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ü Ma‘shar: la dottrina delle congiunzioni

Tolemeo e Abü
Saturno-Giove presso i commentatori tolemaici
di
Giuseppe Bezza

All'inizio del primo libro della sua Summa anglicana, Giovanni di Ashenden espone le
ragioni che lo hanno spinto a comporre un compiuto trattato sulla previsione degli eventi universali.
Molti astrologi, osserva, antichi e moderni, scrissero buoni trattati sulla previsione del tempo e sugli
eventi generali. Nondimeno, tutti hanno tralasciato qualcosa nei loro giudizi. Tolemeo, che di gran
lunga è il migliore, spiega le regole generali della previsione, e queste regole si fondano
sull'osservazione delle eclissi, dei quadranti dell'anno, delle congiunzioni ed opposizioni del sole e
della luna, ma egli non menziona in alcun modo le grandi congiunzioni e le rivoluzioni dell'anno.
Albumasar, nella sua Grande Introduzione, offre molte ed importanti regole intorno alle mutazioni
dei tempi, ma la sua esposizione non procede seguendo un percorso ordinato. E, quantunque la sua
trattazione delle grandi congiunzioni sia esaustiva, egli poco dice delle eclissi e non fa menzione dei
giudizi che ad esse competono. Alkindi procede secondo un metodo ben ordinato, ma non dice nulla
delle grandi congiunzioni e delle eclissi. Quanto a Doroteo, Aomar e Gerdis, non fanno alcuna
menzione delle grandi congiunzioni e delle eclissi, quantunque le regole che presentano siano di
indubbia utilità. Roberto di Lincoln e i moderni, infine, restringono la loro esposizione alle
condizioni del tempo, e si fondano sulle dignità, essenziali ed accidentali, dei pianeti. Di
conseguenza, nessuno ha esposto in modo adeguato e comprensivo la dottrina che concerne la
previsione degli eventi generali. E poiché io ritengo che sia possibile ottenere da tutti questi testi un
vero metodo naturale riguardo alle mutazioni dei tempi e agli eventi generali, è mia intenzione, in
questo trattato, di soppesare tutte le regole degli antichi in conformità all'ordine naturale della
dottrina1.
Questa concisa rassegna può essere giudicata difettosa o imperfetta, ma rappresenta bene il
punto di vista dell'astrologo medievale. Per questa ragione, alcuni anni dopo, Pierre d'Ailly,
all'inizio del suo Elucidarium, ripeterà parola per parola, pur senza citarne l'autore, queste generali
considerazioni dell'astrologo inglese2. D'altro canto, possiamo vedere, nella generale struttura della

1
«Maxima vero causa quare hoc opus agressus sum est ista quia modo sunt multi astrologi antiqui et moderni multa et
bona de tempestate aeris et de his quæ contingunt in mundo documenta scribunt et modum pronosticandi docent; sed
inter omnes nullum invenio quin in suis libris omittant aliqua quæ in huiusmodi iudiciis forent necessaria et iudicantibus
multipliciter possent valere. Ptolemæus quem inter omnes reputamus valentiorem in libro quadripartiti valde rationabilis
procedit: in hac enim materia docet regulas generales pronosticandi per eclipsim, deinde per quartas anni et postmodum
per coniunctiones et oppositiones luminarium, deinde per eorum quadraturas, sed de coniunctionibus magnis videlicet
sextum sententiarum [legendum: centum viginti coniunctiones] planetarum et de revolutionibus annorum mundi nihil
penitus determinat. Albumasar tamen in maiori introductorio multas de temperie dat regulas notabiles, eas non tamen
ponit in aliquo ordine, et licet de coniunctionibus magnis pertractet, de eclipsi luminarium parum loquitur nec earum
iudicia manifestat. Alchindus vero quamvis notabiliter procedat, nihil tamen loquitur de coniunctionibus magnis nec de
eclipsibus. Messahalla etiam quasi totaliter de magnis effectibus pertractat. Sed Dorotheus et Aomar et Gerdis paucas
regulas sed notabiles, de eclipsibus vero et magnis coniunctionibus nihil loquuntur. Linconiensis autem et moderni
secundum dignitates planetarum et essentiales et accidentales tantummodo de aeris mutatione iudicant, et sic
discurrendo per singulos nullus eorum de temperie sufficienter loquitur. Et quia de eorum libris via naturalis et recta pro
temperie ut mihi videre posset elici, eorum omnium sententias ac regulas secundum naturalem ordinem in hoc libro meo
pro operis facilitate iudicandi pro posse meo iudicabo», Summa astrologiæ iudicialis de accidentibus mundi quæ
anglicana vulgo nuncupatur, Ioannis Eschuidi viri anglici eiusdem scientiæ astrologiæ peritissimi, Venetiis 1489, I, 1,
c. 2b.
2
Concordantia astronomie cum theologia. Concordantia astronomie cum hystorica narratione. Et elucidarium duorum
precedentium, domini Petri de Aliaco cardinalis Cameracensis, Venetiis 1490, cc. e1v.

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tecnica astrologica medievale, come il ramo dell'apotelesmatica universale si fondi soprattutto su
fonti arabe. Pietro d'Abano e Nicole Oresme ne sono due chiari esempi. Quanto all'autorità di
Tolemeo, è limitata, secondo quanto John of Ashenden riferisce, al trattamento delle eclissi e delle
sizigie, che nondimeno rappresenta una piccola parte della predizione. Al contrario, gli astrologi
arabi costituiscono l'autorità principale nel campo delle grandi congiunzioni e delle rivoluzioni
degli anni del mondo. Sono, queste, tecniche che appartengono in esclusiva all'astrologia araba e
che non sono presenti nell'apotelesmatica cattolica di lingua greca.

Figura 1- Ptolemæi doctrina

33
Figura 2 - Petrus Aponensis, N. Oresme

Nei primi due secoli della sua storia, l'astrologia araba si trova sotto la forte influenza
persiana, come persiani sono la maggior parte degli astronomi ed astrologi del periodo abbaside, che
trasferirono nella neonata astrologia araba elementi caratteristici della loro tradizione. Alcuni
termini tecnici dell'astrologia persiana del periodo sassanide, presenti nel lessico astrologico arabo,
testimoniano questo influsso. Si tratta, per la maggior parte, di termini che si riferiscono alla
dottrina sulla durata della vita, come il kaì¢udäh e l'hïläk, dai quali l'astrologo misura la sostanza
della vita e le sue vicissitudini, un greco avrebbe detto il bivo~ e la zwhv. Altri termini, come la firdär,
il jär ba¢tär, il säl¢udâh si riferiscono ai periodi che seguono la nascita ed entrano nella
determinazione della buona o cattiva qualità degli eventi futuri dell'individuo. Pur se questi termini
provengono dall'astrologia persiana, le tecniche che li comprendono non sono il risultato di una
genuina elaborazione degli astrologi sassanidi, ma costituiscono una parte fondamentale della
genetlialogia greca, come possiamo facilmente comprendere dalla lettura delle principali fonti
greche tradotte in pahlavi e disponibili agli astrologi persiani: Doroteo, Tolemeo, Vettio Valente.
Per contro, ciò che costituisce un elemento originale dell'apotelesmatica persiana prima, ed araba

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dopo, è il trasferimento di questi ed altri termini e tecniche dalla dottrina delle natività
all'apotelesmatica universale, mediante un processo mimetico.
Questi termini appartengono al ramo della genetlialogia, che a Pingree piacque chiamare
continuous astrology e che interpreta il divenire della sostanza dell'individuo: paravdosi~ (latino
perfectio/profectio, arabo intihä’, tradotta da Zebeleno con teleivwsi~), svolge gli anni della natività
seguendo un ciclo regolare dei dodici segni dello zodiaco e si sovrappone al perivpato~, directio,
tasyïr. In questa maniera si producono alcune divisioni, merismoiv, arabo qismät, tradotte da
Zebeleno casivm, e il signore della qisma è il qäsim, distributore o divisore <del tempo>,
ejpimerivzwn nella versione greca del de revolutionibus nativitatum di Abü Maœñar, dioikhth;~ in
Zebeleno3. Queste sono le premesse dalle quali procede il giudizio sulle rivoluzioni degli anni a
partire dalla natività. Ma l'astrologia araba trasferì tutti questi metodi dalla genetlialogia
all'astrologia universale. Pertanto, la rivoluzione degli anni, non della natività, ma del mondo,
divenne una delle pietre miliari dell'astrologia politica e storica.
Non è possibile presumere che questo spostamento, dalle tecniche della natività a quelle
cattoliche, sia avvenuto sotto l'influenza dell'astrologia greca. La letteratura astrologica greca è ricca
nel campo della genetlialogia e delle interrogazioni, ma povera nei giudizi degli eventi universali.
Qui il secondo libro del quadripartitum di Tolemeo è l'autorità maggiore, dove gli elementi
fondamentali della dottrina sono costituiti dalle eclissi e dalle sizigie, sulle quali non è possibile
sviluppare cicli temporali di una qualche regolarità. Al contrario, la dottrina della rivoluzione degli
anni del mondo, costruita sui metodi della genetlialogia greca, si fonda su una regolare sequenza dei
moti medi dei due più alti pianeti superiori, Saturno e Giove. Pertanto, se l'astrologia universale
sviluppatasi nel primo periodo della scienza araba era, da un lato, fortemente influenzata da
elementi indiani e persiani, d'altro canto prese a modello la struttura greca della dottrina delle
natività, come un vestito indossato su un corpo, tramite un trasferimento dal microcosmo, che è
l'uomo, all'ambiente che lo circonda. Così, i metodi costruiti per la prescienza degli eventi futuri che
accadono all'individuo, descritti da Doroteo, Tolemeo, Vettio Valente, Paolo d'Alessandria, furono
accomodati alla previsione dei mutamenti del corpo sociale, come un grande cerchio che ne
racchiude uno più piccolo, simili tra loro nella struttura e nella criticità dei moti. La dottrina della
rivoluzione degli anni, creata dagli astrologi greci rispetto all'essere umano, viene quindi trasferita,
mantenendo intatti tutti i suoi elementi, all'astrologia cattolica. In questo modo la dottrina
congiunzionista divenne una teoria provvista di una meravigliosa regolarità, capace di spiegare il
corso della storia e di stabilirne una periodizzazione.
Questa dottrina giace su una gerarchia delle cause, che Albumasar dispose in sei classi: le
prime quattro sono costituite dalla massima, media e minore congiunzione di Saturno e di Giove e
dalla congiunzione di Saturno e Marte nel segno del Cancro; la quinta e la sesta sono le sizigie dei
luminari: la congiunzione od opposizione del sole e della luna prima dell'inizio di ogni stagione e in
ciascun mese. Albumasar giustifica questo ordine gerarchico richiamandosi ai tre naturali
movimenti descritti da Aristotele nel de cælo (I, 2; 268 b20): «Ogni semplice movimento che si
muove dal centro o verso il centro o intorno al centro». Se il moto intorno al centro è proprio del
sole, le sfere dei pianeti superiori si muovono dal centro, ovvero a partire da esso, e le sfere dei
pianeti inferiori si muovono verso il centro. Il sole, pertanto, divide i pianeti in due classi e ciascuna
di esse può e deve essere intesa come una natura distinta e separata.
L'interpretazione albumasariana della definizione aristotelica dei tre moti naturali appare
senz'altro difettosa, ma il suo proposito è di presentare una propria teoria riguardo all'influsso
specifico dei corpi celesti, che definisca in termini fisici, quali il moto e la disposizione delle sfere, i
principi su cui poggia la differenziazione del loro influsso. Questa teoria descrive i corpi celesti
come analoghi a quelli terreni, in quanto le loro vicisitudini, quali i mutamenti di fase e di

3
Cf. G. Bezza, Il trattato sulle natività di Eleuterio Zebeleno di Elis, MHNH, Revista Internacional de Investigación
sobre Magia y Astrología Antiguas, n.2, 2002, pp. 257-300.

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condizione, sono medesime. Ed alcuni filosofi descrissero queste vicissitudini come un tasrïf,
un'alternanza prodotta da un mutamento di direzione, analoga alla declinazione del nome4.
Ibn al-Nadïm5 ci riferisce, per esempio, alcune delle analogie che Sahl ibn Ùärün (d. 859-
860), uno dei direttori della Casa della Saggezza (Bayt al-Ùikmah), un poco più anziano di Abü
Maœñar, immaginò tra il mondo naturale e il mondo delle lettere: poiché il nome in arabo si declina
in tre casi, tre devono essere i movimenti naturali: uno si muove dal centro, come il fuoco, un altro
verso il centro, come la terra, il terzo verso il centro, come il moto dei corpi celesti. Questi tre
movimenti sono analoghi ai movimenti dei corpi terreni, ma essi sono, all'origine, movimenti
celesti6.
Questi tre moti, ad centrum, a centro, circa centrum, precisa Abü Maœñar, sono naturali: al-
ùaräkat al-åabïœiyya, e ùaräka, motus, significa, nel linguaggio filosofico, il passaggio graduale dalla
potenza all'atto; esso è naturale, åabïœiyya, perché non è originato da una causa esterna, ma è proprio
dell'intelligenza che muove il pianeta nella sua sfera7. Nella sua costruzione di un'astrologia
argomentata, Abü Maœñar pone fortemente l'accento sulla differenziazione delle nature, sia di quelle
dei pianeti che di quelle dei segni e degli elementi. Questa differenziazione poggia su una struttura
triadica del tempo. È in questo modo che Abü Maœñar spiega perché i segni zodiacali sono dodici:
poiché nei segni sono mostrati i quattro elementi, il loro numero deve rappresentare gli elementi
medesimi dinamicamente, ovvero nel tempo: all'inizio, alla medietà e alla fine dei loro effetti sui
corpi terreni.8. Nel primo capitolo del primo libro del de magnis coniunctionibus, la struttura
triadica assume un significato qualitativo, ciascuno dei tre termini essendo inerente a ciascuno dei
tre pianeti superiori: l'inizio, ibtidä’, a Saturno, il compimento, intihä’, a Giove, la dissoluzione,
inùiåäå, a Marte9.
Riguardo alla differenziazione dell'influsso dei pianeti superiori, che si muovono a partire
dal centro, Abü Maœñar scrive: «La prima divisione (qism, divisione nel senso di disposizione
naturale) e il suo influsso (ta’øïr) sono connessi al primo movimento naturale». La versione latina
traduce ta’øïr con effectus, e questa traduzione ben corrisponde al significato del termine arabo.
Infatti, le ta’øïrät sono le impressioni fisiche che i corpi inferiori ricevono da quelli superiori.
Quando al-Qabïæï dichiara gli effetti fisici dei pianeti, per esempio che Giove opera calore ed
umidità, Marte calore e secchezza, e così di seguito, impiega il verbo aøara, “lasciare un'impronta
su” qualcosa, come, per esempio il marchiare un cammello , “avere un effetto su”10. La parola ta’øïr
ha pertanto il medesimo significato del poihtiko;n <th`~ oujsiva~> nel quadripartitum tolemaico, il
potere efficiente dell'essenza delle stelle. Ne segue che la natura e il proprio, specifico potere di
ciascun pianeta è dipendente dalla posizione della sua orbita, ma questo assunto è incompatibile
rispetto alla concezione dell'astrologia tolemaica11.

4
P. Kraus, Jâbir ibn Hayyân. Contribution à l’histoire des idées scientifiques dans l’Islam. Jâbir et la science grecque,
Paris 1986, p. 241 e n. 6.
5
Fihrist al-‘Ulûm, (testo ar.: p. 21; trad. ingl. p. 18).
6
Su queste analogie cfr. G. Bezza, Liber scriptus et liber vivus. Les antécédents astrologiques de la métaphore
galiléenne du Livre de l'univers, in: G. Gnoli, A. Panaino, Kayd. Studies in History of Mathematics, Astronomy and
Astrology in Memory od David Pingree, Roma 2009, pp. 1-16.
7
Abü Maœñar, On Historical Astrology. The Book of Religions and Dynaaties (On the Great Conjonctions), ed., transl.
by K. Yamamoto, Ch. Burnett, Leiden, Boston, Köln 2000, I, p. 6.
8
Abü Maœñar al-Bal¢ï, Liber introductorii maioris ad scientiam judiciorum astrorum, éd. R. Lemay, Napoli 1995, vol.
II, p. 119 (testo arabo); vol. V, p. 72 (trad. di Giovanni di Siviglia).
9
Abü Maœñar, On Historical Astrology..., ibid.
10
Al-Qabïæï (Alcabitius), Thde Introduction to Astrology, eds. Ch. Burnett, K. Yamamoto, M. Yano, London-Turin
2004, pp. 64, 68, e passim.
11
Cf. Fr. Cigalini, Coelum sydereum ... secundum globorum cœlestium numerum, cursum et influxum emensuratum ...,
Comi 1655, p. 176: «sunt autem opera stellarum secundum naturam, non secundum mathematicen». L'opera fu scritta
circa un secolo prima della sua pubblicazione postuma, cfr. la prefazione di Marco Cigalini.

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Nel secondo capitolo del primo libro del quadripartitum, Tolemeo dichiara quali sono le
operazioni proprie del sole, della luna, delle stelle fisse e dei pianeti. Questi ultimi producono nel
cielo che ci circonda, il perievcon, un gran numero di mutamenti, pleivsta~ ejpishmasiva~, ovvero
improvvise alterazioni nel corso naturale e regolare delle stagioni e nelle generazioni e nello
sviluppo degli esseri viventi, a cui provvede di norma l'azione dei luminari. L'anonimo
commentatore greco spiega che l'azione del sole nel perievcon è costante e che la sua natura non è
suscettibile di alterazioni; e nondimeno i pianeti mutano in qualche misura le qualità che il sole
immette nell'ambiente che ci circonda: se essi cooperano, le qualità saranno più intense; se non
cooperano o contrastano l'azione del sole, le qualità saranno diminuite12. Tolemeo poi prosegue
dicendo che la virtù del sole prevale su quella della luna e la virtù della luna su quella degli altri
astri. Dichiara infine qual è l'azione propria dei pianeti: il modo in cui i pianeti portano a
compimento le loro operazioni, egli dice, è indistinto, ajshmovteron, e periodikwvteron. Robbins
traduce questa forma avverbiale "at greater intervals"13, ma il termine che meglio ne rende il senso è
"intermittente" o "ricorrente". Pertanto, l'azione delle stelle, in quanto produce pleivsta~
ejpishmasiva~, genera irregolarità e deviazioni dal corso abituale della natura, al modo stesso che
ejpishmasiva significa, nel lessico medico, l'insorgere di una malattia nel corpo umano. Infine,
Tolemeo precisa quali sono i modi delle operazioni dei pianeti: le loro apparizioni, occultazioni e il
loro moto in latitudine,14 Queste sono le regole generali che racchiudono il modus influendi dei
pianeti, e i primi due devono essere intesi sia rispetto al sole, sia rispetto all'orizzonte. Possiamo
quindi concludere che con il termine periodikwvteron, Tolemeo vuole dire che le operazioni dei
pianeti, in quanto dipende interamente dal loro rapporto con i luminari, non può avere un carattere
regolare o costante, ma subordinato.
In seguito, nei primi capitoli del secondo libro, Tolemeo definisce in simile modo l'azione
esercitata dai pianeti nel contesto della causa prima degli accadimenti generali, le eclissi15.
La posizione degli astrologi del medioevo si discosta, tanto o poco, da queste premesse
metodiche di Tolemeo. Per una più piena comprensione, è utile chiedersi cosa pensassero i filosofi
scolastici intorno alla perfezione dei cieli e il loro ordine gerarchico16. Secondo la concisa sentenza
di Michele Zanardo, che scrisse un trattato scolastico sull'universo nei primi anni del XVII secolo,
poiché l'ordine delle sfere manifesta la sapienza divina, il medesimo ordine ne dichiara la perfezione
celeste17. San Tommaso afferma che i pianeti superiori sono causa della stabilità e della

12
Per il testo del commentatore anonimo greco e differente versione dell'edizione di Hieronymus Wolf, vedi
l'appendice.
13
Robbins traduce: «For though the sun's power prevails in the general ordering of quality, the other heavenly bodies
aid or oppose it in particular details, the moon more obviously and continuously, as for example when it is new, at
quarter, or full, and the stars at greater intervals and more obscurely». La migliore traduzione latina è quella di Antonio
Gogava: «De reliquis autem est incertior et intervallis rarior», Cl. Ptolemæi Pelusiensis Mathematici Operis
Quadripartiti, in latinum sermonem traductio, adiectis libris posterioribus, Antonio Gogava Graviens interprete,
Lovanii 1548, cc. B1r.
14
Questo è il significato di provsneusi~, cfr. l'anonimo commentatore greco: «in alijs vero stellis ortus et occultationes;
ortus autem dicit matutinas orientalitates, occultationes eodem modo occasus vocat, declinationes vero distantias dicit a
linea quæ a zodiaco secundum latitudinem per medium dividit».
15
V. Nabod è l'autore del miglior commento a questo capitolo tolemaico, cfr. Enarratio elementorum astrologiæ, in qua
præter Alcabicij expositionem atque cum Ptolemæi principiiis collationem, rejectis sortilegiis et absurdis vulgoque
receptis opinionibus, de vera artis præceptorum origine et usu disseritur, Coloniæ 1560, pp. 354-359; Valentini
Naibodæ Mathematici præclarissimi in Claudii Ptolemæi Quadripartitæ Constructionis Apotelesmata Commentarius
novus et Eiusdem Conversio nova, ms. BM-Sloane A 216 XVI G, fo. 31r-34v.
16
Per una comprensiva descrizione delle diverse concezioni nella filsoofia scolastica cfr. Commentarii Collegii
Conimbricensis S.I. in quatuor libros de cœlo, meteorologicos et parva naturalia Aristotelis Stagiritæ, Coloniæ 1596, 2,
5, 2, 1.2.3., pp. 269-273 e Antonio Rubio, Commentarij in libros Aristotelis Stagiritæ de cœlo et mundo: una cum dubijs
et quæstionibus in schola agitari solitis, Coloniæ Agrippinæ 1626, 2, 5, 4, pp. 187-192.
17
M. Zanardo, Universum Cæleste de omnibus et singulis quæ ad naturam cælestium spherarum, ab empyreo usque ad
spheram elementorum faciunt, disputans, ac concludens, Venetiis 1619, pp. 17-18.

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perseveranza nel tempo, assai più degli inferiori. Pertanto, Saturno indica ciò che è fermo e stabile
(de cælo II, 18, 468) e gli effetti dei pianeti nel nostro mondo sublunare sono riferiti all'ordine delle
loro sfere. San Tommaso riprende questo giudizio nel xii libro della Metaphysica: più il pianeta è
prossimo al primo cielo, più grande è il suo influsso sulle cose terrene. L'ordine ascendente dei
pianeti non significa soltanto il grado ascendente della loro perfezione celeste, ma altresì il grado
della loro facoltà effettiva.
Possiamo quindi concludere che le sfere dei pianeti più prossime al primum movens godono di
una maggior perfezione: la sfera che contiene è più perfetta di quella contenuta18. La sfera di
Saturno è più perfetta di quella di Giove, quella di Giove più perfetta di quella di Marte, e così via.
Tuttavia, la sfera del Sole è più nobile delle sfere dei pianeti e nondimeno, in conformità al concetto
di perfezione basato sulla teoria del contenente, i pianeti superiori conducono a compimento le loro
azioni in una forma più universale e in un modo più permanente. Pertanto, il loro influsso sulle cose
terrene è più potente.
Vi sono pertanto due concetti: quello della nobiltà della sostanza e quello della perfezione
formale. Il primo riposa sulla natura intrinseca dei corpi celesti, e ne considera la luce e la
magnitudine, e conclude quindi che tra i corpi celesti il sole è il più nobile; il secondo si fonda
sull'ordinamento delle sfere ed è conseguenza dell'assunto: rerum ordo divinam sapientiam
prædicat. Entrambi i concetti sono presenti nella scolastica medievale. Buridano, quantunque
ammetta che la sostanza più nobile è nel corpo del sole, riprende la distinzione di san Tommaso
sulla gerarchia dei corpi celesti: i tre pianeti superiori governano gli esseri viventi e la generazione
di ogni cosa, i tre pianeti inferiori governano i movimenti e le alterazioni dei corpi terreni. Pertanto,
la più grande perfezione appartiene ai pianeti superiori19. Questa distinzione è essenziale, poiché
permette di concepire una legge universale che definisca la causalità distinta dei singoli corpi
celesti.
Nel XII libro della Metaphysica san Tommaso dichiara gli effetti dei pianeti sul mondo
sublunare in conformità all'ordine delle loro sfere: la stella di Saturno indica la permanenza e la
stabilità, la stella di Giove la condizione e la perfezione, vuoi il compimento, di tutti gli esseri; ma la
forza, il vigore, la protezione da ciò che è dannoso proviene dalla stella di Marte. Questi tre pianeti
superiori hanno un chiaro e determinato effetto sullo sviluppo degli esseri, mentre il sole, che è
principio universale dello sviluppo e del movimento, mostra le sue operazioni proprie attraverso il
moto delle sfere dei pianeti inferiori. Vediamo che la stella di Venere ha un effetto sulla
generazione, e mediante la facoltà del generare l'essere acquisisce la sua perfezione, mentre la stella
di Mercurio ha un effetto sulla moltiplicazione, ciò che significa la distinzione degli esseri secondo
la loro specie; la luna, infine, agisce sulla materia e ne induce mutamenti ininterrotti20.
Questa gerarchia appare come un vero ordinamento naturale e Restoro d'Arezzo, in otto
lunghi capitoli della sua Composizione del mondo, la descrive in forma allegorica: è un ordine
analogo a quello che viene formandosi gradualmente nel regno, necessario per proteggerlo dalla
distruzione e dal degrado. Saturno fu il primo uomo ad abitare il regno, egli costruì le case, le
18
Sull’idea di perfezione celeste sulla base della teoria del contenente cf. E. Grant, Planets, Stars, et Orbs. The
Medieval Cosmos, 1200-1687, Cambridge 1996, pp. 220ss.
19
Buridano, Metaphysica, XII, quæ. 12.
20
«Et inde est quod effectus planetarum apparent in istis inferioribus secundum ordinem eorundem. Nam primi tres
superiores videntur ordinari ad ea quæ pertinent ad existentiam rei secundum seipsam: nam ipsa stabilitas esse rei
attribuitur Saturno, perfectio autem rei et bona habitudo correspondet Jovi. Virtus autem rei, secundum quod se contra
nociva tuetur, et ea propellit, correspondet Marti. Tres vero planete alti videntur proprium effectum habere ad motum
ipsius rei existentis, ita quod Sol sit ut universale principium motus, et propter hoc eius operatio in motionibus
inferioribus apparet. Venus autem videtur quasi proprium effectum habere magis determinatum, idest generationem, per
quam aliquid consequitur speciem et ad quam scilicet omnes motus alii ordinantur in istis inferioribus. Mercurius autem
videtur proprium effectum habere in multiplicatione, idest distinctione individuorum in una specie et propter hoc varios
habet motus. Et ipse etiam cum naturis omnium planetarum miscetur, ut astrologi dicunt. Lunæ autem proprie competit
immutatio materiæ, et dispositio ipsius ad recipiendum omnes impressiones cælestes, et propter hoc videtur quasi esse
deferens impressiones cælestes, et applicans inferiori materiæ», Metaph. XII, 9, 2561.

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strade, coltivò la terra. Dopo Saturno, apparve Giove, a guisa del profeta che insegna la legge
divina, poiché Giove significa colui che ammonisce e Saturno colui che è ammonito. Ma il regno
non è sicuro, se «li malfatori non sono puniti», e quindi fece il suo ingresso Marte, con i suoi
cavalieri armati. A quel momento, tutte le condizioni erano appropriate affinché il sole potesse fare
il suo ingresso, a guisa di un re nel regno. Quindi venne Venere, a guisa di regina, di «capetana delle
donne»; poi Mercurio, «colli suoi filosofi e colle scienze de tutte l’arti». Infine la luna, «capetano...
povarissimo... con una sua gente povarissima e vile, come so’ viandanti e messi e corrieri»21.
Troviamo nuovamente questa allegoria nella descrizione fisico-morale di Paolo Veneto sulla
natura dei sette pianeti22. E ancora in uno dei commentatori del quadripartitum tolemaico: Giuliano
Ristori, nella sua spiegazione della gerarchia planetaria proposta da Albumasar, descrive l'ordine
discendente delle sfere planetarie come la formazione progressiva di un regno ideale. Il primo moto,
che nella versione latina del de magnis coniunctionibus il frate carmelitano leggeva supra medium, è
causa della preservazione, perpetuità ed eternità della generazione; di conseguenza, i tre pianeti
superiori sono il principio di ogni alterazione nel cosmo, come pure della sua conservazione e
permanenza. Il secondo moto, a medio, è il moto del sole, ed è necessario che la sua azione sia
conseguente a quella dei tre pianeti superiori. E poiché codeste operazioni operano sui dogmi e i
regni, necessità vuole che vi sia qualcuno che governi, amministri e disponga come conviene il
reame e le leggi; pertanto, il sole ha da significare il re, i principi, l'imperatore. Il terzo moto, ad
medium, è riferito ai tre pianeti inferiori; poiché invero è necessario che dopo che le leggi e l'impero
sono stati costituiti si debba predisporre il loro mantenimento e prosperità attraverso le unioni e le
associazioni, le scienze e le arti, i messaggeri e i viaggi, le unioni sono riferite a Venere, le scienze e
le arti a Mercurio, il resto alla Luna.23 Giuliano Ristori cerca di riconciliare Tolemeo con coloro che

21
op. cit., II, 2,1-8; pp. 63-97.
22
Liber de compositione mundi, Lugduni 1525, capp. 10-16. «emperciò che le stelle, secondo che ponono e dicono li
savi, hano a significare le genti e li animali». Questa descrizione è nei fatti una traduzione di Restoro d'Arezzo.
23
Reverendi ac eximij magistri Iuliani Ristori Pratensis per me Amerigum Troncianum, dum eum publice legeret in
almo Pisauri gimnasio currente calamo collecta, ms. Firenze, Bibl. Riccardiana lat. 157, Lectio LXI, fo. 176r. It is
notewhorty the long exposition of the three natural motions made by Bonincontri in his explanation of verbum 62 of
centiloquium:« Albumasar, prima differentia de magnis coniunctionibus, dicit quod unaquaque divisio individuorum
altiorum ad unamquamque divisionem motuum relata est naturalium propter fortitudinem affinitatis seu convenientie
eas ad illas et propter successionem effectus impressionum earum in mundo generationis et corruptionis. Et cum primus
naturalium moveretur supra medium, motus autem secundus movetur a medio et motus tertius moveatur ad medium,
relata est prima divisio planetarum altiorum et effectus earum ad motum primum naturalium qui est super medium
propter eius alti<tu>dinem et propter prolixitatem eius ab eis et longitudinis eius a motu naturali tertio qui est ad
medium et immo facta est ei ex hac parte significatio super res temporis prolixi propter affinitatem vel convenientiam
eius cum motu primo et prolixitatem eius motus, unde relata est ad longiorem planetis superioribus in mundo
generationis et corruptionis, qui est Saturnus significatio super inceptibiles ut sunt vires et quicquid sit individuis in
sublimi; et relata est ad planetam secundum cum in ordine nexus qui est Iupiter significatio super augmentationem et
conservatiionem generationis corruptionisque et cuiuslibet rei que sunt in terra horumque similia que sunt perfectionis
finium inceptionum particularium vel que sunt longi temporis; relata est quoque ad planetam tertium in ordine nexus qui
est Mars, significatio super bella et victoria et horum similia que sunt quasi descensiones et veluti diminutiones exitus
rerum et fines earum et fines rerum significant solutiones primi initij post perfectionem earum et destructionem nexus
earum. Nam per accidentia bellorum fit diminutio summitatum et extremorum. Et ex hoc apparet igitur quod extractio
significationum individuorum circularium non accipitur nisi motibus naturalibus eo quod sunt sensibus propriores
significationibus individuorum superiorum. Cum ergo motus naturalis non excedat tres istas divisiones super expressas,
consideramus etiam ordo per partitiones planetarum et per proprietates motus earum volubilium. Ergo ille dividuntur in
tres divisiones, quarum prima est planetarum altiorum ordinatorum super luminare maius et secunda est luminaris
maioris, tertia vero est planetarum inferiorum qui sunt positi infra luminare maius», Laurentij Bonincontri Miniatensis
super centiloquio Ptolomei, Laurentianus Pluteus 29,3 fo. 46v-47r. Cf. William of Aragona, Centiloquium cum
commento Haly Eben Rodan et glosa fine commento edita a magistro Willhelmo de Arragonia, ms. BN-Paris lat. 7480,
fo. 85r-85v: «eEt ideo tribus superioribus dederunt motum primum et res diuturna et prolixi temporis, dando saturno
principia divinitus quia divinacio dicitur administrare iovi fines vel perfectiones, marti occasiones vel adversitates que
ex diversis perfectionibus et principiis veniunt; unde saturnus est sicut mars movens iupiter ut speciem tribuens, mars
vero ut operaciones controversiones specierum explicans; secundo motui proporcionatur luminare maius et per motum
et per virtutem: non enim exorbitat, sed recte movetur sub linea una semper et omnia movet ad regimen vite».

39
seguono la dottrina congiunzionista. L'ordine naturale, afferma, è duplice: quoad nos e quoad
naturam. Diciamo anzitutto che, rispetto a noi, i luminari hanno maggior luce e quindi una
maggiore azione; in seguito, rispetto alla natura, i pianeti superiori sono più nobili dei luminari,
perché sono più prossimi al primo ente, e pertanto i loro effetti hanno una più grande efficacia,24.
Tra i luminari e i pianeti superiori, osserva Ristori, vi è la proporzione medesima che corre tra un
grande cristallo e un piccolo diamante: nel cristallo vi è più quantità e più virtù, ma non tanta
efficacia quanta nel diamante25.
Ristori conclude: «Io affermo che la più grande costellazione è l'eclisse del sole con la
congiunzione dei tre pianeti superiori nel medesimo confine e decano. Ovvero: quando, al tempo di
un'eclisse solare, i tre pianeti superiori si trovano congiunti nel medesimo confine e decano, e sono
in aspetto quadrato od opposto al sole o ancora si trovano nelle loro stazioni»26. Può sembrare una
sorta di compromesso fra le due dottrine, ma nei fatti rivela la predominanza della teoria che si
fonda sulla gerarchia delle sfere. Più la congiunzione è grande, affermerà Keplero, più è duratura e
rara, più grande è la commozione da essa esercitata sul mondo naturale; per questo, la più grande
commozione proviene dalla congiunzione di Saturno e di Giove, non dalla congiunzione del sole e
della luna27.
Questa teoria degli influssi che si fonda sull'ordinamento delle sfere planetarie è stata
felicemente chiamata da Edward Grant container theory28. Questa definizione già la ritroviamo
nella Metaphysica di Alberto Magno:

superioris autem motus est magis universalis et formalis et contentivus


il moto del pianeta superiore è più universale, più formale, più contenente29

Ciò significa che le orbite dei pianeti superiori, poiché tengono e includono entro la propria
ampiezza quelle dei pianeti inferiori, sono più perfette, in quanto il loro principio formale è più
universale. Ma Alberto Magno si spinge oltre: gli astrologi ci mostrano che i pianeti inferiori si
applicano ai superiori e in forza di questa applicazione, ricevono da essi la guida delle proprie
operazioni. Infatti, la congiunzione di due pianeti consiste di due parti: l'applicazione e la
separazione. La prima indica la forma, la seconda l'azione che procede come conseguenza. In questo
processo vi è una serie di diversi momenti, progressivi e interdipendenti, tramite i quali si giunge ad
un effetto. È un processo che si sviluppa mediante l'emanazione continua ed incessante delle
planetarum virtutes. Ed il modo in cui queste virtù giungono ad effetto nel mondo non è dissimile
dal modo in cui le virtutes naturales interagiscono nel corpo umano: se le prime fluiscono dalle
sfere più esterne a quelle interne, le virtutes naturales fluiscono dal cervello al cuore, dal cuore al
fegato, dal fegato ai testicoli30. Inoltre, poiché queste virtù agiscono sulla materia, le azioni che ad
24
op. cit., Lectio LIIII, fo. 220v.
25
Lectio XLIII, fo. 185r: «Habemus hic cristallum in magna copia et habemus adamantem parvum: in cristallo est plus
de quanto et de virtute, non tamen est tantæ efficaciæ sicut adamas».
26
Lectio XLI, fo. 176v: «Dico quod maxima constellatio est quæ fit ex deliquio Solis et coniunctione trium superiorum
in uno termino et una facie, sic quod eo tempore quo fit Solis eclipsis fiat coniunctio trium superiorum in uno termino et
una facie et quadrangulentur Soli aut diametrentur eo et si sint saltem propter stationes suas».
27
Kepler, De stella nova in pede Serpentarii, et qui sub ejus exortum de novo iniit, Trigono Igneo, Pragæ 1606, p. 35:
«Itaque quanta coniunctio, tanta naturæ commotio; si coniunctio diuturna, si rara, magna quoque et insolens est
commotio ac perinde maior commotio a coniunctione Saturni et Iovis, quam a Solis et Lunæ».
28
E. Grant, Planets, Stars ... cit., pp. 220ss.
29
Metaphysica XI, 2, 32; cf. Divi Alberti Magni summi in via peripathetica philosophi Theologique profundissimi
naturalia ac supranaturalia opera per Marcum Antonium Zimaram ..., Venetiis 1518, p. 160rb. Cf. XI, 2, 28 (p. 159rb):
«Superiores planete Saturnus et Iupiter quando coniunguntur de circulo in circulum vel de triplicitate in triplicitatem
accipiunt a spheris superioribus formas universales que signant res maiores que accidunt in mundo, sicut dicunt
sapientes astrorum».
30
Cf. Alberti Magni philosophie totius dilucidatoris doctissimi Opus nobile de causis proprietatum elementorum,
Magdeburgi 1506 (I, 2, 9) cc. Ciiv (ed. Borgnet IX, p. 620a): «Et huius simile videri possumus in corpore humano, ubi
unum membrum transmittit aliis spiritum et humorem, et tamen membrum recipiens informat illa secundum naturam

40
esse conseguono sono fisiche: la sfera di Saturno muove, eccita, il freddo e il secco, quella di Giove
il calore e l'umidità. Tutte le qualità prime sono suscitate dai loro moti e pertanto ben si può dire che
i due pianeti superiori hanno la capacità di causare i più grandi mutamenti nel mondo31.
Agostino Nifo e Pedro Ciruelo contraddicono queste argomentazioni. Nel quarto capitolo del
De nostrarum calamitatum causis, Nifo protesta che tutti coloro che seguono Albumasar sono
ignoranti in filosofia, astrologia e teologia. Poiché la virtù giace nel mezzo e al principio, ed il sole è
posto nel mezzo e la luna è posta in quel momento del tempo in cui ogni cosa ha il suo inizio, ne
segue che i luminari sono i primi e i comandanti e gli altri corpi celesti sono come i ministri e gli
ufficiali. Invero, è il Sole che regola i moti di tutti i pianeti, le cui facoltà dipendono dal rapporto,
sempre mutevole, che essi hanno con il sole. E se qualcuno dicesse che le sfere superiori, in quanto
superiori, eccellono su quelle inferiori, Nifo risponde che ciò si può ammettere per una ragione, ma
negare per molte altre: il cavallo, per esempio, è superiore all'essere umano nel portare i pesi, ma
l'essere umano è superiore al cavallo per molte altre ragioni32.
Quanto a Ciruelo33, propone dieci regole per valutare la forza delle sfere celesti. La prima
recita: in maiore corpore maior virtus, la virtù è connessa alla magnitudine del corpo; la seconda:
omne agens fortius agit in propinquo, l'efficacia dell'azione è connessa alla prossimità alla terra; la
terza: qui tardius moventur ad maiora tempora effectus suos ostendunt, la durata degli effetti
dipende dalla grandezza delle orbite. Seguono altre sette regole, che procedono come la
conseguenza delle prime tre 34, e Ciruelo conclude che la maggior forza è nei luminari, quindi nei

suam et virtutem quemadmodum cerebrum ipsum spiritum et humorem sibi a corde et epate missos informat ad
virtutem et operationem animalem et testiculi spiritum et humorem eis missum informant ad virtutem generativam et
formativam speciei: ita facit quilibet planeta qui recipit lumen ab alio». Non si tratta qui di una semplice metafora, ma
di una distinta spiegazione della dottrina astrologica dell'applicazione e della separazione fra due pianeti, cfr. G. Bezza,
Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, Milano2 1992, pp. 375-378.
31
Cf. Albertus Magnus, de causis ... cit., I, 2, 9 cc. Ciiira: «Oportet quod illud quod universaliter est in superiori
determinetur per inferiora, et illud quod primum determinat ad figuram et speciem est circulus stellatus. Prima autem ad
complexionem ducentia sunt Saturnus et Iupiter, eo quod unus movet frigidum et siccum, et alter calidum et humidum;
et cum ista conveniunt in ea triplicitate signi ex qua confortari habent et influentiam accipere, oportet quod per illas
duas stellas toti mundi dispositio infundatur. Permutatio autem triplicitatis dicit permutationem primarum qualitatum
elementalium universaliter».
32
Euthici Augustini Niphi Philotei Suessani de nostrarum calamitatum causis liber ad Oliverium Carafam
Cardlinalium maximum, Venetijs 1505, cc. 31b-32a.
33
Pedro Ciruelo, Apotelesmata astrologiæ christianæ nuper edita a magistro Petro Ciruelo Darocensi super duarum
tantum iudiciorum partibus, hoc est de mutationibus temporum et de genituris hominum, reiectis omnino
interrogationibus et vanis electionibus falsorum astrologorum. Petri Cirueli D. Centilogium resolutorium sue artis
iudiciariæ. Responsiones, Alcalà 1521, I, 3, cc. eviiiv.
34
Le altre regole: la quarta: «sol est maxime virtutis et potentie super universa astra celorum omnium»; la quinta: «post
solem maioris virtutis et potentie super nos est luna simpliciter quam omnes alie stelle totius celi»; la sesta: «post duo
luminaria magna celi tertium gradum in potentia activa ad nos habent tres planete superiores sole, quartum gradum
habent inferiores et ultimum locum stelle fixe omnes»; la settima: «in stellis fixis eiusdem magnitudinis ille que sunt
magis elevate super nostrum hemisperium ut quando sunt in circulo meridiano, sunt maioris virtutis active super nos
quam ille que minus elevantur; et septentrionales ab ecliptica magis quam meridionales etc. Probatio clara est quia
fortius irradiant super nos. Eadem ratio est de planetis qui moventur ad diversa latera zodiaci: nam variat unusquisque
eorum virtutem suam secundum quod magis vel minus elevatur secundum latitudinem zodiaci»; l'ottava: «secundum
excellentiam vel deffectum planetarum in virtute activa erga nos est significatio eorum in rebus magnis aut parvis huius
seculi: probatur quia maiori virtuti active maior et dignior effectus est attribuendus»; la nona: «cum qualitates duorum
luminarium sint manifestissime ad experientiam, aliorum planetarum complexiones ex comparatione eorum ad duo
luminaria penes convenientiam et differentiam determinande sunt»; la decima: «sicut omnium stellarum motus tanquam
regulam habent motum ordinatissimum solis, sic etiam omnes stelle respiciunt motum lune tanquam omnibus eis
familiarem et subsequentem». Pertanto, Ciruelo conclude: «Ex omnibus his decem regulis elucet quanta dignitatis
preminentia sint efferenda duo celi luminaria magna in hac scientia ... a qua sententia neque per unum iota discrepavit
Ptolemeus, putans quod aliestelle celi sine testimonio luminarium nihil aut parum efficere valent in mundo, unde in
omnibus figuris astrologicis maxime in illis que ad sciendas mutationes temporum formantur, ante omnia dicit
inspiciendam esse coniunctionem aut oppositionem luminarium que precesserat, non sic Albumazar mahumeteus qui
maiorem vim attribuit superioribus planetis quam luminarium et male».

41
tre pianeti superiori, poi nei due inferiori e, infine, nelle stelle fisse. E nondimeno, per quanto è della
loro perfectio essentialis, possiamo dire che i pianeti superiori sono più nobili e che Saturno, Giove
e Marte prevalgono sul sole. Questo è d'altronde quanto san Tommaso afferma nei suoi commenti
alla metaphysica di Aristotele. Tuttavia Ciruelo osserva che non è compito dell'astrologo disputare
intorno alle ragioni pro o contro la forma delle stelle, ma è piuttosto compito del filosofo. Quanto
all'astrologo, egli tratta dell'activa virtus delle stelle, dei loro effetti. Conclude quindi che l'errore di
Albumazar mahumeteus fu di confondere tra loro la forma e l'azione35.
Nifo e Ciruelo cercarono di seguire la vera tradizione tolemaica: Nifo scrisse un commento
al primo libro quadripartitum, frutto di un ciclo di letture svolte nella Facoltà napoletana di
medicina, ed un altro sul secondo libro36; Ciruelo si propose, nei suoi Apotelesmata christiana, di
espurgare la stessa dottrina tolemaica da falsità e frivolezze, segnatamente di provenienza araba.
Guido Bonati, Albumasar, Ibn Ezra e la generalità degli astrologi, osserva, confondono tra loro
elementi superstiziosi e cose naturali. In questo modo essi tessono una tela con fili di diversa specie.
Questo, dice Ciruelo,37 è proprio ciò che io cerco di evitare, ricordando il detto della Sacra Scrittura:
non seminare il tuo campo con diversi semi38.
L'attitudine critica che Ciruelo manifesta verso Tolemeo si basa sull'attribuzione al
matematico di Alessandria del centiloquium, dove sono presenti alcune, poche sentenze che trattano
della dottrina congiunzionista. Invero, fino alla metà del XVI secolo, il centiloquium era pressoché
unanimamente ritenuto una raccolta di aforismi provenienti direttamente da Tolemeo. Tra le poche
eccezioni possiamo annoverare uno dei critici dell'astrologia del Cinquecento: Pontus de Tyard,
alcuni secoli prima di Richard Lemay, considerava i cento aforismi come la falsificazione del suo
stesso commentatore arabo39. Possiamo quindi comprendere come uno dei commentatori della
prima metà del XVI secolo, intendo Giuliano Ristori, magnificasse a tal punto le grandi
congiunzioni. Infatti Ristori, che cita sovente dal centiloquium, osserva che Tolemeo, nei suoi
aforismi, esalta le congiunzioni dei pianeti superiori; quindi, rivolgendosi ai suoi studenti, dice: voi
dovete aver sempre fiducia in questi aforismi, essi sono attendibili, poiché provengono dalle
osservazioni40.
Ristori fu uno dei tanti astrologi convinti che la dottrina congiunzionista di Abü Maœñar
costituisse un contributo importante, capace di accrescere e migliorare l'abilità dell'interpretazione
astrologica. In contrario a questa concezione, possiamo leggere uno degli ultimi commentatori di
Tolemeo. Valentin Nabod, commentando il passo di quadripartitum II, 4: «La prima e più potente
causa degli eventi universali sono le congiunzioni eclittiche del sole e della luna e i transiti delle
stelle in quel tempo», osserva:

Sed dicat aliquis, hoc textu Ptolemæi potius extolli atque communiri de magnis coniunctionibus
doctrinam, quam tolli: siquidem non tantum defectibus luminum, sed et meantium stellarum transitibus vis
magnos et generales eventus efficiendi tribuitur? Respondeo, quamvis Ptolemæus in generalibus
mutationibus planetis superioribus æque atque reliqua astrologorum multitudo vim tribuat, non tamen
tantum, neque sic quemadmodum ipsi de potentia illorum sentit. Etenim ipsi pro magnorum eventuum
temporibus et locis, eruendis, Iovis et Saturni coniunctiones potissimum observant, atque earundem

35
«Cum his tamen regulis stat quod si celi differant specie inter se, forte maior est perfectio essentialis stellarum
superiorum quam inferiorum, ut saturni quam solis et cetera. Hoc tenet sanctus Thomas in commentario suo super
duodecimo libro metaphisice. Sed de tali perfectione iam non est astrologi disputare, sed solius primi philosophi: nunc
autem solum de activa virtute stellarum ad hec inferora intendimus», ibidem.
36
Ad Sylvium Pandonium Boviani Episcopum Eutichi Augustini Niphi Philotei Suessani ad Apotelesmata Ptolemæi
eruditiones, Neapoli 1513; Eutichi Augustini Niphi Ph. S. de nostrarum calamitatum causis liber ad Oliverium Carafam
Cardinalium maximum, Venetiis 1505.
37
Apotelesmata astrologiæ christianæ…, cc. aiiiv.
38
Leviticus 19.19: «Agrum tuum non seres diverso semine. Veste, quæ ex duobus texta est, non indueris».
39
Mantice ou Discours de la verité de Divination par Astrologie, Lion 1558, p. 13: «Haly faussaire de son Ptolomee en
cent endrois».
40
Lectio XLIII, fo. 184v-185r.

42
effectum ad multa secula extendunt. At Ptolemæus econtrario tempora et loca effectuum ex solis
luminarium defectibus colligit.
Qualcuno potrebbe dire che in questo passo Tolemeo non sopprime la dottrina delle grandi
congiunzioni, ma che al contrario offre ad essa supporto e vigore, giacché viene attribuita forza di causare
grandi e generali eventi non soltanto alle eclissi dei luminari, ma anche ai transiti delle stelle erranti. Ma io
rispondo: sebbene Tolemeo, come molti altri astrologi, ascriva ai pianeti superiori la forza di causare eventi
di carattere generale, nondimeno non concorda con loro per quanto è del loro potere. Essi invero, nelle loro
investigazioni sul tempo e il luogo degli eventi generali, osservano, sopra ogni cosa, le congiunzioni di
Giove e di Saturno, e ne estendono gli effetti nel corso di molti secoli. Tolemeo, al contrario, deduce il
tempo e il luogo degli effetti unicamente dalle eclissi dei luminari41.

Non è sorprendente che gli astrologi medievali abbiano reso l'un l'altro compatibile Tolemeo e
Abü Maœñar, senza alcuna contraddizione apparente, se teniamo conto che il centiloquium era
unanimamente riconosciuto come un'opera genuina di Tolemeo. Consideriamo, per esempio, il
Dialogus di Giovanni Abbiosi, dove vediamo Tolemeo, non Albumasar, replicare al sophista,
citando dal centiloquium come sua propria opera, sulla questione delle grandi congiunzioni e delle
rivoluzioni degli anni del mondo42. Le concezioni astrologiche dell'Abbiosi sono tipiche di molti
astrologi del suo tempo, quelli che, per ripetere le parole di Thorndike, «ritenevano che molte cose
sono state scoperte dal tempo di Tolemeo, e che gli autori arabi hanno spiegato ed accresciuto»43.
Abbiamo detto che nel centiloquium vi sono alcune, poche, sentenze che trattano distintamente delle
congiunzioni e delle rivoluzioni. Fu l'arduo compito di quegli astrologi che intendevano seguire la
pura dottrina del quadripartitum, come Giorgio di Trebisonda e Gioviano Pontano, il cercare di
spiegare quelle sentenze in un diverso modo44.
Uno tra i più antichi commentatori del quadripartitum tolemaico, il medico egiziano œAlï ibn
Riàwän, afferma che il centiloquium è uno scritto ermetico. Ibn Riàwän muove cinque aspri attacchi
ad Abü Maœñar, tutti con l'intento di dimostrare la sua ignoranza o almeno la sua imperfetta
comprensione dell'astronomia e denunciare gli elementi superstiziosi della sua dottrina. Nel
commento al secondo capitolo del primo libro, egli dice che Abü Maœñar e i suoi seguaci si
dedicavano con avidità e impazienza al conoscere ciò che è impossibile, quali i cicli dei millenni e
dei secoli. Ibn Riàwän allude qui alle tasyïrät e alle intihä’ät, le progressioni regolari e le

41
V. Nabod, Enarratio... cit., pp. 355-356.
42
Dialogus in Astrologie defensionem cum Vaticinio a diluvio usque ad Christi annos 1702, Venetiis 1494.
43
L. Thorndike, A History of Magic and Experimental Science, New York V, 1941, p. 221.
44
I migliori esempi sono costituiti dalle sentenze 58 e 64. La prima presenta, nei manoscritti medievali, la parola
alkirem, che è traslitterazione dell'arabo al-qirân. Ma quei lettori, come Giorgio di Trebisonda e Gioviano Pontano, che
avevano tra le mani il testo greco del karpov~, leggevano suvnodo~, e pensavano che Tolemeo si riferisse qui alle
congiunzioni del sole e della luna. Il secondo aforisma tratta della grande, media e minore congiunzione dei pianeti
superiori. Pontano (Commentariorum in centum Claudij Ptolemæi sententias, libri duo, Basileæ 1531, p. 114) confessa
qui il suo turbamento: «Verba ipsa magnopere me addubitare faciunt propter obscuritatem». Non diversamente Giorgio
di Trebisonda (Claudij Ptolemæi Alexandrini Astronomorum Principis Centum sententiæ interprete Georgio
Trapezuntio..., Romæ 1540, cc. Kiir. Nella sua critica alla dottrina congiunzionista, C. Scepper cita sia Pontano che
Giorgio di Trebisonda (Assertionis fidei adversus astrologos, sive de significationibus coniunctionum superiorum
planetarum anni millesimi quingentesimi vicesimi quarti, Antverpiæ 1523, cc. 14v; 120v-121r. Soltanto Francesco
Cigalini (op. cit., pp. 407-410) cercò di trovare un "reale significato tolemaico" al secondo aforisma: assumendo che le
tre congiunzioni sono congiunzioni dei luminari, la maggioire è la congiunzione defectiva, ossia un'eclisse, la media è la
congiunzione dei luminari che precede ogni stagione, la minore è congiunzione mensile. Pedro Ciruelo offre
una'interpretazione leggermente diversa: «Ergo volentes in hoc capitulo modum precedentis observare in divisione
maiorum constellationum per medias et istarum per minores, anni principium in equinoctio vernali mensis martij et in
principio signi arietis ponimus, existimantes figuram principij veris esse velut unam magnam coniunctionem sub qua
tres alie medie ipsam dividentes erunt figure principiorum estatis, autumni et hyemis et sub qualibet earum lunationes
mensium erunt quasi minores coniunctiones, medias et maiores dividentes; sed has figuras omnes, more Ptholemei,
figuras coniunctionum vel oppositionum solis et lune facere intendimus, utpote quia in eis est maior certitudo»,
Apotelesmata ... cit., II, 3, cc. hvv.

43
profectiones impiegate da Abü Maœñar nel Kitäb al-ulüf,45 il Liber millenarius ora perduto sia in
arabo che in latino, ma ben noto agli astrologi latini del medioevo46. Nondimeno, se Ibn Riàwän
critica nella sua interezza la dottrina di Abü Maœñar47, accetta gli effetti apotelesmatici che le
congiunzioni dei pianeti superiori hanno in se stesse. Nel commento al quarto capitolo del secondo
libro del quadripartitum, Ibn Riàwän combina tra loro le eclissi e le congiunzioni di Giove e
Saturno. In seguito, nella sua esposizione dei cicli di queste congiunzioni, egli va oltre il ciclo dei
960 anni. In questo arco di tempo, Saturno e Giove formano quattro medie congiunzioni in ciascuna
triplicità dello zodiaco, ovvero quattro intiqäl, transiti da una triplicità ad un'altra, ovvero 240 per 4.
E in 2880 anni si contano 12 intiqäl, ovvero 240 per 12, e 144 congiunzioni di Saturno e Giove
(2880 : 144 = 20). Infine, se moltiplichiamo le 144 congiunzioni per i dodici segni zodiacali,
avremo 1728 congiunzioni, e queste congiunzioni si produrranno in 34560 anni. Questo numero è
assai prossimo alla rivoluzione completa delle stelle fisse48. Per questo motivo, conclude Ibn
45
Cf. E. S. Kennedy, “Ramifications of the World-Year Concept in Islamic Astrology”, Ithaca. Actes du Dixième
Congrès International d’Histoire des Sciences, Paris 1964, vol. I, pp. 23-43; D. Pingree, The Thousands of Abü Maœñar,
London 1968, pp. 57ss.
46
Cf. G. Bonati, Decem continens tractatus de astronomia, Auguste Vindelicorum 1491. Nel capitolo 117 del libro VIII
Bonati riporta il lungo giudizio che Abü Maœñar presenta intorno alla successione al califfato, fondato sull'introitus solis
in Arietem dell'anno 656 (16 Ramadan 35H). È questa una citazione dal Liber millenarius di Albumasar. Cfr. c. Z3v:
Qualiter sit procedendum super significatores regis et rusticorum secundum Albumasar. È l'anno in cui œUømän b.
œAffän fu assassinato e œAlï ibn Abï Åälib ascese al trono. L'oroscopo è riportato nel Kitäb al-qirânät wa taùäwïl sinï al-
œälam of al-Sijzï, che scrisse nel X secolo un compendium, mujmal, del Kitäb al-ulüf of Abü Maœñar, cfr. D. Pingree, The
Thousands of Abü Maœshar, London 1968, pp. 99-100. Lo stesso oroscopo si può trovare anche in Mäñä’alläh, Fï qiyäm
al-¢ulafä’ wa maœrifa qiyäm kull malik, cf. E. S. Kennedy, D. Pingree, The Astrological History of Mäñä’alläh,
Cambridge, Mass. 1971, p. 133, e in Müsä ibn Nawba¢t, cfr. Al-Kitäb al-Kämil, Horóscopos históricos, ed. trad. A.
Labarta, Madrid 1982, p. 86. Sulla conoscenza del Kitäb al-ulüf in the Latin Middle Ages cfr. Hermann of Carinthia, De
essentiis, ed. Ch. Burnett, Leiden-Köln 1982, p. 140; 164 (Abumaixar in Libro millenario), cfr. Ch. Burnett, The
«Legend of three Hermes and Abü Maœñar Kitäb al-ulüf», Journal of the Warburg and Courtald Institutes, n. 39, 1976,
pp. 231-234.
47
Nel suo commento al quadripartitum, Ibn Riàwän muove alcuni feroci attacchi ad Abü Maœñar e alla sua concezione
dell'astrologia, piena di superstizioni e di errori; cfr. specialmente la critica alla dottrina dei millenni e dei secoli e, in
generale, ai grandi cicli storici: Liber quadripartiti Ptholemei, ides quatuor tractatuum, in radicanti discretione per
stellas de futuris et in hoc mundo constructionis et destructionis contingentibus cum commento Haly Heben Rodan,
Venetiis 1493, cc. 6rb: «Et ego vidi aliquos studentes ... vidi nam ex illis qui studebant in libris miliariorum et
centenariorum et decennariorum et credebant certum et verum esse quicquid locutus fuit ibi Albumasar et similes et
voluerunt hoc experiri in rebus preteritis et ibi nullam certitudinem invenerunt. Et ego dixi: magnum mirum est de vobis
qui dimitt<it>is inspicere motus stellarum et coniunctiones magnas et vultis scire ea que futura sunt per numerum
annorum, quia si hoc verum esset ars astronomie et ea que per stellas scire possumus de eo quod futurum est nihil
esset». Cf. J. A. Seymore, The Life of Ibn Riàwän and is Commentary, Columbia University, 2001, pp. 115ss. Nella sua
parafrasi del commento di Ibn Riàwän's, Conrad Hemgartner ripete questa critica in un tono leggermente diverso:
«Aliqui ut se sapientes ostendant libros fecerunt et nos multis verbis turbaverunt et vias multas quarum nulla recta
dederunt. Quare tibi consulo ut non velis laborare in illis libris et applices mentem et tuum studium ad libros
solummodo Ptholomei, quoniam in eis reperies viam certam et res certificatas et ratione et experientia probatas et
dimittemus sophisticationes et vanitates de quibus Albumasar in libris millenariorum, centenariorum et decanorum (sic)
loquitur, et alij complures. Nam sunt ipsi truffe et vanitates, nec est sapiens qui eis consentiat» ms. BN-Paris lat. 7432
fo. 8v; cfr. ms. BN-Paris lat 7305, fo. 20r-v.
48
Liber quadripartiti Ptholemei ... cit., cc. 37va. Cito qui dalla parafrasi di Conrad Hemgartner (ms. Bn-Paris lat. 7305
fo. 132v) con le varianti del testo latino di Ibn Riàwän: «Et postquam Saturnus et Iupiter coniunguntur vice una
omnibus 20 annis vel circa duodecies in quolibet trigono in 240 anni vel circa stabunt in uno trigono antequam de
trigono illo ad alium mutentur. Aliquando accidit quod 13 coniunctiones fiunt in uno trigono antequam de trigono illo
ad alium mutentur, ut per tabulas motuum patet quas in scientia quadriviali composuimus ad eram Johannis Borbonij
atque Alvernie ducis illustrissimi; et certum est quod coniunguntur in quolibet signo quater et erunt anni 960. Et eorum
coniunctio semper mutatur de uno trigono ad alium trigonum sequentem et de signo ad signum sequens. Verbi gratia,
quando fit mutatio coniunctionis a capite Arietis in 240 annis perveniet ad signum Tauri. Postmodum secundum hoc
convenit ut fit hec mutatio post 960 anni quod iterum redeat ad caput Arietis quoniam in tot annis erunt coniuncti in
quolibet signo quater. Et redibit mutatio ad aliquod signum ad caput de 1920 annis. Et redibit ad primum signum ad

44
Riàwän, le congiunzioni di Giove e Saturno hanno una grande efficacia nel significare i mutamenti
dei regni e delle religioni, le migrazioni dei popoli da un luogo ad un altro.

Figura 3 - Ibn Ridwân

In questo passaggio di Ibn Riàwän abbiamo una delle prime associazioni di due distinte
tradizioni, quella dei cicli delle congiunzioni di Giove e Saturno e quella della rivoluzione
dell'ottava sfera. Ma il numero di 36.000 anni è altresì presente, sebbene sotto la forma di un
immaginario ciclo dotato di una regolare ed uniforme progressione, tasyïr, presso gli astrologi
congiunzionisti. Lo vediamo esposto in Abü Maœñar49 e in Müsa ibn Nawba¢t50. Qui, per contro, Ibn
Riàwän propone un numero per il grande anno misurato sul valore tolemaico della precessione, di
un grado ogni cento anni.

Secondo Abü Maœñar, Saturno e Giove formano una congiunzione ogni 20 anni, e questa
congiunzione è chiamata minor. In seguito, i due pianeti formano 12 o 13 minores coniunctiones nei
segni della medesima triplicità; quindi essi migrano al segno della triplicità seguente dopo 240 anni.
Questa congiunzione è chiamata maior o media. Infine, dopo aver compiuto quattro congiunzioni in
quattro diverse triplicità, ritornano al punto iniziale dopo 960 anni. Questa congiunzione è chiamata
maxima. Gli intervalli fra queste congiunzioni sono computate sulla base dei moti medi dei pianeti.
Il computo è il seguente: il moto diurno medio del centro medio dell'epiciclo del pianeta più lento
deve essere sottratto da quello del più veloce. In seguito, si divide l'intero cerchio di 360 gradi per la
differenza dei summenzionati moti medi dei pianeti e il risultato è l'intervallo fra due congiunzioni,
espresso in numero di giorni.

caput 2896 [2880] annis et in tot annis essent coniuncti 144 vicibus. Et quando multiplicabimus numerum
coniunctionum per numerum signorum erunt coniunctiones 1628 [1728] et erunt anni [circa de] 34000. Et hoc est circa
numerum annorum quibus stelle fixe complent circulum suum per totam spheram. Et in tanto tempore revertitur
principium mutationis ad quodlibet <signum> duodecies, tantum quantum est numerus signorum. Et propter hec
coniunctio Saturni et Iovis habet virtutem magnam valde in regnis et sectis mutandis et habitationibus de uno loco ad
alium, quia uterque planetarum est supremus et virtutis magne».
49
Cf. D. Pingree, The Thousands…, loc. cit.
50
Cf. Kitâb al-azmina wa-l-duhûr, Tratado de Astrología mundial, ed. Ana Labarta, análisis Angel Mestres, Valencia
2005, p. 23.

45
Figura 4 - moti medii

46
Figura 5 - Riccioli intervalla

Gli intervalli proposti da Abü Maœñar, al pari di tutti gli autori arabi, erano più ampi di quelli
offerti dalle Tavole Alfonsine, diversi essendo i parametri dei moti diurni dei pianeti. Nonostante
ciò, i primi intellettuali europei che accolsero entusiasticamente la dottrina congiunzionista, da
Ruggero Bacone a Pierre d'Ailly, accettarono, al di là di ogni dubbio, gli ampi intervalli della teoria
araba. Heinrich von Langenstein, che era contemporaneo di Pierre d'Ailly, nel sottolineare gli errori
di Abü Maœñar, riconosce che i moti medi definiti dalla Tavole Alfonsine sono corretti51. L'anonimo
cracoviense che, nella seconda metà del XV, scrisse un commento ai primi due libri del
quadripartitum tolemaico, suppone che all'epoca di Abü Maœñar non era ancora stata riconosciuta
con precisione la quantità dei moti medi dei pianeti. E tuttavia si meraviglia come molti, tra gli
autori più seri e più illustri, abbiano accettato i moti medi di Abü Maœñar, come una pecora segue
un'altra pecora e si unisce al gregge52 .

51
Cf. H. Pruckner, Studien zu den astrologischen Schriften des Heinrich von Langenstein, Leipzig-Berlin 1933, pp.
142-143; medesima affermazione in P. Ciruelo, Apotelesmata ... cit., II, 2, cc. gviii: «loquendo de medijs
coniunctionibus per tabulas Alfonsi regis que aliarum omnium sunt certissime».
52
Ad Tabulam quadripartiti Ptolemaei explanationes et commentationes, accedit capitulum de dominio anni. ms.
Laurentianus Ashb. 202, fo. 37v: «Credo quod temporibus Albumazar nondum fuit habita vera quantitas mediorum
motuum Saturni et Iovis et merito ipse dominus Albumazar erravit. Sed miror quod tot et tanti viri secuti sunt eum
usque ad nostra tempora, videlicet Abraham Averre, Haly Abenragel, Guido Bonati, auctor summe anglicane,
Cameracensis et alij. Cuius causa non puto aliam nisi quod sicut ovis unus sequebatur alium, nec aliquis curavit ad
praxim predictam quantitatem tam temporis quam motus reponere, quare ad magnos devenerunt errores».

47
Figura 6 - Coniunctionum intervalla

Ma la dottrina congiunzionista di Abü Maœñar era passibile di un'altra critica, poiché i tempi
delle congiunzioni erano calcolate sulla base dei moti medi dei pianeti, e siffatte congiunzioni
medie, osserva Ciruelo, sono fittizie e non possono essere causa di alcun effetto nel mondo53.
Inoltre, le congiunzioni medie raramente coincidono con le vere, poiché questo succede solo quando
i due pianeti si trovano all'apogeo o al perigeo dell'epiciclo o dell'eccentrico54. Nondimeno, gli
astrologi medievali erano consapevoli che solo nelle congiunzioni vere, non nelle medie, doveva
essere posto l'influsso55. E per questa ragione l'anonimo commentatore di Cracovia afferma che Abü
Maϖar, uomo di grande sapienza, fondava i suoi giudizi sulle congiunzioni vere56. D'altra parte,
l'astrologo medievale non si poneva il problema della determinazione del tempo esatto della
congiunzione vera, poiché il giudizio che si traeva dalle congiunzioni dei pianeti superiori si
fondava su un diverso momento del tempo: l'ingresso del sole nel primo punto dell'ariete. E tuttavia,
53
P. Ciruelo, op. cit., I, 2, cc. gviiiv: «Albumazar solas medias coniunctiones superiorum planetarum curavit, que sunt
pure imaginarie et nullum effectum faciunt in mundo». Cf. L. Bellanti, De astrologica veritate, XI, 3 Florentiæ 1498; G.
Tannstetter, Libellus consolatorius, Viennæ 1523, cc. biiir. Sarebbe troppo lungo e noioso recensire tutte le opinioni
sulla questione; G. B. Riccioli, Almagestum ... cit., p. 672 e G. Cervi, Anergica magnarum coniunctionum panurgia.
Problema Physico-Theologico-Astrologicum, Parmæ 1683, pp. 11-12, ne danno una rassegna.
54
Cf. Pierre d'Ailly, Elucidarium ... cit., c. 26, cc. f6r: «Et aliquando vera cum media concordat in tempore, sed hoc
contingit rarissime, videlicet quando ipsi planete sunt in auge vel opposito augis ecentrici vel epicicli».
55
Pierre d'Ailly, op. cit., c. 13, cc. f1r: «Sed tamen astronomi iudicant secundum coniunctiones vera, quia autores
volunt influentias planetarum magis habere processum in coniunctionibus veris quam in medijs. Unde secundum
Alkindum in effectibus magnis provenientibus ex magnis coniunctionibus saturni et iovis non debemus habere
respectum ad eorum motus medios, sed ad veros et ad veram eorum coniunctionem, licer Albumasar secundum medios
motus eorum processerit».
56
«Et ego tamen credo dominum Albumazar fuisse magne sapiencie virum et iudicia sua super certissimis fundasse
radicibus et super coniunctionibus veris, sed de medijs mencionem facit more antiquorum sapientum», Ad tabulam ...
cit., fo. 38r.

48
poiché l'esatto momento delle congiunzioni vere costituiva un punto critico che aveva un'importanza
decisiva rispetto agli eventi ad esse riferiti, molti disputavano intorno alla possibilità di conoscere
questo momento. Nel commento al secondo capitolo del primo libro del quadripartitum, dove
Tolemeo espone qual è l'azione propria del sole, della luna e dei pianeti, Cardano riconosce
l'impossibilità di determinare non solo l'ora, ma anche il giorno della congiunzione vera dei pianeti
superiori. Da qui, conclude, ciascuno può chiaramente comprendere quanto incerta sia questa
dottrina57. Il medesimo Cardano è l'autore di una concisa sentenza, dai toni lapidari di un aforisma,
sulla quale non mancarono di riflettere gli astrologi posteriori:

Veri motus actiones perficiunt, medij autem sunt ut illorum exempla.


I moti veri portano a compimento le azioni, i medi sono i loro modelli58.

Francesco Levera, nel suo lungo capitolo De motibus secundorum mobilium æqualibus vulgo
medijs, ac simplicibus, eorumque viribus, ac virtutibus, cita questo aforisma di Cardano e cerca di
stabilire una distinzione significante tra i moti medi e i moti veri dei pianeti: nei primi vi è unitas et
simplicitas et integra virtus, ordo et perfectio, nullusque excessus neque defectus, nei secondi vi
sono condizioni accidentali, minime autem essentiales. Egli si fonda sull'autorità di Aristotele, in
particolare nella physica, dove il filosofo afferma che, quantunque una parte del moto circolare
(periforav) è una porzione del tempo, certamente non è un moto circolare, giacché ciò che è preso
non è che una parte del moto circolare, non il moto circolare nella sua totalità59. Per Levera, la
porzione del moto circolare è il motus inæqualis e il moto circolare nella sua totalità è il motus
æqualis, ben ordinato, uniforme, regolare60. L'inizio del moto circolare dei pianeti e, per così dire, i
loro momenti critici, avviene quando sono congiunti al sole od opposti ad esso, all'apogeo o al
perigeo del loro eccentrico, poiché allora non vi è differenza tra il moto medio e quello vero. Queste
posizioni devono essere considerate critiche, perché esse sono, per i pianeti, ciò che le sizigie sono
per la luna. In tutti gli altri momenti del loro moto circolare le posizioni medie divergono da quelle
vere, a causa della distanza dei pianeti rispetto al sole e alla terra. Levera pertanto conclude che, se
poniamo la questione in accordo all'ordine naturale, i moti medi sono i primi: essi vengono prima e
precedono ogni irregolarità ed anomalia e per questo dobbiamo ritenere che non siano privi di
un'azione nel mondo sublunare61.
In conseguenza di queste argomentazioni, Levera concorda con l'ipotetica conclusione
suggerita da Riccioli: in forza dei loro moti veri Saturno e Giove permangono congiunti durante tre
o quattro giorni; al contrario, la congiunzione dei centri dei loro epicicli avviene in un istante. Per

57
H. Cardano, Opera Omnia, t. V, Lugduni 1663, p. 173b: «Igitur nec certa dies, nedum hora, aut cœli figura et status,
haberi possunt (...) Hanc ob causam scientiam talium coniunctionum quæ ad hanc usque diem celebrata fuit, quam parvi
sit momenti, clare quisque intelligit». Cf. V. Nabod, Enarratio... cit., p. 357.
58
Aphorismorum astronomicorum segmenta septem, in: Opera Omnia, t. V, Lugduni 1663, p. 68a (vi, 9).
59
Fisica iv, 10; 218b1.
60
Fr. Levera, Prodromus Universæ Astronomiæ restitutæ ..., Romæ 1663, pp. 78: «Simplices enim et æquales motus
cælestium corporum, eorumque coniunctiones per motus eorundem æquales, considerabiles etiam admodum fiunt
propter harmoniam, relationem, et proportionem continuatam, et perpetuam, quam habent ad partes omnes sui motus,
necnon ad reliquas coniunctiones invicem æquales lege naturæ, tam præcedentes, quam sequentes in cunctis seculis:
tum etiam quia æquales, seu medij motus tantum, minime autem inæquales, habent harmonia, proportionem, et
analogiam in cunctis partibus sui motus cum vera, et tota periodo eiusdem motus».
61
op. cit., pp. 69ss.; cf. p. 77-78: «Nam licet tunc non appareant nobis coniuncti respectu terræ, quam habitamus, tamen
coniuncti sunt respectu aliorum centrorum, quæ in Universo habent; et in hæc inferiora, quamvis non influant directe sic
coniuncti, tamen influunt reflexe, et per consensum partium, ut supra diximus. Quin immo influxus, et actiones
cælestium corporum digniores, et nobiliores, sunt magis ab æqualibus, et in sua æqualitate semper perseverantibus
motibus et circulationibus».

49
questa ragione noi dobbiamo servirci dei moti medi e delle congiunzioni medie, e non delle vere62.
Solo la media congiunzione rende possibile determinare il minuto del tempo, l'oroscopo63.
Per l'astrologo medievale una simile questione è priva di senso reale. Se gli astrologi del
Rinascimento accettarono la dottrina congiunzionista, ne tralasciarono nondimeno alcuni elementi
che costituivano parte integrante della dottrina. Guglielmo d'Aragona, nel suo commento al verbum
64 del centiloquium, espone in modo conciso tutti gli elementi da cui dipende il giudizio; e questo
egli compie seguendo l'ordine discendente, a partire dalla congiunzione dei pianeti superiori, poiché
le congiunzioni sono il principio, la regola e la misura di tutti gli altri elementi (coniunctiones enim
Sunt principium et regula et mensura omnium)64:

minor coniunctio continet 20. revolutiones annorum et quelibet revolucio quartas anni et quelibet quarta
ad minus 3. coniunctiones et 3. preventiones et 6. quadraturas et quelibet quadratura 7. dies, dies autem
est indivisibilis revolucio, omnes predictas mensurans.

la congiunzione minore contiene 20 rivoluzioni dell'anno ed ogni rivoluzione contiene almeno tre
congiunzioni e tre opposizioni <del sole e della luna> e sei quadrature ed ogni quadratura contiene sette
giorni e il giorno è la rivoluzione indivisibile, che misura tutte le altre rivoluzioni.65

Per la maggior parte, i prognostica annuali, dal medioevo fino a ben oltre il Rinascimento,
presentano, seguendo un ordine preciso, tutti gli elementi dell'astrologia cattolica araba. All'inizio
del suo primo prognosticon per l'anno 1484, Domenico Maria Novara spiega distintamente i due
metodi sui quali si fondano le prognosticationes, il metodo di Tolemeo e quello di Abü Maœñar. Ma
il Tolemeo di Domenico Maria, come pure quello della maggioranza degli astrologi del medioevo e
del Rinascimento, non è solo l'autore del quadripartitum, ma altresì del centiloquium:
Scias quod revolutiones annorum mundi qui certitudinem iudicij in pronosticando demonstrant ex
tribus potissimis partibus complentur. Et prima illarum que omnibus fortior existit sumitur a gradibus
magnarum coniunctionum et a perfectu ex locis ipsarum cum applicatione loci divisionis. Secunda vero
fuerit ex eclipsibus que accidunt in sole et luna in quantitate tenebrarum: hanc autem viam insequitur
Ptholomeus in secundo quadrupartiti. Aliam vero tradit Geophar in libro de magnis coniunctionibus et
quidam revolvunt super hec duo principia sicut Albumasar tractatu preallegato videtur annuere. Tertia vero
et ultima ab introitu solis in puncto vernalis equinoctij et ab hora coniunctionis seu oppositionis luminarium
cum dispositione stellarum perficitur. Necesse est igitur pronosticatorem super his tribus principijs
considerare si qualitates futurorum effectuum prescire voluerit.

Sappi che le rivoluzioni degli anni del mondo che indicano la certezza del giudizio nel pronosticare
si compongono di tre parti principali. La prima di esse, di tutte la più efficace, si prende dai gradi delle
grandi congiunzioni e dalla progressione dei loro luoghi e dall'applicazione del luogo della divisione. La
seconda si prende dalle eclissi che accadono al sole e alla luna e dalla quantità del loro oscuramento; e
questa è la via che segue Tolemeo nel secondo libro del quadripartitum; l'altra invece è tramandata da

62
G. B. Riccioli, Almagestum novum ... cit., p. 672. Nel capitolo Mediæ an veræ coniunctiones sint considerandæ cum
de magnis aut maximis agitur?, Riccioli presenta un punto di vista squisitamente astrologico: se la congiunzione media
precede la vera, è la mediache dà il via alla vera; in caso contrario, entrambe trattengono qualcosa dell'impressione
fatta. Il primo caso si accorda al tropo astrologico dell'applicazione del pianeta veloce al più lento; il secondo caso, si
accorda alla separazione. La suggestione del Riccioli è citata dal Levera, op. cit., p. 67 ed è ripresentata dal G. Cervi,
op. cit., pp. 11-12, come sua propria.
63
Cf. A. Zoboli, Asicometologia. Discorso del Sig. Dottore Alfonso Zoboli Reggiano intorno all'apparizione della
nuova Stella, et del corpo metheorologico, che si viddero circa alla fine dell'Anno MDCXVIII, Bologna 1619, p. 73: «Io
sto in forse di credere se la congiontione presa con li mezi moti de' pianeti sia di ugual'efficacia con la congiontione
vera, il che se non assolutamente si dovesse affermare, crederei però che fosse di forze poco inferiore, alla qual cosa mi
esorta l'esperienza delle Sisige de' luminari, nelle quali sovente si vedono precedere o seguirne effetti, che non sono
punto accennati nella congiontione vera, ma di questo in altro luogo. Ho voluto di ciò far mentione con l'occasione che
chi si volesse valere della congiontione de' superiori presa secondo questi mezi moti per trovare l'ascendente di tal
congiontione, sappia che più esattamente potrà trovarlo che per il moto vero».
64
Centiloquium ... cit., fo. 84v.
65
Centiloquium ... cit., fo. 109r.

50
Albumasar (Geophar) nel libro de magnis coniunctionibus, ed alcuni percorrono entrambe queste vie, e
questo modo sembra approvare Albumasar nel trattato summenzionato. La terza ed ultima procede
dall'ingresso del sole nel punto dell'equinozio vernale e dalla congiunzione od opposizione dei luminari
unitamente alla disposizione degli astri. È invero necessario che il pronosticatore, se vuole preconoscere la
qualità degli eventi futuri, prenda in considerazione questi tre principii. 66.

Domenico Maria prosegue poi esponendo i cinque elementi che l'astrologo deve considerare se
vuole compiere un corretto giudizio sugli eventi futuri: 1. il tempo dell'ingresso del sole nel punto
dell'equinozio vernale; 2. la sizigia che precede quell'ingresso; 3. le congiunzioni dei pianeti
superiori già trascorse; 4. le progressioni dei luoghi delle grandi congiunzioni; 5. la determinazione
dell'orbis magnus, secondo quanto insegna Albumasar. Questi cinque elementi concordano con la
dottrina che Abü Maœñar presenta nel primo capitolo del primo libro del de magnis coniunctionibus,
dove gli elementi tolemaici, eclissi e sizigie, sono subordinati ai grandi cicli e alle rivoluzioni degli
anni del mondo.
Poiché il ramo dell'apotelesmatica cattolica tramandata dagli Arabi si modella sulle tecniche
della dottrina delle natività, era necessario trovare, come è nelle natività, un principio definito, a
partire dal quale fosse possibile sviluppare un ciclo regolare ed uniforme del dominio dei segni e dei
pianeti. Questo sviluppo uniforme del dominio fu costruito su un modulo sessagesimale, analogo a
quello che, nella dottrina delle natività, è la profectio, intihâ'. Di norma, gli astrologi non assunsero,
in quanto punto iniziale, una presunta natività del mondo, ma la grande congiunzione dei due
pianeti superiori, Saturno e Giove, che occorse prima del diluvio noetico. Lucio Bellanti giustifica,
nella sua replica a Pico67, la ragione di questa scelta:

Si mundi initium haberemus, proculdubio ab ipso ordinem susciperemus. Sed quoniam per diluvium
mundus quodammodo innovatur eiusque innovationis causa fuit Saturnus, primus planetarum altior,
signumque Cancri potens unus ex quatuor cardinibus proprius ad zenith partis terre, ideo his duobus vis et
potestas tributa est.

Se noi conoscessimo l'inizio del mondo, procederemmo senz'altro da lì. Ma poiché il mondo è stato in
qualche modo rinnovato dal diluvio e la causa di questo rinnovamento fu Saturno, il pianeta più alto, mentre
il segno del Cancro è uno tra i cardini più potenti, essendo prossimo allo zenith, ad essi furono attribuiti
forza e potere68.

Questa congiunzione avvenne 279 anni prima del diluvio, ovvero nel 3101 avanti Cristo; a partire
da questa congiunzione si sviluppa un ciclo di 360 anni, governato congiuntamente da un pianeta e
da un segno zodiacale; questo ciclo è poi diviso in dodici parti di 30 anni ciascuno, governato a sua
volta da un pianeta e da un segno dello zodiaco. Il termine arabo che denota questo ciclo è dawr,
che ha più accezioni nel lessico astronomico: rivoluzione, rotazione, periodo, orbita69, ma gli
astrologi medievali tradussero il termine con orbis, e il dawr più grande, di 360 anni, fu chiamato
orbis magnus.
L'orbis magnus è una sorta di contenitore di tutto ciò che accade entro il suo periodo:
l'astrologo, pertanto, deve principiare da lì. Di conseguenza, Domenico Maria Novara afferma, nel
prognosticon dell'anno 1500, che la prima considerazione, nei giudizi astrologici, riposa
sull'osservazione dell'orbis magnus70. Nel suo prognosticon del 1484, Domenico Maria inizia col
dichiarare qual è l'orbis magnus della sua epoca: è il XIV, e fra i pianeti la luna, fra i segni il Leone

66
Pronosticon magistri Dominici Marie de Ferraria anni domini 1484.
67
Adversus astrologos, in: Opera, Argentorati 1504, cc. 158v: «Dicant igitur mihi si magni illi orbes sint statuendi an in
ipsa prima mundi constitutione, cui omnes consentiunt, novi orbis exordium faciant an non faciant».
68
Responsiones in disputationes Iohannis Pici Mirand. Co. adversus astrologos, Florentiæ 1498, cc. fvv.
69
Cfr. Abü MaŒñar on Historical Astrology, by K. Yamamoto, Ch. Burnett, Leiden-Boston-Köln 200, I, p. 587.
70
This is the general rule, cf. Pierre d'Ailly, Elucidarium... cit., ch. 19: «Sciendum est ergo quod antiqui philosophi
dixerunt et experientia docuit quod signa et planete dominantur orbibus successive idest unum signum et unus planeta
regunt mundum universaliter per 360 annos et hoc temporis spacium vocant orbem magnum».

51
assumono il dominio. Il Novara cita, fra le sue autorità, l'autore della Summa anglicana.71 In effetti,
Giovanni di Ashenden, come Giovanni di Glogau, espone alcune regole riguardo all'osservazione
del signum orbis magni: occorre valutare le condizioni del segno e del suo signore al tempo della
sizigia che avvenne prima dell'equinozio vernale e al tempo dell'ingresso del sole nel primo punto
dell'Ariete72. E poiché questo segno, il Leone, è corrotto dai due infausti pianeti nella rivoluzione
dell'anno (in particolare dall'opposizione di Marte), l'astrologo presagisce che l'Italia sarà
violentemente squassata da guerre. Vi è da notare che qui il Novara, al pari di molti altri astrologi,
mischia insieme elementi arabi e tolemaici, giacché assume la corografia astrologica di Tolemeo,
che pone l'Italia sotto il segno del Leone.

Figura 7 - Orbis magnus

71
John of Ashenden, Summa astrologiæ ... cit., I, 4, cc. 12rb.
72
Ioannes Glogoviensis, Tractatus preclarissimus in judicijs astrorum de mutationibus aeris cæterisque accidentibus
singulis annis evenientibus iuxta priscorum sapientumque sententias, Craciovie 1514, cc. 2ra.

52
I modi del giudizio dell’orbis magnus non si ritrovano in Abü Maœñar, ma costituiscono
un'elaborazione degli astrologi dell'occidente. Ne abbiamo un chiaro esempio nel iudicium di
Clemente Clementini per l'anno 1497. Egli inizia la sua interpretazione degli eventi futuri partendo
dalle cause più generali, ovvero dalla considerazione dell'orbis magnus. Poiché la luna è signora
dell'orbis, la condizione degli esseri umani è debole e la durata della loro vita non potrà che esser
breve. Il Leone, segno dell'orbis magnus, significa uomini superbi e rapaci. Mercurio, che è il
divisore, significa uomini ingegnosi e abili, e così via dicendo73.
Dopo aver definito il segno e il pianeta che governano il magnus orbis, l'astrologo tratta
delle congiunzioni dei pianeti superiori e della rivoluzione dell'anno. L'ingresso del sole nel primo
punto d'Ariete costituisce l'elemento capitale per la formulazione dei giudizi degli eventi dell'anno.
Nel suo commento al quadripartitum, Ibn Riàwän critica con forza questa procedura, in quanto
assolutamente discordante con la dottrina tolemaica:

Sunt tamen alij aliter dicentes quod significatio cuiuslibet temporis accipienda est ab hora introitus solis in
aliquod quatuor punctorum. Et hec oppinio est quatuor rationibus defectiva, prima quia complexio solis et
lune est forcior et maioris potencie quam vurtus solis cum virtute illius puncti. Nam toti signo non est data
virtus nisi propter solem et quanto magis uni puncto signi. Secunda quia circumferentia non habet
principium. Tertia quia quando sol ingreditur in principium arietis certificari precise non potest propter
diversitatem tabularum et quia quantitas anni precise numquam fuit inventa, que tamen necessaria ad hoc
est, sed ita non sunt coniunctiones et oppositiones quia certificari possunt, ut patet in eclipsibus, quoniam
eorum ascendentia concordant cum omnibus tabulis. Quarta ratio: signa Sunt mansiones tantum, sed virtutes
et operationes Sunt stellarum, ideo huic puncto non inest formalis virtus que ab ea regatur totus annus. Per
hoc enim intelliges quod virtus coniunctionis et oppositionis est maioris potencie quam quando sol
ingreditur punctum illum.

Vi sono però altri che affermano che il significato di ciascuna stagione si trae dall’ora dell’ingresso del Sole
in ciascuno dei quattro punti. Ma questa opinione è ricusabile per quattro motivi: primo, poiché la
complessione del Sole e della Luna è più forte e ha maggior potenza che non la virtù del Sole unita alla
virtù di quel punto, giacché non è data al segno, nella sua interezza, virtù alcuna che non provenga dal Sole
e a maggior ragione a un punto del segno; secondo, poiché non vi è un principio nella circonferenza; terzo,
perché non è possibile determinare con precisione il tempo dell’ingresso del Sole al principio dell’Ariete,
diversi essendo i risultati in tutte le tavole, in quanto non si conosce con la dovuta precisione la quantità
dell’anno, che pure è necessaria a questa computazione. E questo non è il caso delle congiunzioni ed
opposizioni, le quali possono essere determinate e i cui risultati concordano in tutte le tavole. E questo è del
resto ben palese anche nella determinazione delle eclissi. Quarto, i segni altro non sono che dimore, ma le
virtù ed operazioni sono nelle stelle: non vi è quindi in codesto punto una virtù formale da cui si possa dire
che l’anno intiero è governato. Puoi così comprendere che la virtù della congiunzione ed opposizione ha
potenza maggiore dell’ingresso del Sole in questo punto. Ed avendo maggior potenza, trae a sé l’altra virtù
ed essa è la reggitrice74.

73
See for example Cl. Clementini, Iudicium anni huius Mccccxcvii Clementini de Clementinis de Ameria artium et
medicine doctoris, Romæ, s.d.: «Ut rectum sapientis ordinem nature sequamur, primum a generalibus initium faciemus
exinde gradatim disserendo proficiscemur ad specialia. Cum itaque hac tempestate universus orbis terrarum sub Luna
domina magni orbis regatur, ideo genus hominum imbecillius: sumus enim vita breviores, magna paramus, sed nihil
tandem laudabile perficimus, facili ratione sententiam mutamus, nimium ventri dediti sumus, frequentius in egritudines
labimur. Et quamvis a veteribus omnia ad bene beateque vivendum accuratissime excogitata sint nobis relicta. Attamen
deteriores continue sumus et difficillime vivitur. Luna autem hec omnia ludibria et instabilia facit, quoniam incredibili
velocitate suum peragit motum dispositionemque sue nature continue mutat atque inferior est ex materia crassiori
compacta. Preterea Leo signum magni orbis superbos homines facit et rapaces, vi et dolo transgreditur iura, bella movet,
imperia mutat, ad maiestatem domini suscipit tyrannos qui maxima cupiditatis avaritia sitiant aurum. Denique Leo una
cum Luna societate coniuncti facit homines emulos, ambitiosos, superbos, qui sese inani gloria efferant et qui vincere
ultra vires conantur et excellere. Sed Mercurius qui hoc anno est magni orbis divisor ingeniosa facinora excogitabit,
ingenuos homines faciet, acutos et mercatores qui se ad omnia scient accommodare. Iuppiter autem dominus termini
gradus divisionis auget facultatem honorum, religionem colit, pios et benivolos homines facit».
74
Cito dalla parafrasi di Conrad Hemgartner, ms. BN-Paris lat. 7432 fo. 58v, cfr. Liber quadripartiti ... cit., cc. 47v. Gli
argomenti di Ibn Riàwän furono accolti da Domenico Maria Novara che, nel suo iudicium dell'anno1496 afferma:
«Consideraremo le prevention de li dui luminari che precedano lo introito del sole ne li quattro puncti cardinali cum

53
La critica di Ibn Riàwän poggia su due elementi: uno è astrologico e contrappone la virtù dei
luminari a quella dei segni; l'altro è astronomico, ed è l'impossibilità di determinare con precisione
il tempo dell'ingresso del sole nel primo punto d'Ariete. Possiamo aggiungere un terzo elemento,
correttamente sottolineato da un astrologo della prima metà del XVII secolo, che concerne la parte
migliore della dottrina tolemaica: il metodo stesso che si ha da seguire nell'interpretazione.
Giovanni Bartolini osserva che è costume abituale degli astrologi procedere all'erezione di otto
figure: quattro per gli equinozi e i solstizi e quattro per le sizigie che precedono questi punti. In tal
modo, essi stabiliscono un doppio principio per ciascuna stagione. Questa pratica, commenta
Bartolini, è contraria al sentimento di Tolemeo, che sempre evita la molteplicità dei principii75. Al
contrario, la caratteristica principale dell'apotelesmatica cattolica in occidente è di conciliare tra loro
due teorie che presentano differenti principii. Così stando le cose, ciascuno di questi diversi
principii deve avere un significato distinto: dalle sizigie, si potrà trarre giudizio sugli elementi, dalle
rivoluzioni degli anni del mondo sugli elementata, ovvero sui corpi misti dei viventi che sono
composti di elementi. Pertanto, il primo principio porterà sul mondo naturale che circonda il
vivente e che gli dà nutrimento e regolarità delle condizioni ambientali o carestia e anomalie; il
secondo porterà sulle condizioni di vita del vivente, sui mutamenti sociali, politici, religiosi.
L'anonimo commentatore di Cracovia spiega chiaramente questa distinzione:

Postquam igitur est quod virtus celestis forcior est illa que fit tempore coniunctionis aut oppositionis
precedentis introitum quam illa que fit tempore introitus: est nam tanquam victrix et domina tocius quarti, et
virtus introitalis est tanquam secundaria et sequens illam sicut virtus minor sequitur maiorem et forcior
mutat minorem et reducit eam ad se. Necesse est in primis considerare configuracionem celestem tempore
coniunctionis aut oppositionis precedentis introitum solis in punctum quarti cuius natura querimus et
quoniam illa configuracio est universalis ad elementorum mutacionem principaliter relata. Deinde
considerabitur configuracio tempore introitus tanquam particulariter ad elementata prope relata, quoniam
virtus celestis non pervenit ad elementata nisi per elementa et ita debite complexio quarti cognoscetur.

La virtù del cielo più forte è quella che si produce al tempo della congiunzione od opposizione che
precede l'ingresso [del sole nell'Ariete] e non quella che avviene al tempo stesso dell'ingresso. Essa è infatti
quella che prevale e che ha signoria dell'intero quadrante, mentre la virtù dell'ingresso è secondaria e segue
ad essa al modo stesso che la virtù minore segue la maggiore e quindi la più forte muta la minore e la trae

multe altre constellation pertinente ad esse. Affirmando anchora questo Haly Heben Rodoan suo commentatori nel
secondo del quadrupartito nel capitolo decimo. Et dica li quelli che pongano el principio del anno da lo introito del sole
in ariete errano in quattro modi etc. Sapiano anchora tali a faticarse circa quello che anchora non è trovato». Cfr. C.
Hemgartner, Iudicium anni millesimi quadringentesimi septuagesimi sexti currentis, ms. BN-Paris lat.7446 fo. 5r; P.
Ciruelo, Apotelesmata ... cit., II, 3, cc. hiiiiiv; Fr. Cigalini, op. cit., pp. 299-302; Fr. Giuntini, Speculum astrologiæ,
universam mathematicam scientiam, in certas classes digestas, complectens, Lugduni 1581, II, p. 1160b; G. Abbiosi,
op. cit., cc. diiir-v; tra gli ultimi commentatori di Tolemeo cfr. Cardano, op. cit., p. 122b; V. Nabod, Enarratio ... cit., pp.
357ss.; Idem, In Claudii Ptolemæi Quadripartitæ Constructionis Apotelesmata ... cit., fo. 71v-72r: « Sed consideratione
dignum est cur luminarium syzigias, quæ cardinalia puncta proxime antecedunt, examinare iubeat, et non potius Solis
ad ipsa puncta cardinalia transitum, ut faciunt annuarum mundi revolutiones doctores, qui tantum Solis ad caput arietis
restitutioni tribuunt, ut hoc in negotio syzygias luminarium negligunt, tantum abest ut eas proferant. Ad hanc
hæsitationem respondemus breviter hunc procedendi ordinem requiri omnino in Ptolomæi methodo, ubi virtus potentior,
competenti gradu semper antecedere debet anni imbecilliorem, atque luminarium per se magna potentia, quando per
syzigiam unita quasi conduplicatur in maximam evadit potentiam, et ob id merito præferendam simplici Solis potestati,
quam ad aliquod punctorum cardinalium solus absque Luna socia conscendens acquirit. Ergo memoratæ syzigiæ
luminarium potiora et latius potentiora decernunt accidentia, quo efficitur, ut ea secundum artem per Solis in puncta
cardinalia ingressum et per reliquorum planetarum inambulationes non tolli, sed potius intendi debeant remittique
tanquam a causis inferioribus, quæ, cum ita sese habeant, manifestum est quod annuarum revolutionum mundi
conditores, qui præter syzigiarum proximi signiferi quadrantes antecedentium etiam eclypsium decreta decretis a
domino anni, ut vocant, factis subijciunt, non tantum ab autoritate Ptolomæi, verum etiam a validis eiusdem rationibus
quam longissime recedant».
75
Discorso astrologico delle mutationi de' tempi e delle quattro stagioni, col Pronostico dell'Anno, e dell'Eclisse
Lunare, In Roma 1611, p. 11.

54
ad essa. È pertanto anzitutto necessario considerare la configurazione del cielo al tempo della congiunzione
od opposizione che precedono l'ingresso del sole nel punto del quadrante di cui vogliamo conoscere la
natura, giacché quella configurazione è universale ed è principalmente riferita alla mutazione degli
elementi. In seguito si considererà la configurazione al tempo dell'ingresso, in quanto riferita propriamente
e in particolare agli elementata, poiché la virtù del cielo non giunge agli elementata se non tramite gli
elementi. In questo modo si avrà giusta conoscenza del temperamento del quadrante76

Abbiamo citato all'inizio, le considerazioni di Giovanni di Ashenden circa l'imperfezione o,


se vogliamo, l'incompiutezza dell'apotelesmatica cattolica. Possiamo concludere con un'altra, non
dissimile, considerazione: Tommaso Campanella, nel secondo libro dei suoi Astrologicorum libri,
afferma: la dottrina di Tolemeo è insoddisfacente ed imperfetta, poiché non possiamo avere
conoscenza degli eventi più universali dalle eclissi, in quanto gli eventi significati dalle eclissi non
possono estendersi oltre trenta mesi. Siamo pertanto nella necessità di conoscere le cause maggiori,
di cui Albumasar era conscio, sebbene la sua dottrina sia imperfetta.77 Dal canto suo, Cardano, in
alcuni passi del suo commento al quadripartitum, sembra del tutto trascurare la dottrina
congiunzionista, per esempio laddove dice che se Tolemeo non ha trattato degli eventi di grande
durata, come quelli dipendenti dalle congiunzioni dei pianeti superiori, è perché i loro effetti sono
troppo lenti e indistinti e sono piuttosto l'affare dei profeti, non degli astrologi.78 In altri passi,
tuttavia, Cardano si dilunga ampiamente sulla dottrina del magnus annus e cerca di giustificare la
dottrina congiunzionista, purché fondata sui moti veri.79 Diversa è l'attitudine di Valentin Nabod,
che cerca di piegare il grande ciclo delle congiunzioni di Giove e Saturno all'interno di un magnus
annus naturalis di 800 anni circa, suddiviso in quattro magna tempora di 200 anni ciascuno, i cui
giudizi siano in qualche modo analoghi alle quattro stagioni dell'anno naturale. Pertanto, ogni
coniunctio media è come una grande stagione. In questo magnus annus la qualità apotelesmatica
non dipende dal luogo della congiunzione, ma dalla sequenza regolare delle stagioni. Se quindi noi
cominciassimo dalla grande congiunzione del 1583, il primo ciclo, fino al 1782, sarà come la
primavera dell'anno. E poiché il sole e Giove sono analoghi alla natura della primavera, essi
significano la forza dei re, la restaurazione dei regni, la ricerca della pace, e così di seguito80.
76
Ad Tabulam quadripartiti Ptolemaei explanationes et commentationes, accedit capitulum de domino anni, ms.
Laurentianus Ashburnam 202, fo. 56v-57r.
77
Astrologicorum libri VI, in quibus Astrologia, omni superstitione Arabum, et Iudæorum eliminata, physiologice
tractatur, Lugduni 1629, II, 3, 1, p. 66: «Mancus est Ptolemæus in sua doctrina cum solis eclipsibus mutationes det, et
initia rerum, cum enim istæ sint parvæ durationis, non nisi super res parvi temporis indicationem habent (...) Oportet
ergo causas potiores accipere, quod Albumasar cognovit, sed non perfecit».
78
Opera Omnia... cit., p. 195: «Illud animadvertendum est quod de effectibus longioribus non tractat Ptolemæus, quæ
spectant ad coniunctiones trium superiorum, maxime Saturni et Iovis, quia effectus tardiores sunt, et non adeo
evidentes: qui potius ad prophetas pertinent quam ad astrologos».
79
Opera Omnia... cit., ch. II, 9 (de coloribus in deliquiis et crinitis ac huiusmodi aliis), pp. 214-215.
80
In Claudii Ptolemæi Quadripartitæ Constructionis Apotelesmata ... cit., fo. 16r: «Communiter qui annuos status et
mutationes iudicare volunt, sumunt initium ab ingressu Solis ad æquinoctij punctum vernale ob causas veritati
consentaneas, quas supra memoravimus, similiter dici debet et intelligi longiora tempora ligari et dependere a
coniunctionibus corporum cœlestium rarioribus, qualiter a Saturni et Jovis coniunctione ligantur anni viginti et huius
coniunctionis restitutio ad æquinoctium vernale seu ad initium trizodiæ arietinæ igneæ requirit et continet annos 790,
quod quidem curriculum habet instar cuiusdam anni magni, cuius quadrantes explentur annis ducentis proxime,
debenturque Saturno et Jove coniunctioni in una trizodia persistentibus: vernali eius quadranti debetur trizodia arietina,
æstivo taurina, autumnali Gemellorum et hyemali Cancrina trizodia. Vernale eius tempus nobis instat anno ab anno
1583 protensum ad 1782, cui communi imperio præsunt Sol et Jupiter, pacationem in mundo et collapsorum
distractorumque imperiorum refectionem et monarchiarum restitutionem decernentes. Cumque ut cunctorum animalium
ita etiam imperiorum sunt ætates, itaque ab hinc certum annis usque crescit monarchia et perveniet ad statum iuxta
annum 1760 proxime, et quia Jupiter et Sol sunt præcipue cæli ornamenta, idcirco plurimos viros virtutibus clarissimos
decernunt, addita aeris caliditate et calamitatibus popularibus ex siccitate provenire consuetis, hinc et syncera erga deum
hominum pietas, addita rerum charitate. E contra vero quadranti æstivo decernuntur humiditates et exundationes,
terræque grassationes ob Lunæ et Veneris apparitiones, excursiones vel potius excitationes cometarum frequenter in
duobus maleficis, quæ in Capricorno dominantur; a quadrante autumnali decernitur monarchiæ arietinæ translatio, quia
Saturnus cum Mercurio inimicantur Soli et Jovi, vigebitque ingeniorum acrimonia circa artes, fraus et vafritiæ,

55
Gli astrologi del Rinascimento, che perseguivano un rinnovamento dell'arte astrologica
attraverso un ritorno alla purezza del metodo tolemaico, ovvero un'arte del predire fondata sulla
certezza astronomica e su un metodo ispirato al corretto filosofare, non riuscirono a demolire la
dottrina congiunzionista, pur se alcuni dei suoi elementi fondanti erano privi di solidi principii
astronomici. D'altro canto, anche la riforma melantoniana dell'arte astrologica ebbe maggior
successo nel ramo della genetlialogia, giacché pochi furono gli astrologi che non caddero sotto il
fascino della dottrina congiunzionista o dell'idea del grande anno, secondo quanto ancora notava,
alla fine del XVII secolo, il gesuita Giuseppe Cervi81.

improbitas circa libidines, his adiungitur quoque commerciorum mercurialium frequentia; a quadrante ultimo hyemali
cui Mars præest, et cujus causa iam viget decernuntur bella et præstantia artium mechanicarum, morbi venenosi et
putridi, repentiaque ulcera et deparavatio synceræ religionis».
81
Anergica magnarum coniunctionum... cit., p. 67: «Non est opus authores huius sententiæ patronos recensere, qui post
Albumasarem, et Alchabitium adeo pullularunt, ut perpaucissimi astrologorum ab ea non steterint».

56
Appendice
Dal commento dell’anonimo greco al quadripartitum, I, 2

Matritensis Bibl. Univ. n. 27 (CCAG XI, 2 n. 42) fo.3r-v editio H. Wolf, Basileæ 1554, pp. 4-5
S: Scorialensis T-I-14 (CCAG XI, 1 n. 6) fo. 385r-v
katakratouvsh~ me;n th`~ kaqovlou poiovth-to~ katakratouvsh~1 me;n tou` hJlivou dunavmew~

eijpw;n ejn toi`~ ajnwtevrw ta;~ metabola;~ tw`n wJrw`n ejx eijpw;n ajnwtevrw ta;~ metabola;~ tw`n wJrw`n ejx hJlivou
hJlivou kai; selhvnh~ givnesqai, ejpagagw;n de; o{ti kai; kai; selhvnh~ givnesqai, ejpagagw;n de; o{ti kai; oiJ
oiJ pevnte planwvmenoi trevpousi tou` perievconto~ pevnte planwvmenoi trevpousi tou` perievconto~ th;n
th;n katav-stasin, i{na mhv ti~ ajporhvsa~ zhthvsh tiv me;n katavstasin, i{na mhv ti~ ajporoivh o{ti oJ me;n a[rh~ dra`/
h{lio~ dra`/ eij~ th;n metabolh;n tw`n wJrw`n, tiv de; oiJ eij~ th;n metabolh;n, oujk e[ti de; oiJ planwvmenoi: tou`tov
planwvmenoi: tou`tov ge aujto; nu`n ejqevlei diakrivnai ge aujto;n2 nu`n ejqevlei diakrivnai kai; fhsi;n o{ti eij
kai; fhsi;n o{ti to; me;n aeji; drastiko;n kai; to; kaqovlou kai; drw`sin, ajlla; kai; to; kaqovlou th`~ poiovthto~ aeji;
th`~ poiovthto~ to; uJpo; tou` hJlivou peri; ta; tou` ajevro~ fulavttetai kai; ouj duvnantai th;n fuvsin
katasthvmata ginovmenon, aeji; fulavttetai kai; ouj metabavllein: tou`to de; uJpo; hJlivou givnetai.
duvna-tai th;n fuvsin metabalei`n: Sunergou`si de; h]
ajpoSunergou`si oiJ pla-nwvmenoi, toutevstin h] uJpo; th`~ tw`n ajstevrwn schmatografiva~
ejntonwtevran poiou`-si th;n kra`sin th`~ w{ra~ th;n uJpo; kai; eJtevran de; pro;~ touvtoi~ tivqetai diaforavn, o{ti
tou` hJlivou ginomevnhn, h] ajtonwtevran, th`~ me;n ejnto- aiJ me;n dia; to;n h{lion ginovmenai metabolai; dunatai;
nwtevra~ kravsew~ dia; tou` Sunergei`sqai mevn eijsi kai; croniwvterai, aiJ de; uJpo; th`~ selhvnh~ kai;
dhloumevnh~, th`~ d∆ ajtonwtevra~ dia; tou` Sunecei`~ kai; megavlai: aiJ de; tw`n a[llwn ajstevrwn
ajpoSunergei`sqai. ou[te wJ~ aiJ tou` hJlivou, ou[te wJ~ aiJ th`~ selhvnh~
eu[shmoi kai; periodikaiv, toutevsti croniwvterai kai;
th`~ me;n selhvnh~ ejkfanevsteron kai; Sunecevsteron a[shmoi: tou`to de; to; periodikai; dhloi` to;
kai; eJtevran de; pro;~ touvtoi~ tivqetai diaforavn, o{ti ajnepaivsqhton, ouj to; pantavpasin ajnepaivsqhton,
aiJ me;n dia; tou` hJlivou ginovmenai metabolai; dunatai; ajlla; to; h{tton th/` aijsqhvsei uJpopivpton. fhsi; de; kai;
mevn eijsi, plh;n croniwvterai, aiJ d∆ uJpo; th`~ selhvnh~ tou;~ kairou;~ kaq∆ ou}~ mavlista tau`ta sumbaivnei dia;
Sunecevsterai kai; ejmfantikwvterai: aiJ mevntoi tw`n tw`n schmatismw`n, oi|on ejpi; me;n tou` hJlivou ta;~
a[llwn ajstevrwn ou[te wJ~ aiJ tou` hJlivou drastikwvtatai, metabavsei~ kai; tw`n kairw`n ta;~ tropav~, ejpi; de; th`~
ou[te wJ~ aiJ th`~ selhvnh~ eujshvmantoi, ajlla; selhvnh~ ta;~ Sunovdou~ kai; panselhvnou~, ejpi; de; tw`n
periodikaiv, toutevsti croniwvteraiv te kai; a[shmoi: ajstevrwn ta;~ favsei~ kai; ta;~ duvsei~. levgei de; favsei~
tou`to ga;r dhloi` to; ajnepaivsqhton, ouj to; ta;~ ajnatolav~, peri; to; tovte faivnesqai kai;
pantavpasi levgein ajnepaivsqhton ei\nai th;n tw`n ajnavfausin givnesqai, prosneuvsei~ dev fhsi ta;~
planwmevnwn ejnevrgeian, ajlla; to; h{tton th/` aijsqhvsei kata; plavto~ kinhvsei~.
uJpopivpton. fhsi; de; kai; tou;~ kairou;~ kaq∆ ou}~
1
mavlista tau`ta sumbaivnei dia; tw`n schmatismw`n, S: kai; pavlin katakratouvsh~ me;n th`~ kaqovlou poiovthto~
2
oi|on ejpi; me;n tou` hJlivou kata; ta;~ metabavsei~ kai; tw`n S: aujto;
kairw`n ta;~ tropav~, ejpi; de; th`~ selhvnh~ ta;~
Sunovdou~ kai; ta;~ panse-lhvnou~, ejpi; de; tw`n a[llwn
ajstevrwn ta;~ favsei~ kai; ta;~ kruvyei~. levgei de;
favsei~ me;n ta;~ eJw/va~ ajnatolav~, dia; to; thnikau`ta
a[rcesqai faivnesqai, kruvyei~ d∆ wJsauvtw~ ta;~
duvsei~, prosneuvsei~ dev fhsi ta;~ kata; plavto~ ajpo;
tou` dia; mevson ajpostavsei~.

Latina translatio Translatio H. Wolfij


Sole quidem virtute sua superante Prædominante Solis potentia
Cum in superioribus dixerit temporum mutationes ex sole Cum supra dixerit, temporum mutationes a Sole et Luna
fieri ac luna, illud quoque adducens quod quinque etiam solere fieri, atque adiecerit, etiam quinque planetas mutare
planete statum aeris immutant. Ne quispiam dubitans per- statum aëris: nequis dubitet, Martem quidem efficacem
quirerit quid sol efficiat ad temporum muta-tionem, quid esse ad mutationes efficiendas, reliquos autem planetas
etiam planete, hoc ipsum vult in presentia discurrere. Et non item: id ipsum nunc explicaturus ait, tametsi agant,
ait quod efficientia illa continua et qualitatis universalitas tamen universalem qualitatem retineri, nec mutari naturam
quae a sole fit circa aeris status semper conservatur et non eius posse, id quod a Sole fit.
potest natura sua transmutare; cooperantur au-tem aut non A descriptione figuræ astrorum
cooperantur planete, hoc est aut intensiorem faciunt Aliud præter hæc discrimen ponit, mutationes quæ a Sole
temporis complexionem que a sole est effecta aut minus fiant, esse potentes et diuturniores; quæ a Luna et

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intensam. Ex eo quod cooperantur, intensior complexio continentes et magnas; reliquorum autem planetarum, non
significatur, ex eo vero quod non cooperantur, minus tantam habere significationem, quantum vel Solis vel
intensam demonstrant esse complexio-nem. Lunæ, sed cito transire et obscuras esse. Verbum
Luna cum manifestius magisque continue periodikai; sciant id quod non quidem nulla ex parte
Alteram quoque praeter haec ponit dif-ferentiam quoniam sentitur, sed quod minus sub sensum cadit. Indicat et
mutationes quae per solem efficiuntur fortes quidem Sunt, tempora quibus hæc maxime constringunt, ut in Sole,
praeterquam diuturniores; quae vero a luna magis transitus, et anni temporum conversiones. In Luna,
continuae, magisque manifestae. Eas vero quas faciunt coniunctiones et plenilunia; in stellis, ortus et occasus.
reliquae stellae neque Sunt ut illae solis efficacissimae, favsei~ enim ortum significat, quod tunc appareant et in
neque ut illae lunae manifestae, sed periodicae, hoc est conspectum veniant. prosneuvsei~ appellat motus in
diuturniores et ob-scurae, hoc autem significat latitudinem.
insensibilem. Non quod omnino insensibilem esse dicit
plane-tarum efficaciam, sed quod minus sub sensum
cadat. Dicit etiam tempora in quibus haec praecipue ex
figurationibus eveniunt: ut in sole quidem secundum
transitus et temporum muta-tiones, in luna autem synodos
et plenilunia, in alijs vero stellis ortus et occultationes;
ortus autem dicit matutinas orientalitates, eo quod tunc
apparere incipiant, occultationes eodem modo occasus
vocat, declinationes vero distan-tias dicit a linea quae
zodiacum secundum lati-tudinem per medium dividit.

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