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POLITECNICO MILANO 1863

SCUOLA DI ARCHITETTURA - URBANISTICA - INGEGNERIA DELLE COSTRUZIONI


CDLM IN ARCHITETTURA, AMBIENTE COSTRUITO, INTERNI
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Progetti di Illuminotecnica
Prof. Pietro Palladino

Appunti e Lezioni

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ANNO ACCADEMICO 2019 - 2020
FOTOMETRIA

L’insieme delle radiazioni conosciute è rappresentato dallo spettro elettromagnetico (fig. 1). Il campo visibile è
compreso tra una lunghezza d’onda di 380nm (nanometri) e 780nm (la luce appartiene a tale campo). Ad ogni
lunghezza d’onda corrisponde il suo colore.

La luce (fig. 2) è un fenomeno riconducibile all’elettromagnetismo e come tale è composta da onde trasversali
sinusoidali, in grado di propagarsi attraverso il vuoto, in tutte le direzioni, trasportando energia ma non materia
(mentre il suono è composto da onde longitudinali).
• La lunghezza d’onda (λ) è la distanza, espressa in nanometri, percorsa dall’onda durante un ciclo completo
di oscillazione. In pratica è la distanza tra una cresta dell’onda e la successiva.
• Il periodo (T) è il più piccolo intervallo di tempo dopo il quale il moto assume la stessa proprietà.
• L’ampiezza è la differenza tra il valore minimo e quello massimo.
• La frequenza (f) è il numero di cicli completi di oscillazione che avvengono in ogni secondo. Si esprime in
Hertz (Hz).

1 1
f= → frequenza =
T periodo

C = λ ∙ f → velocità di propagazione = lunghezza d′onda ∙ frequenza

Solo una piccola % dell’energia è emessa all’interno del campo del visibile. Il 93 ÷ 95% è emesso sopra i 780nm.
Ad una frequenza maggiore corrisponde un’energia maggiore; minore è la frequenza minore sarà la lunghezza
d’onda. Sotto i 380nm: gli ultravioletti UVA (utilizzati nei solarium), UVB ed UVC (utilizzati negli ospedali); i raggi X
(permettono le radiografie); i raggi gamma (modificano il DNA). Sopra i 780nm: infrarossi (emettono calore).
Il Sole può essere assimilato ad un corpo nero, caratterizzato da una temperatura superficiale di 5780K. Fuori
dall’atmosfera il flusso luminoso e la distribuzione spettrale risultano pressoché costanti. L’energia emessa dal Sole
è in piccola parte composta da ultravioletti, da una parte visibile a noi e, la maggior parte, composta da infrarossi.

Ogni sorgente è caratterizzata da un’emissione spettrale differente. A seconda della lunghezza d’onda, la sensibilità
del nostro occhio cambia. 555nm è il massimo dell’emissione spettrale, che consideriamo, nel grafico (fig. 3), con
valore pari ad 1: questo in visione fotopica (diurna), il cui colore che risalta maggiormente è il verde/giallo. In visione
scotopica (notturna) ci spostiamo verso una luminanza molto bassa e la curva di visibilità si sposta verso sinistra, con
un massimo di 505nm, corrispondente al blu/verde.
Il fenomeno della visione si esplica: luce colpisce l’oggetto, da cui parte una riflessione che arriva all’osservatore. Le
grandezze fondamentali dell’illuminotecnica (o fotometria) sono:

• Flusso luminoso (ϕ): si misura in lumen (lm).


Esprime la quantità di energia luminosa emessa da una sorgente nell’unità di tempo. Il flusso luminoso è
dato considerando il modo in cui l’occhio umano reagisce ai diversi colori per lunghezze d’onda equivalenti.

lm
• Efficienza luminosa (El): si misura in � �.
W

è un parametro fondamentale per la stima del consumo energetico.


ϕ flusso luminoso emesso dalla sorgente
El = → efficienza luminosa =
P potenza elettrica assorbita dalla sorgente

• Intensità luminosa (I − fig. 4): si misura in candele (cd).


Esprime la quantità di luce radiata per secondo in una data direzione.
ϕ flusso luminoso
I= → intensità luminosa =
Ω angolo solido (angolo netto nello spazio)

• Illuminamento (E − fig. 5): si misura in lux (Lx).


Consente di valutare in modo oggettivo la quantità di luce che incide su una superficie: non dipende dalla
posizione dell’osservatore. Può essere misurato con uno luxmetro ed è verificato dalle normative.
ϕ flusso luminoso
E= → illuminamento =
A area illuminata

cd
• Luminanza (L − fig. 6): si misura in candele su metro quadro ( ).
m2

Consente di valutare in modo soggettivo la quantità di luce prodotta o riflessa da una superficie in direzione
dell’osservatore: varia con la posizione dell’osservatore. La luminanza aumenta esponenzialmente al
diminuire della superficie. Maggiore è la luminanza, più probabilità ci sono di abbagliamento: questo accade
quando un ambiente, non ben illuminato, presenta una superficie sovrailluminata. A parità di superficie
luminosa, i led (essendo molto piccoli) rischiano di causare abbagliamento; a parità di superficie la
luminanza è maggiore nel caso di superfici chiare.
I intensità
L= → luminanza =
S superficie apparente

• Temperatura di colore (CCT − fig. 7): si misura in Kelvin (K).


Stabilisce il colore della luce e, quindi, l’atmosfera e la percezione degli oggetti. Una sorgente può essere
calda (2800K), neutra (4000K) o fredda (7000K).

• Indice di resa cromatica (CRI − fig. 8): è un indice adimensionale che varia tra 0 e 100.
Esprime la capacità di una sorgente di rendere fedelmente i colori degli oggetti illuminati. Migliore è la resa
cromatica tanto il valore è prossimo a 100.
fig.1 fig.2

fig.3

fig.4 fig.5

fig.6 fig.7

fig.8
GLI APPARECCHI DI ILLUMINAZIONE

L’apparecchio di illuminazione è un dispositivo che ha lo scopo di trasformare l’energia elettrica in energia luminosa
e di ripartire nello spazio la luce così generata, in modo controllato e finalizzato alle esigenze specifiche per le quali
è stato progettato, con il minimo delle perdite di energia e con la garanzia della massima sicurezza per l’utilizzatore.
La scelta degli apparecchi viene operata in funzione degli effetti luminosi che si vogliono ottenere, ma è fortemente
condizionata dalla scelta delle sorgenti (lampadine - negli apparecchi moderni le sorgenti sono quasi sempre a LED).
La sorgente stabilisce il colore della luce e, quindi, l’atmosfera e la percezione degli oggetti.

La scelta degli apparecchi dipende da alcuni criteri: illuminamento, luminanza, ripartizione della luce e flessibilità.

La curva fotometrica in coordinate polari (fig. 1) è il primo elemento di valutazione delle caratteristiche
fotometriche di un apparecchio, ed è alla base del report fotometrico che deve sempre essere allegato ad un
apparecchio d’illuminazione. La distribuzione delle intensità luminose può essere espressa tramite una superficie
tridimensionale che viene detta solido fotometrico. Essa corrisponde alla sezione del solido secondo uno dei piani
di riferimento. Rappresenta, quindi, sotto forma di diagramma polare, la distribuzione delle intensità luminose di un
apparecchio.
Il solido fotometrico è rappresentato tramite un fascio di piani che hanno in comune un asse, corrispondente all’asse
ottico principale uscente dall’apparecchio. Normalmente, su uno stesso grafico, si riportano i valori di due semipiani
contrapposti, rispettivamente a sinistra (C0 − C180) ed alla destra (C90 − C270) dell’asse ottico. L’unità di misura,
riportata sui grafici delle curve fotometriche, si riferisce ai valori di intensità emessi per ogni 1000lm di flusso delle
lampade installate nell’apparecchio.
Quando si rende necessario ricavare informazioni quantitative esatte, è preferibile rappresentare la curva
fotometrica sotto forma di diagramma cartesiano (fig. 2).
I coni di illuminamento (fig. 3) sono un tipo di rappresentazione utilizzato soprattutto per gli apparecchi da interno,
che fornisce immediatamente i valori di illuminamento generati da un apparecchio a distanze prefissate.

La ripartizione della luce:


• Diretta - indiretta (fig. 4): l’illuminazione diretta interessa immediatamente le superfici o gli oggetti
nell’ambiente. Consente di ottenere un’illuminazione sia diffusa che d’accento, creando forti contrasti.
L’illuminazione indiretta è ottenuta mediante riflessione. La luce ottenuta, tenue e molto omogenea,
consente di ottenere un’illuminazione generale diffusa e di rischiarare le superfici che delimitano
l’ambiente, dando un senso di spazio aperto.
• Fascio stretto - fascio largo (fig. 5): la scelta dell’ampiezza del fascio è strettamente legata alla tipologia
d’illuminazione che si vuole ottenere. Gli apparecchi possono essere classificati in base all’ampiezza
dell’angolo di emissione: con un angolo inferiore a 20° sono definiti spot, sopra questo valore vengono
definiti flood.
• Ripartizione simmetrica - asimmetrica (fig. 6): si dice simmetrico un apparecchio caratterizzato da un
solido fotometrico che distribuisca il proprio flusso nello spazio con una simmetria rispetto ad uno o più
piani.
In base agli ambiti di applicazione, gli apparecchi devono rispondere a determinati requisiti che garantiscano la
sicurezza delle persone ed il corretto funzionamento dell’apparecchio stesso nell’ambito di utilizzo.
Il più importante è la protezione contro gli agenti solidi e liquidi (IP – fig. 7): un apparecchio d’illuminazione deve
essere in grado di proteggere la lampada ed i componenti ausiliari dai danni provocati dagli agenti esterni e dalla
penetrazione di corpi estranei.

Classificazione degli apparecchi in base all’installazione:


• Da tavolo;
• A sospensione;
• Da soffitto;
• A parete;
• Incassi wallwasher (caratterizzati da un’emissione asimmetrica della luce):
 Wallwasher (fig. 8): possono contenere una componente “downlight” (fig. 9) che genera
un’emissione a fascio largo ed una ripartizione simmetrica della luce.
 Faretti wallwasher (fig. 10): possono essere orientabili.
 Apparecchi perimetrali (fig. 11): montano sorgenti lineari.
• Proiettori su binario:
 Binari elettrificati: permettono di realizzare un’illuminazione flessibile. Binari multifase
permettono di gestire l’alimentazione di circuiti diversi. Tali binari possono essere incassati o
sospesi mediante “tige” o funi metalliche.
 Faretti (fig. 12): sono piccoli proiettori che consentono di illuminare aree limitate. Possono avere
una ripartizione a fascio stretto (circa 10°) o flood (circa 30°).
 Faretti sagomatori (fig. 13): sono dotati di sistemi ottici per sagomare il fascio luminoso.
• Incassi a parete;
• Incassi a pavimento;
• Proiettori.

Flessibilità:
• I sistemi di illuminazione fissa prevedono posizioni statiche degli apparecchi di illuminazione. Per tal motivo
la scelta e disposizione deve essere accurata.
• I sistemi di illuminazione flessibile consentono di adattare l’illuminazione alle variazioni di layout, sia nella
posizione che nell’orientamento.
Metodo di progetto:
• Bisogna sempre tenere conto che la luce va progettata per l’uomo. Questo significa che non si può lavorare
solo in termini quantitativi, ma bisogna ragionare anche in termini di qualità e comunicazione ai fini di una
corretta percezione dello spazio.
 Luce per vedere (fig. 14): illuminazione generale che rende visibile lo spazio, gli oggetti e le
persone al suo interno.
 Luce per guardare (fig. 15): ruolo comunicativo della luce che guida lo sguardo dell’osservatore
tramite una corretta distribuzione delle intensità.
 Luce per osservare (fig. 16): illuminazione mirata, che rende possibile la percezione dei dettagli.
 Luce da osservare (brillanza – fig. 17): il luccichio delle sorgenti luminose e la riflessione della luce
conferiscono vita ed atmosfera allo spazio.

• La luce deve consentire agli interlocutori di potersi vedere e poter comunicare:


 Spazi pubblici: richiede buoni livelli di illuminazione per garantire il livello di sicurezza. In un
meeting, essendoci molte persone coinvolte, l’illuminazione deve garantire a tutti i partecipanti di
riconoscersi e di svolgere l’attività principale.
 Spazi privati: richiede una forte individuazione delle zone d’uso con presenze di contrasti decisi
nell’ambiente.

• È importante evitare fenomeni di abbagliamento causati dalla luminanza. Esistono apparecchi dotati di
schermature antiabbagliamento, ovvero lamelle verticali o orizzontali o griglie a maglia quadrata.

• Illuminamento: esistono normative di riferimento che indicano i valori di illuminamento consigliati per lo
svolgimento di determinate mansioni.
fig.1 fig.2

fig.3

fig.4 fig.5

fig.6 fig.7

fig.8 fig.9
fig.10 fig.11

fig.12 fig.13

fig.14 fig.15

fig.16 fig.17
LA NORMATIVA NELLA PROGETTAZIONE DELLA LUCE

La normativa definisce dei valori (di illuminamento, di luminanza, ecc) tali da rispettare il “compito visivo” durante
un’attività.
L’applicazione delle norme tecniche è volontaria. Tuttavia, alcuni provvedimenti di legge, per mantenere un certo
livello di comfort, benessere e sicurezza, rendono obbligatorio il rispetto della normativa.

Al livello europeo le normative “Standards” sono costituite dalle “CEN”; in Italia esse corrispondono alle “𝐔𝐔𝐔𝐔𝐔𝐔”. A
livello di “associazione internazionale” (“Societies”) le normative più importanti sono quelle “CIE”.

La norma italiana “𝐔𝐔𝐔𝐔𝐔𝐔 𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏 − 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐” definisce i criteri per la stesura del progetto illuminotecnico. Esso è da
ritenersi un compendio tra arte e scienza e segue l’iter progettuale della progettazione architettonica: preliminare,
definitivo, esecutivo. È importante considerare che la luce prodotta e gli oggetti che la producono hanno un impatto
significativo anche in termini estetici in riferimento all’ambiente in cui sono inseriti. Inoltre, l’illuminazione di un
ambiente costituisce un elemento fondamentale per garantire la sicurezza ed il comfort visivo.

Ai fini del progetto illuminotecnico, si considerano due o più prodotti equivalenti fra loro, per i quali sussistano le
seguenti condizioni:
• Estetiche (prodotti con valore estetico e/o impatto visivo similare);
• Colore della luce (prodotti con temperatura di colore similare);
• Energetiche (prodotti con i consumi energetici similari all’interno dello stesso progetto);
• Qualitative (prodotti con caratteristiche tecniche e tecnologiche similari);
• Illuminotecniche e colorimetriche (prodotti con prestazioni/caratteristiche fotometriche e indice di resa
cromatica che garantiscono risultati illuminotecnici similari nello stesso progetto).

La norma italiana “𝐔𝐔𝐔𝐔𝐔𝐔 − 𝐄𝐄𝐄𝐄 𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏𝟏 − 𝟏𝟏 (𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢𝐢) /𝟐𝟐 (𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞𝐞) 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐” definisce l’illuminazione dei luoghi di
lavoro, come uffici o scuole (ovvero dove vi sono videoterminali) o industrie (per esempio per assicurare di poter
veder al meglio il colore della vernice) o ospedali (per il benessere del paziente) o nelle stazioni o negli aeroporti (la
luce, se ben impostata, aumenta il comfort negli spazi pubblici). L’obbligo al suo rispetto può essere dato da un
decreto (per esempio il decreto unico per la sicurezza nei luoghi di lavoro).

Il campo visivo “totale” dell’occhio umano (fig. 1) è di circa 180° in orizzontale e di circa 130° verticale.
L’illuminamento retinico è la quantità di luce che raggiunge la retina.
• Acuità visiva: è l’abilità di discriminare dettagli fini su oggetti di riferimento. All’aumentare della luminanza,
o del contrasto, dell’oggetto illuminato, aumenta l’acuità visiva.
• Dimensione visiva: è l’angolo visivo (espresso in minuti d’arco) con cui si osservano oggetti.
• Dimensione visiva di soglia: è la dimensione visiva di un oggetto che può essere identificato solo il 50%
delle volte in determinate condizioni di osservazione (luminanza, contrasto, ecc).
La norma “UNI − EN 12464 − 1” definisce anche l’illuminazione dei piani di lavoro (fig. 2 − 3 − 4):
• Il compito visivo è l’insieme degli elementi visivi del lavoro effettuato.
• La zona del compito (“task area”) è la parte del posto di lavoro in cui viene svolto il compito (per esempio
la scrivania).
• L’area immediatamente circostante (“immediate surrounding”) è l’area esterna al compito visivo: consiste
in un offset di 0,50cm intorno alla “task area”.
• La “background area” è l’area più esterna alla zona circostante: consiste in un offset di 3,00m intorno alla
“immediate surrounding”. Il valore di illuminamento da mantenere in quest’area deve essere almeno di
1/3 rispetto a quello mantenuto nelle “immediate surrounding”.
• I DSE-Display Equipment: sono i compiti visivi in cui è previsto l’uso di videoterminali.

Il valore dell’uniformità (U), in genere, deve essere pari ad almeno 0,6 per la “task area”, ad almeno 0,4 per la
“surrounding area” e ad almeno 0,1 per la “background area”.
Emin illiminamento minimo
U= → uniformità =
Emed illuminamento medio

I requisiti illuminotecnici vengono determinati dalla soddisfazione delle seguenti esigenze fondamentali:
• Comfort visivo: la sensazione di benessere percepita dai lavoratori contribuisce indirettamente anche ad
ottenere alti livelli di produttività.
• Prestazione visiva: i lavoratori sono in grado di svolgere i loro compiti visivi anche in circostanze difficili e
protratti nel tempo.
• Sicurezza.

L’illuminamento cilindrico (Ez) si svolge ad altezza “viso”, ovvero ad 1,20m (fig. 5). In tal caso è raccomandato che
i valori di lux siano maggiori di 50; dove vi sono stanze con necessità di comunicazione elevata (aula, ufficio, ecc) il
valore deve essere superiore ai 150lux.

L’indice di modellato è dato dal rapporto tra il valore d’illuminamento cilindrico medio ed il valore medio di una
superficie posta all’altezza del volto umano (fig. 6). Definisce come la luce si distribuisce nello spazio.
• Per valori minori di 0,3 l’illuminazione risulta molto direzionata, con ombre portate sul volto.
• Tra un valore di 0,3 e 0,6 la luce è migliore e, quindi, anche la definizione dei dettagli risulta ottima.
• Per valori maggiori di 0,6 l’illuminazione risulta molto diffusa.
Per una buona prestazione visiva è importante:
• Creare una giusta ed equilibrata ripartizione delle luminanze, in modo da migliorare: l’acuità visiva, la
sensibilità al contrasto e l’efficienza delle funzioni oculari. Sono, quindi, da evitare: luminanze troppo
elevate o ridotte, contrasti di luminanza troppo marcati o bassi.
La luminanza di un materiale illuminato, ovvero la percezione di luminosità nella direzione
dell’osservatore, dipende dalla finitura del materiale stesso: colore, lucido, diffondente, trasparente,
opaco, ecc.
Nelle aree espositive la luminanza dipende da cosa sto illuminando.
• L’abbagliamento (fig. 7) può essere diretto, ovvero prodotto da sorgenti luminose presenti nel campo
visivo, o riflesso, ovvero causato dalla riflessione speculare di uno o più oggetti su superfici o monitor
(situazione spesso causata da un’eccessiva luminanza).
L’abbagliamento diretto si divide in abbagliamento debilitante (prodotto da sorgenti luminose) ed
abbagliamento molesto (UGR - “Unified Glare Rating” - provoca una sensazione di disagio). Da
normativa il valore dell’UGR deve essere compreso tra 10 ÷ 30; per gli uffici non deve superare il
valore di 19.
Per evitare o ridurre l’abbagliamento, si utilizzano elementi schermanti l’apparecchio luminoso. Tra di
essi, le lamelle possono ostacolare, assorbire, riflettere e/o trasmettere la radiazione solare (diffusa e
diretta) all’interno dell’edificio. I loro effetti dipendono dalla posizione del Sole, dall’angolo delle
stecche e dalle caratteristiche di riflettanza della superficie delle stecche.
La normativa definisce gli angoli di schermatura minimi degli apparecchi, in base alla luminanza delle
sorgenti (fig. 8).
• È molto importante anche la direzione della luce. La presenza di ombre marcate può provocare
fenomeni di abbagliamento.
• È, inoltre, importante la resa cromatica data da un apparecchio luminoso (più l’indice è alto, migliore
è il colore visualizzato sull’opera).
• Anche la temperatura di colore può influire sulla percezione di un ambiente. Nei climi freddi si
preferisce un aspetto del colore di luce più calda; al contrario, nei climi caldi si preferisce un aspetto
del colore di luce più fredda.
• Daylight Harvesting: si possono impostare sistemi di illuminazione artificiale che mantengano
equilibrata la luce in una stanza (anche in modo diversificato lungo l’arco della giornata), in base alla
luce naturale che vi penetra ed al numero di persone presenti.
fig.1

fig.2

fig.3
fig.4

fig.5

fig.6

fig.7

fig.8
LA PROGETTAZIONE DELLA LUCE PER GLI SPAZI ESPOSITIVI

Il “Fattore medio di Luce Diurna” (FLDm) è una grandezza sintetica e adimensionale, in grado di descrivere le
prestazioni luminose dell’involucro edilizio, la quale non dipende dal livello di illuminamento esterno, ma solo dalle
relazioni geometriche tra punto considerato all’interno dell’ambiente e volta celeste, ad esclusione della luce diretta
proveniente dal sole.
Tale parametro consente di valutare la capacità delle aperture trasparenti e dell’involucro di uno spazio chiuso di
garantire condizioni di illuminazione naturale confortevoli ed un accettabile sfruttamento della luce naturale.
Ein
FDLm =
Eout
Con Ein che è l’illuminamento che si realizza su una superficie orizzontale posta all’interno dell’ambiente
considerato grazie alla luce proveniente dalla volta celeste (si considera la luce riflessa, la luce diffusa ma non la luce
diretta proveniente dal Sole – fig. 1), Eout che è l’illuminamento che si realizza su una superficie orizzontale posta
all’esterno senza alcuna ostruzione.
2% < FDLm < 4% → valore buono 4% < FDLm → valore ottimo

Il modello CIE nuvoloso (“overcast”) è adottato nella misurazione degli indicatori di luce naturale (FLDm). La
luminanza della volta celeste è pressoché uniforme, priva della componente diretta del Sole. La luminanza allo zenit
è 3 volte più elevata rispetto a quella misurata all’orizzonte.

Ai fini di garantire un’adeguata uniformità dell’illuminazione naturale, all’interno degli ambienti, devono essere
garantiti i seguenti rapporti relativi al fattore di luce diurna puntuale:
ηmin
> 0,16
ηmax

fig.1
SORGENTI LUMINOSE LED

• Incandescenza (fig. 1): essa risulta composta da un filamento di tungsteno che si illumina appena viene
scaldato attraverso l'energia elettrica. Possiede un colore di luce caldo, con spettro simile all'arancione,
corrispondente a 2700K. Questa tipologia possiede una bassissima efficienza luminosa se si pensa che
solamente il 5% dell'energia elettrica viene trasformata in luce, mentre il restante 95% viene utilizzata per
la produzione di calore. Quindi, questo tipo di lampada si surriscalda eccessivamente e richiede eccessiva
potenza.
Dal 2012 gli stati membri dell'Unione Europea hanno messo al bando questo tipo di illuminazione.

• Alogena (fig. 2): essa sostituì, negli anni 50’, la lampada ad incandescenza. Si tratta principalmente di un
filamento in tungsteno racchiuso in un corpo in vetro con all'interno un gas inerte. Ha una resa pari a circa
25 lumen per watt, contro i 15 lumen per watt di un incandescente. Sono di dimensione più contenuta.
Inizialmente le lampade alogene avevano due problematiche comuni:
 Eccessivo surriscaldamento della lampadina, che venne risolto installando una protezione in vetro;
 Eccessiva emissione di Uv, per i quali venne inventato uno speciale schermo che riflette la luce.

• Fluorescenti (fig. 3): esse sono composte da un rivestimento esterno in vetro che contiene al suo interno
delle polveri, dette appunto fluorescenti, ed uno strato di gas a bassa pressione che, al passare della
corrente, si trasformerà in luce.
L'emissione della luce in questo caso viene definita indiretta poiché non viene sprigionata dal gas ma dal
materiale fluorescente della quale è composta, che determina anche il colore della luce, calda o fredda.
Per poter funzionare correttamente è necessario produrre una scarica interna generata dagli elettrodi posti
sulle estremità della lampada.

• Induzione magnetica (fig. 4): questo tipo di lampada funziona in maniera simile ai modelli fluorescenti ma
anziché utilizzare gli elettrodi, per riscaldare il gas presente all'interno, utilizzano il principio dell'induzione
magnetica, ionizzando il gas fluorescente.
Sono un'ottima scelta quando si necessita di una fonte di illuminazione con potenze superiori a 150-200W
di potenza, poiché il led risulterebbe essere troppo costoso.

• Ioduri metallici (fig. 5): esse contengono al suo interno alogeni e alogenuri. Necessitano di un alimentatore
ballast per il funzionamento, che deve essere pari alla potenza del bulbo che si intende utilizzare.
Sono molto utilizzate per l'illuminazione esterna di fabbriche, capannoni, aziende, palchi e altri locali dove
è necessario avere a disposizione una luce molto forte e una buona resa cromatica.
• Led (fig. 6): i LED, denominati “Light Emitting Diodes”, sono diodi che emettono luce. Essi sono alimentati
attraverso un circuito elettronico che regola e calibra la giusta tensione in volt necessaria. In questo caso
l'energia elettrica viene convertita per il 50% in luce e il restante 50% in calore: difatti, queste lampade
anche dopo svariate ore di funzionamento restano fredde al tatto senza mai surriscaldarsi. Attraverso il
movimento degli elettroni interni in un materiale semiconduttore questi dispositivi permettono
l'illuminazione.
Hanno circa 11 anni di funzionamento durante i quali non cessano immediatamente di funzionare, ma
calano di potenza fino allo spegnimento.
L’unico svantaggio è il prezzo. I vantaggi sono:
 Risparmio di oltre il 90% rispetto a modelli ad incandescenza;
 Durata di vita 100 volte superiore rispetto a lampade ad incandescenza e fino 10 volte rispetto ai
modelli fluorescenti (fino a 100.000h);
 Disponibili in differenti colori di luce ma anche tantissime forme e misure;
 Altissima resa cromatica, con CRI compreso fra 90 a 95;
 Altissima efficienza luminosa;
 Ottima resistenza a colpi e urti;
 Impatto ecologico e ambientale molto ridotto, in quanto non sono presenti gas al suo interno.
fig.1 fig.2

fig.3 fig.4 fig.5

fig.6

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