1 E. BRAKE, Minimizing Marriage. Marriage, Morality, and the Law, Oxford Univer-
3 «I bambini che vivono in famiglie senza il padre biologico sono meno sani di
quelli che vivono in famiglie biologiche integre; inoltre, nell’ultima metà del secolo,
i tassi di suicidio fra adolescenti e giovani adulti si sono triplicati, e due terzi di que-
st’aumento hanno riguardato persone che vivevano con genitori divorziati […]. Al-
cuni studi svedesi recenti mostrano che i figli con un solo genitore hanno il doppio
delle probabilità di sviluppare disturbi psichiatrici, di tentare il suicidio o di avere
malattie derivanti dall’abuso di alcol. I ragazzi svedesi in famiglie con un unico ge-
nitore hanno il quadruplo delle probabilità di sviluppare una malattia collegata
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1. È naturale il matrimonio?
4 Cf. J. PORTER, Ministers of the Law. A Natural Law Theory of Legal Authority, Eer-
6 «Aliquid dicitur esse naturale dupliciter. Uno modo sicut ex principiis naturae
ex necessitate causatum, ut moveri sursum est naturale igni etc.; et sic matrimonium
non est naturale, nec aliquid eorum quae mediante libero arbitrio complentur. Alio
modo dicitur naturale ad quod natura inclinat, sed mediante libero arbitrio comple-
tur, sicut actus virtutum dicuntur naturales; et hoc modo etiam matrimonium est na-
turale, quia ratio naturalis ad ipsum inclinat», In IV Sent., d. 26, q. 1, a. 1, c.
7 Corpus iuris civilis (MOMMSEN-KRÜGER), 1, 1, 1, 3.
8 Cf. In IV Sent., d. 26, q. 1, a. 1, ag. 1.
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19 «Natura hominis ad aliquod inclinat dupliciter. Uno modo quia est conveniens
naturae generis; et hoc est commune omnibus animalibus: alio modo quia est conve-
niens naturae differentiae qua species humana abundat a genere, inquantum est ra-
tionalis; sicut actus prudentiae et temperantiae. Et sicut natura generis quamvis sit
una in omnibus animalibus, non tamen est eodem modo in omnibus; ita etiam non
inclinat eodem modo in omnibus, sed secundum quod unicuique competit», In IV
Sent., d. 26, q. 1, a. 1, ad 1m.
10 Cf. ARISTOTELE, Etica nicomachea, VIII, 12 (1162 a 16-33). Un’interessante provo-
la natura inclina tutti gli animali non solo alla procreazione, ma più
ampiamente al bene della prole. Questa inclinazione, dunque, sussi-
ste in modo diverso nelle diverse specie animali: in alcune di esse –
i cani, per esempio – i cuccioli hanno necessità solo delle cure mater-
ne, per cui non c’è alcuna determinazione del maschio verso la fem-
mina al di là dell’accoppiamento; vi sono altre specie – ad esempio
tra gli uccelli – in cui i piccoli hanno bisogno delle cure di entrambi
i genitori, ma per un tempo relativamente breve, e pertanto la loro
convivenza dura il tempo necessario a ciò. Ma nell’uomo la prole ha
bisogno delle cure di entrambi i genitori per un tempo molto lungo,
in ordine al sostentamento e all’educazione fino alla maturità perfet-
ta dell’uomo in quanto uomo, cioè alla formazione della virtù. Per-
ciò anche la natura animale generica inclina l’uomo al matrimonio:
cura matris, a qua nutritur, sed multo magis cura patris, a quo est instruendus et de-
fendendus, et in bonis tam interioribus quam exterioribus promovendus. Et ideo
contra naturam hominis est quod utatur vago concubitu, sed oportet quod sit maris
ad determinatam feminam, cum qua permaneat, non per modicum tempus, sed diu,
vel etiam per totam vitam. Et inde est quod naturaliter est maribus in specie huma-
na sollicitudo de certitudine prolis, quia eis imminet educatio prolis. Haec autem
certitudo tolleretur si esset vagus concubitus. Haec autem determinatio certae femi-
nae matrimonium vocatur. Et ideo dicitur esse de iure naturali», S.Th. , II-II, q. 154,
a. 2, c.; cf. SCG III, c. 123.
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12 «Sicut enim parentibus indidit natura solicitudinem filiis providendi, ita indi-
dit filiis reverentiam ad parentes. Nulli autem generi aliam indidit solicitudinem fi-
liorum aut reverentiam parentum in omne tempus, nisi homini; aliis autem anima-
libus plus et minus, secundum quod magis vel minus necessarii sunt vel filii paren-
tibus, vel parentes filiis; unde etiam in quibusdam animalibus filius abhorret cogno-
scere matrem carnaliter, quamdiu manet apud ipsum cognitio matris, et reverentia
quaedam ad ipsam, ut recitat Philosophus in 9 De animalibus, de camelo et equo», In
IV Sent., d. 40, q. 1, a. 3, ad 3m.
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que usa del rapporto sessuale per il piacere che vi è, senza riferirsi
al fine inteso dalla natura, agisce contro natura; e similmente se un
tale rapporto non può essere ordinato in modo conveniente a quel
fine13.
L’inclinazione che sta alla base della legge naturale è quella che
orienta al fine debito, non quella che orienta al piacere. Quest’ultima
è certamente naturale, ma è intesa in modo strumentale, come mez-
zo per ottenere il fine. Cosicché è contro natura non solo il separare
il piacere dalla procreazione, ma anche ricercare il piacere sessuale
come se fosse il fine, senza riferirsi alla procreazione, pure nell’ipo-
tesi che la procreazione non fosse esclusa. D’altra parte – nota Tom-
maso – sul piano del linguaggio si riscontra un’evidenza importan-
te in merito: il “matrimonio” viene chiamato così perché la “mater-
nità” sta in primo piano, è primariamente intesa in esso; il “concubi-
nato” viene chiamato così perché in primo piano c’è il concubitus, il
rapporto sessuale che viene cercato per se stesso. Anche nell’ipotesi
in cui questo rapporto non escluda la procreazione di figli – come si
è detto – il contesto di relazione instabile non è conveniente al loro
bene. Pertanto quello stato risulta essere contrario alla natura, non
ostante tutte le inclinazioni passionali che possano spingervi.
2. Variazioni storico-culturali
13 «Illa actio dicitur esse contra legem naturae, quae non est conveniens fini de-
bito, sive quia non ordinatur in ipsum per actionem agentis, sive quia de se est im-
proportionata fini illi. Finis autem quem natura ex concubitu intendit, est proles pro-
creanda et educanda; et ut hoc bonum quaereretur, posuit delectationem in coitu; ut
Augustinus dicit. Quicumque ergo concubitu utitur propter delectationem quae in
ipso est, non referendo ad finem a natura intentum, contra naturam facit; et similiter
etiam nisi sit talis concubitus qui ad illum finem convenienter ordinari possit» In IV
Sent., d. 33, q. 1, a. 3, qnc. 1, c.
14 «Non in tutti giunge ad effetto ciò a cui inclina la ragione naturale», In IV Sent.,
d. 26, q. 1, a. 1, ad 2m.
inclinat 14, pertanto presso un certo popolo può verificarsi una vera e
propria ignoranza del diritto naturale dovuta ad un insufficiente uso
della ragione. Non a caso Tommaso menziona l’inclinazione della
ragione: l’inclinazione della sensualità all’accoppiamento e quindi
alla procreazione non ha bisogno di consapevolezza razionale per
attuarsi, ma la dinamica specifica dell’inclinazione al matrimonio
umano implica un esercizio consapevole della razionalità, che in de-
terminate condizioni storiche può mancare15.
Dall’altro lato Tommaso si richiama alla mutabilità della natura
umana, in forza di cui diversificantur ea quae sunt de iure naturali se-
cundum diversos status et condiciones hominum16. Questa notazione è
estremamente interessante, perché consente di intendere il diritto
naturale non come un blocco monolitico uniforme, bensì come una
realtà differenziata, in cui sono presenti certamente alcuni elementi
immutabili, ma ve ne sono anche altri mutevoli: come la stessa natu-
ra umana, che è la medesima ovunque, eppure si manifesta in modi
diversi, perché è capace di cultura e di storia. Tutto sta a distingue-
re ciò che può mutare da ciò che non può.
L’Aquinate insegna che la legge naturale rispecchia l’ordine del-
le inclinazioni naturali e tra queste la più importante è quella che im-
pone di agire “secondo ragione”. Ma, nel passare dal principio gene-
rale alle conseguenze particolari e proprie, si manifesta una differen-
za importante tra l’ambito speculativo e quello pratico. La ragione
speculativa si occupa di oggetti “necessari”, che non possono non
essere, né essere diversi da come sono; per cui, in campo speculati-
vo, la verità insita nei principi passa, senza subire alterazioni di sor-
ta, nelle conclusioni17. La ragione pratica, invece, si occupa delle
azioni umane, che non sono necessarie, ma contingenti. Certamente
anch’essa muove da principi comuni necessari; tuttavia, quanto più
discende alle realtà proprie, tanto più la contingenza dell’agire uma-
no determina un difetto di necessità:
24 Questa distinzione era stata posta già da GUGLIELMO D’AUXERRE, Summa aurea
in quattuor libros sententiarum, III, 7, 1, 5; IV, 17, 3.2 ad 1. Si vede chiaramente come il
giovane Tommaso ne abbia assimilato la lezione teologica ed abbia integrato questa
dottrina nella sua concezione della synderesis, elaborata alla luce della dottrina aristo-
telica degli habitus principiorum: la sinderesi concepisce-contiene i precetti primari del-
la legge naturale, la ragione pratica, sulla base di questi, deduce i precetti secondari.
25 Cf. S.Th. II-II, q. 154, a. 11, c.
26 «Sicut in speculativis error circa ea quorum cognitio est homini naturaliter in-
dita, est gravissimus et turpissimus; ita in agendis agere contra ea quae sunt secun-
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dum naturam determinata, est gravissimum et turpissimum. Quia ergo in vitiis quae
sunt contra naturam transgreditur homo id quod est secundum naturam determina-
tum circa usum venereum, inde est quod in tali materia hoc peccatum est gravissi-
mum», S.Th. II-II, q. 154, a. 12, c.
27 Cf. SCG III, c. 123, 5; c. 124, 1.
28 «Leges autem positae oportet quod ex naturali instinctu procedant, si huma-
nae sunt: sicut etiam in scientiis demonstrativis omnis humana inventio ex principiis
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naturaliter cognitis initium sumit. Si autem divinae sunt, non solum instinctum na-
turae explicant, sed etiam defectum naturalis instinctus supplent: sicut ea quae divi-
nitus revelantur, superant naturalis rationis capacitatem. Cum igitur instinctus na-
turalis sit in specie humana ad hoc quod coniunctio maris et feminae sit individua,
et quod sit una unius, oportuit hoc lege humana ordinatum esse. Lex autem divina
supernaturalem quandam rationem apponit ex significatione inseparabilis coniun-
ctionis Christi et ecclesiae, quae est una unius. Sic igitur inordinationes circa actum
generationis non solum instinctui naturali repugnant, sed etiam leges divinas et hu-
manas transgrediuntur», SCG III, c. 123, 7.
29 Cf. In IV Sent., d. 33, q. 1, a. 1, c.
30 BERNARDO DI CHIARAVALLE (S.), De praecepto et dispensatione, III, PL 182, c. 864.
31 Cf. In I Sent., d. 47, q. 1, a. 4, c.; De Malo, q. 3, a. 1, ad 17m.
32 Cf. S.Th. I-II, q. 100, a. 8.
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precetti secondari della legge naturale dai quali è possibile essere di-
spensati in determinate circostanze33. Tra questi ultimi Tommaso in-
serisce l’indissolubilità del matrimonio naturale: essa rientra nell’in-
tenzione secondaria della natura, pertanto la dispensa da parte del-
l’autorità umana è stata possibile nel passato; tuttavia, da quando è
stato istituito il sacramento del matrimonio, una tale dispensa non è
più possibile, se non nell’ordine del miracolo34.
3. Bilancio
ABSTRACT