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UNIVERSITA’ DI FIRENZE UNIVERSITA’ DI PISA UNIVERSITA’ DI SIENA

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SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO


SECONDARIO DELLA TOSCANA
Sede di Pisa

MODULO DI IMPIANTI ELETTRICI

PROTEZIONI DALLE SOVRACORRENTI

Alessio Bonci

classe di concorso A035 – Elettrotecnica ed Applicazioni


Indirizzo Scientifico Tecnologico

ANNO ACCADEMICO 2006-2007


PROTEZIONI DALLE SOVRACORRENTI

Introduzione
In un impianto elettrico una sovracorrente non interrotta tempestivamente può produrre la perdita
di vite umane e danni materiali che a volte assumono proporzioni disastrose.
Gli incendi di origine elettrica costituiscono una percentuale di oltre il 10% della totalità
degli incendi negli edifici e circa metà sono provocati dal surriscaldamento delle condutture
elettriche.

1.1 Protezione delle condutture contro i sovraccarichi

Questo tipo di protezione contro il sovraccarico può essere effettuato con interruttori automatici,
fusibili e relè termici accoppiati a teleruttori.

Per correnti di sovraccarico si intendono tutte quelle correnti non troppo maggiori (generalmente fino
ad un massimo di 6…8 volte) a quella nominale di un dato impianto elettricamente sano.

È bene tenere presente che il sovraccarico non si può mantenere indefinitivamente in quanto sottopone
i vari componenti interessati ad una sollecitazione, soprattutto di tipo termico, maggiore di quella
nominale; pertanto gli isolamenti sono sottoposti ad uno stress maggiore degradando di molto le loro
prestazioni con conseguente accelerazione dell’invecchiamento fino ad arrivare, in breve tempo, al
conseguente pericolo di scarica fra le parti in tensione. È chiaro quindi che un sovraccarico non
controllato può degenerare, in un tempo più o meno breve, in un cortocircuito e questo quindi
comporta l’uso di una protezione tanto più rapida quanto sarà più intenso il sovraccarico stesso.

La funzione principale di questo tipo di protezione è quello di interrompere le correnti di sovraccarico


prima che esse possano provocare un riscaldamento eccessivo del conduttore nocivo all’isolante, ai
collegamenti ed all’ambiente esterno. Allo stesso tempo però devono permettere la conduzione di
correnti di sovraccarico di breve durata per permettere il superamento di transitori che si hanno durante
il normale esercizio dell’impianto, ad esempio, per le correnti di spunto di avviamento dei motori
asincroni oppure le correnti transitorie delle lampade ad incandescenza.

Per procedere nel modo corretto sulla scelta di questi dispositivi di protezione si devono tenere
presenti i seguenti valori di corrente:
 Ib corrente di impiego del circuito, in condizioni ordinarie
 In corrente nominale di intervento del dispositivo di protezione, per apparecchi regolabili
si intende la corrente di regolazione.
 Iz portata della linea

2
Fra le correnti indicate deve sussistere la seguente relazione:

I b  I n  I z (1)

Se viene rispettata questa relazione è certo che il dispositivo di protezione non interviene in modo
intempestivo e, allo stesso modo, è sicuro che non venga superata la massima corrente ammessa
dalla linea, cioè la portata del cavo.
La scelata della corrente In viene complicata dal fatto che i dispositivi di protezione hanno una certa
fascia di incertezza di intervento fra i valori Inf e If come schematizzato nella seguente figura:

fig. 1: schematizzazione grafica del significato delle correnti Inf ed If

Per un dispositivo di protezione da sovraccarico si definiscono le seguenti correnti:


 Inf corrente convenzionale di non intervento, è il valore di corrente che lo sganciatore può
condurre per il tempo convenzionale (tc) senza che avvenga lo sgancio.
 If corrente convenzionale di intervento, è il valore di corrente che determina sicuramente
lo sgancio entro un determinato tempo convenzionale (tc).

A seconda della relativa posizione delle varie correnti, secondo la relazione (1), si possono avere
due casi limite:
 In = Iz (fig.2) In questo caso la protezione della conduttura non è efficace in quanto nella
fascia compresa fra In ed If il dispositivo può non intervenire e quindi la conduttura,
essendoci una corrente superiore ad Iz, risulta sovraccaricata con conseguente degrado della
vita del cavo.

fig.2: schematizzazione grafica del caso In=Iz

3
 If = Iz (fig.3) In questo caso la protezione della conduttura è efficace in quanto il dispositivo
intervenire sicuramente sempre per una corrente non superiore alla portata del cavo, ma
occorre scegliere una corrente Iz troppo superiore alla Ib e quindi la conduttura è pertanto
sottoutilizzata.

fig.3: schematizzazione grafica del caso If=Iz

Una soluzione di compromesso tra i due precedenti casi, ammessa per normativa CEI 64-8, è quella
che stabilisce il soddisfacimento della relazione (1) in aggiunta alla seguente condizione:
I f  1,45 I z (2)

come schematizzato nella seguente fig.4:

fig.4: schematizzazione grafica delle condizioni stabilite dalla CEI 64-8

In questo caso il divario fra Iz e Ib si riduce sfruttando in miglior modo il cavo. La protezione è
pertanto efficace tranne che per le correnti comprese nell’intervallo fra Iz e If dove il dispositivo
non è detto che intervenga entro il tempo convenzionale tc stabilito.
Dalle relazioni (1) e (2) si hanno diverse conseguenze a seconda del tipo di protezione utilizzata per
il differente valore del rapporto kf :
If
kf  (3)
In

Il vincolo dato dalla relazione (2), quindi, può essere riscritto come: I f  k f I n  1,45I z (4)

1,45 I z
ottenendo questa espressione: I n  (5), che a seconda del valore di k f si distinguono
kf

i seguenti casi:

4
 Caso 1: k f  1,45 queste protezioni risultano pertanto conformi alla normativa

sempre che sia soddisfatta la relazione:


I b  I n  I z (1)

 Caso 2: k f  1,45 queste protezioni risultano pertanto conformi alla normativa

sempre che sia soddisfatta la relazione :


1,45 I z
Ib  In  (6)
kf

Quando k f è sensibilmente maggiore di 1,45 si può avere un rilevante divario fra la

corrente d’impiego I b del cavo e la stessa portata I z.


If
Il valore di k f  varia a seconda del tipo di apparecchiatura:
In
1.1.1 Sganciatori termici:
If
Per i relè termici accoppiati ai contattori si ha k f  =1,25 quindi si è nel caso 1 per il
In

quale è sufficiente il rispetto della relazione I b  I n  I z .

1.1.2 Interruttori automatici:


Per questi apparecchi la condizione peggiore riguarda gli interruttori non regolabili CEI
If
EN 60898 (CEI 23-3) per i quali si ha k f  =1,45 che è il valore limite del caso 1 e
In

pertanto, anche per essi, è sufficiente il rispetto della relazione I b  I n  I z .

1.1.3 Fusibili:
If
Il valore k f  per questi dispositivi di protezione è pari ad 1,6 e quindi occorre
In
rispettare i vincoli del caso 2 . Dalla analisi fatta si ottiene che deve risultare
1,45 I z 1,45 I z
Ib  In    0,906 I z . Con questo tipo di protezione, anche se economica,
kf 1,6

non si ha un ottimale sfruttamento della linea. Vediamo questo ragionamento con un


esempio, supponiamo di dover proteggere dal sovraccarico una linea che ha una corrente
di impiego I b =65A tramite l’uso di fusibili. Il valore standard nominalmente superiore è
80
I n =80A e, dalla relazione precedente, deve risultare: I z   88,3 A
0,906

Supponendo di scegliere una linea con una portata Iz =90A si vede che questa è
sottoutilizzata perché la corrente di impiego è il 72% della portata.
5
If
Se la stessa linea si proteggesse con un interruttore che ha kf  =1,2 (interruttori
In
termici) utilizzando sempre uno sganciatore con I n =80A, dalla (5), si otterrebbe:
1,45 I z 1,45 I z 80
In    1,16 I z da cui I z   69 A
kf 1,25 1,16

Con questo tipo di protezione si potrebbe utilizzare una linea più piccola con una portata
I z =70A ottenendo un utilizzo del 92,8% della conduttura rispetto al suo valore massimo.
La scelta dipende dal costo del dispositivo di protezione e dal tipo di linea.
Tendenzialmente per linee “corte” potrebbe essere conveniente l’uso del fusibile mentre
se la linea è “lunga” potrebbe essere conveniente utilizzare un dispositivo di protezione
più sofisticato, come un interruttore automatico, risparmiando sulla sezione del
conduttore.
In generale se la conduttura è composta da tratti aventi caratteristiche differenti (sezione,
tipo di guaina, tipo di posa, ecc…) occorre che in ogni tratto siano rispettati i vincoli
delle relazioni (1) e (2) in particolar modo con riferimento alla portata minore.
Se il dispositivo di protezione da sovraccarico è posto a monte di più linee diverse, esso
deve essere dimensionato in modo che siano soddisfatte le stesse relazioni, (1) e (2), per
ogni conduttura a valle.

1.2 Istallazione dei dispositivi di protezione contro i sovraccarichi


In generale il dispositivo di protezione contro il sovraccarico deve essere installato all'inizio del
circuito da proteggere. Tale disposizione è obbligatoria per la protezione dei circuiti che entrano
o attraversano gli ambienti a maggior rischio in caso di incendio.
Negli ambienti ordinari il dispositivo di protezione può essere posto anche lungo il percorso
della conduttura, a patto che nel tratto a monte non vi siano derivazioni né prese a spina;
escludendo questi casi, infatti, lungo tutto il percorso della conduttura la corrente rimane
costante e, quindi, un'eventuale corrente di sovraccarico viene in ogni caso avvertita dalla
protezione.
Tutti i circuiti, salvo i casi di cui si dirà in seguito, devono essere protetti contro il sovraccarico.
In particolare la protezione deve essere effettuata per le condutture che alimentano derivazioni o
carichi per i quali, in sede di progetto, sia stato assunto un coefficiente di utilizzazione o di
contemporaneità inferiore a 1; è evidente che, nel caso di funzionamento in condizioni
peggiorative rispetto a quelle assunte, il carico assorbirà una corrente maggiore di quella
calcolata.

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Altro caso evidente, in cui è necessario installare dispositivi di protezione, è quello delle
condutture che alimentano prese a spina ( CEI 64-8 ) ; alle prese possono essere, infatti, collegati
carichi di potenza maggiore di quella di progetto.
Vi sono poi casi in cui la protezione dai sovraccarichi può essere omessa; la norma CEI 64-8,
escludendo però i luoghi a maggior rischio in caso di incendio, quelli con pericolo di esplosione
e gli ambienti e le applicazioni particolari (locali da bagno, piscine ecc.), indica che non è
necessario prevedere dispositivi di protezione nei seguenti casi:
- condutture poste a valle di punti in cui ci sono variazioni di sezione, di natura, di modo
di posa o di costituzione, a patto che siano protetti da dispositivi posti a monte;
- condutture alimentanti apparecchi utilizzatori che non possono dar luogo a
sovraccarico, a patto che vi sia un'efficace protezione dal cortocircuito e che non
abbiano né derivazioni né prese a spina;
- impianti di telecomunicazioni, comando, segnalazione e simili, per i quali le condizioni
di protezione sono allo studio.
Rientrano nel primo caso, per esempio, le condutture derivate da una linea principale già
protetta dal sovraccarico e per le quali, in seguito alla variazione della sezione, del tipo di
isolante o della modalità di posa, vi sia una diminuzione della portata rispetto alla linea
principale. La protezione può essere omessa se le condizioni (1) e (2) applicate considerando
la portata della derivazione e le caratteristiche del dispositivo a monte, sono verificate; in
questo caso, infatti, la protezione a monte è efficace anche per la derivazione.
Lo stesso discorso vale per una linea che si dirama in più linee secondarie: le derivazioni per
le quali sono soddisfatte le condizioni (1) e (2) possono essere non protette contro i
sovraccarichi.
Nel secondo caso indicato dalla normativa rientrano molte situazioni pratiche, tra cui:
- condutture alimentanti apparecchi d'illuminazione, non in grado, per loro natura, di
produrre sovraccarichi;
- condutture alimentanti utilizzatori termici (stufe, forni a resistenza ecc. ), per il
motivo precedente;
- condutture che alimentano motori con corrente a rotore bloccato inferiore alla portata
della linea, dato che la corrente a rotore bloccato è il massimo valore di corrente che
il motore può assorbire in assenza di guasto;
- condutture che alimentano apparecchi utilizzatori già dotati del proprio dispositivo di
protezione, a condizione che esso sia idoneo anche alla protezione della linea contro
il sovraccarico; è questo il caso di una linea alimentante un motore dotato di un

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quadro di comando e protezione comprendente un relè termico che soddisfi le
condizioni (1) e (2) per la linea di alimentazione;
- conduttura che alimenta più derivazioni, ognuna protetta da un proprio dispositivo;
se la somma delle correnti nominali delle protezioni è inferiore o uguale alla portata
della conduttura a monte, la protezione dal sovraccarico di quest'ultima può essere
omessa.
Vi sono anche dei casi in cui la norma CEI 64-8 raccomanda di omettere la protezione per
ragioni di sicurezza.
È il caso di circuiti che alimentano apparecchi utilizzatori per quali l'apertura intempestiva del
circuito potrebbe essere causa di pericolo: Esempi significativi sono:
- i circuiti di eccitazione delle macchine rotanti;
- i circuiti di alimentazione degli elettromagneti di sollevamento;
- i circuiti secondari dei trasformatori di corrente (TA);
- i circuiti che alimentano dispositivi di estinzione dell'incendio.

1.3 Protezione delle condutture contro il cortocircuito


La protezione contro il cortocircuito si ottiene con l’uso di interruttori automatici e/o fusibili;
per gli impianti in BT, le condizioni che devono essere soddisfatte sono stabilite dalla norma
CEI 64-8. Secondo questa normativa tale protezione nei seguenti casi può essere omessa:
- linee di collegamento fra apparecchiature come batterie di accumulatori, generatori,
trasformatori, raddrizzatori ed i rispettivi quadri elettrici, nel caso in cui i suddetti
quadri contengano i dispositivi di protezione;
- circuiti la cui interruzione improvvisa può dar luogo a situazioni pericolo, come
quelli per l'alimentazione di elettromagneti di sollevamento;
- alcuni circuiti di misura, come i circuiti secondari dei TA (trasformatori
amperometrici di misura), la cui interruzione contrasta con il principio di
funzionamento dell'apparecchiatura.
Se la protezione viene omessa occorre verificare che il pericolo di cortocircuito sia minimo e
che la conduttura non sia prossima a materiali combustibili.
Si esamineranno adesso le condizioni che la protezione dal cortocircuito deve soddisfare per
essere conforme alla normativa citata.

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1.3.1 Criterio generale
Il dispositivo di protezione deve interrompere la corrente di cortocircuito prima che essa
diventi pericolosa per gli effetti termici e meccanici provocati nei conduttori e nelle relative
connessioni. A tale proposito è da ricordare che il cortocircuito dà luogo a una sollecitazione
termica, dell'energia passante, e meccanica per sforzi elettrodinamici.

1.3.2 Punto d'installazione


Normalmente i dispositivi di protezione contro i cortocircuiti vanno istallati all'inizio della
conduttura da proteggere e nei punti in cui si ha una riduzione della sezione dei conduttori o
un'altra variazione che dia luogo, in generale, ad una riduzione dell’energia passante
sopportabile dalla conduttura.
In ogni caso, l'ubicazione dei dispositivi di protezione deve sempre essere tale da
interrompere, in tempi brevissimi, l’intensa corrente di guasto derivata dal cortocircuito.
È consentito porre il dispositivo di protezione a distanza non superiore a 3 metri dal punto in
cui si ha una riduzione della capacità relativa all’energia passante sopportabile, ad eccezione
dei luoghi a maggior rischio in caso di incendio, in quelli con pericolo di esplosione e quelli
relativi ad applicazioni particolari.

1.3.3 Corrente nominale


Come nel caso della protezione da sovraccarico, anche per il cortocircuito, si deve evitare
l’intempestivo intervento di tale protezione per valori di corrente inferiori o uguali alla
corrente di impiego I b della linea in oggetto: I n  I b dove con I n si indica la corrente di
intervento nominale della protezione.

1.3.4 Corrente di cortocircuito


La corrente di cortocircuito, in condizioni ordinarie di funzionamento, è quel valore di
sovracorrente che si instaura a causa di un guasto di impedenza trascurabile fra due punti del
circuito a diverso potenziale.
La corrente che si crea è di forte intensità, paragonata alle correnti ordinarie, e dipende dalle
caratteristiche stese della linea (principalmente lunghezza e sezione) e da quelle della
sorgente di alimentazione (tensione a vuoto ed impedenza equivalente) come visibile dalla
schematizzazione della seguente figura (fig.5):

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fig.5: a) Schematizzazione generica di un cortocircuito. b) Circuiro equivalente.

La corrente istantanea i(t) che nasce in queste condizioni è regolata dalla seguente
equazione differenziale:
di (t )
L  Ri (t )  u (t ) (7)
dt
dove u(t) rappresenta il valore istantaneo della tensione relativa al generatore equivalente
della sorgente.
Se il corto circuito avviene all’istante t=0 ed il generatore fornisce una tensione sinusoidale
di ampiezza U e pulsazione , detto  l’angolo di fase iniziale della sinusoide, la
precedente equazione differenziale diventa:
di (t )
L  Ri(t )  Usen(t  ) (8)
dt
La soluzione di tale equazione è:

φ = sfasamento, in ritardo, della componente permanente ip(t) rispetto all’onda di tensione


τ = costante di tempo del circuito R L.

Come si vede, la corrente di cortocircuito, è composta da due termini: i(t)= i t (t)+ i p (t)

10
 transitorio esponenziale, unidirezionale, asimmetrico rispetto all’asse dei tempi:
t

it (t )  I 2 sen  e 
(10)

 termine permanente, sinusoidale, simmetrico rispetto all’asse dei tempi:


i p (t )  I 2 sent     (11)

Un tipico andamento di questa corrente è rappresentato in fig.6:

fig.6: Andamento della corrente di cortocircuito

La componente unidirezionlale transitoria it(t) è di tipo esponenziale decrescente e si annulla in un


tempo praticamente pari a circa 3…4τ.
In generale la presenza di questa componente continua è dovuta al fatto che la corrente, in una
induttanza, non può variare bruscamente perché, per la legge di Faraday – Lenz, l’induttanza stessa
tende a minimizzare le variazioni di flusso. Esistono però particolari condizioni per cui questa
componente è nulla. Infatti se il cortocircuito avviene nell’istante in cui la componente permanente
ip(t) passa naturalmente dallo zero (cioè φ = ψ), non avendosi variazioni brusche di corrente, anche
la componente unidirezionale è nulla come si vede dalla relazione matematica (12). In tutti gli altri
casi si ha la nascita di una corrente unidirezionale che rende asimmetrica la corrente di
cortocircuito. Per gli stessi motivi si nota che il massimo dell’asimmetria si ha quando

(   )   perché è in queste condizioni che la componente permanente ip(t) assume il valore
2
massimo e quindi massima discontinuità al verificarsi del cortocircuito.
Quindi, fissato il tipo di linea ed il tipo di sorgente (U,ω,L,R), cioè in particolar modo stabilito lo
sfasamento caratteristico φ del sistema, l’andamento della corrente di cortocircuito dipende solo

dalla fase di partenza ψ della tensione che è in relazione al tempo intercorrente dal passaggio

11
dello zero fino al momento del cortocircuito. In figura fig.7 si riportano tre tipici casi, in riferimento

a quanto detto, per un cortocircuito su impedenza induttiva   :
2

 fig.7a)   , corrente di cortocircuito simmetrica rispetto all’asse dei tempi.
2
 fig.7b)   0 , corrente di cortocircuito con asimmetria massima.
 fig.7b)  qualsiasi, corrente di cortocircuito parzialmente asimmetrica.

fig.7: Dipendenza dell’asimmetria della corrente di cortocircuito, su


carico induttivo, in funzione dell’angolo : a)   π/2, b)  0, c)  arbitrario.

In generale per rendere conto del grado di asimmetria della corrente di cortocircuito si
definisce un coefficiente Kcr come il rapporto fra il valore di cresta (massimo) della corrente
totale ed il valore efficace (I) della componente simmetrica. Questo coefficiente prende il
nome di fattore di cresta ed è rappresentato nella figura sottostante (fig.8):

12
fig.8:Grafico del fattore di cresta

1.3.5 Potere nominale di interruzione su cortocircuito


L’apertura di un interruttore può avvenire con correnti circolanti divario valore, che
vengono interrotte dalla manovra. Sicuramente l’intervento più gravoso è l’apertura a carico
di un cortocircuito visto che in questa situazione si ha la circolazione di corrente ben più
elevata rispetto ai valori ordinari.
L’intervento dell’interruttore modifica sia il valore che l’andamento della forma d’onda,
soprattutto a causa dell’istaurarsi dell’arco elettrico che si manifesta all’apertura dei
contatti. Tale fenomeno ha un effetto limitatore dell’intensità della corrente visto che, in
definitiva, si ha l’introduzione di un’impedenza, di valore praticamente ignoto, e variabile
nel tempo.
Si definisce corrente presunta di cortocircuito quel valore che si stabilirebbe in linea se al
posto dell’interruttore si inserisse un conduttore di impedenza nulla. Questa definizione è a
vantaggio della sicurezza perché in realtà la corrente avrà un valore più piccolo.
Si definisce potere nominale d’interruzione su cortocircuito (I cn ) il valore efficace massimo
della componente simmetrica della corrente di cortocircuito presunta che l’apparecchio è in
grado di interrompere qualunque sia il valore della componente unidirezionale.
Visto che la corrente di cortocircuito dipende sia dal valore della tensione della sorgente che
dal fattore di potenza del circuito il valore di I cn viene caratterizzato per una tensione di
ritorno pari a 1,1 volte di quella relativa all’impiego nominale con specifico fattore di
potenza convenzionale, come visibile nella seguente tabella:

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tab.1: Fattore di potenza convenzionale e potere di chiusura minimo in funzione del potere di
interruzione (CEI17-5)

Dalla tabella si nota che gli interruttori con potere di interruzione maggiore sono previsti
per circuiti a fattore di potenza convenzionale sempre più piccolo per i quali diventa più
difficoltosa l’interruzione. Il motivo è dovuto al fatto che, all’aumentare della potenza
impegnata, si ha la tendenza all’aumento della sezione dei conduttori (di linee e
trasformatori) che, in definitiva, comporta la formazione di circuiti di guasto per
cortocircuito aventi, sempre più, carattere induttivo.
Se l’interruttore deve essere istallato su di un circuito che presenta un fattore di potenza
inferiore rispetto a quello indicato, occorre consultare il costruttore perché il potere di
apertura può ridursi a causa dello sfasamento ulteriore, fra tensione e corrente, che rende più
difficoltosa l’estinzione dell’arco perché la corrente è a zero quando la tensione è prossima
al suo massimo e questo può favorire il reinnesto dell’arco.

1.3.6 Potere nominale di chiusura su cortocircuito


Nel caso in cui il guasto di cortocircuito sia presente prima della chiusura dell’interruttore,
la manovra di chiusura avviene su cortocircuito e l’apparecchio deve essere in grado di
interrompere la relativa sovracorrente del tipo schematizzato in fig.8. Si definisce potere
nominale di chiusura (I cm ) il massimo valore di cresta della corrente presunta di
cortocircuito che l’interruttore è in grado di chiudere in specifiche condizioni di servizio.

14
fig.8: Potere di chiusura e potere di interruzione

Ad esempio per gli interruttori a norma CEI 17-5 (interruttori automatici per tensioni
<1000V) i valori sono riportati nella tab.1. Valgono le stesse considerazioni del potere di
interruzione in merito alla dipendenza dal fattore di potenza convenzionale.

In definitiva un interruttore è completamente individuato, a questi fini, dal potere di


interruzione nominale, poiché la norma stabilisce che esso sia anche in grado di chiudere,
nelle condizioni di asimmetria peggiori, la corrente che è in grado di aprire.

1.3.7 Sollecitazione termica per cortocircuito ed energia passante


Durante il cortocircuito si instaurano correnti molto forti rispetto alle condizioni ordinarie; fra
i più importanti effetti prodotti vi è quello relativo al surriscaldamento del cavo e delle parti
attive delle apparecchiature coinvolte nel guasto. A differenza del sovraccarico questo
surriscaldamento è molto più rapido perché molto più intenso è il valore della corrente del
guasto ma, il fenomeno si esaurisce in tempi molto più brevi visto la rapidità di intervento
delle protezioni. Per questo motivo, nell’analisi del fenomeno, si può considerare che il
conduttore, sottoposto a questa intensa corrente, “non abbia modo” di scambiare calore con
l’esterno visto la rapidità del fenomeno rispetto alle costanti di tempo termiche del sistema in
oggetto (ipotesi di riscaldamento adiabatico). Questa ipotesi è senz’altro peggiorativa ed a
vantaggio della sicurezza, in realtà si avrà una sovratemperatura effettiva minore rispetto a
quella stimata teoricamente.
Si consideri un conduttore di lunghezza L, sezione S, avente una resistività ρ, in cui fluisce
una corrente i in un intervallo di tempo infinitesimo dt, la relazione:
L
Ec  Pc dt  Ri 2 dt  i 2 dt (12)
S
fornisce l’energia termica Ec, prodotta per effetto Joule, che determina un innalzamento di
temperatura dθ in base alla relazione:
Ec  cVd  cSLd (13)

15
dove c è il calore specifico volumico del conduttore e V il suo volume.
Uguagliando la (12) con (13) si ottiene:
cS 2
i 2 dt  d (14)

Per tener conto di tutta l’energia termica sviluppata durante il fenomeno occorre “sommare”
tutti i contributi degli intervalli di tempo infinitesimi dt, dal momento dell’avvenuto
cortocircuito (t=0), a cui corrisponde una temperatura di servizio θs, fino a quando
l’interruttore non interrompe la corrente (t=ti) a cui corrisponde una temperatura finale θf> θs.
Matematicamente equivale a:
ti f
cS 2
 i dt   d (14)
2

0 s

ti

 i dt è detto integrale di Joule oppure energia specifica o energia passante


2
Il termine
0

si misura in A2s ed è proporzionale all’energia che fluisce durante il corto circuito lasciata
passare dall’interruttore di protezione fino al tempo ti di estinzione dell’arco.
Dal secondo termine della (14), risolvendo l’integrale, si ottiene l’energia specifica
tollerabile dal cavo:
f
cS 2

 
d  K 2 S 2 (15)
s

c  1   f 
dove K 
2
ln  α = coeff. di temperatura ρ0 = resistività a 0°C
 0  1   s 
K è un coefficiente che dipende dal tipo di materiale del conduttore (rame, alluminio) e dal
tipo di isolante.
L’intervento della protezione deve evitare che la temperatura finale θf superi il valore limite
fissato dalla norma in base alle caratteristiche del cavo. Questo si ottiene se l’energia passante
della protezione è inferiore, al limite uguale, a quella massima necessaria per far passare il
conduttore da una temperatura di servizio θs a quella massima ammissibile θf. Questa
condizione si ottiene se è soddisfatta la seguente disuguaglianza:

ti f
cS 2
 i dt   d  K 2 S 2
2

0 s
 (16)

16
L’integrale di Joule, rappresentato dal primo termine della (16), è caratteristico del
dispositivo ed è fornito dal costruttore; per valutare l’energia specifica tollerabile dal cavo
K2S2 si può ricorrere ai valori riportati nella seguente tabella (tab.2):

tab.2: Valori dei coefficienti K secondo CEI 64-8 per tempi di intervento minori di 5s.

Per la verifica pratica della (16) occorre conoscere l’andamento dell’energia passante del
dispositivo di protezione in funzione della corrente presunta di cortocircuito e confrontarla
con il termine K2S2.
Tale verifica si differenzia a seconda del tipo di protezione: con fusibile oppure con
interruttore automatico.
In prima approssimazione l’energia specifica tollerabile dal cavo è indipendente dall’intensità
di corrente se i valori sono sufficientemente elevati visto la brevissima durata del fenomeno
(es. scatto protezione magnetica). Per correnti più basse i tempi d’intervento delle protezioni
possono allungarsi a tal punto da essere confrontabili con le costanti di tempo termiche del
sistema e quindi diventa non più trascurabile l’effetto di dissipazione del calore. In queste
condizioni l’energia specifica tollerabile dal cavo tende quindi ad aumentare.

1.3.8 Protezione con fusibili


Nel caso si utilizzi un fusibile, trattandosi di dispositivi intrinsecamente limitatori, l’energia
specifica passante ha un valore sempre decrescente all’aumentare della presunta corrente di
guasto come visibile dalla seguente figura (fig.9). La condizione è verificata per tutte le
correnti di valore superiore ad Ia (zona b) che rappresenta pertanto un valore limite inferiore.
Occorre quindi che, in ogni punto della conduttura, si abbia una corrente minima di
cortocircuito non inferiore al minimo consentito per essere certi di ottenere un tempestivo
intervento del fusibile in modo da non far eccessivamente surriscaldare il cavo. Per tale

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motivo si viene a creare una distanza limite superata la quale, un eventuale cortocircuito a
fine linea, non sarebbe in grado di far saltare il fusibile (zona a).

fig.9: Confronto fra l’energia specifica passante di un fusibile e


l’energia tollerabile dal cavo.

1.3.9 Protezione con interruttore automatico (magnetotermico)


Nel caso si utilizzi come protezione un interruttore magnetotermico la figura seguente (fig.10)
rappresenta il confronto fra l’energia specifica passante della protezione e quella tollerabile dal
cavo. Dall’intersezione delle due curve si nota che solo per correnti comprese nell’intervallo Ia, Ib
(zona b) il cavo risulta protetto. Il valore Ia rappresenta il valore minimo che si ha al termine della
linea, mentre Ib è il valore massimo che si ottiene ad inizio linea.

fig.10: Confronto fra l’energia specifica


passante di un interruttore magnetotermico e l’energia tollerabile dal cavo.

18
Perché la protezione sia conforme alla norma occorre che si verifichino contemporaneamente le due
seguenti condizioni:
1) La corrente di cortocircuito ad inizio linea, caso più gravoso, deve essere inferiore o uguale
ad Ib.
2) La corrente di cortocircuito ad fine linea, caso meno gravoso, deve essere superiore o uguale
a Ia .
La corrente Ia rappresenta praticamente la soglia massima Im (max) dell’intervento della protezione
magnetica che, ad esempio, per gli interruttori in B.T. ad uso domestico e similare, CEI EN 60898
(CEI 23-3), risulta essere:
caratteristica Im (max) / Inom
di intervento
B 5
C 10
D 14

1.3.10 Determinazione della corrente di cortocircuito


Per il rispetto dei vincoli normativi, relativamente alla conformità di una protezione per
cortocircuito, è sufficiente considerare il valore efficace della componente simmetrica della
corrente di guasto. Il suo valore dipenderà dal tipo di circuito considerato, analizzeremo il
caso della linea monofase e quello della linea trifase. Per il guasto dissimmetrico verso terra
si rimanda ad altre spiegazioni.

1.3.10.1 Determinazione della corrente di cortocircuito di una linea monofase


In questo caso si può avere solo un tipo di guasto fra i due conduttori attivi come schematizzato
nella seguente figura (fig.11):

fig.11: Circuito equivalente per guasto monofase

19
dove:
 R R e X R rappresentano rispettivamente la resistenza e la reattanza equivalente della
rete a monte (sorgente), considerando il circuito di Thevenin con E0 come tensione di
fase a vuoto.
 R F e X F rappresentano rispettivamente la resistenza e la reattanza equivalente del
conduttore di fase
 R N e X N rappresentano rispettivamente la resistenza e la reattanza equivalente del
conduttore di neutro.
Trascurando l’impedenza del guasto (cortocircuito franco) si ottiene:
E0
I cc  (17)
( RR  RF  RN )2  ( X R  X F  X N )2

1.3.10.2 Determinazione della corrente di cortocircuito di una linea trifase


In quasto caso si hanno più combinazioni di guasto, in particolar modo consideriamo:
 guasto trifase (fig.12a)
 guasto fase/fase (tipo monofase) (fig.12b)
 guasto fase/neutro (tipo monofase) (fig.12c)
Si tralascia il guasto trifase + neutro perché trattandosi di un guasto sostanzialmente
“equilibrato”, ci si riconduce al primo caso.

fig.12: Tipi di cortocircuiti su linea trifase

Dalla precedente figura e dalla successiva fig.13 ci riconduciamo ai seguenti risultati:


E0
 guasto trifase (fig.12a, fig.13a) I cc  (18)
( RR  RF ) 2  ( X R  X F ) 2

3E0
 guasto fase/fase (fig.12b, fig.13b) I cc  (19)
(2RR  2RF ) 2  (2 X R  2 X F ) 2

20
E0
 guasto fase/neutro (fig.12c, fig.13c) I cc  (20)
( RR  RF  RN )2  ( X R  X F  X N )2

fig.13: Circuiti equivalenti per cortocircuiti su linea trifase

Da questa analisi si deduce che la corrente massima di cortocircuito si ha nel caso di guasto
trifase, la corrente minima di cortocircuito si ha per guasto fase/neutro mentre il tipo fase/fase
assume un valore intermedio.

1.3.11 Valutazione dell’impedenza di rete (sorgente)


La valutazione dell’impedenza di rete a monte del punto di partenza della linea, soprattutto
per configurazioni molto estese, può risultare molto complessa. Nei casi pratici ci si affida al
valore della potenza apparente di cortocircuito Acc fornita dalla società di distribuzione.
Nel caso di distribuzione trifase si ha:
2
E E
Acc  3E0 I cc  3E0 0  3 0 (21) da cui si ricava
ZR ZR
2
E
Z R  3 0 (22)
Acc
Le due componenti dell’impedenza sono date da:
RR  Z R coscc X R  Z R sencc (23)

21
Per quanto riguarda il valore di φcc si può orientativamente considerare compreso fra 0,1…0,2

e quindi ritenere, con buona approssimazione, che X R  Z R .


1.3.11.1 Presenza di trasformatori
Nel caso in cui la linea parta dal secondario di un trasformatore trifase si può ritenere che con
sufficiente approssimazione (caso di rete primaria prevalente) che l’impedenza equivalente sia
praticamente determinata dalle caratteristiche di questa macchina (impedenza interna).
Considerando:
An = potenza apparente nominale
V20 = tensione concatenata secondaria
V20cc% = tensione di cortocircuito percentuale
Pcc% = potenza percentuale persa nel rame.
Considerando il circuito equivalente del trasformatore a secondario otteniamo:
 resistenza equivalente secondaria
2
P Pcc% An V P
R eq"
 cc 2  2
 20 cc% (24)
3I 2 n  An  100 An
100  3 
 3V20 

 modulo dell’impedenza equivalente secondaria


2
V V20cc%  V20 V V
Z "
eq  20cc   20 20cc% (25)
3I 2 n  An  100An
100  3 
 3V20 

da cui si ricava la reattanza equivalente secondaria X


"
eq  Z eq " R"eq (26)

1.3.12 Corrente minima di cortocircuito


Ai soli fini della verifica dell’energia passante la norma CEI 64-8 consente di valutare in
modo semplificato la corrente minima di cortocircuito al termine di una linea facendo le
seguenti ipotesi:
 durante il cortocircuito si considera una c.d.t. del 20% globale prodotta dalle
impedenze a monte della linea in oggetto;
 si trascura la reattanza induttiva dei cavi di piccola sezione, per quelli di maggior
sezione si riduce la tensione di un fattore, Kcdt, pari a:

22
S [mm2] Kcdt
<120 1
120 0,9
150 0,85
180 0,80
240 0,75

 si tiene conto di un aumento di resistività del conduttore pari al 50% rispetto al valore
a temperatura ambiente (20°C).

1.3.12.1 Corrente minima di cortocircuito su linea monofase


In queste condizioni, considerando i conduttori di uguale sezione, si ottiene:
0,8K cdtV 1,5 20C 2L
I cc  con Rlinea  (27)
Rlinea S
dove S è la sezione ed L è la lunghezza della linea.
15K cdtVS
Nel caso, più frequente, di conduttori in rame si ha I cc  (28)
L
In questo modo, fissata la minima corrente di cortocircuito Iccmin è possibile calcolare la
lunghezza limite Llim della linea per assicurare un sicuro intervento della protezione, che nel
caso di conduttori in rame, si ottiene:
15K cdtVS
Llim  (29)
I cc min

1.3.12.2 Corrente minima di cortocircuito su linea trifase


Nel sistema trifase la minima corrente di cortocircuito si ha nel caso di corto fra fase e neutro.
Con gli stessi ragionamenti si ottiene:
0,8K cdt ES 0,8K cdt ES 0,8K cdt ES 0,8K cdt ESF
I cc    
RF  RN  1 1   1 m  1,5 20C (1  m) L (30)
1,5 20C    L 1,5 20C    L
 SF SN   SF SF 
dove E è la tensione fase/neutro ed m è un coefficiente che dipende dal rapporto fra la sezione
SF
del conduttore di fase SF e quella di neutro SN : m  . Per il rame si ottiene:
SN

23
30K cdt ESF
I cc  (31)
(1  m) L
Dalla (30), con gli stessi ragionamenti del caso monofase, si ricava la lunghezza limite nel
caso di linea trifase in rame:
30K cdtVS
Llim  (32)
I cc min 1  m

1.4 Sistemi di protezione da sovraccarico e da cortocircuito


I dispositivi di protezione da sovracorrenti comunemente usati, interruttori automatici e
fusibili, possono essere adatti sia ad un tipo di protezione separata del sovraccarico e del
cortocircuito che ad una sistema combinato.
Se si utilizzano separatamente, il dispositivo di protezione per cortocircuito deve essere
istallato a monte rispetto a quello di protezione per il sovraccarico, realizzando
sostanzialmente un sistema detto di back-up che vedremo più avanti.
La norma CEI 64-8 prevede l’uso anche congiunto di tali protezioni. In questo caso devono
essere soddisfatti contemporaneamente i vincoli per la protezione da sovraccarico e di
cortocircuito. In particolare per il sovraccarico:
I b  I n  I z (1) e I f  k f I n  1,45I z (4)

e, per il cortocircuito, devono essere rispettate le seguenti condizioni:


 sufficiente potere di interruzione;
ti f
cS 2
 verifica dell’energia passante:  i dt   d  K 2 S 2 (16)
2

0 s

1.4.1 Selettività nelle protezioni dalle sovracorrenti


La protezione è detta selettiva quando l’instaurarsi di una sovracorrente in una linea (es. linea
2 della fig.14) provoca lo sgancio soltanto del suo interruttore di protezione (B) senza lo
scatto dell’interruttore automatico a monte (A).

fig.14: Protezione selettiva

24
La selettività è distinta in:
 selettività totale quando per ogni tipo di sovracorrente sulla linea derivata (2) si ha solo lo
scatto del suo interruttore (B) senza l’intervento dell’interruttore principale (A);
 selettvità parziale quando non è sempre verificata la condizione precedente, cioè superato
un certo valore di corrente (punto di scambio) si ha anche l’intervento della protezione a
monte (A).
La realizzazione di una protezione selettiva impone un stretto coordinamento fra gli interruttori
monte/valle.

1.4.1.1 Selettività nelle protezioni dalle sovracorrenti con interruttori automatici


È possibile realizzare l’azione selettiva delle protezioni in vari modi, i principali sono:

fig.15: Selettività amperometrica e cronometrica

 selettività amperometrica: tale tipo di selettività si ottiene coordinando le protezioni


come visibile nella parte di sinistra della fig.15. In questo modoper correnti inferiori al
valore I mA interviene l’interruttore B, per correnti superiori anche l’interruttore A.
 selettività cronometrica: tale tipo di selettività si ottiene coordinando le protezioni
come visibile nella parte di destra della fig.15. A differenza del tipo precedente, in
questo caso si aggiunge un ritardo di intervento sulla protezione a monte, pari ad un
tempo t di circa 0,1s. L’intervento della protezione a monte, in questo modo, è reso
più selettivo perché si sono separate ulteriormente le due curve di intervento.
Anche in questo caso comunque permangono combinazioni di intervento
tempo/corrente che non consentono la selettività totale della protezione.
Oggi, con l’uso di microprocessori integrati nelle apparecchiature, si possono ottenere degli
sganciatori di sovracorrente molto sofisticati che, agendo su varie combinazioni di tempo e di
corrente, rendono ancora più versatile l’intervento selettivo di queste protezioni.

25
1.4.1.2 Selettività nelle protezioni dalle sovracorrenti con fusibili
La selettività si ottiene anche con l’adozione di fusibili ed è possibile rendere selettivo
l’intervento di queste protezioni rispettando i seguenti criteri. Come visibile in fig.16 una
condizione da rispettare, per avere una selettività totale, è quella che non ci siano intersezioni
fra le curve di intervento dei due dispositivi. Nell’esempio riportato il fusibile B presenta un
tempo di intervento inferiore al fusibile A e quindi interviene solo lui in caso di un guasto a
valle di entrambi.

fig.16: Selettività fra fusibili

Oltre a rispettare questa condizione si deve verificare che l’impulso termico di prearco del
fusbile a monte A sia superiore a quello totale del fusibile a valle, in modo che per l’intera
durata dell’interruzione non si inneschi l’arco elettrico in quello a monte.

1.4.1.3 Selettività dalle sovracorrenti con fusibili ed interruttori automatici


In questo caso si realizza una selettività parziale ponendo il fusibile a monte dell’interruttore
automatico come discusso successivamente nel caso della protezione in serie (back-up).

1.4.2 Protezione in serie (back-up)


La norma CEI 64-8 consente l’utilizzazione di dispositivi di protezione di cortocircuito aventi
un potere di interruzione inferiore alla presunta corrente di guasto in quel punto a condizione
che a monte ci sia una protezione con potere di interruzione idoneo. Nella seguente figura
(fig.17) è rappresentata la situazione descritta.
In questi casi la protezione a monte (per esempio un fusibile) deve lasciar passare un’energia
non superiore alla massima tollerabile sia dalla conduttura (a) che dal dispositivo a valle.
Confrontando le curve di intervento delle due protezioni (fig.17) si vede che per correnti di
cortocircuito piccole (Icc<Ip) si ha l’intervento dell’interruttore magnetotermico che protegge
anche il fusibile, mentre per valori maggiori si ha l’intervento del fusibile che, agendo in

26
tempi minori, protegge l’intero circuito a valle dalle correnti più intense avendo l’adatto
potere di interruzione richiesto.

fig.17: Protezione di back-up e coordinamento d’intervento

Il punto di intersezione delle due curve è detto punto di scambio (corrente Ip) e tale corrente
non deve essere superiore al potere di interruzione dell’interruttore a valle per rispettare il
giusto coordinamento delle protezioni.
Questa soluzione è particolarmente utile quando si usano fusibili di tipo aM (fusibile a campo
ridotto per avviamento motore) che sono poche efficaci per la protezione da sovracorrenti di
piccola intensità.
In generale questo sistema consente l’uso di interruttori in cascata aventi un potere di
interruzione più basso, e quindi più economici, con l’inconveniente della perdita parziale di
selettività.

1.4.3 Protezione dei conduttori di fase e di neutro


In generale per decidere su quali conduttori debba essere prevista o meno una protezione da
sovracorrente si devono fare le seguenti valutazioni:
 tipo di distribuzione: TN, TT, IT;
 differenza di sezione fra i conduttori di fase e neutro;
 massima corrente del conduttore di neutro in servizio ordinario.
In base alla norma CEI 64-8 si distinguono i seguenti casi:
 Sistema TN-C: il conduttore di neutro, svolgendo anche il ruolo di conduttore di
protezione, non deve essere mai interrotto (sezionato) e quindi si useranno sistemi di
protezione tripolari oppure unipolari.

27
 Sistema TN-S e TT: in questi tipi di distribuzione il neutro è un conduttore attivo e
quindi può essere interrotto.
Nei circuiti trifasi con filo di neutro di sezione pari ai conduttori di fase la protezione
su di esso non è obbligatoria. Se questo conduttore ha sezione inferiore la protezione
sul neutro può continuare ad essere omessa a patto che in funzionamento ordinario la
corrente che lo attraversa sia nettamente inferiore a quella di fase (carichi
sostanzialmente equilibrati) e sia presente una protezione sulle fasi.
Nei circuiti fase/neutro la protezione del neutro può essere omessa mentre è opportuno
il suo sezionamento.
Nei circuiti trifase senza neutro oppure fase/fase vengono normalmente prottette tutte
le fasi.
 Sistema IT: in questo caso il conduttore di neutro non è collegato direttamente a terra.
È buona norma, in questi casi, non distribuire il neutro. Se fosse indispensabile, la sua
protezione può essere omessa purché ci sia a monte una protezione di cortocircuito;
oppure sia presente una protezione da cortocircuito sulle fasi adatta anche per il
conduttore di neutro (verifica dell’energia passante) e il circuito è protetto da
interruttore differenziale che interrompe tutti i conduttori compreso quello di neutro.

1.5 Protezione dei motori asincroni


La protezione dei motori da sovraccarico e dal cortocircuito è molto importante perché
rappresenta una fetta importante (30% circa) delle cause di incendio di origine elettrica. La
CEI 64-8 prescrive la protezione obbligatoria sui motori i potenza superiore a 0,5kW.
Nel caso di motori asincroni trifasi la corrente di spunto all’avviamento può raggiungere
valori fino a 5…10 volte la corrente nominale.
La durata dell’avviamento, a parità di condizioni, dipende molto dal tipo di carico meccanico
e può raggiungere anche tempi dell’ordine del secondo.
La difficoltà di questo tipo di protezione risiede proprio nel fatto che il transitorio di
avviamento è spesso “elettricamente gravoso” cioè è richiesta frequentemente una notevole
corrente per un tempo non tanto trascurabile.
La protezione dei motori dal sovraccarico e dal cortocircuito si avvale di dispositivi studiati
appositamente e può essere eseguita in due modi:
 mediante sganciatore termico (salvamotore) e fusibile aM,
 mediante interruttore automatico.

28
Nel caso primo caso la protezione da cortocircuito è assicurata dal fusibile aM, quella per
sovraccarico dallo sganciatore termico detto salvamotore, che agisce sul contattore,
realizzando una protezione di back-up. Un tipico esempio è rappresentato nella figura
seguente (fig.18):

fig.18: Protezione di back-up con salvamotore e fusibile

In questo caso il fusibile sopperisce allo scarso potere d’interruzione del contattore, però
l’energia passante del fusibile comunque deve essere inferiore alla massima tollerabile dai
componenti a valle.
Nel grafico tempo/corrente è riportato l’andamento della corrente di avviamento del motore
nel tempo, per avere un sicuro avviamento questo profilo deve essere sottostante alle curve
della protezione del salvamotore (termica) e del fusibile aM.
Osservando il diagramma tempo/corrente si deve tenere presente che una caratteristica troppo
esterna rende poco efficace la protezione nel funzionamento normale, mentre una protezione
troppo “stretta” potrebbe rendere incerto l’avviamento.
Dal grafico si nota che se si utilizzasse solo il fusibile aM si avrebbe comunque una efficiente
protezione dai cortocircuiti ma si otterrebbe una scarsa protezione dal sovraccarico, cosa al
quanto pericolosa nel caso in cui il motore, per una qualsiasi ragione, non si avviasse e
rimanesse a rotore bloccato. In questo caso la linea di alimentazione, e la macchina stessa, si
troverebbero fortemente sovraccaricate con conseguente fortissimo surriscaldamento che, in
brevissimo tempo, potrebbe portare alla distruzione del sistema con un forte rischio di
incendio. Se invece si utilizzasse solo il salvamotore si avrebbe un’insufficiente protezione
dal rischio di cortocircuito. L’abbinamento (coordinamento) di queste due protezioni deve
essere fatto in base alle specifiche caratteristiche del motore, cioè in base alla corrente
assorbita, come specificato dalla normativa.

29
L’altro tipo di protezione si realizza mediante appositi interruttori magnetotermici calibrati in
base alle caratteristiche dei motori da proteggere in modo da ottenere il giusto coordinamento
come rappresentato in fig.19:

fig.18: Protezione di un motore asincrono trifase mediante interruttore magnetotermico

Nel caso in cui l’interruttore non avesse il necessario potere di interruzione andrebbe
aggiunto in serie un fusibile tipo aM per la protezione dal cortocircuito.

30
Esercitazione svolta:

Una linea in c.a. trifase a tre fili, lunga L=80m, funziona a frequenza nominale di 50Hz e
tensione concatenata nominale di Vn=400V, alimenta un carico di estremità equilibrato che assorbe
una potenza P=10kW con f.d.p. 0,8. La linea è costituita da un cavo in PVC avente una sezione di
6mm2, con portata Iz=24A nelle effettive condizioni di impiego. La corrente di cortocircuito
presunta alla radice della linea è pari a 4,6kA.
Scegliere il tipo di interruttore magnetotermico adatto a realizzare sia la protezione da sovraccarico
che quella per cortocircuito utilizzando il seguente grafico relativo all’energia passante:

Soluzione:
Per la protezione dal cortocircuito, l’interruttore deve essere istallato all’inizio della linea.
P 10000
La corrente di impiego vale I b    18 A
3Vn cos  1,73  400  0,8
Ai fini della protezione da sovraccarico deve essere rispettata la relazione:
Ib  In  I z

18 A  I n  24 A
Con questi vincoli si sceglie un interruttore automatico magnetotermico avente una corrente
standard nominale di I n  20 A .
Calcolando la massima energia specifica passante sopportabile dal cavo EPVC, K=115 A2s/mm4 per
isolamento in PVC, si ottiene:
E PVC  K 2 S 2  115 2  6 2  4,76 10 5 A 2 s

31
Dal grafico dell’energia passante dell’interruttore, per I n  20 A risulta che, in corrispondenza del
valore EPVC si ottiene un intervallo di protezione efficace fra circa 35A ed un valore superiore a
10kA che rappresenta la massima ascissa del grafico. Essendo la corrente di cortocircuito, ad inizio
linea, pari a 4,6kA il cavo risulta essere protetto per correnti di cortocircuito superiori a 35A.
La corrente di cortocircuito minima a fine linea, trattandosi di distribuzione trifase senza neutro, ci
si riconduce al caso monofase e quindi risulta essere:
15K cdtVS 15  1 400  6
I cc min LINEA    450 A
L 80

che risulta essere nettamente superiore al limite inferiore di 35A appena determinato. In
corrispondenza di tale valore si ha una lunghezza limite di 1028m.
Dalle considerazioni svolte si sceglie un interruttore tripolare con corrente nominale di 20A.

32

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