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1. Introduzione
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L'Italia post-unitaria ha partecipato alla definizione
della forma educativa moderna come ha potuto,
sprovvista di un centro propulsore univoco, non più, o
comunque non solo, in mano alla Chiesa. Quando si è
costituito lo Stato unitario esso ha dovuto pensarsi
come uno stato educatore perchè alla luce di come
l'unificazione era avvenuta, non aveva altra
legittimazione forte che quella di dover finalmente
creare un popolo. “Fatta l'Italia bisogna fare gli
italiani”.
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INTRODUZIONE
Lezione 1 – sessione 1
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Nelle successive riflessioni troverà ampio spazio la politica, e la
spiegazione non è banale. Non basta, infatti, ripetere che la scuola
italiana è nata dirigista e che dalla legge Casati in poi non è ancora
riuscita a cambiare rotta. I termini del problema sono stati posti
prevalentemente dagli intellettuali e dagli esponenti del ceto dirigente.
La situazione va invece vista nell'ambito di un contesto e di uno scenario
più vasto. Dare volto a un processo di alfabetizzazione che ha riguardato
la quasi totalità di un popolo in un periodo assolutamente breve è stata
un'impresa difficile, ma sarebbe un errore indulgere sull'antipolitica (per
dirla con un termine molto attuale) quando si sa che la storia d'Italia è
stata caratterizzata da continue “rivoluzioni” culturali e non si sono avuti
margini per anticipare i cambiamenti e gestire con calma i loro effetti.
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2. Evoluzione storica
Le radici della scuola italiana e della conseguente
legislazione sono sostanzialmente religiose. La maggior parte
della potenziale popolazione scolastica venne per secoli
assorbita in Italia dalle scuole religiose, che intendevano
coltivare vere e proprie vocazioni sacerdotali o monacali.
Il sistema medioevale di istruzione – soprattutto quello
monastico – si fondava, con alcune doverose varianti, su quello
romano descritto nell’Institutio Oratoria di Marco Fabio
Quintiliano e basato sulle opere di Marco Terenzio Varrone.
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Lezione 1 – sessione 2
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Dalla metà del secolo XVI l’influenza della scuola
religiosa cominciò ad essere esercitata dalla
Compagnia di Gesù, fondata dallo spagnolo Ignazio
di Loyola. Il programma didattico-educativo fece
compiere un notevole passo in avanti
all’organizzazione scolastica, rivolgendo particolare
attenzione, cosa non frequente in quell’epoca, agli
studi secondari, destinati agli alunni fra i 10 e i 18
anni.
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Lezione 1 – sessione 3
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E’ di particolare interesse la struttura del piano di studi e la
metodologia didattica. I cicli di studio erano tre, il primo di
cinque anni il secondo di tre, il terzo di quattro anni. Le
materie erano Grammatica, Latino, Greco, Aritmetica,
Storia, Costumi dei popoli, Filosofia, Matematica e la
didattica si basava sulla lettura e commento dei testi e
dispute e gare tra allievi, gruppi di classe e professori.
Metodi di incredibile attualità: sembra di vedere Robin
Williams nell’indimenticabile film “L’attimo fuggente”.
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Lezione 1 – sessione 4
Dopo
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decenni senza sostanziali innovazioni,
contrassegnati dalla prevalenza della scuola dei
religiosi, il secolo XVIII si apre al delinearsi
dell’istruzione come interesse istituzionale dello
Stato. Lo scenario è quello dell’Illuminismo. In
Italia se ne fecero portavoce a Milano Cesare
Beccaria e Pietro e Alessandro Verri, a Napoli
Francesco Mario Pagano, che fu l’autore dello
schema di Costituzione della sfortunata
Repubblica partenopea del 1799.
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Lezione 1 – sessione 4
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Questi intellettuali dimostrarono un senso
progressista con l’affermazione del diritto sovrano
dello Stato di indirizzare la scuola pubblica.
In altri Paesi, soprattutto in Germania, si sviluppa
un vero e proprio “illuminismo pedagogico” con
l’affermazione di piani di studio in cui non si
dimenticano gli studi classici, ma si dà un forte
rilievo alla matematica, alla geometria, alla
tecnica, alla scienza delle costruzioni, alla
economia e alla gestione commerciale delle
imprese.
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Lezione 1 – sessione 4
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In pratica un sistema integrato di cultura e pratica che anticipa di due secoli
quello che oggi viene chiamato “alternanza scuola-lavoro” o “sistema
duale”, con periodi di studio a scuola e lavoro in azienda. Ne parleremo
diffusamente nelle prossime lezioni.
Agli intellettuali milanesi di questo periodo si deve un’altra nuova
enunciazione: l’obbligo scolastico come diritto-dovere civico. Quest’ultimo
istituto, già presente nella legislazione piemontese della fine del secolo
XVIII, sarà portato a sviluppo nel periodo napoleonico a Milano, dove resterà
in vigore, nella legislazione del Lombardo-Veneto, anche dopo, con la
Restaurazione. Se poi l’obbligo scolastico venisse realmente rispettato è un
altro discorso, ma certamente entrò a far parte della legislazione scolastica.
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Lezione 1 – sessione 4
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Il periodo napoleonico e il successivo, dalla
“Restaurazione” fino alla vigilia dell’unità d’Italia, fu
caratterizzato da un forte divario tra il Centro–Nord
(Lombardia, Piemonte e Toscana) e il resto d’Italia.
Le politiche scolastiche, in questo periodo, furono
più enunciazioni di intenti che concrete
realizzazioni. Le scuole erano in condizioni penose e
nella società agricola del tempo i giovani erano
braccia per il lavoro e non teste da formare con lo
studio.
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Lezione 1 – sessione 4
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Approfondimento ed esercitazione