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PREFAZIONE
Abbiamo ricevuto, in questi pochi anni, tanti attestati di simpatia, suggerimenti e, per fortuna, correzioni,
che ci hanno gratificati per il lavoro svolto ed incentivati a dare il meglio.
Lasciamo perciò che siano alcune delle tante mail ricevute a presentare queste pagine.
Complimenti vivissimi (da estendere a Catia e Luca) per il vostro sito. Specialmente per la parte dedicata
alle locuzioni e citazioni latine.
…lavoro all'estero dove la lingua ufficiale é l'inglese e anche quando parliamo fra noi italiani la nostra
lingua é continuamente farcita di inglesismi. Ho comunque notato che anche in Italia la situazione non é
diversa, tutti ci ingegnamo a scimmiottare l'inglese.
Mi è piaciuto lo spirito col quale curate S.P.Q.R.Vorrei proporvi un piccolo contributo che nasce da una
frase che uso negli incontri con gli studenti per richiamarli alla responsabilità.
Incontro spesso i giovani in assemblee scolastiche e sono stanco di sentirmi proporre provocazioni sulla
liberalizzazione delle droghe. Quando la contrapposizione diventa non superabile con discorsi razionali
butto la palla nel campo dei giovani con la frase:“faber est suaequisqe fortunae" attribuita al console
Appius Claudius Caecus. Purtroppo al giorno d’oggi, anche al liceo classico, devo subito tradurla perché
non mi capiti come con una giovane psicologa del mio centro che tentavo di rincuorare con la frase “per
aspera ad astra”. Mi ha risposto: “non capisco l’inglese, al liceo ho studiato francese!”. Mantenetevi così,
buon lavoro. Che bella cosa che avete fatto!
Buongiorno a Voi,Vi scopro per caso dalla lontana Ginevra e...che piacere leggerVi.
Mi fa una tale invidia vedere tanta, apparente, semplicità unita a cultura, buon gusto e rispetto del
prossimo....
E' stato bello incontrarvi
"Os stulti contritio eius" (la voce dello stolto è il suo castigo) ..
Vi segnalo questa massima che, se vorrete, potrete aggiungere al vostro bel sito.
Ad maiora
Volevo ringraziarvi per la ricchezza del sito sulle espressioni latine, è fatto molto bene.
Sono incuriosita da Pieve di Revigozzo, che non conosco...quanti bei posti d´Italia non si conoscono, non
basta una vita per viaggiare nel nostro paese!
Segnalo che nel commentare "Nomen Omen" appare un errore: non è stato Benedetto XVI a dire "Se
sbaglio mi corrigerete" bensì Giovanni Paolo II nel giorno della proclamazione. In ogni caso voglio
esprimere tutti i miei complimenti per il bellissimo lavoro da voi fatto!
Credo che "obtorto collo" sia stato coniato quando i romani furono costretti ad inchinarsi passando sotto
un giogo di lance dei sanniti. I sanniti avevano vinto la guerra ed era una costrizione simbolica che
significava l'assoggettamento dei romani ai loro vincitori.
Credo sia stata la prima occasione dell' "obtorto collo".
4 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Mal traducendo il proverbio inglese " spare the rod and spoil the child " con " il medico pietoso fa la
piaga purulenta ", ho trovato che deriverebbe dall'originario motto latino" Qui parcit virgae odit filium
suum ". Non ho trovato tale proverbio tra i vostri. Come mai ?
Ho scoperto per caso, mentre cercavo delle citazioni latine, il vostro sito : carino !
E la gente che sta dietro al sito sembra veramente simpatica.
Complimenti. Spero di poter tornare a visitarvi ogni tanto.
Questa brevissima e-mail per dire che il sito è veramente meraviglioso. Non parlo di effetti speciali su cui
molti siti fanno ormai affidamento per “sembrare più che per essere”, ma del cuore e dell’amore che
traspira in ogni vostra pagina. Sono un autodidatta in molte cose, e da sempre sento un fascino irresistibile
verso il latino… aver incontrato il vostro sito e la vostra bella “fatica”, mi ha stimolato ancor di più verso la
lingua dei nostri padri.
E’ bello notare che il gruppo che avete formato per realizzare questo sito è molto variegato e creativo.
Ognuno è bravo in qualcosa. La creatività e l’amore sono tuttuno, così come Dio e l’Infinito…
Un abbraccio colmo di gratitudine.
A proposito della citazione "Nunc est bibendum" (è una curiosità e non so se può interessare)
Michelin (nome completo Manufacture Française des Pneumatiques Michelin) una delle principali aziende
mondiali produttrici di pneumatici, ha come simbolo aziendale l'omino Michelin "Bibendum". Creato nel
1898 dall'artista francese O'Galop (pseudonimo di Marius Rossillon)è rappresentato rappresentato
mentre solleva una coppa piena di chiodi e dice : "nunc est bibendum".
Sempre nel manifesto, oltre alla citazione latina vi è scritto : c'est - a - dire : " a Votre Santè le pneu
Michelin boit l'obstacle ! " .
Passo spesso in moto dalle vostre parti ma non sono mai passato a Revigozzo.
Spero di riuscire a farlo presto.
Complimenti per il sito: semplice, ben fatto, pieno di passione, completo.
Buongiorno, chiedo cortesemente se potete tradurmi questa frase: "non grave sit vobis dicere mater
ave".
Grazie mille
Sono giornalista pubblicista e quando scrivo i corsivi, o le opinioni, faccio spesso uso e ricorso a citazioni
classiche latine e greche che fanno da sfondo al mi sottofondo culturale di maestro elementare.
Ho avuto piacere di incrociare il tuo sito e sapere che esistono ancora persone impegnate a mantenere viva
la cultura classica.
A
Ab absurdo:
Dall'assurdo.
L'espressione, usata dai filosofi scolastici, indica un procedimento logico con cui si dimostra la verità di
una affermazione provando l'assurdità dell'affermazione contraria. Molto amata da Euclide, da cui i filosofi
scolastici la mutuarono, la "dimostrazione per assurdo" altro non è che uno schema logico con il quale
anziché dimostrare una tesi, si dimostra che il contrario negherebbe la prima ipotesi fatta. Risulta usata
specialmente in geometria, dove si fanno spesso dimostrazioni "ab absurdo" provando le conseguenze false
che derivano da ipotesi o premesse erronee.
Ab aeterno:
Da tutta l'eternità, da tempo immemorabile (Antico Testamento, Proverbi 8, 23).
Libro essenzialmente didattico quello dei "Proverbi" è stato scritto con l'intento di offrire ammaestramenti
di vita pratica. Il passo da cui è stata derivata l'espressione è un inno ed un elogio della Sapienza
connaturata all'essenza del Dio creatore e come Lui eterna:"ab aeterno ordita sum et ex antiquis antequam
terra fieret" (= da sempre sono stata costituita e dai tempi antichi ancor prima che la terra fosse).
L'espressione si trova frequentemente italianizzata nella forma: "Ab eterno".
Ab antiquo:
Dall'antichità.
Espressione usata, anche nella forma italianizzata "ab antico", per indicare cose o avvenimenti di tempi
assai remoti.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Ab imis (fundamentis):
Dalle più profonde fondamenta (Vitruvio Pollione De architectura libro III 1,2 - Francis Bacon
"Instauratio magna").
"Instauratio ab imis fundamentis" Con questa espressione latina, Francesco Bacone, spiega come sia
indispensabile una riconversione generale di tutta la conoscenza umana... come unico mezzo per scoprire le
nascoste possibilità della natura. "Thus an "instauratio ab imis fundamentis" of all human knowledge is
necessary ... as a means of discovering the hidden possibilities of nature". Nell'uso quotidiano acquista il
significato di rinnovamento generale usato in frasi come: riformare un Istituto, rinnovare
un’amministrazione "ab imis".
Ab imo pectore:
Dal profondo del cuore (Virgilio Eneide VI v. 55).
"Funditque preces rex pectore ab imo" (=E il re (Enea) dal profondo del cuore lasciò sgorgare le
preghiere). Sono le parole che il poeta usa per esprimere l'accorato atteggiamento dell'eroe troiano nell'atto
di rivolgere la sua invocazione al dio Apollo al quale chiederà di poter cominciare una nuova vita nella
nuova patria. L'espressione si trova sovente in Virgilio, ad indicare il profondo dolore che sembra far
sgorgare le lacrime, i gemiti e le parole dal più profondo del cuore. E' facile trovare anche la sola
espressione: "imo pectore".
6 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Ab intestato:
Senza testamento (Brocardo).
Espressione giuridica utilizzata per indicare una eredità in assenza di testamento. Sarà quindi compito della
legge intervenire per indicare come i beni dovranno essere distribuiti tra i legittimi eredi.
Ab ovo:
Dall'uovo, dalle origini (Orazio Ars poetica, 147).
Il poeta invita a non voler prendere le cose troppo alla lontana, ed esemplifica il concetto spiegando che
dovendo parlare della guerra di Troia sarebbe inutile iniziare il racconto da Leda che, amata da Giove
trasformatosi in cigno, partorì 2 uova da cui nacquero i Dioscuri , Clitennestra ed Elena causa quest'ultima
della guerra di Troia: "Nec gemino bellum Troianum orditur ab ovo " (=Nè che la guerra di Troia ha avuto
inizio dall'uovo gemello). Altrove (Satire, 1, 3) il Poeta usa anche l'espressione: “Ab ovo usque ad mala”
(=Dall’uovo fino alle mele), in pratica: dall’antipasto alla frutta, ossia dal principio alla fine alludendo
all'usanza romana di iniziare i pranzi con le uova e le immancabili olive ascolane per terminare con le mele.
Nel linguaggio comune si suole citare quando qualcuno incomincia a raccontare una storia molto alla
lontana, risalendo ... ad Adamo ed Eva.
Ab urbe condita:
Dalla fondazione di Roma
Per i Romani l' Urbe per eccellenza era Roma, (caput mundi.) e anche la numerazione degli anni sembra
venisse fatta in funzione della data della sua fondazione che generalmente si fa coincidere con il 21 aprile
dell’anno 753 o 754 A.C. Anche Tito Livio usò simile espressione "Ab Urbe condita libri" per definire la
sua opera storica la cui narrazione appunto iniziava con la fondazione di Roma operata, come leggenda
vuole, da Romolo.
Accessit:
Si è avvicinato
Usato nel linguaggio scolastico per indicare un candidato che ha ottenuto voti sufficienti per passare ad una
classe superiore, ha anche il significato di... "premio di consolazione". L'espressione è infatti utilizzata per
indicare, in un concorso, i premi che verranno assegnati ad alcuni dei partecipanti le cui opere, pur non
ottenendo il primo premio, sono ritenute di livello superiore a tutte le altre presentate.
Ad abundantiam:
In aggiunta. in più, come se non bastasse quello che già abbiamo.
Viene dal linguaggio giuridico in cui indica prove che si aggiungono ad altre che sarebbero, di per sé, già
sufficienti.
Ad audiendum verbum:
Ad ascoltare la parola.
Espressione utilizzata quando si viene convocati da qualche capo per ricevere direttive o istruzioni, ma in
senso più maligno quando alla chiamata si sa che seguirà una richiesta di giustificazione del proprio
operato ed in questo caso si va "ad audiendum verbum " per un "redde rationem". Se la spiegazione fornita
non è ritenuta accettabile, il tutto si conclude con una sonora "reprimenda” (=lavata di capo).
Ad hoc:
(Esclusivamente) per questo.
Creato "ad hoc", pensato "ad hoc", soluzione "ad hoc" pubblicazioni "ad hoc" sono alcuni dei tanti modi di
dire in cui possiamo trovare usata questa citazione latina, contesto in cui diviene quasi sinonimo di
personalizzazione, di cosa fatta o pensata per un ristretto gruppo di appassionati o di utenti. Nell'arte
oratoria invece, un esempio, un paragone o la citazione di una frase che vengono "ad hoc" acquistano il
significato di chiarimento, in senso positivo o negativo, per l'argomento che si sta dibattendo.
Ad hominem:
Contro la persona.
Si usa tale espressione quando si prende a prestito dall'avversario le armi per combatterlo: confutarne le
affermazioni utilizzando parole da lui dette o azioni da lui compiute.
Ad honorem:
Per l'onore, gratuitamente.
Lavorare "ad honorem", significa lavorare senza profitto, gratuitamente. Equivale all'espressione: lavorare
per la gloria. Ricordiamo questo detto ogni qualvolta volta guardiamo le nostre mogli o compagne e a
quanto, con tanto amore, fanno per noi e la famiglia tutta, spesso dopo una faticosa giornata di lavoro.
Ad horas:
A ore, senza indugi, immediatamente.
Espressione che in questi ultimi mesi è diventata di comune utilizzo a proposito e a sproposito in tutti i
giornali e telegiornali ad indicare che una certa cosa va fatta a tambur battente.
Ad instar:
Proprio come..., a somiglianza di...
Espressione curiale per indicare chi ricopre una carica a titolo onorifico ma senza alcun potere esecutivo.
A divinis:
Dai ministeri divini.
La sospensione "a divinis" è una pena di carattere giuridico che viene comminata ai sacerdoti per mancanze
ritenute molto gravi e consiste nell'interdizione a svolgere le funzioni ministeriali sacre come la
Celebrazione della Messa o l'amministrazione dei Sacramenti quali la Confessione, la Comunione, il
Battesimo e l'Unzione degli Infermi.
Ad Kalendas graecas:
Alle calende greche (Svetonio Divus Augustus 87).
La frase "ad kalendas graecas soluturos" viene attribuita all'imperatore Augusto che la pronunciava
ricordando qualche debito che non sarebbe mai stato onorato. Nel calendario romano le"kalendae, le nonae
e le Idi" erano le 3 uniche date fisse di ogni mese e servivano per determinare i restanti giorni. Poichè le
"kalendae" (il 1° di ogni mese) esistevano solo nel calendario romano e non in quello greco tale espressione
equivaleva a "mai"!
Ad libitum:
A piacere, a volontà.
Secondo il proprio capriccio, la propria voglia, la propria sensibilità artistica. La si trova infatti come
indicazione nelle ricette quando la dose non è esattamente determinata, negli spartiti musicali quando il
ritornello può essere ripetuto una o più volte o quando un passaggio vuole essere lasciato alla sensibilità
dell'interprete o in tutte le occasioni nelle quali la quantità non è prefissata.
Ad limina Apostolorum:
Alle soglie degli Apostoli
Espressione del codice di diritto canonico che risale al Concilio di Trento. Indica la visita che ogni vescovo
deve compiere, ogni cinque anni a Roma per onorare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, rendere
omaggio di ossequio e obbedienza al papa e per render conto della propria diocesi. Antesignano di questa
consuetudine fu l'Apostolo Paolo. Nella lettera ai Galati parlando della sua conversione e del suo cammino
verso l’apostolato per i pagani, scrive infatti: “In seguito venni a Gerusalemme per consultare Pietro, e
rimasi presso di lui quindici giorni ...”Galati 1,18-19). “Dopo 14 anni andai di nuovo a Gerusalemme ...
esposi loro il Vangelo, che io predico per i pagani ... per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso
invano” (Galati 2, 1-2).
Ad litteram:
Alla lettera
Si utilizza specialmente parlando di traduzioni o citazioni. Una traduzione può essere fatta "ad litteram",
oppure "ad sensum" (=a senso). Nella traduzione "ad litteram" prevale la necessità di mantenersi il più
possibile aderenti al testo che si va traducendo accettando quindi una perdita di immediatezza e
comprensibilità privilegiate, invece, nella traduzione "ad sensum" .
Ad maiora!:
A successi ancor più grandi!
Formula, ancora attuale, di augurio usata normalmente nei brindisi "inter pocula" per augurare al
festeggiato ulteriori successi nel lavoro, nella scuola o nella carriera.
Ad multos annos!:
Ancora per molti anni.
Frase augurale usata da vari autori, che sottintende: sii felice. Usata normalmente in occasione di
compleanni o anniversari ed equivale al nostro proverbio: cento di questi anni!.
Ad patres:
Ritornare agli antenati (Antico Testam. Gn. XV, 15).
"Ire ad patres", eufemistica circonlocuzione usata per evitare di pronunciare la parola "morire". Il testo
completo del versetto sarebbe "Tu autem ibis ad patres tuos in pace, sepultus in senectute bona" (=Quanto
a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice). Si usa dire spesso: é tornato
"ad patres", il suo medico l'ha spedito "ad patres". Dalla corruzione di questa biblica espressione deriva il
simpatico detto:"andare a Patrasso" per indicare la morte di un individuo ma soprattutto il fallimento di
una impresa.
Ad personam:
Solo per (la) persona.
Espressione usata per indicare qualsiasi cosa non direttamente rivolta alla comunità, ma solo ad una
persona ben precisa o ad una determinata categoria di persone. Alcuni esempi chiariranno il concetto:
l'assegno "ad personam" compete solo al lavoratore che..., le leggi "ad personam" fatte approvare dal
governo sono quanto di più immorale..., il comune fornirà il servizio di assistenza "ad personam" per i
disabili...
Ad referendum:
Con l'obbligo di riferire.
Detta anche "convocatio ad referendum" è la convocazione degli elettori perchè si pronuncino o esprimino
un'opinione su singole questioni. Possono essere di vario tipo: propositivi, consultivi, confermativi,
abrogativi, deliberativi e legislativi. In Italia il 2 giugno 1946, gli italiani furono chiamati a scegliere con un
referendum tra repubblica e monarchia. Con gli attuali governi, e non parlo solo degli ultimi, le decisioni
referendarie degli italiani sono state, spesso, disattese con leggi che aggiravano il responso. Cito come
esempio quello dei finanziamenti pubblici ai partiti.
Ad rem:
Alla cosa.
Direttamente, categoricamente, senza tergiversare, senza titubanza, andare direttamente al cuore del
problema, al nocciolo della questione cioè: ad rem.
Ad unguem:
Fino all'unghia, alla perfezione (Orazio, Satire, I, 5, 32).
Il detto deriva dall'abitudine degli antichi scultori che per valutare la levigatezza delle loro opere vi
passavano sopra l'unghia per riscontrarvi anche la minima imperfezione. L'espressione pertanto significa
finire un lavoro e portarlo alla maggior perfezione possibile. D'altra parte per meglio comprendere il senso
12 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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del detto, guardiamo con quanta cura le nostre mogli, fidanzate o compagne affilano le... armi che madre
natura ha loro fornito.
Ad usum Delphini:
Ad esclusivo uso del Delfino.
Con questa locuzione venivano contrassegnate le edizioni purgate dei classici latini edite "ad hoc" per il
figlio del Re Sole. Si cita ironicamente per qualsiasi cosa che venga falsata a sostegno di qualche tesi.
Ad utrumque paratus:
Sempre pronto sia per una cosa che per l'altra (Virgilio, Eneide, Libro II,) .
"Ad utrumque parati" (= sempre pronti a cambiare schieramento politico) sono stati tanti nostri ministri in
questi ultimi tempi, non mossi da spirito italico ma dalle prebende loro promesse e concesse dimostrando
così di essere dei veri figli del troiano Enea ma Virgilio, venti secoli fa, scrivendo queste parole certo non
pensava a costoro. Siamo infatti sulla spiaggia di Ilio dove dei pastori hanno trascinato il greco Sinone
offertosi volontario e "in utrumque paratus, seu versare dolos seu certae occumbere morti" (= pronto ad
ambedue le cose o a portare a termine l'inganno o soccombere di morte certa). In fondo devo dire che un
minimo di dignità almeno a lui era rimasta: se gli fosse andata male sarebbe stato ucciso ai nostri invece
tutt'al più gli viene dato un ministero di minor importanza.
Ad valorem:
In funzione del valore.
L'I.V.A. (imposta valore aggiunto) è un'imposta "ad valorem", in quanto è proporzionale al valore degli
oggetti acquistati o venduti.
A.E.I.O.U.:
Vedi: Austriae Est Imperare Orbi Universo.
Aere perennius:
Più duraturo del bronzo (Orazio, Odi, III, 30, 1).
Il poeta dice d’aver eretto un monumento, con i suoi poemi, che nei secoli sarà più duraturo del bronzo e ne
renderà immortale fama e memoria. La frase completa era: "Exegi monumentum aere perennius".
13 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Aes triplex:
Triplo bronzo (triplo strato di bronzo) Orazio (lib. I, ode III, v. 9).
Il poeta immagina ed esalta il coraggio del primo navigatore che, sprezzante di ogni pericolo, affida la
propria vita ad una fragile imbarcazione: "Illi robur et aes triplex circa pectus erat, qui fragilem truci
commisit pelago ratem primus..." (=Aveva il cuore foderato di quercia e triplo strato di bronzo colui che
per primo affidò il suo fragile legno al torvo mare...).
Aeternum vale:
Addio per sempre (Virgilio Eneide libro XI,98)
E' l'affettuoso e accorato saluto che Enea fa alle spoglie di Pallante figlio di Evandro re degli Arcadi ed
alleato dei Troiani. Turno, re dei Rutuli in un duello aveva ucciso il giovane e si era impadronito della sue
armi. Saranno proprio queste armi la causadella morte di Turno. Nel duello finale infatti, dove Enea ha la
meglio sull'avversario, vedendogliele addosso lo uccide.
A fortiori:
A più forte (ragione).
La frase completa infatti è "a fortiori ratione" (=a maggior ragione). Argomento portato in una discussione
per rafforzare una tesi già di per sè valida ed accettata.
Agnus Dei:
Agnello di Dio (Nuovo Testamento S. Giovanni, I. 29).
L’ Apostolo parla di Gesù Cristo raffigurato sotto le forme dell’agnello, per insegnarci la mansuetudine.
Queste parole ricorrono nella liturgia della Messa
A latere:
Al fianco...Presso a ..
Termine tecnico che indica i due giudici che stanno al fianco del presidente del tribunale e con lui formano
il collegio giudicante. Si dice anche dei cardinali scelti dal Papa per missioni diplomatiche.
Alias (vices)
Alias (dictus):
In altre circostanze
Altrimenti detto (Espressione giuridica).
Usato quasi esclusivamente nel secondo significato di altro nome o pseudonimo. Quando una persona o una
cosa può essere identificata in modo diverso dal suo nome si ricorre all'uso di "alias": esempio ne sono
cantanti o attori come Fernand Contandin "alias" Fernandel.
Alibi:
Altrove
I film polizieschi e la cronaca nera ci hanno abituati all'uso di questo ternine. Per estensione del termine
"alibi" è diventato sinonimo di attenuante, di giustificazione.
Alleluia:
Lode al Signore.
Espressione di gioia e lode che S. Girolamo derivò dall’ebraico "Halal" (=Lodare) e "Jah" (=Signore) e
introdusse nella liturgia cristiana. Nella chiesa cattolica vengono sospese le preghiere o i canti con simile
espressione durante la quaresima per il carattere penitenziale che questo periodo rappresenta.
Alma mater:
Madre fertile (Virgilio, passim).
D’ uso molto frequente presso i poeti, che chiamano la terra fertile, considerandola come madre di ogni
essere vivente, animale e vegetale.
Alter ego:
Un altro me stesso.
Lo si dice normalmente di chi gode della totale fiducia del mandante con piena facoltà di parlare ed agire a
suo nome.
Anathema sit:
Sia scomunicato (Nuovo Testamenteo Gal. 1,8).
"Sed licet nos aut angelus de caelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis, anathema
sit!" (=Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi
abbiamo predicato, sia anàtema!).
Con questa espressione di san Paolo iniziano tutti gli atti del Concilio di Trento (1545 - 1563) che
condannano le varie eresie e dottrine non accettate dalla Chiesa cattolica.
Angulus ridet:
Quest'angolo di terra mi rende felice (Orazio, Odi, Il, 6, 13).
La frase completa é: ”ille terrarum mihi praeter omnis angulus ridet” (=questo angolo di mondo mi piace
più di qualsiasi altro). Si dice delle cose piccole e graziose, dei luoghi appartati nei quali, lontano dal caos,
si ritrova la felicità. Come scritto sulla Home page del sito di Pieve di Revigozzo, è stato proprio l’affetto e
l’attacamento che provo per quell’angolo di mondo ad invogliarmi a parlarne.
An Petrus fuerit Romae, sub iudice lis est. Simonem Romae nemo fuisse negat:
Sul fatto che Pietro sia stato a Roma possono esserci dubbi. Che ci sia stato Simone ne siamo certi (Owen
Epigr. I, 8).
Epigramma con il quale nel '600 si accusava (disgraziatamente non a torto) la Chiesa Romana di simonia.
Attribuito a John Owens, (1615-1683), teologo inglese che venne da Cromwell nominato decano della
Christ Church of Oxford.
18 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Ante ferit quam flamma micet:
Colpisce ancor prima che se ne veda la fiammata (Filippo III Duca di Borgogna 1396-1467).
Sembra che tale espressione sia stata coniata osservando gli effetti delle armi da fuoco che in quell'epoca
cominciavano a fare la loro comparsa sui campi di battaglia. Sempre lo stesso Filippo III, istituendo nel
1429 l'ordine cavalleresco del Toson d'oro, volle che venisse riportata sullo stemma.
Ante litteram:
Prima della lettera cioè della "didascalia".
Si tratta della prova di stampa eseguita per verificare la bontà del risultato ancor prima che venga apposta la
didascalia.
In senso figurato significa precorrere, anticipare i tempi con le proprie idee o intuizioni.
Appellatio ad Caesarem:
Appellarsi a Cesare.
Al governatore Porzio Festo, che per ingraziarsi i Giudei, aveva intentato un processo nei suoi confronti,
san Paolo, facendosi forte del suo diritto di cittadino romano di poter ricusare qualsiasi tribunale ed
appellarsi direttamente all'imperatore disse: "Caesarem appello! " e al governatore "obtorto collo" non
restò che rispondere: "Caesarem appellasti ad Caesarem ibis" (Atti degli Apostoli 25,11) (=ti sei appellato
a Cesare a a Cesare andrai). La cittadinanza romana, per i benefici che comportava, era a volte anche
comprata a caro prezzo come, sempre a san Paolo, confessa un tribuno che lo aveva fatto imprigionare "ego
multa summa civitatem hanc consecutus sum" (=ho pagato tanto per poterla avere) e a lui Paolo risponde
"ego autem et natus sum"(Atti degli Apostoli 22,28) (=io invece sono nato con tale diritto.
Aperietur vobis:
Vi sarà aperto.
Parole tratte dal Vangelo: Chiedete e vi sarà dato, ... bussate e vi sarà aperto.
Apertis verbis:
Con parole chiare.
Dire quanto si deve dire senza troppe circonlocuzioni, andando dritto al problema.
A posteriori:
Da ciò che è dopo (Partire dalle conseguenze).
Il ragionamento "a posteriori" partendo dal dato empirico risale col metodo induttivo ai principi generali.
A priori:
Da ciò che è prima.
Il ragionamento "a priori" parte da un dato assodato ed arriva, con il metodo deduttivo, alle estreme
conclusioni.
19 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Aquae furtivae dulciores sunt et panis in abscondito suavior:
Le acque furtive sono dolci e il pane preso di nascosto è più gustoso (Antico Testam., Prov. 9,17).
Il dolce ed allettante sapore delle cose proibite non ha paragone con quanto può essere fatto alla luce del
sole iniziando da Eva che ruba la mela per terminare col ragazzino che ruba la marmellata... in casa (chi di
noi non l'ha fatto?).
L' autore della frase citata ricorda che l'uomo nella sua vita è invitato a due banchetti e deve scegliere se
accettare il piacere che le offre la clandestinità intesa come stoltezza o sedere alla tavola della sapienza.
Arbiter elegantiae:
Arbitro di raffinatezza.
Così era definito Gaio Petronio. Possiamo considerare tale un uomo di buon gusto, raffinato nei piaceri: un
esteta, un signore che gode dei piaceri rari e non può sopportare le persone grossolane.
Arcades ambo:
Arcadi tutti e due.(Virg., Egloghe, VII, 4).
Virgilio parla di due pastori, ambedue d’Arcadia, quindi esperti nel canto. Presso di noi si usa riportar la
frase con significato satirico, alludendo a due persone che fanno il paio per malvagità o difetti.
Argumentum ad antiquitatem:
Argomentazione basata sulla tradizione.
Ragionamento che si sviluppa affermando che qualcosa è giusto o valido soltanto perché è vecchio, o
perché "è come è sempre stato".
Argumentum ad auctoritatem:
Argomentazione basata sull'autorità.
Sofisma che appoggia la validità del ragionamento sull'autorità indiscussa di qualche noto personaggio.
20 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Argumentum ad baculum:
Argomentazione basata sul potere,il potere ha sempre ragione.
Si tratta di una argomentazione spesso utilizzata in politica e in religione per suggestionare la massa.
Argumentum ad crumenam:
Argomentazione basata sui soldi.
Ritenere che il denaro sia il criterio per stabilire la giustizia: quelli che hanno più denaro hanno più
probabilmente ragione degli altri.
Argumentum ad hominem:
Argomentazione contro la persona dell'avversario.
Invece di dimostrare la falsità delle affermazioni dell'avversario, questo tipo di argomentazione è rivolta
"contro la persona"
Argumentum ad ignorantiam:
Argomentazione basata sulla non conoscenza.
Questa argomentazione afferma che una tesi è vera solo per il fatto che non è stata provata la sua falsità o
viceversa.
Argumentum ad Lazarum:
Argomentazione basata sulla povertà.
Sostenere che qualcuno, per il fatto che è più povero, è anche più sano o più virtuoso di qualcun altro che è
ricco.
Argumentum ad misericordiam:
Argomentazione che fa leva sulla pietà.
Far leva sulla pietà dell'uditorio è un modo per sviare psicologicamente l'attenzione rispetto alla tesi
sostenuta ed ottenere così il consenso.
Argumentum ad nauseam:
Argomentazione basata sulla continua ripetione.
Consiste nella costante ripetizione di una affermazione e si basa sulla credenza che una tesi diventi tanto
più vera quanto più viene comunicata.
Argumentum ad novitatem:
Argomentazione che fa leva sulla novità.
Qualcosa è giusto o valido soltanto perché è nuovo, o più nuovo di qualsiasi altra cosa.
Argumentum ad numerum:
Argomentazione basata sulla quantità.
Con quesa forma di sofisma si afferma che quante più persone sostengono una certa tesi tanto più questa
tesi è vera.
Argumentum ad populum:
Equivale al "vox populi vox Dei" (=voce del popolo voce di Dio).
Si basa sul fatto che la tesi esposta è condivisa da un grande numero di persone.
Argumentum ad verecundiam:
Argomentazione basata sul rispetto.
Molto simile all' "Argumentum ad auctoritatem" Forma di argomentazione molto persuasiva ed utilizzata
nel vivere quotidiano.
Arrectis auribus:
Con le orecchie attente ( Virgilio Eneide, Libro II, v.303).
E' Enea, a cui in sogno è apparso Ettore esortandolo a fuggire, che svegliatosi e salito sul punto più alto
della casa tende l'orecchio per individuare l'origine del frastuono e del fragore d'armi. Una bellissima
immagine di "orecchie attente" la troviamo al cap. XI dei Promessi Sposi. "Il Griso... ...camminava come il
lupo, che spinto dalla fame... ...scende da' suoi monti, dove non c'è che neve, s'avanza sospettosamente nel
piano, si ferma ogni tanto, con una zampa sospesa, dimenando la coda spelacchiata... ...rizza gli orecchi
acuti, e gira due occhi sanguigni, da cui traluce insieme l'ardore della preda e il terrore della caccia”.
21 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Potrebbe essere anche un invito ai nostri governanti a tenere le orecchie dritte se non fosse che come i
Troiani sono da decenni immersi in sonno comatoso.
Attrectare nefas:
Non è lecito toccare ( Virgilio Eneide libro II v. 718).
La religione pagana vietava a chiunque avesse le mani macchiate di sangue di toccare arredi sacri o statue
delle divinità. Era obbligo in simili occasioni lavare prima le mani con acqua attinta ad una fonte.
Nel linguaggio comune si usa per invitare qualcuno a non allungare troppo le mani su cose delicate o a lui
non destinate
Auferre, trucidare, rapere, falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem
appellant:
Rubano, massacrano, rapinano, e con falso nome lo chiamano impero (nuovo ordine) e laddove creano
desolazione, quella chiamano pace (Cornelio Tacito, De vita et moribus Iulii Agricolae, 30).
L'espressione, spesso parafrasata con "desertum fecerunt et pacem appellaverunt", (=fecero un deserto e lo
chiamarono pace) è diventata una citazione quasi obbligata nelle contestazioni degli imperialismi moderni.
Violentemente critica nei confronti dell'azione imperialista di Roma la frase viene da Tacito attribuita al
comandante caledone Calcago nel discorso alle truppe prima della battaglia del Monte Graupio (83 d.C.).
Meno di un secolo prima (29-19 a.C) ben diverso era l'atteggiamento romano se Virgilio nell'Eneide
scriveva: "Tu regere imperio populos Romane memento: haec tibi erunt artes...”.
(vedi "Parcere subiectis et debellare superbos")
Detto segnalato e commentato da Franco C.
Aura popularis:
Il vento popolare.
Dopo il vento che cosa c'è di più incostante del "favore del popolo" voltabandiera e voltagabbana?
Aurea mediocritas:
Mediocrità aurea (Orazio, Odi, Il, 10, 5).
Nel contesto oraziano significa che la condizione media, deve essere preferita ad ogni altra.
23 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Auri sacra fames!:
Esecrabile desiderio dell'oro (Virgilio Eneide libro III, 57).
A cosa non spingi tu gli animi umani o deprecabile desiderio di ricchezza! "Quid non mortalia pectora
cogis, auri sacra fames?" E' l'accorata esclamazione di Polidoro che, ucciso dal cognato Polimnestore per
depredarlo delle sue ricchezze, lamenta come l'animo umano, se non è guidato dalla ragione, può essere
portato ad azioni e obbiettivi opposti a quelli per qui è stato creato. Lo stesso concetto circa la debolezza
della natura umana che facilmente è preda delle tentazioni e delle passioni viene ripreso da Dante al Canto
XII v. 95 del Purgatorio quando esclama: "O gente umana per volar sù nata, perchè a poco vento così
cadi?”.
Aurum tolosanum:
Oro di Tolosa (Gellio, Noctes Atticae,3,9).
Si racconta che quando il console Quinto Cepione saccheggiò la città di Tolosa nella Gallia, tutti coloro che
toccarono l'oro, trafugato in gran quantità dai templi, morissero di morte cruenta.
Avia pervia:
Le cose difficili diventano facili (Giovanni Maria Barbieri).
Si tratta del motto dello stemma di Modena. Compare per la prima volta nel 1599 e sembra sia stato coniato
appunto dal letterato Barbieri che, a quei tempi, ricopriva la carica di Cancelliere.
B
Barbaque erat promissa:
La barba era lunga (Cornelio Nepote, De viris illustribus - Datames, Cap. XIV.4).
L'opera da cui è stato preso questo detto è forse quella di maggior respiro di questo scrittore latino.
Vengono narrate le vite di uomini romani e stranieri tra cui condottieri, storici, poeti e grammatici. A noi
comunque è giunto solo il libro che tratta delle vite dei generali stranieri raccogliendo le biografie di ben 22
di essi. ...E il giorno dopo arrivò Tuis (principe ribelle), uomo di grande corporatura e terribile aspetto,
"quod et niger et capillo longo barbaque erat promissa" (=era nero, con i capelli lunghi e la barba fluente).
Si usa citare la frase con riferimento a discorsi, conferenze o altre cose noiose che... hanno fatto crescere la
barba.
Bellerophontis tabellae:
Tavolette di Bellorofonte (Plauto , Le Bacchidi, Atto IV, VII, v.810-811).
"Aha, Bellorophontem tuos me fecit filius: egomet tabellas tetuli ut vincirer. Sine" (= Aha, tuo figlio ha
fatto di me Bellerofonte: io stesso ho portato le tavolette sulle quali c'è scritto che devo essere fatto schiavo.
Lascia perdere!) sono le parole che il servo Crisalo rivolge al vecchio Nicobulo padre di Mnesiloco autore
delle tabelle.
Con simile espressione o anche "Bellerophontis literae" (= Lettere di Bellerofonte), si definiscono infatti
quelle lettere di "raccomandazione" apparenti dove i latori stessi diventeranno portatori della proprie future
disgrazie come accadde appunto al mitico Bellerofonte. Narra la vicenda che l'eroe, accusato ingiustamente
dalla moglie di re Preto di aver tentato di sedurla, fu mandato dallo stesso presso Iobate, re di Licia, latore
di alcune tavolette commendatizie , nelle quali chiedeva non di ospitare il giovane ma di metterlo a morte.
Immagino l'ecatombe che colpirebbe l'Italia se per magia tutte le raccomandazioni si trasformassero per
incanto in "Bellerophontis literae".
Biblia pauperum:
Bibbia dei poveri (Ignoto).
Con questa espressione vengono indicati quei libri devozionali con scene raffiguranti la vita di Cristo.
Godettero di larga diffusione nei secoli XII e XIII soprattutto in Germania e Francia; in Italia se ne conosce
un solo esemplare di poco anteriore al 1500. Sembra che l'espressione sia stata coniata da Papa Gregorio
VII per indicare l'utilità didattica delle raffigurazioni nelle Chiese dove, i vari dipinti, permettevano anche
agli analfabeti di conoscere la storia della salvezza attraverso scene dell'antico e nuovo testamento.
Bina iugera:
Due iugeri.
Lo iugero era una misura agraria usata dai romani e corrispondeva, grosso modo ad un quarto di ettaro.
Pertanto 2 iugeri non superavano i 5.000 mq. poca cosa per chi, con i frutti di questo appezzamento, ci deve
sfamare una famiglia. Questa poca terra era comunque sufficiente per poter entrare, in qualità di...
possidenti, nei congressi riservati a quanti, per potervi partecipare, dovevano disporre di una proprietà
agricola ancorchè così piccola. Narra la leggenda che il popolo di Roma per dimostrare la sua gratitudine
ad Orazio Coclite che con il proprio valore aveva salvato la città dagli etruschi del re Porsenna gli dedicò
una statua e gli donò un appezzamento di terreno in base a quanto ne poteva arare in un intero giorno con
due paia di buoi... praticamente circa 2500 mq.! Come sono cambiati i romani da allora!!!!
Bononia docet:
Bologna insegna.
Con la Sorbona di Parigi, l'università di Bologna era la più importante di tutta Europa: basti pensare che
accorrevano studenti da ogni dove per studiar diritto pagando di tasca propria i professori.
Bonus malus:
Bene male.
Tutti ne conosciamo il significato dalle polizze automobilistiche: In caso di incidenti in cui l’assicurato
risulta coinvolto ed è colpevole (malus) il premio e cioè la cifra che si paga, aumenta (tanto) mentre se si ha
la fortuna di non causarne o comunque, pur essendovi coinvolti, di non essernene responsabili (bonus)
diminuisce (poco).
Abituati ad usare il vocabolo "premio" come una ricompensa, dono conferito per meriti, indennità speciale
in funzione di un obbiettivo raggiunto ci chiediamo per quale strano motivo la lingua italiana lo utilizzi per
indicare la "quota che il cliente deve all'assicuratore". Il vocabolo deriva dal latino "praemium" e risulta
composto dalla preposizione "prae" (=in anticipo)e dal verbo "emo" (=prendere, comprare dietro
pagamento). E' quindi corretto che venga definito "premio" la cifra che sborsiamo "in anticipo" per
assicurare l'auto o quant'altro si desideri. Solo successivamente il termine è passato ad indicare un
guadagno o una ricompensa che si ottiene a preferenza d'altri.
28 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Bovi clitellas imponere:
Mettere il basto al bue (Cicero, De finibus, 2, 28, 90).
Il basto è una bardatura a forma di sella appoggiata sul dorso di muli o asini per il trasporto di carichi. Il
detto quindi è riferito a quanti ambiscono fare cose impossibili o vogliono costringere altri a dedicarsi a
lavori per i quali non sono adatti: il bue infatti non è adatto a portare carichi sulla schiena ma sviluppa la
propria forza nel traino.
Brevi manu:
Con mano breve.
Nell'uso normale significa fare una consegna di qualche cosa personalmente, al di fuori dei canali preposti:
posta, corrieri...Il termine da il nome anche al "breve pontificio" lettere usate per comunicare nomine,
dispensare indulgenze...
Busillis:
Difficoltà, problema di non facile soluzione.
"...Aqui està el busillis; Dios nos valga!" (=Qui sta la difficoltà, Dio ci aiuti). Sono le parole che Antonio
Ferrer (Promessi Sposi cap.XIII) dice tra sé e sé mentre cerca un modo di salvare il vicario di provvisione
dalla folla inferocita che lo vuole giustiziare. Come nasce "busillis" vocabolo inesistente ma da tutti usato?
Si racconta che uno studente, forse non troppo versato nella lingua di Cicerone, scrivendo sotto dettatura un
brano tratto dal Vangelo, divise la frase "in diebus illis" (=in quei giorni) in "in die busillis" rendendosela
intraducibile e passando alla storia.
C
Caeli enarrant gloriam Dei:
I cieli annunciano la gloria di Dio ( Antico Testamento, Salmo XVIII, 1).
I salmi, da cui questa espressione è presa, rappresentano, per religione ebraica, l'inno per eccellenza che il
credente rivolge a Jahvé. L'argomento può essere la preghiera, il ringraziamento, il pentimento, la lode, la
supplica per l'invio dell'atteso Messia. Storicamente si data l'inizio di questa raccolta all'anno 1000, sotto il
regno di re Davide, mentre le ultime composizioni risalgono al II secolo a.C. L'impiego dei salmi nei vari
momenti di preghiera, è stato ripreso anche nella liturgia cristiana.
Captatio benevolentiae:
Accattivarsi la simpatia.
Espressione usata per indicare l'atteggiamento di chi con belle parole, raggiri, blandizie, cerca di
guadagnarsi un'atteggiamento benevolo o condiscendente da parte di determinate persone. Nell'ambiente
lavorativo e con termine anglosassone, colui che della "captatio benevolentiae" ha fatto una scelta di vita,
viene chiamato "yes man".
Caput orbis:
Capitale del mondo. (Tito Livio Ab urbe condita I, 16 - XXI, 30).
"Abi, nuntia Romanis, caelestes ita velle ut mea Roma caput orbis terrarum sit" (=Và e annuncia ai
Romani che la volontà degli dei celesti è che la mia Roma diventi la capitale del mondo). Cosi scrive nella
sua storia Tito Livio che viene ritenuto il primo ad utilizzare simile espressione per definire il destino della
Città Eterna. La troviamo successivamente ripresa da altri autori tra cui Ovidio nei "Tristia e nelle
Metamorfosi".
Caput mortuum:
Testa morta.
L'espressione è l'equivalente nostro del termine "scoria". Venivano infatti definite "caput mortuum" dagli
alchimisti i residui solidi risultanti dai loro esperimenti di distillazione.
Carpe diem:
Approfitta del giorno presente (Orazio, Odi, I,II.8).
Si può intendere in senso epicureo: Divertiamoci oggi allegramente, senza preoccuparci del domani, oppure
in senso positivo: Approfittiamo delle buone occasioni che oggi ci si presentano, senza aspettare quelle
future che forse non verranno.
Casus belli:
Causa di discordia.
Propriamente è un atto grave che provoca la dichiarazione di guerra fra due nazioni. Ironicamente, per
estensione, si dice di cose minuscole che, per l’esagerazione delle persone interessate, diventano altrettanti
"casus belli".
Casusne? Deusne?:
Fu il caso? Fu il volere divino ( (Virglilio Eneide Libro XII, v.321).
Mentre Enea esorta i suoi e tenta di far rispettare i patti nei confroti dei latini, una freccia lo colpisce ad una
gamba. Mai nessuno ne rivendicherà la paternità e quindi Virgilio si chiede se sarà stato il caso o il volere
divino a guidare la freccia: sarà questa l'occasione infatti per riprendere la guerra e sconfiggere Turno. Una
tradizione vuole che la pronunciasse Goffredo di Buglione all'assedio di Gerusalemme. Vedendo tre uccelli
su una torre riuscì ad infilzarli tutti e tre con un unico tiro di freccia. Quando qualche cosa ci riesce bene,
difficilmente ci gratificano con un "bravo" e sempre il risultato viene attribuito al famoso fattore "C". Da
oggi usate l'espressione citata, farete un figurone!
Cave a signatis:
Guardati dai segnati.
I segnati nella immaginazione popolare erano tutti coloro con un difetto fisico, storpi, ciechi, zoppi, nani e
le loro lesioni erano ritenute una punizione divina che poteva essere anche tramndatadi padre in figlio e la
deformità esteriore era vista come un riflesso della cattiveria o del peccato interiore. Scrive il Levitico
(Antico Testam. Lv. 21,21) "Omnis, qui habuerit maculam de semine Aaron sacerdotis, non accedet offerre
incensa Domini nec panem Dei sui" (=Nessun uomo della stirpe del sacerdote Aronne, con qualche
deformità, dovrà accostarsi ad offrire le vittime consumate dal fuoco in onore del Signore nè il pane del suo
Dio). Troviamo un accenno a questa credenza anche nel Vangelo (Gv. 9,2) nel racconto della guarigione
del cieco quando i discepoli di Gesù chiedono:"Rabbì, quis peccavit, hic aut parentes eius, ut caecus
nasceretur?" (= Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perchè egli nascesse cieco?).
Caveat:
Si faccia attenzione, non si superino i limiti imposti.
Troviamo il verbo "caveo" (=fare attenzione) in espressioni usuali quali "cave canem", "caveant consules",
"caveat emptor" ecc... ma, da alcuni mesi, lo si incontra anche in un contesto per me inusuale. Sia i giornali
che il governo, con riferimento al nostro contingente militare dislocato in Afghanistan, utilizzano tale
vocabolo per indicare le limitazioni di impiego dei militari in quei territori, limitazioni che non ne
consentono l'impiego al di fuori dall'area loro assegnata. Solamente in caso di estrema necessità il comando
Nato può richiedere una deroga che, solo il governo di competenza, può a sua discrezione concedere.
Anche la lingua inglese si è appropriata di simile espressione latina assegnandole sia il significato di
“avvertimento, atteggiamento di cautela, ammonimento" che di "preavviso legale” ad un giudice o un
pubblico ufficiale a sospendere un certo procedimento fino a quando il notificante non sia stato ascoltato.
Fino al 1909, sempre negli Stati Uniti, il "caveat" era un documento legale inviato alla United States Patent
Office con il quale si "avvertiva" tale l'ente che, entro 12 mesi, sarebbe stata presentata una richiesta di un
determinato brevetto.
Caveat emptor:
Il compratore stia attento ( a non farsi infinocchiare).
Nelle transazioni commerciali in assenza di un chiara garanzia sul contratto di acquisto l'acquirente compra
a suo rischio e pericolo.
Cave canem:
Attenti al cane
Ringrazio Elia C. per avermi segnalato tale dimenticanza. Ritengo la frase piuttosto nota, soprattutto perchè
immortalata in innumerevoli documentazioni musive ricuperate negli scavi di Pompei e raffiguranti un cane
alla catena con la scritta di cui stiamo parlando.
Detto segnalato da Elia C.
Cave ne cadas:
Attento a non cadere.
Nell'antica Roma "l'imperator" (=comandante di un esercito), che al termine di una guerra vittoriosa avesse
ucciso almeno 5000 nemici, media spesso ricorrente, otteneva dal Senato l'onore del trionfo. Sul cocchio
che lo portava verso il Campidoglio si trovava anche uno schiavo con il duplice incarico: reggere la corona
al vincitore e, pulce nell'orecchio, sussurrargli: "cave ne cadas" (=ricordati che sei un uomo, attento a non
cadere nelle tante tentazioni che la gloria ti offre).
32 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Cedant arma togae:
Le armi lascino posto alle toghe (Cic., De off., I, 22).
Frase pronunciata da Cicerone in memoria del suo consolato. Si cita la frase come auspicio per esprimere il
desiderio che il governo militare, simboleggiato nelle armi, faccia posto al governo civile, rappresentato
nella toga. Troviamo questa espressione usata ne I Promessi Sposi" al cap. XIII. “Era veramente il caso di
dire: cedant arma togae; ma Ferrer non aveva in quel momento la testa a citazioni: e del resto sarebbero
state parole buttate via, perchè l'ufiziale non conosceva il latino”.
Cedo bonis:
Rinuncio ai miei beni.
Quando ancora la giustizia si amministrava facendo in modo che la pena dovesse essere scontata (non come
oggi che più nessuno paga) il commerciante insolvente o che dichiarava bancarotta doveva, in pubblico,
durante un giorno di mercato battere per tre volte le natiche nude su una apposita pietra cosparsa di
trementina ripetendo ogni volta "cedo bonis" e questo per tre mercati consecutivi.
Cetera desunt:
Il resto manca (Ovidio Metamorfosi Libro V, v. 528).
Espressione usata da letterati, studiosi per indicare che certi testi non sono completi per parti mancanti o
illeggibili.
Ceteris paribus:
A parità di tutte le altre circostanze.
La frase è d’uso frequente nei paragoni, quando si vuoi stabilire una base comune di uguaglianza fra due
oggetti, e far risaltare il punto di divergenza, oppure nelle leggi e nei contratti per fissare le condizioni. Si
trova anche nei Promessi Sposi al cap. XXVII.
Coactus volui:
Volli, ma costretto.(Giustiniano Digesto libro IV).
"Quia quamvis si liberum esset noluissem, tamen coactus volui" (=Poiché per quanto fossi libero e non lo
volessi, tuttavia costretto lo volli). Con tale principio l'imperatore Giustiniano non ammette l’ ”actio
metus", cioè l'effetto paura come giustificazione per un'azione compiuta ancorché contro la propria volontà.
Cominus et eminus:
(Combatto) da vicino e da lontano.
Stava scritto sullo stemma di Luigi d'Orleans dove era raffigurato un porcospino: era credenza popolare che
tale animale si difendesse lanciando gli aculei contro i nemici.
Compelle intrare:
Fate entrare a forza.
Frase tratta dal Vangelo: Nella parabola Gesù parla di un banchetto a cui il padrone di casa invita gli amici
più cari, ma essi, anzichè presentarsi, lo snobbano accampando le più svariate scuse per non partecipare.
Sdegnato dice ai servi: Andate agli angoli delle strade e "compelle intrare" (=costringete ad entrare) quanti
troverete fino a che la sala del festino sia piena.
Consilia qui dant prava cautis hominibus, et perdunt operam et deridentur turpiter:
Quelli che danno cattivi consigli a uomini prudenti perdono il tempo e sono oggetto di derisione (Fedro).
Un coccodrillo vedendo un cane dissetarsi, correndo, alle acque del Nilo, gli disse di fermarsi e di bere con
tutta tranquillità. Il cane gli rispose: Lo farei, se non sapessi quanto ti piaccia la mia carne. Vi corrisponde il
proverbio: Guardati da chi ti consiglia a scopo di bene...
Consule Planco:
Sotto il consolato di Planco (Orazio Odi libro III, XIV v.29).
L'espressione che conclude l'Ode "...non ego hoc ferrem calidus iuventa, consule Planco" (=ardente di
gioventú non l'avrei sopportato, al tempo in cui Planco era console), equivale a... "tanti anni fa, quando ero
giovane".
Consummatum est:
Tutto è compiuto (Nuovo Testamento, Gv 19, 30).
Sono le ultime parole del Redentore sulla croce. Con la sua morte si compiva l'opera di salvezza affidatagli
dal Padre portando a termine il disegno divino come preannunciato nelle Scritture. L'espressione spesso
viene tradotta anche: "tutto è proprio finito" e si cita a proposito di un grande dolore, della morte d’un caro
parente, di un governo giunto al capolinea.
35 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Conticuere omnes, intentique ora tenebant:
Ammutolirono tutti e attenti atteggiavano la bocca (Virgilio Eneide libro II v.I).
Immagino l'intima soddisfazione di qualsiasi conferenziere, oratore o arruffapopoli se potesse vantarsi che
le sue parole sono riuscite a creare nell'uditorio l'atteggiamento illustrato nel detto. Con queste parole
Virgilio dipinge l'atmosfera di attesa e di silenzio creatasi nel gruppo dei Cartaginesi nello stesso momento
in cui Enea si appresta a raccontare la storia della tragedia di Troia.
Convoco, signo, noto, debello, concino, ploro/Arma, dies, horas, nubila, laeta, rogos:
Raduno le truppe, conto i giorni, suono le ore, allontano i temporali, celebro le feste, piango i morti.
Iscrizione su campane. Se ne trova una anche sulla più grande campana di Trevi in Umbria.
Coram populo:
Davanti a tutto il popolo (Orazio, Ars Poetica, 185).
In pubblico, alla presenza dì tutti. Troviamo nel Vangelo (Mt. 27,24) "Pilatus...accepta aqua lavit manus
coram populo..." (=Pilato...presa dell'acqua si lavò le mani davanti a tutto il popolo). Mai avrebbe
immaginato che questo gesto pubblico avrebbe consegnato alla storia il suo nome. Lo si usa quando si
vuole indicare che una notizia, deve essere proclamata ai quattro venti.
Coram Sanctissimo:
Alla presenza del Santissimo , cioè alla presenza del santo Padre.
Espressione curiale usata nel codice di diritto canonico. Troviamo un esempio nel Codice di diritto
Canonico (Art.III can.2112) "Congregatio generalis habetur coram Sanctissimo, assistentibus Patribus
Cardinalibus Sacrae Congregationis..." (=la riunione generale avverrà con la presenza del Santo (Padre) e
con l'assistenza dei padri Cardinali della Sacra Congregazione...)
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Corda fratres:
Cuori fratelli.
Nome di una associazione internazionale di studenti fondata nel 1898 dal torinese Efisio Giglio-Tos. Ne
fecero parte Giovanni Pascoli e Guglielmo Marconi. Voleva essere un tentativo di rinnovare, in ambito
internazionale, i legami di solidarietà e fratellanza che da sempre uniscono gli studenti degli Atenei
Corpus delicti:
Corpo del delitto.
E' corpo del delitto tutto ciò che è prova inconfutabile di un fatto delittuoso. (tanto per intenderci avrebbe
potuto essere "corpus delicti" quella che il cow-boy Bush definiva "pistola fumante" e cioè l'esistenza di
depositi di gas tossici in Iraq! .
Crucifige:
Crocifiggilo (Nuovo Testamento Mc 15,13).
Alla folla che chiedeva la libertà di Barabba, Pilato chiese che cosa doveva fare di Gesù e la risposta, a
distanza di una settimana in cui la stessa lo aveva osannato mentre faceva il suo ingresso in Gerusalemme,
fu: "crucifige eum". Questo a dimostrazione di come sempre le folle sono facilmente influenzabili.
Cui bono?:
A vantaggio di chi ? (Cicerone, Pro Roscio Amerino, 84).
Cicerone nell'80 a.C. assunse la difesa di Sesto Roscio Armerino il cui padre era stato ucciso su mandato di
due suoi parenti, d'accordo con Lucio Cornelio Crisogono, potente favorito e liberto di Silla. Crisogono
aveva fatto inserire il nome dell'ucciso nelle liste di proscrizione per poterne acquistare all'asta, a un prezzo
irrisorio, le proprietà terriere.
Gli assassini cercarono di sbarazzarsi del figlio dell'ucciso accusandolo di parricidio ma Cicerone svelò le
responsabilità di Crisogono, con l'orazione Pro Roscio Amerino convincendo i giurati che l'assassinio
favoriva (...cui bono...) gli accusatori e non l'accusato.
Da questo processo, in cui ebbe l'ardire di opporsi ad un potente appoggiato da Silla, ma senza inimicarsi il
dittatore, inizio' la fama e la carriera politica di Cicerone.
Il significato è pressochè identico al detto : "Is fecit cui prodest" (=il colpevole è colui che da questo ne
trarrà vantaggio).
Detto commentato da Renato C.
Cui prodest?:
A chi reca vantaggio? (Seneca, Medea, v. 500).
"Cui prodest scelus, is fecit" fa dire Seneca a Medea: ne deriva che quando un delitto manca di movente,
manca pure di autore. Possiamo applicare il detto anche alle tante leggi o provvedimenti che vengono varati
e che non presentano utilità alcuna per la cittadinanza se non per una ristretta cerchia di... utenti
legalizzando anche il furto o l'arricchimento illecito. Sono quelle leggi che con un termine latino vengono
definite:"ad personam".
Cuique suum:
A ciascuno il suo.
Si usa anche l'espressione "Unicuique suum". Aforisma della legislatura romana. Concorda con il precetto
evangelico: "Reddite Caesari quae sunt Caesaris, et quae sunt Dei Deo" (=Rendete a Cesare quello che è
di Cesare, ed a Dio quello che è di Dio).
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Cuius cura non est, recedat:
Chi non ha nulla a che fare in questo luogo si allontani (Formula ecclesiastica).
Si trattava di una formula rituale usata in certe cerimonie ecclesiastiche per invitare i profani o i non
interessati alla cerimonia, che nel luogo sacro si svolgeva, ad allontanarsi. Direi che il detto ben si applica a
tutti i curiosi perditempo che troppo spesso si interessano ai fatti altrui, più portati alla critica negativa fine
a se stessa che a quella costruttiva.
Cum Laude:
Con onore.
Espressione latina che in ambito universitario indica la buona qualificazione di uno studente nel corso di
laurea. Nella eventualità di risultati particolarmente apprezzabili si parla di "Magna cum laude" che diventa
"Summa cum laude" in presenza di valutazione eccezionale.
Cum quibus:
Con i quali...
Popolare ed espressivo modo per indicare i soldi senza i quali non è possibile fare nulla.
39 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Cum sis in mensa, primo de paupere pensa: cum pascis eum, pascis, amice, Deum:
Quando sei a mensa pensa prima al povero: mentre nutri il povero, o amico, nutri Dio.
Troviamo un analogo concetto espresso da Albertano da Brescia (anche noto come Albertanus causidicus
Brixiensis) nell'opera "De amore et dilectione Dei": "Quisquis es, in mensa primum de paupere pensa; nam
dum pascis eum pascis amice Deum; pauperis in specie nam latet ipse Deus" (=Chiunque tu sia, a mensa
per prima cosa pensa al povero; mentre infatti mentre lo nutri, amico, nutri Dio, nell’immagine del povero,
infatti è nascosto Dio stesso).
Cupio dissolvi:
Desidero morire (Filippesi 1.23-24)
La frase completa di san Paolo è “Coartor autem ex his duobus: desiderium habens dissolvi et cum Christo
esse, multo magis melius; permanere autem in carne, magis necessarium est propter vos.” (=Sono messo
alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con
Cristo, il che sarebbe assai meglio; d`altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne).
“Cupio dissolvi” rappresenta per san Paolo il desiderio del completo abbandono in Cristo per potersi
finalmente annullare in lui, mentre spesso il detto si cita per indicare il raggiungimento di un tale livello di
sopportazione da trovare nell'annullamento della morte l'unica via di scampo.
Curia romana non petit ovem sine lana: dantes exaudit, non dantibus ostia claudit:
La curia romana non vuole pecore senza lana: ascolta chi da e, a chi non da, chiude la porta in faccia.
Sembra che simile espressione sia stata coniata al tempo di papa Leone X quando, a corto di denaro non
disdegnò di vendere arcivescovadi o indulgenze, per mantenere la curia romana e portare a termine i lavori
iniziati in Roma. Considerando comunque il comportamente di certi papi i destinatari potrebbero essere
tanti.
Currenti calamo:
Con penna veloce.
Cioè scritto in gran fretta. Si allega la frase per chiedere perdono di errori eventualmente sfuggiti nella
fretta dello scrivere, a causa della quale spesso si cade in qualche "lapsus calarni" (=errore dovuto alla
penna, cioè una semplice svista).
Curriculum vitae:
Corso della vita.
Oggi possiamo tradurre questa espressione come resoconto biografico, insieme delle esperienze lavorative
o elenco delle principali vicende di una vita". Si utilizza spesso anche la forma abbreviata "curriculum" o le
sole iniziali maiuscole "CV". Praticamente su un CV vengono elencati i dati sugli studi effettuati, sui lavori
precedentemente svolti, sulla cultura generale, e quant'altro necessario per giudicare l' idoneità o meno all'
assunzione di un candidato. Ricordo che il termine essendo equiparato ad una parola straniera come tale è
indeclinabile e pertanto deve essere inserito in un testo italiano al singolare: I curriculum inviati verranno
valutati... e non i curricula inviati...!
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Cursus honorum:
Corso di onori, carriera.
Con questa espressione si indicava la carriera politica dei giovani romani. Sopravvissuti ad almeno dieci
anni di vita militare potevano finalmente pensare di mettersi in politica. Accettata la sua candidatura
dall'Assemblea Centuriata se eletto accedeva al primo gradino come "questore" dove restava in carica un
anno. Se gli elettori si ritenevano soddisfatti del suo operato, veniva eletto "edile", e poteva l'anno
successivo e sempre per la durata di un anno concorrere alla carica di “pretore”. A questo punto poteva
aspirare alla "censura" carica che durava 5 anni e successivamente al “consolato”.
D
Damnatio:
ad bestias, ad metalla, ad viarum munitiones, in crucem:
Condanna a morte per mezzo delle bestie feroci nel circo, ai lavori forzati, a morte per via breve, alla
costruzione di strade, alla croce.
Ai tempi in cui, "absit iniuria verbo" alle parole seguivano i fatti e le condanne venivano scrupolosamente
eseguite, con l'espressione "Damnato esto ad... "(=che tu sia condannato a...) il giudice comunicava al
condannato la pena da scontare. Inutile dire che con la condanna a morte nel circo o con altri mezzi spicci
(decapitati, trafitti da frecce, crocifissi... ) si concludeva la vita terrena del condannato.
Quando invece si trattava di condanna ai lavori forzati da scontare nelle miniere, nella costruzione di strade
o sulle galere (a proposito chissà come si definiva quest'ultima pena in latino) , il cittadino veniva privato di
ogni diritto civile. La perdita dello "status libertatis" ne comportava, inoltre, la confisca dei beni.
Solamente con l'avvento dell'imperatore Giustiniano (535 d.C.) la legge venne modificata e la condanna ai
lavori forzati cessò di comportare tale perdita.
Modificato dall'originale in seguito a preziosi suggerimenti di Franco C.
Datur omnibus:
Si da a tutti.
Scritta che si legge sulla porta di qualche monastero ad indicare che la carità di Cristo abbraccia
indistintamente tutti, ricchi e poveri. Ricorda le parole di fra Galdino (I Promessi Sposi cap. III) che
concludono il racconto del miracolo delle noci: "...perchè noi siamo come il mare che riceve acqua da tutte
le parti e le torna a distribuire a tutti i fiumi."
Da ubi consistam:
Dammi un punto di appoggio.
Abbreviazione del motto di Archimede: "Da mihi ubi consistam, et terram caelumque movebo" (=Datemi
un punto di appoggio e solleverò il mondo), alludendo alla proprietà della leva. Si cita quando si
domandano i mezzi necessari a intraprendere qualche grande impresa.
41 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Davus sum, non Oedipus:
Sono Davo, non Edipo (Terenzio, Andria, 2, 24).
"Davo"qui significa un povero schiavo ingenuo; "Edipo" invece, il re di Tebe, persona sublime ed
intelligente come dimostra l'esser riuscito a risolvere l'enigma postadalla sfinge. Ci si trincera dietro questa
sentenza quando si vuol addurre la propria debolezza come scusa per non assumere o compiere incarichi
troppo alti o difficili.
De auditu:
Per sentito dire.
Espressione giuridica con la quale si indica una testimonianza resa al giudice in base alla conoscenza che il
teste ha di un fatto ma solo per averne sentito parlare. Si tratta quindi di una testimonianza fatta per quanto
sentito “de auditu” e non per quanto visto “de visu”.
Debellare superbos:
Abbattere i superbi. (Virgilio, Eneide, VI, 853).
(vedi anche "Parcere subiectis et debellare superbos")
Verso che il poeta mette in bocca ad Anchise, il quale spiega ad Enea la futura missione del popolo
Romano.
De facto:
Di fatto.
Con questa espressione si indica una situazione "di fatto" cioè non riconosciuta dall'ordinamento giuridico,
ma accettata dalle parti in causa.
Deficit:
Manca (Giovenale Satita VII v.129).
La citazione "Pedo conturbat, Matho deficit" (=Pedone va in rovina e Matone fallisce) di Giovenale, è una
delle tante trovate navigando in internet. Il vocabolo non ha bisogno di spiegazione alcuna considerando
che, per noi italiani da tanti anni, ci sta incollato come una maledizione. L'utilizzo risale al 1500 quando
inizialmente indicava gli ammanchi di materiale negli inventari ma che con il passare degli anni ha
acquistato l'attuale significato di disavanzo.
De lana caprina:
Discutere della lana delle capre. (Orazio, Epist., I, 18, 15).
Il motto ricordato da Orazio invita a non dare importanza alle cose che non ne hanno. La lana delle capre
infatti è universalmente riconosciuta di natura scadente e per il poeta risulta tempo perso discuterne. La
frase si riferisce a questioni di poca o nessuna importanza, ad argomentazioni capziose quando, come si usa
dire, si va cercando il pelo nell’uovo.
Delenda Carthago:
Cartagine deve essere distrutta (Floro, Storia romana, lI, 13).
Era il ritornello consueto di Catone che sempre terminava i suoi discorsi, su qualunque argomento li tenesse
con la frase: "Ceterum censeo Carthaginem esse delendam" (=Quanto al resto , penso che Cartagine debba
essere distrutta), ritenendo che i nemici, o bisogna renderseli amici, o bisogna schiacciarli se le forze lo
consentono e, nel caso di Cartagine come già era avvenuto per la civiltà etrusca, questa seconda era l’unica
soluzione. La frase si usa per esprimere l’idea fissa di qualcuno che torna insistentemente sul medesimo
argomento.
Deminutio capitis:
Diminuzione di diritti.
Si usa questa espressione per indicare il cambiamento, in peggio, delle condizioni di una persona, o una
riduzione di potere sia sul posto di lavoro che in politica. Per gli antichi romani significava la perdita di
certi diritti civili. Esistevano tre diversi gradi di "Deminutio capitis", che rispettivamente comportavano la
schiavitù o la condanna a morte "maxima", la perdita della cittadinanza romana "media" o la perdita
dell'adozione "minima".
Dente superbo:
Con dente sdegnoso. (Orazio, Satire, libro II sat.6 , v. 87).
E' la descrizione dell'atteggiamento tenuto dal topo di città alla mensa frugale del topo di campagna.
Quest'ultimo che in onore dell'ospite aveva dato fondo a tutte le sue riserve alimentari: ceci, avena, acini di
uva passa, pezzetti di lardo mangiucchiati nel tentativo di vincere con l'abbondanza e la varietà delle portate
l'atteggiamento sdegnoso dell'amico si sente chiedere: "quid te iuvat amice, praerupti nemoris patientem
vivere dorso?" (=Che ci trovi a vivere in miseria su questo dirupo tra i boschi?). Continua a: "carpe viam,
mihi crede,comes!".
Deo gratias!:
Sia ringraziato Dio.
Era la risposta che il ministrante dava al sacerdote che con "Ite, missa est" (=andate, siete congedati)
congedava l'assemblea. Questa espressione liturgica è divenuta comune nel linguaggio familiare per
esprimere la soddisfazione di un buon successo, della partenza di un rompiscatole, della fine d’una
conferenza noiosa.
Deo ignoto:
Al dio sconosciuto (Atti degli Apostoli,XVI I, 22).
Iscrizione letta da S. Paolo su un tempio di Atene, durante il suo ministero apostolico. Ne prese lo spunto
per far conoscere il Dio dei Cristiani.
La frase s’usa talora per indicare che un libro, un’opera. un monumento, non si sa a chi siano dedicati.
De plano:
Facilmente, senza alcuna formalità.
Locuzione del linguaggio giuridico. Alcuni esempi possono chiarire il concetto : Il tribunale può
provvedere "de plano" e senza garanzia... ...Penso sia sfuggito a coloro che sono intervenuti, che la
richiesta non va accolta "de plano" e che non è possibile ottenere "sic et simpliciter" ...la previsione del
procedimento "de plano" troverebbe ragione nel fatto che... ...Come si evince "de plano" dalle censure
appena esposte.
De profundis:
Dal profondo (dell'abisso) (Liturgia, Salmo 129).
È l’ inizio del noto salmo che si recita o si canta nella liturgia dei defunti. Si usa parlando di persona che si
crede spacciata: gli si può cantare il "De profundis".
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Derideri merito potest qui, sine virtute, vanas exercet minas:
Può giustamente essere deriso chi, privo di valore, minaccia inutilmente. (Fedro, Favole, libro III, 6, 10-
11).
È tratta dalla favola "La mosca e mula". Per incitare la mula a correre, l' insetto minaccia di pungerla, ma
questa risponde dicendole che teme solo il morso e la briglie messe dall’uomo. Il testo completo sarebbe:
“Hac derideri fabula merito potest qui, sine virtute, vanas exercet minas” (= Questa favola serve a
ridicolizzare chi, senza averne i mezzi, muovono inutili minacce.).
Desiderata:
Cosa di cui si avverte la mancanza.
A volte nelle biblioteche, negli ospedali, negli studi medici si trovano registri dove il pubblico può
esprimere la propria richiesta (desiderata) per cose di cui avverte la mancanza e che avrebbe piacere
trovare.
Desinit in piscem:
Termina a coda di pesce. (Orazio, Ars poetica, 4).
Allusione ad un verso dell’ Ars poetica nel quale l’opera d’arte senza unità è paragonata ad un busto di
bella donna che termina con la coda di pesce. Desinit in piscem, mulier formosa superne
Si dice delle cose il cui fine non corrisponde al principio, iniziate bene e finite male.
Desipere in loco:
Dimenticare la saggezza nel tempo opportuno. (Orazio, Odi, 1V, 12, 28).
Il poeta qui consiglia Virgilio a mescolare alla sapienza un grano di pazzia. Vi si trova una qualche
analogia con il detto: "Semel in anno licet insanire" (= (almeno una volta all’anno è lecito impazzire).
Potrebbe intendersi che anche nello studio e nel lavoro sono necessari intervalli di riposo.
De te fabula narratur :
E' di te che si parla in questa favola. (Orazio, Satire, I, 1, 69).
Il poeta, dopo aver dipinta la pazzia dell’ avaro, si rivolge al suo ipotetico interlocutore. L’espressione si
usa per richiamare alla realtà qualcuno che, mentre si parla dì lui, fa "l’indiano". E’ analoga al detto:
"Lupus in fabula" (=Il lupo di cui si parla nella favola è qui presente).
Deus ex machina:
Un dio sceso dalla macchina.
Locuzione relativa al teatro greco , nel quale al culmine dell’azione, interveniva la divinità, fatta discendere
dal cielo per mezzo di complicati meccanismi , a sciogliere tutti i nodi del dramma.
La frase si suoi applicare alle persone che, in affari arruffati, in situazioni quasi disperate, sanno,
all’improvviso, trovare una soluzione.
Deus vult:
Dio lo vuole.
Grido di incitamento che la tradizione vuole venisse pronunciato da Pietro l'eremita per spronare i Cristiani
a partire per liberare i luoghi sacri. Si trova spesso anche storpiato in "Deus lo vult, Deus lo volt” oppure
“Deus le volt".
Considerando il totale fallimento di due secoli di crociate (Concilio di Clermont 1095- Caduta di Acri
1291) l'espressione viene comunemente usata in senso ironico nel momento in cui si è costretti ad azioni
sulle quali già in anticipo si nutrono dubbi di fattibilità e di utilità.
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De visu:
Con i propri occhi.
Chi non ricorda il comportamento dell'apostolo Tommaso? Per credere alla resurrezione di Gesù pretese di
mettere il dito nel posto dei chiodi e mettere la mano nel suo costato. Si usa questa espressione ogni
qualvolta si vuole rimarcare che quanto si afferma è dovuto non al racconto di altri ma alla diretta visione
dell'avvenimento.
Dicamus bona verba, venit natalis, ad aras;quisquis ades vir mulierque fave:
Pronunciamo parole di augurio, il dio dei natali si avvicina all'altare: tutti i presenti, uomo o donna
tacciano (Tibullo, Elegie, Libro II, II v. 1,2).
Il componimento è indirizzato all'amico Cornuto in occasione del suo compleanno. Certo che l'amico non
chiederà in dono terre o perle preziose ma l'amore fedele della moglie, il poeta augura che il loro legame sia
duraturo e che il dio "Natale" li possa trovare dopo tanti anni, pur con le rughe e i capelli bianchi,
circondati da una schiera di nipoti che giocano ai loro piedi.
Detto segnalato da Pier Antonio G.
Dictum factum:
Cosa detta, cosa fatta (Terenzio Il punitore di se stesso atto V v. 940).
L'espressione è passata senza alcuna modifica di significato nella lingua italiana. Ha un ampio impiego in
tutte le occasioni e necessità: ti serve una informazione? Apri internet e ... “dictum, factum”.
Diem perdidi!:
Ho perso la giornata. (Svetonio, Vita Divi Titi, 8 - Eutropio Breviario libro VII , 21).
Parole attribuite all'imperatore Tito, addolorato per avere trascorso una giornata senza essere riuscito a
compiere alcuna buona azione.
Dies irae:
Il giorno dell'ira (Liturgia, Sequenza dei morti).
Sono le due prime parole della nota Sequenza che la Chiesa Cattolica recita o canta sulle spoglie dei suoi
fedeli defunti e nel giorno dei Morti: Sequenza che fa un vivissimo quadro della fine del mondo e del
Giudizio Universale.
Di meliora piis:
Che gli dei concedano (tempi) migliori agli uomini pii. (Virgilio, Georg.. III, 513).
Virgilio fa questa invocazione dopo la descrizione delle miserie prodotte dalla peste.
Nell’uso corrente lo si indirizza alle persone colpite da qualche lutto, o provate dalla sventura, per augurare
loro tempi migliori.
Dimidiatus Menander:
Un Menandro a metà.
Sintetica espressione usata da Giulio Cesare per definire l'arte del commediografo Terenzio. Il Menandro
chiamato in causa era considerato a quei tempi il miglior commediografo greco e a lui si ispiravano
traducendone le opere ed adattandole agli avvenimenti di casa loro i primi commediografi romani da Livio
Andronico a Nevio , da Quinto Ennio a Plauto. Afro Publio Terenzio schiavo di origine cartaginese,
affrancato in considerazione delle sue capacità di scrittore, è forse quello che, come stile, più si avvicina
allo stile di Menandro, ma mentre Cicerone ne parla come di uno dei maggior poeti della Repubblica,
Cesare, che come scrittore non era secondo a nessuno, ne riconosceva il perfetto stile letterario, ma non ne
apprezzava la capacità di scenografo: da qui la definizione.
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Dimidium facti, qui coepit, habet:
Chi comincia è a metà dell'opera (Orazio, Epist., I, 2, 40).
Per gli antichi in generale e per i Romani in particolare, abituati a pianificare nei minimi dettagli ogni
operazione militare, ogni opera pubblica o privata, non era necessario aggiungere anche l'avverbio "bene"
come noi invece, più portati al pressapochismo, abbiamo fatto rendendo la frase in italiano:"Chi ben
comincia, è a metà dell’opera". Spesso in Italia si comincia un'opera, si intascano i soldi e ci si da alla
latitanza senza preoccuparsi, il più delle volte di terminarla!
Divide et impera:
Dividi e comanda.
Fu la logica perseguita dal senato romano: il modo migliore per evitare che popoli sottomessi si
coalizzassero e si ribellassero all'invasore era far sì che rivaleggiassero tra di loro concedendo a chi un
privilegio e a chi un altro. La paura di perdere questi previlegi li spingeva a combattere l'un contro l'altro e
non contro l'oppressore comune.
Divum Domus:
Casa degli dei (Virgilio Eneide Libro, II, v.241).
Con questa epressione presa a prestito dall'Eneide i Romani definivano la città di Roma. Il testo completo
sarebbe "O patria, o divum domus Ilium et inclita bello moenia Dardanidum!" (=O patria, o Ilio sacra casa
degli dei e mura di Troia eccelse in guerra).
Dixi!:
Ho detto
Motto con il quale si fanno terminare discorsi, ragionamenti, ecc
49 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Docendo discitur:
Insegnando s'impara.
L'espressione è ripresa da Seneca che nelle Lettere Morali a Lucilio libro I, VII scrive: "Homines dum
docent discunt" (=Gli uomini mentre insegnano imparano).
Doctum doces:
Insegni a uno che già sa (Maccio Tito Plauto Poenulus scena 4.2 vers.800).
"Stai perdendo il tuo tempo dice il servo Sincerasto a Milfione", "perchè mai?" chiede quest'ultimo, Perché
"doctum doces" risponde il servo. Verrebbe da pensare ad un detto italiano che suona così: Chi sa fa e chi
non sa...insegna!
D.O.M. :
A Dio Ottimo Massimo
Quante volte ci sarà capitato di leggere sul frontone di una chiesa queste tre lettere. Altro non sono che
l'acronimo di "Deo Optimo Maximo".
Donec corrigatur:
Fino a quando non sarà corretto.
Espressione di condanna temporanea che compariva sui frontespizi dei libri ritenuti non conformi alla
ortodossia teologica e morale della Chiesa cattolica dalla "Sacra Congregazione dell'indice". L' "indice" di
questi libri proibiti venne abolito con il Concilio Vaticano II.
Donec eris felix, multos numerabis amicos, tempora si fuerint nubila, solus eris:
Finchè sarai felice avrai molti amici,ma se il tempo ti si oscurerà rimarrai solo. (Ovidio, Tristia, I, 1, vers.
39-40).
Questo frase si cita nei casi di improvvise disgrazie, ma soprattutto nelle frequenti delusioni prodotte dall'
amicizia. E' comprensibile come Ovidio, condannato dall'imperatore Tiberio a Tomi sul Mar Nero dove
morirà senza rivedere Roma, soffra vedendosi, ora caduto in disgrazia, abbandonato da tutti.
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Do ut des:
Io do affinchè tu dia.
Il vero dono consiste nel consegnare un bene nelle mani di qualcuno senza attendersi in cambio alcunchè, il
dare per essere ricambiati denota una certa dose di egoismo.
Dux agminis:
Comandante dell'esercito (Livio Ab Urbe Condita Libro II - 13).
Ai romani, almeno a quelli di allora, sembrava bello e didatticamente utile, per le generazioni a venire,
inventarsi "primo esempio di propaganda di guerra" atti di coraggio e di amor patrio soprattutto in
occasione di clamorose sconfitte. Clelia, giovane romana consegnata come ostaggio a Porsenna con altre
dieci ragazze, convince le compagne a fuggire e, come racconta Tacito, "dux agminis virginum inter tela
hostium Tiberim tranavit" (=alla testa di questa schiera di vergini, sotto una pioggia di frecce nemiche,
attraversò il Tevere a nuoto).
E
Ecce ancilla Dei (o Domini):
Ecco la serva del Signore.(S. Luca, I, 38).
Sono le note parole di risposta che la Vergine diede all’angelo dell’ Annunciazione.
Nell’uso comune si cita per dichiararsi sottomessi a qualsiasi ordine dei superiori.
Editio princeps:
Edizione principale.
Con queste parole si indica la prima e, si suppone, la più autentica edizione di un libro o di un'opera.
Eiusdem furfuris:
Della medesima crusca.
Epiteto che si dà, sempre in cattivo senso, a due soci che si rassomigliano perfettamente per vizi, malvagità
e difetti. Si usa anche l’espressione "eiusdem farinae" (=della stessa farina).
Emunctae naris:
Di naso fine (di buon fiuto). (Orazio, Satire, I, 4, 8).
Dicesi di uomo che ha, come si suol dire, "un buon naso", cioè intelligenza acuta e pronta, intuizione rapida
e sicura, che sa prevedere gli avvenimenti.
Ense et aratro:
Con la spada e l'aratro.
"E' l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende" così declamava la propaganda fascista per
bocca di Benito Mussolini: mi auguro che mai più nessuno possa sentire parole simili.
Equus Seianus:
Cavallo di Seio (Gellio, Noctes Atticae, 3 - 9).
Modo di dire applicato a chi era perseguitato dalla sfortuna. Sembra si trattasse di un bellissimo cavallo che
portava disgrazia a chiunque ne diventasse lo sfortunato possessore. Gneo Seio infatti, primo proprietario,
venne condannato a morte da Marco Antonio. Quest'ultimo, entrato in possesso dell'animale, dopo che
dello stesso ne furono proprietari sia il console Cornelio Dolabella che Caio Cassio, pure essi colpiti da
morte violenta, ebbe la sorte che tutti conosciamo.
Erga omnes:
Nei confronti di tutti.
Qualsiasi norma, decreto, contratto che senza eccezione alcuna vengono applicati ad intere categorie di
persone si usa dire che sono validi "erga omnes". Il significato risulta quindi essere l'opposto del detto "ad
usum delphini" e cioè per una ristretta cerchia di persone.
Ergo:
Perciò.
Parola usata a conclusione di un sillogismo nelle dispute della filosofia scolastica.
Est locanda:
Si affitta.
Nel mercato immobiliare romano è una formula piuttosto comune per indicare una casa sfitta in
sostituzione del più noto "Affittasi". Da qualche decina d'anni a questa parte potrebbe essere il motto della
nostra Repubblica Italiana.
Et cetera:
E quant'altro.
Nella lingua italiana l'espressione è resa con eccetera o con l'abbreviazione ecc. ma spesso si trova anche
usata la forma latina et cetera con la relativa abbreviazione etc.! Viene usata in uno scritto o in un discorso
per dare al lettore o all'ascoltatore l'impressione di concludere l'enunciazione di un elenco che diversamente
risulterebbe impossibile concludere.
Et iterum dico vobis facilius est camelum per foramen acus transire quam divitem intrare in regnum
caelorum:
E inoltre vi dico che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno
dei cieli. (Nuovo testam. Mt. 19,24).
Non tutti concordano su questo significato. Che relazione c'è tra un cammello e la cruna di un ago? Questi a
sostegno della loro tesi spiegano come San Gerolamo, autore della vulgata della Bibbia, nella traduzione
dal greco al latino abbia tradotto la parola "kamelos" come "cammello" e non come "gomena" (grossa fune
usata per l'ormeggio delle navi la cui circonferenza variava da 20 a 60 cm.). Sia come sia il monito è
evidente!
Ex abrupto:
Improvvisamente.
Si usa spesso a proposito di un oratore che esordisce senza preparazione alcuna, improvvisando lì per lì. Ai
miei tempi, anche le interrogazioni scolastiche, erano fatte "ex abrupto" e ne conseguiva che era
indispensabile essere sempre preparati diversamente da quanto succede ormai da anni che le stesse
risultano programmate.
Ex abundantia cordis:
Dalla pienezza del cuore (Mt 12, 33-35).
La frase completa è: "ex abundantia cordis os loquitur", la bocca parla dalla pienezza del cuore. L'uomo
buono cava fuori dal buon tesoro cose buone...
Ex aequo:
A parità di merito, alla pari.
Formula usata soprattutto per indicare un punteggio pari nello sport.
Ex ante:
Da prima.
Con effetto retroattivo. Usato anche come aggettivo relativamente ad un valore economico programmato o
previsto, come ad esempio un risparmio “ex ante”.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Ex cathedra:
Dalla cattedra.
Frase molto frequente nell’uso ecclesiastico, specialmente per ricordare che il Papa, quando parla "ex
cathedra" cioè come Dottore universale della Chiesa Cattolica, è infallibile. La frase si usa ironicamente
all’indirizzo di coloro che si danno arie di sapienti.
Excelsior!:
Più in alto!.
E' il titolo della famosa poesia di Henry Wadsworth Longfellow, che ripete ad ogni strofa tale ritornello.
Poeta americano (1807-1882) fu compositore di raccolte di poesia tra le quali "Voci nella notte" e "Ballate
ed altre poesie"; quest'ultima comprende anche il famoso Excelsior .
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Exceptis excipiendis:
Fatte le debite eccezioni.
Frase d’uso corrente nelle comparazioni, nelle enumerazioni, ecc. Si aggiunge alla fine del ragionamento
quasi per ricordare, a chi ascolta, che le eccezioni non intaccano, anzi confermano la regola.
Ex commodo:
Con comodità; senza fretta.
Cioè senza preoccupazioni con serenità e senza fretta: si tratta insomma di occupazioni che non hanno
urgenza.
Ex dono:
Regalato; proveniente da un dono.
Con questa frase si contrassegnano nei musei le opere d’arte o altri oggetti avuti in dono da persone
munifiche, facendo seguire alla frase (in genitivo) il nome dell’ offerente. Si trova specialmente su libri dati
in dono a biblioteche.
Exempli gratia:
Per esempio.
Alcune volte si usa anche la frase Verbi gratia, che ha lo stesso significato. Nelle poesie e talvolta nel
discorso ha un leggero sapore ironico.
Exequatur:
Venga eseguito, abbia corso.
Prima della firma dei Patti Lateranensi, "l'Exequatur" era il visto con cui lo stato italiano dava validità ed
efficacia ai decreti della Santa Sede. Nel diritto internazionale è l'atto con cui uno stato riconosce la nomina
di un console straniero sul suo territorio.
Ex falso quodlibet:
Accettando come vere affermazioni contradditorie si può concludere tutto ed il contrario di tutto.
Come scritto a proposito di "nego maiorem" la base della veridicità in un sillogismo è l'accettazione della
proposizione iniziale come vera ma, nel momento in cui questa, pur falsa o contradditoria viene accettata
come vera , si può arrivare a qualsiasi conclusione.
Detto segnalato da Davide De A.
59 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Ex genere Achillis:
Della dinastia di Achille. (Eutropio, Breviario, II, 11).
Elogio che lo scrittore fa di Pirro, re dell’Epiro, che si diceva discendere dal famoso eroe della guerra
troiana, rimasto come simbolo di forza, di valore e di lealtà.
Si cita alludendo a qualche nobile personaggio.
Exigua est virtus praestare silentia rebus at contra gravis est culpa tacenda loqui:
E’ una piccola virtù il saper mantenere il silenzio sulle cose, ma è invece una grave colpa il parlare di
quelle che dovevano essere taciute (Ovidio. Ars amat, 11, 603).
Ex libris:
Dai libri.
Con simile locuzione ci si riferisce ad una etichetta, normalmente ornata di figure e motti, che si applica su
un libro o per indicarne il proprietario o come contrassegno, ad indicare l'appartenenza ad una biblioteca
privata. Possiamo immaginare che siano nati con la diffusione dei testi stampati. Alla fine del secolo XIX
gli "ex libris" conoscono poi un’evoluzione sia qualitativa che quantitativa con lo sviluppo del
collezionismo a livello internazionale.
Ex novo :
Di nuovo, daccapo, di sana pianta.
Un lavoro malfatto va rifatto “ex novo”.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Expende Hannibalem:
Pesa Annibale. (Giovenale, Satire, LX, 147).
Cioè pesa i grammi di cenere che rimangono di questo grande e celebre capitano. In altre parole vuoI dire
che tutti i trionfi, tutte le glorie e le potenze di questa terra si riducono ad un pugno di cenere.
Expertus metuit :
Colui che ha esperienza teme (Orazio Lettere libro I - XVIII - 87).
Essere temerari non significa essere coraggiosi e solo la conoscenza del pericolo consiglia di essere
prudenti. Proprio per questo motivo prima di ogni impresa occorre essere in grado di valutare le condizioni
a favore e quelle a sfavore con piena oggettività.
Ex professo:
Con cognizione di causa; con competenza.
Si dice di persona che conosce perfettamente la sua arte o scienza, il proprio soggetto...
Ex tempore:
Subito, improvvisamente.
Parlare “ex tempore” significa parlare all’improvviso, senza preparazione e a sproposito, in chiara
contrapposizione a “ex professo” (= Con competenza).
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Extra formam:
Al di fuori di ogni formalità (I Promessi Sposi cap.XV).
Quando uno nasce disgraziato..., così pensa il notaio che dopo aver arrestato Renzo all'Osteria della "Luna
Piena" e credendolo, dal suo comportamento, disposto a collaborare e confessare così "extra formam"
accademicamente, in via di discorso amichevole, quel che uno volesse, si trova a dover fare i conti con la
folla inferocita.
Extra moenia:
Fuori dalle mura.
Riporto un esempio di utilizzo dell'espressione citata: ...cosicché i medici legati al S.S.N. da un rapporto
d’impiego, mentre possono esercitare l’attività libero-professionale fuori dell’orario di lavoro "intra
moenia" (=all’interno) o "extra moenia" (=all’esterno) delle strutture sanitarie, non possono farlo in una
struttura privata convenzionata o accreditata con lo stesso S.S.N...
Extra omnes:
Uscite tutti (Formula ecclesiastica).
Con queste parole il maestro delle cerimonie pontificie, prima di chiudere e sigillare le porte della Cappella
Sistina per dare inizio al conclave per la elezione del nuovo pontefice, allontana tutte le persone non
61 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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interessate all'elezione. Con identico significato troviamo, sempre per invitare i perdigiorno a levarsi dai
piedi, anche "cuis cura non est recedat" (= Chi non ha nulla a che fare in questo luogo si allontani).
Extra Urbem:
Fuori della città.
Nota come espressione curiale vaticana indicava i Camerieri d'onore e i Cappellani Segreti d'onore del
pontefice. Queste e tante altre cariche vennero abolite da Papa Paolo VI con la lettera apostolica Motu
Proprio "Pontificalis Domus" (=La dimora del Pontefice).
Ex ungue leonem:
Il leone (si riconosce) dalle unghie.
Il prepotente si riconosce dalle sue rapine; oppure, in senso buono, da poche linee si riconosce la mano
d’un grande artista. Ha una certa affinità col proverbio italiano: " Dai frutti si conosce l’albero".
Ex voto:
A seguito di un voto.
Si tratta di una pratica comune a molte religioni."Ex voto suscepto" per voto fatto: E' un impegno che il
credente assume nei confronti della divinità purchè la stessa ne esaudisca le richieste non quindi un "do per
avere" ma solamente un "do se tu mi darai".
F
Faber est suae quisque fortunae:
Ciascuno si forgia il proprio destino (Pseudo Sallustio, Epistulae ad Caesarem Senem de re publica Ep.
I,I,2).
I critici moderni sono propensi ad assegnare la paternità delle "Epistulae ad Caesarem senem de re
pubblica", e della "Invectiva in Ciceronem", non al grande storico Sallustio ma a qualcuno di epoca
posteriore, a cui viene dato il nome di "Pseudo Sallustio". Viene attribuita al console Appio Claudio Cieco
"res docuit verum esse, quod in carminibus Appius ait, fabrum esse suae quemque fortunae" (=La realtà ha
insegnato che risponde al vero ciò che nei suoi carmi dice Appio, che ciascuno è l'artefice del proprio
destino). L'espressione, molto cara all'Umanesimo, al Rinascimento e all'Illuminismo viene spesso usata
per spronare l'interlocutore a non essere succubo del destino ma di piegarlo al proprio volere con ogni
messo disponibile. E' possibile anche trovare espresso lo stesso concetto con "homo faber fortunae suae"
(=L'uomo è artefice del suo destino), come segnalato da Beppe S.
Factotum:
Fai tutto.
“E, a dirtela, .... senza vantarmi: lui il capitale, e io quella poca abilità. Sono il primo lavorante, sai? e
poi, a dirtela, sono il factotum”. Così dice Bortolo a Renzo quando gli si presenta nel filatoio dopo i "fatti
di Milano". ( I Promessi Sposi cap. XVII ). La parola deriva dall'unione di fac (= fai) e totum (=tutto)
Normalmente il termine si usa per indicare quanti vorrebbero fare ogni cosa per mettersi in vista pur non
avendone, a volte, le capacità.
Fama volat:
La fama vola. (Virgilio, Eneide, III, 121).
E' noto l'espediente usato da Don Abbondio per diffondere qualche notizia senza sembrare di esserne
l'autore: raccontarla a Perpetua raccomandandole la massima segretezza.
Favete linguis:
Favorite con le lingue. (Fate silenzio!!!) (Orazio, Odi, III, 1, 2).
Durante le cerimonie religiose era assolutamente proibito parlare e gli astanti dovevano partecipare alla
cerimonia in religioso silenzio per non allontanare il favore degli dei. All'inizio quindi di ogni sacrificio ne
veniva fatta la richiesta con questa formula di rito da uno dei littori curiazi. Per evitare inoltre di essere
disturbato durante la cerimonia anche il sacerdote mentre compiva il rito copriva il capo con un velo rosso .
È, nell’uso corrente, un modo per domandare ad un’assemblea un silenzio... quasi religioso.
Fervet opus:
Ferve il lavoro. (Virgilio, Georgiche, IV, 169).
Il Poeta adopera la frase per illustrare la laboriosità delle api, e altrove (Eneide, I, 436) per i lavori della
costruzione di Cartagine.
Fert:
Sopporta, Porta.
Si tratta del motto di Casa Savoia ma, nonostante gli sforzi fatti dagli storici e i tanti tentativi di spiegarne il
significato, non esistono documenti certi sulla sua origine. Sembra che nell'aprile 1364 Amedeo VI di
Savoia, più noto come il Conte Verde, in occasione di un torneo tenuto a Chambery facesse preparare da un
orefice quindici collari per sé e per i cavalieri della sua squadra riportanti la scritta "Fert"e tre lacci
intrecciati. La scritta esortava i Cavalieri a "sopportare", in onore della propria dama, le prove cui erano
sottoposti mentre i lacci ricordavano l'indissolubilità del vincolo amoroso.
Festina lente:
Affrettati lentamente.
Il Motto può sembrare un paradosso, ma nasconde una verità assodata: chi vuole arrivare ad una meta non
deve agire precipitosamente, ma con prudenza e ponderazione.
Fiat:
Sia fatto!
Non si tratta ovviamente... dell'acronimo di una nota casa automobilistica. L'allegorico e poetico racconto
della creazione fatto dalla Bibbia nel libro della Genesi mostra la grandezza di Dio che, con una semplice
parola, dà inizio al suo progetto di creazione del mondo: un "fiat lux" e "fiat firmamentum" cancellano le
tenebre del caos iniziale e creano l'universo nella sua immensità. Anche noi... nel nostro piccolo usiamo
simile espressione, per cose certo meno importanti ma realizzate a tempo di record.
Fiat lux:
Sia fatta la luce. (Genesi, I, 3).
Frase biblica, pronunciata dal Creatore dell’Universo quando creò la luce. La si usa per invocare maggiori
chiarimenti in questioni controverse, oscure, dibattute...
Fidus Achates:
Fido Acate (Virgilio, Eneide, VI, 158).
Era uno dei più fidati amici di Enea: l’altler ego dell’eroe troiano. La frase è usata per indicare un amico
indivisibile.
Flagellum Dei:
Flagello di Dio.
Soprannome dato ad Attila per la sua ferocia. Divenuto re degli Unni nel 434 negli 8 anni del suo governo
fu uno dei più temibili nemici dell'impero romano che la storia ricordi e ispirò un tale terrore che ancora
oggi il suo nome è simbolo di morte e distruzione. Assediò Costantinopoli costringendo l'imperatore
d'oriente a pagare un tributo, si spinse nella Gallia distruggendo ogni cosa sul suo cammino, rase al suolo la
città di Aquileia nell'intendo di conquistare Roma. La storia/leggenda narra come venisse fermato da papa
Leone I che lo convinse a ritornare in Pannonia l'attuale Ungheria.
Fortunate senex!:
O vecchio fortunato. (Virgilio, Egloghe, I, 46).
L’ esclamazione è rivolta a Titiro, felice per aver conservato il suo campicello. La si ripete ai nonni
circondati dai nipotini. Mi da l'impressione di una pacca sulla spalla a noi vecchietti.
Fuimus Troes:
Fummo Troiani! (Virgilio Eneide II v. 324-325).
E' il grido disperato di chi comprende che ogni cosa è perduta. Troia sta bruciando e Panto, sacerdote del
dio Apollo, giunge alla casa di Enea per portare in salvo gli arredi sacri e i simulacri degli dei ormai vinti.
Ad Enea che chiede informazioni sulla situazione risponde che non ci sono più possibilità di salvezza nè
per loro nè per la città "Fuimus Troes, fuit Ilium" (=Fummo Troiani ed esistette una città di nome Ilio).
Furor Teutonicus:
Furore tedesco (M. A. Lucano Pharsalia).
Troviamo per la prima volta simile espressione nella Farsalia di Lucano dove contrappone allo stile di vita
delle popolazioni germaniche la "virtus" romana (coraggio disciplinato) e pone le basi di un mito destinato
a sopravvivere ancor oggi.
G
Genus irritabile vatum:
La stirpe dei poeti è irritabile.(Orazio, Epist.. Il, 2, 102).
Forse Orazio parilava per propria esperienza, quando chiamava i suoi colleghi poeti. "stirpe nevrastenica”.
Basta una inezia, infatti, per urtare la suscettibilità dei letterati.
Gloria victis!:
Gloria ai vinti.
Al vinto si deve gloria se ha combattuto per una causa giusta. È l'opposto del famoso "Vae victis!" che si
vuole pronunciato da Brenno contro i Romani che protestavano per le frodi usate nel pesare l’oro da essi
versato per il riscatto.
67 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Graecia capta ferum victorem cepit:
La Grecia conquistata (dai Romani), conquistò il feroce vincitore. (Orazio, Epist.. Il, 1, 156).
Roma conquistò la Grecia con le armi, ma questa con le sue lettere ed arti riuscì ad incivilire il feroce
conquistatore, rozzo e incolto. Si cita per esaltare la potenza ed efficacia delle belle lettere o degli studi
nella civilizzazione dei popoli.
Grosso modo:
Approssimativamente, ad occhio e croce (Ignoto).
Riporto questa espressione di uso quotidiano anche se, inizialmente, ho avuto qualche perplessità
sull'esistenza del vocabolo "grossus" e, di conseguenza, sull'utilizzo che dello stesso ne viene fatto.
L'aggettivo "grossus" non risulta né nel Georges-Calonghi né nel Campanini-Carboni stampati, il primo nel
1938 ed il secondo, "grosso modo", nello stesso periodo mentre viene riportato, come voce di tardo latino,
sia nelle recenti edizioni del Castiglioni-Mariotti che del già citato Campanini-Carboni.
Non si tratta certo di latino aulico ma pur sempre di latino si tratta e come tale merita di essere ricordato. La
ricerca fatta, inoltre, mi ha permesso di conoscere l'esistenza di un "latinus grossus" nato attorno all'anno
1000 che può essere considerato il precursore del latino maccheronico fiorito nel tardo '400 e di cui il più
noto esponente è Teofilo Folengo (1491-1544).
Questo "latinus grossus" era una sorta di lingua che ai vocaboli aulici del latino, sempre più prerogativa
delle sole persone istruite, mescolava termini di uso comune e comprensibili dal popolo privo di istruzione.
Detto segnalato da Cristina.
H
Habeas corpus:
Ci sia il corpo, ci sia documentato motivo (Dall'Abeas corpus Act)
Nel diritto inglese è l'ordine con cui il magistrato, per tutelare dagli arresti illegali, ordina a chi detiene un
prigioniero di dichiarare quando e perchè lo ha arrestato: prende nome dalle parole iniziali dell'atto
“Habeas corpus ad suspiciendum”.
Habitat:
Egli abita.
Si usa per indicare il complesso di fattori che caratterizzano l'ambiente in cui un a specie animale o
vegetale trova le condizioni ideali per vivere.
Habitus:
L'abito.
Si usa normalmente tale espressione per indicare una abitudine quasi fosse un abito che si porta addosso.
L' “habitus” è la nostra seconda natura.
Hannibal ad portas!:
Annibale è alle nostre porte. (Cicerone, De finibus, IV, 9. e Tito Livio, XXIII, 16).
È il disperato grido dei Romani dopo la battaglia di Canne, quando s’ aspettavano di vedere il grande
nemico alle porte della Città Eterna. Si usa ripetere in occasione d’ un grande pericolo imminente, o
all’arrivo di qualche grande personaggio che ha intenzioni poco favorevoli.
Hic:
Qui.
Ai primordi della carta stampata i lettori di un libretto manoscritto o stampa, mettevano spesso sul bordo
come segnalibro il monosillabo “hic” sottintendendo “hic sistendum” oppure “hic advertendum” (=Qui
occorre fermarsi, qui occorre fare attenzione). "Qui sta l' Hic", esclama l'oratore quando desidera
richiamare l'attenzione dell'assemblea su un particolare punto o argomento che per la sua importanza merita
un approfondimento.
Hic et nunc:
Qui e ora.
Si usa questa espressione per indicare che una cosa non ammette proroghe nella sua attuazione.
Hic iacet:
Qui giace.
Come ben sappiamo si tratta di una iscrizione tombale. Tutto quello che credavamo di essere, tutto quanto
ci siamo sforzati di possedere e di costruire si riduce, come in un famoso racconto ad una tomba di due
metri quadri e ad un epitaffio di due parole ”Hic iacet" Qui giace.
Hic optime manebimus:
Qui rimarremo ottimamente(Tito Livio Ab urbe condita Periocha V).
La frase completa è "Sta, miles, hic optime manebimus !" (=Fermati soldato , qui staremo benissimo). Anno
390 a.C., i Galli stanno per conquistare Roma ed i senatori vorrebbero fuggire a Veio. A Furio Camillo, che
invano tentava di convincerli a desistere da questo proposito, venne in provvidenziale aiuto l'esclamazione
di questo centurione rivolta ai suoi soldati. Nel film "Don Camillo e l'onorevole Peppone" la frase viene
pronunciata da Fernandel quando Gino Cervi gli ordina di allontanarsi dal ponte che aveva appena minato.
Oggi, e non facciamo nomi, l'espressione è usata da chi non ha la minima intenzione di abbandonare la
sedia che occupa anche se le circostanze sonog sfavorhevoli.
His fretus:
Confidando in queste cose.
Cioè, appoggiato a queste ragioni, ecc. Un esempio tipico, in cui è usato in significato ironico, si ha nel
capitolo XXXVIII dei Promessi Sposi quando l’ enciclopedico don Ferrante vuol dimostrare che la peste
non si propaga per contatto, ma per influsso delle stelle.
Homo in periclum simul ac venit callidus, reperire effugium quaerit alterius malo:
L’uomo astuto, quando si trova in qualche pericolo, suole uscirne con danno degli altri. (Fedro).
Fedro lo conferma con la favola della Volpe caduta nel pozzo, cui il Caprone dall’orlo domandò di che
sapore fosse l’acqua. Tanto dolce, rispose la Volpe, che non riesco a saziarmene. Calatosi quello nel pozzo,
la volpe, arrampicandosi sulle sue corna, riuscì a fuggire, lasciandolo sul fondo.
Homo militaris:
Veterano, vecchio soldato (Sallustio, Bellum Catilinae, 59,20).
Sinonimo di "veteranus" era colui che aveva percorso tutti i gradi della carriera militare, iniziando spesso
dalla gavetta. I più alti gradi della carriera erano il "tribunus militum" ufficiale di grado superiore al quale
spettava il comando di legione, il "praefectus" da "praeficio" (=essere a capo) che poteva essere
"praefectus equitum" (=comandante della cavalleria), "praefectus fabrum" (=Comandante del genio)...
Veniva poi il "legatus" capo di stato maggiore del comandante dell'esercito ed in caso di necessità sostituto
nel comando: normalmente i legati erano due e comandavano le ali.
72 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Il comandante supremo in un primo tempo era detto "praetor" (=guida, capo, colui che va avanti) da
"praeitor" che a sua volta deriva dal verbo "prae-ire" (=guida, capo, colui che va avanti). Successivamente
venne sostituito con il termine di "imperator" (=comandante in capo).
Il ricordo dell'antica parola rimase in "praetorium" (=tenda del comandante) e in "cohors praetoria"
(=guardia del comandante).
Homo novus:
Uomo nuovo (Sallustio, Bellum Iugurthinum, 4).
Con questo termine venivano definiti quei cittadini che, primi della loro famiglia erano riusciti a conseguire
le magistrature curuli, considerate titolo di nobiltà, pur non appartenendo ai "nobiles" o ai "patricii". Era
pur vero che nel 445 a.C. la legge Canuleia abolendo, almeno sulla carta, il divieto di unione tra patrizi e
plebei consentiva a questi ultimi di accedere a cariche pubbliche ma questo raramente capitava. "Nobiles"
erano detti quelli che avevano esercitato le magistrature curuli e che godevano ereditariamente dello "ius
imaginum" ma di ben altri lombi erano gli appartenenti alla "gens". Era, questa, la nobiltà più alta ed antica
formata da un gruppo di "familiae" risalenti ad uno stesso "pater" e "patricii" si chiamarono i discendenti
delle più antiche "gentes", cioè di coloro che secondo la tradizione avevano fatto parte del primo senato
(consiglio dei "patres") istituito da Romolo.
Se nell'antica Roma "Homines novi" furono Cicerone , Caio Mario, Catone il censore, Sallustio... oggi
potremmo definire tale il lavoratore dipendente, non figlio del titolare dell'azienda, che della stessa ne
diventa direttore o addirittura proprietario.
Horresco referens:
Inorridisco nel ricordare. (Virgilio, Eneide, Il, 204).
È la frase pronunciata da Enea nel ricordare la spaventosa fine di Laocoonte e dei suoi due figli, divorati
dai serpenti venuti dal mare. La frase si riporta con significato umoristico e satirico.
Horror vacui:
Orrore del vuoto.
Frase che esprime un concetto fondamentale della fisica aristotelica, che in polemica con la fisica
democritea, asseriva l’inesistenza di spazi vuoti; si ripete per indicare la tendenza a eliminare ogni spazio
vuoto in creazioni artistiche, nell’arredamento e, per estensione, in opere letterarie.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Hortus conclusus:
Giardino chiuso (A.T. Cantico dei Cantici 4,12).
Un giardino chiuso tu sei, sorella mia sposa, un giardino chiuso, una fonte sigillata... con simili espressioni
poetiche l'autore di questo libro parla della sposa. In senso traslato si usa per indicare personaggi che
ritengono di essere al centro di tutto, o relativamente ad ambienti esclusivi aperti a pochi eletti.
Hosti non solum dandam esse viam ad fugiendum, sed etiam munienda:
Al nemico non solo bisogna concedere una via per scappare, ma anche rendergliela sicura (Frontino
Strategemata liber IV de variis consiliis).
Frontino ne assegna la paternità a Scipione l'Africano. Ricorda il nostro adagio "a nemico che fugge ponti
d'oro".
Il nemico, quando scopre che "una salus victis, nullam sperare salutem" e cioè non ha più nulla da perdere
se non la propria vita si rivolta con il coraggio della disperazione contro l'inseguitore.
Humus:
Terra.
Termine usato per indicare i vari costituenti organici del terreno, derivati in massima parte da detriti di
organismi vegetali ed animali. In senso figurato si intende quell'insieme di condizioni politiche, morali,
religiose o economiche che, quasi terreno fertile, favoriscono il sorgere di determinate dottrine o fenomeni
sociali.
I
Iam proximus ardet Ucalegon:
Brucia già il vicino palazzo di Ucalegonte. (Virgilio, Eneide, Il, 311).
È il grido di Enea quando, svegliandosi di soprassalto, vede Troia in un mare di fuoco e le fiamme già
vicine alla sua casa. La frase viene a proposito quando si parla d’un pericolo grave, imminente.
Ibidem:
Nello stesso posto.
Si usa nelle citazioni bibliografiche per non ripetere un riferimento già fatto.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
75 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Ibis redibis numquam peribis:
Andrai tornerai non morirai.
Oscuro responso della Sibilla citato in tutte le scuole. In funzione infatti di dove si pone la virgola il senso
cambia da:"andrai, tornerai, non morirai" in: "andrai, non tornerai, morirai". Come i nostri attuali politici
la Sibilla poteva dimostrare di avere sempre raccontato la verità o comunque di essere stata fraintesa.
Il famoso detto "per un punto Martin perse la cappa" prende origine da un errore di punteggiatura e verrà
spiegato al detto: Porta, patens esto, nulli claudaris honesto! Ricordiamo che, come segnalatoci,
relativamente a questo detto esiste anche la versione: "Ibis redibis non morieris in bello". In funzione della
virgola possiamo tradurre "andrai, tornerai, non morirai in guerra" oppure "andrai, non tornerai, morirai
in guerra".
Segnalazione fatta da Massimo S.
Ignoto militi:
Al soldato sconosciuto.
È la nota epigrafe incisa sulla tomba del Milite ignoto, simbolo dei 650.000 caduti italiani nella prima
guerra mondiale. La salma di un combattente sconosciuto, nel novembre del 1921, fu trasportata da
Aquileja a Roma e tumulata nel monumento a Vittorio Emanuele Il, sotto l’ Altare della Patria. L'incarico
della scelta l'ebbe una madre, la triestina Maria Bergamas, il cui figlio Antonio disertando dall'esercito
austriaco si arruolò volontario fra le truppe italiane e morì in combattimento senza che il suo corpo potesse
essere identificato.
Immota manet:
Non risulta facile dare un'interpretazione a questo motto che campeggia sullo stemma della città dell'Aquila
da almeno 6 secoli soprattutto se lo si considera alla luce del trigramma "PHS" a cui ancor oggi si tenta
dare una spiegazione. Cosa vogliono dire? Il motto “Immota manet” di per sè significa “Resta ferma, ben
salda” ed alla luce dei tanti terremoti (1315 - 1349 - 1456- 1461 - 1498 - 1646 - 1702 - 1703 - 1796 - 1813
- 1958 - 2009) che hanno colpito e spesso distrutta questa città potrebbe intendersi il desiderio e la capacità
dei suoi abitanti di risorgere dalla distruzione e dalle macerie, ma il "PHS" resta comunque un vero mistero.
In mancanza di argomenti validi per sostenere una versione a scapito delle altre mi limito ad elencare le
varie interpretazioni lasciando ad ognuno libertà di scelta.
"Immota Pubblica Hic Salus manet" o anche nella versione "Immota Pubblica His Salus manet": Resta
salda a difesa del pubblico interesse.
Altri considerano il trigramma un errore di trascrizione del noto IHS "Iesus Hominum Salvator" (=Gesù
Salvatore degli Uomini) di san Bernardino da Siena riportato sullo stemma per onorare il santo che in
questa città morì nel maggio del 1440 e pertanto l'interpretazione sarebbe "Immota Per Hoc Signum
manet": Resta salda grazie a questo segno.
Detto segnalato da Franco C.
lmperium in imperio:
Uno Stato nello Stato.
Locuzione antica per significare qualche ceto o classe di cittadini esenti dalle leggi di uno Stato nel quale si
trovano.
Imprimatur:
Si stampi.
La frase completa è "Nihil obstat quominus imprimatur" (Non c'è nulla che impedisca che si stampi): con
questa espressione veniva infatti autorizzata dall'autorità religiosa la stampa di libri. Il termine
"Imprimatur" viene normalmente utilizzato nel senso di autorizzazione a fare qualche cosa...ho ottenuto
l'imprimatur dal capo.
77 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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In albis (vestibus):
In bianche (vesti).
Per la chiesa cattolica la prima domenica dopo Pasqua viene detta "Domenica in Albis". Ai primi tempi
della Chiesa il battesimo veniva amministrato la notte di Pasqua ed i battezzandi indossavano una tunica
bianca che portavano poi per tutta la settimana fino alla prima domenica dopo Pasqua detta perciò
"Domenica in bianche vesti".
In alto loco:
In luogo alto.
In senso generale serve ad indicare: "dove si comanda, nella stanza dei bottoni".Cercare contatti in alto
loco, avere protettori in alto loco, le sue malefatte vengono nascoste in alto loco,cercare favori e protezioni
in alto loco...
In Apolline:
In quella di Apollo.
Licinio Lucullo, ottimo generale e console romano è ricordato, oltre che per aver portato in occidente la
pianta del ciliegio e dell'albicocco, per i suoi sontuosi banchetti da cui è mutuato l'aggettivo "luculliano"
per indicare un pranzo abbondante e delizioso. Sembra che nelle sue splendide ville avesse numerose sale
da pranzo contraddistinte con nomi di divinità e che, per ognuna di queste, avesse un menù predefinito per
portate, varietà e abbonzanza di cibo. Imbandire la tavola nella sala da pranzo di Apollo, che sembra fosse
la più rinomata, equivaleva ad avere, da simile anfitrione, un trattamento regale.
In articulo mortis:
All'atto della morte.
Locuzione presa dal frasario ecclesiastico, che s’adopera per indicare le azioni che uno compie quando è in
pericolo di vita, ossia sul letto tu morte.
In camera caritatis:
In camera di carità, in confidenza, tra di noi...
Espressione usata per indicare un'azione fatta "in privato" evitando che altri, oltre all'interessato, ne
vengano a conoscenza: fare ad un collaboratore una osservazione "in camera caritatis" per non metterlo in
difficoltà nei confronti dei colleghi, oppure un discorso confidenziale fatto a pochi intimi: Ora "in camera
caritatis" vi racconto che cosa succede nel consiglio di amministrazione... Con identico significato viene
usato anche il più noto "inter nos" (= detto tra noi).
In caritate pauper est dives, sine caritate omnis dives est pauper:
Facendo la carità il povero è ricco, non facendola ogni ricco è povero.
Espressione ripresa da sant'Agostino (Sermone 350, 3) che così esprime il concetto: "Sectamini caritatem,
dulce ac salubre vinculum mentium, sine qua dives pauper est, et cum qua pauper dives est" (=Esercitate la
carità, dolce e salutare vincolo delle anime: senza di essa il ricco è povero; con essa il povero è ricco).
In cauda venenum:
Nella coda sta il veleno.
Allusione alla natura dello scorpione che porta il veleno all’ estremità della coda. Il detto si ripete per certe
lodi che incominciano con un "bene, ottimamente..." e finiscono con un "ma...". Oppure per certi discorsi
elogiativi che finiscono con una richiesta di danaro, o simili: è la morale della favola di Fedro, in cui la
Volpe loda il candore del Corvo e la sua bella voce, per strappargli di bocca il formaggio.
In cimbalis:
Con i cembali (Antico testam. Salmi 150,5).
Il termine cembalo dal latino "cymbalum-i" indicava inizialmente uno strumento musicale a percussione.
Per indicarli veniva usato il plurale perchè, come i piatti, venivano battuti a due a due l'uno contro l'altro.
Nei secoli successivi il vocabolo è passato ad indicare anche strumenti a corde pizzicate o percosse quali il
clavicembalo, il salterio, il cimbalom ungherese...
78 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Oltre che nel salmo citato "Laudate eum in cymbalis benesonantibus, laudate eum in cymbalis iubilationis"
(=Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti), numerosi passi della Bibbia ricordano
l'uso di questo strumento nelle danze sia religiose che di gioia.
Nel linguaggio comune lo si usa per indicare una persona "fuori di testa" per incontrollate eccessive ed
euforiche manifestazioni di gioia. Mi sono chiesto che relazione possa esserci tra uno strumento musicale e
ritengo che l'unica spiegazione plausibile possa essere l'atteggiamento disinibito e fuori dagli schemi tenuto
dai danzatori.
Incipit:
Inizio.
Espressione usata per indicare le prime parole di un documento pontificio ( es. la Enciclica "Rerum
novarum" di Leone XIII o la "Ut unum sint" di papa Giovanni Paolo II"). Molto più semplicemente sta ad
indicare le prime parole di un qualunque testo. Nella eventualità si tratti di un romanzo è bravura dell'autore
attirare l'attenzione del lettore già dalle prime righe.
In corpore vili:
Vedi "Faciamus experimentum in corpore vili".
Inde irae:
Da questo (provengono) le ire. (Giovenale, Satire, I, 168).
Si cita la frase per accennare al motivo che provoca lo sdegno, la collera.
In diebus illis:
In quei giorni.
Così incominciavano molti brani dei Vangeli quando la Messa era celebrata in latino. Altri iniziavano con
"In illo tempore" (In quel tempo); ma ambedue le formule non appartengono al latino classico in cui quell’
"in", con l’ablativo del complemento di tempo non è da usare.
In extremis:
All'ultimo momento.
Fare una cosa solo all'ultimo momento: Rinviata in extremis la conferenza stampa, fare testamento in
extremis, negli Usa, fermate in extremis due esecuzioni capitali.
In facie Ecclesiae:
Dinnanzi alla chiesa.
Ossia riguardo alla Chiesa. D’uso frequente in gergo ecclesiastico.
In fieri:
In divenire.
Termine usato per indicare tutto quanto ancora non è completato ma in fase realizzativa.
In flagrante delicto:
Nel momento in cui si compie il delitto.
Cogliere una persona in flagranza di delitto, come spesso si legge, significa essere presente nel momento
stesso in cui il reato viene consumato. Equivale alla espressione italiana "cogliere sul fatto" .
In folio:
In folio.
Termine tecnico dell'editoria: si intende indicare un libro i cui fogli di stampa sono stati piegati una sola
volta in modo da avere quattro facciate. Le dimensioni in altezza della pagina possono variare da 30,49 cm
e 38,1 cm. La tiratura, per l'alto costo che il libro presenta, è normalmente limitata a pochi esemplari.
In foro conscientiae:
Nel tribunale della propria coscienza.
Espressione del Diritto Canonico, insieme delle norme giuridiche formulate dalla Chiesa cattolica, con la
quale viene data al confessore ampia facoltà di assolvere il penitente da quei peccati o scioglierlo da quei
vincoli di voto che un tempo erano prerogativa del Vescovo o della Santa Sede.
A suo giudizio e retta coscienza il confessore dovrà valutare caso per caso la penitenza più adeguata al
peccatore non intesa come castigo ma come aiuto nel suo cammino di pentimento.
In illo tempore:
In quel tempo.
Espressione dei Vangeli usata per introdurre episodi narrativi, e che si ripete scherzosamente per indicare
tempi remoti. Come "In diebus illis" (= In quei giorni) altra espressione tratta dai Vangeli si ritiene non
totalmente corretta la traduzione in quanto il complemento di tempo determinato vorrebbe l'ablativo
semplice e quindi senza la particella "in". Per contro alcune grammatiche spiegano che, nella eventualità lo
scrittore più che il tempo voglia mettere in evidenza le circostanze speciali che accompagnano l'azione, è
possibile trovare "In coll'ablativo" come nel nostro caso.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
In itinere:
Durante il persorso.
Con questo termine si indica tutto ciò avviene durante un percorso sia in senso figurato che reale: Durante
il Corso vengono svolte diverse prove in itinere... L'orientamento in itinere offre agli studenti ...
L'infortunio in itinere consiste nell’infortunio occorso al lavoratore durante il...
In medias res:
Nel mezzo della cosa (Orazio, Arte poetica, v. 148).
Espressione antitetica a "Ab ovo". Viene usata infatti per indicare che senza alcun preambolo si desidera
entrare nel vivo del discorso, del racconto, dell'azione senza troppi scenari storici e fantasiosi.
81 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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In medio stat virtus :
La virtù sta nel mezzo.
È una sentenza dei filosofi scolastici medievali, già espressa da Orazio, nella sua classica forma:"Est modus
in rebus” In altre parole è il proverbio: “L’ ottimo è nemico del bene”.
In memoriam :
In memoria.
Espressione che ricorre in iscrizioni sepolcrali; talvolta usata in tono scherzoso, a proposito di cose di
scarsa importanza.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
In mente Dei:
Nella mente di Dio.
Essere "in mente Dei" significa non essere ancora nato, non esistere, non essere realizzabile se non a grande
distanza di tempo o rimanere addirittura un pio desiderio.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
In odium auctoris:
Per odio verso l'autore.
L'espressione viene usata per indicare la messa al bando di certe opere, letterarie, pittoriche,
cinematografiche, televisive... non gradite al regime politico o alle autorità religiose. Senza voler
pronunciare giudizi si potrebbe dire che uno dei massimi esempi di questo "odium" sia stato per secoli
l'"Indice" dei libri proibiti, creato da papa Paolo IV nel 1558 e soppresso dal Concilio Ecumenico Vaticano
II nel 1966.
In pectore:
Nel petto, nel segreto del cuore.
Nato come termine "curiale" per indicare un cardinale, che il papa annuncia di avere creato, ma di cui si
riserva di rendere noto il nome, successivamente, per traslato, passa ad indicare cosa che si tiene nascosta,
che non si rivela o designazione non ancora ufficiale ad un incarico.
In primis:
Soprattutto.
Si usa quando, fra varie cose, se ne vuol mettere in evidenza una di particolare importanza, oppure, in un
ragionamento, quando si mette un argomento come base di tutti gli altri.
In rerum natura:
Nella natura delle cose.
Un fatto si verifica in rerum natura quando avviene secondo il consueto svolgersi degli avvenimenti, senza
cioè alterare l’ordine delle cose naturali. Il motto è tanto comune, che lo adoperò anche il letterato don
Ferrante, al cap. XXXVII dei Promessi Sposi.
In sacris:
Negli Ordini sacri.
Frase del linguaggio ecclesiastico designante una persona già legata a Dio con i vincoli derivanti dagli
Ordini sacri. Qualche volta si adopera semplicemente con significato opposto a "in profanis".
In saecula saeculorum:
Per i secoli dei secoli.
Espressione liturgica cristiana con la quale terminano preghiere o invocazioni. In modo figurato significa
una cosa che si trascina a tempo indeterminato e di cui non se ne prevede il termine.
Insalutato hospite:
Senza salutare il padrone di casa.
Il termine "hospes" indicava, per i romani, sia la persona ospitata o l'invitato sia il padrone di casa, cioè
l'ospitante. Sono tanti i modi di esprimere un concetto ed un comportamento diffuso in tutto il mondo e che
già a Roma era ben noto: Andarsene alla chetichella, filarsela all'inglese, congedarsi alla francese !
L'espressione viene normalmente usata nella forma più corrente "insalutato hospite".
83 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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In se magna ruunt:
La grandezza precipita su se stessa (M. A. Lucano, De bello civili sive Pharsalia, Libro I, v.82).
Per meglio comprendere il senso della frase la riporto nella sua completezza: "In se magna ruunt :laetis
hunc numina rebus crescendi posuerunt modum" (= La grandezza crolla su se stessa:questo è il limite che
gli dei hanno posto al crescere della prosperità). Per Lucano, Roma e il suo impero sono talmente cresciuti,
arricchiti, da essere incapaci di reggere il proprio peso. Gli sconvolgimenti politici che costituiscono la
materia del poema, pur essendo piccole cose di questo mondo, vengono dal poeta paragonate a una futura e
certa dissoluzione dell'universo. Considerando la nostra attuale condizione economica e situazione politica
direi che da allora nulla sia cambiato.
Instrumentum laboris:
Strumento di lavoro.
Con simile espressione non si indica lo "strumento" nell'accezione normale del termine quale potrebbe
essere la pialla per il falegname o il cacciavite per il meccanico, ma una bozza, una traccia utile a quanti
partecipano ad un incontro, ad una tavola rotonda. Ancora più propriamente viene così definito il
documento risultante da una serie di incontri e fornito come strumento di lavoro ai collaboratori. Noto
"instrumentum laboris" nelle aziende è il Manuale della Qualità che fornisce un quadro d'insieme di come è
costituita e come opera l'azienda. Dovrebbe essere, il condizionale è d'obbligo, l' unico riferimento
operativo ad uso interno valido e accettato da tutte le funzioni interessate ed è altrettanto ovvio che affinchè
questo avvenga se ne devono capire a fondo e condividerne i contenuti.
Vedi anche "ante lucrum nomen".
In te Domine speravi:
In te o Signore ho creduto (Antico Testam, Salmi, LXX, 1).
Questo versetto, che nella sua completezza suona così "In te Domine speravi, non confundar in aeternum"
(=In te ho creduto Signore, ch`io non resti confuso in eterno) era il motto di papa Bebedetto XV ed è anche
il versetto che conclude l'inno del "Te Deum ".
Vedi "Te Deum".
84 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Integer vitae scelerisque purus:
Integro di vita e puro da colpe (Orazio, Odi, Libro I, XXII, 1).
Chi ha la coscienza pura non teme nulla, racconta il poeta in questa ode. Racconta infatti che mentre
assorto nei suoi pensieri poetici vaga oltre i confini dei suoi poderi, un enorme lupo, benchè Orazio fosse
indifeso, anzichè assalirlo fugge.
Intelligenti pauca:
All'intelligente (basta) poco.
A chi contesta un discorso o una relazione, esaustivi e soddisfacenti, ma in cui il relatore, senza inutili giri
di frase dice solo l'indispensabile si può tranquillamente spiegare che: intelligenti pauca. Equivale al nostro
proverbio: "A buon intenditor poche parole".
In tempestate securitas:
Sicurezza nella tempesta.
Motto abbbastanza comune che può essere letto sia su monete che medaglie. E' visibile pure su una
meridiana ad Imperia sulla facciata della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera.
Interim:
Frattanto, (provvisoriamente).
Questo avverbio latino viene utilizzato normalmente per indicare una funzione provvisoria che una persona
assume, nell'attesa che venga nominato il titolare. Da questo vocabolo deriva anche il termine "interinale".
Introdotto anche in Italia nel 1997 con la legge "norme per la promozione dell'occupazione", conosciuta
come legge Treu il "lavoro interinale" è diventato solamente sinonimo di precarietà!!!
85 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Intermissus enim fit labor ipse levis:
La fatica diventa lieve se interrotta da pause (Guarino Veronese).
Guarino Guarini, noto come Guarino Veronese per essere nato a Verona nel 1374, improntò con il proprio
metodo di insegnamento la scuola di tutta Europa. Nella frase citata sostiene la necessità di alternare lo
studio con lo svago prescrivendo agli allievi, che frequentavano la sua celebre scuola, passeggiate in
campagna, caccia, danza ed esercizi fisici.
Morì a Ferrara nel 1460.
Inter nos:
Fra di noi, in confidenza, confidenzialmente.
Corrisponde in certo qual modo all'altra espressione "in camera caritatis" ma, a differenza di quest'ultima,
"inter nos" presenta un utilizzo più comune.
Inter pocula:
Tra i bicchieri.
Nulla è più conviviviale di un bicchiere di vino buono (ovviamente per i non astemi)! Un appellativo di
Bacco era "Lieo" che significa "Liberatore", infatti l' uso esagerato del vino libera dalle pastoie delle
convenzioni, creando un'atmosfera confidenziale altrimenti impossibile: una delle più celebri "vittime
letterarie" del vino è Renzo Tramaglino il giorno della sommossa di Milano. (I promessi Sposi cap. XIV).
Intra moenia:
Dentro le mura.
Vedi "Extra moenia"
Intus et in cute:
Dentro e sotto la pelle ( Persio Flacco, sat. III, v. 30).
L'espressione completa sarebbe "Ego te intus et in cute novi" (Io ti ho conosciuto dentro e fuori della pelle)
anche se comunemente si usa la forma abbrevviata. Si applica il detto a quanti cercano in tutti i modi di
nasconderci la loro vera natura. Occorre sempre ricordare loro che anche se il lupo si traveste da agnello
sempre lupo rimane e non ci inganna con un diverso modo di apparire perchè lo conosciamo "intus et in
cute".
In utroque iure:
Nell'uno e nell'altro Diritto.
Dicesi dei Dottori laureati in Diritto Civile e in Diritto Canonico. Il motto vien spesso riportato negli Atti
vescovili e curiali.
In vino veritas:
Nel vino la verità.
E' il seguito del detto precedente "inter pocula" quando all'ancor accettabile libagione (inter pocula) segue
uno smodato consumo di vino. Riporto un sillogismo attribuito ad un monaco tedesco non certo astemio:
"Qui bene bibit bene dormit, qui bene dormit non peccat, qui non peccat vadit in caelum, ergo qui bene
bibit vadit in caelum!" (=Chi beve bene dorme bene, chi dorme bene non pecca, chi non pecca va in cielo,
ergo chi beve bene va in cielo!).
Invita Minerva:
Contro la volontà di Minerva. (Orazio, Ars poet., 385).
Essendo Minerva la dea della Sapienza, scrivere "invita Minerva" significa mancar d’estro, d’ispirazione.
In senso più lato si dice di tutti quelli che si dedicano a studi o ad arti per le quali non hanno disposizioni
naturali.
In vitro:
Sotto vetro.
Si usa per indicare fenomeni biologici riprodotti in provetta e non nell'organismo vivente. Oggi tutti
parlano di fecondazione "in vitro, di culture in vitro, di biotecnologie in vitro".
87 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Ipsa silentia terrent:
Gli stessi silenzi atterriscono (Virgilio Eneide libro II v 755).
Mentre Troia è in fiamme Enea va alla ricerca della moglie Creusa. Vaga disperato in una città dove non
solo i rumori non famigliari ma anche il troppo silenzio procura terrore. Stessa sensazione viene ben
descritta dal Manzoni al capitolo XVII de "I Promessi Sposi" Riporto alcune frasi riferite al
comportamento di Renzo mentre dal paese di Gorgonzola si sta dirigendo verso il fiume Adda "... s'accorse
d'entrare in un bosco. Provava un certo ribrezzo a inoltrarvisi... più che s'inoltrava, più il ribrezzo
cresceva... più ogni cosa gli dava fastidio...”.
Ipse dixit:
Lo ha detto lui (Cicerone. De natura Deorum, Libro I, 10).
Ne fu un grande sostenitore l'arabo Abû al-Walîd Muhammad ibn Ahmad ibn Muhammad ibn Ahmad ibn
Ahmad ibn Rushd meglio noto come Averroè. Nato nel 1126 a Cordova e morto a Marrakech fu il più
importante studioso arabo di Aristotele. Secondo una sua interpretazione il filosofo di Stagira afferma in
forma scientifica le stesse verità esposte nel Corano, e pertanto il pensiero aristotelico non va interpretato
ma accettato perchè: “ipse dixit!” Simile modo di presentare la verità viene definita dagli Scolastici
"sophisma auctoritatis" in quanto si vuol fare accettare una tesi solo in funzione dell'autorità di chi la
presenta. L'espressione trova la sua applicazione nel confutare o non accettare supinamentele opinioni altrui
unicamente basate su quanto detto o scritto da persone ritenute autorità in materia o solamente eccezionali
manipolatori.
Ipso facto:
Per il fatto medesimo - Nel medesimo istante.
Locuzione ecclesiastica molto in uso nel Codice di Diritto Canonico, nel quale vi sono diverse pene nelle
quali si incorre "ipso facto", cioè nell’istante in cui si compie il reato, senza bisogno che intervenga il
giudice o una sentenza di condanna.
Ipso iure:
Per la stessa legge.
Espressione che afferma come un atto giuridico acquisti efficacia per il solo fatto che sussistano
determinate condizioni, ovviamente previste e regolate dalla legge. Esempio: Il rapporto processuale, si
estingue "ipso iure" al momento della morte dell'imputato. In questo preciso caso si dice anche che cessa
"ex tunc" cioè da subito.
Iter legis:
Cammino della legge.
Termine ancor'oggi usato per indicare i tempi tecnici che intercorrono tra la presentazione di una legge ed i
vari passaggi tra gli organi competenti prima che essa venga definitivamente approvata. L' "Iter legis" per i
romani iniziava con la "promulgazio" (=esposizione al pubblico), seguivano poi tre periodi di 8 giorni
cadauno detti "trinundinum" di discussioni del progetto di legge. Fissato il giorno della votazione era
solamente consentito approvarla "uti rogas" (=come chiedi) o rifiutarla "antiqua probo" (= approvo quella
esistente).
Ius commerci:
Diritto al commercio.
Vedi: "Foedera aequa/iniqua" Concessione fatta ai "Latini" di concludere affari con i Romani ed essere in
queste transazioni tutelati dalle loro stesse leggi.
Ius connubii:
Diritto a sposare.
Vedi: "Foedera aequa/iniqua". Diritto concesso ai "Latini" di sposare un cittadino/a romani pur non
avendone la cittadinanza.
Ius gentium:
Il diritto delle genti.
Lo "ius gentium" concerneva sia le norme legali per le relazioni tra stati indipendenti (corrispondendo
all'odierno diritto internazionale), sia il complesso di regole giuridiche che, attraverso il contatto con altri
popoli, arricchirono il diritto romano. Mentre lo "ius civile" deriva da leggi scritte, lo "ius gentium" ha la
sua fonte del diritto nell'agire che resta invariato nel tempo, e diventa legittima prassi. Non riguarda,
tuttavia, la tradizione di un popolo, ma le abitudini comuni agli uomini di ogni luogo e tempo, che si
possono quindi ritenere connaturate con l'uomo e legittime.
Ius honorarium:
Diritto dei pretori
Lo "ius honorarium" o "ius praetorium" comprendeva le leggi introdotte dai magistrati (in particolare
pretori) per interpretare, correggere o ampliare lo "ius civile", costituito anche dalla legislazione promulgata
dai comizi (leges), dai concilia plebis (plebiscita), dal senato (senatus consulta) e, in età imperiale, dalle
“constitutiones”.
Ius imaginum:
Diritto di detenere ritratti.
Si trattava di un diritto ereditario riconosciuto e disciplinato del patriziato romano (patricii) di tenere in
casa ritratti dei propri avi e di cui rimase prerogativa finché fu il solo ad essere ammesso alle magistrature
ordinarie. Successivamente venne esteso ai plebei che vantavano discendenze patrizie ed infine a tutti i
discendenti di magistrati curuli (nobiles). Modellate in cera, le maschere di questi antenati che avevano
esercitato magistrature curuli, venivano custodite in armadietti (armaria) posti negli atrii e portate in
processione nelle cerimonie funebri.
Scrive Sallustio (Bellum Iugurthinum cap.4, 16-17) "cum maiorum imagines intuerentur, vehementissime
sibi animum ad virtutem accendi" (=Nel guardare le immagini dei loro antenati si sentivano spinti col più
vivo ardore alla virtù).
Ius italicum:
Diritto italico.
Concessione fatta a particolari città o paesi che li equiparava, dal punto di vista giuridico, a Roma. A loro
veniva consentito una maggiore autonomia ed una serie di privilegi. I nati in queste città acquisivano
automaticamente la cittadinanza romana e, come tali, erano in grado di acquistare e vendere proprietà ed
esentati dal "tributum soli" (=tassazione fondiaria).
Ius migrandi:
Diritto a trasferirsi
Vedi: "Foedera aequa/iniqua". Diritto concesso ai "Latini" ad acquistare la cittadinanza romana
trasferendosi a Roma.
90 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Ius murmurandi:
Diritto di mormorare.
E' questo l'unico diritto che in uno stato totalitario il cittadino può vantare, non potendo infatti dichiarare
pubblicamente la propria disapprovazione, esprime l'avversione al regime con con battute acide e
barzellette satiriche sussurrate agli amici di provata fede. Esempio ne è il soprannome di Italo Balbo
quando era governatore della Libia: Sciupone l'Africano!!!
Ius osculi:
Diritto di bacio.
Diritto concesso ai parenti più stretti di baciare le donne di famiglia. Non si pensi però ad una
manifestazione di affetto, perchè in realtà il gesto aveva la funzione di controllare che la donna non avesse
bevuto vino. Una legge, che lo storico Dionigi di Alicarnasso, faceva risalire a Romolo, vietava loro, nel
modo più assoluto, il consumo del vino e chi contravveniva a questa regola, in base allo "ius occidendi"
poteva essere messa a morte dal marito anche con forme di giustizia sommaria anche se normalmente
venivano condannate a morire di inedia. Si racconta comunque di un certo Ignazio Mecennio che, con il
consenso di Romolo, avesse ucciso a bastonato la moglie, rea di aver bevuto vino.
Ius postulandi:
Diritto a rappresentare (Detto giuridico).
Diritto o la facoltà di proporre domande in giudizio per il proprio patrocinato e cioè
diritto di cui si avvale ogni persona, quando delegata da altri, nel perorare le altrui cause.
Detto segnalato e commentato da William C.
Ius Quiritium:
Diritto dei Padri.
Vedi : "Mores maiorum".
L
Labor omnia vincit improbus:
Una fatica tenace supera ogni difficoltà. (Virgilio, Georgiche, I, 144).
Bella sentenza illustrata da innumerevoli scrittori e poeti.
Lacrima Christi:
Lacrima di Cristo.
Narra una leggenda che dalle lacrime di Cristo spuntassero tralci che producevano grappoli di uva di
inimitabile dolcezza e profumo, e il vino che se ne ottenne venne chiamato "Lacrima Christi ".
Lapsus calami:
Errore dovuto alla penna.
Ossia commesso dallo scrivente per distrazione o per fretta quando si scrive "Currenti calamo"
Lapsus linguae:
Errore di lingua.
Facile nelle persone distratte. Si tratta sempre di parole pronunciate senza intenzione, che talvolta, tuttavia,
possono aver tristi conseguenze, perchè, come dice il Metastasio: "Voce dal sen fuggita poi richiamar non
vale; non si trattien lo strale quando dall’arco uscì".
Lectio facilior/difficilior:
Interpretazione più facile/più difficile.
Nell'edizione critica di un testo con l'espressione "lectio facilior" si indica l'interpretazione più semplice e
più correntemente accettata di un passo controverso. Viceversa l'accettazione della forma meno corrente, e
quindi con più probabilità di essere autentica è detta "lectio difficilior".
Lectio magistralis:
Lezione tenuta da un maestro.
Con simile espressione si indica una lezione tenuta da un esperto della materia di cui si andrà a trattare.
Espressione piuttosto comune in ambito accademico-universitario.
Libera me Domine:
Liberami o Signore.
Responsorio recitato o cantato durante una cerimonia funebre per chiedere a Dio di essere liberati dalla
morte eterna. Nella versione "Libera nos Domine" (=Liberaci Signore) è l'invocazione nella recita delle
litanie dei Santi. Si usa in modo improprio per chiedere di essere liberati da un rompiscatole o da una cosa
spiacevole.
Libido rixandi:
Discutere per il gusto di farlo (Abelardo, Theologia summi boni, Libro II, 2.5.)
Si tratta del "desiderio di discutere, fine a se stesso". E' l'atteggiamento dei nostri politici negli ultimi anni:
non importa la correttezza dell'assunto, importante è fornire argomentazioni che, pur errate, vengano
recepite come corrette dagli ascoltatori. Il sofisma, è un esempio di questa "libido rixandi": apparentemente
sembra un ragionamento logico, ma la sua coerenza è solamente formale.
Vedi i vari "Argumentum ad" .
Locus sigilli:
Punto in cui va apposto il sigillo.
Con l'abbreviazione “L.S.” viene indicato, su un documento, il punto in cui deve essere apposto il sigillo
notarile. Secondo alcune interpretazioni il significato corretto sarebbe "Locus signi" ma il significato non
varia essendo "sigillum" diminutivo di "signum".
Locatio ventris:
Ventre in affitto.
"Ante litteram" altro non è che quanto noi conosciamo come "utero in affitto". Troviamo, che già nella
Bibbia, (Gn. 16. 2,3) Sarai, moglie di Abramo, non potendo dare un figlio al marito gli consiglia di unirsi
alla schiava Agar "Ecce conclusit me Dominus, ne parerem; ingredere ad ancillam meam, si forte saltem ex
illa suscipiam filios” (=Ecco, il Signore mi ha impedito di aver prole, unisciti alla mia schiava, forse da lei
potrò avere figli). Anche nell'antica Grecia era piuttosto diffusa, a causa della differenza di età tra marito e
moglie, l'usanza di concedere quest'ultima a giovani belli e forzuti per generare figli sani e robusti atti a
difendere la patria e pure tra i romani esisteva uno scambio di mogli fertili. Cito solo come esempio
Ortensio Ortalo , contemporaneo di Cicerone ed uno dei più noti oratori ed avvocati del suo tempo il quale,
non potendo avere figli dalla moglie sterile, chiese a Catone l'Uticense che gli concedesse in sposa la figlia
Porzia già felicemente accasata con Bibulo ma avendoglielo Catone negato chiese sempre allo stesso in
moglie Marzia che di Catone era la legittima consorte e questi gliela concesse. Marzia diede ad Ortensio
due figli e, dopo la sua morte, tornò dal precedente marito.
Longa manus:
Lunga mano.
Detto che si spiega in modo esauriente con l'immagine del burattinaio che tira i fili dei personaggi. Lo si
usa normalmente per indicare in politica personaggi o enti che agiscono per conto di altri che intendono
restare nell'ombra.
Lupus et agnus:
Il lupo e l'agnello. (Fedro, Favole, Libro I, 1).
È la nota favola di Esopo, riportata da Fedro, nella quale sì prova che la ragione del più forte è sempre
quella che prevale. Fra due che litigano, diceva il Manzoni, volete sapere da che parte sta il torto? Da quella
del litigante che grida più forte.
Lupus in fabula:
Il lupo nella favola.
Frase popolarissima il cui significato è questo: La persona di cui si sta parlando, eccola qui. Si usa appunto
al comparire improvviso di chi è l’oggetto del discorso.
Lux veritatis:
(La storia) è la luce di verità. (Cicerone, De Oratore, lI).
La Storia finisce sempre col mettere nella loro luce i meriti o demeriti degli uomini.
M
Macte animo!:
Coraggio!.
L'espressione, usata spesso anche da Voltaire, è un invito a superare ogni difficoltà senza farci abbattere. Si
ritiene derivata dall'Eneide (Libro IX, 641) dove Virgilio scrive "Macte nova virtute, puer, sic itur ad
astra" (=Coraggio, fanciullo, è così che si arriva alla gloria). Si tratta della lode e dell'esaltazione che
Apollo fa della Gens Iulia attraverso Iulo, figlio di Enea, che nello scontro con i Rutuli ha appena ucciso
Remolo.
Ringrazio Antonio che dal Brasile ha segnalato l'esatta fonte della citazione.
95 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Magister dixit:
Il maestro ha detto.
Vedi anche "Ipse dixit" o "iurare in verba magistri".
Magistra vitae:
Maestra di vita.(Cicerone, De Oratore, Il).
È un epiteto che si dà alla Storia, la quale, con gli ammaestramenti del passato insegna come regolarci per
l’avvenire.
Magna Graecia:
La grande Grecia.
Con l'espressione "Megále Hellás" i Greci designavano l'insieme delle colonie da loro fondate, a partire dal
VIII secolo A.C., nell'Italia meridionale, dalla Sicilia alla Calabria alla Lucania e parte della Campania. Gli
abitanti di queste colonie vennero chiamati dagli scrittori antichi "Italioti" per distinguerli dagl'indigeni
chiamati "Itali".
Magna pars:
Gran parte.
Espressione riferita a chi è stato il principale organizzatore o esecutore di qualcosa.
Vedi anche "Quorum pars magna fui"
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Magna Phaselus:
Il grande vascello
Nome dato alla città di Cremona per la sua pianta a forma di grande vascello dove il torrazzo ne ricordava
l'albero maestro e i tetti la tolda. Una storpiatura di simile espressione ha portato ad un gioco di parole che
ha procurato ai cremonesi il soprannome di "mangiafagioli" dal dialetto "magna-fasoeu". Troviamo un
riferimento a tale soprannome già ne " La secchia rapita" del Tassoni (Canto VI, 63).
A manca man dove un torrente stagna, con quattromila suoi mangiafagioli stava Bosio Duara a la
campagna, né seco aveva i Cremonesi soli...!
96 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Magna res est vocis et silentii temperamentum:
E' gran cosa saper parlare e tacere al momento giusto (Seneca, De institutione morum, 74).
ll detto, attribuito a Seneca lo troviamo in un testo di dubbia paternità conosciuto anche come "De
Moribus". Spesso viene citato anche nella diversa versione, ma di identico significato, che citiamo "Magna
res est vocis et silentii tempora nosse".
Magnificat:
(L'anima mia) Magnifica (Nuovo Test. Lc1,46-48).
E' la prima parole dell'inno di ringraziamento e di gioia che Maria, scelta da Dio come madre del Salvatore
del mondo, pronuncia rispondendo al saluto della cugina Elisabetta. La frase completa é: "Magnificat
anima mea Dominum..." (=L'anima mia magnifica il Signore...). L'espressione viene normalmente usata
quando desideriamo condividere qualche momento felice della nostra vita.
Magnis itineribus:
A marce forzate.
Con questa espressione venivano definite le marce estenuanti di avvicinamento al nemico compiute
dall'esercito romano. Cicerone dice, nella "Pro Marcello", che mentre gli eserciti solitamente marciavano
quello guidato da Cesare correva. Sembra infatti che in assetto di guerra (scudo, lancia, gladio e
vettovaglie) la fanteria riuscisse a percorrere 35/45 chilometri al giorno quando la media di quei tempi non
superava i 10 chilometri e narra Svetonio che sempre Cesare riuscì a percorrere a cavallo in un solo giorno
circa 150 chilometri. Tutto questo era reso possibile dalla eccezionale rete stradale che, come una ragnatela,
attraversava i territori della Repubblica prima e dell'impero poi. Rete stradale che, costruita grazie alla
lungimiranza di alcuni consoli quali Emilio Lepido, Aurelio Cotta, Appio Claudio e di altri di cui queste
strade ancor oggi portano il nome, si rivelò con i suoi tracciati rimasti insuperati fino all'avvento delle
autostrade, strumento indispensabile per le conquiste romane.
Maiora premunt:
Ci sono cose più importanti che urgono.
Si dice a chi si sente trascurato da un nostro atteggiamento: serve a fargli capire che la questione che lo
interessa non può, al momento, avere la nostra attenzione perché sono intervenuti problemi più importanti
da risolvere.
Malesuada fames:
La fame cattiva consigliera. (Virgilio, Eneide, VI, 883).
Il poeta mette la fame fra i mostri che sorvegliano l’ingresso dell’ Inferno. Anche in italiano vi sono
proverbi analoghi, per es.: "La fame caccia il lupo dal bosco".
Manibus pedibusque:
Con le mani e con i piedi (Terenzio Afro, Andria, Atto I, 161).
Troviamo anche con analogo significato "velis remisque" (= con i remi nonostante le vele) e "remis
ventisque" (= con i remi nonostante il venti a favore) per indicare all'interlocutore che si sta facendo il
massimo per poter raggiungere l'obbiettivo prefissato.
Manu militari:
Con l'aiuto della forza militare
Locuzione del linguaggio giuridico, che significa usare la forza armata per risolvere determinate situazioni.
Si usa a proposito di azioni compiute con l’intervento dell’esercito o in generale con la forza: la città fu
occupata "manu militari".
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Mare magnum:
Mare grande.
Massa estesa e confusa: il mare magnum delle pratiche burocratiche.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Mare nostrum:
Il nostro mare.
I Romani, quando ancora non immaginavano che secoli più tardi saremmo diventati un popolo di
"navigatori santi e poeti" ai legni traballanti sull'acqua hanno sempre preferito la terraferma, tant'è che la
vera prima battaglia navale ( 260 a.C. tra la flotta cartaginese e quella romana) venne vinta da quest'ultimi
grazie a ponti volanti d'abbordaggio trasformando la battaglia navale in battaglia terrestre. Divenuti in
seguito (nonostante il mal di mare) padroni di tutte le coste bagnate dal Mediterraneo consideravano queste
acque come la piscina di casa pur non uscendo mai verso l'oceano oltre le colonne d'Ercole.
Maximum:
Il massimo.
L'espressione latina è sinonimo di "tariffa massima". Denominazione che al capitolo XXVIII de "I
Promessi Sposi" il Manzoni definisce ironicamente celeberrima. Particolarmente diffusa al tempo della
Rivoluzione francese, veniva usata a larga mano nei trattati di economia di quell'epoca.
Mea culpa:
Per mia colpa.
Parole che fanno parte del "confiteor" (io confesso) preghiera con cui si chiede perdono a Dio riconoscendo
le proprie colpe. Nel quotidiano si usa l'espressione per scusarsi di qualche errore ammettendo il proprio
sbaglio.
Melioribus annis:
Negli anni più felici. (Virgilio, Eneide, VI, 649).
Nostalgico rimpianto di tempi migliori. Per quanto sia felice il presente, ciascuno ha nel suo passato
qualche giornata serena, qualche ora di serenità, alla quale il pensiero ritorna volentieri, specialmente nelle
angustie e nei tumulti della vita.
Melius est demensum holerum cum caritate quam vitulus saginatus cum odio:
Un piatto di verdura offerto con amore è meglio di un bue grasso servito con odio (Antico Testam., 15,17).
Mentre nell'antico Israele l'alimentazione quotidiana era rappresentata da pane con o senza lievito, legumi,
verdure varie, frutta e formaggio, la carne in genere e "Il vitello grasso" in particolare, simbolo di potere e
opulenza, venivano serviti quasi esclusivamente alle mense dei re o delle classi più elevate ed abbienti e
solamente in particolari occasioni. Ricordo la parabola del Padre misericordioso, quella meglio conosciuta
come parabola del Figliol prodigo quando il padre, per festeggiare il ritorno del figlio ordina ai servi
"adducite vitulum saginatum, occidite et manducemus et epulemur" (=Portate il vitello grasso,
ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa). Di identico significato sempre ripreso dall'Antico Testamento
(Proverbi, 17, 1) troviamo "Melior est buccella sicca cum gaudio quam domus plena victimis cum iurgio"
(=Meglio un tozzo di pane secco in allegria che una casa piena di appetitose pietanze in discordia) anche se
nell'uso si cita solo la prima parte "Melior est buccella sicca cum gaudio".
Memento novissimorum:
Ricordati delle ultime cose (Antico Testamento, Siracide, 28,6).
L'aggetivo "novus" in latino ha il significato di nuovo ma al superlativo "novissimus" sta ad indicare
"estremo, ultimo". Nella tradizione catechistica cristiana, con il termine novissimi (nel senso di "cose
ultime") si indicano quattro parole chiave del destino finale dell'uomo: Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso.
La Morte vista come ultima cosa che accade nella vita terrena, il Giudizio di Dio come ultimo esame a cui
verremo sottoposti avendo come conclusione l'Inferno inteso come definitiva auto-esclusione dalla
comunione con Dio o il Paradiso per quanti muoiono invece nella sua nella sua grazia e amicizia.
Mens divinior:
Il soffio divino (Orazio, libro I, satira IV v. 43)
Nella sua finta umiltà Orazio sostiene di volersi defilare dal novero dei veri poeti, non ritenendo sia
sufficiente saper concludere un verso per essere considerati tali. Solamente a chi dimostra vero genio, "il
soffio divino" e una voce capace di suoni sublimi è possibile dare questo nome.
Minus habens:
Che ha meno.
È un ’espressione biblica, usata da Daniele nell’interpretare a Baldassarre le tre misteriose parole: Mane,
thecel, phares, per indicargli che nella bilancia della giustizia divina il suo peso era scarso; nel significato
corrente vuol dire persona tocca nel cervello, poco intelligente.
Mirabile dictu:
Cosa incredibile a dirsi!
Si usa normalmente per indicare qualche cosa che mai e poi mai avremmo creduto potesse accadere: Hai
smesso di fumare?: "mirabile dictu!".
Mirabile visu:
Cosa incredibile a vedersi!
Viene usato in alternativa a "mirabile dictu".
Miserere:
(Signore) abbi pietà. (Antico Testam. Salmo L).
È l’”incipit” del Salmo detto "della penitenza" perchè in esso il peccatore esprime il suo pentimento e
invoca la misericordia divina. Nel gergo popolare si dice di persona ridotta agli estremi: "Si può cantargli il
Miserere".
Missa solemnis:
Messa solenne .
Forse oggi questa espressione richiama alla mente dei giovani musicofili solamente un' opera di musica
sacra ma ricordo che prima del Concilio Vaticano II, il momento religioso culminante di una giornata
festiva, particolarmente importante, era questa messa definita "solenne" perchè animata da una "schola
cantorum" ed officiata da tre sacerdoti che rivestivano rispettivamente il ruolo di celebrante, diacono e
suddiacono. Per questo motivo veniva detta dai fedeli anche "messa in terza", espressione popolare che ne
definiva il carattere di estrema solennità.
Mobilitate viget:
Il movimento ne accresce (il vigore) (Virgilio, Eneide libro. IV, v. 175).
"(Fama) mobilitate viget virisque adquirit eundo" La fama si accresce con il movimento, e andando
acquista le forze. Ricorda l'immagine di una valanga la cui forza aumenta durante il percorso. Anche la
fama acquista sempre maggior forza via via che si propaga.
104 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Modus operandi:
Modo di operare, modalità operativa.
Espressione usata in moltissimi contesti per specificare appunto il modo di operare di una certa persona o di
un certo ente in un dato contesto. Viene spesso utilizzato in ambiente giuridico per indicare la modalità con
cui l'autore (vero o presunto) di un crimine si pensa che abbia agito nel portare a termine la sua opera
criminale.
Detto segnalato e commentato da Luca S.
Modus vivendi:
Modo di vivere.
Locuzione del linguaggio diplomatico, che indica le transazioni, la maniera di vivere adottata
transitoriamente fra due Stati che non hanno ancora conchiuso un trattato di alleanza, o che si tollerano a
vicenda. Nel linguaggio usuale significa l’andamento della vita familiare, il modo di sbarcare il lunario.
Monitoribus asper:
Ribelle ai consigli. (Orazio Ars poetica, v. 168).
In due parole viene tracciato il carattere di un adolescente il cui spirito ribelle rifugge dall'accettare i
consigli delle persone anziane.
Mons parturibat... :
Un monte stava per partorire.(Fedro, Favole, Libro IV, XXIV, 1).
È l' inizio della favola in cui si narra la grande attesa in tutta la terra per le mirabolanti promesse del monte,
che andò completamente delusa al nascere di un topolino! Collima coll’oraziano: "Parturiunt montes,
nascetur ridiculus mus (Ars poet., 139)".
More nobilium:
Secondo l'usanza dei nobili.
Con questa espressione venivano indicate le esequie celebrate secondo uno speciale cerimoniale riservato,
per antica tradizione, ai membri delle famiglie nobili. La bara, anziché sul catafalco, come avviene nelle
comuni esequie, veniva posta sul nudo pavimento della chiesa.
Mores maiorum:
Il modo di comportarsi degli antenati.
Correva l'anno 451 a.C. quando dopo lunghe lotte la plebe ottenne che venisse redatto ed esposto al
pubblico il primo codice di diritto romano che prese il nome di "Legge delle Dodici Tavole". Fino ad allora
si giudicava con riferimento a quanto precedentemente fatto secondo la tradizione, chiamata appunto
"mores maiorum" o anche "ius Quiritium". Custodi di queste norme , inizialmente tramandate a voce e
successivamente trascritte ma gelosamente tenute segrete, erano i sacerdoti che solo al momento opportuno
ne annunciavano l'interpretazione con le conseguenze che ognuno può immaginare.
More solito:
Secondo il costume solito - Come sempre.
Usata quasi esclusivamente quando si vuol riprovare qualche biasimevole abitudine. Sempre di grande
attualità quando si parla degli ultimi governi italiani a qualsiasi colore politico appartengano o siano
appartenuti.
" More solito" l'on. Xxxxx se le cose non vanno come spererebbe accusa le toghe rosse o i comunisti
massimalisti.
"More solito" Il partito Yxxx, che che con l'on. Yyyyy da anni urla "Roma ladrona", si aggreppia con i
predatori che infestano la capitale e rapinano la nazione e patetici sono i "penultimatum" "more solito"
sempre dello stesso onorevole.
105 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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"More solito" l'on. Zzzzz dichiara di essere "radicalmente contro questa politica economica, se mai ce n’è
stata una, contro i contenuti ingiusti di questa manovra, spudoratamente classista, che colpisce la povera
gente con tasse su tasse” e dimentica di aver chiesto pochi giorni prima al partito, di cui è segretario,
l'astensione alla Camera sull'abolizione delle Province proposta dall' XYZ che forse ci avrebbe evitato
qualche tassa e qualche spreco di troppo.
Concludo ricordando che ogni manovra economica non riduce i previlegi della Casta ma "more solito"
taglia fondi alla sanità, alle pensioni, interviene sui risparmi, aumenta le accise sulla benzina... un governo,
"more solito" da Robin Hood alla rovescia che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Parafrasando don Abbondio
(I promessi sposi - capitolo XXIV): Come finiscono queste faccende? I colpi cascano sempre all'ingiù; i
cenci vanno all'aria... “more solito”!!!
Detto segnalato da Carlo T.
More uxorio:
A modo di moglie.
Usata per lo più in unione al verbo vivere o convivere, con riferimento a due persone che, pur non essendo
coniugate, convivono come marito e moglie.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Mors acerba:
Morte prematura. (Cornelio Nepote, Cimone, IV).
La morte è sempre dolorosa in qualunque momento della vita colpisca!
Motu proprio:
Di propria iniziativa.
Locuzione d’origine ecclesiastica: si dicono atti di “Motu proprio” del Papa, quei decreti, Bolle, ecc., che
egli emana esclusivamente da parte sua, senza che siano suggeriti o presentati da cardinali, ecc. In seguito
la frase passò nello stile popolare, ad indicare qualsiasi azione fatta di propria iniziativa, senza aver
consultato altri in proposito.
Multa paucis:
Molte cose in poche parole.
Espressione tacitiana che inneggia alla concisione sia nella carta stampata che nei discorsi. Molto spesso
occorrerebbe convertire il detto in "pauca multis" e cioè pochi concetti con tante parole!
Mutatis mutandis:
Fatti i necessari cambiamenti.
Frase di largo uso sia nel linguaggio, legale, che in quello volgare e comune.
107 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Mutato nomine, de te fabula narratur:
Cambiando nome, è di te che si parla nella favola. (Orazio, Satire, I, 69).
Un concetto analogo si trova spesso anche in Fedro. Si cita con ironia o per scherzo quando si parla con
persona che non si accorge o finge di non accorgersi d’esser l’oggetto del discorso e, più spesso, della
critica.
N
Nam Polydorus ego!:
Io sono Polidoro (Virgilio Eneide libro III, 44)
Il corpo di Polidoro, figlio di Priamo, ucciso dal cognato Polimnestore re della Tracia per sottrargli le
ricchezze che aveva portato da Troia, viene dalla dea Venere tramutato in mirto pianta a lei sacra . Ad
Enea, che ignaro di tutto questo, strappa alcuni rami di questa pianta e inorridito ne vede sgorgare gocce di
sangue, così il giovane troiano si rivela e dice:"Heu fuge crudeles terras, fuge litus avarum! Nam
Polydorus ego!" Fuggi da queste terre crudeli, abbandona questo lido inospitale! Sono io Polidoro che ti sto
parlando. Simile espressione, in senso meno drammatico, si usa nell'intento di convincere un amico o un
collega a seguire un nostro consiglio che all'apparenza può sembrare di non immediata comprensione se
non si è a conoscenza dei precedenti.
Ne extra oleas:
Non andate al di là degli ulivi.
Si tratta di un invito a non varcare i confini imposti. Sembra derivi dal fatto che attorno allo Stadio di Atene
fossero piantati dei filari di ulivi che non dovevano essere oltrepassati dagli atleti.
Nego maiorem:
Nego la prima parte, nego la premessa maggiore.
L'espressione si usa per confutare un ragionamento negando la veridicità dell'assunto iniziale. Nella sua
forma più semplice il sillogismo e' un ragionamento in base al quale da una premessa detta maggiore ed
accettata come universalmente vera e da una detta minore se ne deduce una conclusione. Negando la
premessa maggiore cade tutto il ragionamento.
Ne laterum laves:
Non perder tempo a lavare il mattone ( Terenzio, Phormio I, IV, 9).
Espressione latina che invita a non fare cose inutili e che trova la sua vera traduzione nel nostro detto
"pestar l'acqua nel mortaio o cercare di svuotare il mare con un cucchiaio" per non correre il rischio di
dire con Plauto (Poenulus, atto I) dopo aver tanto faticato : "Oleum et operam perdidi" (=Ci ho rimesso
l'olio e la fatica!).
Nemini teneri:
Non essere schiavi di nessuno.
Motto che gli abitanti della Repubblica di san Marino attribuiscono al santo che a questa rebblica ha dato il
nome. La tradizione vuole fosse un tagliapietre venuto dalla Dalmazia negli ultimi decenni del 200 Giunto
nella zona del monte Titano in cerca di pietre da lavorare, restò affascinato dal maestoso monte e vi si
stabilì lavorando e convertendo gli abitanti al cristianesimo.
Unico Santo fondatore di uno Stato e patrono della Repubblica che porta il suo nome venne sepolto nella
chiesa da lui stesso eretta.
Detto segnalato da Vinicia P. coautrice del sito http://www.libertas.sm
Ne quid nimis:
(Mai) nulla di eccessivo.
Norma comportamentale scolpita sul frontone del tempio di Apollo a Delfi ed attribuita a Apollo, Omero,
Chilone, Pittaco, Solone... ed a chissà quant'altri. Equivale al detto di Orazio "est modus in rebus". Ne
viene fatto un bellissimo impiego al cap. XXII de "I Promessi Sposi". Descrivendo la vita del cardinal
Federico Borromeo l'autore racconta come "ebbe a combattere co' galantuomini del ne quid nimis, i quali,
in ogni cosa, avrebbero voluto farlo star ne' limiti, cioè ne' loro limiti". Galantuomini sono, per il Manzoni
in questo contesto, quanti credono di nascondere il proprio egoismo dichiarandosi nemici di ogni
esagerazione.
Nescio vos:
Non vi conosco. (Nuovo Testam. Mt. 25, 12).
È la risposta dello sposo alle vergini sprovvedute che arrivano troppo tardi. Si usa per rifiutare qualche
favore o il concorso della propria borsa a qualche amico scocciante, ma quasi sempre in tono di scherzo.
Ne varietur:
Che non si cambi.
Espressione usata per indicare edizioni che presentano il testo nella sua forma definitiva o, nel linguaggio
giuridico, per vietare ogni variazione in atti amministrativi o legali.
Nihil admirari:
Non stupirsi di cosa alcuna. (Orazio, Epist., I, 6, 1).
Massima che, secondo gli stoici, sarebbe la base della felicità.
Noli adfectare quod tibi non est datum, delusa ne spes ad querelam recidat:
Non aspirare a ciò che non ti è stato dato, affinché la tua speranza delusa non abbia motivo di lamentarsi.
(Fedro).
Il Pavone invidioso dell’Usignolo che lo superava nel canto, se ne lamentò con Giunone. Ma la dea gli
rispose che a tutti era stato elargito un privilegio particolare:a chi la bellezza e a chi il canto...
Noli me tangere:
Non mi toccare (Nuovo Test. Gv. 20,17-18).
Secondo il racconto dell'evangelista Giovanni, sono le parole (non mi toccare perchè non sono ancora salito
al Padre mio) che Gesù rivolse alla Maddalena quando le si mostrò dopo essere risorto.
Esiste una pianta medicinale della famiglia delle Balsaminacee detta comunemente "Erba impazienza,
barsamina, noli me tangere" la cui singolare caratteristica, se toccata, è di "sparare" i semi, nel terreno
circostante.
Nomen omen:
Il destino è nel nome.
La frase significa che nel nome sta racchiuso l'essere della persona. Presso i popoli antichi si riteneva che il
nome non fosse un puro suono, ma quasi l'anima della persona che lo portava. La cosa assumeva
importanza ancor più grande quando si trattava di un Dio: rammentiamo tutti il divieto presso il popolo
ebreo di pronunciare il nome di Javhé.
Non expedit:
Non conviene (Espressone curiale).
L'uso di questa espressione risale al 1868 quando, con disposzione della santa Sede, ai cattolici italiani
venne suggerito di non partecipare, in modo attivo, alla vita politica. Il concetto fu ribadito sia nel 1870 che
nel 1874 in una nota ai vescovi e, sempre sotto il pontificato di papa Pio IX ancora nel 1877. Con papa
Leone XIII nel 1886 si arrivò ad un intervento ben più rigido espresso con la formula "non expedit
prohibitionem importat" (= la non convenienza implica il divieto).
Non liquet:
Non si scioglie (Espressione giuridica).
Così dicevano i giudici romani quando un caso non arrivava a soluzione, quando cioè il nodo non si
scioglieva.
Non possumus:
Non possiamo.(Nuovo Test. Atti degli Apostoli, 4,19-20)
Ai principi dei sacerdoti che volevano loro impedire di predicare il Vangelo, gli Apostoli Pietro e Giovanni
risposero: "Si iustum est in conspectu Dei vos potius audire quam Deum, iudicate; non enim possumus nos,
quae vidimus et audivimus, non loqui ” (=Giudicate voi stessi se sia giusto dinnanzi a Dio ubbidire a voi
anziché a Lui. Quanto a noi non possiamo non parlare di quanto abbiamo visto ed udito). La frase è passata
poi nel linguaggio pontificio per indicare un rifiuto nell'accettare leggi in contrasto con quelle divine o
canoniche e, nella sua storia, la Chiesa ha pronunciato diversi "non possumus" ogni volta le si chiedeva un
atteggiamento contrario alla sua dottrina o alle sue tradizioni. Papa Pio IX, usò la formula per rispondere ai
tentativi del Regno d'Italia di confrontarsi con il Vaticano nella soluzione della questione romana. Poichè la
Legge delle Guarentige, promulgata il 13 maggio 1871 dallo Stato italiano, stabiliva unilateralmente i diritti
ed i doveri dell'autorità papale, il 21 agosto dello stesso anno Pio IX scrisse a re Vittorio Emanuele II
118 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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esprimendo le ragioni per cui non poteva accettarla e, fino alla sua morte, continuò a definirsi "prigioniero
dello Stato italiano".
Non tacebo:
Non starò zitto (Tommaso Campanella).
Il disegno di una campanella con l’indice puntato sulla campana stessa e la scritta "Propter Sion non
tacebo" (= Per Sion non riusciranno a farmi tacere) sembra fosse il sigillo personale del filosofo.
Nosce te ipsum:
Conosci te stesso.
Traduzione dell’iscrizione greca incisa sul frontone del tempio di Delfo.
Novissima verba:
Ultime parole.
Con questo detto possono intendersi sia le ultime parole, quasi il testamento, di un moribondo sia come
ultimo saluto, durante una cerimonia funebre, prima della sepoltura. Nello stile colloquiale si usa per
troncare una discussione in atto: "novissima verba" e poi non intervengo più.
Nudatio mimarum:
Spogliarello delle mime.
Il popolo romano ha sempre apprezzato il teatro... anche perché era assolutamente gratuito. Gli attori,
almeno all'inizio di questa moda letteraria importata dai greci, erano tutti di sesso maschile e solo il colore
delle maschere, scura per gli uomini e chiara per le donne, ne identificava il sesso. Ad un certo punto però
interviene una novità: le donne finalmente possono interpretare se stesse e come sempre avviene quando
cade un tabù si passa all'estremo opposto. I romani, entusiasti della cosa, al termine della rappresentazione
anzichè invocare il bis, iniziarono a pretendere dalle attrici lo spogliarello.
Nulli secundus:
Secondo a nessuno (Apuleio, Florida).
"Florida" (= florilegio) raccolta in 4 libri di 23 estratti di discorsi tenuti da Apuleio nei suoi viaggi a Roma
e Cartagine. Oltre alla varietà di tematiche esposte si nota un notevole interesse per l'aspetto formale.
Parlando del filosofo Ippia di Elide (443 a.C.) scrive :"Et Hippias e numero sophistarum est artium
multitudine prior omnibus, eloquentia nulli secundus" (=Anche Ippia è da annoverare tra i sofisti, primo fra
tutti per la quantità delle sue arti e secondo a nessuno in eloquenza).
Nullius dioceseos:
Di nessuna diocesi.
Vedi anche "In partibus infidelium". Con questa espressione "curiale" dalla Chiesa Cattolica vengono
definiti i vescovi non responsabili di alcuna diocesi e le abbazie che dipendono direttamente da Roma.
Nullius in verba:
Sulle parole di nessuno (Orazio, Epistole, Libro I, 1, v.14).
Questo motto, tratto da una epistola di Orazio venne adottato dalla Royal Society of London, fondata nel
1660, e della quale fu presidente anche Isaac Newton. La frase esatta sarebbe: "Nullius addictus in verba
magistri" (= Sottomesso alle parole di nessun maestro). E' l'invito a non dare nulla per scontato e a non
accettare supinamente le altrui idee senza averle prima vagliate.
O
Obtorto collo:
Con il collo storto, contro la propria volontà.
Credo che "obtorto collo" sia stato coniato nel giorno in cui i romani durante la seconda guerra sannitica,
accerchiati nelle gole di Caudio (321 a.C.), furono costretti ad inchinarsi passando sotto un giogo di lance
dei sanniti. I sanniti avevano vinto la guerra ed era una costrizione simbolica che significava
l'assoggettamento dei romani ai loro vincitori.
Vedi anche:"Sub iugum miserunt"
Ringraziamo Chiara T. per aver inviato questo commento totalmente condiviso.
122 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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O cives, cives, quaerenda pecunia primum est, virtus post nummos:
O cittadini, cittadini, prima si deve cercare il denaro, e dopo il denaro la virtù. (Orazio, Epist., I, 1).
Cioè prima l’utile, poi l’onesto. È una morale sbagliata, ma nella vita spesso la realtà è questa, ed è perciò
che il Poeta da ironicamente tale consiglio.
O felix culpa:
O colpa felice. (sant'Agostino).
Troviamo quest'espressione, presa da una omelia di sant'Agostino, nell' Exultet, inno noto anche come
"Praeconium" (=Annuncio o lode solenne ) che il Sabato Santo, durante la benedizione del cero pasquale,
annunciava la resurrezione di Gesù.
La Chiesa arriva a definire "beata" la colpa di Adamo, perché essa ci procurò i vantaggi infinitamente
superiori del Redentore. "O felix culpa quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem" (= O felice
colpa che meritò di avere tale e tanto Redentore). L’esclamazione si applica a quegli sbagli che
casualmente sono fonte di qualche beneficio.
123 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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O fortunatam natam me consule Romam:
O Roma fortunata, nata sotto il mio consolato! (Cicerone Fragmentum VIII Ep. ad Att. II. 3,4)
Convinto di aver salvata Roma per la seconda volta sventando la congiura di Catilina non esitò a
proclamare che quanto da lui compiuto per la salvezza della patria superava in grandezza quanto un essere
umano fosse in grado di compiere. Sostenne, in un discorso al Senato, che il salvataggio di Roma, avvenuto
per merito suo, era da ritenersi un'azione più grande della stessa fondazione della città per opera di Romolo.
Già allora, questo grande oratore, nella sua gigioneria, spiegava ai nostri attuali politici come conquistare la
folla e riuscire ad essere rieletti pur dopo essersi... resi ridicoli. Tutto questo in omaggio al detto:"Vulgus
vult decipi, ergo decipiatur" (=Il popolino vuole essere imbrogliato...e allora imbrogliamolo).
Omissis:
Tralasciate (le altre informazioni).
Termine frequentemente usato negli atti notarili quando certe informazioni non vengono fornite perché non
indispensabili per chi legge o nel rispetto della privacy, ma che comunque la loro "omissione" nulla toglie
alla completezza e alla comprensibilità dell'informazione.
Omnes feriunt:
Tutte feriscono.
Motto inciso su meridiane con allusione alle ore che passano portando ciascuna la sua pena, piccola o
grande.
Omnia mutantur:
Tutto cambia (Ovidio Metamorfosi Libro XV v. 165).
Potrebbe ricordare il detto di Eraclito "Panta rei" (Tutto scorre) se non fosse per la seconda parte
dell'esametro"Nihil interit" (Ma nulla scompare) che ci riporta a Francesco Bacone che nel 1620 enunciava
la legge della conservazione della materia e alla successiva legge di A. L. de Lavoisier relativa alla
conservazione della massa nelle trasformazioni chimiche. Per Ovidio, nelle Metamorfosi, l' universo è visto
come luogo di eterna trasformazione quasi una continua metempsicosi.
Opera omnia:
Tutte le opere.
Con tale espressione si definisce la totalità delle opere di un determinato autore, filosofo, romanziere,
musicista...
Opes invisae merito sunt forti viro, quia dives arca veram laudem intercipit:
Le ricchezze sono giustamente disprezzate dall'uomo saggio, perché uno scrigno ricco impedisce la lode
genuina. (Fedro, Favole, Libro IV, 12, 1).
Dante loda appunto Fabrizio per aver preferito alle ricchezze una onorata povertà.
Oportet studuisse:
Bisogna aver studiato (Proverbio medioevale).
Si trova con lo stesso significato "Non oportet studere sed studuisse" oppure "Oportet studuisse non
studere"... praticamente se non è zuppa è pan bagnato.
Opus incertum:
Opera irregolare
Come dice la traduzione si tratta di opere in muratura con pietre a vista cementate tra loro con calce e
disposte in modo irregolare oppure pavimentazioni rustiche ottenute con pietre irregolari, normalmente
trapezoidali, in modo da ottenere un disegno non geometrico.
126 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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O qualis facies et quali digna tabella:
Che atteggiamento e di quale quadro degno (Giovenale, Satire, X, vv. 155-158).
Tale espressione è riferita ad Annibale il condottiero che non seppe sfruttare una vittoria che forse avrebbe
modificato il corso della storia. Delle sue vittorie, delle sue gesta, del suo orgoglio nulla resta se non pochi
grammi di cenere come racconta la bellissima canzone di Giorgio Gaber del 1970 dal titolo: Pesa Annibale
(vedi: "expende Hannibalem")
'Acti" inquit "nihil est, nisi Poeno milite portas frangimus et media vexillum pono Subura.
O qualis facies et quali digna tabella, cum Gaetula ducem portaret belua luscum! (="Nulla abbiamo fatto,"
esclama" se non sfondiamo le porte di Roma con l'esercito carteginese e non pianto il mio vessillo in mezzo
alla Suburra". Uno spettacolo degno di un quadro, mentre la belva di Getulia porta quel condottiero orbo!).
Ora et labora:
Prega e lavora.
Espressione che ben riassume i due momenti che, in un rapporto equilibrato tra preghiera e lavoro,
scandivano le giornate nelle comunità religiose dal medioevo in poi. Nel silenzio dei chiostri, migliaia di
monaci hanno contribuito a costruire con il loro paziente lavoro l'Europa salvando opere d'arte, opere
letterarie, dissodando regioni intere e contribuendo in modo determinante ad amalgamare la cultura greco-
romana e quella dei nuovi popoli conquistatori.
Oremus:
Preghiamo.
Era l'invito fatto dal sacerdote ai fedeli a pregare quando ancora nella messa e in tutte le altre preghiere
veniva usata la lingua di Cicerone.
Ore rotundo:
Con la bocca arrotondata. (Orazio, Ars poetica, v. 323).
E' proprio dell'oratore godere nel riascoltare l'eco della propria voce che dal fondo della sala ritorna a
solleticarne la vanità. Una divagazione sul tema: "Ore rotundo" è come ostinatamente il "direttore di
corale" chiede ai suoi coristi di atteggiare la bocca per emettere suoni gradevoli e ben intonati.
O sancta simplicitas:
Oh santa semplicità.
Attribuita senza alcun fondamento Jan Hus (1371-1415). Teologo e riformatore religioso boemo venne
scomunicato dalla Chiesa Cattolica, condannato dal Concilio di Costanza per eresia e bruciato sul rogo.
Avrebbe pronunciata questa frase sul rogo vedendo un contadino, spinto dall'ignoranza o dal fanatismo,
portare una fascina per alimentare il fuoco.
Osanna:
Salve - Evviva -.
È voce latinizzata dall’ebraico, divenuta ormai di uso corrente: "Oggi l’osanna, domani il crucifige".
127 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Os ex ossibus meis et caro de carne mea:
Ossa delle mie ossa e carne della mia carne (Antico Testam., Genesi, 23-24).
Povero Adamo, chissà cosa ha pensato e provato vedendo Eva. Deve aver capito che la bella vita era finita.
Perchè considero un dato di fatto che la donna sia superiore all'uomo?. Il Creatore non è partito da zero e
quel minimo di esperienza che si era fatto nel tentativo di impastare il primo uomo gli ha permesso di
eliminare alcuni difetti di fabbricazione... oddio "bug" nei millenni se ne sono scoperti... ma a tutti sembra
vadano bene così!
O tempora! o mores!:
Che tempi...! Che costumi...! (Cicerone, Catilinaria, I).
Nella foga del discorso contro Catilina, che aveva tentato di farlo assassinare, Cicerone deplora la perfidia e
la corruzione dei suoi tempi. La frase si ripete per criticare usi e costumi del presente, ma per lo più in tono
scherzoso.
Otia et negotia:
Ozi e occupazioni.
Il vocabolo "otium" indicava, per i romani, il tempo libero dedicato ad occupazioni scientifiche o culturali
per diletto e senza scopo di lucro, quello cioè che con termine inglese definiamo "hobby" e per estensione
diciamo che chi non non fa nulla "ozia". Per contro il termine "negotium", composto da nec e otium, indica
un'occupazione, una attività dalla quale ne deriva un guadagno e per traslato si è passati a definire
"negozio" anche il luogo in cui questa attività lucrativa viene svolta. A questo punto nessuno pensi che
durante i famosi "Ozi di Capua" i soldati di Annibale spendessero il proprio tempo a scrivere libri o a
studiare il latino... oziavano proprio!
O ubi campi!:
(Felici quei luoghi) dove vi sono campi. (Virgilio, Georgiche, lI, 485).
È una delle frequenti espressioni di Virgilio, il cui ideale era la vita tranquilla e felice della campagna.
Oves et boves:
Pecore e buoi (Nuovo Test. Gv. 2, 14).
L'evangelista racconta che Gesù trovò i mercanti di pecore, buoi , colombe e i cambiavalute seduti nel
tempio di Gerusalemme ."Et invenit in templo vendentes oves et boves et columbas, et nummularios
sedentes". Sarà questa visione a scatenare la collera di Gesù nei confronti di questi mercanti che caccerà dal
tempio fustigandoli . Con questa espressione si indica solitamente un raggruppamento eterogeneo senza
una precisa logica. Non mi sento quindi di applicare simile espressione "Oves et boves" agli animali che
entrarono nell'arca durante il diluvio. Il buon Mosè infatti fece il carico secondo un preciso e dettagliato
piano di imbarco.
(vedi Antico Test. Gen. 7,13-17).
P
Paenitere tanti non emo:
Non pago così caro un pentimento (Aulo Gellio, Noctes Atticae, Libro I, 8,6).
Sono le parole che, Demostene (politico ed oratore greco) rivolse alla cortigiana Laide .
Un detto greco sconsigliava di recarsi a Corinto se non si era disposti a pagare la tariffa che Laide chiedeva.
“Ad hanc ille Demosthenes clanculum adit et, ut sibi copiam sui faceret, petit. At Lais myrias drachmas
poposcit, hoc facit nummi nostratis denarium decem milia. Tali petulantia mulieris atque pecuniae
magnitudine ictus expavidusque Demosthenes avertitur et discedens "ego" inquit "paenitere tanti non
emo". Sed Graeca ipsa, quae fertur dixisse, lepidiora sunt: "Ouk onoumai, inquit, myrion drachmon
metameleian.” (= Lo stesso Demostene di nascosto si recò da lei e chiese di potersi unire a lei. Laide
pretese diecimila dracme che equivalgono a diecimila dei nostri denari. Ferito e spaventato per la
sfacciataggine di tale donna le girò le spalle: “Io” disse” a questo prezzo non compro un pentimento. Ma
l’espressione greca , che si racconta abbia usato, è più arguta: “non compro”disse“ un pentimento da
diecimila dracme).
Mi vien da pensare che il vezzo dei politici di accoppiarsi a quelle che, di volta in volta, sono state definite
etere, cortigiane, falene, passeggiatrici, peripatetiche, prostitute, donne di malaffare, stagiste, escort ed altro
ancora, abbia radici lontane.
Panem et circenses:
Pane e divertimenti nei circhi (Giovenale, Satire, X, 81).
È il grido dei Romani che facevano consistere la felicità nel grano distribuito loro gratuitamente dallo Stato
e nei giuochi del Circo: una vera vita da epicurei. Se ne hanno vivissime rappresentazioni nel romanzo
"Quo vadis".
129 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Papa pater patrum peperit papissa papellum:
Una papessa che era papa, padre dei padri, partorì un piccolo papa (Epigramma medioevale).
La papessa Giovanna è stata una figura leggendaria di papa donna, che avrebbe regnato sulla Chiesa
dall'853 all'855. È considerata dagli storici alla stregua di un mito o di una leggenda medievale.
Parce mero, coenato parum; non sit tibi vanum surgere post epulas; somnum fuge meridianum:
Non esagerare col vino, fai una cena leggera; non essere pigro ad alzarti da tavola; non fare la siesta
pomeridiana (Regimen Sanitatis Salernitanum).
Il Regimen Sanitatis Salernitanum o De conservanda bona valetudine è un'opera collettiva, anonima, che
riassume i precetti igienici dettati dalla Scuola Medica Salernitana.
Parce sepulto!:
Perdona al sepolto. (Virgilio, Eneide, III, 41).
Perdona a chi è morto: Inutile continuare ad odiare dopo la morte.
Par condicio:
Uguale condizione.
Espressione desunta della frase del linguaggio giuridico romano “par condicio creditorum”, che, in campo
fallimentare, affermava il principio della parità di condizione dei creditori. Negli anni Novanta è entrata nel
linguaggio politico nella sua formulazione ridotta, a indicare la parità tra soggetti politici nell’accesso ai
mass media, e poi usata estensivamente con altri significati analoghi.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Pari passu:
In ugual proporzioni, di pari passo, allo stesso modo.
In ambito economico è una clausola di parità dei crediti. Praticamente è l'impegno esplicito del debitore che
il suo debito godrà di pari trattamento rispetto agli altri suoi crediti non garantiti.
Passim:
Qui e là.
Avverbio latino molto in uso fra gli scrittori quando la stessa espressione risulta utilizzata o da più autori o
dallo stesso ma in diverse opere. Anziché citare tutti i riferimenti, operazione lunga e laboriosa, si usa
scrivere il nome dell'autore o degli autori e far seguire il tutto dall'avverbio "passim".
Pater familias:
Il padre di famiglia.
Padre padrone così si poteva considerare il capo famiglia nell'antica Roma. Capo indiscusso di tutto il clan,
a lui erano sottomessi figli e figlie, schiavi, nuore... Su tutti costoro poteva esercitare il diritto di vita o di
morte arrivando il suo potere ad essere, a volte, più forte di quello politico. Al suo trapasso cambiava il
suonatore ma non la musica perché il figlio maggiore ne ereditava l'esercizio del potere.
Pax et bonum:
Pace e bene .
Formula di saluto caratteristica della predicazione di s. Francesco e dei suoi seguaci, attestata già dalle più
antiche fonti. Compare spesso scritta sulle porte o sulle pareti dei conventi francescani. Nella celebrazione
della messa, all'invito del sacerdote, i fedeli si scambiano vicendevolmente tale augurio dandosi la mano.
Pax tibi:
Pace a te.
Sono le prime due parole della frase che compare nello stemma di Venezia sul libro che il leone di san
Marco tiene aperto con una zampa. Il primo santo patrono di Venezia fu san Teodoro, ma nell'anno 828 san
Marco ne prese il posto dopo che due mercanti, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, ne
trafugarono il corpo dalla città di Alessandria. Il furto delle spoglie del santo trovò giustificazione con una
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leggenda secondo la quale un angelo indicò all'evangelista Marco, approdato sulle isole della laguna mentre
navigava da Aquileia a Ravenna, il luogo del suo riposo eterno dicendogli: "Pax tibi Marce Evangelista
meus" (= pace a te o Marco, mio Evangelista).
Pecunia fidens:
Confidando nel denaro. (Cornelio Nepote, Lisandro, III).
È la solita teoria dell’onnipotenza del danaro, che talvolta diventa un vero culto.
Perinde ac cadaver:
Allo stesso modo di un cadavere.
Sant'Ignazio di Loyola pretese che gli appartenenti all'ordine religioso da lui fondato, quello della
Compagnia di Gesù, pronunciassero oltre ai voti solenni di Povertà Obbedienza e Castità, comuni a tutti gli
ordini religiosi, anche un "quarto voto" di obbedienza totale alla persona del papa "perinde ac cadaver".
Pertransiit benefaciendo:
Passò facendo del bene. (Nuovo Testam. Atti, 10, 38).
È l’elogio della vita del Redentore. La frase viene spesso incisa su tombe di persone che hanno compiuto in
vita grandi opere di beneficenza, e su annunzi mortuari di persone pie che hanno fatto proprio l’esempio di
bontà del Redentore. Infatti che vi sarebbe di buono su questa terra, se mancasse il conforto di far del bene
al prossimo?
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Picturae sunt libri laicorum:
Le figure sono i libri dei laici (Attribuito a sant'Alberto Magno).
Le raffigurazioni pittoriche di episodi biblici o particolari edificanti delle vite dei santi che ancor oggi
possiamo ammirare sui muri di tantissime cattedrali o semplici chiese non erano un abbellimento ma
avevano un intento didattico ed erano chiamate “Biblia pauperum” (= Bibbia dei poveri). Poiché nel
Medioevo l'analfabetismo tra i ceti meno abbienti era pressochè totale la pittura sostituiva i testi scritti.
Plaudite cives!:
Applaudite cittadini!
La claque esisteva già al tempo di Roma antica, ma era riservata a chi se la poteva permettere con il sistema
del clientelismo, non ancora morto nella nostra politica. Solo i poveri attori, poeti e istrioni al termine delle
loro fatiche teatrali dovevano umiliarsi a richiedere "all'inclito pubblico" un riconoscimento alla loro fatica
con l'invito: “Plaudite, cives!” Quante volte pure noi siamo tentati di imitarli quanto ci sentiamo ignorati
nonostante le nostre fatiche.
Pollice verso:
Con il pollice girato (Giovenale, Satire, Satira III,35-37.).
Jean-Léon Gérôme, pittore e scultore francese, nel quadro conosciuto come "Pollice verso" rappresenta un
gladiatore nell'arena. Mentre con un piede costringe a terra l'avversario vinto, guarda il pubblico in attesa
della decisione finale: vita o morte! I pollici degli esagitati spettatori rivolti verso il basso, come abbiamo
potuto osservare anche in tante altre rappresentazioni sceniche, non ultimo "Il gladiatore" di Ridley Scott,
decretano l'uccisione del vinto. Il gesto di girare il pollice in segno di condanna viene così descritto da
Giovenale "Munera nunc edunt et, verso pollice vulgus cum iubet, occidunt populariter..." (= Ora offrono
giochi e quando la plebaglia gira il pollice decretano la morte per ottenerne il favore). Non esiste prova
alcuna che il pollice rivolto in basso significasse la morte per il gladiatore anzi si ritiene che a decretarne
tale sorte fosse il pollice rivolto verso l'alto o disposto orizzontalmente come una lama rivolta al nemico da
uccidere.
Post mortem:
Dopo la morte.
Detto in riferimento a riconoscimento di meriti e simili che non hanno avuto luogo durante la vita della
persona interessata: "onorificenza post mortem".
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Post rem:
Dopo la cosa.
Nella filosofia scolastica, espressione usata per significare che l’universale esiste nella mente umana come
semplice nome o concetto senza corrispondenza nella realtà, o come astrazione dalle cose concrete.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Post scriptum:
Scritto dopo.
Letteralmente significa: aggiunta ad una lettera già firmata. Normalmente si usa l'abbreviazione "P.S.".
Sovente non sta ad indicare una dimenticanza, ma piuttosto un modo scaltro per evidenziare al destinatario
un argomento che ci sta a cuore e che, segnalato come ultima informazione, ci fa sperare non venga
ignorato.
Principiis obsta:
Resisti ai princìpi. (Ovidio, Remed. Amor V, 91).
Frase divenuta molto popolare: bisogna nelle malattie ed in genere in tutti i mali prendere gli opportuni
provvedimenti subito all’inizio, per non esser poi costretti, quando il male sia progredito, a ricorrere a
rimedi ben più dolorosi.
Pro bono:
Per il bene .
Espressione giuridica abbreviata di "pro bono publico" (=per il bene di tutti). Facilmente riscontrabile l'uso
in ambito forense ad indicare la gratuità della difesa di un imputato nel momento in cui questi non sia in
grado di sostenerne il costo.
Pro die:
Al giorno.
Termine desueto ma utilizzato ancora principalmente in ambito nelle ricette per indicare quante volte al
giorno deve essere assunta una determinata medicina. Piove sul bagnato: non solo usano una grafia
paragonabile ai geroglifici, ma si avvalgono anche di termini latini... è il massimo della perversione!
Pro forma:
Per (salvare) la forma.
Si usa questa espressione quando una cosa viene compiuta non per necessità o convinzione, ma solo per
salvare la forma, le apparenze. In ambito commerciale, in modo particolare quando si tratta import/esport,
si usa un documento chiamato fattura pro-forma, in quanto non obbliga chi la emette ad adempiere gli
obblighi di legge che una fattura reale comporterebbe.
Pro memoria:
Per la memoria, per ricordare.
Alla poca memoria o i troppi impegni viene in aiuto un appunto, un "pro memoria" normalmente scritto su
un libriccino (quello che la Banca o l'Assicurazione ogni anno ci regala con i nostri soldi tanto per
intenderci) chiamato "agenda" . Anche "agenda" è parola latina che significa "cose da fare".
Promoveatur ut amoveatur:
Sia promosso per essere rimosso.
Modo brillante, ma non sempre intelligente, per togliersi dalle scatole un personaggio “scomodo” è
promuoverlo di grado.
Ora se il personaggio promosso è capace e la sua rimozione è dovuta a puro calcolo aziendale o politico...
pazienza, certamente opererà bene anche nel nuovo incarico, ma se la rimozione è dovuta ad incapacità e la
promozione a raccomandazione provate ad immaginare quale carriera, di promozione in promozione, può
fare un incapace.
Prosit:
Che ti sia di beneficio (Espressione ecclesiastica).
Ormai abituati ad usare simile espressione come reciproco augurio in occasione di un brindisi o alzandoci
da tavola dopo un lauto pasto non dimentichiamo che inizialmente altro non era che l'augurio rivolto dal
ministrante al sacerdote al termine della messa.
Pro tempore:
Temporaneamente.
Per il tempo strettamente necessario. Si dice di incarichi di cui si è investiti per un tempo determinato in
attesa che venga designato il responsabile. Resta inteso che giuridicamente anche chi è investito di un
incarico "pro tempore" assume le stesse responsabilità di chi ricoprirà a pieno titolo quel ruolo.
Provocare ad popolum:
Appellarsi al popolo.
Nata a tutela del patriziato contro gli abusi di potere dei magistrati e come strumento di controllo alla
discrezionale attività di repressione penale dei magistrati stessi, la "provocatio ad populum" fu uno dei
pilastri della costituzione repubblicana e successivamente venne estesa anche al cittadino plebeo che
inizialmente ne era escluso. Permetteva al cittadino romano, condannato da un magistrato alla pena
capitale, di appellarsi ai "comizi centuriati" che diventavano, a questo punto, i veri detentori del diritto di
vita o di morte sui cittadini.
139 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Publicae maxime pauperum utilitati:
A pubblica utilità soprattutto dei poveri.
Iscrizione posta sulla facciata della Biblioteca Marucelliana, prima biblioteca pubblica a Firenze, aperta al
pubblico il 18 Settembre 1752: "Marucellorum Bibliotheca publicae maxime pauperum utilitati" .
Punica fides:
Fedeltà cartaginese.
Ad ogni occasione i Cartaginesi violavano i patti stipulati coi Romani, e ne è venuta la frase che è sinonimo
di mala fede, di fedeltà ambigua e sospetta. Potrebbe fare il paio con il detto: "Timeo Danaos et dona
ferentes" di Virgilio.
Q
Quae peccamus iuvenes luimus senes:
I peccati di giuventù li scontiamo da vecchi.
Mi permetto una considerazione personale che cerco di rendere con un esempio. Da giovane, ogni qualvolta
acquistavo un'auto nuova, provvedevo "in primis" a dotarla di coprisedili con l'ovvio risultato che quando
la rottamavo avevo sedili ancora bellissimi. La stessa cosa vale per i vizietti di gioventù: rischiamo di
morire ancora con la garanzia senza esserci divertiti... almeno un pochino!
Quamvis sublimes debent humiles metuere, vindicta docili quia patet sollertiae:
Gli uomini di condizione elevata devono temere quelli di bassa condizione, perchè all'uomo astuto risulta
facile la vendetta (Fedro).
Questa sentenza è illustrata nella favola della Volpe e dell’Aquila: questa aveva portato ai suoi aquilotti i
piccoli della volpe perchè se ne cibassero, credendosi sicura, nel suo alto nido, ma l’ astuto animale , rubata
una torcia dall’altare di un tempio , diede fuoco alla pianta che sorreggeva il nido dell’Aquila.
Quando Marcus Pascha dabit et Ioannes Coenam dabit, totus mundus conquassabit:
Quando la Pasqua cadrà il 25 aprile (san Marco) e il Corpus Domini il 24 giugno (san Giovanni Battista)
tutto il mondo andrà in rovina.
Si tratta di una vecchia profezia che non promette nulla di buono. Se quella del 2012 si rivelerà una bufala
attenzione a questa nuova spada di Damocle. L'anno fatidico è il 2038 quando effettivamente le due feste
cadranno nei giorni stabiliti dalla... profezia!!!. Non illudetevi se guardando un calendario scoprirete che il
"Corpus Domini" cade il 27 e non il 24 giugno come vorrebbe la profezia. Per i più giovani ricordo che nel
1977 alcune festività mobili , tra le quali appunto questa, furono spostate dalla Chiesa dal giovedì alla
domenica in accordo con i sindacati e lo Stato nella speranza di aumentare la produttività limitando i ponti
infrasettimanali:... i risultati non si sono fatti attendere e oggi sono sotto i nostri occhi. Ora attendiamo
anche il... 2038.
Quantum satis:
Quanto basta.
Locuzione corrente nel gergo dei medici che nelle ricette indicando le dosi dei vari ingredienti, per qualche
elemento scrivono q.s., cioè "quantum satis", o "quantum sufficit", ossia suggeriscono di mettervene la
quantità sufficiente.
Quantum sufficit:
Quanto basta.
Vedi:"Quantum satis"
Quemcumque populum tristis eventus premit, periclitatur magnitudo principum, minuta plebes
facili praesidio latet:
Se una calamità sovrasta un popolo, sono i grandi principi che sono in pericolo; la plebe minuta trova
facilmente una via di scampo. (Fedro).
È la morale della favola: I Topi e le Donnole, nella quale i sorci, che prima della battaglia s’erano messi
delle corna sulla testa in segno di comando, nella fuga, impediti dalle medesime, furono presi e uccisi,
mentre i semplici gregari, privi di ogni autorità, poterono facilmente nascondersi e sfuggire alla strage.
Quia tu gallinae filius albae, nos viles pulli, nati infelicibus ovis:
Poichè tu sei figlio della gallina bianca, noi siamo poveri pulcini nati da uova disgraziate.(Giovenale,
Satire, XIII, 141).
Il Poeta allude alla diversa sorte degli uomini: alcuni nascono sotto una buona stella, altri sotto un’ infausta
cometa.
Quicumque amisit dignitatem pristinam, ignavis etiam locus est in casu gravi:
Chiunque abbia perso la propria dignità, nella disgrazia è vittima anche dei vili. (Fedro, Favole, Libri 1,
21,1).
E' la favola del Leone morente che, percosso dal cinghiale e dal toro, sopporta con rassegnazione l’offesa
ma, preso a calci dall’asino, gli sembra di morir due volte: "bis videor mori".
Quicumque turpi fraude semel innotuit, etiam si verum dicit, amittit fidem:
Chi è stato trovato bugiardo una volta, non è creduto anche se dice il vero. (Fedro, Favole, Libro 1, 10, 1).
Sono i primi due versi della favola di Esopo: "Il Lupo e la Volpe al tribunale della Scimmia", nella qual
favola la scimmia giudice dà torto ad entrambi, perchè li sa bugiardi.
Quid novi?:
C'è qualcosa di nuovo?
Mi sembra di sentire un mio vecchio capo che ogni mattina quando arrivavo mi chiedeva: Novità? Un
giorno ho risposto: sono arrivato in ritardo perché la metropolitana ha bucato! Da allora non mi ha più fatto
la domanda!
Qui natus est infelix, non vitam modo tristem decurrit, verum post obitum quoque persequitur illum
dura fati miseria:
Chi è nato infelice, non solo conduce una vita grama, ma anche dopo la morte è perseguitato dalla
perversità del suo duro destino. (Fedro, Favole, Libro IV, 1, 1-3).
Sentenza verissima che un proverbio popolare molto espressivo traduce: "A chi è nato disgraziato, tutti i
cani gli pisciano addosso".
Qui se committit homini tutandum improbo, auxilia dum requirit, exitium invenit:
Chi si rivolge ad un uomo improbo per avere un aiuto, nel cercare soccorso trova la sua rovina. (Fedro,
Libro I, 31, vv.1,2)
Tratta dalla favola delle Colombe che, per evitare ogni pericolo, eleggono a loro re il Nibbio che però,
montato sul trono, incomincia a mangiarsele ad una ad una? " Merito plectimur" (=Ce la siam voluta!) dice
una delle sopravissute; ma ormai è troppo tardi. La favola insegna che è da stolti fidarsi di persone note per
la loro conclamata disonestà.
Qui se laudari gaudet verbis subdolis sera dat poenas turpes poenitentia:
Chi gode sentirsi esaltare con parole adulatrici, ne porta poi la pena con pentimento e vergogna. (Fedro,
Libro I, vv.1,2).
E' la favola della Volpe che, per godersi il cacio che il Corvo tiene in bocca, lo adula, invitandolo a cantare
per fare sfoggio della sua voce. Dar retta alle lodi dei furbi e dei bricconi è da sciocchi, perchè fanno ciò
solamente per il loro tornaconto e la lode ricevuta viene poi pagata a caro prezzo. E' preferibile una critica
costruttiva ad un apprezzamento falso.
Quisque de populo:
Uno preso dalla folla.
Possiamo comunque tradurre anche con "l'uomo della strada", "un non addetto ai lavori", "il cittadino
medio" e scomodando un film di Steno, "Banana Giò" interpretato dal bravissimo Bud Spencer, anche con
"un pinco pallino qualunque". Si tratta comunque di espressione quasi esclusivamente usata in ambito
giuridico.
Detto segnalato da Maurizio F.
Quis ut Deus?:
Chi come Dio?
E'' possibile trovare simile scritta sullo scudo nelle raffigurazioni dell'arcangelo san Michele. Il nome di
questo arcangelo in lingua ebraica sarebbe ( il condizionale è d'obbligo per chi l'ebraico non lo conosce e
deve affidarsi ad internet) "Mi-ka-El?" che significherebbe "chi è come Dio?" dalla frase pronunciata
mentre cacciava all'inferno gli angeli ribelli , capitanati da Satana.
La devozione a questo arcangelo rimase tra le più sentite durante l'intero regno longobardo. La loro opera
di conversione fu avviata dalla regina Teodolinda e da san Colombano fondatore dell'abbazia di Bobbio nel
piacentino e a questo arcangelo, dalle indubbie virtù guerriere, vennero dedicate innumerevoli "Pievi" non
ultima quella di Revigozzo.
Quos ego...:
Che io... (Virgilio, Eneide, I, 135).
È una bella figura di reticenza, messa da Virgilio in bocca a Nettuno, adirato contro i venti che avevano
dispersa la flotta di Enea. È insomma un’oscura minaccia.
Quousque tandem...? :
Fino a quando...? (Cicerone, Catilinaria, 1).
La frase completa è: "Quousque tandem Catilina abutere patientia nostra?" Violente parole con le quali il
grande oratore romano investì Catilina che osò presentarsi in senato dopo aver complottato contro Roma e
aver tentato di far uccidere lo stesso Cicerone che, della stessa, si riteneva il più ardente difensore. Si
ripetono per smascherare l’ipocrisia di qualcuno, ma per lo più si usano in tono di scherzo.
Quo vadis?:
Dove vai?
Risulta impossibile stabilire chi per primo pronunciò simile frase, per esperienza la potrei pensare rivolta da
una moglie romana al marito che stava uscendo di casa.
Certamente tutti ricordano il libro di Henryk Sienkiewicz (1846 - 1916): “Quo vadis?”.
La persecuzione di Nerone sta toccando il culmine della ferocia e anche l'apostolo Pietro impaurito fugge
(Cap. LXX), ma sulla via Appia incontra Gesù che cammina nella direzione opposta, verso la città.
“Domine quo vadis?” chiede l'Apostolo. Tu te ne parti, e io vado a Roma a farmi crocefiggere un'altra
volta. Pietro capisce e torna ad affrontare il martirio.
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R
Ranae vagantes liberis paludibus clamore magno regem petiere a love:
Le rane vaganti in libertà nelle paludi, con grandi grida chiesero a Giove un re (Fedro).
È la favola del Re Travicello, resa con arguzia dal Giusti, vero capolavoro di poesia popolare satirica. La
morale è questa: finchè si gode della libertà, non bisogna andar in cerca della schiavitù.
Redde rationem:
Rendimi conto (Nuovo Testamento Lc. 16,2).
Racconta l'evangelista di un uomo ricco che aveva affidata la gestione dei propri beni ad un amministratore.
Quando gli giungono all'orecchio voci di una troppo allegra gestione del suo patrimonio, lo chiama alla
propria presenza e gli chiede conto del suo operato dicendo: "redde rationem villicationis tuae: iam enim
non poteris villicare" (= Rendimi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare). Per
l'utilizzo nell'ambito del lavoro occorre fare molta attenzione perché, come dice il proverbio, "hodie mihi,
cras tibi". Vedere anche "ad audiendum verbum" e "reprimenda".
Reductio ad absurdum:
Riconduzione all'assurdità.
Vedi "ab absurdo"
Refugium peccatorum:
Rifugio dei peccatori.
Si tratta di una invocazione alla Madonna che troviamo nelle Litanie Lauretane. Con "Turris aeburnea" (=
Torre d'avorio) altra invocazione che troviamo sempre nelle stesse litanie, oltre che preghiera è diventata
espressione di uso comune per definire il luogo in cui convergono cose o persone quando non si riesce a
trovarvi una corretta collocazione.
La tua stanza è diventata un "refugium peccatorum" dice la mamma al ragazzino, certe facoltà universitarie
sono il "refugium peccatorum" di chi vuole faticare poco...
Regina viarum:
La regina di tutte le strade.
I Romani consideravano la via Appia regina delle tutte le strade. Voluta dal censore Appio Claudio se ne
iniziò la costruzione nel 312 a.C. collegava inizialmente Roma a Capua. Successivamente venne prolungata
fino a Benevento e e Taranto raggiungendo attorno al 190 a.C. Brindisi e, dal momento che Appio Claudio
non era console ma censore risulta essere l'unica via non consolare.
Relata refero:
Riferisco cose riferite.
Frase usata spesso quando si riferiscono notizie apprese da altri, delle quali non s’intende assumere la
responsabilità.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Relegatio in insulam:
Esiliare.
Nell'antico ordinamento giuridico romano era la pena a cui erano sottoposti i colpevoli di determinati delitti
quali l'adulterio e lo stupro e consisteva nell'allontanamento temporaneo del soggetto in un luogo isolato.
Questa pena non contemplava la perdita la perdita dello "status civitatis" (=cittadinanza romana)
diversamente da quanto previsto invece dalla "deportatio" che prevedeva la confisca parziale o totale dei
beni del condannato.
Remis velisque:
Con i remi e con le vele (Silio Italico, Punica, Libro I, 568).
La frase completa nell'opera di Silio è: "Ite citi, remis velisque impellite puppim" (=procedete veloci,
spingete la poppa aiutandovi sia con i remi che con le vele) ma troviamo analoga espressione anche in
Cicerone (Disputationes Tuscolanae, Libro III, XI, 25) "Taetra enim res est, misera, detestabilis, omni
contentione, velis, ut ita dicam, remisque fugienda." (= Infatti è cosa orrenda, miserabile e detestabile da
evitare con ogni sforzo, con le vele, per così dire, e con i remi).
Remis ventisque:
Con i remi e con l'aiuto dei venti (Virgilio, Eneide, Libro III, 563).
Vedi anche "remis velisque" (= Con iremi e con le vele), "manibus pedibusque" (= Con le mani e con i
piedi), "Navibus atque quadrigis" (= Con le navi e con le quadrighe). Tutte espressioni coniate per
sollecitare a fare le cose per tempo, senza indugi o tentennamenti.
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Rem tene verba sequentur:
Sii padrone dell'argomento, le parole seguiranno. (Catone "Libri ad Marcum filium frammento 15").
Tale massima espressa dal massimo fustigatore di costumi romano oltre che grande oratore (Cicerone si
vantava di conoscere almeno 150 orazioni) è una novità nell'arte forense, in antitesi con la teoria sostenuta
da Aristotele (Retorica III, 1). Per la scuola aristotelica infatti possedere a fondo l'argomento che si vuole
esporre non è sufficiente se non è supportato dal "come" lo si vuole dire. Scopo dei "Libri ad Marcum
filium", da cui è preso il detto, era l'educazione "in proprio" del figlio contro la moda del momento di
avvalersi di maestri o pedagoghi provenienti dalla Grecia o comunque conoscitori della cultura ellenica.
Repente liberalis stultis gratus est, verum peritis irritos tendit dolos:
Chi è generoso oltre il normale si rende amico degli stolti, ma inutilmente tende insidie agli accorti.
(Fedro).
Favola del cane fedele che rifiuta il pane gettatogli dal ladro per farlo star zitto. Ricorda il virgiliano:
"Timeo Danaos et dona ferentes" (Temo i Greci anche quando offrono doni).
Repetita iuvant:
Le cose ripetute giovano
"Magno taedio afficiunt" e sono una gran rottura, aggiungeva qualcuno con un latino poco ciceroniamo. Ho
sempre accettato questo motto "cum grano salis" riflettendo su un detto caro alla Filosofia Scolastica
"quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur" quanto viene recepito è proporzionale alla capacità di
chi recepisce. Poichè esperienza insegna che l'affermazione fatta è inconfutabile, diventa difficile capire se
e in quale proporzione "repetita iuvant".
Se anzichè alle parole applichiamo il detto... ai fatti (ho capito la battuta non è il massimo): "repetita
iuvant" se beviamo 2 bicchieri di vino anziché uno (facendo salvo il fegato e il colesterolo), ma "repetita
(non) iuvant" se a dover ripetere la classe è uno studente. Ognuno a questo punto il proverbio se lo giochi
come meglio crede.
Reprimenda:
Sgridata
Vedi "Ad audiendum verbum" e "Redde rationem".
Repulisti:
Respingesti (Antico Testam., Salmo 42,2)
Troviamo il vocabolo nel salmo che introduceva la santa messa quando ancora veniva celebrata in latino
(parliamo di almeno quarant'anni fà). Tutto il versetto in latino suona così: "Quia tu es, Deus, fortitudo
mea: quare me repulisti et quare tristis incedo, dum affligit me inimicus?" (=Poiché sei tu la mia forza o
Dio: perché mi respingesti, e perché avanzo triste mentre il nemico mi affligge)? Che relazione ha questa
parola con il vocabolo oggi usato per indicare un furto, una razzia, la pulizia di un locale che doveva essere
fatta da tempo? Nulla, se non il suono onomatopeico. Quando il latinorum veniva interpretato alla Renzo
Tramaglino, infatti, repulisti evocava l'immagine della ramazza che tutto pulisce.
Requiescat in pace!:
Egli riposi in pace.
Sono parole pronunciate durante una cerimonia funebre o poste come augurio sulle lapidi dei propri cari.
Sono tanti altri i modi per augurare, a coloro che ci lasciano, una felicità eterna in cui tutti crediamo o
speriamo. La chiesa cattolica suggerisce questa preghiera per quanti credono in una vita futura: "Requiem
aeternam dona ei Domine et lux perpetua luceat ei, requiescat in pace. Amen" (=Donagli, o Signore, il
riposo eterno, che la luce eterna lo illumini, che riposi in pace.Amen)
Il tema dell'aldilà ha ispirato geni come Mozart, Verdi, Brahms con "Messe da Requiem" composte in
occasione della morte di personaggi famosi.
151 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Res ad triarios redire:
Affidare l'estremo tentativo di capovolgere le sorti della battaglia ai triari (Livio, Ab Urbe condita libri,
VIII, 8, 9-12.).
I triari, in numero di 600 per ogni legione, erano i più vecchi e provetti soldati delle legioni romane che
nella battaglia formavano la terza ed ultima linea e che partecipavano alla battaglia solo quando l'esito era
incerto. Essendo essi l'ultima linea di difesa se ne deduce che quando venivano a contatto con il nemico la
legione era stata praticamente distrutta.
Nel gergo dei romani lespressione era entrata a far parte dei modi di dire dell'epoca per indicare una
situazione disperata, una situazione giunta agli estremi che costringe ad impiegare gli ultimi mezzi nel
tentativo di risolverla. Assomiglia al nostro : "essere alla canna del gas" .
Res nullius:
Cosa di nessuno.
Espressione con la quale vengono indicate tutte quelle cose, animali o vegetali, che non sono proprietà di
alcuno. Rientrano in questa categoria sia gli animali che formano oggetto di caccia o pesca sia quanto la
terra produce senza necessità di coltivazione da parte dell'uomo.
Ride si sapis:
Ridi se sei saggio (Marziale, Epigrammi, Libro II, XLI, 1).
Il primo verso dell'epigramma di Marziale, da cui l'espressione è tratta, inizia così "Ride si sapis, o puella,
ride" (=Ridi se sei saggia, ragazza, ridi) rivolgendosi ad una che più fanciulla non è e che si crede bella
nonostante le siano rimasti solo tre denti per giunta del color della pece. Le considerazioni sulla sua
bruttezza prosegono per tutto l'epigramma che il poeta conclude con la frase "At tu iudicium secuta
nostrum:plora si sapis, o pulella , plora (=Ma tu segui il nostro suggerimento: piangi se sei saggia, ragazza,
piangi).
152 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Risus abundat in ore stultorum:
Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi (Ignoto... almeno per me)
Detto attribuito da alcuni a Menandro che aveva ben motivo per non ridere troppo se consideriamo che in
quel periodo la città di Atene era diventata un protettorato della Macedonia e egli, come tanti altri, pagò in
prima persona gli effetti di questo capovolgimento politico. Sarà pur vero che il riso abbonda sulla bocca
degli stolti, ma deve ben essere tetra la vita se non si sa apprezzare e sorridere per quanto esiste di bello
nella vita!, ma forse il verbo "abundat" deve essere inteso nel suo senso letterale di "esagerazione"?
Ruit hora:
L'ora scorre.
Si tratta di una delle innumerevoli citazioni poste sulle meridiane per godere dell'estro poetico di chi l'ha
pensata e ricordare che il tempo scorre ed ogni istante ci avvicina sempre più alla morte.
Tra le tante che si possono trovare sul WEB la ritengo la più angosciante per quella "R" all'inizio di parola
che ben simula lo scorrere del tempo come di cosa che ineluttabilmente porta ad un precipizio, alla rovina
di ogni cosa e di ogni essere.
S
Saepius ventis agitatur ingens pinus:
Più spesso viene agitato dai venti il grande pino. (Orazio, Odi, Il, 10).
Allusione ai pericoli cui sono esposte le persone altolocate, che coprono cariche eminenti. Il passo
completo è il seguente: "Saepius ventis agitatur ingens pinus et celsae graviore casu decidunt turres
feriuntque summos fulgura montes" (= Più spesso viene dai venti agitato il grande pino, le alti torri crollano
con maggior rovina e i fulmini colpiscono la sommità dei monti).
Sàpere aude:
Abbi il coraggio di conoscere (Orazio, Libro I, II, 40).
Espressione usata dal filosofo Kant per definire l'essenza dell'illuminismo. Direi che comunque questo
atteggiamento, questo desiderio di conoscenza risalga non ai tempi di Orazio a cui va il merito di aver
codificata simile espressione ma... ad Adamo ed Eva. Racconta la Bibbia (Genesi 3,5) che il demonio sotto
forma di serpente tentasse Eva con queste parole: "Dixit autem serpens ad mulierem: Nequaquam morte
moriemini! Scit enim Deus quod in quocumque die comederitis ex eo, aperientur oculi vestri, et eritis sicut
Deus scientes bonum et malum” (= Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che
quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il
male).
Saxa loquuntur:
Le pietre parlano (Ferdinando Wüst).
Troviamo questo motto, abbreviazione di "De te saxa loquuntur" (= Le pietre ricordano a tutti il tuo nome),
sullo stemma internazionale della litografia disegnato da Ferdinando Wüst per rendere onore al grande
Aloisio Senefelder che, di questa nuova tecnica rivoluzionaria, ne fu l'inventore.
155 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Schola cantorum:
Scuola di cantori.
Si ritiene che tale espressione risalga al quarto secolo d.C. ai tempi del pontificato di papa Damaso che, per
primo, intuisce l'importanza del canto corale durante le celebrazioni religiose. Occorre attendere ancora un
secolo, con l'elezione al soglio pontificio di papa Gregorio (san Gregorio Magno), perchè questa musica
sacra, che da lui prenderà il nome di "canto gregoriano" acquisti una connotazione ben precisa sia per
tecnica che per regole liturgiche. Con il passare dei secoli questa musica monodica viene sostituita da
melodie polifoniche con elaborazioni non sempre consone all'impiego liturgico. Sarà Pierluigi da Palestrina
(1523 - 1594) che detterà i canoni a cui nei secoli successivi si ispireranno i maggior autori di musiche
sacre. Il termine "schola cantorum" indica anche il luogo che accoglie i cantori. In alcune chiese è situata in
fondo alla stessa su un soppalco in cui troviamo anche l'organo, mentre in altre è posta dietro all'altare
maggiore.
Sedebamus in puppi et clavum tenebamus; nunc autem vix est in sentina locus:
Stavamo seduti sul ponte di comando tenendo in mano il timone mentre ora, a malapena, abbiamo un
angolino nella sentina (Cicerone. Epistolae ad familiares. IX, 15,3.2).
Svanite le sue illusioni per una restaurazione delle istituzioni repubblicane da parte di Cesare, esautorato da
ogni pubblico incarico, disgustato di tutto e di tutti, Cicerone, con terminologia marinaresca, esprime la sua
angoscia per l'esautorazione del senato ormai docile strumento di governo di un dittatore che a suo
piacimento ne eleggeva i membri
Semel in hebdomada:
Una volta alla settimana (Attribuita ad Aulo Cornelio Celso).
Questo Celso deve essere lo stesso che, sempre a proposito di questo argomento, scriveva "semen retentum
venenum est" (= Il seme trattenuto è veleno). Mi chiedo se poi metteva anche in pratica quanto suggeriva.
Non vorrei fosse come i tanti medici, fumatori incalliti, che suggeriscono ai pazienti di smettere di
fumare!!! Sull'argomento ognuno ha voluto dire la sua infatti vedi anche "In die perniciosum, in
hebdomada utile, in mense necessarium".
Semper idem:
Sempre lo stesso (Seneca, Lettere morali a Lucilio, Libro II, XX,5).
Normalmente il motto viene usato per indicare l'inflessibile coerenza di un individuo e potrebbe benissimo
essere equiparato al più noto "Frangar, non flectar" (=Mi spezzo, ma non mi piego) di Orazio, (Odi, III, 3).
Non intendo stravolgere il significato del detto ma ricordo ai visitatori che anche della banderuola si può
dire "semper in idem" (= sempre nella stessa direzione in cui tira il vento) e, dalla banderuola a tanti nostri
metamorfici politici nostrani, sempre pronti e disponibili a salire sul carro del vincitore o presunto tale, il
passo è breve.
157 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Semper in proelio audacia pro muro habetur:
In battaglia l'audacia stessa è un baluardo (Sallustio, Bellum Catilinae 58,).
L'espressione è tratta dal discorso di Catilina ai congiurati. Il testo integrale è: "Semper in proelio eis
maximum est periculum qui maxime timent: audacia pro muro habetur" (=Sempre in battaglia il maggior
rischio è di coloro che hanno paura: l'audacia è di per sè un baluardo).
Concetto ricorrente che troviamo anche in altri scrittori. Senofonte (Ciropedia III, 3) scrive che "l'esito
delle battaglie si giudica più dall'ardire degli animi che dalla robustezza dei corpi" mentre Orazio (Odi,
Libro III, vv.13-17) ricorda alla gioventù romana che: "Dulce et decorum est pro patria mori: mors et
fugacem persequitur virum nec parcit imbellis iuventae poplitibus, timidoque tergo" (=E' bello e dolce
morire per la patria, la morte insegue anche l'uomo che fugge e non perdona ai garretti e alle terga codarde
della gioventu imbelle).
Sesquipedalia verba:
Parole di un piede e mezzo. (Orazio, Ars poetica, 97).
Parole che riempiono la bocca. Si cita a proposito di certi oratori e conferenzieri che pare facciano un
apposito studio per tirar fuori paroloni ad effetto, molte volte incomprensibili; in simili casi si potrebbe
citare il motto: "Res non verba" (= fatti, e non parole).
Sic et simpliciter:
Così e semplicemente (Ignoto).
Si è soliti usare simile espressione o per indicare che quanto si sta dicendo lo si fa "sic et simpliciter" (=alla
buona) senza usare troppi paroloni e senza avere la pretesa di voler insegnare oppure, in senso opposto, per
spiegare al nostro interlocutore che non può liquidare un argomento di una certa importanza
banalizzandone "sic et simpliciter" i contenuti.
Sic vita:
Così anche la vita (Seneca, Lettere morali a Lucilio Libro IX, LXXVII, v.20).
Il detto si può spiegare alla luce della frase completa: "Quomodo fabula, sic vita: non quam diu, sed quam
bene acta sit, refert" (=Allo stesso modo di una rappresentazione teatrale così è della vita: non conta quanto
sia stata lunga ma quanto bene la si sia spesa).
159 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Si fallor sum :
Se sbaglio esisto (Attribuita a sant'Agostino).
Frase precorritrice dell'assiona cartesiano "Cogito, ergo sum" (=Penso pertanto esisto) ed addottata dalla
maggioranza dei nostri politi e manager dopo aver scoperto che sbagliare è meno faticoso che pensare ed
agire di conseguenza soprattutto perchè pecuniariamente nulla ci rimettono o come gli allenatori che pur
licenziati dopo pochi giorni dall'assunzione se ne vanno con una barca di soldi alla faccia dei tanti
rincitrulliti "patron".
Si mihi difficilis formam natura negavit, ingenio formae damna rependo meae:
Se la natura matrigna mi ha negato la bellezza, con l'ingegno supplisco ai difetti della mia figura. (Ovidio,
Epist., XV, 31).
Il distico è messo in bocca alla celebre poetessa greca Saffo, la più gentile di tutta l’antichità, dalla quale
prese il nome l’ Ode Saffica: con le sublimi doti dello spirito faceva dimenticare le deformità che la
tradizione attribuisce al suo corpo
Sine cura:
Senza preoccupazione.
Passata nella lingua italiana come sostantivo, la "sinecura" indica un ufficio o una carica che permette di
percepire benefici economici, anche notevoli, con un impegno modesto o pari a zero... praticamente come
avviene per quasi tutti i nostri attuali politici.
Sine die:
Senza giorno, cioè a tempo indeterminato.
Esite un detto che ha una certa somiglianza con questo: "ad kalendas graecas" il cui significato come tutti
sanno equivale al nostro avverbio"mai". "Sine die" risulta invece essere una espressione ben più sibillina e
carica di indeterminatezza. Contiene l'ammissione che una certa cosa, pur procrastinandone l'esecuzione
"sine die", dovrà essere comunque fatta. Nel frattempo se ne allontana l'esecuzione lasciando l'illusione che
prima o poi (normalmente poi), se non interverranno cause di forza maggiore, se le condizioni non
muteranno, se... se... si prenderà in esame l'eventuale soluzione del problema: decisamente meglio un
"mai".
Sine strepitu:
Senza clamore (Quintiliano Declamationes maiores libro II,17)
Suggeriva il conte zio (I Promessi Sposi cap.XIX) al padre provinciale chiedendo di allontanare padre
Cristoforo dal convento di Pescarenico : "son cose da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui..." ed è proprio
questo il significato del detto: operare senza volersi metter in mostra, senza battere la grancassa per farsi
notare ovviamente sia nel fare il bene come, nel caso del conte zio, il male.
Sint minores:
Siano minori - Siano sottomessi (San Francesco d'Assisi).
Espressione con la quale san Francesco chiese a papa Innocenzo III l'approvazione della regola francescana
che prevedeva per lui ed i suoi confratelli una vita da servi sottomessa a tutti.
161 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Sint ut sunt, aut non sint:
O siano come sono o non siano.
Risposta del Padre Ricci, generale dei Gesuiti, a chi gli proponeva di cambiare la loro Costituzione. In altre
parole voleva dire: i Gesuiti o rimangono come furono creati da Sant’Ignazio, oppure è meglio che cessino
di esistere. L’energica frase divenne celebre e si usa ripetere per cose od argomenti nei quali non si vuol
introdurre alcuna modifica.
Solve et repete:
Paga e chiedi la restituzione (Brocardo).
Si tratta di un principio per il quale lo stato obbliga il cittadino al pagamento di debiti ancor prima di essere
accertati. Il principio reintrodotto con le ultime finanziarie era già stato depennato nel 1961 perché ritenuto
in contrasto con la Costituzione.
Solve senescentem:
Sostituisci quello che invecchia. (Orazio Epistolarum Liber I v. 8,9)
Il consiglio viene dato non solo agli scrittori, con l'invito a ricercare sempre idee nuove ma molto più terra
terra è diretto anche a quanti, nonostante gli anni, non accettando di invecchiare: "Solve senescentem
mature sanus equum, ne peccet ad extremum ridendus et ilia ducat" (=Sostituisci per tempo il cavallo che
invecchia se non vuoi che stanco ed estenuato faccia ridere a tue spese).
La frase si trova citata dal Metastasio nella lettera CV inviata il 29 gennaio 1766 da Vienna a Francesco
Giovanni di Chastellux.
Solvitur ambulando:
Camminando si risolve il problema.
Si racconta che sia stato l'atteggiamento tenuto di Diogene (quel filosofo che l'aneddotica vuole vivesse in
una botte, avesse buttato anche la scodella ritenendo che si poteva mangiare e bere usando le mani, e che ad
Alessandro Magno , che chiedeva se avesso potuto fare qualche cosa per lui, chiese di non frapporsi tra lui
e il sole) per confutare i paradossi di Zenone di Elea tesi a dimostrare l'impossibilità del moto.
S.P.Q.R.:
Per la traduzione vedi sotto
Acronimo, secondo certe interpretazioni, di Senatus PopulusQue Romanus (=Il senato e il popolo romano),
per altre di "Senatus Populus Quiritium Romanus" (= Il senato e il popolo romano dei Quiriti) e, per altre
ancora, di "Senatus Populusque Quiritium Romanorum" . E' ancora visibile su lapidi, colonne e monumenti
a suggello di una romanità che ancora oggi permea la nostra civiltà. Così veniva firmato ogni documento ad
indicare che il senato altro non era che l'organismo che agiva in nome del popolo. Lo storico Sallustio,
(Bellum Iugurthinum, 41), scrivendo di quei tempi (112-110 a.C.) capovolge la formula in "Populus et
senatus Romanus" quasi per farci comprendere che quell'unità ormai era spezzata e che il popolo ed il
senato avevano dato origine a due partiti, quello democratico e quello conservatore che si combattevano
senza esclusione di colpi. Dopo la secessione della plebe sull'Aventino ( chi non ricorda il famoso apologo
di Menenio Agrippa?) i contrasti tra patrizi e plebei, per la parificazione dei diritti, erano stati composti
attraverso una serie di leggi. Nel 367 a.C. i plebei erano stati ammessi al consolato, nel 364 all'edilità
curule, nel 356, 351 e 337 rispettivamente alla dittatura, alla censura e alla pretura e, finalmente, nel 300
con la Lex Ogulnia poterono accedere ai collegi dei pontefici e degli auguri anche se risulta che il primo
pontefice massimo plebeo fu eletto nel 252 a.C. Le intenzioni erano buone ma, come spesso accade e la
storia insegna, questi rappresentanti del popolo furono anch'essi pronti a vendersi al miglior offerente.
Statu quo:
Nella condizione in cui (si trova).
L'espressione completa "in statu quo ante" significa nella stessa condizione in cui si trovava prima.
Espressione mutuata dal linguaggio giuridico e diplomatico con la quale si indica che una situazione,
modificatasi in seguito a determinati avvenimenti, ritorna ad essere esattamente come prim Dal linguaggio
diplomatico è passata all’uso comune e familiare, nel quale significa che una cosa rimane allo stato in cui si
trovava prima.
Stude sapientiae:
Ama lo studio (Antico Testamento., Proverbi, 23, 30).
È un monito della Sacra Scrittura, che si trova nel libro dei Proverbi, attribuito a Salomone. cercando di
ricordare che lo studio dev’essere diretto non già al buon successo nella scuola, ma alla pratica della vita:
"Non scholae, sed vitae discimus".
Stultus quoque, si tacuerit, sapiens reputabitur et, si compresserit labia sua, intellegens:
Anche lo stolto, se tacerà, sarà considerato saggio ed intelligente se terrà chiuse le sue labbra, (Antico
Testamento, Proverbi 17, 28).
Il libro dei "Proverbi” è un'ampia raccolta di sentenze, motti e aforismi a carattere didattico. Si ritiene che
parte di questa raccolta sia dovuta al re Salomone noto per la sua sapienza e per la sua sagacia. Il detto è
molto simile al nostro proverbio: "un bel tacer non fu mai scritto" e "il silenzio è oro".
Detto segnalato da Alberto Di S.
Sui generis:
Di un genere tutto suo.
L'espressione è usata sia come sinonimo di strano, cervellotico o bizzarro sia per denotare caratteristiche
peculiari di cose o persone. Come capo quello è bravissimo anche se un pò "sui generis", il profumo della
rosa è inconfondibile , è veramente "sui generis"
Sui iuris:
Di proprio diritto.
Locuzione tramandata dal diritto romano e usata ancora oggi con riferimento a chi, non essendo soggetto
alla patria potestà di altra persona, gode i pieni diritti civili come cittadino.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Superiorum permissu:
Con l'autorizzazione dei superiori.
Espressione con la quale negli ordini religiosi ancor oggi si approvava un libro e se ne autorizza la
pubblicazione. Vedi anche "Nihil obstat quominus imprimatur".
Supra vires:
Oltre le forze.
Con qualche modifica risulta essere il motto di alcuni corpi del nostro esercito. Troviamo infatti: "Supra
vires audaces" (=Audaci oltre le nostra possibilità) oppure "Supra vires ultra sidera" (=Oltre le forze più in
alto delle stelle).
Supremum vale:
Addio per sempre (Ovidio, Metamorfosi, X, 62).
Il Poeta mette la frase in bocca di Orfeo che perde per la seconda volta, e questa volta per sempre, la sua
diletta Euridice. Nell’uso comune si adopera col significato di rinunziare a qualche persona o a qualche
cosa per sempre e completamente.
Surge et ambula:
Alzati e cammina (Nuovo Testamento Mt. 9,5).
Assistiamo ancora ad una presa di posizione di Cristo nei confronti degli Scribi dubbiosi del suo operato e
contrari al suo insegnamento. Siamo a Cafarnao e gli viene presentato un paralitico chiedendogli di
guarirlo. Scrive l'evangelista che Gesù dice al paralitico: "Abbi fiducia, i tuoi peccati ti sono perdonati" e
rivolto agli Scribi che in cuor loro pensavano "costui bestemmia" rispose "Quid est facilius dicere
dimittuntur tibi peccata aut dicere surge et ambula" (=E' più facile dire ti sono rimessi i tuoi peccati o dire
alzati e cammina).mostrando che chi poteva compiere un miracolo di quel genere aveva anche il potere di
perdonare i peccati.
Sursum corda:
In alto i cuori!
L'espressione è tratta dalla santa Messa quando ancora era utilizzata nella celebrazione la lingua latina. Al
termine dell'Offertorio, momento liturgico in cui il celebrante riceveva il pane ed il vino per il sacrificio
eucaristico, veniva recitata sopra le offerte una preghiera detta "segreta". Occorre ricordare che
nell'antichità i fedeli, a questo punto della messa, offrivano anche quanto concorreva al mantenimento del
sacerdote e dei più indigenti. Nella eventualità che le offerte fossero eccessive, il sacerdote separava quelle
che dovevano servire al sacrificio e su di esse recitava una preghiera detta "Oratio super secreta"
(preghiera sopra le offerte separate) e al termine di questa invitando i fedeli ad innalzare i cuori al cielo
lodando il Signore iniziava la parte della santa Messa conosciuta come Canone.
Nel linguaggio comune la frase si cita per far coraggio a chi è abbattuto o è stato colpito da qualche lutto,
come per dire: Al cielo lo sguardo! Su con la vita, fatti coraggio!
S.V.B.E.E.V.:
Se stai bene sono contento, io sto bene.
Era questo il modo per i romani di iniziare una lettera: “Si vales bene est, ego valeo”. In chiusura di lettera
invece veniva usata l'espressione "vale" (sta bene) oppure "cura ut valeas" che equivale al nostro cerca di
star bene. Altra espressione di saluto sarebbe anche "aeternum vale"o "supremum vale" (=stai bene in
eterno) ma considerando che veniva pronunciata sulla salma di un proprio caro per augurargli il riposo
eterno... ne era sconsigliato l'uso nella corrispondenza tra amici.
T
Tabula rasa:
Tavoletta ripulita.
Non conoscendo la carta e non potendo usare il papiro o la pergamena per il costo troppo elevato i romani
usavano per prendere appunti delle tavolette ricoperte di cera che veniva incisa dalla punta di uno stilo
mentre per cancellare veniva utilizzata una piccola spatola posta all'altra estremità dello stilo stesso
ripristinando lo strato di cera. Nel momento in cui quanto scritto non aveva più interesse alcuno, sempre
con la spatola si rasava la cera su tutta la tavoletta rendendola riutilizzabile. "Saepe stilum vertas"
(=Capovolgi spesso lo stilo) scriveva Orazio, nelle Satire, Libro I, X, 72 ad indicare l'opera di limatura che
era indispensabile operare sulle opere letterarie.
Per traslato, la locuzione entrò nell'uso della terminologia filosofica ad indicare lo stato della mente umana
che nasce vuota di idee che solo l'esperienza creerà tramite i sensi. Dall'uso filosofico a quello giornalistico:
far "tabula rasa" equivale a rubare, sottrarre ogni cosa il passo è stato breve.
Te Deum:
Te Dio. (San Niceta di Remesiana?).
Sono le prime due parole con cui inizia l'inno sacro che da esse prende il titolo. In uso già dai tempi di san
Benedetto e conosciuto anche come "Hymnus Ambrosianus" forse perchè erroneamente attribuito a
sant'Ambrogio, inizialmente legato alla Liturgia delle Ore è divenuto, per la Chiesa Cattolica, l'inno di lode
e di rigraziamento per eccellenza, cantato durante l'ordinazione, del vescovo, del papa , o molto più
semplicemente al termine di ogni anno come ringraziamento a Dio per quanto, nell'anno trascorso, ci è
stato concesso. Secondo lo studioso benedettino dom Germain Morin l'inno sarebbe stato composto da san
Niceta di Remesiana (l'attuale Bela Palanka in Serbia). "Cantare o recitare un te deum" è espressione
piuttosto comune ad indicare il ringraziamento per uno scampato pericolo o per la riuscita in una impresa
personale.
Testis temporum:
Testimone dei tempi (Cicerone, De oratore, Liber II, Cap. IX, 35).
Epiteto attribuito da Cicerone alla Storia. "Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae,
magistra vitae, nuntia vetustatis" (=La Storia è il testimonio dei tempi, la luce della verità, la vita della
memoria, la maestra della vita e il messaggero del passato).
Vedi: "Historia magistra vitae"
Thàlassa! Thàlassa!:
Il mare ! Il mare ! (Senofonte Anabasi libro IV 7, 28).
Non è latino ma greco, e questo non sarebbe il suo posto, ma dopo aver fatto una eccezione per "Eureka"
mi sono chiesto: perchè escludere questo? E' il grido che Senofonte nell'Anabasi racconta rimbalzasse di
bocca in bocca tra i soldati arrivando sulla sommità del monte Theche.
Si trattava di un contingente di circa 10.000 greci che guidati da Clearco erano stati assoldati da Ciro il
Giovane per combattere il fratello Artaserse. A Cunassa, nello scontro finale, Ciro rimase ucciso e i Greci,
che non avevano subito gravi perdite se non quelle dei loro comandanti, rifiutarono di arrendersi e guidati
da Senofonte iniziarono tra mille difficoltà la marcia di ritorno che durò oltre sedici mesi tra i deserti e le
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montagne dell'Asia. La gioia che essi provarono alla vista del mare fu pari a quella che prova un naufrago
alla vista... della terra.
Tibi dabo:
Ti darò...
Troviamo simile espressione nel vangelo di Matteo, sia in occasione delle tentazioni a Cristo da parte del
demonio: "Haec tibi omnia dabo, si cadens adoraveris me" (=Tutte queste cose ti darò se prostrandoti mi
adorerai -Nuovo testam. Mt. 4,9) sia nel momento in cui Gesù conferisce a Pietro la supremazia su tutti gli
altri apostoli e sulla futura Chiesa "Tibi dabo claves regni caelorum" (=Ti darò le chiavi del regno dei cieli
- Nuovo testam. Mt 16, 15-19).
Tolle!:
Toglilo! (Nuovo Testamento Lc. 23,18,Gv 19,15).
La scena si svolge davanti a Ponzio Pilato che facendo riferimento alla tradizione che imponeva in
occasione della Pasqua Giudea di liberare un condannato a morte chiede alla folla di scegliere tra Gesù e
Barabba. "Clamavit autem simul universa turba dicens: tolle hunc et dimitte nobis Barabbam" (=Tutta la
folla gridò a gran voce: tira via costui e liberaci Barabba).
Toto corde:
Con tutto il cuore.
Espressione usata talora a significare “ben volentieri”.
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Transeat:
Passiamo oltre.
Comune modo di dire quando si intende soprassedere ad una discussione o ignorare un fatto o un
argomento che riteniamo di scarso interesse. Equivale al nostro "chiudiamo un occhio" , lasciamo perdere,
non insistiamo, passiamo oltre..."
Tu es ille vir:
Sei tu quell'uomo. (Antico Testamento Samuele libro II 12,7).
Al re Davide, che per potere convivere con Betsabea moglie di Uria, ne aveva fatto uccidere il marito Dio
invia il profeta Natan per invitarlo a pentirsi del peccato commesso. In una città - racconta il profeta -
vivevano due uomini, uno ricchissimo con pecore e buoi in gran quantità e uno poverissimo, padrone di
un'unica pecorella che allevava come una figlia. Giunto un pellegrino alla casa del ricco, questi in suo
onore allestì un banchetto e, per risparmiare le proprie, uccise la pecorella del povero. Sentendo queste
parole il re Davide si adirò e disse al profeta: "... Chi ha fatto questo è reo di morte, restituirà il quadruplo
di quanto sottratto..." Al termine della regale sfuriata Natan lo raggelò con queste poche parole : "tu es ille
vir!". Abbastanza simile come significato è anche il detto: "Mutato nomine, de te fabula narratur.”
Tuetur et unit:
Difende e unisce (Motto di Matilde di Canossa).
La contessa Matilde di Canossa (1046-1115) fu una dei principali protagonisti nel conflitto tra papa
(Gregorio VII) e imperatore (Enrico IV) passato alla storia come "lotta per le investiture". L'iconografia la
rappresenta con una lunga veste rossa ed un melograno nella mano sinistra. La prima ad indicare l'alto
rango del personaggio e il secondo a significare l'unità e l'universalità della Chiesa di cui la contessa era
una strenua sostenitrice. La buccia coriacea del melograno difende e avvolge i numerosi semi rossi come le
grandi braccia della Chiesa difendono e stringono a se i cristiani.
Turris eburnea:
Torre d'avorio (Antico Testamento Cantico dei Cantici 7, 3-4).
Il libro sacro da cui viene presa questa espressione presenta una certa atipicità nel contesto biblico. Parla
dell'amore tra uomo e donna con un linguaggio piuttosto esplicito per quei tempi ed appunto per questo
corse il rischio di essere escluso dall'elenco dei libri sacri. "...duo ubera tua sicut duo hinuli gemelli
capreae collum tuum sicut turris eburnea ..." (=...I tuoi seni sono come due caprioli gemelli, il tuo collo
come torre di avorio...).
L'espressione "Turris eburnea" è un attributo di Maria nelle Litanie Lauretane, così chiamate dal santuario
di Loreto dove sono nate. Ne indica la grandezza, la fede incrollabile, la sicurezza per chi si affida a lei,
punto di riferimento come solo può essere una costruzione di rilucente avorio facilmente individuabile nel
pericolo.
Il rovescio della medaglia lo si ha invece nell'espressione: richiudersi nella propria "turris eburnea" ad
indicare un totale rifiuto a relazionarsi con la realtà esterna.
U
Ubi allium ibi Roma:
Dove c'è odore d'aglio c'è Roma (Terenzio Varrone, Satire Menippee, Framm. LIV, 201,1).
Sembra che i Romani fossero dei formidabili consumatori di aglio senza distinzione di sesso e di censo se
dobbiamo dar credito a Varrone che scriveva: "Avi et atavi nostri, cum allium ac cepe verba eorum olerent,
tamen optime animati erant" (I nostri nonni e bisnonni erano persone di nobilissimo animo nonostante i
loro discorsi sapessero di aglio e di cipolla). La cosa non deve stupire se pensiamo che il popolo romano fu,
per secoli, un popolo dedito all'agricoltura.
Ubi consistam :
Dove posso stare.
Punto stabile d’appoggio, base, fondamento: è un uomo che non ha ancora trovato il suo “ubi consistam”.
Vedi anche "Da ubi consistam"
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Ultima forsan:
Forse l'ultima.
Iscrizione spesso riportata su meridiane che significa: "Passeggero, che guardi l’ora, pensa che questa
potrebbe esser la tua ultima". Su altre meridiane ve ne sono di simili: Omnes feriunt, ultima necat (=Tutte
portano un dolore, ma l’ultima uccide).
Una tantum:
Solamente una volta!
Poiché mal interpretata tale espressione risulta essere universalmente nota, temuta e.... odiata. Credo sia
inutile elencare le litanie di "una tantum" che da anni vengono imposte ai cittadini con carattere eccezionale
ma mai abolite, trasformando una cosa fatta in via straordinaria in una consuetudine o se preferiamo in una
tassa vera e propria.
Una voce:
Alla unanimità (Prefazio SS. Trinità).
Con il termine Prefazio si indica la prima parte della preghiera eucaristica della Messa cattolica. Si tratta di
una preghiera solenne proclamato dal sacerdote che presiede l'Eucaristia di fronte a tutta l'assemblea. Nel
rito cattolico i testi del prefazio variano in funzione dei tempi liturgici e trattandosi di una lode a Dio e
mentre una parte di esse terminava con l'espressione latina: "... Canimus sine fine dicentes..." (=Cantiamo
dicendo senza fine...) e altri con "...Supplici confessióne dicéntes..." (=...mentre supplici confessiamo
dicendo...) solo quello cantato nella festa della SS. Trinità, con riferimento alla lode degli Angeli verso Dio,
termina con "...Non cessant clamare cotidie una voce dicentes..." (=...non cessano ogni giorno di
acclamare, dicendo ad una voce...).
Unguibus et rostro:
Con le unghie e con il becco.
Motto derivato dall'uso degli uccelli che normalmente si difendono con le unghie e con il becco . Nel
linguaggio corrente la frase significa difendersi con ogni mezzo.
Urbi et orbi:
Alla città di Roma ed al mondo.
Intestazione di Bolle o altri Atti papali, o di benedizioni dirette al mondo intero. Nel linguaggio corrente,
pubblicare una cosa Urbi et orbi è lo stesso che pubblicarla ai quattro venti. Si usa comunemente in tono di
scherzo.
Ut enim non omne vinum, sic non omnis natura vetustate coacescit:
Come infatti non tutti i vini così non tutti i caratteri inacidiscono con il passare degli anni (Cicerone Cato
Maior De senectute 65).
Tutti sappiamo che il vino buono, se ben conservato migliora con il passare degli anni mentre il carattere
delle persone è quasi impossibile migliori nel tempo ed è forse questo il motivo per cui Cicerone, da buon
avvocato, cerca di mostrarci il solito bicchiere mezzo pieno. Se è vero infatti che nessun carattere può
migliorare è pur vero che non tutti, forse, peggiorano.
Utilius homini nil est quam recte loqui...sed ad perniciem solet agi sinceritas:
Non vi è cosa più utile all'uomo che la franchezza nel parlare, ma la sincerità suole finire con il
danno.(Fedro, Favole, Libro IV, 13, 1 e 3).
In altri termini è il proverbio che forse è preso da Terenzio: "Obsequium amicos, veritas odium parit"
(Andria, a. I).
Ut pictura poesis:
La poesia è come la pittura. (Orazio, A. Pisone, 361)
Il Poeta spiega che esiste un tipo di poesia che piace maggiormente se vista da vicino, ed un'altra che piace
solamente se guardata da lontano come avviene per la pittura.
V
Vacatio legis:
Assenza della legge.
Con questa espressione giuridica si intende quel vuoto legislativo che intercorre tra la pubblicazione
ufficiale di una legge e la sua effettiva entrata in vigore.
Vae soli !:
Guai all'uomo solo!(Antico Testamento Ecclesiaste 4; 10).
Gran brutta cosa essere soli o avere il potere ma non la sapienza così è il senso del brano dell'Ecclesiaste da
cui è presa l'espressione. "Melius ergo est duos simul esse quam unum habent enim emolumentum societatis
suae si unus ceciderit ab altero fulcietur vae soli quia cum ruerit non habet sublevantem" (=Meglio perciò
essere due insieme che uno solo, perchè traggono profitto dalla loro unione e se uno cade l'altro lo sostiene,
ma guai a chi è solo, perchè, cadendo, non ha chi lo sollevi!). Quotidianamente leggiamo di questi drammi
della solitudine: anziani, disoccupati, disadattati... tutte persone che non riescono a trovare alcun sostegno
nel loro cammino.
Vae victis!:
Guai ai vinti. (Tito Livio, Storie, V, 48).
Sono le storiche parole di Brenno ai Romani quando in seguito alle loro proteste per le bilance false
adoperate per pesar l’oro del riscatto, gettò su un piatto delle medesime la sua pesante spada. Nel
significato generale, l’esclamazione esprime la triste verità che il vinto è alla mercè del vincitore.
Vanitas vanitatum et omnia vanitas:
Vanità delle vanità e tutto è vanità. (Antico Testamento Ecclesiaste, I, 2).
Frase che proclama la vanità di tutte le cose di questo mondo.
Vale:
Ciao, stammi bene.
Era per i romani una forma di saluto. Grammaticalmente è la seconda persona dell'imperativo presente del
verbo "valeo" il cui significato primario è valere, essere forte, essere capace, essere sano, godere ottima
salute e da qui il passo come forma di saluto è breve. Lo troviamo in numerose espressioni: "Ut vales?"
(=come stai?), nell'abbreviazione "S.V.B.E.E.V." , "Cura ut valeas" (=cerca di star bene), come saluto
d'addio ad un defunto "aeternum vale" (Virgilio Eneide libro XI,98), o “supremum vale” (Ovidio
179 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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Metamorphoses liber X ,62) e non ultimo come espressione di rifiuto e di spregio "si talis est deus, valeat"
(=se il dio è tale -così meschino ed inaffidabile-, lo saluto).
Vestigia terrent:
Le orme mi preoccupano (Orazio, Epistole, Libro I, 74)
Le bugie hanno le gambe corte. Orazio ricorda la favola di Esopo del leone ormai troppo vecchio vecchio
ed incapace di cacciare per mancanza di forze. Fingendosi ammalato uccide, per cibarsene, tutti gli animali
che vanno nella sua tana a rendergli visita. Solo la volpe, nella la sua ormai proverbiale astuzia, si chiede
181 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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come mai tutte le orme portino al Leone ma nessuna se ne allontani. Come la voce si sparge nel bosco al
leone non resta che morire di fame.
Vexata quaestio:
Questione dibattuta.
Il verbo latino "vexo" intensivo di "veho" (=trasportare) significa "agitare, scuotere" ed il detto si riferisce
appunto a quelle questioni che fanno scorrere fiumi di inchiostro. "Vexata quaestio" potrebbe essere la
priorità tra uovo o gallina, la paternità della radio tra Marconi e Popov, la superiorità atletica tra Bartali e
Coppi...!
Via Crucis:
La via della croce.
Per la Chiesa cattolica questa espressione ricorda i momenti salienti della Passione di Gesù Cristo: dalla
condanna a morte, alla salita sul Golgota per terminare con la crocifissione e la deposizione nel sepolcro.
Sono 14 episodi rappresentati con disegni o bassorilievi che troviamo solitamente distribuiti lungo le navate
esterna delle chiese quasi ad indicare simbolicamente ai fedeli un percorso da compiere ad imitazione di
Cristo. Interessante sotto il profilo artistico e per l'ambientazione la "Via crucis" che troviamo al Sacro
Monte di Varese con opere di Dionigi Bussola scultore milanese della seconda metà del '600 e in val
Camonica a Cerveno (BS) dovute in gran parte all'opera dello scultore settecentesco Beniamino Simoni di
Fresine.
Vicisti Galilaee!:
Galileo ha vinto.
Si racconta siano le parole indirizzate, in punto di morte dall'imperatore Claudio Flavio Giuliano (331-363)
nipote dell'imperatore Costantino e meglio noto come Giuliano l'Apostata, a Gesù il Galileo dopo aver
inutilmente tentato di restaurare la religione pagana. La storiografia moderna ne ha rivalutato la figura sia
come imperatore, amministratore attento, letterato , filosofo e persona tollerante verso le varie religioni.
Videant consules :
Provvedano i consoli.
Parte iniziale di una formula con la quale il senato conferiva ai consoli pieni poteri in caso di estrema
emergenza; la locuzione è usata oggi in tono scherzoso per rimandare a chi ne ha competenza la soluzione
di ardui problemi.
Vedi anche "caveant consules"
Detto segnalato e commentato da Carlo T.
Video lupum:
Vedo il lupo.
Analoga alla frase: "Lupus in fabula". Si cita allorché una persona che si teme o della quale si sta parlando,
appare all’ improvviso.
Virgo formosa, etsi sit oppido pauper, tamen abunde dotata est:
Una bella ragazza, per quanto assolutamente povera, possiede doti in abbondanza (Apuleio, Apologia , 92,
6).
L'"Apologia" di Apuleio conosciuta anche come " Pro se de magia" (=Difesa in suo favore per l'accusa di
magia), è la trascrizione del discorso difensivo pronunciato, dallo stesso autore, al processo per magia del
158 d.C. Da allora sono cambiati i tempi e i costumi. Certamente oggi avrebbe faticato a far passare per
valida la sua linea di difesa ma anzichè spiegarne il motivo riporto il passo che ritengo non più valido:
"Virgo formosa affert ad maritum pulchritudinis gratiam, floris rudimentum. Ipsa virginitatis commendatio
iure meritoque omnibus maritis acceptissima est. Quodcumque aliud in dotem acceperis, potes, cum libuit,
omne ut acceperas retribuire: mancipia restituere, domo demigrare, praediis cedere: sola virginitas cum
semel accepta est, reddi nequitur, sola apud maritum ex rebus dotalibus remanet. Vidua autem qualis
nuptiis venit, talis divortio digreditur; nihil affert inreposcibile, sed venit iam ab alio praeflorata..." (= Una
giovane avvenente porta al marito la grazia della bellezza, la primizia del suo fiore. L’offerta della verginità
giustamente e a ragione, è graditissima a tutti i mariti. Ogni altro bene tu abbia ricevuto in dote, puoi,
quando vorrai, restituire intero come l'hai ricevuto: riconsegnare gli schiavi, lasciare la casa, abbandonare i
poderi: la sola verginità, una volta ricevuta, non si può più restituire, unico bene di quanti portati in dote
rimane al marito. La vedova invece nello stesso modo in cui giunge nella casa del marito così con la
separazione se ne va, nulla porta che non possa essere chiesto in restituzione, avendo infatti già offerta la
verginità ad un altro...)
184 http://www.pievedirevigozzo.org - Ipse Dixit
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Viribus unitis:
Con L'unione delle forze.
Nome della corazzata austriaca affondata dal maggiore Rossetti e dal tenente medico Paolucci nelle acque
di Pola il 31 ottobre 1918. La locuzione si ripete come appello alla concordia, all’unione, base
fondamentale per la buona riuscita in tutte le imprese.
Virtutis expers verbis iactans gloriam ignotos fallit, notis est derisui:
Chi manca di valore, e tuttavia esalta le sue opere, inganna chi non lo conosce, ma viene deriso da chi sa
valutarlo (Fedro, Favole, Libro I, 11, 1-2).
È la morale derivata dalla favola: "L’ asino e il leone alla caccia", dove l’asino spaventa con i suoi
fortissimi ragli le fiere per farle prendere dal leone. Ad impresa finita, l’asino chiede quale impressione gli
abbiano fatto i suoi ragli. "Terribile! - rispose il leone - se non avessi saputo chi eri, sarei fuggito
anch’io!".
Vulnus :
Ferita.
Lesione di un diritto. Offesa che può produrre profonda destabilizzazione di un principio o di una norma.
2 febbraio 2014
187 Detti e proverbi latini con traduzione, fonte e commento
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