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Zusammenfassung Ingold Against Human Nature

All’interno di questo breve saggio Tim Ingold si propone di affrontare la questione


essenzialistica della natura umana all’interno del pensiero evoluzionistico contemporaneo.
Secondo Ingold sarebbe ancora presente in seno al pensiero biologico contemporaneo una
modalità di intendere l’uomo che fa capo al concetto di natura umana, di qualcosa di fisso ed
immutabile che caratterizzerebbe l’uomo e sulla cui base questi si differenzierebbe solo in un
senso storico-culturale. Nel portare avanti questa argomentazione Ingold fa riferimento agli
studi biologici di Linneo e dei suoi allievi nel Settecento e per quanto riguarda l’Ottocento si
sofferma ovviamente sulla figura di Charles Darwin e su due scritti in particolare: Sull’Origine
della Specie e La discendenza dell’uomo. Se l’Origine della Specie aveva segnato
l’introduzione dell’ottica graduale evoluzionistica all’interno degli studi biologici, La
discendenza dell’uomo considera invece la prospettiva evoluzionistica umana. Ma è proprio
quest’ultimo saggio di Darwin che viene preso in considerazione e che essenzialmente non
diverge molto da una visione dicotomica che aveva caratterizzato ad esempio la cultura
illuministica (Immanuel Kant è uno degli esponenti più famosi che corrisponde a questa
visione razionale dell’uomo a discapito di quella sensibile e carnale). All’interno del saggio
sull’uomo, infatti, Darwin essenzialmente descrive il processo evolutivo dell’uomo dalla
scimmia, ma lo fa essenzialmente adoperando come metro di paragone l’intelligenza.
L’intelletto costituirebbe quello scarto progressivo che caratterizza tutti gli animali ma che
nell’uomo si riscontra al grado massimo, ed è in virtù di questa intelligenza che l’uomo si
distacca dalla sfera istintuale degli animali. È qui pertanto ancora presente una visione
dicotomica tra ragione e natura, tra intelligenza ed istinto, che, seppure tradotta in termini
evoluzionistici, non si distacca molto dalle visioni precedenti, come ad esempio da quello
essenzialistica cristiana. È riconoscibile in Darwin, inoltre, una forte componente razzista
nella misura in cui egli considera i cosiddetti “selvaggi” da un lato e gli “uomini occidentali”
dall’altro. Secondo Darwin, infatti, intercorrerebbe una differenza tale tra i selvaggi e gli
uomini occidentali paragonabile a quella tra uomini e scimmie. Tale assunto darwiniano si
sarebbe sposato successivamente con le politiche coloniali europee nell’Ottocento e
avrebbero posto le basi delle prime fasi dell’antropologia come scienza (si ricordino qui
Burnett Tylor, James Frazier, Henry Morgan). È da riferire al problema dei geni che la biologia
ha recuperato la questione dell’essenzialismo antropologico. Alcuni biologi, infatti, hanno
definito il gene come un elemento costitutivo dell’uomo che si fa portatore di informazioni e
che, costituendo l’organismo stesso, forgia gli organismi stessi rispetto a queste
informazioni. Come sottolinea Ingold, ci si trova qui davanti ad un’incomprensione della
teoria dell’informazione sviluppata negli anni ’40 da Wiener, Neumann e Shannon. Questa
traslazione errata, condannata dagli stessi teorici dell’informazione, ha riportato all’interno
del dibattito biologico il problema dell’essenzialismo antropologico dimenticando
completamente l’importanza costitutiva del rapporto tra organismo ed ambiente, che
essenzialmente costituisce il mondo storico dell’uomo. Ingold fa riferimento poi alle
modalità diverse che la cultura umana ha elaborato per camminare o ad esempio la pratica
del suonare il violoncello. Questi esempi vengono indicati da Ingold nelle loro differenze per
sottolineare sempre l’erroneità della divisione di fattori biologici e culturali che
caratterizzerebbero la natura umana. Il punto che Ingold intende sottolineare è negare la
visione essenzialista del neoevoluzionismo biologico darwiniano ancora legato allo scritto di
Darwin sulla natura umana, oggi recuperata dalla teoria dei geni. Il problema per Ingold non
risulta, infatti, limitato ad un carattere puramente teorico, ma ad una dimensione anche
pratica e politica. Seguendo le considerazioni tra saperi e poteri di Michel Foucault e
applicandoli alla disanima di Ingold sulla biologia contemporanea, si può tranquillamente
dedurre un tentativo di definizione dell’”uomo normale”, ovvero di un uomo
scientificamente fondato e politicamente utilizzabile. Dalla biologia, come effettivamente è
successo nel primo Novecento, si può passare tranquillamente alla sociologia e ad iniziative
politiche o problemi di diritto internazionali. La lezione di Ingold in questo saggio non si
allontana dalle considerazioni politiche e di diritto internazionale che Carl Schmitt recupera
da Proudhon in un saggio del 1922 “Der Begriff des Politischen”: Wer Menschheit sagt, will
betruegen”.

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