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Alessio Bonci
Introduzione
In un impianto elettrico una sovracorrente non interrotta tempestivamente può produrre la perdita
di vite umane e danni materiali che a volte assumono proporzioni disastrose.
Gli incendi di origine elettrica costituiscono una percentuale di oltre il 10% della totalità
degli incendi negli edifici e circa metà sono provocati dal surriscaldamento delle condutture
elettriche.
Questo tipo di protezione contro il sovraccarico può essere effettuato con interruttori automatici,
fusibili e relè termici accoppiati a teleruttori.
Per correnti di sovraccarico si intendono tutte quelle correnti non troppo maggiori (generalmente fino
ad un massimo di 6…8 volte) a quella nominale di un dato impianto elettricamente sano.
È bene tenere presente che il sovraccarico non si può mantenere indefinitivamente in quanto sottopone
i vari componenti interessati ad una sollecitazione, soprattutto di tipo termico, maggiore di quella
nominale; pertanto gli isolamenti sono sottoposti ad uno stress maggiore degradando di molto le loro
prestazioni con conseguente accelerazione dell’invecchiamento fino ad arrivare, in breve tempo, al
conseguente pericolo di scarica fra le parti in tensione. È chiaro quindi che un sovraccarico non
controllato può degenerare, in un tempo più o meno breve, in un cortocircuito e questo quindi
comporta l’uso di una protezione tanto più rapida quanto sarà più intenso il sovraccarico stesso.
Per procedere nel modo corretto sulla scelta di questi dispositivi di protezione si devono tenere
presenti i seguenti valori di corrente:
Ib corrente di impiego del circuito, in condizioni ordinarie
In corrente nominale di intervento del dispositivo di protezione, per apparecchi regolabili
si intende la corrente di regolazione.
Iz portata della linea
2
Fra le correnti indicate deve sussistere la seguente relazione:
I b I n I z (1)
Se viene rispettata questa relazione è certo che il dispositivo di protezione non interviene in modo
intempestivo e, allo stesso modo, è sicuro che non venga superata la massima corrente ammessa
dalla linea, cioè la portata del cavo.
La scelata della corrente In viene complicata dal fatto che i dispositivi di protezione hanno una certa
fascia di incertezza di intervento fra i valori Inf e If come schematizzato nella seguente figura:
A seconda della relativa posizione delle varie correnti, secondo la relazione (1), si possono avere
due casi limite:
In = Iz (fig.2) In questo caso la protezione della conduttura non è efficace in quanto nella
fascia compresa fra In ed If il dispositivo può non intervenire e quindi la conduttura,
essendoci una corrente superiore ad Iz, risulta sovraccaricata con conseguente degrado della
vita del cavo.
3
If = Iz (fig.3) In questo caso la protezione della conduttura è efficace in quanto il dispositivo
intervenire sicuramente sempre per una corrente non superiore alla portata del cavo, ma
occorre scegliere una corrente Iz troppo superiore alla Ib e quindi la conduttura è pertanto
sottoutilizzata.
Una soluzione di compromesso tra i due precedenti casi, ammessa per normativa CEI 64-8, è quella
che stabilisce il soddisfacimento della relazione (1) in aggiunta alla seguente condizione:
I f 1,45 I z (2)
In questo caso il divario fra Iz e Ib si riduce sfruttando in miglior modo il cavo. La protezione è
pertanto efficace tranne che per le correnti comprese nell’intervallo fra Iz e If dove il dispositivo
non è detto che intervenga entro il tempo convenzionale tc stabilito.
Dalle relazioni (1) e (2) si hanno diverse conseguenze a seconda del tipo di protezione utilizzata per
il differente valore del rapporto kf :
If
kf (3)
In
Il vincolo dato dalla relazione (2), quindi, può essere riscritto come: I f k f I n 1,45I z (4)
1,45 I z
ottenendo questa espressione: I n (5), che a seconda del valore di k f si distinguono
kf
i seguenti casi:
4
Caso 1: k f 1,45 queste protezioni risultano pertanto conformi alla normativa
1.1.3 Fusibili:
If
Il valore k f per questi dispositivi di protezione è pari ad 1,6 e quindi occorre
In
rispettare i vincoli del caso 2 . Dalla analisi fatta si ottiene che deve risultare
1,45 I z 1,45 I z
Ib In 0,906 I z . Con questo tipo di protezione, anche se economica,
kf 1,6
Supponendo di scegliere una linea con una portata Iz =90A si vede che questa è
sottoutilizzata perché la corrente di impiego è il 72% della portata.
5
If
Se la stessa linea si proteggesse con un interruttore che ha kf =1,2 (interruttori
In
termici) utilizzando sempre uno sganciatore con I n =80A, dalla (5), si otterrebbe:
1,45 I z 1,45 I z 80
In 1,16 I z da cui I z 69 A
kf 1,25 1,16
Con questo tipo di protezione si potrebbe utilizzare una linea più piccola con una portata
I z =70A ottenendo un utilizzo del 92,8% della conduttura rispetto al suo valore massimo.
La scelta dipende dal costo del dispositivo di protezione e dal tipo di linea.
Tendenzialmente per linee “corte” potrebbe essere conveniente l’uso del fusibile mentre
se la linea è “lunga” potrebbe essere conveniente utilizzare un dispositivo di protezione
più sofisticato, come un interruttore automatico, risparmiando sulla sezione del
conduttore.
In generale se la conduttura è composta da tratti aventi caratteristiche differenti (sezione,
tipo di guaina, tipo di posa, ecc…) occorre che in ogni tratto siano rispettati i vincoli
delle relazioni (1) e (2) in particolar modo con riferimento alla portata minore.
Se il dispositivo di protezione da sovraccarico è posto a monte di più linee diverse, esso
deve essere dimensionato in modo che siano soddisfatte le stesse relazioni, (1) e (2), per
ogni conduttura a valle.
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Altro caso evidente, in cui è necessario installare dispositivi di protezione, è quello delle
condutture che alimentano prese a spina ( CEI 64-8 ) ; alle prese possono essere, infatti, collegati
carichi di potenza maggiore di quella di progetto.
Vi sono poi casi in cui la protezione dai sovraccarichi può essere omessa; la norma CEI 64-8,
escludendo però i luoghi a maggior rischio in caso di incendio, quelli con pericolo di esplosione
e gli ambienti e le applicazioni particolari (locali da bagno, piscine ecc.), indica che non è
necessario prevedere dispositivi di protezione nei seguenti casi:
- condutture poste a valle di punti in cui ci sono variazioni di sezione, di natura, di modo
di posa o di costituzione, a patto che siano protetti da dispositivi posti a monte;
- condutture alimentanti apparecchi utilizzatori che non possono dar luogo a
sovraccarico, a patto che vi sia un'efficace protezione dal cortocircuito e che non
abbiano né derivazioni né prese a spina;
- impianti di telecomunicazioni, comando, segnalazione e simili, per i quali le condizioni
di protezione sono allo studio.
Rientrano nel primo caso, per esempio, le condutture derivate da una linea principale già
protetta dal sovraccarico e per le quali, in seguito alla variazione della sezione, del tipo di
isolante o della modalità di posa, vi sia una diminuzione della portata rispetto alla linea
principale. La protezione può essere omessa se le condizioni (1) e (2) applicate considerando
la portata della derivazione e le caratteristiche del dispositivo a monte, sono verificate; in
questo caso, infatti, la protezione a monte è efficace anche per la derivazione.
Lo stesso discorso vale per una linea che si dirama in più linee secondarie: le derivazioni per
le quali sono soddisfatte le condizioni (1) e (2) possono essere non protette contro i
sovraccarichi.
Nel secondo caso indicato dalla normativa rientrano molte situazioni pratiche, tra cui:
- condutture alimentanti apparecchi d'illuminazione, non in grado, per loro natura, di
produrre sovraccarichi;
- condutture alimentanti utilizzatori termici (stufe, forni a resistenza ecc. ), per il
motivo precedente;
- condutture che alimentano motori con corrente a rotore bloccato inferiore alla portata
della linea, dato che la corrente a rotore bloccato è il massimo valore di corrente che
il motore può assorbire in assenza di guasto;
- condutture che alimentano apparecchi utilizzatori già dotati del proprio dispositivo di
protezione, a condizione che esso sia idoneo anche alla protezione della linea contro
il sovraccarico; è questo il caso di una linea alimentante un motore dotato di un
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quadro di comando e protezione comprendente un relè termico che soddisfi le
condizioni (1) e (2) per la linea di alimentazione;
- conduttura che alimenta più derivazioni, ognuna protetta da un proprio dispositivo;
se la somma delle correnti nominali delle protezioni è inferiore o uguale alla portata
della conduttura a monte, la protezione dal sovraccarico di quest'ultima può essere
omessa.
Vi sono anche dei casi in cui la norma CEI 64-8 raccomanda di omettere la protezione per
ragioni di sicurezza.
È il caso di circuiti che alimentano apparecchi utilizzatori per quali l'apertura intempestiva del
circuito potrebbe essere causa di pericolo: Esempi significativi sono:
- i circuiti di eccitazione delle macchine rotanti;
- i circuiti di alimentazione degli elettromagneti di sollevamento;
- i circuiti secondari dei trasformatori di corrente (TA);
- i circuiti che alimentano dispositivi di estinzione dell'incendio.
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1.3.1 Criterio generale
Il dispositivo di protezione deve interrompere la corrente di cortocircuito prima che essa
diventi pericolosa per gli effetti termici e meccanici provocati nei conduttori e nelle relative
connessioni. A tale proposito è da ricordare che il cortocircuito dà luogo a una sollecitazione
termica, dell'energia passante, e meccanica per sforzi elettrodinamici.
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fig.5: a) Schematizzazione generica di un cortocircuito. b) Circuiro equivalente.
La corrente istantanea i(t) che nasce in queste condizioni è regolata dalla seguente
equazione differenziale:
di (t )
L Ri (t ) u (t ) (7)
dt
dove u(t) rappresenta il valore istantaneo della tensione relativa al generatore equivalente
della sorgente.
Se il corto circuito avviene all’istante t=0 ed il generatore fornisce una tensione sinusoidale
di ampiezza U e pulsazione , detto l’angolo di fase iniziale della sinusoide, la
precedente equazione differenziale diventa:
di (t )
L Ri(t ) Usen(t ) (8)
dt
La soluzione di tale equazione è:
Come si vede, la corrente di cortocircuito, è composta da due termini: i(t)= i t (t)+ i p (t)
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transitorio esponenziale, unidirezionale, asimmetrico rispetto all’asse dei tempi:
t
it (t ) I 2 sen e
(10)
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dello zero fino al momento del cortocircuito. In figura fig.7 si riportano tre tipici casi, in riferimento
a quanto detto, per un cortocircuito su impedenza induttiva :
2
fig.7a) , corrente di cortocircuito simmetrica rispetto all’asse dei tempi.
2
fig.7b) 0 , corrente di cortocircuito con asimmetria massima.
fig.7b) qualsiasi, corrente di cortocircuito parzialmente asimmetrica.
In generale per rendere conto del grado di asimmetria della corrente di cortocircuito si
definisce un coefficiente Kcr come il rapporto fra il valore di cresta (massimo) della corrente
totale ed il valore efficace (I) della componente simmetrica. Questo coefficiente prende il
nome di fattore di cresta ed è rappresentato nella figura sottostante (fig.8):
12
fig.8:Grafico del fattore di cresta
13
tab.1: Fattore di potenza convenzionale e potere di chiusura minimo in funzione del potere di
interruzione (CEI17-5)
Dalla tabella si nota che gli interruttori con potere di interruzione maggiore sono previsti
per circuiti a fattore di potenza convenzionale sempre più piccolo per i quali diventa più
difficoltosa l’interruzione. Il motivo è dovuto al fatto che, all’aumentare della potenza
impegnata, si ha la tendenza all’aumento della sezione dei conduttori (di linee e
trasformatori) che, in definitiva, comporta la formazione di circuiti di guasto per
cortocircuito aventi, sempre più, carattere induttivo.
Se l’interruttore deve essere istallato su di un circuito che presenta un fattore di potenza
inferiore rispetto a quello indicato, occorre consultare il costruttore perché il potere di
apertura può ridursi a causa dello sfasamento ulteriore, fra tensione e corrente, che rende più
difficoltosa l’estinzione dell’arco perché la corrente è a zero quando la tensione è prossima
al suo massimo e questo può favorire il reinnesto dell’arco.
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fig.8: Potere di chiusura e potere di interruzione
Ad esempio per gli interruttori a norma CEI 17-5 (interruttori automatici per tensioni
<1000V) i valori sono riportati nella tab.1. Valgono le stesse considerazioni del potere di
interruzione in merito alla dipendenza dal fattore di potenza convenzionale.
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dove c è il calore specifico volumico del conduttore e V il suo volume.
Uguagliando la (12) con (13) si ottiene:
cS 2
i 2 dt d (14)
Per tener conto di tutta l’energia termica sviluppata durante il fenomeno occorre “sommare”
tutti i contributi degli intervalli di tempo infinitesimi dt, dal momento dell’avvenuto
cortocircuito (t=0), a cui corrisponde una temperatura di servizio θs, fino a quando
l’interruttore non interrompe la corrente (t=ti) a cui corrisponde una temperatura finale θf> θs.
Matematicamente equivale a:
ti f
cS 2
i dt d (14)
2
0 s
ti
si misura in A2s ed è proporzionale all’energia che fluisce durante il corto circuito lasciata
passare dall’interruttore di protezione fino al tempo ti di estinzione dell’arco.
Dal secondo termine della (14), risolvendo l’integrale, si ottiene l’energia specifica
tollerabile dal cavo:
f
cS 2
d K 2 S 2 (15)
s
c 1 f
dove K
2
ln α = coeff. di temperatura ρ0 = resistività a 0°C
0 1 s
K è un coefficiente che dipende dal tipo di materiale del conduttore (rame, alluminio) e dal
tipo di isolante.
L’intervento della protezione deve evitare che la temperatura finale θf superi il valore limite
fissato dalla norma in base alle caratteristiche del cavo. Questo si ottiene se l’energia passante
della protezione è inferiore, al limite uguale, a quella massima necessaria per far passare il
conduttore da una temperatura di servizio θs a quella massima ammissibile θf. Questa
condizione si ottiene se è soddisfatta la seguente disuguaglianza:
ti f
cS 2
i dt d K 2 S 2
2
0 s
(16)
16
L’integrale di Joule, rappresentato dal primo termine della (16), è caratteristico del
dispositivo ed è fornito dal costruttore; per valutare l’energia specifica tollerabile dal cavo
K2S2 si può ricorrere ai valori riportati nella seguente tabella (tab.2):
tab.2: Valori dei coefficienti K secondo CEI 64-8 per tempi di intervento minori di 5s.
Per la verifica pratica della (16) occorre conoscere l’andamento dell’energia passante del
dispositivo di protezione in funzione della corrente presunta di cortocircuito e confrontarla
con il termine K2S2.
Tale verifica si differenzia a seconda del tipo di protezione: con fusibile oppure con
interruttore automatico.
In prima approssimazione l’energia specifica tollerabile dal cavo è indipendente dall’intensità
di corrente se i valori sono sufficientemente elevati visto la brevissima durata del fenomeno
(es. scatto protezione magnetica). Per correnti più basse i tempi d’intervento delle protezioni
possono allungarsi a tal punto da essere confrontabili con le costanti di tempo termiche del
sistema e quindi diventa non più trascurabile l’effetto di dissipazione del calore. In queste
condizioni l’energia specifica tollerabile dal cavo tende quindi ad aumentare.
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motivo si viene a creare una distanza limite superata la quale, un eventuale cortocircuito a
fine linea, non sarebbe in grado di far saltare il fusibile (zona a).
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Perché la protezione sia conforme alla norma occorre che si verifichino contemporaneamente le due
seguenti condizioni:
1) La corrente di cortocircuito ad inizio linea, caso più gravoso, deve essere inferiore o uguale
ad Ib.
2) La corrente di cortocircuito ad fine linea, caso meno gravoso, deve essere superiore o uguale
a Ia .
La corrente Ia rappresenta praticamente la soglia massima Im (max) dell’intervento della protezione
magnetica che, ad esempio, per gli interruttori in B.T. ad uso domestico e similare, CEI EN 60898
(CEI 23-3), risulta essere:
caratteristica Im (max) / Inom
di intervento
B 5
C 10
D 14
19
dove:
R R e X R rappresentano rispettivamente la resistenza e la reattanza equivalente della
rete a monte (sorgente), considerando il circuito di Thevenin con E0 come tensione di
fase a vuoto.
R F e X F rappresentano rispettivamente la resistenza e la reattanza equivalente del
conduttore di fase
R N e X N rappresentano rispettivamente la resistenza e la reattanza equivalente del
conduttore di neutro.
Trascurando l’impedenza del guasto (cortocircuito franco) si ottiene:
E0
I cc (17)
( RR RF RN )2 ( X R X F X N )2
3E0
guasto fase/fase (fig.12b, fig.13b) I cc (19)
(2RR 2RF ) 2 (2 X R 2 X F ) 2
20
E0
guasto fase/neutro (fig.12c, fig.13c) I cc (20)
( RR RF RN )2 ( X R X F X N )2
Da questa analisi si deduce che la corrente massima di cortocircuito si ha nel caso di guasto
trifase, la corrente minima di cortocircuito si ha per guasto fase/neutro mentre il tipo fase/fase
assume un valore intermedio.
21
Per quanto riguarda il valore di φcc si può orientativamente considerare compreso fra 0,1…0,2
22
S [mm2] Kcdt
<120 1
120 0,9
150 0,85
180 0,80
240 0,75
si tiene conto di un aumento di resistività del conduttore pari al 50% rispetto al valore
a temperatura ambiente (20°C).
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30K cdt ESF
I cc (31)
(1 m) L
Dalla (30), con gli stessi ragionamenti del caso monofase, si ricava la lunghezza limite nel
caso di linea trifase in rame:
30K cdtVS
Llim (32)
I cc min 1 m
0 s
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La selettività è distinta in:
selettività totale quando per ogni tipo di sovracorrente sulla linea derivata (2) si ha solo lo
scatto del suo interruttore (B) senza l’intervento dell’interruttore principale (A);
selettvità parziale quando non è sempre verificata la condizione precedente, cioè superato
un certo valore di corrente (punto di scambio) si ha anche l’intervento della protezione a
monte (A).
La realizzazione di una protezione selettiva impone un stretto coordinamento fra gli interruttori
monte/valle.
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1.4.1.2 Selettività nelle protezioni dalle sovracorrenti con fusibili
La selettività si ottiene anche con l’adozione di fusibili ed è possibile rendere selettivo
l’intervento di queste protezioni rispettando i seguenti criteri. Come visibile in fig.16 una
condizione da rispettare, per avere una selettività totale, è quella che non ci siano intersezioni
fra le curve di intervento dei due dispositivi. Nell’esempio riportato il fusibile B presenta un
tempo di intervento inferiore al fusibile A e quindi interviene solo lui in caso di un guasto a
valle di entrambi.
Oltre a rispettare questa condizione si deve verificare che l’impulso termico di prearco del
fusbile a monte A sia superiore a quello totale del fusibile a valle, in modo che per l’intera
durata dell’interruzione non si inneschi l’arco elettrico in quello a monte.
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tempi minori, protegge l’intero circuito a valle dalle correnti più intense avendo l’adatto
potere di interruzione richiesto.
Il punto di intersezione delle due curve è detto punto di scambio (corrente Ip) e tale corrente
non deve essere superiore al potere di interruzione dell’interruttore a valle per rispettare il
giusto coordinamento delle protezioni.
Questa soluzione è particolarmente utile quando si usano fusibili di tipo aM (fusibile a campo
ridotto per avviamento motore) che sono poche efficaci per la protezione da sovracorrenti di
piccola intensità.
In generale questo sistema consente l’uso di interruttori in cascata aventi un potere di
interruzione più basso, e quindi più economici, con l’inconveniente della perdita parziale di
selettività.
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Sistema TN-S e TT: in questi tipi di distribuzione il neutro è un conduttore attivo e
quindi può essere interrotto.
Nei circuiti trifasi con filo di neutro di sezione pari ai conduttori di fase la protezione
su di esso non è obbligatoria. Se questo conduttore ha sezione inferiore la protezione
sul neutro può continuare ad essere omessa a patto che in funzionamento ordinario la
corrente che lo attraversa sia nettamente inferiore a quella di fase (carichi
sostanzialmente equilibrati) e sia presente una protezione sulle fasi.
Nei circuiti fase/neutro la protezione del neutro può essere omessa mentre è opportuno
il suo sezionamento.
Nei circuiti trifase senza neutro oppure fase/fase vengono normalmente prottette tutte
le fasi.
Sistema IT: in questo caso il conduttore di neutro non è collegato direttamente a terra.
È buona norma, in questi casi, non distribuire il neutro. Se fosse indispensabile, la sua
protezione può essere omessa purché ci sia a monte una protezione di cortocircuito;
oppure sia presente una protezione da cortocircuito sulle fasi adatta anche per il
conduttore di neutro (verifica dell’energia passante) e il circuito è protetto da
interruttore differenziale che interrompe tutti i conduttori compreso quello di neutro.
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Nel caso primo caso la protezione da cortocircuito è assicurata dal fusibile aM, quella per
sovraccarico dallo sganciatore termico detto salvamotore, che agisce sul contattore,
realizzando una protezione di back-up. Un tipico esempio è rappresentato nella figura
seguente (fig.18):
In questo caso il fusibile sopperisce allo scarso potere d’interruzione del contattore, però
l’energia passante del fusibile comunque deve essere inferiore alla massima tollerabile dai
componenti a valle.
Nel grafico tempo/corrente è riportato l’andamento della corrente di avviamento del motore
nel tempo, per avere un sicuro avviamento questo profilo deve essere sottostante alle curve
della protezione del salvamotore (termica) e del fusibile aM.
Osservando il diagramma tempo/corrente si deve tenere presente che una caratteristica troppo
esterna rende poco efficace la protezione nel funzionamento normale, mentre una protezione
troppo “stretta” potrebbe rendere incerto l’avviamento.
Dal grafico si nota che se si utilizzasse solo il fusibile aM si avrebbe comunque una efficiente
protezione dai cortocircuiti ma si otterrebbe una scarsa protezione dal sovraccarico, cosa al
quanto pericolosa nel caso in cui il motore, per una qualsiasi ragione, non si avviasse e
rimanesse a rotore bloccato. In questo caso la linea di alimentazione, e la macchina stessa, si
troverebbero fortemente sovraccaricate con conseguente fortissimo surriscaldamento che, in
brevissimo tempo, potrebbe portare alla distruzione del sistema con un forte rischio di
incendio. Se invece si utilizzasse solo il salvamotore si avrebbe un’insufficiente protezione
dal rischio di cortocircuito. L’abbinamento (coordinamento) di queste due protezioni deve
essere fatto in base alle specifiche caratteristiche del motore, cioè in base alla corrente
assorbita, come specificato dalla normativa.
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L’altro tipo di protezione si realizza mediante appositi interruttori magnetotermici calibrati in
base alle caratteristiche dei motori da proteggere in modo da ottenere il giusto coordinamento
come rappresentato in fig.19:
Nel caso in cui l’interruttore non avesse il necessario potere di interruzione andrebbe
aggiunto in serie un fusibile tipo aM per la protezione dal cortocircuito.
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Esercitazione svolta:
Una linea in c.a. trifase a tre fili, lunga L=80m, funziona a frequenza nominale di 50Hz e
tensione concatenata nominale di Vn=400V, alimenta un carico di estremità equilibrato che assorbe
una potenza P=10kW con f.d.p. 0,8. La linea è costituita da un cavo in PVC avente una sezione di
6mm2, con portata Iz=24A nelle effettive condizioni di impiego. La corrente di cortocircuito
presunta alla radice della linea è pari a 4,6kA.
Scegliere il tipo di interruttore magnetotermico adatto a realizzare sia la protezione da sovraccarico
che quella per cortocircuito utilizzando il seguente grafico relativo all’energia passante:
Soluzione:
Per la protezione dal cortocircuito, l’interruttore deve essere istallato all’inizio della linea.
P 10000
La corrente di impiego vale I b 18 A
3Vn cos 1,73 400 0,8
Ai fini della protezione da sovraccarico deve essere rispettata la relazione:
Ib In I z
18 A I n 24 A
Con questi vincoli si sceglie un interruttore automatico magnetotermico avente una corrente
standard nominale di I n 20 A .
Calcolando la massima energia specifica passante sopportabile dal cavo EPVC, K=115 A2s/mm4 per
isolamento in PVC, si ottiene:
E PVC K 2 S 2 115 2 6 2 4,76 10 5 A 2 s
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Dal grafico dell’energia passante dell’interruttore, per I n 20 A risulta che, in corrispondenza del
valore EPVC si ottiene un intervallo di protezione efficace fra circa 35A ed un valore superiore a
10kA che rappresenta la massima ascissa del grafico. Essendo la corrente di cortocircuito, ad inizio
linea, pari a 4,6kA il cavo risulta essere protetto per correnti di cortocircuito superiori a 35A.
La corrente di cortocircuito minima a fine linea, trattandosi di distribuzione trifase senza neutro, ci
si riconduce al caso monofase e quindi risulta essere:
15K cdtVS 15 1 400 6
I cc min LINEA 450 A
L 80
che risulta essere nettamente superiore al limite inferiore di 35A appena determinato. In
corrispondenza di tale valore si ha una lunghezza limite di 1028m.
Dalle considerazioni svolte si sceglie un interruttore tripolare con corrente nominale di 20A.
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