Jntroductlon •• Gli argomenti ivi trattati sono qui ripresi e svilup
pati in modo più ampio ed accessibile ad un pubblico meno ristretto:
La prima parte di quest'opera consta di una critica radicale della
civiltà occidentale moderna. i pregiudizii contemporanei dell'Occidente,
a cominciare da quello cosi radicato della superiorità di questa nostra
civilizzazione, e della identificazione di essa colla civilizzazione tout-court,
vengono in essa rintracciati, sviscerati e battut! in �reccia. li Gué� o�
denuncia in primo luogo gli errori e le illusiom occtdentali. « La cm-
rinnova ora gli attacchi contro il direttore di Atanòr. Con questa fiera
campagna egli va fabbricandosi i titoli di benemerenza per porre la sua
candidatura a Gran Maestro del Martinismo italiano, quando, non sia
mai, il basto, cc:si degnamente portato, si rendesse vacante.
Chi gli ha dato lo spunto è stato Simonius Il, Sovrano Delegato
Generale per I' Italia e Colonie, dipendente dal Martinismo francese, il
quale nel numero 12 del Turbine, (che nonostante le nostre insistenti ri
chieste non ci è stato possibile di procurarci e di leggere e cui non
possiamo quindi rispondere), se la prende con Maximus, che egli con•
fonde con René Guénon, per il libello contro il Martinismo comparso
nel N. 3 di Atanòr. II Ph. Jnc. Orig. della diaspòra partenopea, ossia,
dare
cred iamo, C. De Simone Minaci, interviene per rettificare, e per
o di Mar-
una mano nella polemica al suo confratello dell'altro branc
ttnlsti.
« Certo, scrive il Minaci, la confusione Jra Guén
on e Reghini è fa-
-350-
tilt _ L'isttsso stile, le sttsst idet, le stesse persone nella loro prosa ita
.
lica Il loro ptnslero appare rosa croce, templare, iniziatico, e tontempo
ran�mentt lanciano sui rosa croce e neo templari, gli Iniziati, gli stra/
intinti nei più perfidi veleni». Sicuro, lo stesso stile, le stesse idee,
. . . . . . . Arcades ambo,
et cantare pares et respondere parati I
••
Anche all'estero non manca chi comincia ad occuparsi di Atanòr
La • Revue Splrite • di Parigi nel suo numero di Agosto riferisce com;
iali della Società di studi psichici •Roma-Milano» 11' cui importan
;l::
mo organo 1 • Lact ed Ombra • hanno fondato diversi gruppi a Qe-
- 351 -
nova, Napoli, Trieste; essi posseggono i loro organi particolari Sinai
Reincarnazione, Atanòr ». È superfluo dire che per quanto riguard�
Atanòr la notizia è priva di fondamento e di verosimiglianza. E così
dicesi cti quanto afferma il « Voile d'/sis », e cioè che Atanòr è una ri
vista Martinista !
Ci é poi pervenuta notizia di qualche critica verbale piuttosto acer
betta rivolta da un occultista francese alla copertina di Atanòr, nella
quale questo sapientone avrebbe rilevato parecchi errori di simbolismo.
A questo ipercritico faremo solamente osservare che l'autore della co
pertina di Atanòr, il nostro valentissimo Dario Wolf, è un artista, e non
u n pedagogo dei simbolismo; e che noi alla sua fantasia artistica non
abbiamo voluto, paganamente, porre alcun laccio; poichè, come diceva
Orazio, (De Arte Poet. 9-10)
. . . . . . . Pictoribus atque Poetis
Quidlibet audendi semper fuit aequa potestas
M.AXIMUS
LIBRI RICEVUTI
- L. 9. .
/I Pimandro - Casa Editrice Atanòr, 24 ediz. - 19� i.dt Natur a dt Raimond o
/I trattat o della Quinta Essen z a ov11ero de' Secr�t
Lui/o a cura di Enrico Card/ le - Ca� E�1tn c� �tanò r, 1924 - L 11.
es
A. DE ROCH.--1S - Les vies successives - L�brane Generale des Sciénc
Occultes - Chacornac Fréres, 2a ed1z. - 1924 - fs 15.
LOTUS DE PAINI - Les Trois Totémisations - Ch�co�n�c 1924. fs. 15.
PAUL CHOISNARD - Qu'est-ee que I' Astrologie sctentiftque? Chacomac
Fr. 2c edit. 1924 - fs. 2.
FERNANDE P'ARSEN - Les Forces qui regissent la Chance. Chacornac
Fr., 1924 - fs 10.
Recentissime pubblicazioni:
11 Pimandro di Ermete Trimegesto L. 9 -
Il Trattato della Quintessenza di R. Lullo L. 11 -
L' 1ntarpret11z1ona stoica dal mito di F. Rebechesu L. 6 --
• •Il 11, I
-���,J!�,
•• "•t
""'''''""
,,
'� •
REDAZIONE:
CIRO ALVI - AMEDEO ARMENTANO - GIULIO CAPURRO - ARMANDO COM�Z -
ANICETO DEL MASSA - J. E VOLA - RENÉ GUÉNON - MANLIO MAGNANI - VITTOR�
MARCHI ,- MARIANI DELL' ANGUILLARA - MARIO MORANDI - PERNANDO
PROCACCIA - ARTURO REGHINI - MARIO MANLIO ROSSI - SAVINO SAVINI -
OALLIANO TAVOLACCI.
IL RE DEL MONDO
Dopo la morte di Saint-Yves d'Alveidre, venne pubblicato un
libro intitolato La Mission de l'lnde, di cui si era trovato il ma
noscritto tra le sue carte, ed il quale conteneva la descrizione di
un centro iniziatico misterioso designato sotto il nome di Agarttha.
Saint-Yves aveva senza dubbio avuto delle buone ragioni per non
fare apparire quest'opera, scritta da oltre trent'anni, e che non era
stata veramente approntata e limata definitivamente; sotto certi
aspetti la sua pubblicazione potè anche essere considerata come
un cattivo servizio reso alla memoria dell'autore da quelli che si
dicevano suoi « amici ». Difatti, parecchi lettori dovettero supporre
che non era che un racconto puramente immaginario, una apecie
di finzione che non poggiava su nulla di reale; ed, a vero
.
s1 trovano in quest'opera, se si vuol prendere tutto alla
dire,
lettera.
- 354 -
delle inverosimiglianze che potrebbero, almeno per chi se ne sta
alle apparenze esteriori, giustificare uI1 . tale apprczzamento. Anche
_ . .
per coloro che erano d'un altro parere, la m1ghor cosa era forse,
in assenza di ogni altra testimonianza, astenersi dal parlarne ; è
quello, in ogni caso, che abbiamo sempre pensato per conto nostro.
Ma ecco che è accaduto un tatto nuovo ed un pochino inatteso :
ci si occupa molto attualmente di un libro in cui Ferdinando Os
sendowski racconta le peripezie del viaggio movimentato che egli
fece nel 1920 e 1921 attraverso l'Asia centrale; e questo libro, in
titolato B�tes, Hommes et Dieux, contiene, sopratutto nella sua ul
tima parte, dei racconti quasi identici a quelli di Saint-Yvcs. Questa
parte, d'altronde, non sembra abbia particolarmente attirato l'at
tenzione generale; e noi non sappiamo di troppo se lo stesso au
tore, ben più preoccupato di politica che di idee e di dottrine, ne
ha veduto nettamente tutto l'interesse : ignorando tutto quanto
tocca l'esoterismo, egli non ha avuto, a quanto pare, altra pretesa
che di dire quel che ha veduto ed inteso; ma la sua testimonianza,
in queste condizioni, non avrà forse agli occhi di alcuni che mag
giore importanza.
Eppure, sappiamo bene che degli spiriti scettici e malvolenti
non mancheranno di dire che Ossendowski non ha fatto che pla
giare Saint-Yves, e di rilevare, a sostegno di questa allegazione,
tutti i passaggi concordanti delle due opere; ed è vero che ve ne
è un numero assai grande che presentano, sin nei particolari, una
similitudine assai sorprendente. Innanzi tutto vi è quel che poteva
sembrare nello stesso libro di Saint-Yves la cosa più inverosimile,
vogliam dire l'affermazione dell'esistenza di un mondo sotterraneo
estendente le sue ramificazioni dovunque, sotto i continenti ed
anche sotto gli Oceani, e pel cui mezzo si stabiliscono delle co
municazioni invisibili fra tutte le regioni della terra; Ossendowski,
del resto, non prende sopra di sè questa affermazione, anzi dichiara
che non sa cosa pensarne, ma l'attribuisce a diversi personaggi
che ha incontrato nel corso del suo viaggio. Vi è pure, sopra dei
punti più particolari, il pas:;aggio dove il .i. Re del Mondo·» è rap
pres �ntato dina?zi alla tom �a ?el s�o predecessore, quello dove
_ _ _
� qmst10�e dell ongme degli zmgan, che avrebbero un tempo vis
suto nell Agarttha, e be� altro ancora. Saint-Yves dice che vi sono
dei momenti, durante la celebrazione sotterranea dei " Misteri co-
-355-
smici ,., in cui i viaggiatori che si trovano nel deserto si fermano,
in cui gli stessi animali rimangono silenziosi ; Osi-endowski assi
cura che ha assistito egli stesso ad uno di questi momenti di ge
nerale raccoglimento, vi è sopratutto, come strana coincidenza, la
storia di un' isola, oggi scomparsa, dove vivevano degli uomini e
degli animali straordinarii : in proposito, Saint-Yves cita il rias
sunto del periplo di Jambulo di Diodoro Siculo, mentre Ossen
dowski parla del viaggio di un antico buddhista del Nepal, eppure
le loro descrizioni non differiscono quasi affatto ; se veramente esi
stono di questa storia due versioni provenienti da fonti così lon
tane l'una dall'altra, potrebbe essere interessante di rintracciarle e
di confrontarle con cura.
Abbiamo tenuto a segnalare tutti questi avvicinamenti, affinchè
coloro che li avessero parimente notati non possano credere che
ci sono sfuggiti, nè accusarci di dissimulare certe difficoltà; si po
trebbe ora, discutere evidentemente sulla portata che conviene at
tribuir loro. In ogni caso, Ossendowski ci ha affermato personal
mente che non aveva mai letto Saint-Yves, e che anche il nome
glie ne era ignoto prima della pubblicazione della traduzione fran
cese del suo libro; e, quanto a noi, non abbiamo alcuna ragione
di dubitare della sua sincerità. Del resto, se egli avesse copiato
in parte la Mission de l'lnde, non vediamo troppo per quale ra
gione avrebbe cambiato la forma di certe parole, scrivendo per
esempio Agharti invece di Agarttha (il che si spiega al contrario
benissimo se egli ha avuto da fonte mongola le informazioni che
Saint-Yves aveva ottenute da fonte hindu), nè per quale ragione
avrebbe impiegato, per designare il capo della gerarchia iniziatica,
il titolo di " Re del Mondo » che non figura in nessun posto in
Saint-Yves. Ma, anche se si ammettessero certi imprestiti, reste
rebbe pur sempre il fatto che Ossendowski dice talora delle cose
che non hanno il loro equivalente nella Mission de l'lnde, e che
sono tali che egli non ha certamente potuto inventarsele di sana
pianta: tale è, per esempio, la storia di una " pietra nera » inviata
un tempo dal « Re del Mondo » al Dalai'-lama, poi trasportata ad
Ourga in Mongolia, e che disparve circa cento anni fa ( 1) ; bi-
paragoaa
(3) La tradizione chinesc impiega, in un senso del tutto
È da osservare che se
bile l'espressione di • invariabile mezzo •· -
cono nella ' Camera
condo il simbolismo massonico, i Maestri si riunis
di Mezzo"·
e Mahyn1••
(I) Ossendowski scrive Brahytma, Mahy#ma
- 360 -
. • ipi , e che essi non poss ono venire
gnano propriamente de1 princ .
. . in quanto questi rappresentano
applicati a deg 1-, esseri• umani che o ,
· .·1 p 1• di modo che anche in quest caso sono le-
qu�sh. stes� 1• t rm � a delle funzio�i e non a delle individualità.
gah essen z1a men e
w 1 dmlì, ' • le cause di questi av-
• dirige
Secondo o ssendo ski, il Mal·t
o·
• .
. (1) Queste parole sono quelle con le quali termina una profezia che
11 « Re _del Mondo » avrebbe fatta nel 1890, qua n do apparve al mona
stero d1 Naraba nchi.
2 IJ A!anvantara O era di un Manu, chiamatC'I anche aha-Y
. _ ( ).
divi M uga' si
de in quattro periodi • Krt·ta Y:·t1ga, Treta-Yuga,
Kali-- Yu a che . id . : a o r�1spettivam
Dwap arà-Y uga e
. nt1f ente con I'« età dell'oro•,
l' « età l1i'argent: », � « e ;� �el bron zo,.
e l'« età del ferro»
(3) c·i teremo come esempio I·1 passaggio . dove è quistione della « di-
scesa agli infer n i » . coloro .che
ne avranno l'occasione potranno para-
gonarlo con ciò che', sopra
' 1 1 medesimo soggctto, ne abbiamo detto qui
stesso a proposito di Dante.
-36!5-
una certa epoca, sarebbe stato perduto o nascost() ! è per esem 1
il soma degli Hindu od il Haomà dei Persiani, che �on mane: �Ì
un c�rto. rappor to col 0:aal delle leggende occidentali; presso gli
Ebrei è 1a vera pronuncia del gran nome divino (1). II periodo
attuale è du_n�ue_ un perio?o di o�curamento e di confusione (2);
le sue cond1z10111 sono tait che, sm tantu che persisteranno la co
noscenza iniziatica deve necessariamente rimanere nascosta 'donde
il carattere dei « Misteri » dell'antichità detta « storica ,. (�he non
rimonta neppure sino al principio di questo periodo) e delle or
ganizzazioni segrete di tutti i popoli : organizzazioni che danno
un?. iniziazione effettiva là dove sussiste ancora una vera dottrina
tradizionale, ma che non ne offrono più che l'ombra quando lo
spirito di questa dottrina ha cessato di vivificare i simboli i quali
non ne sono che la rappresentazione esteriore, e .questo perchè,
per diverse ragioni, ogni legame col çentro spirituale del mondo
ha finito coll'essere rotto. Si deve dunque parlare di qualche cosa
che è nascosto piuttosto che perduto, poichè non è perduto per
tutti e taluni lo posseggono ancora integralmente ; e, se così è,
altri hanno sernpre la possibilità di ritrovarlo, purchè lo cerchino
come si conviene, vale a dire purchè la loro intenztone sia diretta
in tal guisa che, mediante le vibrazioni armoniche che essa risveglia
secondo la legge delle « azioni e reazioni concordanti » (3), essa
possa metterli in effettiva comunicazione spirituale con il centro
supremo (4).
(J) Ricorderemo qui l'allusione che abbiamo già fatto altrove al rap
porto che esiste tra l' Agni vedico ed il simbolo dell'Agnello; l'ariete
rappresenta, in India, il veicolo di Agni. D'altra parte, Ossendowski
indica a parecchie riprese che il culto di Ràma esiste sempre in Mon
golia ; vi è dunque là altra cosa che del Buddhismo, conirariamente a
quel che pretendono gli orientalisti.
(2) Segnaliamo pure le rappresentazioni dell'Agnello sopra il libro
sigillato coi sette sigilli di cui è parlato nell'Apocalisse,; il Lamaismo
tibetano possiede egualmente sette sigilli misteriosi, e noi non pensiamo
che questo avvicinamento sia puramente accidentale. Per comprendere
intieramente quel che segue, sarà bene di riportarsi alla parte del nostro
studio sopra Dante dove sono spiegati i rapporti del Paradiso terrestre
e della Gerusalemme c�leste (preraffigurata dalla stessa città di Geru
salemme).
-368-
l'Alborj presso i Persiani, la montagna di Kaf presso gli arabi
ed anche il Monsalvato della leggenda occidentale del Graal. Anche
quì, si tratta di una regione che, come il Paradiso terrestre, è di
venuta inaccessibile, e questa regione è veramente la « contrada
suprema ,, ; del resto secondo certi testi vedici ed avestici, la sua
situazione sarebbe stata primitivamente polare, anche nel senso
letterale di questa parola. D'altra parte, sembra che vi sia luogo
di considerare parecchie locaiizzazioni successive, corrispondenti
a diversi cicli, suddivisioni di un altro ciclo più esteso; ma, senza
insistere su questa questione molto complessa, diremo che possono
anche esservi simultaneamente, oltre il centro principale, parecchi
centri secondarii che vi si ricollegano e che ne sono come altret
tante immagini. Abbiamo già notato l'analogia di Lhassa, centro
del Lamaismo, con l' Agarttha; aggiungeremo che, anche in Occi
dente, si conoscono ancora almeno due città la cui stessa dispo
sizione topografica presenta delle particolarità che, all'origine, hanno
avuto una simile ragione di essere: Roma e Gerusalemme (i). Vi
era difatti, nell'antichità, quel che si potrebbe chiamare una geo
grafia sacra, o sacerdotale, e la posizione delle città e dei templi
non era arbitraria, mé\ determinata secondo delle leggi molto pre
cise (2); d'altronde, vi era tra la fondazione di una città e la co
stituzione di una dottrina (o di una nuova forma tradizionale, per
adattamento a delle condizioni definite di tempo e di luogo) un
rapporto tale che la prima.era spesso presa per simboleggiare la
seconda (3). Naturalmente, bisognava prendere delle precauzioni
affatto speciali, quando si trattava di fissare la positura di una
città che era destinata a divenire, sotto un rapporto o sotto un
altro, la metropoli cli tutta una parie <lei mondo ; cd i nomi delle
città, come pure quel che viene riferito delle circostanze della loro
RENÉ GUÉNON
{I) Aggiungeremo quì, per tutta risposta a certi attacchi, come pure
per prevenire delle nuove malevole insi::uazioni, che coloro che affer
reranno tutta la portata d: quello che abbiamo ora detto comprende
ranno in tal modo i motivi della nostra attitudine verso tutte le orga
nizzazioni pseudo iniziatiche che hanno veduto il giorno nell'Occidente
contemporaneo : non ve n'è aJcuna che, sottomessa ad un esame serio,
possa fornire la me.1oma prova di « regolarità ».
CHAOS SOPHORUM
In uno spunto polemico, nella prima parte del nostro articolo nella
• Vita Italiana» per controbattere l'ostracismo dato dai nazionalisti alla
Massoneria a causa del suo preteso esotismo, abbiamo mostrato quanto
cotesto terreno sia sdrucciolevole per i nazionalisti ed i paladini della
religione dominante. È innegabile dihtti il carattere esotico del cristia
nesimo, dato il fatto « inequivocabile » (per usare uno dei barbari ter
mini con cui infiorano la lingua italiana i fascisti ed i nazionalisti) che
Gesù è nato. cresciuto e vissuto in Asia, a differenza di Pitagora, per
esempio, che non era certo un asiatico, e che visse e lavorò in Italia.
II Fermi che ha sentito la botta diritta, cerca ritorcerla dandomi di
esaltatore dell'Oriente Ai lettori di "Atanòr » non occorrerebbe dimo
strare quanto sia inesatta cotesta asserzione. Essi sanno come quella per
cui siamo in campo sia una purissima battaglia di italianità, e come sia
vano farci passare per degli anti-occindentali. Ma, a costo di ripeterci,
torniamo a fare osservare come ogni scienza, profana od iniziatica, fisica
o metafisica, sia necessariamente indipendente dalla latitudine e dalla
longitudine geografica. La proprietà del triangolo, avente i lati lunghi
rispettivamente, tre, quattro e cinque, di avere i lati minori ortogonali
tra loro, nota parimente agli Egizii, a Pitagora ed a Chang-tst, non
è nè orientale nè occidentale, ma semplicemente geometrica. Così gli
studiosi della scienza iniziatica non hanno alcun motivo di essere ne prò
nè contro l'Oriente o l'Occidente.
Non vi può dunque essere nessun contrasto tra la sapienza metafi
sica secondo gli orientali e quella secondo gli occidentali , esse possono
soltanto differire nell'espressione che è connessa alla forma mentis e�
allo sviluppo storico della diversa civiltà. Per questa ragione deve�,
_
tenere conto del carattere romano della civiltà occidentale ed m parti-
-- 375 -
. italiana ; ecco perchè cer-
colare d�lla ra d·ca 1 le ed immortale paganità . ·t . o-
. 1·n « Atanòr » alle corren ti pagane, p1 �gonche e r
chiamo ncoll ega rc,
t razza' tradizione e mentalità . Ma l' ita-
ma11e, connaturate alla nos ra •versalità ' ' sia pere h •
e l' •
umversa 1·,tà dell
. .tà non contrasta con "•
ha01 uni . I' 1talia0 . .1t . a
. con sia perchc . a non può pog-
scienza no n con osce cer t·• fini ' . . . t·1co ed
re sacro, m1z1a
giare che sulla roman'Ta d'1 cui il caraae prete e della Chiesa utn1v . er-
sa r15 r•e·o permane per mo nei
r · riflessi e nelle s cat olica.
Un altro capo ctI· accusa il Fermi lo trova ne! . ' t ," art.e sacra ».
r
rntto che
'
I
non sarà comu . t a aIle moltitudini. A ccade cosi d 1 tu t e :e scienze, di
nica
. ed anche la Chiesa cattolica non permette a qua I unque fe-
tuttc le arti, · y·1 e· propno · da
:, e· di amministr ' are 1. sacramenti.
dc:e d.1 ct·1r me"sa
• 1-1 ars1· chc anche J'. arte sacra" debba essere nservata . a . me-
rav1g . . chi sa ap-
prcn , derI a ?• Ne consegue proprio a filo dt Iog1ca, come suppone .ti Fern1.1,
• ' •
che essa debba essere e sia impartita soltanto « at dl'.tge�tt• ufft·�ra · 1·z e
visibili delle nazioni, anzi del Sacro Impero?» Questa 1llaz1one ed 11 con
seguente allarme del Fermi sono arbitr_arii. N�turalmente_, _com_c o��i �c
cade che degli scienziati siano chiamati per t loro menti sc1enhf1c1 a
far parte del Senato e del G<>verno, la conoscenza della scienza inizia
tica potrebbe costituire un titolo per essere chiamato ad una funzione
dirigente nella cosa pubblica, che davvero troppo sarebbe vedere in tale
conoscenza una ragione di demerito e di esclusione; ma ·il supporre
come fa il Fermi che tali dirigenti debbano essere indotti dalla loro
scienza a tenere in no� cale gli interessi, le aspirazioni, i sentim
enti
dei governati, è supporre che i sapienti, in virtù della loro
sapienza,
siano degli ignoranti. Potrà anche d;:rsi che il Fermi
sia in buon a fede
(tutti sono in buona fede, fino a prova in cont
rario , e non sentiremmo
l'opportunità di dire una banalità di questo
gen ere se il Fermi non ci
avesse obbligato a questa facile ritorsio
ne) in questa sua catena di ar
bitrarie !lla�ioni; ma è evidente che
è troppo comodo per colifutare un
avve�sar� tirar una catena di illa
� � zioni, far del le ipotesi sopra il futuro
eppoi cnttcare ti parto della ,
' pro pri a fan tas ia com e se fos
l avversario . se la tesi del-
�-er riporta�e l'occidente
ad una comprensione intel
sta�� hre 1a tr?d1z1. 0ne della lettuale per ri-
sci enza metafisica, non
l ' é /ue de, G uenon sia si tratta' 'sia con
, altr ìmP�n t·1, d'1 agi•re
una nuova accademia nel cam po della cultura con
• . ' nè si tratta ct·1 azione
smedno, né s1. tratta di rifo · sa.
politica per mezzo (li un
riforma protestante n na re 1·igw . Quel che abb iam o scritto della
dovrebbe tran . .
" nova tori », non ul llt zz are ti . Fermi. Non siamo dei
sentiamo il prur�
pazione di salva ito della propagan
re l'umanT i � con delle « da, nè la preoccu
di riformare la bu on e novelle ». Non si tratta
• reli
posito (egli scriv gione es 1stente come il .
e la rei'tgione . F er mi P venta sia nostro pro-
esiStente, perchè
delle altre religioni non
- 376 -
si preoccupa, e_ SI
•�t eh e le riformerebbe e le distruggerebbe volen-
: non fare agli altri quel che non vor-
tieri, in omagg w a .a ma ssima . si tratta di comprenderla e di renderla con:-
. . fosse fatto a te) ,
rest•1 che .
prens1bile al_la I_uce delia conoscenza spirituale effett1va, . d eIla espene nza
• • iatica .
miz det m1s t eri . sac 1_ ' della tradizione sacerdotale. espert a de i fatti,
•
1•
depositaria . d1 ..
formu Ie, riti e ce-
delle . realtà mten on, • e n on semplice . .
•
rimonte meccanicamente ripetuti e trasmess1. La re1·1g10ne non puo, es-
. e non .
.tmts;
sere danneg • ta da u 11a tale instaurazione ub
gia . e co1 pa nostra
• catt.o 1· 1ca si· è ridotta a vedere un penco 1 o •
m quanto ele
se la Chiesa ..
verebbe •
11 1-
1ve li o " m
• te11·ettuale » e spirituale della rehgtone. L a R'1forma
• •
npud1ò tutto que• o c li he non era capace di comprendere al lume
. della
•
sua ragione; noi PI!,nsiamo che rigettare per mcomprens1one e a 1 trettanto
• •
. f • .• ,
inintelligente quanto accettare senza capire ; e c1.· sembra pre ent,1Je I a�
spirazione alla conoscenza alla voglia di rigettare, anche se talora certi
atteggiamenti e certi sentimenti siano tali da muover �av�ero alla nausea.
Vorremmo che anche attraverso alla gerarchia eccles1asttca, anche s_ otto
la guida sacerdotale, si potesse dalla religione assurgere_ alla sapienza
metafisica, in modo che i pochi che drizzan per tempo ti_ collo a� pan
degli angeli non si trovassero eternamente e fa:alm�nte incatenati alla
mangiatoia del « prossimo », dove la mandra dt facile contentatura in
grassa lieta e soddisfatta
O di paglia o di fieno
purché il suo corpaccio sia pieno.
Quanto alla massa che non può assurgere alla verità, poco impor
ta
di quale illusione, credenza ed errore si bei. Per pensare ad una r iforma
religiosa bisogna credere che una sostituzione di credenze possa
portare
alla conoscenza, bisogna credere alla possibilità di rinchiude
re ed enun
ciare la verità in formule intelligibili a tutti ; mentre
noi sappiamo che
agli effetti della conoscenza il credere ed il pens
are sono, a dir poco,
assolutamente superflui; poictè la conoscen
za è data dall a conte mpla
zione pura che è nece ssariamente immune
dai sentimenti e dai raziocinii.
E poichè non può ess,ere che così,
logic amente e necessariamente,
ricono sciamo il diritto de'la massa
ad una credenza, e non solo rispet
tiamo la religione della maggiora
nza, ma anche quelle de lle minoranze,
e persino ai cretini riconoscia
mo il diritto di dire e credere tutte le cre
tinate che vogliono. Non sia
mo dunque cosi malvagi da voler togliere
le �tarnpelle agli zoppi ;
ma non siamo nepP.ure disposti
pericolo permanente rap a trascurare il
presentato dal fanatismo ag
e P:rsecutore che con gressivo, prepotente
la scusa del salvataggio
dell amor del Pròssimo d e lle anime ed in nome
è sempre pronto da un
momento all'altro a tra-
- ffl -
mutare U ruminante cristiano In una, bestia feroce • E che sia necessar1o
· mente e socia
politica • Imente tener d occhio le sempre possib·
I1·t mani•-
festaziom• deIla .« cari·tà • iana ,., ci sembra indicarlo anche 1
cnst
. . a non
troppo vel a ta minacc
. .
ia de 11o scritto re di « Gerarchia ,. il quale non SI
perita di . amm�ntre 1 non c�n!ormisti in questa guisa esprimendosi :
I
***
Ci siamo occupati sinora della parte essenziale dello scritto del l'ermi.
E troppo ci vorrebbe se dovessimo rilevare e rispondere alle molte cri
tiche e richieste secondarie ; ne rileveremo soltanto alcune.
Egli ci rimprovera con insistenza di non aver dato la prova di al
cune no5tre affermazioni: che Dante era iniziato, che R. ed F. Bacone
e R. Fludd eran dei rosacroce, e per non aver accennato alle fonti, alle
conclusioni al metodo dell'• arte sacra». Voleva evidentemente che
e
scrivessimd un volume invece di un articolo di venti pagine, volum
che G. Preziosi avrebbe giustamente ritiutato di pubblicare nella • Vita
pra�
Italiana ». Osserviamo inoltre che perfino in matematica è d'�so e
dim o trare ;
tica necessità il citare, semplicemente enunciando, senz a �
91 ado -
prenda qualunque trattato di aeometria analitica e vedrà che
-378-
perano senza dimostrarle le proprietà dei determinanti e del sistemi di
equazioni. Ma poichè ci tiene, rimanderemo il Fermi, per quanto riguarda
Dante, ai nostri articoli in «Salamandra» ed in « Atanòr », all'artic:olo
sopra e l'allegoria esoterica in Dante » che pubblicammo nel numero
dantesco del « Nuovo Patto " (1921), e specialmente al più completo e
profondo studio di .René Guénon sopra « L'esoterismo di Dante » pub
blicato in precedenti numeri di questa rivista.
L'esigenza rispetto agli altri, del resto, non impedisce a Fermi di
affermare bellamente senza dimostrazioni. Cosi, per lui, Dante fu u11
cattolico sincero, Boezio, il pitagorico Boezio, non aveva nulla di pa
gano, e Galileo fu uno degli eccelsi campioni del sapere, i quali es
sendo profondamente cristiani impedirono che divenisse generale lo
scrtzio (sic!) tra la religione e la scienza. I lettori sono pregati di ve
rificare che non inventiamo, non alteriamo, e non carichiamo le tinte.
E dopo ciò ha il coraggio di prendersela con noi per avere qualificato
di rosacroce I due Bacone e R. Fludd e di chiederci in tono canzona
torio che cosa possiamo dirgli di �icuro del famoso Rosen-Kreuz, giacchè
egli cerca da ta.nti anni e non ha' mai trovato nulla. Non meriterebbe
che gli rissondessimo sul medesimo tono, ricantandogli: Cercar che giova?
Al buio non <-i trova. Non meriterebbe che, seguendo cotesto sistema,
gli domandassimo a nostra volta : perchè non ci parla il Fermi di S. Al
berga,' di. S. Josaphat, di S. Aura e Placida, di S. Perpetua e di S. Fe
licita, di S. Orsola e delle undicimila vergini? Anche noi abbiamo cer
cato ed aJ>biamo trovato anche, ma son risposte non troppo lusinghiere
per la religione dominante.
Quanto alle fonti, alle conclusioni ed al metodo dell'arte sacra di
cui ci richiede il· Fermi, ci sembra di averne detto qualche cosa in questa
rivista ed altrove. E stia pur certo che seguiteremo anche senza i suoi
incitamenti.
Un'ultima cosa vogliamo dire al Fermi: Lasci stare l'Oriente. La sa
pienza misteriosa si trova certo nei libri sacri dell'oriente, come pure
nella Bibbia ed anche nel Vangelo; ma come potrà un cieco farsi un'idea
adeguata della bellezza di un tramonto e comprendere la vera portata
del teoremi di un trattato di ottica? Bisogna prima farsi operare di ca
teratta, ripulirsi gli occhi del deposito di porcherie (vulgo cispa) che
impediscon la vista. Per apprendere la sapienza misteriosa non bastano
i testi di religi_one, occorrono le teste dei savii, come per apprendere
la ginnastica non basta distendersi in un poltrona e sprofondarsi nella
lettura di un trattato di ginnastica; come per imparare ad arrampicarsi
su per i canaloni, per le cengie, per i camini e per i lastroni non basta
andare al cinematografo a vedere le prodezze dell'alpinismo acrobatico,
raa è savio rieorrere all'ammaes tramento di una iUida od i indispensa-
- 37r, -
bile provar\! ed esercl�arsi pe�sonalmente. Lasci andare dunque: e IH
_
astenga dalla poco sena class1f1cazione dei libri e delle dottrine orlen
taii in libri mistici, ed in libri morali ed ascetici. Fintanto si confonde
l'ascetismo con la morale (e si sottointende per giunta che di morale
ve ne è una sola, quella. occidentale cristiana moderna, ossia i pregiu
dizii di Mr. Tout le Monde), fintanto si crede di poter apprendere la
verità dai libri, fintanto non si arriva a concepire un'élite intellectuellc
che sotto la forma grossolana di Società o di Accademia, fintanto non
si riconosce che l'acquisizione della sapienza non si ottiene con la ra
gione, col sentimento, con la morale, con le preghiere e con la devo
zione, 01-1 soltanto con la contemplazione intellettuale pura, iper-razio
nale, iper-logica, iper-individuale, si resta magari in grembo a Santa
Madre Chiesa, ma della porta del « regno del cieli " non se ne vede
neppure l'esterno.
Per vedere il regno dei cieli bisogna nascere di nuovo, e perciò.
bisogna prima morire. E, morendo, la cultura, il sentimento, le cre
denze, la morale e le formulette restano a terra; e bisogna abbando
narle per forza. Per forza. E tu sei dottore in Israele, e, non sai queste
cose?
ARl'URO R!OH!Nt
ARTURO REOtUNI
- 38:Z -
VEXATIO STlJLTORUM
OVVERO SIA
• d'anni prima di lui l'Ordlnt templare era stato sciolto, ed i suoi mo
« naci dispersi nel sangue in fra i patiboli ed i roghi". Così ex cathaedra,
scrive nel « Turbine " del 30 ottobre 1924 çostantino De Simone Mi
naci in un articolo intitolato : L' Esoterismo nella Divina Commedia.
La precisione cronologica della frase : poche decine di anni prima di
lui, lascia molto a desiderare. Ma ammettiamo pure che voglia dire :
prima della morte di Dante; ebbene ciò avvenne nel 1321, il Gran Ma
estro dei Templari venne bruciato nel 1314; la differenza è eguale ad
anni sette. Ed anche partendo dall' inizio della persecuzione (1307), non
si arriva che a quattordici anni di differenza fra l'inizio della persecu
zione e della dispersione dei cavalieri [e non monaci) .templari e la morte
del loro grande difensore. Dove sono le poche decine d'anni ? In piano
astrale?
Ai lettori desiderosi di maggiori rivelazioni, raccomandiamo viva
mente: L'Esoterismo di Danft nella Divina Commedia, monografia di C.
De Simone Minaci, pubblicata a cura dalla Casa Editrice della rivista
« La Fenice ,. .t una miniera I
••
Nel numero del 10 dicembre del «Turbine» abbiamo avuto la conso
lazione di vedere che anche Alessandro Sacchi, il Gran Maestro del
Martinismo dissidente [guardarsi dalle contraffazioni], largisce ai popoli
i lumi della sua sapienza esoterica in certe « Variazioni sulla leggenda
di Hiram ,. e • la parola perduta», in. cui si rifriggono per la n.ma volta
svariate corbellerie. Tra le altre quella della scin che scende in mezzo
al tetragramma per formare il nome di Gesù (sanctificetur nomen tuum...)
11 tetragramma munito di scin, secondo questi pseudo-cabalisti, rappre
senta il nome del • Redentore degli uomini ». Ora, secondo B. Levi (Ri
tuel de la H. Mazie paz. 354) I' ieroglifo della scin è il pazzo, dimo-
-:m-
dochè il tetragramma munito di scin è veramente scin-munito. e
ri �ponde legittimam�nte al!a 21 lama del tarrocco di cui E. Levi '(pa/;5
R1tuel de la H. Magie) scnve: Danger pour l'esprit et fa raison.
Ques �o �aturalmente non riguarda Sacchi A. (Sinesio), perchè quel
ti _
che poggia in terra non puo cadere. Difatti egli in perfetta tranquil
lità ne smamma per q �attro colonne, si ferma sul solito binario, ripiglia
il solito tram trnm, e finalmente dà di cozzo in questa cantonata:
• L'unità è il più grande di tutti i numeri perchè li contiene tutti e
tciQ
/1
/i, contiene in se stessa moltiplicandosi e dividendosi: essa è il perfetto
och1 /Q#o equilibrio risultante dalla fusione dei contrari, e perciò rappresenta la per
d tt i fetta indifferenziazione, siccome equidistante da tutti gli estremi. Essa è
S/Joi /' ltiVARIABILE METÀ, .i/ Tcheurzg-Young di Confucio •.
c �
a11ia1: L'illustre professore, onore e vanto del martinismo italiano, non
"1one •u.'n conosce il cinese ... e neppure il francese e l'italiano. Egli ha pescato,
1
llltdia, , chissà dove, che il Tcheung-Young (o Cung-yung per trascrivere la pa
i Pri111a � rola come la trascrive il grande sinologo Puini) significa l'« invarlable
MILIEU » [così lo traduce il Remusat], ossia l'invariabile MEZZO. E siccome
lia dire:
un mezz_o ed una metà si equivalgono, anche in aritmo [e dico poco]
Gran Ma. sofia, 1' infelice martinista per sdottoreggiare ed épater i vili profani,
guale aa piglia una solennissima cantonata ; l' invariabile mezzo diventa per lui
lY/), non l'invariabile metà, ed egli si rivela per quello che è: Sacchi A. (Sinesio).
persecu Lo consigliamo di leggersi una pagina sola, la pag. 365 dell'opera : « Il
la morte Buddha, Confucio e lao-tse di Carlo Puini - Firenze 1878 •, e di tener
presente l'aurea massima: Oportet studuisse !
In plano
IL VICARIO DI SATANA
o viva·
a di C.
ri�stl
LIBRI RICEVUTI
Prot. Avv. VITTORE MARCHI - Lo. Filosofia dt?l Romantsimo - Roma 1924.
ANNIE BESANT - Il Cristianesimo Esoterico t i Misteri minori - L. 15 -
Prometeo - Torino 1924.
VITTORIO FALORSI - Problemi di Emigrazione - L. 12 - Zaniche lli -
Bologna 1924.
L'Idealismo Mazziniano - Anno I - Fase. I.
AVVISO IMPORTANTE.
Non tutti coloro che sottoscrissero l' impegno di abbonarsi
ad « Atanòr " hanno ancora fatto, dopo avere ricevuto la Rivista
per tutto l'anno, onore alla loro parola.
Ne pubblicheremo i nomi nel prossimo numero di •Atanòr•.
Direttore Gerente Responsabile : ARTURO REOHINI
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