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OTTO E MEZZO
Regia: Federico Fellini
Soggetto: Federico Fellini, Ennio Flaiano
Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi
Fotografia: Gianni Di Venanzo
Scenografia: Piero Gherardi
Costumi: Piero Gherardi
Musica: Nino Rota
Montaggio: Leo Catozzo
Produttore: Federico Fellini, Angelo Rizzoli
Produzione: Cineriz (Roma) e Francinex (Paris), Italia, 1963
Durata: 213’
Visto censura n. 39461 del 06/02/1963
Personaggi ed interpreti:
Guido Anselmi (Marcello Mastroianni);
Luisa: (Anouk Aimée);
Carla (Sandra Milo); Claudia (Claudia Cardinale);
Rossella (Rossella Falk);
La donna delle terme: (Caterina Boratto);
Mezzabotta (Raffaele Pisu);
Gloria Morin (Barbara Steele);
l’intellettuale: (Jean Rougeoul);
la madre di Guido (Giuditta Rissone);
il padre (Annibale Ninchi);
Conocchia, direttore di produzione (Mario Conocchia);
Pace, il produttore (Guido Alberti).
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Indice
Premessa......................................................................................................................................5
L’incipit....................................................................................................................................... 9
Le donne e Guido...................................................................................................................... 11
L’afasia intellettuale.................................................................................................................. 13
La disillusione?......................................................................................................................... 16
La discesa agli inferi................................................................................................................. 20
La moglie di Guido................................................................................................................... 24
Il sogno dell’harem e il dramma dell’uomo solo...................................................................... 27
Claudia e la speranza.................................................................................................................32
La conferenza stampa e l’epifania............................................................................................ 35
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Premessa
L’incipit
Vede, ad una prima lettura salta agli occhi che la mancanza di un’idea
problematica, o se si vuole, di una premessa filosofica, rende il film una
suite di episodi assolutamente gratuiti, o può anche darsi divertenti, nella
misura del loro realismo ambiguo. Ci si domanda: cosa vogliono
realmente gli autori. Ci vogliono far pensare? Vogliono farci paura? Il
gioco rivela sin dall’inizio una povertà di ispirazione poetica… Mi
perdoni ma questa può essere la dimostrazione più patetica che il cinema
è irrimediabilmente in ritardo di cinquant’anni su tutte le altre arti. Il
soggetto poi non ha neanche il valore di un film d’avanguardia, benché
qua e là ne abbia tutte le deficienze.
L’afasia intellettuale
Dopo questo sogno, l’arrivo del produttore (Guido Alberti) con la sua
corte di miracoli (comprensivi di languidi giornalisti stranieri e di una
sciocca amante ventenne) non muta la sostanza del film: nonostante le
pressioni, Guido non fa progressi, nemmeno di fronte all’agente di
Claudia (l’avvocato che nel sogno iniziale lo fa precipitare a terra) il quale
lo mette in guardia, dicendogli che l’attrice, tanto famosa e desiderata da
Guido, non può più attendere perché ha delle altre proposte
cinematografiche: per questo gli chiede, se non un copione, quantomeno
di sapere quale sia il soggetto del film. Guido tenta di rassicurare l’agente,
ma lo fa con scarsa convinzione e, quasi subito, si distrae nuovamente,
attratto dall’apparizione di una donna maestosa e bella, “la donna delle
terme” (Caterina Boratto).
In seguito la sera, nella tavolata allestita dal produttore, ai discorsi dotti
dei giornalisti e dell’intellettuale, Guido preferisce la passeggiata con
Mezzabotta (Raffaele Pisu), il suo vecchio e un po’ rozzo amico, un ricco
signore attempato che ha appena lasciato la moglie per una ragazza che
ha trent’anni in meno di lui, Gloria (Barbara Steele). E intanto, qualche
tavolo più in là siede, triste e sola, Carla, la sua amante, che Guido saluta
di sfuggita, da lontano, per il timore di tradirsi. Altro protagonista della
scena è Maurice, l’illusionista amico di Guido, che propone un numero
nel quale, con la sua assistente, legge i pensieri dei presenti.
Anche in questo caso, il regista sperimenta una forte dissonanza con la
realtà: alieno rispetto al produttore, all’intellettuale, ai giornalisti e ad
un’attrice francese (da lui stesso scelta) che gli chiede informazioni sul
film, Guido si allontana e cerca rifugio nell’amico Mezzabotta, suo alter
ego rozzo però concreto. E tuttavia, anche rispetto a costui, Guido è
estraneo; l’amico ha comunque scelto: ha lasciato la moglie e si è messo a
vivere con la ragazza giovane, mentre Guido non sceglie, non sembra in
grado di farlo, come se amasse cullarsi in quel clima malinconico,
decadente, in quello spleen all’apparenza senza alcuna attrattiva, per lui,
eppure irrinunciabile.
Di nuovo, di fronte a questa sua assidua inautenticità, quasi ostentata
in alcuni momenti, munito di un sarcasmo che vuole mettere in ridicolo
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La disillusione?
dice Origene nelle sue omelie: Extra ecclesiam nulla salus - fuori della
chiesa non c’è salvezza - Extra ecclesiam nemo salvatur — fuori dalla chiesa
nessuno si salverà - Salus extra ecclesiam non est - non c’è salvezza fuori
dalla chiesa - Civitas dei…. Chi non è nella civitas dei appartiene alla civitas
diaboli.
rimane a terra, nonostante sia lui il regista che dovrebbe spiegare agli altri
il motivo di quella costruzione gigantesca: è qui evidente il distacco dal
film; Luisa intanto non sorride più: è rabbuiata perché (lo si scoprirà il
giorno dopo), ha visto di sfuggita Carla, l’amante di Guido (che Guido le
aveva assicurato di aver lasciato tre anni prima). Il regista, che non
conosce questo retroscena, non comprende il motivo di tanta irritabilità.
Intanto la sorella di Luisa, mentre sale le scale parlando col produttore,
confessa il suo astio, il suo fastidio per Guido. D’altra parte, anche gli
altri sono perplessi di fronte a quella riproduzione, ad altezza naturale, di
una rampa di lancio per astronave: davvero la salvezza si raggiunge
fuggendo dal male e volando verso altri pianeti? Non, non è possibile:
come nel sogno che apre il film alla fine si è sempre precipitati a terra ed
per l’appunto Guido rimane a terra, non sale le rampe.
L’amica della moglie, Rossella, è la voce critica e la confidente di
Guido; mentre tutti salgono sull’astronave, lei e Guido si fermano a
parlare: è un primo momento di rivelazione dell’angoscia di Guido.
Rossella, mentre ascolta le mirabolanti cifre delle comparse che
appariranno nel film (diecimila, ventimila in fuga dalla terra dopo un
Olocausto nucleare), guarda stupita Guido e gli domanda: «Ma va’,
davvero vedremo tutta questa roba nel tuo film? Mamma mia, il profeta
fa la voce grossa, si è messo in testa di far paura a tutti quanti!».
«Perché?», risponde Guido in apparenza con animosità, «anche a te
t’entusiasmano le storie in cui non succede niente? Nel mio film succede
di tutto, pensa un po’… ». Dopo questo scambio di battute, il tono muta:
Guido torna alle sue angosce, alle sue autentiche preoccupazioni che
evidentemente non riguardano affatto il film che deve girare. Egli infatti
chiede a Rossella: «Cosa pensa Luisa di me? Cosa vuol fare?». La donna
risponde: «Sai, Luisa non parla mica molto, neanche con me che sono la
sua migliore amica. Veramente, non so quello che vuol fare. È smarrita,
un giorno dice una cosa, un giorno ne dice un’altra. Purtroppo, credo
che l’unica cosa che vorrebbe è che tu fossi diverso da quello che sei».
Guido (sospirando): «Ma perché… ».
Rossella: «Eh! Perché. Questo è lo sbaglio che facciamo tutti!».
Guido: «Ma quel tipino gentile le fa la corte, è innamorato?».
Rossella: «Ti farebbe comodo, eh? così metti a posto la coscienza! Che
mascalzone! Povero Enrico, è così maldestro e delicato che se ne è fatto
accorgere da tutti quanti. Le sta vicino, l’ascolta, le fa compagnia, è un
buonissimo amico».
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La moglie di Guido
Guido (voltandosi verso di lei con ira): «Ma cos’è che ti faccio vedere
eh? Avanti dimmelo che cosa vedi, con questo tuo giudizio moralistico,
dov’è che vuoi arrivare?».
Luisa (guardandolo con rabbia): «Io non voglio arrivare a niente sai, lo
so che siamo fermi da anni allo stesso punto. Sei tu che vuoi sempre
ricominciare, ogni volta mi richiami e credi sempre di riprendere
daccapo!».
Guido (gridando sollevandosi un po’ dal cuscino, alzando la voce):
«Oh dico, sia chiaro, io non voglio ricominciare proprio niente!».
Luisa (con gli occhi lampeggianti di rabbia, ma sempre freddi): «Ma tu,
perché mi hai fatto venire qui, a che ti servo, che cosa cerchi da me, che
cosa vuoi!».
La distanza tra i due appare insanabile, senza sbocchi e il dialogo
tessuto a scatti, nervosamente, è un chiaro segnale: Guido non riesce a
penetrare (sia simbolicamente che fisicamente) la moglie, perché la
donna non è leggera e fatua come Carla ed ella non gli si piega
facilmente.
Il giorno dopo, seduti al caffè all’aperto un un’assolata mattina, Guido,
Luisa e Rossella vedevo arrivare in carrozza Carla, vestita di nuovo nel
suo abito appariscente e pacchiano, accompagnata dalla musica
incalzante dell’orchestra. Guido cerca di non farsi notare, coprendosi il
volto con il giornale, ma Luisa lo gela:
«Calmati, va’, l’avevo già vista ieri sera appena sono arrivata», e,
appena Guido accenna a dire qualcosa, ella aggiunge prontamente: «non
ti ho chiesto niente e non voglio sapere niente, risparmiami almeno la
vergogna di sentirti sempre giurare il falso!». Il clima teso tra i due
raggiunge un livello elevato ma, come si vedrà, non arriva ancora al suo
climax. Guido sembra non rendersi conto dell’ira della moglie, anzi,
sostiene di non sapere nulla di Carla (ricorda a Luisa di averla lasciata tre
anni prima), di vederla per la prima volta in quel momento e di essere
scandalizzato dal fatto che si pensi che egli possa andare in giro con
“una” conciata in quel modo. Tuttavia Rossella, che assiste sconcertata e
in parete divertita allo scontro tra i due, è molto penetratene allorché,
osservando Carla che ai aggira imbarazzata tra i tavoli vuoti (perché si è
accorta della presenza di Guido e di Luisa), osserva: «Ma sono proprio
quei tipi lì che hanno maggiore facilità a stare a fianco a uomini deboli,
abulici, senza chiarezza… », con evidente riferimento a Guido.
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mezzo ed è ciò che Guido vorrebbe poter fare per attuare una catarsi della
propria angoscia, per poter riconoscere in un altro se stesso (il
protagonista del suo film) la propria disperazione, la propria tetra
condizione esistenziale, e una volta riconosciutala, comprenderla meglio.
Infatti, finché l’angoscia vive dentro di lui, egli non sembra in grado di
afferrarla pienamente: l’agnizione invece avviene (o dovrebbe avvenire)
“drammatizzando” la propria angoscia, ossia facendola rappresentare dai
personaggi della storia che Guido vorrebbe narrare. In tal modo il regista
pensa di allontanare da sé tale angoscia e crede poter porre una distanza
tra il “se stesso” in crisi nella realtà e il “se stesso” in crisi nel film. Ma è
questo il punto in cui il disegno di Guido fallisce ed è questo il motivo
che spiega la sua crisi creativa. Lui credeva di poter risolvere la propria
crisi proiettandola sul grande schermo, dunque negandola nella realtà e
ammettendola solo nella finzione; invece, presto si accorge che tutto
questo non è possibile. La crisi che lui vive non è solo artistica, bensì
esistenziale e dunque non può essere risolta trasfigurandola nell’opera
d’arte.
I provini mostrano proprio questa situazione. Guido ha cominciato a
valutare gli attori perché voleva trovare le “facce” giuste per
rappresentare le persone della sua vita; poi ha capito che questa impresa
era impossibile. Ma i provini sono ormai stati girati e, nel momento in
cui il produttore vuole vederli, si palesa agli spettatori nella sala (in gran
parte gli amici di Guido e dunque gli involontari protagonisti del film)
l’intenzione iniziale di Guido e il suo fallimento.
Il primo personaggio del film, ossia “l’amante”, nei provini è infatti
vestita proprio come Carla e, pur nei diversi volti delle varie attrici
impiegate, come Carla è vanesia, superficiale, un po’ sciocca, però
conturbante nella propria vacuità. Il secondo personaggio del film (nei
provini passeranno anche la Saraghina, il cardinale e così via) è “la
moglie”. Questa è una donna di una bellezza fredda, lineare, quasi
ingessata nei propri occhi tristi: assomiglia a Luisa, anzi è Luisa. La donna
accusa Guido di lasciarla sola, di non riuscire ad esserle mai vicino
soggiungendo: «Sono io che ti offro di lasciarti completamente libero.
Tanto così non ti servo a nulla. Ti do solo fastidio. Ti prego di pensarci
seriamente…. ». In seguito, il personaggio aggiunge: «Perché non ce la
faccia più ad andare avanti così». Guido, il regista, durante il provino, le
chiede a questo punto: «E allora sentiamo, come dovrei essere?». La
donna risponde: «Uno che non giura il falso dieci volte al giorno, tutti i
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sconsolato, ripete due volte “Ma no, non lo faccio”), compiaciti, fai
credere a tutti di essere meraviglioso! Ma cosa vuoi insegnare agli altri se
non sai saputo dire niente di vero a chi ti sta fianco, a chi è invecchiato
con te!» (qualche lacrima di Luisa).
Guido (perentorio): «Insomma Luisa, non fare la melodrammatica!».
Luisa (calmandosi, sorridendo, quasi come se avesse finalmente preso
una decisione): «Hai fatto bene a farmi venire, sai, c’era bisogno di una
conclusione e ti assicuro che non tornerò indietro. Ma vai all’inferno!».
Luisa ha pronunciato le parole che preludono a un abbandono, anche se
non lo dice chiaramente. Guido rimane inerte, senza dire nulla, come se
tutto quello che succede sovrasta le sue forze e non può essere per nulla
influenzato dal suo intervento.
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Claudia e la speranza
Nel momento più difficile per Guido, quando la rottura con la moglie
e la lontananza dagli altri giunge al massimo grado, appare finalmente
Claudia. La donna veste di bianco, è bellissima, delicata, proprio come
Guido la immaginava nei sogni: è un primo segno, forse, di una
possibilità di salvezza per il regista, di una possibilità di riappropriarsi di
se stesso. Claudia darà a Guido l’occasione per una confessione definitiva
sulla propria disperazione, sulla propria angoscia, sulla propria
inquietudine: il discorso cominciato con Rossella non può che giungere
all’epifania con una creatura dolcissima, pura, quasi eterea come Claudia.
Il sorriso limpido di Claudia, la sua bellezza fanno da contraltare alla
confusione del film, al guazzabuglio di sentimenti, parole vuote, rabbie,
cattiverie che hanno popolato le scene precedenti e che rendono
insopportabile l’esistenza di guido. Per questo Claudia interpreta il ruolo
della ragazza che dà l’acqua ai malati, è lei la salvezza, la speranza di fare
ordine e pulizia, come diceva in uno dei sogni di Guido. Ecco un brano
del suo incontro con Guido (i due a un certo punti abbandonano la sala
dove si proiettano i provini a vanno via in automobile):
Guido: «Mi metti soggezione, mi fai battere il cuore come un
collegiale. Non ci credi eh? Che rispetto vero, profondo comunichi.
Claudia… di chi sei innamorata? Con chi stai, a chi vuoi bene?»
Claudia: «A te!».
Guido (sorridendo con scetticismo): «Sei arrivata proprio in tempo
sai? Ma perché sorridi così? Non si capisce mai se giudichi, se assolvi, se
mi stai prendendo in giro… ».
Claudia (con ingenuo candore): «Mi hai detto che vuoi parlarmi del
film, io non so niente!».
Guido le descrive poi il personaggio della “ragazza della fonte”, come
se volesse davvero cominciare a girare il film (Claudia infatti, appena lo
aveva incontrato, gli aveva chiesto quando sarebbero cominciate le
riprese): «È una di quelle ragazze che danno l’acqua per guarire. È
bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, solare. Non
c’è dubbio che sia lei la sua salvezza. Sarai vestita di bianco e avrai i
capelli lunghi, così, come li porti tu».
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Lei ha fatto benissimo. Mi creda oggi è una buona giornata per lei.
Sono delle decisioni che costano, lo so, ma noi intellettuali, dico “noi”
perché la considero tale, abbiamo il dovere di rimanere lucidi fino alla
fine. Ci sono già troppe cose superflue al mondo, non è il caso di
aggiungere altro disordine al disordine. Un film non riuscito per il suo
produttore è solo un fatto economico, ma per lei, al punto in cui era
giunto, poteva essere la fine. No, mi creda, non abbia né nostalgia né
rimorsi. Distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche
cose necessarie. E poi… c’è qualcosa di così chiaro e giusto al mondo
che abbia il diritto di vivere? (…) Meglio lasciar andare giù tutto e far
spargere sale, come facevano gli antichi per purificare i campi di
battaglia.
In fondo avremmo solo bisogno di un po’ di igiene, di pulizia, di
disinfettante. Siamo soffocati dalle parole, dalle immagini, dai suoni che
non hanno ragione di vita, che vengono dal vuoto e vanno verso il
vuoto. A un artista veramente degno di questo nome non bisognerebbe
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