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RIPENSARE LA SALUTE

PARTE PRIMA
PRIMA SEZIONE

cap. 1 - Psicologia della salute e modello bio/psicosociale

La psicologia della salute ha radici lontane, sin dai tempi dell’antica Grecia, ma è solo negli ultimi decenni
che è stata maggiormente presa in considerazione.
Negli anni ‘70 si sono manifestati dei segnali di rinnovamento culturale sui temi della salute, sottolineando la
caratteristica di bene non solo individuale, ma collettivo.

1976 primo gruppo di lavoro all’interno dell’American Psycological Association (APA).

1979 creazione della sezione 38 dell’APA: Health Psychology.

1980 definizione di Matarazzo del nuovo ambito di studio che costituisce il punto di partenza di qualsiasi
presentazione della disciplina anche oltre i confini statunitensi :“La psicologia della salute è l’insieme dei
contributi specifici della disciplina psicologica alla promozione e al mantenimento della salute, alla
prevenzione e trattamento della malattia e all’identificazione dei correlati eziologici, diagnostici della salute,
della malattia e delle disfunzioni associate. Un ulteriore obiettivo consiste nel miglioramento del sistema di
cura della salute e nella elaborazione delle politiche della salute”.

1987 congresso internazionale a Roma sul tema: “Il ruolo della psicologia della salute: riflessioni e proposte
a confronto tra realtà europee”.

1988 istituzione di un corso di perfezionamento post – laurea di psicologia della salute

1997 viene costituita la Società italiana di psicologia della salute, avente come finalità “la promozione e lo
sviluppo in Italia della ricerca empirica e teorica, e delle applicazioni, in psicologia della salute, e lo scambio
delle informazioni fra i suoi membri e quelli di altre associazioni nazionali e internazionali.
1998 la Società dà vita ad una rivista “Psicologia della Salute” che funge da punto di riferimento per un
aggiornamento su queste tematiche.
Secondo Maes, uno dei fondatori della Psicologia della Salute europea, tre sono i fattori rilevanti che hanno
favorito lo sviluppo della disciplina:

1. Cambiamento delle cause principali di mortalità: non più malattie infettive, ma croniche dovute a
comportamenti non sani.

2. Ci si è resi conto che la spesa sanitaria era troppo elevata pertanto era meglio prevenire che curare.

3. Sviluppo della psicologia che offre metodi di intervento efficaci che consentono l’applicazione di nuove
conoscenze all’ambito della salute.

L’auspicio di quanti si occupano di psicologia della salute è di privilegiare la pista della promozione della
salute, intesa come benessere complessivo della persona nel suo contesto socioecologico.
Amerio ritiene che nell’ambito della psicologia della salute si registra una progressiva marcia in tre
direzioni:

1. autonomizzazione rispetto al modello medico tradizionale

2. allargamento dell’ottica dall’individuale al sociale

3. attenzione all’intersezione tra l’operare dello psicologo e le politiche del settore della prevenzione e della
salute.

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Le aree più studiate sono quelle relative all’assessment, allo stress e al coping, alla valutazione degli aspetti
psicologici in medicina generale e in cardiologia, nonché quelle relative al ciclo di vita e quelle legate ai
comportamenti a rischio.
Ancora scarsi sono i contributi sui modelli di prevenzione e promozione della salute, e la qualità dei
servizi.Si passa dal modello biomedico, secondo cui la malattia può essere spiegata come deviazione dalla
norma di variabili biologiche misurabili, in cui la malattia viene trattata come una entità indipendente dal
comportamento sociale, al modello biopsicosociale, che tiene conto dei fattori psicosociali e che ritiene che
la diagnosi medica debba considerare l’interazione degli aspetti biologici, psicologici e sociali nel valutare lo
stato di salute dell’individuo e nel prescrivere un trattamento adeguato.
Si tratta di un modello basato sulla teoria dei sistemi che mira al superamento del dualismo tra soma e
psiche, nonché della concezione semplicistica di cause singole e unilineari nell’insorgenza di una malattia.

L’adozione del nuovo approccio presenta però delle problematiche:

• carenza di metodologie adeguate

• scarsa chiarezza concettuale nell’articolazione tra i diversi livelli.

Secondo Romano, il modello tende a scadere nel generico poiché non vengono chiarite le relazioni tra i
livelli.
Nel modello di Engel gli aspetti sociali sono intesi come norme sociali di comportamento, di pressioni a
cambiare il proprio comportamento, di classe sociale; si parla di sociale più come contesto esterno rispetto al
soggetto, senza riconoscere al sociale alcun ruolo di partecipazione ai processi di costruzione della
conoscenza (Social Cognition).
Nella costituzione di nuovi modelli, il ruolo del sociale deve essere considerato sia per l’importanza che
assume nel determinare le possibilità e le modalità con cui il soggetto cerca di far fronte alla malattia, alla
sofferenza, sia sul piano eziologico, sia come luogo di risorse terapeutiche e preventive.Se l’adozione di certi
stili di vita è collegata agli atteggiamenti e alle credenze sulla salute, è importante capire quali sono queste
credenze, perché le persone attuano certi comportamenti a rischio e come sia possibile contrastare le
abitudini dannose.
Nel caso di eventi stressanti, l’impatto che hanno sul soggetto dipende non solo dalla natura degli eventi o da
processi fisiologici, ma anche dalla capacità del soggetto di fare fronte alla situazione.
Tale capacità di coping è a sua volta collegata alla interpretazione che l’individuo dà di tale evento
stressante e al grado di sostegno sociale che riceve dall’ambiente circostante.
Non esiste una definizione univoca dei concetti basilari di salute e di malattia, ma una pluralità di
prospettive che costituiscono a loro volta importanti ambiti di ricerca.
Esistono almeno sei elementi che contribuiscono alla complessità di tali definizioni:
coesistenza di definizioni scientifiche e profane molteplicità di definizioni elaborate nell’ambito del mondo
scientifico o professionale esistenza di una pluralità di prospettive all’interno di ciascuna disciplina e
professione

- consapevolezza che occorre tenere conto di almeno tre dimensioni:

1. assenza di sintomi o di segni di malattia

2. sentimento di benessere

3. capacità di agire

- varietà dei fenomeni che sono scelti come punti focali (se malattia e salute siano collocati in un continuum
o se riflettano una dicotomia, se per salute si intenda solo l’assenza di patologia o se sia uno stato in sé
positivo)
- esistenza simultanea di diversi sistemi di pratiche sanitarie.
Il problema della ricerca comunque non consiste tanto nel precisare in modo definitivo i concetti di
salute/malattia, ma nell’individuare quali definizioni e culture esistono in una data popolazione.Un approccio
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più interessato ad approfondire l’articolazione tra fattori individuali e fattori sociali più ampi, è quello della
Teoria delle rappresentazioni sociali.
Questa teoria sottolinea la natura sociale e collettiva della comprensione che le persone hanno di se stesse e
del loro mondo, concentrandosi sulle concezioni condivise.

Le rappresentazioni sociali sono teorie ingenue, forme di conoscenza tipiche del senso comune, con la
funzione di organizzare la percezione del mondo e servire da codice condiviso per la comunicazione sociale
e gli scambi interpersonali.
All’interno del medesimo contesto culturale le rappresentazioni di salute e malattia variano enormemente.
Le credenze del senso comune non derivano dall’ignoranza, ma sono costruite nel tentativo di dare un senso
all’esperienza spesso confusa e contraddittoria.

Herzlich ha indagato gli elementi strutturali e contenutistici della rappresentazione evidenziando la presenza
di uno schema figurativo di base, secondo cui il rapporto salute-malattia è visto come metafora del legame di
opposizione esistente fra individuo e società: l’individuo viene visto come intrinsecamente sano, la società è
invece la portatrice di patologia sul piano fisico e mentale.
La ricerca ha consentito di identificare 3 concezioni di salute e 3 diversi tipi di spiegazione della malattia,
che corrispondono ai modi in cui viene pensato il rapporto tra l’individuo e la società:

1. Malattia come distruzione: l’essere malato comporta l’annientamento sia sul piano personale che su quello
relazionale, la tendenza è quella di negare la malattia e di rifiutare le cure

2. Malattia come liberazione: condivisa da coloro che la vivono come un evento eccezionale che rompe la
routine

3. Malattia come mestiere: la situazione di malattia diventa parte integrante della propria vita, i soggetti
accettano la malattia sviluppando modalità per fronteggiarla.

Herzlich ha indagato non la struttura, ma la dinamica delle rappresentazioni sociali, e il loro ruolo
nell’ambito sociale. La malattia è diventata l’oggetto di un discorso collettivo, in quanto il bisogno di
interpretare la malattia e di darle un senso pone degli interrogativi che vanno al di là del corpo individuale e
della diagnosi medica.
Questa nuova coscienza si esprime in consumi e pratiche sanitarie alternative alla medicina convenzionale
(omeopatia, agopuntura) che per ora interessano classi sociali precise (le nuove classi medie), ma che
sottolineano che la volontà dell’individuo a guarire, la sua salute, sono armi per combattere un male che
viene sempre dall’aggressione sociale.

Un altro aspetto dell’intreccio complesso tra sapere medico scientifico e sapere profano, riguarda quei gruppi
di malati, come i diabetici o i malati di reni che attuano il trattamento dell’emodialisi da soli a domicilio; qui
la malattia non è più concepita come stato organico, ma come forma di vita che comprende lavoro, tempo
libero, relazioni sociali.L’appartenenza sociale del singolo individuo e delle relazioni interpersonali e sociali
sono rilevanti nell’influenzare non solo la decisione di adottare comportamenti di salute, ma anche il
mantenimento dei cambiamenti comportamentali nel tempo. Si possono distinguere 4 tradizioni teoriche sul
confronto sociale che hanno influenzato lo studio della salute.

La teoria del confronto sociale di Festinger, formulata per spiegare come acquisiamo informazioni su noi
stessi osservando gli altri, è stata impiegata per comprendere le modalità adottate per fronteggiare le
informazioni sulla malattia e il modo in cui vengono valutate.
La rilevanza della teoria del confronto sociale in quest’ambito è dovuta al fatto che molte preoccupazioni
relative alla salute implicano il bisogno di autovalutazione. I soggetti usano gli altri per determinare se le
informazioni ricevute sono minacciose. In presenza di sintomi ambigui si preferisce dare ascolto ai
suggerimenti di amici e familiari piuttosto di rivolgersi al medico.

Con le ricerche di Schachter venne stabilito per la prima volta il legame tra i processi di confronto sociale e
la salute. Nelle situazioni fortemente stressanti i soggetti preferiscono trovarsi in compagnia di persone che
affrontano la stessa esperienza. Le sue ricerche hanno indicato che in presenza di una attivazione dal
significato ambiguo, il confronto con altre persone può influenzare l’interpretazione di questa attivazione e
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l’etichetta emozionale che le viene attribuita.

Il suo lavoro è estremamente rilevante per il fenomeno dei gruppi auto-aiuto, alcune spiegazioni della loro
diffusione fanno riferimento alla ricerca di affiliazione in condizioni di stress.

Un’altra area riguarda i confronti sociali downwars (verso il basso). Wills afferma che nelle situazioni che
riducono il benessere le persone si confronteranno con chi sta peggio nel tentativo di migliorare il proprio
stato, soprattutto se vedono la possibilità di agire per modificarle. Quando non è possibile affrontare i
problemi direttamente le persone usano i confronti sociali downward per migliorare l’umore.
Sembra tuttavia che le persone sotto stress preferiscano confronti upward, per spiegare questi risultati
apparentemente contraddittori, alcuni autori hanno affermato che il confronto upward ha una funzione di
autoaccrescimento e rientra negli sforzi di coping centrati sul problema (metodo che accresce la speranza, la
motivazione), mentre il confronto downward rientra nel coping centrato sulle emozioni, che mira ad alleviare
le emozioni negative provocate dallo stress. I target di confronto possono essere sia le persone presenti
nell’ambiente, sia persone ricercate, sia target immaginati.

La quarta area è quella della Social Cognition, secondo cui lo stato di salute è influenzato da come la gente
percepisce il proprio stato di salute in rapporto a quello altrui.
Una di queste cognizioni conosciuta con il termine ricerca del consenso, fa riferimento alla tendenza a
sopravvalutare la misura in cui le proprie idee sono condivise dagli altri. Di norma, le persone usano i
confronti sociali come una strategia per affrontare i problemi. L’eventualità che i confronti sociali siano da
considerarsi una strategia di coping è ancora oggetto di discussione.Il confronto sociale è uno dei processi
attraverso cui si realizza l’influenza sociale all’interno di un gruppo sociale o una comunità, favorendo
l’uniformità dei comportamenti, in particolare quelli di salute.

Lo studio dei processi di influenza sociale dirige l’attenzione sulle determinanti del comportamento,
collocabili a monte delle credenze e cognizioni individuali, nella struttura delle relazioni sociali e nelle
norme sociali create all’interno dei gruppi e delle comunità e società.
Le prospettive sull’influenza sociale offrono indicazioni per comprendere i fattori che incidono sui
comportamenti di salute a vari livelli, da quello diadico (focalizzandosi sulle caratteristiche della fonte di
influenza), a quello delle relazioni nei gruppi (concentrando l’attenzione sui processi interattivi attraverso i
quali si realizza l’influenza nei piccoli gruppi) a quello della comunità allargata (attraverso il confronto
sociale e l’influenza in rete).

Gran parte delle ricerche che hanno esaminato il ruolo dell’influenza sociale nei comportamenti sanitari,
hanno concentrato l’attenzione su temi specifici come la relazione medico-paziente e il fenomeno della
compliance, oppure hanno utilizzato i principi dell’influenza sociale nella modificazione dei comportamenti
sanitari nel contesto degli interventi di educazione e promozione della salute.Le nostre idee su ciò che
costituisce una buona qualità della vita e il modo in cui realizzarla dipendono da fattori individuali, culturali,
sociali e storici, e dall’ottica con cui si affronta il problema, se a partire dal punto di vista della società o del
singolo individuo. Con lo sviluppo del Welfare State la qualità della vita è ora considerata un diritto
fondamentale di tutti i cittadini.

L’interesse teorico per lo studio delle determinanti dei comportamenti nell’area della salute si coniuga con
quello per l’intervento in chiave di prevenzione/promozione, in quanto sottolineano come le idee circa ciò
che costituisce la condizione di benessere o qualità della vita non sono neutre, ma variano a seconda della
prospettiva adottata, di chi attua interventi di promozione del benessere o di quella dei destinatari.

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Cap.2 -La promozione della salute

Una conseguenza del riconoscimento che lo stato di salute è un obiettivo che può essere raggiunto
attivamente adottando uno stile di vita sano ha fatto sì che il concetto di promozione della salute acquistasse
una importanza primaria.
Il termine è stato introdotto nel 1974 dal primo ministro canadese Lalonde, successivamente è stato fatto
proprio dall’OMS nella conferenza sulla promozione della salute di Alma Ata e poi nella Carta di Ottawa,
nella quale si delinea la promozione della salute come un intervento multiforme teso ad affrontare alcuni
grandi problemi della nazione, quali ridurre le disuguaglianze sociali nelle opportunità di raggiungere e
mantenere la salute, incrementare la prevenzione e rafforzare le risorse di coping.
Non c’è tuttora accordo su una definizione della promozione della salute, tra le tante una delle più complete è
quella offerta da Aboud, secondo cui la promozione della salute consiste in un’azione politica, sociale ed
educativa che rafforza la consapevolezza pubblica della salute, incentiva gli stili di vita sani e l’azione della
comunità in favore della salute, e rende le persone potenti nell’esercitare i propri diritti e responsabilità nel
modellare gli ambienti, i sistemi e le politiche che conducono alla salute e al benessere.
Si tratta di strategie su tre fronti: politico (richiedere risorse e accessibilità), sociale ( sviluppare sistemi di
comunità a sostegno dei comportamenti di salute), educativo (fornire alla persone conoscenze).
Un aspetto su cui si è d’accordo è il fatto che la promozione si occupa di migliorare la condizione di salute
degli individui e delle comunità, ha portata più ampia della prevenzione (la cui finalità si limita al
mantenimento della stato di salute attuale).

L’OMS ha definito la promozione della salute come il processo mediante il quale si cerca di incrementare il
controllo e di migliore la salute delle persone. La promozione della salute mira ad incrementare il controllo e
il potere delle persone sugli aspetti che influenzano la salute.

Uno dei concetti chiave è pertanto quello di potere che in questo ambito fa riferimento al coinvolgimento di
tutta la comunità nella promozione di iniziative a favore della salute.Secondo McDonald, la promozione
della salute include 3 tipi di attività:

l’educazione/comunicazione sulla salute, allo scopo di educare chi occupa posizioni di potere e la comunità
in generale, sulla salute positiva;

la prevenzione delle malattie, per ridurre i rischi di malattie e disabilità;

la protezione della salute, che deriva dall’approccio tradizionale della salute pubblica.

Ewles e Simnet propongono 7 ambiti di attività all’interno della promozione della salute:

programmi di educazione alla salute: opportunità offerte alle persone per apprendere informazioni sulla
salute e per modificare volontariamente il proprio comportamento, mirano a sviluppare l’autostima e
l’empowerment;

servizi sanitari di tipo preventivo (primari, secondari, terziari);

lavoro nella comunità: gruppi di auto-aiuto e gruppi di pressione, lo sviluppo di servizi a tutela della salute a
livello locale;

sviluppo organizzativo: programmi di promozione della salute all’interno delle organizzazioni, a beneficio
dei dipendenti e dei clienti/utenti;

agenzie pubbliche e volontarie che lavorano per modificare le condizioni di vita;

misure sulla salute ambientale: si occupano di rendere l’ambiente fisico più favorevole alla salute, sia nelle
abitazioni, sia sul luogo di lavoro o nei luoghi pubblici;
attività economiche e regolatorie: azioni politiche ed aducative dirette ai politici, agli amministratori, che
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mirano a favorire cambiamenti legislativi.

EVOLUZIONE DELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE

Il lavoro di promozione della salute ha modificato il suo centro di interesse nel corso degli anni.
Fino alla prima metà del ‘900 esso si identificava con l’approccio della salute pubblica, il quale si
concentrava sulle riforme ambientali.
Nel corso degli anni ‘50-’60, l’attenzione si è spostata sul bisogno di modificare i comportamenti di salute
individuali. Questo approccio verso lo stile di vita ha comportato una concentrazione degli sforzi
sull’educazione alla salute, consistente nel fornire informazioni sui fattori di rischio e sui comportamenti
protettivi.
Durante gli anni ’70 l’approccio educativo è stato profondamente criticato, accusato di essere troppo
ristretto, in quanto non considerava che molte cause di malattia sono costruite socialmente, culturalmente ed
economicamente e spesso sfuggono dal controllo dell’individuo.
Negli anni ’80 è emerso l’approccio che conosciamo oggi: racchiude l’educazione alla salute, ma mostra una
attenzione crescente verso le determinanti della salute (condizioni sociali, politiche, economiche, ambientali)
e il coinvolgimento delle persone nel plasmare la propria salute.Un contributo fondamentale è stato offerto
dall’approccio ecologico, che ha proposto un nuovo modo di
concettualizzare la relazione fra l’individuo e l’ambiente.

La salute è vista come il prodotto dell’interdipendenza tra individuo e sottosistemi dell’ecosistema, per
promuovere la salute questo ecosistema deve fornire le condizioni economiche e sociali che facilitano gli stili
di vita sani, e le informazioni che consentano l’acquisizione delle abilità necessarie affinché gli individui
possano attuare comportamenti sani.

Green e Kreuter individuano 4 aspetti su cui questo approccio può fornire contributi importanti:

Mette in guardia contro la tendenza a cercare di modificare i piccoli sistemi senza valutare prima gli effetti
che ci possono essere sui sistemi più ampi;

Sostiene che il comportamento dell’organismo è mediato dall’interazione comportamento-ambiente,


secondo 2 implicazioni: l’ambiente controlla e pone limiti al comportamento, la modificazione delle
variabili ambientali ha come conseguenza la modificazione del comportamento.

Da ciò nasce l’obiettivo della promozione della salute di rendere potenti le persone assegnando loro il
controllo sulle determinanti della salute, siano esse comportamentali o ambientali. Avendo più potere, gli
individui dovrebbero essere in posizione migliore per adattare il proprio comportamento alle mutevoli
condizioni ambientali e per adattare il proprio ambiente alle mutevoli condizioni del proprio comportamento;
La medesima persona si comporta in modo diverso in ambienti differenti, l’efficacia di un metodo dipende
dalla sua appropriatezza;

Richiamo all’opportunità di condurre interventi multilivello e multisettoriali. Il punto di partenza della


promozione della salute rimane l’approccio educativo. Il sostegno e l’accettazione delle misure legislative
dipende da una adeguata preparazione della popolazione.

L’educazione alla salute cerca di rendere le persone consapevoli delle conseguenze di determinati
comportamenti sulla salute. Essa indirizza primariamente ad azioni volontarie che le persone possono
compiere autonomamente o collettivamente.

Una definizione è stata fornita da Green: “ ogni combinazione di esperienze che mirano a predisporre,
facilitare, e rinforzare gli adattamenti volontari del comportamento di salute individuale e collettivo”.
Analisi delle parole usate:

combinazione: per mettere l’accento sulla molteplicità delle esperienze di apprendimento giustificate dalla
presenza di una molteplicità di determinanti del comportamento che occorre prendere in considerazione
simultaneamente;
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mirano: distingue l’educazione alla salute dall’apprendimento incidentale e ne fa un’esperienza pianificata;
predisporre, facilitare: per cogliere i fattori ai quali l’educazione alla salute si rivolge a:

Fattori facilitanti (quelli che rendono accessibili le risorse)

Fattori rinforzanti (quelli che facilitano il cambiamento)

volontari: indica che l’educazione favorisce il cambiamento senza metodi coercitivi.

Green rileva come i cambiamenti avvenuti nelle principali cause di mortalità e la crescente importanza dei
fattori legati allo stile di vita nella salute hanno comportato la necessità di modificare i messaggi.
Se in un primo momento si mirava a modificare i comportamenti in modo da accrescere la sicurezza e le
pratiche igieniche, la diminuzione di mortalità per malattie infettive e l’aumento per quelle croniche hanno
fatti sì che i comportamenti non venissero condannati sulla base del danno, ma sulla base di eventi personali,
futuri, distanti e forse improbabili (fumare=cancro).
Pertanto i messaggi educativi non sono più moraleggianti, ma centrati sulle probabilità, non più focalizzati su
singole azioni, ma su stili di vita duraturi.Nell’educazione alla salute sono stati proposti vari modelli,
riconducibili a 3 tipologie principali:

1. Modello del fornire informazioni: dominante nell’educazione alla salute, perché quello che meglio su
adatta alle definizioni biomediche di salute, descritto come un approccio preventivo, conosciuto come
modello medico. Il ruolo dell’educatore consiste nel trasmettere le informazioni ad un pubblico passivo, che
farà proprio il messaggio.
Il modello assume che alla base del cambiamento di comportamento vi sia una sequenza unilineare: fornire
informazioni-->aumento/miglioramento delle conoscenze--> modificazione degli atteggiamenti
modificazione del comportamento--> miglioramento della salute.
Per un certo tempo si pensava che informare le persone fosse sufficiente, poi si è visto che era meglio
adottare dei modelli che puntino maggiormente sullo sviluppo delle capacità decisionali.

2. Modello del “self-empowerment” o centrato sulla persona: riconosce che le credenze e le esperienze
individuali hanno un ruolo importante nel modo in cui le persone percepiscono e danno senso ai processi di
salute. Si assume che rafforzando l’autostima e la fiducia in se stessi gli individui si trovino in una posizione
migliore per prendere decisioni positive sulla propria salute e per sviluppare le abilità per agire di
conseguenza. Gli approcci chiave sono: il traning dell’assertività, il self help e i lavori di gruppo.
È importante fornire le informazioni, ma l’esperto non è più il depositario delle conoscenze. Le persone se si
sentono più potenti saranno anche in grado di fare fronte alla pressioni sociali.
Ciò che conta non è quello che viene deciso, ma il modo in cui è stata presa la decisione.
Il modello è divenuto molto popolare nei contesti educativi scolastici, perché enfatizza la natura volontaria
del cambiamento.

3. Modello di sviluppo della comunità: cerca di coinvolgere le persone nella progettazione e nella
strutturazione della propria educazione, a partire da un bisogno o da un problema identificato da un gruppo.
Spesso adotta un approccio critico nei confronti dei servizi esistenti e può a sua volta ideare servizi.
Il ruolo dell’educatore è problematico, necessità di una varietà di competenze per lavorare con i gruppi,
un’analisi degli scopi e dei limiti del lavoro, delle risorse, deve tessere un percorso che favorisca alla
partecipazione evitando di creare dipendenza.L’efficacia degli interventi di educazione e promozione alla
salute dipende dalla qualità del processo di
progettazione, questa deve partire da una conoscenza approfondita delle teorie psicologiche del
comportamento e da conoscenze pratiche derivate dall’esperienza.

La progettazione di un intervento educativo segue la sequenza procedurale della ricerca intervento o


ricercaazione, e implica tre fasi principali:

Valutazione dei bisogni (utile il ricorso ai modelli citati nei primi capitoli, che propongono una serie di
variabili come possibili determinanti del cambiamento)

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Sviluppo del programma (traduzione delle determinanti della salute in obiettivi operativi, qui i modelli
vengono usati per spiegare i meccanismi attraverso cui spiegare il cambiamento)
Valutazione degli effetti prodotti (traduzione degli obiettivi in materiali concreti, una volta predisposto
l’intervento si procede con la realizzazione e valutazione).La maggioranza dei modelli teorici analizzati
focalizzano l’attenzione su variabili intraindividuali per raggiungere i cambiamenti desiderati.

Gli interventi che si ispirano a questi modelli tentano di modificare le credenze preesistenti ritenute
scorrette, nella convinzione che ciò basti per modificare i comportamenti.

L’approccio della comunicazione persuasiva è usato per spiegare come sia possibile modificare le
conoscenze, le credenze e poi il comportamento.
La comunicazione implica una trasmissione di messaggi da una persona all’altra, può essere faccia a faccia,
mediante i mass media. Il contenuto del messaggio impegna sia processi cognitivi che emozionali. Si tratta di
un modello di influenza unidirezionale, che generalmente ignora il ruolo delle credenze sulla salute
preesistenti e come esse interagiscano con le informazioni fornite.

L’approccio del comportamento o cognitivo-comportamentale si focalizza sull’azione e individua


comportamenti specifici da modificare usando i principi della teoria dell’apprendimento, esso include fasi
distinte:

• Identificare i comportamenti da modificare

• Il comportamento ideale va scomposto in parti che vanno apprese passo passo

• Si forniscono ricompense per incoraggiare l’apprendimento.

Il problema principale è che non esistono ricompense naturali (l’assenza di malattia non è osservabile), e ciò
rende necessario il ricorso ad incentivi artificiali.

Un approccio all’educazione coerente con i principi ecologici deve tenere conto che l’individuo è immerso in
una trama di relazioni sociali, pertanto occorre introdurre una dimensione interpersonale, nella convinzione
che le dinamiche che si attivano nelle relazioni siano più efficaci nell’influenzare i comportamenti di salute e
siano più duraturi.

Si sottolineano i potenziali benefici degli interventi sui gruppi: potenziamento dell’autostima, della abilità
interpersonali, dell’empowerment individuale. Ad un livello più ampio si possono includere le reti di
relazioni. Essi individuano almeno 4 modalità su come agire sulle reti:

1. Rafforzare quelle esistenti

2. Svilupparne nuove

3. Rafforzarle attraverso l’uso di self helpers presenti nelle comunità

4. Rafforzarle attraverso la partecipazione alla soluzione dei problemi.

Un approccio che sta riscuotendo molto successo è quello della comunicazione dei rischi, che affronta lo
scambio di informazioni sui rischi esistenti e le strategie per affrontarli.
Sulla base del livello di analisi e dei contesti in cui l’intervento si realizza cambiano in parte anche le
tecniche da usare.

A livello individuale i mezzi più utilizzati sono: lezioni di esperti, mass media, screening, materiale
informativo. A livello di gruppo, a parte le precedenti: comunicazione, brainstorming, soluzione
collaborativa dei problemi, presa di decisione collettiva.

Nel caso di interventi a livello di sistemi sociali occorre utilizzare tecniche che tengano conto della struttura
dei ruoli, delle distribuzione del potere: lavoro di rete, coinvolgimento dei membri.
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Se l’intervento è rivolto ad un sottogruppo difficilmente raggiungibile attraverso contesti più strutturati,
l’educativa di strada è particolarmente consigliata.Sono numerosi i setting per l’educazione della salute:
ambulatorio del medico (i vantaggi sono il fatto di vedere con una certa regolarità persone che altrimenti
sarebbero difficili da raggiungere come neonati ed anziani, inoltre il medico risulta una fonte molto
credibile), i servizi nelle aziende sanitarie, scuole, luoghi di lavoro. I diversi tipi di setting possono essere
distinti sia rispetto al tipo di influenza che può essere raggiungibile, sia rispetto alle caratteristiche
intrinseche che possono facilitare la realizzazione di interventi, oppure limitarne la fattibilità, la portata,
l’efficacia e la persistenza dei cambiamenti ottenuti.

La scuola È un contesto privilegiato per la realizzazione di interventi educativi, presenta diversi vantaggi:

Consente di raggiungere virtualmente tutta la popolazione.

L’utenza è composta da persone giovani che stanno iniziando ad adottare i propri stili di vita.
È l’unica insieme alle ASL ad avere attribuiti per legge compiti di educazione alla salute.
Sono varie le strategie che si possono usare: lezioni formali di insegnanti ed esperti, educazione
socioaffettiva, a metodi più attivi come il lavoro di gruppo, il roleplaying o la peer education.

Peer education: educazione tra pari, metodologia che risale agli anni ’20, si rifà a diversi modelli teorici, e
questo è uno dei suoi punti più deboli. Il metodo utilizza e potenzia l’apprendimento tra pari in gruppo con il
supporto di adulti competenti; ai gruppi che ne fanno richiesta viene domandato di scegliere i due membri
che sono più adatti a ricoprire il ruolo di leader.
Il metodo sfrutta questa naturale tendenza ad avere influenza sugli altri e la organizza in funzione
dell’obiettivo educativo attraverso una attività di formazione condotta da adulti esperti.
Il ruolo dell’adulto si configura come facilitatore dei processi educativi, favorendo l’emergere delle risorse
del gruppo. Questo metodo permette di capire le credenze ingenue delle persone.
La realizzazione di un intervento di peer educationa implica un processo di formazione che coinvolge varie
figure.

La prima fase prevede la scelta di formatori, che saranno adolescenti che ricoprono il ruolo di leader nelle
loro classi, che prenderanno parte ad una formazione di varia durata.
Durante questa fase si formano forti relazioni tra i membri del gruppo.

Nella seconda fase i formatori dovranno organizzare interventi diretti ai loro coetanei.
Il coinvolgimento dei giovani come educatori può sortire effetti positivi ma anche negativi (alcuni possono
essere costretti ad uscire dal gruppo originario senza esservi più accettati, alcuni possono essere identificati
con tale ruolo anche al di fuori del contesto).

Un problema che riguarda gli interventi scolastici è che spesso non si tiene conto delle disuguaglianze
strutturali fra gruppi diversi di adolescenti, delle differenze culturali.La comunità è un contesto più ampio dei
precedenti, anche se difficilmente controllabile.

I vantaggi sono:

• Raggiungere un numero di persone superiore rispetto agli interventi individuali

• Utilizzano il sostegno sociale per rafforzare l’adozione dei cambiamenti suggeriti

Una delle ragioni di scarso successo dei programmi individuali è che quando le persone tornano nei propri
ambienti ritrovano i fattori che influenzavano i vecchi comportamenti, mentre questi interventi cercano di
ristrutturare l’ambiente.
I limiti sono:

• Sono troppo costosi

• Difficilmente valutabili (non sono riconducibili ad un disegno con gruppo sperimentale e di controllo)

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• Sebbene concentrino l’attenzione sull’ambiente sono costretti a tornare ad un certo livello perché non
gestiamo gli ecosistemi, ma le nostre interazioni con essi
• Non raggiungono i gruppi marginali, poiché scarsa attenzione è dedicata a strategie educative
culturalmente accettabili o linguisticamente appropriate per questi gruppi.Si sta facendo strada la
consapevolezza della necessità di diffondere una cultura della valutazione, infatti l’attenzione per questa
permette di migliorare la progettazione.

Secondo alcuni autori il progetto di valutazione dovrebbe essere:


• Ampio, coerente e sistematico, e deve incorporare i valori che guidano la scelta dell’oggetto della
valutazione e dei metodi per misurarlo

• Deve mostrare i punti di vista di tutti i gruppi coinvolti, inclusi i destinatari e coinvolgerli fin dalle prime
fasi della progettazione

• Deve essere parte integrante della progettazione e della implementazione, non qualcosa di isolato condotto
alla fine

• I risultati devono essere restituiti nella loro completezza a tutti i partecipanti

• Per un buon intervento risultano essenziali: il lavoro in piccoli gruppi, attività esperienziali, scelta di pochi
obiettivi, essere basati su teorie dell’apprendimento sociale.

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Cap.3 - Dal modello malattia al modello salute Bertini e il progetto di una psicologia della salute

La psicologia della salute nasce negli anni '70 Usa


APA (American Psychological Association) definisce “Psicologia della Salute”: Insieme dei contributi
specifici-scientifici, professionali, formativi)della disciplina psicologica mirati a:

-promozione e mantenimento della Salute

-prevenzione e trattamento della Malattia

-identificazione di correlati eziologici, diagnostici della salute, della malattia e delle disfuzioni associate.

Aggiunta successiva: analisi e miglioramento del sistema di CURA della Salute ed elaborazione delle
Politiche della Saute.

Contesto: passaggio dal modello biomedico tradizionale (riduzionismo) al MODELLO BIOPSICOSOCIALE


di impronta sistemica.

Modello biomedico tradizionale (riduzionismo e dualimo): Englel 1977, articolo su Science


malattia come deviazione della norma di variabili biologiche misurabili, malattia come entità indipendente
dal comportamento sociale, le deviazione sono spiegate sulla base di processi somatici- biochimici e
neurofisiologici-

Riduzionismo: prospettiva filosofica dogmatica secondo la quale i fenomeni complessi deriverebbero in


definitiva da un singolo principio primario.

Dualismo mente- corpo: dottrina che separa il mentale dal somatico.

Modello Biomedico >> nostro modello Folk di malattia dominante nel mondo occidentale.
Il modello folk orienta e pervade la prassi applicativa della medicina tradizionale occidentale.

Conseguenze negative di questi aspetti dogmatici e metascientifici del modello folk: disumanizzazione,
tecnicismo spersonalizzante, imperialismo sostanziale del livello biologico.

Anche la psicologia non è immune da riduzionismo, nasce come psicoficiologia con Wundt ma poi il corpo
scompare, concentrandosi sul cervello affidato alla neurobiologia.
Tra le due guerre lo psicologo era il “non-psicofisiologo”.

Dualismo in psicologia: distinzione tra malattie somatiche, psichiche e psicosomatiche.


Necessario specificità per gli studi sempre più specializzati, ma senza cadere nel riduzionismo e dualismo.

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MODELLO BIOPSICOSOCIALE

Teoria generale dei sistemi: organismi come entità complesse, unitarie, con diversi livelli di organizzazione
strettamente interconnessi.
Soma e psiche appartengono all'esigenza classificatoria della realtà, crisi del positivismo base del modello
scienze biomediche tradizionali.

Matarazzo 1977:“ la malattia si può comprendere come rottura di un sistema si biologico ma anche
psicologico e sociale”

Lipowsky 1977: critica anche al modello di malattia psicosomatica come visione lineare dalla psiche al
soma, e di singola causa, perchè modello obsoleto e semplicistico.

Definisce una nuova medicina psicosomatica come “studio dei detrminanti biologici, psicologici e sociali
della salute e della malattia. Dove i fattori psicologici e sociali variano da malattia a malattia, da pesona a
pesona, da un episodio all'altro della stessa malattia nella stessa persona”.
Interazione dinamica di fattori multipli, in costellazioni di varianti, di sequenz temporali, modificate da
fattori retroattivi.

“il modello biopsicosociale di fatto rende obsoleto, non necessario e privo di senso continuare a distinguere
le malttie psichiche dalle psicosomatiche alle mediche.”

Importanza di Freud nella psicologia tradizionale tout court: i fenomeni isterici, sono fenomeni psichici che
non corrispondono ad alterazioni della norma di funzionamento delle strutture anatomo- biologiche, a
patologie predefinite, quindi negletti dalla medicina.

Problemi epistemologici del modello biopsicosociale possono dare spazio ad ambiguità forti: come è
possibile mantenere una visione olistica del sitema mente-corpo con basi scientifiche senza cadere nel
riduzionismo?

2 ASPETTI DEL RIDUZIONISMO: dogmatici e metodologici


Agazzi 1979

> Riduzionismo dogmatico: tendenza a privilegiare una scienza dichiarandola fondamentale e cercando di
ricondurre a essa tutte le scienze. Concezzione meccanicistica del mondo che accredita solo una scienza
come fondamentale o di base (chimica, fisica..)

> Riduzionismo metodologico o categoriale: una spiegazione soddisfacente della realtà complessa può essere
ottenuta analizzandola, cioè scomponendola nei suoi elementi costitutivi. Dal tutto alle parti. Atteggiamento
analitico è utile e necessario, legittimo “guardare in giù”.Il comportamento delle parti deve dar ragione del
comportamento del tutto. Il livello in basso non deve essere pero considerato “basico”.
Teoria dei sistemi, “guardare all' insù” dalle parti all'intero. Il comportamento delle parti è giustificato dal
funzionamento/comportamento dell'intero sistema. Anche qui c'è il rischio di un riduzionismo vesro l'alto:
come se il sistema famiglia o società fossero completamente responsabili del comportamento dell'individuo
singolo.
Quindi è neseccario il riduzionismo dal punto di vista metodologico, di specializzazione ed è anche
inevitabile alla condizione di lasciare aperti i canali con altri livelli di analisi, perchè nessun livello è
esaustivo totalizante o “basico”.

Modello biopsicosociale: importanza della specializzazione dei livelli e della loro stretta interdipendenza e
integrazione.
> gli organismi biologici sono entità complesse con diversi livelli di organizzazione strettamente
interconnessi

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> nessun riduzionismo dogmatico può essere accettato entro l'ambito scientifico
>la specializzazione è necessaria e auspicabile per il progresso scientifico.
Con la consapevolezza che la specializzazione deve riapettare le seguenti condizioni:

>consapevolezza che ogni specializzazione, delimitazione del livello di analisi è del tutto arbitrale

>l'integrazione dei diversi livelli è condizione sine qua non di garazia scientifica.

Superamento della visione dela reductio ad unum- il biologico-significa che la Salute appare sempre più
come risultante di eventi multifattoriali che riguardano corpo, mente, società, ambiente, in una stretta rete di
interdipendenze.
Specificità di ogni livello di analisi (teorica e metodologia)+ cura delle interfacce tra i livelli= modello
biopsicosociale.

Modello biopsicosociale è prima di tutto quindi un Modello Integrativo.


Consapevolezza dell'arbitrarieta delle specializzazione e della loro necesita metodologica.
Linterdisciplinarità è perciò vincolante non solo auspicata.
Forte cambiamento epistemologico che coinvolge tutti gli operatori del settore medici, psicologi, e operatori
della slaute.
Psicologia della Saute>> attenzione primaria alle interfacce sia verso l'alto che verso il basso.
Svanisce il timore riduzionista, anzi, la specializzazione da valore se vista in quest'ottica sia a livello di
ricerca che di applicazione.
Ritorno della psicofisiologia abbandonata, viene ripresa come più sofisticata teoria del rapporto mente-corpo.
Anche grazie ai progressi in campo biomedico e delle neuroscienze, si puo cosi superare lo spauracchio del
riduzionismo “dello psicologico allo psicologico”.

Modello sistemico impone comunicazione tra professionisti ai vari livelli, non solo e non più solo vaga
raccomandazione.
Problema della formazione è alla base del problema a applicare questa pratica di interdisciplinarità.
Formazione integrata con riferimento ai casi.
Utile sarebbe instillare questa propspettiva interdisciplinare in area prelaurea, non dopo la specializzazione.

3 categorie principali caratterizzavano i primordiali approcci della Psicologia della Salute:

 abitudini e stili di vita

 aspetti psicologici delle malattie e ruolo del malato

 effetti psicofiologici diretti

Stili di vita:
importanza del ruolo dei comportamenti individuali sul rapporto salute/malattia

Ruolo della malattia e del malato:


la arppresentazione della malattia e del malato nell'immaginario delle persone suscita atteggiamenti che
hanno rilevanze sulle conseguenze cliniche degli stati di malattias. La denegazione come anche l'impropria
accentuazione dei sintomi possono causare insuccessi nei trattamenti o problemi di diversa natura.
Importanza del controllo dei fattori psicologici nel decosro della malattia, nell'aleviamento delle
complicazioni croniche, nella terapia del dolore, nella valorizzazioni del supporto sociale, nelle situazioni di
crisi.

Tema del rapporto medico-paziente e sitema sanitario: tema della compliance (collaborazione) del paziente
rispetto alle prescrizioni mediche, soprattutto di lungo termine, influenza della personalità e
dell'atteggiamento del medico sul risultato dei trattamenti, riconoscimento della dinamica relazionale nelle
transazioni tra paziente e sistema di cura.

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Effetti psicologici diretti:
concetto di STRESS: ripercussioni psicologiche non solo sui comportamenti insalubri (fumo, mancanza di
esercizio fisico, alimentazione scorretta..) ma anche le influenze psicologiche sulle cellule, organi, funzioni
attraverso la complessa mediazione del sistema nervoso centrale.
Hans Selye 1956: “sindrome generale di adattamento” dell'organismo di fronte a pressioni o sfide
dell'ambiente.

Stimoli stressanti molto vari>> relativa uniformità delle reazioni fisiche derivate.

Evoluzione della teoria: pregnanza delle variabili ontervenienti in questa relazione stimolo-risposta.
Relazione non semplice ma dipende da differenze individueli biologiche e di personalità, del contesto, delle
risorse sociali a disposizione, della percezione dell'evento stressante. Inoltre si è esteso il campo delle
malattie considerate come una risposta allo stress, non solo le malattie tipicamente psicosomatiche ma anche
malattie cardiache, cancro, diabete, leucemia, malattie infettive.

“Comportamento di tipo A” Friedman e Rosenman 1974


importanza delle conoscenze sul sistema nervoso centrale i suoi collegamenti con il sistema endocrino e
immunitario.
Influenza del cervello sulla recettività dei tessuti e sulla resistenza ai vettori patogeni di ogni tipo.

Nuove scienze come la neuropsicoendocrinologia e la neuropsicoimmunologia.


Numerosi sono gli studi sul condizionalmento delle risposte immunitarie.
Una funzione classicamente ritenuta autonoma come quella immunitaria si è dimostrato con gli esperimenti
sui ratti essere intimamente collegata al sistema nervoso centrale e quindi potenzialmente influenzabile da
fattori comoplessi di ordine mentale.
Varie ricerche hanno dimostrato la comunicazione tra i due sistemi che sono in grado di alterare in senso
negativo la suscettibilità e le resistenze agli agenti patogeni, o viceversa, si trasmettono dei segnali di
rinforzo positivo ai sitemi auto-organizzativi di salute.

Ader 1993 le scienze biologiche si sono compartimentalizzate e burocratizzate, ma la separazione è


puramente arbitraria.
Il rimosso però a questo punto è la mancanza di una specifica attenzione alla parola Salute come Stato.Salute
non come assenza di malattia, ma come dimensione positiva.

Salute = assenza di malattia (anche in psichiatria)/devianza


la persona diagnosticata è segnalata come devante
nuovo scenario: capire le dimesioni della salute e le sue determinanti ezio-salutogeniche e i provvedimenti
utili per potenziarle. Cosi è la malattia che diventa assenza di salute. Nella psicologia positiv questo concetto
appare implicito. ma..La scoperta della Salute non significa negazione della malttia.
Importane non cadere nel “salutismo” come quello di non cadere nel “malatismo”

La soluzione non sta nel moderare le due versioni, ma nel superare la visione del continuum dicotomico,
secondo cui la salute compare quando scompare la malattia e viceversa, secondo cui i due poli si
autoescludono. Considerare la salute come uno stato. Non sono due modelli alternativi.

Passare ad una visione bivariata (variazione concomitante di due valori/distribuzione di due variabili
congiuntamente considerate). Il superamento del continuum bipolare propone il superamento della logica
delle asenze ed obbliga ad accettare la logica delle presenze, cioè della possibile co-presenza dei processi
salute-malattia.
Il continuum bipolare è nella tradizione positivistica secondo il quale fra normale e patologico esiste
continuità ed equivalenza: la malattia non è che una variazione quantitativa rispetto alla condizione di salute,
è un eccesso o un difetto. (principio fortemente criticato da Canguilhem).

Secondo Caunguilhem “ci sono norme biologiche sane e norme patologiche e le seconde non sono della
stessa qualità delle prime”.
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Confuta la tesi positivistica (Comte e Bernard) secondo cui le differenze tra salute e malattia sarebbero di
tipo quantitativo e non qualitativo. Seccondo Caunguilhem ci sarebbe una cesura sostanziale tra i due stati
dal punto di vista soggettivo dell'esperienza.

Malattia come perdita di autonomia dall'ambiente che invece è caratteristica primaria del vivente.
Gadamer: “la malattia non puo essere definita dai sintomi di base ai quali i valori standard (media aritmetica)
ci indicano ciò che è sano.
Gadamer e Caunguilhem > salute e malattia sono qualitativamente diverse.(non poli opposti di un continuum
unidimensionale)

La vera questione è il tema dell'integrazione adattiva tra mallatìe (illnesses) e salutìe (healths).
La concezione bivariata ci porta a riconoscere e accettare che la morte, la malattia e la sofferenza fanno parte
della vita. Ci porta a capire che necessario definire le dinamiche e le caratteristiche della vitalità (quelle della
morbilità sono già state a lungo scandagliate) e che le due dimensioni non si escludono ma s'intrecciano
lungo tutto il ciclo di vita.
Dolori del parto: legame misterioso morte-vita, problema oscuro del dolore come premessa di sviluppo.
All'estremo opposto c'è l'agonia, il dolore della morte, come distacco necessario nello sviluppo della natura
ciclica dell'universo. Nell'accettazione e affrontare positivamente ogni evente anche doloroso sta il cammino
della libertà.

Il Problema della Coincidentia Oppositorum è filosofico, ma può essere affrontatoa quaòche livello questo
rapporto complesso tra morbilità e vitalità, tra ben-essere e mal-essere?
Anche in psicologia abbiamo sempre concentrato l'attenzione sui pazienti, portatori di anomalie e malesseri.
Se ci fossimo concentrati anche sui pazienti sani avremmo visto che anche le storie di vita di questi ultimi
sono caratterizzate da vicende negative e patologie.
A questo punto siamo chiamati a riflettere sul possibile significato evolutivo della malattia.
Studi sul Benefit Finding (trarre beneficio)
Lazarus (2003) critica la psicologia positiva dicendo che la dicotomia positivo-negativo è improduttiva, le
realtà della vita cadono nel mezzo spesso e la maggior parte delle persone integrano gli estremi del positivo
e del negativo, ottenendo il meglio dal negativo e spesso creando il positivo dal negativo.
In campo biomedico la parola normale, oltre che significato neutro di norma statistica, veicola il concetto di
sano. Anormale indica il patologico.
Ancora più visibile se si pensa ai termini devianza e deviante. Il significato sul vocabolario di deviante
riporta come sinonimi anormale, fuorviante, disadattato e come contrario normale.
Se il sognificato di normale fosse riferito solo alla media statistica , invece che asumere un sognificato
valoriale allora il termine deviante dovrebbe essere inteso sia in positivo che in negativo.Questa mancata
differenza tra normalità e normatività ci mantiene ancora all'interno di un mondo epistemologico che non
appartiene al livello di salute.
Il linguaggio comune ci conferma che siamo ancora piegati al versante del modello di malattia.

Buona salute (positive health) è pleonastico. La salute è di per se qualcosa di qualitativamente diverso dalla
malattia quindi non c'è bisogno di qualificarla come positiva, per sua natura lo è.
(La malattia non può essere buona o cattiva, positiva o negativa).
Altra ambiguità è evidente nelle diagnosi mediche dove “positivo” in una diagnosi si riferisce alla presenza
e non all'assenza della malattia. Il linguaggio rivela la cultura orientata alla malattia. Pregnanza diffcile da
smantellare.

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Cap.4 - Per un riposizionamento epistemologico della psicologia della salute

La relazione tra psicologia e salute è fondata sulla seguente distinzione terminologica: “sanità” si riferisce
ad un significato tradizionale e ristretto, derivante dalle scienze mediche; “salute” si riferisce ad un
significato moderno ed ampio, derivante dalle scienze psicologiche.Il benessere è “armonia”, in tutti i sensi.
Il benessere dipende da una corretta articolazione fra corpo e mente. La salute è un fatto complesso (si veda
la figura sul modello bio-psico-socioculturale).
Quindi essa risulta fondata sull’armonia fra soma e psiche. La salute è una ed una sola: per realizzarla è
indispensabile che il soggetto, cioè l’essere vivente, diventi consapevole ed attivo della sua importanza e di
come si faccia a costruirla e preservarla.

La psiche non può essere né vista né toccata. Eppure esiste, poiché tutti ne avvertiamo la misteriosa
presenza. La salute (anche quella fisica, cioè la "sanità" intesa nel senso ristretto del termine) consiste
innanzitutto in una buona pre-disposizione d'animo: un'anima (una mente, una psiche) serena, calma,
tranquilla, con le carte in regola per conoscersi e gestirsi, è in grado di guidare tanto se stessa quanto il
proprio supporto fisico (il corpo, il soma). Tanto prevenendo quanto curando. In definitiva: è necessario
potenziare la psiche per realizzare l’armonia psicosomatica.L'essere umano, se vuole essere definito tale,
deve tendere ad una sempre migliore "qualità della vita": una "vita vivibile" costituisce un bene
irrinunciabile, il "bene" per eccellenza. Ma per realizzare ciò, bisogna essere attenti e sensibili, cioè
psicologicamente vigili. Una soddisfacente esistenza quotidiana coincide con la salute. E la salute non nasce
dal caso: è invece il frutto di un’intelligente scelta di vita.
Intelligenza significa cultura e psicologia: cultura della salute e psicologia della salute. La
psicologia della salute è la scienza che si occupa del coinvolgimento umano nella prevenzione
della malattia e nella promozione della salute.

La psicologia è lo strumento principale per la comprensione dell'"anthropos". "Anthropos" è


una parola greca che significa "essere umano".
"Salute" vuol dire sapere cosa è Bene e cosa è Male, cosa è Buono e cosa invece è Cattivo per il nostro
organismo: per fare ciò occorre tanta sensibilità. Ma essere sensibili è appunto una qualità psichica, che
consente di fondere equilibratamente i pensieri con le emozioni, la razionalità con l'intuitività.
"Salute" è un termine che sta a indicare l'abilità nel gestire la propria vita, nelle piccole come nelle grandi
occasioni, nelle circostanze importanti e in quelle che importanti non sono (o, forse, non sembrano).
Pertanto, è importante il "sentire" (cioè utilizzando l'abilità sensibile) lo stato di salute: il capire come e
perché ci si ammala, come e perché si guarisce, ma soprattutto come salvaguardare lo star bene, come
prendersi cura del proprio benessere psicofisico.
Progettare la salute vuol dire imparare a pensarla, a pensarla in modo differente, più efficace, più adeguato ai
tempi che cambiano, insomma secondo modalità creative.Il “pensare e fare salute” implica necessariamente
il “pensare e fare psiche”. Ecco perché diventa indispensabile acquisire una nuova sensibilità. Una sensibilità
innanzitutto verso se stessi, verso la parte incorporea, eppur reale: in modo da cogliere le "misteriose" vie del
benessere, che già stanno in noi, ma solo potenzialmente, e che di solito vengono trascurate.
Una sensibilità che va fatta crescere attraverso il sapiente uso delle emozioni. Una sensibilità verso la salute,
che ci faccia pensare e agire in fondamentale armonia con noi stessi: in definitiva, un intelligente ed efficace
progetto di vita.E’ necessario diventare “padroni” della propria salute: capaci cioè sia di prevenire il
malessere sia di promuovere il benessere. La nuova sensibilità dell’essere umano del terzo millennio deve
ruotare attorno a queste parole-chiave, le quali costituiscono i pilastri fondanti la psicologia della salute.
Da un punto di vista operativo, bisogna darsi da fare sia nel preoccuparsi quando si sta male sia e ancor più
nell’occuparsi quando si sta bene: non angustiarsi per la malattia, bensì affrontarla con equilibrio interiore,
imparando a gioire nel costruire la salute, nel quotidiano impegno verso preziosi traguardi (si veda la figura
sui concreti obiettivi psichici per una salute attiva).Cosa deve accadere dentro alla persona, affinché si
costruisca la salute? Sostanzialmente, devono aversi vari tipi di integrazione: fra emisfero cerebrale sinistro
ed emisfero cerebrale destro, fra conscio ed inconscio, fra mente ed anima, fra pensiero ed emozione, fra
ragione ed intuizione, fra conoscenza e sentimento, fra pensiero logico-razionale e pensiero oniricocreativo
(si veda la figura sull’unità del “cervello”).

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Ma perché tutte queste integrazioni? Per affrontare le tensioni quotidiane della vita.Sotto l’azione devastante
del distress e del burnout, le risposte di difesa dell’organismo "vanno in tilt" sia nel cervello sia nella psiche
(si veda la figura sull’azione del distress sul cervello). I meccanismi endocrino-immunitari "cedono" di
fronte all'overdose da stress. La "spremitura" del cervello fa saltare i meccanismi autoregolativi: vengono
provocate reazioni disequilibratrici sia sugli ormoni sia sulle difese fisiche, per cui il "distillato" risulta
compromesso. Il corpo si trova maggiormente esposto all'aggressione degli agenti patogeni e da qui parte la
"ricerca" dell'organo-bersaglio.
L'individuo si ammala nella propria totalità psico-fisica. Proprio in quanto non dissociabile
(altrimenti non potrebbe vivere), l'essere vivente cede alla malattia sia sul versante fisico sia
sul versante psichico. E ciò è talmente vero che il sistema delle difese (i dispositivi immunologici) funziona
male se la psiche è deficitaria, se la reazione di stress è inadeguata, se viene a mancare l'adattamento
ambientale.

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Cap.5 - Le anomalie del progresso e le tentazioni della rivoluzione: panorama antropologico culturale
del passaggio dalla lotta alla malattia alla costruzione della salute

L’antropologia medica nasce di recente, intorno agli anni ’70 e si occupa per lo più del mondo occidentale,
cercando di prendere ciò che risulta importabile dagli altri sistemi medici del mondo con l’intento di
migliorare i servizi medici e sanitari della nostra società. Nasce di fatto in una conferenza ad Alma Ata, poi
converge in una seconda fase “ecologica” e di salvaguardia verso la fine degli anni ’70. Si caratterizza per
una propaganda delle medicine dolci ed infine approda in una 3° fase in cui si presenta molto critica
(partendo dalle Università Usa) quasi come un movimento politico contro il potere sanitario del mondo
occidentale. Cerca di migliorare il servizio sanitario, anche tramite forti critiche. Parte da un assioma
fondamentale, cioè che ogni popolazione ha la propria rappresentazione del mondo quindi diverse culture =
diverse rappresentazioni del mondo. Usiamo il termine “rappresentazione” al posto di “visione” perché
quest’ultimo indica il prevalere di un senso (la vista) rispetto agli altri; non in tutti i popoli la vista ha un
ruolo così predominante, per cui usiamo un termine “neutro”. La nostra civiltà è rettilinea, ed è tipico delle
civiltà monoteistiche. Per cui si va dalla nascita alla morte (come se ci trovassimo su di una linea retta, per
questo parliamo di civiltà rettilinea). Le civiltà circolari invece prevedono uno sviluppo, una morte, una
rinascita, quindi un’altra vita, e così via; altre civiltà prevedono fasi intermedie di purificazione,
reincarnazione, catarsi,… Vi è la convinzione che la morte sia una certezza biologica ma anche un momento
di vita. Noi invece vediamo la morte come la separazione di corpo ed anima. Alla morte l’anima si libera del
corpo e procede da sola. Ci sono poi numerose visioni intermedie. Ad esempio le culture animiste: esse erano
considerate le forme più primitive di spiritualità. Esse sono state poi rivalutate da autori recenti, che
preferiscono la visione animista per cui ogni cosa ha un’anima piuttosto che quella occidentale per cui ogni
persona ormai è trattata come una cosa. Come già detto, differenti rappresentazioni del mondo prevedono
diverse rappresentazioni del corpo: ciò fu provato chiedendolo a diversi rappresentanti di diverse civiltà. Ad
esempio un cinese riprodurrebbe il corpo come una serie di linee, continue, tratteggiate o punteggiate, che
altro non sarebbero che le linee energetiche. Un polinesiano rappresentò il corpo più o meno così (vedi
disegno su appunti): cioè un triangolo di fatto (con 3 componenti fondamentali). Ma ciò che è davvero
importante è che vengono riprodotti da queste civiltà aspetti non visibili, ma percepibili. Tutti i sistemi
medici sono preventivi, in seguito diventano curativi. E’ assente in molti sistemi la chirurgia, anzi gli
occidentali vengono accusati di essere gli autori del fallimento della medicina poiché con la chirurgia viene
meno tutto ciò che effettivamente sta dietro alla medicina. Ciò che quindi per noi è malattia o salute non è
detto che lo sia anche altrove. Ad esempio i medici occidentali notarono che in Africa nella regione dei
grandi laghi le persone, specialmente i bambini, stavano spesso in acqua fin dalla tenera età, con il risultato
che si aveva la contrazione di un agente patogeno (contenuto nell’acqua) che, localizzandosi nella vescica,
provocava la schistosomiosi soprattutto ai maschi. Tutto ciò si traduceva nei fatti con la periodica orinazione
di sangue nei bambini di età compresa tra i 5 e i 10 anni. Poi superati i 10 anni tale sanguinamento cessava in
seguito ad un ispessimento vescicale, ma si può immaginare come tali medici occidentali reagirono alla vista
di tale fenomeno. La Promozione della Salute nasce in primo luogo dai progressi della medicina, delle
scienze psicosociali, dalla teoria generale dei sistemi, nonché dall’integrazione dei vari approcci psicologici
alla psicopatologia e, solo più tardi, dalla Psicologia della salute.

Il modello di riferimento epistemologico utilizzato per la comprensione dello stato di salute è quello
biomedico. Esso trova fondamento su due principi tra loro strettamente collegati:

- riduzionismo biologico, per cui qualsiasi altro livello di analisi identificabile nello studio dell’uomo,
secondo una prospettiva scientifico-sanitaria, deve essere ricondotto a quello biologico ad esso sottostante;

- schema eziologico classico, secondo il quale il processo patogenetico avrebbe inizio sempre e comunque da
una lesione d’organo, da cui seguirebbe un difetto funzionale esistente nella malattia.
Nonostante i suoi benefici il Modello Biomedico ha generato gravi problemi che arrestano il nostro
progresso. Esistono aspetti critici della salute per i quali il modello biomedico palesemente non fornisce la
prospettiva più efficace, trascura dati importanti, lede gli esseri umani o impedisce loro di attingere alle loro
potenzialità. Inoltre si stanno verificando alcuni significativi cambiamenti nella società, cambiamenti che
influiscono sulla relazione medico-paziente e che i professionisti della salute devono affrontare.
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Tra questi, Zucconi e Howell riportano:
• Crescita dei consumi dei farmaci;
• Spostamento del luogo di cura dall’ospedale alla comunità;
• Maggiore attenzione alla prevenzione e all’informazione;
• Riconoscimento dell’autonomia del paziente;
• Maggiore responsabilità dell’ospedale per le cure mediche;
• Contenimento dei costi medici;
• Ambiente recentemente litigioso;
• Movimento della medicina solistica e delle medicine alternative;
• Critiche all’autoregolamentazione professionale;
• Nascita, nel mondo dei disabili, di una cultura in difesa della propria dignità e
dell’autoaffermazione;
• Declino del ruolo della medicina ed espansione del ruolo di altre professioni;

Questi sviluppi hanno reso il modello biomedico limitato e limitante in misura inaccettabile. La tensione e
l’inquietudine che ne derivano favoriscono la ricerca di nuovi paradigmi di più ampia portata. In questo
contributo, noi attribuiamo al termine paradigma un significato equivalente a quello di modello, mutuandolo
dal filosofo e storico della scienza Thomas S. Kuhn, per il quale paradigma è il termine con il quale, nella
scienza, viene rappresentato un modello di comprensione dei fenomeni, “una costellazione che comprende
globalmente leggi, teorie, applicazioni e strumenti e che fornisce un modello che dà origine ad una
particolare tradizione di ricerca scientifica dotata di una sua coerenza”.Per riuscire ad ottenere i risultati di
cui tanto necessitiamo per trattare la complessità della salute umana, è essenziale un costrutto più
onnicomprensivo ed efficace, che tenga conto degli aspetti psicologici e sociali, che osservi la salute dalla
prospettiva dell’organismo e della sua relazione con l’ambiente e che riconosca l’importanza
dell’empowerment personale. Tale paradigma non intende screditare gli importanti progressi compiuti tramite
l’approccio biomedico Esso vuole bensì ampliare le nostre prospettive e accrescere la capacità di ciascuno di
tutelare salute e benessere .Con la fine degli anni settanta, divennero maturi i tempi per accogliere un
cambiamento epistemologico di portata rivoluzionaria . Parallelamente allo svilupparsi delle ricerche, e di
nuove teorie che si succedevano per spiegare i nuovi aspetti della realtà da esse emergenti, prese corpo uno
dei paradigmi più significativi nell’ambito del concetto di globalità (Wholeness): il paradigma sistemico,
delineatosi tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50, che avrebbe dovuto servire come struttura integrativa
per tutta l’attività scientifica . Sviluppata ulteriormente da altri scienziati, la Teoria Generale dei Sistemi si
“fonda sulla consapevolezza della fondamentale interdipendenza fra tutti i fenomeni fisici, biologici,
psicologici, sociali e culturali” . Essa può essere vista come un modello ecologico globale nel quel
l’organismo umano è meglio compreso se rappresentato come un sistema facente parte di sistemi più ampi,
come la famiglia di origine, la comunità di appartenenza lo stato socioeconomico, la professione, il contesto
culturale, l’ambiente in cui si vive: tutte le strutture viventi possono essere insomma descritte come incluse
in sistemi più ampi e composte a loro volta da sottosistemi in costante interazione reciproca. In pratica,
questo può essere semplificato dicendo che ciò che ha un effetto in ambito sociale si ripercuote anche in
ambito familiare e individuale e viceversa . La visione eco-sistemica comporta profonde implicazioni se
applicata all’ambito della salute dell’individuo e della società. Ciò che sappiamo, ciò che consideriamo vero
e giusto e i comportamenti che assumiamo subiscono la profonda influenza dell’ambiente socio-culturale nel
quale viviamo .Al modello biomedico si sostituisce dunque quello biopsicosociale , un paradigma sistemico
che ritiene che la salute sia determinata da una molteplicità di fattori biologici, psicologici e sociali che
interagiscono reciprocamente. La salute viene promossa conferendo potere (empowerment) agli individui, i
quali sono ritenuti responsabili e capaci di prendere provvedimenti che tutelino la propria salute. La mente e
il corpo sono considerati un unico elemento, ciascuno in grado di influenzare fortemente l’altro. Secondo
questo modello gli individui sono visti come largamente responsabili per la propria salute e i professionisti
della salute appaiono valide risorse umane. . Come abbiamo più volte ribadito , il trattamento riguarda
l’intera persona e non soltanto i sintomi fisici associati alla malattia. Esso può comprendere
l’incoraggiamento a cambiare comportamenti e stili di vita, strategie di coping, può offrire sostegno sociale
ed emozionale e favorire un adeguamento migliore alle cure mediche, esortando il paziente ad un ascolto
attivo riguardo le nuove strategie di cura proposte dal medico, dallo psicoterapeuta, dallo psicologo e dal
counselor.
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A differenza di ciò che suggerisce il modello biomedico, gli approcci al modello biopsicosociale
riconoscono tre livelli distinti tra loro integrati, ciascuno dotato di pari dignità rispetto agli altri. In altri
termini, nessuno di essi è riconducibile ad un altro livello, poiché ciascuno è espressione di una dimensione
di per sé ultima.

A partire da questo modello, l’O.M.S. giunge a definire la salute come uno stato di benessere fisico,
psicologico e sociale.
A ben guardare, questa definizione di salute, confrontata con quelle precedenti, denuncia due aspetti
autenticamente originali: l’affrancamento definitivo dalla dimensione biologico-organismica e la rinuncia a
riconoscere lo stato di salute quale conseguenza diretta dell’assenza della malattia.
Per la prima volta quindi, la salute non è più definita in negativo, come assenza di qualcos’altro, ma come
uno stato positivo in cui si integrano unitariamente funzioni diverse, orientate al benessere dell’organismo
stesso.

Il modello Biopsicosociale riconosce che la salute è costruita socialmente nel contesto dei comportamenti e
delle relazioni umane. Questo punto di vista ci permette di comprendere che la salute viene creata dagli stessi
esseri umani. Anche la salute, come la malattia, viene adesso considerata un continuum, che si sviluppa per
differenti livelli qualitativi. In realtà salute e malattia sono dimensioni compresenti ed inversamente
proporzionali di una gradualità che si articola lungo lo spazio delimitato da due estremi: morte e alta qualità
della vita .Di regola, si è portati a considerare il continuum salute-malattia solo nella prospettiva
unidimensionale somatica, quindi organica ed oggettiva, dimenticando completamente quella soggettiva o
psicologica, vale a dire il continuum benessere-malessere, relativamente indipendente seppure
profondamente intrecciato col primo .Questa nuova idea di salute, non più intesa semplicemente come uno
stato da conservare attraverso una strenua difesa dall’incessante rischio di malattia, ma riconosciuta nella sua
intrinseca natura evolutiva, abilita allora a considerare l’ipotesi di realizzare interventi mirati di promozione
della salute. Attraverso il cambiamento di paradigma si è quindi passati dalla staticità di sapore meccanicista
della prevenzione, alla dimensione dinamico-evolutiva della Promozione della salute.
Se la prevenzione primaria , si impegna a prevenire la pato-genesi, preservando il soggetto dal rischio di
assumere comportamenti pato-geni, la Promozione della salute a sua volta, implica lo studio della saluto-
genesi e si esprime promuovendo nelle persone l’acquisizione di comportamenti saluto-geni.
Si tratta in sintesi, di aiutare la persona a sviluppare, mantenere e usare le capacità fisiche, mentali ed
emotive nella complessa rete delle sue relazioni sociali.

È bene precisare come la distinzione tra promozione e prevenzione venga giocata su motivazioni
profondamente diverse, che inevitabilmente determinano differenze sia sul piano soggettivo che oggettivo.
Provando a radicalizzare la differenza, è possibile rintracciare un’analogia con l’atteggiamento di chi vive
nell’amore della vita, rispetto a quello di chi vive nella paura della morte. Alcune malattie un tempo
considerate di natura strettamente organica, oggi sono state ri-conosciute come psicosomatiche: ictus,
tubercolosi, diabete, leucemia, cancro, malattie cardiache malattie infettive, influenza ecc. Ricerche di
neuropsicoimmunologia dimostrano che il cervello è in grado di comunicare con gli apparati e le cellule del
sistema immunitario e viceversa.

Il contributo della Psicologia della Salute in merito a queste problematiche che tanto preoccupano il contesto
sanitario, è quanto mai indiscutibile in ordine a pregio e a grandezza. Ma ciò che in questa circostanza mi
preme maggiormente puntualizzare non sono tanto le potenzialità di questa disciplina rispetto ad interventi di
natura preventiva, quanto ciò che tale branca della psicologia è in grado di fare in termini di promozione
della salute e miglioramento della Qualità di Vita (definita secondo una valutazione personale), dal momento
che proprio rispetto ad essa riesce ad esprimere al meglio la sua originalità. Da parte della maggioranza degli
addetti ai lavori, alla psicopatologia non è stata data l’importanza dovuta. I professionisti delle relazioni
d’aiuto cercano quasi sempre, tra i loro pazienti, la persona affetta da disturbi psichiatrici. Forse questo
deriva dal fatto che, nonostante la Legge 180, c’è ancora un retaggio culturale che indica il malato
psichiatrico come paziente più importante e, inoltre, a completamento di una logica perversa, ai servizi o ai
dipartimenti psichiatrici e delle dipendenze arrivano, a differenza che alle Unità Operative di Psicologia,
cospicui stanziamenti di fondi, che consentono una vera operatività e l’offerta di un adeguato servizio ai
malati.. Sembra non si rifletta abbastanza sul fatto che, di solito, molto tempo prima di divenire un soggetto
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affetto da disturbi psichiatrici o da dipendenze, la persona attraversa una fase importante di disagio
psicologico. Al termine di questa fase, che di solito appare più breve di quello che in effetti risulta, la mente
non regge più e il disagio diviene una manifestazione così importante da doversi collocare tra i gravi disturbi
dell’umore e della personalità (anoressia, narsicismo, psicosi, eccetera). La mente soffre col corpo e forse,
per dirla con Wilhelm Reich, un massaggio dell’anima potrebbe aiutarci a vivere una vita possibile. Perché
Nemesi medica? Le cure prestate, la difesa contro gli effetti nocivi delle cure, provocano una reazione
paradossale che è costituita da un aumento del danno, per cui ciò che era nato per portare beneficio si risolve
in un’ulteriore sofferenza per l’uomo. Dice Illich: «I greci nelle forze della natura vedevano delle divinità.
Per essi la nemesi era la vendetta divina che colpiva i mortali quando questi usurpavano le prerogative che
gli dei riservavano gelosamente a sé … Nemesi rappresenta la risposta della natura alla ubris, alla
presunzione dell’individuo che cercava di acquistare gli attributi del dio. La nostra moderna ubris sanitaria
ha determinato la nuova sindrome della nemesi medica» .Bisogna dire che gli scienziati non hanno aiutato i
consumatori di medicina a mantenere un atteggiamento corretto. Li hanno stimolati a consumare perché così
si potesse produrre di più. Riducendo la salute a merce hanno espropriato i cittadini della competenza sul
proprio malessere e sul proprio benessere. Ciò hanno fatto, anche in buona fede, per laicizzare la medicina,
liberandola da quell’alone religioso che la legava poi inevitabilmente a una qualche fede, e da qui a una
qualche chiesa. Ma con ciò hanno preteso – ed è questa una delle tesi centrali di Illich – di sganciare la
medicina da qualunque sistema di valori; per liberarla dal religioso l’hanno esclusa dall’etico. Questa norma
dovrebbe trovare il suo fondamento nell’idea che è possibile dimostrare il limite del progresso, ovvero la
tendenza dell’economia, della scienza, della tecnologia, abbandonate a se stesse, a produrre più danni che
vantaggi. L’Oms nasce con uno statuto e cerca di dare una definizione di salute, la quale è rimasta invariata
dal 1948 ad oggi: “la salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”. Già da questa
definizione si possono trarre numerosi altri spunti, come i seguenti: salute = assenza di malattia, salute
propriamente fisica e mentale ma anche sociale, quindi la salute implica la compresenza di tutte e tre queste
sfere (fisica, mentale e sociale). E soprattutto quest’ultima fu un’aggiunta molto importante; recentemente
una cinquantina di paesi hanno proposto di aggiungerne una quarta, quella spirituale. Per tali paesi (specie
quelli dell’Est Europeo) è importante come le altre tre componenti. Ciò però è significativo del fatto che ogni
cultura può dare importanza ad una componente piuttosto che ad un’altra. Per noi occidentali (tranne
l’Inghilterra) esiste un solo termine per definire la malattia ed è appunto “malattia” (o anche patologia, ma il
significato è lo stesso). Gli inglesi invece usano tre termini per definire la malattia: non sono facilmente
traducibili ed ancora oggi nella biomedicina vengono erroneamente considerati sinonimi. Sono i seguenti:
1. Disease
2. Illness
3. Sickness
Disease lo possiamo definire come “l’etichetta dotta” della malattia, che emerge dalla nosologia. Ogni
sistema medico ha una sua categorizzazione delle malattie, di cui si occupa appunto la nosologia:
quest’ultima bisogna immaginarsela come un reticolato. Quindi disease è quella etichetta che compare nella
griglia nosologica.

Illness è invece “il vissuto individuale della malattia” quindi il modo che ognuno ha di vivere una stessa
malattia. Facciamo un esempio: si presentano due persone, ammalate della stressa patologia (poniamo
influenza), quindi etichettate con la stessa disease, ma che vivono la malattia in due modi diversi. C’è chi,
come uno studente, può essere “contento” di dover stare a casa per un tot di giorni, chi invece come un
manager o un direttore ha sulle proprie spalle un’attività sicuramente non sarà così felice. Per cui entrami
sono ammalati della stessa malattia ma la vivono diversamente: ecco spiegato perché si parla di vissuto
individuale.

Sickness è per noi occidentali forse il termine più difficile da spiegare. Potremmo considerarla come la
“presa in carico da parte di una comunità del malato” (e quindi della malattia) e come ciò incida
sull’andamento del villaggio stesso. Si introduce il concetto di tessuto sociale: il tessuto è un termine
istologico che prevede un insieme un cellule tutte con la stessa funzione ma ognuna con la propria
membrana. E’ come una vicinanza fra tanti individui per cui tessuto sociale è una metafora per indicare tanti
individui vicini che si dirigono nella medesima direzione sociale. Ma questo modello per le altre culture non
va bene, si parla infatti di “sigizio”: è una conformazione in cui nel tempo si sono rotte le membrane
cellulari. E’ quindi una grossa struttura in cui si trovano molte cellule, le cui componenti però invece di
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essere interne alla cellula vagano per tale struttura al servizio di tutti quindi al servizio comune. Nel mondo
occidentale l’individualismo e l’autosufficienza sono più importanti quindi parlare di tessuto sociale va bene,
ma in altre parti del mondo (come l’Africa) ognuno è al servizio di tutti, la priorità essenziale del gruppo è la
sopravvivenza dello stesso non quella dell’individuo. Quindi in definitiva “sickness” lo capiamo meglio
analizzando le altre culture. Nella maggior parte dei villaggi di tutto il mondo quando vi è un malato, lo
stregone di turno lo porta al centro del villaggio, lo fa sdraiare e chiama tutti gli altri abitanti per far loro
notare il malato: essendo poi tutti informati sulla malattia e sui bisogni del malato, si organizzano sulla via da
seguire per compensare alla sua mancanza, per dare un aiuto alla famiglia del malato, … Anche in Occidente
in tempi più antichi la situazione era questa. Se l’individuo può costituire un pericolo per il gruppo viene
isolato e cacciato dal sigizio. E’ forse crudele ma è l’unico modo per preservare il gruppo. In questi tre
termini inglesi ritroviamo le tre sfere analizzate inizialmente con l’Oms: disease = fisica, illness = mentale;
sickness = sociale. La diversificazione inglese si ha grazie anche al passato colonialista che ha permesso di
vedere e capire come altre parti del mondo (e quindi altre culture) interpretassero diversamente la malattia.
Per la comprensione della malattia vi è sorta di equazione: differenti popolazioni = differenti culture =
differenti rappresentazioni del mondo = differenti rappresentazioni del corpo = differenti rappresentazioni
della malattia. Quindi in seguito a fattori culturali ogni popolazione ha le proprie visioni in merito e ciò che
per noi è salute per altri è malattia grave.

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Cap.6 - Riposizionamento metodologico e dominio pratico: una prospettiva per la psicologia e la
promozione della salute

La Psicologia della salute costituisce un ambito disciplinare di ricerca e applicazioni professionali


riguardante: i fattori cognitivi, affettivo - emotivi, psicosociali, comportamentali, sociali e culturali che sono
all’origine dello stato di salute delle persone
(salutogenesi) la promozione e il mantenimento della salute secondo una prospettiva
biopsicosociale; la prevenzione e il trattamento delle malattie e dei loro correlati psicologici; l’analisi e il
miglioramento dei sistemi di tutela della salute;il contributo all’elaborazione delle politiche della salute in
favore delle comunità. In particolare, alcune delle principali linee di indagine riguardano: l’identificazione
dei comportamenti rilevanti per la salute (ad esempio, i comportamenti a rischio e quelli auto protettivi); la
percezione del rischio e gli effetti sulle condotte nelle varie fasi dello sviluppo umano;le credenze,
atteggiamenti, intenzioni e reazioni nelle condizioni di salute e di malattia;le rappresentazione sociali di
salute e malattia;le emozioni e la loro regolazione in rapporto a salute e malattia, con specifico riguardo alle
disregolazioni affettive;le relazioni tra stress, salute e malattia;le strategie e le risorse psicosociali di coping;il
benessere psicologico e sociale e la qualità della vita nelle diverse classi sociali; la promozione della salute e
di stili di vita appropriati e la prevenzione delle malattie nonché le tecniche più efficaci da adottare per tali
finalità; la compliance alle prescrizioni terapeutiche e i fattori facilitanti/ostacolanti i trattamenti;le relazioni
interpersonali nella pratica sanitaria, con specifico riguardo alla relazione paziente/terapeuta; la competenza
comunicativa nella pratica sanitaria (ad esempio, la comunicazione con il paziente e con il nucleo familiare);
il funzionamento dell’équipe sanitaria interprofessionale; la salute psicofisica degli operatori socio-sanitari e
dei familiari - caregiver; l’organizzazione dei servizi e degli interventi sanitari (ad esempio,
l'ospedalizzazione, la malattia cronica; il malato terminale e la morte; il bambino malato;nuove frontiere
della medicina ecc.); la valutazione di programmi di prevenzione e promozione della salute in differenti
contesti sociali (scuola, lavoro, comunità); le interazioni della psicologia della salute con altri campi
professionali attigui (ad esempio, psicologia medica, medicina psicosomatica, medicina comportamentale,
ecc.). Sul piano operativo gli psicologi della salute progettano, realizzano e valutano: a) interventi mirati allo
sviluppo di stili di vita salutare e di competenze (skill training) per affrontare condizioni stressanti; b)
interventi psicoeducativi rispetto a salute e malattia (svolti sia a livello individuale che in ambiti istituzionali
come la scuola o i contesti lavorativi); c) interventi di promozione dello sviluppo individuale e del benessere
psicofisico lungo l’intero arco di vita; d) programmi di empowerment nella comunità per aiutare le persone e
i gruppi sociali ad avere un maggior controllo sulla propria salute e potenziare la loro qualità di vita; e)
trattamenti individuali e di gruppo per correggere condotte non salutari (ad esempio, persistenza nel fumare,
consumo di farmaci e alcool, comportamenti alimentari scorretti, carenze di esercizio fisico, ecc.);
trattamenti individuali e di gruppo per la migliore gestione di condizioni di malattia, soprattutto croniche (ad
esempio, diabete, ipertensione, ecc.). Seppure vi siano quadri di riferimento teorico-pratico abbastanza
comuni, la psicologia della salute si differenzia dalla psicologia clinica dal momento che risulta più
direttamente focalizzata: 1) sulle risorse personali e sociali che possono aiutare le persone a costruire e
controllare la propria salute mediante l’adozione di stili di vita salutare; 2) sulle cause e le modalità di
prevenzione dei disordini psicofisici che hanno un impatto sui processi psicologici normali; 3) sui processi di
cambiamento degli atteggiamenti e delle condotte delle persone nelle loro decisioni
rispetto ai rischi, nella gestione delle malattie, nelle modalità di reagire allo stress, nella ricerca di uno stato
di benessere, ecc..

Sul piano tassonomico, la letteratura internazionale sostiene l’articolazione della psicologia della salute in
cinque grandi sottoinsiemi conoscitivi e pratici: la psicologia clinica della salute (collegata alla medicina
comportamentale, la pratica clinica è orientata ai cambiamenti delle condotta, ai trattamenti psicoterapeutici
o psicoeducativi a livello individuale o di piccolo gruppo); la psicologia della salute di comunità (sviluppo di
interventi e programmi di promozione della salute fisica e mentale a livello delle collettività); la psicologia
della salute pubblica (in connessione con le altre scienze della salute come la medicina e l’epidemiologia,
interviene nella promozione della salute a livello di popolazione, con specifico interesse per gruppi sociali
più vulnerabili e a rischio); la psicologia critica della salute si focalizza sulle diseguaglianze (sociali,
culturali, di genere, di età, socioeconomiche) nei sistemi sanitari, nell’accesso ai servizi e nelle politiche
sanitarie attivando iniziative e programmi orientati al cambiamento sociale e al miglioramento dei livelli di
equità e giustizia sociale; la psicologia della salute occupazionale (integrata con la psicologia del lavoro e
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delle organizzazioni) opera sui fattori del lavoro che influenzano la salute fisica e mentale dei lavoratori. Gli
psicologi della salute, assumendo una prospettiva interdisciplinare, collaborano con numerosi professionisti
(medici, epidemiologi, sociologi della salute, infermieri, dietisti, terapisti della riabilitazione e altri operatori
socio-sanitari, insegnanti, educatori, specialisti della comunicazione sociale, ecc.)..

Tipologia di ricerca qualitativa e quantitativa:


a) Assessment dei bisogni e delle priorità di promozione della salute nell’ambito di sottogruppi di
popolazione (bambini, giovani, anziani, ecc.), di comunità e organizzazioni;

b) Consulenza per l’analisi dei fattori psicologici e comportamentali di rischio e di protezione per la salute
bio – psico - sociale in diversi contesti sociali di riferimento;

c) Diagnosi delle caratteristiche di personalità e assessment delle caratteristiche personali, delle risorse
psicosociali, dei bisogni e delle aspettative nelle diverse fasi d’età, mediante strumenti quantitativi (inventari,
test) e qualitativi (osservazione diretta in situazione, colloqui clinici, intervista narrativa, focus group, ecc.).

d) Selezione o costruzione, adattamento e standardizzazione, somministrazione e interpretazione di strumenti


di indagine psicologica funzionali alla sintesi psicodiagnostica (test, inventari e questionari su abilità
cognitive, interessi, motivazioni, personalità, atteggiamenti, interazioni di gruppo e sociali, sindromi
patologiche, idoneità psicologica a specifici compiti e condizioni, ecc.).

e) Interventi psicoeducativi e di skill training di competenze sociali funzionali alla promozione e gestione
della salute e alla scelta di condotte salutari da parte di individui, gruppi e organizzazioni;

f) Interventi di psicoterapia e riabilitazione comportamentale, volti a ripristinare il benessere bio – psico -


sociale dell'individuo, della famiglia e dei gruppi sociali nell’ambito della comunità.

g) Counselling individuale e di gruppo per facilitare la gestione efficace di situazioni stressanti, per prevenire
effetti avversi a lungo termine sulla salute e per un migliore adattamento e qualità di vita.

h) Counselling individuale e di gruppo per la correzione di condotte insalubri e per accrescere la compliance
ai trattamenti terapeutici, soprattutto in presenza di malattie croniche.

i) Counselling e sostegno psicologico ai pazienti ospedalizzati, ai loro famigliari ed agli operatori di tali
strutture.

l) Progettazione, realizzazione e valutazione di strumenti, interventi e programmi per la promozione della


salute nella comunità e preventivi di malattie e disagio, con specifico riguardo ai contesti educativi,
associativi e lavorativi.

m) Realizzazione di programmi di ricerca-azione nell’ambito della comunità per coinvolgere i cittadini nella
formulazione di obiettivi di miglioramento dei sistemi di prevenzione e cura e nell’elaborazione partecipata
delle politiche della salute.

n) Interventi di supervisione individuale e di gruppo rivolti ai vari operatori della salute per potenziare le
competenze comunicative e il funzionamento delle équipe anche nella prospettiva di prevenire il burn-out.

o) Attività di sperimentazione, ricerca e didattica nell'ambito delle specifiche competenze caratterizzanti il


settore e ai sensi della L.56/1989.

24
Cap. 7 - Una psicologia della salute sufficientemente buona. Riflessioni su una teoria della tecnica per
la psicologia della salute

La malattia può essere riconducibile alle sole variabili biologiche che il bravo medico deve poter
identificare? Sono esclusivamente necessari dei mirati interventi terapeutici per porre fine alla malattia e al
disagio che sopravviene?Secondo il Modello Bio-Psico-Sociale, sviluppato da Engel a fine anni Settanta, per
poter risolvere una malattia o qualsiasi altro tipo di disagio è necessario occuparsi non solo degli aspetti
biologici ma anche di quelli psicologici, familiari e sociali dell’individuo, tutti integrati tra di loro.Tale
modello, infatti, si configura come una strategia di approccio alla persona basata su una concezione
multidimensionale della Salute che non viene intesa come semplice assenza di malattia ma piuttosto come
“Stato di completo Benessere Fisico, Psichico e Sociale” (OMS, 1947). Infatti, prende in considerazione
anche le variabili fisiche (funzioni, organi strutture), mentali (stato intellettivo e psicologico), sociali (vita
domestica, lavorativa, economica, familiare, civile) e spirituali (valori) identificando in esse le aspetti
comunque collegati alle condizioni soggettive e oggettive di Benessere (salute nella sua concezione positiva)
e male-essere (malattia, problema, disagio ovvero salute nella sua concezione negativa) (OMS,1947). Per tali
motivi il modello Bio-psico-sociale si sostituisce al modello bio-medico tradizionale secondo cui la malattia
è riconducibile alle sole variabili biologiche che devono poter essere individuate e risolte.
Un’approccio così olistico richiede di certo delle innumerevoli competenze che non si possono ritrovare
perciò in un unico, pur preparatissimo, professionista. La strategia più adeguata sarebbe piuttosto un‘equipe
multiprofessionale come peraltro suggerita anche dall’OMS.
Inoltre, la prospettiva Bio-psico-sociale è posta alla base della nella Carta di Ottawa del 1986. In tale
documento viene sottolineata l’importanza della promozione della salute intesa come il processo che
consente a ogni individuo di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per
conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, l'individuo o il gruppo devono essere in
grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di modificare
l'ambiente o di adattarvisi. La salute, dunque, viene intesa non come semplice assenza di malattia ma viene
concepita come risorsa di vita quotidiana, assumendo una connotazione positiva che insiste sulle risorse
sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza, la promozione della salute non è
responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma supera anche la mera proposta di modelli di vita più sani,
per aspirare al vero e proprio Benessere bio-psico-sociale.La Psicologia del Benessere impiega tecniche e
metodi volti ad incrementare il benessere dell’individuo attraverso la promozione della crescita personale e
l’acquisizione di un miglior equilibrio nella gestione del quotidiano; è quindi rivolta al miglioramento delle
condizioni psicofisiche della persona senza particolari difficoltà. Si distingue dalla Psicologia Clinica perché
non si occupa della patologia, e dal Sostegno Psicologico perché non riguarda interventi attuati in periodi di
crisi personale.

Il concetto-chiave della Psicologia del Benessere e della salute è il rilassamento: attraverso l’acquisizione
della capacità di distendersi e rilassarsi la persona acquisisce anche un diverso approccio alla propria
esistenza, liberando energie precedentemente impiegate in maniera disfunzionale (sintomi psicosomatici) ed
utilizzandole al servizio delle potenzialità inespresse e del miglioramento della relazione con gli altri
(assertività).Al pari della Psicologia della Salute la Psicologia del Benessere si occupa anche delle
problematiche legate al “ciclo di vita”, cioè a momenti particolari dell’esistenza individuale (come la
menopausa) e/o familiare (come il matrimonio, la nascita di un figlio o la separazione coniugale): il
cambiamento è visto principalmente come portatore di opportunità e occasione di concretizzazione delle
proprie potenzialità, mentre la Psicologia della Salute si concentra maggiormente sugli aspetti di rischio (la
distinzione tuttavia ha un valore principalmente “accademico” non riconosciuto da tutti gli
Autori).Nell’ambito della Psicologia del Benessere e della salute presso il Servizio di Psicologia è possibile
effettuare:
 Gestione dello “stress”: sedute individuali di rilassamento (tecniche miste: visualizzazione,
rilassamento muscolare progressivo di Jacobson, controllo della respirazione);
 Sedute individuali di apprendimento del Training Autogeno;

 Autostima e assertività: percorsi individuali personalizzati volti al miglioramento dell’autostima e al

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cambiamento nel rapporto con gli altri, tramite l’attivazione delle risorse psicologiche individuali e
l’apprendimento di strategie comunicative assertive;
 Crescita personale: sedute di Programmazione NeuroLinguistica (PNL) per il recupero e
l’incremento delle risorse psichiche personali ed il superamento di “blocchi” allo sviluppo
dell’individuo;

 Disturbi psicosomatici: sedute individuali di valutazione e trattamento di disturbi psicosomatici


quali:
 cefalea;
 contratture muscolari e mal di schiena;
 bruxismo;
 ipertensione;
 disturbi digestivi.
La Psicologia della Salute include tutti gli interventi condotti dallo Psicologo nella promozione e tutela della
salute individuale e collettiva:
 prevenzione psicologica e promozione di uno stile di vita sano (percorsi individuali e gruppali di
contrasto al tabagismo e alle altre dipendenze; educazione sessuale);

 gestione degli aspetti critici delle terapie mediche, come la difficoltà nell’accettazione di terapie
sgradite (ad es. l’insulinoterapia somministrata ai soggetti diabetici);

 sostegno ed integrazione di interventi medici, come le terapie dimagranti chirurgiche e/o


dietologiche e gli interventi di chirurgia estetica/plastica (entrambi integrati con percorsi di
valutazione e sostegno, includenti tecniche di visualizzazione e /o ristrutturazione dello schema
corporeo personalizzate in base ai singoli casi).
Unitamente alla Psicologia del Benessere, la Psicologia della Salute si occupa inoltre delle problematiche
legate al “ciclo di vita”, cioè a momenti particolari dell’esistenza individuale (come la menopausa) e/o
familiare (come il matrimonio, la nascita di un figlio o la separazione coniugale) che possono beneficiare di
un intervento mirato ad accompagnare la persona nella gestione del cambiamento (portatore di stress in
quanto tale) e nella prevenzione del rischio psicosociale correlato.
Vantaggi dell'intervento dello psicologo:
 il primo di tipo culturale, ovvero andrebbe ad impattare favorevolmente sulla popolazione evitando
di medicalizzare il concetto di Salute, che non è la semplice assenza di malattia ma comprende il
benessere dell’individuo a 360 gradi, così come già affermato dall’OMS (1948) “La salute è uno
stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di
malattia o di infermità” e coerentemente con gli obiettivi della politica dell’UE in materia di salute
(Commissione Europea, 2013).
 Il secondo vantaggio è di tipo economico, investire su progetti di promozione del benessere e di
prevenzione primaria, secondaria e terziaria eviterebbe l’insorgenza e la cronicizzazione di
determinate patologie, riducendo dunque la richiesta di intervento sanitario-medico con conseguente
risparmio economico, così come dimostrato da un recente studio del “The European House-
Ambrosetti” secondo cui investire un euro in prevenzione può fruttarne tre nell’arco di un decennio.

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Cap. 8- Una cassetta degli attrezzi

La Grounded Theory (GT) è una metodologia di ricerca che nasce nell'ambito della ricerca sociologica
ispirata al cosiddetto "paradigma interpretativo", allo scopo di interpretare i processi sottesi ad un
determinato fenomeno. Si colloca nell'ambito delle metodologie di ricerca qualitativa. Gli assunti della GT si
basano sulla metodologia qualitativa e sull'interazionismo simbolico. I suoi due teorizzatori, Barney Glaser e
Anselm Strauss, con questa teoria tentarono di arginare la crisi della ricerca qualitativa nelle scienze sociali
degli anni sessanta, in un momento in cui la linea quantitativa stava prendendo sempre più piede. Tali autori
ne esplicitarono tutte le caratteristiche fondamentali nel loro testo The Discovery of Grounded Theory .
Secondo la Grounded Theory, osservazione ed elaborazione teorica procedono di pari passo, in
un'interazione continua. Il ricercatore scopre la teoria nel corso della ricerca empirica, e preferibilmente
dovrebbe ignorare la preesistente letteratura sull'argomento, per non esserne condizionato. L'accento in
questa tecnica viene quindi posto sui dati (si dice che "lascia parlare i dati"), piuttosto che sulle teorie, le
quali derivano direttamente dall'analisi dei dati, che sono locali e contestuali.
L'approccio dovrebbe essere il più possibile libero da pre-strutturazioni teoriche;
Sintetizzando, la GT:
 fornisce una strategia di raccolta, gestione, organizzazione ed analisi qualitativa dei dati;

 ha delle basi epistemologiche (Interazionismo simbolico, Scuola di Chicago e Fenomenologia


Interpretativa);

 la circolarità è una sua caratteristica: non v'è interruzione tra raccolta e analisi dei dati, con una
continua riflessione sul processo di ricerca;

 la ricerca parte di solito da un assunto generale; man mano che si procede nella ricerca l'assunto
prende forma, e dai dati si deduce la teoria che sottende contestualmente alla specifica ricerca. Tale
tecnica si chiama "concettualizzazione" (l'approccio è bottom-up: dai dati alla teoria).
La Grounded Theory tende alla riduzione dei dati in categorie mutuamente esclusive ed esaustive. L'analisi
viene svolta su "Unità di Analisi" del testo (o conversazione, intervista, registrazione...) studiato, che possono
essere di diverse dimensioni e struttura (riga, paragrafo, parola, ecc). Prevede due procedure analitiche: il
"metodo dei confronti" ed il "campionamento teorico".
La Grounded Theory utilizza 3 fasi di codifica per l'analisi:
 Codifica Aperta, dove si delinea un iniziale sistema di categorie aperto con la massima flessibilità.
Lo scopo è la frammentazione dei dati, per ricavarne le proprietà. Da questa prima fase nasce una
tassonomia di concetti e categorie. Il campionamento in questa fase è aperto ("open sampling").

 Codifica Assiale, più specifica: crea relazioni tra categorie secondo il modello paradigmatico (a.
condizioni causali, b. fenomeno, c. contesto, d. condizioni intervenienti, e. strategie di azione o
interazione, f. conseguenze). Questa fase chiarisce le relazioni tra fenomeni, concetti e categorie; ad
es. i "concetti" di una categoria possono essere "fenomeni" per un'altra, o "condizioni intervenienti"
per un'altra ancora. Le relazioni sono verificate ripetutamente grazie al processo iterativo che
prevede questo metodo, con un continuo spostamento tra il pensiero induttivo e quello deduttivo. Il
campionamento è sistematico e finalizzato ("relational sampling").

 Codifica Selettiva, per individuare le categorie più generiche, astratte e predominanti (superordinate).
È un livello superiore di astrattezza, che avvicina alla creazione delle teorie della ricerca.
Prevede inoltre la costante annotazione di memo, o note del ricercatore, ai seguenti scopi:
 per fare ordine durante l'analisi
 per aiutare la teorizzazione
 per documentare le fasi intermedie della ricerca, ai fini della stesura del rapporto dettagliato di
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ricerca
 ai fini della validità
A differenza dell'impostazione tradizionale, la GT prevederebbe l'esame analitico della letteratura scientifica
sul tema di cui ci si sta occupando solo a posteriori. Inoltre, il suo scopo non è sempre e solo lo sviluppo di
una teoria comprensiva ed esplicativa, ma potrebbe essere semplicemente anche il semplice sviluppo
descrittivo e tassonomico.
La sua validità metodologica deriverebbe da:
 Secondo Strauss: FIT - adattamento al fenomeno studiato; Comprensibilità; Generalità; definizione
del campo di Applicabilità.

 Secondo Henwood: FIT, Integrazione della Teoria a diversi livelli di astrazione con i memo;
Riflessività sull'influenza del ricercatore; Documentabilità; Campionamento teoricamente orientato;
Punto di vista dei partecipantri; Persuasività.
Secondo alcuni autori c'è il rischio che il ricercatore non riesca a districarsi nel caos dei numerosi stimoli
ricevuti, a causa dell'assenza di punti di riferimento. In particolare ciò determinerebbe:
 incapacità di andare oltre il livello descrittivo;
 incapacità di ottimale esplorazione dei dati.
Al contrario, altri individuano i seguenti vantaggi:
 capacità di adattamento a diverse posizioni epistemologiche;
 flessibilità;
 le tecniche possono essere estrapolate e trasportate in altri approcci;
 è utile per scoprire aspetti significativi della teoria, che resterebbero altrimenti inaccessibili.
Memory work: è un sistema per l'immagazzinamento temporaneo e la prima gestione/manipolazione
dell'informazione, costituente un link funzionale tra percezione sensoriale ed azione controllata.
L'architettura multicomponenziale del modello costituisce un superamento del classico modello di Atkinson
e Shiffrin, che descrivevano la memoria a breve termine come un "magazzino unitario", capace di contenere
e manipolare le informazioni e allo stesso tempo di esercitare le funzioni cognitive, senza che i compiti
interferissero tra loro.Grazie alla teoria dei "livelli di elaborazione" (Craik e Lockhart, 1972), ed allo
sviluppo delle tecniche di ricerca come il "doppio compito" e l'"interferenza selettiva", nel 1974 viene quindi
proposto da Baddeley e Hitch un "modello tripartito" della working memory (poi perfezionato e integrato
negli anni anche grazie alle evidenze neuropsicologiche), che prevede l'esistenza di un sistema attenzionale
supervisore che controlla il flusso informativo, chiamato "esecutivo centrale", e di due sottocomponenti
funzionali: il loop fonologico ed il taccuino visuo-spaziale. I sistemi gerarchicamente sottoposti all'esecutivo
centrale sono magazzini a breve termine, dedicati alla ritenzione dell'informazione rispettivamente verbale e
visuo-spaziale.La distinzione, nel modello originale, in tre sistemi separati era stata ottenuta da Baddeley e
Hitch adoperando i Dual-Task Paradigms. Una performance che richiede l'uso di domini percettivi distinti è
eseguita quasi come se entrambi i compiti fossero compiuti individualmente, mentre una performance che
richiede per l'espletamento dei due compiti l'uso contemporaneo dello stesso canale percettivo, è condotta in
maniera significativamente peggiore rispetto ad un'esecuzione seriale dei due compiti. Successive ricerche,
oltre che aver confermato le originali assunzioni fatte nel primo modello di Baddeley del 1974, hanno
supportato l'idea di ulteriori frazionamenti in subcomponenti distinte: la componente visiva e la componente
spaziale (what & where).Entrambe queste componenti presentano indipendenti e separati magazzini passivi,
rappresentazioni, meccanismi di mantenimento e manipolazione, ed entrambe sono correlate in modo stretto
a forme di attenzione visiva. Per ciò che riguarda la sottocomponente visiva, la relativa rappresentazione
sembra essere basata su un forte mantenimento di un piccolo numero di caratteristiche distinte, quali il
colore, la forma e l'orientamento, indipendentemente immagazzinate in un set di magazzini "caratteristica-
specifici", e che vengono successivamente integrate in rappresentazioni di oggetti. Si sono delineati due tipi
di codifica delle informazioni visive: quella bottom-up, generata dagli attributi percettivi, ed una top-down,
basata su precedenti esperienze (ad es.: categorizzazione). A differenza della working memory visiva, per ciò
che riguarda la working memory spaziale non si può affermare uno stretto legame con la percezione e la
visual imagery, ma emerge una più importante correlazione con meccanismi attentivi e legati
all'azione.L'ultimo sottocomponente aggiunto al modello della working memory è stato il Buffer episodico,

28
da Baddeley nel 2000. Esso rappresenta un sistema di memoria separato, di capacità limitata, e che utilizza
una codifica di tipo multimodale. Viene chiamato "episodico" in quanto ha la capacità di mantenere le
informazioni che sono integrate da una serie di sistemi, comprese altre componenti della working memory e
della memoria a lungo termine, in rappresentazioni unitarie multidimensionali: ovvero, scene ed episodi.
Action workflow analysis:
La logica dei processi nasce simultaneamente in più aree:
o quella classica industriale, dove il processo produttivo deve progressivamente consentire alle
macchine o ai robot di sostituire l’uomo per le attività ripetitive ad alta frequenza ed a basso
contenuto di valore aggiunto;
o quella dell’ICT, dove l’approccio classico funzionale è stato progressivamente sostituito con quello
per processi in modo da considerare il sistema informativo come parte integrante degli stessi anche
in funzione del contributo che tali tecnologie possono dare alla informatizzazione ed alla
conseguente automazione degli stessi;
o quella dei revisori o dei controlli interni, che rappresentano i processi per poter verificare i punti di
debolezza degli stessi e quindi inserire attività di controllo per abbattere i rischi dell’Organizzazione
a cui appartengono;
o quella della qualità, che è passata da una logica di applicazione di norme e procedure ad un sistema di
progettazione continua e gestione dei processi;
o quella del project management, dove l’approccio classico del PERT e del GANTT viene
progressivamente integrato in un metodo che consenta di industrializzare l’Organizzazione di
sviluppo e di controllo dei progetti evolvendosi verso quello che è definito company-wide project
management;
o quella dell’organizzazione dove l’approccio classico per strutture è stato troppo spesso inutilmente
sostituito da un approccio per processi considerato alternativo piuttosto che affiancato;
Ma cos’è un processo?
Potremmo definirlo una forma d’energia in grado di trasformare un’altra forma d’energia in un’altra ancora
pagando all’ambiente un prezzo in termini d’entropia. Oppure potremmo puù semplicemente dire che è un
insieme di attività coordinate secondo certe sequenze finalizzato al raggiungimento di un determinato
scopo. Ambedue le definizioni sono giuste e scientificamente corrette. La differenza risiede nel fatto che la
prima è di tipo sistemico, e quindi olistica ed ecologica, la seconda è di tipo meccanico. I processi possono
essere rappresentati a due livelli. Il primo livello tratta quelli che vengono definiti macroprocessi, processi di
frontiera . Questi sono, di fatto, processi come tutti gli altri ma presentano la caratteristica di poter essere
individuati immediatamente a livello strategico. Il secondo livello riguarda quelli che sono chiamati
sottoprocessi, ovvero processi componenti.I processi di frontiera, in genere, sono suddivisi in processi di
business, di supporto e strategici.I processi di business sono quelli che è possibile immediatamente collegare
al mondo esterno, al business, per l’appunto, o, più in generale, al mondo dei prodotti-servizi, che
l’Organizzazione, profit o no profit, quale essa sia, è in grado di fornire, in sintesi quelli che impattano con
l’ambiente.I processi di supporto sono quelli che non impattano immediatamente con l’ambiente, ma la cui
funzione è fondamentale per lo sviluppo e la gestione del business o più in generale per la mission
dell’organizzazione. I processi strategici sono quelli necessari a formulare le strategie, pianificare le attività,
controllare l’esecuzione delle stesse. In realtà parliamo sempre degli stessi oggetti: i processi. Tale
distinzione non giustifica la presenza d’entità distinte, come avviene in tante metodologie o sistemi per la
rilevazione, l’analisi e la progettazione dei processi, ma al massimo una distinzione a livello d’attributo
qualificatore di un’unica entità, per l’appunto: il processo. Anche i sotttoprocessi non sono un’entità a sé
stante ma una tipologia, un semplice attributo, della stessa entità. Possiamo definire processi terminali quelli
che non si scompongono in altri sottoprocessi e sono collocati nel livello più basso della filiera, anche in
questo caso, non potremo parlare d’entità vere e proprie ma semplicemente di un attributo che li
distingue. Tale attributo che distingue il processo nell’ambito della filiera dei processi non è necessario che
sia esplicito poiché è già implicito all’interno della rappresentazione della filiera ed è assunto in funzione
della posizione d’ogni processo nell’ambito della stessa. Non è altrettanto implicita la distinzione fra processi
di business, di supporto e strategici, infatti, non è possibile ricavare questa automaticamente dal loro
posizionamento nell’ambito della filiera dei processi.In psicologia della salute l'analisi dei processi nella

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ricerca serve a fare focus su quello che è esaustivo, su quello che è il probelma e sulla sua rilevanza. Nello
specifico porta in evidenza: quello che è il problema (processi core), gli aspetti a cui dedicare attenzione
(processi critici) e sulle priorità (processi prioritari).

Q-sort: nella tecnica del Q-sort si parte da un insieme di item (Q-set) contenenti la descrizione dettagliata di
tutti i comportamenti ritenuti importanti per valutare l’aspetto, la dimensione o il costrutto psicologico a cui
gli item si riferiscono. L’osservatore deve decidere il grado di somiglianza di ogni item con il
comportamento del soggetto che valuta, una volta deciso, ordinerà tutte le descrizioni sulla base del
rispettivo grado di somiglianza, classificandole in un numero prestabilito di gruppi, attraverso una elaborata
procedura. Collocherà gli item più somiglianti nei gruppi 9,8,7, e quelli meno somiglianti nei gruppi 1,2,3,.
Per comodità gli item sono stampati su cartoncini indipendenti per essere smistati. In fase di costruzione, si
creano gli item che esauriscono l’universo comportamentale dell’aspetto da valutare, il Q-set. Si passa alla
procedura di ordinamento dei cartoncini, distinguendo gli item in base ad un giudizio di somiglianza con il
comportamento osservato, una sorta di ordinamento forzato. L’osservatore classifica i cartoncini su cui sono
riportati gli item in una serie di gruppi di ordine crescente nel continuum di somiglianza, si procede a tappe,
iniziando da un ordinamento più grossolano. Poi si assegnano punteggi che permettono di valutare quanto il
comportamento osservato si discosta da quello ideale.
Ricerca -azione: il termine ricerca azione o ricerca intervento nasce dall’ autore inglese Kurt Lewin,
psicologo sociale, il quale coniò la parola action research.. Lewin si pose il problema della Action Research
quando iniziò a lavorare nel campo delle scienze sociali, in particolar modo sui problemi delle minoranze
etniche degli Stati Uniti negli anni 40. Ciò che rappresentò un'autentica innovazione nel metodo e nel
processo di ricerca da parte di Lewin, fu la progressiva scoperta, del fatto che il processo conoscitivo finiva
con il divenire un'azione sociale proprio nel momento in cui la popolazione veniva coinvolta. Lewin pensò
allora di enfatizzare questo aspetto e di attribuire alla popolazione capacità e competenze conoscitive,
coinvolgendola nel processo di ricerca stesso. Si scoprì così, oltre al fatto che il processo di conoscenza
aveva già le caratteristiche dell'azione, che la conoscenza più efficacemente utilizzabile ai fini dell'azione
sociale era proprio quella che emergeva nel processo conoscitivo. L'Action Research guarda in maniera
costruttiva ai principi che ne verificano la validità. Essa prende origine dal riconoscimento, attraverso la
ricerca nelle scienze psicologiche, della contingenza di azione e conoscenza nei processi di apprendimento.
Lewin per primo ha indicato le procedure salienti della ricerca-azione distinguendole in pianificazione,
azione, osservazione e riflessione con il fine di migliorare i sistemi sociali. Nel 1948 sosteneva già che la
ricerca azione fosse un metodo necessario per la realizzazione di programmi per gruppi minoritari nel
sociale. Da qui si deduce il carattere pratico di questa metodologia. Questi stadi sono stati successivamente
ampliati nel 1976 da Cunnigham, il quale prevedeva per ogni fase un momento di valutazione che serviva a
decidere se proseguire o meno verso la fase successiva.
Successivamente stabilì dei parametri specifici che la caratterizzano ancor meglio,cioè:
 La necessità di creare la collaborazione e il confronto tra i ricercatori e gli operatori, sia per quanto
riguarda la definizione dei problemi da indagare, sia per ciò che concerne lo svolgimento della
ricerca e l’impostazione della pedagogia. La ricerca è realizzata da tutti membri della comunità che
vi partecipano, seguiti da esterni, i consulenti, i quali si pongono in un rapporto di parità.

 Il superamento da parte del ricercatore della pretesa di giungere alla neutralità nella ricerca. Egli
non si limita a conoscere un fenomeno, ma esso deve diventare agente di un cambiamento socio-
educativo.

 La Ricerca Azione si concentra sulla risoluzione di un problema sia come epilogo dei fatti che come
progettazione di interventi all’interno di contesti specifici.

 La necessità di porre attenzione alle dinamiche sociali e alle situazioni ambientali del contesto
educativo, viste come variabili per lo svolgimento della ricerca. Per questo la Ricerca Azione
prevede un esame articolato delle dinamiche di gruppo e delle forze sociali che aiutano o meno il suo
svolgimento, anche utilizzando le tecniche di gestione dei conflitti che aiutano gli operatori a
concordare le loro strategie d’ intervento.
La ricerca-azione si affida ad una comunicazione simmetrica fra i protagonisti con lo scopo di eliminare il
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rapporto soggetto-oggetto fra i ricercatori ed i loro cooperatori. In tal modo, esalta l’attività di ricerca come
agente di cambiamento, nel senso che punta a creare l’azione attraverso la ricerca e a sua volta, la ricerca
tramite l’azione mettendole in discussione entrambe all’interno di una combinazione.
SECONDA SEZIONE

Cap1. Salute, comunità e contesti per la promozione critica della salute


Un complesso intreccio di fattori concorre nel determinare la salute. Aspetti contestuali interagiscono con
aspetti individuali i quali, esperiti dai singoli, vengono considerati come fattori da considerare nell’analisi
delle cause che producono salute e/o malattia e dei fattori che co-occorrono nel definire la qualità della vita
di una persona. E' inoltre innegabile che il sistema ecologico in cui l’individuo è inserito possieda un ruolo
rilevante.

Gli aspetti contestuali che verranno presi in considerazione sono scelti in base a due Criteri:

 quelli collocati nella zona di confine tra il soggetto e il suo mondo esterno;

 quelli centrali nell’analisi scientifica e rilevanti da un punto di vista sociale.

L’Interazione Sociale è fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano, ed in questo senso lo stesso
sviluppo della neocorteccia sarebbe facilitato dalle esigenze dalla vita sociale e dalle stimolazioni esterne,
come la cura e l’affetto, che influenzano le strutture neuronali.
Studi recenti hanno dimostrato che il sistema nervoso, quelli endocrino e quello immunitario non funzionano
autonomamente al di fuori dell’ambiente sociale, questo perché reagiscono alle realtà sociali per mezzo dei
processi psicosociali (ad es. a sintomi come depressione e stress).
Come già teorizzato da Durkheim nel suo teso "Il Suicidio. Studio di Sociologia", le reti sociali, il supporto e
i legami concorrono nel definire la salute. In quest'ottica Cassel e Cobb furono tra i primi a dimostrare la
rilevanza che i legami sociali hanno sulla salute, sia fisica che psichica, mettendo in luce l’efficacia delle
relazioni sociali in qualità di mediatrici tra il soggetto e lo stato di salute. Altri riferimenti teorici sul ruolo
dei legami sociali nel contribuire alla salute provengono dalla Teoria dell’Attaccamento di Bowlby, la quale
spiega anche l’attaccamento verso il paese, e dalla Teoria delle Reti Sociali, ripreso come riferimento dalla
psicologia di comunità per spiegare gli effetti dell’urbanizzazione tra i rapporti fra le persone Il tema della
relazione sociale riferita alla salute è stato quindi sviluppato da diverse angolature (macro, meso e micro) e
questo evidenzia come esista un’ampia mole di dati che dimostri l’efficacia delle relazioni interpersonali per
garantire una buona salute.

Nel 1977 il cardiologo John J. Lynch pubblica il testo "The Medical Consequences of Loneliness" in cui
rilevava come la solitudine sia fonte di malattia dato che le persone isolate sono più soggette a stress e a
problemi di salute dovute a stili di vita più insani.
Uno famoso Studio sul Rapporto tra Reti Sociali e Salute è stato poi condotto dal Beckman e Syme presso la
Contea di Alameda. Attraverso tale ricerca longitudinale, durata nove anni, essi hanno dimostrato come gli
individui con scarsi legami avessero una probabilità maggiore di mortalità.

Dagli anni ’70 ci sono stati molti altri studi che hanno dimostrato diverse realtà:

- tra gli sposati è minore il tasso di mortalità e morbilità;

- gli uomini sono più vulnerabili se viene a mancare il coniuge piuttosto che il contrario;

- chi si occupa di un familiare malato è più a rischio (generalmente le donne).

E’ scontato quindi dire che anche la qualità della relazione possa incidere sulla salute, dato che essa fa venir
meno il ruolo protettivo dovuto a un rapporto sereno, sorretto da un sostegno emotivo, nel momento in cui la
relazione si incrina.
Tale Funzione Cuscinetto del Sostegno Sociale considera quindi fondamentali le relazioni familiari, amicali e
contestuali, dato che l'Isolamento Sociale agisce come stressor cronico, producendo inoltre cambiamenti

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neuro-endocrini, e crea un sostanziale abbassamento dell'autostima e varie carenze relative al sostegno per il
soggetto.

Il Rapporto tra Relazioni Sociali e Salute, lungi dall'essere ancora stato chiarito, viene analizzato secondo
due prospettive:

- Modelli Main-Effect: l’influenza da parte del sostegno sociale sulla salute è diretta ed indipendente dagli
stressor;

- Modelli Stress-Buffering: il sostegno sociale svolge un’azione protettiva in conseguenza degli effetti dovuti
agli stressor.

Cohen ha individuato quattro principali Modelli Teorici per Indagare gli Effetti dell’Integrazione Sociale e
della Percezione di Sostegno sulla Salute/Malattia e ciascun modello indaga aspetti specifici che descrivono
l’influenza delle relazioni sulla salute considerando sia gli effetti diretti che quelli indiretti:

- Modelli Basati sulle Informazioni: disporre di un’ampia rete di legami fornisce una molteplicità di risorse
informative, le quali, a loro volta, possono avere degli effetti diretti sul comportamento efficaci per la salute
(ma l’informazione può avere anche un effetto opposto) e/o un ruolo più strettamente protettivo, ad esempio
nel valutare la situazione come più o meno critica;

- Modelli Centrati sull’Identità e sulla Self-Esteem: l’integrazione e il sostegno costituiscono una fonte di
sentimenti positivi e favoriscono una percezione di controllo e di stabilità nella propria vita, contribuendo
inoltre allo sviluppo delle abilità di coping aumentando l’autostima, mentre invece l’isolamento aumenta le
emozioni negative e il sentimento di alienazione, e ciò diminuisce la percezione di controllo. Studi hanno
evidenziato come l’identità sociale influisca sulla salute, poichè concorre alla definizione dei sintomi e alla
messa in atto di risposte, contribuisce a determinare norme e comportamenti riferiti alla salute, è la base per
il sostegno sociale ed infine facilita la relazione di sostegno reciproco;

- Modelli Basati sull’Influenza Sociale: gli studi di Sherif, Asch e Milgram hanno dimostrato le diverse
forme di influenza che il contesto esercita sul singolo, e bisogna ricordare che il bisogno di appartenenza
risponde a uno dei bisogni psicologici rilevanti, per cui nessuno è esente dall’influenzamento. Il gruppo, la
categoria e i valori sociali di riferimento hanno un potere di influenzamento sulle condotte degli individui
che possono andare sia in direzione di un cambiamento nei comportamenti nocivi e/o rischiosi che verso
l’assunzione di stili di vita sani. Già Lewin aveva dimostrato che un cambiamento necessita di una rottura di
un equilibrio per spostarsi su nuovi valori, credenze e atteggiamenti e pervenire a una situazione che si
stabilizza. In questo senso il gruppo, assumendo nuovi valori, può portare ad un cambiamento nell’individuo
in quanto tende a identificarsi col gruppo di appartenenza (ad es. gruppi di auto-aiuto) e ciò favorisce
l’assunzione di un comportamento rinforzando il suo mantenimento e la sua reiterazione con meccanismi di
premi e punizioni;

- Modelli Basati sulle Risorse Tangibili: esiste una relazione tra rete e salute laddove la rete può fornire un
aiuto concreto e allo stesso modo la presenza di risorse materiali può ridurre la probabilità dell’insorgenza di
fenomeni stressogeni. Tra gli studi che riguardano il rapporto tra legami sociali, riferimenti socio-culturali e
salute, è necessario ricordare lo studio condotto nella comunità italiana di Roseto, in Pennsylvania, che negli
anni ’60 era caratterizzata da una elevata omogeneità etnica e sociale e da forti legami sociali e da relazioni
comunitarie coese. Dal 1955 al 1965 si presentava con un tasso di mortalità, conseguente a infarto, molto
bassa rispetto ad altre comunità limitrofe, rilevando che i servizi e le condizioni ambientali comunque
risultavano analoghi a quelli di comunità adiacenti. KL'ipotesi che esso fosse legato alle relazioni
intergruppo è stata poi nuovamente sottolineata quando all'inizio degli anni '70 le nuove generazioni hanno
abbandonato queste abitudini e i tassi di mortalità sono risaliti ed entrati nella media nazionale. Dopo questo
studio ce ne sono stati numerosi altri volti ad approfondire la relazione tra reti sociali e salute, ma è
strettamente necessario considerare che a sua volta i legami sociali sono inseriti in un contesto sociale più
ampio e governate quindi da dinamiche socio-contestuali e culturali.
Per illustrare questo contesto che dà forma alle reti sociali si può fare riferimento al Modello di Berkman che
descrive la catena causale e prefigura la connessione tra fattori macro e micro.
32
In tale modello si evidenzia come le condizioni socio-strutturali generali (macro) condizionino l’estensione,
la forma e la natura delle reti sociali attraverso processi culturali, economici e politici, e come le reti, che
costituiscono il livello intermedio tra il livello macro e il meso, operino a livello comportamentale attraverso
quattro percorsi:
- sostegno;
- Influenzamento;
- impegno sociale;
- accesso alle risorse materiali.

Tali fattori sono poi in grado di fornire delle opportunità per la salute a livello prossimale.
Per gli autori l’intento di questo modello concettuale era di guidare sia futuri lavori di ricerca che scelte
politiche, dato che il percorso upstream identifica le condizioni che influenzano lo sviluppo e la struttura
delle reti sociali mentre il percorso downstream descrive l’influenza che la rete ha sulla salute attraverso le
funzioni del sostegno sociale.

E’ infine necessario non dimenticare gli effetti negativi delle relazioni sociali quando esse sono basate sul
conflitto o quando un comportamento di aiuto viene percepito come tentativo di esercitare potere.

L’Errore Fondamentale di Attribuzione, cioè quando un osservatore tende a sottostimare gli effetti del
contesto e a sovrastimare gli effetti delle disposizioni individuali, teorizzato da Ross, Shinn e Toohey
colpisce anche gli psicologi, i quali ritengono che la ricerca psicologica sia caratterizzata da un errore di
minimizzazione del contesto.

La Psicologia di Comunità agisce però in controtendenza rispetto a questo bias, ed è per questo che in questo
capitolo si è deciso di analizzare il Quartiere, inteso come luogo che accoglie le persone e in cui si dipana la
loro quotidianità, ma anche luogo fisico e simbolico in cui si rendono manifesti gli esiti dei processi di
globalizzazione.

La necessità di sviluppare reti di prossimità ha dato luogo a iniziative volte a trasformare il luogo di
residenza in un luogo che favorisca la coesione sociale e che faciliti uno sviluppo del senso di comunità.
Rispetto al quartiere bisogna analizzare due aspetti principali che, con esso, risultano interconnessi:

1. Quartiere e Neighbourhood: gli studi sul vicinato si sono sviluppati prevalentemente negli Stati Uniti e
questo li rende poco esportabili in Italia per due ragioni:

- Definizione di Neighbourhood (traducibile come quartiere ma anche come vicinato);


 Conformazione dell’Assetto Urbano nelle città Statunitensi Confrontate con le Italiane.

Inoltre il problema per definire neighbourhood è ritenuto rilevante non solo quando si confrontano dati di
paesi diversi ma può essere definito secondo criteri di altro genere, tra cui storici, geografici e
amministrativi, o in base alla percezione delle persone.
Roux sottolinea inoltre che uno degli aspetti più critici è l’eterogeneità dell’area geografica la quale può
essere più o meno estesa, a seconda degli obiettivi della ricerca. Si può sintetizzare dicendo che il concetto di
neighbourhood si riferisce ad aspetti dell’abitare collocati in un’area specifica, la cui estensione può avere
un’ampia variabilità che va dal quartiere al condominio.

Va infine notato che i quartieri costituiscono degli aggregati omogenei relativamente a status e livello socio-
economico e quindi, questo processo che può essere definito di Segregazione Residenziale, questo conduce a
due effetti:

- acquisizione di schemi psicosociali basati sulle relazioni e produzione di separazione e ghettizzazione tra
gruppi;

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- discriminazione nei confronti di chi proviene da zone degradate della città, con la conseguente generazione
di una sorta di etichetta, per cui ai soggetti vengono attribuite caratteristiche proprie di quella zona.

Nonostante vi siano diversi approcci con cui si può guardare a tale questione (ad es. labelling theory), non è
facile rilevare una relazione di causa-effetto su aspetti così articolati e si preferisce quindi pensare a forme di
reciproco influenzamento.

Guardare alla relazione tra salute e quartiere rientra nell’ambito di indagini che si rifanno a un’analisi
ecologica della salute, dato che l’ambiente in sé può avere un impatto diretto (ad es. l’inquinamento) ma
anche le caratteristiche percepite hanno una loro rilevanza (ad es. la percezione di vivere in un contesto
insicuro limita le relazioni sociali). Tutto ciò che favorisce l’utilizzo del territorio costituisce inoltre uno
stimolo per sviluppare le relazioni sociali di vicinato, il sostegno sociale e la coesione sociale, e, pur non
essendo ancorate al luogo di residenza, lo sviluppo di reti e relazioni di prossimità è tanto più rilevante
quanto più la persona è fragile e limitata negli spostamenti (ad es. bambini e anziani).

2. Capitale Sociale e Salute: la prospettiva ecologica in relazione al tema della salute si è ampliata negli
ultimi anni e, oltre alle caratteristiche materiali e strutturali, sono state prese in considerazione dimensioni
sociali come la coesione, le norme e i valori, i quali sono aspetti che si influenzano reciprocamente.
In sostanza l’ambiente e la percezione che ne hanno gli individui incide sui comportamenti e sul benessere
contribuendo ad esasperare un sentimento di vulnerabilità sociale generatore di insicurezza o favorendo le
relazioni di fiducia.
Il concetto di Capitale Sociale è tra quelli maggiormente utilizzati, infatti si inserisce nel dibattito che
esamina le influenze socio-ambientali sulla salute e i meccanismi implicati in questa relazione. Sono però
differenti le definizioni che si danno di questo concetto (ad es. quella di Putnam o quella di Bordieu).
Una chiave di lettura che però potrebbe essere condivisa è quella di Portes , il quale definisce il capitale
sociale come l’abilità di assicurare dei benefici attraverso l’appartenenza a reti e altre strutture sociali, le
quali vengono qui distinte in una componente relazionale, che risiede nell’organizzazione sociale di cui il
soggetto fa parte, e in una materiale, che riguarda le risorse che rivendica in virtù della sua appartenenza a un
gruppo.

La relazione di gruppo si basa sulla fiducia e sulla reciprocità che generano un sistema di aspettative e di
obblighi, i quali includono componenti strutturali come caratteristiche osservabili dell’organizzazione sociale
e dimensioni cognitive come norme, valori, atteggiamenti e credenze.

Anche il Capitale Sociale Riferito alla Salute è considerato nei suoi aspetti relazionali dato che rinforza
l’autostima, fornisce sostegno sociale, aiuta le persone ad accedere più facilmente alle risorse e agisce come
moderatore contro gli stressors.

Mentre Lynch e Kaplan preferiscono una spiegazione basata sugli aspetti materiali del capitale sociale, vale
a dire sulle ineguaglianze di reddito, Kawachi, così come Wilkinson , non distingue tra elementi relazionari e
materiali e considera che l’ineguaglianza esercita la sua influenza attraverso dei meccanismi psicosociali e
cognitivi poiché ha un’influenza fondamentale nel determinare qualità e quantità delle relazioni sociali e dei
rapporti interpersonali.

Se fin qui si ci è concentrati sugli aspetti positivi per la salute, bisogna però anche notare gli Effetti Negativi,
rilevabili principalmente in:

- Coesione Interna: considerata importante per il benessere e per l’azione collettiva, essa permette di
sviluppare un’identità di gruppo e può essere importante per i gruppi svantaggiati in quanto aumenta la
consapevolezza di reagire ai gruppi dominanti e la rete sociale può costituire una risorsa importante. Però va
anche notato che esso è un processo esclusivo, per cui vengono esclusi coloro che sono portatori di norme e
di identità differenti.

Altro aspetto critico della coesione di gruppo è inoltre la pressione esercitata per conformarsi alle norme del
gruppo stesso;

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- Controllo Sociale: elemento studiato da Fukuyama , che ritiene che il capitale sociale possa svilupparsi solo
nei casi in cui un gruppo non molto vasto presenti chiari criteri di appartenenza, sia stabile nel tempo e
possieda una cultura condivisa, sottolinea che se le persone possono entrare o uscire dal gruppo come
desiderano, gli individui saranno meno inclini a preoccuparsi della loro reputazione e si sentiranno meno
vincolati al rispetto delle regole sociali e questo costituisce un ostacolo allo sviluppo della fiducia tra i
membri. Diventa quindi necessaria un’attività costante di vigilanza.
Va quindi infine ricordato che se le reti sociali, il capitale sociale e i rapporti di vicinato sono alcune delle
risorse che concorrono allo sviluppo della qualità della vita e della salute, diversi sono invece i fattori che
contribuiscono a far si che le risorse potenziali si trasformino in minaccia per la salute (ad es. diseguaglianze
sociali).

Dato che è stato determinato dalle varie ricerche, tra cui quella ISTAT del 2009, che le diseguaglianze di
salute presenti nei nostri contesti sociali sono dovute a differenze sociali, ad esempio, come evidenziato da
Marmot , chi sta in una data posizione della scala sociale gode di miglior salute di chi viene dopo di lui ma
peggiore di colui che lo precede, questi dati confermano la tesi secondo cui la salute non costituisce un tema
di studio e di analisi avulso dal contesto poiché è strettamente connesso alle caratteristiche bio-psico-sociali
degli individui e dei contesti.
In letteratura esistono diversi modelli che si propongono di spiegare i meccanismi alla base delle
diseguaglianze sociali, ma in questo testo si è deciso di considerare il Modello di Mackenbach e Bakker
proposto da Costa . Esso considera alcuni elementi fondamentali:
- Determinanti Distali: considerabili come le variabili del contesto sociale, esse sono costituite dal livello
macro e si realizzano in quattro aspetti:
- economia;
- lavoro;
- comunità;
- welfare.
- Posizione Sociale: considerata nei suoi aspetti individuali e contestuali in stretta connessione tra loro;
- Determinanti Prossimali: considerabili come le caratteristiche strutturali, anche in questo caso sia
individuali (ad es. risorse materiali e status) che contestuali (ad es. segregazione e legami deboli),
influenzano la salute poiché hanno una ricaduta diretta sui fattori psicosociali, che sono alla base dello
stress), sui comportamenti a rischio, sui fattori di rischio esterni e anche sull’accesso all’assistenza sanitaria.
- Esiti.
Nello schema proposto si può quindi osservare come i primi tre fattori prossimali, stress, stili di vita e fattori
ambientali, siano considerati come fattori alla base dell’insorgenza di una patologia, mentre l’accesso alle
risorse e alle strutture socio-sanitarie costituisca invece il fattore principale che può facilitare il successo
della cura o la cronicizzazione della patologia.

Vi sono poi due aspetti fondamentali da approfondire:

1. Differenze di Status: rispetto al perché le differenze nella scala gerarchica portino diversi risultati in
termini di salute, Marmot , noto epidemiologo, ha proposto una spiegazione, la quale portal’attenzione sul
fatto che le persone attorno a noi presumibilmente hanno un lavoro e vivono in una casa decente, così come
presumibilmente non sono particolarmente ricche. In riferimento a situazioni non connotate da un particolare
degrado, si verifica che a uno status più elevato corrisponde una salute migliore (è questa quella che viene
definita la Status Syndrome).
Muovendo varie critiche alle indagini epidemiologiche classiche, Marmot teorizza che tali differenze siano
rilevabili nel fatto che migliori condizioni di vita portano a una maggiore possibilità di scelta in termini di
beni e servizi, e stimolano l’individuo a una maggiore progettualità e proiezione nel futuro. Ed è quindi in
questo senso che il livello sociale contribuisce a fornire i soggetti di empowerment.
La sua riflessione quindi sottolinea la necessità di trascendere la prospettiva individuale per focalizzarsi sui
contesti in cui le persone vivono, dato che tali elementi interferiscono fortemente sulle capacità di controllo e
di autonomia, le quali a loro volta hanno una diretta influenza sui comportamenti delle persone.
In conclusione la visione di Marmot offre stimoli che vanno verso un’analisi che intreccia il dato contestuale
con le risposte dell’individuo, terreno in cui l’esperienza psicologica dell’ineguaglianza ha profondi effetti
sul benessere fisico della persona;

2. Equità e Fiducia: la salute riguarda ogni singolo soggetto anche in termini di responsabilità, ma non può
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essere solo una questione individuale poiché si è membri di una società e quindi devono essere tenuti in
considerazione quegli elementi e quegli aspetti che hanno un impatto sulla salute.
Marmot sottolinea che l’integrazione sociale incide sulla salute ed elementi come la fiducia e la cooperazione
ne determinano un buon livello. La fiducia costituisce quindi un elemento alla base della costruzione di
buoni legami sociali e costituisce un ingrediente fondamentale del capitale sociale. In questo senso viene
riportato come esempio un'osservazione di Sen, secondo cui l'aspettativa di vita sarebbe aumentata in Gran
Bretagna nel XX nel periodo tra le due guerre grazie all'aumento della coesione sociale.
Wilkinson e Pickett sottolineano inoltre che chi si fida degli altri vive più a lungo ed evidenziando come la
fiducia sia generata dall’uguaglianza economica (un bambino nato negli Stati Uniti ha meno probabilità di
vita di uno nato in Grecia, benché quest'ultima abbia un sistema sanitario peggiore).
Questi autori hanno allora empiricamente dimostrato che la diseguaglianza è associata a una minore speranza
di vita, a tassi di mortalità infantile più elevati, a una minore altezza media e a un peggior stato di salute
autoriferito. I paesi che riportano quindi una minore sperequazione economica invece presentano una salute
migliore per tutti.
Da questo si evince che il confronto sociale è fondamentale per la salute in quanto crea problemi relativi ad
alti livelli di stress, minacce rispetto alla propria identità sociale e numerosi conseguenze psicosociali, le
quali congiuntamente influiscono sui livelli globali di salute/malattia.
In definitiva, come già evidenziato da Zani , bisogna considerare la salute come un bene comune relazionale
e per il suo sviluppo si dovrebbero individuare i processi che favoriscono lo sviluppo di reti sociali. Ed è di
questo che si è occupata negli ultimi anni la Psicologia della Salute di Comunità.
Data l'importanza di costruire un modello che guardi alla salute sotto gli aspetti biologici, psicologici e
sociali e, come sottolineato da Prilleltensky , vista la necessità di abbandonare il polo volto al miglioramento
della situazione e sostituirlo con un approccio che pone attenzione alla trasformazione e al cambiamento, si è
deciso, all'interno della Psicologia di Comunità, di concentrarsi sulla Comunità, intesa come il luogo di
eccellenza dell’intervento, in quanto in essa sono presenti delle forze sociali che permettono un processo di
cambiamento ed inoltre che costituiscono un mediatore tra soggetto e contesto sociale in quanto
profondamente strutturate dalle relazioni sociali.
Da queste basi si sviluppata un'Analisi Ecologico-Sistemica in cui i diversi elementi di cui un contesto è
costituito interagiscono influenzandosi reciprocamente, come già rilevato dalla teoria del campo di Lewin e
dalla teoria dello sviluppo ecologico di Brofenbrenner, ed in questa prospettiva si sottolinea l’importanza dei
legami, delle relazioni, dei meccanismi di retroazione e interazione tra le parti dei sistemi. L'attenzione viene
rivolta quindi, come evidenziato da Hawe, Shiell e Riley (2009), non solo ai vari livelli ma alle
interconnessioni presenti tra questi livelli e alle dinamiche attivate dall'intervento.
Per Christens, Hanlin e Speer si tratta quindi di superare il dualismo individuo/collettività e di uscire da un
modello che colloca il soggetto all’interno di un determinismo culturale e sociale a favore di una prospettiva
che contempli l’articolazione tra soggetto e contesto. Il riferimento è allora a un’idea secondo cui il
cambiamento individuale e quello riferito ai sistemi siano considerati nella loro interdipendenza.

Questa affermazione richiama il dibattito tra due punti di vista, riduttivi, che, secondo Amerio , sono:

- Esogamico: in cui l'attività psichica è generata dall’esterno;

- Endogamico: in cui l'attività psichica è derivante da processi interni all’organismo.

Applicare l’analisi sistemica alla prospettiva ecologica significa che le sfide e i cambiamenti individuali,
sociali e sistemici sono visti all’intreccio tra i livelli macro, meso e micro.

A Livello Pratico si deve tenere presente che i sistemi sono dotati di proprietà adattive ed essendo dinamici
non è possibile disgiungere il cambiamento a livello del sistema o riferito al singolo elemento. L’intervento e
i suoi effetti hanno quindi ripercussioni che non sono necessariamente di causa-effetto poiché si inseriscono
in un contesto che ha una propria dinamicità e processualità, e coinvolgono elementi del sistema non
direttamente implicati nell’azione stessa.
Ogni elemento del sistema subisce dei cambiamenti e questo ha delle ripercussioni sul sistema inteso nella
sua totalità. Per questo bisogna quindi distinguere il cambiamento che ha implicazioni e rilevanza per il
sistema nel suo complesso, dal cambiamento che avviene dentro specifici elementi, ed inoltre è importante
distinguere il cambiamento di primo ordine, la naturale progressione del sistema come dinamismo intrinseco,
da quello di secondo ordine che intacca lo status quo.
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Mettere in atto interventi di cambiamento significa attivare processi e azioni volti a modificare le
infrastrutture all’interno di una comunità per raggiungere un risultato desiderato.

Considerando la Partecipazione come Processo Psicosociale, essa può essere vista come un processo di
sviluppo che porta ad un bene comune, ed essendo alla base della democrazia deve essere appresa, come già
Lewin aveva evidenziato.

La partecipazione è un concetto complesso e si presenta come un fenomeno multilivello che coinvolge


aspetti individuali, sociali e collettivi, e che può produrre effetti particolari sia sui singoli che sulla
collettività, sia in termini positivi, sviluppando quindi conoscenza, competenze e advocacy, sia con
problematicità.

Alcuni elementi da considerare della partecipazione sono:

- importanza di sviluppare la partecipazione dei soggetti non ancora coinvolti;

- saper contrattare i propri punti di vista giungendo a decisioni comuni;

- sviluppare un buon lavoro di gruppo, integrando e negoziando le differenze.

Come ben chiarisce un documento dell’OMS del 2006, sebbene i processi partecipativi costituiscono la base
dell’empowerment, la partecipazione da sola è insufficiente se non si costruiscono strategie per sviluppare la
capacità delle organizzazioni della comunità nella presa di decisioni e nell’advocacy.

Come esempio pratico si può analizzare il Modello di Analisi Ecologico-Sistemica di Peirson , il quale
consiste in una serie di fasi:

1. Identificazione del Sistema e del Problema: dato che i problemi sociali sono fenomeni complessi e la loro
origine è il risultato di un insieme di fattori diversi, la loro stessa definizione non è un aspetto semplice. Tra
gli obiettivi della partecipazione c’è quello di accogliere le diverse istanze di cambiamento e giungere,
attraverso la negoziazione, a una comprensione condivisa delle situazione problematiche e agli interventi da
attuare (ad es. Action-Research teorizzata da Lewin);

2. Individuazione della Posizione del Problema all'Interno del Sistema: valutare quanto esso è radicato nella
storia e nel tessuto del sistema e delineare confini dell’intervento specificando gli obiettivi e coinvolgendo le
persone;

3. Direzione dell'Intervento per Attuare il Processo di Cambiamento: la direzione può quindi giungere
dall'esterno, come una nuova legislazione, o essere intrinseco al sistema stesso, come una nuova leadership.

Il cambiamento inoltre può essere: - Reattivo (creazione di una rottura con l'ordine preesistente);

- Proattivo (evoluzione della situazione precedente).


Il modello di Peirson individua inoltre tre Fasi del Processo Ecologico di Cambiamento, ciascuna
caratterizzata dalla ciclicità tra risorse, adattamento e interdipendenza:

- Successione del Contesto: si riferisce al fatto che la situazione presente è conseguenza anche di quanto è
accaduto nel passato, quindi è influenzata dalla storia;

- Successione del Cambiamento: considera le dinamiche evolutive di un sistema. Sono previsti processi
costanti di osservazione e monitoraggio in modo da evitare eventuali ostacoli;

- Successione del Futuro: riguarda sia le potenziali ripercussioni dell’intervento al termine del processo che
l’anticipazione di eventuali nuovi cambiamenti del sistema.

Il modello illustra infine la presenza di una Ciclicità tra Elementi:


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- Risorse: le quali possono essere di varia natura. È importante che prima di ogni processo di cambiamento
vengano identificate quantitativamente e qualitativamente, così come si presenta la loro organizzazione. E’
importante anche individuare le risorse mancanti e quelle nascoste, in modo da rendere quest'ultime palesi;
- Principio dell'Adattamento: comporta l’esame delle risposte del sistema e dei suoi elementi al
cambiamento. Conoscere i modelli di coping e gli stili comportamentali può produrre una profonda
comprensione del potenziale adattivo del sistema, e questa conoscenza può essere utilizzata per sviluppare
strategie proattive per superare la resistenza potenziale al cambiamento;

- Interdipendenza: un cambiamento sistemico può avere come obiettivo un mutamento relativo alla
interdipendenza tra gli elementi del sistema e può avere origine anche da effetti indiretti di cambiamento.

Dato che l’alterazione su una componente impatta sulle altre, nel caso in cui si dovesse configurare un
mutamento nell’interdipendenza si rende necessario ridisegnare l’organizzazione del sistema stesso. È
importante prevedere le ripercussioni che queste alterazioni potrebbero produrre e assicurare l’integrità del
sistema nel suo insieme.
Gli studi sulla salute, che dimostrano la multifattorialità di queste dimensioni, richiamando la necessità di
considerare l’articolazione tra aspetti soggettivi e oggettivi e l’interdipendenza tra i processi.
Nella complessità che si riscontra nel collegare la teoria alla pratica, l’Action Research offre una proposta
metodologica che si concretizza in un processo circolare e continuo tra ricerca, azione e valutazione.
Dall'Approccio Evidence-Based a una Valutazione Integrata: Proposta e Sintesi Conclusiva
Fondamentale, considerando le tematiche che riguardano il tema salute/malattia, è ricordare la Medicina
Evidence-Based (EBM), nata in seguito ad una proposta di Sackett relativa all'integrare l’evidenza clinica
con la competenza clinica, la cui caratteristica principale ridurre la discrezionalità del medico indirizzando le
sue decisioni. Sicuramente tale approccio ha, oltre al parere favorevole degli epidemiologi, una rilevanza
positiva nella pratica clinica, in quanto fornisce basi scientifiche più solide, e permette di confermare, o
meno, alcune delle prassi cliniche.

I Limiti sono però individuabili nel suo essere basato su dati probabilistici, nella sua impossibilità a
sostituirsi al fondamentale rapporto medico-paziente e all'impossibilità di valutare le variabilità individuali e
le reazioni soggettive. Come sostenuto da Plank infatti ciò che può essere misurato è reale ma non è detto
che on lo sia ciò che non può essere misurato.
Questo porta a rilevare che la critica che viene effettuata è diretta all’applicazione riduttiva dell’approccio, e
in sua risposta si sta diffondendo un Approccio Focalizzato sul Paziente Considerato Soggetto Attivo nel/del
Processo di Cura, in cui prende corpo la necessità di rilevare anche la sua soddisfazione, la qualità della vita
e altre dimensioni che lo riguardano. E’ stato inoltre dimostrato come un approccio centrato maggiormente
sul paziente possa recare dei benefici ai diversi attori coinvolti.
La necessità di integrare un’analisi evidence-based con una valutazione dell’esperienza soggettiva si fa più
cogente in alcuni ambiti della sanità (ad es. umanizzazione della medicina con il ricorso alla psicoterapia e
alla meditazione) e vari studi di ricerca stanno cercando di indagare i benefici che le tecniche allopatiche
possono avere sulla salute in modo da incrementare la conoscenza sull’uomo.
Per comprendere se queste pratiche sono efficaci bisogna strutturare delle Analisi Ecologico-Sistemiche, che
siano in grado di contestualizzare gli interventi, dato che i programmi sociali possono non essere altamente
riproducibili ed efficaci, come evidenziato da Lombi .
La proposta è quindi quella di sviluppare una valutazione integrata che sia in grado di monitorare la relazione
individuo/contesto.
Pawson, Wong e Owen ritengono inoltre che l’obiettivo della valutazione non è sapere se il programma ha
funzionato, ma sapere cosa ha funzionato, contemplando anche le opinioni dei cittadini. Si tratta quindi di
definire e applicare un sistema di valutazione che includa l’analisi del benessere e della qualità della vita
percepiti, a livello individuale e a livello sociale, considerando la
specificità dei contesti e delle situazioni e analizzando sia i dati oggettivi che quelli prettamente soggettivi.
Anche Bertini asserisce che nell’ambito della salute la pluralità dei metodi è il percorso più valido, ed in
questo senso la prospettiva ecologica, la quale riconosce che i soggetti sono allocati all’interno di un vasto
contesto sociale e che il gruppo è in grado di essere un efficace strumento di cambiamento poiché ogni
cambiamento è anche un cambiamento valoriale (Lewin), sembra l'approccio più rilevante.
Anche il concetto di Qualità della Vita, a seconda degli ambiti disciplinari e dei riferimenti epistemologici,
assume delle sfumature differenti oppure viene assimilato ad altri termini. Sicuramente esso però non
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sinonimo di felicità o benessere.
Nell’ambito della salute sono centinaia gli studi che descrivono la qualità della vita di soggetti portatori di
una qualche patologia, con l’obiettivo di rilevare sia in che misura la malattia incida sul normale decorso del
quotidiano e interferisca sull’autonomia delle persone, sia il modo in cui il soggetto si è adattato ad essa. E'
inoltre necessario valutare quanto gli interventi sanitari concorrano allo sviluppo della qualità della vita,
considerazione che deriva dalla prospettiva che critica il modello meccanicistico in medicina e ritiene
fondamentale occuparsi anche degli aspetti psicologici e relazionali del soggetto.
La qualità della vita riferita alla salute è definita tecnicamente Health-Related Quality of Life (HRQoL) ed è
il risultato delle relazioni tra diverse determinanti.
I Piani che Concorrono alla Determinazione della Qualità della Vita sono:

- Ambiente: comprende ciclo della vita, prosperità economica, assistenza sanitaria, ambiente sociale e fisico
e cultura;

- QoL Related: comprende manifestazioni e sintomi, status funzionale, percezione della salute e opportunità
della salute;

- Individuo: comprende genetica e biologia, personalità e motivazioni, valori e preferenze e percezioni della
salute.

Secondo Patrick , quando una persona è ammalata i concetti di HRQoL e di QoL possano diventare sinonimi
poiché lo spazio di vita del soggetto è condizionato dalla malattia che permea la sua esistenza.
In alcuni paesi la valutazione della qualità della vita è entrata a fare parte delle misure politiche. Agli inizi
degli anni ’90, l’OMS ha istituito un gruppo di lavoro per fare chiarezza e pervenire a una definizione di
qualità della vita volta a integrare gli aspetti soggettivi con quelli ambientali e per giungere ad uno strumento
di misura che permettesse un confronto tra culture diverse.
Secondo l’OMS la qualità della vita è la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione
nella vita, nel contesto di una cultura e di un sistema di valori nei quali è inserito, anche in relazione ai propri
obiettivi, aspettative e preoccupazioni. E’ un concetto che integra in maniera complessa la salute fisica della
persona, il suo stato psicologico, il suo livello di indipendenza, le sue credenze personali, le sue relazioni
sociali, così come la sua relazione con gli elementi essenziali del suo ambiente.
Lo strumento che permette la sua misurazione è il WHOQOL-100, costituito da 25 sezioni, composte
ciascuna da 4 item, per un totale di 100. Contempla molti aspetti che riguardano la vita delle persone. Per il
difficile utilizzo nella pratica clinica, è stata messa a punto una versione breve ed entrambe le versioni hanno
dimostrato buone proprietà psicometriche.
Una caratteristica dello strumento è di studiare il benessere della popolazione e non la QoL di categorie di
persone sanitarizzate, ed inoltre di prestarsi a esaminare differenze o similarità tra popolazioni o categorie
differenti.

Sirgy ha proposto una sistematizzazione delle Principali Prospettive Teoriche della Qualità della Vita:

1. Sviluppo Socio-Economico: si fonda sull’idea che lo sviluppo economico sia alla base dello sviluppo
sociale. Gli indicatori riferiti alla qualità della vita sono in questo caso il PIL, il reddito familiare e i tassi di
disoccupazione. Questo concetto non può certo catturare l’intero ambito della qualità della vita, ma può
aiutare a definire e ad articolare gli indicatori di benessere economico;

2. Utilità Personale: una comunità, intesa come area geografica, che presenti alti livelli di qualità della vita è
una comunità i cui membri valutano positivamente le loro condizioni esistenziali, le condizioni di comunità, i
servizi e le istituzioni, pubblici e privati. Questo concetto si riferisce alla percezione diquanto i servizi e le
opportunità presenti nella comunità siano utili alla collettività. Si tratta allora della percezione della qualità
della vita riferita alla comunità, quindi sia soggettiva che oggettiva;

3. Concetto di Giustizia Sociale: si può ritenere che una società può essere considerata giusta quando esiste
uguaglianza nell’assegnazione dei diritti e dei doveri, e quando le ineguaglianze sono giustificate perché
vanno a vantaggio dei membri meno avvantaggiati;

4. Concetto di Sviluppo Umano: la promessa sottesa al concetto di soddisfazione dei bisogni umani è l’idea
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secondo cui una comunità caratterizzata da un’alta QoL gioca un ruolo significativo proprio nella
soddisfazione dei bisogni evolutivi delle persone;

5. Concetto di Sostenibilità: la World Commission on Environmente and Development definisce sostenibilità


lo sforzo di appagare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità di soddisfare i bisogni delle
generazioni che verranno. Sirgy individua due principali filoni considerando la loro interrelazione, con da un
lato il benessere ambientale e dall’altro quello riferito alla sostenibilità umana e a quella ambientale. In altri
termini lo sviluppo sostenibile è una combinazione di benessere umano e ambientale;

6. Capabilities e Funzionamento: basato sul pensiero della Sen che si ispira ad alcuni fondamenti teorici di
base tra cui la focalizzazione sui fini umani e sull’importanza di rispettare le abilità e le competenze delle
persone per perseguire e realizzare gli scopi considerati di valore, il rifiuto del modello economico di un
uomo che agisce per massimizzare il proprio self-interest e un’enfasi sulle complementarietà tra le diverse
capabilities della stessa persona e sulla loro dipendenza dalle caratteristiche degli altri e dall’ambiente in cui
le persone vivono. Un ultimo aspetto riguarda il ruolo giocato dalle considerazioni morali, dai principi etici e
dal senso di giustizia, sia di assicurare opportunità eque per tutti.
In sintesi, da un punto di vista applicativo, la rilevazione della qualità della vita è utile per riorientare le
attività svolte dall’ente pubblico, dando così alla persona un ruolo rilevante e considerando essenziale tener
conto anche della sua esperienza e della sua valutazione. Si auspica quindi che la rientri a far parte degli
obiettivi delle politiche.

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Cap 2. Sguardi in movimento: ripensare Zingonia nelle narrazioni dei bambini senegalesi

A partire dagli anni 80 un lungo e inarrestabile conflitto tra le forze separatiste e l’esercito ha insanguinato
periodicamente la regione meridionale del Paese, la Casamance.
Nel 1992 le iniziative armate dei separatisti della Casamance sono riprese con forza e sono proseguite nel
corso degli anni, nonostante gli accordi del 2000-2001. Nel dicembre 2004 il governo e i separatisti della
Casamance hanno firmato un nuovo accordo di pace.
Malgrado la situazione tuttora incerta in Casamance, il Senegal rimane una delle più stabili democrazie
africane.
Il Paese ha assistito, negli anni più recenti, a una buona crescita economica: l’economia senegalese presenta
un tasso annuo medio di crescita attorno al 5%. Grazie a numerose riforme strutturali, che hanno avuto
pesanti costi sociali, i conti statali sono finalmente a posto, con un aumento delle entrate tributarie del 138%
negli ultimi 5 anni e un’inflazione a livelli contenuti.
Il Senegal è uno degli stati più sviluppati della regione dell’Africa francofona, con buone infrastrutture e una
base industriale relativamente diversificata. Il settore dei servizi (commercio; telecomunicazioni, teleservizi e
Internet; edilizia; turismo; amministrazione) contribuisce alla maggior parte della produzione del PIL . La
produzione agricola, pur essendo il settore primario del paese, rimane fortemente influenzata alle variazioni
climatiche.
Le buone performances dell’economia negli ultimi anni non hanno tuttavia avuto effetti significativi sulle
condizioni di vita della popolazione: più della metà dei Senegalesi vive ancora sotto la soglia di povertà , la
disoccupazione è alta, l’accesso ai servizi rimane problematico, la disparità del livello di vita tra le
popolazione rurali e quelle urbane è elevata. Il tasso di alfabetizzazione rimane al di sotto del 40%, con una
forte discrepanza tra il dato riguardante i maschi e le femmine (50% contro 30%). Nonostante la lotta all’Hiv
non sia una delle priorità statali (solo lo 0,9% della popolazione ne è affetto) l’epidemia di colera del 2004
mostra come anche a livello sanitario occorrano sensibili miglioramenti. Il Senegal rimane uno dei 20 paesi
peggiori del mondo secondo l’indice di sviluppo umano. Queste condizioni alimentano il sempre più esteso
fenomeno della migrazione, anche clandestina, di giovani senegalesi verso l’Europa e l’America.
La cooperazione italiana, la cooperazione decentrata e numerose ONG italiane sono da tempo attive nel
Paese, implementando iniziative nei settori del rafforzamento dello stato senegalese, della riduzione della
povertà, del sostegno al processo di decentramento, della promozione della sicurezza alimentare e del
sostegno agricolo, del sostegno all’infanzia e all’educazione, assistenza ai minori, della formazione
professionale, del sostegno all’imprenditoria e all’artigianato, della promozione della microfinanza, della
promozione della pesca e della tutela ambientale, del sostegno
sanitario, del supporto al settore del turismo responsabile, della promozione dei diritti umani.
Il flusso migratorio di giovani senegalesi verso l’Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori e
soprattutto di un’occupazione stabile interessa da tempo anche l’Italia.I dati riferiscono che i migranti
senegalesi soggiornanti in Italia sono oltre 65.000.
Quella senegalese rappresenta la diciottesima comunità di migranti più numerosa d’Italia e la nazionalità più
numerosa di migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana.
Naturalmente queste cifre sono inferiori al numero reale dei cittadini di nazionalità senegalese presenti sul
nostro territorio: la comunità dei migranti senegalesi presenta infatti un alto tasso di irregolarità.
Tradizionalmente il flusso migratorio senegalese in Italia ha coinvolto prevalentemente uomini, mentre
l’arrivo delle donne e quello dei ricongiungimenti familiari appare un fenomeno assai più recente.
I senegalesi presenti in Italia provengono da quasi tutte le regioni del paese ed in particolare dal Baol
(Djourbel e Touba), dalla regione di Dakar, dalla regione di Louga, di Thiès e dalla regione di Matam.
L’inserimento lavorativo dei senegalesi presenti nel nostro territorio è avvenuto generalmente nel lavoro
dipendente presso piccole e medie imprese del settore industriale e metalmeccanico, oppure nei servizi e in
misura minore nel commercio. Negli ultimi anni, così come presso altre comunità di migranti, anche tra i
Senegalesi residenti in Italia si è registrata molto forte la propensione all’autoimpiego e alla creazione di
impresa, soprattutto nei settori del commercio, della ristorazione e manifatturiero.
Il tessuto associativo dei migranti senegalesi in Italia si distingue per numerosità, dinamicità ed elevata
capacità di gestione di relazioni esterne, sia con il contesto locale di destinazione, sia con il contesto di
provenienza.
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Nel panorama delle associazioni dei cittadini senegalesi in Italia coesistono sia organizzazioni che realizzano
attività prevalentemente rivolte al contesto di approdo (assistenza per i membri espatriati), sia quelle che
promuovono iniziative di tipo sociale ed economico finalizzate al miglioramento del proprio territorio
d’origine, gestendo piccoli interventi di tipo socio-sanitario e infrastrutturale, realizzati grazie a raccolte
fondi tra gli iscritti ma anche attraverso l’intervento finanziario di soggetti pubblici e privati italiani.La
psicologia della salute si è prevalentemente caratterizzata per una prospettiva individualista e
sociocognitivista che ne ha delimitato i confini e i campi di applicazione. Ciò ha finito per renderla meno
sensibile sia ai determinanti socio-politici, economici e culturali e alle ineguaglianze, sia ai cambiamenti e
alle spinte innovative che caratterizzano l‟esordio del nuovo secolo. Occorre dotarsi di nuove prospettive
epistemologiche e metodologiche per „riterritorializzare‟ la psicologia della salute, abbandonando o
rivisitando gli orientamenti mainstream. In questo articolo propongo la metafora della „transurbanza‟ per
suggerire l‟urgenza di una diversa attenzione ai bisogni e alle tensioni nel paesaggio urbano contemporaneo,
che lo rendono inaccessibile agli approcci tradizionali. Attraversare i distretti delle città postmoderne,
significa entrare in contatto con una umanità nomade, che rivendica in modi incerti e contraddittori nuovi
contenuti di cittadinanza. Con questa umanità, anche la psicologia della salute potrebbe rintracciare il proprio
posizionamento e le proprie strategie di ricerca-intervento.Una psicologia della salute orientata al
cambiamento riconosce la propria prospettiva metodologica a partire dalla ricerca qualitativa. Benché questa
non sia di per sé stessa orientata alla trasformazione sociale, possiede tuttavia caratteristiche che portano a
privilegiarla rispetto alla ricerca quantitativa in una prospettiva di azione sociale di cambiamento, per una
serie di importanti ragioni:

 è in grado di osservare e registrare processi di trasformazione sociale, fornendone una descrizione


più appropriata, dettagliata e sensibile ai contesti, in quanto consente di porsi dal punto di vista di chi
è soggetto di tali trasformazioni e di esaminarne le conseguenze in termini fenomenologici ed
esperienziali;

-può assumere esplicitamente una prospettiva di trasformazione dei propri oggetti di ricerca e può prevedere
approcci in cui il ricercatore può essere coinvolto direttamente in processi di trasformazione sociale (ad
esempio, nella ricerca azione o nella ricerca-intervento) più di quanto non sia possibile nella ricerca
quantitativa o di laboratorio;

-comporta un riposizionamento dei soggetti di ricerca come partecipanti, portatori di un punto di vista, capaci
di contribuire alla ricerca-intervento dando ad essa un significato e di agire in essa in modo consapevole.
Queste possibilità, tuttavia, non sono semplicisticamente attribuibili alla tecnica o all‟approccio
metodologico per se. Se l‟uso di metodologie qualitative facilita il raggiungimento di obiettivi di
trasformazione, il carattere della ricerca dipende sempre, in ultima istanza, dagli interessi legati alla ricerca
stessa. La prospettiva di promozione del cambiamento richiede di oltrepassare un interesse per la produzione
di conoscenza nomologica. Per queste ragioni siritiene che la qualità della ricerca riguardi il modo in cui il
ricercatore non solo osserva, ma partecipa a processi di trasformazione sociale, pomuove giustizia sociale per
i partecipanti alla riceca e condivide con loro i risultati. La qualità delle ricerca –sostiene Flick– non non è
solo un ―problema di metodo‖, ma è anche un ―problema morale‖ e una questione di ownership (co-
titolatità) della ricerca . Da questo punto di vista, anche la psicologia della salute „mainstream‟ si
caratterizza per l‟esclusione dal proprio sguardo delle grandi tematiche sociali, come ad es. la fame nel
mondo, lo sfruttamento, il „disordine‟ del genere (gender). Centrandosi sul modello bio-psico-sociale, essa
non riesce a prendere le giuste distanze dal modello medico, ma ne accetta e legittima le logiche di potere.
Così nella prospettiva critica si procede a „decostruire‟ alcuni dei luoghi centrali della tradizione
mainstream, come il concetto di stress, coping, compliance, planned behavior, reasoned action, e così via,
trattati come artefatti „metastorici‟ della costruzione sociale della salute. Ma questo atteggiamento
„decostruzionista‟, se vuole disvelare gli apparati ideologici impliciti a cui sono ancorate le psicologie
mainstream, vuole contemporaneamente proporre alla psicologia una prospettiva che la leghi a pratiche
politiche di liberazione, aprendo una più ampia „agenda‟ in cui il cambiamento sociale sia messo all‟ordine
del giorno .Non si può intraprendere il nostro cammino alla ricerca del riposizionamento della salute nella
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città postmoderna senza dare a queste parole una pregnanza profetica. Esse comportano una rivisitazione
delle competenze con cui sono contrassegnati i confini, i margini, i distretti della nuova geografia urbana alle
prese con i processi di salute e di cura e forse esse ci consentono di sperimentare nuove prossimità di sguardi
entro cui le prospettive di cura (psicologiche, mediche, educative) possono provare a intrecciarsi in modo
nuovo. Sollecitate dal cambiamento sociale e culturale degli ultimi decenni, nelle scienze umane è in corso
un movimento che mette in dubbio che le competenze che si confrontano con i problemi possano essere
assunte nelle loro validità indipendentemente dai contesti, dalle relazioni e soprattutto dai valori. C‟è,
insomma, una crescente attenzione all‟impossibilità di separare l‟intervento psico-sociale dallo spessore
etico. Ed è sempre più evidente la necessità di riconoscere al di sotto delle diverse tipologie di intervento le
opzioni etiche che lo muovono. Uno spazio di riflessione si apre così sulla relazione tra pratiche di aiuto e di
intervento e lo spazio etico, sociale e politico della cura nel mondo contemporaneo. Anche la psicologia della
salute deve prendere coscienza di doversi mettere in cammino, di avviare la propria „transurbanza‟ nella
città postmoderna, per riscoprire un senso e una pratica di riposizionamento. Occorre riportare la questione
della salute lungo alcuni dei confini più complessi del nuovo millennio, quello della società della cura, delle
differenze di genere, dell‟ospedale e del carcere, delle nuove tecnologie, delle grandi migrazioni,
dell‟emancipazione dei popoli e così via. Ci si deve muovere lungo i confini, insomma, segnati da nuovi
gemiti e sussulti che si avvertono, talora in lontananza, talora in esplosioni improvvise e perturbanti, nel
nuovo paesaggio urbano, suburra postmoderna in cui vivono, giustapposte, infinite ricchezze e sterminate
povertà. Lo studio presentato si propone di ridare voce alla complessità del contesto urbano di Zingonia
(Bg), una realtà creativa e mobile che, tuttavia, è descritta nelle rappresentazioni „istituzionali‟ dei mass-
media come patologica, luogo degradato di esclusione e di divisioni tra gruppi sociali.
La ricerca è volta al raggiungimento di due obiettivi principali: indagare le modalità di
percezione/rappresentazione di questo spazio urbano da parte dei bambini senegalesi, ponendo così
attenzione alle strategie con le quali essi (ri)-abitano Zingonia; sovvertire l‟idea essenzializzante e uni-vocale
di „luogo‟ come oggettivamente dato e, nel caso considerato, di Zingonia come luogo associato
esclusivamente ad una visione negativa e patologica, facendo emergere, piuttosto, la capacità dei bambini di
„fare propri degli spazi‟, di istaurarci delle relazioni significative, di attribuirvi significati altri sulle „vie di
salute‟. Lo studio si è avvalso di due „pratiche‟, assunte come metodi in grado di legittimare uno „sguardo
plurale‟: il camminare (dérive e walkscapes) come atto primario di trasformazione dello spazio e di
creazione del luogo e le mappe partecipative come strumento attraverso cui „dare‟ forma visiva alla
pluralità di walkscapes (participatory mapscapes).
Lo studio è stato condotto da 8 bambine e bambini senegalesi (Kadi di 10 anni, Mouhamed di 7 anni, Aziz di
10 anni, Nogayedi 10 anni, Nabou di 7 anni, Mouhamed Fallu di 7 anni, Ndiagau di 8 anni, Famara di 10
anni) che hanno accompagnato Ilaria (la ricercatrice) nell‟esplorazione condivisa dello spazio urbano di
Zingonia. Dopo aver raccolto nei primi incontri le informazioni sulle storie di vita dei bambini e sui luoghi
che sono soliti frequentare, Ilaria ha chiesto loro di accompagnarla in tre „giri‟ per Zingonia. Dagli estratti
delle narrazioni fatte durante le camminate e nei commenti successivi, emerge la rivisitazione, in chiave
positiva, di tematiche quali i rapporti interpersonali o il luoghi normalmente identificati come pericolosi. I
bambini e le bambine hanno potuto ribaltare e ri-funzionalizzare, grazie alle dinamiche che loro conoscono
meglio, quali il gioco e la facilità nel rapportarsi con gli altri, la visione che i più hanno di Zingonia come
luogo disadattato e socialmente inaridito. La città del bambino è fatta di persone e luoghi vissuti, fatta dalla
propria scuola e della propria casa, dai nonni o dagli amici del cuore; spazi e angoli che via via diventano
luoghi di esperienze vissute, percorsi noti che evocano fatti, persone, immagini, ricordi piccoli e grandi,
piacevoli e tristi .

Mappe partecipative. La carta di Zingonia, realizzata dai bambini senegalesi che hanno partecipato alla
ricerca, è stata redatta in forma manoscritta ed ha implicato due momenti significativi, che hanno avuto
luogo contemporaneamente: la narrazione e il disegno. Più precisamente è stato fornito ai bambini un foglio
e gli è stato chiesto di immaginare che fosse Zingonia e quindi di disegnare i luoghi più importanti che sono
soliti frequentare. Accompagnare la narrazione al disegno ha però aiutato a generare un discorso pluri-vocale
sulla carta, attraverso cui i significati attribuiti alle icone iscritte sulla mappa vengono costruiti, decostruiti e
ricostruiti per arrivare alla condivisione di una narrazione comune, in grado di far emergere il
concatenamento tra le icone stesse.
Assumendo la carta come „campo semiotico‟ , essa diviene ―un mezzo comunicativo in grado di incidere
attivamente sull‘appropriazione intellettuale del territorio, prescrivendo le direttrici di significato su cui
s‘incentra la comunicazioneed esprimendo così dei significati inediti. Una volta terminata la carta, infatti, è
stato chiesto ai bambini di raggruppare, in insiemi immaginari, i luoghi disegnati. I raggruppamenti
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corrispondevano spesso ai vari tracciati effettuati camminando nella prima fase della ricerca e le narrazioni
dei Walkscapes sono state messe in relazione, conseguentemente con un esercizio di intertestualità , con le
narrazioni che hanno accompagnato la redazione della mappa partecipativa.

Le narrazioni dei bambini sono state infine messe a confronto con la rappresentazione del luogo fatto nei
mass media. Tanta è la produzione giornalistica che, nel corso degli anni, si è interessata di Zingonia, sia a
livello locale che nazionale. Zingonia è stata oggetto di disquisizioni all‟interno del programma Matrix,
condotto allora da un importante anchor man, Enrico Mentana, „Matrix‟. L‟accento del reportage era
incentrato soprattutto sulla visione drammatica di come si vivono gli spazi in una città a quasi esclusivo
consumo degli extracomunitari e di una supposta marginalizzazione dei. Le interviste giornalistiche sono
state somministrate soprattutto a senegalesi, in particolare a quelli della „comunità senegalese bergamasca‟
che, con i suoi 2000 affiliati, tutti regolari, è la comunità più grande d‟Italia. Analoghi termini sono stati
rilevati in importanti quotidiani Nazionali, come il Corriere della Sera.

La tabula comparativa che si riporta sotto permette di confrontare la narrazione dei bambini senegalesi e
quella prevalente nei mass media. La ricerca ha consentito di far emergere le geografie nascoste che animano
Zingonia, mostrandoci questo luogo oltre la patologizzazione mass-mediatica attraverso lo „sguardo in
movimento‟ dei bimbi senegalesi, che riabitano gli spazi del degrado. Tali risultati rendono evidente la
necessità di una progettazione urbana partecipativa fatta a partire/con le persone: non sulla base dei bisogni
presupposti dai „tecnici della città‟, ma sulle esigenze dei cittadini. La pluri-vocalità che emerge dalle
narrazioni dei bambini, acquisisce importanza nel momento in cui, questa restituisce significato ai luoghi che
i ragazzi abitano, ponendo uno sguardo differente su quelli che l‟architetto definisce „spazi che vanno
demoliti e sostituiti‟, e che necessitano di essere riletti come luoghi investiti di significato, di vissuti, di
fantasie e di emozioni. Ciò che emerge anche dalla tabula comparativa, nella colonna delle narrazioni
mediatiche, è che esse si riferiscono solo alle „quattro torri‟, mentre tutti gli altri luoghi non vengono tenuti
in considerazione, non esistono e ciò sembra suggerirci che tali narrazioni, ponendo particolare attenzione ai
contesti che apportano maggiori problematiche, contribuiscono ad imbastire quelle che potremmo definire
„geografie dell‟esclusione‟, che interessano, innanzitutto, i luoghi, ma con essi la dimensione dell'abitar-li e
che si basano, spesso, sulla patologizzazione dell'altro e, in questo caso, dei suoi luoghi.
Attraverso l‟utilizzo di due pratiche (walkscapes e participatory mapscapes) è stato invece possibile
intravedere nuove e possibili „vie di salute‟. Si è imparato a vedere i luoghi di Zingonia attraverso „sguardi
altri e inediti‟, che chiedono di essere tenuti in considerazione. Da lì si deve ripartire a progettare,
esattamente dal rapporto intimo e dall‟investimento emotivo dei bambini su questo luogo, soprattutto in vista
di nuovi interventi che intendano „riqualificare‟ il contesto di Zingonia.

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Cap3. Il progetto l'importante è partecipare

Tra i meandri delle città, la salute e la partecipazione possono trovare un spazio di interazione volto a
favorire l‟avvicendarsi di sempre nuove trasformazioni nella realtà circostante e la valorizzazione delle
competenze e delle risorse possedute dagli individui che abitano ed esperiscono il contesto urbano. La
connessione tra i due elementi, può essere favorita e sostenuta, tra le altre cose, da un importante mediatore
psico-sociale che Campbell e Murray riconoscono nella coscientisation , ovvero in quel processo di presa di
coscienza critica che si verifica quando le persone divengono consapevoli delle caratteristiche peculiari
dell‟ambiente che li circonda e delle capacità che possiedono di trasformarlo attraverso l‟azione . Ciò
permette agli individui di mettere in gioco le proprie abilità nella risoluzione creativa dei problemi, liberando
risorse dormienti e utilizzando le proprie idee in ambiti di intervento sempre nuovi.
In questa cornice di riferimento, si colloca il Progetto L‘importante è partecipare, pensato per la città di
Piombino e sostenuto formalmente dagli Assessorati alla Pubblica Istruzione e alle Politiche Giovanili,
nonché dagli Uffici Giovani/Servizio Civile e Relazioni con il Pubblico del suddetto Comune.
Obiettivo generale del Progetto è la promozione di un percorso di partecipazione rivolto, in particolare, al
gruppo di 11 giovani volontari impegnati nel Servizio Civile Regionale (SCR) del Comune e orientato ad
offrire possibilità di pensiero, riflessione ed azione su tematiche di salute da loro stessi identificate nel
contesto urbano. Quest‟ultime, individuate sulla base di un processo preliminare di rilevazione di fatti,
rappresentano il punto di partenza per l‟avvio di un‟azione collettiva trasformativa Sebbene al gruppo dei
giovani del SCR sia stato riconosciuto fin dall‟inizio il ruolo di co-progettisti e autori centrali del percorso, il
progetto ha mirato al coinvolgimento di tutti gli stakeholder presenti sul territorio (leader locali e politici,
cittadini, membri delle diverse comunità, associazioni, cooperative, imprese, istituzioni pubbliche e private,
ecc.) e potenzialmente interessati ai temi di volta, in volta emergenti.
L‟attenzione costante ai processi inclusivi ha permesso di rendere il processo attivato scevro da soluzioni
precostituite e imposte dall‟alto, di sostenere i partecipanti nell‟esplorazione e nel riconoscimento delle
capacità a loro disposizione e nella sperimentazione di un iter orientato alla democratizzazione della
costruzione del sapere.

Il Progetto, inserito nella cornice teorica della ricerca-azione, ha preso avvio da una fase di contrattazione
che ha avuto la finalità di condividere e rivederne gli aspetti chiave insieme ai giovani del SCR e ai Referenti
dell‟Amministrazione Comunale formalizzandone l‟inizio. A seguire, gli 11 volontari hanno partecipato ad
incontri in piccolo gruppo orientati al miglioramento della loro conoscenza reciproca e all‟attivazione di
pratiche riflessive volte ad esplorare ed approfondire il loro posizionamento rispetto alle tematiche della
salute e della partecipazione. Ciò ha permesso di rivedere le proprie rappresentazioni, idee e opinioni
connettendole con quelli degli altri componenti del gruppo ed attribuendo ad esse nuovi significati. Sempre
in questa fase sono state realizzate attività sul territorio. Tra queste, una „deriva‟ in città ha permesso
l‟andare a vedere personalmente, e insieme ad altri, i luoghi dando valore alle situazioni contingenti,
enfatizzando i diversi tipi di conoscenza iconico-relazionale, ed ascoltando attivamente gli spazi attraversati
risignificandoli.

Essendo la, dérive‟ una pratica condivisa con altre persone, si caratterizza per un elevato grado di
intersoggettività. Le conoscenze prodotte attraverso il camminare sono il risultato dell‟interazione e della
cooperazione tra i membri del gruppo che nell‟attraversare i contesti mettono in gioco le proprie peculiarità e
storie. La transazione tra gli attori permette di costruire e ricostruire i problemi e le teorie rispetto ai luoghi
della città in nuove configurazioni che siano in grado di influenzare e mettere in discussione i quadri
interpretativi fino ad allora applicati.
Nel progetto, la camminata ha avuto una funzione fondamentale per l‟individuazione di tre tematiche di
salute da parte dei giovani servizio civilisti:
decoro urbano e riqualificazione ambientale; valorizzazione del territorio e strategie occupazionali;
integrazione e promozione delle reti e del sostegno sociale nella comunità. Per cercare di capire se tali aree
risultassero importanti anche per i cittadini, nell‟ambito di una manifestazione pubblica e attraverso il web, è
stato diffuso un questionario mirato ad esplorare le opinioni delle persone rispetto alle caratteristiche che
Piombino dovrebbe avere affinché possa essere considerata una città della salute, ovvero una città che
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promuove il benessere delle persone che la abitano e la esperiscono quotidianamente. Da un‟analisi
preliminare dei dati raccolti, i temi identificati dal gruppo dei giovani risultano essere fondamentali anche
per i rispondenti al questionario. A seguito di questa fase di outreach , il progetto ha previsto la realizzazione
di uno spazio di riflessione e progettazione aperto alla popolazione generale e agli altri portatori di interesse
individuati a seguito di un‟analisi sistematica delle diverse figure presenti sul territorio, funzionale al
confronto tra prospettive e visioni differenti al fine di proporre azioni e strategie da implementare nel futuro.
Quest‟ultima fase, ancora in corso, assumerà la forma di un Laboratorio progettato prendendo spunto da
metodologie già rodate, quali ad esempio i Laboratori del Futuro le Search Conference e l‟European
Awareness Scenario Workshop .Il Laboratorio, della durata di una giornata, sarà strutturato in modo tale da
poter sostenere i partecipanti nello sviluppo congiunto di piani di azione strategici per ognuna delle tre aree
di salute sopra elencate. Tutto ciò potrà avvenire grazie alla realizzazione di attività volte a stimolare la
creazione di uno sguardo di gruppo sul futuro auspicato a partire da un approfondimento degli aspetti
attualmente caratterizzanti il contesto urbano . Le diverse proposte progettuali dovranno includere le
aspettative, i desideri e la creatività di tutti gli individui presenti. Al termine dei lavori, tali proposte verranno
consegnate ai Referenti dell‟Amministrazione Comunale che hanno espresso la volontà di custodirle e
tenerne conto nella realizzazione di azioni prossime. Inoltre, essi si sono resi disponibili a partecipare
attivamente al Laboratorio nel tentativo di superare la contrapposizione tipica delle relazioni che intercorrono
tra politici, tecnici e cittadini. In aggiunta alle finalità sopra descrittive, il Laboratorio tenterà di configurarsi
come un momento , sia di condivisione di esperienze, sia di creazione di legami e reti in grado di
promuovere possibili trasformazioni più ampie. Alla luce di quanto detto finora, il Progetto L‘importante è
partecipare tenta di essere l‟inizio di un percorso volto, non tanto all‟avvio di un viaggio di scoperta alla
ricerca di nuove terre, ma quanto, piuttosto, aperto alla possibilità di avere nuovi occhi per esplorare visioni
alternative della città e comprendere quali elementi esse debba possedere affinché possa favorire la salute e il
benessere delle persone, favorire la valorizzazione del capitale sociale della comunità, l‟assunzione di
responsabilità e di impegno in un percorso volto alla promozione della salute e l‟esercizio della cittadinanza
attiva intesa come “capacità dei cittadini di organizzarsi in modo multiforme, di mobilitare risorse umane,
tecniche e finanziarie e di agire con modalità e strategie differenziate per tutelare diritti esercitando poteri e
responsabilità volti alla cura e allo sviluppo di beni comuni”.

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PARTE SECONDA.

Orizzonti culturali e relazioni affettive nell'organizzazione ospedaliera

Un primo confine che possiamo esplorare nella nostra transurbanza è quello tra soggetto in cura e istituzioni
della cura. Nella tradizione funzionalista di Talcott Parsons, questo confine era nettissimo. Al suo ingresso in
ospedale, il paziente viene sottoposto a un processo di „spogliamento‟ dei normali ruoli della vita quotidiana,
che vengono relegati in sottofondo, rendendo la persona un „caso clinico‟ all‟interno di una stanza numerata.
L‟idea di fondo è che le distinzioni connesse alla classe sociale, alla professione e allo status vengano
cancellate e non siano considerate in un processo terapeutico per definizione rivolto a un corpo anonimo.
Esiste, in realtà, un altro modo di guardare l‟ospedale, che evidenzia una reinterpretazione delle istituzioni
biomediche da parte delle culture locali e che comporta significative implicazioni a livello sia teorico sia
pratico. Secondo Finkler, la vita dentro l‟ospedale non può essere considerata come separata dal mondo
esterno, anzi bisogna ritenerla plasmata sui modelli normalmente proposti dalla società. Al suo interno,
infatti, vengono riproposte le gerarchie, le ineguaglianze, i conflitti che hanno luogo all‟esterno. Gli studi
etnografici sull‟ospedale aprono, quindi, una finestra sulla società e sulla cultura al cui interno esso è situato,
fotografando non solo le differenze culturali a livello organizzativo e di pratiche terapeutiche, ma anche
connettendole ai più ampi processi culturali e sociali. Nella città postmoderna l‟ospedale e i servizi sanitari
costituiscono uno dei poli centrali del suo sviluppo; ma ad essi si giustappone/contrappone un territorio che è
sempre più caratterizzato da processi di cura estesi e informali che hanno assunto una diffusione generale,
globale, apparentemente metastorica e parte intrinseca del landscape urbano.
Una „società della cura‟, come ricorda Sergio Manghi, comporta la costruzione faticosa e non sempre
regolata da disegni riconoscibili a priori di nuovi modelli di regolazione delle relazioni sociali generali che
sono fondati sui sistemi e sulle relazioni di cura. La società della cura propone nuovi modelli, traiettorie,
modalità di relazione che sono ridisegnate a partire dai sistemi di cura.
La società della cura è quindi anche la società dei sistemi di cura che hanno raggiunto un grado di
complessità assai elevato, ma sempre di più s‟intrecciano finemente con le relazioni della quotidianità. Qui
la biomedicina globalizzata e tecnologizzata convive con, e talvolta incorpora, sistemi locali e tradizionali di
rappresentazione di sé e delle relazioni. La società della cura vive un intreccio complesso e talora
contraddittorio tra relazioni tradizionali di cura, determinanti high-tech della cura, credenze individuali e
collettive che fanno oscillare pericolosamente il grado di incertezza percepita. Essa è segnata da fortissimi
processi di riposizionamento, come quelli che Beck chiama di „individualizzazione‟, secondo cui il soggetto
oggi occupa sempre meno una posizione fissa e definitiva nella società ed è condotto a una nuova posizione
in cui una parte consistente della propria vita deve essere pianificata e dipende dalle decisioni del soggetto.
Flick sottolinea che essere sani e mantenersi sani ha molto a che fare con il modo in cui si progetta e si
conduce la propria vita - mangiare sano, avere uno stile di vita sano, prendere parte a programmi di
prevenzione e così via. Ciò a sua volta ha molto a che fare con il significato che la salute ha per l'individuo, i
gruppi sociali e nel contesto delle pratiche professionali. Ma, come ci ricorda Mc Namara, gli
apparentemente accresciuti gradi di libertà e di scelta individuale nella società postmoderna coincidono con
la perdità delle certezze e con un esacerbarsi delle tensioni tra scelta individuale e tradizioni collettive .
E‟ difficile sottrarsi alla considerazione che i sistemi di cura siano al centro della ridefinizione degli assi e
delle relazioni di potere nella nostra civiltà, sia sul piano locale, sia sul piano più generale, globale. Al di là
di questo, va detto che la società della cura ridisegna anche le differenze, propone differenze che sono
talvolta inedite e ne ridisegna contemporaneamente la mappa. La linea delle differenze sociali è spesso
segnata dalla possibilità di essere ammessi ai sistemi formali e informali della cura: è la linea della
separazione tra i processi di inclusione ed esclusione, tra quelli della coesione sociale e quelli
dell‟individualismo esasperato. Per questo motivo, ridisegnando le differenze, la società e i sistemi della cura
contribuiscono a ridefinire i confini dell’ordine costituito, entro cui si trasformano e si riconoscono norme e
oggetti di valore e si stabilisce in modi mobili e provvisori il confine tra la normalità e la patologia. Le norme
segnano infatti il confine tra una sofferenza che può essere contenuta e una sofferenza incontenibile: una
sofferenza che può essere rapportata ai sistemi della cura e una sofferenza che non trova in essi alcuna
ospitalità, spesso incapace di avere e darsi una voce, una sofferenza che è assenza di parola e priva di forma,
in cui si riducono drammaticamente i gradi di libertà e di espressione. Per questo Isabel Stengers restituisce il
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problema della salute alla sua dimensione politica, alla polis, alla città in cui nuove tensioni e nuove
soggettività si sovrappongono e si impongono all‟attenzione. Dunque, lungo questi margini si muovono
risorse e valori inaspettati; schierate disordinatamente lungo il confine, nuove soggettività „irregolari‟
cercano spazi e opportunità di espressione e di auto-organizzazione dei „perdenti‟, degli „sconfitti‟, per la
rivendicazione di uno spazio di „cittadinanza‟ non contenibile entro i confini disegnati dalle autopoiesi dei
sistemi di cura.
Lo psicologo della salute, che sta sul confine tra queste sofferenze e i processi di cura, può intercettare queste
risorse auto-organizzate per contenerle e ridurle alle ragioni dei sistemi, indirizzando ad esempio i gruppi di
auto-aiuto a costituirsi come microsistemi di autogoverno compliante, satelliti delle autopoiesi di sistema,
oppure può interloquire con queste potenzialità vitali per ridisegnare il diritto di cittadinanza. Ciò chiama la
soggettività degli operatori ad un riposizionamento che, prima ancora di essere tecnico, costituisce, dunque,
un riposizionamento etico e politico. Una possibile risposta sta nello sforzo di trasformare la propria
posizione, la propria collocazione in quella di „agente di sviluppo‟, capace di rintracciare nelle dimensioni
complesse, traiettorie di sviluppo possibili che si fondino sulla possibilità di intrecciare nuove possibilità di
narrazione in cui il soggetto-destinatario delle cure si „riposizioni‟: trovi, cioè, una posizione consona alla
sue competenze e capacità, finora denegate, diventando „soggetto‟ di un nuovo piano narrativo e costruttore
di nuove norme e „oggetti di valore‟. La società della cura è soprattutto una società che espone alla cura il
genere femminile. La posizione lì assegnata alla donna riproduce, estende e naturalizza una responsabilità e
una subordinazione femminile della donna. E‟ inevitabile che la società della cura ponga dunque all‟ordine
del giorno anche la questione del genere (gender). La posizione della donna nella società della cura prende
infatti consistenza in una nuova sequenza di „atti performativi‟ che istituiscono e consolidano i tradizionali
confini di genere all‟interno di sistemi di cura e che si affianca a quella che Sue Wilkinson considera una
persistente tradizione di oppressione femminile da parte della medicina6. Oggi, d‟altra parte, le pratiche di
cura sono affidate prevalentemente a donne che si prendono cura di donne, anziani, bambini, ammalati . Si
delinea così una nuova performatività, intrecciata con la posizione subordinata di una nuova figura di
lavoratrici della cura, le „badanti‟, in cui il discorso sulla differenza di genere incontra il discorso sulla
migrazione e sullo sfruttamento diffuso di donne costrette ad una totale dedizione di persone estranee „rese
spesso insofferenti e cattive dal dolore‟, avvolte da una invisibilità sociale che annulla scolarizzazione,
professionalità, esperienza, individualità. ―Questa negazione dell'individualità, questa impossibilità di avere
voce e volto rappresentano uno degli aspetti più pesanti del razzismo nei confronti delle donne migranti.
Queste dimensioni della società della cura sono dunque un aspetto della costruzione sociale del genere. Esso
si presenta tuttavia come un confine labile, incerto, destinato a subire nuove, profonde trasformazioni.
Secondo Judith Butler, le categorie di sesso, genere e sessualità sono una costruzione culturale prodotta dalla
ripetizione di atti performati nel tempo, che sono dotati di una forza regolativa e normativa in grado di
stabilire gli orientamenti sessuali e di genere consentiti o illegittimi nella società

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PARTE TERZA.

1. Il modello skills for life per la promozione della salute e per lo sviluppo personale e sociale nella
scuola

Dopo l‟ospedale, la città della cura, il lavoro, altri luoghi ci si presentano nella nostra transurbanza: i luoghi
educativi, le scuole. Il nesso tra la salute e l‟educazione non è certo inedito, ma sembra qui importante
rivisitarlo secondo la prospettiva che si sta disegnando nel nostro percorso. Qui potremmo incontrare il senso
di una transizione indispensabile per capire la sfida a cui si trova di fronte la psicologia nel suo incontro con
la città postmoderna: dalla centralità del benessere soggettivo a quella dell‟impegno trasformativo e della
responsabilità.
Un punto di grande importanza nella proposta del modello della psicologia della salute è che le culture locali
della cura debbano confrontarsi con lo sviluppo pieno della autonomia delle persone come soggetti attivi e
competenti dei propri itinerari di vita. E‟ questo, per intenderci, il cuore di una promozione della salute
fondata sulle life skills , che vanno intese come competenze d‟azione nel processo di sviluppo personale e
sociale e non come generiche competenze a svolgere compiti e a occupare posizioni sociali prestabilite, né
come competenze che consentano semplicemente il conseguimento di un generico benessere, un generico
„star bene‟ entro un ordine sociale predeterminato e indifferente ai bisogni e alle tensioni di una realtà
giovanile spesso ingiusta e diseguale. Come verrebbe di dire parafrasando Gadamer , le competenze
d‟azione riguardano, più che il „sentirsi‟, l‟esserci, l’essere nel mondo insieme ad altri uomini, riguardano,
in altri termini, la centralità della dimensione dell’impegno e della responsabilità.
L‟adolescenza costituisce uno spazio di confine tra la normalità e la crescita, nel senso che la crescita è senza
dubbio una sfida alla normalità che deve essere raccolta dalle istituzioni formative. Contrariamente a quanto
comunemente si ritiene, i giovani non sentono oggi un richiamo verso la „fuga dalla realtà‟. Essa costituisce
forse una disincantata e desolante deriva, quando l‟unica prospettiva che viene offerta è quella di una
frenetica rincorsa al desiderio e all‟effimero. Essa non riesce tuttavia a impedire l‟irruzione nella vita e
nell‟esistenza del vero inesprimibile „dolore sordo‟, di una società che, incapace di decifrare e comprendere
l‟universo emotivo, cerca di canalizzarlo nel ritmo insostenibile dell‟apparire. Anche così si costituisce
quella norma „a una dimensione‟ alla quale talvolta i giovani cercano di sfuggire, talora mediante nuove
forme di trascendenza, talora scegliendo disperate forme di dipendenza, entro cui le tensioni vitali sfumano,
si dissanguano ―al pallido riflesso del pensiero e perdono così d‘azione il nome-(Shakespeare, Amleto).
Non bisogno di fuggire dalla realtà, ma urgenza di confrontarsi con la realtà e di venirne a capo, anche a
costo di scontrarsi con essa, in forme imprevedibili, per „vedere‟ se alla norma corrisponde poi una verità,
un „valore‟. Secondo Canguilhem , ciò che caratterizza la salute è la possibilità di oltrepassare la norma
definita dal normale momentaneo, la possibilità di tollerare l‟infrazione alla norma abituale e di costruire
nuove norme in situazioni nuove. In questa direzione è probabilmente ambiguo pensare che il „benessere‟ e
lo „star bene‟ possano essere una misura appropriata della salute degli adolescenti, se lo star bene entro una
„norma costituita‟ rischia di confondersi con l‟adagiarsi in una sorta di inerzia e di disimpegno. Noi
proponiamo, al contrario, che la misura naturale della salute e dell‟appropriatezza degli adolescenti ai propri
compiti di sviluppo risieda nell‟impegno e nell‟esercizio della volontà di cambiare lo stato delle cose. Le
categorie dell‟impegno e del sentirsi in cammino per il proprio progresso personale e sociale sono, a nostro
avviso, il punto di riferimento per una reale promozione della salute delle giovani generazioni
Negli anni ‟90, in Italia, l‟introduzione dell‟educazione alla salute nella scuola ha portato un‟enfasi forse
eccessiva sul concetto di „benessere‟ degli studenti che, certo al di là delle intenzioni ministeriali e dei
teorici della cosiddetta „pedagogia preventiva‟, è stato ridotto spesso ad una pletora di iniziative eterogenee
volte a favorire „lo star bene a scuola‟, prevalentemente in spazi extracurricolari, e a offrire opportunità di
ascolto individuale delle problematiche adolescenziali, del tutto separate dai momenti ordinari della didattica
e della formazione. Una scuola che ascolta e promuove il benessere degli studenti è sembrata ad alcuni la via
maestra per combattere le dipendenze e attivare una strategia di prevenzione. La via dello „star bene a
scuola‟ ha avuto probabilmente riflessi positivi sulle relazioni tra studenti e con i docenti, in un clima però
già fortemente modificato dalle grandi trasformazioni e dalle lotte studentesche degli anni ‟60 e ‟70 e dalle
stagioni della partecipazione delle componenti scolastiche negli „organi collegiali‟. Il tentativo
dell‟educazione alla salute cercava in realtà di saldare la spinta alla partecipazione ad una proposta
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pedagogica fondata sulla progettualità e sulla trasversalità educativa, sulla radicale trasformazione
dell‟architettura istituzionale, ancora fortemente centralizzata e ancorata al dominio disciplinare nella
programmazione scolastica. Oggi, in realtà, occorre ridisegnare i compiti della promozione della salute nella
scuola in una prospettiva che contribuisca direttamente al disegno dell‟autonomia del soggetto e di
costruzione di una piena cittadinanza, sulla linea delle strategie formative post-funzionaliste. Qui la salute
corre in perfetta simmetria con i processi di sviluppo personale e sociale e trova la sua destinazione non nella
forma ripiegata del benessere personale, ma piuttosto nell‟impegno progettuale, trasformativo entro processi
di costruzione di una identità aperta e dinamicamente integrata.
Sotto questo profilo, la proposta di intervento di promozione della salute vuole sollecitare una via operativa
che renda possibile sostenere lo sviluppo di competenze personali e sociali in concreti itinerari di
promozione e co-costruzione della salute. In questo senso vanno intese le life skills : esse non costituiscono
tanto delle competenze che debbano essere acquisite ex novo, quanto piuttosto delle aree di esplorazione
delle relazioni complesse tra una personalità in crescita e i compiti evolutivi che impegnano i soggetti nel
corso dello sviluppo: non si tratta di un „pronto soccorso‟ emotivo e relazionale, condotto attraverso
esercitazioni e schede didattiche, quanto invece di una strategia che mira a riconoscere e a riflettere sulle
condizioni che possano favorire la mobilitazione di risorse personali e collettive da impegnare nello sviluppo
individuale e sociale. Le life skills sono una sorta di „subversive activities‟ nella misura in cui si focalizzano
su competenze d‘azione che si rendano criticamente accessibili nella vita personale e collettiva, cosicché
l‟adolescente impari a riconoscerle come proprio patrimonio disponibile. Esse rappresentano risorse
personali che possono e debbono essere condivise con le altre persone e, proprio per questo, possono
contribuire a sentirsi in pieno possesso di sé nel presente e contemporaneamente capaci di oltrepassare il
presente col proprio sguardo e col proprio impegno.
Obiettivo della promozione della salute nella scuola è dunque quello di costruire spazi e occasioni in cui
l‟azione si coniughi con la riflessione, in cui possano essere sperimentati sentieri diversi da quelli di un
mortificante conformismo, verso un‟identità aperta e liberata. Questo è, forse, un compito che la scuola e le
istituzioni educative debbono riconoscere come proprio: offrirsi come spazio di riflessione, di elaborazione,
di sperimentazione di sé e dell‟identità in un processo di crescita e di confronto con il sapere.
Promuovere l‟azione vuol dire promuovere capacità di de-posizionamento dalla normalità di una dipendenza
profondamente intrecciata con i valori del quotidiano, attraversata da un dolore sordo fatto tacere,
anestetizzato dal frastuono del quotidiano, dalle persuasioni occulte, dalle frenesie di un desiderio
inappagabile. Una normale „abios-bios‟ (vita non vita), alla ricerca frenetica di essere ciò che non si è, di
avere ciò che non si ha, da cui occorre uscire con una riaffermazione della propria capacità di esprimersi nel
mondo, con una tensione persuasa di sé nel presente, capace di aver ragione di ogni retorica accettazione,
troppo spesso incarnata nella ragionevolezza acquiescente delle istituzioni.
Promuovere le competenze d‟azione e l‟impegno dei giovani, peraltro, significa agire su un patrimonio
sociale e culturale ben più generale. Perché se è vero che i giovani possono percepire l‟impegno diretto in
modo preciso e puntuale, appropriato, innanzitutto come uno spazio di crescita personale, è vero dall‟altra
parte che esso rappresenta un attrattore irrinunciabile, una necessità essenziale per la società nel suo
complesso: quella di riconoscere l‟inappropriatezza della propria norma obsolescente, di incontrare sguardi
diversi e di costruire nuove norme e nuovi gradi di libertà. Questa fucina può attraversare i processi di
socializzazione, che non possono ridursi al perseguire un‟identità entro percorsi assegnati e ruoli condivisi,
all‟adesione agli stereotipi che vengono proposti socialmente, ma, al contrario, devono impegnarsi proprio
laddove le domande di senso diventano urgenti e pregnanti: spazi di socializzazione in cui diventa
indispensabile offrirsi una possibilità piena di vivere e di spendersi nell‟esistere.

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3.Inclusione stress e bornout negli insegnanti coinvolti nell'educazione degli alunni con disabilità
Alcune categorie di lavoratori, a causa di particolari fattori stressogeni legati all’attività professionale, sono
soggetti a rischio per la sindrome del burnout. Tale condizione è caratterizzata da affaticamento fisico ed
emotivo, atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali, sentimento di frustrazione per
mancata realizzazione delle proprie aspettative
Sin dalla prima metà degli anni 80 la sindrome del burnout negli insegnanti soprattutto la categoria ricolta
agli alunni disabili è stata oggetto di particolare attenzione da parte di molti autori che più recentemente
hanno descritto una quarta caratteristica rappresentata dalla perdita della capacità del controllo (smarrimento
cioè di quel senso critico che consente di attribuire all’esperienza lavorativa la giusta dimensione): la
professione finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della vita di relazione e l’individuo
non riesce a "staccare" mentalmente tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive e
violente.La categoria degli insegnanti è sottoposta a numerosi stress di tipo professionale. La loro natura, sia
in generale che con specifico riferimento allo scenario scolastico italiano, può essere ricondotta ad alcuni
fattori riguardanti: la peculiarità della professione (rapporto con studenti e genitori, classi numerose,
situazione di precariato, conflittualità tra colleghi, costante necessità di aggiornamento), la trasformazione
della società verso uno stile di vita sempre più multietnico e multiculturale (crescita del numero di studenti
extracomunitari), il continuo evolversi della percezione dei valori sociali (inserimento di alunni disabili nelle
classi, delega educativa da parte della famiglia a fronte dell’assenza di genitori-lavoratori o di famiglie
monoparentali),l’evoluzione scientifica (internet e informatica),il susseguirsi continuo di riforme (autonomia
scolastica, innalzamento della scuola dell’obbligo, ingresso nel mondo della scuola anticipato all’età di
cinque anni e mezzo),la maggior partecipazione degli studenti alle decisioni e conseguente livellamento dei
ruoli con i docenti,il passaggio critico dall’individualismo al lavoro in èquipe,l’inadeguato ruolo istituzionale
attribuito/riconosciuto alla professione (retribuzione insoddisfacente, scarsa considerazione da parte
dell’opinione pubblica.etc).In letteratura sono state descritte e analizzate le reazioni di adattamento (coping
strategies) che i singoli insegnanti adottano per far fronte al burnout, nel tentativo di reagire a una situazione
che, se non affrontata per tempo e adeguatamente, può degenerare in malattia psico-fisica. Una
classificazione delle coping strategies è stata proposta diversificando le stesse in azioni:dirette, miranti cioè
ad affrontare positivamente la situazione,diversive, cioè tese a schivare l’evento assumendo un atteggiamento
apatico, impersonale, distaccato nei confronti di terzi,di fuga o abbandono dell’attività, per sottrarsi alla
situazione stressogena,palliative cioè incentrate sul ricorso a sostanze come caffè, fumo, alcool, farmaci.In
attesa di un intervento socio-istituzionale sull’organizzazione e sull’ambiente di lavoro, si ritiene che il
progetto terapeutico sull’insegnante affetto da burnout debba prevedere un sostegno psicoterapico
personalizzato volto a perseguire quattro obiettivi uguali per tutti:diminuire la componente onirico-idealista
rispetto al proprio lavoro, ridimensionando le proprie aspettative e riconducendole a un piano più attinente
alla realtà,evidenziare gli aspetti positivi del lavoro e non concentrarsi solo su quelli negativi,coltivare
interessi al di fuori dal lavoro per distrarsi e non focalizzare l’attenzione esclusivamente sui problemi
professionali,lavorare in compagnia di altre persone per non sentirsi soli e condividere lo stress.Un
intervento precoce e mirato durante il percorso professionale dell’insegnante consente un più agevole
recupero/reinserimento sociale del soggetto.

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PARTE QUARTA.

1. Diritto alla cura e diritto alla libertà

Il carcere è indubbiamente la capitale della sofferenza postmoderna in cui le mura degradate della civiltà
incontrano lo spregio di un capitale umano e sociale a cui forse non vanamente, molto al di là dei confini
dell‟ordine costituito, occorre restituire il senso di una cittadinanza piena. Il carcere è abitato da una umanità
invisibile che preme ai confini della civiltà: una popolazione povera, ignorante e malsana, dannati della terra
e del cielo, che non si possono accogliere senza riserva nella fucina della „perfettizzazione delle
perfettibilità‟ .
E‟ noto che l‟incidenza della cattiva salute fisica negli Istituti di detenzione sia alta, specialmente in
considerazione dell‟età media della popolazione penitenziaria . I detenuti sembrano essere
complessivamente molto interessati alla loro salute fisica e al loro benessere e, ciononostante, presentano un
cattivo stato di salute sia durante che prima della detenzione: la loro provenienza sociale è infatti spesso
contrassegnata da marginalità e insufficiente attenzione o cura del proprio benessere. Molti detenuti
provengono da background sociali svantaggiati, hanno una maggiore incidenza di problemi di salute, sono
maggiormente esposti a comportamenti a rischio e, in assenza di effettivi interventi, molti di loro
ritorneranno, una volta re-immessi in libertà, nelle avverse condizioni precedenti alla detenzione. Nelle
indagini internazionali sulla condizione penitenziaria, è emerso che frequentemente la carcerazione
rappresenta la prima opportunità di presa in carico della salute della popolazione carceraria e, attraverso
questa, delle loro famiglie.
Non va tuttavia sottaciuto che per altri aspetti alcuni segmenti della popolazione carceraria presentano
diverse difficoltà ad accedere alle prestazioni sanitarie e alle iniziative di promozione della salute. Problemi
culturali e di comunicazione nella popolazione straniera, la sottovalutazione del danno di alcuni
comportamenti e in particolar modo quelli legati all‟abuso di sostanze (compresi alcol, tabacco e sostanze
illegali, ecc.) rendono meno urgente o comprensibile la proposta di tutela della salute e meno motivato il
sottoporsi a screening o la partecipazione a momenti di educazione alla salute. Ciò rende indispensabile, per
raggiungere l‟obiettivo di una miglior protezione sanitaria della popolazione carceraria, moltiplicare e
diversificare le occasioni, le fonti e le modalità di contatto, di informazione e di attività di tutela, educazione
e promozione della salute. Nel momento in cui la domanda di salute trova un luogo di esercizio di una
responsabilità, essa crea le condizioni di un riconoscimento sostanziale di cittadinanza. È forse qui che l‟area
sanitaria può convergere nella pratica con le aree educativa e trattamentale, in un compito solidale che sia
quello, non di certificare la mera acquiescenza a una regola detentiva, ma di costruire insieme ai detenuti una
responsabilità rispetto a se stessi, capace di orientare i percorsi riabilitativi. In questo modo il soggetto può
ri-costruire progressivamente la propria autonomia e il proprio ri-posizionamento responsabile in una
autodeterminazione competente. In modi diversi si possono forse intravvedere processi che abilitano la
persona ad essere portatrice delle proprie domande, responsabilizzandola e costruendo insieme ad essa spazi
in cui la domanda diventa il punto nodale, misurando e riposizionando continuamente l‟azione sulla base di
questa evoluzione. Ciò che consente a ruoli diversi (educatori, psicologi, medici, personale penitenziario,
ecc.) di comporre uno scenario trattamentale appropriato è forse l‟obiettivo dell‟autonomia del detenuto.
Tale obiettivo può rappresentare infatti il punto di congiunzione tra mandati altrimenti divergenti, tra le
traiettorie trattamentali, le esigenze di sicurezza e quelle della tutela e promozione della salute e dello
sviluppo personale e sociale del detenuto. L‟autonomia consiste e si rende esplicita nel fatto che la persona
ristretta, ma non sottomessa; diventa progressivamente capace di ri-appropriarsi della propria domanda di
riabilitazione di una cittadinanza responsabile, consapevole.
Entro questo quadro, assume una particolare rilevanza, nel momento storico attuale, la riaffermazione del
diritto alla cura del detenuto come chiave interpretativa delle disposizioni in materia di trasferimento della
sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale. Il decreto legislativo 230/99 stabilisce che i detenuti, al
pari dei cittadini in stato di libertà, hanno diritto all‘erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi,
cura e riabilitazione previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza. Viene fatto riferimento, oltre ai
LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), anche ai piani sanitari. La fisionomia complessa della moderna
concettualizzazione sulla salute (che non vede in primo piano solo i compiti di rimozione delle condizioni
patologiche , ma anche quelli di prevenzione e promozione delle capacità individuali e collettive di costruire
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una „buona salute‟) impedisce che il trasferimento delle competenze al Servizio Sanitario regionale inauguri
una separatezza delle logiche della tutela sanitaria e del trattamento penitenziario. Al contrario, si possono
chiaramente rintracciare entro la norma (dpcm 30/5/2008) alcune linee che devono presiedere al
trasferimento delle funzioni:
Differenziazione ed integrazione dei servizi sanitari e assistenziali.
Enfasi sulla prevenzione e promozione della salute e non solo sulla cura e riabilitazione e piena integrazione
tra la sanità penitenziaria e i presidi socio-sanitari e assistenziali territoriali.La tutela e la promozione della
salute è quindi un‟opportunità che corrisponde a un interesse sostenuto dei detenuti e delle detenute rispetto
alle proprie condizioni di salute fisica e psichica. D‟altra parte, la Costituzione stessa della nostra Repubblica
―riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell‘uomo (art.2 Cost.11), e l‟art. 32 richiama proprio la salute
come ―fondamentale diritto dell‘individuo e interesse della collettività, e ne garantisce la tutela anche per i
cittadini ristretti: questi ultimi infatti, pur vedendo limitato il proprio diritto alla libertà personale,
mantengono questo diritto fondamentale indipendentemente dalla propria condizione giuridica. Ci si trova di
fronte ad un cambiamento complesso di committenza, che richiede un ripensamento dell‟intera govenance
delle Istituzioni coinvolte per la specificità dei bisogni e delle condizioni dei detenuti rispetto alla
concentrazione di patologie, ai rapporti con le autorità giudiziarie e all‟impossibilità per i detenuti di
scegliere liberamente i servizi a cui rivolgersi. Al tempo stesso, si tratta di un movimento nella direzione del
riconoscimento ai detenuti del proprio status di cittadini prima che di ristretti. Se la società non vuole
espletare un mandato punitivo attraverso il carcere, ma proporre una visione più generale in cui alla tensione
verso la sicurezza corrisponda anche una presa di coscienza dei detenuti dei propri diritti e delle proprie
possibilità e capacità di cura, l‟obiettivo critico dovrà essere la costruzione di una coerenza delle politiche e
delle pratiche della sicurezza che riconoscano che il riposizionamento dei detenuti rispetto alle proprie
traiettorie di assunzione di responsabilità comporta una continua e condivisa assunzione di responsabilità da
parte dell‟istituzione. Lungo questa traiettoria, peraltro, l‟esperienza di questi ultimi anni (registrata anche
nei percorsi formativi curati dal gruppo di lavoro sul carcere dell‟Università di Bergamo) ha messo in
evidenza alcune rilevanti potenzialità verso un‟integrazione della prospettiva sanitaria e trattamentale. E‟
evidente che i dispositivi auspicati, e in parte messi in atto nell‟esperienza degli ultimi anni, richiedono il
passaggio culturale e operativo da una logica di „presidio‟ (ad esempio con la costituzioni di dispositivi di
psichiatrizzazione del disagio mentale in carcere) ad una logica di „integrazione‟ tra le prospettive sanitarie,
sociali che guardino alla questione del detenuto e al disagio in una nuova prospettiva freireana di una
„pedagogia‟ della liberazione, capace di decostruire progressivamente gli apparati di controllo della persona
e di aprire spazi, tra carcere e territorio, di riposizionamento sociale, di responsabilità e non di mera
acquiescenza ad un ordine costituito. C‟è da chiedersi, a questo punto, se trasferimento delle competenze
sanitarie penitenziarie al SSN non potrebbe essere l‟occasione per un ripensamento radicale della questione
penitenziaria e della questione criminale, come (sia pure con le debite proporzioni) la legge Basaglia è stata
occasione di ripensamento del sistema psichiatrico e della malattia mentale. Vi sono molte ragioni per
pensare che così non sarà in Italia, anche per il fatto, drammaticamente non scontato e imprevedibile, che un
sistema medico-sanitario mainstream (e un sistema psichiatrico) aziendalizzato è probabilmente in ritardo
rispetto alle punte avanzate di un sistema penitenziario che sembra invece porsi più interrogativamente sulle
traiettorie della riabilitazione, anche se in un deserto di prospettiva politica di cambiamento, fortemente
condizionato da riflessi regressivi assai diffusi e di chiusura attorno ad una domanda di normalizzazione
(quando non di militarizzazione) delle politiche di sicurezza. Non sarà così, anche perché il carcere denuncia
un arretramento delle condizioni di vita dei detenuti e un appesantimento delle condizioni di lavoro degli
operatori penitenziari, drammaticamente segnalato dall‟impennata delle statistiche dei suicidi dall‟una e
dall‟altra parte, nella sostanziale indifferenza di un‟opinione pubblica manipolata che sembra solo allarmarsi
di fronte ai problemi della propria sicurezza privata. E‟ anche per questo che occorre riconsiderare il
problema della salute in carcere a partire da un ripensamento critico della stessa questione criminale e della
sicurezza del territorio. Come dice Tamar Pitch, se “oggi la questione della sicurezza, intesa come sicurezza
rispetto al rischio di vittimizzazione da criminalità di strada ma anche come sicurezza rispetto ai rischi posti
dal terrorismo, è diventata centrale nelle retoriche e nelle politiche locali e globali” d‟altra parte “è
impossibile comprendere la questione criminale senza collocarla in una dimensione che tenga insieme
globale e locale, sicurezza interna ed esterna, che non si interroghi sui conflitti sociali e culturali della nostra
epoca misurandosi con le nuove strategie di controllo del territorio e con le retoriche sulla penalità e la
sicurezza, con la guerra, il terrorismo, i mercati illegali transnazionali, le migrazioni, e le questioni della
giustizia, della democrazia e dei diritti fondamentali a livello locale e globale” .

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