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Mettiamo questa parola al centro della nostra riflessione:

Immaginazione

Quali sono le principali differenze nel modo di trattare l'immaginazione tra


Jean de La Fontaine e Charles Perrault?
Jean de La Fontaine segue un modello che viene dall'antichità (Esopo).

Lo adatta alle sue esigenze, alla morale della sua epoca, lo mette in buon
francese, lo rielabora in poesia

La sua immaginazione rimane "bloccata" nel modello antico e la


ritroviamo in molte espressioni linguistiche divenute proverbiali:
La Formica
La Cicala
La rana
La volpe e l'uva…..

Charles Perrault:
trova il suo materiale nei racconti di magia tramandati dal folklore, dalla
tradizione orale, o da autori che le hanno raccolte prima di lui (per esempio
il napoletano Giambattista Basile).
Anche lui compie un'operazione linguistica, poetica, un'interpretazione
morale.

Chi è più libero in questa operazione, chi affronta con maggior apertura e
libertà le tematiche, i materiali dell'Immaginario collettivo?
Certamente Perrault

Perché?
La querelle des Anciens e des Modernes

La riflessione su quanto si possa essere liberi rispetto ai modelli del


passato classico è una discussione che coinvolge tutta la società colta nel
secolo XVII in Francia e che si può riassumere nella cosiddetta
querelle des Anciens e des Modernes [pronuncia: Kérel des Ansién e de
Moderne)

Un'immagine sintetizza le due posizioni:


i Grandi del passato sono Giganti, noi moderni soltanto Nani (posizione
degli partigiani degli Antichi)
Sì, però noi siamo Nani in piedi sulle spalle di quei Giganti (posizione
degli partigiani degli Moderni). Andare oltre, sperimentare nuovi
contenuti, nuovi generi letterari (nascita del racconto e del romanzo).
Osserviamo più attentamente l'immaginario di Charles Perrault:

a) c'è una storia, alcuni avvenimenti che in un tempo lontano e


indefinito ("C'era una volta…) accadono a personaggi umani:
C'era una volta….. una bambina che…
C'era una volta….. un re e una regina che non avevano figli…
C'era una volta….. una fanciulla che perse la mamma e rimase con una
matrigna…..
Vicende umane con cui è possibile l'identificazione proprio in ragione
della loro struttura elementare.

b) questi avvenimenti si svolgono in una scenografia fatta di oggetti e


spazi ricorrenti, che fanno parte sia dell'immaginario collettivo che
dell'immaginario individuale. Una sorta di ponte tra i due.
Li ritroviamo nei sogni, nei giochi di carte come i tarocchi, nella cabala,
nei simboli esoterici e sacri, e anche in molti giochi dei bambini, nei
fantasy contemporanei….. sono immagini che agiscono nel profondo,
degli individui e dei popoli, immagini che dialogano col nostro inconscio,
che permettono di dire e di non dire, di evocare senza esplicitare, dunque
di affrontare "l'ombra" (i desideri, le paure, le ambiguità difficile o
impossibile a dirsi altrimenti)
Sono immagini che lo psicanalista Carl Gustav Jung chiama archetipi
(il Re, la Principessa, il Principe azzurro, il Bosco, l'Uomo nero, l'Orco, la
Strega, la Fonte miracolosa, la Torre, il Castello, la Casa, lo sconosciuto
incontrato nel bosco, il Fiore, la Fata buona…..)
Questo tipo di immaginario, più e diversamente da quello proposto da un
autore come La Fontaine, si presta a trasformazioni, adattamenti
individuali o artistici:
che cos'è la casa per me? Chi è l'Orco per me? Qual è il fiore che vorrei
cogliere ma che potrebbe distrarmi dalla retta via? Ecc. ecc.
Cfr. Bruno Bettelheim, ll mondo incantato: uso, importanza e significati
psicoanalitici delle fiabe (1977)
Marie-Louise Von Franz, Le fiabe interpretate, Bollati Boringhieri, 1980

Erich Fromm, Il linguaggio dimenticato (1951)


http://www.edarcipelago.com/classici/EFlinguagdimenticato.pdf
Una poesia del poeta Charles Baudelaire, Corrispondenze (da I fiori del
male, 1857)

La Natura è un tempio, dove a volte parole


Escono confuse da viventi pilastri;
L’uomo l’attraversa tra foreste di simboli
Che gli lanciano occhiate familiari.

Come lunghi echi che da lontano


Si confondono in una oscura e profonda unità,
Vasta come la notte e come la luce,
I profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Profumi freschi come la carne d’un bambino,


Dolci come l’oboe, verdi come i prati,
– E altri, corrotti, ricchi e trionfanti,

Con tutta l’espansione delle cose infinite,


Come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso,
Che cantano i trasporti dello spirito e dei sensi.
Il confronto tra due grandi scrittori come Perrault e La Fontaine ci hanno
dunque indotto ad una riflessione sul significato della parola
"IMMAGINARIO", il suo significato non è semplice né scontato.

Le riflessioni di Eleonora Dell'Anno e di Katarzyna Dynowska

Eleonora Dell'Anno sul film


Maleficent - Il segreto della bella addormentata (2014)
Maleficent – La signora del male (2019)

Scrive Eleonora:
" Una nuova versione, della fiaba della Bella addormentata, che ha
suscitato il mio interesse è Maleficent.
Quest’ultima racconta la storia della “Cattiva” , il che già è interessante
per capire anche il punto di vista di un altro personaggio; ma la cosa che
ha suscitato la curiosità è il fatto che, a svegliare la principessa dal lungo
sonno è il bacio della sua “mamma adottiva” se così possiamo chiamarla,
in quanto Malefica trova Aurora nel bosco quando il re la fa allontanare
dal castello per farla scappare dalla maledizione che incombeva su di lei, e
se ne prende cura proprio come una figlia facendole conoscere tutte le
creature fatate che dal re stesso venivano disprezzate. Ma riflettiamo bene
sulla maledizione, in particolare sulla sua ultima parte: “la fanciulla verrà
svegliata solo dal bacio del vero amore.” Quindi potremmo dire che questa
versione vuol far emergere l’importanza dell’amore di una madre".
Effettivamente, la rielaborazione di tematiche della fiaba e dei suoi
simboli, dei suoi gesti, delle sue situazioni fanno emergere in questo film,
in chiave molto interessante, moderna e misteriosa (perciò intrigante e
stimolante) la complessità a livello dei rapporti e dei sentimenti, in
particolare quelli amorosi e familiari, in sintonia con quanto si è detto sulla
fiaba e sulla ricchezza della versione proposta da Perrault.
In particolare emergono le contraddizioni, le ambiguità dell'essere umano,
delle sue reazioni, dei suoi sentimenti, la coesistenza di luce e ombra,
l'impossibilità di distinguere in maniera netta e definitiva che cosa è bene e
che cosa è male, l'uno può essere collegato all'altro, l'uno può essere
oltrepassato dall'altro.

Caterina si è invece soffermata sulla La cicala e la formica. Scrive


Caterina:

"Per caso, cercando le ispirazioni per la mia tesi, ho trovato un riferimento


a questa favola nel Mondo incantato e mi ha incuriosito il paragone che
l'autore fa con la fiaba Tre porcellini (pag.46 se non sbaglio).
Dice che mentre nella fiaba la comodità e il desiderio di non faticare
troppo dei primi due fratellini si evolve e diventa la responsabilità e la
consapevolezza del terzo fratello, nella favola di La Fontaine non c'è
questa evoluzione, la pigrizia viene punita. "E ora balla!", colpisce con la
condanna la frase della Formica.
Dice Bruno Bettelheim che il bambino resta deluso davanti a questa
rigidità. In qualche modo non gli si dà il tempo per cambiare, per
crescere. Considero molto interessante questo aspetto. Il bambino
probabilmente si identifica con la cicala e quindi le avrebbe dato un'altra
possibilità.

Mentre leggevamo la favola mi è venuto in mente Federico di Leo Lionni


che si è evidentemente ispirato alla favola in questione. Mi sembra che il
suo Federico ribalti un po' la storia. Intanto, rispetto alla Cicala, Federico
mi sembra un po' più consapevole di quel che sta facendo. Lui sa che non
sta perdendo tempo ma che anche lui sta lavorando (anche se nel modo del
tutto insolito e quindi giudicato inutile, almeno in un primo momento, dai
fratelli).
È bellissimo vedere il finale dove veramente può condividere con gli altri
quel che ha raccolto - il calore dei raggi, i colori, le parole.
Mi immagino la Cicala che avrebbe potuto suonare alle formiche, stanche
dalla fatica di un continuo lavoro, per farle divertire, riposare e nutrire
anche spiritualmente.
Mi viene in mente evangelico 'non solo di pane vive l'uomo'."
L'immaginario (parola e immagine) permette in questo caso un'evoluzione,
la rottura, l'oltrepassamento di uno stereotipo espresso nella favola e poi
nei detti proverbiali.

Una diversa immagine dell'Uomo, un più ampio interrogativo: di che cosa


ha davvero bisogno l'uomo per vivere o per essere tale?

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