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FORTINI, ZANZOTTO E LA NATURA

La seguente nota intende presentare sinteticamente alcune ipotesi di ricerca, o


suggestioni critiche, stimolate dalla lettura incrociata dell’opera poetica di Franco
Fortini e Andrea Zanzotto. Di questi due autori, in particolare, verranno
brevemente sondate le affinità latenti e i contatti espliciti all’interno dello specifico
ambito della “letteratura ecologica”. Tali riflessioni sono germinate a seguito di due
incontri del laboratorio “Officina di poesia”, in particolare quello a tema
“Letteratura e ecologia” con ospite il prof. Scaffai, e il convegno su "Andrea
Zanzotto e la critica: prospezioni e consuntivi". È dunque a questi due incontri che
si farà implicito (e non) riferimento nel corso della scrittura.

Non è questo il luogo per ricostruire dettagliatamente il rapporto tra Franco


Fortini e Andrea Zanzotto, basti però accennare alla sua longevità , pubblica e
privata. Il primo incontro “letterario” fra i due avvenne assai precocemente a
partire almeno dall’esordio poetico di Zanzotto, la cui raccolta Dietro il paesaggio,
uscita per Mondadori nel 1951, fu recensita positivamente pochi mesi dopo da
Fortini su Comunità 1.
A questa altezza cronologica dunque già comincia il rapporto “pubblico” dei due
poeti, che scriveranno spesso poi nel corso degli anni l’uno dell’altro, o, per meglio
dire, l’uno dell’opera poetica dell’altro 2. Si può a ragione ritenere che alla stessa
data sia da ricollegare l’inizio di un carteggio fra i due che proseguirà con costanza
nel corso degli anni3.
Ma lo scambio fra i due poeti-amici prosegue, più in profondità , insinuandosi
1
Franco Fortini, Zanzotto: dietro il paesaggio, in “Comunità ”, VI, 14 (giugno 1952).
2
Per quanto riguarda i contributi di Fortini su Zanzotto, ci limitiamo a segnalare quelli più
importanti, tralasciando un’esaustiva ricostruzione delle tantissime citazioni che lo coinvolgono
nella ponderosa produzione saggistica del poeta toscano (solo scorrendo l’indice dei nomi nel
Meridiano che raccoglie una selezione dei suoi “Saggi ed epigrammi” si contano ben 21 occorrenze):
due contributi dedicati a Zanzotto, Zanzotto e Zanzotto 2, in Trentasei moderni. Breve secondo
Novecento, Lecce, Manni, 1996 e un capitolo a lui dedicato nell’antologia I poeti del Novecento, Bari,
Laterza, 1977; nuova edizione Roma, Donzelli, 2017.
I contributi di Zanzotto su Fortini, seppure più sporadici, non sono tuttavia meno rilevanti:
prefazione a Una obbedienza. 18 poesie 1969-1979, Genova, San Marco dei Giustiniani, 1980, e
l’intero capitolo Franco Fortini in Aure e disincanti nel Novecento letterario, Milano, Mondadori,
1994.
3
“Nell’Archivio del Centro Studi Franco Fortini sono conservate 55 lettere di Zanzotto a Fortini e 4
lettere di Fortini a Zanzotto, comprese in un arco di tempo che va dal 1952 al 1994” (Velio Abati,
Andrea Zanzotto-Franco Fortini. Due lettere (1960-1968) e un’intervista, in “L’ospite ingrato”, II,
1999, pp. 300-310). C’è da aggiungere che nella relazione presentata al convegno "Andrea Zanzotto
e la critica: prospezioni e consuntivi", 10 aprile 2019, Silvia Volpato ha annunciato il rinvenimento
di una grossa mole di lettere in casa Zanzotto di cui una serie ricevute da Fortini.
persino all’interno delle rispettive liriche, laddove trovano posto componimenti
dedicati all’amico4 o dove l’amico è addirittura evocato in prima persona, nomina
agentis nella poesia5.
C’è un campo tematico in particolare però su cui le liriche, o addirittura le
poetiche dei due scrittori, pur così diverse, s’incontrano in una consonanza
analogica di prospettive estetico-gnoseologiche: il grande tema della “natura”. Che
la natura nella produzione poetica e non di Zanzotto sia elemento fondante e quasi
intrinseco, è dato critico ben acquisito6. Assai diversa è la situazione per Fortini 7. A
dimostrazione del diverso peso assegnato dalla critica a questo tema nell’opera dei
due autori si veda il “canone” di scrittori “ecologici” proposto da Scaffai nel recente
“Letteratura e ecologia”. Mentre il poeta solighese viene qui eletto - a ragione -
eminente rappresentante contemporaneo della grande lirica tradizionale sulla
natura (“La riflessione di Zanzotto sulla natura è paragonabile, per costanza e
intensità , a quella di Leopardi”), l’opera di Fortini non viene nemmeno presa in
considerazione. Eppure la presenza di un punto di vista ecologico “straniato” – “lo
straniamento” è “una prima, importante forma di relazione tra letteratura ed
ecologia”8 – è assai produttivo e nevralgico all’interno delle ultime due raccolte
poetiche di Fortini, “Paesaggio con serpente” e, ancor di più , Composita solvantur9.
È lo stesso Fortini ad affermare con decisione l’importanza della presenza naturale
all’interno della sua opera e la sua funzione “straniante” sulla realtà : “Nelle cose
che ho scritto, di boschi ce ne sono tanti e di tutte le ore e stagioni; ma ora mi pare
di capire che sempre sono stati una facilissima allegoria dell’alterità , del diverso
radicale ed esigente”10.
Ammessa dunque una rilevante presenza del tema “naturale” all’interno della
produzione poetica di entrambi, cercherò ora di accennare a quelle che ritengo
essere delle sostanziali analogie sul trattamento del tema da parte dei due autori 11.
La più forte e appariscente somiglianza sta nella comune negazione di una natura
idillica, ideale, sciolta da qualsiasi legame con la Storia umana e priva di alterazioni
indotte dalla mano dell’uomo. È al contrario una natura iper-umanizzata, per

4
è il caso, per esempio di E la madre-norma, testo che chiude La Beltà zanzottiana (1968), appunto
dedicato “A Franco Fortini”, o di Postilla ne Il Galateo in bosco (1978).
5
Si veda, di Fortini, Per l’ultimo dell’anno 1975 ad Andrea Zanzotto, in Paesaggio con serpente
(1984): “Come nel buio si ritrae lento,/Andrea, questo anno già da sé diviso”.
6
Valga, una per tutte, la presa d’atto di Giancotti: “Notoriamente, quasi proverbialmente Zanzotto è
il poeta del paesaggio” (Andrea Zanzotto, Luoghi e paesaggi, Milano, Bompiani, 2013, p.9).
7
Non esistono trattazioni critiche specifiche sul rapporto Fortini-natura, si veda qualche
considerazione sparsa nelle diverse monografie dedicate alla sua poesia, ultima quella di Francesco
Diaco, Dialettica e speranza. Sulla poesia di Franco Fortini, Macerata, Quodlibet, 2017.
8
Niccolò Scaffai, Letteratura e ecologia, Roma, Carocci, 2017, p. 12.
9
Esorbita decisamente dalla presente occasione la dimostrazione capillare di quanto affermato,
bastino per il momento – necessariamente - alcuni piccoli saggi siano offerti più oltre.
10
F. Fortini, Sui boschi, in Saggi ed epigrammi, Milano, Mondadori, 2003, p.1704.
11
Anche lo svolgimento di questa tesi naturalmente meriterebbe ben più ampia trattazione; ci
limitiamo qui ad offrire qualche spunto o suggestione.
entrambi. Quella di Zanzotto infatti “non è una wilderness edenica, l’ennesima più
o meno orrorifica Arcadia della nostra tradizione. Ma è invece – con i suoi disastri e
suoi giacimenti di senso, i suoi ossari e i suoi crepuscoli, il suo Napalm e i suoi
Fosfeni – un paesaggio umano”12. Non meno umanizzato è il paesaggio naturale
fortiniano, attraversato dalle menzogne della Storia, dalle ferite inflitte dagli
uomini alla natura e a se stessi, ferite che mistificano la realtà distruggendola. È la
grande opposizione tra Verità -natura e falsità -uomo, o meglio rapporto violento
dell’uomo sulla natura e su stesso che finisce così per violentare e falsificare il
rapporto originario tra uomo e natura: “Vedo il mare, è celeste, lietissime le vele./E
non è vero”13.
Natura che non può essere vista altrimenti che intarsiata di interventi umani,
modellata o violentata a volte dal rapporto con l’uomo. È il caso per esempio di “La
salita”, dove la “nostra condotta dell’acqua” sembra quasi appartenere ab origine al
paesaggio: “Nel bosco la traccia della nostra condotta d’acqua/è malagevole, ripida
per la pendenza. Il bosco/è di quercioli e lecci, di pini, castagne e robinie”. Così
pure l’ingresso dell’uomo sulla scena della natura coincide per Zanzotto con la sua
essenza stessa: “Egli riscontra anzi nell’insediamento armonizzato con l’ambiente
quasi la rivelazione della natura del luogo, la piena realizzazione di potenzialità che
nel paesaggio originario si davano come virtuali o amorfe, come se fossero state,
appunto, in “attesa dell’umano”14. Fino ad instaurare un rapporto di necessità tra
l’esistenza del paesaggio e la presenza in esso dell’uomo: “uno dei grandi valori
conoscitivi della poesia di Zanzotto è quello di aver suggerito e perfino dimostrato
che il paesaggio non esiste in senso assoluto ma si manifesta come evento,
accadimento che lega in un intreccio indissolubile e non descrivibile – se non per
approssimazioni – la realtà del luogo e la condizione psico-fisica dell’uomo” 15.
Insomma, per entrambi, una natura umanizzata, con tutto ciò che c’è anche di
violento ed esplosivo in questo rapporto.
Ma c’è una ulteriore affinità tra i due poeti nel trattamento della natura, per
entrambi cioè esiste un legame indissolubile tra natura e poesia, nel senso di una
natura che è anche poesia, e viceversa. “Un deus” che, come quello della natura,
“continuamente sorprende manifestando il suo esistere anche con abbaglianti
precisioni è per me quello che si riconnette ai testi di poesia”16.

Il incidenza reciproca della poesia, o per meglio dire, della poetica dei due
autori è testimoniata da diverse spie disseminate lungo tutta l’opera, poetica e non,
12
Andrea Cortellessa, Andrea Zanzotto, la scrittura, il paesaggio, in Id., La fisica del senso. Saggi e
interventi su poeti italiani dal 1940 a oggi, Roma, Fazi, 2006, p.128.
13
Da Stanotte… in Composita solvantur, Milano, il Saggiatore, 2015, p.21. Si noti la stessa dinamica
in “Gli alberi”, poesia raccolta il “Questo muro” (1973): “Gli alberi sembrano identici/che vedo dalla
finestra./Ma non è vero. Uno grandissimo/si spezzò e ora non ricordiamo”. CITTTT
14
Giancotti, p.13.
15
Giancotti, p.10.
16
Zanztot, paesaggio,m p. 38.
dei due autori. Le prime tracce di un rapporto…
Ma c’è un terreno comune ai due autori, certo più familiare a Zanzotto ma non
meno tentato da Fortini, dove i due arrivano persino a sfiorarsi. testo testo testo
testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo
testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo testo
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Andrea Zanzotto, Aure e disincanti nel Novecento letterario, Milano, Mondadori,


1994. [“Franco Fortini: Un’obbedienza”, pp.223-229;“Su Fortini” (1985) intervista
a cura di Maria Grazia D’Oria, pp. 230-233: “in sintonia con Fortini, in pieno
consenso con lui proprio per il sentimento che egli ha della radicalità e
dell’imminenza dell’etica. Per me questa radicalità ed imminenza erano più
endoletterarie perché sentivo che la letteratura, anzi diciamo meglio, la poesia era
ed è una trave portante della realtà ” (p.230)]

F. Fortini, La prossima abolizione della natura, in “Versi scelti. 1939-1989”,


Torino, Einaudi, 1990, p. 309 [1984].

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