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Atti Geotecnica
Atti Geotecnica
DI SOSTEGNO SECONDO
LE NORME TECNICHE 2008
Indice
Appartengono a questa categoria diversi tipi di opera, che possono differire molto tra loro per quanto
riguarda il materiale che le costituisce, per la tecnica di messa in opera, per la geometria e per il
meccanismo di funzionamento. In particolare si hanno:
• i diaframmi (o setti);
• le berlinesi;
• le palancole.
Le palancole sono strutture in cemento armato, in acciaio ed in legno, messe in opera con sistemi di
percussione o di vibroflottazione. Quella in acciaio è costituita da elementi che si incastrano tra loro
formando una parete continua. Le caratteristiche principali delle palancole sono l’impermeabilità degli
elementi e la resistenza alla spinta laterale.
Tali strutture possono avere carattere permanente, come nel caso di scavi stradali, spalle di ponti, banchine
marittime o fluviali, oppure temporaneo quando vengono utilizzate per sostenere fronti di scavo durante
l’esecuzione di strutture.
Le paratie sono in acciaio o in cemento armato, nel primo caso sono infisse nel terreno, mentre nel secondo
caso si hanno pali o pannelli rettangolari affiancati tra di loro. Tra i materiali l’acciaio garantisce una
resistenza elevata, un peso ridotto, una facile movimentazione ed una buona durabilità anche in presenza di
falda; gli elementi possono, inoltre, essere recuperati e riutilizzati.
La scelta giusta del tipo di opera di contenimento flessibile dipende dal tipo di terreno, dalla profondità dello
scavo, dall’ambiente in cui si va ad operare e dal metodo di infissione utilizzabile.
Aspetti esecutivi
Diaframmi
Per quanto riguarda gli aspetti esecutivi bisogna utilizzare un calcestruzzo con una resistenza non minore di
25 MPa e si raccomanda che l’abbassamento al cono di Abrams non sia inferiore a 150 mm. La dimensione
massima degli inerti (Dmax) dovrà essere tale per cui 2,5 Dmax sia minore di imin, dove imin è il valore minimo
del passo tra le barre verticali.
Si raccomanda l’uso di fluidificanti piuttosto che un eccessivo impiego dell’acqua. Utilizzando fanghi
bentonitici occorre valutare con cautela la lunghezza di ancoraggio delle barre, ciò richiede di raddoppiare i
valori solitamente utilizzati e, in alcuni casi, è necessario saldare le barre longitudinali e trasversali.
Le armature metalliche saranno di norma costituite da barre ad aderenza migliorata; quelle trasversali dei
pannelli saranno formate da staffe esterne ai ferri longitudinali. Le armature verranno pre-assemblate fuori
opera in “gabbie”, i collegamenti saranno ottenuti con doppia legatura in filo di ferro e/o con morsetti. Nel
caso di utilizzo di acciaio saldabile è possibile ricorrere alla saldatura delle staffe con i ferri longitudinali al
fine di rendere le gabbie d’armatura in grado di sopportare le sollecitazioni di movimentazione.
È ammessa invece la giunzione mediante impiego di morsetti con una sovrapposizione non inferiore a 40
diametri e comunque in linea con le prescrizioni progettuali.
Palancole o micropali
Le gabbie di armatura devono essere dotate di opportuni distanziatori non metallici atti a garantire la
centratura dell'armatura ed un copriferro netto minimo; queste dovranno essere perfettamente pulite ed
esenti da ruggine ed essere mantenute in posto, prima del getto senza che appoggino sul fondo dello scavo.
Nel caso in cui si utilizzino profilati metallici l'acciaio delle palancole dovrà avere tensione di rottura almeno
pari a 550 N/mm2 e limite elastico almeno pari a 390 N/mm2.
La progettazione
La progettazione delle paratie non è del tutto semplice, poiché bisogna tenere conto di molti fattori, tra cui la
successione degli strati che caratterizzano il terreno e le proprietà meccaniche di questi, le condizioni di
vincolo e di deformazione della paratia stessa, la presenza di eventuali tiranti e puntoni, la posizione di
sovraccarichi sul terreno a monte o sulla struttura stessa, i moti di filtrazione prodotti dalla falda e la forza
sismica; questo perché l’interazione terreno struttura gioca un ruolo fondamentale.
Le azioni trasmesse ad un paramento flessibile sono la spinta attiva e passiva esercitate dal terreno, le
sollecitazioni esercitate dall’acqua, le forze esercitate da eventuali tiranti, puntoni e forze concentrate e
distribuite. Affinché sia garantita la stabilità occorre che sia garantito l’equilibrio alla rotazione ed alla
traslazione di tutte le forze che entrano in gioco. In molti casi la profondità di infissione rappresenta
un’incognita e va fatto aumentare fino ad ottenere il coefficiente di sicurezza voluto.
Si può ricavare la lunghezza di immorsamento facendo l’equilibrio alla rotazione intorno al punto in cui
agisce la risultante della spinta attiva e della resistenza passiva, valore incognito, e che, quindi, non
compare nell’equazione. Ipotizzando un terreno omogeneo e di essere in assenza di falda l’equazione di
equilibrio alla rotazione è la seguente:
KP 3
d − K A (h + d ) = 0
3
FP
In cui:
KP = coefficiente di spinta passiva
KA = coefficiente di spinta attiva
h = altezza della paratia fuori terra
d = distanza tra la quota di scavo ed il punto di rotazione, punto di spostamento nullo
FP = coefficiente di sicurezza
Una volta ricavato “d” è possibile trovare la risultante della spinta attiva e della resistenza passiva, facendo
l’equilibrio alla traslazione in direzione orizzontale. Il valore della lunghezza di infissione è solitamente preso
come il valore “d” maggiorato del 20%.
Dato che la stabilità dell’opera dipende dalla mobilitazione della resistenza passiva, la cui determinazione è
incerta, si applica a questo valore un coefficiente di sicurezza, come riportato nell’equazione di equilibrio alla
rotazione, il cui valore è spesso pari a 2.
5 - 10 Sciolta 1,50 h
31 – 50 Densa 1,00 h
Questo caso è più complesso rispetto a quanto si verifica a monte poiché si ha uno scarico tensionale in
direzione verticale e, allo stesso tempo, un aumento di pressione in direzione orizzontale.
Proseguendo con lo scavo gli spostamenti saranno sempre maggiori e si potrà arrivare ad una condizione
per cui l’equilibrio non può più essere garantito.
Le deformazioni plastiche del terreno tendono a
concentrarsi in zone ristrette, aventi forma triangolare,
poste a valle ed a monte del diaframma, e fanno sì che il
terreno a monte tenda a scivolare verso il basso, mentre
quello a valle si sposti lateralmente e verso l’alto. Nelle
restanti zone, situate al di fuori di questi triangoli, gli
spostamenti hanno un valore decisamente minore.
L’altezza limite di scavo può essere determinata
imponendo l’equilibrio alla rotazione attorno al punto O
visto prima, ossia il centro di istantanea rotazione, nell’istante del collasso. Ipotizzando uno stato tensionale
verticale costante si ricava a monte un momento ribaltante dato dalla spinta attiva calcolata su un’altezza
data dalla somma dell’altezza limite di scavo (HL) e della distanza tra la quota di fondo scavo ed il punto O
(DL).
H L + DL
γ ⋅ z ⋅ K A ⋅ dz = γ (H L + DL )2 K A
1
SA = ∫
0
2
Dato che la spinta attiva è applicata ad un terzo dell’intera altezza il momento ribaltante è dato da:
M R = S A ⋅ D A = γ (H L + D L ) K A
1 3
6
A valle si ha, invece, un momento stabilizzante dato dalla spinta attiva che agisce sulla lunghezza DL; si
hanno le seguenti espressioni:
H L + DL
γ ⋅ K P (z − H L )dz = γ ⋅ DL 2 ⋅ K P
1
SP = ∫
HL
2
1
M S = S P ⋅ DP = γ ⋅ DL ⋅ K P
3
6
Uguagliando i due momenti si hanno due incognite: HL e DL. Per determinarle occorre una seconda
equazione, che potrebbe essere quella dell’equilibrio alla traslazione, non molto utile, però nel caso di
condizione limite. Si assume, quindi, che la distanza tra il fondo scavo ed il centro di istantanea rotazione sia
funzione della lunghezza:
D L = α (L − H L )
In cui L è l’intera lunghezza della paratia.
Facendo l’equilibrio alla traslazione del cuneo OAC a monte della struttura di contenimento si ricavano le
seguenti equazioni:
N = W cos β + S ' senβ
T = Wsenβ − S ' cos β
In cui β è l’inclinazione del cuneo di rottura ed è un valore incognito, W è il peso del cuneo e S’ è la reazione
che la paratia oppone al terreno, uguale e contraria alla pressione esercitata dal terreno; infine N e T sono le
reazioni vincolari che si sviluppano lungo la superficie di rottura, qui la resistenza del terreno è
completamente mobilitata, quindi si ha:
T = N tan φ
In cui φ è l’angolo di attrito del terreno. Risolvendo le precedenti equazioni in funzione dell’angolo β si ricava
che la pressione S’ massima, ossia il valore della spinta attiva, si ha quando:
π φ
β= +
4 2
Facendo l’equilibrio alla traslazione del cuneo ODE a valle:
N P = WP cos β P + S ' ' senβ P
TP = −WP senβ P + S ' ' cos β P
TP = N P tan φ
si ottiene che il valore minimo della pressione provocata dalla paratia si ha quando:
π φ
βP = −
4 2
ossia quando eguaglia la spinta passiva.
Nel caso in cui si decida di inserire dei tiranti, attivi o passivi, dopo la fase di scavo si ha la fase di messa in
opera degli stessi, seguita da un’altra fase di scavo e da altri eventuali inserimenti di ancoraggi. Tali forze
esercitate dagli interventi contribuiranno all’equilibrio della paratia.
Per calcolare opere di contenimento a sbalzo in argilla satura occorre tener conto delle condizioni iniziali a
breve termine, non drenate, e delle condizioni finali a lungo termine, drenate. Le tensioni orizzontali limite
totali valgono:
σ A = σ V − 2 ⋅ cu e σ P = σ V + 2 ⋅ cu
In cui cu è la coesione non drenata.
( )
⎛ −1 ⎛ senδ ⎞ ⎞
⎡ cos δ ⎤ ⎜⎜⎝ sen ⎜⎜ ⎟⎟ +δ ⎟⎟ tgϕ '
⎝ senϕ ' ⎠ ⎠
KP = ⎢ cos δ + sen 2ϕ '− sen 2δ ⎥e
⎣1 − senϕ ' ⎦
Si ricava d = 2.50 m
Th
T= = 84.34kN / m
cos10
φ’ = 38°
γ = 20 kN/m3
it = 2 m
1
γ ⋅ (h + a + d )2 ⋅
(h + a + d ) ⋅ k − 1 ⋅ γ ⋅ d 2 ⋅ d ⋅ k − T (h + d ) = 0
a p
2 3 2 3
Muri a gravità:
ovvero elementi murari di adeguate dimensioni che fondano la loro
stabilità sulla particolare robustezza della struttura, reagiscono alla
spinta esercitata dal terreno esclusivamente in virtù del peso
proprio. Il peso ha quindi funzione stabilizzante nei confronti del
ribaltamento e dello scorrimento.
Vengono realizzati in muratura di mattoni o di pietra o in
calcestruzzo non armato ed utilizzati per altezze limitate
(generalmente inferiori ai 3 m).
Sono progettati in modo tale che la risultante delle azioni non
produca in nessuna sezione tensioni di trazione.
Criteri di progetto
I muri di sostegno hanno lo scopo di prevenire lo smottamento di pendii naturali ripidi o di assicurare la
stabilità di pendii artificiali sagomati con pendenze superiori alla pendenza di equilibrio naturale.
In entrambi occorre iniziare con l’eseguire uno sbancamento, in modo da creare lo spazio per la costruzione
dell’opera di sostegno, poi costruire l’opera stessa con le opportune opere di drenaggio. Infine bisogna
riversare il terreno di riempimento tra il muro ed il terrapieno o il fronte di scavo.
L’esecuzione di un’opera di sostegno comporta delle modifiche sulle condizioni di equilibrio generale del
pendio che potranno portare ad un’instabilità locale o generalizzata.
Bisogna condurre le verifiche nelle condizioni che corrispondono alle varie fasi costruttive ed al termine
dell’esecuzione dell’opera, tenendo conto delle possibili oscillazioni dell’acqua nel sottosuolo.
Per le norme sulla sicurezza devono essere effettuate le seguenti verifiche:
• al ribaltamento
• allo slittamento
• alla capacità portante
• di stabilità globale
• resistenza elementi strutturali
Si può ricorrere all’utilizzo di geotessili, da interporre fra il terreno in sede e quello di riempimento, che
abbiano funzione di filtrazione e di separazione.
In presenza di opere preesistenti il muro di sostegno deve garantire i livelli previsti di stabilità e di
funzionalità. In particolare occorre valutare gli spostamenti del terreno a monte dell’opera di contenimento e
verificare la compatibilità con le condizioni di sicurezza e di funzionalità delle costruzioni già presenti.
Con contrafforti:
Distanza contrafforti: (1/3÷2/3)H
Spessore contrafforti: ≥ 0.2 m
Al dimensionamento di massima fa seguito il procedimento di calcolo delle armature metalliche nella parete
verticale. Tale parete risulta incastrata alla base sulla fondazione e, quindi, soggetta a flessione e taglio;
pertanto occorre posizionare armature metalliche nella parte tesa della parete ed effettuare le opportune
verifiche.
Pressione al punto 1:
p1 = q ⋅ K A1
Pressione al punto 2:
p2 = (q + γ 1 ⋅ h1 ) K A1
Pressione al punto 3:
p3 = (q + γ 1 ⋅ h1 + (γ 2 − γ w ) ⋅ h2 ) K A 2 + γ w ⋅ h2
SA = ∫ p( z ) ⋅ dz
hi
⎡ X ⎤
E d = E ⎢γ F Fk ; k ; a d ⎥
⎣ γM ⎦
ovvero
⎡ X ⎤
E d = γ E E ⎢ Fk ; k ; a d ⎥
⎣ γM ⎦
con γE = γF, e dove Rd è il valore di progetto della resistenza del sistema geotecnico:
1 ⎡ X ⎤
Rd = R ⎢γ F Fk ; k ; a d ⎥
γR ⎣ γM ⎦
Effetto delle azioni e resistenza sono espresse in funzione delle azioni di progetto γFFk, dei parametri di
progetto Xk / γM e della geometria di progetto ad. L’effetto delle azioni può anche essere valutato direttamente
come Ed = Ek × γE. Nella formulazione della resistenza Rd, compare esplicitamente un coefficiente γR che
opera direttamente sulla resistenza del sistema.
La verifica della suddetta condizione deve essere effettuata impiegando diverse combinazioni di gruppi di
coefficienti parziali, rispettivamente definiti per le azioni (A1 e A2), per i parametri geotecnici (M1 e M2) e per
le resistenze (R1, R2 e R3).
Nel primo approccio progettuale (Approccio 1) sono previste due diverse combinazioni di gruppi di
coefficienti: la prima combinazione è generalmente più severa nei confronti del dimensionamento strutturale
delle opere a contatto con il terreno, mentre la seconda combinazione è generalmente più severa nei
riguardi del dimensionamento geotecnico.
Nel secondo approccio progettuale (Approccio 2) è prevista un’unica combinazione di gruppi di coefficienti,
da adottare sia nelle verifiche strutturali sia nelle verifiche geotecniche.
Il muro viene considerato un monolite capace di ruotare attorno al punto di valle; il momento dato dalle
azioni verticali moltiplicate per il rispettivo braccio rappresenta il momento stabilizzante, mentre quello dato
dalle spinte orizzontali del terreno a monte rappresenta il momento ribaltante.
Momento stabilizzante:
M S = ( P1 ⋅ a1 + P2 ⋅ a2 + PT ⋅ aT )
Momento ribaltante:
M R = ( S1 ⋅ b1 + S 2 ⋅ b2 + S3 ⋅ b3 + S 4 ⋅ b4 )
La verifica a ribaltamento è data dal confronto fra il momento stabilizzante ed il momento ribaltante.
Per la verifica a scorrimento si ammette che l’opera di sostegno possa scorrere senza deformarsi lungo il
piano della fondazione sotto l’azione della componente tangenziale e della risultante delle spinte del terreno.
La forza che si oppone è la resistenza d’attrito.
Carico stabilizzante:
QS = ∑ Pi ⋅ tgδ
i
Spinta mobilitante:
QR = ∑ Si
i
La verifica a scorrimento è data dal confronto fra il carico stabilizzante e la spinta mobilitante.
Se tale verifica non è soddisfatta occorre intervenire realizzando un dente nella parte interna del solettone di
base.
Per il calcolo dei carichi e dei momenti stabilizzanti e mobilitanti bisogna applicare gli opportuni
coefficienti di sicurezza.
Lo scorrimento avviene lungo il tratto inclinato (di) e lungo la parte orizzontale (d0).
Lungo tale tratto il coefficiente di attrito è dato dall’angolo di attrito del terreno essendo terra – terra i
materiali a contatto:
ft = tg ϕ
Scompongo le azioni Pi (dovute al peso) e le azioni Si (dovute alle spinte del terreno) lungo il piano inclinato
dell’angolo i.
Variano le espressioni del carico sollecitante e del carico mobilitante.
Carico sollecitante:
f ∑ PH + f t [(∑ P I ]
+ Pt )cos(i ) + S I sen(i )
Carico mobilitante:
S H − (∑ P I + Pt )sen(i ) + S I cos(i )
In cui:
N: coefficienti di capacità portante (funzione dell’angolo di attrito)
s: coefficienti di forma (funzione dell’angolo di attrito e delle dimensioni della fondazione)
d: coefficienti di profondità (funzione dell’angolo di attrito e delle dimensioni della fondazione)
i: coefficienti di inclinazione del carico
b: coefficienti di inclinazione della fondazione
g: coefficienti di inclinazione del piano campagna
B′ = B − 2 ⋅ e y
L ′ = L − 2 ⋅ ex
con e = eccentricità del carico.
La verifica a capacità portante del terreno è data dal confronto tra la qult e la qlim.
Dati di progetto:
Angolo di attrito del terreno: φ = 30°
Angolo di attrito muro/terreno: δ ≤ 2/3 φ = 20°
Peso di volume del terreno: γT = 18 kN/m3
Approccio 2
Coefficienti per il ribaltamento
γφ = 1.25 Æ φ = 24.8° Æ δ ≤ 2/3 φ = 16.5°
γPM = 0.9 Æ γM = 22.5 kN/m3
γPT,R = 1.1 Æ γT = 19.8 kN/m3
γPT,S = 0.9 Æ γT = 16.2 kN/m3
Coefficienti per lo scorrimento
γφ = 1.0 Æ φ = 30° Æ δ = 20°
γPM = 1.3 Æ γM = 32.5 kN/m3
γPT = 1.3 Æ γT = 23.4 kN/m3
Spinta orizzontale / m:
1
SH = γ T ⋅ K A ⋅ h 2 ⋅ cos δ
2
Spinta orizzontale per la verifica a ribaltamento: SH = 150.37 kN/m
Spinta verticale / m:
1
SV = γ T ⋅ K A ⋅ h 2 ⋅ senδ
2
Spinta verticale per la verifica a ribaltamento: SV = 44.54 kN/m
M ribaltante:
h
M R = SH = 330.81kN
3
M stabilizzante:
M S = SV ⋅ x S + W1 ⋅ x1 + W2 ⋅ x 2 + WT ⋅ xT = 911.88kN
Verifica a ribaltamento:
MS
= 2.75 ≥ 1
MR
La verifica è superata!
Verifica a scorrimento:
N ⋅ tgδ
= 1.12 ≥ 1.1
SH
La verifica è superata!
Riferimenti bibliografici
- “Ingegneria geotecnica e geologia applicata” di Faustino Cetraro - EDILIZIA Quaderni per la
progettazione;
- “Fondamenti di meccanica delle terre” di Roberto Nova - McGraw-Hill;
- “Fondazioni” di Renato Lancellotta e Josè Calavera - McGraw-Hill;
- “Geotecnica” di Renato Lancellotta - Zanichelli
- “Geotecnica meccanica delle terre e fondazioni” di John Atkinson - McGraw-Hill
Indice
Di seguito vengono illustrate le parti di Normativa vigente riguardanti gli aspetti geotecnici della
progettazione: le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14 gennaio 2008).
Particolare attenzione viene riservata allo studio ed al progetto delle opere a contatto con il terreno,
soffermandosi sul capitolo 6, dedicato alla progettazione geotecnica.
Le strutture devono essere verificate per gli stati limite ultimi che possono verificarsi, conseguentemente alle
varie combinazioni delle azioni, per gli stati limite di esercizio definiti in base alle prestazioni attese. Tali
verifiche devono essere riportate nei documenti di progetto in riferimento alle caratteristiche dei materiali
utilizzati ed alle proprietà dei terreni e devono essere svolte nelle varie fasi intermedie.
La durabilità è la proprietà essenziale che riguarda il mantenimento dei livelli di sicurezza durante tutta la
vita della struttura e ciò è garantito da un’accurata progettazione e da un’adeguata scelta dei materiali,
nonché da eventuali manutenzioni e dalla messa in opera di protezioni.
I materiali ed i prodotti devono essere sottoposti a procedure e prove sperimentali di accettazione e la
fornitura di questi deve essere accompagnata da un manuale di installazione e di manutenzione, da allegare
alla documentazione dell’opera.
Si applicano i criteri del metodo semiprobabilistico agli stati limite, il cosiddetto metodo dei “coefficienti
parziali” in cui si effettua il confronto tra la resistenza e l’effetto delle azioni:
Rd ≥ E d
In cui Rd è la resistenza di progetto e Ed è il valore di progetto dell’effetto delle azioni, ottenuti applicando
coefficienti di sicurezza sui materiali e sulle azioni, in modo da tener conto di incertezze e variabilità.
La vita nominale di una struttura è il numero di anni nel quale l’opera, sottoposta a manodopera ordinaria,
può essere utilizzata per lo scopo per cui è stata costruita. Tale valore deve essere specificato nei
documenti di progetto.
In presenza di forza sismica si suddividono le opere strutturali in quattro classi:
Classe I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone.
Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e
senza funzioni pubbliche e sociali essenziali.
Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi.
Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti.
In base alla classe d’uso ed alla vita nominale si ricava l’azione sismica su ciascuna costruzione.
Per le verifiche secondo gli stati limite vengono applicate le combinazioni riportate di seguito.
Combinazione fondamentale, generalmente applicata per gli SLU:
γ G1 ⋅ G1 + γ G 2 ⋅ G2 + γ P ⋅ P + γ Q1 ⋅ QK 1 + γ Q 2 ⋅ψ 02 ⋅ QK 2 + γ Q 3 ⋅ψ 03 ⋅ QK 3 + ...
I coefficienti sono riportati nella Tabella 2.5.I e nella Tabella 2.6.I della suddetta Norma.
Progettazione geotecnica
Il sesto capitolo delle NTC riguarda la progettazione geotecnica ed in particolar modo:
- le opere di fondazione;
- le opere di sostegno;
- le opere in sotterraneo;
- le opere ed i manufatti in materiali sciolti naturali;
- i fronti di scavo;
- il miglioramento ed il rinforzo dei terreni e degli ammassi rocciosi;
- il consolidamento dei terreni.
La progettazione dell’opera deve tener conto delle prestazioni attese, delle condizioni ambientali e dei
caratteri geologici del sito. I risultati delle indagini e la modellazione geotecnica, insieme al dimensionamento
geotecnico dell’opera ed alla descrizione delle fasi esecutive devono essere riportati nella relazione
geotecnica.
Il progetto delle opere geotecniche deve articolarsi nelle seguenti fasi:
1. caratterizzazione e modellazione geologica del sito;
2. scelta del tipo di opera o d’intervento e programmazione delle indagini geotecniche;
3. caratterizzazione fisico-meccanica dei terreni e delle rocce e definizione dei modelli geotecnici del
sottosuolo;
4. descrizione delle fasi e delle modalità costruttive;
5. verifiche della sicurezza e delle prestazioni;
6. piani di controllo e monitoraggio.
Per ogni stato limite bisogna rispettare la condizione per cui il valore di progetto dell’azione sia minore o
uguale al valore di progetto della resistenza del complesso geotecnico. Tali valori di progetto sono ricavati in
base a coefficienti di sicurezza parziali, applicati alle azioni, ai parametri geotecnici ed alle resistenze. Tali
coefficienti variano a seconda dell’approccio progettuale scelto.
Approccio 1
Vi sono due diverse combinazioni di coefficienti, la prima (STR) è più severa verso il dimensionamento
strutturale delle opere che sono a contatto con il terreno, mentre la seconda (GEO) penalizza la parte del
dimensionamento geotecnico.
Approccio 2
Vi è un’unica combinazione di coefficienti per le verifiche geotecniche e per quelle strutturali.
L’acqua ed il terreno costituiscono carichi strutturali permanenti quando contribuiscono con le loro
caratteristiche di resistenza, peso e rigidezza al comportamento dell’opera.
Per quanto riguarda le rocce bisogna applicare alla resistenza a compressione monoassiale un coefficiente
parziale γqu pari a 1,6.
Occorre anche eseguire le verifiche nei confronti dei possibili stati limite di sollevamento o di
sifonamento, per la prima il valore di progetto dell’azione instabilizzante Vinst,d (ottenuto dalla combinazione
di azioni permanenti Ginst,d e di azioni variabili Qinst,d) sia maggiore della combinazione delle azioni di progetto
stabilizzanti Gstb,d e delle resistenze di progetto Rd.
Vinst ,d ≤ Gstb,d + Rd
Vinst ,d = Ginst ,d + Qinst ,d
Per la verifica a sifonamento il valore di progetto della pressione interstiziale instabilizzante uinst,d deve
essere minore del valore di progetto della tensione totale stabilizzante σstb,d.
u inst ,d ≤ σ stb ,d
Sia la verifica a sollevamento che la verifica a sifonamento devono essere eseguite nelle condizioni più
sfavorevoli.
Nella verifica agli stati limite di esercizio il valore di progetto dell’effetto delle azioni Ed deve essere minore
del prescritto valore limite dell’effetto delle azioni Cd, funzione del comportamento della struttura in
elevazione.
Ed ≤ Cd
La scelta delle tipologie di indagine e misura dipende dall’estensione dell’area, dalla disponibilità di
indagini precedenti e dalla complessità delle condizioni idrogeologiche e stratigrafiche del sito in esame.
Nel caso di pendii in frana le verifiche devono essere eseguite lungo le superfici di scorrimento che meglio
approssimano quella/e riconosciuta/e con le indagini. Negli altri casi, la verifica di sicurezza deve essere
eseguita lungo superfici di scorrimento cinematicamente possibili, per ricercare la superficie con grado di
sicurezza più basso.
Il livello di sicurezza è espresso, in generale, come rapporto tra resistenza al taglio disponibile, presa con il
suo valore caratteristico, e sforzo di taglio mobilitato lungo la superficie di scorrimento effettiva o potenziale.
CDM DOLMEN e omnia IS srl - Via Drovetti 9/F, 10138 Torino 6
Tel. 011.4470755 - Fax 011.4348458 - www.cdmdolmen.it - dolmen@cdmdolmen.it
Progettazione geotecnica secondo le norme vigenti
La scelta delle più idonee tipologie degli interventi di stabilizzazione deve essere effettuata solo dopo aver
individuato le cause promotrici della frana e dipende, oltre che da queste, da:
- Forma della superficie di scorrimento;
- Posizione della superficie di scorrimento.
Opere di fondazione
Il capitolo 6.4 si applica alle opere di fondazione superficiali e su pali.
Fondazioni su pali
Gli SLU si riferiscono allo sviluppo di meccanismi di collasso determinati dalla mobilitazione della resistenza
del terreno e al raggiungimento della resistenza degli elementi strutturali che compongono la fondazione
stessa.
Utilizzando l’Approccio 2 per il dimensionamento strutturale occorre non prendere in conto il coefficiente γR.
Il valore di progetto Rd della resistenza si ottiene a partire dal valore caratteristico Rk applicando i coefficienti
parziali γR.
Il valore caratteristico della resistenza a compressione del palo, Rc,k, e a trazione Rt,k è pari al minore dei
valori ottenuti applicando i fattori di correlazione ξ:
a) Se il valore caratteristico è dedotto dai risultati di una o più prove di carico di progetto, tale valore è
pari al minore dei valori ottenuti applicando i fattori di correlazione in funzione del numero di prove.
b) Con riferimento alle procedure analitiche il valore caratteristico della resistenza è dato dal minore dei
valori ottenuti applicando i fattori di correlazione, in funzione del numero n di verticali di indagine.
c) Se il valore caratteristico della resistenza è dedotto dai risultati di una o più prove dinamiche si prende il
minore dei valori ottenuti applicando i fattori di correlazione in funzione del numero di prove.
Per la determinazione del valore di progetto della resistenza di pali soggetti a carichi trasversali occorre
applicare i coefficienti parziali γT.
Le prove per determinare la resistenza del singolo palo devono essere eseguite su pali appositamente
realizzati identici a quelli da realizzare.
L’intervallo di tempo intercorrente tra la costruzione del palo pilota e l’inizio della prova di carico deve essere
sufficiente a garantire che:
- il materiale di cui è costituito il palo sviluppi la resistenza richiesta;
- le pressioni interstiziali nel terreno si riportino ai valori iniziali.
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Progettazione geotecnica secondo le norme vigenti
Le prove devono essere spinte fino a valori del carico assiale tali da portare a rottura il complesso palo-
terreno o comunque tali da consentire di ricavare significativi cedimenti della testa del palo.
Sui pali devono essere eseguite prove di carico statiche che devono essere spinte ad un carico assiale
pari a 1,5 volte l’azione di progetto utilizzata per le verifiche SLE. In presenza di pali strumentati per il rilievo
separato delle curve di mobilitazione delle resistenze il valore può essere posto pari a 1,2.
Il numero e l’ubicazione delle prove di verifica devono essere stabiliti in base all’importanza dell’opera e al
grado di omogeneità del terreno di fondazione; in ogni caso il numero di prove non deve essere inferiore a:
- 1 se il numero di pali è inferiore o uguale a 20,
- 2 se il numero di pali è compreso tra 21 e 50,
- 3 se il numero di pali è compreso tra 51 e 100,
- 4 se il numero di pali è compreso tra 101 e 200,
- 5 se il numero di pali è compreso tra 201 e 500,
- il numero intero più prossimo al valore 5 + n/500,
se il numero n di pali è superiore a 500.
Il numero di prove di carico di verifica può essere ridotto se sono eseguite prove di carico dinamiche, da
tarare con quelle statiche di progetto, e siano effettuati controlli non distruttivi su almeno il 50% dei pali.
Opere di sostegno
Il capitolo 6.5 si applica alle opere geotecniche il cui scopo è sostenere in sicurezza un corpo di terreno o di
materiale e sono i muri, le paratie e le strutture miste. Ove siano presenti delle costruzioni preesistenti tali
opere devono garantirne la funzionalità e la stabilità, gli spostamenti del terreno a monte del sostegno
devono, inoltre, essere compatibili con le strutture preesistenti.
Nelle verifiche di sicurezza bisogna prendere in considerazione i meccanismi di stato limite ultimo a breve ed
a lungo termine.
Muri di sostegno
Il terreno di riporto deve:
- essere posto in opera con opportuna tecnica di costipamento;
- avere granulometria tale da consentire un drenaggio efficace nel tempo;
- avere caratteristiche fisiche e meccaniche fissate dal progettista.
Occorre valutare gli effetti derivanti da parziale perdita di efficacia di sistemi di drenaggio, di tiranti e di
ancoraggi. Va previsto un piano di controllo e di monitoraggio.
In presenza di opere preesistenti il muro di sostegno deve garantire i livelli previsti di stabilità e di
funzionalità.
Per i muri di sostegno o altre strutture miste ad essi assimilabili occorre considerare i seguenti stati limite
ultimi:
- SLU di tipo geotecnico (GEO) e di equilibrio di corpo rigido (EQU)
- stabilità globale del complesso opera di sostegno-terreno;
- scorrimento sul piano di posa;
- collasso per carico limite dell’insieme fondazione-terreno;
- ribaltamento;
- SLU di tipo strutturale (STR)
- raggiungimento della resistenza
- negli elementi strutturali.
La verifica di stabilità globale dell’insieme opera di sostegno - terreno deve essere effettuata secondo
l’Approccio 1 e la Combinazione 2: (A2+M2+R2)
Le ipotesi di calcolo delle spinte devono essere giustificate sulla base dei prevedibili spostamenti tra l’opera
di sostegno ed il terreno, ovvero determinate con un’analisi dell’interazione terreno-struttura.
Le spinte devono tenere conto del sovraccarico e dell’inclinazione del piano campagna, dell’inclinazione del
paramento rispetto alla verticale, delle pressioni interstiziali e degli effetti della filtrazione nel terreno.
Nella valutazione della spinta si può tenere conto dell’attrito che si sviluppa fra parete e terreno. I valori
assunti per il relativo coefficiente di attrito devono essere giustificati in base alla natura dei materiali a
contatto e all’effettivo grado di mobilitazione.
La verifica di stabilità globale dell’insieme terreno - opera deve essere effettuata secondo l’Approccio 1 e la
Combinazione 2: (A2+M2+R2).
Le condizioni di esercizio devono garantire che gli spostamenti dell’opera di sostegno e del terreno
circostante siano compatibili con la funzionalità e la sicurezza dell’opera e delle strutture adiacenti, questo
anche in seguito a modifiche del regime delle acque sotterranee. In casi particolarmente delicati occorre
studiare l’interazione terreno-struttura nelle varie fasi costruttive.
Tiranti
Ai fini del progetto, gli ancoraggi si distinguono in provvisori e permanenti.
Gli ancoraggi possono essere ancora suddivisi in attivi, quando l’armatura viene tesata, ed in passivi, nel
caso in cui non siano presollecitati.
Gli stati limite ultimi dei tiranti di ancoraggio si riferiscono allo sviluppo di meccanismi di collasso determinati
dalla mobilitazione della resistenza del terreno e al raggiungimento della resistenza degli elementi strutturali
che li compongono.
Per il dimensionamento geotecnico, deve risultare rispettata la condizione in riferimento ad uno stato limite di
sfilamento della fondazione dell’ancoraggio. Combinazione: A1+M1+R3
Il valore della resistenza caratteristica Rak è il minore dei valori derivanti dall’applicazione dei fattori di
correlazione ξa1 e ξa2 (oppure ξa3 e ξa4 nel caso “b”) rispettivamente al valor medio e al valor minimo delle
resistenze Ra,m misurate o valutate con il calcolo.
- realizzati dopo l’esecuzione di quelle operazioni che possano influire sulla capacità portante della
fondazione.
Indagini geotecniche
Metodi e risultati delle indagini devono essere riportati e commentati in modo esaustivo nella relazione
geologica.
A seconda del tipo di opera e della complessità del contesto geologico in cui questa va a trovarsi, dovranno
essere eseguite opportune indagini ed i metodi di esecuzione ed i risultati di queste dovranno essere
riportati, in modo esauriente, all’interno della relazione geologica.
Si devono eseguire indagini specifiche tramite prove di laboratorio o tramite prove e misure effettuate in sito
in modo da ricavare i valori caratteristici delle grandezze meccaniche e fisiche da attribuire ai terreni, ossia
una stima cautelativa di questi valori secondo lo stato limite considerato.
Le indagini geotecniche effettuate devono, inoltre, condurre alla definizione del modello geotecnico, ossia lo
schema stratigrafico con le relative condizioni idrostatiche e con le caratteristiche dei suoli presenti. Il
progettista ha il compito di stabilire il piano delle indagini da eseguire ed è sua responsabilità la definizione
del modello geologico e delle caratteristiche geotecniche.
Le prove e le indagini devono essere effettuate e certificate da laboratori indicati nell’elenco depositato
presso il Servizio Tecnico Centrale del Ministero delle Infrastrutture.
Nel caso in cui l’opera sia di scarsa importanza e si trovi in una zona ben nota dal punto di vista geotecnico
ci si può basare sull’esperienza e sulle informazioni disponibili, lasciando però inalterata la piena
responsabilità del progettista nell’effettuare la progettazione.
Le indagini devono avere un’estensione tale da tener conto della stabilità locale e di quella globale, costituita
dall’opera e dal terreno.
Indice
Il modello si fonda sull’ipotesi che l’interazione tra terreno e struttura possa essere schematizzata con una
serie di molle orizzontali discrete che rappresentano la reazione che il terreno oppone ai movimenti della
struttura.
Pertanto l’interazione è descritta da una generica relazione tra lo spostamento orizzontale y e la reazione p
del terreno in un determinato punto. Per descrivere tale relazione viene comunemente adottata una legge
elastica-perfettamente plastica, assumendo una variazione lineare della reazione in funzione dello
spostamento con limite inferiore individuato dal valore di spinta attiva, che corrisponde alla massima
decompressione del terreno, e limite superiore corrispondente al valore della resistenza passiva. Pertanto
schematicamente si può rappresentare l’elemento che simula il terreno nello schema FEM come una molla
con blocco di attrito che rappresenta la pressione ultima del terreno (rottura attiva o passiva).
Per tenere conto dell’influenza della storia tensionale del terreno, è possibile differenziare la rigidezza della
molla tra le fasi di scarico – ricarico (ur) e le fasi di compressione vergine (vc), pervenendo pertanto ad una
relazione p – y di tipo bilatera. Il punto di passaggio tra le due differenti rigidezze è individuato dal massimo
livello di carico cui è stato sottoposto l’elemento di terreno durante la sua storia tensionale ed è pertanto
dipendente dal grado di sovraconsolidazione e dall’evoluzione della situazione statica dell’opera durante le
varie fasi realizzative. La situazione iniziale del terreno prima dell’esecuzione dell’opera viene descritta dal
coefficiente di spinta a riposo K0 che permette di determinare la tensione orizzontale geostatica, che
costituisce lo stato di partenza per l’evoluzione tensionale indotta dalle fasi di realizzazione dell’opera.
struttura. Per tale ragione a rigore essa non può essere determinata facendo riferimento alle sole
caratteristiche meccaniche del terreno. Inoltre bisogna tenere presente l’influenza che tale parametro
assume nel modello, soprattutto per quanto riguarda la valutazione degli spostamenti. In virtù delle suddette
motivazioni si suggerisce di effettuare comunque analisi con valori differenti di tale parametro al fine di
valutarne l’influenza sui risultati finali e operare le conseguenti scelte progettuali secondo i dettami del
giudizio ingegneristico.
Generalmente la rigidezza k della molla viene determinata facendo riferimento alle caratteristiche di
deformazione del terreno espresse da un modulo di rigidezza equivalente. Diversi approcci sono stati
proposti sulla base di confronti con simulazioni numeriche o misure sperimentali su modelli o opere in vera
grandezza: alcuni di essi sono sintetizzati nel seguito. Oltre al modulo di rigidezza del terreno, intervengono
alcuni coefficienti correttivi riferiti alla struttura ed una lunghezza caratteristica che rappresenta la
dimensione della zona collaborante. Si sottolinea che tali formule hanno carattere semiempirico, basandosi
sull’analisi a ritroso di casi reali, e pertanto devono essere considerate come suggerimenti operativi da
utilizzare con la dovuta cautela.
• Jamiolkowski e Pasqualini (1980) suggeriscono di fare riferimento al modulo di elasticità secante del
terreno corrispondendente alla mobilitazione del 50% della pressione limite Es,50:
E s,50
k= ⋅Cp (1)
ρ ⋅t
dove t rappresenta la profondità di infissione; è un coefficiente adimensionale pari ad uno per
diaframma libero al piede oppure al rapporto tra la posizione del punto a spostamento nullo al di
sotto del fondo scavo e la profondità di infissione per diaframma con incastro parziale al piede; Cp è
1 1 z
un coefficiente adimensionale di profondità pari a + ⋅ dove z rappresenta la profondità dal
2 2 t
piano di fondo scavo.
Per la valutazione di Es,50 gli stessi Autori consigliano di fare riferimento alle seguenti correlazioni
basate sulla prova penetrometrica statica (CPT):
o terreni a grana fine (limi ed argille)
NC Es ,50 ≈ ( 2 ÷ 6 ) qc
OC Es ,50 ≈ ( 6 ÷ 12 ) qc
• Schmitt (1995) propone di fare riferimento al modulo edometrico del terreno Eed ed alla rigidezza
relativa dell’opera di sostegno (espressa attraverso la lunghezza caratteristica delle travi alla
Winkler), ottenendo:
E 4/3
k = 2.1 ⋅ ed (2)
EJ 1 / 3
dove EJ rappresenta la rigidezza della paratia.
• Menard e Bourdon (1965) fanno riferimento al modulo pressiometrico del terreno EM, ottenuto
sperimentalmente con la prova pressiometrica, largamente diffusa in Francia:
EM
k= (3)
α ⋅ L 2 + 0.13 ⋅ (9 ⋅ L)α
dove è un coefficiente che tiene conto del comportamento viscoso del terreno e L è una
lunghezza caratteristica che gli Autori pongono pari ai 2/3 della profondità di infissione della paratia.
• Monaco e Marchetti (2002) propongono l’uso del modulo ottenuto con il dilatometro piatto,
maggiormente diffuso in Italia, in sostituzione del modulo pressiometrico.
Il grado di consolidazione influenza il coefficiente di spinta a riposo K0 che rappresenta il rapporto tra le
tensioni efficaci geostatiche orizzontali e verticali e permette la valutazione della spinta del terreno sull’opera
prima dell’inizio delle fasi di scavo.
Il coefficiente K0 può essere determinato mediante prove in sito o prove di laboratorio su campioni
indisturbati di terreno.
Correlazione empiriche largamente utilizzate per la stima di K0 sulla base dell’angolo di resistenza al taglio o
dell’indice di plasticità per terreni coesivi sono (Jamiolkowski e Pasqualini, 1979):
Il coefficiente di spinta a riposo per terreni sovraconsolidati è correlabile con il valore per terreni
normalconsolidati mediante la relazione empirica (Lancellotta, 1993):
K OC NC
0 = K 0 OCR
0.5
(6)
Tali relazioni sono da considerare valide solo per sovraconsolidazione meccanica e per un solo ciclo di
carico – scarico, infatti non tengono conto dell’intera storia geologica del deposito e di eventuali fenomeni di
ageing.
Pressioni interstiziali
Una componente di spinta aggiuntiva rispetto a quella fino a qui discussa è data dalla presenza delle
pressioni interstiziali disposte sul contorno dell’opera. Queste vengono definite in maniera autonoma
mediante la ricostruzione del reticolo di flusso a lato del diaframma. Si impone, facendo ricorso ad alcune
semplificazioni, la continuità del flusso idraulico (bilancio di massa della fase liquida in condizioni
stazionarie). Indicando con hw l’altezza piezometrica ed assumendo che ogni strato sia caratterizzato da una
permeabilità Kw costante ed isotropa, la continuità del flusso idraulico viene espressa come:
∂ ⎛ ⎛ ∂h w ∂h w ⎞ ⎞ ∂ ⎛ ⎛ ∂h w ∂h w ⎞⎞
⎜Kw ⎜ + ⎟⎟ ⎟ + ⎜ K w ⎜⎜ + ⎟⎟ ⎟ = 0 (7)
∂z ⎜ ⎜ ∂z ∂y ⎟ ⎜ ⎟
⎝ ⎝ ⎠ ⎠ ∂y ⎝ ⎝ ∂z ∂y ⎠⎠
I terreni vengono considerati completamente saturi al di sotto della quota piezometrica e completamente
asciutti al di sopra. Vengono pertanto escluse situazioni di pressioni interstiziali negative tanto in condizioni
sature (tensioni efficaci superiori a quelle totali) quanto in condizioni non sature (terreni il cui comportamento
non è più modellabile in maniera soddisfacente facendo ricorso alle soli tensioni efficaci).
Osservando che il contorno dell’opera costituisce una linea di flusso per l’acqua di falda, ed assumendo che
il suo spessore sia trascurabile rispetto al percorso di filtrazione, si perviene alla formulazione
monodimensionale della (7), ossia:
∂ ⎛ ∂h ⎞
⎜⎜ K w w ⎟⎟ = 0 (8)
∂z ⎝ ∂z ⎠
Il problema di flusso viene quindi risolto a partire dalle quote piezometriche imposte a monte ed a valle
dell’opera. Se queste coincidono, la distribuzione delle pressioni interstiziali sarà di tipo idrostatico.
Altrimenti, si avrà una distribuzione congruente con il regime dissipatorio instaurato in seguito alla differenza
di carico esistente tra monte e valle.
Nel caso di presenza di un unico strato si otterrà:
∂h w Δh
=− w (10)
∂z L
essendo L la lunghezza totale del percorso di filtrazione lungo il contorno dell’opera e hw la differenza di
quota piezometrica tra monte e valle dell’opera.
Nel caso siano invece presenti più strati con permeabilità differenti si avrà che:
Δhwi
− Ki = cost (11)
Li
Poiché ∑ Δh i
w = Δhw ne consegue che
Li
Δhw
Ki
Δhwi = (12)
Lj
∑K j j
Sovraccarichi
La presenza di opere preesistenti o di materiali disposti a piano campagna implica precisi effetti sulla
distribuzione tensionale nel terreno a tergo dell’opera. Il problema viene trattato in due maniere differenti, in
funzione dell’estensione di detto carico.
Per un sovraccarico uniformemente distribuito agente a piano campagna ed esteso su area infinita, le
tensioni verticali geostatiche vengono incrementate di una quota pari a quella del carico distribuito. In altre
parole, se q è il carico distribuito, le tensioni efficaci verticali operative σ’v saranno pari a
essendo σ’v0 le tensioni geostatiche calcolate a partire dal piano campagna. Ne consegue che, valendo per
la situazione iniziale il legame
anche la spinta orizzontale iniziale sarà più alta che non in assenza di sovraccarico.
Nel caso di una forza concentrata o di un carico distribuito avente ridotte dimensioni (dovuto ad esempio alla
presenza della fondazione superficiale di un’altra opera) si dovrà ugualmente tenere conto di un incremento
delle tensioni orizzontali inizialmente agenti sull’opera. Tuttavia, a differenza dal caso precedente,
l’incremento non varierà linearmente con la profondità, ma sarà funzione della distanza (in direzione
verticale ed orizzontale) dal carico.
E’ pertanto necessario in questo caso fare riferimento a schemi più raffinati. In particolare ci si suole riferire
alla formulazione data da Boussinesq (1885). Tale formulazione considera il terreno come un semispazio
elastico omogeneo isostropo, con carichi (distribuiti o localizzati) applicati alla frontiera. Per un carico
uniforme nastriforme si ha un incremento di tensione orizzontale dato da:
p
σ 'h = (α − sin α cos 2 β ) (15)
π
dove gli angoli α e β sono quelli indicati in figura (2):
TL = π DS LS qS
TL : trazione limite del tirante o del micropalo isolato
DS : diametro medio del bulbo della sigillatura
LS : lunghezza della sigillatura
qS : attrito laterale unitario limite lungo la superficie laterale del bulbo
in cui il coefficiente di maggiorazione dipende dal metodo di iniezione (IRS o IGU) oltre che dalla natura del
terreno, e viene quantificato per mezzo della seguente tabella:
Il volume Vi rappresenta la quantità minima di malta da immettere nel terreno in corrispondenza della
lunghezza LS.
Abaco R1 - R2:
Coefficiente di sicurezza
Il metodo proposto prevede l'applicazione di opportuni coefficienti di sicurezza, riassunti dalla seguente
tabella:
Riferimenti Bibliografici
• Aversa S. (1996) “Aspetti sperimentali e modellazione nella progettazione delle opere di sostegno e
degli scavi”, Atti IV Convegno Nazionale dei Ricercatori Universitari di Geotecnica, Perugia, pp. 121-207.
• Bowles J.E. (1991) “Fondazioni: progetto e analisi”, McGraw-Hill, Milano.
• Jamiolkowski M, Pasqualini E. (1979) “Introduzione ai diversi metodi di calcolo dei diaframmi con
riferimento ai parametri geotecnici che vi intervengono e alla loro determinazione sperimentale”, Atti 9°
ciclo delle Conferenze di Geotecnica di Torino, Istituto di scienza delle costruzioni, Politecnico di Torino.
• Lancellotta R. (1993) “Geotecnica”, 2° ed., Zanichelli, Bologna.
• Menard L., Bourdon C. (1965) “Calcul des rideaux de soutenement. Methode nouvelle prenant en
compte les conditions réelles d’encastrement”, Sols-Soils, No. 12.
• Monaco P., Marchetti S. (2002) “Analisi per il progetto di diaframmi multivincolati a sostegno di uno
scavo per la realizzazione di un parcheggio multipiano interrato in area urbana”, Atti XXI Convegno
Nazionale di Geotecnica, L’Aquila, Patron Ed., Bologna, pp. 227-234.
• Pane V., Tamagnini C. (1996) “Problemi generali della analisi delle opere di sostegno, Atti IV Convegno
Nazionale dei Ricercatori Universitari di Geotecnica, Perugia, pp. 7-120.
• Schmitt P. (1995) “Methode empirique d’evaluation du coefficient de reaction di sol vis-a-vis des
ouvrages de soutenement souples”, Revue Francaise de Geotecnique, N.71, pp.3-10.
• Vesic A.S. (1961) “Bending of beams resting on isotropic elastic solid”, Journal Eng. Mech. Division,
ASCE, vol. 87, pp. 35-53.
Indice
Modello FEM
Il metodo degli elementi finiti (FEM) è una tecnica numerica atta a cercare soluzioni approssimate di
problemi descritti da equazioni differenziali alle derivate parziali riducendo queste ultime ad un sistema di
equazioni algebriche. Benché esso competa in alcuni ambiti limitati con altre strategie numeriche, il metodo
FEM mantiene una posizione dominante nel panorama delle tecniche numeriche di approssimazione e
rappresenta il nucleo di gran parte dei codici di calcolo automatico disponibili in commercio.
In generale, il metodo agli elementi finiti si presta molto bene a risolvere equazioni alle derivate parziali
quando il dominio ha forma complessa (come il telaio di un'automobile o di un edificio), quando il dominio è
variabile (per esempio una reazione a stato solido con condizioni al contorno variabili), quando l'accuratezza
richiesta alla soluzione non è omogenea sul dominio e quando la soluzione cercata manca di regolarità.
Il Metodo F.E.M. si applica a corpi fisici che in qualche modo rappresentano un continuum suscettibile di
essere suddiviso in un certo numero, anche molto grande, di elementi di forma definita e dimensioni
contenute. Nel continuum, ogni singolo elemento finito viene considerato un campo di integrazione numerica
di caratteristiche omogenee. La caratteristica principale del metodo degli elementi finiti è la discretizzazione
attraverso la creazione di una griglia (mesh) composta da primitive (elementi finiti) di forma codificata
(triangoli e quadrilateri per domini 2D, esaedri e tetraedri per domini 3D). Su ciascun elemento caratterizzato
da questa forma elementare, la soluzione del problema è assunta essere espressa dalla combinazione
lineare di funzioni dette funzioni di base o funzioni di forma.
Nel software IS Muri tutte le azioni dovute a spinte, a carichi ed a sollecitazioni indotte vengono trasferite in
automatico sul modello FEM e ripartite lungo gli elementi finiti con apposite leggi numeriche.
Il calcolo ad Elementi Finiti fornisce la distribuzione delle sollecitazioni su tutto il muro e gli spostamenti
dell’opera. Lo stesso calcolo permette di stabilire se sussiste l’equilibrio tra sollecitazioni “ribaltanti” e
“stabilizzanti”.
Il comportamento del terreno in fondazione è simulato tramite opportuni elementi con comportamento non
lineare.
Creati i conci alle opportune altezze bisogna modificare o creare le sezioni che si vuole dare come base ai
conci, si selezionano i conci stessi e si assegna loro la sezione.
Come i due metodi precedenti, anche questo metodo considera una superficie di rottura piana.
I passi del procedimento risolutivo sono i seguenti:
- si impone una superficie di rottura e si considera il cuneo di spinta delimitato dalla superficie di rottura
stessa, dalla parete su cui si calcola la spinta e dal profilo del terreno;
- si valutano tutte le forze agenti sul cuneo di spinta e cioè il peso proprio, i carichi agenti sulla superficie del
terreno, la resistenza per attrito e per coesione lungo la superficie di rottura e la resistenza per coesione
lungo la parete;
- dalle equazioni di equilibrio si ricava il valore della spinta S sulla parete (inclinata dell’angolo d’attrito
terreno - muro δ rispetto alla normale alla parete).
Questo processo viene iterato fino a trovare l’angolo di rottura per cui la spinta risulta massima.
Nei casi in cui è applicabile il metodo di Coulomb, ossia profilo a monte con andamento rettilineo e carico
uniformemente distribuito, i risultati ottenuti col metodo di Culmann coincidono con quelli del metodo di
Coulomb.
Il carico unitario ammissibile qamm di una fondazione deve essere tale da assicurare un adeguato margine di
sicurezza rispetto al carico limite qlim.
Secondo la compressibilità del terreno su cui poggia la fondazione, la “rottura” può verificarsi secondo uno
dei seguenti meccanismi:
• Rottura generale: si formano superfici di scorrimento, con origine ai bordi della fondazione, che si
propagano fino alla superficie. Il terreno sotto la fondazione rifluisce lateralmente e verso l’alto, e si
solleva ai lati della fondazione. Il collasso è di tipo fragile.
• Rottura per punzonamento: la fondazione affonda nel terreno, senza che si formino superfici di
scivolamento. Questo tipo di “rottura” è caratteristico di terreni altamente compressibili. Non è
identificabile un ben preciso punto di collasso.
• Rottura locale: questo caso è intermedio fra i due precedenti: si formano superfici di scorrimento,
che però non si propagano fino in superficie, e la compressibilità del terreno ha un ruolo notevole.
Gli approcci di tipo “classico”, analizzati nel seguito, sono teoricamente applicabili solo ad una rottura di tipo
generale. In genere, è lecito affermare che la rottura di tipo generale, per una fondazione diretta, prevale nei
seguenti casi:
• Nei terreni sabbiosi di elevata densità relativa (in condizioni drenate).
• Nei terreni fini (in condizioni non drenate, per l’ipotesi di incompressibilità del mezzo)
In altri casi (ad esempio per terreni sabbiosi molto sciolti e fondazioni profonde) può prevalere la rottura per
punzonamento.
Condizioni drenate
Quando si può supporre che l’applicazione dei carichi sia così lenta da permettere la dissipazione delle
pressioni interstiziali si può eseguire l’analisi di capacità portante in termini di tensioni efficaci, ossia in
condizioni drenate. Un semplice modello di calcolo di riferimento si ottiene ipotizzando che una fondazione
superficiale trasmetta un carico unitario, e che il terreno sotto di essa si trovi in condizioni di collasso per cui
si formi una zona di equilibrio limite per spinta attiva ed una zona di equilibrio limite per spinta passiva.
Tramite la teoria di Rankine si può ricavare il regime di spinta ed il valore del carico limite, ottenuto
imponendo l’equilibrio tra spinta attiva e spinta passiva:
1
qlim = γ ′ ⋅ B ⋅ Nγ + c′ ⋅ N c + q′ ⋅ N q
2
In cui compaiono γ' (peso per unità di volume del terreno), B (larghezza della base), c’ (coesione efficace), q’
(sovraccarico laterale), e Nγ, Nc e Nq, detti coefficienti di capacità portante. Questa formula evidenzia come
la capacità portante dipenda da tre contributi:
• Le forze d’attrito lungo la superficie di scorrimento, dovute al peso del terreno sotto la fondazione e
compreso all’interno delle stesse.
• La coesione distribuita lungo le superfici di scorrimento.
• Il sovraccarico applicato in superficie ai lati della fondazione (ad esempio dovuto all’approfondimento
del piano di posa rispetto al piano campagna).
In un terreno argilloso, l’applicazione di un carico avvia il “lento” processo di consolidazione, per cui il terreno
diminuisce il proprio contenuto d’acqua, diminuiscono le pressioni neutre ed aumentano le tensioni efficaci,
cioè il carico viene progressivamente trasferito allo “scheletro solido”. Col trascorrete del tempo aumenta la
resistenza al taglio, perciò le condizioni peggiori sono quelle iniziali. La consolidazione è un processo lento,
mentre l’applicazione del carico avviene in un tempo breve, perciò la verifica viene svolta con l’ipotesi che
non ci sia diminuzione di contenuto d’acqua e che le pressioni interstiziali non siano ancora dissipate, e
viene svolta in termini di tensioni totali con riferimento alla resistenza al taglio non drenata su. In pratica si
utilizza la stessa formula descritta per le condizioni drenate, in cui si impone ’= 0 e c’ = su.
Sono state sviluppate molte distinte analisi per la definizione numerica dei coefficienti di capacità portante. È
pratica comune utilizzare l’equazione di Brinch-Hansen (1970) che esprime il valore della capacità portante
sommando i contributi di attrito, coesione e carico ed aggiungendo dei coefficienti correttivi.
Condizioni drenate
1
qlim = γ ′ ⋅ B ⋅ Nγ ⋅ sγ ⋅ dγ ⋅ iγ ⋅ bγ ⋅ gγ + c′ ⋅ N c ⋅ sc ⋅ d c ⋅ ic ⋅ bc ⋅ g c + q′ ⋅ N q ⋅ sq ⋅ d q ⋅ iq ⋅ bq ⋅ g q
2
Condizioni non drenate
Per il caso non drenato, la formula generale si riduce alla seguente espressione (ϕ’ = 0):
Questo tipo di rottura richiede una significativa variazione di volume del terreno, perciò non può verificarsi in
condizioni non drenate, in cui per ipotesi il terreno è incomprimibile. La verifica si applica perciò soprattutto a
depositi di terreni sabbiosi sciolti. Lo studio di questo fenomeno è stato approfondito da Vesic (1973),
approssimando il terreno ad un mezzo elasto-plastico e la rottura all’espansione di una cavità cilindrica.
Rottura locale
Questo tipo di rottura costituisce un caso intermedio fra i due precedenti, e come per il punzonamento non si
verifica in condizioni non drenate, per l’ipotesi di terreno incomprimibile. La capacità portante qlim può essere
calcolata con la stessa espressione utilizzata per la rottura generale, introducendovi però un angolo di
resistenza al taglio corretto.
Il collasso per slittamento è scongiurato se il contributo dell’attrito e della coesione sull’area efficace della
fondazione più il contributo della resistenza passiva laterale è maggiore delle forze orizzontali sollecitanti:
V <F+E
Stabilità globale
Perdita di equilibrio della struttura considerata come corpo
EQU Ribaltamento
rigido
Perdita di equilibrio della struttura considerata come corpo
UPL Galleggiamento
rigido sotto azioni idrauliche
HYD Perdita di equilibrio della struttura per sifonamento Sifonamento
RARA Verifica delle tensioni di esercizio Tensione
FREQ Verifica allo stato limite di fessurazione Fessurazione
SLE
(1)
Permanenti strutturali e permanenti non strutturali compiutamente definiti.
(2)
Permanenti non compiutamente definiti.
Riferimento punto 6.2.3.1.1: “I coefficienti parziali γF relativi alle azioni sono indicati nella Tab. 6.2.I. Ad essi deve
essere fatto riferimento con le precisazioni riportate nel § 2.6.1. Si deve comunque intendere che il terreno e l’acqua
costituiscono carichi permanenti (strutturali) quando, nella modellazione utilizzata,contribuiscono al comportamento
dell’opera con le loro caratteristiche di peso, resistenza e rigidezza. Nella valutazione della combinazione delle azioni i
coefficienti di combinazione ψij devono essere assunti come specificato nel Cap. 2.”.
(3)
Riferimento: punto 7.11.1: “Sotto l’effetto dell’azione sismica di progetto, definita al Cap. 3, le opere e i sistemi
geotecnici devono rispettare gli stati limite ultimi e di esercizio definiti al § 3.2.1, con i requisiti di sicurezza indicati
nel § 7.1. Le verifiche agli stati limite ultimi devono essere effettuate ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle
azioni e impiegando i parametri geotecnici e le resistenze di progetto, con i valori dei coefficienti parziali indicati nel
Cap. 6.”.
(1)
Riferimento: punto 6.5.3.1.1.
(2)
Riferimento: punto 6.3.2.
(3)
Riferimento: punto 7.11.1: “Sotto l’effetto dell’azione sismica di progetto, definita al Cap. 3, le opere e i sistemi
geotecnici devono rispettare gli stati limite ultimi e di esercizio definiti al § 3.2.1, con i requisiti di sicurezza indicati
nel § 7.1. Le verifiche agli stati limite ultimi devono essere effettuate ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle
azioni e impiegando i parametri geotecnici e le resistenze di progetto, con i valori dei coefficienti parziali indicati nel
Cap. 6.”.
(1)
Riferimento: punto 7.11.1: “Sotto l’effetto dell’azione sismica di progetto, definita al Cap. 3, le opere e i sistemi
geotecnici devono rispettare gli stati limite ultimi e di esercizio definiti al § 3.2.1, con i requisiti di sicurezza indicati
nel § 7.1. Le verifiche agli stati limite ultimi devono essere effettuate ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle
azioni e impiegando i parametri geotecnici e le resistenze di progetto, con i valori dei coefficienti parziali indicati nel
Cap. 6.”.
Ribaltamento
Verifiche in condizioni statiche
EQU + M2 + R2
p. p. muro spinte terre vento traffico urto sisma
Azioni γQ2 ψ02 = γQ3 ψ03 =
A2 γG1 = 0.9 γG1 = 1.1 γQ1 = 1.5 1.5*0.6 = 1.5*0.6 = -
0.9 0.9
Materiali tan(ϕ’) c’ cu qu γ
M2 γϕ’ = 1.25 γc’ = 1.25 γcu = 1.4 γqu = 1.6 γγ = 1.0
Resistenza terreno a
Resistenze Capacità portante Scorrimento
valle
R2
γR = 1.0 γR = 1.0 γR = 1.0
Verifiche in condizioni sismiche
EQU unitari + M2 + R2
Azioni p. p. muro spinte terre vento traffico urto sisma
A2 unitari γG1 = 1.0 γG1 = 1.0 ψ21 = 0.0 ψ22 = 0.0 ψ23 = 0.0 1.0
Materiali tan(ϕ’) c’ cu qu γ
M2 γϕ’ = 1.25 γc’ = 1.25 γcu = 1.4 γqu = 1.6 γγ = 1.0
Resistenza terreno a
Resistenze Capacità portante Scorrimento
valle
R2
γR = 1.0 γR = 1.0 γR = 1.0
SLE: fessurazione
Verifiche in condizioni statiche
Combinazione frequente
Azioni p. p. muro spinte terre vento traffico urto sisma
FREQ γG1 = - γG1 = - ψ11 = 0.2 ψ22 = 0.0 ψ23 = 0.0 -
Materiali tan(ϕ’) c’ cu qu γ
- γϕ’ = - γc’ = - γcu = - γqu = - γγ = -
Resistenze Capacità portante Scorrimento Resistenza terreno a valle
- γR = - γR = - γR = -
SLD: spostamenti
Verifiche in condizioni sismiche
Combinazione sismica
Azioni p. p. muro spinte terre vento traffico urto sisma
SISM γG1 = 1.0 γG1 = 1.0 ψ21 = 0.0 ψ22 = 0.0 ψ23 = 0.0 1.0
Materiali tan(ϕ’) c’ cu qu γ
- γϕ’ = - γc’ = - γcu = - γqu = - γγ = -
Resistenze Capacità portante Scorrimento Resistenza terreno a valle
- γR = - γR = - γR = -