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Omar Wisyam

“Uno tra i pochi esponenti del Situazionismo”

Su qualche nota bio-bibliografica riguardante


Gianni-Emilio Simonetti

Nelle note di copertina di L'agonia e i suoi sarti (edizioni DeriveApprodi) si legge (cioè l'autore
scrive di sé):

“Gianni-Emilio Simonetti, artista e teorico, tra i pochi esponenti del Situazionismo in Italia, ha fatto
parte dell’esperienza artistico/politica di Fluxus, dell’avventura Cramps/Multipla e, nel campo delle
culture materiali, ha ideato la rivista «La Gola». Per i tipi di DeriveApprodi ha pubblicato La
funzione sociale dell'arte e la follia. Medicalizzare l'alterità (2001), La domesticazione sociale
(2003) e La vivandiera di Montélimar. Il secolo delle rivolte logiche e la nascita della cucina
moderna nelle memorie di una petroleuse (2004).”

Nella nota del libro successivo, La funzione sociale dell'arte e la follia, che è riprodotta sotto,
quasi identica in apparenza, si incontra una significativa aggiunta:

“Gianni-Emilio Simonetti, artista-teorico-rivoluzionario, tra i pochi esponenti del Situazionismo in


Italia, ha fatto parte dell’esperienza artistico/politica di Fluxus, dell’avventura Cramps/Multipla e,
nel campo delle culture materiali, ha ideato la rivista «La Gola». Per i tipi di DeriveApprodi ha
pubblicato L’agonia e i suoi sarti. 1968-1998: le ragioni dell'assalto e quelle della resa (1998), La
domesticazione sociale (2001) e La vivandiera di Montélimar. Il secolo delle rivolte logiche e la
nascita della cucina moderna nelle memorie di una petroleuse (2004).”

L'autore, non soddisfatto di essersi definito artista e teorico, ha modificato quell'immagine del suo
status (che evidentemente gli sembrava incompleta) con quella (senza la congiunzione “e”, che
conserva la separazione tra i due termini accostati, sostituita da una articolazione qualificativa
ternaria marcata dai trattini d'unione) di artista-teorico-rivoluzionario.
Una nota identica alla precedente accompagna il testo La domesticazione sociale. Sulla modernità
e il disagio che la governa del 2001. Mentre La vivandiera di Montélimar ripristina la prima
versione.

Un'altra versione della nota bio-bibliografica appare con La sostanza del desiderio. Cibo, piaceri e
cerimonie:

“Gianni-Emilio Simonetti, nato a Roma, vive sul Lago Maggiore. Filosofo, già esponente di rilievo
del pensiero «situazionista», si occupa anche di disagio psichico, di arte contemporanea e di cultura
della cucina. Tra i fondatori della rivista «La gola» è senz’altro uno dei maggiori esperti italiani di
cultura gastronomica. Per le nostre edizioni è autore di L’agonia e i suoi sarti. 1968-1998: le
ragioni dell'assalto e quelle della resa (1998), La domesticazione sociale (2001) e La vivandiera
di Montélimar. Il secolo delle rivolte logiche e la nascita della cucina moderna nelle memorie di
una petroleuse (2004).”

In questa terza versione l'autore si promuove (ovvero promuove il suo passato) in qualità di
esponente di rilievo del pensiero “situazionista” e si presenta ai lettori come filosofo che si occupa
anche (evidenti ramificazioni editoriali del suo primario interesse di studio) di disagio psichico, di
arte contemporanea e di cultura della cucina. Un filosofo versatile, potrebbero commentare i lettori
ignari della portata di tale versatilità.

Gli altri tre libri pubblicati da DeriveApprodi non offrono ulteriori elementi sulla bio-bibliografia
dell'autore, dove invece ne appare una piuttosto stringata, cioè questa:

“Gianni-Emilio Simonetti, per le nostre edizioni, è autore di: La vivandiera di Montélimar (2004)
e La sostanza del desiderio (2005).”

Se ci fosse solo quest'ultima versione, la più concisa e la meno imbarazzante, non ci sarebbe nulla
da dire, ma restano tuttavia le altre, quelle che esaltano il filosofo, nonché l'artista-teorico-
rivoluzionario ecc.

Ma Simonetti non soltanto scrive dei libri di cucina, ma, la cucina, l'insegna anche.
Dei docenti della Facoltà del Design del Politecnico di Milano vi è, in rete, una scheda con profilo,
curriculum e pubblicazioni recenti. Quella di Gianni-Emilio Simonetti, docente di Food Design,
recita:

“Economista, specializzato in prasseologia e ricerche motivazionali. È stato condirettore


dell’Arcana Editrice, Roma. Direttore di produzione e amministratore delegato dell’International
Catering srl., Milano. È consulente per la comunicazione integrata d’impresa nell’ambito dell’agro-
alimentare. Si occupa di psicopatologia dell’espressione artistica e di terapie riabilitative non
ortodosse nell’ambito della clinica psichiatrica. Insegna sociologia presso lo IED di Milano.”

Si scopre così che il filosofo nonché artista-teorico-rivoluzionario ecc. si descrive, in un altro


contesto, come economista, condirettore editoriale, sociologo, consulente d'impresa, direttore di
produzione, amministratore delegato e terapeuta non ortodosso (!). Viene quasi il dubbio che si
tratti di un'altra persona. Ma è sempre lo stesso prisma che riflette altre facce.

Dell'eclettico e camaleontico autore interessa qui, in particolare anche se non soltanto, il definirsi
come uno tra i pochi esponenti del “Situazionismo”. Questa espressione ha un sapore strano per
vari motivi. Ci fu in Italia una sezione dell'Internazionale Situazionista, ma di questa non fece mai
parte Simonetti, il quale fu invece pesantemente insultato, nel 1979, anche quella volta sorpreso in
un tentativo, per così dire, di appropriazione indebita, da uno dei reali “esponenti” di quella storica
esperienza: Paolo Salvadori.

Brevissimo (ma non del tutto extravagante) excursus:


Non meno pesanti insulti furono scambiati (tra il 1974 e il 1975) con Joe Fallisi - coautore con
Coppo e Cesarano di Cronaca di un ballo mascherato – quando una breve collaborazione di
Simonetti con Giorgio Cesarano nei giorni della preparazione e della stesura del Manuale di
sopravvivenza fu seguita, dopo la pubblicazione del pamphlet citato sopra, da una sgradevole
conclusione con un attacco velenoso (dove Simonetti si cela dietro la maschera dello pseudonimo
nizaniano di Bernard Rosenthal) su un opuscolo, il primo di una collana di Quaderni della Fronda,
riuniti e pubblicati in seguito da La Pietra (altra casa editrice e non l'ultima, sia detto per inciso, a
cui il sedicente “artista-teorico-rivoluzionario” ha collaborato), dal titolo Contro l'ideologia del
politico, dove si giustapponeva ingiuriosamente una frase di un delatore dei tempi delle prime B.R.
ad una, appunto, tratta dalla Cronaca di un ballo mascherato, di Cesarano, Coppo e Fallisi.
Va detto che quella giustapposizione di frasi, nella raccolta successiva di La Pietra, fu cancellata.

***

Riprendendo il filo del discorso, Paolo Salvadori si rivolgeva così a Simonetti (mi rendo conto che è
strano presentare un testo scritto in italiano in una versione inglese dopo essere stato tradotto a sua
volta dal francese, ma non mi è stato possibile reperire il documento originale che pure possedevo
una volta):

Simonetti,
I know that you are a stupid creature and, among all the "pro-situs," you are the most notorious
imbecile in Italy, the most mystified cretin, a head experienced in all the prostitutions. I have
learned that a well-known whore house, which wants to make its publicity as a place of "rendez-
vous" for professional anti-situationists, and which you frequent (everyone sees and knows it); [I
have learned] that this house has conceived the project of taking up the enterprise of an Italian
edition -- as surely falsified as fatally deceptive -- of the journal Internationale Situationniste; and
that, to top it all off, these people would be assured of your services.
One could say that you are, moreover, a simple-minded person.
In truth, if one did not know your desperate opportunism, one would refuse to believe that you
could have committed the unpardonable frivolity of agreeing to collaborate, nay, to propose your
own involvement, in such an impudent operation. "The painter-philosopher, who truly knows all
that one can know about situationism," and who modestly lets this be known in L'Espresso of 1
June 1975, must also know that such a thing would be above his means. By saying this, I do not
mean to say that, in such a circumstance, you would not be able to show us all what could not be
done in a text; and this is especially because I count on not seeing it. But it is definite that the
pretentious and malevolent illiteracy that is your manufacturing label, and the fact that you take part
in the poverty of all these vain enterprises to recretinize the youth and to commercially exploit our
party, leave no doubt about the quality of the results that one could expect to see. Moreover, the
[real] question is elsewhere.
You piece of shit, you are not ignorant of how much we scorn you -- and your associates, [Pasquale]
Galante and [Giuseppe] Alferi, have been personally informed of this fact since 1969. [1]
Thus you can only be ignorant that such an edition is unwanted by us.
I am sure that you will agree that it is extremely improbable that this thing that we do not want will
never see the light of day.
Nevertheless, to dissipate any misunderstandings that you might have been exposed to, and so as to
help you not fall into an error that would be unfortunate to a great degree, because of the
displeasures that it would occasion for you, I would like to draw your attention to the personal risks
that you run from the sole fact that public rumors have designated you as the possible translator of
such a hypothetical edition, whereas so many honorable people are ready to clarify the matter with
all the arguments at hand.
Because if, later on, this affair does not remain here; if you only want to see in the anti-copyright
[2] of the original texts one of the "absences of prejudices" that serve your mercantile interests so
well, without seeing that this only breaks the miserable conventions of literary property with the
goal of re-establishing the responsibility for the use of theory; if, in a few words, you must
obstinately consider that the SI dissolved so that you, a new philosopher in the company of other
champions of neo-thought, can proclaim the "supercession" of clearance-sale prices and do
business: very well! In such a case, I believe that you would have the right, without another word,
to a tangible proof of the reality of the phantoms that have for some time desired to make you feel
their lively dissatisfaction.
Unfortunately for your peace of mind, the response [3] that the keeper of the house in question, the
one named Enzo Nizza, has revealed -- at the same time that it has revealed this little rogue, as
much by the indecency of the tone as by the rest -- your difficulty in denying the existence of a
project that he no longer dares to admit and that would be quite unhealthy for him, too, to pursue.
By sending you a copy, I also attach a pair of letters that concern you and that, concerning you,
could figure (but not much) in your archives of "the history of the movement in Italy," announced in
the issue of Panorama dated 25 May 1978; and thus you know that I am not the only one to have
supposed that these archives are not sufficient to finish such projects -- which, in the end, only
proves that they are even more profoundly equivocal than they already appear.
No doubt there is no accident in the meeting of a common falsifier playing the role of publisher
(who, one tells me, has been freshly "de-Stalinized" so as to better figure, of course, in "the
discovery of the negative") with a sophisticated ignoramus who is avid to be commissioned as a
specialist in translation (and who has come to offer to a party -- Stalinist, naturally -- his poor head,
which no longer knows where to knock itself to seek profit). It is you who have declared that, by
doing this, you want to accomplish "a Dadaist action." What awaits you, without leaving anything
to chance, is "the simplest surrealist act." [4]
Cosa fatta, capo ha. [5] Put yourself in order.
Paolo Salvadori

[1] A reference to the second part of “Touched by enemy hands, the gold of the International turns
to coal”, Internazionale situazionista #1, July 1969.
[2] English in original.
[3] Letter to Gerard Lebovici dated 19 December 1978.
[4] Getting shot to death.
[5] "A thing done has an end": a remark attributed to Mosca de' Lamberti (1215), meaning that a
vendetta should be carried through to the end.

(Published in Editions Champ Libre, Correspondance, Vol. II, November 1981. Translated from
the French by NOT BORED! June 2007)

***
In questa comunicazione scritta si fa riferimento, come indicato dalla nota di Not Bored!, ad un
articolo del primo ed unico numero dell'Internazionale Situazionista (sez. italiana). Riguardo a
questo articolo della rivista - in cui si commentano i primi tentativi di indebita e spesso maldestra
appropriazione delle tesi dell'I.S. da parte di vari individui, segnalati con nome e cognome, vengono
nominati due studenti dell'Università di Sociologia di Trento citati pure nel testo riportato in
precedenza - mi trovo costretto a fare nuovamente ricorso ad un articolo tradotto, per aver smarrito
l'originale:

Touché par des mains ennemies l’or pur de l’Internationale se transforme en charbon

Nous croyons devoir signaler que des individus et des «organisations» qui n’ont jamais eu aucun
rapport avec l’I.S., ni avec aucune forme de pensée critique, se présentent, à des fins diverses,
comme «porteurs» de la théorie radicale. Immanquablement, la nature idéologique et récupératrice
de chacun de leurs gestes leur ôte un tel droit et les démasque. Il est aussi facile pour eux de
chercher à nous abuser qu’il est difficile pour nous de nous abuser sur eux. L’Internationale
situationniste doit à elle-même et au projet historique dont elle est l’expression une rigueur totale
pour tout ce qui concerne son autodéfense contre toute tentative, d’où qu’elle vienne, de
récupération et de dégradation au niveau de la pensée spécialisée. Il est normal que nos ennemis
cherchent à nous utiliser partiellement ; en 1964, les situationnistes écrivaient : «Tout comme le
prolétariat, nous ne pouvons pas prétendre à être inexploitables dans des conditions données. Ceci
doit seulement se faire aux risques et périls des exploiteurs.» Les révolutionnaires ne plaisantent pas
sur les questions de calomnie et de mystification, contrairement aux bureaucrates et aux politiques
qui règnent grâce à la manipulation des mensonges.

En janvier, quelques individus ont écrit à la section française une lettre de dénonciation
particulièrement grossière contre Claudio Pavan, Paolo Salvadori et Gianfranco Sanguinetti, qui les
connaissaient bien. Par cette lettre, ils entendaient ébranler, pour prendre leur place, la position de
trois membres de l’I.S., en s’imaginant pouvoir compromettre par des mensonges la confiance
objective des rapports communs. Mais ils ont commis l’impardonnable légèreté de croire qu’ils ne
seraient pas jugés par l’I.S. comme ils l’avaient déjà été par trois de ses membres : leur lettre ne
faisait que révéler tous les aspects de leur misère et ne pouvait par conséquent donner lieu à plus de
cinq minutes de commentaire entre les autres membres de l’I.S. On a donné, à eux et à leurs
intrigues, une réponse précise et définitive.

Ces mêmes personnes, réunies dans la maison d’édition Ed.912 et dans l’organisation fantôme qui
en est le support «politique» (Servizio Internazionale di Collegamento-I.L.S. [International Link
Service]), ont entrevu la possibilité d’un succès commercial-révolutionnaire dans la diffusion des
thèses de l’Internationale situationniste. Jusqu’à présent, ils ont publié deux livres : un recueil
d’extraits de l’I.S. (L’estremismo coerente dei situazionisti [Milan, novembre 1968]) et une «édition
critique» du texte de Paul Cardan, Capitalisme moderne et révolution. En ce qui concerne le
premier, la pauvre fureur extrémiste de l’introduction et de l’appendice ne peut tromper personne ;
il ne s’agit que de proclamations vides, dont l’inconsistance théorique est rendue encore plus
évidente par les textes auxquels on a eu la maladresse de les accoler. Le deuxième livre, en dehors
de l’article «Socialisme ou Planète» (paru dans le numéro 10 de l’I.S.) reproduit en annexe, ne
contient rien qu’on puisse définir comme critique : dans leurs ridicules prétentions et dans leur
banalité réelle, la «critique» de la pensée de Cardan (on y reconnaît facilement la même veine que
celle des trivialités du premier livre) et son objet sont parfaitement homogènes. Quant aux tracts
signés par des groupes «radicaux» qui existent encore moins que l’I.L.S., il ne vaut pas la peine de
s’en occuper en détail : toutes les manifestations de ces loqueteux sont contenues dans cette unique
mystification que constitue leur existence. La seule «aptitude» de ces individus sans aptitudes est de
rabaisser à leur niveau tout ce qui l’excède.

Évidemment, le spectre situationniste hante la cervelle de ces individus: mais dans leurs batailles
illusoires avec le réel, ils ne font que s’affronter sans cesse aux limites de leur conscience
schizophrénique. L’ambition malheureuse qui les pousse à sortir de leur rôle et l’obstination fébrile
avec laquelle ils miment la critique révolutionnaire les couvrent de ridicule : mais ils ont une tâche à
accomplir et ils ne prennent pas conscience que s’ils essaient de ressembler aux situationnistes,
c’est seulement pour pouvoir en falsifier et en fragmenter l’opposition irréductible. Couverts par le
fait que tous les textes de l’I.S. peuvent être librement reproduits, traduits ou adaptés, ils ont lancé
leur commerce : ceux qui sont incapables de s’approprier la valeur d’usage de la théorie
révolutionnaire ne pourront que la transformer en valeur d’échange. C’est seulement dans une
perspective étroitement concurrentielle qu’on peut comprendre pourquoi ces malheureux continuent
à nous poursuivre de leur présence importune. Nous n’avons aucune indulgence envers ceux qui
cherchent à faire de nos thèses des marchandises pour en revendre au détail un pauvre succédané :
la même théorie qu’ils tentent sottement d’utiliser pour leurs propres fins ne peut que se retourner
contre eux et les dénoncer pour ce qu’ils sont, rien d’autre que des ennemis. Comme le niveau
misérable de ce qu’ils peuvent faire ou dire est déjà un jugement définitif de chacune de leurs
initiatives, il est possible que ces individus, sentant manquer sous leurs pieds un terrain qui, du
reste, n’a jamais été le leur, adoptent un nouveau déguisement, ou au contraire décident de se
montrer à découvert, en abandonnant leurs sigles et en utilisant leurs noms. C’est seulement à cet
égard qu’il n’est pas inutile de les communiquer : il s’agit de Sergio Albergoni, Gianni Sassi, Carlo
Gaja, Marco Maria Sigiani, Paolo Borro et Antonio Pilati. À ceux-ci s’ajoute un nombre fluctuant
d’étudiants et d’imbéciles d’un autre genre, recrutés et regroupés sur des bases sous-léninistes
autour du noyau central. L’Internationale situationniste refusera tout rapport avec quiconque se
compromettra avec eux. Au moment où leur importunité dépasserait la dimension actuelle du bruit
de fond, nous nous trouverions dans l’obligation de recourir à une intervention directe que
personne, dans leur entourage, ne pourrait ignorer.

Au mois de janvier, un tract fut diffusé à Trente sous le titre L’ennui est toujours contre-
révolutionnaire, signé, entre autres, «Internationale situationniste». Le texte de ce tract est constitué
d’un collage de phrases extraites arbitrairement du livre de Raoul Vaneigem, Traité de savoir-vivre
à l’usage des jeunes générations. L’initiative en revient à deux étudiants en sociologie, Pasquale
Alferj et Giuseppe Galante : consommateurs passifs de la critique situationniste, ils n’en
connaissent que la réception unilatérale et l’utilisation spectaculaire. Le projet d’éblouir leurs
camarades d’école par une audace politico-esthétique et de se gagner, devant leurs yeux respectueux
de toute nouveauté, on ne sait quel prestige garanti par l’étiquette «I.S.» doit avoir semblé bien
alléchant. Le résultat n’exprime que leur impuissance et leurs ambitions dérisoires.

Les spécialistes de l’avant-gardisme qui reproduisent, dans leur pratique «subversive», les
conditions aliénées de la communication du monde dominant, les récupérateurs qui, en faisant
passer dans le beau monde un peu de «situationnisme» diffus, ne font que dégrader la pensée
critique ; ceux qui choisissent le plaisir douteux de parler en notre nom recourent à la falsification,
et montrent par là qu’ils ne peuvent même pas parler en leur nom propre : leur intérêt ambigu et
contemplatif ne nous amuse ni ne nous honore.

Traduit de l’italien (“Toccato da mani nemiche l'oro puro dell'Internazionale si tramuta in carbone”)
par Joël Gayraud & Luc Mercier (Écrits complets de la section italienne de l’I.S., 1969-1972,
Contre-Moule, juin 1988).
***
Se quanto riportato sopra non fosse ancora abbastanza chiaro, in una lettera di Guy Debord
indirizzata alla sezione italiana dell'I.S. si trova un passaggio che esorta i situs nostrani ad agire:
« Il faudra combattre vite les Alferj-Galante, et tous les groupes pseudo-situationnistes italiens. Pour
cela vous aurez certainement de grands moyens dès que sortira la revue italienne.»

Lettre de Guy Debord


à la section italienne de l’I.S. à Milan, 7 février 1969.

***

Simonetti appare dunque come un miles gloriosus per quanto riguarda la patente esibita di
“situazionista” (vantandosi, certo solo implicitamente, oltre che della sua inesistente appartenenza
all'I.S., non essendoci stati altri situazionisti a parte i membri dell'Internazionale Situazionista, di
esserne stato uno tra i pochi; autocelebrandosi come membro medagliato di una élite
“rivoluzionaria”, e contraddicendo, ipso facto, le basi stesse della critica, questa sì rivoluzionaria,
delle élites e delle cosiddette “avanguardie” - ma qui il discorso si complica perché condurrebbe
alla critica e all'autocritica della stessa I.S. che non ha saputo superare quel limite intrinseco – e
originario).
In una delle versioni della nota editoriale per DeriveApprodi, nel suo descriversi come esponente di
rilievo del pensiero “situazionista”, Simonetti non rinuncia, nel maquillage, alla medesima
vanagloria mostrata altrove, suggerendo sottilmente (e maliziosamente) che altri “situazionisti”
fossero meno dotati di lui, e inoltre insinuando che di questa organizzazione fosse primariamente e
segnatamente rimarchevole il pensiero, come se si fosse trattato di un fumoso club di liberi
pensatori o di un'accademia dilettante. Anche se il definirsi “esponente del pensiero situazionista”,
sottrae Simonetti all'accusa frontale di “millantato credito”.
Insomma, se fosse stato realmente situazionista non avrebbe esibito la sua eccellenza nel pensiero,
non si sarebbe qualificato come esponente (il termine, in sé stesso, sarebbe stato, probabilmente,
considerato offensivo e degradante dai situazionisti, tratto com'è dal logoro gergo burocratico-
giornalistico), tanto meno di rilievo (!), e neppure come uno tra i pochi, dato che i situazionisti –
quelli dell'I.S. - si vantavano, al contrario, di diffondere delle idee che si trovavano già nelle teste di
tutti) ed infine avrebbe evitato di pavoneggiarsi come uno tra i pochi esponenti del Situazionismo,
perché se ci fu un'insidia particolarmente osteggiata dai situazionisti, quella si trova proprio nella
riduzione, nella banalizzazione e nel travisamento della loro azione in ideologia, precisamente
nell'ideologia del Situazionismo (colossale e colpevole fraintendimento che la scelta della
maiuscola raddoppia).
Se Simonetti avesse fatto parte dell'Internazionale Situazionista non si sarebbe fregiato dell'etichetta
di artista, quando proprio gli artisti furono i primi a subire le espulsioni dall'I.S., non si sarebbe
inserito, a nessun titolo, nel movimento Fluxus (una tarda sigla che raccoglie svariati artisti di
diversa e molto eterogenea provenienza e attitudine, una sigla sorta sul capezzale delle esperienze
avanguardistiche del Novecento e proseguita post mortem) e non si sarebbe fatto vanto
dell'esperienza artistico/politica di detto movimento.
Volendo considerare la questione da un diverso punto di vista, si potrebbe obiettare che
l'Internazionale Situazionista fu criticabile (e fu effettivamente criticata da molti, anche se non è
questo il caso di soffermarvisi) sulla teoria dell'organizzazione, sulla costante pratica delle
espulsioni che alla fine la svuotò praticamente di tutti i suoi membri, sull'atteggiamento nei
confronti dei cosiddetti pro-situs...
Si potrebbe inoltre considerare che il sostantivo astratto: situazionismo e l'aggettivo qualificativo:
situazionista hanno subito l'usura del tempo, l'inflazione dello sproloquio politico, l'insulto della
chiacchiera mediatica, la banalizzazione della routine linguistica, assottigliandosi fino all'assoluta
insignificanza. Del concetto originario, di quella costruzione di situazioni a cui pensava il giovane
Debord, chi se ne occupa più? Dunque, dov'è il problema se Simonetti se ne appropria bellamente?
Si potrebbe aggiungere che Simonetti (che l'abbia fatto bene o male, a parte), nel corso degli ultimi
quaranta anni e più, ha continuato a difendere le ragioni della rivoluzione sociale, seppure tra i
diversivi delle sue molteplici, disparate e multiformi attitudini.
Infine, poiché non ci si deve mai prendere troppo sul serio, a me pare che la qualifica di economista
sarebbe quella che, forse, meglio si attaglia alla personalità dell'uomo, se egli non avesse esibito
quelle, infine risolutive, di prasseologo e di esperto motivazionale.
5 maggio 2010

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