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Il Titulus Crucis
13 domenica Mag 2018

POSTED BY NICOLETTA DE MATTHAEIS IN RELIQUIE

≈ 8 COMMENTI

Tag
Antonio da Piacenza, Egeria, Guillaume Durande, INRI, Lucio II, Maria Luisa Rigato, Reliquie, Santa Croce
in Gerusalemme, Sant’Elena, titulus crucis, Vangelo di San Giovanni

El Titulus Crucis                                                                                     Puedes leer este artículo enespañol


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‘Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum’, questo è il significato della sigla INRI apposta sul crocifisso di Gesù,
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ossia ‘Gesù Nazareno Re dei Giudei’. Questo Gesù diceva di essere e questa fu la causa della sua
condanna, per oltraggio a chi regnava, una condanna per lesa maestà. Lo possiamo leggere nel
Vangelo di San Giovanni:

“Pilato intanto fece scrivere anche il titolo, che diceva la causa della condanna, e lo fece porre sulla croce. Vi era
scritto: ‘Gesù Nazareno, Re dei Giudei’. Or molti dei Giudei lessero quest’iscrizione, essendo il luogo dove fu
crocifisso Gesù, vicino alla città. Ed era scritto in ebraico, in latino e in greco. Dissero dunque i grandi
Sacerdoti dei Giudei a Pilato: ‘Non scrivere: Re dei Giudei; ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei’.
Rispose Pilato: ‘Quel che ho scritto, ho scritto’”. (Gv 19, 19-22)

Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, Roma

Questa targa è conosciuta con il nome di ‘Titulus Crucis’ e, secondo la tradizione, fu trovata da
Sant’Elena insieme alla Vera Croce. Una reliquia importantissima, senza dubbio, della quale ne resta
solo una parte, e della quale è molto difficile provare la sua autenticità. Si trova a Roma, nella basilica
di Santa Croce in Gerusalemme, dov’era l’antico palazzo dell’imperatrice Elena e dove sono
conservate altre importanti reliquie della passione, portate dalla stessa imperatrice, come spiegato in
un altro mio articolo sul ritrovamento della Vera Croce.
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Cappella delle Reliquie. Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Al fondo, la vetrina con le reliquie
della passione
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Reliquie della passione di Cristo. Cappella delle Reliquie

La teoria secondo la quale la tavoletta fu portata a Roma Sant’Elena, dice anche che l’imperatrice,
quando la trovò insieme alle tre croci ed ai chiodi, la divise in due (o forse in tre). Una la portò con sé
a Roma (la parte destra) e l’altra la lasció a Gerusalemme.

Maria Luisa Rigato, teologa e cattedratica dell’Università Gregoriana di Roma e profondamente


convinta dell’autenticità di questo reperto, sostiene invece che la reliquia non fu portata a Roma da
Sant’Elena ma da Gregorio Magno verso la fine del VI secolo. Secondo questa teoria il Titulus sarebbe
stato trovato nel sepolcro di Gesù insieme alla Sacra Sindone, e non nel Calvario, perché riportava la
causa della sua condanna1. Quindi mette anche in dubbio la teoria della divisione in due (o in tre)
della tavoletta, secondo la tradizione della Chiesa.

Ci sono testimonianze dei primi pellegrini in Terra Santa che confermano l’esistenza, in un periodo
determinato, del Titulus a Gerusalemme. Così la pellegrina Egeria, nel 383 presenziò il rito della
venerazione del Titulus:

 “ (..) e viene portata una cassetta argentea dorata, nella quale c’è il santo legno della croce, viene aperta e tirato
fuori, viene posto sulla tavola sia il legno della croce che il titolo”. (Egeria, Itinerarium, 37,1)

mentre Antonio da Piacenza, nel 570 lo descrive, come testimone oculare, avente la seguente scritta
“Hic est rex Iudeorum” (Costui è il re dei giudei).

“Dal Golgota fino a dove fu ritrovata la croce sono cinquanta passi. Nella basilica adiacente di Costantinopresso
il monumento o Golgota, nell’atrio della basilica medesima, vi è una stanza, dove si trova custodito/nascosto il
legno della croce, che abbiamo adorato e baciato. Anche il titolo infatti, che era stato posto presso il capo del
Signore, sul quale sta scritto: “Costui è il re dei Giudei”, vidi, tenni nella mia mano e baciai. Il legno della croce
è di noce”. P. Geyer, Itinera Hierosolimitana, 172

In nessuna di queste due testimonianze si accenna che il Titulus fosse intero o meno, ed in quella di
Antonio da Piacenza addirittura è diverso il testo dell’iscrizione, che invece coincide con le parole del
Vangelo di Luca:

“C’era anche una scritta, sopra il suo capo, (in latino, in greco ed in ebraico)2: ‘Questi è il Re dei Giudei’” (Lc
23, 38)

Però Giovanni fu testimone oculare della crocifissione di Gesù.

Ci sono altre testimonianze che parlano dell’esistenza di un Titulus Crucis a Parigi nel secolo XIII.
Sappiamo che il re di Francia Luigi IX (1214-1270) comprò al re latino di Costantinopoli, Baldovino II,
che si trovava in grosse difficoltà economiche, delle importantissime reliquie presenti nel palazzo di
Bucoleon, fra cui la famosa Corona di Spine, di cui ho trattato in un altro mio articolo. Guillaume
Durande (1230-1296), vescovo di Mende, conferma l’esistenza del Titulus nella Sainte Chapelle e
scrive:

“Tabulam in qua Pilatus scripsit: Iesus Nazarenus rex Iudeorum, quan vidimus Parisiis in capella illustris
regis francorum…”3 (Tavola in cui Pilato scrisse: Gesù Nazareno Re dei Giudei, che ho visto a Parigi
nella cappella dell’illustre re dei Franchi…).

Neanche in questo caso vi è un’indicazione chiara che fosse solo una parte della tavoletta. Comunque
non lo sapremo mai perché questa reliquia è andata persa, probabilmente a causa della Rivoluzione
Francese.

Tornando alla reliquia di Santa Croce in Gerusalemme, fu probabilmente nascosta nel V o VI secolo
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per proteggerla dalle invasioni barbariche e fu definitivamente riscoperta e portata alla luce il 1º
febbraio 1492 durante i lavori di riparazione della basilica commissionati dal Cardinal Mendoza,
cardinale di Toledo, coincidendo con la presa di Granada da parte dei re Cattolici, che poneva fine
alla ‘Reconquista’.

Mattonella sotto la quale era nascosto il Titulus Crucis, ancora visibile

Nella parte superiore dell’arco trionfale della basilica, sotto uno strato di intonaco gli operai
trovarono una mattonella con l’iscrizione Titulus Crucis. Il luogo del ritrovamento è ancora visibile.
Questa mattonella chiudeva una nicchia in cui era nascosta una cassetta di piombo nella quale era
custodita una tavoletta, di 25 cm x 14 e con uno spessore di 2,6 cm, di legno di noce. La sistemazione
della reliquia in questa ubicazione si deve a papa Lucio II (1144-1145) che fece costruire il transetto di
cui l’arco trionfale fa parte. La reliquia venne ‘rinvenuta’ durante i lavori di ristrutturazione della
basilica. E perché la fece sistemare in questo luogo? Ossia, venne nascosta di nuovo?
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Titulus Crucis fuori dalla sua teca

Anche se la parte destra e quella superiore sono molto deteriorate si può leggere chiaramente la parte
iniziale delle iscrizioni in greco e latino mentre dell’iscrizione superiore, in ebraico, più logora, solo
tre lettere sono leggibili. Le parole sono scritte da destra verso sinistra, secondo la tradizione
semitica, e le lettere sono rovesciate, come se fossero viste in uno specchio. Partendo dall’ipotesi che
questa sia la metà della reliquia originale, le sua misura doveva essere di 50 cm. Questa, grazie alla
custodia della cassetta di piombo, ha uno stato di conservazione accettabile. Sono state anche
riscontrate tracce di calce e, nelle scanalature dei caratteri, tracce di color nero. Nella parte in latino,
possiamo leggere: I NAZARINUS R, e in quella greca IS NAZARENUS B che andrebbero completati
rispettivamente con EX IUDAEORUM e ASILEOS TON IUDAION, dove della parola “re”, (rex,
basileos) rimane solo la prima lettera. L’iniziale “I, IS” sarebbe l’abbreviazione di Iesus, nome
estremamente diffuso in Galilea, motivo per il quale non l’avrebbero scritto per esteso.

[ΝΩΙΑΔΥΟΙ ΝΩΤ CΥΕΛΙCΑ]Β CΥΝΕΡΑΖΑΝ CΙ


[MVROEADVI XE]R SVNIRAZAN.I

Ipotetica ricostruzione della scritta del Titulus

L’uso di tavolette di questo tipo nelle esecuzioni, per far conoscere al popolo il motivo della
condanna, era una prassi normale. A volte venivano appese al collo del condannato prima del
supplizio o venivano sostenute da una persona che lo precedeva sul cammino dell’esecuzione, una
sorta di banditore che annunciava anche il nome del criminale. Queste tavolette erano normalmente
spalmate di uno strato di calce sul quale l’iscrizione veniva incisa, o scritta, in colore rosso o nero.

La reliquia fu sottoposta recentemente all’esame del Carbonio 14 ed i risultati, pubblicati nel 2002, ci
dicono che si tratta di un reperto databile fra il 980 ed il 1150.
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Però i sostenitori della sua autencità dicono che le differenze che si possono notare fra la descrizione
di Giovanni e la reliquia sono buoni motivi per pensare che un falsificatore medievale non avrebbe
apportato. E’ vero che il Titulus reca una parte dell’iscrizione nelle tre lingue ma in ordine diverso da
quello descritto da Giovanni, ossia in ebraico, greco e latino (e non ebraico, latino e greco come dice
Giovanni). Nel testo latino è riportata la versione “Nazarinus” anziché “Nazarenus“. “Nazarinus” non è
proprio del latino della vulgata (dal IV sec. d.C. in poi) ma appartiene al latino classico. Alcuni
sostengono che sia un errore di chi ha scritto il titulus, altri invece  propendono per una forma più
arcaica per indicare la provenienza. Queste anomalie sono considerate da alcuni indizi di autenticità.
Le foto dell’iscrizione furono fatte esaminare da diversi paleografi che confermarono che le lettere
sono compatibili con quelle usate nel I secolo. Per cui questo porterebbe a concludere che se non
siamo in possesso dell’originale, per lo meno potrebbe trattarsi di una copia fedele dell’originale, e
non di un falso. Un ipotetico falsario si sarebbe verosimilmente attenuto più fedelmente alla
descrizione del vangelo, difficilmente avrebbe usato una scrittura retrograda o prodotto imitazioni
paleograficamente verosimili.

Anche se per molti i risultati dell’analisi del Carbonio 14 non sono sempre affidabili, e per questo
suscitano molte reticenze, è anche vero che ci sono molte lacune dal punto di vista documentale, o
testimonianze ambigue, che non avallano sufficientemente la teoria dell’autenticità. Infatti, proprio
per queste evidenze molti, volendo scartare l’ipotesi di un falso, sostengono l’ipotesi della copia…
Questo significa che c’è ancora molto da indagare e studiare per poter arrivare ad una conclusione
più affidabile.

——-

1.- Maria Luisa Rigato. INRI. Il titolo della croce. Bologna 2010       2.- Nell’edizione del 1963 di E.
Paoline, appare il riferimento alle lingue in cui era scritta la frase, soppresso poi in edizioni posteriori
dalla CEI.        3.- Tratto da “Rational ou Manuel des divins offices”  – livre VI

risposte a “Il Titulus Crucis”

1. ha detto:Rosa Andronaco

13 maggio 2018 alle 12:56 pm

Sempre affascinanti i tuoi post. Grazie

RISPONDI

ha detto:Nicoletta De Matthaeis

13 maggio 2018 alle 1:31 pm

Grazie a te che mi leggi.

RISPONDI

2. ha detto:tachimio

27 maggio 2018 alle 9:04 am


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Quanto conosci in materia mia cara Nicoletta. A volte mi spaventi. Sei troppo brava. Una studiosa
che ci lascia sempre post molto interessanti. Grazie mia cara. Tutto bene il resto ? Ti abbraccio
forte. Isabella

RISPONDI

ha detto:Nicoletta De Matthaeis

27 maggio 2018 alle 9:08 am

Non esagerare…. comunque grazie. Tutto bene. Buona domenica

RISPONDI

ha detto:tachimio

28 maggio 2018 alle 6:49 pm

Scusami cara per il ritardo. Sono felice che tutto vada bene. E non esagero affatto. Bacioni

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