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LA CONQUISTA .

1 - E' impossibile ricostruire con esattezza quella che era la dislocazione e la reale
situazione degli abitanti della zona al momento del contatto con gli spagnoli.
Certamente da allora ebbe inizio una fase di continua conflittualità che in alcune
aree remote non è ancora cessata. I primi a farne le spese furono gli abitanti della
Bahia de Banderas - il litorale che oggi ospita il polo turistico di Puerto Vallarta,
NuevoVallarta e Riviera Nayarit - dei quali é scomparso qualsiasi ricordo ed il loro
stesso nome originale per essere altrimenti chiamati : “ quelli delle bandiere “. Gli
abitanti dei villaggi del golfo vennero infatti così denominati ed identificati dai
conquistadores per gli splendidi ornamenti di piume che ostentavano in battaglia; i
quali ricordavano appunto gli stendardi di combattimento dell'armata spagnola.
Gli indigeni ebbero la gran sfortuna di lasciarsi crudelmente ingannare accettando
l'invito ad incontrarsi amichevolmente propostogli dagli invasori. Secondo il
collaudato rituale importato da Colombo nel Nuovo Mondo, fatta lettura di alcune
parti della Bibbia e della bolla papale “ Dottrina della Scoperta “ di Papa Nicolò V
( 1452 ),che dava ai cristiani il diritto di appropriarsi indebitamente delle terre dei
non cristiani,i capitani -di fronte ad un notaio che ne ufficializzava gli eventi -
esponevano le volontà dei Reali di Spagna i quali chiedevano benevolmente la
sottomissione incondizionata e la conversione dei nuovi sudditi d'oltremare.
Spesso per impressionare di più gli “ospiti ” veniva fatta celebrare sul luogo
dell'incontro una Messa Solenne con profusione di canti,stendardi,fumate
d'incenso e tintinnio di campanellini sotto i simboli del potere religioso e
temporale. Ancora più convincenti risultavano poi,all'occorrenza,l'esibizione dei
cavalli da guerra bardati di tutto punto con tanto di pennacchi che i nativi con
terrore consideravano un tutt'uno con il con il cavaliere così da formare un
terribile mostro antropomorfo e quella ancora più convincente delle armi da fuoco
in tutta la loro potenza distruttiva che gli stessi identificavano con il potere del
tuono. Quanto allo “ scambio di doni ”,si ricambiavano l'oro e gli altri materiali
preziosi ed i migliori cibi e bevande,per non parlare del resto,con rosari,immagini
di santi,specchietti, nastrini e perline colorati. Poi,su iniziativa improvvisa di
qualche soldato o a causa dei rimproveri per le molestie causate dagli spagnoli,si
passava di fatto alla eliminazione fisica dei nobili e dei guerrieri. A tutti gli altri
venivano imposti i nomi castigliani con il battesimo cattolico e quindi venivano
divisi ed affidati,secondo il regime delle “encomiendas”,a ciascuno degli invasori
secondo i propri titoli e meriti insieme alla dotazione immobiliare. Ricordiamo a
questo proposito che secondo l'ordinanza del 30 aprile 1492 a firma di Ferdinando
di Castiglia ed Isabella di Aragona l'incarico dei viaggi di esplorazione e scoperta
veniva dato all'Ammiraglio espressamente “per il servizio di Dio ed il bene nostro“
provocando così l'inevitabile ed immenso dramma della conquista dove
l'evangelizzazione si trasformò in un immane massacro che portò al genocidio
fisico e spirituale dei nativi le cui conseguenze sono ancora presenti e tangibili.

2 – The High Tepic, L'Alta Tepic cantata da Kerouac nel suo Libro dei Blues e
più esplicitamente ricordata da Allen Ginsberg in La Caduta dell'America ,
Tepic for more candy ,Tepic per più zucchero filato,o meglio in gergo canapa
indiana,sorge sull'antico insediamento indigeno raso al suolo dalle truppe del
famigerato Nuño de Guzman nella sua marcia di conquista del territorio
nayarita(1530). Tuttavia la definitiva fondazione della città si dovette
ritardare di parecchi anni a causa delle dispute interne dei conquistadores
e per le feroci razzie degli abitanti della vicina Sierra. Un primo nucleo abitato
( 1532-1540 ) fu distrutto dai ribelli di Huaynamota e quindi la capitale regionale
venne spostata dalla fertile valle di Matatipac a quella di Coactlan,trenta chilometri
più a sud,dove oggi è Compostela. In pochissimi anni tutta la zona soffrì un
sensibilissimo decremento demografico a causa della introduzione della pratica
della schiavitù a danno degli indigeni esercitata impunemente dai colonizzatori in
questa parte del Vicereame della Nuova Spagna così lontano dalla capitale di Città
del Messico. Quasi tutti i cronisti concordano nell'affermare che il territorio
del “ Señorio de Xalisco “ era densamente popolato. Il vescovo cattolico spagnolo
Bartolomé de Las Casas ( 1484-1566 ) impegnato nella difesa dei nativi americani,
che fu anche il primo ecclesiastico a prendere gli ordini sacri nel Nuovo Mondo,
riferisce di “ innumerevoli villaggi e municipi popolosi e grandi edifici specie quelli
destinati alle divinità,le popolazioni tanto densamente abitate quanto vicine una
all'altra. . . “. La presenza indigena tende a diminuire costantemente a causa delle
nuove malattie di origine straniera,la disintegrazione dell'economia dei nativi e le
cattive condizioni di vita che portano ad un enorme tasso di mortalità infantile. La
conquista prese avvio domenica 15 maggio 1530 quando fu rasa al suolo la città-
regno di Xalisco e giustiziata l'indomita regina Pupulualzin. Seguì la fuga degli
abitanti per le montagne,la perdita delle case e del patrimonio. Da Xalisco le truppe
assetate di violenza e di bottino passarono a Tepique a meno di 10 km. di distanza
verso nord dove tutti gli abitanti vennero marchiati a fuoco come il bestiame; per
tale motivo molti morirono a causa del dolore e dello spavento o per le
conseguenti infezioni,in special modo anziani,donne e bambini. Fu costruita una
grande prigione a Xalisco dove erano rinchiuse migliaia di vittime che di lì
venivano smistate nei territori interessati alle nuove spedizioni di conquista per
essere utilizzati come manovalanza, interpreti e portatori . Gli indios una volta resi
schiavi venivano divisi in gruppi di 4 o 10 individui ed una volta affidati agli
spagnoli avveniva che questi spesso come passatempo se li giocavano d'azzardo
mediante i dadi o alle carte. Per ogni indio “ affidato “ veniva versato un “ peso “
alle casse della Corona. Alcuni di loro poi venivano inviati fino alla lontanissima
provincia del Panuco che si affaccia sulle acque del Golfo del Messico e di lì
destinati a raggiungere via mare le isole dell'arcipelago delle Antille dove a
quell'epoca era più scarsa la manodopera. Infatti in pochissimi decenni gli abitanti
delle isole di stirpe Caribe,Taino ed Arawak,erano virtualmente scomparsi
ricorrendo finanche al suicidio di massa. Tutte queste atrocità in terra nayarita
venivano commesse in spregio alle Ordinanze Reali del 12 giugno 1530. Per questo
Nuño de Guzman fu denunciato dai suoi stessi collaboratori al Viceré Don
Antonio de Mendoza y Pacheco e ciò comportò in seguito la sua destituzione
dall'incarico ma non la fine dello sterminio della popolazione nativa. Le Ordinanze
Reali riguardavano l'imposizione del divieto della schiavitù difesa invece da buona
parte dei coloni che la ritenevano oltremodo efficace anche di più della stessa
guerra di sterminio. Infatti come risulta da fonti dell'epoca la misura repressiva
della schiavitù era motivata come cosa buona e giusta nei confronti degli indios
recalcitranti e ribelli in quanto essenziale per lo sviluppo dell'attività mineraria ed
inoltre temuta più della stessa morte dagli indigeni che invece,quando venivano
giustiziati a causa di fughe e ribellioni,a volte sanguinosissime,pensavano di andare
al sacrificio e secondo i cronisti vi si recavano di buon grado ed addirittura
cantando,contenti di raggiungere i loro antenati mitici. Tuttavia la proibizione della
schiavitù non comportò alcun beneficio per gli indios perché per questo motivo ne
morivano molti di più nelle stesse azioni di guerra in quanto i soldati non avevano
alcun interesse a mantenerli in vita. Per questo la Corona Spagnola fu costretta a
revocare nel 1534 le Cedole Reali del 1530 permettendo così la cattura e la
riduzione in schiavitù degli indigeni belligeranti e la richiesta di riscatto con la
esclusione delle donne e dei bambini di età inferiore ai 14 anni. I conquistadores
ritornarono così alle loro pratiche criminali giustificate dalla nozione di “ guerra
giusta “ ,condotta contro uomini-bestie e pagani idolatri inveterati quali gli indios
del Gran Nayar. Grazie all'opera di protezione incessante portata avanti dal padre
Bartolomè de Las Casas,nel 1536 il Viceré estese a tutta la Nuova Spagna il divieto
di catturare e mettere in catene gli indigeni. Tuttavia la schiavitù in Nuova Galizia
ritornò prepotentemente alla ribalta con la Guerra del Mixton provocata dalle
ribellioni indigene del 1541. Per ordine dello stesso Mendoza venne ordinata la
guerra a sangue e fuoco senza tregua al fine di schiavizzare gli ultimi riottosi
sconfitti. A seguito di numerose e cruente battaglie che videro impegnato di
persona lo stesso Don Antonio giunto con le sue truppe dalla capitale e nelle
quali perì tra gli altri il cavaliere Pedro de Alvarado,vecchio luogotenente di
Hernan Cortez, tutti gli indigeni colpevoli vennero condannati a morte e gli altri
divisi tra capitani e soldati secondo la loro partecipazione e rango. Le rivolte
indiane continuarono durante tutto il XVI°e XVII° secolo e l'ultima resistenza
indigena venne stroncata nel 1722. Gli abitanti dell'enclave del Gran Nayar, detti
Nayeri ed oggi conosciuti come indios Coras, molto scaltramento non avevano
mai accettato alcun invito al dialogo, rifugiandosi nelle loro fortezze naturali della
Sierra - un tempo ricchissima di splendidi boschi - come la Mesa del Nayar,che al
giorno d'oggi ha l'apparenza di uno sparuto agglomerato di rustiche abitazioni
sulla strada che porta all'attuale capoluogo del distretto,Jesus Maria,che sorge a
valle sulle rive dell'omonimo fiume. Dall'anno 1542 in cui il Viceré Mendoza
sconfisse gli indios ribelli delle montagne di Coynan, Nochistlan,e Mixton,molti dei
ribelli scampati si ritirarono nella Sierra del Gran Nayar che si trovava al centro del
regno della Nuova Galizia già prima denominato dai conquistadores come Nuovo
Toledo,caratterizzata da profondissimi e scoscesi canyons ed insormontabibili
picchi rocciosi. Quì per ben due secoli si erano rifugiati gli apostati che avevano
impedito con il loro cattivo esempio la conversione dei barbari. Difficilissimo ed
oltremodo rischioso era il lavoro dei missionari - molti dei quali incontrarono il
martirio - al cospetto di questi scaltri ed orgogliosi indigeni mobilissimi ed esperti
del loro territorio che si facevano beffe dei loro tentativi di evangelizzarli
nascondendosi e non facendosi mai raggiungere. Lo stesso dicasi per gli indios
che vivevano ai confini di detto territorio ( chiamati indios fronterizos ) i quali pur
godendo di diversi privilegi per la loro supposta fedeltà alla Corona di Spagna
avevano sempre fatto in segreto causa comune con gli insorti contro le autorità
militari ed ecclesiastiche. Già con l'Ordinanza Reale del del 31 Luglio 1709 si
cerca con maggior impegno di ottenere la conversione e la conquista degli ultimi
irriducibili nativi del Nayarit e si riconosce che “ la pacificazione degli indios con
le maniere forti è più efficace della sola predicazione “. In conseguenza di tanta
pressione militare il Tonatì, Sacerdote del Sole e Re dei Nayeri, messo alle strette
fu costretto ad accettare l'invito a visitare il Viceré a Città del Messico nel Febbraio
del 1720 senza comunque cedere alle richieste di quest'ultimo ed arrendersi per vie
diplomatiche. Alla fine del 1722 si arrivò comunque inevitabilmente al momento
della definitiva catastrofe militare dei Nayeri con la fuga e la successiva resa del
Tonatì a cui fece seguito tutto il collaudato rituale di sottomissione e conquista
comprendente la ricerca e la conseguente profanazione e distruzione del tempio
che accoglieva tra gli altri l'idolo del mitico Rey Nayar del XVI secolo,che si
racconta avesse la statura di un autentico gigante. L'artefatto,probabilmente una
mummia scarnificata adorna di splendide piume e gioielli preziosi fu portato in
trionfo come bottino di guerra a Città del Messico dall'esercito vittorioso insieme
alla pietra dipinta e scolpita con l'immagine dell'Astro Solare ancor più sacra e
venerata dagli indios. Il tutto venne consegnato al Viceré il quale si affrettò a far
processare,condannare,esorcizzare e poi bruciare, le anzidette reliquie,alla presenza
del popolo in festa, nella piazza di San Diego come opera del Demonio in persona
(1723). Pochi anni dopo riprese la campagna intrapresa nella Sierra del Gran Nayar
per farla finita con l'adorazione degli idoli ed il consumo rituale ed iniziatico delle
bevande alcoliche, il tabacco ed il peyote,tutti onnipresenti ed fondamentali nella
pratica dei rituali degli indigeni ( 1729-1730 ). Così citano le fonti “ Llegaron
finalmente,antes de amanecer,al falso adoratorio en que, según la relacion de sus
antiguedades,adoraban estos indios al Lucero como a libertador de su nacion. . .
pues estas naciones por ocultar mas sus idolatrias inspiradas del demonio,escogian
lo mas ocultos y asperos parajes que, muy a su intento, los ofrece frequentes la
tierra por su natural aspereza ”. (Arrivarono finalmente,prima dell'alba,al falso
altare (sic !) presso il quale,secondo quanto trasmesso delle loro antiche usanze,
codesti indios adoravano al pianeta Venere quale liberatore del suo popolo. . .
infatti costoro per nascondere la propria idolatria ispirata dal Demonio preferivano
i luoghi più nascosti e selvaggi che, giusto a proposito, gli vengono offerti in
abbondanza da tale territorio dota la intrinseca scabrosità dei luoghi “. Sempre
secondo il racconto del padre Arias la“yerba“ detta Peyote “era tenida por los
coras como creacion especial del genio maligno,a quien ellos designaban con el
nombre de Naycuric, estaba consagrada a servir de ofrenda al numen y su bebida
servia para tener comunicación con el “.“ L'erba chiamata Peyote era considerata dai
coras come una creazione speciale dello spirito maligno,che veniva da loro indicato
con il nome di Naycuric , veniva santificata per essere utilizzata come offerta votiva
al nume e la sua pozione serviva per entrare in comunione con questo “. A detta
del padre José Ortega inoltre,egli rimase sommamente sorpreso quando constatò
che i canti che accompagnano la danza del Peyote presso i nayariti non venivano
eseguiti nel linguaggio proprio del gruppo etnico che stava celebrando il rituale ma
in quello di un altro gruppo etnico affine, ciò in vista del fatto che così facendo la
Divinità presente nel succo del cactus era preservata dalla contaminazione della
vita profana e della quotidianità; per l'esigenza stessa di mantenere il segreto e la
riservatezza propria della conoscenza esoterica,misterica ed iniziatica.
La persecuzione cristiana nei confronti delle tradizioni religiose indigene era
stata ufficialmente sancita dal decreto ufficializzato in Messico il 19 Luglio
del 1620 con il quale gli Inquisitori contro l'eresia , il vizio e l'apostasia sancivano
che “ L'uso dell'erba o radice chiamata peyote . . . è azione superstiziosa
e deplorevole, opposta alla purezza e sincerità della nostra Santa Fede
Cattolica, essendo che la detta erba né altra alcuna non possono avere la
virtù e l'efficacia naturale che si riporta per i detti effetti , né per provocare
le immagini , i fantasmi e le rappresentazioni sulle quali si basano le
dette pratiche divinatorie e che in queste si vede notoriamente la suggestione
e l'assistenza del demonio , autore di questo abuso . . . Comandiamo d'ora in
poi che qualunque persona di qualunque rango e condizione che sia possa
usare o usi la detta erba , il peyote , nè di altre ( erbe ) per i detti effetti , nè
per altri simili sotto alcun titolo o colore , nè facciano che gli indios nè altre
persone la mangino,con ammonizione che facendo il contrario,avendo incorso
nelle dette censure e pene,procederemo contro i ribelli e gli idolatri,come
contro le persone sospettose della Santa Fede Cattolica “. Costituendosi così la
base legale affinché il consumo del peyote e di qualunque altro enteogeno fosse
perseguito con tutta la violenza possibile da parte dei soldati e dei missionari
castigliani. Comunque non fu mai possibile estirpare del tutto l'uso del peyote dalla
tradizione religiosa indigena. José Antonio Navarro,missionario di Jesus Maria e
Commissario delle Missioni della provincia riporta che “y asi estan estos danzando,
y el Sacerdote cantando desde que se ponia el Sol hasta otro dia al salir, sin mas
intervalo que el poco tiempo que gastaban en beber repetidas veces una xicara de
Pellot, que es un genero de raiz que muelen, y hacen un genero de orchata, este
tambien era el refresco que tomaban los circumstantes, con lo que se embriagaban
todos, pues esta hierva embriaga,aun mas que el aguardiente. (1777).(e così questi
stanno danzando,ed il Sacerdote cantando dal tramonto all'alba,senza nessun altra
pausa di quella che che impiegavano per bere ripetutamente una ciotola colma di
Pellot,che consiste in un tipo di radice che viene macinata,e ne ottengono una
specie di orzata, questa era bevuta anche da coloro che li attorniavano,con la quale
si ubriacavano tutti insieme,perchè questa erba ubriaca,anche più dell'aguardiente)
A causa della proibizione di coltivare tabacco vi furono rivolte da parte degli indios
ancora nel 1798. Il villaggio di Jesus Maria,sede di un moderno ospedale che offre
gratuitamente assistenza a tutti coloro, coras e huicholes,che lo raggiungono spesso
anche a piedi o con piccoli aerei da turismodalle vicine montagne,è oggi già quasi
completamente collegato alla rete stradale e nella antica e maestosa chiesa si
racconta sia interrata una reliquia del Re Nayar scampata ai roghi della Inquisizione
grazie alla devozione popolare - trattandosi probabilmente dell'ultimo regnante in
carica al momento della sconfitta militare, mentre il cranio del primo fondatore,
Don Francisco,sarebbe stato messo in salvo ed occultato all'interno del tempio
cattolico della Mesa. Ma dov'erano stati in tutto questo tempo i nostri wixarika?
E' proprio in questo periodo che cominciano ad apparire nelle cronache i termini
che probabilmente costituiscono l'origine dei nomi huichol e wixarika. Prima di
allora infatti tutti gli abitanti della Sierra venivano definiti con il termine ampio di
“chichimecas “ con il quale si faceva esplicito riferimento ad un tipo specifico di
civilizzazione propria dei guerrieri barbari nomadi e semi-nomadi. Tale termine
comune per tutte le genti che vivevano a nord dei confini dell'impero azteco era
sinonimo di un tipo di vita improntato sulla caccia e la raccolta ed associato fin dai
tempi più antichi all'uso del peyote. Quanto all'origine etimologica pare che il
nome “ chichimecas ” facesse riferimento per quanto riguarda l'origine mitica di
tali genti al lignaggio totemico del cane,l'unico tipo di animale domestico presente
presso di loro fino all'arrivo degli spagnoli. Più tardi si inizia a parlare di “xurutes”
o “ vizuritas “ ed a partire dalla metà del XVI secolo vengono disegnate le prime
carte geografiche ove appaiono i nomi “xurute” e “guanos”. Nell'anno 1579 si
pubblicò in Europa l'edizione dell'atlante “ Theatrus Orbe Terrarum “ del
cartografo fiammingo Abraham Ortelius,considerato il primo dell'età moderna,
dove nella mappa riguardante la Nuova Spagna si può vedere per la prima volta,
molto chiaramente,la localizzazione separata di xurute,guanos, tepehuanos e
guachichiles. Sembra proprio che dalle deformazioni di tale ultimo termine
come “guisoles”, “huizoles”,“guicholes de San Andres Cohamiata (1745)
derivò poi l'uso del termine “huicholes” per identificare coloro i quali poi alla fine
dell'ottocento,una volta ”riscoperti”,rivendicheranno il nome originale di wixarika .

CATAPULTATI NEL MONDO MODERNO.

Nel '700,in Europa,con la riscoperta delle dimenticate e nascoste rovine di Pompei


ed Ercolano grazie all'attività pionieristica del Winkelmann si assisteva alla nascita
della nuova scienza dell'archeologia che fiorirà con gli studi sulle principali civiltà e
attirerà l'attenzione del grande pubblico con la saga delle eroiche ricerche di
Schliemann sulla presunta esistenza della Troia omerica e la sua clamorosa
riscoperta. Nel continente americano venivano riportate alla luce antiche culture e
civiltà come quella dei maya e portentosamente venivano riscattate dall'abbraccio
della vegetazione tropicale intere città,magnifici esempi di arte ed architettura,come
Palenque nel Chiapas,ad opera dell'avvocato ed esploratore statunitense John Lloyd
Stephens insieme all'artista inglese Frederick Catherwood. A questo punto fu
inevitabile,a fronte delle rare notizie sull'esistenza nelle montagne del Messico
nord-occidentale di misteriose tribù ancora legate al mondo rituale e religioso
mesoamericano, l'affacciarsi sulla scena alla fine del XIX° secolo di una nutrita
schiera di esploratori e studiosi norvegesi,tedeschi,francesi e statunitensi,una volta
che la zona in questione venne pacificata ed ebbe termine l'ultima grande
insurrezione indigena capeggiata dal nayarita Manuel Lozada che dominò il
territorio dell'attuale stato del Nayarit per circa un ventennio giungendo a
minacciare con le sue truppe indigene del Gran Nayar la stessa città di Guadalajara
prima di essere sconfitto nel 1873 ed impiccato o fucilato e poi decapitato in Tepic
dopo essere stato catturato a San Andres Cohamiata ove probabilmente si era
rifugiato dopo le sconfitte militari . I Wixarika infatti, in questo come negli altri
eventi storici - prima e dopo l'assoggettamento del Gran Nayar - a seconda dei casi
e delle circostanze,per niente uniti fra loro stessi, avevano l'abitudine di prendere
posizione in entrambi gli schieramenti contrapposti nel rispetto di alleanze tribali e
familiari. E' certo comunque che in tutto questo susseguirsi di violenze ed
insurrezioni poco a poco persero gran parte del territorio godendo di parentesi di
relativa calma e prosperità grazie alla ricchezza derivante dalla pastorizia ed dal
commercio .L'instabilità dovuta alla rivoluzione messicana prima ed alle guerre dei
“cristeros” poi,mantennero di nuovo tale enclave geografico isolato e pericoloso da
visitare fino agli anni '50. Con la formazione dell'Istituto Nazionale Indigenista ed
il riconoscimento dei diritti sulle terre da parte delle comunità wixarika,grazie alle
lotte di rivendicazione condotte dal mitico Don Pedro de Haro che passò anche
qualche anno di carcere a Tepic,iniziarono ad arrivare gli aiuti internazionali
del “PLAN HUICOT” finanziato dalla UNESCO e la situazione si andò
normalizzando rendendosi più agevole l'accesso al difficile e fino ad allora isolato
territorio mediante la costruzione delle piste di atterraggio. Da allora il continuo
via vai di funzionari governativi,studiosi, ricercatori,religiosi , visitatori stranieri e
messicani ha avuto inizio,per trasformarsi poi in un classico dei viaggi “on the
road” con la rivoluzione psichedelica ed il fermento culturale degli anni '60,grazie
all'enorme popolarità e risonanza mondiale tributati al moderno mito del maestro
sciamano sulla falsariga del personaggio del “brujo-stregone” don Juan Matus, mi-
sterioso,istrionico ed irresistibile protagonista dei best-seller di Carlos Castaneda.

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