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Parte Prima

Elementi di Idrologia

L’idrologia è la scienza che si occupa delle trasformazioni e dei trasferimenti dell’acqua nei mezzi
naturali, delle acque naturali contenute nei bacini marini, sulla superficie terrestre, al di sopra e al di
sotto di questa, cioè nell’atmosfera e nel sottosuolo.

1.Bacino idrografico e reti di drenaggio


Il primo articolo delle “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” (legge
18 maggio 1989, n.183) definisce bacino idrografico: “il territorio dal quale le acque pluviali o di
fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d’ac-
qua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del
medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo
prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi d’acqua, esso si
intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore”.

1.1 Morfologia e Morfometria di un Bacino imbrifero


Il bacino orografico o topografico è delimitato da spartiacque, o linee di displuvio, che lo separano
dai bacini contermini; le pendici all’interno di questa area convergono verso il compluvio, altrimenti
detto alveo o collettore (Figura 1).

Elementi di Idrologia 1
Figura 1. Bacino topografico

Per tracciare lo spartiacque si considerano le curve di livello (o isoipse) di una carta topografica,
individuati i picchi (a,b,c,d,e,f,g) si uniscono con una linea, sempre perpendicolare alle curve di livello,
secondo il versore di minima pendenza, fino a chiudere lo spartiacque sulla sezione di chiusura A
(Figura 2).

Figura 2. Tracciamento del contorno di un bacino idrografico


Ridisegnata da Handbook of applied hydrology –Ven Te Chow - McGraw Hill

Tale modo di procedere risulta idoneo solo nel caso di bacini naturali e, per medie dimensioni, si
utilizza cartografia in scala 1:25.000 ed 1:100.000.

Il bacino idrografico, o imbrifero o di dominio è rappresentato, come detto, dalla superficie territo-
riale che raccoglie e convoglia in un unico corso d’acqua (nella sezione di chiusura del bacino) le
acque meteoriche (precipitazioni ed afflussi conseguenti a fusione delle nevi e dei ghiacci) defluenti
sulla superficie del suolo, mentre il bacino idrogeologico ricomprende la circolazione sotterranea
delle acque (Figura 3).

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Figura 3. Bacino imbrifero e bacino idrogeologico

Generalmente, con sufficiente approssimazione, il bacino idrografico viene identificato con il bacino
topografico, più facilmente determinabile e, per quanto accennato, è evidentemente influenzato dalla
sua morfologia. Le caratteristiche geomorfiche possono essere distinte in planimetriche e orografi-
che: le prime esprimono le dimensioni geometriche orizzontali (estensione e perimetro), la forma,
l’organizzazione e lo sviluppo del reticolo fluviale, mentre le seconde esprimono il rilievo (per es.
l’altezza media) e le pendenze (sia dei versanti che delle aste fluviali). Tutte queste caratteristiche
sono solitamente descritte tramite parametri di tipo globale relativi cioè all’intero bacino, ma possono
essere anche ottenute o sostituite da parametri di tipo distribuito relativi a varie celle di dimensione
variabile in cui si suddivide il bacino tramite una schematizzazione “a griglia” (raster), facendo rife-
rimento ad un modello digitale del terreno (DTM).

Figura 4. DTM del bacino del Fiume Sangro

1.1.1. Superficie di drenaggio: è misurata con l’area A della proiezione orizzontale del bacino delimi-
tato dallo spartiacque topografico. Il perimetro P è la lunghezza del contorno del bacino. La lunghezza
L del bacino si assume in genere uguale alla lunghezza dell’asta fluviale principale, misurata lungo l’ef-
fettivo percorso dell’acqua, a partire dalla sezione di chiusura del bacino e fino allo spartiacque (non
essendo sempre individuabile oggettivamente tale lunghezza, è utile introdurre la cosiddetta lun-
ghezza media cumulata, come somma delle lunghezze medie delle aste di ciascun ordine gerarchico).
La superficie, espressa in km2 o in ha (ettari), viene determinata generalmente da cartografia IGMI
in scala 1:25000 e 1:100.000 utilizzando:

 Planimetro : strumento meccanico che fornisce l’area di una figura rilevandone il contorno; una
costante strumentale, funzione della scala della cartografia, consente di risalire dall’area della figura
all’area del bacino (Figura 5);

Elementi di Idrologia 3
Figura 5. Planimetro polare

 vettorializzazione del contorno dell’immagine rappresentativa del bacino rilevata o con tavoletta
grafica o con scanner e, successivamente elaborato con programmi CAD.

1.1.2. la forma dei bacini idrografici : viene resa secondo vari indici o fattori; tra i più ricorrenti :
fattore di forma F : quanto più è uguale ad 1 tanto più il bacino avrà forma compatta ed assimilabile
ad una circonferenza. L, lunghezza dell’asta fluviale [km] A, area del bacino [km2 ].
L L
F  0,89 
4A A

Figura 6

Risultati analoghi, ma non uguali, sono deducibili dal coefficiente di compattezza di Gravelius :
P P
F  0,28 
2 A A

A
dalla formula di Horton F
L2
fattore di allungamento: è il rapporto tra il diametro del cerchio di uguale area A e la lunghezza L
2 A
dell’asta fluviale principale: E
L 
1.1.3. Rilievo: l’andamento altimetrico di un bacino può essere descritto dalla curva ipsografica co-
struita riportando su un diagramma X (Aree) ; Y (Quote)) la successione dei valori delle superfici
racchiuse da curve di livello poste a quote decrescenti, dalla massima quota (superficie nulla) alla
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quota minima , che è quella della sezione di chiusura del bacino, corrisponde l’intera superficie del
bacino.

Figura 7 . Costruzione della curva ipsografica

La costruzione della curva ipsografica non è fine a se stessa ma , in particolare, la configurazione


altimetrica consente di calcolare l’altitudine media del bacino. Questa rappresenta la media pesata
 hi  A i
delle quote medie hi con peso le superfici parziali Ai comprese tra due curve di livello H  .
A
Pertanto si calcolano le varie aree Ai , comprese tra le curve di livello, e a ciascuna di esse si associ
la media delle quote delle curve che la delimitano:

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Figura 8 . Altitudine meda ed altezza mediana

dalla ipsografica del bacino sono inoltre deducibili:

l’altezza mediana : 523,80 m .s.m. (altezza alla quale corrisponde nella curva la metà della superficie
del bacino);

altezza media del bacino : la differenza tra l’altitudine media e la quota della sezione di chiusura del
bacino 586,85-200,00 = 386,85 m;

l’estensione del bacino al di sopra di una determinata quota ;

la differenza tra la quota del punto più elevato dello spartiacque e quella della sezione di chiusura.

1.1.4. Pendenza media: descrive la pendenza media dei versanti di un bacino idrografico; si uti-
lizza, generalmente, il metodo di Alvard-Horton: con riferimento alla Figure 1, isolate, ad esempio,
le curve di livello l1 [1000 m s.m.] e l2 [800 m s.m.], con differenza di quota Δz =200 m, si definisce
una striscia di larghezza media di ed area Ai ed lunghezza della curva di livello centrale della striscia
Li (Figura 9).

Figura 9. Pendenza media tra due curve di livello

z  Li z
Alla striscia può attribuirsi una pendenza media: ii  
Ai di
Come pendenza media dell’intero bacino si assume la media pesata della pendenza delle diverse
strisce, calcolata assumendo come pesi i rapporti tra le aree delle strisce e l’area totale del bacino:
A1 A z z  L T
im  i1  i2 2  ...  (L1  L2  ...) 
A A A A

1.2. Caratteristiche del Suolo e Copertura Vegetale: dell'afflusso pluviometrico solo una parte è trasfor-
mato dall'operatore bacino in deflusso nella rete di drenaggio. La parte persa colma gli invasi delle
depressioni della superficie del suolo; realizza il velo idrico superficiale; si infiltra nel sottosuolo;

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torna all’atmosfera per evaporazione ed evapotraspirazione.
Questi fattori vengono raggruppati in un unico coefficiente , detto di afflusso in rete, definito quale
rapporto tra il volume netto o efficace Vn della pioggia, raccolta nella sezione terminale del bacino,
Vn
ed il volume totale Vtot della precipitazione caduta su tutta la superficie scolante A:  .
Vtot

Figura 10. Variabilità del coefficiente di deflusso in funzione del grado di antropizzazione

Dalla precedente Figura si evince come il valore  varia al variare del grado di urbanizzazione o,
comunque, da variabili possibili utilizzi del suolo e, quindi, è evidente l'impossibilità di esprimere il
coefficiente di afflusso con un'espressione analitica, dipendendo sostanzialmente dalle caratteristiche
fisiche del bacino (maggiore o minore permeabilità del terreno) e dalla copertura vegetale del suolo.
Pertanto la determinazione di  deve essere effettuata direttamente tra un bilancio idrologico tra
precipitazioni e deflussi o riferendosi ad esperienze altrui, estese a territori simili per clima, vegeta-
zione, struttura dei terreni, ecc. e tradotti in valori riportati in numerose tabelle ricorrenti in lettera-
tura.
Tabella I.
Valore dei coefficiente di deflusso da "Handbook of Applied Hydrology” Ven Te Chow

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La precedente Tabella fornisce valori di  riferiti alla sola natura del suolo e delle sovrastanti coltiva-
zioni di porzioni di territorio che ricadono all’interno del bacino in considerazione. E’ possibile definire
un unico coefficiente ’ per l’intero bacino, quale media ponderale di tutti i coefficienti assegnati,
pesando ciascun valore in base alla superficie alla quale è riferito:
 i Ai
' 
At
Superfici e tipologie sono desumibili dalla Carta dell’Uso del Suolo in formato informatizzato.

Figura 11. Carta dell’uso del suolo della Regione Abruzzo

Nella Parte Seconda verrà affrontato più dettagliatamente il problema di una migliore definizione del
coefficiente di deflusso prendendo in considerazione non solo la natura e tipologia dell’uso del suolo
ma anche della pendenza dei versanti e la litologia del terreno che, con la maggiore o minore per-
meabilità, influenza non poco il ruscellamento superficiale.

1.3 . Reticolo idrografico

Il modellamento del territorio dipende da diversi fattori fisici: il principale, oltre al vento, è indubbia-
mente l’acqua, che modella il pianeta nel modo più efficace e con un lavoro incessante. L’acqua,
scorrendo, dissipa una parte della propria energia per attrito; questa energia perduta si trasmette
all’alveo sotto forma di una forza che, in condizioni particolari, ne determina lo spostamento: la
capacità dell’acqua di trasportare i materiali è direttamente proporzionale a tale energia.
L’erosione è la conseguenza di un processo naturale ed ineluttabile di evoluzione della morfologia
del territorio causata da azioni distruttive provocate da :

acqua  erosione idrica vento  deflazione ghiacciai  esarazione.


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Figura 12. Modellazione territoriale

Le quantità di terreno eroso e trasportato al mare, per tutte le terre emerse, sono state valutate in
circa 570 t/km2 ; per il bacino padano la media è di circa 790 t/km2 (pari a circa 0,5 mm/anno).
Per il bacino dell’Arno è stata valutata un’erosione media di 3 mm/anno.
La conseguenza dell’erosione è l’eccessivo trasporto solido nei corsi d’acqua, che provoca un innal-
zamento del letto con tendenza all’esondazione.
L’alveo è in equilibrio o si modifica a seconda della capacità di trasporto del materiale solido, funzione
della velocità dell’acqua, della pendenza dell’alveo, dalla dimensione e dalla forma del letto del fiume.
L’equilibrio dell’alveo sarà quindi il risultato di un compromesso fra l’azione di erosione e quella di
sedimentazione. Quando una corrente trasporta una quantità di solidi pari alle sue potenzialità, si
dice che è in condizioni di saturazione. Se la portata solida è inferiore a quella di saturazione, la
corrente avrà la tendenza a erodere altro materiale dall’alveo; se invece la portata solida è superiore,
avrà la tendenza a depositare il materiale in eccesso. Lo schema di evoluzione di una rete idrografica
può essere rappresentata in tre fasi diverse:

I fase: alveo di sola erosione : alvei di montagna a forte pendenza: situati in formazioni rocciose e
caratterizzati da un’azione erosiva o di scavo;

Figura 13

II e III fase : approfondimento e trasformazione del profilo longitudinale con la comparsa di depositi
alluvionali e di un punto neutro n che tende a spostarsi, nel tempo, verso monte.

Figura 14.

Elementi di Idrologia 9
Il Volume efficace della pioggia ruscella sul terreno seguendo linee di maggiore pendenza. Il territorio
resta inciso da una rete ramificata di impluvi che crescono di dimensione fino a conferire nel corso
d'acqua principale. Ogni linea di impluvio confluisce in un’altra e questa in un’altra ancora e così via
secondo un ordinamento gerarchico di canalizzazioni che costituisce appunto il reticolo idrografico
(Figura 15).

Figura 15. Regione Abruzzo: Reticolo Idrografica principale


La classificazione dei reticoli si basa sulla definizione di alcune entità geometriche, quali le aste e i
nodi. Si indica come nodo o la sorgente del corso d’acqua (nodo di sorgente) o una confluenza (nodo
di biforcazione) e come asta il tratto di corso d’acqua compreso tra due nodi.
I vari rami fluviali componenti un reticolo idrografico possono essere suddivisi secondo un ordine
gerarchico convenzionale.
I metodi di gerarchizzazione o di ordinamento di un reticolo idrografico possono essere di due tipi:
“da monte” e “da valle”.

Del primo tipo è la classificazione di Horton - Strahler (Figura 16 a):

i canali di primo ordine hanno origine dalle sorgenti;


l'unione di due rami di ordine n ne deriva uno di ordine n+1;
l'unione di due rami di ordine diverso mantiene l’ordine maggiore dei confluenti ;
la successione di due o più rami, caratterizzati dallo stesso ordine n, realizza canali del medesimo
ordine;
il canale caratterizzato dall'ordine più elevato N determina l'ordine della rete

Figura 16. Sistemi di ordinamento: a - Horton-Strahler b - Shreve

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L’ordinamento secondo Shreve definisce (Figura 16 b):

ogni sorgente è caratterizzata da magnitudine μ pari ad uno;


l'unione di due rami caratterizzati rispettivamente da magnitudine μ 1 e μ2, il ramo successivo a valle
avrà una magnitudine pari a μ1 + μ2.
Pertanto la magnitudine μi, caratteristica di ogni ramo, rappresenta il numero totale di sorgenti a
monte del ramo stesso; il numero dei rami che afferiscono ad un generico ramo sarà invece deter-
minato secondo la relazione 2μi-1.

2. Misura delle precipitazioni


Le precipitazioni sono causate, principalmente, dal raffreddamento e condensazione di masse d’aria
a causa di moti ascensionali. Questi sono provocati da differenti temperature stagionali tra oceani e
continenti, dalla successione delle aree cicloniche, dall’intensità e direzione dei venti, ecc.
La misura delle precipitazioni viene effettuata con i pluviometri, in stazioni diffuse sul territorio
nazionale (una stazione circa ogni 80 km2 – Figura 1).

Figura 1. Stazioni Pluviometriche

Lo strumento utilizzato per la misura della pioggia è il pluviometro.

Figura 2. Pluviometri ordinari

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Sostanzialmente è un contenitore per la raccolta delle pioggia che nel tempo ha modificato, inizial-
mente, la sua forma da semplice “secchio” ad un vaso cilindrico con la parte terminale ad imbuto
sul cui fondo un apposito rubinetto permetteva di raccogliere l'acqua caduta in 24 ore, tempo
intercorrente tra due operazioni di vuotatura. Il rapporto tra volume raccolto, espresso in litri, e l’area
della bocca di 0,1 m2 (corrispondente al diametro di 35,7 cm) fornisce direttamente l'altezza di
precipitazione h in mm. (Ad ogni litro di acqua raccolta corrispondono così 10 mm di altezza di
precipitazione).
La necessità di avere la correlazione tra altezze e durate delle precipitazioni e la possibilità di allun-
gare i tempi di rilevazione dei dati ha introdotto l’uso di strumenti registratori, pluviografi, nei due
tipi a galleggiante e bilanciere.

Nel tipo a galleggiante, raffigurato nella Figura 3, la pioggia intercettata dalla bocca viene raccolta
in un recipiente munito di un galleggiate al quale è associata una punta scrivente che registra su un
rullo, ruotante a velocità nota e costante (generalmente un giro completo in 10 giorni), l’aumento
del livello nel recipiente. Quando l’acqua raggiunge un prefissato livello è libera di uscire solo attra-
verso il sifone; il recipiente si vuota bruscamente e la punta scrivente traccia una linea verticale sul
tamburo (3.1). . L'inizio ed il termine della pioggia è definito da tratti orizzontali (3.2). Per risalire
all’altezza di precipitazione ed alla correlata durata è sufficiente sommare i tratti montanti compresi
tra inizio e fine pioggia.

Figura 3.

Nel tipo a bilanciare o bascula l’acqua raccolta dalla bocca riempie alternativamente due vaschette
triangolari B che costituiscono il bilanciere, il cui funzionamento è legato al peso dell’acqua ed alla
quantità di precipitazione raccolta. Al moto del bilanciere è associata un'ancora che, agendo su una
ruota dentata, mette in rotazione l'eccentrico E, al quale è solidarizzata una punta scrivente su
tamburo rotante, anche in questo caso a velocità nota e costante. L’altezza di precipitazione e la
durata relativa si ricavano dal diagramma ribaltando i tratti discendenti (Figura 4) .

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Figura 4.
Pluviometro Elettronico: un sistema elettronico di misura ed acquisizione dei dati è costituito essen-
zialmente da due componenti:
1.Sensore: trasforma le variazioni di pioggia, rilevate da un sistema a bilanciere, in impulsi elettrici
rilevati da sensori che li trasmettono via wireless al sistema di controllo. La misura della quantità di
pioggia si basa sul conteggio del numero di svuotamenti della vaschetta: i contatti, normalmente
chiusi, si aprono al momento della rotazione tra una sezione e l’altra della vaschetta. Il numero degli
impulsi può essere rilevato ed acquisito da un datalogger o da un contatore ad impulsi. L’energia è
fornita, nelle ore diurne, da un pannello solare, mentre, nelle ore notturne viene fornita da un
condensatore tampone caricato dallo stesso pannello solare. Alcuni modelli hanno invece una batteria
al litio con carica pluriennale.

Figura 5. Pluviometri totalizzatori

2.Datalogger : provvede ad acquisire ad intervalli prestabiliti i segnali provenienti dal sensore con-
vertendoli in forma numerica digitale memorizzandoli su supporto di memoria , SDcard, che può

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arrivare a memorizzare fino a 6 mesi di dati meteo ricevuti dalla stazione ed eventualmente trasmet-
terli via radio o telefonica o satellitare per successive elaborazioni, pubblicazione dei dati ed archi-
viazione.

Il DICEAA (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile Architettura ed Ambientale) ha installata una


stazione di monitoraggio meteorologico per la misura della pioggia, temperatura, umidità relativa,
velocità e direzione del vento, pressione barometrica, radiazione solare.

Figura 6. Stazione di monitoraggio meteorologico - Laboratorio di Costruzioni Idrauliche “U.Messina”


Monteluco di Roio (AQ)

Per zone di alta montagna, soggette a notevole innevamento, è necessario misurare lo spessore e la
densità del manto nevoso per calcolare il quantitativo di acqua equivalente che, in caso di innalza-
mento della temperatura, potrebbe determinare inattesi e cospicui volumi d’acqua.
La misura della neve deve essere effettuata entro 24 ore dalla caduta in quanto, causa il suo peso,
il manto tende a schiacciarsi di vari cm al giorno, a seconda del contenuto variabile di acqua. Inoltre
le precipitazioni nevose presentano diverse densità e capacità di accumulo. Pertanto non esiste
un’equivalenza precisa tra cm di neve e mm di pioggia; un valore medio fa corrispondere ad 1 cm di
neve 1 mm di pioggia (in volume: 100 lt di acqua per m3 di neve). In realtà neve asciutta a tempe-
rature negative rende molto meno di neve bagnata a temperature dell'aria più elevata; ne consegue
che oltre lo spessore è necessario valutare altri parametri rilevabili attraverso misure dirette con
letture ad aste graduate, scavi con sondaggi (Figura 7), con rilevazioni acustiche (Figura 8) che
danno la possibilità di costruire carte del tipo raffigurata nella Figura 9.

Figura 7. Misure sulla densità del manto nevoso

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Figura 8. Rilievi acustici per la determinazione dello spessore del manto nevoso

Figura 9. Quantitativo di acqua equivalente del manto nevoso

Per il rilievo di vaste zone sono utilizzate immagini satellitari; con opportuni filtri è possibile valutare
oltre lo spessore anche la densità .

Figura 10. Rilievo satellitare del manto nevoso

2.1. Parametri caratteristici delle piogge e loro presentazione


 Altezza di precipitazione h [espressa generalmente in mm]: è pari al rapporto tra il volume
V
V di acqua precipitato su una superficie nota A e l’area stessa h
A
h
 Intensità di precipitazione i [espressa generalmente in mm/ora] : è pari al rapporto i  ,
t
con t pari all’intervallo di tempo nel quale è affluito il volume V.

Elementi di Idrologia 15
La raccolta delle osservazioni di piogge ed una loro prima elaborazione viene effettuata dagli Uffici
Idrografici e pubblicati negli Annali Idrologici. La prima parte è suddivisa in due Sezioni: Termometria
e Pluviometria.

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Elementi di Idrologia 19
2.2. Distribuzione delle precipitazioni
2.2.1. Calcolo dell’altezza media di precipitazione caduta su un bacino

La valutazione degli afflussi pluviometrici, nel caso di una porzione di territorio di estensione limitata,
può essere condotta utilizzando valori osservati in un'unica stazione. Per bacini di grande estensione
al cui interno sono ricomprese più stazioni la determinazione dell’altezza media di precipitazione può
essere calcolata in modo semplice, ma sicuramente approssimato, assumendo semplicemente come
altezza di precipitazione su tutto il bacino la media aritmetica delle altezze rilevate ai pluviometri.

Disomogeneità del territorio e disuniformità della distribuzione delle stazioni rendono necessario
correlare i valori rilevati con l’ubicazione di ciascuna stazione; la media sarebbe falsata dalle aree
dove maggiore è il numero delle stazioni.

In questo caso è possibile definire per ogni pluviometro l'area Ai d'influenza secondo il metodo dei
Topoieti o dei poligoni di Thiessen.

Con riferimento alla Figura 11, si rileva che all’interno del bacino sono presenti due stazioni pluvio-
metrografiche, mentre nell’intorno sono ubicati altri 9 strumenti.

Si uniscono , pertanto, tutte le stazioni con dei segmenti (Figura 12). Dalla mezzeria dei segmenti di

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unione si tracciano le perpendicolari, le cui intersezioni racchiudono dei poligoni (topoieti) di super-
ficie pari all'area A1 di influenza del pluviometro 1 , A2 di influenza del pluviometro 2 e le aree di

pertinenza delle restanti stazioni (Figura 13).

Figura 11

Figura 12

Figura 13. Costruzione dei Topoieti

Le serie dei valori delle precipitazioni medie h sul comprensorio di superficie totale
A= A1+A2+………..+A11 , a partire dalle altezze contemporanee di precipitazione h 1 h2 ...... h11

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registrate nelle singole stazioni sono valutabili con la relazione:

A 1h 1 A 2 h 2        A 11  h 11
h  1011,8 mm
AT

Quando il territorio risulta orograficamente vario il Metodo dei Topoieti risulta impreciso, in quanto
l'altezza di precipitazione ottenuta non tiene debitamente in conto l'esposizione e la quota delle sin-
gole stazioni. In questo caso il processo più razionale e più preciso consiste nel calcolare il “volume
piovuto” e “spalmarlo” su tutta la superficie del bacino determinando così l’altezza media di precipi-
tazione.

Si procede al tracciamento delle isoiete : linee di uguale altezza di precipitazione.


Anche in questo caso si congiungono le varie stazioni con delle rette sulle quali vengono riportati,
per interpolazione linere i valori compresi tra gli estremi ; successivamente di uniscono con una
linea i valori uguali (Figura 14).

Figura 14. Costruzione delle Isoiete

Con successiva operazione di “lisciatura” o “smoothing” si arrotonda la polilinea spezzata con una
spline che minimizzare una combinazione lineare tra curvatura e distanza dai dati.

Figura 15. Tracciamento delle isoiete

Tracciate le isoiete , per calcolare il volume piovuto Vi, si definiscono le superfici del bacino comprese

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tra due linee consecutive, considerando come altezza di precipitazione, su questa superficie elemen-
tare, la media tra gli estremi.

Figura 16. Stima dell’altezza media di precipitazione

Figura 17. Applicazione del Metodo dei Topoieti e


tracciamento delle Isoiete sul bacino del F.i Vidourle (630 km2) a Sommiers
L’Hydrologie de l’Ingénieur – G. Réméniéras EYROLLES

Elementi di Idrologia 23
2.2.2. Espansione in funzione del tempo
Nella progettazione idraulica ricorre, sovente, la necessità di conoscere la correlazione, per un’asse-
gnata stazione (es. L’Aquila), tra altezza massima di precipitazione h [mm] e durata dell’evento T
[ore].
I dati relativi alle massime altezze di pioggia, registrate nell’arco di un anno in una data stazione
pluviometrografica, correlate a durate prescelte di 1,3,6,12 e 24 ore possono essere rappresentati
graficamente su un piano cartesiano con le durate, asse delle ascisse X, e le correlate altezze di
precipitazione in ordinate Y (Figura 18);

Figura 18. Diagramma a dispersione

Volendo individuare la dipendenza tra le due variabili x (tempo) ed y (altezza di precipitazione) si fa


ricorso all’interpolazione analitica in cui si cerca una funzione ƒ, detta funzione interpolatrice, tale
che sia esattamente yi = ƒ(xi) per ognuna delle coppie (xi, yi) di valori dati.

La funzione può essere di tipo diverso: lineare, parabolica, esponenziale, polinomiale.. Qualunque
sia il tipo di funzione interpolante adottato, la condizione di accostamento prevede che sia minima
la somma dei quadrati delle differenze fra valori osservati e valori teorici .

Figura 19. Funzioni interpolatrici

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In generale la scelta può essere suggerita dall’esame del diagramma a dispersione di Figura 18.
Unendo i singoli punti con una spezzata questa può essere interpretata analiticamente ed in modo
n n
soddisfacente, mediante l’equazione di potenza: y  a x  h  a t [a]
con h (mm) altezza di precipitazione, t la sua durata (ore o frazioni decimali di ora), a ed n due
parametri dipendenti dalle caratteristiche pluviometriche della zona.

 n < 1, poiché l'intensità di pioggia i = h/t diminuisce con l'aumentare della durata; assume ge-
neralmente valori compresi tra 0,3 e 0,7;
 a rappresenta l'altezza di pioggia caduta nell'unità di tempo (a seconda dei casi un'ora o un
giorno)1.

La relazione [a] può essere esplicitata determinando i valori di a ed n con l’utilizzo di Excel.
Una volta tracciato il diagramma a dispersione ed uniti i punti con una spezzata, “cliccando” con il
tasto destro del mouse su qualsiasi punto di coordinate x,y si apre una finestra su cui dovrà essere
selezionata l’opzione “Aggiungi linea di tendenza” .

Figura 20.

Sulla finestra appena aperta spuntare l’opzione “Potenza” e le due visualizzazioni sul fondo della
finestra; sul grafico precedente verrà tracciata sia la funzione di regressione e esplicitati i valori di
a=13,4 ed n=0,4033. Infine viene dato anche il valore di R2=0,98 , coefficiente di correlazione;
questo è un indicatore della condizione di accostamento dei dati alla funzione o, più semplicemente,
della “bontà” della regressione scelta che sarà quanto migliore per R21.

Figura 21. Funzioni interpolatrice – Legge di pioggia

1
h=a tn h [mm] a [mm ora-1] h=a*24n tn h [mm] a [mm giorno-1] h=a/1000*24n tn h [m] a [m giorno-1]

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Per determinare i valori di a ed n è anche possibile utilizzare un metodo grafico, scrivendo la [a]
nella forma
log h = log a + nlog t
questa rappresenta una retta in un piano bilogaritmico. (Figura 22) La costante a è definita dal valore
dell’intercetta della retta di regressione sull’asse delle y per x=0 log a= 1,1279  a= 13,4 mm
la costante n è il coefficiente angolare della retta di regressione (pendenza) n= 0,403

Figura 22.

n
La funzione h  a t rappresenta, come detto, la dipendenza dell’altezza massima di precipitazione

nel tempo, in un determinato anno. Pertanto ripetendo lo stesso procedimento per vari anni si rileva
che per una data durata temporale un’altezza di precipitazione, misurata in una certa stazione, è
sensibilmente variabile da anno ad anno.

26
Nella seguente Figura 23 sono riprodotti i diagrammi a dispersione dei valori delle altezze di precipi-
tazione correlati alle varie durate, riassunti nella Tabella, per gli anni presi in considerazione.

Figura 23.
Successivamente sono state, per ciascun anno, determinate le “leggi di pioggia”.

Elementi di Idrologia 27
Osservata la sensibile variabilità dei valori di a ed n e ricordata la necessità di conoscere, per un’as-
segnata stazione, i massimi valori di precipitazione alle varie durate porterebbe a raccogliere quanti
più dati, per un numero sufficiente di anni, alfine di ricercare la “legge di pioggia” che inviluppi i
massimi valori di altezze di precipitazione misurati, per le varie durate, negli N anni di osservazione.
Poichè il fenomeno ipotizzato non è evolutivo, si ritiene di poter individuare, per ogni stazione, il
valore medio in una serie elevata di anni di osservazione N che soddisfi la condizione che tale valore
non vari sensibilmente includendo o escludendo dal conteggio un numero limitato di anni. Questa
media, detta Valore Normale, è stimata per un periodo di circa 40  50 anni. Anche se gli eventi di
pioggia non si riproducono identici in tale periodo, si ha effettivamente a grandi linee la percezione
del fenomeno. Vengono così determinati i valori del Primo caso critico (altezze di precipitazione
raggiunte una volta e superate mai, nel periodo di osservazione); i valori che seguono in ordine di
grandezza i massimi individuati in precedenza determinano il Secondo caso critico (altezze di pre-
cipitazione raggiunte una volta e superate una, nel periodo di osservazione) e così via fino all'ordine
N. I dati dei vari ordini (I, II, III, ecc.) possono essere interpolati ottenendo le curve di I, II,III, ecc.
caso critico. L'ordine di una curva di caso critico indica dunque le volte in cui i valori che essa rego-
larizza sono stati raggiunti una volta negli N anni di osservazione e superati n-1 volte.

Figura 24. Curve di caso critico

Avendo a disposizione numerosi anni di osservazione, considerati tutti i valori massimi per le varie
durate, si perverrebbe ad una legge che, a meno di eventi eccezionali, garantirebbe la non supera-
bilità dei dati osservati; il conseguente dimensionamento della rete sarebbe in grado di contenere la
portata derivante da qualsiasi pioggia. Questo però non è sempre necessario né fattibile dal punto di
vista economico. Le curve di caso critico non permettono di conoscere la ricorrenza periodica di un
evento pluviometrico caratterizzato da intensità superiori alla campionaria. Per questo è necessario
ricorrere a metodi statistici che consentano di definire un intervallo medio di tempo Tr (anni), detto
Tempo di Ritorno (Tr), definito come la durata media, in anni, del periodo in cui il valore X T della
variabile idrologica (altezza di pioggia per un assegnato intervallo di tempo, portata al colmo) viene
superato una sola volta.

28
3. Rischio idrologico e rischio idraulico

Al rischio può essere associato il concetto di probabilità con la quale un determinato fenomeno
idrologico può manifestarsi su un territorio provocando effetti catastrofici. Tali rischi si concretizzano
in luoghi particolarmente predisposti chiamati aree vulnerabili (esposte al pericolo).
Ammessa l’aleatorietà dei processi idrologici alla quale viene riferito il dimensionamento di un’ opera
idraulica tradizionalmente il rischio idraulico è caratterizzato dal tempo di ritorno
Benché ovvio, è bene sottolineare che il tempo di ritorno non rappresenta una scadenza fissa ma un
valore medio temporale nel quale probabilmente l’evento preso in considerazione ricorrerà. La scelta
del tempo di ritorno è condizionata del grado di rischio che il progettista deve assumere in funzione
dell’importanza dell’opera, pertanto, si suole far riferimento a grandezze idrologiche (piogge o por-
tate) caratterizzate da tempi di ritorno funzione della tipologia dell’opera da realizzare o verificare:

Tabella I
Tempi di Ritorno
Tipologie
anni
Smaltimento acqua di pioggia da corpi stradali secondari 25
Smaltimento acqua di pioggia da corpi stradali principali 10  15
Fognature 10 ÷ 15
Bonifiche 15 ÷ 50
Tombini e ponticelli per piccoli corsi d’acqua 30 ÷ 50
Corsi d’acqua di bacini minori a 10 km2 75
Corsi d’acqua di bacini maggiori a 10 km2 100
Ponti e difese fluviali 200 ÷ 500
Opere ad alto rischio (argini, dighe, ecc.) 1000  3000

1
Il Tempo di Ritorno è legato alla probabilità di non superamento dalla relazione : P  1 
Tr
Il rischio di superamento R ovvero la probabilità che la grandezza idrologica sia superata almeno
una volta durante la durata tecnica economica N dell'opera è funzione del Tr secondo la relazione:
N
 1
R  1  1  
 Tr 

3.1.Individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico


Nel 1998 a seguito degli eventi che colpirono la Campania, ed in particolare Sarno, fu emanata la
Legge n. 267/1998 recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico; tra questi fu
disposto l'adozione, da parte delle Autorità di Bacino di rilievo nazionale e interregionali e delle
Regioni, dei Piani Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico (PAI). Con il successivo D.P.C.M.
del 29 settembre 1998 “Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli
adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto‐legge 11 giugno 1998 n.180” sono stati indicati

Elementi di Idrologia 29
i criteri ed i metodi per l'individuazione del rischio dipendente dai fenomeni di carattere idrogeologico
ripartendo la pericolosità idraulica P in tre livelli correlati a vari tempi di ritorno Tr:

P3 - aree ad alta probabilità di inondazione


(indicativamente con tempo di ritorno Tr di 20-50 anni);

P2- aree a moderata probabilità di inondazione


(indicativamente con Tr di 100-200 anni);

P1 - aree a bassa probabilità di inondazione


(indicativamente con Tr di 300-500 anni).

Al riguardo si possono fare le seguenti osservazioni di carattere generale:

 Tr = 30/50 anni : sono tempi di ritorno di entità tra di loro confrontabili e rappresentano un valore
temporale percepibile dall’opinione pubblica e confrontabile con scelte di tipo pianificatorio. Una
condizione di pericolosità caratterizzata da questi valori del tempo di ritorno è inaccettabile nel
caso che la zona interessata dalla situazione di dissesto sia urbanizzata e pone la necessità di
realizzare interventi strutturali, che risultano essere giustificabili a livello economico in quanto il
beneficio derivante, in termini sia economici che sociali, è superiore al costo dell’opera.

 Tr = 100 anni : un tempo di ritorno ancora confrontabile con la vita umana, ma non è già più
percepibile dall’opinione pubblica. E superiore ai tempi caratteristici degli investimenti a lungo
termine e quindi si può presupporre che sia accettabile un certo danno (costo) rispetto al benefi-
cio, più proficuo, connesso all’edificazione. Nelle aree interessate da allagamenti centenari appare
possibile anche una politica di interventi non strutturali che preveda vincoli e soprattutto indica-
zioni sulle modalità di uso del territorio.

 Tr = 200 anni : un tempo di ritorno non più confrontabile con la vita umana e con le scelte di tipo
pianificatorio. Da un punto di vista statistico comincia ad essere un valore poco significativo in
relazione agli anni di osservazioni di cui si dispone.

 Tr = 500 anni : un tempo di ritorno che ha perso di significato statistico. Infatti in relazione alla
metodologia di previsione statistica utilizzata si possono avere risultati molto diversi.

Nota. Nel PSDA della Regione Abruzzo la distribuzione della pericolosità idraulica è zonizzata in 4 classi in funzione del
limite di inondazione per i tempi di ritorno di 50, 100 e 200 anni (Figura 2); le classi di pericolosità “molto elevata” e “ele-
vata” sono definite tenendo conto anche dei valori assunti dalle altezze idriche e dalle velocità di corrente.

Figura 1. Pericolosità idraulica lungo il corso del fiume Aterno a L’Aquila

Lo stesso decreto classifica il rischio idraulico secondo le seguenti categorie:

30
Con riferimento ad esperienze di pianificazione già effettuate, è possibile definire quattro classi di
rischio, secondo le classificazioni di seguito riportate. Le diverse situazioni sono aggregate in quattro
classi di rischio a gravosità crescente: (1 = moderato/a; 2 = medio/a; 3 = elevato/a; 4 = molto
elevato/a), alle quali sono attribuite le seguenti definizioni:

 moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali;
 medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio
ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la funziona-
lità delle attività economiche;

 elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali
agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzio-
nalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale;

 molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone,
danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività
socio-economiche.

Il rischio idraulico può essere definito in maniera qualitativa come

R=D·P [1]

 D è il danno potenziale arrecato


 P è la pericolosità idraulica

analogamente si può classificare il danno potenziale in quattro classi:

 D1: moderato o nullo


aree libere dove risulta possibile il libero deflusso delle piene.
 D2: medio
aree con limitati effetti sulle persone e sul tessuto socio-economico;
 D3 : elevato
aree con problemi per l’incolumità delle persone e per la funzionalità del sistema economico;
 D4 : molto elevato
aree in cui si può verificare la perdita di vite umane, ingenti danni ai beni economici, naturali, storici e
culturali di rilevante interesse, gravi disastri ecologico-ambientali;

La classificazione del danno è in funzione del grado di urbanizzazione, dalla maggiore o minore con-
centrazione dei beni esposti ad elevato valore sociale ed economico. Pertanto il danno può essere
esplicitato dal prodotto tra gli elementi esposti al rischio E e la loro vulnerabilità V, cioè l’attitudine
ad essere danneggiato dagli effetti conseguenti l’onda alluvionale: si esprime con un valore che va
dal danno nullo, V=0 al danno massimo, V=1.

R=D·P= E·V·P [2]

In sintesi per un evento, a parità di tempo di ritorno, probabilità ed intensità, un’area più vulnerabile
è soggetta ad un danno maggiore.

N.B. la pericolosità è spesso confusa con il rischio. Un’area può essere molto pericolosa per le allu-
vioni ma con un rischio basso poiché nell’area non ci sono elementi esposti che possono essere dan-
neggiati dall’alluvione.
Secondo gli “Indirizzi operativi per l’attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e
alla gestione dei rischi da alluvioni con riferimento alla predisposizione delle mappe della pericolosità
e del rischio di alluvioni” redatti nel Gennaio 2013 dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Terri-
torio e del Mare in collaborazione con ISPRA e le Autorità di Bacino di rilievo nazionale e i Distretti

Elementi di Idrologia 31
idrografici può essere redatta la Carta degli insediamenti o Carta degli elementi esposti a rischio
alluvione, nella quale gli elementi esposti possono essere raggruppati in sei macro-categorie:
1. Zone urbanizzate (agglomerati urbani, nuclei abitati con edificazione diffusa e sparsa, zone di espansione,
aree commerciali e produttive) con indicazione sul numero di abitanti potenzialmente interessati da possibili
eventi alluvionali
2. Strutture Strategiche (ospedali, scuole, caserme)
3. Infrastrutture strategiche e principali (linee elettriche, metanodotti, oleodotti, gasdotti e acquedotti, vie di
comunicazione di rilevanza strategica sia carrabili che ferrate, porti e aeroporti, invasi idroelettrici, grandi
dighe)
4. Beni ambientali, storici e culturali di rilevante interesse (aree naturali, aree boscate, aree protette e vinco-
late, aree di vincolo paesaggistico, aree di interesse storico e culturale, zone archeologiche
5. Distribuzione e tipologia delle attività economiche insistenti sull’area potenzialmente interessata
6. Zone interessate da insediamenti produttivi o impianti tecnologici, potenzialmente pericolosi dal punto di
vista ambientale

Definite le varie classi di danno, i conseguenti livelli di Rischio R1, R2, R3 ed R4 verranno stabiliti,
attraverso una valutazione matricale

e successivamente è redatta la carta delle aree a rischio.

Figura 2. Carta delle aree a rischio PSDA – Fiume Aterno a L'Aquila


Direttiva 2007/60 e D.Lgs. 49/2010

32
4. Idrologia statistica
Tra i vari metodi statistico-probabilistici per l’analisi di campioni di altezze di pioggia massime annuali
il più noto è quello di Gumbel (1958) che lega la legge di crescita della variabile casuale h con il
tempo di ritorno Tr secondo l’espressione statistica :

h (Tr)  h  F  (h) [a]

Pertanto, fissato preliminarmente il tempo di ritorno Tr (anni), verrà calcolata per ogni durata h(Tr),
altezza di pioggia eguagliata o non superata nel Tr
Verranno ricercati, per la stazione pluviometrografica più vicina al punto del bacino in cui si vuole
h il valore medio delle altezze di precipitazione, di un’assegnata durata, negli N anni osservati
F fattore di frequenza o fattore di crescita , funzione del tempo di ritorno Tr

(h) è la stima dello scarto quadratico medio del campione, fattore di scala
Secondo la funzione di distribuzione EV1 di Gumbel, adottando per il fattore di frequenza l’espres-
Y(Tr )  YN
sione F si ha:
SN
(h) (h)
h (Tr )  h  Y(Tr )  YN [b]
SN SN
 T  1   1 
con Y(Tr) variabile ridotta di Gumbel Y(Tr )  ln  ln r   ln ln 1  
 Tr    Tr 
1
YN , stima del valore medio del campione della variabile ridotta, è pari a: YN  Y Ti 
N
SN, stima dello scarto quadratico medio del campione della variabile ridotta, è pari a:

YTi   YN  
0 ,5
 1 2
SN   
N  1
con:
 N, dimensione del campione;
 i, rango del dato del campione graduato in ordine decrescente;
 Ti, tempo di ritorno del dato del campione graduato in ordine decrescente, determinato, se-
N  0,12
condo Gringorten, con la relazione di stima: Ti 
i  0,44

Nella Tabella I sono riportate le stime dei valori della variabile ridotta Y(T) di Gumbel
Tabella I

Nella Tabella II sono riportati i valori di YN e di SN stimati per N variabile con scansione unitaria da
N = 10 ad N = 109.

Elementi di Idrologia 33
Tabella II

Oltre alla procedura descritta, posta la [b] nella forma:


(h) (h) [c]
h(Tr )  h  Y(Tr )  YN = xo+ a-1 YTr 
SN SN

il valore dei parametri xo ed a della EV1 può essere conseguito anche con il metodo statistico dei
momenti di Karl Pearson (1894) adottando le relazioni di stima:

x 0  h  m  a1 a1  n  h [d]

con m = 0,5772 ed n = 0,7797

e con il metodo statistico della massima verosimiglianza, secondo le relazioni di stima:

h
 xi  eah i

 a 1 x0 
 eah 
 ln N1 i

 eah i a

La [c] consente di determinare il massimo valore di altezza di precipitazione per una prefissata durata
e per un assegnato tempo di ritorno.

Pertanto, fissato un tempo di ritorno Tr , sarà possibile trarre, per ogni durata, i corrispondenti valori
di altezze di precipitazione h e definire la pioggia di progetto h  a  t n che ricorre, mediamente, ogni
Tr anni.

Più è elevato il tempo di ritorno e maggiore è la portata derivante dall’evento stimato e maggiore
è l’impegno economico per la realizzazione delle opere preposte al controllo ed alla regolarizzazione
delle portate esitate.

34
Esempio 1. Determinazione della Massima Pioggia probabile per assegnato Tr
Definire le pioggia di progetto per assegnati Tempi di Ritorno utilizzando i dati pluviometrici dispo-
nibili per la stazione pluviografica di L'Aquila [735 m s.m.].
Nella Tabella 1 sono raccolti i dati rilevati dagli annali idrologici dall’anno 1933 all’anno 2014.

Tabella 1

Elementi di Idrologia 35
Nella Tabella 2, per ogni durata, è riportato il campione dei valori di altezza di precipitazione ordinati
in senso decrescente; di ognuno si calcola l’altezza media di precipitazione h e lo scarto quadratico
medio (h)
Tabella 2

Nota:
In statistica la varianza di una variabile aleatoria (in questo caso l’altezza di precipitazione h) è una funzione indicata
con σ2(h), o a volte con Var (h), che fornisce una misura di quanto i valori assunti dalla variabile si discostino dal valore atteso
( ad esempio la media del campione h ) . Più utilizzata è la radice quadrata della varianza chiamata scarto quadratico medio
e indicata con la lettera greca σ
Questo è un indice di dispersione delle misure di precipitazione intorno ad un indice di posizione, quale può essere, ad esempio,
la media del campione h . La deviazione standard ha pertanto la stessa unità di misura dei valori osservati (al contrario
della varianza che ha come unità di misura il quadrato dell'unità di misura dei valori di riferimento).

Calcolati h e (h) si procede alla determinazione della variabile ridotta di Gumbel :

 T 1   1 
Y(Tr )  ln  ln r   ln ln 1   ; questa si esplicita una volta assegnati i tempi di ritorno,
 Tr    Tr 
mentre, i valori di YN ed SN, vengono agevolmente determinata dalla seguente Tabella per N=71,
numero degli anni osservati.

36
Con tutti i valori disponibili si esegue il calcolo in modo tabellare utilizzando un foglio di Excel

Tabella 3

Infine per ogni tempo di ritorno, correlando altezze h e durate tp, vengono determinate le espressioni
caratteristiche delle piogge di progetto:

Volendo estendere il campo delle previsioni oltre il periodo reale di osservazione per tempi di ritorno
di 50, 100 e 200 anni, riprendendo i dati di Tabella 3 si determinano le h(Tr) e le correlate espressioni
delle piogge di progetto. (Tabella 4)

Elementi di Idrologia 37
Tabella 4

Analogamente ai casi precedenti vengono determinate le espressioni caratteristiche delle piogge di


progetto:

A soluzione analoga si perviene utilizzando la [b ] nella forma:

h (Tr )  x 0  a1  YTr  [c]

Il valore dei parametri xo ed a della EV1 viene conseguito con il metodo statistico dei momenti,
adottando le relazioni di stima: xo  h - m .a-1 a-1 = n . (h)

con m = 0,5772 ed n = 0,7797.

Nelle seguenti Tabelle 5 e 6 sono riportate in forma tabellare le stime delle altezze di precipitazioni
per gli assegnati tempi di ritorno.

38
Tabella 5

Tabella 6

Anche per questi casi vengono determinate le espressioni caratteristiche delle piogge di progetto
che, data la corrispondenza dei risultati conseguiti con il Metodo di Gumbel , sono praticamente
simili a quelle esposte, precedentemente, in via grafica .

5.Test statistici di adattamento


5.1 - Plotting position e cartogrammi probabilistici
Note le intensità dei dati campionari ed i valori dei correlati tempi di ritorno, inverso delle probabilità
campionarie di superamento, è possibile la allocazione degli stessi sui cartogrammi probabilistici
(plotting position). Questi riportano:

 in ascissa, la probabilità di non superamento o, in subordine, il tempo di ritorno;


 in ordinata, l’intensità della variabile casuale (altezze di precipitazione) .
Elemento caratteristico dei cartogrammi probabilistici è quello di conseguire, attraverso opportuna
trasformata dell’asse delle ascisse, ed a volte anche dell’asse delle ordinate, la rappresentazione

Elementi di Idrologia 39
della funzione di distribuzione di probabilità con una retta. La procedura più ricorrente associa al
dato campionario graduato di rango i-esimo hi il corrispondente tempo di ritorno campionario Ti

secondo l’espressione di Gringorten:


N  0,12
TG  essendo N il numero dei dati del campione.
i  0,44
Riportando su un cartogramma probabilistico, per ciascun valore di h [mm], la variabile y(TG)= –
ln[–ln(1–1/TG))] , determinata in funzione del tempo di ritorno TG, è possibile rappresentare la legge
di distribuzione di Gumbel, per un’assegnata durata, con una retta

Figura 1. Rappresentazione della funzione di Gumbel

Successivamente è necessario verificare che “ la distribuzione ottenuta descriva in modo accettabile


la popolazione”, ovvero verificare che la funzione sia attendibile attraverso test statistici di adatta-
mento; i più utilizzati nell’idrologia statistica sono:

Test 2 di Pizzetti–Pearson, Kolmogorov–Smirnov (K–S)e Fasce Fiduciarie

5.2. Test 2 di Pizzetti–Pearson


Applicabile a grandezze di un evento (precipitazioni), le cui modalità possono essere suddivise in
classi j, scelte in modo tale che ciascuna di esse contenga un numero di osservazioni non inferiore
a 5. E’ basato sul confronto tra le frequenze campionarie assolute di ogni classe nj e le corrispondenti
frequenze teoriche j, calcolate utilizzando la funzione di distribuzione ipotizzata (nel caso la EV1)

nj -  j 2
2c   j
[1]

Il valore di  2c calcolato viene confrontato con il  2t teorico della distribuzione, reperibile su tavole

statistiche numeriche per differenti gradi di libertà del sistema, g.d.l., e livello di significatività α
Il numero dei gradi di libertà g.d.l. associato al  2t è pari al numero delle classi j-1 diminuito ancora

di una unità per ogni parametro determinato direttamente dai dati del campione : in questo caso i
parametri sono due: a ed x0.

Il livello di significatività α indica la zona di rigetto dell’ipotesi nulla, ovvero la zona per cui il test è
verificato, compresa tra i valori 0 e 1-α. In genere viene posto pari a 0,05 che significa quindi che
nel 95% dei casi l’ipotesi nulla non viene rigettata.

Il test è verificato se è valida la disuguaglianza:  2c <  2t .

40
Figura 2. Percentili della distribuzione  2

Esempio 2a. Test 2 di Pizzetti–Pearson


Utilizzando i valori riportati nella Tabella 2 (Pag.36), vengono
disposti, per ciascuna durata, in ordine crescente; successiva-
mente si suddivide ogni campione di dati in un numero di classi
di valori (nell’ esempio 5 classi).

Ogni classe è delimitata dal minimo valore contenuto e da


quello massimo che sarà il minimo della serie immediatamente
precedente.

Si trova la frequenza di classe nj , rappresentata dal numero di


valori contenuti in ciascuna classe e per ognuna di essa si cal-
cola la probabilità di non superamento:
P(h)=exp{–exp[–a(h–x0)]}

Stimata la probabilità teorica P(h) tra i valori estremi di una



classe si stima la frequenza assoluta teorica i  P h  N , con
2
N numero dei dati del campione ed il c nella forma [1]

2 2
Il c calcolato va confrontato con il  t teorico.

Nelle seguenti Tabelle sono riportati gli elementi per il calcolo


2
del c , rispettivamente per la serie di valori di precipitazione
di 1,3,6,12 e 24 ore.

Elementi di Idrologia 41
42
5.3.Test di Kolmogorov–Smirnov (K–S)
Non ha nessuna restrizione sulla dimensione del campione e non richiede classificazioni.

Si ordinano i dati in senso decrescente e si determina il massimo scostamento in valore assoluto


1
Dmax, tra la probabilità di non superamento campionaria Pc  1 
e la probabilità teorica di Gum-
TG
N  0 ,12
bel : P(h)=exp{–exp[–a(h–x0)]} essendo : TG tempo di ritorno di Grigorten : TG  ,
i  0,44
N= dati del campione i= rango
Successivamente si confronta Dmax con lo scostamento teorico ammissibile Da (per un livello di
significatività a, in generale pari a 0,05 -Tabella I) . Il test è verificato se vale la relazione:
Dmax<Da
Tabella I
Valori teorici della variabile Da

Nelle seguenti Tabelle sono riportati gli elementi necessari per la verifica del Test di Kolmogorov–
Smirnov, rispettivamente per la serie di valori di precipitazione di 1,3,6,12 e 24 ore.

Elementi di Idrologia 43
Esempio 2b. Test di Kolmogorov–Smirnov (K–S)

44
Elementi di Idrologia 45
5.4.Fasce Fiduciarie
Con il metodo delle Fasce Fiduciarie (stima per intervalli) si perviene alla stima della dispersione
nell’intorno della legge di Gumbel (Figura 1).

Per ciascun valore di altezza di pioggia teorica vengono determinati:


y TG 
ht   x 0  [7]
a
l’intervallo di confidenza, al 95%, h(t) – 1,96·σ* ≤ hF ≤ h(t) + 1,96·σ*

P(ht )  [1  P(ht )]
applicando la formula  * (ht )  [8]
N  [f(ht )]2

nella quale per il calcolo di Ph  e fh  sono utilizzate, rispettivamente, la funzione di ripartizione
t t

(o probabilità di non superamento)


Pht   exp exp aht  x 0 

e la funzione di densità di probabilità di Gumbel calcolate sui valori teorici

fht   a  exp aht  x 0   exp exp aht x0 

Figura 3. Fasce fiduciarie

46
Esempio 2c. Fasce Fiduciarie
Nella seguente Figura 4 sono rappresentate le Fasce fiduciarie per la serie di valori di precipitazione
di 1,3,6,12 e 24 ore, costruite utilizzando Excel secondo lo schema delle Tabelle seguenti.

Elementi di Idrologia 47
Figura 4. Stazione Pluviometrica di L’Aquila

Fasce fiduciarie per la serie di valori di precipitazione di 1 ora.

48
Fasce fiduciarie per la serie di valori di precipitazione di 3,6,12 e 24 ore.

6. Regionalizzazione dell’informazione idrologica puntuale


L’informazione e la correlata previsione idrologica hanno spiccato carattere puntuale, in quanto ca-
ratteristiche della stazione di rilevamento dei dati. L’estensione della previsione ad areali idrologica-
mente omogenei viene attuata facendo ricorso a differenti procedure, la cui scelta è comunque arbi-
traria. La procedura trattata in seguito, si basa sull’ analisi regionale mediante la metodologia della
grandezza indice - Procedura VAPI .

La Regione Abruzzo - Servizio “Gestione e Tutela della Risorsa Acqua Superficiale e Sotterranea”, in
adempimento ai disposti della L. 183 del 1989, art. 10, comma 1, ha condotto uno studio idrologico
concluso nella redazione del Piano Stralcio Difesa Alluvioni (PSDA), strumento per la perimetrazione
delle aree da sottoporre a misura di salvaguardia. Lo studio è stato condotto secondo la procedura
VAPI (VAlutazione PIene) promossa dal C.N.R.-Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idro-
geologiche (G.N.D.C.I.). Fine del progetto VAPI è la realizzazione di procedure idonee ad acquisire la
stima del valore della precipitazione massima annuale hd,T, con d = 1, 3, 6, 12 e 24 ore, o della
portata massima annuale istantanea QT, per un assegnato tempo di ritorno T, e questo sia per sta-
zioni strumentate, ma dotate di campioni non significativi statisticamente, sia in assenza totale di
informazione idrologica. Per ciascuno di detti areali risulta quindi possibile trasferire l’informazione
idrologica puntuale ai siti di interesse non strumentati secondo la relazione di stima :
hTr = h’(Tr) i [1]

Elementi di Idrologia 49
Analogamente a quanto visto al paragrafo 4 la [1] lega la legge di crescita della variabile casuale h
con il tempo di ritorno Tr con:

h’(Tr), fattore di crescita regionale, funzione monotona del tempo di ritorno, valida per
l’intera regione omogenea.
i, grandezza indice , fattore di scala.

6.1 Fattore di crescita regionale


I risultati dello studio, condotto aggiornando l’informazione idrologica pluviometrica del S.I&M. di
Pescara all’anno 1992, hanno portato alla individuazione di due areali idrologicamente omogenei,
Figura 1, nei riguardi delle piogge intense di durata d = 1, 3, 6, 12 e 24 ore, denominati:

 Zona Appenninica
Il fattore crescita regionale
per la durata d = 1 ora, h’(Tr) = 0,4828 + 0,4493 ln Tr

per la durata d  6 ore, h’(Tr) = 0,5725 + 0,3862 ln Tr

 Zona Costiera

Il fattore di crescita regionale, valido per tutte le durate d, è reso dalla relazione di stima:

h’(Tr) = 0,5590 + 0,4452 ln Tr

Figura 1

6.2 La grandezza indice o fattore di scala


è dato dalla relazione: = m1 d n con:
m1, [mm], altezza della pioggia indice di durata d=1 ora, valutata nel baricentro dell’area di
interesse;
n, esponente della curva di possibilità climatica, valutato nel baricentro dell’area di interesse;

I valori di m1 e di n vengono stimati con riferimento alle isolinee riportate nelle mappe georeferen-
ziate: Figure 2 .

50
Figura 2. Mappa delle isolinee dei valori di m1 ed n (BETA studio)

Esempio 3. Determinazione della Massima Pioggia probabile per assegnato Tr - VAPI


Analogamente all’Esempio 1 definire le pioggie di progetto per assegnati Tempi di Ritorno utilizzando
la procedura VAPI per L’Aquila. Questa ricade nella Zona Appenninica pertanto

h’(Tr) = 0,4828 + 0,4493 ln Tr per la durata d = 1 ora,

h’(Tr) = 0,5725 + 0,3862 ln Tr per la durata d  6 ore (Tabella I)

mentre per la grandezza indice  = m1 d n, i valori di m1 ed n vengono stimati interpolando i


valori delle isolinee riportate nelle mappe georeferenziate (Figura a):
m1=20,25 e di n =0,33

Figura a

Elementi di Idrologia 51
Tabella I

Per ogni tempo di ritorno Tr i dati possono essere perequati analiticamente con l’equazione di stima
h=a tn (Figura b)

Figura b

7. Le correnti a superficie libera


Il moto dell'acqua all'interno di un corpo idrico, alveo, è comunemente detto corrente; se è a super-
ficie libera occupa solo la parte inferiore del mezzo recipiente, mentre sulla superficie a contatto con
l'aria, di larghezza b, agisce la pressione atmosferica (pressione relativa nulla). In questa situazione
la massa fluida in movimento può essere scomposta in un insieme di filetti, linee di corrente, adiacenti
l'uno all'altro ed aventi, grosso modo, uno stesso andamento rettilineo o a curvatura trascurabile,
normale alla sezione trasversale piana, detta sezione bagnata , mentre la lunghezza del contorno

52
della sezione effettivamente lambita dalla corrente è detta contorno o perimetro bagnato C. Il rap-
porto R=/C è il raggio idraulico R . Il tirante idrico h rappresenta la distanza tra superficie libera
ed il punto più depresso del contorno bagnato, mentre hm   è la profondità media.
b

Figura 1.

Il volume del liquido defluito nell'unità di tempo attraverso la sezione bagnata è la portata Q della
corrente e viene espressa in m3s-1 mentre la portata in peso    Q   g Q è in kg s-1 . Per tutte
le sezioni, stante la permanenza del moto, si ha (equazione di continuità): Q    V che, data l'in-
varianza della velocità media V (moto uniforme), comporta l’invarianza della sezione bagnata .
7.1. Moto turbolento uniforme
Una corrente a superficie libera è in condizioni di moto uniforme quando, scorrendo in un alveo
cilindrico, la superficie libera risulta parallela alla linea del fondo e, quindi, coincide con la pendenza
J della linea del carico idraulico totale E , che rispetto al piano orizzontale di riferimento è espressa:

V2
Ez h  [1]
2g

Figura 2. Elementi caratteristici del moto uniforme

V2
z quota, o altezza geometrica; h tirante idrico o altezza piezometrica ,  altezza cinetica (  è
2g
il coefficiente di Coriolis) . La linea dei carichi discende sempre nel senso del moto; tra due sezioni 1
e 2 il carico totale E subisce una variazione E1,2  J  L corrispondente alle perdite di carico per

attrito.

Nelle correnti a superficie libera conviene introdurre una nuova grandezza: l’energia specifica H,
definita come l’energia meccanica per unità di peso della corrente calcolata rispetto al fondo dell’al-
veo. Si ha pertanto:

V2 Q2
Hh h [2]
2g 2g 2

Il moto turbolento uniforme delle correnti a superficie libera, nei problemi di progetto e di verifica,
è retto dalla formula di Chézy (1775-1776):

Elementi di Idrologia 53
V2
Ji
V   RJ  C g R J 2  R [3]

Per l’esplicitazione del coefficiente di resistenza , tra le espressioni più famose, si ricorda:
87


1
R
Bazin (1897) [4]
Valori del coefficiente di scabrezza  di Bazin
Caratteristica delle pareti della canalizzazione 
- Alveo molto liscio (cemento, legno piallato ecc.) 0,06
- Alveo liscio (tavole, mattoni, pietra da taglio, ecc.) 0,16
- Alveo in muratura di pietrame 0,46
- Alveo in muratura mista 0,85
- Alveo in terra in condizioni ordinarie 1,30
- Alveo in terra con resistenze eccezionali 1,75

100

m
1
R
Kutter (1869) [5]

Valori del coefficiente di scabrezza m di Kutter


Caratteristica delle pareti della canalizzazione m
- Cemento liscio, sezione rettangolare 0,15
- Tavole grezze o muratura assai regolare 0,25
- Muratura ordinaria 0,35
- Muratura di pietrame, regolare 0,45
- Muratura irregolare, fondo fangoso 0,75
- fiumi in terra con ghiaia e piante acquatiche sul fondo 1,75÷2,00

1 1/6
 R  k R1 / 6
Manning (1890) e Strickler (1923) n [6]

Valori del coefficiente di scabrezza n e k

Caratteristica delle pareti della canalizzazione n k


- Canali in calcestruzzo lisciato 0,010 100
- Canali in calcestruzzo in uso corrente 0,012 80
- Canali in pietra da taglio spianata, mattoni 0,013 77
- Canali in muratura di pietrame spianato con alveo liscio 0,017 59
- Canali con alveo in terra 0,025 40
- Canali con alveo di ghiaia 0,030 33
- Canali con alveo molto irregolare 0,040 25

La correlazione, espressa per via numerica, analitica o grafica, tra la portata Q ed il tirante idrico h
è generalmente chiamata scala di deflusso (o delle portate) dell'alveo. Per sezioni aperte la fun-
zione Q = Q(h) è sempre crescente; per sezioni chiuse si ha un massimo per h < h max. Questa
relazione, lega in modo univoco la portata Q al tirante h e nella pratica progettuale trova un impiego
diffuso l’equazione di Manning- Strikcler, dedotta dalla formula di Chezy:

Q   k R2 / 3 J1 / 2
[7]

54
Esempio 4 . Scale di deflusso sezione rettangolare , trapezia e bitrapezia
4.1 - Impostare la scala di deflusso di una sezione rettangolare rivestita con lastre di calcestruzzo
in uso corrente (coefficiente di scabrezza Strickler k=80 m1/3 s-1) pendenza del fondo i=0,0015.

Elementi caratteristici:

base b=7,00 m area bagnata :   b  h



R
contorno bagnato: C  b  2h raggio idraulico: C

Il massimo tirante, compatibile con le condizioni ambientali, è fissato ad h=2,50 m; resta da deter-
minate l’andamento delle portate esitate secondo l’espressione [7] : Q    k  R2 / 3  i1 / 2

Il procedimento numerico è stato eseguito per via tabellare utilizzando Excel di Windows; la simbo-
logia adottata è riportata nella seguente Figura a

Figura a
Per definire la condizione della corrente, se lenta o veloce occorrerà confrontare l’altezza di moto
uniforme h=2,5 m con il valore dell’altezza critica per la correlata portata di 69,73 m 3/s.
Per una sezione di forma qualunque per un prefissato valore della portata Q il valore dell’altezza
critica hc si ricava trovando il minimo della [2] ossia eguagliando a zero la derivata del carico totale

H rispetto ad h:

dH 1  Q 2  Q 2 d
 h  2   1  3  0 [8]
dh dh    g dh

Elementi di Idrologia 55
d
poiché  b(h) larghezza della superficie libera
dh
Q 2 3 Q 2  bh Q 2  bh
  cr  3  bh  hcr  3 [8’]
g bh g g

Nel caso particolare di sezione rettangolare b è costante

Q2 q2
hc  3  3 [9]
gb2 g

69,732
Pertanto hc  3  2,16 m <2,5 m  la corrente è lenta.
9,81  72

4.2 – sezione trapezia di un canale in terra privo di rivestimento (Coefficiente di scabrezza Strickler
k=40 m1/3 s-1) con pendenza del fondo i=0,0015.

Elementi caratteristici:

base b=7,00 m ; area bagnata :   b  n  h  h


2
contorno bagnato: C  b  2h 1  n


R
Raggio idraulico: C larghezza in superficie: B  b  2n  h
1
n
Inclinazione delle sponde: per =30° tg  =1,732
.

Il massimo tirante, compatibile con le condizioni ambientali, è fissato ad h=3,0 m; analogamente al


caso precedente, l’andamento delle portate esitate in funzione del tirante h è stato determinato per
via tabellare utilizzando Excel di Windows (Figura b).

56
Figura b

Volendo sapere se la corrente è lenta o veloce, per quanto precedentemente detto, riscritta la[8’]:

Q 2 3  
  2   2  hm rilevato che il rapporto rappresenta genericamente la profondità
g Bh B B

   hm   h si costruisce la curva h


Q
media hm , posta la precedente formula nella forma
g
Q
caratteristica della sezione per l’assegnata portata Q= 87,737 m3/s. Per   h  28,01 corri-
g
sponde un valore di hm=hc = 1,62 m < 3 m . La corrente è lenta

Figura c
4.3 – sezione bitrapezia : tipica di alvei fluviali di pianura o di grandi canali rappresenta un’esten-
sione della forma trapezia . Accanto al letto di magra, utilizzato per le portate minori e più frequenti,
si affiancano zone di espansione laterali dette golene, contenute da arginature, spesso coltivate o
coperte di alberi e destinate a contenere le portate derivanti dalla piena.

Elementi di Idrologia 57
Quando l’altezza h supera la quota delle golene, ad un minimo incremento del tirante idrico corri-
sponde un modesto aumento della sezione bagnata  e una crescita rilevante del contorno bagnato
con una conseguente forte riduzione del raggio idraulico e quindi della portata esitata (Figura d)

Figura d

La scala delle portate presenterebbe una discontinuità priva di significato fisico in quanto la portata
Q è sempre crescente con il tirante h. Pertanto in questo caso, la portata Q viene stimata come
somma dei contributi correlati all’alveo di magra ed alle aree golenali esondate. Questa suddivisione
evidenzia le varie aree bagnate i definite dalle verticali che originano nel punto in cui il letto di

magra si evidenza dalla restante parte della sezione.

Figura e
Definire l’altezza di moto uniforme di una corrente defluente in una sezione di forma bitrapezia per
una portata di 45,5 m3/s. L’alveo di “bank full”, base b=12,00 m e sponde inclinate a 45°, si apre
su due golene simmetriche larghe 6,00 m con sponde inclinate a 33,7°; la pendenza del fondo i=
0,00015 mentre la scabrezza uniforme può essere rappresentata da un coeffciente k=30.

Figura f

La verifica è stata eseguita per via tabellare utilizzando Excel di Windows; la simbologia adottata2
è riportata nella seguente Figura g :

Figura g

2
dx = destra idraulica per l’osservatore posto di schiena alla corrente.

58
Figura h – Tabelle di calcolo di Excel

Verifica del regime di corrente


Q
Q= 45,5 m3/s. Per   h  14,53 corrisponde un valore di hm=hc  1,00 m < 3,61 m . La
g
corrente è lenta

Figura i
Nota
Nella pratica si verifica che la scabrezza vari in modo sensibile lungo il contorno bagnato della sezione
(Figura 3); per una corretta applicazione della (7) occorre assegnare un coefficiente di scabrezza
equivalente che tenga conto dei vari rivestimenti e delle correlate scabrezze. Utilizzando i coefficienti
di Strickler, suddiviso il contorno della sezione  in tre parti, trova applicazione la seguente espres-
sione, essendo, ovviamente, k1,k2 e k3 i coefficienti di scabrezza delle porzioni di contorno bagnato
C1,C2 e C3:

Elementi di Idrologia 59
C C C
keq  k1 1  k2 2  k3 3
C C C

Figura 3
Anche quando la scabrezza dell'alveo di magra è diversa da quella delle golene occorre valutare una
scabrezza equivalente uniformemente distribuita su tutta la sezione. Seguendo il criterio di Horton,
l'area viene suddivisa in N parti con scabrezza ki nota e perimetri bagnati R1, R2,....., Rn.. Nell’ipo-
tesi che la portata sia valutabile come somma delle portate defluenti nelle sottosezioni i, il coeffi-
ciente di scabrezza equivalente diviene:

R2 / 3
k eq  2/3
 n C 

 i 
 k 1 ,5 
 1 i 

Le considerazioni fin qui svolte suppongono delle sezioni regolari ed uniformi e, pertanto, non appli-
cabili ai corsi d’acqua naturali.
In questi casi si può procedere caratterizzando tronchi elementari in modo da poter definire, per
ognuno, valori medi della sezione bagnata e del coefficiente di scabrezza. Un metodo più accurato
può essere quello di sovrapporre più sezioni del tronco e tracciare una linea media (linea tratto e
punto md di Figura 4)

Figura 4.

Per la pendenza sarà sufficiente considerare la pendenza media del tronco. Per quanto riguarda il
dimensionamento sotto il profilo economico, si potrebbe ipotizzare che il minor costo equivale al
minor volume di scavo, ovvero a rendere minima l'area della sezione trasversale . Ciò non è più

60
vero se si impone la necessità del franco, necessario per la salvaguardia dalle esondazioni, o se
vengono utilizzati rivestimenti, il cui costo, proporzionale al perimetro, rappresenta una percentuale
molto elevata rispetto a quella dello scavo. Pertanto, tenuto conto della molteplicità degli elementi
che concorrono alla valutazione del costo del canale, si esclude la possibilità di trovare soluzioni di
carattere generale; il problema si risolve caso per caso confrontando i costi di soluzioni ugualmente
soddisfacenti dal punto di vista tecnico.

8. Il coefficiente di scabrezza in un alveo naturale

Figura 1

“ è una misura globale della resistenza al moto; la scelta deve essere effettuata a seguito di un’accurata ricogni-
zione dei luoghi, considerando le caratteristiche specifiche dei materiali che compongono l’alveo e la copertura
vegetale delle sponde e delle aree golenali adiacenti interessate al deflusso.
Per i torrenti e per la parte medio-alta dei fiumi una stima approssimativa del coefficiente di scabrezza è possibile
con la relazione: Ks = 26/d901/6 nella quale d90 (m) è il diametro del materiale d’alveo cui corrisponde un pas-
sante pari al 90%”

A titolo orientativo per la scelta dei valori numerici si può fare riferimento, utilizzando il coefficiente di scabrezza
di Strickler, alle indicazioni fornite da varie tabelle . A titolo di esempio si riportano la Tabella I, per corsi d’acqua
minori, e la Tabella II, per corsi d’acqua maggiori.

Tabella I

Elementi di Idrologia 61
Tabella II

E’ tipico il caso per i corsi d’acqua di pianura di un alveo di piena costituito da un alveo centrale (alveo inciso) per
il deflusso di magra o di piene moderate, e di una o due zone laterali talvolta anche molto estese (golene) contri-
buenti al moto, impegnate solo nel corso delle piene più gravose, che sono normalmente vegetate o coltivate e
in cui la profondità di corrente è ridotta. Nel caso di tali sezioni composite la maggior parte dei moduli di calcolo
permettono di assegnare valori diversi di scabrezza per ogni parte elementare della sezione; in alternativa si deve
fare ricorso a un valore di scabrezza equivalente.

Tabella III

Tutti i suddetti termini devono essere valutati rispetto alle reali condizioni del corso d’acqua, la sua
irregolarità, il grado di manutenzione ed altre condizioni che influenzano il coefficiente di scabrezza.
Pertanto considerati valore di base n0 , con opportuni valori correttivi (Tabella IV) 3:

n1 per irregolarità della superficie ,


n2 per variazione della forma,
n3 per ostruzioni,
n4 effetto della vegetazione e del flusso ed
m5 fattore di correzione per la sinuosità dell’alveo

consentono di determinare un valore “globale” ng secondo la seguente relazione di stima

n = (n0 + n1 + n2 + n3 + n4) m5

3
"Open Channel Hydraulics", Ven te Chow, McGraw Hill International Editions

62
Tabella IV

Una errata valutazione del coefficiente di scabrezza in fase progettuale comporta o un’errata valuta-
zione della portata o un errato dimensionamento della sezione, pertanto, è molto importante esigere
nella fase di realizzazione del progetto sia la forma ma anche il materiale che costituisce la sezione
dell’alveo.

Nel caso di dover verificare un tratto di alveo naturale o “canalizzato” mentre risulterà semplice
definire le caratteristiche geometriche della sezione e la pendenza del fondo la definizione della sca-
brezza può risultare abbastanza difficoltosa dalla sola consultazione delle precedenti Tabelle. Pertanto
ci si può aiutare utilizzando delle foto di alvei naturali o “canalizzati” di scabrezza nota (Figura 6 )
con le quali risalire, per analogia, alla scabrezza del tronco di alveo in esame.

1) n=0,022 K= 45 2) n=0,024 k= 42 3) n=0,025 k=40

4) n=0,030 K= 33 5) n=0,035 k= 28 6) n=0,040 k=25


1) rivestimento in calcestruzzo applicato direttamente sulla superficie rifilata della terra
2) canale scavato in terreno argilloso con alveo liscio e duro
3) rivestito dell’alveo con pietrame a secco. Fondo irregolare, con ciottoli sparsi
4) canale in terra con letto in ciottoli e pietrame
5) canale naturale con sponde irregolari; alveo abbastanza pulito
6) canale scavato in roccia

Figura 2. Sezioni tipiche di corsi d’acqua e correlati valori della scabrezza


"Open Channel Hydraulics", Ven te Chow, McGraw Hill International Editions

Elementi di Idrologia 63
Qualora fosse necessaria una stima diretta del coefficiente di scabrezza k di tratto di corso d’acqua
naturale o canalizzato, con pendenza di fondo i, occorrerà la valutazione delle perdite di carico H
tra due sezioni, 1 e 2, distanti s e ad esso correlare. Dall’equazione della conservazione della
quantità di moto :
2
V2 V2 s V2 V
z1  h1  1  z2  h2  2   [10]
2g 2g 8g  R 2g

V12 V22 R1  R2 s  V 2


Posto : z2  z1  Hz , h2  h1  Hh ,   HV , R , H  perdita di carico
2g 2g 2 8g  R
2
V
ripartita, H   perdite di carico localizzate per variazione sia delle sezioni trasversali e sia
2g
dell’andamento planimetrico, la [3] può essere scritta in forma compatta:
Hz  Hh  HV  H  H  0 [3']

Esplicitato il coefficiente  della formula di Chèzy secondo Strickler si ha   k R1 / 6 ;


indicato con i pedici 1 e 2 le grandezze relative alle sezioni estreme di misura a monte e valle può
essere calcolata, per varie portate, la media dei valori k secondo l’espressione:

1  V12 V22 
k  [4]
2  i  R11,33 R12,33 

Restano, pertanto, da rilevare le caratteristiche geometriche delle sezioni, le altezze idrometriche e


le velocità medie di monte e di valle, misure da effettuare secondo i metodi dell’idrometria.

9. Idromeria
9.1 Misure dei livelli idrici
Anticamente la misura della profondità di una corrente veniva stimata con un’asta graduate in legno
che veniva immersa nell’acqua fino a toccare il fondo. Da questo semplice sistema di misura derivano
gli Idrometri
L'osservazione dei livelli viene eseguita, in particolari sezioni di riferimento (Figura 1), con aste,
generalmente in metallo graduate in centimetri poste verticali (Figura 2) o inclinate secondo la
scarpata (Figura 3).; in questo caso, anticamente, le quote erano evidenziate da cippi in pietra

Figura 1. Sezione idrometrica

Le aste idrometriche consentono la determinazione diretta del livello della superficie libera, su una
scala graduata, a partire da uno zero di riferimento, che può essere rappresentato dal fondo del
canale, dal livello di massima magra o dal livello di guardia. La grandezza osservata sull'idrometro
in corrispondenza della superficie libera è l’altezza idrometrica.

64
Figura 2 .Aste idrometriche verticali

Figura 3. Aste idrometriche inclinate

Nelle stazioni di osservazione è spesso installato anche un idrometro registratore, idrometrografo


con il quale si ottiene l’andamento dei livelli del corso d’acqua in funzione del tempo. Gli spostamenti
verticali di un galleggiante posto entro un tubo immerso nella corrente in posizione verticale sono
trasmessi a mezzo di cavo flessibile ad una puleggia (un contrappeso equilibra, attraverso un sistema
di pulegge riduttrici il peso del galleggiante), che tramite un dispositivo riduttore muove una punta
scrivente poggiata su un tamburo che viene fatto ruotare a velocità angolare costante da un conge-
gno ad orologeria (Figura 4).

Figura 4. Idrometrografo a galleggiante

Attualmente si tende a sostituire tale dispositivo con un misuratore ad ultrasuoni posto in aria, per
esempio a sbalzo da un ponte, e con nessun organo immerso in acqua.(Figura 5)

Elementi di Idrologia 65
Figura 5. Idrometrografo con misuratore ad ultrasuoni

Risulta quindi di più facile controllo e non è interessato dalla corrente idrica evitando il pericolo di
essere danneggiato durante le piene.

Al fine di pervenire al tracciamento dei livelli superficiali del corso d'acqua dotato di stazioni di os-
servazione è necessario determinare per ogni strumento la quota (m s.m.) dello zero idrometrico
origine graduazione dell'asta. Generalmente questi strumenti trovano collocazione su ponti o passe-
relle (Figura 6). La lettura nelle stazioni del Servizio Idrografico Italiano viene eseguita giornalmente
alla ore 12. Nei periodi di piena vengono eseguite letture più volte al giorno.

Figura 6

9.2 Misure di velocità


a. Velocità superficiale: si effettua con l'impiego di galleggianti rilevando il tempo di percorrenza in un
tronco di canale o corso d'acqua rettilineo delimitato da traguardi. Data l’incertezza del metodo è
consigliabile eseguire più rilevazioni. Mediamente il valore del rapporto tra velocità media nella

66
V
sezione V e velocità massima V rilevata dal galleggiante risulta:  0,7  0,8 . Si ricorre spesso
V
V 14
all'impiego della relazione 1 formulata da Bazin e valida per canali regolari, con  coeffi-
V 
ciente di resistenza funzione della scabrezza e delle forma della sezione.

b. Velocità puntuale

Mulinello : strumento realizzato da un’elica montata, su un asse orizzontale, messa in rotazione dalla
corrente. Ad un numero dei giri N dell’elica in un determinato tempo t [secondi] corrisponde un valore
N
della velocità V=   . L’apparecchiatura va immersa in acqua in una posizione nota della sezione
t
di misura, il mulinello si orienterà, per mezzo di un piccolo timone, secondo la direzione della cor-
rente. Vecchi strumenti erano dotati di una funicella che nella posizione tesa ingranavano l’elica sullo
strumento mentre, una volta rilasciata, la liberavano dalla misura. In questo modo era possibile
rilevare il numero di giri in un tempo ben definito (Figure 7).

Figura 7. Mulinelli con massa stabilizzante e timone

Pertanto è possibile, con ripetute prove di laboratorio, definire una funzione di taratura dello stru-
mento, chiamata comunemente curva caratteristica del mulinello, del tipo : V  x  y N
con V = velocità ; N = numero di giri ; x ed y costanti strumentali da ridefinire periodicamente con
opportune tarature dello strumento.
Attualmente i mulinelli sono di dimensioni ridotte con sistema di misura digitale che indicano auto-
maticamente, dopo un prestabilito numero di giri, il valore medio della velocità puntuale misurata.

Elementi di Idrologia 67
Figura 8. Mulinello e datalogger

Generalmente il rilievo delle velocità, in una determinata sezione, viene effettuato secondo una pro-
cedura che prevede inizialmente il rilievo geometrico della sezione. Su questa vengono scelte oppor-
tunamente un certo numero di verticali sulle quali, a diverse profondità, verrà eseguito il campiona-
mento realizzando una griglia di misura sulla quale, successimene, sarà possibile tracciare le isota-
chie, curve ad eguale valore di velocità.

Figura 9. Sezione alveo e griglia di misura

In piccoli corsi d’acqua la misura può essere eseguita guadando perpendicolarmente l’alveo o utiliz-
zando un natante (anche se così si tende ad alterare il regime della corrente). Per sezioni maggiori
si passa da una passerella o da un pontone con il mulinello fissato ad una asta o da riva tramite
teleferica. Per distanze ed altezze sensibili si eseguono le misure da postazioni sospese o sostenute.

Figura 10. Sistemi di misura

68
c. Velocità media

Con i dati acquisiti è possibile definirne una velocità media Vm quale media dei valori puntuali mi-
surati. Generalmente il rapporto tra velocità media Vm e velocità superficiale Vs è circa 0,8  0,9 ad

una profondità di circa 0,65 h, valore che tende a ridursi a 0,58 h per canali molto larghi per i quali
velocità locali sono simili alla Vm. La velocità di fondo Vf risulta circa 0,6  0,8 di Vm

Tracciando su ogni verticale i diagrammi delle velocità è possibile individuare punti di pari velocità
che uniti descriveranno le isotachie.

Figura 11. Costruzione delle isotachie

9.3. Valutazione della portata


a. Metodo indiretto
Poiché la portata è il prodotto di una velocità per un'area, il problema potrebbe apparire semplificato,
qualora, nota la velocità, la sezione sia geometricamente definita. In realtà, causa l'attrito tra il
liquido e le pareti, la velocità non è costante in tutti i punti di una sezione normale alla corrente,
inoltre altri fattori, quali la scabrezza delle pareti, la viscosità del liquido, la temperatura, ecc., pos-
sono modificare la distribuzione trasversale della velocità.
Dalla conoscenza della distribuzione della velocità nella sezione si risale alla stima della portata tra-
mite la relazione:
Q A VdA
Questo integrale può essere risolto una volta tracciate, come visto precedentemente, le isotachie:
dA risulta l’area compresa tra due curve , V è il valore medio delle velocità indicata dalle due curve.

b. Metodo diretto
La portata viene misurata direttamente nel corso d’acqua usando particolari strumenti : Acoustic Dop-
pler Current Profiler ( profilatori e correntometri acustici Doppler).

Sono strumenti di concezione relativamente recente che utilizzano l’effetto Doppler delle onde acu-
stiche (cambiamento apparente di frequenza in funzione del moto relativo tra emettitore e ricet-
tore) per determinare la velocità della corrente idrica.

Elementi di Idrologia 69
La portata risulta, anche in questo caso, per integrazione delle velocità. Un apposito software inte-
gra i dati di velocità sulla sezione di misura restituendo grafici delle velocità sulle verticali di mi-
sura, le isotachie ed infine la portata progressivamente misurata in tempo reale. La trasmissione
dei dati dallo strumento in acqua al sistema di acquisizione ed elaborazione (software su pc) av-
viene tramite sistema radio modem. Acoustic Doppler Current Profiler

Figura 12. Mobile ADCP systeme – River Ray - SEBA Idrometrie

Lo strumento è dotato di una bussola interna e di un sensore del fondo (bottom track) che consentono
di calcolare la velocità in coordinate assolute in maniera indipendente dall’orientazione istantanea
del sistema. La strumentazione, montata su una piccola imbarcazione, viene calata in acqua e mo-
vimentata dagli operatori lungo la sezione di misura tramite un sistema tipo teleferica oppure, ove
possibile, tramite cavi da ponte.

c. Utilizzo della scala di deflusso

Una volta impostata la sezione di misura, definita la scabrezza potrà essere costruita la scala di
deflusso sia nella sua espressione analitica Q    k  R 2 / 3  i1 / 2 che grafica :

Questa rappresenta uno "strumento" valido nella stima della portata di un corso d'acqua quando, in
una sezione geometricamente definita, sia possibile stabilire una funzione univoca tra tirante letto
all'idrometro e portata defluente, assumendo un valore del coefficiente di scabrezza k certo e stabile
nel tempo .Pertanto essa è valida fintanto che tutti gli elementi che la compongono restano invariati.

70
10. Annali Idrologici – Parte Seconda
La raccolta delle osservazioni delle altezze idrometriche e delle correlate portate esitate dai corsi
d'acqua in determinate sezioni ed una loro prima elaborazione viene effettuata dagli Uffici Idrografici
e pubblicati negli Annali Idrologici Parte Seconda, suddivisa in quattro sezioni: A,B,C e D.

Elementi di Idrologia 71
72
Tabella a

Elementi di Idrologia 73
Con cadenza decennale vengono riassunti i valori medi mensili delle portate ed i valori della portata
massima giornaliera ed al colmo della piena (valori istantanei e non giornalieri) dati molto importanti
per i successivi metodi di stima delle portate di massima piena [ad esempio Tabella b].

Tabella b

La terza ed ultima parte attiene alla Mareografia.

74
11. Utilizzo dei dati sulle portate
Come detto, le osservazioni cronologiche delle portate Q giornaliere sono raccolte annualmente ,
per ogni stazione, nella Parte II degli Annali Idrologici. Nella Tabella I sono riportati i valori relativi
alle portate del Fiume Aterno-Pescara nella Stazione di santa Teresa per l’anno 1992

Tabella I

Ordinando , in senso cronologico, i valori delle portate è possibile costruire l’idrogramma Q(t) di
Figura 1.

Figura 1. Diagramma cronologico delle portate del fiume Aterno-Pescara a S.Teresa

Un’altra rappresentazione delle portate verificatesi durante un dato periodo (ad esempio un anno) si
ottiene graduando in senso decrescente i valori delle portate anziché disporle secondo una logica
cronologia. Si ottiene così il diagramma o Curva di Durata (Figure 2 e 3).
Un generico valore di portata q identifica un correlato valore di durata  per la quale si è verificata
la stessa portata o una superiore

Elementi di Idrologia 75
L’area racchiusa dalla curva e dagli assi coordinati rappresenta il volume defluito, nella sezione di
misura, nell’anno; tale valore diviso per il numero dei giorni fornisce la Q med, portata media annua;
la portata Qmin è perenne, avendo durata 365 giorni; portate maggiori sono temporanee o stagionali.

Figura 2. Curva di durata di un corso d’acqua

Vengono individuate portate caratteristiche con durate:


9 mesi : Portata di magra ordinaria, 6 mesi : Portata mediana o semipermanente ,3 mesi : Portata
di piena ordinaria.

Figura 3. Curva di durata del fiume Aterno Pescara a S.Teresa (1992)

Avendo a disposizione una serie sufficientemente estesa di anni, al fine di poter formulare previsioni
sull’andamento delle portate, si fa riferimento all’Anno Medio assumendo per varie durate la media
dei valori delle portate disponibili . Tali valori, riportati nella Tabella in basso a sinistra della pagina
dell’Annale riprodotta a pagina 24 , consentono di tracciare la curva di durata ridotta delle portate
del fiume Aterno nel periodo 1951-1965 (Figura 4)

Figura 4. Curva di durata del fiume Aterno Pescara a S. Teresa (1922-191)

76
NOTA
In alcuni testi si perviene alla curva di durata attraverso la costruzione dell’Istogramma delle Fre-
quenze, quale rappresentazione statistica di serie di dati.
Distinguendo tra grandezze:
 Estensive: forniscono indicazioni di tipo qualitativo di un evento idrologico che può essere classi-
ficato in funzione del numero di volte che, in un generico periodo di osservazione, si è presentata
una certa modalità ( ad esempio il numero di giorni piovosi in un mese);
 Intensive: misurano quantitativamente il carattere di un fenomeno idrologico suddiviso in classi di
intensità prestabilite ( ad esempio quante volte in un mese una precipitazione ha avuto un’altezza
di pioggia compresa tra 10 e 20 mm).
L’insieme delle intensità rilevate di una grandezza in funzione dei tempi di osservazione rappresenta
una serie statistica e se i termini della serie sono disposti in ordine cronologico si ha una successione
naturale ( ad esempio l’idrogramma di Figura 60) .
La serie statistica può essere classificata suddividendola in classi di intensità delimitate da preordinati
valori estremi con la convenzione che ogni classe comprende i valori coincidenti con l’estremo infe-
riore ed esclude, quindi, quelli coincidenti con l’estremo superiore . Pertanto occorre definire:
1. l’ampiezza della classe  differenza tra i valori estremi
2. valore centrale della classe  media aritmetica dei valori estremi
3. intervallo tra due classi contigue  differenza tra i valori centrali
4. frequenza  numero di volte che il carattere del fenomeno si è presentato all’interno di una
classe .
Il valore centrale della classe al quale fa riferimento la maggiore frequenza è detto Norma o Moda.
Generalmente la rappresentazione grafica dell’Istogramma delle Frequenze (Figura a) riporta
sull’asse delle ascisse i valori della grandezza suddivisi in classi e sulle ordinate le frequenze, mentre,
nella rappresentazione statistica di un fenomeno idrologico è consuetudine ruotare gli assi (Figura
b). Ordinando in senso decrescente i termini della serie (portate) con le relative durate (giorni) si
perviene alla costruzione della Curva delle durate.

Figura a Figura b

Esempio 5. Curva di durata ed istogramma delle frequenze


Ordinando in senso decrescente valori delle portate della Tabella I e suddividendo in classi di inten-
sità di 25 m3/s ( 0÷25 ; 25÷50; 50÷75 , eccc) vengono contati i numeri di volte che il valore della
portata è presente all'interno di una classe (Tabella a e Tabella b)

Elementi di Idrologia 77
Tabella a
594,08 53,82 40,80 37,83 37,16 36,30 34,55 33,15 32,45 30,12 28,51 26,61
429,71 53,82 40,14 37,83 37,16 36,30 34,55 33,15 32,10 30,12 28,51 26,52
139,53 53,51 40,14 37,83 37,16 36,10 34,41 33,15 32,10 30,12 28,22 26,48
131,21 51,87 40,14 37,83 36,90 36,00 34,20 33,15 32,10 30,08 28,22 26,48
116,44 51,73 39,93 37,83 36,90 36,00 34,20 33,15 32,10 29,79 28,22 26,48
104,96 49,50 39,93 37,83 36,90 36,00 34,20 33,15 31,78 29,79 28,22 26,48
91,63 49,24 39,81 37,83 36,90 35,99 34,20 33,15 31,77 29,79 28,22 26,48
87,35 48,55 39,81 37,83 36,90 35,99 34,20 33,15 31,77 29,79 28,22 26,48
84,20 48,55 39,48 37,83 36,90 35,98 34,20 33,15 31,77 29,79 28,22 26,48
80,11 48,28 39,48 37,83 36,90 35,70 33,85 32,96 31,77 29,74 28,22 26,48
77,95 48,07 39,48 37,74 36,90 35,60 33,85 32,80 31,77 29,57 27,93 26,48
75,35 48,00 39,26 37,55 36,90 35,60 33,59 32,80 31,67 29,46 27,93 26,47
71,53 47,12 39,15 37,55 36,90 35,60 33,50 32,80 31,44 29,46 27,93 26,19
70,84 46,65 39,15 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,44 29,46 27,93 26,19
69,91 46,17 39,15 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,44 29,46 27,64 26,19
69,35 45,78 39,11 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,38 29,46 27,64 26,19
68,85 45,78 38,82 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,11 29,46 27,37 26,19
64,75 45,49 38,82 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,11 29,46 27,35 26,19
64,26 45,41 38,82 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,11 29,13 27,06 26,19
63,99 44,27 38,82 37,50 36,90 35,25 33,50 32,80 31,11 29,13 27,06 26,19
60,06 43,80 38,49 37,20 36,90 35,25 33,50 32,80 31,11 29,13 27,06 26,19
59,32 43,25 38,49 37,20 36,90 35,25 33,50 32,80 31,11 29,13 27,06 26,19
59,02 42,55 38,49 37,20 36,90 35,17 33,50 32,80 31,11 29,13 27,06 25,90
58,74 42,55 38,33 37,20 36,87 34,90 33,15 32,77 31,11 29,13 27,06 25,90
57,24 42,51 38,33 37,20 36,85 34,90 33,15 32,74 30,78 28,80 27,06 25,36
56,78 42,51 38,16 37,20 36,77 34,90 33,15 32,45 30,78 28,80 27,06
56,78 42,08 38,16 37,20 36,77 34,90 33,15 32,45 30,74 28,80 26,77
56,40 41,85 38,16 37,20 36,77 34,90 33,15 32,45 30,66 28,80 26,77
55,90 41,65 38,13 37,20 36,60 34,90 33,15 32,45 30,45 28,80 26,77
54,96 41,15 37,94 37,20 36,38 34,55 33,15 32,45 30,45 28,51 26,77
54,34 41,15 37,83 37,20 36,37 34,55 33,15 32,45 30,12 28,51 26,77

Tabella b

78
Diagrammando i dati della colonna [2] e la colonna Durate si realizza la Curva di Durata. (Figura
c)

Figura c

NOTA

Si riporta, a titolo di esempio, la serie di valori di portate misurate nella stazione idrometrografica di
Candeloro (Puglia). Come si evince dai dati di Tabella, dal diagramma cronologico e dalla curva di
durata (Figura e) alcuni giorni dell'anno la sezione ha portata nulla , caratteristica di un regime
torrentizio.

Elementi di Idrologia 79
Figura e. Torrente Candeloro: diagramma cronologico e curva di durata delle portate

80
12. Curva di utilizzazione – Portata massima derivabile
Dalle curve di durata possono trarsi immediatamente indicazioni sulle prospettive economiche con-
nesse con il dimensionamento di un impianto, poiché è evidente che opere di utilizzazione commisu-
rate alla portata massima non farebbero, probabilmente, temere periodi di insufficienza, ma sareb-
bero scarsamente utilizzate per notevole parte dell’anno, mentre opere commisurate ad una ragio-
nevolmente minore derivazione verrebbero sfruttate a pieno carico per un tempo maggiore. Più pre-
cisamente, per una data portata massima derivabile Qi (Figura 1), il volume prelevato nell’anno è
dato dall’area tratteggiata compresa fra l’ordinata Qi, la parte di curva di durata che resta ai di sotto
di tale ordinata e gli assi. La retta di compenso di tale parte del diagramma avrà ordinata corrispon-
dente alla erogazione a portata costante nell’anno dell’anzidetto volume.
Ad un valore di portata massima derivabile pari alla Qmin il volume prelevato durante l’anno risulta
pari all’area tratteggiata [Oabc]. La retta di compenso, corrispondente al valore dell’erogazione a
portata costante nell’anno, del predetto volume ha valore Qmin = q min a questa condizione corri-
sponde una portata utilizzabile coincidente con la portata disponibile.

L’utilità pratica delle curve di durata deriva dall’osservazione che non torna utile limitare l’utilizza-
zione alle sole portate perenni o di magra bensì conviene elevare alquanto l’utilizzazione a portate
maggiori o stagionali. Queste ultime sono disponibili solo per certi periodi dell’anno al di fuori dei
quali è evidente un’insufficienza dell’utilizzazione.

Figura 1 . Costruzione della Curva di Utilizzazione o degli Industriali

Aumentando la Portata derivabile al valore Q1 il volume disponibile è rappresentato dall’area [0debc]


con ordinata della retta di compenso q1 : in questo caso la portata utilizzabile è inferiore portata
disponibile. Correlando a valori di portate derivabili Qi corrispondenti valori delle portate medie
utilizzabili q iu si ottiene il diagramma qu   (Q) detto Curva di Utilizzazione o Curva delle Portate Medie
Industriali. Questa presenta un ramo iniziale a 45° fin tanto che q i  Qmin (volume derivabile 
volume disponibile). Aumentando la portata Qi cresce, ma molto più lentamente, la q iu fino al
raggiungere, come valore massimo, la qmed in corrispondenza della Qmax.

Elementi di Idrologia 81
Figura 2. Curva di utilizzazione

Associando alle portate derivabili Qi i Costi dell’impianto ed alle portate utilizzabili q iu i correlati

Ricavi si evince che questi ultimi si incrementano in modo notevolmente inferiore rispetto ai primi.
E’ consuetudine fissare il limite di convenienza economica in corrispondenza del ginocchio della curva.

E‘ da osservare che la curva di durata e la cura di utilizzazione, se forniscono il periodo di tempo nel
quale l’impianto può funzionare a pieno carico ed il correlativo volume utilizzabile, non possono dare
nessuna indicazione sul come le portate derivabili si distribuiscono nel corso dell’anno, elemento che
potrà desumersi solo dall’esame del regime del corso d’acqua.

Esempio 6. Curva di utilizzazione di un corso d’acqua

Data la serie cronologica delle portate del Fiume Volturno nella stazione idrometrica di Amorosi,
tracciare la Curva di Durata e la Curva di Utilizzazione.

Con i dati contenuti nella Tabella e possibile disegnare l’idrogramma di Figura a:

82
Figura a

Inoltre evidenziate la portata massima e minima si individuano classi di intensità di ampiezza 12


m3/s. Si conta, per ogni classe di intensità, il n° di volte che il valore di una portata media giornaliera
ricade all’interno di una classe.

Ordinando in senso decrescente i dati delle colonne Durate si realizza la Curva di Durata con la retta
interpolatrice pari alla Portata Media dell’anno . (Figura b)
Per la costruzione della curva di Utilizzazione , disponendo di periodi di osservazioni medio-lunghi e
volendo formulare delle previsioni sulle disponibilità idriche, ci si riferisce ad una curva di durata
semplificata secondo i dati riportati nella tabella, DURATA DELLE PORTATE, in basso a sinistra della
pagina dell’Annale Idrologico, correlando a determinate durate (giorni) i valori delle massime portate
medie nel periodo di osservazione.

Figura c . Curve delle durate

Dalla Curva di Durata precedente si deduce la Curva di Utilizzazione

Elementi di Idrologia 83
Dalla Curva di Utilizzazione si può dedurre una portata di utilizzazione di circa 50 m3/s, presente per
circa 90 giorni l’anno, come deducibile dalla curva di durata.

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