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Miti di ieri e di oggi

Musiche di Christoph Gluck, Muzio Clementi, Franz Liszt, Silvia


Colasanti.
Sandro De Palma, pianoforte - Maurizio d’Alessandro, clarinetto - David Riondino, voce
Lo spettacolo proposto vuole celebrare tre miti: il mito di Didone, il mito di Orfeo e l'odierno mito delle
macchine. La serata si apre con l’esecuzione della “Danza degli spiriti beati” dall’opera Orfeo ed Euridice di
Gluck seguita dalla Sonata per pianoforte “Didone abbandonata” di Muzio Clementi. Completa la prima parte
il celebre “Sogno d’amore” e la Ballata n.2 di Franz Liszt, quest’ultima ispirata al al mito classico di Ero e
Leandro. La seconda parte si apre con “Rumbling Gears” ispirata dal movimento delle stampanti 3D seguita dal
melologo “Orfeo. Flebile queritur lyra” per pianoforte, clarinetto e voce recitante entrambi di Silvia Colasanti.

Un mito, dal greco mythos - racconto, è una narrazione di avvenimenti accaduti in un


passato remotissimo, quello delle origini;
caricato di sacralità, è relativo alle origini del
mondo o alle modalità con cui il mondo
Orfeo
stesso e le creature viventi hanno raggiunto
la forma presente, in un certo contesto
socioculturale o in un popolo specifico. La
vitalità di un mito sta nella sua adattabilità
nel corso del tempo. Il modello mitologico si
rintraccia nella storia di tutti i popoli e, in
qualche modo, si è mantenuto vivo fino ai
giorni nostri, mutando semplicemente
sembianze e
globalizzandosi. Oggi le società trasformano alcuni
Didone personaggi in divi ("déi" secondo il significato della
parola latina che la nostra ricalca) che, a ben vedere,
non fanno altro che riattualizzare modi modi e
metodi del lontano passato con altri mezzi. Un
tempo, il mito veniva raccontato oralmente, adesso è
diffuso attraverso i mass media, pronto a imporsi in
ogni angolo del mondo. La parola stessa mito è
tornata prepotentemente di moda. Sei un mito, sei un
mito per me, una frase che sentiamo spessissimo
utilizzata con grande disinvoltura: un concerto, un
personaggio, un gesto sportivo, un libro, una canzone, vengono così etichettati con per
enfatizzarne la dimensione. L’idea è che, con questa espressione, eventi o prodotti
siano in qualche modo eccezionali, destinati a rimanere nel tempo, da ricordare per
sempre. Le storie di Didone e Orfeo ci commuovono perché sono entrambe storie di
fallimenti. Entrambi i personaggi sono offuscati dall’amore e entrambi soccombono
alla passione. Ma entrambi sono di una fedeltà assoluta.
Con la Sonata “Didone abbandonata” di Muzio Clementi il mito di Didone diventa
motivo ispiratore anche per la musica strumentale.
Anche nell'ascolto della Seconda Ballata, preceduto dal celebre “ Sogno d’amore” è da tenere
presente una suggestione
letteraria, che rimanda al mito
classico di Ero e Leandro. Il
giovane Leandro raggiunge a
nuoto tutte le notti la sua amata
Ero, sacerdotessa di Afrodite,
che tiene accesa una lampada
per orientarlo; in una notte di
tempesta il lume si spegne e
Leandro muore annegato. Il
corpo senza vita dell'amato,
riemerso la mattina seguente
sulla riva, induce la
sacerdotessa ad uccidersi, lanciandosi da una torre.

Orfeo Flebile queritur lyra di Silvia Colasanti si presenta invece


come un´alternanza calibrata tra musica e parola. La musica
ha una funzione drammaturgica molto intensa, la funzione
cioè di esprimere uno stato primordiale del pensiero,
quando è ancora sentire. In determinati momenti i
suoni amplificano il significato del testo o ne
sottolineano alcuni tratti, in altri vanno ad esprimere
qualcosa che non viene neanche detto con le parole.
Proprio per questo se in alcuni momenti la musica
convive con la parola, in altri è sola.
Apparentemente contemporaneo il mito delle macchine affonda invece le radici
dell’antichità. Già Vitruvio,nel I Secolo A.C. all’inizio del decimo libro del De
Architectura, definiva il mondo come una grande macchina ed esortava gli uomini ad
estendere questa comparazione anche agli altri fenomeni della natura e agli stessi
esseri umani: “É del resto la natura stessa che contiene i principi della meccanica e li insegna agli
uomini con l’esempio della rotazione degli astri”. E se il futurismo esaltò a tal punto la
macchina, definita “più bella della vittoria di Samotracia” auspicando nel 1925 addirittura
l’idea di una “Società di protezione delle macchine” fortunatamente sostituita dalla
protezione degli animali, oggi la macchina può divenire un animale vorace che ingoia
l’anima e divora la vita. Forse per esorcizzare questo pericolo, Silvia Colasanti ha
scritto il breve pezzo “Rumbling Gears” per pianoforte. Il pezzo, dedicato a Sandro De
Palma è ispirato alle stampanti 3D. La stampante nel pezzo della compositrice romana
ha un’ “anima”: si tratta, ben
inteso di un’anima non in senso
spirituale o metafisico, bensì in
senso fisico. L’anima della
stampante può perdersi o
alterarsi, come nella parte
centrale del brano in cui la
musica sembra arrestarsi , ma alla
fine il complicato meccanismo del
cuore della macchina riprende e,
quasi come un nuovo dio, alla fine
“crea” l’oggetto.

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