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ANSELMI DE URBE
PONTIFICIUM INSTITUTUM LITURGICUM
_______________________________________________
MARCO DI BENEDETTO
Excerptum ex Dissertatione
ad Doctoratum Sacrae Liturgiae assequendum
in Pontificio Instituto Liturgico
Romae 2015
Vidimus et approbamus ad normam
Statuorum Pontificii Instituti Liturgici
NIHIL OBSTAT
LThK2 Lexikon für Theologie und Kirche, 2. Auflage, I-XI, ed. J. Höfer – K.
Rahner, Freiburg i.Br.– Basel – Wien, 1957-1967.
ML “Movimento Liturgico”
(Rom 12,1)
Ora si pone la questione del punto in cui debba prendere avvio il lavoro,
affinché la verità conosciuta divenga la realtà. Naturalmente assume urgenza
una copia di questioni rituali e testuali – e molte esperienze dicono quanto
ciò possa essere fatto in modo giusto o anche errato. Ma di che cosa si tratti
soprattutto, mi sembra sia qualcosa d’altro, vale a dire la questione dell’atto
di culto – in termini più esatti, dell’atto liturgico […] In questo atto […] sta
non solo l’interiorità spirituale, ma l’uomo come totalità, spirito e corpo [...]
Ciò di cui dunque ne va ora, è il quesito se la chance liturgica così
mirabilmente apertasi divenga anche una realizzazione effettiva. […] Ora
deve avviarsi, sostenuta dall’impulso del concilio Vaticano II una quarta
fase: quella che si occupa dell’attuazione viva e si domanda: quale natura ha
il fenomeno liturgico autentico […] Com’è strutturato l’atto fondamentale
portante? Quali forme assume? Quali passi falsi lo minacciano? Come si
rapportano le esigenze, che esso pone alla struttura e alla vita propria
dell’uomo d’oggi? Che cosa deve accadere affinché questi possa impararlo
[l’atto] in maniera autentica e onesta? Quindi abbastanza problemi e compiti
– a meno che, a fine di chiarimento, si debba porre all’inizio l’interrogativo:
forse all’atto liturgico, e con esso in genere a ciò che si chiama “liturgia”,
tanto legata alla storia - dell’antichità classica, o del Medioevo -, si debba
interamente rinunciare per motivi di onestà? Ci si dovrebbe forse spingere,
dibattendosi (durchringen), fino a capire che l’uomo dell’epoca industriale,
della tecnica e delle strutture psico-pedagogiche da essa condizionate, sia
semplicemente non più capace dell’atto liturgico? E si dovrebbe, invece di
parlare di rinnovamento, preferibilmente riflettere in qual modo i sacri
misteri si debbano celebrare, affinché quest’uomo d’oggi possa collocarsi
entro di essi con la sua verità?1
1
R. GUARDINI, «L’atto di culto e il compito attuale della formazione liturgica»,
Humanitas 20 (1965) 85-90. Le citazioni riportate nel corso della dissertazione sono tratte
dal testo ripubblicato in ID., Formazione liturgica, Morcelliana, Brescia 2008, 27-36 (qui
27-28 e 34-35).
16 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
2
D. BANON, La lettura infinita. Il Midrash e le vie dell’interpretazione nella
tradizione ebraica, Milano 2009, 250.
Introduzione Generale 19
3
SACRA CONGREGATIO RITUUS, Instructio ad exsecutionem constitutionis de sacra
liturgia recte ordinandam Inter Oecumenici n.6 (26.09.1964), AAS 56 (1964) 878: «Vis
autem huius actionis pastoralis circa Liturgiam ordinandae in eo posita est ut Mysterium
paschale vivendo exprimatur, in quo Filius Dei incarnatus, oboediens factus usque ad
mortem crucis, in resurrection et ascensione ita exaltatur, ut ipse vitam divinam cum mundo
communicet, qua homines mortui peccato et Christo conformati “iam non sibi vivant, sed ei
qui pro ipsis mortuus est et resurrexit” (2 Cor. 5, 15). Quod fit per fidem et fidei
sacramenta, id est praecipue per Baptismum (cfr. Const. art. 6) et sacrosanctum
Eucharistiae mysterium (cfr. Const. art. 47), circa quod ordinantur cetera sacramenta et
sacramentalia (cfr. Const. art. 61), et celebrationum circulus, quo paschale Christi
mysterium per annum in Ecclesia explicatur (cfr. Const. art. 102-107)».
Introduzione Generale 21
Costituzioni del Concilio. Per l’esame dei testi verrà mantenuto un doppio
registro metodologico: quello storico-redazionale e quello linguistico. In
questa sede va anticipato, soprattutto, il ricorso che verrà fatto al metodo
dell’analisi semasiologica che, oltre a fornire i dati linguistici utili alla
verifica dell’ipotesi di lavoro, contribuirà a verificare attraverso la pratica
dell’intertestualità il grado di ricezione interna di quei princìpi di SC che
questa ricerca assume come chiavi ermeneutiche per una ‘teologia’ della
vita cristiana come «celebrazione e impegno per il Regno di Dio».
La «Seconda Parte» si incaricherà di sottoporre alla prova
dell’ermeneutica liturgica l’impianto ipotetico consolidatosi attraverso la
lettura critica dei risultati della «Prima Parte». Si realizzerà in tal modo
l’operazione di natura più propriamente scientifico-liturgica della ricerca,
volta ad aggiornare il quadro teorico e metodologico degli studi ‘in re
liturgica’ alla luce dell’innesto ermeneutico nella fenomenologia e ad
esemplificarne immediatamente la praticabilità mediante un saggio
applicativo su un «Modello (della pratica)»: il «Rituale Romanum: De
Benedictionibus» e la relativa edizione italiana «Benedizionale». La
prospettiva metodologica generale – ispirata al modello e al metodo
dell’ermeneutica testuale di Paul Ricœur – è quella che individua nella
correlazione tra il testo e l’azione la condizione di possibilità offerta al
soggetto cristiano di elaborare in actu celebrandi un processo di
riconoscimento di sé (e quindi delle proprie ‘capacità’) attraverso la
mediazione di quelle condizioni fenomenologiche di accesso al mondo e
all’esperienza (il tempo, lo spazio, la corporeità) che l’azione liturgica può
configurare in maniera originale in ragione del suo ‘senso teologico’.
una ‘buona’ ricerca. L’impressione di una certa ‘dispersione’ dei temi può
accompagnare il lettore lungo tutto l’itenerario, facendo maturare il
desiderio e, talora, la necessità di qualche sosta pensosa in più rispetto a
quanto il testo potrà immediatamente garantire. Il livello euristico della
ricerca, soprattutto per merito delle sezioni analitiche dedicate al confronto
intertestuale sul corpus conciliare e all’esame redazionale e simbolico-
funzionale degli Ordines scelti, la potrà impreziosire con il valore anche
originale dei suoi dati e le attribuirà quasi la funzione di ‘campo-base’ per
ulteriori e più puntuali escursioni di ricerca. Tuttavia, l’ampiezza del
percorso potrà prestarsi ad approssimazioni fin troppo evidenti, sia nella
ripresa critica dei dati raccolti, sia sul piano della rifondazione metodologica
in apertura della «Seconda Parte», sia in quello della sintesi sistematica
finale, non a caso presentata come ‘abbozzo’. Tuttavia, si è ritenuto di
accettare fin dall’inizio questi limiti per non rinunciare all’ampiezza
dell’esercizio ermeneutico più complessivo, che rimane il vero obiettivo
della tesi in rapporto al suo oggetto. Con esso, infatti, si intende riportare
all’attenzione degli studi liturgici la necessità di contribuire all’attuale fase
del ML ritrovando l’audacia e il corrispondente rischio di un ‘pensiero
totale’, sapendo offrire – accanto ai preziosi studi di carattere più puntuale –
anche l’ampiezza di ‘immaginazioni’ disponibili ad uscire da una
autoreferenzialità disciplinare che, in un regime di complessità
epistemologica, risulterebbe doppiamente anacronistica. Ecco, allora, che
nel corso dell’itinerario verranno inevitabilmente accostati, seppur
tangenzialmente, temi e concetti di stretta pertinenza di altre discipline, sia
teologiche che antropologiche. Non potendo presumere un livello
enciclopedico di competenze, si anticipa fin d’ora che molti aspetti segnalati
lungo il percorso potranno distinguersi per imprecisione o superficialità dei
riferimenti, sia a un livello di giustificazione epistemologica, sia nelle
riferenze dell’apparato critico. Ciò nonostante, proprio il riconoscimento del
limite appena segnalato porta con sé l’auspicio che con questo lavoro, sulla
scia di precedenti simili tentativi, venga riaffermato il valore della
circolarità ermeneutica tra i versanti storico, teologico e antropologico degli
studi liturgici, e vi si riconosca l’espressione più matura della disponibilità a
quello scambio interdisciplinare, dal quale la scientia liturgica di oggi non
può più prescindere e al quale non deve più sottrarsi.
CAPITOLO V
«ACTUOSA PARTICIPATIO»
Introduzione
I percorsi di lettura intertestuale tracciati dalle due relazioni
costituzionali finora affrontate hanno condotto la ricerca fino alle soglie
della ‘dimora’ del soggetto. Non si tratta, in realtà, che di una conferma
rispetto al dato già emerso dalla proposta di lettura interna di SC (cf. Cap. II,
§§4.3 e 4.4), ossia il costante riferimento del testo conciliare a elementi
antropologici messi in relazione con il dato rituale-celebrativo,
nell’orizzonte complessivamente pastorale di cura e formazione della vita
cristiana. D’altro canto, anche sul piano della elaborazione dei princìpi
teologici si è potuto constatare la lucidità con cui i Padri conciliari hanno
affermato che, se la liturgia è «opus redemptionis» in atto, lo è sia in virtù
della presenza e dell’azione di Cristo, sia in ragione dell’azione della
Chiesa, chiamata a prolungare l’«opus Trinitatis» nella storia a beneficio
dell’umanità e in vista del Regno. La Chiesa, soggetto attivo dell’azione
liturgica, per la sua stessa natura sacramentale è caratterizzata dalla vicenda
storica e dalle circostanze di vita delle donne e degli uomini che ne fanno
parte.
I redattori di SC hanno voluto recepire il dato antropologico e storico
nel contesto del discorso liturgico con una referenzialità nuova rispetto ai
documenti magisteriali precedenti. Anche il magistero di Pio XII sul tema
liturgico, come si è visto, aveva manifestato un’attenzione particolare alla
dinamica intersoggettiva tra l’azione di Dio e la collaborazione dell’uomo,
restando tuttavia sul piano formale dei tradizionali princìpi della dogmatica
cattolica. La Costituzione liturgica conciliare, dal canto suo, ha potuto
tradurre e declinare anche linguisticamente tali principi, forte dell’eredità
del ML e del dialogo intessuto con le discipline scientifiche di area
26 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
antropologica, che fin dalla metà del secolo scorso hanno conosciuto un
rapido sviluppo. Lo sforzo redazionale di SC è stato quello di integrare
all’interno del suo discorso liturgico il necessario riferimento all’elemento
storico-antropologico, proprio in vista della comprensione dell’atto liturgico
stesso1. L’esempio più significativo di questa nuova fase del rapporto tra
liturgia e antropologia è quello relativo al tema della formazione liturgica, al
quale viene dedicato un rilievo primario fin dal capitolo dei «Principia
generalia»2. In realtà, come si è altrettanto considerato in precedenza,
l’attenzione alle circostanze della vita umana nel tempo coevo all’evento
conciliare non è stato solo uno dei principali criteri metodologici che i Padri
hanno progressivamente assunto nel corso delle discussioni sinodali, ma è
stato in qualche modo il principio ispiratore dello stesso progetto conciliare.
La caratterizzazione ‘pastorale’ di tutto lo spirito e l’opera conciliare è senza
dubbio il segno più evidente di tale attenzione (cf. Cap. II, §4.4)
Uno degli eventi redazionali più significativi in merito alla questione
antropologica (e, legata ad essa, all’interpretazione teologica della storia) è
stata quella della Costituzione «De Ecclesia in mundo huius temporis GS»,
unica nella storia dei concili ad essere stata definita «Constitutio
pastoralis». Lo studio della relazione tra questa Costituzione e quella
liturgica, oltre che verificare l’effettiva pertinenza di quanto fin qui
affermato, potrà altresì mettere in luce i criteri ermeneutici ulteriori che
consentano di delineare un profilo sintetico della comprensione conciliare
della relazione tra celebrazione e impegno secolare, avviando in tal modo a
conclusione questa «Prima Parte» della ricerca.
Tale studio si snoderà attorno ai seguenti punti: come nei Capitoli
precedenti, il primo momento si caratterizza come ritorno a SC e come
approfondimento storico-redazionale e teologico dei princìpi – in questo
caso antropologici – che la Costituzione liturgica ha innestato nel suo
discorso. In maniera esemplificativa, l’attenzione si soffermerà sui temi
dell’adattamento liturgico e del rapporto con le culture (§1). In seconda
battuta, lo studio della Costituzione pastorale GS verrà affrontato cercando
1
In questa prospettiva rimane attuale il riferimento alla preziosa eredità di alcuni
scritti liturgici di R. Guardini. Cf. in particolare R. GUARDINI, «L’atto di culto»; ID., Lo
spirito della liturgia – I santi segni, Brescia 1980; ID., La formazione liturgica, Milano
1988.
2
Per una visione sintetica, ma di autorevole e variegata proposta di questioni, cf. La
formazione liturgica. Atti della XXXIII Settimana di Studio dell’APL, Camposampiero
(Padova), 28 agosto – 2 settembre 2005, ed. A. Grillo, Roma 2006.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 27
3
Cf. A. CUVA, «Adattamento liturgico», in Lit., 1-6; cf. anche la rassegna
bibliografica in M. PATERNOSTER, Varietates Legitimæ. Liturgia romana e inculturazione,
Città del Vaticano 2004, 203-210.
4
Cf. A.J. CHUPUNGCO, «Inculturazione liturgica», in Lit., 952-968; cf. la rassegna
bibliografica specifica in PATERNOSTER, Varietates Legitimæ, 210-219.
28 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
5
Dal punto di vista storico-redazionale è interessante segnalare come nello schema
De liturgia presentato ai Padri in Aula il 22 Ottobre 1962 la distribuzione del testo della
terza parte del Caput I, dedicata ai princìpi della riforma liturgica, prevedeva che le norme
circa l’adattamento fossero collocate prima di quelle relative alla natura gerarchica della
liturgia (cf. SynSC, 85 e 120). L’inversione delle parti recepita dal testo emendato e
confermata fino alla versione definitiva ristabilisce il primato del principio ecclesiologico,
sul quale si fondano i princìpi e i criteri operativi in vista della riforma.
6
Cf. i numerosi riferimenti bibliografici riferiti a studi di sintesi ermeneutica delle
risposte pervenute a Roma suddivise per provenienza geografica in ROUTHIER, Il Concilio
Vaticano II, 337.
7
Si possono riprendere qui le suggestive indicazioni bibliografiche già proposte in
questo studio al Cap. III, nota 27, e riferite alla tesi di alcuni autori circa la natura liturgica
dell’evento conciliare.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 29
8
In seguito ad una celebrazione in rito ambrosiano, lo stesso Giovanni XXIII scrisse
il 4 dicembre 1962: «L’immagine della Chiesa, nell’unità della fede cattolica e nella varietà
liturgica, appare nella pienezza del suo mistico splendore», (cit. in ROUTHIER, Il Concilio
Vaticano II, 337).
9
Si ricordi, a tal proposito, che la prima enciclica missionaria è del papa Benedetto
XV, Maximum illud del 1919, cui fece seguito la Rerum Ecclesiae di Pio XI nel 1926 e,
nello stesso anno, la consacrazione dei primi sei vescovi cinesi.
10
Basti l’esemplare confronto tra lo schema «De Sacramentis ac de sacra Liturgia»
proposto dalla commissione per le missioni (cf. AD II/2, 3, 369ss) e la sua accoglienza in
Commissione Centrale nel marzo 1962 con le posizioni diverse del card. Ruffini,
sostenitore del latino (AD II/3, 388), e del card. Gracias, che apriva già alle prospettiva di
delega in materia di adattamento liturgico alle conferenze episcopali, nazionali o provinciali
(AD II/3, 383).
30 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
Rispetto a tali dati è significativo notare che per molti di questi casi
l’inserimento dell’espressione riferita all’adattamento è posta ex novo dopo
la discussione in Aula (SC 62, 63b, 65, 68, 90, 107 e 128). Tale elemento
può essere interpretato come il segno di una crescente consapevolezza che il
principio generale, fin da subito evocato, necessitava di essere declinato con
maggiore concretezza in vista della riforma. Tale esigenza richiese, pertanto,
anche l’individuazione di un principio operativo autorevole cui fare
riferimento nel processo di adattamento: tale principio venne inserito
appunto mediante il comma 2 dell’art. 22, non presente nel primo schema
11
Cf. ad esempio SC 19: «Liturgicam institutionem necnon actuosam fidelium
participationem, internam et externam, iuxta ipsorum aetatem, condicionem, vitae genus et
religiosae culturae gradum, animarum pastores sedulo ac patienter prosequantur […]», AAS
56 (1964) 105.
12
«Ritus […] sint fidelium captui accommodati», AAS 56 (1964) 109.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 31
presentato ai Padri: «In base ai poteri concessi dal diritto, regolare la liturgia
spetta, entro limiti determinati, anche alle competenti assemblee episcopali
territoriali di vario genere legittimamente costituite»13.
Il testo suona come una annotazione di tipo giuridico, ma nella mens
della Costituzione diventa, ad un certo punto della fase redazionale, un
principio operativo fondamentale14. Se ne trova conferma nel riferimento
esplicito ed implicito a questo comma lungo tutta la Costituzione. Un
rimando diretto ad esso è presente negli articoli 36, 39, 40, 44, 63b, 77, 110
e 128. Vi sono poi rimandi secondari ad articoli che a loro volta rinviano a
SC 22 §2: per esempio negli artt. 101 e 113 che rimandano a SC 36; gli artt.
54 e 65 che rimandano anche a SC 40; l’art. 113 che rimanda anche a SC 54.
L’osservazione di questi dati consente di ricostruire una sorta di
semantica attorno ai «territoriales episcoporum coetus legitime constitutos»
dell’art. 22 §2. La ricerca intertestuale offre un dato molto significativo: in
tutto il corpus dei testi conciliari il termine «territorialis» ha 15 occorrenze
e ben 12 di queste si trovano in SC. Se a questo dato si sommano le
occorrenze di «regiones» e «populi» nella Costituzione liturgica, ci si trova
di fronte all’ulteriore evidenza di una organica presa d’atto da parte dei
redattori che la liturgia della Chiesa si poteva meglio comprendere in
relazione alle categorie di storicità e territorialità dell’uomo/donna/comunità
celebranti il mistero universale dell’«opus redemptionis»15.
13
«Ex potestate a iure concessa, rei liturgicæ moderatio inter limites statutos pertinet
quoque ad competentes varii generis territoriales Episcoporum coetus legitime constitutos»,
AAS 56 (1964) 106.
14
Si veda la nota di accompagnamento proposta da SynSC, 74-75. Va anche
precisato che non si tratta di una vera e propria ‘rivoluzione’. Dal Concilio di Trento, in
particolare con la creazione della Congregazione dei Sacri Riti nel 1588, i vescovi si erano
esautorati in materia liturgica, restando valida la concessione di indulti da parte della Santa
Sede. Giovanni XXIII aveva in realtà già concesso alcuni poteri alle assemblee episcopali,
come nel caso del ripristino del catecumenato (1962) o del Codex rubricarum (1960).
Ulteriormente, le conferenze episcopali contribuirono fattivamente nel dopoguerra alla
realizzazione dei rituali bilingue.
15
Non si può non sottolineare che la spinta decisiva verso questa presa di coscienza
avvenne soprattutto grazie agli interventi in Aula dei Padri non occidentali. Per una
esemplificazione rappresentativa si rimanda particolarmente agli interventi: di mons.
D’Souza (Nagpur, India), AS I/2, 317-319 e AS I/1, 497-499, cui fecero eco quelli di
Rugambwa (Tanzania) e Tatsuo Doi (Tokyo), ibid. 333-334 e 323; cf. anche gli interventi
di Silva Henríquez (Santiago del Cile), ibid. 324; di Landázuri Ricketts (Lima), ibid. 375;
di Maximos IV Saigh, ibid. 379; di Vielmo (Cile), ibid., 553; di Gracias (Bombay), ibid.
400-401; particolarmente autorevole l’intervento di Ramanantoanina (Madagascar) che
parlò a nome degli oltre 300 Padri africani, ibid. 419-420.
32 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
16
Cf. le condiderazioni in merito di ROUTHIER, Il Concilio Vaticano II, 94-100.
17
Il Decreto sull’attività missionaria della Chiesa AD e quello sulla vita e il
ministero dei presbiteri PO.
18
CONCILIUM ŒCUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis de Ecclesia in
mundo huius temporis Gaudium et spes (07.12.1965), AAS 58 (1966) 1025-1115.
19
La scelta viene fatta il 17 novembre 1965, durante la 163a Congregazione
Generale. Il documento ha ricevuto diverse denominazioni: “Schema XVII” in una prima
lista di documenti in programma (lista Urbani), “Schema XIII” a partire dal 26 giugno 1964
(l’ultimo del “piano Döpfner”). È possibile ritrovare la lista delle possibilità di titolazione
sottoposte alla scelta dei Padri in AS IV/7, 346. Di seguito si riporta il testo di
presentazione riportato in nota all’inizio della Costituzione: «Constitutio Pastoralis “De
Ecclesia in mundo huius temporis” duabus partibus constans, unum quid tamen efficit.
“Pastoralis” autem dicitur Constitutio ex eo quod, principiis doctrinalibus innixa,
habitudinem Ecclesiae ad mundum et ad homines hodiernos exprimere intendit. Ideo nec in
priori parte pastoralis deest intentio, nec vero in secunda intentio doctrinalis. In parte
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 33
quidem priori, Ecclesia doctrinam suam evolvit de homine, de mundo in quem homo
inseritur, et de habitudine sua ad ipsos. In secunda autem diversos aspectus hodiernae vitae
et societatis humanae pressius considerat, et quidem speciatim quaestiones et problemata
quae nostris temporibus hac in re urgentiora videntur. Unde fit ut, in hac posteriori parte,
materia, principiis doctrinalibus subiecta, non tantum elementis permanentibus, sed etiam
contingentibus constet. Interpretanda est igitur Constitutio iuxta normas generales
theologicae interpretationis, et quidem ratione habita, praesertim in secunda eius parte,
adiunctorum mutabilium cum quibus res de quibus agitur natura sua connectuntur», AAS 58
(1966) 1025-1026.
20
Oltre al riferimento agli studi generali sul Concilio, si vedano alcuni contributi
specifici sulla GS: K. RAHNER, «Problematica teologica di una ‘Costituzione pastorale’», in
Nuovi Saggi 3, Roma 1969, 693-722; C. MOELLER, «Die Geschichte der
Pastoralkonstitution», in LThK2-E3, 242-279; cf. il numero monografico «Ripensare la
“Gaudium et spes”», in CredereOggi 85 (1995); Visionen des Konzils. 30. Jahre
Pastoralkonstitution «Gaudium et spes», ed. G. Fuchs – A. Lienkamp, München 1997;
particolarmente dettagliata la ricostruzione storico-redazionale di G. TURBANTI, Un concilio
per il mondo moderno. La redazione della Costituzione pastorale «Gaudium et spes» del
Vaticano II, Bologna 2000; F. SCANZIANI, «La Chiesa nel mondo: L’attualità di alcuni
princìpi ispiratori della Gaudium et spes», La Rivista del Clero Italiano 86 (2005) 90-106;
W. KASPER, «L’uomo e la Chiesa nel mondo contemporaneo», in Fedeltà e rinnovamento.
Il Concilio Vaticano II 40 anni dopo, ed. B. Forte, Cinisello Balsamo 2005; O.H. PESCH, Il
Concilio Vaticano II. Preistoria, svolgimento, risultati, storia post-conciliare, Brescia
2005, 329-371; H-J. SANDER, «Theologischer Kommentar zur Pastoralkonstitution über die
Kirche in der Welt von heute Gaudium et spes», in HThK 4, 581-886; F. SCANZIANI,
«L’antropologia sottesa a Gaudium et Spes. Invito alla lettura», La Scuola Cattolica 135
(2007) 625-652. Per un accostamento originale delle stratificazioni redazionali di GS in
rapporto alle fasi di sviluppo della pastorale liturgica post-conciliare, cf. M. DI BENEDETTO,
«La pastorale liturgica tra Concilio e sfide attuali, per la cultura e la missione educativa
della Chiesa», Rivista Liturgica 100 (2013) 825-842.
34 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il mistero
della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai soli figli della
Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini.
A tutti vuol esporre come esso intende la presenza e l’azione della Chiesa nel
mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli
uomini, ossia l’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro
le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca
i segni degli sforzi dell’uomo, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il
mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall’amore del
Creatore: esso è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato, ma il Cristo,
con la croce e la risurrezione ha spezzato il potere del Maligno e l’ha liberato
24
«Ideo Concilium Vaticanum Secundum, mysterio Ecclesiae penitius investigato,
iam non ad solos Ecclesiae filios omnesque Christi nomen invocantes, sed ad universos
homines incunctanter sermonem convertit, omnibus exponere cupiens quomodo Ecclesiae
praesentiam ac navitatem in mundo hodierno concipiat. Mundum igitur hominum prae
oculis habet seu universam familiam humanam cum universitate rerum inter quas vivit;
mundum, theatrum historiae generis humani, eiusque industria, cladibus ac victoriis
signatum; mundum, quem christifideles credunt ex amore Creatoris conditum et
conservatum, sub peccati quidem servitute positum, sed a Christo crucifixo et resurgente,
fracta potestate Maligni, liberatum, ut secundum propositum Dei transformetur et ad
consummationem perveniat», AAS 58 (1966) 1026.
25
Per una sintesi complessiva della discussione tra la fine di ottobre e l’inizio di
novembre 1964, cf. TURBANTI, Un concilio per il mondo, 399-458.
26
In particolare il dibattito venne segnato dalla contrapposizione alla visione del
mondo propria della concezione marxista. Cf. l’intervento del giovane arcivescovo di
Cracovia K. Wojtyla, AS III/5 298-300.
27
Cf. PESCH, Il Concilio Vaticano II, 369-370.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 37
28
Si tratta del testo elaborato a Zurigo, con la novità del supporto di consultori laici
per la sua elaborazione e, sullo sfondo, gli effetti del contatto con il Consiglio ecumenico
delle chiese. Fu il testo oggetto di discussione in assemblea nel corso del terzo periodo di
sessioni nell’autunno 1964. La discussione in Aula fu il passaggio decisivo per radicare le
fondamentali acquisizioni dell’impianto di Gaudium et spes fino all’approvazione e
promulgazione finali.
29
Non si può dedicare in questa sede il necessario e adeguato approfondimeneto
circa il rapporto tra antropologia e cristologia nella GS – che deve però essere debitamente
tenuto in considerazione sullo sfondo di questa e delle successive considerazioni. Basti
ricordare come i paragrafi finali dei tre capitoli della prima parte di GS siano sempre di
carattere cristologico. Per una trattazione sistematica della relazione tra antropologia e
38 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
cristologia, tra gli altri cf. W. KASPER, Teologia e Chiesa, Brescia 1989, specialmente il
capitolo “Cristologia e antropologia”, 202-273. Per un approccio al versante morale
dell’antropologia di GS, cf. P. BORDEYNE, «Pour une herméneutique contemporaine de
l’anthropologie morale de “Gaudium et spes”», Studia Moralia 50 (2012) 311-347.
30
Cf. CATTANEO, «La categoria “storia”», 11-32; GRECO, «Rivelazione e storia»,
117-128; E. CHIAVACCI, «La teologia della “Gaudium et Spes”», Rassegna di Teologia 26
(1985) 97-120.
31
Cf. GS 33: «[…] Ecclesia, quae depositum verbi Dei custodit, ex quo principia in
ordine religioso et morali hauriuntur, quin semper de singulis quaestionibus responsum in
promptu habeat, lumen revelationis cum omnium peritia coniungere cupit, ut iter
illuminetur, quod humanitas nuper ingressa est», AAS 58 (1966) 1052.
32
In realtà, tra i primi sette schemi elaborati dalla Commissione teologica
preparatoria e inviati ai Padri durante l’estate del 1962, a pochi mesi dall’inizio del
Concilio, figurava anche lo Schema constitutionis domaticae de ordine morale christiano,
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 39
elaborato dal gesuita F. Hürth, dal domenicano L.B. Gillo e dal francescano E. Lio. Di
fronte alle vibranti resistenze da parte di molti vescovi a causa della sua impostazione
manualistica lo schema venne abbandonato. Vi fu nel gennaio 1963 la proposta del card.
Suenens di una Costituzione più ampia dal titolo De Ecclesia relate ad personam humanam
in cui far confluire alcuni temi del primo schema. La proposta non ebbe seguito, ma
l’istanza di fondo entrò nell’elaborazione di GS.
33
Cf. CHIAVACCI, «La teologia della “Gaudium et spes”», 97-120, soprattutto per
l’introduzione di questa categoria storica e le sue implicazioni teologiche cf. 99-107.
34
GS 45: «[…] Verbum enim Dei, per quod omnia facta sunt, Ipsum caro factum
est, ita ut, perfectus Homo, omnes salvaret et universa recapitularet. Dominus finis est
humanae historiae, punctum in quod historiae et civilizationis desideria vergunt, humani
generis centrum, omnium cordium gaudium eorumque appetitionum plenitudo. Ille est
quem Pater a mortuis suscitavit, exaltavit et a dextris suis collocavit, Eum vivorum atque
mortuorum iudicem constituens. In Eius Spiritu vivificati et coadunati, versus historiae
humanae peregrinamur consummationem, quae cum consilio Eius dilectionis plene
congruit: “Instaurare omnia in Christo, quae in caelis et quae in terra sunt” (Eph 1,10)
[…]», AAS 58 (1966) 1066.
35
Prima del Concilio lo studio del sociale nel normale curriculum ecclesiastico era
confinato nell’ambito della filosofia, e più precisamente della filosofia morale. Il Concilio
ha rifiutato l’idea di una trattazione autonoma del tema sociale e ne ha invocato, di fatto,
l’inserimento nella sistematica della teologia morale.
40 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
Il Signore Gesù, quando prega il Padre perché “tutti siano una cosa sola,
come io e tu siamo una cosa sola” (Gv17,21), aprendoci prospettive
inaccessibili alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra
l’unione delle Persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e
nell’amore. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la
sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi
pienamente se non attraverso un dono sincero di sé36.
Il rischio che questa idea del «Dominus finis historiae» portava con sé
era quello di pensare ad un impegno sociale e politico i cui contenuti fossero
dedotti dalle fonti cristiane (Scrittura, Tradizione, filosofia, Magistero
sociale recente); per superare tale rischio la Costituzione sviluppa
parallelamente proprio l’idea dell’imago Dei38. Questa vocazione è,
36
«Immo Dominus Iesus, quando Patrem orat ut “omnes unum sint..., sicut et nos
unum sumus” (Io 17,21-22), prospectus praebens humanae rationi impervios, aliquam
similitudinem innuit inter unionem personarum divinarum et unionem filiorum Dei in
veritate et caritate. Haec similitudo manifestat hominem, qui in terris sola creatura est quam
Deus propter seipsam voluerit, plene seipsum invenire non posse nisi per sincerum sui
ipsius donum», AAS 58 (1966) 1045.
37
«Unde haec est humanae navitatis norma, quod iuxta consilium et voluntatem
divinam cum genuino humani generis bono congruat, et homini individuo vel in societate
posito integrae suae vocationis cultum et impletionem permittat», AAS 58 (1966) 1053.
38
cf. GS 12: «[…] Sacrae enim Litterae docent hominem “ad imaginem Dei”
creatum esse, capacem suum Creatorem cognoscendi et amandi, ab eo tamquam dominum
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 41
pertanto, presente in ogni uomo (ecco la base per un dialogo che riconosce
nell’adesione alla carità il fondamento comune anche ad extra) ed è presente
nello stato di una esperienza morale originaria della coscienza, come indica
l’articolo 1639.
Oltre ogni superficiale apparenza, quanto è stato fin qui
sommariamente presentato rispetto alle tre questioni fondamentali di GS 11
istituisce di fatto con il dato teologico-liturgico rinvenuto in SC una serie di
relazioni molto feconde. Se, infatti, i riferimenti diretti alla liturgia sono
sporadici e deboli nel testo della Costituzione pastorale40, GS esprime in
realtà la comprensione del fondamento dell’impegno dei cristiani per la
costruzione di un mondo rinnovato all’interno di una diffusa prospettiva
trinitaria e storico-salvifica, su una base ecclesiologica41 che utilizza spesso
l’immagine del raduno dei cristiani (coadunati, in GS 1, 40, 45, 92) e che si
fonda sulla attuazione dell’«opus Christi» (cf. GS 3). Non mancano, inoltre,
i riferimenti alla categoria misterica («mysterium paschale», GS 22, 38, e
poi riferimenti al «mysterium Dei, mysterium Verbi incarnati, mysterium
Ecclesiae, mysterium hominis, mysterium historiae humane, mysterium
mortis») e il frequente richiamo alla dimensione escatologica dell’impegno
super omnes creaturas terrenas constitutum, ut eas regeret, eisque uteretur, glorificans
Deum […]», AAS 58 (1966) 1034.
39
«In imo conscientiae legem homo detegit, quam ipse sibi non dat, sed cui obedire
debet, et cuius vox, semper ad bonum amandum et faciendum ac malum vitandum eum
advocans, ubi oportet auribus cordis sonat: fac hoc, illud devita. Nam homo legem in corde
suo a Deo inscriptam habet, cui parere ipsa dignitas eius est et secundum quam ipse
iudicabitur. Conscientia est nucleus secretissimus atque sacrarium hominis, in quo solus est
cum Deo, cuius vox resonat in intimo eius. Conscientia modo mirabili illa lex innotescit,
quae in Dei et proximi dilectione adimpletur. Fidelitate erga conscientiam christiani cum
ceteris hominibus coniunguntur ad veritatem inquirendam et tot problemata moralia, quae
tam in vita singulorum quam in sociali consortione exsurgunt, in veritate solvenda. Quo
magis ergo conscientia recta praevalet, eo magis personae et coetus a caeco arbitrio
recedunt et normis obiectivis moralitatis conformari satagunt. Non raro tamen evenit ex
ignorantia invincibili conscientiam errare, quin inde suam dignitatem amittat. Quod autem
dici nequit cum homo de vero ac bono inquirendo parum curat, et conscientia ex peccati
consuetudine paulatim fere obcaecatur», AAS 58 (1966) 1037.
40
Se ne fa accenno in alcuni articoli della Pars secunda, in relazione alla vita
matrimoniale e familiare (vd. il riferimento al sacramento in GS 48 e al culto liturgico quale
“aiuto” per i coniugi in GS 52) e alla cultura (duplice riferimento in GS 58, soprattutto in
merito al valore pedagogico della liturgia in ordine alla libertà interiore; riferimento al
valore dell’arte nella liturgia in GS 62).
41
Si noti ancora una volta la rilevanza dell’espressione incipiale di GS 2: «avendo
penetrato più a fondo il mistero della Chiesa».
42 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza
stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono
trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede
li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno. A
loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere
talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla
vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di
culto e in alcuni doveri morali. La dissociazione, che si costata in molti, tra
la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi
errori del nostro tempo […] Non si crei perciò un’opposizione artificiale tra
le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall’altra. Il
cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il
prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza
eterna42.
42
«[…] veritate discedunt qui, scientes nos non habere hic manentem civitatem sed
futuram inquirere, putent se proinde officia sua terrestria negligere posse, non attendentes
se per ipsam fidem ad eadem implenda magis teneri, secundum vocationem qua quisque
vocatus est. At non minus errant qui, e contrario, opinentur se ita seipsos negotiis
terrestribus immergere posse, quasi ista omnino aliena sint a vita religiosa, quippe quia
ipsam in solius cultus actibus et officiis quibusdam moralibus implendis consistere
arbitrentur. Discidium illud inter fidem quam profitentur et vitam quotidianam multorum,
inter graviores nostri temporis errores recensendum est. […] Ne igitur perperam inter se
opponantur activitates professionales et sociales ex una parte, vita religiosa ex altera.
Christianus, officia sua temporalia negligens, officia sua erga proximum, immo et ipsum
Deum negligit suamque aeternam salutem in discrimen adducit», AAS 58 (1966) 1062.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 43
43
Cf. SynGS, 326 ss.
44 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
44
Prima di SC 9-10, un implicito riferimento alla soggettualità dei membri della
comunità celebrante viene fatto già in SC 7, in riferimento all’esercizio del culto pubblico
integrale: «a mystico Iesu Christi Corpore, Capite nempe eiusque membris, integer cultus
publicus exercetur», AAS 56 (1964) 101.
45
Per una sommaria introduzione, cf. il sintetico excursus storico di M.
PALOMBELLA, Actuosa Participatio. Indagine circa la sua comprensione ecclesiale, Roma
2002, 11-41. Va detto che tale riferimento risulta utile come quadro storico di riferimento
generale, mentre rimane debole sul versante dell’indagine storico-teologica in riferimento
allo sviluppo del concetto. Particolarmente debole è il riferimento al passaggio conciliare e,
in termini generali, permane una considerazione riduttivamente ‘esteriore’ della
partecipazione attiva nell’azione liturgica. Altri riferimenti bibliografici saranno forniti
nelle note al paragrafo seguente, dedicato alla ‘preistoria’ del concetto di «actuosa
participatio».
46
Cf. le note introduttive all’enciclica nel Capitolo II §2.2.di questo studio. La
questione della partecipazione viene affrontata nella seconda delle quattro sezioni in cui
sono suddivisi i temi del documento, quella riguardante il culto eucaristico. Una volta
messo in luce, nella prima parte dell’enciclica, il ruolo sacerdotale di Cristo e la
partecipazione della Chiesa al suo sacerdozio, liberando almeno teoricamente la
comprensione della liturgia da riduzioni ritualistiche, nella seconda parte Papa Pacelli
orienta l’attenzione sul concetto di participatio, che innanzitutto deve essere interna, vale a
dire esercitata «con pia attenzione dell’animo e con intimo affetto del cuore». Infatti con
questa partecipazione i fedeli, in virtù del Battesimo, «non tantum per sacerdotis manus,
sed etiam una cum ipso quodammodo Sacrificium offerunt: qua quidem participatione,
populi quoquqe oblatio ad ipsum liturgicum refertum: cultum» (555-556). I fedeli
intervengono nell’azione celebrativa in modo attivo, in quanto offrono con il sacerdote che
presiede il sacrificio ed in quanto devono offrire se stessi come vittima. Usando il termine
«partecipare», l’enciclica sottolinea anche – comprensibilmente dentro la visione sacrificale
della teologia eucaristica e del sacerdozio ministeriale allora preminente – l’ufficio che la
gerarchia ha di illuminare ed istruire i fedeli sul loro diritto e dovere di partecipare al
sacrificio eucaristico in modo attivo, affinché essi si pongano in contatto con Cristo sommo
sacerdote. Tuttavia, è bene ricordare che «l’enciclica fa consistere la partecipazione con
l’imitazione di Cristo e dei suoi sentimenti, ponendo però l’azione dei fedeli in un piano più
psicologico che misterico» (TRIACCA, «Partecipazione», 1430). L’enciclica recita ancora
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 45
che «Laudibus igitur ii digni sunt, qui eo consilio ducti, ut christiana plebs Eucharisticum
Sacrificium facilius salubriusque participet, Liturgia externo etiam modo actio sacra fiat,
quam reapse adstantes omnes communicent. Id quidem non una ratione contingere potest;
cum nimirum universus populus, ex sacrorum rituum normis, vel sacerdotis verbis recto
servato ordine respondet, vel cantus edit, qui cum variis Sacrificii partibus congruant, vel
utrumque facit, vel denique cum in Sacris sollemnibus alternas Iesu Christi administri
precibus dat voces unaque simul liturgica cantica concinit» (560). In altri termini,
l’enciclica sottolinea l’importanza della partecipazione ‘esterna’. Questa, congiuntamente a
quella ‘interna’, costituisce la partecipazione ‘attiva’, che diventa perfetta quando è
concomitante alla partecipazione sacramentale. È evidente nella Mediator Dei una
gradualità di partecipazione: (esterna + interna = attiva), protesa a quella sacramentale
come forma piena della partecipazione.
47
«Ut haec tamen plena efficacitas habeatur, necessarium est ut fideles cum recti
animi dispositionibus ad sacram Liturgiam accedant, mentem suam voci accommodent, et
supernae gratiae cooperentur, ne eam in vacuum recipiant. Ideo sacris pastoribus
advigilandum est ut in actione liturgica non solum observentur leges ad validam et licitam
celebrationem, sed ut fideles scienter, actuose et fructuose eandem participant», AAS 56
(1964) 102-103.
48
BR 19.
46 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
al passo paolino di 2Cor 6,1); i pastori, invece, sono tenuti non solo
all’osservanza delle norme rituali e delle disposizioni canoniche, ma anche
ad una speciale vigilanza, affinché i fedeli possano partecipare alla
celebrazione in modo «consapevole, attivo e fruttuoso» («scienter, actuose
et fructuose»), quantunque questo beneficio spirituale dipenda in ultima
istanza dalla stessa grazia di Dio che, come precisa subito il documento
conciliare negli artt. 12-13, non viene elargita esclusivamente mediante
l’azione liturgica49. Proprio alla luce di quest’ultima precisazione si
potrebbe concludere che il riferimeno dell’art. 11 alle condizioni favorevoli
per una partecipazione più cosciente ed attiva dei fedeli alle azioni liturgiche
si limiti ad essere un’esortazione rivolta ai pastori delle comunità dal sapore
didattico-funzionale. Probabilmente, la percezione resterebbe tale se,
procedendo con la lettura del documento conciliare, non si incontrasse
subito, nella seconda sottosezione del capitolo intitolata «De liturgica
institutione et de actuosa participatione prosequendis» (artt. 14-20), un
nuovo quadro teologico dove il concetto di «actuosa participatio» va ad
assumere chiaramente il ruolo di principio fondamentale.
È specialmente SC 14 ad offrire gli elementi essenziali che rivelano
l’indicazione di un impianto teologico destinato a determinare il passo della
stessa Costituzione e, implicitamente, di tutto il lavoro conciliare seguente:
È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a
quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche,
che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo
cristiano, «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato»
(1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in forza del battesimo. A tale piena e
attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel
quadro della riforma e della promozione della liturgia. Essa infatti è la prima
e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito
cristiano, e perciò i pastori d’anime in tutta la loro attività pastorale devono
sforzarsi di ottenerla attraverso un’adeguata formazione. Ma poiché non si
può sperare di ottenere questo risultato, se gli stessi pastori d’anime non
saranno impregnati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia e
49
In SC 11-13 si afferma che la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione
alle celebrazioni liturgiche (cf. SC 12), ma si nutre anche della preghiera personale e dei pii
esercizi del popolo cristiano armonizzati con le azioni liturgiche (cf. SC 13).
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 47
50
«Valde cupit Mater Ecclesia ut fideles universi ad plenam illam, consciam atque
actuosam liturgicarum celebrationum participationem ducantur, quae ab ipsius Liturgiae
natura postulatur et ad quam populus christianus, “genus electum, regale sacerdotium, gens
sancta, populus adquisitionis” (1Petr 2,9; cf. 2,4-5), vi Baptismatis ius habet et officium.
Quae totius populi plena et actuosa participatio, in instauranda et fovenda sacra Liturgia,
summopere est attendenda: est enim primus, isque necessarius fons, e quo spiritum vere
christianum fideles hauriant; et ideo in tota actione pastorali, per debitam institutionem, ab
animarum pastoribus est sedulo adpetenda. Sed quia, ut hoc evenire possit, nulla spes
effulget nisi prius ipsi animarum pastores spiritu et virtute Liturgiae penitus imbuantur in
eaque efficiantur magistri, ideo pernecesse est ut institutioni liturgicae cleri apprime
consulatur […]», AAS 56 (1964) 104.
51
SC 8: «In terrena Liturgia cælestem... prægustando participamus»; SC 10:
«labores apostolici ad id ordinantur ut omnes… Sacrificium participent»; SC 11:
advigilandum... ut fideles scienter, actuose et fructuose... participent»; SC 17: «Clerici...
sacros ritus... toto animo participare queant»; SC 21: «textus... ita ordinari oportet, ut...
populus... plena... celebratione participare possit»; SC 33: «dum Ecclesia vel orat vel canit
vel agit, participantium fides alitur»; SC 48: «christifideles sacram actionem conscie, pie et
actuose participent»; SC 53: «“Oratio communis”... restituantur ut, populo eam participante,
obsecrationes fiant»; SC 56: «pastores... fideles... doceant de integra Missa participanda»;
SC 85:«summum Sponsae... honorem participant... laudes Deo persolventes»; SC 90:
«obsecrantur... Officium participantes, ut... mens concordet voci»; SC 106: «Hac... die
[dominica] christifideles... Eucharistiam participantes... gratias agant Deo»; SC 113:
«Formam nobiliorem actio liturgica accipit, cum Officia sollemniter... elebrantur... quae
populus actuose participet».
52
SC 12: «Vita... spiritualis non unius... Liturgiae participatione continetur»; SC 14:
«De liturgica institutione et de actuosa participatione»; cupit... Ecclesia ut fideles... ad
plenam... consciam... actuosam... participationem ducantur; plena et actuosa participatio, in
instauranda... Liturgia, summopere est attendenda»; SC 19: «actuosam... participationem...
iuxta… aetatem, condicionem… pastores sedulo… prosequantur»; SC 26: «Actiones
liturgicae... membra... pro diversitate actualis participationis attingunt»; SC 27:
«celebrationem... cum... actuosa participatione... praeferendam celebrationi.. singulari»; SC
30: «Ad actuosam participationem promovendam, populi... responsiones... cantica...
foveantur»; SC 41: «praecipuam manifestationem Ecclesiae... in plenaria et actuosa
participatione... in iisdem celebrationibus»; SC 50: «Ordo Missae... recognoscatur, ut...
actuosa... participatio facilior reddatur»; SC 55: «Commendatur illa perfectior Missae
participatio qua fideles... Corpus Dominicum sumunt»; SC 79: «Sacramentalia
recognoscantur, ratione habita normae primariae de conscia, actuosa et facili
48 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
56
«26. Actiones liturgicae non sunt actiones privatae, sed celebrationes Ecclesiae,
quae est “unitatis sacramentum”, scilicet plebs sancta sub Episcopis adunata et ordinata.
Quare ad universum Corpus Ecclesiae pertinent illudque manifestant et afficiunt; singula
vero membra ipsius diverso modo, pro diversitate ordinum, munerum et actualis
participationis, attingunt. 27. Quoties ritus, iuxta propriam cuiusque naturam, secum ferunt
celebrationem communem, cum frequentia et actuosa participatione fidelium, inculcetur
hanc, in quantum fieri potest, esse praeferendam celebrationi eorundem singulari et quasi
privatae. Quod valet praesertim pro Missae celebratione, salva semper natura publica et
sociali cuiusvis Missae, et pro Sacramentorum administratione», AAS 56 (1964) 107.
57
«Episcopus ut sacerdos magnus sui gregis habendus est, a quo vita suorum
fidelium in Christo quodammodo derivatur et pendet. Quare omnes vitam liturgicam
dioeceseos circa Episcopum, praesertim in ecclesia cathedrali, maximi faciant oportet: sibi
persuasum habentes praecipuam manifestationem Ecclesiae haberi in plenaria et actuosa
participatione totius plebis sanctae Dei in iisdem celebrationibus liturgicis, praesertim in
eadem Eucharistia, in una oratione, ad unum altare cui praeest Episcopus a suo presbyterio
et ministris circumdatus», AAS 56 (1964) 111.
58
Per fondare la consistenza teologica di tale allusione la Costituzione segnala qui le
relative riferenze a 1Pt 2,9 e 2,4-5.
50 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
59
Per quanto riguarda lo sfondo ecclesiologico entro cui leggere in maniera
intratestuale la teologia e le indicazioni sulla participatio, cf. M. AUGÈ, «La Partecipazione
Attiva nello spirito della Sacrosanctum Concilium», in La Partecipazione Attiva nella
Liturgia, ed. Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, Milano 2005, 15-32. Utile
anche rifarsi a PRÉTOT, «Liturgie et ecclésiologie»,183-210.
60
Cf. SynSC, 56-57.
61
L’espressione più evidente del livello teologico-misterico della rinnovata
comprensione di participatio in rapporto al culto si trova in SC 48, ad introduzione del
capitolo dedicato al mistero eucaristico. La partecipazione qui è da intendersi finalizzata
non tanto all’azione liturgica in sé, ma come partecipazione al mistero della fede «per ritus
et preces». Per un approfondimento cf. E. MAZZA, «La partecipazione attiva alla liturgia.
Dalla Mediator Dei alla Sacrosanctum Concilium», Ecclesia Orans 30 (2013) 313-334.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 51
questo campo cerchino di guidare il loro gregge non solo con la parola ma
anche con l’esempio62.
62
«Liturgicam institutionem necnon actuosam fidelium participationem, internam et
externam, iuxta ipsorum aetatem, condicionem, vitae genus et religiosae culturae gradum,
animarum pastores sedulo ac patienter prosequantur, unum e praecipuis fidelis mysteriorum
Dei dispensatoris muneribus absolventes; et gregem suum hac in re non verbo tantum, sed
etiam exemplo ducant», AAS 56 (1964) 105.
63
Con questa sottolineatura si intende qui anticipare un cenno alla ‘preistoria’ di
questa affermazione, richiamando il valore imprescindibile che l’enciclica MD di Pio XII
ebbe proprio in riferimento al duplice livello della partecipazione.
64
«Ad actuosam participationem promovendam, populi acclamationes,
responsiones, psalmodia, antiphonae, cantica, necnon actiones seu gestus et corporis
habitus foveantur. Sacrum quoque silentium suo tempore servetur», AAS 56 (1964) 108.
65
Tema ripreso anche in SC 33, con una accentuazione dell’unità psico-spirituale e
corporea della persona umana: «[…] Immo, preces a sacerdote, qui coetui in persona
Christi praeest, ad Deum directae, nomine totius plebis sanctae et omnium circumstantium
dicuntur. Signa tandem visibilia, quibus utitur sacra Liturgia ad res divinas invisibiles
significandas, a Christo vel Ecclesia delecta sunt. Unde non solum quando leguntur ea quae
“ad nostram doctrinam scripta sunt” (Rom 15,4), sed etiam dum Ecclesia vel orat vel canit
vel agit, participantium fides alitur, mentes in Deum excitantur ut rationabile obsequium Ei
praestent, gratiamque Eius abundantius recipient […], AAS 56 (1964) 108.
66
Cf. AUGÈ, «La partecipazione attiva», 15-32.
52 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
67
AUGÈ, «La partecipazione attiva», 23.
68
Da notare, in proposito, come si insista sulla forma comunitaria quale forma tipica
della celebrazione, derivante dall’indole gerarchica e comunitaria della liturgia stessa (cf.
nel Caput I: SC 19 e 21 e, soprattutto, la sezione 26-32).
69
Cf. KACZYNSKI, HThK 2, 80; A. Cuva si è impegnato in una lettura di queste
qualificazioni della «participatio», distinguendo tra “istituenti” e “complementarie”, dove
le prime si specificano in stretto rapporto alla natura stessa della «participatio» e che, in
relazione con le seconde, determinano la “fisionomia” propria della liturgia, cf. A. CUVA,
«Per un’attualizzante partecipazione dei fedeli alla liturgia. Lineamenti di pastorale
liturgica alla luce della Sacrosanctum Concilium», in Actuosa Participatio. Conoscere,
comprendere e vivere la Liturgia. Studi in onore del prof. Domenico Sartore, csj, ed. A.
Montan – M. Sodi, Città del Vaticano 2002, 179-192.
70
Cf. PIUS X, Tra le sollecitudini, 330-331 (in questa dissertazione cf. Cap. II, §2.1).
Il passo viene citato in SC 14.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 53
71
Cf. E. FORCELLINI – F. CORRADINI – J. PERRIN, Lexicon totius latinitatis, Pavia
4
1940, sub voce, participatio è sinonimo ed è equiparabile a communicatio. Si noti che
communicatio non appare nelle fonti liturgiche antiche, dove invece è frequente
participatio. E’ invece presente nelle fonti il verbo communicare per indicare la
partecipazione alla comunione eucaristica e la comunione fra tutti i membri della Chiesa.
72
Si vedano le indagini di A. LUPP, Der Begriff “Participatio” im Sprachgebrauch
der römischen Liturgie, Monaco 1960; M. STUFLESSER, «Aktuosa Participatio: Zwischen
hektischem Aktionismus und neuer Innerlichkeit», Liturgisches Jahrbuch 59 (2009) 147-
186, soprattutto per una sintesi dei dati fondamentali 150-151.
73
Cf. TERTULLIANI, De Oratione, ed. G.F. Diercks, Turnholti 1954, 267-268.
74
«Calix benedictionis, cui benedicimus, nonne communicatio sanguinis Christi est?
Et panis, quem frangimus, nonne communicatio corporis Christi est?».
75
LEO MAGNUS, Tractatus LXIII, ed. A. Chavasse, Turnholti 1973, 388.
76
Basterebbe esaminare le preghiere Post Communio degli antichi sacramentari, ad
es. GeV 993: «Solemne nobis intercessio beati Laurenti martyris, quaesumus, domine,
praestet auxilium, ut caelestis mensae participacio quae sumpsimus tribuat aecclesiae tuae
recensita laeticia: per». Per una testimonianza dell’interesse per lo studio del tema nei
documenti dell’antichità liturgico-occidentale si vedano i lavori di F. NAKAGAKI,
Partecipazione attiva dei fedeli secondo il Sacramentario Veronese. Un importante aspetto
dell’ecclesiosologia in prospettiva liturgica, Roma 1969; A.M. TRIACCA, «La “méthexis”
54 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
78
PALOMBELLA, Actuosa Participatio, 27-28.
79
Si veda la documentata ricerca svolta per il conseguimento del Dottorato presso
l’Istituto Liturgico anselmiano da M.G. SHIRILLA, The principle of Active Participation of
the faithful in Sacrosanctum Concilium. An Historical Study of its development in the
56 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
Antipreparatory, Preparatory and Conciliar Periods of the Second Vatican Council, Roma
1990, da cui sono stati tratti i principali riferimenti per la presente sintesi.
80
«1. Concilium vitae internæ religiosae fidelium fovendae studeat. Quod exercita
pietatis attinet, principium sit: non multa, sed multum, i.e. quantitati praeferatur qualitas. 2.
Congrua legislatio edatur, quae actuosam fidelium participationem in liturgicis functionibus
promoveat; vitentur tamen excessus. 3. Admittatur in Actibus Concilii illa cultus liturgici
notio, quam ultimi Pontifices a S. Pio X ad Pium Xll in claram lucem adduxerunt, sc.
Actuosa fidelium participatio sacris liturgiae actionibus. 4. Magis magisque in dies faveatur
participatio fidelium celebrationibus liturgicis. 5. Opportuna et utilis videtur maior
participatio fidelium celebrationibus liturgicis, praesertim Missae. 6. Omnes fideles ita
erudiantur ut suas partes assumere valeant in actione sacrificali S. Missae, iuxta normas a S.
Congregatione Rituum propositas mense septembri a. 1958. 7. Activa participatio fidelium
in Missae celebratione commendetur. 8. Unica disciplina statuatur in activa participatione
Missae. 9. Missa dialogata foveatur. 10. Fidelibus laicis detur facultas actuosius in
sacrosancto Missae sacrificio offerendo participandi. 11. Non tantum Missale sed et omnes
liturgici libri edantur lingua vernacula. 12. In luce ponatur quod omnis devotionis actus
semper cum sacrificio Crucis et altaris coniunctus est; propterea, si ex causa rationali
aliquid non possit directe in Missa vel cum Missa fieri, tamen omnino non erit
intermittendum et suum valorem ex Missa sumit. 13 Pro multis fidelibus Missa est hodie
caerimonia incomprehensibilis et illi adsunt recitando s. rosarium vel alias preces. Ideoque
valde opportunum est commendare activam participationem s. sacrificio. Ad hoc utilis est
usus parvi missalis, praxis Missae dialogatae, lectio pubica lingua vulgari textuum
liturgicorum. In Gallia populus sequitur actionem liturgicam adiutorio sic dicti
«animateur». 14. Celebratio Missae, administratio sacramentorum necnon
commemorationes liturgicae fiant ritibus vividis ac simplicibus, quia multi sese committunt
ritibus novarum sectarum (Spiritismi et Protestantismi). 15. Normae statuentur, quomodo
Episcopi in suis dioecesibus internam fidelium participationem sacrificii eucharistici
promovere possint ac debeant. Cultus internus quem fideles in sacrificio eucharistico cum
Christo et per Christum Deo praestare oportet, quique per externum consecrationis
eucharisticae ritum manifestatur ac significatur, quinque complectitur actus: fideles
semetipsos una cum Christo Deo devovere debent; fideles adorationem ab ipso Christo
Patri exhibitam spirituali modo comprehendere atque una cum Christo Patri offerre debent;
fideles gratiarum actionem ab ipso Christo Patri allatam spirituali modo comprehendere
atque una cum Christo Patri offerre debent; fideles cultum a Christo sacrificio Crucis
praestitum una cum Christo Patri offerre tamquam cuiusvis gratiae pretium debent; fideles
cultum a Christo sacrificio Crucis praestitum una cum Christo Patri offerre tamquam
dignam prò vivorum ac mortuorum peccatis satisfactionem debent. Episcoportum esset
operam dare ut orationes latinae Missalis Romani, quae illos quinque affectus, in quibus
constat cultus internus una cum Christo et per Christum Deo praestandus, saltem implicite
enuntiant, in linguam vernaculam translatae talem formam induant, quae conditioni
fidelium intellectuali conveniat eosque ad hos affectus eliciendos vere moveat. 16. Vita
liturgica talibus exornetur expressionibus ut fideles mente et corde magis magisque
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 57
84
Una ricostruzione precisa dei fatti in F. MAGNANI, Carlo Rossi (1890-1980)
“Sacræ Liturgiæ cultor et amplificator eximius”. Contributo allo studio del Movimento
Liturgico Italiano, Padova 1996.
85
Cf. soprattutto LG 10-11.
86
Qui è utile rifarsi a B. BAROFFIO, «Mons. Mario Righetti e il capitolo III della
“Sacrosanctum Concilium”», in Teologia, Liturgia, Storia. Miscellanea in onore di Carlo
Manziana, ed C. Ghidelli, Brescia 1977, 319-350.
87
Cf. CATELLA, «Interpretare SC», 49, nota 82.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 59
Quello che emerge dal lavoro della fase preparatoria ruota, anzitutto,
attorno ai princìpi derivati dalle acquisizioni magisteriali e teologiche fino
ad allora maturate, con particolare sottolineatura circa la natura gerarchica
della Chiesa, il carattere pastorale della liturgia, il valore della liturgia per la
vita spirituale, il rapporto tra partecipazione esterna (mediante il
coinvolgimento delle dimensioni gestuale e verbale) ed interna. Ciò su cui la
discussione conobbe i momenti di più alta tensione furono le questioni
relative ai mezzi da utilizzare per realizzare una più consapevole ed attiva
partecipazione dei fedeli: i temi della comprensibilità e della
semplificazione dei riti e, in particolare, il tema dell’uso della lingua
volgare. Fu comunque proprio l’approccio alla ‘questione liturgica’ in
relazione alla più ampia vita della Chiesa a risultare come il fattore di
autentica novità. Come sottolinea Shirilla, la speranza emergente in questa
fase era quella che
la partecipazione attiva dei fedeli […] porterà frutto in una più ampia e
profonda partecipazione in tutte le attività della vita ecclesiale. Una
partecipazione attiva nella liturgia significherà una più attiva partecipazione
nella stessa vita di fede88.
91
«the need to support the desire for active participation by clearly determining the
theological basis for it», SHIRILLA, The principle, 354.
92
«if the goal of an active participation would be realized, the priesthood of the
baptized would emerge as actualized in the participation», SHIRILLA, The principle, 355.
93
Ne dà conto SHIRILLA, The principle, 356-357.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 61
94
Cf. SC 37-40; cf. SHIRILLA, The principle, 359; cf. CUVA, «Adattamento
liturgico», 1-6.
95
SynSC, 49.
62 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
96
«Proinde omnis liturgica celebratio, utpote opus Christi sacerdotis eiusque
Corporis, quod est Ecclesia, est actio sacra praecellenter, cuius efficacitatem eodem titulo
eodemque gradu nulla alia actio Ecclesiae adaequat», AAS 56 (1964) 101.
97
Cf. SynSC, 34-35.
98
Si riporta di seguito la nota redatta in merito da SynSC, 35: «Pag. 7, linea 31,
textus primitivus substituatur textui emendato cum nutatione unius verbi, ita ut sic legatur:
... «actio sacra praecellenter, titulo qui eodem modo nulli alii actioni in Ecclesia factae
convenit»: a) Quia sunt actiones quaedam quae superant efficacitatem Liturgiae, v. gr.
praedicatio Evangelii ad infideles, confessio fidei inter persecutiones, martyrium, abs-
conditae orationes contemplativorum, etc. (1 Pater), b) Quia dari possunt actus non liturgici
qui gradu efficacitatis sanctificatricis et meritoriae efficacitatem actuum liturgicorum vel
coaequare vel superare possunt, sed non eodem titulo (1 Pater)».
99
SynSC, 53.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 63
100
Cf. W. DIEZINGER, Effectus in der römischen Liturgie. Eine kultsprachliche
Untersuchung, Bonn 1961; cf. anche lo studio del filosofo italiano G. AGAMBEN, Opus Dei,
Archeologia dell’ufficio, Torino 2012, soprattutto 42-79, in cui viene esposto il paradigma
ontologico originale proprio della liturgia che indica nella categoria dell’effettualità, a
partire dalle ricerche caseliane sul ‘mysterium’, la decisiva possibilità di comprensione
dell’azione liturgica. L’essere è indiscernibile dai suoi effetti, consiste in essi ed è
funzionale ad essi. Le implicazioni di tale paradigma spingono, dunque, a comprendere
l’azione sacramentale come scissa in due: «un’azione manifesta (opus operans o operantis)
che sembra agire, ma che in realtà non fa che offrire lo strumento e la “vece” a un agente
occulto, cui compete tutta l’efficacia dell’operazione. Ma è proprio grazie a questa
separazione dell’azione (ridotta a causa strumentale) dalla sua efficacia che l’operazione
sacramentale può raggiungere immancabilmente la sua effettualità ex opere operato» (ibid.
79). Per completezza, si vedano le pertinenti osservazioni critiche a questa impostazione
filosofica proposte da A. PONSO, «Dal mistero all’effetto in Giorgio Agamben. Una critica a
Opus Dei. Archeologia dell’ufficio», Rivista Liturgica 101 (2014) 321-334.
101
Da integrarsi con le altre ricorrenze interne alla Costituzione conciliare: cf. SC
49, dove il progetto di riforma viene motivato proprio in ordine alla «plenam pastoralem
efficacitatem etiam rituum forma» del Sacrificium Missæ; SC 89, in cui la preghiera
liturgica della Liturgia delle Ore viene messa in relazione con l’efficacitas che solo il
Signore può dare alle opere in cui i presbiteri si trovano impegnati.
64 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
102
Per la presente ricerca ci si è riferiti a X. OCHOA, Index verborum cum documenti
Concilii Vaticani Secundi, Roma 1967.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 65
103
«In corpore illo vita Christi in credentes diffunditur, qui Christo passo atque
glorificato, per sacramenta arcano ac reali modo uniuntur(6). Per baptismum enim Christo
conformamur: “Etenim in uno Spiritu omnes nos in unum corpus baptizati sumus” (1Cor
12,13). Quo sacro ritu consociatio cum morte et resurrectione Christi repraesentatur et
efficitur: “Consepulti enim sumus cum illo per baptismum in mortem”; si autem
“complantati facti sumus similitudini mortis Eius, simul et resurrectionis erimus” (Rom 6,4-
5). In fractione panis eucharistici de Corpore Domini realiter participantes, ad
66 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
communionem cum Eo ac inter nos elevamur. “Quoniam unus panis, unum corpus multi
sumus, omnes qui de uno pane participamus” (1Cor 10,17). Ita nos omnes membra illius
Corporis efficimur (cf. 1Cor 12,27), “singuli autem alter alterius membra” (Rom 12,5)»,
AAS 57 (1965) 9-10.
104
«Christus Dominus, Pontifex ex hominibus assumptus (cf. Hebr 5,1-5) novum
populum “fecit... regnum, et sacerdotes Deo et Patri suo” (Apoc 1,6; cf. 5,9-10). Baptizati
enim, per regenerationem et Spiritus Sancti unctionem consecrantur in domum spiritualem
et sacerdotium sanctum, ut per omnia opera hominis christiani spirituales offerant hostias,
et virtutes annuntient Eius qui de tenebris eos vocavit in admirabile lumen suum (cf. 1Pt
2,4-10)», AAS 57 (1965) 14.
105
«Indoles sacra et organice exstructa communitatis sacerdotalis et per sacramenta
et per virtutes ad actum deducitur. Fideles per baptismum in Ecclesia incorporati, ad cultum
religionis christianae charactere deputantur et, in filios Dei regenerati, fidem quam a Deo
per Ecclesiam acceperunt coram hominibus profiteri tenentur. Sacramento confirmationis
perfectius Ecclesiae vinculantur, speciali Spiritus Sancti robore ditantur, sicque ad fidem
tamquam veri testes Christi verbo et opere simul diffundendam et defendendam arctius
obligantur. Sacrificium eucharisticum, totius vitae christianae fontem et culmen,
participantes, divinam Victimam Deo offerunt atque seipsos cum Ea; ta tum oblatione tum
sacra communione, non promiscue sed alii aliter, omnes in liturgica actione partem
propriam agunt. Porro corpore Christi in sacra synaxi refecti, unitatem Populi Dei, quae hoc
augustissimo sacramento apte significatur et mirabiliter efficitur, modo concreto exhibent.
Qui vero ad sacramentum poenitentiae accedunt, veniam offensionis Deo illatae ab Eius
misericordia obtinent et simul reconciliantur eum Ecclesia, quam peccando vulneraverunt,
et quae eorum conversioni caritate, exemplo, precibus adlaborat. Sacra infirmorum unctione
atque oratione presbyterorum Ecclesia tota aegrotantes Domino patienti et glorificato
commendat, ut eos alleviet et salvet (cf. Iac 5,14-16), immo eos hortatur ut sese Christi
passioni et morti libere sociantes (cf. Rom 8,17; Col 1,24; 2Tim 2,11-12; 1Pt 4,13), ad
bonum Populi Dei conferant. Iterum, qui inter fideles sacro Ordine insigniuntur, ad
Ecclesiam verbo et gratia Dei pascendam, Christi nomine instituuntur. Tandem coniuges
christiani, virtute matrimonii sacramenti, quo mysterium unitatis et fecundi amoris inter
Christum et Ecclesiam significant atque participant (cf. Eph 5,32), se invicem in vita
coniugali necnon prolis susceptione et educatione ad sanctitatem adiuvant, adeoque in suo
vitae statu et ordine proprium suum in Populo Dei donum habent. Ex hoc enim connubio
procedit familia, in qua nascuntur novi societatis humanae cives, qui per Spiritus Sancti
gratiam, ad Populum Dei saeculorum decursu perpetuandum, baptismo in filios Dei
constituuntur. In hac velut Ecclesia domestica parentes verbo et exemplo sint pro filiis suis
primi fidei praecones, et vocationem unicuique propriam, sacram vero peculiari cura,
foveant oportet.Tot ac tantis salutaribus mediis muniti, christifideles omnes, cuiusvis
conditionis ac status, ad perfectionem sanctitatis qua Pater ipse perfectus est, sua quisque
via, a Domino vocantur», AAS 57 (1965) 15-16.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 67
106
Cf. AA 3: «Laici officium et ius ad apostolatum obtinent ex ipsa sua cum Christo
Capite unione. Per Baptismum enim corpori Christi mystico inserti, per Confirmationem
virtute Spiritus Sancti roborati, ad apostolatum ab ipso Domino deputantur. In regale
sacerdotium et gentem sanctam (cf. I Pt. 2, 4-10) consecrantur, ut per omnia opera
spirituales offerant hostias et ubique terrarum Christo testimonium perhibeant. Sacramentis
autem, praesertim SS. Eucharistia, communicatur et alitur illa caritas quae veluti anima est
totius apostolatus […]», AAS 58 (1966) 839.
107
«Ipsi enim, actuosa participatione vitae liturgicae suae communitatis nutriti,
sollicite partes agunt in eiusdem operibus apostolicis; homines longe fortasse versantes, ad
Ecclesiam adducunt; in verbo Dei tradendo, praesertim catechetica institutione, impense
cooperantur; oblata sua peritia curam animarum et etiam administrationem bonorum
Ecclesiae efficaciorem reddunt», AAS 58 (1966) 846.
68 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
La liturgia appare dunque come «fons» della vera vita cristiana (cf. AA
16) da cui attingere l’energia dell’apostolato, ma va sottolineato al
contempo che nell’ottica complessiva dell’esposizione non viene fatto cenno
circa l’importanza formativa della stessa azione liturgica. È sufficiente
segnalare in proposito l’assenza di ogni riferimento liturgico in AA 29 che,
invece, ha proprio lo scopo di esporre i princìpi per la formazione dei laici
all’apostolato, ma che di fatto non richiama nemmeno implicitamente il
valore della mediazione «per ritus et preces» (cf. SC 48) che la Costituzione
liturgica aveva introdotto come permanente principio iniziatico-formativo.
Tale principio lo si ritrova invece affermato proprio in GS. L’art. 58
della Costituzione pastorale, infatti, delineando la riflessione sui molteplici
rapporti fra il Vangelo e la cultura, recita:
108
TRIACCA, «Partecipazione», 1440.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 69
mediante la sua azione, anche liturgica (etiam liturgicam), educa l’uomo alla
libertà interiore109.
In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm
5,14) e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente
l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione. Nessuna
meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte in lui trovino la loro
sorgente e tocchino il loro vertice110.
109
«Bonum Christi nuntium hominis lapsi vitam et cultum continenter renovat, et
errores ac mala, ex semper minaci peccati seductione manantia, impugnat et removet.
Mores populorum indesinenter purificat et elevat. Animi ornamenta dotesque cuiuscumque
populi vel aetatis supernis divitiis velut ab intra fecundat, communit, complet atque in
Christo restaurat. Sic Ecclesia, proprium implendo munus, iam eo ipso ad humanum
civilemque cultum impellit atque confert, et actione sua, etiam liturgica, hominem ad
interiorem libertatem educat», AAS 58 (1966) 1079.
110
«Reapse nonnisi in mysterio Verbi incarnati mysterium hominis vere clarescit.
Adam enim, primus homo, erat figura futuri, scilicet Christi Domini. Christus, novissimus
Adam, in ipsa revelatione mysterii Patris Eiusque amoris, hominem ipsi homini plene
manifestat eique altissimam eius vocationem patefacit. Nil igitur mirum in Eo praedictas
veritates suum invenire fontem atque attingere fastigium», AAS 58 (1966) 1042.
70 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
111
«mysterio paschali consociatus, Christi morti configuratus, ad resurrectionem spe
roboratus occurret», AAS 58 (1966) 1043.
112
«tenere debemus Spiritum Sanctum cunctis possibilitatem offerre ut, modo Deo
cognito, huic paschali mysterio consocientur», AAS 58 (1966) 1043.
113
Restano indubbiamente pertinenti le osservazioni sollevate da più parti circa i
limiti con cui GS tratta il rapporto tra liturgia e i singoli aspetti; ad esempio, sul rapporto tra
liturgia e cultura, C. Cibien segnala che «la GS ha una visione abbastanza limitata della
liturgia e forse per questo ne prospetta una trattazione “culturalmente” povera. Nominata
più volte, la liturgia non è mai collocata in un preciso rapporto con la cultura se non quello
di “campo di applicazione” o di aiuto spirituale (GS 52) assieme ad altri», CIBIEN, «Cultura
e liturgia», in Lit., 533. La lettura intertestuale consente di inquadrare la questione entro un
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 71
orizzonte ermeneutico più ampio e perciò capace di manifestare un livello più profondo –
sebbene non esente da limiti – di comprensione dei rapporti.
114
TRIACCA, «Partecipazione», 1140 (n.b. i corsivi sono fedelmente riportati dal
testo originale dell’Autore).
72 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
115
Si tenga presente, ad esempio, che il termine con cui la Chiesa ha nominato la sua
prassi rituale è «liturgia» solo a partire dal XVII secolo. Prima di esso il termine utilizzato
era officium (vedi la trattatistica, dal De ecclesiasticis officiis di Isidoro al Liber officialis di
Amalario di Metz, ed altri fino al Rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durando).
Nei primi secoli la traduzione per il greco leitourgia era soprattutto munus in riferimento
alla liturgia politica imperiale, poi trasferito in ambito ecclesiastico per riferirsi al servizio
divino proprio del sacerdote e allo stesso sacrificio di Cristo. Per un esemplare paradigma
di questa ricerca si veda AGAMBEN, Opus Dei, 80-103; cf. anche H. STRATHMANN,
«leitourgeō, leitourgia», in Grande Lessico del Nuovo Testamento 6, ed. G. Kittel – G.
Friedrich, Brescia 1970, 589-627; cf. in riferimento all’area semantica di opus nella SC, le
considerazioni di MAGGIANI, «La prassi ecclesiale dei Sacramenti», 43-62.
116
Oltre all’aspetto semantico del reciproco influsso tra ambito liturgico e ambito
dell’impegno, può essere utile soffermarsi anche sulle modalità di approccio alle due realtà,
ad esempio cf. C. BÉRAUD, «La participation des laïcs à la vie ecclésiale. Approche
comparée avec les modalités d’engagement en milieu associatif profane», La Maison-Dieu
241 (2005) 7-27.
117
In questo tentativo di accostamento linguistico tra l’ambito liturgico con quello
della vita sociale-economica-politica sembra opportuno tenere presenti le osservazioni
criche che A.M. Triacca presenta in merito ai rischi di questa impropria sovrapposizione di
termini, soprattutto quello di ridurre la questione della partecipazione attiva ad una modalità
esterna (cf. TRIACCA, «Partecipazione», 573-585). Ferma restando la diversità sostanziale
della participatio (“methexis”) liturgica rispetto a quella relativa agli ambiti di un impegno
di cooperazione umano/sociale, si ritiene tuttavia di non poter abbandonare il percorso di
confronto semantico intrapreso, perché proprio questo percorso può offrire, almeno come
primo risultato, gli elementi utili per una ri-defizione delle autonomie proprie di ogni
ambito, ma anche del loro legame non solo “morale”, ma anzitutto “teologico” –
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 73
Questa vita d’intimità con Cristo viene alimentata nella Chiesa con gli
AA 4 aiuti spirituali comuni a tutti i fedeli, soprattutto con la partecipazione
attiva («actuosa participatione») alla sacra liturgia121.
Nutriti dall’attiva partecipazione («actuosa participatione») alla vita
AA 10 liturgica della propria comunità, [i laici] partecipano con sollecitudine
alle sue opere apostoliche122.
I laici devono usare tali aiuti in modo che, mentre compiono con rettitudine i
doveri del mondo nelle condizioni ordinarie di vita, non separino dalla
121
«Haec vita intimae unionis cum Christo in Ecclesia alitur subsidiis spiritualibus,
quae omnibus fidelibus sunt communia, praesertim actuosa participatione Sacrae
Liturgiae», AAS 58 (1966) 840.
122
«Ipsi enim, actuosa participatione vitae liturgicae suae communitatis nutriti,
sollicite partes agunt in eiusdem operibus apostolicis», AAS 58 (1966) 846.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 75
propria vita l’unione con Cristo, ma crescano sempre più in essa compiendo
la propria attività secondo il volere divino123.
123
«ita a laicis adhibenda ut hi, dum ipsa mundi officia in ordinariis vitae
condicionibus recte adimplent, unionem cum Christo a vita sua non separent, sed suum
opus iuxta voluntatem Dei exercentes in ipsa percrescant», AAS 58 (1966) 840.
76 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
124
«promoveatur, modis apte determinandis, omnium actuosa participatio in
inceptorum curatione», AAS 58 (1966) 1089.
125
«Tutamen enim personae iurium condicio necessaria est ut cives, sive singuli sive
consociati, in rei publicae vita et moderamine actuose participare possint», AAS 58 (1966)
1095.
126
«Cum humana natura plene congruit ut structurae politicae-iuridicae inveniantur,
quae omnibus civibus semper melius ac sine ulla discriminatione possibilitatem effectivam
praebeant libere et actuose participandi tum in fundamentis iuridicis communitatis politicae
statuendis, tum in rei publicae moderamine et variorum institutorum campis et finibus
determinandis, tum in moderatorum electione» AAS 58 (1966) 1097.
127
«Homines enim propriae dignitatis et officii plenius conscii, vitam socialem ac
praesertim oeconomicam et politicam actuosius in dies participare praeoptant», AAS 58
(1966) 728.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 77
Alla luce del modello è possibile isolare i sintagmi dai loro contesti
letterari e, integrando anche i dati di SC che corrispondono ai vari elementi
128
«Communio enim cum Ecclesia universali quodammodo consummabitur cum et
ipsae navitatem missionalem ad alias Gentes actuose participabunt», AAS 58 (1966) 972.
129
Si segnala a margine anche la ricorrenza di un’espressione simile al sintagma
paradigmatico in GS 43: «Laici [..] qui in tota vita Ecclesiae actuosas partes gerendas
habent », AAS 58 (1966) 1063.
130
In questo orizzonte giuridico si può leggere anche l’indicazione di tipo
rappresentativo-elettivo in AG 29.
131
Si ritiene di dare preventiva giustificazione dell’eccezione che in questo caso
viene fatta rispetto alla precisione che il metodo semasiologico richiederebbe per una più
restrittiva individuazione degli elementi sintattici del paradigma scelto. L’elemento centrale
del paradigma (il concetto/realtà della «actuosa participatio») si trova rappresentato nei
documenti mediante una duplice forma sintattica, nominale o verbale. Considerate la
finalità di supporto dimostrativo dell’esame linguistico in corso e la natura letterariamente
composita dei testi del corpus conciliare, si è ritenuto opportuno includere nella
catalogazione dei sintagmi corrispondenti al modello anche quelli in cui compare la forma
predicativa di «participatio» (= «participare»), laddove sia accompagnata dalla forma
avverbiale dell’aggettivo «actuosus, a,um» (= «actuose»).
78 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
1 2 3 4 5
Rif. Soggetto Predicato n/v Ass. det.1 Ass. det. 2
Eandem [actione
SC 11 fideles participent actuose
liturgica]
fideles liturgicarum
SC 14 participationem actuosam
universi celebrationum
in iisdem
totius plebis
SC 41 participatione actuosa celebrationibus
sanctae Dei
liturgicis
SC 48 christifideles participent actuose sacram actionem
CD 30 fideles participationem actuosam in Liturgia
GE 4 --- participationem actuosam ad mysterii liturgici
AA 4 --- participatione actuosa Sacrae Liturgiae
AA 10 ispi [laici] participatione actuosa vitae liturgicae
1 2 3 4. 5.
Rif. Soggetto Predicato n/v Ass. det.1 Ass. det. 2
GS 68 omnium participatio actuosa in inceptorum curatione
in rei publicae vita et
GS 73 cives participare actuose
moderamine
in fundamentis iuridicis
communitatis politicae
statuendis,
GS 75 civibus participandi actuosa
in rei publicae moderamine
et variorum institutorum
campis et finibus
132
Delle tredici ricorrenze del sintagma «actuosa participatio» (o «actuose
participare») presenti in SC, solo quattro corrispondono al paradigma. Negli altri casi il
complemento di termine è facilmente individuabile nel suo contesto e nel suo riferimento
sottinteso, ma per esigenze di metodo sono stati riportati solo quelli che presentano una
struttura paradigmatica completa, fatta eccezione per i sintagmi di GE 4 e AA 4 che pur
mancanti di un soggetto esplicito, lo implicano in maniera evidente in riferimento alla
totalità dei fedeli.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 79
determinandis,
in moderatorum electione
vitam socialem ac praesertim
GEi homines participare actuosius
oeconomicam et politicam
novellae
AG 20 participabunt actuose navitatem missionalem
Ecclesiae
133
«Qua quidem instauratione, textus et ritus ita ordinari oportet, ut sancta, quae
significant, clarius exprimant, eaque populus christianus, in quantum fieri potest, facile
percipere atque plena, actuosa et communitatis propria celebratione participare possit», AAS
56 (1964) 106.
134
«fideles vero, vi regalis sui sacerdotii, in oblationem Eucharistiae concurrunt,
illudque in sacramentis suscipiendis, in oratione et gratiarum actione, testimonio vitae
sanctae, abnegatione et actuosa caritate exercent», AAS 57 (1965) 14-15.
135
«Laici autem speciatim ad hoc vocantur, ut praesentem et actuosam reddant
Ecclesiam in eis locis et rerum adiunctis, ubi ipsa nonnisi per eos sal terrae evadere potest»,
AAS 57 (1965) 39.
136
«Ii vero, qui laboribus saepe duris incumbunt, oportet […] ut Christum, cuius
manus fabrilibus se exercuerunt et qui semper cum Patre ad salutem omnium operatur, in
actuosa caritate imitentur, spe gaudentes, alter alterius onera portantes, atque ipso suo
quotidiano labore ad altiorem ascendant sanctitatem etiam apostolicam», AAS 57 (1965) 47.
137
«Ut vero caritas tamquam bonum semen in anima increscat et fructificet,
unusquisque fidelis debet […] fraterno actuoso servitio et omnium virtutum exercitationi
constanter applicare», AAS 57 (1965) 47-48.
138
«Inde oritur officium pro viribus et secundum formam propriae vocationis, sive
oratione, sive actuosa quoque opera, laborandi ad Regnum Christi in animis radicandum et
roborandum, illudque ad omnes plagas dilatandum», AAS 57 (1965) 50.
139
«Doceant ergo fideles authenticum Sanctorum cultum non tam in actuum
exteriorum multiplicitate quam potius in intensitate amoris nostri actuosi consistere, quo, ad
maius nostrum et Ecclesiae bonum, Sanctorum quaerimus “et conversatione exemplum et
communione consortium, et intercessione subsidium», AAS 57 (1965) 57.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 81
140
«Per eandem Traditionem integer Sacrorum Librorum canon Ecclesiae innotescit,
ipsaeque Sacrae Litterae in ea penitius intelliguntur et indesinenter actuosae redduntur»,
AAS 58 (1966) 821.
141
«Ex una parte acrior diiudicandi facultas eam a magico mundi conceptu et a
superstitionibus adhuc vagantibus purificat atque magis personalem et actuosam
adhaesionem fidei in dies exigit», AAS 58 (1966) 1030.
142
«Quam ordinationem ad Deum libertas hominis, a peccato vulnerata, nonnisi
gratia Dei adiuvante, plene actuosam efficere potest», AAS 58 (1966) 1038.
143
«Pro credentibus vero actuosam libertatem expostulat ut in hoc mundo etiam Dei
templum exstruere sinantur», AAS 58 (1966) 1041-1042.
144
«Praesentia actuosa patris eorumdem efformationi magnopere prodest», AAS 58
(1966) 1073.
145
«Magnopere laetatur Sancta Synodus de fructuosa et actuosa collaboratione
Orientalium et Occidentalium Ecclesiarum Catholicarum, simulque declarat», AAS 57
(1965) 85.
146
«Maxime illos Sacrorum Antistites, qui propter nomen Christi calumniis et
angustiis vexantur, in carceribus detinentur, vel suo ministerio prohibentur, fraterno
amplectantur animo eosque germana actuosa cura prosequantur, ut eorum dolores
precatione et opera Confratrum leniantur et mulceantur», AAS 58 (1966) 7.
147
«Profecto Sacri Pastores, dum in spiritualem sui gregis curam incumbunt, reapse
sociali quoque et civili profectui ac prosperitati consulunt, actuosam in hunc finem cum
publicis auctoritatibus, pro sui officii ratione et sicut Episcopos decet, operam consociantes
atque iustis legibus oboedientiam et legitime constitutis potestatibus reverentiam
suadentes», AAS 58 (1966) 682-683.
148
«Vicarii paroeciales tamquam parochi cooperatores, praestantem et actuosam
operam quotidie impendunt in ministerio pastorali sub parochi auctoritate exercendo», AAS
58 (1966) 689.
149
«Haec actuosa ad vocationes fovendas universi populi Dei conspiratio Divinae
Providentiae actioni respondet», AAS 58 (1966) 714-715.
150
«Christum quaerere edoceantur in verbi Dei fideli meditatione, in actuosa cum
sacrosanctis Ecclesiae Mysteriis communicatione, imprimis in Eucharistia et in officio
divino», AAS 58 (1966) 718.
82 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
151
«Instituta quae integre ad contemplationem ordinantur, ita ut eorum sodales in
solitudine ac silentio, in assidua prece et alacri poenitentia soli Deo vacent, in Corpore
Christi mystico, in quo «omnia... membra non eumdem actum habent» (Rom. 12, 4),
quantumvis actuosi apostolatus urgeat necessitas, praeclaram partem semper retinent», AAS
58 (1966) 705.
152
«Insuper multis in regionibus in quibus sacerdotes admodum pauci sunt vel, ut
quandoque accidit, debita ministerii libertate privantur, sine laicorum opera Ecclesia vix
posset praesens et actuosa esse», AAS 58 (1966) 838.
153
«si tota familia in cultum liturgicum Ecclesiae se inserat; si denique, familia
actuosam hospitalitatem praestet, iustitiam aliaque bona opera in servitium omnium fratrum
necessitate laborantium promoveat», AAS 58 (1966) 848.
154
«Hoc modo laicus penitus et naviter sese inserit in ipsam realitatem ordinis
temporalis suamque partem in eius gerendis rebus efficaciter suscipit, simulque tamquam
vivum membrum et testis Ecclesiae eandem in sinu rerum temporalium praesentem et
actuosam reddit», AAS 58 (1966) 860.
155
«Item Religiosi et Religiosae ad Regnum Christi in animis radicandum et
corroborandum illudque ulterius dilatandum sive oratione, sive actuosa opera
indispensabile praestant officium», AAS 58 (1966) 965.
156
«Evangelium enim non potest profunde infigi in ingeniis, vita et labore alicuius
populi sine actuosa praesentia laicorum», AAS 58 (1966) 972.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 83
157
«Pia Mater Ecclesia, ut populus christianus in sacra Liturgia abundantiam
gratiarum securius assequatur, ipsius Liturgiae generalem instaurationem sedulo curare
cupit. Nam Liturgia constat parte immutabili, utpote divinitus instituta, et partibus
mutationi obnoxiis, quae decursu temporum variare possunt vel etiam debent, si in eas forte
irrepserint quae minus bene ipsius Liturgiae intimae naturae respondeant, vel minus aptae
factae sint. Qua quidem instauratione, textus et ritus ita ordinari oportet, ut sancta, quae
significant, clarius exprimant, eaque populus christianus, in quantum fieri potest, facile
percipere atque plena, actuosa et communitatis propria celebratione participare possit.
Quare Sacrosanctum Concilium generaliores has normas statuit», AAS 56 (1964) 105-106.
158
Cf. SynSC,70-73. Per le principali proposte di emendamento, lo schema
emendato dalla Sottocommissione e la relazione espositiva di mons. Calewaert, presentate
il 5 dicembre 1962 in apertura della XXXIV Congregazione Generale, cf. AS I/IV, 265-290.
84 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
159
L’accostamento di questo passaggio con quello di SC 47-48 conferma la linea
interpretativa che lega la partecipazione attiva dei fedeli non tanto al rito in sé, ma al
mistero della fede «per ritus e preces», cf. la precedente nota 61 in questo Capitolo.
160
Tale lavoro fu fatto nella “Subcommissio ad expendenda animadversiones factas
in Caput I, sect. III (nn.16-31)”, una delle tredici sottocommissioni costituite per l’opera di
emendazione, a discussione ancora in corso.
161
Cf. AS I/IV, 268-269.
Cap. V: la soggettività liturgica dei cristiani nel mondo 85
Conclusione
Iniziando il terzo e ultimo cammino a ritroso alla riscoperta del punto
fenomenologico di osservazione iniziale, va anzitutto constatato che
l’indagine linguistica sulla referenzialità dell’espressione «actuosa
participatio», oltre ad offrire elementi importanti per una più feconda lettura
ermeneutica dei testi del Vaticano II, ha consentito in questo Capitolo di
illuminare con più chiarezza la natura partecipante del soggetto
antropologico, tanto nell’ambito della vita liturgica quanto in quello della
vita extra-liturgica, configurando in tal modo una concreta possibilità di
integrare entrambe le dimensioni in una comprensione unificante della vita
cristiana.
Alla luce dei risultati ottenuti, il concetto di «actuosa participatio» si
è dimostrato capace di autodefinirsi ben al di là di una riduttiva modulazione
di atteggiamenti e coinvolgimenti “interiori ed esteriori” da parte del singolo
fedele rispetto all’actio liturgica; l’esame intertestuale ha messo in luce,
piuttosto, la realtà della partecipazione attiva come la cifra cardinale
dell’intenzionalità con cui il soggetto (personalmente e comunitariamente
inteso) vive la sua vita cristiana come actio, nella celebrazione liturgica e
nell’esperienza di impegno extra-liturgico, che esso sia di diretta
referenzialità ecclesiale oppure di natura secolare. Tale intenzionalità si
struttura in forza di un’ipseità cristiforme del soggetto cristiano (derivante
dalla vita battesimale e, più generalmente, sacramentale) che la relazione tra
SC e GS ha messo particolarmente in evidenza sotto il profilo storico-
antropologico della coscienza e dell’intersoggettività. Si tratta, in realtà, di
riferenze antropologiche che il Concilio non ha potuto tematizzare, ma che,
alla luce dei risultati raggiunti attraverso il dialogo tra le due Costituzioni,
sembrano invocare uno spazio adeguato di ripresa dentro un quadro
interpretativo che assuma il “corpo vissuto” dell’uomo/donna come il
cardine della libertà e della verità della partecipazione, che sono poi le
stesse caratteristiche del darsi storico-evenemenziale dell’«opus salutis».
Il fatto che la storicità soggettuale sia stata messa in evidenza
dall’analisi semasiologica non solo in rapporto all’ambito secolare, ma
anche e fondativamente a livello liturgico, fornisce al percorso intrapreso un
punto di non ritorno che merita ora di essere ulteriormente vagliato
nell’ottica di una lettura ermeneutica della stessa esperienza liturgica.
CONCLUSIONE GENERALE
Se la fecondità di una ricerca, oltre che sulla qualità delle risposte che
riesce ad elaborare circa gli interrogativi da cui prende le mosse e sul grado
di giustificabilità del metodo utilizzato per raggiungere i suoi risultati, si
misura anche sulla sua capacità di articolare nuovi interrogativi a risposte
già date, si prospetta allora ‘felice’ la formulazione di un bilancio
conclusivo per questa dissertazione. Essa ha eseguito il suo progetto a
partire da un plesso di domande non certamente nuove, sia nel panorama
accademico degli studi liturgici che nella percezione diffusa nella prassi
pastorale delle Chiese: quale e di che natura è il rapporto tra la celebrazione
della liturgia e l’impegno quotidiano nella vita dei cristiani? Questo
interrogativo, qui formulato già secondo un registro scientifico, trova
espressione nel vissuto di molti cristiani più o meno nel modo seguente: è
davvero necessario celebrare la liturgia per vivere e impegnarsi come buoni
cristiani nel mondo?
Con queste note conclusive si intende tracciare il profilo fondamentale
dei risultati ottenuti lungo il percorso alla luce degli interrogativi esposti e
motivati in sede introduttiva, rileggendo l’opera secondo una prospettiva
sintetica basata su tre livelli: il primo livello intende recuperare i principali
momenti euristici della ricerca, il secondo riprende gli snodi critici più
rilevanti emersi lungo il percorso e, infine, il terzo livello conclusivo è
dedicato alla presentazione dei ‘problemi aperti’ e delle ulteriori possibili
piste di lavoro che ne derivano.
nel mondo? – ha marcato la vera svolta decisiva della ricerca, sia per la
rilevanza epistemologica delle sue conseguenze in ordine alla collocazione
della scientia liturgica nel panorama scientifico, sia per il risvolto
metodologico che essa comportava internamente alla stessa ricerca.
Sul primo versante ci si è resi maggiormente consapevoli che
l’apertura degli studi liturgici alle istanze filosofiche implicate da tale
assunzione richiedeva un riferimento non meramente funzionale alla
tradizione fenomenologica, che nell’ultimo secolo ha guidato gli sviluppi
principali della filosofia occidentale fino a convocare anche la teologia al
ripensamento del suo impianto filosofico e del suo metodo. In questa
prospettiva, una scienza liturgica che si fa carico dell’istanza del soggetto
non si potrebbe limitare a recepire e ad usufruire solo strumentalmente di
metodologie elaborate in altri ambiti scientifici (come legittimamente fa, ad
esempio, nel caso degli strumenti della linguistica), ma può contribuire essa
stessa e a pieno titolo alla costruzione di una epistemologia e di una
metodologia scientifica in ragione del singolare regime di soggettività
dell’atto simbolico-rituale di cui essa si occupa.
Il secondo versante della svolta interna alla ricerca non poteva che
essere, conseguentemente, di natura metodologica. La svolta si è profilata
alla luce dell’incontro tra il metodo ‘in re liturgica’ e l’approccio
fenomenologico-ermeneutico, in particolare attraverso la proposta di
ermeneutica «del testo e dell’azione» di P. Ricœur. Sulla linea di quanto
appena affermato rispetto al versante epistemologico, ciò che qui preme
sottolineare non è soltanto il guadagno indiscutibile che la ricerca ha
ricevuto dal riferimento alla prospettiva ermeneutica ricœuriana, bensì
anche il contributo che la rielaborazione del metodo ‘in re liturgica’ offre
allo stesso metodo fenomenologico proprio per la sua riferenza alla qualità
originale di un atto che si mantiene ermeneuticamente disponibile alla
libertà partecipativa dei soggetti attraverso il passaggio evenemenziale che
conduce i celebranti dal “Modello (della pratica)” (= il testo) fino alla
“Pratica (del modello)” (= l’azione), e anche oltre. Restando agganciati al
linguaggio proprio delle categorie ermeneutiche utilizzate in corso d’opera,
a sua volta l’azione liturgica diventa un “quasi-testo” che ha la capacità di
configurare l’azione dei “lettori-celebranti” in vista dell’esistenza e del loro
impegno nel mondo.
Questo è apparso come il punto fenomenologico ‘in actu celebrandi’
che contrassegna anche la questione del rapporto tra celebrazione e impegno
nel mondo e che, quindi, ha finalmente orientato in maniera determinante
tutta la ricerca verso la sua tesi principale, ovvero verso l’indicazione del
primo polo della relazione, quello celebrativo, quale matrice originaria di
Conclusione Generale 91
una esperienza di impegno vissuta nel tempo, nello spazio e nella corporeità
propri della celebrazione, i cui risvolti etico-esistenziali in ambito secolare
si possono riconoscere a fortiori come attestazione della verità
antropologica dello stesso atto liturgico, implicata dalla verità teologica
della sua effettuazione sacramentale.
A questo punto, avendo richiamato per sommi capi il percorso
euristico della ricerca, è doveroso dedicare l’attenzione ai rilievi critici
fondamentali che essa ha fatto emergere.
già ‘iniziati’ alla fede non sembra aver perduto la sua consistenza e la sua
problematicità. Lungo questo itinerario di ricerca ci si è proposti,
soprattutto, di rilanciare la possibilità di mettere gli studi liturgici in una
ritrovata sintonia con le nuove istanze e i nuovi contesti antropologici che
gli ‘antichi’ interrogativi continuano a riproporre al cuore della vita credente
e alla riflessione critica su di essa. La struttura generale della dissertazione
in due «Parti» risponde ultimamente a questo obiettivo. Si può senza dubbio
affermare che il risultato che sta alla base di ogni altro ha riguardato proprio
il processo di intepretazione interna della struttura della ricerca stessa, che
nella sua articolazione bipartita e nella sequenza dei Capitoli ha
progressivamente svelato il ‘senso teologico’ dell’oggetto stesso della tesi.
Dal punto di vista della sua elaborazione, infatti, le prime conseguenze
derivanti dalla chiarificazione dell’obiettivo principale hanno riguardato
proprio il livello strutturale dell’opera e quello metodologico della sua
esecuzione.
Alla luce dei suoi risultati, l’indagine effettuata sui documenti del
Concilio Vaticano II si è rivelata essere ben più che una cornice contestuale
per la elaborazione del vero quid della ricerca. Lo studio intertestuale sul
corpus conciliare ha dato ai Capitoli ad esso dedicati la configurazione vera
e propria di «Prima Parte». Dalla sola preoccupazione di garantire uno
‘sfondo’ teologico per la collocazione dell’oggetto l’operazione ermeneutica
sui testi del Vaticano II si è rivelata una sorgente fondamentale per il
riconoscimento dei profili epistemologici dell’oggetto stesso.
L’individuazione dei tre ‘punti-luce’ semantici interni a SC e relativi
alla comprensione teologica della liturgia («opus nostrae redemptionis»,
«culmen et fons», «actuosa participatio») ha offerto un ulteriore contributo
al già avanzato sviluppo dell’ermeneutica conciliare. Ciò si è reso possibile
grazie a due principali motivi: anzitutto, in forza del complessivo riassetto
interpretativo del corpus documentale intorno alla Costituzione liturgica –
operazione non frequentemente rinvenibile nel panorama degli studi
ermeneutici sul Vaticano II; in secondo luogo, grazie all’applicazione del
metodo linguistico semasiologico a supporto e verifica delle ipotesi
ermeneutiche emerse dalla lettura interna di SC. Il primo motivo potrebbe
essere considerato una prevedibile scelta ‘di parte’, trattandosi qui di uno
studio in area scientifico-liturgica. Tuttavia, ci si è preoccupati di
giustificare tale opzione a livello critico, specialmente per mezzo di una
essenziale ricostruzione storico-redazionale dei passaggi testuali presi in
esame e attraverso una analisi intertestuale quanto più libera dal rischio di
sovradeterminazioni semantiche e di proiezioni ideologiche. Al
raggiungimento di questo obiettivo si è dimostrato particolarmente fruttuoso
Conclusione Generale 93
1. FONTI
2. STRUMENTI
3. LEMMI
4. STUDI
4.1. Sui temi della «Prima Parte» (ML, Concilio Vaticano II, riforma
liturgica)
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146 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
INDICE...................................................................................................... 5
ABBREVIAZIONI E SIGLE ..................................................................... ..... 11
INTRODUZIONE GENERALE ...................................................................... 15
Genesi e obiettivo scientifico della ricerca ....................................... 15
Ipotesi direttrice, metodo, articolazione e limiti della ricerca ........... 20
PRIMA PARTE
CELEBRAZIONE E IMPEGNO:
PERCORSI DI ERMENEUTICA CONCILIARE
Introduzione alla Prima Parte ...................................................................... 29
CAPITOLO I
ASPETTI E METODI DI ERMENEUTICA CONCILIARE
Introduzione ................................................................................................33
1. Precisazioni attorno all’oggetto della ricerca ..........................................34
2. Le tappe di sviluppo della ricerca ermeneutica sul Concilio ..................37
2.1. I profili metodologici per lo studio del corpus conciliare .............41
3. La scelta metodologica per la ricerca sul corpus del Vaticano II ...........45
3.1 La prospettiva generale: l’intertestualità .......................................46
3.2 Il metodo storico-critico e il metodo linguistico-semasiologico ....48
Conclusione..................................................................................................53
CAPITOLO II
L’OUVERTURE LITURGICA DEL CORPUS CONCILIARE
Introduzione ................................................................................................55
1. Eredità e compiti della ‘questione liturgica’
alla luce degli studi sul Movimento Liturgico .......................................57
2. La ricezione della ‘questione liturgica’
nel Magistero pontificio del XX secolo fino al Vaticano II ....................63
2.1 Pio X (1903-1914) ...........................................................................63
2.2 Pio XII (1939-1958) ........................................................................66
3. «Vitam christianam inter fideles in dies augere» (SC 1):
la liturgia in relazione al progetto conciliare ..........................................72
152 «Ut mysterium paschale vivendo exprimatur»
CAPITOLO III
«OPUS NOSTRÆ REDEMPTIONIS EXERCETUR»
LA CONNATURALITÀ STORICO-SALVIFICA
TRA LITURGIA E RIVELAZIONE
Introduzione ................................................................................................ 93
1. SC: la liturgia come «momento della storia della salvezza».................... 94
2. DV: la struttura liturgico-sacramentale della Rivelazione ....................... 99
3. Il linguaggio liturgico-sacramentale della Rivelazione ...................... 104
3.1 «Liturgia, per quam opus nostræ redemptionis exercetur» (SC 2) 105
3.2 «Opus redemptionis»: i risultati di un’analisi semasiologica ...... 113
Conclusione............................................................................................... 120
CAPITOLO IV
«CULMEN ET FONS»
LA CORRELAZIONE GENETICA TRA LITURGIA E CHIESA
CAPITOLO V
«ACTUOSA PARTICIPATIO»
LA SOGGETTIVITÀ LITURGICA DEI CRISTIANI
NEL MONDO CONTEMPORANEO
SECONDA PARTE
CELEBRAZIONE E IMPEGNO:
PERCORSI DI ERMENEUTICA LITURGICA
CAPITOLO VI
IL METODO ‘IN RE LITURGICA’
TRA RICEZIONE CONCILIARE E INNESTO ERMENEUTICO
CAPITOLO VII
CELEBRAZIONE E IMPEGNO
NEL «DE BENEDICTIONIBUS» (1984):
UN FRUTTO DELLA RICEZIONE CONCILIARE
CAPITOLO VIII
CELEBRAZIONE E IMPEGNO
NEL «BENEDIZIONALE» ITALIANO (1992):
UN FRUTTO DELL’ADATTAMENTO LITURGICO
CAPITOLO IX
LA LITURGIA: CELEBRAZIONE E IMPEGNO PER IL REGNO