L’utilizzo delle pompe di calore si sta diffondendo sempre più, anche in caso di piccoli impianti di
riscaldamento. Tuttavia, sebbene si tratti di una notizia positiva, bisogna sottolineare che, spesso, le pompe di
calore vengono erroneamente confuse con le caldaie.
Allora, quali sono le differenza fra i due generatori termici?
Pur adempiendo entrambe al riscaldamento dell’edificio e alla produzione di acqua calda sanitaria (acs), le
caldaie generano una potenza termica costante, indipendente dalla temperatura dell’aria esterna. Inoltre,
permettono una produzione di acqua calda istantanea per una portata di circa 12 l/min. (esempio di una
caldaia di uso abitativo da 24kw).
Le pompe di calore, invece, risentono della temperatura esterna, che è in grado di ridurne la potenza erogata.
Inoltre, generano una potenza tanto più bassa quanto è più alta la temperatura dell’acqua prodotta. Producono
una temperatura di mandata che difficilmente supera i 55° con un rendimento dignitoso. Quindi, per la
produzione di acs, hanno necessariamente bisogno di un accumulo sanitario con serpentine dedicate.
Chiarito questo punto, numerosi sono i vantaggi che possono derivare dall’installazione di una pompa di
calore, testimoniati anche dal traguardo di 10 milioni di pezzi venduti nel continente europeo e festeggiato
dall’European Heat Pump Association (è doveroso sottolineare che l’Italia, pur godendo di un clima
particolarmente favorevole per la diffusione di questi sistemi, è ancora molto indietro sui volumi del venduto).
Tra il 2015 e il 2016 abbiamo assistito a un incremento annuo medio dell’energia prodotta dalle pompe di calore
del 18% nell’UE-28, segno dell’interesse crescente per questa tecnologia, che è in grado di consentire risparmi
dal 40 al 60% di energia primaria, con conseguente riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. A
conferma di tali affermazioni, c’è la Direttiva Europea RES (Renewable Energy Sources), che riconosce l’impiego
di energie rinnovabili per il funzionamento di tale tecnologia, visto che queste macchine sfruttano il calore
immagazzinato nell’aria, nell’acqua superficiale o di falda e nel terreno.
Un ulteriore vantaggio adducibile all’installazione di tale impianto è la capacità che una pompa di calore ha di
riscaldare in inverno e rinfrescare in estate, accrescendo contemporaneamente la classe energetica
dell’edificio.
Ma, affinché tali potenziali vantaggi siano concreti, diventa fondamentale che la pompa di calore sia
correttamente dimensionata e che si scelga la tecnologia più adatta per il sito d’installazione e per l’applicazione
finale.
dove:
Come criterio da seguire nella scelta dei parametri di dimensionamento, è bene non eccedere né nel volume
dell’accumulo né nella potenza della pompa di calore.
Per la temperatura di acquedotto si può fare riferimento a tf = 10 ÷ 15°C , mentre per la temperatura di utilizzo
si assume tm = 40°C.
Per la temperatura di produzione dell’acqua calda, occorre consultare i limiti di funzionamento delle singole
pompe di calore, fermo restando che questa temperatura può variare nel range dei 50 ÷ 55°C; di conseguenza,
per la temperatura di accumulo si fa riferimento a tc = 48 ÷ 50°C.
Anche la durata del periodo di preriscaldamento ha la sua importanza ai fini del corretto dimensionamento e,
solitamente, si assume dp = 1 ÷ 3 h.
COSA SUCCEDE IN CASO DI BASSE TEMPERATURE
Le pompe di calore funzionano con rendimenti ottimali quando la differenza di temperatura fra la sorgente
esterna e il serbatoio è massimo di 40-50 °C: per differenze superiori l’efficienza diminuisce. Questo vuol dire,
per prima cosa, che è meglio utilizzarle con sistemi di riscaldamento radianti a bassa temperatura,
poiché quelli a radiatore richiedono temperature più alte.
C’è poi il problema delle pompe di calore aeriformi, le quali estraggono calore dall’aria esterna che ha delle
temperature variabili e può diventare molto fredda. Se alla bassa temperatura si unisce un elevato valore di
umidità, come avviene spesso nella Pianura Padana, allora la pompa di calore deve usare una parte della sua
energia per lo sbrinamento.
Ci sono pompe di calore che perdono in efficienza in maniera trascurabile, altre che non danno più la potenza
che serve e usano l’energia unicamente per lo sbrinamento. Le pompe di calore Aquarea prodotte da
Panasonic hanno delle efficienze molto elevate (fino a cop 5 con 7° e 35° di mandata) ma, anche alle basse
temperature, in particolare nella versione T-cup, riescono a garantire la medesima potenza erogata fino alla
temperatura di -15°.
Tutto questo si traduce in uno SCOP altissimo, che consente un rendimento medio stagionale della pompa di
calore molto elevato, dimostrazione che negli ultimi anni si sia investito molto in Ricerca e
Sviluppo. Panasonic ha sviluppato, ad esempio, un’elettronica che, in funzione della temperatura esterna e
della produzione di un eventuale impianto fotovoltaico, forza la pompa di calore per sfruttare la massima
produzione generata dal sole (energia gratuita).
COME SI ABBINANO POMPA DI CALORE E IMPIANTO FOTOVOLTAICO?
L’abbinamento di un impianto fotovoltaico a una pompa di calore elettrica crea un sistema complessivo
altamente efficiente e a basse emissioni inquinanti.
Ma qual è la taglia ottimale dell’impianto fotovoltaico? Nonostante si stiano diffondendo sempre di più gli
accumulatori di energia, che sfruttano in maniera ottimale l’energia prodotta gratuitamente dal fotovoltaico,
consentendo all’utente di utilizzarla solo quando necessario, il costo di tale tecnologia resta ancora elevato. Al
momento, allora, la miglior formula di investimento è quella di dimensionare il proprio impianto fotovoltaico
per un fabbisogno che non debba necessariamente coprire l’intero consumo dell’edificio. È la tecnologia che fa
la differenza. Ad esempio, le pompe di calore Panasonic sono dotate di un’elettronica sofisticata e in grado di
ottimizzare la sovrapproduzione del fotovoltaico, forzando la pompa quando si ha un esubero di energia
elettrica prodotta e non utilizzata.