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Andrea Gemma

Io, vescovo esorcista


© 2002 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano

Edizione Mondolibri S.p.A., Milano


su licenza Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano

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Indice

9 I Una promessa e una premessa


21 II «Scacciate i demoni» (Me 16,17)
26 ni Il nostro silenzio: la sua vittoria
35 IV «Liberaci dal Maligno»
48 V Il diavolo esiste e io l'ho incontrato
64 VI Quelli che ci credono
80 VII «Mysterium iniquitatis»
86 VIII Il principe di questo mondo (Gv 16,11)
97 IX Maghi, magie e dintorni
116 X L'oscuro mondo del maleficio
123 XI Una sedia vola in cattedrale
128 XII Un sabato santo memorabile
132 XIII Anche il demonio piange
136 XIV Pasqualino cammina
141 XV Gli scherzi stupidi del Maligno
147 XVI La mia fede confermata
156 XVII Quella...!
163 XVIII Il nuovo rituale degli esorcismi
172 XIX L'«Istruzione» della Congregazione
per la dottrina della Fede
177 XX A chi fanno paura gli esorcisti?
182 XXI II drago sconfitto
188 XXII Commiato

194 A ppendice I
203 A ppendice II
209 Ringraziamenti
Io, vescovo esorcista
I
Una promessa e una premessa

Il 29 giugno 1992, pubblicando un documento che sarebbe rima­


sto come il più famoso del mio episcopato, mentre annunziavo la
straordinarietà deiriniziativa, io facevo una promessa:

mi decido a scrivervi questa lettera che mi urge dentro da tempo e


che vi parrà - e in parte lo è - straordinaria e inusuale.
La scrivo in adempimento di un dovere che sento indilazionabile. Voi
accoglietela con fede e soprannaturale disponibilità. Nello stenderla in­
tendo far uso di tutta l'autorità che a me, indegnissimo, proviene dalla
successione e dal mandato apostolico.
Non mi chiedete il perché di questa premessa solenne, che non mi è
congeniale. Il motivo - meglio: i motivi - ci sono e, credetemi sono for­
temente cogenti. Essi spiegano non solo la premessa, ma anche il conte­
nuto e le conclusioni di questa mia.
Se il Signore vorrà concederci il frutto di questa iniziativa, che assu­
mo nella pienezza della mia consapevolezza e responsabilità pastorale,
sarà mia gioia mettervene a parte.
In questo momento non posso...

Così scrivevo introducendo la mia quattordicesima lettera pa­


storale, che intitolavo: «Le porte degli inferi non prevarranno».l
Prendevo dunque un'iniziativa che, come risulta dal tono del­
l'introduzione al documento, ritenevo - e ritengo - importante,
anzi una delle più qualificanti del mio ormai più che decennale

1 Andrea Gemma, «Le porte degli inferi non prevarranno», in Lettere pastorali, Edi­
zioni Lux Veritatis, Isemia 2002, p. 204.
10 Io, vescovo esorcista

ministero episcopale e facevo ai miei fedeli una promessa: li


avrei, a suo tempo, messi a parte con gioia - si noti - del frutto
deiriniziativa stessa.
Ebbene, mi pare sia giunto il tempo di mantenere quanto pro­
messo, tanto più che in diversi me l'hanno ricordato.
Debbo dunque far sapere con semplicità perché mi decisi a
scrivere quel documento - lo riporterò per intero qui appresso -
che - posso ora dire - ha dato l'avvio al mio ministero di esorci­
sta e ha fatto conoscere il mio nome e la mia strana (!?) decisione
di mettermi a combattere in prima persona contro le potenze del­
le tenebre.
Tanto più mi sento in dovere di renderne conto, in quanto il
documento fece prestissimo, stranamente, il giro del mondo - se­
gno di un'inconscia attesa da parte del popolo di Dio e di sacer­
doti responsabili - e in pari tempo mi procurò un'aggiunta di la­
voro a quello già proprio di un pastore della Chiesa. Un lavoro -
dico subito - che comporta, sì, un poco di fatica, molta molta di­
sponibilità, ma anche immensa consolazione spirituale. Che cosa
infatti potrebbe desiderare di meglio un pastore di anime se non
il contatto personale, paziente, affettuoso con i suoi fratelli, spe­
cie se tribolati, e come tribolati?
Credetemi, non scambierei uno di questi incontri, faccia a fac­
cia, con persone vessate dal Maligno, con la più solenne delle
sontuose celebrazioni pontificali nella mia bellissima cattedrale
stracolma di popolo...
Sto dicendo che fu proprio l'immediato risultato della pubbli­
cazione di quella breve lettera pastorale a farmi intraprendere
con massima decisione il ministero della guarigione, della libera­
zione, del conforto di anime tribolate dal Maligno.
Giacché ci sono, dico subito grazie ai fratelli nel sacerdozio
che, impegnati da tempo - e magari quasi clandestinamente - in
questo delicato e difficile ministero, s'accorsero di avere dalla lo­
ro parte un vescovo che, non solo riconosceva il loro importante
servizio alle anime, ma ne auspicava la moltiplicazione. E così è
stato, le statistiche dicono che i sacerdoti esorcisti sono cresciuti
di numero e qualità, e il demonio, anche per questo, è molto ar­
rabbiato. Grazie a don Amorth, che è stato tra i primi ad accor­
gersi della mia lettera e l'ha inserita in gran parte in uno dei suoi
fortunati libri, oltre ad averla spiegata molte volte nelle sue fa­
mosissime trasmissioni. Grazie a padre Salvucci, che ha fatto lo
Una promessa e una premessa 11

stesso. Grazie a quelle riviste, alcune anche di oltreoceano, che


hanno pubblicato con incondizionata lode il mio documento.
Tutto questo significa una prima cosa importante, lo dico a
mia confusione: il Signore mi ispirò - quel 29 giugno 1992, a poco
più di un anno dalla mia ordinazione episcopale - un'avvertita
urgenza e mi concesse di darle opportuna risonanza, ben al di là
di ogni mia aspettativa. (Che strano - dico in parentesi - che altri,
che pure dovrebbero, continuino a non accorgersi di questa ur­
genza! Come mai? Ci sarà un capitolo anche a questo proposito,
peccato davvero...)

29 giugno 1992, festa dei santi Pietro e Paolo: fu mio desiderio di


trascorrere quella solennità - la seconda volta da vescovo - accanto
al papa, al papa che mi aveva imposto le mani, a cui, anche per
questo, ero e sono legatissimo. Vestito degli abiti solenni del mio
ruolo, presi posto nella basilica di San Pietro, deciso a gustarmi fino
in fondo quelle ore di preghiera accanto al Vicario di Cristo, accan­
to a Pietro vivente, al quale Gesù continua a ripetere, come a Cesa­
rea di Filippo, «le porte degli inferi non prevarranno» (Mi 16,18).
E fu proprio al pronunciarsi di quelle parole, nella solennità di
quel rito, che fui sorpreso - come dire? - da un'interiore illumi­
nazione. Mi prese quasi totalmente, tanto che riuscii a stento a
continuare a seguire la celebrazione.
Tanto che, al termine del rito, uscendo dalla basilica, in una
piazza San Pietro allagata di sole, mi sembrò come se mi risve­
gliassi da un sogno. Avevo già in mente, preciso, il testo che avrei
steso - mi pare - il giorno stesso, appena rientrato in sede.
Che cosa avevo capito?
È difficile dirlo adesso con i caratteri di nitidezza con cui l'ave­
vo percepito allora in quella giornata di grazia, la quale, fra l'al­
tro, mi ravvivò intimamente la straordinaria emozione della mia
ordinazione episcopale ricevuta in quella stessa basilica un anno
e mezzo prima.
Tento di accennare.
Compresi, innanzitutto, che l'«opera nefasta del Maligno» non
solo non è scemata, rispetto a quanto sappiamo dal Vangelo e
dalla vita di alcuni santi - ho in mente santa Gemma Galgani, il
santo Curato d'Ars, padre Pio - , ma è addirittura moltiplicata,
anche perché - e questa fu un'altra chiarissima intuizione di quel
giorno avventurato - il Maligno è conscio di avere a disposizione
12 Io, vescovo esorcista

poco tempo, e quante volte me lo ha ripetuto durante gli esorci­


smi da me celebrati!
Compresi poi chiarissimamente che Gesù aveva dato alla sua
Chiesa un enorme potere contro il demonio a difesa delle anime,
e che proprio per evitare di incorrere in questa sciagura - la pote­
stà della Chiesa! - il demonio faceva e fa di tutto per restare na­
scosto, per fasciarsi di silenzio (quei silenzi colpevoli di cui par­
lerò, di cui sono responsabili soprattutto i ministri della Parola e
che vengono gabellati come misura prudenziale e precauzione
necessaria di buon senso!... Quale sciocchezza!).
Compresi allora essere giunto - almeno per me e la mia Chiesa -
il momento di smascherare questa astuzia, di far venire alla luce
del sole l'insidiosissima azione del demonio, onde affrontarlo a
viso aperto, con le armi di cui parla la Scrittura e che sono a di­
sposizione della Chiesa.
A proposito dei commenti che seguirono all'iniziativa intra­
presa qui in diocesi, in seguito alla mia lettera pastorale, ricordo
lo stupore dei mezzi di comunicazione, i quali continuavano a
tempestarmi di domande e più o meno tutti arrivavano a questa:
«Come mai di queste cose non si è mai parlato prima...?». Era la
stessa mia domanda rivolta nella preghiera a Dio, dopo l'illumi­
nazione di cui sto ragionando.
Non è che non sapessi quanto la Chiesa da sempre aveva inse­
gnato, non è che non sapessi dell'esistenza di bravi esorcisti - ne
avevo uno accanto a me nella casa religiosa dove mi trovavo quan­
do mi raggiunse la nomina episcopale - , ma è certo che, oltre a non
aver mai assistito a un esorcismo vero e proprio, non avevo la sen­
sazione della grande diffusione del fenomeno e dei suoi contorni.
Posso allora concludere che fu proprio quel giorno che il Si­
gnore impose alla Chiesa - perché a me non saprei dire - di usci­
re allo scoperto, solennemente. Era la mossa giusta - l'ho com­
preso dopo - per stanare il nemico e per poterlo quindi affrontare
con azione decisa, concorde, allargata al massimo...
Già!? Quanto è diffusa questa lotta frontale contro il Maligno?
Poco ancora - rispondo - , se è vero quanto mi ha detto con
rabbia il demonio in un'ossessa: «Se tutti i vescovi facessero co­
me te, noi saremmo completamente vinti, e subito!».
Comunque sia, io compresi quel giorno che, personalmente,
avevo accettato la sfida. Dissi di sì al mio Dio e scrissi il mio do­
cumento.
Una promessa e una premessa 13

Eccolo, integralmente:

Carissimi,
«le porte degli inferi non prevarranno» (Mt 16,18). Ho appena ria­
scoltato queste parole, pronunziate, con l'impeto di una fede incrollabi­
le, dal Santo Padre Giovanni Paolo II, nella solenne liturgia della festa
dei santi Pietro e Paolo a cui ho partecipato, anche a nome vostro. E mi
decido a scrivervi questa lettera che mi urge dentro da tempo e che vi
parrà - e in parte lo è - straordinaria e inusuale.
La scrivo in adempimento di un dovere che sento indilazionabile. Voi
accoglietela con fede e soprannaturale disponibilità. Nello stenderla in­
tendo far uso di tutta l'autorità che a me, indegnissimo, proviene dalla
successione e dal mandato apostolico.
Non mi chiedete il perché di questa premessa solenne, che non mi è
congeniale. Il motivo - meglio: i motivi - ci sono e, credetemi sono for­
temente cogenti. Essi spiegano non solo la premessa, ma anche il conte­
nuto e le conclusioni di questa mia.
Se il Signore vorrà concederci il frutto di questa iniziativa, che assu­
mo nella pienezza della mia consapevolezza e responsabilità pastorale,
sarà mia gioia mettervene a parte.
In questo momento non posso: vorrei che, in un contesto di fede e di
obbedienza, accettaste le indicazioni di questo documento, ne attuaste
gli impegni in un atto di fiduciosa speranza teologale.

1. Per rinnovare la nostra adesione di fede convinta a un punto del


nostro «deposito» dottrinale, non ho che da riproporre a me e a voi alcu­
ni testi significativi. Riascoltiamoli:
• «La nostra battaglia ... non è contro creature fatte di sangue e di car­
ne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo
mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni
celesti.» (£/6,12)
• «Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di
mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signo­
re Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'ap-
parire della sua venuta, l'iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di
Satana, con ogni specie di portenti, di segni e di prodigi menzogneri...»
(2 Ts 2,7-9)
• «Nessuno vi inganni in nessun modo! Prima infatti [della venuta
del Signore] dovrà avvenire l'apostasia e dovrà essere rivelato l'uomo
iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza so­
pra ogni essere, che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere
nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio.» (2 Ts 2,3-4)
14 lo, vescovo esorcista

• «Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente, va in giro cer­


cando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede.» (1 Pt 5,8)

• «Predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, resu­
scitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni.» (Mt 10,7-8)

• «Abbiamo la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo


di Satana nel tempio di Dio... Crediamo che qualcosa di preternaturale,
venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio
ecumenico [sia presente].»2

• «Uno dei bisogni maggiori, [di oggi] è la difesa da quel male, che
chiamiamo il dem onio.... Il male non è più soltanto una deficienza, ma
un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terri­
bile realtà. Misteriosa e paurosa. Esce dal quadro deirinsegnamento
biblico-ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi
ne fa un principio a sé stante, non avente, esso pure, come ogni creatu­
ra, origine da Dio; oppure la spiega come una pseudo-realtà, una per­
sonificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri ma­
lanni.»3

• «È vero che "le porte degli inferi non prevarranno", secondo l'assi­
curazione del Signore (Mt 16,18), ma questo non significa che siamo
esenti dalle prove e dalle battaglie contro le insidie del Maligno. ...
Questa lotta contro il demonio ... è attuale anche oggi, perché il demo­
nio è tuttora vivo e operante nel mondo. Infatti il male che è in esso, il
disordine che si riscontra nella società, l'incoerenza dell'uomo, la frat­
tura interiore, della quale è vittima, non sono solo le conseguenze del
peccato originale, ma anche l'effetto dell'azione infestatrice e oscura di
Satana, di questo insidiatore dell'equilibrio morale dell'uomo, che san
Paolo non esita a chiamare "il dio di questo mondo" (2 Cor 4,4), in
quanto si manifesta come astuto incantatore, che sa insinuarsi nel gioco
del nostro operare per introdurvi deviazioni tanto nocive, quanto al­
l'apparenza conformi alle nostre, istintive aspirazioni. Per questo l'apo­
stolo delle genti mette i cristiani in guardia dalle insidie del demonio e
dei suoi innumerevoli satelliti quando esorta gli abitanti di Efeso a ri­
vestirsi dell'armatura di Dio per poter affrontare le insidie del diavolo
(cfr. E/6,11).»4

2 Paolo VI, Omelia del 29 giugno 1972.


3 Paolo VI, Allocuzione durante l'udienza generale del 15 novembre 1972, in
Scritti e discorsi di Paolo VI, n. 32, Cantagalli, Siena 1972, p. 201.
4 Giovanni Paolo II, Udienza generale del 25 marzo 1984.
Una promessa e una premessa 15

Fratelli, la nostra vittoria, propiziataci da Cristo, sul Maligno e le sue


arti, comincia da una seria e profonda adesione di fede a questi indiscu­
tibili pronunciamenti: la chiedo a me e a voi tutti, nel nome del Signore.

2. L'azione infestatrice e oscura di Satana - come la chiama il papa


Giovanni Paolo II - è, credetemi, più diffusa e nefasta di quanto si possa
pensare e credere. Lo scetticismo sarcastico di pseudosapienti mondani,
o anche di cristiani e di maestri religiosi, è frutto di disinformazione e,
quindi, di superficialità, oltre a essere - esso stesso - parte principale di
quella vittoria che il Maligno vuole ottenere, coperto dal silenzio. Nes­
suno, lo chiedo ai pastori del popolo di Dio, può trattare questo tema
con leggerezza: sarebbe un'inadempienza colpevole e potrebbe, fra l'al­
tro, scandalizzare. Credo che faccia parte del ministero sacerdotale
ascoltare tutti i fratelli con pazienza grande, grande. Tutto deve essere
sottoposto a sano discernimento, specie da parte dei pastori, ma mai,
mai, mai un'anima in pena, magari inconsapevolmente vessata dal Ma­
ligno - non è forse il suo mestiere? - può essere trattata con superficia­
lità, minimizzando i suoi problemi o, peggio, rifiutando di ascoltarla.
Non faceva così Gesù! Non sanno i ministri sacri che proprio la loro in­
differenza costringe spesso i semplici e sprovvisti a ricorrere a maghi e
fattucchieri o ad altre pratiche aberranti, che sono, ahimè!, lo strumento
privilegiato per l'intervento del demonio e il suo trionfo? Non stancate­
vi di tenerne lontani i nostri fedeli!

3. Noi invece, per virtù di Cristo, siamo già vincitori (cfr. Rm 8,37).
Egli è «il più forte» (cfr. Le 11,22): chi sta con lui ha vinto, definitivamen­
te. E Cristo ha messo a disposizione le armi per questa vittoria. Eccole:
• La fede: «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo [malvagio]:
la nostra fede». (1 Gv 5,4)
• La Parola di Dio: «Pregate incessantemente con ogni sorta di pre­
ghiere e suppliche nello Spirito». (E/6,18)
• Il digiuno: «Questo genere di demoni non si può scacciare se non
con la preghiera e il digiuno». (Me 9,29)
• I sacramenti, in particolare l'Eucarestia: «Se uno mangia di questo
Pane, vivrà in eterno» (Gv 6,51) e la Confessione: «Chi commette Ü pec­
cato viene dal diavolo ... ora il Figlio di Dio è apparso per togliere i pec­
cati». (1 Gv 3,8; cfr. Gv 20,23)
Tutte queste armi rischiano di restare inefficaci se non sono accom­
pagnate da quella che definirei l'arma preliminare: la nostra comu­
nione, comunione con il papa, comunione con il vescovo, comunione
tra di noi. Poiché il demonio è odio e divisione e babele, dove c'è co­
16 lo, vescovo esorcista

munione lui non può abitare. Sta benissimo invece dove c'è disunio­
ne, odio, inimicizia. E per questo la preghiera acquista particolarissima
efficacia quando è fatta insieme. Perciò fra le armi contro le infestazio­
ni del Maligno suggerisco i gruppi di preghiera di liberazione, precisando
che intendo per tali, a cui do una particolare delega al riguardo, solo
quelli presieduti da un ministro ordinato. Ognuno può - anzi deve -
pregare sempre, o da solo o in gruppo; tuttavia il vescovo stabilisce
che possano chiamarsi gruppi di preghiera, a cui, ripeto, attribuisce una
particolare ministerialità di intercessione e di liberazione dal Mali­
gno, solo quelli presieduti in atto da un ministro ordinato, il quale è
l'unico che può fare gesti rituali. Il vescovo annunzia che mensilmen­
te presiederà personalmente uno di questi gruppi di preghiera di li­
berazione.
Soltanto dopo aver abbondantemente fatto uso di questi mezzi, si
può ricorrere airesorcismo vero e proprio che, come si sa, compete uni­
camente al vescovo e ai sacerdoti da lui espressamente delegati (cfr. Me
8,15; Le 9,1; Corpus Juris Canonici, can. 1172).
I sacerdoti possono sempre offrirsi per particolari benedizioni a per­
sone e a luoghi, ma si deve affermare chiaramente che nessuna benedi­
zione ha efficacia senza la fede di chi la chiede, la sua rinuncia al pecca­
to, la sua frequenza alla preghiera e ai sacramenti. In caso contrario,
anche la benedizione può essere considerata alla stregua di un amuleto.
È quindi superstizione.

4. Fratelli miei, avete capito: sto chiamando a raccolta tutta la mia


Chiesa per una lotta senza quartiere, concorde, efficace contro il male e
le sue arti. E vi ho fatto capire che per questo invito ho avuto motivi as­
sai gravi della cui portata forse un giorno vi parlerò, se, ripeto, come
spero, questa iniziativa tutta spirituale sortirà l'effetto desiderato. Per
ottenerlo più facilmente, interpongo l'intercessione di Maria santissima,
immacolata e sempre vergine, nonché eterna nemica di Satana. Propa­
gandiamone la devozione, onoriamone l'immagine e invitiamo a ono­
rarla in tutte le famiglie. Guardando a Maria, riaffermando la nostra co­
munione con il Vicario di Cristo per la Chiesa universale e col Vicario di
Cristo per la Chiesa particolare, il vescovo, intraprendiamo questa azio­
ne purificatrice e liberatrice che ha il suo fulcro nella preghiera e nella
frequenza ai sacramenti, e trova il suo preliminare fondamento in quella
rinuncia a Satana che abbiamo proclamato pubblicamente nel battesimo
e nella cresima.

5. Quale pubblica e costante testimonianza di chiamata a raccolta


contro il nemico del bene e delle nostre anime, stabilisco che prima del­
la benedizione, al termine della celebrazione eucaristica (alla quale il ve-
Una promessa e una premessa 17

scovo con la sua autorità annette una particolare efficacia liberatrice, a


cui il sacerdote vorrà aderire con la sua intenzione), si recitino devota­
mente queste formule:

M: In comunione col papa e con il vescovo, facendo memoria ricono­


scente del nostro battesimo e della nostra cresima, rinunciamo a Satana
e alle sue opere e seduzioni.
T: Rinunciamo!
M: O Maria, concepita senza peccato,
T: Prega per noi che ci affidiamo a te.
M: San Michele arcangelo, difendici nella lotta; contro la malvagità e
le insidie del diavolo sii nostra difesa. Trionfi su di lui la potenza di Dio,
te ne preghiamo supplichevoli; e tu, principe delle schiere celesti, con la
forza divina ricaccia neirinfemo Satana e gli altri spiriti maligni che a
perdizione delle anime infestano il mondo.5
T: Amen.

Il celebrante, in comunione di intenzioni e di intenti con il papa e con


il vescovo, benedice i presenti.

Cari fratelli, dicevo all'inizio che questa lettera vi sarebbe apparsa


strana. Per questo vi chiedevo e vi chiedo un atto di fede, di fiducia e di
adesione. Anche questo contribuirà alla vittoria che attendiamo. Sono
sicuro che non deluderete anche questa attesa. Perciò vi ringrazio in an­
ticipo.
Starà alla sagacia e alla solerzia dei singoli operatori pastorali dare al
presente documento la massima diffusione, spiegandone la portata. An­
che di ciò vi ringrazio ed effusamente vi benedico in comunione di pre­
ghiere.
t Andrea Gemma, vescovo
Isemia, 29 giugno 19926

La pubblicazione della mia lettera pastorale suscitò moltissimi


commenti e fu anche tradotta oltreoceano. Molti i consensi che
mi hanno fatto piacere. Pubblico, a semplice documentazione,
quella di un presbitero:

5 Molti si sono rivolti all'autore per chiedere il ripristino della recita di questa in­
vocazione, voluta da Leone XIII, al termine della celebrazione eucaristica. La ri­
chiesta va girata al Santo Padre.
6 Andrea Gemma, «Le porte degli inferi non prevarranno», cit., p.204 sgg.
18 Io, vescovo esorcista

Don Duilio Sgrevi


Parroco di Pieve a Quarto
52040 Olmo - Arezzo
30 novembre 1997
S. Andrea apostolo
Eccellenza Rev.ma,
oggi in modo particolare penso a Lei. È infatti il Suo onomastico!
Prego il suo Patrono e la Madre della Luce affinché l'opera contro Sata­
na, da Lei così fortemente iniziata con quella lettera pastorale del 29 giu­
gno del 1992 e che io spesso rileggo (perché anche da me condivisa in pie­
no), quest'opera si estenda dappertutto. Il 2000 da tutti atteso sia il trionfo
della Luce di Cristo in mezzo a tanta tenebra sia nel mondo e (purtroppo)
anche dentro la Chiesa stessa. Tutto quell'ottimismo a buon mercato che
viene predicato anche dalla faciloneria di qualche sacerdote non mi sod­
disfa.
Il Santo Padre, che non è tra questi, ci invita a non aver paura, ad apri­
re le porte a Cristo, ma al tempo stesso non nasconde i pericoli e le insi­
die di Satana, chiamandolo per nome senza circonlocuzioni o ambiguità.
Continuamente ci invita a sperare, ma non nasconde mai i pericoli
che ci sovrastano se non ci convertiremo...
Attendo, anche se breve, una sua risposta. Come vorrei conoscerLa,
Eccellenza, di persona! Comunque nella Comunione dei santi già ci co­
nosciamo e questo è tutto.
Lo Spirito Santo, per mezzo di Maria Immacolata, Madre della Luce,
La ricolmi di ogni dono.
Mi benedica sempre!
Suo aff.mo
Don Duilio Sgrevi

Le pagine seguenti - come ho detto, richiestemi da tempo - in­


tendono documentare, certo non esaurientemente, il risultato
scaturito da questo documento, ossia indugiano su qualche a-
spetto saliente della mia attività di esorcista, con ciò che essa ha
significato per me, per la mia azione pastorale, per la personale
santificazione.
Tengo a dire che, dopo quanto si evince dai testi della divina
rivelazione e del Magistero della Chiesa, quanto dirò è frutto di
esperienza diretta. Al riguardo intendo ripetere quanto ho asseri­
to in molteplici e specifici interventi pubblici: nessuno può per­
mettersi di parlare di esorcismi e dintorni se non li ha mai prati­
cati. Si può ripetere e sistematizzare la dottrina della Chiesa circa
il demonio e la sua attività, ma non si possono esporre causa, ef­
Una promessa e una premessa 19

fetti, circostanze, strumenti dell'influsso del Maligno su cose e


persone se non si ha avuto il dono - sì, il dono - di praticare in
nome della Chiesa la lotta contro il Maligno, mediante quello che
si chiama «esorcismo», di cui diremo.
Qui voglio semplicemente mettere in guardia dai soliti ciarla­
tani che pretendono di parlare di ciò che non conoscono. Ora, è
un principio sacrosanto che di ciò che non si conosce non si può e
quindi non si deve parlare.
Mi è capitato più di una volta di rimbeccare qualche saputello
da quattro soldi che pretendeva - e pretende - di insegnare ciò
che non ha visto nemmeno in distanza: «Ma lei ha mai fatto un
esorcismo? O, per lo meno, ha mai assistito da vicino a uno di es­
si, compiuto dal sacerdote autorizzato? Se no, faccia il piacere di
tacere immediatamente».
In questa materia - come ne sono convinto! - in cui si eviden­
zia un'astuzia versipelle da parte dell'Awersario, dove i suoi...
giochi sono disparate variazioni, dove persino la più consumata
esperienza finisce col sentirsi incapace di comprendere fino in
fondo, non si può, dico, abbandonarsi al sentito dire o, peggio,
alle proprie presunte teorizzazioni.
Per spiegarmi riferisco una buaggine colta sulle labbra di un
pretucolo saccente, in pubblica conferenza, il quale disse pres­
sappoco così:
«Certi presunti posseduti non vengono liberati anche dopo
molte sedute con l'esorcista [è vero!] ma la Chiesa ha potentissi­
mi mezzi contro il Maligno: - l'acqua santa e gli altri sacramenta­
li, la potestà conferita da Cristo [vero!]; dunque, se uno dopo un
esorcismo resta tale e quale, così da dover ritornare a essere esor­
cizzato, vuol dire che non è né ossesso, né posseduto» (e qui è ca­
scato l'asino!).
Parlerò anche di questo... qui ribadisco che in ogni azione so­
prannaturale Dio è e resta sovranamente libero. Chi non ammet­
te questa verità di fede è già fuori strada, anche a proposito del­
l'azione del Maligno permessa da Dio.
Riferirò dunque - per mantenere la promessa - un poco della
mia esperienza di questi anni, del bene che n'è venuto a me, alla
Chiesa - ne sono sicurissimo! - e, soprattutto, a tante anime tri­
bolate che sono ricorse a me.
Quanto scriverò è ciò che ho visto, ho constatato, ho operato,
con la grazia di Dio.
20 Io, vescovo esorcista

Laddove sarà utile riporterò anche testimonianze di chi ha be­


neficiato dell'azione della Chiesa attraverso la mia mediazione. Il
tutto, come è ovvio, nel più rigoroso anonimato. I nomi che rife­
rirò, pertanto, sono fittizi e servono semplicemente a rendere più
diretto il discorso.
Metto queste pagine, e coloro che vi poseranno lo sguardo e
l'attenzione, sotto lo sguardo e la protezione di Maria, la grande
nemica di Satana sin dall'inizio, «Quella» come la chiamano i de­
moni, che non osano nominarla e che ne sono inesorabilmente
schiacciati, anche se non ancora definitivamente.
II
«Scacciate i demoni» (Me 16,17)

Sono l'unico, tra i vescovi italiani, a praticare abitualmente - sot­


tolineo abitualmente - gli esorcismi? Non lo so. Molti lo hanno
detto.
Quanto a me, non mi preoccupo di saperlo!
Sta di fatto che, dopo quella luce, non potevo fare a meno di
praticarli. D'altra parte - e qui do ragione del titolo di questo li­
bro - domandare a un vescovo se è esorcista - come mi è succes­
so tante volte di sentire da curiosi di ogni estrazione - è come do­
mandare a un medico se pratica la medicina, o a uno sportivo se
fa sport...
Esercitare il ministero di esorcista per un vescovo non può esse­
re una scelta: è un obbligo, se è vero quanto c'è scritto nel Vangelo.
Proprio questo il Signore mi fece capire quel giorno, e lui sa
con quale forza.
Debbo ora dire delle reazioni che quell'illuminazione e il con­
seguente documento hanno suscitato. In me, prima di tutto.
Immediatamente, infatti, alcune pagine del Vangelo mi si sono
dispiegate dinanzi in tutta la loro chiarezza meridiana.
Non parlo degli esorcismi di Gesù; tutto quanto, infatti, dagli
evangelisti è descritto si verifica continuamente anche oggi: le
grida, i tentativi di suicidio, le urla contro l'esorcista - «Sei venu­
to a mandarci in rovina?» (Cfr. Le 4,34) - , lo schiumare dalla boc­
ca, il cadere a terra come morto a liberazione avvenuta... Ripeto:
tutto si verifica puntualmente anche oggi.
Mai, tuttavia, avrei immaginato di poter assistere così pun­
tualmente a quanto descritto dal Vangelo a proposito degli esor­
cismi di Gesù...
22 Io, vescovo esorcista

Ciò che mi è apparso in tutta la sua luce solare, dopo quel 29


giugno, è stato il «mandato», ossia il comando preciso dato da
Gesù ai suoi apostoli, prima di lasciarli suoi continuatori sulla
terra!
Leggi in san Marco:

Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi non crederà sarà con­
dannato. Ed ecco i miracoli che accompagneranno coloro che avranno
creduto: cacceranno i demoni in nome mio, parleranno nuove lingue;
prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualcosa di mortifero,
non farà loro del male; imporranno le mani ai malati e saranno guariti.
(Me 16,16-18)

«Scacciate i demoni»: è dunque una precisa ingiunzione del Si­


gnore Gesù e non so come si possa non tenerne conto.
Ancora più forza assume questo comando di Gesù con quanto
detto dall'evangelista Marco a proposito della scelta dei dodici
da parte di Gesù: «Ne scelse dodici perché stessero con lui, per
inviarli e perché scacciassero i demoni...» (Me 3,14-15).
Scacciare i demoni fa parte, dunque, della missione apostolica.
Non so se i miei confratelli vescovi abbiano mai approfondito
questi testi (non dirò, come mi hanno spesso rinfacciato, provo­
candomi, alcuni fedeli mandati via in malo modo da curie vesco­
vili o episcopi: «Ma i vescovi credono al Vangelo, a tutte le parole
del Vangelo?»).
So bene, la risposta deve essere in ogni caso affermativa, ma è
sempre così ingenuamente imbastita di «se» e di «ma» che finisce
quasi con l'apparire negativa.
Ed è questo - assicuro - uno scandalo che tanti dei miei pa­
zienti, chiamiamoli così, hanno patito, dopo essere ricorsi - e tal­
volta li ho mandati io stesso - ai loro legittimi pastori...
I vescovi credono certamente all'esistenza del demonio e alla
sua nefasta azione nel mondo, così ben evidenziata dal Vangelo,
dall'apostolo Paolo, daH'apostolo Giovanni, dall'apostolo Pie­
tro... Sì, i vescovi credono a tutto questo, però, anche senza accor­
gersene, finiscono con estenuare gravemente la forza delle parole
della Scrittura.
Credono, i vescovi, certamente al potere che Gesù ha dato alla
Chiesa e a loro in particolare, nella lotta contro il Maligno. Ma al­
lora, ci si domanda, perché sono così poco equipaggiati in questa
«Scacciate i demoni» (Me 16,17) 23

lotta? A questa domanda, che non è solo mia, si badi, non si può
sfuggire.
I vescovi non esercitano direttamente e personalmente il loro
potere in questo campo: ciò risulta dall'esperienza. Del resto i pa­
stori delle nostre chiese hanno sempre tanto da fare...
Allora è quasi normale che, a norma di codice, incarichino di
questo ministero uno o più presbiteri della loro Chiesa. Ricordo
lo scalpore che suscitò la notizia che il compianto cardinale Bale­
strerò ne aveva nominato, per la diocesi di Torino, sei in un colpo
solo... (più tardi si è saputo che quella città è una specie di capita­
le di questa terribile realtà).
Certo, anche per le confessioni, assai spesso, i vescovi delega­
no completamente tale importante ministero. Ma già Pio X, come
vescovo di Mantova, entrava spesso in confessionale, soprattutto
per richiamare i suoi preti a questo impreteribile dovere.
Per fortuna, anche Giovanni Paolo II, da papa, ha voluto esse­
re lui stesso ministro del sacramento della riconciliazione, dopo
aver più volte richiamato i ministri sacri al dovere di prestarsi al­
l'ascolto delle confessioni.
Come sarebbe utile - dico al riguardo - che anche noi vescovi
ci rendessimo un po' più disponibili per questo ministero straor­
dinariamente importante: conosceremmo assai meglio i nostri fe­
deli e ciò che più giova alla loro salvezza.
Tornando al potere di scacciare i demoni, avviene la stessa co­
sa: i vescovi demandano a presbiteri da loro scelti. Ma io affermo
che c'è una grande differenza tra l'esercizio del ministero della ri­
conciliazione e quello dell'esorcismo. Nel primo caso tutti i sa­
cerdoti, per il fatto dell'ordinazione, sono abilitati; per l'esorci­
smo, invece, è necessaria un'espressa delega del vescovo e
questa, in molti casi, ahimè, è data non solo a pochissime perso­
ne, ma anche a persone che non sono né disposte né preparate.
Ma c'è di più - e la cosa è grave in molte diocesi non esiste
nemmeno un esorcista. Lo so di sicuro, dietro la mia rituale do­
manda posta a quanti a me ricorrono anche di lontano: «Perché
non vai dal tuo vescovo? Perché non vai nella tua diocesi?». Le
risposte che ricevo sono quasi sempre scoraggianti: «Il vescovo
non crede a queste cose!» (Quali cose?!). «Nella mia diocesi non
ci sono esorcisti incaricati. Quello che c'è è anziano e malato e
non può esercitare il ministero per cui è incaricato...» «Colui al
quale mi hanno mandato ha detto di non credere a queste cose...»
24 Io, vescovo esorcista

«Il nostro esorcista non è altro che uno psicologo che riferisce tut­
to alla sua specializzazione. Quello a cui mi hanno mandato mi
ha trattato male.»
E potrei continuare in questo elenco di gravi affermazioni che
male depongono circa la carità, la pazienza, la disponibilità di
vescovi e presbiteri a prestarsi almeno all'ascolto paziente di chi
è tribolato, non necessariamente posseduto, dal demonio.
Io continuo a domandarmi, specie quando mi arrivano casi da
lontano, da molto lontano: perché non ci dovrebbero essere esor­
cisti, almeno un esorcista per ogni diocesi?
Mi risponda chi può!
Capisco allora perché il padre Amorth, mio caro amico, conti­
nua a gridare: «Un vescovo che non stabilisce almeno un esorci­
sta nella sua diocesi non è esente dal peccato mortale per grave
omissione». Forse, aggiungo io, lo scuserà la buona fede...
Ma quale buona fede?
È comunque doloroso dover ammettere che sento una grave
sofferenza per questa situazione. E mi toma in mente l'espressio­
ne del Vangelo dove è scritto che Gesù «ebbe compassione di lo­
ro perché erano come un gregge senza pastore» (Me 6,34). Ma se
siamo pastori, non dovremmo prima di tutto difendere il nostro
gregge dall'assalto dei lupi, del lupo infernale?
E san Pietro non parla forse del demonio come di leone rug­
gente che va in giro cercando chi divorare (Cfr. 1 Pt 5,8)?
Spinto da questa angosciante sofferenza interiore nel vedere
tanti miei fratelli oppressi dal Maligno, senza poter usufruire dei
rimedi che la Chiesa ha a disposizione, un bel giorno mi decisi:
chiesi un'udienza privata al Santo Padre Giovanni Paolo II.
Gli esposi con umiltà il problema sottoponendogli anche la
mia lettera pastorale: «Santo Padre,» lo supplicai «ordini che in
ogni diocesi ci sia almeno un esorcista».
«Ma lei non fa parte della conferenza episcopale?» mi rispose;
come a dire, e io compresi, che toccherebbe alla conferenza epi­
scopale, che si dedica a tante problematiche, prendere provvedi­
menti anche in questo campo.
Fino a ora - e sono passati ben dieci anni - questa tematica non
è stata nemmeno alla lontana sfiorata dagli elevatissimi dibattiti
che si fanno nell'assemblea generale della cei.
Nei corridoi, invece, debbo dire che diversi vescovi mi hanno
accostato dopo aver saputo della mia iniziativa. Dopo di essa in­
«Scacciate i demoni» (Me 16,17) 25

fatti, sono venute le dichiarazioni della conferenza campana, del­


la conferenza toscana e di quella deirEmiiia Romagna. Ma il ri­
sultato è ancora quello: non tutte le diocesi, almeno in Italia, han­
no un esorcista a cui un fedele possa facilmente ricorrere.
È così che mi son visto assediato da fratelli sofferenti prove­
nienti da ogni parte: dalla Svizzera, dal Veneto, dalla Sicilia é dal­
la Calabria...
Rimango, dunque, nell'angosciante interrogativo: perché i ve­
scovi non s'interrogano su una questione di tanta importanza?

Quanto a me, debbo confessare che il ministero di esorcista,


esercitato abitualmente, mi ha recato un immenso giovamento
spirituale - e ne parlerò - , mi ha dato la gioia di vedere autentici
miracoli, mi ha permesso di consolidarmi nella fede e nella gioia
di appartenere a Cristo Gesù e alla sua vera Chiesa.
Cari confratelli vescovi - se per caso mi leggerete -, riflettete! E
domandatevi se non sia almeno il caso di provare.
Ili
Il nostro silenzio: la sua vittoria

Un'altra sofferenza mi ange, dopo che mi sono imbarcato nella


bella avventura di lottare a carte scoperte contro il Maligno: il si­
lenzio che si continua a mantenere sul conto dell'azione nefasta
di Satana, e non solo, ma anche la cura, degna di miglior causa,
di eliminarne il più possibile la menzione là dove nella preghiera
ufficiale della Chiesa, non solo nella formula di esorcismo, egli
era menzionato o per deprecarne la presenza e l'azione o per im­
plorare liberazione da Dio.
Ricordo che sin dai miei anni di seminario circolava spesso
questa espressione, che ora non saprei attribuire con precisione:
«La più grande vittoria riportata dal Maligno è quella di farsi cre­
dere inesistente...».
È indicibile sofferenza e grave scandalo per i fedeli constatare
che ministri della parola non credono al demonio, riducendolo,
spesso, semplicemente a un simbolo, o ridimensionandone al
massimo l'influenza nefasta nella vita dell'uomo. Non c'è biso­
gno di dire - e lo vedremo nel prossimo capitolo - che l'esistenza
del demonio è verità di fede, contenuta in moltissimi passi della
Bibbia. Solo la temerarietà superficiale di tanti falsi sapienti di
oggi può nascondere e minimizzare tale patente verità.
Eppure c'è una complicità in questo silenzio sull'esistenza e
l'azione di Satana, negli stessi testi ufficiali riformati (!), che scon­
certa davvero.
Intanto io ho sempre deprecato che nella riforma della messa
si sia tolta quella preghiera a san Michele che Leone XIII, non
senza ispirazione dall'alto, aveva voluto fosse recitata al termine
della celebrazione di ogni funzione. Molte volte il demonio, per
Il nostro silenzio: la sua vittoria 27

voce degli ossessi, ha fatto sapere che questa abolizione gli è pia­
ciuta tantissimo!
Fu proprio questa considerazione che mi spinse, anni or sono,
a chiedere con umile supplica a Giovanni Paolo II di volerla ri­
pristinare.
Tomo alla domanda: che cosa, quale presupposto hanno sug­
gerito di abolire la preghiera di san Michele, stabilita da un papa
e, se ben ricordo, ben motivandone l'esigenza? E che cosa - conti­
nuo a domandare - ha suggerito e suggerisce di evitare il più
possibile, nei testi liturgici, la menzione di Satana, dei suoi nefa­
sti interventi, delle conseguenze della sua azione distruttiva?
Chi può mi risponda. E con argomenti validi, per favore, non
con i soliti motivi di vellutata convenienza.
Sta di fatto, come hanno detto gli ultimi pontefici, che oggi l'o­
pera micidiale del demonio è più evidente che mai, si è fatta per
di più subdola e astuta, ha trovato alleati un tempo impensabili e
strumenti spaventosi di intervento che chi ha una pur pallida
idea di satanismo ben conosce.
E allora era il caso non solo di non espungere formule depreca­
torie e imprecatone, ma semmai di moltiplicarle e rafforzarle.
Così, purtroppo, non è stato. Me ne dolgo veementemente e
con me ne lamentano l'incongruenza tutti gli amici esorcisti e gli
stessi fedeli più vessati.
Si aggiunga quest'altra considerazione documentabilissima:
mentre i testi ufficiali vengono costantemente riveduti e... purgati
da riferimenti a Satana e al suo mondo tenebroso, si moltiplicano
formule alternative che vengono ampiamente diffuse anche a spro­
posito. Così è ogni qualvolta viene meno la preoccupazione autore­
vole di chi è preposto a tali cure: si moltiplicano, a proposito e spro­
posito, i surrogati, così come - anticipo qualcosa che dirò appresso -
chi non trova ministri di Dio disponibili e saggi, chi non trova esor­
cisti preparati e ben disposti, va dagli operatori dell'occulto, caden­
do... dalla padella nella brace, non solo non trovando rimedio, ma
aggravando la sua situazione e pagando ingenti somme di denaro.
Di chi è la colpa, almeno in causa, di tale degrado, di tali ab­
normi incongruenze?
Adduco qualche esempio e non è la prima volta, anche se an­
cora una volta, la mia sarà voce inascoltata, apro qui un'altra pa­
rentesi: non ho avuto l'onore - meglio così! - di essere consultato
mentre veniva confezionato il nuovo rituale degli esorcismi. C'è
28 Io, vescovo esorcista

stato chi ha dimostrato ampiamente l'inadeguatezza dello stru­


mento messo nelle nostre mani... Arricchirà la nostra biblioteca e
continueremo con ben altra efficacia a usare roba antica e miglio­
re. Sì, anche in questo caso, come dice il Vangelo, «il vino vecchio
è migliore» (cfr. Le 5,39).7
Ecco, dunque, qualche esempio che comprova l'amara consta­
tazione che si faceva qui sopra. Scrivevo nel mio libro II Signore ti
libererà :

Questa coralità d'implorazione, per ottenere liberazione dai mali fisi­


ci e spirituali, trova nella preghiera ufficiale della Chiesa molteplici ri­
scontri. Per esempio, nelle litanie dei santi, che in diversi riti vengono
proposte obbligatoriamente alla comunità degli oranti, si ripete inces­
santemente: Libera nos, Domine (Liberaci, o Signore). E i nostri avi com­
prendevano bene quando erano invitati a ripetere quel: Libera nos, Domi­
ne, che si chiedeva a Dio la liberazione non solo dalla peste, dalla fame,
dalla guerra, ma anche «dalle insidie del diavolo». Oggi, stranamente,
quel: Libera nos, Domine è diventato, meno significativamente, un gene­
rico: «Salvaci, Signore» (chissà perché!).
Non mi si chiami pignolo se esplicito la differenza notevole che c'è
tra il: «Salvaci, Signore», dove si invoca salvezza perché convinti che so­
lo il Signore salva, e il Libera nos del latino dei padri che chiede libera­
zione, quindi ammette una presenza negativa, un intralcio, un nemico
da abbattere... Il primo verbo è un'affermazione al positivo: solo il Si­
gnore è la salvezza. Il secondo è ammissione della presenza di un male
da cui si chiede di esser liberati.
A proposito di traduzioni e di revisioni, mi si conceda quest'altra di­
gressione, che i miei diocesani già conoscono: non può non destare me­
raviglia il fatto che i revisori e i traduttori di chiarissimi testi liturgici
plurisecolari abbiano avuto una grande preoccupazione di evitare o di
attenuare ogni riferimento all'azione nefasta del demonio. Anche qui:
chissà perché!
Qualche esempio? Eccolo.
La nostra attenzione si è appuntata sulle formule di benedizione del­
l'acqua lustrale di cui tanto uso si fa lodevolmente nella nostra liturgia
cattolica.
Ecco dunque la formula del Pontificale romano anteriore, confrontata
con quelle suggerite dal nuovo Benedizionale latino:

7 Se egli me lo concederà, pubblicherò qui in appendice le osservazioni che pa­


dre Amorth ha fatto su questo ennesimo libro liturgico.
P o n t if ic a l e romano

Exorcizo te, creatura aquae, in nomine Dei Patris omnipotentis, et in no­


mine Iesu Christi Filii eius Domini nostri, et in virtute Spiritus Sancti: ut
fias aqua exorcizata ad effugandam omnem potestatem inimici, et
ipsum inimicum eradicare et explantare valeas, cum angelis suis apo-
staticis, per virutem eiusdem Domini nostri Iesu Christi: qui venturus
est iudicare vivos et mortuos, et saeculum per ignem. Amen.

Deus, qui ad salutem humani generis, maxima quaeque sacramenta


in aquarum substantia condidisti: adesto propitius invocationibus no-
stris, et elemento hic multimodis purificationibus praeparato, virtutem
tuae benedictionis infunde: ut creatura tua, mysteriis tuis serviens, ad
abigendos daemones, morbosque pellendos, divinae gratiae sumat ef-
fectum; ut quidquid in domibus, vel in locis fidelium, haec unda resper-
serit, careat omni immunditia, liberetur a noxa: non illic resideat spiri­
tus pestilens, non aura corrumpens: discedant omnes insidiae latentis
inimici; et si quid est, quod aut incolumitati habitantium invidet, aut
quieti, aspersione huius aquae effugiat: ut salubritas per invocationem
sancti tui nominis expetita, ab omnibus sit impugnationibus defensa.
Per Christum Dominum nostrum. Amen.

Ti esorcizzo, creatura acqua,


nel nome di Dio Padre Onnipotente,
nel nome di Gesù Cristo Figlio suo e nostro Signore
e nella potenza dello Spirito Santo,
perché tu divenga acqua esorcizzata
per fugare ogni potere del nemico,
e possa sradicare e debellare lo stesso nemico,
con i suoi angeli divenuti apostati,
in virtù dello stesso nostro Signore Gesù Cristo,
che verrà a giudicare i vivi e i morti,
e il mondo con il fuoco.
Amen.

O Dio,
che per la salvezza del genere umano
hai istituito i più grandi Sacramenti
nel Segno dell'acqua,
sii propizio alle nostre invocazioni,
infondi in essa la forza della tua benedizione,
affinché la tua creatura servendo ai tuoi misteri
abbia l'effetto, per la tua divina grazia,
di tener lontani i demoni,
30 Io, vescovo esorcista

e di fugare le malattie;
di modo che, dovunque,
nelle dimore dei tuoi fedeli,
sarà adoperata e aspersa,
luoghi, oggetti e persone
siano immuni da ogni nequizia,
siano liberati da ogni nocumento:
si allontanino tutte le insidie dell'occulto nemico,
e se c'è qualcosa che attenta
o all'incolumità degli abitanti,
o alla loro pace,
per l'aspersione di quest'acqua sia fugato:
affinché, per l'invocazione del tuo santo nome,
sia invocata la salvezza e la difesa da ogni pericolo.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

B e n e d i z io n a l e l a t in o

Benedictus es,
Domine, Deus onnipotens,
qui nos in Christo,
aqua viva salutis nostrae
benedicere dignatus es
et intus reformare:
concede ut qui
huius aquae aspersione
vel usu munìmur,
renovata animi iuventute
per virtutem Sancti Spiritus
in novitate vitae iugiter
ambulemus.
Per Christum
Dominum nostrum.
Amen.

Domine, sancte Pater,


respice super nos,
qui per Filium tuum
redempti,
ex aqua et Spiritu sancto
per baptismum
sumus renati:
praesta, quaesumus,
Il nostro silenzio: la sua vittoria 31

ut qui hac aqua


fuerint aspersi,
corpore et mente
renoventur
et puram tibi exhibeant
servitutem.
Per Christum
Dominum nostrum
Amen.

Benedetto sei tu, Signore,


Dio onnipotente,
che per mezzo di Cristo,
acqua viva per la nostra salvezza,
ti sei degnato di benedirci e
trasformarci interiormente:
concedici che adoperando o
venendo aspersi da quest'acqua,
per la forza dello Spirito santo,
possiamo camminare in una
rinnovata giovinezza dello spirito.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

Signore, Padre santo,


guarda a noi che, redenti dal tuo Figlio,
siamo rinati nel battesimo
per mezzo dell'acqua e dello Spirito santo:
concedi, ti preghiamo,
che tutti coloro che
saranno aspersi da quest'acqua
siano rinnovati nel corpo e nello spirito,
in modo da poterti servire con purezza di cuore.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.8

C'è poi nel nuovo M essale rom ano anche il Rito della benedizione
e dell'aspersione dell'acqua, da farsi ordinariamente di domenica.9
Qui, nella seconda orazione alternativa,10 leggiamo:

8 Andrea Gemma, ¡1 Signore ti libererà, Dehoniane, Roma 1997, p. 20.


9 Cfr. Messale romano, pp. 1031-1036.
10 Ivi, p. 1032.
32 Io, vescovo esorcista

Dio onnipotente, origine e fonte della vita,


benedici quest'acqua,
e fa' che noi tuoi fedeli,
aspersi da questa fonte di purificazione,
otteniamo il perdono dei nostri peccati,
la difesa dalle insidie del Maligno
e il dono della tua protezione.
Nella tua misericordia donaci, Signore,
una sorgente di acqua viva che zampilli
per la vita eterna,
perché liberi da ogni pericolo
possiamo venire a te con cuore puro.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

Sempre nel M essale rom ano , dopo una terza formula per il tem­
po pasquale, c'è anche - facoltativa - una formula di benedizio­
ne per il sale che confrontiamo con quella latina del Pontificale ro­
m ano :

Exorcizo te, creatura salis, per Deum vivum, per Deum verum, per
Deum satum, per Deum qui te per Eliseum prophetam in aquam immit-
ti iussit, ut sanaretur sterilitas aquae: ut efficiaris sai exorcizatum in sa-
lutem credentium; et sis omnibus sumentibus te sanitas animae et cor-
poris; et effugiat atque discedat a loco, in quo aspersum fueris, omnis
phantasia et nequitia et versutia diabolicae fraudis, omnisque spiritus
immundus adiuratus per eum qui venturus est iudicare vivos et mor-
tuos, et saeculum per ignem. Amen.

... Imploramus
ut hanc creaturam salis...
benedicere digneris...
ut sit omnibus sumentibus
salus mentis et corporis;
et quidcquid ex eo tactum
vel respersum fuerit,
careat omni immunditia,
omnique impugnatione
spiritalis nequitiae
Per Christum
Dominum nostrum.
Amen.
Il nostro silenzio: la sua vittoria 33

Ti esorcizzo, creatura sale, per il Dio vivo, per il Dio vero, per il Dio
santo, per quel Dio che per mezzo del profeta Eliseo comandò che fossi
immerso nell'acqua, perché fosse risanata la sterilità dell'acqua: affinché
tu divenga sale esorcizzato a salvezza dei credenti; e tutti coloro che ti
assumeranno ricevano la salute del corpo e dello spirito; e da ogni luo­
go in cui sarai sparso, sia fugato e allontanato ogni cattivo fantasma e
ogni malefica insidia degli inganni diabolici. Fugga ogni spirito mali­
gno costretto dalla potenza di Dio che verrà a giudicare i vivi e i morti, e
il mondo con il fuoco. Per Cristo nostro Signore. Amen

... Ti supplichiamo
di benedire questo sale tua creatura...
perché produca in tutti coloro
che ne faranno uso
sanità del corpo e dello spirito;
e ogni cosa che sarà in contatto con esso
e ogni luogo in cui sarà cosparso,
sia libero da ogni impurità
e dalle insidie degli spiriti maligni.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Benedici, Signore,
questo sale.
Come ordinasti
al profeta Eliseo
di risanare l'acqua
con il sale,
fa' che mediante
questo duplice segno
di purificazione
siamo liberati
dalle insidie del Maligno
e custoditi dalla presenza
del tuo Santo Spirito.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Ora si capisce facilmente perché quasi tutti gli esorcisti... si ser­


vono da soli.

Significativa parimenti la singolare trasformazione della for­


mula del Pontificale romano, con cui l'ordinante principale impo­
ne la mitria al neo-ordinato vescovo (si capisce che è una cosa
che mi riguarda particolarmente).
34 Io, vescovo esorcista

Imponimus, Domine, capiti huius antistitis et agonistae tui galeam


munitionis et salutis, quatenus, decorata facie et armato capite comibus
utriusque Testamenti, terribilis appareat adversariis veritatis; et, te ei
largente gratiam, impugnator eorum robustus exsistat, qui Moysi famu­
li tui facies, ex tui sermonis consortio decoratam, lucidissimus tuae cla-
ritatis ac veritatis cornibus insignisti, et capiti Aaron Pontificis tui tia-
ram imponi iussisti. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

Noi poniamo o Signore, sul capo di questo tuo condottiero e combat­


tente l'elmo della difesa [cfr. E f 6] e della salvezza, affinché col volto lu­
minoso e col capo ben munito delle armi appuntite dell'uno e dell'altro
testamento [cfr. ibidem], si dimostri terribile ai nemici della verità, e con
il soccorso della tua grazia sia loro strenuo oppositore, tu che al volto
del tuo servo Mosè, dopo il faccia a faccia avuto con te, aggiungesti i
raggi luminosi del tuo splendore e della tua verità [Es 34,29], e al quale
ordinasti di imporre la tiara sul capo del tuo pontefice Aronne [cfr. Es
39,30]. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Come avrei gradito udire nella mia ordinazione episcopale il


suono di questa mirabile formula liturgica! Per amore di carità
non riferisco, a confronto, quella che l'ha sostituita nell'attuale ri­
to di ordinazione del vescovo...
IV
«Liberaci dal Maligno»

La Chiesa, da sempre, oltre a custodire la fede nell'esistenza di


quello che la Scrittura chiama il «principe di questo mondo» e
addirittura il «dio di questo mondo» (cfr. Gv 12,31; 14,30; 16,11),
ha sempre avuto la certezza di essere stata dotata dal suo Fonda­
tore delle armi necessarie per combatterne l'azione deleteria (cfr.
E f 6,11 sgg.). La prima di queste armi è, appunto, la preghiera, la
supplice invocazione a Dio onnipotente perché ci liberi dal Mali­
gno, come del resto ha insegnato lo stesso Gesù nel Padre nostro.
Di qui è invalso l'uso recente di parlare di preghiere di libera­
zione. Non so se l'espressione, che ho adoperato io stesso nella
mia lettera pastorale, sia pienamente indovinata. Va perciò bene
spiegata. Ripeto qui quanto ho già scritto in proposito.11

Ci sono dei malintesi al riguardo, c'è della confusione che ingenera


dubbi e prevenzioni, anche presso i pastori del popolo di Dio. Ciò è
emerso anche da qualche fraterna diatriba che non ha certamente fatto
del bene e, forse, ha addirittura accresciuto i dubbi e le incertezze. (Di
quanto si è detto e si dice sul fronte deirinformazione laicistica e su­
perficiale non intendo assolutamente interessarmi: c'è solo da... pian­
gere.)
Vorrei in qualche modo e brevemente, una volta per tutte, dissipare
ogni nube, non solo per chi prende in mano questo libro, richiestomi
con insistenza e che ha fatto del bene, diffuso da tempo prò manoscritto.

11 Cfr. Andrea Gemma, Il signore ti libererà, cit., p. 15 sgg.


‘L i b e r a c i dal m ale»

Intanto proviamo a raccogliere alcune espressioni bibliche - quasi ad


apertura di libro, tanto sono esse frequenti - in cui il grido implorante
liberazione è di immediata percezione.
E subito viene dinanzi l'ultima petizione del Padre nostro: «Liberaci
dal male». Possiamo, pertanto, dire immediatamente che la preghiera di
liberazione è sulle labbra stesse di Gesù.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (ccc) spiega molto bene:
«In questa richiesta, il Male non è un'astrazione, indica invece una
persona: Satana, il Maligno, l'angelo che si oppone a Dio. Il diavolo (dia-
bolos, colui che si getta di traverso) è colui che vuole ostacolare il dise­
gno di Dio e la sua opera di salvezza, compiuta da Cristo. Omicida fin
dall'inizio, menzognero e padre di menzogna (Gv 8,44), Satana seduce
tutta la terra (Ap 12,9):
«È a causa sua che il peccato e la morte sono entrati nel mondo ed è
in virtù della sua sconfitta definitiva che tutta la creazione sarà liberata
dalla corruzione del peccato e della morte (Preghiera eucaristica IV).
Sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato da Dio pre­
serva se stesso e il Maligno non lo tocca.
«Noi sappiamo che siamo nati da Dio, mentre tutto il mondo giace
sotto il potere del Maligno (1 Gv 5,18-19); "Il Signore che ha cancellato il
vostro peccato e ha perdonato le vostre colpe è in grado di proteggervi e
custodirvi contro le insidie del diavolo che è il vostro avversario, perché
il nemico che suole generare la colpa non vi sorprenda. Ma chi si affida
a Dio non teme il diavolo. Se infatti Dio è dalla nostra parte chi sarà con­
tro di noi? (Rm 8,31)".
«... Chiedendo di esser liberati dal Maligno, noi preghiamo nel con­
tempo per essere liberati da tutti i mali, presenti, passati e futuri, di cui
egli è l'artefice e l'istigatore (ccc 2851-52; 2854).»

I n v o c a z io n i dal L ib r o sa n to

Prima di commentare queste indicazioni, già di per sé molto chiare, rac­


cogliamo, come detto, solo alcune tra le invocazioni contenute nel santo
Libro:
Signore, mio Dio, in te mi rifugio,
salvami da quanti mi inseguono e liberami... (Sai 7,2)
Scampa, Signore, la mia vita dall'empio
con la tua spada. (Sai 17,13)
In te, Signore, mi rifugio:
ch'io non resti confuso in eterno!
«Liberaci dal Maligno» 37

Nella tua giustìzia liberami e scampami


Porgi a me il tuo orecchio e salvami... (Sai 41,2)
Esaudisci, Signore,
la nostra preghiera e la nostra supplica:
liberaci per il tuo onore. (Bar 2,14)

Troppo ancora bisognerebbe riferire ma, penso, quanto trascritto è


sufficiente a comprendere come il grido di liberazione sia parte inte­
grante della preghiera d'Israele, in particolare, e della preghiera, in ge­
nere. Addirittura, secondo san Paolo, è la stessa voce del creato a sospi­
rare la liberazione:
«La stessa intera creazione anela in ansiosa attesa alla manifestazione
gloriosa dei figli di Dio; quella creazione che è stata sottomessa alla va­
nità, non perché l'abbia voluto lei, ma per volontà di colui che l'ha sot­
tomessa, sostenuta tuttavia dalla speranza che anch'essa, la creazione,
verrà affrancata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla li­
bertà della gloria dei figli di Dio.» (Rm 8,19-21)
Il gemito implorante liberazione si fa corale quando nella Chiesa un
suo membro è oppresso dalle catene. Avvenne così durante la prigionia
di Pietro, secondo un libro degli Atti degli Apostoli:
«Erode Agrippa arrestò anche Pietro.... Presolo, lo cacciò in prigione.
... Pietro quindi veniva custodito in carcere mentre la Chiesa innalzava
fervide preghiere a Dio per lu i... Un angelo del Signore batté sul fianco
di Pietro e lo svegliò dicendo: Levati immediatamente. Intanto a Pietro
le manette erano cadute dai p o lsi... Allora Pietro disse: Ora so che il Si­
gnore ha realmente inviato il suo angelo per strapparmi dalle mani di
Erode e dalle brame del popolo giudaico.» (At 12,3-11)

N e l l a c e l e b r a z i o n e e u c a r is t ic a

Riprendendo il filo del nostro discorso è importante notare come nel ri­
to della celebrazione eucaristica l'invocazione di liberazione è frequen­
te, oltre che nel Pater e nel successivo embolismo:
• Nel secondo prefazio quaresimale, si chiede che i figli di Dio «si con­
vertano a lui con tutto il cuore e, liberi dai fermenti del peccato, vivano
le vicende di questo mondo sempre orientati verso i beni eterni».
• Nel secondo prefazio della passione, si dice che la Pasqua «segna» la
sconfitta dell'antico avversario e l'evento stupendo della nostra reden­
zione.
• Nel settimo prefazio comune, si proclama la bontà di Dio che ha man­
dato il suo Figlio «per redimerci dal peccato e dalla morte e ha ridonato
38 lo, vescovo esorcista

il suo Spirito per fare di tutte le nazioni un solo popolo nuovo che ha co­
me fine il regno, come condizione la libertà dei figli di Dio, come statuto
11 precetto dell'amore».
• Nella prima preghiera eucaristica chiediamo: «Salvaci dalla dannazio­
ne eterna e accoglici nel gregge degli eletti».
•Nella quarta preghiera eucaristica affermiamo che Cristo «ai poveri
annunziò il Vangelo della salvezza, la liberazione ai prigionieri, agli af­
flitti la gioia»; e chiediamo che ci sia concessa l'eredità eterna «dove con
tutte le creature,12 liberate dalla corruzione del peccato e della morte,
canteremo la tua gloria».
•Nella preghiera che precede la santa comunione il celebrante chiede per
sé «Liberami da ogni colpa e da ogni male»; «La comunione con il tuo
corpo e il tuo sangue, Signore Gesù Cristo, non diventi per me giudizio
di condanna, ma per la tua misericordia sia rimedio e difesa dell'anima
e del corpo».
Espressioni che chiedono la liberazione si trovano anche in alcune
formule di benedizione solenne.

«Dio allontani da noi le tenebre del male...» (Natale)


«Lo Spirito di sapienza e di fortezza vi sostenga nella lotta contro il
Maligno...» (Quaresima)
«Iddio... vi liberi sempre da ogni pericolo.» (Tempo ordinario)
«Dio onnipotente allontani da voi ogni male...»(Tempo ordinario)
«Sostieni il tuo popolo, Signore, con la santa benedizione: donagli la
vittoria sul male.» (Benedizione sul popolo, n. 4)
«Rinnova i tuoi fedeli, Signore, perché...vincano le suggestioni del
male...» (Benedizione sul popolo, n. 21)
«Salva, difendi e rinnova il tuo popolo, perché, libero dalle suggestioni
del Maligno, viva sempre nel tuo amore.» (Benedizione sul popolo, n. 24)

Ed ecco, quale riassunto di quanto pensa la Chiesa, la bella litania di


liberazione, pronunziata da Giovanni Paolo II, nel 1983, affidando il
mondo a Maria:
Aiutaci a vincere la minaccia del male,
che così facilmente si radica
nel cuore degli stessi uomini di oggi,
e che nei suoi effetti incommensurabili,
già grava sulla nostra contemporaneità

12 Con «tutte le creature» qui deve necessariamente intendersi «esclusi i demoni e i


dannati».
«Liberaci dal Maligno» 39

e sembra chiudere le vie verso il futuro!


Dalla fame e dalla guerra liberacil
Dalla guerra nucleare,
da un'autodistruzione incalcolabile,
da ogni genere di guerre, liberacil
Dai peccato contro la vita degli uomini,
sin dai suoi albori, liberacil
Dall'odio e dall'avvilimento
della dignità dei figli di Dio, liberacil
Da ogni genere d'ingiustizia
nazionale e intemazionale, liberacil
Dai peccati contro lo Spirito Santo,
Liberaci, liberaci!
Accogli, o Madre di Cristo, questo grido
carico della sofferenza di tutti gli uomini,
carico della sofferenza di intere società!
Si riveli ancora una volta,
nella storia del mondo
l'infinita potenza dell'amore misericordioso!
Esso fermi il male.
Trasformi le coscienze!
Nel tuo cuore immacolato si sveli per tutti
la luce della speranza! Amen.

Ancora, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, la preghiera, qual­


siasi preghiera, ha delle caratteristiche costanti: «La semplicità e la spon­
taneità ... il desiderio di Dio stesso attraverso e con tutto ciò che nella
creazione è buono, la situazione penosa del credente, il quale nel suo
amore preferenziale per il Signore è esposto a una folla di nemici e di
tentazioni» (ccc, 2588).
Di qui le varie forme di preghiera che la fede dei credenti conosce e
che lo stesso catechismo recensisce: l'adorazione e la lode, il ringrazia­
mento e la richiesta di perdono e, soprattutto, la supplica e l'intercessio­
ne (cfr. ccc, 2626-2643).
La preghiera di liberazione appartiene a quest'ultima forma.
La preghiera di domanda e di intercessione è stata vivamente raccoman­
data da Gesù, il quale ha detto: «Tutto ciò che chiederete con fede nella
preghiera lo otterrete» (Mt 21,22). «Tutto ciò che domanderete nella pre­
ghiera abbiate fede di averlo [già] ricevuto» (Me 11,24).
Quando Gesù dice tutto, indica il complesso di realtà che costituisco­
no il nostro vero bene, il che non sempre si può dire - ammettiamolo -
delle nostre richieste di favori materiali.
Ci sono d'altra parte amplissimi settori delle nostre necessità in cui,
40 Io, vescovo esorcista

dobbiamo credere, saremo con certezza esauditi: la liberazione dal ma­


le, ossia, come dicemmo, dal Maligno, dalle sue arti, dalla tentazione in­
superabile, dai vari mali dello spirito, dalle passioni irruenti, dall'acci-
dia spirituale, dalla mediocrità, dai sentimenti di odio e di vendetta; in
una parola da tutte le malattie dello spirito che sono causa o conseguen­
za del peccato.
Per avere la certezza di essere esauditi in queste richieste, bisogna
chiedere «senza stancarsi» (Le 18,1), ossia con perseveranza; chiedere
«nel nome di Gesù» (cfr. Gv 15,16; 16,23; 14,12; 16,25): «Qualunque cosa
chiederete nel mio nome, la farò...» (Gv 14,12); chiedere con l'animo
sgombro da ogni risentimento, odio, volontà di vendetta (cfr. Me 11,25;
Mt 5,23), come preghiamo nel Padre nostro: «Rimetti a noi i nostri debi­
ti come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Infine la preghiera di domanda, secondo l'insegnamento di Gesù, de­
ve essere fatta al plurale, con gli altri e per gli altri (cfr. Mt 18,19). E qui si
intravede immediatamente la speciale caratteristica della preghiera di
domanda che è, appunto, l'intercessione, ossia il pregare gli uni per gli
altri.
Maria, la prima discepola di Gesù, lo ha fatto nella sua prima compar­
sa accanto a Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, quando ha supplicato
il Figlio divino di aver pietà dei due sposi di Cana (cfr. Gv 2,3). Ne conse­
guì il primo miracolo di Gesù che «liberò» quegli sposi da un grande im­
barazzo. Diciamo allora subito, per i veri devoti di Maria, che ogni pre­
ghiera, anche quella di intercessione e di liberazione, deve essere fatta «con
Maria», come testimonia anche la presenza di Maria nel cenacolo, dove i
discepoli attendevano, in preghiera, l'effusione dello Spirito.
Tutta la liturgia (= preghiera ufficiale) della Chiesa è al plurale, deve
essere dunque una preghiera fatta insieme dai fratelli, di qui la «pre­
ghiera comunitaria»; di qui i «gruppi di preghiera»; questi ultimi, edotti
dalla divina Parola, si propongono come impegno qualificante quello di
pregare insieme. Essi conoscono le parole di Gesù: *
«In verità vi dico: se due di voi sopra la terra si accorderanno per do­
mandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
Poiché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a lo­
ro.» (Mt 18,19)

La p r e g h ie r a d i l ib e r a z io n e

La preghiera di liberazione, pertanto, è una preghiera di domanda che


ha per oggetto specifico la richiesta di liberazione dal Maligno e da tutti i
mali che da lui derivano, in particolar modo dal peccato, causa ultima di
tutti i mali. È per questo che noi chiediamo che ogni «preghiera dUibe-
«Liberad dal Maligno» 41

razione» cominci da una rinnovata solenne rinuncia a Satana, alle sue


opere e seduzioni, e a ogni peccato volontario...
Se questa preghiera, come vuole Gesù, è fatta in gruppo e «con Ma­
ria», è infallibilmente efficace.
Se poi questi gruppi acquistano la valenza di celebrazione liturgica,
in quanto presieduti da un ministro sacro, con formule approvate dalla
Chiesa o, meglio, tratte dal patrimonio liturgico della Chiesa, abbiamo,
si può dire, il massimo; infatti la liturgia della Chiesa, come spiega il
Concilio Vaticano II, «in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo cor­
po che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessuna altra azione
della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne eguaglia l'efficacia»
(Sacrosantum Concilium, 7).
Dunque i gruppi di preghiera di liberazione sono vivamente racco­
mandabili, come «luoghi» di particolare presenza del Signore, di inter­
cessione fraterna, di elevazione dell'anima a Dio, di implorazione di
grazia per ognuno dei partecipanti e per il mondo intero. In altre parole,
sono la incarnazione di quel «Liberaci dal Maligno» che la Chiesa tutta,
ogni giorno, fa salire al cielo.
Per pregare, per pregare in gruppo, per pregare in qualsiasi luogo,
privato o pubblico - è naturale - , non c'è bisogno di nessuna autorizza-
zione particolare. C'è anzi il comando di Gesù di «pregare sempre», co­
me faceva lui ed è testimoniato dal Vangelo.
L'autorità ecclesiastica - il vescovo - ha, come in ogni caso e in ogni
manifestazione della vita cristiana, il diritto-dovere di vigilare, perso­
nalmente o per mezzo di altri, a che non si introducano abusi nelle for­
mule e nei gesti e non si dia luogo a manifestazioni che potrebbero esse­
re di nocumento alla fede o che alterassero una corretta pratica di vita
cristiana.
Per esempio, è assolutamente proibito a chi non è ministro ordinato
compiere dei «gesti liturgici»: imposizione di mani, segni di croce,
aspersioni...
Forse qui sarà opportuno spiegare che un gruppo di preghiera di li­
berazione può riunirsi abitualmente e chiedere a Dio liberazione, nel
senso che abbiamo sopra spiegato, per i componenti e per tutti in gene­
rale, oppure può riunirsi per chiedere la liberazione per un fratello o
una sorella che soffrono. In quest'ultimo caso occorre molta prudenza e
molta accortezza. Se si ha soltanto il sospetto - e certe manifestazioni lo
documentano - che il fratello o la sorella per cui si intende pregare (ad
arte non adopero l'espressione comune in alcuni gruppi «pregare su...»:
adopero unicamente l'espressione della tradizione cristiana: «pregare
per...», che è, come spiegato, la preghiera di intercessione) siano sotto
qualche influenza dello spirito del male, allora bisogna ricorrere unica­
mente all'esorcista. Su questo tema ritornerò appresso.
P r e c a u z io n i

Ritorno al discorso sulle necessarie autorizzazioni. Ne ha trattato padre


Raul Salvucci nel suo libro.13 Le faccio mie riferendo testualmente un
brano.
«Perché un gruppo di fedeli si riunisca per fare questa preghiera, c'è
bisogno del permesso dell'autorità ecclesiastica? Se si tratta di una riu­
nione occasionale, richiesta da un caso particolare, non occorre nessuna
formalità; ci si riunisce e si cerca di aiutare chi soffre con un po' di pre­
ghiera.
«Se si tratta invece di un gruppo speciale, che intende svolgere que­
sto servizio con una certa sistematicità, si deve tener conto di quanto di­
spone il Codice di Diritto Canonico per casi di questo genere.
«Il canone 215 dice: "I fedeli hanno il diritto di fondare e di dirigere
liberamente associazioni che si propongano un fine di carità o di pietà,
oppure associazioni che si propongano l'incremento della vocazione
cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il rag­
giungimento comune di tali finalità".
«Questa disposizione è uno dei punti più qualificanti del nuovo Codi-
ce, che lo adegua allo spirito del Concilio Vaticano II e, in avvenire, sarà
fonte di grande promozione per il laicato. Preciso che ho detto "in avve­
nire" perché ritengo che attualmente né vescovi né parroci siano molto
aperti ad accogliere in pieno il contenuto di questa disposizione.
«Qualunque gruppo di fedeli che intenda riunirsi per scopi di carità
o di pietà, quindi anche per fare preghiera di liberazione, lo può fare li­
beramente, senza autorizzazioni di sorta.
«Canone 223: "1. Nell'esercizio dei propri diritti i fedeli, sia come sin­
goli, sia riuniti in associazioni, devono tener conto del bene comune del­
la Chiesa, dei diritti altrui e dei propri doveri nei confronti degli altri. 2.
Spetta all'autorità ecclesiastica, in vista del bene comune, regolare l'e­
sercizio dei diritti che sono propri dei fedeli.".
«Autorizzazioni no, ma controllo sì, per due motivi: perché l'attività
del gruppo si armonizzi con il bene comune della Chiesa e si evitino
possibili deviazioni, come spiega più esattamente il seguente canone.
«Canone 305 (paragrafo 1): "Tutte le associazioni dei fedeli sono sog­
gette alla vigilanza dell'autorità ecclesiastica competente, alla quale per­
tanto spetta di aver cura che in esse sia conservata l'integrità della fede
e dei costumi e vigilare che non si insinuino abusi nella disciplina eccle­
siastica; a essa perciò spetta il diritto e il dovere di visitare tali associa­
zioni a norma del diritto e degli statuti".

13 Raul Salvucci, Indicazioni pastorali di un esorcista, Ancora, Milano 1992.


«Liberaci dal Maligno» 43

«E se un vescovo vietasse in modo assoluto la formazione di tali


gruppi? Commetterebbe un abuso di autorità, perché il Diritto canonico
parla chiaro: vigilare, correggere; in caso di irriducibili violazioni anche
sopprimere, ma negare in partenza la formazione no. Un vescovo può
avere i suoi dubbi s u ssiste n z a del diavolo o può credere che nella sua
diocesi, in forza di un divieto di caccia da lui imposto a questo invisibi­
le predatore, i suoi fedeli non vengano molestati, ma non può, in base
alle sue convinzioni o pregiudizi personali, sopprimere un diritto sanci­
to dai sacri canoni.
«E se fosse il parroco a opporsi? Commetterebbe non una ma due in­
frazioni: la prima perché farebbe un atto di autorità indebito, la seconda
perché rifiuterebbe una esortazione in positivo che gli rivolge il canone
529 (paragrafo 2): "Il parroco riconosca e promuova il ruolo che hanno i
fedeli laici nella missione della Chiesa, favorendo le loro associazioni
che si propongono finalità religiose".
«Qualche parroco torcerà un po' il naso, ma io ho semplicemente tra­
scritto e, per antica convenzione, ambasciator non porta pena.
«Concludendo: un gruppo che voglia fare con sistematicità questo
prezioso servizio in aiuto a gente che soffre, anche perché questo è un
settore particolarmente delicato, deve "avvertire" il vescovo, senza però
richiederne l'autorizzazione.
«Preciso infine che quanto esposto non riguarda soltanto fratelli che
fanno parte del "Rinnovamento nello Spirito", ma vale per tutti e per
chiunque nelle parrocchie, nei gruppi ecclesiali, nelle case religiose vo­
glia con amore occuparsi di queste situazioni. Ce n'è proprio tanto biso­
gno. Come dice il Cardinal Suenens: "La preghiera di liberazione occor­
rerebbe valorizzarla, dandole tutte le dimensioni e tutto il realismo
opportuno". Speriamo che lo Spirito Santo apra il cuore delle comunità
ecclesiali a camminare in questa prospettiva.»14
Sottoscrivo - e padre Salvucci lo sa - queste puntuali osservazioni e
le faccio mie senza alcuna difficoltà, quale pastore della Chiesa e succes­
sore degli apostoli.

P r e g h ie r a e d e s o r c is m o

Aggiungo alcune osservazioni su preghiera ed esorcismo.


Premesso quanto sopra, circa l'immenso valore della preghiera e la
sua indispensabile funzione nella vita cristiana in qualsiasi suo momen­
to ed evenienza, occorre precisare bene la differenza esistente tra pre­
ghiera e anche tra preghiera di liberazione ed esorcismo.

14 Iv i, p. 219 sgg.
44 Io, vescovo esorcista

Definiamo l'esorcismo: è la preghiera fatta dalla Chiesa «con autorità,


in nome di Gesù Cristo» per chiedere a Dio che «una persona o un og­
getto sia protetto contro l'influenza del Maligno e sottratto al suo domi­
nio» (ccc, 1673). Il Catechismo della Chiesa Cattolica continua spiegando:
«Gesù l'ha praticato (Me 1,25 sgg.); è da lui che la Chiesa deriva il pote­
re e il compito di esorcizzare (cfr. Me 3,15; 6,7.13; 16,17). In una forma
semplice, l'esorcismo è praticato durante la celebrazione del battesimo.
L'esorcismo solenne, chiamato "grande esorcismo", può essere praticato
solo da un presbitero e con il permesso del vescovo» (ccc, 1673).
Dopo aver detto che in questa materia bisogna procedere con pru­
denza, osservando rigorosamente le norme stabilite dalla Chiesa, il
Catechismo della Chiesa Cattolica aggiunge: «L'esorcismo mira a scaccia­
re i demoni o a liberare dall'influenza demoniaca e ciò mediante l'au­
torità spirituale che Gesù Cristo ha affidato alla sua Chiesa» (ccc,
1673). •
Il Catechismo della Chiesa Cattolica prosegue avvertendo che c'è grande
differenza fra influsso demoniaco, che si elimina con gli esorcismi, e una
qualsiasi malattia, specie psichica. E aggiunge che «è importante accer­
tarsi, prima di celebrare l'esorcismo, che si tratti della presenza del Ma­
ligno e non di una malattia».
In nota qui viene citato, a torto, secondo il nostro modesto giudizio, il
canone 1172,2 del Codice di Diritto Canonico, che si limita a dire che «per
praticare l'esorcismo si richiede il permesso espresso del vescovo, il
quale deve concederlo soltanto a sacerdoti ornati di pietà, di prudenza e
di integrità di vita».
Mi permetto di aggiungere, umilmente e fondato sulla esperienza,
che l'ultima osservazione riportata dal Catechismo è problematica. Am­
messo che è sempre necessario il ricorso al medico per verificare se si
tratti di malattia fisica o psicologica, dinanzi al responso medico che
esclude la malattia, l'unico mezzo per accertarsi della presenza o meno
del Maligno è praticare l'esorcismo. Il quale, come mi sembra di poter
dire, essendo una preghiera di intercessione, fatta in nome della Chiesa
da chi ne è debitamente autorizzato, in nessun caso potrà essere nociva.
Perciò quella precauzione espressa con eccessiva forza: «Accertarsi, pri­
ma di celebrare l'esorcismo, che si tratti di una presenza del Maligno»
ha per me sentore di scetticismo e di sfiducia nei mezzi di salvezza che
la Chiesa ha a disposizione.
È proprio in forza di questa eccessiva precauzione, io penso, che mol­
ti ministri sacri, di fronte alle sofferenze di tanti fratelli, senza dar loro
ascolto, non di rado deridendoli, li allontanano con un semplicistico e
comodo: «Va' dal medico». Se sapessero quanto male fanno questi spic­
ciativi medici dell'anima! Non faceva così Gesù. E basta aprire il Vange­
lo per saperlo e documentarlo.
«liberaci dal Maligno» 45

Torniamo al punto donde siamo partiti: qual è il rapporto tra pre­


ghiera ed esorcismo? Rispondiamo schematicamente per punti.

• L'esorcismo è preghiera, almeno in quella parte che viene chiamata


deprecativa, nella quale si chiede a Dio di liberare dal Maligno chi ne è
vittima.
• Non sempre, invece, la preghiera è esorcismo, anche se, come av­
viene nel Padre nostro, si invoca la liberazione. È esorcismo soltanto
quello che qui sopra abbiamo descritto. In particolare, elemento essen­
ziale deiresorcismo è la presenza e la presidenza di un ministro sacro
debitamente autorizzato dal vescovo (cfr. Codex Juris Canonici, 1172).
• Si evince dunque, da quanto stiamo dicendo, che è assolutamente
necessario adoperare, anche tra di noi, termini univocamente intesi. La
preghiera di liberazione si chiami così, la benedizione si chiami benedi­
zione, e l'esorcismo si chiami esorcismo. Guai a far confusione! Si posso­
no affermare cose inesatte, come purtroppo è successo anche in docu­
menti autorevoli.
• Quando si parla di preghiera si parla di tutte le sue forme: ascolto
della Parola, lode, ringraziamento, intercessione.
• La preghiera in gruppo - e quindi i gruppi di preghiera - rispondo­
no a una esigenza insita nella preghiera stessa: pregare insieme, ossia in
comunione strettissima con i pastori, papa e vescovo.
• La preghiera che vuol venire in soccorso di un fratello in particola­
re stato di necessità si chiama preghiera di intercessione «per» lui; non
parlerei, come ho già accennato, di preghiera «su» qualcuno, anche se
so che questo gergo è entrato in qualche gruppo.
• Si chiama preghiera di liberazione ogni preghiera, fatta da soli o in
gruppo, indirizzata all'ottenimento della liberazione di qualcuno da
sofferenze fisiche o morali, e soprattutto da eventuali influssi diabolici.
A tal proposito mi pare di poter dire che, di per sé, ogni preghiera è pre­
ghiera di liberazione, se è vero che modello di ogni preghiera è il Padre
nostro e che in esso si dice: «Liberaci dal Maligno».
• Per quanto abbiamo detto, si può pregare da soli, in gruppo, abi­
tualmente o occasionalmente, in ogni luogo, in ogni ora, con qualsiasi
formula, tranne che si tratti di una preghiera liturgica per la quale devo­
no essere impiegate le formule approvate dalla Chiesa.
•Si deve escludere l'esorcismo vero e proprio - quello sopra defini­
to - che compete unicamente al vescovo e a presbiteri autorizzati da
lui.
46 Io, vescovo esorcista

• Va pure esclusa, a mio giudizio, proprio per evitare confusioni, la


gestualità rituale.
• La presenza del ministro sacro rafforza l'intercessione, quindi è
sempre auspicabile, anche per evitare eccessi, per spiegare la Parola in
maniera autorevole.
• Se il ministro sacro è il vescovo, ossia il liturgo per eccellenza, l'a­
postolo, l'orante, siamo ai vertici della preghiera e, quindi, della sua ef­
ficacia salvifica, nella quale occorre credere con quella fede che sposta le
montagne. Non comprendo perché una occasione così importante - non
lo è meno delle grandi celebrazioni liturgiche a cui presiede il vescovo -
non debba essere messa in programma abitualmente da ogni saggio pa­
store della Chiesa. L'inferno ne tremerebbe come di una immensa cospi­
razione di grazia che darebbe al suo malefico influsso un colpo mortale
e definitivo. Non resta che auspicare sinceramente che cosa di tanto mo­
mento venga almeno presa in considerazione da parte di tutti, a comin­
ciare dai vertici della santa gerarchia. Non è forse vero che la prima comu­
nità cristiana, intorno a Pietro e a Maria, era «unanime e in preghiera»
(At 1,14)?
Se si è compreso quanto sin qui mi sono sforzato di dire, la preghiera
di liberazione, o meglio un gruppo stabile di preghiera di liberazione, è
l'insieme del meglio; è l'esercizio della più importante e indispensabile
attività del battezzato, la preghiera; è comunione nella comunità, per
realizzare una particolarissima presenza del Signore; se è presieduta,
com'è auspicabile, da un ministro sacro, è esercizio precipuo della mini-
sterialità ecclesiale. Ci sono, dunque, tutte le premesse per una efficacia
salvifica assicurata dal Signore stesso.
Se questi gruppi fossero costituiti dappertutto, in maniera abituale e
costante, vi potrebbero essere indirizzati tanti fratelli che soffrono nel­
l'anima e nel corpo: vi troverebbero quel conforto, quella sovrumana
fortezza, quel rimedio che vanno spasmodicamente cercando, senza di­
re che, nel caso si trattasse di fratelli che si sono allontanati dalla pratica
cristiana, ritroverebbero la strada per un ritorno definitivo.
Mi si lasci dire: come mai non si approfitta di cosa tanto necessaria,
tanto salutare e, soprattutto, così facile?
Chi può risponda.

P er concludere

• Bisogna pregare, pregare molto, pregare sempre: è il comando del Si­


gnore ripetuto con insistenza. È la decisione presa dagli apostoli: «Noi
ci occuperemo del ministero della Parola e della preghiera» (At 6,4).
«Liberaci dal Maligno» 47

• Bisogna far pregare, ossia insegnare a pregare, cominciando dai


bambini che frequentano i corsi di iniziazione ai sacramenti. Le «scuole
di preghiera» condotte da maestri esperti hanno una grande importan­
za, vanno quindi incrementate e diffuse.
• Bisogna favorire il sorgere, lo sviluppo e la frequenza di gruppi di
preghiera, anche senza particolari denominazioni. E a ogni gruppo cri­
stiano vorrei suggerire con ferma convinzione: qualunque sia lo scopo
del vostro stare insieme ricordatevi che, per un'associazione cristiana, la
prima e preminente occupazione è quella di pregare. «La Chiesa» ebbe a
dire Paolo VI «è un'associazione di preghiera.»
• Stante la nefasta, sempre più manifesta, azione del Maligno, il qua­
le si dimostra, come ha detto Gesù, «principe di questo mondo», occor­
rerà favorire il sorgere e il diffondersi di «gruppi di preghiera di libera­
zione», nei quali far entrare, con dolce insistenza, tutti i vessati dal
Maligno: ne avvertiranno immenso beneficio e ritroveranno serenità e
pace.
• Consiglierei di fare molta attenzione ai «carismatismi» - veri o pre­
sunti - , che possono ingenerare false attese e, comunque si manifestino,
o come realtà o come ricerca esagerata, possono far credere che la pre­
ghiera sia un appannaggio di privilegiati, mentre essa è l'operazione co­
mune e abituale di tutti i veri discepoli di Gesù.
A tutti coloro cui giungeranno queste pagine io ripeto con fermissima
convinzione: preghiamo, fratelli! E siate benedetti.
V

Il diavolo esiste e io l'ho incontrato

Come ho detto, l'esercizio del mio potere apostolico contro il Ma­


ligno ha rafforzato la mia fede. E quindi, anche la mia fede nell'e­
sistenza di Satana e delle sue innominabili arti.
Se negassi la sua esistenza e la sua azione, mi parrebbe di nega­
re l'evidenza. Sì, Satana esiste e io l'ho incontrato. È stata dappri­
ma un'esperienza non dirò traumatica, ma certo sconvolgente. Poi,
vedendo i prodigi della grazia, è stata un'esperienza corroborante
e arricchente che vorrei sinceramente augurare a tutti i miei con­
fratelli.
L'esistenza del demonio, o dei demoni, è un punto irrinuncia­
bile della nostra fede. Una fede, io credo, per nulla difficile per
chi ponga un poco di attenzione alla storia, specie a quella con­
temporanea, e ne tragga le conseguenze.
È ciò che ha fatto il cardinale Ratzinger rispondendo a Vittorio
Messori nel suo famoso Rapporto sulla fed e. A proposito del nostro
tema egli dice:

«Quando Paolo VI sottolineò la reale esistenza di Satana e condannò i


tentativi di dissolverlo in un concetto astratto, fu quello stesso teologo
che - dando voce all'opinione di tanti suoi colleghi - rimproverò al pa­
pa di ricadere in una visione arcaica del mondo, di fare confusione tra
ciò che nella Scrittura è struttura di fede (il peccato) e ciò che non è che
espressione storica, transitoria (Satana).»
Osserva invece il prefetto (rifacendosi del resto a ciò che già aveva
scritto da teologo) che «se si leggono con attenzione questi libri che
vorrebbero sbarazzarsi dell'ingombrante presenza diabolica, alla fine
se ne esce convinti del contrario: gli evangelisti ne parlano molto e non
intendono affatto parlarne in senso simbolico. Come Gesù stesso, erano
convinti - e così volevano insegnare - che si tratta di una potenza con-
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 49

creta, non certo di un'astrazione. L'uomo è minacciato da essa e ne vie­


ne liberato per opera di Cristo, perché Egli solo, nella sua qualità di
"più forte", può legare l'uomo "forte", per usare le stesse parole evan­
geliche"».

B ib l is t i o s o c io l o g i ?

Ma allora, se l'insegnamento della Scrittura sembra così chiaro, come


giustificare la sostituzione (oggi così diffusa per gli specialisti) con l'a­
stratto «peccato» del concreto «Satana»?
È proprio qui che individua un metodo utilizzato da molta esegesi e
da molta teologia contemporanee e che vuole respingere: «In questo ca­
so specifico, si ammette - non può farsi diversamente - che Gesù, gli
apostoli, gli evangelisti erano convinti dell'esistenza delle forze demo­
niache. Ma, nello stesso tempo, si dà per scontato che in questa loro cre­
denza erano "vittime delle forme di pensiero giudaiche di allora". Ma,
siccome si dà anche per scontato che "quelle forme di pensiero non sono
più conciliabili con la nostra immagine del mondo", ecco che per una
sorta di gioco di prestigio ciò che si considera incomprensibile all'uomo
medio di oggi viene cancellato».
Dunque, continua, «ciò significa che per dire "addio al diavolo" non
ci si appoggia sulla Scrittura (la quale, anzi, afferma proprio il contrario)
ma si fa riferimento a noi, alla nostra visione del mondo. Per congedarsi
da questo e da ogni altro aspetto della fede scomodo al conformismo
contemporaneo non ci si comporta pertanto come esegeti, come inter­
preti della Scrittura, ma come uomini del nostro tempo».
Da questi metodi discende per lui una conseguenza grave: «Alla fine,
l'autorità sulla quale simili specialisti della Bibbia basano il loro giudi­
zio non è la Bibbia stessa, ma la visione del mondo contemporanea al bi­
blista. Il quale parla dunque come filosofo o come sociologo e la sua fi­
losofia non consiste che in una banale, acritica adesione alle sempre
provvisorie persuasioni dell'epoca».
Dunque, se ho ben capito, sarebbe il rovesciamento del tradizionale
metodo di lavoro teologico: non più la Scrittura che giudica il «mondo»,
ma il «mondo» che giudica la Scrittura.
«In effetti» dice «è la ricerca continua di un annuncio che presenti ciò
che già sappiamo o che comunque sia gradito a chi ascolta. Comunque,
per quanto è del diavolo, la fede anche di oggi ne confessa, come sem­
pre ha fatto, la realtà misteriosa e insieme oggettiva, personale. Ma il
cristiano sa che chi teme Dio non deve temere niente e nessuno: il timo­
re di Dio è fede, qualcosa di ben diverso da un timore servile, da una
paura dei demoni. Eppure, il timore di Dio è anche qualcosa di molto
diverso da un coraggio millantatore che non vuole vedere la serietà del­
50 Io, vescovo esorcista

la realtà. È proprio del vero coraggio non nascondersi le dimensioni del


pericolo, ma considerarle con realismo.»
Secondo il cardinale, la pastorale della Chiesa deve «trovare il lin­
guaggio adatto per un contenuto sempre valido: la vita è una questione
estremamente seria, dobbiamo stare attenti a non rifiutare la proposta
di vita eterna, di eterna amicizia col Cristo che viene fatta a ciascuno.
Non dobbiamo adagiarci nella mentalità di tanti credenti d'oggi, i quali
pensano che basti comportarsi più o meno come si comporta la maggio­
ranza e per forza tutto andrà bene».
Continua: «La catechesi deve tornare a essere non un'opinione accan­
to a un'altra ma una certezza che attinge alla fede della Chiesa, con i
suoi contenuti che sorpassano di gran lunga l'opinione diffusa. Invece,
in non poca catechesi moderna la nozione di vita eterna si trova appena
accennata, la questione della morte è solo sfiorata e, la maggior parte
delle volte, lo è solo per interrogarsi sul come ritardarne l'arrivo o per
renderne meno penose le condizioni. Sparito in tanti cristiani il senso
escatologico, la morte è stata circondata dal silenzio, dalla paura o dal
tentativo di banalizzarla. Per secoli la Chiesa ci ha insegnato a pregare
perché la morte non ci sorprenda all'improvviso, dandoci tempo per
prepararci; ora è proprio la morte improvvisa che viene considerata una
grazia. Ma non accettare e non rispettare la morte significa non accettare
e non rispettare neppure la vita».

D a l PURGATORIO AL LIMBO

Sembra, dico, che l'escatologia cristiana (quando ancora se ne parla) sia


ridotta al solo «paradiso», anche se questo nome stesso fa problema, lo
si scrive tra virgolette; non mancano neppure qui le voci per dissolverlo
in qualche mito orientale. Saremmo tutti contenti - è ben chiaro - se nel
nostro futuro non fosse possibile altro che la felicità eterna. E in effetti,
chi rilegge i Vangeli vi trova innanzitutto la buona notizia per eccellen­
za, l'annuncio consolante dell'amore senza fine e misura di Dio. Ma, ac­
canto a questo, nei vangeli troviamo anche la chiara indicazione che
uno scacco è possibile, che un nostro rifiuto dell'amore non è impossibi­
le. Proprio perché «veri», i vangeli non sono testi al contempo consolan­
ti e impegnativi, proposte rivolte a uomini liberi e quindi aperti a diver­
si destini? Il purgatorio, per esempio, che fine ha fatto?
Lo vedo scuotere il capo: «Il fatto è che oggi tutti ci crediamo talmen­
te buoni da non potere meritare altro che il paradiso! Qui c'è certamente
la responsabilità di una cultura che, a forza di attenuanti e alibi, tende a
sottrarre agli uomini il senso della loro colpa, del loro peccato. Qualcu­
no ha osservato che le ideologie che oggi dominano sono tutte unite da
un comune dogma fondamentale: l'ostinata negazione del peccato, cioè
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 51

proprio di quella realtà che la fede lega all'inferno, al purgatorio. Ma nel


silenzio attorno al purgatorio c'è anche qualche altra responsabilità».
Quale?
«Lo scritturismo di origine protestante che è penetrato anche nella
teologia cattolica. Per cui si afferma che non sarebbero sufficienti e suffi­
cientemente chiari i testi della Scrittura su quello stato che la Tradizione
ha chiamato "purgatorio" (forse il termine è tardivo, ma la realtà appare
subito creduta dai cristiani). Ma questo scritturismo, ho già avuto occa­
sione di dirlo, ha poco a che fare con il concetto cattolico di Scrittura,
che va letta nella Chiesa e con la sua fede. Io dico che se il purgatorio
non esistesse, bisognerebbe inventarlo.»
E per quale motivo?
«Perché poche cose sono così spontanee, umane, universalmente dif­
fuse - in ogni tempo, in ogni cultura - della preghiera per i propri cari
defunti.»
Calvino, il riformatore di Ginevra, fece frustare una donna sorpresa a
pregare sulla tomba del figlio e dunque, secondo lui,"colpevole di «su­
perstizione».
«La Riforma in teoria non ammette purgatorio, dunque non ammette
preghiera per i defunti. In realtà, almeno i luterani tedeschi nella pratica
vi sono ritornati e trovano anche delle argomentazioni teologiche degne
di attenzione per darle un fondamento. Pregare per i propri cari è un
moto troppo spontaneo per soffocarlo; è una testimonianza bellissima
di solidarietà, di amore, di aiuto che va al di là delle barriere della mor­
te. Dal mio ricordo o dalla mia dimenticanza dipende un poco della feli­
cità o dell'infelicità di chi mi fu caro ed è passato ora all'altra sponda ma
non cessa di avere bisogno del mio amore.»
Però, il concetto di «indulgenza», ottenibile per se stessi in vita o per
qualcuno in morte, sembra sparito dalla pratica e forse anche dalla cate­
chesi ufficiale.
«Non direi sparito, direi indebolito, perché non ha evidenza nel pen­
siero attuale. La catechesi, però, non ha il diritto di ometterne il concet­
to. Non ci si dovrebbe vergognare di riconoscere che - in certi contesti
culturali - la pastorale ha difficoltà a rendere comprensibile una verità
della fede, forse questo è il caso deir"indulgenza". Ma i problemi di ri­
traduzione in linguaggio contemporaneo non significano certo che la
verità di cui si tratta non sia più tale. E ciò valga per molti altri aspetti
della fede.» ' 1
Sempre a proposito di escatologia, è però sparito il «limbo», quel luo­
go intermedio dove andrebbero i bambini morti senza battesimo, dun­
que con la sola «macchia» del peccato originale. Non ce n'è più traccia,
per esempio, nei catechismi ufficiali dell'episcopato italiano.
«Il limbo non è mai stata verità definita di fede. Personalmente - par-
52 Io, vescovo esorcista

landò più che mai come teologo e non come prefetto della Congregazio­
ne - lascerei cadere questa che è sempre stata soltanto un'ipotesi teologi­
ca. Si trattava di una tesi secondaria a servizio di una verità che è assolu­
tamente primaria per la fede: l'importanza del battesimo. Per dirla con le
parole stesse di Gesù a Nicodemo: "In verità, in verità ti dico, se uno non
nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5).
Si lasci pure cadere il concetto di "limbo", se è necessario (del resto, gli
stessi teologi che lo sostenevano affermavano al contempo che i genitori
potevano evitarlo al figlio con il desiderio del suo battesimo e la preghie­
ra); ma non si lasci cadere la preoccupazione che lo sosteneva. Il battesi­
mo non è mai stato, non è né mai sarà cosa accessoria per la fede.»15

Nessuno oserebbe negare che la tradizione cristiana ininterrot­


tamente ha ammesso e insegnato resistenza degli spiriti maligni,
con il loro capo detto Lucifero, il «Satana» (che è un nome comu­
ne), che vuol dire l'avversario o, come dice l'etimologia greca del
termine diavolo, «colui che si frappone» tra noi e Dio, colui che ci
è di ostacolo nelle vie del bene.
Circa l'esistenza del demonio, o meglio dei demoni, hanno
parlato, dopo la santa Scrittura, tutti i testimoni della tradizione
cristiana, tutti i catechismi, quelli moderni - naturalmente (!) - in
maniera più... felpata, più sfuggente, certamente per... non im­
pressionare troppo.
Nelle varie trattazioni sul demonio e i demoni si potrebbe fare
un lungo elenco bibliografico. Non lo farò. Anche perché in molti
casi la trattazione è ...libresca, è cioè cattedratica, è la documenta­
zione, messa in fila, di quanto l'insegnamento della Chiesa ha
sempre asserito.
Un modo meno accademico - e più convincente - di trattare
un argomento... scottante è quello di riferire semplicemente quel­
lo che hanno subito i santi da parte del demonio, gli eroi dei no­
stri tempi - penso al santo curato d'Ars, a santa Gemma Galgani,
a padre Pio e altri...
Un altro modo per parlare correttamente del demonio, dopo
aver ammesso quanto è contenuto nella rivelazione, è quello di
riferire quanto si verifica, appunto, durante gli esorcismi. Qui
l'informazione è... di prima mano, non è libresca, ma è esperien-
ziale. In questo caso si evita ogni apriorismo che, proprio in que­

15 Vittorio Messori - Joseph Ratzinger, Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Jo­
seph Ratzinger. Rapporto sulla fede, Mondadori, Milano, 19932, pp. 149-155.
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 53

sto argomento, è purtroppo ricorrente. È per questo che i più


prudenti si limitano a riportare i dati sicuri della rivelazione, ma­
gari in linea abbastanza generica, e poi tacciono. È già questo un
modo onesto di trattare la cosa, ma, si comprende, non è suffi­
ciente per delineare il campo di battaglia.
Invece chi, senza avere specifica esperienza, pur ammettendo i
dati della rivelazione, si azzarda a parlare, mettiamo, di esorci­
smi, di infestazione diabolica, di malefici e di eventuali criteri di
discernimento, rischia di dire cose assai imprecise.
È per questo che io ho ripetuto, dovunque sia stato chiamato a
trattare l'argomento, che nessuno può parlare di esorcismi e din­
torni se non ha specifica esperienza. Pregherei, perciò, chi vuole
imbattersi in informazioni sicure e utili, di voler tenere presente
tale precauzione, per me inderogabile.
Del resto il grande successo di libri scritti da esorcisti seri con­
ferma abbondantemente quanto sto dicendo.

Prima di rifarmi alla mia esperienza in materia, come ho pro­


messo, debbo richiamare con forza la necessità di confermarmi
nella fede ritenendo, anche a proposito di demoni, quanto il ma­
gistero della Chiesa ha sempre ammesso e insegnato.
Per semplificare, mi riferirò unicamente a due degli ultimi pa­
pi, Paolo VI e Giovanni Paolo II. I loro testi - che riferirò - sinte­
tizzano come meglio non si potrebbe quanto si deve credere circa
il «potere delle tenebre».
Riascoltando i seguenti chiarissimi pronunciamenti, dovrebbe
cadere ogni obiezione sull'esistenza e la nefasta opera del Mali­
gno e dei suoi miliziani.
Che pena, al riguardo, sentirmi dire dai fratelli che soffrono a
causa di Satana e dei suoi angeli ripugnanti che sacerdoti, a cui ci
si rivolge per lumi e per conforto, non credono «a queste cose»!
Spesso mi hanno riferito, quanti a me sono ricorsi dopo aver
bussato alle porte più vicine, di essere stati liquidati, con suppo­
nenza quando non con scherno, mediante frasi come questa: «... Ma
tu credi ancora a queste cose?!». Ancora!?
Come se fossimo oramai tutti nell'equivalente di un paradiso
o come se vivessimo in mezzo agli angeli o, peggio, come se il
male e il suo autore non fossero mai esistiti.
Sì, il demonio esiste, eccome!
Ecco le affermazioni di Paolo VI.
O m e l ia d i v e n e r d ì 29 g iu g n o 1972
... Abbiamo perduto, fa notare Paolo VI, l'abito religioso, e tante manife­
stazioni esteriori della vita religiosa. Su questo c'è tanto da discutere e
tanto da concedere, ma bisogna mantenere il concetto, e con il concetto
anche qualche segno, della sacralità del popolo cristiano, di coloro che
sono inseriti in Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote.
Oggi talune correnti sociologiche tendono a studiare l'umanità pre­
scindendo da questo contatto con Dio. La sociologia di San Pietro, inve­
ce, la sociologia della Chiesa, per studiare gli uomini, mette in evidenza
proprio questo aspetto sacrale, di conversione con l'ineffabile, con Dio,
col mondo divino. Bisogna affermarlo nello studio di tutte le differen­
ziazioni umane. Per quanto eterogeneo si presenti il genere umano, non
dobbiamo dimenticare questa unità fondamentale che il Signore ci con­
ferisce quando ci dà la grazia: siamo tutti fratelli nello stesso Cristo.
Non c'è più né giudeo, né greco, né sciita, né barbaro, né uomo, né don­
na. Tutti siamo una sola cosa in Cristo. Siamo tutti santificati, abbiamo
tutti la partecipazione a questo grado di elevazione soprannaturale che
Cristo ci ha conferito. San Pietro ce lo ricorda: è la sociologia della Chie­
sa che non dobbiamo obliterare né dimenticare.
Paolo VI si chiede, poi, se la Chiesa di oggi si può confrontare con
tranquillità con le parole che Pietro ha lasciato in eredità, offrendole in
meditazione. «Ripensiamo in questo momento con immensa carità» co­
sì il Santo Padre «a tutti i nostri fratelli che ci lasciano, a tanti che sono
fuggiaschi e dimentichi, a tanti che forse non sono mai arrivati nemme­
no ad aver coscienza della vocazione cristiana, quantunque abbiano ri­
cevuto il Battesimo. Come vorremmo davvero distendere le mani verso
di essi, e dir loro che il cuore è sempre aperto, che la porta è facile, e co­
me vorremmo renderli partecipi della grande, ineffabile fortuna della
felicità nostra/quella di essere in comunicazione con Dio, che non ci to­
glie nulla della visione temporale e del realismo positivo del mondo
esteriore!»
Forse questo nostro essere in comunicazione con Dio ci obbliga a ri­
nunce, a sacrifici, ma mentre ci priva di qualcosa moltiplica i suoi doni.
Sì, impone rinunce ma ci fa sovrabbondare di altre ricchezze del Signo­
re. «Ebbene» aggiunge il papa «vorremmo dire a questi fratelli, di cui
sentiamo quasi lo strappo nelle viscere della nostra anima sacerdotale,
quanto ci sono presenti, quanto ora e sempre e più li amiamo e quanto
preghiamo per loro e quanto cerchiamo con questo sforzo che li inse­
gue, li circonda, di supplire all'interruzione che essi stessi frappongono
alla nostra comunione con Cristo.»
Riferendosi alla situazione della Chiesa di oggi, il Santo Padre affer­
ma di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di
Satana nel tempio di Dio». C'è il dubbio, l'incertezza, la problematica,
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 55

l'inquietudine, l'insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida più della


Chiesa; ci si fida del primo profeta profano che viene a parlarci da
qualche giornale o da qualche moto sociale per rincorrerlo a chiedere a
lui se ha la formula della vera vita. E non avvertiamo di esserne invece
già noi padroni e maestri. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze, ed
è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. Dalla
scienza, che è fatta per darci delle verità che non distaccano da Dio ma
ce lo fanno cercare ancora di più e celebrare con maggiore intensità, è
venuta invece la critica, è venuto il dubbio. Gli scienziati sono coloro
che più pensosamente e più dolorosamente curvano la fronte. E finisco­
no per insegnare: «Non so, non sappiamo, non possiamo sapere». La
scuola diventa palestra di confusione e di contraddizioni talvolta as­
surde. Si celebra il progresso per poterlo poi demolire con le rivoluzio­
ni più strane e più radicali, per negare tutto ciò che si è conquistato, per
ritornare primitivi dopo aver tanto esaltato i progressi del mondo mo­
derno.
Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che
dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della
Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di
ricerca, di incertezza. Predichiamo l'ecumenismo e ci distacchiamo sem­
pre più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli.
Come è avvenuto questo? Il papa confida ai presenti un suo pensiero:
che ci sia stato l'intervento di un potere avverso. Il suo nome è il diavo­
lo, questo misterioso essere cui si fa allusione anche nella Lettera di san
Pietro. Tante volte, d'altra parte, nel Vangelo, sulle labbra stesse di Cri­
sto, ritorna la menzione di questo nemico degli uomini. «Crediamo» os­
serva il Santo Padre «in qualcosa di preternaturale venuto nel mondo
proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico, e per
impedire che la Chiesa prorompesse nell'inno della gioia di aver riavuto
in pienezza la coscienza di sé. Appunto per questo vorremmo essere ca­
paci, più che mai in questo momento, di esercitare la funzione assegna­
ta da Dio a Pietro, di confermare nella fede i fratelli. Noi vorremmo co­
municarvi questo carisma della certezza che il Signore dà a colui che lo
rappresenta anche indegnamente su questa terra.» La fede ci dà la cer­
tezza, la sicurezza, quando è basata sulla Parola di Dio accettata e trova­
ta consenziente con la nostra stessa ragione e con il nostro stesso animo
umano, chi crede con semplicità, con umiltà, sente di essere sulla buona
strada, di avere una testimonianza interiore che lo conforta nella diffìci­
le conquista della verità.16

16 Paolo VI, Omelia del 29 giugno 1972.


U d ie n z a g e n e r a l e d i m e r c o l e d ì 15 n o v e m b r e 1972
Quali sono oggi i bisogni maggiori della Chiesa?
Non vi stupisca come semplicista, o addirittura come superstiziosa e
irreale la nostra risposta: uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel
male che chiamiamo il demonio.
Prima di chiarire il nostro pensiero invitiamo il vostro ad aprirsi alla
luce della fede sulla visione della vita umana, visione che da questo os­
servatorio spazia immensamente e penetra in singolari profondità. E,
per verità, il quadro che siamo invitati a contemplare con globale reali­
smo è molto bello. È il quadro della creazione, l'opera di Dio che Dio
stesso, come specchio esteriore della sua sapienza e della sua potenza,
ammirò nella sua sostanziale bellezza.
Poi è molto interessante il quadro della storia drammatica della uma­
nità, dalla quale storia emerge quella della redenzione, quella di Cristo,
della nostra salvezza, con i suoi stupendi tesori di rivelazione, di profe­
zia, di santità, di vita elevata a livello soprannaturale, di promesse eter­
ne. A saperlo guardare, questo quadro, non si può non rimanere incan­
tati: tutto ha un senso, tutto ha un fine, tutto ha un ordine, e tutto lascia
intravedere una Presenza-Trascendenza, un Pensiero, una Vita, e final­
mente un Amore, così che l'universo, per ciò che è e per ciò che non è, si
presenta a noi come una preparazione entusiasmante e inebriante a
qualche cosa di ancor più bello e ancor più perfetto. La visione cristiana
del cosmo e della vita è pertanto trionfalmente ottimista; e questa visio­
ne giustifica la nostra gioia e la nostra riconoscenza di vivere per cui ce­
lebrando la gloria di Dio noi cantiamo la nostra felicità.
Ma è completa questa visione? È esatta? Nulla ci importano le defi­
cienze che sono nel mondo? Le disfunzioni delle cose rispetto alla no­
stra esistenza? Il dolore, la morte? La cattiveria, la crudeltà, il peccato, in
una parola, il male? E non vediamo quanto male è nel mondo? Special-
mente, quanto male morale, cioè simultaneamente, sebbene diversa-
mente, contro l'uomo e contro Dio? Non è forse, questo, un triste spetta­
colo, un inesplicabile mistero? E non siamo noi, proprio noi cultori del
Verbo i cantori del Bene, noi credenti, i più sensibili, i più turbati dal­
l'osservazione e dall'esperienza del male? Lo troviamo nel regno della
natura, dove tante sue manifestazioni sembrano a noi denunciare un di­
sordine. Poi lo troviamo neU'ambito umano, dove incontriamo la debo­
lezza, la fragilità, il dolore, la morte, e qualche cosa di peggio; una du­
plice legge contrastante, una che vorrebbe il bene l'altra invece rivolta al
male, tormento che san Paolo mette in umiliante evidenza per dimostra­
re la necessità e la fortuna d'una grazia salvatrice, della salute cioè por­
tata da Cristo; già il poeta pagano aveva denunciato questo conflitto in­
teriore nel cuore stesso dell'uomo: video meliora proboque, deteriora sequor.
Troviamo il peccato, perversione della libertà umana, e causa profonda
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 57

della morte, perché distacco da Dio fonte della vita, e poi, a sua volta,
occasione ed effetto d'un intervento in noi e nel nostro mondo d'un
agente oscuro e nemico, il demonio. Il male non è più soltanto una defi­
cienza, ma un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e perver­
titore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa.
Esce dal quadro deirinsegnamento biblico ed ecclesiastico chi si ri­
fiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi ne fa un principio a sé stante,
non avente essa pure, come ogni creatura, origine da Dio; oppure la
spiega come una pseudo-realtà, una personificazione concettuale e fan­
tastica delle cause ignote dei nostri malanni. Il problema del male, visto
nella sua complessità, e nella sua assurdità rispetto alla nostra unilatera­
le razionalità, diventa ossessionante. Esso costituisce la più forte difficol­
tà per la nostra intelligenza religiosa del cosmo. Non per nulla ne soffrì
per anni sant'Agostino: Quarebam unde malum, et non erat exitus, io cerca­
vo donde provenisse il male, e non trovavo spiegazione.
Ed ecco allora l'importanza che assume l'avvertenza del male per la
nostra corretta concezione cristiana del mondo, della vita, della salvez­
za. Prima dello svolgimento della storia evangelica al principio della
sua vita pubblica: chi non ricorda la pagina densissima di significati del­
la triplice tentazione di Cristo? Poi nei tanti episodi evangelici, nei quali
il demonio incrocia i passi del Signore e figura nei suoi insegnamenti? E
come non ricordare che Cristo, tre volte riferendosi al demonio, come a
suo avversario, lo qualifica «principe di questo mondo»? E l'incomben­
za di questa nefasta presenza è segnalata in moltissimi passi del nuovo
Testamento. San Paolo lo chiama il «dio di questo mondo», e ci mette
sull'avviso sopra la lotta al buio, che noi cristiani dobbiamo sostenere le
insidie del diavolo, poiché la nostra lotta non è (soltanto) col sangue e
con la carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori del­
le tenebre, contro gli spiriti maligni dell'aria.
E che si tratti non d'un solo demonio, ma di molti, diversi passi evan­
gelici ce lo indicano; ma uno è principale: Satana, che vuol dire l'avversa­
rio, il nemico; e con lui molti, tutti creature di Dio, ma decadute perché
ribelli e dannate; tutto un mondo misterioso, sconvolto da un dramma
infelicissimo, di cui conosciamo ben poco.
Conosciamo tuttavia molte cose di questo mondo diabolico, che ri­
guardano la nostra vita e tutta la storia umana. Il demonio è all'origine
della prima disgrazia dell'umanità; egli fu il tentatore subdolo e fatale
del primo peccato, il peccato originale. Da quella caduta di Adamo il
demonio acquistò un certo impero su l'uomo, da cui solo la Redenzione
di Cristo ci può liberare. È storia che dura tuttora: ricordiamo gli esorci­
smi del battesimo e i frequenti riferimenti della Sacra Scrittura e della li­
turgia all'aggressiva e alla opprimente «potestà delle tenebre». È il ne­
mico numero uno, è il tentatore per eccellenza. Sappiamo così che questo
58 Io, vescovo esorcista

Essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia


agisce ancora; è il nemico occulto che semina errori e sventure nella sto­
ria umana. Da ricordare la rivelatrice parabola dell'illogicità che sembra
presiedere alle nostre contrastanti vicende: inimicus homo hocfecit. È
r«omicida fin da principio ... è padre della menzogna», come lo defini­
sce Cristo; è l'insidiatore sofistico dell'equilibrio morale dell'uomo. È lui
il perfido e astuto ingannatore, che in noi sa insinuarsi, per via dei sensi,
della fantasia, della concupiscenza, della logica utopistica, o di disordi­
nati contatti sociali nel gioco del nostro parere, per introdurvi deviazio­
ni, altrettanto nocive quanto all'apparenza conformi alle nostre struttu­
re fisiche o psichiche, o alle nostre istintive, profonde aspirazioni.
Sarebbe questo sul demonio e sull'influsso ch'egli può esercitare sul­
le singole persone, come su comunità, su intere società, o su avvenimen­
ti, un capitolo molto importante della dottrina cattolica da ristudiare,
mentre oggi poco lo è. Si pensa da alcuni di trovare negli studi psicana­
litici e psichiatrici o in esperienze spiritiche, oggi purtroppo tanto diffuse
in alcuni paesi, un sufficiente compenso. Si teme di ricadere in vecchie
teorie manichee, o in paurose divagazioni fantastiche e superstiziose.
Oggi si preferisce mostrarsi forti e spregiudicati, atteggiarsi a positivisti,
salvo poi prestar fede a tante gratuite ubbie magiche e popolari, o peg­
gio aprire la propria anima - la propria anima battezzata, visitata tante
volte dalla presenza eucaristica e abitata dallo Spirito Santo! - alle espe­
rienze licenziose dei sensi, a quelle deleterie degli stupefacenti, come
pure alle seduzioni ideologiche degli errori di moda, fessure queste at­
traverso le quali il Maligno può facilmente penetrare e alterare l'umana
mentalità. Non è detto che ogni peccato sia direttamente dovuto ad
azione diabolica; ma è pur vero che chi non vigila con certo rigore mora­
le sopra se stesso si espone all'influsso del mysterium iniquitatis, a cui san
Paolo si riferisce, e che rende problematica l'alternativa della nostra sal­
vezza.
La nostra dottrina si fa incerta, oscurata com'è dalle tenebre stesse
che circondano il demonio. Ma la nostra curiosità, eccitata dalla certez­
za della sua esistenza molteplice, diventa legittima con due domande.
Vi sono segni, e quali, della presenza dell'azione diabolica? E quali sono
i mezzi di difesa contro così insidioso pericolo?
La risposta alla prima domanda impone molta cautela, anche se i se­
gni del Maligno sembrano talora farsi evidenti. Potremo supporre la
sua sinistra azione là dove la negazione di Dio si fa radicale, sottile e
assurda, dove la menzogna si afferma ipocrita e potente, contro la ve­
rità evidente, dove l'amore è spento da un egoismo freddo e crudele,
dove il nome di Cristo è impugnato con odio cosciente e ribelle, dove
lo spirito del Vangelo è mistificato e smentito, dove la disperazione si
afferma come l'ultima parola, ecc. Ma è diagnosi troppo ampia e diffici-
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 59

le, che noi non osiamo ora approfondire e autenticare, non però priva
per tutti di drammatico interesse, a cui anche la letteratura moderna ha
dedicato pagine famose: Il problema del male rimane uno dei più gran­
di e permanenti problemi per lo spirito umano, anche dopo la vittorio­
sa risposta che vi dà Gesù Cristo. «Noi sappiamo, scrive l'evangelista
san Giovanni, che siamo [nati] da Dio, e che tutto il mondo è posto sot­
to il Maligno.»
All'altra domanda: quale difesa, quale rimedio opporre all'azione
del demonio? la risposta è più facile a formularsi, anche se rimane dif­
ficile attuarsi. Potremmo dire: tutto ciò che ci difende dal peccato ci ri­
para per ciò stesso dall'invisibile nemico. La grazia è la difesa decisiva.
L'innocenza assume un aspetto di fortezza. E poi ciascuno ricorda
quanto la pedagogia apostolica abbia simboleggiato nell'armatura
d'un soldato le virtù che possono rendere invulnerabile il cristiano. Il
cristiano dev'essere militante; dev'essere vigilante e forte; e deve tal­
volta ricorrere a qualche esercizio ascetico speciale per allontanare cer­
te incursioni diaboliche; Gesù lo insegna indicando il rimedio «nella
preghiera e nel digiuno». E l'apostolo suggerisce la linea maestra da te­
nere: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci nel bene il male». Con la
consapevolezza perciò delle presenti avversità in cui oggi le anime, la
Chiesa, il mondo si trovano noi cercheremo di dare senso ed efficacia
alla consueta invocazione della nostra principale orazione: «Padre no­
stro, liberaci dal male!»17
A tanto giovi anche la nostra Apostolica Benedizione.

Ed ecco come a Paolo VI faccia eco la catechesi di Giovanni


Paolo II:

Come effetto del peccato dei progenitori questo angelo caduto ha


conquistato in certa misura il dominio sull'uomo. Questa è la dottrina co­
stantemente confessata e annunziata dalla Chiesa, e che il Concilio di
Trento ha confermato nel trattato sul peccato originale: essa trova dram­
matica espressione nella liturgia del Battesimo, quando al catecumeno vie­
ne richiesto di rinunziare al demonio e alle sue seduzioni.
Di questo influsso sull'uomo e sulle disposizioni del suo spirito (e del
corpo), troviamo varie indicazioni nella Sacra Scrittura, nella quale Sa­
tana è chiamato «il principe di questo mondo» (cfr. Gv 12,31; 14,30;
16,11), e persino il «dio di questo mondo» (2 Cor 4,4). Troviamo molti al­
tri nomi che descrivono i suoi nefasti rapporti con l'uomo: «Beelzebul»
o «Belial», «spirito immondo», «tentatore», «Maligno» e infine «anticri-

17 Paolo VI, Udienza generale del 15 novembre 1972.


60 lo, vescovo esorcista

sto» (1 Gv 4,3). Viene paragonato a un «leone» (1 Pt 5,8), a un «drago»


(Ap) e a un «serpente» (Gerì). Molto frequentemente per designarlo vie*
ne usato il nome «diavolo» dal greco «diaballein» (da cui «diabolos»), che
vuol dire: causare la distruzione, dividere, calunniare, ingannare. E a di­
re il vero tutto questo avviene fin dall'inizio per opera dello spirito ma­
ligno che è presentato dalla Sacra Scrittura come una persona pur asse­
rendo che non è solo: «siamo in molti», gridano i diavoli a Gesù nella
regione dei Geraseni (Me 5,9); «il diavolo e i suoi angeli», dice Gesù nel­
la descrizione del futuro giudizio (Mt 24,4).
Secondo la Sacra Scrittura, e specialmente il Nuovo Testamento, il
dominio e l'influsso di Satana e degli altri spiriti maligni abbraccia tutto
il mondo. Pensiamo alla parabola di Cristo sul campo (che è il mondo),
sul buon seme e su quello non buono che il diavolo semina in mezzo al
grano cercando di strappare dai cuori quel bene che in essi è stato «se­
minato» (cfr. Mt 13,38-39). Pensiamo alle numerose esortazioni alla vi­
gilanza (cfr. ivi, 26,41; 1 Pt 5,8), alla preghiera e al digiuno (cfr. Mt 17,21).
Pensiamo a quella forte affermazione del Signore: «Questa specie di de­
moni in nessun altro modo si può scacciare se non con la preghiera»
(Me 9,29). L'azione di Satana consiste prima di tutto nel tentare gli uomi­
ni al male, influendo sulla loro immaginazione e sulle loro facoltà supe­
riori per volgerle in direzione contraria alla legge di Dio. Satana mette
alla prova persino Gesù (cfr. Le 4,3-13), nel tentativo estremo di contrasta­
re le esigenze deireconomia della salvezza così come Dio l'ha preordi­
nata.
Non è escluso che in certi casi lo spirito maligno si spinga anche a
esercitare il suo influsso non solo sulle cose materiali, ma anche sul cor­
po dell'uomo, per cui si parla di «possessioni diaboliche» (cfr. Le 4,3-13;
Me 5,2-9). Non è sempre facile discemere ciò che di preternaturale av­
viene in questi casi, né la Chiesa accondiscende o asseconda facilmente
la tendenza ad attribuire molti fatti a interventi diretti del demonio; ma
in linea di principio non si può negare che nella sua volontà di nuocere
e di condurre al male, Satana possa giungere a questa estrema manife­
stazione della sua superiorità.
Dobbiamo infine aggiungere che le impressionanti parole dell'apo-
stolo Giovanni: «Tutto il mondo giace sotto il potere del Maligno» (1 Gv
5,19), alludono anche alla presenza di Satana nella storia dell'umanità,
una presenza che si acuisce man mano che l'uomo e la società si allonta­
nano da Dio. L'Influsso dello spirito maligno può «celarsi» in modo più
profondo ed efficace: farsi ignorare corrisponde ai suoi «interessi». L'a­
bilità di Satana nel mondo è quella di indurre gli uomini a negare la sua
esistenza in nome del razionalismo e di ogni altro sistema di pensiero
che cerca tutte le scappatoie pur di non ammetterne l'opera. Ciò non si­
gnifica però l'eliminazione della libera volontà e della responsabilità
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 61

dell'uomo e nemmeno la frustrazione dell'azione salvifica di Cristo. Si


tratta piuttosto di un conflitto tra le forze oscure del male e quelle della
Redenzione. Sono eloquenti, a questo proposito, le parole che Gesù ri­
volse a Pietro all'inizio della passione: «... Simone, ecco Satana vi ha cer­
cato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te perché non
venga meno la tua fede» (Le 22,31).
Per questo comprendiamo come Gesù nella preghiera che ci ha in­
segnato, il Padre nostro, che è la preghiera del Regno di Dio, termina
quasi bruscamente, a differenza di tante altre preghiere del suo tem­
po, richiamandoci alla nostra condizione di esposti alle insidie del Male-
Maligno. Il cristiano, appellandosi al Padre con lo spirito di Gesù e in­
vocando il suo Regno, grida con la forza della fede: fa' che non
soccombiamo alla tentazione, liberaci dal Male, dal Maligno. Fa', o Si­
gnore, che non cadiamo nell'infedeltà a cui ci seduce colui che è stato
infedele fin dall'inizio.18

A questo punto, dopo aver letto questi testi, domando se sia


ancora possibile ritenersi cattolici se non si ammette l'esistenza
degli spiriti del male e il loro nefasto influsso nella vita dell'uo­
mo di ieri e di oggi.
Del resto soltanto chi non ha visto in qualche modo gli orrori
della guerra, dell'odio razziale, degli scontri etnici, della crimina­
lità organizzata, del terrorismo, soltanto chi non ha avuto alcuna
notizia delle conseguenze di tali orrori può continuare a dubitare
dell'opera nefasta deH'avversario che si è assegnato l'unico com­
pito di odiare Dio e i figli di Dio, coloro cioè che, almeno poten­
zialmente, sono destinati alla gloria.
«... Ma a voi che così vessate le vostre vittime» ho domandato
più volte durante gli esorcismi «a voi ne viene qualche utilità,
qualche sollievo?»
«No!» mi è stato immediatamente risposto.
«Anzi» hanno continuato sotto mia imposizione «a noi viene
ulteriore aggravamento di pene...»
«E allora perché lo fate?»
«Per odio, per odio, per odio...» è stata la risposta urlata.
Appresso aggiungerò qualche altra cosa al riguardo, infatti l'o­
dio che il Maligno costituzionalmente ha contro Dio non può non
riversarsi sugli amici di Dio, o per lo meno su coloro che, ancora

18 Giovanni Paolo II, Udienza generale del 12 agosto 1986.


62 Io, vescovo esorcista

liberi di scegliere, possono salvarsi e diventare amici di Dio, cosa


questa che il demonio - e lo ripete continuamente - non può in
alcun modo volere e quindi sperare.
Sì, il demonio esiste, purtroppo. Ed esiste con la sua azione in­
sistente, spesso palese, il più delle volte subdola e nascosta, vei­
colata dai suoi emissari, a lui vendutisi miseramente senza sape­
re a quali eterni castighi vanno incontro.
Solo chi continua a mantenere gli occhi chiusi, ingannati dalla
pseudocultura imperante - come ci ha detto Ratzinger - può ne­
gare l'evidenza.
Io non potrò mai più.
E intanto - debbo aggiungere - la negazione del demonio e
della sua azione tentacolare e diffusa ha fatto sì che si sia abbas­
sata la guardia nella lotta contro di lui, per la quale, invece, sa­
remmo forniti di tutte le armi adatte, come vedremo, e ciò è
un'altra facile vittoria del Maligno.
«Se tutti i vescovi facessero come te» mi ha gridato in faccia in
tono di sfida «noi saremmo spacciati...» Sì, proprio così!
E invece...
«Siete rimasti in pochi...» ha sogghignato altra volta, e voleva
significare il numero sparuto di quelli che combattono in prima
linea contro di lui: in certe nazioni cattoliche o ex-cattoliche que­
sto numero è zero! E forse voleva anche rinfacciarmi l'assotti­
gliarsi pauroso delle fila dei veri credenti, fedeli e generosi...
«... Ma ci sono tanti buoni, tanti cristiani seri, tante anime san­
te...» gli ho ribattuto.
Non ha saputo negarlo.
Solo tornando alla fede di sempre, solo riprendendo in mano
le armi di cui parla san Paolo (cfr. E f 6,10 sgg.), solo adoperando i
mezzi efficacissimi di cui Cristo ha dotato la sua Chiesa, la vitto­
ria finale - certissima! - potrà essere affrettata e tante anime sot­
tratte all'inferno.
È questo lo scopo che mi sono prefisso, mettendo insieme con
semplicità queste pagine.
Già! La vittoria finale del bene! Il demonio sa benissimo che la
sua sconfitta è segnata, anche se non ne sa il tempo preciso. È per
questo che ha fretta e si dà da fare assai.
«Hai poco tempo, nevvero?» gli ho rinfacciato con scherno
tante volte. E non l'ha negato.
Del resto se voglio farlo arrabbiare sul serio non ho che da
Il diavolo esiste e io l'ho incontrato 63

buttargli addosso, con l'acqua santa, questa mia dolce certezza:


«... Alla fine il cuore materno di Maria trionferà».
«Sì!!!» mi ha sempre risposto digrignando i denti, ma qualche
volta ha aggiunto a sfida: «Sì, ma nel frattempo quanti, quanti ne
porteremo con noi!».
Non sarà possibile impedire a tanti fratelli tale irrimediabile
sciagura?
VI
Quelli che ci credono

Che strana cosa! Oppure, a ben pensarci, non è strano affatto:


mentre i tutori della fede, i difensori dei fratelli dalle insidie del
Maligno sembrano aver abbassato la guardia, anzi ostentano in
più casi una somma leggerezza che rasenta l'eresia, altri, invece,
hanno progredito, nella scia di antichi eresiarchi, nella conoscen­
za, nella obbrobriosa devozione al principe delle tenebre: questi
sì, al demonio ci credono, eccome!
Mentre i servi del padrone dormono, la zizzania del «nemico»
cresce in maniera spaventevole (cfr. Mt 13,24-30).
È il fenomeno inquietante del satanismo: una macchia oscura
della società di oggi che si è fatta notare per i suoi orrendi crimini.
Anni or sono fui chiamato - un presagio? - a parlarne. Lo feci
con comprensibile ripulsa. Comunque, come sempre, mi documen­
tai a dovere. Dopo gli orrori che in quell'occasione ebbi a scoprire,
non affrontai più l'argomento. E anche adesso, dopo l'esperienza di
questi anni, non ho voluto aggiungere altro - ci saranno la confer­
me dei fatti passati per le mie mani -, perciò in questo capitolo tra­
scrivo semplicemente la mia conferenza degli anni Ottanta.
Prima di riferire integralmente il mio antico scritto che ebbe a
suo tempo l'onore di diverse pubblicazioni, premetto alcune no­
tizie storiche sul satanismo, fornitemi da un mio presbitero.

Il sa t a n ism o

Natura: presso la quasi totalità delle grandi religioni è presente l'idea


dell'esistenza di uno «spirito del male», creatura angelica o semi-divina
che è all'origine del male e impegnata nel combattere le divinità e gli
Quelli che ci credono 65

uomini buoni. Nella letteratura biblica da cui dipendono ebraismo, cri­


stianesimo e islamismo è un angelo creato buono da Dio, che poi, a capo
di un gruppo d'altri angeli, si è ribellato al suo Creatore e quindi è dive­
nuto istigatore al male per gli uomini: il suo nome biblico è Satana, che
significa «colui che crea divisione», e il suo culto si chiama satanismo.
Altri nomi, non propriamente sinonimi, ma ormai abitualmente usati
per indicare la stessa realtà, sono: «Lucifero», «diavolo», «demonio».
Il culto satanico rappresenta il vertice o, se si preferisce, l'abisso più
profondo del mondo dell'occulto e si distingue chiaramente dai feno­
meni dello spiritismo e della magia, anche se a uno sguardo superficiale
può essere a essi facilmente assimilato.

Stona: il satanismo, come gli altri surrogati della religione, nasce in


Europa al tramonto della cristianità medievale e al sorgere dell'età mo­
derna; nel XVII secolo si formano i primi, ristretti gruppi d'intellettuali
e borghesi ostili al cristianesimo e quindi interessati a rivalutare il suo
«nemico naturale».
Intorno a una cortigiana del re di Francia Luigi XIV, Catherine La
Voisin, si forma il primo di questi gruppi di cui si abbia notizia, e con la
complicità d'alcuni sacerdoti scomunicati vengono celebrate le prime
messe nere. Nel secolo successivo il fenomeno acquista maggiore espan­
sione: i gruppi satanisti si moltiplicano grazie al diffondersi dell'illumi­
nismo razionalista e occultista insieme e al crescente clima libertino di
certi ambienti della media e alta borghesia.
Nella seconda metà del XIX secolo si formano, in Francia, Belgio, In­
ghilterra, Italia e Russia, discreti ma efficienti gruppi satanisti ben or­
ganizzati. Alla diffusione del satanismo ha indirettamente contribuito
anche un certo anti-satanismo virulento, fatto d'allarmismi ed esagera­
zioni talmente grossolane da auto-squalificarsi e ottenere così l'effetto
contrario.
Agli inizi del XX secolo il culto satanico rimasto fino allora nell'om­
bra comincia a emergere. Intorno al 1930 l'esoterista russa Maria de Na-
glowska apre a Parigi un Tempio di Satana; quasi contemporaneamente
in California J.W. Parson rielabora la dottrina magica di Aleister Crow-
ley trasformandola in un culto dell'Anticristo.
Siamo così agli albori del satanismo contemporaneo che fa il suo
esordio alla luce del sole con tre gruppi principali:
• nel 1960 R. Grimston Moore fonda in Inghilterra il gruppo The Pro-
cess;
• nel 1961 il cineasta hollywoodiano Kenneth Anger e il suo amico
H.S. Levey, denominato poi Anton La Vey, fondano l'associazione Cir­
colo Magico, divenuta poi nel 1966 la Chiesa di Satana;
• negli stessi anni il pluriomicida Charles Manson organizza il grup­
66 Io, vescovo esorcista

po The Family, aggregando adepti nella controcultura degli hippie e nel


sottobosco della criminalità urbana delle metropoli USA.
Attualmente i gruppi satanisti sono migliaia in tutto il mondo, ma è
impossibile calcolare con precisione il numero degli appartenenti; le sti­
me approssimative più attendibili sembrano stabilire tale numero nel­
l'ordine d'alcune decine di migliaia.

Culto: il satanismo è anzitutto uno stile di vita i cui valori sono la li­
bertà assoluta e svincolata da qualunque limite e norma, l'esaltazione
del piacere, la ricerca dell'eccesso in ogni campo, la sopraffazione del
forte sul debole. Ma il satanismo prevede anche una ritualità in senso
stretto: cerimonie d'iniziazione, invocazioni e canti in onore del Princi­
pe delle tenebre, formule deprecatorie, e, al vertice del culto satanico, la
messa nera, parodia della messa cristiana.
Nella messa nera tutte le preghiere sono rivolte non a Dio ma al de­
monio, e sono fatte per ottenere i successi e i piaceri terreni e non le
virtù e i doni spirituali; il rito si svolge all'interno di una cornice di sim­
boli e gesti aberranti, l'altare è decorato con drappi e ceri neri, e il culmine
della messa è raggiunto con la profanazione di ostie, rubate dai taberna­
coli delle chiese o consacrate appositamente da sacerdoti rinnegati, di­
strutte durante un atto sessuale.

I movimenti satanici: si distinguono diversi tipi di satanismo secon­


do la dottrina che professano e il tipo di persone che aggregano fra i lo­
ro adepti.
II satanismo razionalista: venera Satana come simbolo e archetipo della
libertà assoluta, della trasgressione, del rifiuto della morale religiosa e
delle convenzioni sociali, dell'esaltazione del piacere e dell'indipenden­
za della creatura da qualunque «Dio». Non si pronuncia chiaramente,
ma guarda con scetticismo le verità religiose soprannaturali insegnate
dalla Bibbia e quindi anche la stessa esistenza del demonio come essere
reale e personale. Le cerimonie di culto che celebra e in particolare la
messa nera sono quindi principalmente un modo per manifestare il pro­
prio disprezzo per la religione e tutti i valori a essa collegati e una forma
per liberarsi dalle tradizioni e dai vincoli morali ereditati.
Il satanismo occultista: accetta le verità religiose insegnate dalla Bibbia
e crede all'esistenza di Dio e delle sue creature spirituali, gli angeli buo­
ni a lui fedeli e gli angeli ribelli suoi nemici alla cui testa c'è Lucifero;
crede dunque nell'esistenza di Satana quale essere reale e personale e
decide di schierarsi dalla sua parte contro Dio. I satanisti occultisti ado­
rano e rendono culto a Satana per manifestargli la propria devozione,
mostrando di essere votati alla sua causa, cioè guadagnare quanti più
uomini possibile alla stessa «fede» e ottenere i suoi favori: denaro, sue-
Quelli che ci credono 67

cesso, piacere, potere. Credono che dopo questa vita ci sia un'altra vita,
immortale, e vogliono trascorrerla nel regno di Satana, l'inferno.
Il satanismo «acido» o selvaggio: è la forma costituita da una variegata e
imprecisata moltitudine di piccoli gruppi d'adolescenti e giovani che
sintetizzano nel satanismo quattro elementi diversi:
• il mito della trasgressione a ogni costo come affermazione di libertà
e indipendenza da tutto e da tutti; in particolare il godimento dei piace­
ri, specialmente sessuali, anche in forme perverse, senza limiti e senza
scrupoli;
• l'abbondante uso di sostanze stupefacenti che creano un'alterazio­
ne della realtà e un senso d'onnipotenza in piena sintonia con le loro
aspirazioni;
• l'attuazione reale dei riti visti nei film e nei fumetti a soggetto sata­
nico, con tutte le esagerazioni e le distorsioni tipiche di questo genere di
prodotti;
• l'effetto derivante da un certo tipo di musica rock (chiamato ap­
punto «rock acido»),19 la quale agisce in tre modi: quanto al testo, espli­
citamente inneggiando a Satana e ai controvalori del satanismo; quanto
al ritmo che per la sua violenza a lungo andare produce un crollo delle
inibizioni e dell'autocontrollo a beneficio di una totale sfrenatezza;
quanto al volume, che provocando stordimento aiuta a entrare nello sta­
to d'irrealtà desiderato.
Presso questi gruppi i rituali sono particolarmente violenti e più che
la messa nera si preferisce la profanazione di statue, suppellettili sacre,
cimiteri, chiese abbandonate; si praticano con una certa frequenza sacri­
fici animali e in casi estremi, a causa di quella perdita di controllo che di­
cevamo, anche umani; anche i riti a base sessuale si svolgono in modo
più violento sino ad arrivare alla violenza carnale, specialmente a danno
di nuovi adepti di entrambi i sessi durante le cerimonie d'iniziazione.

19 Diversi gruppi musicali o singoli cantanti rock hanno dichiarato apertamente


la loro appartenenza a un movimento satanico e l'intento satanista della loro
musica. Vedi per esempio, tra i più noti: i Led Zeppelin, gli a c /d c , Ozzy Osbor-
ne, Marylin Manson; molti altri, pur non essendo esplicitamente satanisti, sono
comunque contrassegnati da un atteggiamento chiaramente sprezzante nei con­
fronti della religione e dei valori tradizionali, raggiungono eccessi deplorevoli
nel loro delirio di onnipotenza sollecitato dall'idolatria dei loro fans, così per
esempio i Beatles che, come è noto, giunsero a definirsi «più grandi di Gesù Cri­
sto»! Il legame tra il satanismo e l'occultismo in generale, e la musica contempo­
ranea, con il suo influsso sulla mentalità, i costumi e le devianze giovanili, è cer­
tamente un problema sottovalutato e meriterebbe maggiore approfondimento.
Si vedano per esempio i libri divulgativi, ma rigorosi nella documentazione, del
giornalista Carlo Climati, per esempio il suo Inchiesta sul rock satanico, Piemme,
Casale Monferrato 1996.
68 Io, vescovo esorcista

Il luciferismo: è una forma particolare di satanismo, essenzialmente


diversa quanto al contenuto, poiché mentre nelle forme precedenti Sata­
na è identificazione, personale o simbolica, del male ed è scelto e vene­
rato proprio come Principe del male, nel luciferismo, invece, lo si vene­
ra come figura positiva. La dottrina luciferiana riconosce in Dio il
creatore del mondo, ma attribuisce a lui anche le imperfezioni e i limiti
delle creature e dunque considera giustificata, anzi doverosa, la rivolta
di Satana che guida gli uomini contro il Dio responsabile delle imperfe­
zioni.20

Ed ecco il testo integrale della mia conferenza:

S a t a n ism o : d a l l ' a n t ic h it à a l l ' o d ie r n a r e v iv is c e n z a

Mentre andavo pensando alla struttura da dare a queste note, nella pre­
ghiera quotidiana che la Chiesa cattolica assegna a noi sacerdoti mi è ca­
pitato di dover leggere, nell'«ufficio di lettura», appunto le seguenti
espressioni del santo martire Ignazio d'Antiochia, discepolo di Pietro:
«Procurate di riunirvi più frequentemente per il rendimento di grazie e
per la lode a Dio. Quando vi radunate spesso, le forze di Satana sono
annientate e il male da lui prodotto viene distrutto nella concordia della
vostra fede. Nulla è più prezioso della pace, che disarma ogni nemico
terrestre e spirituale ... Guardatevi dunque dalle pestifere esalazioni del
principe di questo mondo (così Gesù nel Vangelo chiama il demonio,
cfr. Gv 12,4 ; 14,30; 16,11 ecc.), cioè dai suoi errori; perché non vi trascini
in schiavitù, lontano dalla vita che vi aspetta».21
Non avrei potuto leggere parole più significative a giustificare il mio
intervento a questo consesso, la scelta del tema e quanto mi sforzerò di
dire.
Vorrei che notassimo subito: la riunione delle forze del bene - e tale
mi sembra l'intento di questa organizzazione e di questa iniziativa che
n'è derivata - è arma contro il Maligno, è garanzia di vittoria del bene
sul male.
Penso alle tante volte che il papa Giovanni Paolo U, nel nome dell'uo­
mo, conculcato nei suoi diritti fondamentali, invoca la collaborazione di
tutte le forze sane dell'umanità. Mi pare che siamo qui proprio per questo.
Notate ancora come sant'Ignazio d'Antiochia, alla scuola del Vange­
lo, metta da una parte la concordia fraterna, la pace, la vita e, dall'altra,
il Maligno, l'errore, l'allontanamento dalla vita, ossia la morte.

20 Don Claudio Crescimanno, Itinerario alla fede cattolica, prò manoscritto.


21 Sant'Ignazio d'Antiochia, Lettera agli Efesini, 13-18,1; Funk 1,183-187; cfr. Litur­
gia delle ore, CEI, voi. I li , pp. 68 sgg.
Quelli che ci credono 69

Sulle labbra di Gesù, Satana è «l'omicida fin dall'inizio» (cfr. Gv 8,44):


Satana e satanismo si comprendono in un'assurda logica di distruzione,
d'odio, di morte. A contrastargli il passo non c'è che la logica evangelica
dell'amore di quel Dio che è amore (cfr. 1 Gv 4,19), che è vita e luce degli
uomini (cfr. Gv 1,4 sgg.).
Siamo di fronte a un «mistero d'iniquità» - come si esprimeva san
Paolo (2 Ts 2,7) - da sempre in azione per opporsi al mistero della pietà e
della salvezza, che ha origine da Dio creatore e redentore. Scoprirne le
arti, smascherarne gli intenti di morte, coalizzare le forze del bene per
neutralizzarne e distruggerne gli effetti nefasti è compito d'ogni uomo
seriamente impegnato per un mondo più giusto e abitabile: «Il mistero
deiriniquità» scriveva Paolo «è già in atto, ma è necessario sia tolto di
mezzo chi finora lo trattiene» (ossia: lo nasconde, lo camuffa). «Solo al­
lora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio
della sua bocca e lo annienterà» (Ibidem). Poco prima l'apostolo, parlan­
do di questo empio, scrive: «Dovrà avvenire l'apostasia e dovrà essere
rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappo­
ne e si innalza sopra ogni essere che viene detto dio o è oggetto di culto,
fino a troneggiare nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio» (2
Ts 2,3-4).
Parole certo misteriose. Ma non si può fare a meno, di fronte all'o­
dierna apostasia da Dio e dai valori, di fronte alle aberrazioni a cui assi­
stiamo, di tornare a esse e domandarci con inquietudine se l'azione del
Maligno, di colui che vuole insediarsi nel tempio di Dio, non sia, oggi,
giunta al suo culmine...
Tra l'altro si spiegherebbe più facilmente questo quasi ossessivo ri­
torno sul tema che ci sta occupando.
Perché ho accettato di parlarne?
Vorrei dirlo schematicamente, a scanso d'equivoci.
Sono qui come credente, cristiano e sacerdote, non quindi, come cro­
nista, psicologo, sociologo o storico o... demonologo.
Sono qui non per aderire a una moda, giacché oggi il discorso sul dia­
volo e sul demoniaco sembra essersi fatto frequente, come risulta dalla
copiosa bibliografia, dal famoso convegno di Torino con tutte le polemi­
che che ne sono derivate, da articoli e studi, fino all'ultimo, di pochi
giorni fa sulla rivista «30 giorni».22
Semmai sono qui per togliere di mano a Satana quella vittoria che, se­
condo alcuni, egli avrebbe nel recente passato ottenuto facendosi di­
menticare; altri sono di diverso parere; per esempio Clive Staples Lewis
ha scritto che il diavolo ama ogni forma di pubblicità che gli si rende,

22 Rapporto sugli adoratori di Satana, in «30 giorni», gennaio 1989, pp. 50 sgg.
70 Io, vescovo esorcista

parlandone sia in male che in bene; per i primi, invece, Baudelaire ave­
va scritto che «la più bella astuzia del diavolo è di riuscire a convincere
che egli non esiste» (non saprei quale delle due opinioni meriti la pal­
ma. Sta di fatto che, dopo un lungo silenzio, dopo negazioni dell'esi­
stenza del diavolo, anche da parte di cristiani, ecco che ora il discorso
sul diavolo è in nettissima ripresa. Purtroppo non solo il discorso, come
vedremo subito...).
Parlo del diavolo perché sono cristiano e prete e, come tale, testimone
diretto dell'opera nefasta del «principe delle tenebre» nelle anime so­
prattutto, ma anche nella nostra società.
Non sono esorcista autorizzato, ma conto tra i miei amici alcuni di
questi di cui ho raccolto alcune confidenze sconcertanti sul potere del
Maligno e ho avuto conferma di quanto si può tuttora leggere nell'agio­
grafia cristiana.
Di qualche esorcismo sono stato testimone diretto, di qualche vittima
del diavolo e delle sue arti sono stato confidente, e ciò mi ha spinto e mi
spinge a interessarmi della materia nell'unico scopo - che è il mio di sa­
cerdote - di aiutare i miei fratelli a essere illuminati; devo aggiungere
che, giovanissimo studente, mi sono imbattuto in un libro di confidenze
di un'ex iscritta a una setta segreta e demoniaca dove i fatti raccapric­
cianti, che oggi si dicono ricorrenti, sono minuziosamente descritti da
una testimone in prima persona. Quello che allora mi era parso invero­
simile ha trovato purtroppo conferma in ciò che oggi si scrive sul feno­
meno demoniaco e sulle pratiche che ne derivano.
Parlo del demonio perché ormai le notizie che giungono da ogni par­
te - anche qui nella nostra Italia - sono talmente preoccupanti che oc­
corre chiamare a raccolta e illuminare per guardarsi dalle arti con cui i
più sprovveduti finiscono nelle reti di certe organizzazioni aberranti,
l'unica via per uscire dalle quali sembra essere la morte... 1
Prima di richiamare qualcuna di queste notizie accenno doverosa­
mente all'ultimo motivo che mi ha spinto ad affrontare il tema del sata­
nismo: il fatto che ne abbiano parlato con preoccupazione gli ultimi
sommi pontefici.

I l p e n sie r o c a tt o l ic o s u S a ta n a

Tralascio Leone XIII che introdusse in tutte le messe cattoliche una pre­
ghiera speciale all'arcangelo san Michele «contra nequitiam et insidias
diaboli» (contro la malvagità e le seduzioni del diavolo) perché «Satana
e gli altri spiriti maligni che infestano per il mondo a perdizione delle
anime» venissero ricacciati all'inferno per la potenza di Dio.
Ricordo invece il famoso intervento di Paolo VI del 29 giugno 1972:
«Abbiamo la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di
Quelli che ci credono 71

Satana nel tempio di Dio ... Crediamo che qualcosa di preternaturale,


venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio
ecumenico, e per impedire che la Chiesa scoppiasse neirinno della gioia
di avere avuto in pienezza la coscienza di sé...»23
Più importante il discorso dello stesso Paolo VI del novembre dello
stesso anno:
«Uno dei bisogni maggiori (d'oggi)» egli disse «è la difesa da quel
male, che chiamiamo il demonio ... Il male» egli spiegava, riassumendo
la fede cattolica «non è più soltanto una deficienza, ma un'efficienza, un
essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Miste­
riosa e paurosa. Esce dal quadro deH'insegnamento biblico ed ecclesia­
stico chi si rifiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi ne fa un principio
a se stante, non avente, esso pure, come ogni creatura, origine da Dio; op­
pure la spiega come una pseudorealtà, una personificazione concettuale
e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni.»24
Parole chiarissime. Dottrina tradizionale nella predicazione della
Chiesa.
Eppure ci fu chi irrise, chi parlò di ritorno al medioevo...
Paolo VI ripeteva del resto l'insegnamento dello stesso Concilio Vati­
cano II. Un testo solo fra i molti:
«Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro
le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, che
durerà, come dice il Signore (cfr. Mt 24,13; 13,24-30; 13,36-43), fino all'ul­
timo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza
soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore
unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio.»25
Giovanni Paolo II ha ripreso l'insegnamento dei suoi predecessori e
lo ha ripetuto in diverse occasioni con una forza che, oltre a scatenare i
soliti sarcasmi di ben individuati settori dell'opinione pubblica, ha me­
ravigliato anche il mondo cattolico. Qualcuno ha detto: il papa è molto
bene informato di ciò che sta accadendo...
Non riferiremo i suoi interventi nell'enciclica Dominum et vivificantem
(del 18 maggio 1986), nella catechesi di mercoledì 23 luglio 1986, di mer­
coledì 13 agosto 1986 sulla «caduta degli angeli ribelli», di mercoledì 20
agosto 1986 sulla «vittoria di Cristo sul male», di mercoledì 10 settembre
1986, di mercoledì 10 dicembre 1986, dell'omelia tenuta durante la visita
al santuario di San Michele arcangelo sul Gargano del 24 maggio 1987.
Riportiamo un'espressione importante del discorso di chiusura del­
l'anno mariano:

23 Paolo VI, Omelia del 29 giugno 1972.


24 Paolo VI, Allocuzione durante l'udienza generale del 15 novembre 1972.
25 Gaudium et Spes 37.
72 Io, vescovo esorcista

«Rendi lieto e santo, o Maria,» così pregava «il nostro cuore nella si­
curezza che "il drago" non è più forte della tua bellezza.»26
Ed ecco alcune delle frasi pronunziate da Giovanni Paolo II a Torino
(la città ove si dice che il satanismo abbia grande accoglienza) al termine
della visita ivi fatta il 4 settembre 1988:
«Dove c'è l'opera della salvezza, dove c'è l'attività dello Spirito San­
to, dove ci sono i Santi, là arriva anche un altro. Naturalmente non si
presenta con il proprio nome ... non si chiama solamente diavolo, si
chiama padre della menzogna, si chiama con diversi nomi. Ma si chia­
ma anche principe di questo m ondo.... Chi non vorrebbe essere princi­
pe di questo mondo, quale partito politico non vorrebbe essere principe
di questo mondo, quale ideologia?»
Si sa come queste parole abbiano scatenato una ridda di commenti.
Perché sono state pronunciate dal papa?
Perché proprio a Torino?
Si è venuto cosi a sapere che, oltre al dato che a Torino solo 12-15%
della popolazione continua una certa pratica religiosa cristiana, sono
ben 40.000 le persone coinvolte in sette sataniche.

S a t a n ism o a n t ic o e n u o v o

Ed è qui che ci si affaccia sull'inquietante fenomeno del rifiorire del sa­


tanismo in Italia e in diverse parti del mondo.
M'impressionò, alla vigilia della chiusura dell'anno mariano, un'af­
fermazione del mariologo Laurentin:
«L'Italia ha celebrato l'anno mariano meglio che altri paesi. Da que­
sta sua consacrazione a Dio attraverso Maria essa trae benefici sensibili
... Ma resta molto da fare e il contrattacco infuria nel vostro bel paese
dove si assiste a un ritorno di fiamma del satanismo. Per esempio, a To­
rino ... ci sono gruppi che si consacrano al Principe delle tenebre. A Ve­
nezia ... mi diceva un esorcista, tali gruppi si moltiplicano, insieme alle
messe nere, e si pagano anche centomila lire a bambino perché portino
le ostie consacrate per la profanazione...»27
Dunque non si tratta solamente di queirinnegabile influsso che «il
principe di questo mondo» ha sulle anime e che sta all'origine del male
e dei mali che affliggono l'umanità, specie di quelli più palesemente dif­
fusi e quasi inarrestabili. Non si tratta solamente di quell'azione del Ma­
ligno ordinaria, a cui la teologia ha dato il nome di tentazione ossia di
suggestione, di stimolo a ribellarsi all'ordine voluto da Dio. Non si trat­
ta nemmeno di quei fenomeni aventi per protagonista il diavolo e le sue

26 Giovanni Paolo II, Discorso di chiusura deiranno mariano, 15 agosto 1988.


27 René Laurentin, in «Avvenire», 14 agosto 1988.
Quelli che ci credono 73

arti nefaste che si conoscono come l'ossessione, la possessione, l'infesta­


zione diabolica, per i quali la Chiesa conosce e ammette quale rimedio
le preghiere, gli esorcismi, l'intercessione della Madonna e dei santi...
(Non trattiamo qui di questi fenomeni pur ampiamente documentati ai
nostri giorni.)
Non si tratta nemmeno di quel satanismo all'acqua di rose - diciamo
così - come potrebbe essere quello del famoso Inno a Satana del poeta
Giosuè Carducci: una specie di sfida a Dio, «affermazione eroica del­
l'io, che difende nella sua assoluta integrità»; una posa di ribellione re-
ligioso-morale e un gusto di sentimenti perversi nella lotta contro il li­
mite e la norma e la costrizione in voga presso molti scrittori «libertini»
e scrittori decadenti. Così ne parlava Huysmans: «[il satanismo] è la
gioia proibita di trasferire a Satana gli omaggi e le preghiere dovute a
Dio...; commettere, per oltraggiare più gravemente Cristo, i peccati che
egli ha più espressamente maledetti: la contaminazione del culto e l'or­
gia carnale».
Mentre lo gnosticismo assumeva il nome di «illuminismo», il liberti­
nismo francese ed europeo, spalleggiato dall'antireligione inglese (H.
Cherbury, J. Toland, M. Tindal, ecc.), poi dai filosofi come Voltaire, è sa­
tanismo che già nel 1700 prepara la rivoluzione; gli ultimi rumorosi li­
bertini furono i massoni Cagliostro (m. 1795) e Casanova (m. 1798).
Rappresentante deU'irriducibile «no» a Dio, alla norma morale, ai va­
lori superiori è il positivismo umanitario che sgretola ogni fede e ogni
morale. Dopo l'illuminismo dei «filosofi» e la proteiforme massoneria
(Saint-Martin), ne è promotore il socialismo di Saint-Simon, Enfantin,
Marx, Blanqui, Proudhon («Dio è il male»), i cui periodici in varie lin­
gue si intitolavano «Satana», «Lucifero», «L'Anticristo», «L'Ateo», «Il La­
dro», «L'Asino», ecc...
Affini a questa concezione per finalità sono l'anarchia, il nichilismo,
l'ateismo militante, il laicismo anticlericale.
Dostoevskij fa dire a Shigalev, personaggio dei Demoni (1872): «L'an­
tica concezione del mondo scomparirà e soprattutto l'antica morale. Gli
uomini si uniranno per trarre dalla vita tutti i godimenti possibili, ma in
questo mondo soltanto. Lo spirito umano si innalzerà a un orgoglio sa­
tanico, e l'umanità sarà deificata. Trionfando costantemente sulla natura
con la scienza e la volontà, l'uomo proverà per ciò una gioia che sosti­
tuirà in lui le speranze dei beni futuri. Ognuno si rassegnerà alla morte
con antica fierezza, come un dio; si asterrà dal lamentarsi della brevità
della vita e amerà i suoi fratelli di un amore disinteressato».
Forse è crudelmente sarcastico affermare che siamo ancora nella atte­
sa di questa predetta età dell'oro patrocinata da... Satana. Non vanno
peraltro dimenticati i grandi cattolici che si battono contro l'avanzata di
questo satanismo, documentandola: H. Hello, Barbey d'Aurevilly, L.
74 Io, vescovo esorcista

Bloy, George Bernanos (Sows le soleil de Satan...), Giovanni Papini (Gog


1930; Il libro nero 1951)...
Il satanismo vero e proprio, quello maggiormente aberrante e preoc­
cupante si esprime come culto di Satana.
È conosciuto nell'antichità presso gli gnostici, i marcioniti, i cainiti;
gruppi strettamente segreti vengono dalla stessa Apocalisse chiamati
«sinagoghe di Satana» (Ap 2,9; 3,9).
Il culto satanico si perpetuò nel medioevo presso i Catari-Albigesi, i
Bogomili, i Pauliciani.
Emersero tra queste sette o «chiese sataniche» i Luciferiani.
Nel medioevo poi abbonda la letteratura demonologia, in cui la ma­
gia e stregoneria, reputata commercio con Satana, più che una supersti­
zione era reputata come l'eresia più grave di tutte. È in questo contesto
che entrano in circolazione le streghe e le loro male arti e i conseguenti
famosi processi.
Il culmine di questa ossessione satanica si ebbe nel secolo XVI, quan­
do il satanismo invase arte e letteratura. Satana si presenta con moltitu­
dini di fedeli; il suo culto ha i suoi iniziati, ministri, pontefici; molte
donne, considerate streghe, furono mandate al rogo. Si moltiplicano i
trattati demonologici. Non manca chi condanna gli eccessi di questa
«caccia alle streghe» che coinvolge spesso degli innocenti...
Il culto del satanismo si concentra nelle «messe nere», orge nefande
miste a profanazioni eucaristiche; presiedute possibilmente da sacerdoti
traviati. De Sade (1740-1814) descrive orge sataniche con ostie consacra­
te. In Francia furono stampati messali di culto satanico.
Covo segreto di satanismo è certamente la massoneria, anche se non
tutta la massoneria, che eredita fede e costumi dello gnosticismo crinita.
Non possiamo qui addentrarci in tutta la questione massonica a tutt'og-
gi non del tutto chiarificata.
È certo, comunque, che, come accennavamo fin dall'inizio, il satani­
smo e i suoi riti hanno trovato nelle sette massoniche il loro ambiente
naturale.
A questo punto ci sta davanti il quadro attuale di questa reviviscenza
d'aberrazioni che credevamo relegate nelle narrazioni a cui ci siamo ap­
pena riferiti.
Qui molto bisognerebbe riportare.
Non ci sentiamo di scendere a particolari, anche perché della materia
non siamo e non possiamo essere testimoni diretti.
Riferisco semplicemente dal dossier di «30 giorni»: «[Quanto agli
USA ha riferito Robert Simandl che] cominciò a notare l'aumento di fur­
ti di calici nelle chiese, di razzie nei cimiteri, di mutilazioni d'animali,
tutti atti vandalici necessari a ottenere elementi per l'adorazione del
diavolo. Quanto agli autori si tratta molto spesso di teenager, attratti
Quelli che ci credono 75

verso le pratiche occulte o da qualche amico o da qualcuna delle innu­


merevoli pubblicazioni oggi in vendita dappertutto ... Ben più preoccu­
pante è la condizione di quei giovani reclutati da adoratori adulti di Sa­
tana mediante l'offerta di droga e sesso. Questi giovani vengono poi
filmati in situazioni sessuali compromettenti e così sono ormai accalap­
piati e obbligati a smerciare narcotici... Gruppi satanici sono stati con­
dannati per orrendi delitti: basta ricordare The Family, il gruppo califor­
niano di Charles Manson, autore dell'assassinio rituale dell'attrice
Sharon Tate, o altri gruppuscoli dediti al cannibalismo rituale, sempre
in California e nel Montana. Durante i processi, gli adepti di questi
gruppi sono stati condannati ciascuno per almeno un caso provato di
sacrificio umano, in cui la vittima era stata uccisa e il suo corpo offerto a
Satana prima di essere mangiato. Nonostante questi episodi impressio­
nanti occorre dire che i delitti attribuiti a satanisti riguardano solo in mi­
nima parte episodi d'omicidio; la maggioranza dei casi accertati riguar­
dano gruppuscoli di satanisti "sessuali" autori di violenza carnale e di
molestia sessuale nei confronti di bambini».28
Stralcio qualche altra testimonianza:
«Abbiamo costatato in modo inequivocabile che l'occulto costituisce
un problema terrificante» dice Diane Core, responsabile di c h il d w a t c h ,
un'istituzione di carità inglese che si batte contro l'abuso sui minori
«veniamo ogni giorno a conoscenza di casi tremendi d'abuso sessuale
sui bambini.» Diane cita un caso atroce di cui si è dovuta occupare:
quello di tre bambini, tra gli otto e gli undici anni che, durante una ceri­
monia magica, sono stati drogati, costretti a compiere atti osceni, a man­
giare escrementi e a bere urina e infine legati su una croce a testa in giù
e sottoposti a molestie sessuali. «I seguaci di Satana» dice la Core «cre­
dono che i bambini, in virtù della loro innocenza, aumentino il loro po­
tere. Perciò molti pedofili si fingono interessati ai cerimoniali occulti e
utilizzano il satanismo come un'organizzazione a diffusione nazionale
attraverso la quale soddisfare le loro perversioni.»29
«Ho assistito» dice Audrey Harper, un'ex strega nera «all'uccisione
di una bambina [di nove giorni]... era destinata al sacrificio fin dalla na­
scita e venne uccisa dal padre che era il gran sacerdote della setta.... Ta­
gliata la gola della vittima, i membri ne avrebbero bevuto il sangue.»30
«Complessi ro ck... hanno fondato il loro successo su testi dichiarata-
mente satanici, su show di carattere occulto, su concerti oscillanti tra
musica e orgia. Alcune loro esibizioni somigliano in modo impressio­
nante a delle messe nere. Una puntigliosa ricerca svolta su questo terre­

28 Rapporto sugli adoratori di Satana, cit., p. 53.


29 Ivi, p. 55.
30 Ivi, pp. 55-56.
76 Io, vescovo esorcista

no da un gruppo protestante di Bielefeld [in Germania] giunge alla con­


clusione che ogni venerdì e sabato sera il diavolo tiene sotto controllo,
nelle discoteche, migliaia e migliaia di giovani.»31
Pensiamo possano bastare questi accenni.
È facile tirare alcune conclusioni.
Il satanismo, i suoi riti macabri, il suo segreto costituiscono una co­
lossale mistificazione, la più potente e aperta delle superstizioni. Non è
mancato chi, anche a proposito del satanismo del passato, ha fatto nota­
re questa chiara contraddizione del positivismo illuminista che, sbaraz­
zandosi della religione intesa come superstizione inutile, è caduto in
mille altre ridicole mistificazioni.
Il satanismo col fascino macabro del suo occultismo, con gli abili me­
todi della penetrazione mediante attrazioni di facili piaceri, di potenti
aggregazioni, di pseudo-arte, costituisce gravissima minaccia alla li­
bertà delle coscienze, specie di quelle giovanili facilmente dominabili,
più di qualsiasi altra ideologia e religione.
Il satanismo, con la tratta dei bambini e dei giovani a scopi innomina­
bili, con facili adescamenti, con la distruzione della personalità morale
quando non è quella fisica, costituisce aperta violazione dei più elemen­
tari diritti umani.
Il satanismo non solo si dichiara e si dimostra la religione dell'antire-
ligione, in aperta opposizione a Dio e a quanto si riferisce a Dio, ma si
accompagna ai più nefandi delitti, oltre a quello della distruzione del­
l'individuo, quali l'abuso sessuale, l'uso di stupefacenti, spesso l'omici­
dio, il suicidio, il cannibalismo...
Il satanismo per tutte queste ragioni diventa il rifugio e spesso la co­
pertura degli istinti perversi dell'uomo abbandonati senza freno ai più
nefandi sfoghi e quindi alle più abominevoli azioni, fatte passare addi­
rittura per «culto». Certo Satana non avrebbe potuto sperare vittoria più
facile...
Domandiamoci ora: c'è una qualche spiegazione al dilagare di questi
fenomeni?
Intanto si fa notare da più parti come essi si facciano strada soprattut­
to nei paesi cosiddetti civilizzati e industrializzati, dove abbondano il
benessere, il consumismo e lo spreco...
Segno non piccolo di una profonda delusione, di una mancanza di
qualcosa di grande, di veramente alto che, estromesso con il rifiuto di
Dio e della vera religione, si va a trovare in mille altre forme di scim­
miottature del sacro.
Ed è davvero sintomatico che, mentre gli eredi dell'illuminismo pre­

31 Ivi, p. 57.
Quelli che ci credono T7

dicavano e auspicavano il completo declino delle «superstizioni... me­


dievali» frutto della religione e, quindi, la liberazione dell'uomo da ogni
paura, da ogni costrizione, da ogni debito ultraterreno, in nome della
vittoria della ragione e del progresso, è sintomatico che proprio là dove
questo progresso è al culmine si ritorni così palesemente a fatti, a cre­
denze, a riti che gettano l'umanità indietro di millenni.
E a noi, pensosi, non può davvero sfuggire come la nostra epoca, in­
vasa, proprio per colpa del progresso, da mille paure - la minaccia ato­
mica, la minaccia ecologica, la minaccia delle nuove malattie - appaia
inoltre insidiata e minata dal potere del Maligno che, se non ha mai in­
terrotto l'opera sua nefasta e disgregatrice per cui è stato giustamente
chiamato il «principe di questo mondo», oggi trova spianato e agibile il
sentiero del suo nefando intervento dalla convivenza di queste aberran­
ti manifestazioni della malvagità umana, vestita peraltro di forme e di
riti, d'aggregazioni e di successi opportunamente e furbamente masche­
rati d'esoterismo, d'occultismo, di falsa filosofia, di misticismo a rove­
scio, di religione...
Siamo ai vertici dell'inganno e della violenza morale.
Ancora domandiamoci: c'è qualche spiegazione a tutto questo?
Intanto è certo: chi voleva liquidato il diavolo si trova amaramente
sconfessato.
Chi continua a ridere di tutto quello che a lui si riferisce, assai proba­
bilmente sotto il riso nasconde una tremenda paura e fa del sarcasmo
una specie d'esorcismo e di scaramanzia. Insomma questo ridere sul
diavolo, come di riesumazione medievale, ha tutta l'aria di un sorriso
macabro di morte. Che non sia un'inconfessata profonda inquietudine
mascherata di sarcasmo?
Sta di fatto, com'ebbe a dire il cardinale Ratzinger nell'ormai famoso
Rapporto sulla fede, che «in un mondo dove Dio è lontano ... la terra è ab­
bandonata ai demoni.... Il paganesimo innocente, sereno, è uno dei tanti
miti dell'età contemporanea.... La cultura atea dell'Occidente moderno
vive ancora grazie alla libertà dalla paura dei demoni portata dal cristia­
nesimo. Ma se questa luce redentrice del Cristo dovesse spegnersi, pur
con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia, il mondo ricadreb­
be nel terrore e nella disperazione. Ci sono già segni di questo ritorno di
forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici».32
Il cristiano non può avere paura di Satana e del suo potere.
Perché Cristo, «il più forte di lui» (Le 11,22), lo ha definitivamente
sconfitto.
Il cristiano deve, sì, avere paura che suoi fratelli, spesso ignari, spesso

32 Vittorio Messori - Joseph Ratzinger, op. cit., pp. 144-145.


78 lo, vescovo esorcista

più vittime che colpevoli, spesso traditi e abilmente tratti in inganno e


abbindolati, quando non addirittura schiavizzati, vadano a cascare
ignari nelle braccia di Satana, mascherato sotto mille apparenze, per
colpa d'abili manovratori d'organizzazioni, di guadagni, di dottrine
aberranti, di coscienze.
È qui che egli deve intervenire con decisione: illuminando, smasche­
rando, indicando una strada, portando luce nelle tenebre e nella confu­
sione, denunciando quanto il «principe delle tenebre» e il «padre della
menzogna» cerca di operare nel buio e nell'omertà, e soprattutto procla­
mando i valori alti, imperituri, veri, quelli che soli possono sbarrare la
strada a Satana, cioè alla ingiustizia, alla barbarie, alla violenza fisica e
morale, all'odio, all'annientamento dell'uomo, di tutti gli uomini.
A questo siamo tutti chiamati, in nome dell'uomo stesso, in nome
della civiltà, in nome del risanamento morale di cui tutti riconosciamo
l'urgenza.
Siamo tutti chiamati a questa battaglia che è battaglia:
del vero sulla menzogna,
della libertà sulla schiavitù,
della luce sulla tenebra,
della vita sulla morte,
della pace sull'orrore,
dell'amore sull'odio...
Un'altra domanda, impellente e inquietante, a questo punto, prima
di concludere, sale alla mente e al labbro: se questa cruda reviviscenza
di satanismo e cose affini, di satanismo e nefandi derivati, non sia da
mettere in correlazione con quel «complotto anticristiano e anticattoli­
co» in particolare, di cui in questi ultimi tempi più e più volte da perso­
ne e ambienti al solito ben informati si è sentito parlare.
Non osiamo rispondere.
È comunque indubbio, storia alla mano, che questo è stato l'intento,
nel passato, di tante aggregazioni, di tante consorterie, di tanta lettera­
tura sboccata e blasfema...
Se posso con una parola sola, da cristiano, da cattolico, da prete, com­
mentare questa inquietante ipotesi, dirò con la più serena convinzione,
con la più viva fede, con le parole del mio Signore Gesù:
«Le porte deH'infemo non prevarranno.»33

Questo scrivevo allora - non ricordo più quanto tempo sia


passato! - , dopo essermi, da buon conferenziere, accuratamente

33 Andrea Gemma, Satanismo: dall'antichità all'odierna reviviscenza, intervento per


il convegno «Tribunale Intemazionale M.L. King sui crimini contro l'umanità»,
Roma, 19-20 gennaio 1989.
Quelli che ci credono 79

documentato. Certo allora ero ben lungi dall'ipotizzare, anche


solo lontanamente, che a distanza di anni avrei avuto a che fare
con questa orribile realtà, orribile non tanto per la spaventosa fi­
gura del protagonista, quanto per l'iniquità, l'abissale insensa­
tezza di chi al tenebroso protagonista si presta come strumento
di inaudita violenza.
Allora posso dire qui, in appendice, qualcosa del mio incontro
con Sonia, una povera ragazza - allora - condotta a me da lonta­
no, da genitori buoni e desolati.
È stato questo uno dei primi casi di possessione passatimi per
le mani. La faciulla mi venne portata in uno stato da far compas­
sione. Non appena iniziai la preghiera, si produceva in smorfie
ed esclamazioni irripetibili, in convulsioni che squassavano orri­
bilmente il suo povero corpo.
Non sto a ripetere la sua storia, che i genitori desolati mi ave­
vano raccontato sommariamente.
Mi accorsi subito che trattavasi di un caso difficile: ne uscii,
dopo alcune ore di insistenti preghiere ed esorcismi, veramente
spossato e, soprattutto, afflitto amaramente per la sofferenza di
quella creatura.
Un giorno riuscii a far confessare alla brutta bestia che la tene­
va incatenata l'origine di tanto sconquasso.
Sonia era stata offerta al Maligno durante un rito satanico, offi­
ciato - orrore! - da un ex prete cattolico, di cui sapevo anche il
nome. Se ne appurò immediatamente la reale esistenza e l'apo­
stasia miseranda...
Quando venne fuori questa sconvolgente rivelazione - ne cono­
scevo teoricamente la corrispondente realtà - caddi in ginocchio
nella mia cappella, davanti al corpo spossato di Sonia, e scoppian­
do a piangere dirottamente, andavo ripetendo a voce alta, in una
incontenibile crisi di sconforto: «Come è possibile, Signore?».
Quella scena, quella agghiacciante conferma - posso dire - mi
hanno segnato per sempre. Mai come in quel momento io mi so­
no sentito a contatto col «mysterium iniquitàtis»...
Sonia continua a essere nelle mie preghiere, anche se gli ultimi
incontri con me si sono diradati, data la distanza: diverse centi­
naia di chilometri! So solo che quella disgraziata creatura e la sua
famiglia sono in disperata ricerca di aiuto. E non lo trovano...
Come si fa a non piangere?
VII
«Mysterium iniquitatis»

Si leggano questi passi della santa Scrittura. Dinanzi a essi, ancora


oggi, io mi fermo pensoso e in silenzio. Avverto anch'io, vescovo
e maestro della Parola, di trovarmi di fronte al mistero, in questo
caso il mistero tenebroso del male e del suo pervicace impulsore,
e piego le ginocchia davanti a Dio. È questo - chi non lo sa? - l'u­
nico atteggiamento ammissibile dinanzi al mistero.
E allora, ancora una volta, sento sorgere in me la ribellione
contro i faciloni d'ogni specie, sia quelli che, per non affrontare la
difficoltà che il mistero del male produce dinanzi alla nostra ra­
gione superba, negano tutto e, magari, ridono della credulità de­
gli altri che è poi quella degli stessi autori sacri, sia quelli che, in­
vece, come tanti dottori ispirati, dicono di saper tutto, sciorinano
nomi e categorie, fatti e conseguenze con una sicurezza che, sin­
ceramente, mi spaventa.
10 dico che, sia i primi sia i secondi, sono come tutti, interdetti
dinanzi alla fenomenologia del mistero dell'iniquità e delle sue
arti. Allora o nel primo modo, con la ostentata negazione di tutto,
o col secondo, con la spavalda sicurezza di chi sa tutto e spiega
tutto e, secondo loro, denomina tutto, esorcizzano la paura del
male soprannaturale, paura che è connaturale all'uomo, a qual­
siasi uomo.
11 mistero del male c'è. Se ne vedono gli interventi e gli impul­
si, le manifestazioni plateali e quelle più subdole e sottili. Negar­
lo è temerario, vuol dire chiudere gli occhi per comodo, anche so­
lo per non dovere porsi un altro genere di problemi.
Il mistero del male c'è: e proprio perché è mistero, la nostra ra­
gione, sia pure illuminata dalla fede, deve accettare di non saper
«Mysterium iniquitatis» 81

tutto, di non poter spiegare tutto, di non potere stabilire regole di


comportamento sicuro sia da parte deirartefice del male, sia da
parte di chi deve combatterlo, come noi pastori, per deputazione
di Cristo.
Ho quindi già spiegato il senso di questo capitolo. Voglio con
esso fare un doveroso atto di umiltà, che ritengo una componen­
te necessaria di chi vuole ingaggiare correttamente la lotta contro
il Maligno.
È questo che intendo dire a quanti a me ricorrono per aiuto
spirituale quando affermo: «Non importa che facciamo la dia­
gnosi, l'accertamento preciso di quanto soffriamo a causa del
Maligno e delle sue arti, importa molto, moltissimo prendere su­
bito i rimedi, i quali, in questo campo, come diremo, sono efficaci
sempre, qualunque sia la provenienza, l'origine, la consistenza,
la localizzazione del malanno».
Torno ai testi che sopra ho richiamato. Eccoli:

Vedendo Gesù da lontano corse, gli si prostrò davanti e gridò a gran


voce: «Che c'è fra me e te, o Gesù, figlio dell'Altissimo? Ti scongiuro per
Dio di non tormentarmi!». Gesù, infatti, gli diceva: «Spirito impuro, esci
da quest'uomo!» (Me 5,6-9)

Gesù stava cacciando un demonio muto. Quando il demonio fu uscito,


il muto parlò e le turbe ne rimasero ammirate. Ma alcuni dicevano: «Per
mezzo di Beelzebul, principe dei demoni, egli caccia i demoni». Altri poi,
per metterlo alla prova, gli chiedevano un segno dal cielo. Ma egli, cono­
scendo i loro pensieri, disse: «Ogni regno, diviso in se stesso, viene deva­
stato, e una casa crolla sull'altra. Se, dunque, anche Satana è diviso in se
stesso, come potrà reggere il suo regno? Voi dite che io caccio i demoni per
mezzo di Beelzebul: ebbene, se io caccio i demoni per mezzo di Beelzebul,
i vostri figli per mezzo di chi li cacciano? Per questo essi saranno vostri
giudici! Ma se io caccio i demoni col dito di Dio, è segno che il regno di Dio
è giunto in mezzo a voi. Quando un uomo forte e bene armato sta a guar­
dia del suo palazzo, è al sicuro quanto egli possiede. Ma se sopraggiunge
uno più forte di lui e lo vince, gli porta via tutte le armi nelle quali ripone­
va la propria sicurezza e fa bottino dei suoi beni. Chi non è con me è contro
di me, e chi non raccoglie con me disperde. Quando lo spirito immondo è
uscito da un uomo, va per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovando­
lo, dice: "Tornerò nella mia casa, dalla quale sono uscito"; e quando vi
giunge, la trova pulita e adorna. Allora se ne va a prendere altri sette spiri-
ti peggiori di sé, entrano in quella casa, vi si stabiliscono e la nuova condi­
zione di quell'uomo è peggiore della prima». (Le 11,14-26)
82 Io, vescovo esorcista

Nessuno v'inganni in alcun modo. Che se non verrà prima l'apostasia,


si riveli l'uomo dell'iniquità, il figlio della perdizione, l'avversario che
s'innalza al di sopra di ogni cosa chiamata Dio e oggetto di culto, fino ad
assidersi nel Tempio di Dio, proclamandosi Dio lui stesso... (2 Ts 2,3-4)

Rivestitevi dell'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del


diavolo: perché la nostra lotta non è contro la carne e il sangue, ma con­
tro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di te­
nebre, contro gli spiriti del male sparsi nell'aria. (Ef 6,11-12)

Poi un gran segno apparve nel cielo: una donna rivestita di sole, con
la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle. Era incin­
ta e gridava per le doglie del parto. Intanto apparve un altro segno nel
cielo: un enorme dragone, dal colore del fuoco, con sette teste e dieci
corna e sette diademi sulle teste. La sua coda trascinava la terza parte
delle stelle del cielo e le precipitò sulla terra. Poi il dragone si pose da­
vanti alla donna che stava per partorire, per divorare il bambino appena
nato. (Ap 12,1-4)

Non tenterò alcuna spiegazione di questi passi della Parola


che non falla. Faccio solamente appello alla mia fede e a quella di
chi mi legge per emettere queiratto di umiltà adorante che è pro­
prio della creatura dinanzi a Dio e al suo mistero, a cui si con­
trappone paradossalmente quel «mysterium iniquitatis» che ci
lascia interdetti e che noi riusciamo ad accettare con serenità so­
lamente fidando in quel Dio che è più potente del male e che ci
ha assicurato la vittoria definitiva sul male stesso. Quest'ultimo
mi pare il significato del passo dell'Apocalisse qui sopra riportato.
Questa vittoria - ecco l'altro necessario atto di fede che dobbia­
mo fare - non è ancora compiuta, né sappiamo quando lo sarà.
Checché ne dica chicchessia. È certo che ci sarà, perché Cristo è
più potente del male, ma non è ancora pienamente conseguita.
Ciò spiega il potere lasciato alle forze del male che devastano il
mondo e il cuore deiruomo.
Anche il salmista di fronte a questo «mysterium iniquitatis»,
che si accompagna all'apparente silenzio di Dio, si poneva do­
mande angoscianti:

Dio che fai giustizia, o Signore, Dio che fai giustizia: mostrati! Alzati,
giudice della terra, rendi la ricompensa ai superbi. Fino a quando gli
empi, Signore, fino a quando gli empi trionferanno? Sparleranno, diran­
no insolenze, si vanteranno tutti i malfattori. (Sai 93,1-4)
«Mysterium iniquitatis» 83

Ma io a te, Signore, grido aiuto, e al mattino giunge a te la mia pre­


ghiera. Perché Signore, mi respingi, perché mi nascondi il tuo volto? So­
no infelice e morente dairinfanzia, sono sfinito, oppresso dai tuoi terro­
ri. Sopra di me è passata la tua ira, i tuoi spaventi mi hanno annientato,
mi circondano come acqua tutto il giorno, tutti insieme mi avvolgono.
(Sai 87,14-18)

Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto. Si­


gnore, libera la mia vita dalle labbra di menzogna, dalla lingua inganna­
trice. (Sai 119,1-2)

Salvami, Signore, dal malvagio, proteggimi dall'uomo violento, da


quelli che tramano sventure nel cuore e ogni giorno scatenano guerre.
Aguzzano la lingua come serpenti; veleno d'aspide è sotto le loro lab­
bra. (Sai 139,2-4)

Vieni a salvarmi, o Dio, vieni presto, Signore, in mio aiuto. Siano con­
fusi e arrossiscano quanti attentano alla mia vita. Retrocedano e siano
svergognati quanti vogliono la mia rovina. Per la vergogna si volgano
indietro quelli che mi deridono. (Sai 69,2-4)

Io esorto me stesso e quanti a me ricorrono a non pormi simili


domande. A Dio non si pongono domande, si offre pieno l'omag­
gio della nostra fede e la volontà di un totale fiducioso abbandono.
Fa parte di questo fiducioso abbandono il rendersi conto umil­
mente della limitatezza delle nostre conoscenze a proposito del
male, del suo mistero, della sua azione e soprattutto del suo artefi­
ce principale, Satana, dominatore di questo mondo (cfr. Gv 16,11).
Voglio che il lettore sappia - ed è lo scopo di questo capitolo -
che anch'io non so dare ragione né teologica, né tantomeno ra­
zionale dei fenomeni che pure constato inequivocabilmente.
Io non so quanti siano i demoni che hanno seguito Lucifero
nella ribellione a Dio, all'inizio della creazione.
Io non so di gerarchie tra questi operatori tenebrosi e subdoli,
anche se ho percepito qualcosa durante il mio ministero, allorché
qualche demonio si diceva sottoposto a un altro più potente di
lui (parlerò più avanti di qualche interessante battibecco inferna­
le tra due demoni in due ossessi, posti l'uno accanto all'altro: un
vero duetto a due voci infernali!).
Io non so di nomi di demoni - tranne quelli menzionati nella
Bibbia - né conosco attribuzioni precise, una specie di divisione
84 Io, vescovo esorcista

di compiti, fra l'uno e l'altro, quasi ci sia il demonio della violen­


za, quello della bugia, quello dell'impurità, quello della falsità...
Alcuni autori - beati loro! - fanno elenchi precisi con attribuzioni
ancor più precise, degni di manuali pronto uso.
Io non so perché il demonio, o i demoni, in alcuni casi siano
così violenti da costringere a legare con funi i poveri posseduti e
in altri non reagiscano se non con smorfie e con flebili lamenti.
Io non so perché, tra quelli che ho cercato di aiutare, ci siano
stati e ci siano delle persone sante, che non hanno mai offeso Dio
gravemente, e ci siano altri che, dopo la conversione, menano
una vita santa e ci siano quelli che, invece, continuano a peccare.
Io non so perché nell'esorcismo alcuni demoni urlino in conti­
nuazione e altri tacciano con un mutismo impressionante.
Io non so perché fra i mezzi e le preghiere adoperate durante
l'esorcismo alcuni siano efficaci, altri no, in alcuni suscitino rea­
zione, in altri no.
Io non so perché i posseduti abbiano un linguaggio gestuale
particolare che non sempre è facile da decifrare (alcuni... esperti,
invece, sanno dare anche a questo riguardo spiegazioni precise e
a loro modo convincenti).
Io non so perché, durante gli esorcismi, i fratelli tribolati abbia­
no reazioni tanto differenti che vanno da movimenti scomposti e
subitanei e insidiosi per l'esorcista a cadute improvvise ma non
pericolose, perché alcuni gridano in maniera esagerata al di so­
pra delle possibilità di un povero corpo umano, specie se femmi­
nile, e altri parlino a voce sommessa.
Io non so perché risultato di alcuni esorcismi - con la liberazio­
ne definitiva - siano espettorazione e vomito, con materiale spesso
consistente e stranissimo, mentre, in altri, non si verifica alcunché.
Io non so perché qualche demonio all'imposizione dell'esorci­
sta risponde se pur con riluttanza e obbedisce, e in altri casi op­
pone un netto diniego...
Io non so tante altre cose e perciò vorrei che non mi si chiedes­
sero.
So soltanto questo, e ritorno a quanto detto nel capitolo IV: il
demonio esiste, ha un grande potere ed è «una brutta bestia» per
dirvelo col mio fondatore, don Orione, anch'egli esorcista (ripor­
terò alcuni episodi della sua vita da lui stesso raccontati...).
So pure che il demonio ha paura dell'intervento della Chiesa e
dei suoi ministri e gode trionfalisticamente - me lo ha conferma­
«Mysterium iniquitatis» 85

to tante volte - quando la Chiesa e i suoi pastori non mettono in


opera le armi che hanno a disposizione.
Finisco il mio atto di umiltà che vorrei facessero tutti gli esorci­
sti e i demonologia soprattutto quelli improvvisati, dicendo che
non mi interessa tanto notomizzare e descrivere l'azione del Ma­
ligno e dei suoi sacerdoti, mi interessa, invece, adoperare tutte le
armi che ho a disposizione per dargli battaglia a tutto campo.
Vili
Il principe di questo mondo (Gv 16,11)

Sì, proprio così, per bocca di Gesù stesso, viene definito il demo­
nio, anche se per affermare immediatamente che egli è sconfitto,
sconfitto da Lui definitivamente.
L'espressione tuttavia dice chiaramente quanto potere abbia
tuttora il Maligno, prima che la sua sconfitta sia definitiva, quan­
do «Dio sarà tutto in tutti» (2 Cor 15,28) e quando Cristo porterà
con sé i salvati nella gloria eterna.
È sempre il mistero del «già e non ancora», il principe di que­
sto mondo appare tale perché Iddio, nel suo misterioso disegno,
allenta la catena che lo tiene avvinto, basterà che questa catena
venga ritirata e la vittoria del Cristo apparirà in tutto il suo fulgo­
re. Noi ne siamo sicuri.
Nel «non ancora», tuttavia, è inclusa quella lotta quotidiana
che ci oppone al potere delle tenebre e per la quale il Signore ha
fornito la sua Chiesa delle armi adatte. Nessuno di noi perciò si
meraviglierà di questa situazione di lotta senza quartiere che ci
oppone al Maligno. Ce lo ricorda con chiarezza san Paolo nel fa­
moso brano della Lettera agli Efesini (cap. 6). Ascoltiamo:

Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza.
Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del dia­
volo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di
carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo
mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni
celesti.
Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel gior­
no malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State
Il principe di questo mondo (Gv 16,11) 87

dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza
della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il
vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il
quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del Maligno; prendete an­
che l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.
Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppli­
che nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pre­
gando per tutti i santi. (E/ 6,10-18)

Nessuno domandi perché, nonostante la redenzione di Cristo,


per cui Satana è sconfitto, noi dobbiamo sostenere tale battaglia.
Nessuno domandi ragione a Dio del perché il demonio sembra
avere ancora tanto potere. Nessuno domandi perché, nonostante
le armi di cui ha parlato san Paolo e l'impegno che la Chiesa da
sempre ha messo in questa lotta contro Satana, appaia ancora co­
sì irriducibile la sua nefasta influenza sugli uomini e sulle cose, e
anzi sembri, proprio ai nostri giorni, così accentuata.
Come ho già ricordato, un sacerdote, che aveva l'aria di saperla
troppo lunga, ma sapeva poco bene raccontarla, faceva pressap­
poco questo ragionamento: «Cristo ha dato alla Chiesa le armi
contro il Maligno [verissimo!], se adoperando queste [alludeva
agli esorcismi] l'effetto non si ottiene immediatamente [e noi esor­
cisti lo sappiamo benissimo, ciò è vero e accade spesso] vuol dire
[ecco qui la conclusione sballata] che non si tratta di influenze
diaboliche, quindi [pareva concludere] quanto si dice da demono-
logi ed esorcisti non è esatto». Anche questo è un modo per nega­
re ed esorcizzare la presenza e la potenza del demonio.
Noi diremo - e queste pagine vorrebbero in qualche modo do­
cumentarlo - che «contra facta non valent argumenta», contro la
realtà, quella che è sotto i nostri occhi quando pratichiamo gli
esorcismi, i ragionamenti sono inutili e fallaci. E a quanti preten­
dono di sbrigarsela con sillogismi - alla don Ferrante di manzo­
niana memoria - gridiamo: Vieni e vedi! L'ho detto anch'io a di­
versi scettici o falsi sapienti che non hanno mai accettato la sfida...
Lasciamo stare i vani ragionamenti e guardiamo le cose con
realismo. È anzitutto il realismo della fede.
È la fede, prima ancora dell'esperienza, a prospettarci la rile­
vanza, oggi specialmente, del potere diabolico. Per negarlo biso­
gnerebbe negare, come ho più volte ripetuto, la verità delle Sante
Scritture, dei Vangeli in particolare, dell'insegnamento della Chie­
88 Io, vescovo esorcista

sa al riguardo, un insegnamento costante, suffragato irrefutabil­


mente dalle esperienze dei santi, alcuni dei quali sono molto vici­
ni a noi. Il demonio, per divina permissione, è in piena attività e le
conseguenze si vedono, almeno da parte di chi non è cieco.
Abbiamo già riferito documenti del magistero.
Volevamo qui aggiungere quanto, riguardo al demonio e alla
sua nefasta influenza, sta scritto nel Catechismo della Chiesa Catto­
lica (cfr. ccc, 1673).
Ci siamo convinti, una volta di più, che oggi la tendenza trion­
fante a proposito di questa oscura realtà del male è quella di mi­
nimizzare, con buona pace di tutta la tradizione e delle chiarissi­
me affermazione sopra riportare di Paolo VI.
Già - ora mi viene in mente andate a sfogliare tutti i docu­
menti del Concilio Vaticano II, la sintesi più autorevole e comple­
ta (?!) del pensiero cattolico, magari servendovi di un minuzioso
indice analitico. Controllate se e quante volte vi si parli del de­
monio e della sua opera. Lo sapete che in quei sedici documenti,
pensati e ponderosi, non c'è né la parola inferno, né la parola
«demonio»? Incredibile, ma vero, basterà andare a controllare...
Un'altra occasione perduta per riaffermare una verità, certo
scomoda, ma sempre verità.
E non ho bisogno di ripetere, con altri che l'hanno fatto prima
di me, che trattasi di un'altra bella vittoria di sua maestà inferna­
le, che - vi assicuro - ne gongola e me lo rinfaccia continuamen­
te, anche perché mi accusa con rabbia di aver dato voce a una ne­
cessaria controtendenza che ha, peraltro, pochissimi seguaci.
Bene per questi ultimi! Non so se sia bene per gli altri, specie per
i responsabili del popolo di Dio, della sua istruzione e della sua
salvaguardia.
Torno a dire, senza la minima titubanza e con piena consapevo­
lezza, come cristiano e come pastore, che il potere di Satana e de­
gli spiriti maligni è, per divina permissione, evidente e innegabi­
le, e che oggi, come lo è sempre stato, tristemente efficace, anche
perché c'è chi ne facilita l'esplicarsi; su questo diremo, sul perché
Dio permetta questo non posso e non oso esprimere giudizi.
Mentre riserverò ai dati della mia esperienza la prova di tali af­
fermazioni, qui ritengo necessario riassumere quanto la tradizio­
ne della Chiesa ha unanimemente asserito con assoluta certezza.
Lo farò innanzitutto riportando alcuni tra gli incontri più si­
gnificativi di Gesù con gli spiriti maligni. Per un esorcista, assicu­
Il principe di questo mondo (Gv 16,11) 89

ro, leggere alcuni degli esorcismi di Gesù e vederli perfettamente


concordanti con quanto accade anche oggi nelle loro modalità e
negli effetti è qualcosa di sorprendente.
Apriamo il Vangelo.

In quel tempo, nella città di Cafàmao Gesù, entrato proprio di sabato


nella sinagoga, si mise a insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamen­
to, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.
Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito im­
mondo, si mise a gridare: «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei ve­
nuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». E Gesù lo sgridò: «Taci!
Esci da quell'uomo». E lo spirito immondo, straziandolo e gridando for­
te, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vi­
cenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità.
Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». La sua fama
si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea. (Me 1,21-28)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all'altra riva del mare,
nella regione dei Gerasèni. Come scese dalla barca, gli venne incontro
dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. Egli aveva la
sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche
con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma ave­
va sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a
domarlo. Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti grida­
va e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò
ai piedi, e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Ge­
sù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormen­
tarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito immondo, da quest'uomo!». E
gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione» gli rispose «per­
ché siamo in molti.» E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo
cacciasse fuori da quella regione. Ora c'era là, sul monte, un numeroso
branco di porci al pascolo. E gli spiriti lo scongiurarono: «Mandaci da
quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti immon­
di uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone
nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare. I
mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campa­
gna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto. Giunti che fu­
rono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui
che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che ave­
vano visto tutto spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e
il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro terri­
torio. Mentre risaliva nella barca, quello che era stato indemoniato lo
pregava di permettergli di stare con lui. Non glielo permise, ma gli dis­
90 Io, vescovo esorcista

se: «Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fat­
to e la misericordia che ti ha usato». Egli se ne andò e si mise a procla­
mare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano mera­
vigliati. (Me 5,1-20)

In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi in ginoc­


chio, gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilèttico e soffre
molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell'acqua; l'ho portato dai
tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo». E Gesù rispose: «O gene­
razione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quan­
do dovrò sopportarvi? Portatemelo qui». E Gesù gli parlò severamente,
e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora
i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: «Perché noi non
abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli rispose: «Per la vostra poca fede.
In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di sènapa, potrete
dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi
sarà impossibile». (Mt 17,14-19)

Venendo airinsegnamento della Chiesa circa il potere del de­


monio, dirò che si parla di possessione diabolica, ossessione dia­
bolica e infestazione diabolica.
Non tratto della tentazione, che è l'istigazione al peccato che
può venire direttamente dal demonio - come fu per Gesù - ma
più spesso a noi deriva dalla nostra debole costituzione umana
sottomessa alle passioni, dai cattivi esempi che trasmettiamo, da
quel mondo che è «tutto sottoposto al Maligno» (1 Gv 5,19) e che
in mille modi, spesso surrettiziamente, ci trascina verso il male.
Contro la tentazione e le tentazioni il rimedio è la preghiera, la
mortificazione dei sensi, l'aiuto dei buoni, il sostegno della gra­
zia accresciuta dai sacramenti.
Qui sarà il caso di ripetere le parole dell'apostolo: «Nessuno
pensi, quando è tentato, che sia Dio a tentarlo!» (Gc 1,13).
Anche qui si deve dire che Dio permette la tentazione da una
parte per farci sperimentare la nostra debolezza e dall'altra per
spingerci all'uso dei mezzi della grazia. Aggiungiamo che ogni
vittoria riportata sulla tentazione è un rafforzamento della nostra
virtù oltre che l'acquisto di grandi meriti per la vita eterna.
Mi piace riportare al riguardo della tentazione una bella pagina
del grande san Girolamo, che l'iconografia sacra rappresenta
sempre in atteggiamenti di lotta spietata contro le tentazioni mon­
dane. Così scrive il santo dottore nella lettera XXII a Eustochio:
Il principe di questo mondo (Gv 16,11) 91

Quante, quante volte, pur abitando in questo sconfinato deserto bru­


ciato da un sole torrido, in questa squallida dimora offerta ai monaci,
credevo davvero d'essere nel mezzo della vita gaudente di Roma! Me
ne stavo seduto tutto solo, coiranima rigonfia d'amarezza. Il mio corpo,
sfigurato dal sacco, faceva spavento; la pelle sporca e indurita richiama­
va l'aspetto squallido dell'epidermide d'un negro. Lacrime e gemiti o-
gni giorno! Se, nonostante i miei sforzi, il sonno mi assaliva improvviso,
ammaccavo le ossa tutte slogate, steso sulla nuda terra. Non ti parlo del
cibo e della bevanda: nel deserto anche i malati usano acqua gelida; un
piatto caldo è una golosità! Io dunque, sì, proprio io che mi ero da solo
inflitto una così dura prigione per timore dell'inferno, senz'altra compa­
gnia che belve e scorpioni, sovente mi pareva di trovarmi tra fanciulle
danzanti. Il volto era pallido per il digiuno, eppure, in un corpo ormai
avvizzito, il pensiero ardeva di desiderio; dinanzi alla mente d'un uomo
già morto nella carne, ribolliva l'incendio della passione. Privo d'aiuto,
mi prostravo ai piedi di Gesù, li irroravo di lacrime, li asciugavo con i
capelli, domavo la carne ribelle con settimane di digiuni. Non mi vergo­
gno di confessare questa miseria; se mai, piango di non avere più il fer­
vore d'una volta.34

La possessione diabolica, certo rara, ma purtroppo reale e mo­


tivo di radicali sofferenze è l'influsso più grave che il demonio
possa esercitare su una persona, prendendo possesso delle sue
facoltà fisiche e sostituendone, in certo qual modo, la personalità
per cui il posseduto, quando è sotto l'influsso attuale dello spiri­
to che lo inabita, non agisce più sotto il controllo della propria
volontà, ma diventa strumento del Maligno che si serve dei suoi
sensi per agire, parlare, disturbare.
Questa possessione non è continua, certamente e spesso, come
dirò appresso, anche sotto esorcismo resta nascosta, finché la po­
tenza dell'esorcismo stesso e della preghiera non costringa lo spi­
rito maligno a manifestarsi. Quando ciò si verifica, avviene assai
spesso in modo violento (molti esorcizzati debbono essere tenuti
da più persone). Ricordo il caso pietoso di un aspirante religioso
che prima di essere esorcizzato veniva legato stretto con grosse
funi a un lungo banco di chiesa perché non potesse nuocere agli
astanti. In altri casi il posseduto, anche durante l'esorcismo, pur
essendo in balia dello spirito maligno non reagisce in modo vio­

34 San Girolamo, Lettere a Eustochio, XXII.


92 Io, vescovo esorcista

lento e ubbidisce docilmente agli ordini dell'esorcista. Ricordo,


in uno dei primi casi sottopostimi, che lo spirito parlava a bassa
voce e quasi dimostrando soggezione...
Tra i posseduti ci sono stati dei santi, e anche tra quelli che ho
avuto tra mani, alcuni erano e sono persone santissime: altri hanno
ceduto per un lungo periodo a una vita corrotta, anche se poi si so-
no convertiti, altri hanno partecipato a pratiche occultistiche, le se­
dute spiritiche; altri hanno addirittura «consacrato» se stessi al Ma­
ligno, in quest'ultimo caso la lotta per la liberazione è durissima.
Dunque si è nel vero quando si risponde: la possessione diabo­
lica avviene per permissione divina, secondo i suoi altissimi e
imperscrutabili disegni.
Una cosa debbo marcare: il fatto di essere posseduti non signi­
fica affatto essere viziosi, e ho detto che alcuni santi sono stati
posseduti. Per questo nessuno può dire che santa Maria Madda­
lena, «dalla quale uscirono sette demoni» (cfr. Me 16,9), sia stata
una peccatrice, come comunemente si afferma.
Come ho detto il posseduto, nell'atto in cui, sotto esorcismo, il
Maligno si manifesta, perde la sua personalità e lo dimostra con
affermazioni che non gli sono proprie, talvolta con voce alterata,
con la comprensione e le risposte in lingue diverse da quelle che
conosce (io adopero il latino e qualche volta il greco).
Ciò che accomuna tutti i posseduti è l'orrore per tutto ciò che è
sacro, la presenza eucaristica, l'acqua benedetta, le immagini e le
reliquie dei santi, l'olio benedetto, la corona benedetta...
Ciò che meraviglia nei posseduti sotto esorcismo è la moltipli­
cazione della loro forza fisica, la capacità di gridare per ore senza
perdere fiato e altre manifestazioni di rabbia e di violenza, che
talvolta sono veramente pericolose.
Quale pena, per esempio, mi faceva la povera Elena, la quale
era capace di cambiare più volte voce e dialetto per gridarmi ad­
dosso le sue ingiurie, con un tono di voce altissimo, che nessuna
ragazza della sua età avrebbe potuto sostenere se non per pochi
minuti. Ella invece gridava per ore riempiendo rumorosamente
una chiesa e una volta la mia cattedrale... Alla fine della diabolica
trasformazione, rientrava in sé, in un povero straccio di ragazza
che suscitava immensa compassione...

L'ossessione diabolica si distingue dalla precedente. Mi servo


delle parole di Antonio Royo Marin:
Il principe di questo mondo (Gv 16,11) 93

NelVossessione l'azione diabolica rimane estrinseca alla persona che la


patisce, mentre nella possessione il demonio entra realmente nel corpo
della sua vittima e la controlla dal di dentro.
C'è ossessione ogni volta che il demonio tormenta l'uomo dal di fuori
in una materia tanto forte, sensibile e certa da non lasciare dubbi sulla sua
presenza e sulla sua azione.
Nella tentazione non sempre appare chiara l'azione diabolica; perché,
assolutamente parlando, essa potrebbe dipendere da altre cause. Ma nel­
la ossessione, la presenza e l'azione di Satana è così manifesta e così ben
caratterizzata, che né l'anima né il suo direttore ne possono dubitare. L'a­
nima conserva la coscienza della sua azione vitale e motrice sugli organi
corporali, ma avverte in pari tempo l'azione esterna di Satana, che cerca
di sopraffarla con una veemenza inaudita.
«L'ossessione» avverte bene Ribet «è l'attacco del nemico, che si sfor­
za di entrare in una piazzaforte della quale non è ancora padrone; e que­
sta piazzaforte da conquistare è l'anima. La possessione, invece, è la pre­
senza del nemico nel cuore stesso della piazzaforte che governa in modo
dispotico; e questa piazzaforte invasa e ridotta in schiavitù è il corpo.
C'è, come si vede, una notevole differenza tra questi due interventi dia­
bolici. Uno è esterno, l'altro interno; l'uno si dirige al corpo, che muove e
agita; l'altra si dirige all'anima, e ha per fine immediato di sollecitarla al
male. L'ossessione è più pericolosa della possessione: la schiavitù del
corpo è da temersi infinitamente meno di quella dell'altra.»
L'ossessione può essere interna ed esterna. La prima si rivolge alle po­
tenze interiori, in modo particolare aH'immaginazione, provocando im­
pressioni intime. La seconda tende ai sensi esterni in forme e gradi sva­
riatissimi. È raro che l'esterna si trovi sola, dal momento che il tentatore
mediante i sensi intende turbare la pace dell'anima. Tuttavia le vite dei
santi ci offrono esempi in cui ai più furiosi attacchi di ossessioni esterne
si accompagnava la più serena pace deH'anima.
L'ossessione interna si distingue dalle tentazioni ordinarie soltanto per
la sua violenza e durata. Non è facile determinare con esattezza fin dove
giunga la semplice tentazione e dove incominci la vera ossessione, tut­
tavia, quando il turbamento deH'anima è molto profondo e l'attrattiva
verso il male molto violenta è lecito pensare a una ossessione diabolica.
L'ossessione interna può prendere gli aspetti più diversi. Alcune volte
si manifesterà in forma di idea fissa sulla quale sembrano concentrarsi
tutte le energie intellettuali; altre volte in forma di immagini e rappresen­
tazioni tanto vive, che s'impongono con la forza delle più toccanti e as­
sorbenti realtà; ora causa una ripugnanza quasi insuperabile per i doveri
del proprio stato, ora fa desiderare con ardore ciò che è proibito, ecc.
Il turbamento dello spirito, dato l'intimo nesso che lega le facoltà, si
riflette nella vita affettiva. L'anima, suo malgrado, si sente ricolma di
94 Io, vescovo esorcista

immagini importune, ossessionanti, che la spingono al dubbio, al risen­


timento, alla collera, all'antipatia, all'odio, alla disperazione, e talora an­
che a pericolose tenerezze e al richiamo seducente della voluttà.
Il miglior rimedio contro tali assalti è l'orazione, l'umiltà di cuore, il
disprezzo di sé, la fiducia in Dio e nella protezione di Maria, la frequen­
za ai sacramenti e la cieca obbedienza al direttore spirituale, che deve
essere tenuto al corrente di tutto.
L'ossessione esterna e sensibile è più appariscente e impressionante,
ma in realtà meno pericolosa. Può estendersi a tutti i sensi esterni, come
ci dimostrano le vite dei santi.
a) La vista è vittima di tutta una serie di apparizioni diaboliche. A
volte si tratta di immagini abbaglianti, piacevoli. Satana non esita a tra­
sformarsi in angelo di luce per ingannare l'anima e ispirarle sentimenti
di vanità, di compiacenza di sé, ecc. Da questi effetti l'anima riconoscerà
la presenza del nemico. Altre volte Satana prende forme orribili e mi­
nacciose per intimorire i servi di Dio e allontanarli dall'esercizio delle
virtù, come si legge nella vita del santo Curato d'Ars, di santa Gemma
Galgani e di altri. Altre volte, ancora, si presenta in forme seduttrici e
voluttuose per trascinare al male, come fece con san Ilarione, sant'Anto­
nio Abate, santa Caterina da Siena e sant'Alfonso Rodriguez.
b) L'udito è tormentato con strepiti e rumori spaventosi (Curato
d'Ars), con oscenità e bestemmie (santa Margherita da Cortona), oppure
è ricreato con canzoni e musiche voluttuose che eccitano la sensualità.
c) L'olfatto percepisce alcune volte i profumi più soavi, altre volte un
lezzo intollerabile.
d) Anche il gusto è provato in vari modi. Talora il demonio cerca di
eccitare sentimenti di gola producendo la sensazione di cibi succulenti o
di liquori deliziosi. Più spesso produce nell'anima una forte sensazione
di nausea per impedirle di prendere il sostentamento necessario, o fa
apparire nel cibo cose ripugnanti (vermi, immondizie, di ogni specie),
difficili a trangugiare o impossibili a digerire (spine, aghi, pietre, fram­
menti di vetro, ecc.).
e) Il tatto, diffuso per tutto il corpo, risente in mille maniere la nefasta
influenza del demonio. Si avvertono percosse terribili come risulta dalla
vita di santa Caterina da Siena, di santa Teresa, di santo Francesco Save­
rio e di santa Gemma Galgani; abbracci e carezze voluttuose, come rac­
conta di se stesso sant'Alfonso Rodriguez. Altre volte l'azione diabolica
giunge a estremi e turpitudini incredibili, senza colpa alcuna da parte di
colui che le subisce.35

35 Antonio Royo Marin, Teologia della perfezione cristiana, San Paolo, Milano
199710, pp. 389 sgg.
Il principe di questo mondo (Gv 16,11) 95

L'infestazione diabolica, invece, designa tutto il vastissimo cam­


po d'influenza del Maligno, diciamo così, dell'estemo delle per­
sone e turba in mille modi uomini e cose. Per quanto riguarda le
persone - nella vita di alcuni santi vi è amplissima eco - si può
parlare di vessazioni. Si legga, per esempio, da questa angolatura
la vita del santo Curato d'Ars, di santa Gemma Galgani, di padre
Pio da Pietrelcina, di madre Speranza di Gesù e di tanti altri... Te­
stimoni ancora viventi dicono che padre Pio usciva da queste
vessazioni malconcio nel fisico, con ferite e segni di tumefazioni
in volto...
A parte queste incredibili lotte sostenute dai santi contro il ne­
mico del bene, che si presentava loro in diversissime forme - a
santa Gemma Galgani anche sotto le sembianze del suo angelo
custode e del suo direttore spirituale - , quando parliamo di infe­
stazioni diaboliche, intendiamo tutto un complesso di fenomeni
che non hanno spiegazione naturale e che si verificano a danno
delle persone e delle cose, di animali e di ambienti. Sono costitui­
ti da dolori fisici, altrimenti inspiegabili, sensazioni dolorose,
spinta aH'autodistruzione e al suicidio. Quanto agli ambienti e
alle cose, segno dell'infestazione diabolica sono movimenti di
oggetti, rumori strani che non hanno causa evidente, fetore in­
sopportabile, movimenti d'aria improvvisi.
Ricordo le confidenze di un mio compagno di seminario - so­
no passati tanti anni - che mi raccontava di fatti stranissimi che
capitavano intorno a lui: pezzi di parete che si staccavano e ten­
tavano di colpirlo, frammenti d'intonaco che cadevano dall'alto e
poi suoni strani, rumori di catene, rumori di passi.
Quelle confidenze mi impressionavano, certo, ma, confrontate
con quanto leggevo nella vita dei santi, non mi parevano invero­
simili. Oggi di confidenze del genere ne raccolgo continuamente
e si tratta delle realtà più strane, come quella, per esempio, di
suor x, che trovava sul suo corpo, tra gli abiti, delle particole per
l'Eucarestia, oltre a biglietti scritti con la identica calligrafia della
sua superiora per provocarle turbamento. (È bastato le dicessi di
non meravigliarsi di tali fenomeni e di disprezzarli: il Maligno si
sarebbe stancato, come forse è stato.)
Una delle ultime confidenze della professoressa Maria è stata
questa: aveva appeso sulla parete del suo studio medico un cro­
cifisso metallico, ben assicurato... un giorno questo crocifisso si è
staccato dalla parete e, cadendo in terra, si è frantumato.
96 Io, vescovo esorcista

Ormai i miei assistiti abituali lo sanno: quando avvertono in ca­


sa e nella persona, di notte o di giorno, più spesso di notte, questi
strani fenomeni, non devono fare altro che disprezzarli e quasi
non tenerne conto, deridendone l'autore, ingiungendogli di la­
sciarli in pace con una invocazione al Signore e alla Madonna.
Come molti mi confessano, per far cessare una dolorosa sensa­
zione fisica, improvvisa e acuta, basta una giaculatoria e un se­
gno di croce tracciato con la propria mano sulla parte dolente...
Inutile continuare in questa rassegna.
Ma sento ancora la domanda: perché avvengono tali fenome­
ni? La risposta è la medesima: perché il Signore permette che il
demonio ci tenti e ci faccia paura.
In molti casi, tuttavia, anzi nella quasi totalità di essi, si deve
dire che la perfidia diabolica, con la relativa messa in scena, è
frutto di malefici da cui sono colpite le persone.
Qui si apre un altro capitolo di notevole rilievo per la tematica
che ci preoccupa: il maleficio. Ne tratteremo subito dopo aver
parlato, per quanto ci sarà permesso, degli artefici di queste ma­
cabre operazioni, ossia di maghi e occultisti.
Dico subito: se la possessione, l'ossessione e le infestazioni
personali sono abbastanza rare, le conseguenze dei malefici sono
invece diffusissime e impegnano continuamente l'opera degli
esorcisti.
So benissimo di toccare una materia assai fluida e per tanti
aspetti ridicolizzata e contestata. Ma, ancora una volta, «contra
facta non valent argumenta». Venite a vedere...
IX
Maghi, magie e dintorni

Nella mia lettera pastorale da cui questo libro ha preso le mosse,


dicevo che, nella misura in cui i ministri della Chiesa rinunciano
a compiere il loro dovere di ascolto, di consiglio, di medicina spi­
rituale, la gente, ispirata anche da un'abilissima e martellante
propaganda, si rivolge a maghi e fattucchieri, la maggior parte
dei quali, per comune testimonianza, sono ciarlatani, millantato-
ri, abili a spillar soldi, anche se nella categoria non mancano
quelli che si prestano - non domandate come - a farsi interme­
diari dell'oscura opera del Maligno per scompigliare animi, fa­
miglie, società e per seminare malanni e morte.
Entriamo così in questo oscuro mondo di cui io misuro, si può
dire quotidianamente, i tenebrosi e macabri effetti su persone e
cose, ma di cui non sono affatto - e volutamente - informato.
So solamente - statistiche alla mano - che la nostra gente, e
proprio quella che vorrebbe apparire più progredita e accultura­
ta, ricorre moltissimo a questi sacerdoti dell'inganno e della mal­
vagità, spendendo spesso dei patrimoni.
Ecco alcune statistiche che ricavo dal volume Come difendersi dai
maghi di Armando Pavese:36 in Italia settentrionale, su una popo­
lazione di circa 25 milioni di persone, i maghi sono 565; nell'Italia
centrale, su una popolazione di circa 11 milioni di persone, i ma­
ghi sono 221, nell'Italia meridionale, su una popolazione di circa
14 milioni, i maghi sono 188; nell'Italia insulare, su una popola­
zione di circa 7 milioni, il numero dei maghi è di 130 unità.
Commenta Pavese:

36 Armando Pavese, Come difendersi dai maghi e dalla minaccia della nuova religione
magica, Piemme, Casale Monferrato 1994, pp. 271 sgg.
98 lo, vescovo esorcista

... In valore assoluto la lettura dei numeri dei maghi ci rivela che il
Settentrione è il «paradiso» dei maghi seguito in ordine decrescente dal
Centro, Meridione e Isole.
Il tutto si può visualizzare meglio con i seguenti istogrammi:

565

221
188
130

Italia Sett. Italia Centr. Italia Merid. Italia Ins.

Ma occorre anche tenere conto della popolazione residente nelle va­


rie zone. Per esempio l'Italia Meridionale ha il 24,74% della popolazione
italiana ma solo il 17% dei maghi dell'intera penisola e si pone come
densità magica non al 3° posto, come risulta dal numero dei maghi in
assoluto, ma all'ultimo. L'istogramma seguente, in cui si rappresenta la
percentuale di popolazione nel rettangolo chiaro comparata al rettango­
lo scuro, che rappresenta la percentuale dei maghi, sarà di chiarimento.

24,7

17
11,8

Italia Sett. Italia Centr. Italia Insul. Italia Merid.

Maghi
Maghi, magie e dintorni 99

Vediamo che Tunica zona in cui i maghi sono fortemente presenti


sia con un numero assoluto sia comparato alla popolazione, è il Set­
tentrione.

R e g io n i d 'I t a lia

Le regioni d'Italia riserveranno qualche sorpresa al lettore. Espongo la


relativa tabella presentando le regioni in ordine di numero di professio­
nisti dell'occulto presenti:

Regioni Maghi

1) Lombardia 212
2) Piemonte 157
3) Sicilia 117
4) Emilia Romagna 96
5) Toscana 91
6) Lazio 90
7) Campania 54
8) Puglia 49
9) Liguria 46
10) Calabria 40
11) Marche 32
12) Veneto 30
13) Abruzzo 28
14) Friuli Venezia Giulia 21
15) Sardegna 13
16) Basilicata 11
17) Umbria 8
18) Molise 6
19) Valle D'Aosta 2
20) Trentino Alto Adige 1

Questi sono i valori della presenza magica per regione. Ma come


cambia il panorama se si tiene conto della popolazione?
Non voglio sottoporre il lettore alla noia di calcoli ma evidenzio che
per esempio la Puglia (che si pone all'8° posto) e il Lazio (che si pone al
6° posto), scendono al 13° posto, alla pari con altre otto regioni che han­
no una presenza magica inferiore alla media nazionale. La Liguria inve­
ce (che è al 9° posto) sale nel gruppo delle prime sei regioni a densità
magica superiore alla media nazionale.
100 Io, vescovo esorcista

La media nazionale è ottenuta semplicemente dividendo la popola­


zione italiana per il numero degli operatori dell'occulto:

57.746.000
__________________________________= 52.300
1.104

Dal rapporto maghi/abitanti si evidenzia come il Piemonte sia Tuni­


ca regione ad altissima densità magica avendo un mago ogni 27.700 abi­
tanti. Infatti il Piemonte ha il 7, 54% della popolazione nazionale contro
il 14,2% dei maghi italiani.
Al 2° posto si situa la Liguria con un mago ogni 37.000 abitanti, la To­
scana si pone al 3° posto con 39.000, l'Emilia Romagna al 4° posto con
41.000, la Lombardia al 5° con 42.000, la Sicilia al 6° con 44.000.
Il Trentino Alto Adige si presenta come la regione meno magica d'Ita­
lia (sul versante del professionismo della magia) con 891.000 abitanti
per mago.
Ribadisco che questi sono dati desunti dalle Pagine Gialle e che per­
tanto si deve fare una maggiorazione sulla presenza magica reale a li­
vello professionistico e che, comunque, non può stravolgere i dati pre­
sentati in questa ricerca che rendono giustizia delle esagerazioni fatte in
ambiti magici e a cui avevo, fino a qualche anno fa, dato erroneamente
una valutazione di affidabilità.
Alessandria capoluogo ha 93.351 abitanti e circa 10 operatori dell'oc­
culto pari a 9.335 abitanti per un mago. Pertanto risulta il capoluogo più
magico d'Italia. I dati provinciali invece diluiscono l'aspetto magico di
Alessandria che si pone a 26.110 abitanti/mago.
Fra i capoluoghi magici si distinguono Torino (12.800 abitanti/ma­
go), Cuneo (14.000 abitanti/mago), Grosseto (14.200 abitanti/mago),
Asti (14.800 abitanti/mago), Cremona (15.000 abitanti/mago), Milano
(16.000 abitanti/mago), Bergamo (16.800 abitanti/mago), Como (18.000
abitanti/mago), Catania (21.400 abitanti/mago).
Le province più magiche d'Italia risultano essere Grosseto (19.900 abi­
tanti/mago), Forlì (23.500 abitanti/mago), Torino (24.400 abitanti/mago).

Un'altra cosa so, ricavata dalla mia esperienza di questi anni:


la quasi totalità di coloro che ricorrono al mio ministero, per sol­
lievo e benedizione, sono ricorsi almeno una volta a questi maca­
bri praticanti dell'occulto. È questa la domanda che riserbo per
ultima, se non me lo dicono immediatamente la prima volta che
vengono a espormi le loro difficoltà: «Sei stato per caso da qual­
che operatore dell'occulto? O ti ci hanno condotto?». La risposta
è stata nella quasi totalità dei casi affermativa.
Maghi, magie e dintorni 101

E allora io ribatto immediatamente: «Eccoti spiegato il mistero,


o per lo meno uno dei principali motivi delle tue traversie e tri­
bolazioni».
E allora ripeto la mia catechesi, insegnando quanto la santa
Scrittura dice al riguardo.
Trascrivo qui a erudizione di tutti:

Non lascerai vivere la maga. (Es 22,17)


Non rivolgetevi agli spettri e agli indovini; non interrogateli, renden­
dovi impuri con essi. Io sono il Signore Dio vostro. (Lv 19,31)
Un uomo e una donna fra voi che sia negromante o indovino sia mes­
so a morte: li lapiderete. Il loro sangue ricada su di loro. (Lv 20,27)
Non faranno più i loro sacrifici ai satiri, ai quali essi si prostituiscono.
Legge eterna sarà questa per loro e le loro generazioni! (Lv 17,7)
Non si trovi presso di te chi faccia passare il proprio figlio o la pro­
pria figlia per il fuoco, chi pratichi la divinazione, il sortilegio, l'augurio,
la magia, chi pratichi incantesimi, chi consulti gli spettri o l'indovino,
chi interroghi i morti. Perché è in abominio al Signore chi compie queste
cose. (Dt 18,10-12)
Sacrificano ai demoni, che non sono dio, a dèi che non conoscono,
nuovi, venuti da poco, che non hanno temuto i vostri padri. (Dt 32,17)
[Geroboamo] egli invece si era costituito sacerdote per le alture, per i
satiri e per i vitelli che egli stesso aveva fabbricato. (2 Cr 11,15)
Vi si stabiliranno le fiere del deserto, i gufi riempiranno le loro case,
vi dimoreranno gli struzzi, vi danzeranno i satiri. (Is 13,21)
Cani selvatici si incontreranno con le iene, e i satiri si lanciano mutua­
mente l'appello; ivi ancora abiterà Lilith, trovandovi il riposo. (Is 34,14)

Questi poveri fratelli, quando mi sentono ribadire con forza


tutto questo, mi dicono sconsolati: «... Ma perché queste cose non
ce le hanno mai dette? E perché non vengono ripetute nell'inse-
gnamento catechistico?». Giro la domanda a chi di dovere, com­
presi gli estensori dei vari catechismi.
È bene allora essere, almeno superficialmente, informati su
questa materia, così ripugnante eppure così diffusa.
Ripeto che non ho, volutamente, perso tempo a informarmi al
riguardo, accontentandomi di quanto da sempre la Chiesa ha in­
segnato: esservi cioè una magia nera pericolosissima che non è
niente altro che intermediazione diabolica con cui si persegue la
rovina delle anime e dei corpi.
Come dico sempre ai miei assistiti: non importa tanto la dia­
102 Io, vescovo esorcista

gnosi dei nostri mali spirituali, quelli di cui il demonio, o per sé o


per mezzo dei suoi ministri, è causa devastante; vale la pena de­
dicarsi subito ai rimedi efficaci e alla prevenzione sicura, ossia al­
la preghiera, alla recezione dei sacramenti, al ricorso al ministro
di Dio. Questi rimedi - inutile ripeterlo - vanno bene per tutti i
mali spirituali. Non c'è bisogno dunque di perdere tempo in dia­
gnosi minuziose.
(È per questo che io disapprovo continuamente certi pastori
d'anime, certi esorcisti, certi «sensitivi», come li chiamano, che
pretendono di sapere e lo sciorinano al paziente, l'origine, le cir­
costanze, spesso le parti interessate del corpo, soggette all'opera
del Maligno e dei suoi intermediari... A me basta sapere se il fra­
tello o la sorella soffrono, per cause umanamente inspiegabili,
per dar corso immediatamente ai rimedi che il Signore ha messo
nelle mie mani: preghiere, benedizioni, esorcismi.)
Se altri ritengono di dover aggiungere altre disquisizioni a dia­
gnosi e circostanze scatenanti, e pensano di poterlo fare con esat­
tezza, lo facciano pure, ma se ne sentano personalmente respon­
sabili e si domandino - io li invito - se è poi così necessario
arrivare a queste determinazioni e se non è invece più opportuno
tagliar corto su certe «rivelazioni» e andare subito ai rimedi...
Quanto al sottoscritto, affermo che le diagnosi le faccio fare ai
medici, se si tratta di mali fisici, o le faccio emergere dalle mie
preghiere ed esorcismi, constatandone i risultati, per concludere
infallibilmente così, e solo così: «Caro fratello, cara sorella, hai bi­
sogno di questi rimedi santi. Il Signore li mette a tua disposizio­
ne: approfittane, anzi approfittiamone insieme. E lasciamo per­
dere altre curiosità che nessuno potrà mai confrontare con la
realtà, che è spesso misteriosa e assai remota».
Ci tenevo a presentare queste osservazioni prima di affrontare
il tema dell'occultismo e del malefizio, perché ho sempre guarda­
to con sospetto - confesso - le diagnosi affrettate e sicure di certi
«guaritori» e persino di certi esorcisti.
Chi ha doni di Dio particolari, o crede di averli, li metta pure a
frutto, a completo suo rischio e responsabilità; io so di avere sola­
mente il dono della preghiera, della consolazione spirituale, della
benedizione, del potere esoreistico, niente altro...
Insisto su questo ragionamento, affidandolo anche ai colleghi
esorcisti; se i rimedi che abbiamo a nostra disposizione, tanti ed ef­
ficacissimi, vanno bene per ogni genere di malattia spirituale, spe-
Maghi, magie e dintorni 103

eie quelle di origine malefica, perché perdere tempo e talvolta cre­


dibilità, addentrandoci nel mistero delle cause remote di certi mali?

Diciamo ora qualcosa di maghi e occultisti e del loro ripugnan­


te mestiere. Per farlo, mi servo di appunti richiesti a uno dei miei
presbiteri, che si è addentrato un poco, per informarmi, in questa
materia, con il mio beneplacito, come pure mi servo dell'espe-
rienza di alcuni miei presbiteri esorcisti.

L a m a g ia

Natura: la magia è «Tarte di dominare le forze occulte del mondo e della


vita», mediante pratiche rituali esercitate da una persona a ciò abilitata.
Si basa sulla convinzione che l'universo sia un tutto omogeneo, i cui
elementi materiali e spirituali sono collegati fra loro da legami nascosti
che il mago può conoscere e sui quali può agire. Secondo questa visio­
ne, il mondo è governato da leggi occulte e mosso da energie invisibili,
mediante le quali sono in connessione e reciproca dipendenza gli astri, i
fenomeni della natura, i destini degli uomini, le potenze degli spiriti
buoni e cattivi.
Lo scopo della magia è:
• penetrare i segreti dell'universo, la sua origine, la sua essenza, il
suo destino;
• dominare gli eventi presenti e futuri al fine di ricavarne fortuna, sa­
lute, denaro, successo, amore;
• conoscere e interpretare il movimento degli astri per prevederne gli
effetti sul mondo e sull'uomo;
• provocare influssi benefici o malefici su cose, persone, attività;
• piegare il potere degli spiriti buoni o cattivi alle proprie esigenze.
Di fondamentale importanza è la figura del mago il quale deve posse­
dere dei poteri straordinari e delle conoscenze occulte mediante i quali,
servendosi degli appositi riti, domina le forze della natura e gli spiriti.
Anche se in molte religioni, specialmente tra i primitivi e i politeisti,
c'è commistione tra culto e magia in dipendenza e abbandono fiducioso
alla volontà di Dio; nella magia si cerca precisamente il contrario, piega­
re il mondo soprannaturale al proprio servizio; inoltre mentre il creden­
te fa dipendere l'efficacia dei riti religiosi dalla bontà di Dio e dalla de­
vozione interiore con cui vengono compiuti, il mago ritiene che le
pratiche magiche sortiscano l'effetto desiderato a motivo della propria
potenza e dell'esattezza formale con cui vengono fatte.
Esercizio: l'azione magica interviene sulla realtà dall'esterno e anche
a distanza, mediante la potenza del mago e può essere esercitata fonda­
mentalmente in due modi:
104 Io, vescovo esorcista

1 - Per imitazione quando Tatto magico riproduce in piccolo ciò che si


vuole ottenere nella realtà. Per esempio l'uso medicinale di foglie che
hanno la stessa forma dell'organo corporeo che si vuole curare; l'uso di
portare amuleti che raffigurano o simboleggiano ciò che si vuole ottene­
re o evitare; la ripetizione di parole magiche che contengono un simboli­
smo occulto; praticare delle azioni su di una bambola o un'immagine di
qualcuno perché si riproducano sulla persona raffigurata.
2 - Per connessione quando l'atto magico influisce sul tutto mediante
l'azione su di una parte o qualcosa di collegato. Per esempio: ottenere
un beneficio o un danno per una persona servendosi di qualcosa di suo,
come unghie, capelli, abiti, oggetti...
Il movimento magico: come si diceva, la pratica della magia, commi­
sta al culto religioso o a se stante, è antichissima e praticamente univer­
sale, quanto il desiderio dell'uomo di dominare il cosmo e l'ignoto. La
magia, però, non è un mondo monolitico; si contano non solo innumere­
voli modi di esercitarla, ma anche diverse interpretazioni circa la sua es­
senza.
Presentiamo brevemente i quattro filoni principali in cui si struttura
il movimento magico:
La magia iniziatica: è la forma che attribuisce maggiore importanza al­
la tradizione; gli aderenti a questa corrente sostengono che i poteri ma­
gici si trasmettono da maestro ad allievo con una catena ininterrotta che
risale all'antichità più remota: sono nate così genealogie mitiche che
fanno discendere la trasmissione delle arti magiche dagli antichi egizi,
dai quali sarebbe stata comunicata a Israele attraverso Mosè e Salomo­
ne, e ai greci con Pitagora; poi Ermete Trismegisto, i Cavalieri Templari,
i Rosacroce, Paracelso, Cagliostro, Saint Germain, Fabre d'Olivet, fino ai
moderni.
In epoca moderna la magia iniziatica si è poi ramificata in numerosi
gruppi e movimenti; ecco i principali:
• le associazioni massoniche esoteriche, dette «di frangia»;
• la Grande Fraternità Universale;
• gli Ordini neo pitagorici: l'Ordine Ermetista Tetramegisto e Mistico,
l'Associazione Pitagorica, l'istituto Neo Pitagorico, la Nuova Acropoli;
• gli Ordini rosacruciani: l'Ordine della Rosa-Croce, la Fraternitas
Rosacruciana Antiqua, l'istituto Filosofico Ermetico, il Movimento Co­
smico e il Mistico Ordine Rasae Crucis;
• gli Ordini neo templari: l'Ordine del Tempio, l'Ordine del Tempio
Rinnovato, la Religione del Carmelo;
• il Movimento Martinista;
• i Movimenti Gnostici.
La magia cerimoniale: l'elemento fondamentale è l'esatta esecuzione
del rito a partire da un testo che descriva con precisione la cerimonia da
Maghi, magie e dintorni 105

compiere in modo che la si possa scrupolosamente ripetere. Ciò non to­


glie, però, che alcuni maghi cerimoniali abbiano subito il fascino di po­
tersi richiamare a una tradizione antica e abbiano quindi cercato an-
ch'essi di costruirsi una genealogia di tipo iniziatico.
Il centro della magia cerimoniale resta comunque il «Libro delle ma­
gie» in cui vengono descritti parole e gesti, compiendo i quali il mago
ottiene infallibilmente l'effetto desiderato. Nella ritualità cerimoniale ha
grande rilievo il simbolismo sessuale, ma anche la sua effettiva pratica.
Le correnti che si richiamano alla magia cerimoniale sono:
• la Golden Dawn o Ordine Ermetico dell'Alba d'Oro: risale all'in-
glese W. Westscott ed è la più antica e potente, anche se numericamente
ridotta, tra le forme cerimoniali, tanto che la sua dottrina ha influenzato
tutte le altre;
• TOrdine del Tempio Orientale ( o t o ): nasce in Germania agli inizi
del XX secolo a opera di C. Kellner e T. Reuss; suo massimo esponente è
Aleister Crowley, figura di primo piano nel mondo magico contempora­
neo. Questi è l'autore del Libro della legge, il testo principe della magia
cerimoniale. In seguito I' o t o si è scisso in numerosi gruppi, tra cui, più
importanti, quelli di H.J. Metzger, K. Grant, M. Bertiaux, M.R. Motta e il
Tempio della Gioventù psichica;
• la Società Inner Light, sorta dagli scritti di T.W.C. Moriarty a opera
della sua discepola Violet Firth chiamata poi col nome esoterico di Dion
Fortune;
• la Fratellanza di Miriam, fondata dall'italiano C. Formisano (poi
autodefinitosi Kremmerz), sulla base di una tradizione in cui si intrec­
ciano magia, massoneria e politica liberale del risorgimento;
• i movimenti orientalisti: il gruppo Dzogchen-Merigar, la Società
Mère Meera, Arista, l'Ordine Esoterico del Loto Bianco, l'Ordine dei
Maestri Shan;
• i movimenti esoterici ispirati al cristianesimo: il gruppo Amicizie
Spirituali, il gruppo Entretiens Idealistes, il centro studi Hieron du Val
d'Or, l'Associazione Atlantis, l'Ordine del Santo Graal, l'Ordine Esseni-
co Occidentale, l'Associazione Archeosofica.
Il neo paganesimo: è la nuova forma che si richiama alle tradizioni del­
l'antico paganesimo dell'Europa precristiana, con la riscoperta delle sue
mitologie e dei suoi culti e riti; ecco le principali ramificazioni:
• il neo druidismo: è il recupero dell'antica religione celtica dell'Eu­
ropa nord-occidentale, nella quale il sacerdote-mago si chiama druido.
Si compone di due correnti principali: la prima risale alla fondazione
dell'Ancient Druid Order nel 1717 a opera di J. Toland e sviluppa una
dottrina pagana assolutamente alternativa al cristianesimo; la seconda
deriva dal successore di Toland, W. Stukeley, e cerca una conciliazione
tra il druidismo pagano e la secolare tradizione cristiana da cui egli ri­
106 Io, vescovo esorcista

tiene non si possa ormai prescindere, per cui favorisce una mescolanza
di riti e credenze provenienti da entrambe;
• l'ariosofia: è la dottrina sviluppatasi in Germania agli inizi del XX
secolo a opera di J.L. von Liebenfels e G. von List, secondo la quale nel­
la mitologia dell'antico paganesimo germanico è contenuta la vera in­
terpretazione della realtà del mondo: la razza ariana è soprannaturale,
mentre le altre razze sono bestiali, il legame tra il territorio e la razza è
inscindibile, il peccato consiste nel rompere i vincoli sacri della terra e
del sangue. La dottrina dell'ariosofia viene ripresa e ulteriormente svi­
luppata da A.A.R. Glauer e K.M. Wiligut, e, come si intuisce, diventerà
una delle componenti dell'ideologia nazional-socialista hitleriana;
• i culti dell'antica Roma, incentrati sulla figura del dio Giano, nati in
Italia durante il rinascimento e rivitalizzati agli inizi dell'epoca fascista
da A. Righini con l'intento di fornire un'anima neo pagana al nuovo re­
gime, un'anima più consona alla fierezza fascista, in contrapposizione
al Dio cristiano, un Dio sconfitto dalla morte di croce, adatto agli umili e
ai miserabili;
• possiamo collocare in questo ambito anche i culti afro-americani
come la santería cubana, il vudù haitiano, la macumba brasiliana, ormai
diffusi ovunque. In essi si mescolano elementi della tradizione animista
e magica dell'Africa, superstizioni derivanti dal cristianesimo, riti male­
fici, pratiche licenziose a base di sesso e droga, sacrifici animali e talvol­
ta umani.
La neo stregoneria o Wicca: quando tra il XIII e il XV secolo, durante il
rinascimento e gli inizi dell'epoca moderna, fiorisce l'interesse, prima
letterario, ma poi anche religioso, per l'antichità classica pagana, insie­
me con una certa riscoperta delle mitologie e dei culti precristiani di cui
abbiamo appena parlato, rinasce anche l'interesse per la stregoneria.
Il desiderio di ricollegarsi alle origini antiche fa sì che si formi la leg­
genda di piccoli gruppi prevalentemente femminili presso i quali si sa­
rebbero ininterrottamente tramandati dottrine e riti provenienti dalla
stregoneria precristiana.
In realtà il fenomeno scompare con l'avvento del cristianesimo e ri­
compare appunto con la fine dell'epoca medievale e l'inizio dell'età mo­
derna: si formano gruppi di interesse all'inizio puramente letterario, e
in seguito con sempre più ampi tentativi di porre in opera le cose de­
scritte nei testi da poco riscoperti. Nascono così piccole cerehie di prati­
canti della nuova stregoneria che nelle ricorrenze del calendario lunare
si ritrovano nei boschi per rinverdire antiche cerimonie: di fatto si tratta
di un misto tra invocazioni e incantesimi in lingue arcaiche, rituali a ba­
se di pratiche sessuali e abbondante uso di piante allucinogene.
Anche la stregoneria, come gli altri fenomeni della nuova religiosità,
trova facile espansione nel clima della rivoluzione francese e raggiunge
Maghi, magie e dintorni 107

la sua forma più matura sul finire del XIX secolo: nel 1899 C.G. Leland
scrive il Vangelo delle Streghe, nel quale spiega che la stregoneria sorse
dall'unione tra la dea Diana e la stella Lucifero (il portatore di luce); da
loro sarebbe nata Aradia, venuta poi sulla terra per insegnare all'uma­
nità i segreti e le arti della stregoneria, fonte della vera libertà e dell'ar-
monia con se stessi e con la natura.
Nel periodo della Prima guerra mondiale il discorso fu ripreso e ap­
profondito dalla studiosa di egittologia M.A. Murray, la quale precisò
che la stregoneria non ha nulla a che fare col satanismo poiché quel Lu­
cifero a cui rende culto, sebbene per il nome e per la raffigurazione (dio
con le coma) possa essere confuso col Satana biblico, non ha nulla a che
vedere con esso.
La Murray precisa inoltre il calendario stregonico: otto feste principa­
li chiamate Sabbat: quattro maggiori, Beltane (30 aprile), Hallowe'en (31
ottobre), Candlemas (2 febbraio), Lammas (1° agosto), e quattro minori,
i due solstizi e i due equinozi; inoltre gli Esbets, da celebrarsi ogni mese
nelle notti di luna piena. In queste ricorrenze, streghe e stregoni si ritro­
vano in gruppi di tredici (dodici più uno, di sesso maschile, che imper­
sona il «dio con le corna») e compiono le cerimonie prescritte.
Le ricerche di Leland e della Murray trovano compimento nell'opera
di G.B. Gardner (1884-1964), considerato il vero fondatore della neo
stregoneria. Con lui si armonizzano il pensiero dei due autori preceden­
ti e gli influssi derivanti dalla magia cerimoniale di Aleister Crowley,
dall'Ancient Druid Order di cui era membro e dalla teosofia. Frutto di
questa sintesi è l'elaborazione della dottrina nella sua forma che si può
considerare normativa per tutti i cultori della stregoneria: nasce così il
Libro delle ombre, testo fondamentale e imprescindibile per la pratica del­
la stregoneria, in cui sono contenuti i riti da osservare e le formule degli
incantesimi.
L'iniziazione alla stregoneria prevede tre tappe successive: si apre
con una danza rituale da compiere nudi, si articola in complesse ceri­
monie che prevedono canti, balli intorno al fuoco, invocazioni, simboli­
smi d'ogni tipo, e culmina neU'unione sessuale tra stregone e strega, at­
tuazione dell'unione tra la dea femminile e il «dio con le coma».
Dagli ultimi decenni del XX secolo il mondo della neo stregoneria è
una costellazione di tanti piccoli gruppi collegati fra loro da una rete di
periodici e che si ritrovano regolarmente a raduni e festival dell'occulto
in ambito nazionale e intemazionale.
Conclusione: il ricorso alla magia accompagna tutta la storia umana
come desiderio di un sapere e di un potere sovrumani e indipendenti da
un'Autorità soprannaturale; ma è certamente nella nostra società post-
cristiana che la magia, nelle sue varie forme sopra descritte, ha guada­
gnato gli spazi più ampi: in Italia attualmente i maghi sono il quadruplo
108 Io, vescovo esorcista

dei sacerdoti37 e i proventi della loro attività pongono la magia tra le pri­
me «aziende» con bilancio in attivo in campo nazionale, come si è visto.
Contrariamente a quanto pensavano i razionalisti dell'Ottocento la
superstizione non è compagna di viaggio della religione, né monopolio
degli ignoranti e dei creduloni; al contrario l'abbandono della fede reli­
giosa è il terreno in cui fiorisce l'occultismo e la sua diffusione è mag­
giore nei ceti medio-alti e tra i giovani più scolarizzati e meno religiosi.
Contrariamente a ciò che si è tante volte ripetuto quando perde spazio il
sacerdote, il suo posto non lo guadagna lo scienziato, ma piuttosto il
mago.38

Aggiungo, per affinità di argomento, qualcosa sullo spiritismo.

L'evocazione degli spiriti e la comunicazione con essi è una pratica


antichissima; si svolge mediante l'opera del medium (persona dotata di
particolari poteri psichici e sovrumani): attraverso di lui lo spirito si ri­
vela servendosi di colpi o di movimenti di oggetti che formano un codi­
ce o alfabeto spiritico.
Tale pratica è presente come componente importante nelle antiche reli­
gioni naturistiche e pagane del nord America e dell'Europa precristiana,
nello sciamanesimo, nella religiosità popolare di India, Cina, Giappone; è
menzionata più volte, sebbene con disapprovazione, anche nella Bibbia.
Queste forme, però, sono per contenuto e ambientazione sostanzial­
mente diverse dal movimento spiritista moderno, il quale nasce tra la fi­
ne del XVIII e gli inizi del XIX secolo con numerosi fenomeni paralleli in
Europa e negli Usa.
Il precursore dello spiritismo moderno è senza dubbio il dottor Me-
smer con la sua teoria del «fluido universale» che permea e mette in
contatto fra loro le varie parti del mondo e gli esseri che lo abitano, non
esclusi gli «abitanti» del passato e del futuro.
Tra il 1829 e il 1846 il medico tedesco J. Kemer pubblica diversi reso­
conti delle comunicazioni con gli spiriti di una sua paziente F. Hauffe,
nel volume La veggente di Prevorst. Contemporaneamente, negli USA,
A.J. Davis ha le sue prime esperienze di comunicazione con gli spiriti,
tra il 1843 e il 1844. Nel medesimo periodo (1846) la regina Vittoria acco­
glie a corte e consulta una spiritista.
Ma l'esplosione del fenomeno si ha con la vicenda delle sorelle Fox:
nel 1848 nella casa delle giovani Kate e Margaret Fox si cominciarono ad
avvertire colpi inspiegabili; le due ragazze elaborarono un codice per

37 In questo numero sono compresi sia quelli recensiti ufficialmente, sia con ap­
prossimazione la folta schiera degli appartenenti a un fecondissimo sottobosco.
^ Don Claudio Crescimanno, op. cit.
Maghi, magie e dintorni 109

tentare di comunicare con la fonte di tali colpi, che si manifestò come


l'anima di un defunto che aveva abitato quella casa. La notizia del con­
tatto tra le Fox e uno spirito si diffuse e suscitò un enorme interesse in
tutti gli Usa, nel vicino Canada e in seguito in Inghilterra e nel resto
d'Europa. Nel 1849 E.W. Capron fonda un movimento per lo studio e la
diffusione del messaggio delle Fox; in breve, anche grazie alla pubbli­
cità della stampa americana, lo spiritismo diviene una moda e si molti­
plicano i casi analoghi di presunti contatti con gli spiriti.
Segnaliamo ancora una figura di grande rilievo nella storia dello spi­
ritismo: il francese H.D.L. Rivali, più noto come Allan Kardec, che nel
1857 pubblica II libro degli spiriti, testo fondamentale nella storia dello
spiritismo.
Per quel che riguarda i contenuti, lo spiritismo moderno si distingue
sostanzialmente da quello antico del mondo precristiano, per la sua di­
versa collocazione ideale: mentre quello antico ha il suo ambito nel cam­
po della religione, quello moderno si presenta come «fatto» scientifico al
di fuori di ogni contesto religioso.
Così, per esempio, lo scrittore Arthur Conan Doyle, creatore del famo­
so Sherlock Holmes e grande propagatore dello spiritismo, sostiene che
mentre la religione domanda di credere cose che non si possono provare,
lo spiritismo offre prove tangibili e scientifiche delle proprie tesi.

Quanto a ogni forma di spiritismo e di presunta comunicazio­


ne con i defunti, non posso fare a meno di segnalare una perico­
losissima - oltre che peccaminosa - tendenza che si nota anche in
ambienti cristiani.
Cito dalla rivista «Jesus»:

Curiosità e ricerca di esperienze «particolari»? Bisogno di consolazio­


ne di fronte a lutti improvvisi? Fascinazione per ciò che sta in quella zo­
na grigia che circonda il nostro sforzo d'immaginazione sull'aldilà? O
semplice scorciatoia per coloro che non reggono l'urto con i grandi pun­
ti interrogativi dell'esistenza? Sono difficilmente riconducibili a un uni­
co binario i motivi che spingono tanti italiani - e, tra questi, non pochi
cattolici - ad affacciarsi alla soglia dello spiritismo.39

Se ben ricordo, ho letto di pubblicazioni anche presso editrici


cattoliche dove si avalla l'idea che sia possibile comunicare, ad­
dirittura abitualmente, con determinate persone trapassate. An­

39 Andrea Gemma, Medium e pseudomessaggi, in «Jesus», n. 9, anno 2001, p. 46.


110 Io, vescovo esorcista

cor più meravigliato sono rimasto nell'apprendere, con nomi e


cognomi, interventi a ciò favorevoli di ministri sacri e religiosi.
Continua la suddetta rivista:

«Ma non esiste uno spiritismo cattolico» osserva Giuseppe Ferrari, vi­
cepresidente del GRis, il Gruppo di ricerca e informazione sulle sette, pre­
sente in un centinaio di diocesi italiane. Per chi ha perso una persona ca­
ra, «questi contatti sono una sorta di effetto-placebo ambiguo e illusorio.
Molti genitori ne escono con gravi problemi psicologici e depressivi.» E
la medianità «pesca in modo trasversale nell'ambito dell'ignoranza reli­
giosa», anche nel pianeta giovanile: secondo una recente inchiesta con­
dotta in Francia dal c n r s , circa la metà degli intervistati tra i 18 e i 24 an­
ni (di cultura medio-alta), ha ammesso di credere nello spiritismo e nel
possibile scambio con il mondo dei defunti... Il domenicano padre Mo­
reno Fiori, socio del Centro studi parapsicologici di Bologna, conferma:
«Lo spiritismo è una pratica non poco diffusa anche negli ambienti cri­
stiani». Che affascina «anche sacerdoti, religiose e suore», sottolinea Fer­
rari.^

Al riguardo riferisco alcune osservazioni dei vescovi della


Conferenza episcopale dell'Emilia Romagna:41

Già nell'Antico Testamento, Dio aveva proibito l'evocazione degli spi­


riti dei defunti (Dt 18,10-14; cfr. Es 22,17; Lv 19,31; 20,6.27). È molto noto
il racconto con cui il re Saul contro la sua stessa disposizione aveva volu­
to consultare una donna negromante (cfr. 1 Sant 28,3-24). Anche gli apo­
stoli mantengono questa proibizione nel Nuovo Testamento in quanto ri­
fiutano tutte le arti magiche {At 3,6-12; 16,16-18; 19,11-21).
Il Concilio Vaticano II, che raccomanda d'invocare le anime dei beati,
ricorda anche ripetutamente che il magistero della Chiesa si è dichiarato
contro ogni forma di evocazione degli spiriti (cfr. Lumen Gentium 49, n.
148; Enchiridion Vaticanum 1/419).
Nel Concilio Vaticano II, la commissione dottrinale spiegò quello che
si deve intendere con la parola «evocazione»; essa sarebbe qualsiasi me­
todo «con cui si cerca di provocare con tecniche umane una comunica­
zione sensibile con gli spiriti o le anime dei defunti per ottenere notizie
e diversi aiuti».42

40 Ibidem. .
41 La Chiesa e l'aldilà, 23 aprile 2000, pp. 9-10.
42 Cfr. Commissione Teologica Internazionale, Problemi attuali di escatologia, 16
novembre 1991, in Enchiridion Vaticanum 13/531.
Maghi, magie e dintorni 111

Anche il recente Catechismo della Chiesa Cattolica respinge revocazio­


ne degli spiriti dei morti tra le varie forme e figure designate normal­
mente sotto il nome di spiritismo, e in particolare contesta il ricorso ai
medium come «volontà di dominio sul tempo, sulla storia e infine sugli
uomini» (ccc, 2116), mentre la Nota pastorale della Conferenza episcopa­
le toscana parla dell'evocazione delle anime dei defunti come di una
«forma di alienazione dal presente e una mistificazione della fede nel­
l'aldilà» (Firenze, 15 aprile 1994).

A conclusione di questa ampia rassegna di fenomeni collegabili al­


l'occultismo, è utile e addirittura necessario tracciare delle conclusioni a
guida della nostra gente e offrire qualche criterio di valutazione per
orientarsi tra i tanti, strani, contraddittori fenomeni descritti, in partico­
lare per ciò che si è detto riguardo al mondo dell'occulto: che pensare di
veggenti, comunicazione con l'aldilà, incantesimi, angeli e spiriti, ecc...?
Anzitutto diciamo che è buona norma anche in questo come in ogni
campo, evitare i due atteggiamenti estremi: negare tutto o credere tutto:
• negare tutto è un atteggiamento irrazionale, assumendo il quale ci
si preclude qualunque possibilità di comprensione; una certa dose di
scetticismo di fronte alla babele del paranormale è doverosa, ma una to­
tale chiusura rende impossibile capire la complessità dei fenomeni;
• credere tutto è evidentemente altrettanto irrazionale, dato che mol­
ti di quei fenomeni sono tra loro in contraddizione, dunque, almeno per
questo, tutti veri non possono essere.
Dei fatti prodigiosi e apparentemente soprannaturali si possono dare
tre spiegazioni.
La prima possibile spiegazione è la frode: è quasi un primo filtro con
il quale si sgombrali campo da una buona parte dei fenomeni pseudo
soprannaturali. La credulità, anche tra i credenti, e il bisogno di «mira­
coli» di tanti nostri contemporanei ha fatto sì che le svariate pratiche
esoteriche siano divenute un affare quanto mai redditizio per molti im­
broglioni senza scrupoli: maghi, astrologò guaritori, fattucchieri, evo­
catori degli spiriti e guru di vario genere, approfittando dei bisogni di
tanti disperati, promettono favori d'ogni tipo in cambio di un lauto
compenso.
Ma non è solo la sete di guadagno il movente di tanti imbrogli: c'è
anche la volontà di dominio su psicologie fragili disposte a sottometter­
si incondizionatamente a una personalità carismatica; questo gusto per
il dominio, non di rado accompagnato da una autentica violenza psico­
logica, è tipico di numerosi maestri e santoni che propinano ai loro
adepti finti «miracoli» per ottenerne la più assoluta obbedienza, e con
questo metodo costituiscono delle comunità i cui membri sono pronti a
tutto pur di non perdere l'approvazione del caposcuola.
112 Io, vescovo esorcista

Ci sono singoli e organizzazioni che si dedicano a smascherare le fro­


di che si nascondono dietro tanti fenomeni solo apparentemente prodi­
giosi; per loro stessa ammissione, però, non si riesce sempre a spiegare
tutto, a trovare il «trucco»: alcuni fatti risultano davvero materialmente
inspiegabili.
Il secondo livello di spiegazione è quello della psicologia: dopo aver
eliminato una buona parte dei fenomeni apparentemente inspiegabili con
la semplicissima spiegazione delTinganno a scopo di frode, un'altra parte
del rimanente è certamente spiegabile con una attenta analisi psicologica.
La voglia di «credere», «vedere», «guarire» può produrre nell'adepto
gli effetti desiderati o almeno una apparenza di essi mediante l'autosug­
gestione; la paura di essere vittima di maledizioni e sortilegi crea un
malessere psicofisico autentico, come, di conseguenza, la convinzione
di essere stati «liberati» dal maleficio fa sentire bene...
Anche con la psicologia, però, non si può spiegare tutto: ci sono feno­
meni che non si possono facilmente incasellare secondo una qualche
teoria psicologica; succede così che in molti casi tali teorie si limitino a
descrivere i fenomeni piuttosto che spiegarli.
La terza possibilità di spiegazione è il preternaturaleA& Per quella par­
te di fenomeni non riconducibili alle due spiegazioni precedenti e sui
quali la scienza non è in grado di pronunciarsi, le religioni propongono
una terza possibile interpretazione di fronte alla quale anche la ragione
e la scienza, non oscurate da pregiudizi, non possono che restare aperte:
ci può essere un effettivo intervento di forze che si collocano al di là del­
la realtà materiale: gli angeli, gli spiriti...
È evidente che l'attribuzione di una causalità preternaturale a fenome­
ni pure realmente inspiegabili non è automatica, né di facile interpreta­
zione; ma d'altra parte non la si può pregiudizialmente escludere a priori.

Forse è opportuno, dopo questa rapida rassegna, tenendo pre­


senti le statistiche sopra riportate, richiamare una verità da me
stesso accennata nella mia lettera pastorale sopra riferita: più si
illanguidisce la fede, più si lasciano prendere da stanchezza i pa­
stori del popolo di Dio, più si trascura la fonte di acqua viva -
per usare un'espressione profetica - più si accede rapidamente
alle fonti inquinate, diciamo ai surrogati di Dio.
Maghi, magia e occultismo appartengono a questo settore.
Noi pastori dobbiamo tenerlo presente.

43 II termine «preternaturale» si usa per indicare ciò che va al di là delle realtà


terrene, ma sempre riconducibile all'azione di creature, magari angeliche, spiri­
tuali; mentre il termine «soprannaturale» è riservato a Dio.
Maghi, magie e dintorni 113

Quante volte nei miei quotidiani, spesso, faticosi, colloqui con


i sofferenti d'ogni genere, questa verità mi è balzata dinanzi:
«Perché queste cose non ce le hanno dette prima? Perché non ci
hanno messo in guardia con un'adeguata istruzione? Perché non
hanno preservato noi, gregge di Cristo, dalla devastazione di lu­
pi famelici?».
Ora è certo che in tempi di fede infiacchita, in tempi di secola­
rismo diffuso, il ricorso a fonti alternative è normale.
Ed ecco pertinenti osservazioni al riguardo.

L a s o c ie tà sec o l a r iz z a t a

L'insieme delle varie forme di non credenze, dall'indifferenza sino all'a­


teismo esplicito, determina nel mondo postmoderno quel clima cultura­
le e sociale che chiamiamo secolarizzazione: la nostra è senza dubbio
una società secolarizzata, dove, cioè, la dimensione religiosa ha sempre
meno spazio, quantitativamente e qualitativamente.
Anzitutto quantitativamente, poiché sempre più persone relegano ai
margini della propria vita il fatto religioso, e le istituzioni religiose tra­
dizionali vedono drasticamente diminuiti i loro fedeli.
Ma molto di più qualitativamente: è un processo di progressiva
emarginazione della religione dalla vita culturale, sociale e politica della
comunità umana. La religione cessa di essere una delle componenti
«normali» della vita familiare e sociale e viene relegata nel privato di
una minoranza ancora credente e praticante.
La secolarizzazione della nostra società è il frutto di un lungo e com­
plesso processo durato circa cinque secoli e sviluppatosi in tre tappe
fondamentali, tre «rivoluzioni» nel campo culturale e sociale, ma con ri­
svolti anche cruenti, che hanno portato alla progressiva trasformazione
del mondo cristiano antico, tradizionale, nella attuale società, appunto
postmoderna e secolarizzata.
La prima tappa è costituita dalla cosiddetta riforma protestante, che
in realtà dovrebbe essere chiamata più propriamente «rivoluzione» pro­
testante: ha comportato infatti una trasformazione di elementi sostan­
ziali, dottrinali e strutturali, e non solo una riforma di quelli disciplina-
ri, come era forse nel primo intento dei suoi fautori. È il primo grande
strappo con la tradizione precedente, la società cristiana medievale du­
rata circa mille anni, e consiste nel rifiuto del ruolo della istituzione
«Chiesa» come comunità terrena, ma contemporaneamente mediatrice
per l'incontro con il soprannaturale. Questo compito di mediazione vie­
ne escluso in modo che il rapporto dell'uomo con Cristo possa essere di­
retto, senza più bisogno di intermediari. Di fatto, il frutto di questo
114 Io, vescovo esorcista

strappo è la frammentazione dei credenti in tanti piccoli gruppi e l'in­


sorgere di un pregiudizio contro le istituzioni.
La seconda tappa è costituita dal pensiero illuminista, che sfocerà poi
nella rivoluzione francese. L'illuminismo apre la strada al rifiuto del cri­
stianesimo come religione rivelata; al centro c'è un Dio dai contorni va­
ghi e le varie religioni sono considerate tutti percorsi di valore equiva­
lente nel tentativo di mettersi in relazione con lui. In questo periodo
(XVIII e XIX secolo) nell'Occidente cristiano, inizia un processo di relati-
vizzazione della propria connotazione religiosa in favore di una pro­
gressiva apertura alle altre religioni, specialmente orientali, e all'occulti-
smo.
La terza tappa è costituita dalla rivoluzione marxista, che porta alle
estreme conseguenze i presupposti già contenuti nel pensiero illumini­
sta. Questa terza tappa, la più radicale, porta alla negazione di Dio e
della religione, considerati contrari al bene dell'uomo, e all'affermazio­
ne del più rigido materialismo. Il ruolo del marxismo in questo processo
di secolarizzazione consiste soprattutto nell'aver diffuso tra le masse
quel pregiudizio anti religioso, anzi anti cristiano, che fino ad allora era
rimasto prerogativa quasi esclusiva di ristretti circoli di intellettuali po­
sitivisti.
La quarta tappa, infine, è costituita dai fermenti giovanili degli anni
1960-1970. La contestazione nei confronti della società, della religione,
della scuola e della famiglia è la caratteristica dominante di quel movi­
mento, e la sintesi che esprime bene la radicale avversione per l'ordine
costituito e il totale rifiuto della tradizione da parte della generazione
coinvolta in quei fermenti. Quel periodo fu segnato fra l'altro dalla dif­
fusione di massa degli stupefacenti, dall'uso sfrenato della sessualità
come segno di liberazione dai vincoli morali, ma soprattutto dal rifiuto
della paternità in ogni sua forma, compresa la paternità di Dio.
Sbocco apparentemente inevitabile di questo processo doveva essere la
pressoché totale estinzione del sentimento religioso; in realtà, essere reli­
gioso è proprio della natura umana, cioè è un istinto naturale inscritto
nell'uomo, come l'istinto alla nutrizione o alla vita sociale. Ora è evidente
che, per quanto ci si sforzi di reprimerlo, un istinto radicato nella natura
umana sempre riemerge, finché in qualche modo non lo si appaghi.
La secolarizzazione è precisamente il tentativo esercitato dalla cultu­
ra dominante di «convincere» l'uomo contemporaneo che l'istinto reli­
gioso è assurdo, poiché l'oggetto verso il quale si porta, Dio, è inesisten­
te, e che quindi tale istinto è «sbagliato» e va represso.44

44 Potremmo stabilire, per assurdo, questo parallelo con il piano materiale: sa­
rebbe come spingere l'uomo a rinunciare al cibo, tentando di'convincerlo che l'i­
stinto alla nutrizione è assurdo, poiché non esistono veri e buoni alimenti!
Maghi, magie e dintorni 115

Il risultato di questa «repressione», come di ogni repressione, non


può che essere duplice: chi la subisce si convince che veramente il senso
religioso è un assurdo e tenta quindi, più o meno fruttuosamente, di
soffocarlo; chi a essa si ribella, invece, finisce facilmente per affermare la
posizione contraria nelle sue forme più esasperate.
Nel primo caso la secolarizzazione produce una specie di anoressia
spirituale, per cui l'uomo rifiuta ciò che gli è indispensabile per vivere e
si autodistrugge; nel secondo caso produce non solo la riaffermazione
della religione, ma una sua «esasperazione»; così la religione si trasfor­
ma nella religiosità alternativa delle sette e dei nuovi culti.
Come molti altri aspetti del mondo contemporaneo, anche la secola­
rizzazione ha un risvolto ambiguo: significa emarginazione della reli­
gione in senso tradizionale, ma anche fioritura sorprendente di nuovi
movimenti spiritualistici ed esoterici, i quali forniscono all'uomo con­
temporaneo la possibilità di appagare i propri bisogni spirituali in for­
me nuove e coinvolgenti.
In questo modo la secolarizzazione significa per alcuni il distacco
dalla religione, per altri la ricerca del sacro, in percorsi individuali e al­
ternativi, quindi una «disistituzionalizzazione»45 della religione.
H.G. Cox, noto profeta del declino della religione, pubblicava nel
1965 la sua opera La città secolare, nella quale prospettava come inelutta­
bile la fine della religione del mondo occidentale; ha dovuto invece rico­
noscere che in questi anni è avvenuto esattamente il contrario di ciò che
aveva previsto: nel suo successivo volume Fuoco dal cielo (1995) egli mo­
stra come siano il razionalismo e il materialismo a essere in via d'estin­
zione, e non la religiosità.

Questo capitolo può essere apparso un poco distante dall'as­


sunto delle mie pagine e forse anche un poco faticoso. Mi è parso
tuttavia utile riferire quanto potesse fare da supporto all'assunto
stesso, ossia una rapida elencazione di idee, movimenti, e loro
generi e loro fondatori.
Il tutto perché il lettore possa essere informato.

45 Potremmo tradurre questo termine col motto «credere a modo proprio», senza
sentirsi più vincolati a una comunità religiosa specifica; oppure con l'apparte­
nenza a una comunità nuova, minoritaria, in conflitto con la religione di mag­
gioranza; o ancora con il «fabbricarsi» una religiosità su misura secondo le prefe­
renze o le convenienze.
X
L'oscuro mondo del maleficio

So di affrontare una materia delicata.


Dinanzi a essa molti, anche del nostro ambiente, fanno dell'iro­
nia e del sarcasmo. Lo so. Con loro buona pace affermo, ormai ric­
co di un'esperienza che mai avrei creduto di fare, che il maleficio,
oltre a essere un gravissimo peccato per chi se ne rende autore, è il
più diffuso strumento di cui Satana si serve per nuocere all'uomo,
spesso ignorante e innocente, vittima designata di odio gratuito
che non saprei definire meglio che odio diabolico, il quale mentre
nulla giova a chi lo coltiva in se stesso - il demonio più volte ha
dovuto ammettere, sia pure fra i denti, che i suoi intermediari mal­
vagi avranno un inferno tutto speciale - può arrecare danni gra­
vissimi a chi ne è destinatario, ripeto, spesso ignaro e innocente.
Io sono ormai convinto che certi accadimenti luttuosi, spesso
misteriosi e inspiegabili per l'entità e la loro dinamica - penso al
suicidio della carissima Angela, una dolcissima creatura, che
aveva deciso di entrare in convento dopo la laurea - sono conse­
guenza di questa inqualificabile azione perversa - non ho più ag­
gettivi! - in cui demonio e uomini assatanati si accordano per
portare a segno le loro miserabili trame al solo scopo di nuocere e
di rovinare...
Ma l'inferno c'è - dico con l'indignazione che la sola evocazio­
ne di tali fatti suscita in me - ed è pronto il giudizio severissimo
di Dio su simili operatori di iniquità, avvolti di tenebra e di
omertà, asserviti al principe di questo mondo, di cui condivido­
no già qui, in terra, la condizione abominevole...
Come può essere in pace, con se stesso e con gli altri, chi si ab­
bassa a questi livelli infernali di malvagità?
L'oscuro mondo del maleficio 117

Parliamo dunque di maleficio. Con ripugnanza, ma parliamo­


ne. Se non altro per sapere a quali abissi di cattiveria può arriva­
re una creatura creata e destinata all'onore e alla gloria.
Prendo in prestito, anche qui, le parole di un caro amico che ne
parla in termini misurati e corretti, il padre Raul Salvucci, che gli
esorcisti ben conoscono.
Prima tuttavia sono andato a cercare alcune definizioni di tale
oscura realtà. In vero non sono molte. Eccone alcune.

Quando la magia danneggia il prossimo, con nome più proprio si


chiama maleficio.
La magia nera o diabolica, o semplicemente stregoneria, come abbia­
mo spiegato in precedenza, consiste in un occulto potere, che permette
al mago di ottenere effetti superiori all'efficienza dei mezzi realmente
adoperati.
Tale potere egli ha o crede di avere a sua disposizione permanente­
mente, ovvero solo nel tempo e per i casi in cui fa magia. Gli deriva poi
- o con certezza crede derivargli - non da Dio, né dalle forze naturali
note e ignote, ma dal demonio o comunque da un falso dio.
È precisamente in questa comunicazione con il demonio, reale o, co­
me più spesso avviene, presunta, l'elemento peccaminoso della magia.46

Ed ecco ora quanto scrive padre Salvucci:

Approfondiamo la conoscenza di questa diabolica realtà esaminan­


dola nei suoi quattro aspetti fondamentali.

L a r i c h ie s t a
Il maleficio viene fatto solo su richiesta. Ci deve essere una persona che
voglia colpire un'altra persona. Si reca dagli operatori e precisa: «Vo­
glio che sia colpita da una serie di malattie» «Voglio che gli affari gli
vadano a rotoli» «Voglio che lasci la sua ragazza per unirsi con me»
«Voglio che la sua famiglia sia distrutta» «Voglio che sia colpita a mor­
te» e simili.
Nel mondo della magia, esiste un colorito linguaggio dei modi con
cui operare il male:
• maleficio amatorio, che dà luogo a un intenso senso di attrattiva, di
amore o di odio verso una persona, a seconda che si vogliano legare due

46 Enciclopedia cattolica, Città del Vaticano, voi. VII, col. 1832.


118 lo, vescovo esorcista

persone in amore, o al contrario sciogliere un legame di amore già esi­


stente, come tra sposi o fidanzati;
• maleficio venefico, cioè velenoso, che ha lo scopo di avvelenare psi­
cologicamente la vita di una persona con una catena di sofferenze fisi­
che, danni morali e materiali;
• maleficio di legamento, che agisce, usando una similitudine umori­
stica, come la fasciatura entro cui sono avvolte le mummie egiziane: un
avvolgimento, che rende difficile il muoversi, l'operare, per qualsiasi
cosa si voglia fare.
È sorprendente come questo linguaggio si ritrovi nel Vangelo.
Luca racconta:
«Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato. C'e­
ra là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva infer­
ma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo. Gesù la vide, la
chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità, e le impose
le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio".» (Le 13,10-13)
Questo avvenne un giorno di sabato, rigorosamente dedicato al ripo­
so, perciò il capo della sinagoga fece una vibrata protesta alla quale Ge­
sù replicò:
«Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino
dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Àbra­
mo, che Satana ha tenuta legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da
questo legame in giorno di sabato?» (Le 13,15-16)
Il testo è così chiaro che stavo per scrivere che Gesù sfasciò una «fattu­
ra di legamento». Ma non l'ho fatto, perché le previsioni meteorologiche
sul nostro lavoro sono tutt'altro che incoraggianti, ed è meglio perciò es­
sere prudenti, cercando di evitare di irritare la pelle delicata di certi bibli­
sti moderni. Tuttavia è chiaro che in questo campo anche la terminologia
si tramanda di millennio in millennio, con buona pace della cultura mo­
derna che assicura i suoi dicendo che è solo roba da medioevo.
• Il maleficio di omeopatia o transfert. Consiste nel prendere un oggetto,
come la fotografia della persona o pupazzetti di creta, cera, stoffa e agire
su di essi infilzandoli con spilli, coltelli nei punti su cui si vuole colpire la
vittima. Il principio dell'omeopatia in questo caso è: quello che faccio su
questi oggetti avvenga sulla tua persona. Le persone colpite in genere
avvertono bene nel loro corpo la presenza di questi spilli invisibili. Ven­
gono naturalmente colpite le parti più delicate e sensibili al dolore, come
la testa, la spina dorsale e, nelle donne, gli organi genitali e il seno. Mi
disse un giorno una signora: «Mi sento il seno come una grattacacio».
• Maleficio di putrefazione. In questo caso il materiale fatturato si sep­
pellisce perché gradualmente vada in putrefazione, scatenando nella
persona designata una malattia che conduce a un deperimento progres­
sivo, fino alla morte.
L'oscuro mondo del maleficio 119

Le tecniche sono molto varie, ma il metodo di operare è sempre so­


stanzialmente identico. Si accorda il prezzo e l'operazione ha inizio.

L 'o g g e t t o

L'azione spirituale e invisibile delle forze del male che devono eseguire
tale commissione non può arrivare al soggetto se non per mezzo della
materia, cioè di un oggetto materiale. Questo è un punto fondamentale:
come non si può andare da Roma a Milano senza un mezzo di locomo­
zione, macchina-treno-aereo, così è impossibile che la maledizione ese­
guita nel laboratorio di magia colpisca la vittima senza che un oggetto
caricato di tale maledizione lo raggiunga.
Per intenderci meglio, ricordiamo le parole che Satana mi disse nel
primo esorcismo: «Cristo ha il suo regno, io il mio regno». I demoni
scimmiottano e ricalcano le vie del regno di Dio. Gesù ha stabilito di tra­
smetterci la grazia, che è una realtà spirituale invisibile che ci trasforma
e ci salva rendendoci figli di Dio, attraverso i sacramenti, ognuno dei
quali ha un segno visibile.
Il battesimo, il primo dono di grazia, si amministra con l'acqua: ele­
mento materiale che diviene veicolo delTinvisibile realtà spirituale per
cui diveniamo figli di Dio.
Dice monsignor Balducci:
«Come infatti Dio ha voluto legare la distribuzione della grazia e
quindi della nostra salvezza a dei segni sensibili, i sacramenti, così il de­
monio, scimmiottatore della divinità, fa dipendere da determinati ele­
menti sensibili il suo intervento per la rovina dell'uomo.»47
Quali materiali vengono usati per questo?
È quasi impossibile dirlo, tanto è ampio il ventaglio delle cose alle
quali ricorrono: sangue di animale essiccato, sangue di mestruazioni,
polveri di ossa di uomini o di animali, terra di camposanti, ritagli minu­
scoli di stola liturgica, erbe, foglie, rametti secchi, piume, fili di vario
spessore, pezzetti di legno, piccoli pezzi di carta con antichi brani di for­
mule magiche fotocopiate, ritagli di fotografie, pupetti o bare mortuarie
di cera, di stoffa o di creta; poi polveri, tante polveri in genere di colore
grigio che vengono diffuse su cuscini, zerbini, tappeti, bambole, anima­
li di peluche, o sopra gli architravi delle porte; macchie di sangue su ve­
stiti di spose, su lenzuola o su coperte; piccole croci su tende da finestre
o sui muri.
E scusate se ho dimenticato qualcosa.
Mi fu portato una volta un piccolo involucro ben sigillato, lo aprii

47 Corrado Balducci, Il diavolo, Piemme, Casale Monferrato 1994, p. 312.


120 lo, vescovo esorcista

con le forbici alla presenza degli interessati. Tra 1'altro vi trovai un rim-
piccolimento di cm 2x3 della foto di nozze dello sposo con la sposa, ai
quali il maleficio era diretto.
A volte si trova in casa o nelle vicinanze qualche feticcio molto visto­
so, che i romani chiamano «er papocchio». Questi strani oggetti di di­
mensioni molto visibili hanno lo scopo più che altro di intimidire.

L a f a tt u r a z io n e d e l l ' o g g e t t o

Con questo termine s'intende il modo con cui l'oggetto viene caricato
della potenza di fare del male.
Non è che si sappia molto dei particolari di questo rito. Si sa però con
certezza che ci sono dei veri «riti», cioè qualcosa come le liturgie che si
celebrano nelle nostre chiese, ma al negativo: invece di adorare e suppli­
care il Signore Dio, si adorano e si invocano gli spiriti del male.
Questi riti avvengono nelle case e negli uffici degli stregoni, che fan­
no preghiere e cerimonie, che si prolungano per diverse ore e per diver­
si giorni, fino a quando gli oggetti non si impregnano di una carica di
negatività, che potremmo chiamare, con termine improprio, una ra­
dioattività che poi agisce sul destinatario del maleficio.
Approfondiamo per il momento il senso di queste cerimonie e cer­
chiamo di capire perché Satana di questi riti è profondamente «ghiotto».
Il fatto che tanti uomini lo adorino come si adora Dio, che chiedano a lui
delle «grazie», che si affidino alla sua potenza e supplichino il suo inter­
vento, lo fa sentire per qualche momento un autentico rivale del vero
Dio, al quale si voleva sostituire con la sua ribellione e dal quale è stato
sprofondato nella totale disperazione.
La più grande soddisfazione che può gustare nella sua dannazione è
proprio quella di usurpare per sé l'adorazione dovuta al vero Dio. Fu
così sfacciato da chiederla anche a Gesù: «Tutto questo ti darò, se pro­
strandoti mi adorerai» (Mt 4,9). È come uno schiaffo che può dare a Dio
quando, non solo i fattucchieri ma anche le lunghe file di persone che
vanno da loro, si affidano con atti di culto e con sicura fiducia a lui,
snobbando «Colui» che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito per la loro salvezza» (Gv 3,16).
I riti debbono essere lunghi e durare parecchi giorni, perché anche lui
esige dai suoi ministri quello che il Signore suggerisce ai credenti, di
«chiedere con insistenza» (Le 11,8).

L ' o g g e t t o a c o n t a tt o c o n l a v it t im a

Qui la selva dantesca diventa ancora più scura, si direbbe che è come
andar di notte. Chi ha resistito fin qui, concedendoci una certa credibi­
lità, ora probabilmente cederà.
L'oscuro mondo del maleficio 121

Premetto che gli oggetti per poter agire debbono essere il più possibi­
le «fisicamente vicini» alla vittima designata. Va notata ima sottile diffe­
renza, sperimentata da moltissime persone che frequentano i maghi. In
genere questi danno una bustina di plastica, a volte chiamata «talisma­
no», che ingannevolmente dovrebbe liberarli da ogni male; agli uomini
prescrivono di portarla nel portafoglio, perché l'ha sempre a contatto
nella tasca dei pantaloni, alle donne dicono invece di appuntarla con
una spilla in uno degli indumenti intimi, perché la borsa a volte la por­
tano, a volte la lasciano e non sempre è fisicamente aderente a loro.
Una volta fissato questo punto, scatta la drammatica domanda: ma
come fanno a fare arrivare nelle case e addirittura dentro al corpo delle
persone il materiale preparato nei loro laboratori?
La testa e lo stomaco sono sempre i punti maggiormente colpiti perciò:
• oggetti strani e svariati si trovano spessissimo nei cuscini del letto,
sopra i quali si tiene appoggiata pesantemente la testa durante tutte le
notti. Così durante le ore del sonno il capo riceve il continuo martella­
mento di influssi malefici;
• allo stomaco si arriva facendo ingerire qualcosa di solido o liquido,
in genere di minuscole proporzioni che poi rimane stabilmente nello
stomaco stesso, per colpire dalTinterno tutto l'organismo.
Come dunque si arriva a questo?
Si sa che, quando possono, lo fanno attraverso persone interessate a
collaborare o per mezzo di manovalanza pagata. É facile, per esempio,
per far arrivare qualcosa allo stomaco, invitare a un pranzo la persona
che si vuole colpire od offrire bibite, pasticcini o anche regalare dolciu­
mi e cibi da consumare a casa.
Ma quando ciò non è possibile, l'operazione avviene per via preter­
naturale, cioè per opera degli spiriti stessi. Perché non sembri incredibi­
le, facciamo subito degli esempi.
Per ciò che riguarda i cuscini, riporto due casi paradigmatici.
Fui invitato da un parroco ad andare in una famiglia dove avveniva­
no fatti così strani, che ne stava parlando ampiamente anche la stampa.
La più colpita era una ragazza di circa quattordici anni. Tra le altre cose
chiesi che aprissero il cuscino sul quale dormiva: era fatto di ritagli del­
la plastica che serve per le imbottiture. I ritagli erano di sei o sette colori
diversi, un po' come le spugnette che si usano in cucina. Appena aperto
vidi che la sorella più grande allibì per quello che stava vedendo. Le
chiesi spiegazioni e mi disse: «questo cuscino l'ho preparato io poco
tempo fa: ho comperato alcuni metri di questa plastica, l'ho ritagliata
con le forbici e ci ho formato tutti e quattro i cuscini per la mia famiglia,
il colore naturalmente era unico». Aprimmo allora gli altri tre cuscini e i
ritagli erano tutti dello stesso color crema sporco, come normalmente è
questo tipo di prodotto. Chi poteva dunque umanamente cambiare in
122 Io, vescovo esorcista

tanti colori quei ritagli del primo cuscino che abbiamo aperto? È chiaro
che il colore di questa materia può essere dato solo al momento della
fabbricazione.
Più di una volta mi è stato riferito di un mago che va nelle case, indi­
ca sui materassi a molle un punto dove con un coltello si deve fare un
taglio di apertura. Lui si toglie la giacca, si rimbocca le maniche della ca­
micia fin sopra il gomito, infila la mano nuda tra le molle e da lì tira fuo­
ri una bambola o altri soggetti strani. È mai possibile, che senza alcun
segno esterno di lesione, qualcuno abbia potuto inserire oggetti di un
certo volume tra le molle del materasso?
Veniamo alle bevande o ai cibi ingeriti che rimangono nello stomaco.
Se è possibile in qualche modo averli fatti ingerire, come si può spiegare
che, contro ogni legge di natura che fa passare di volta in volta ciò che si
ingerisce dallo stomaco all'intestino, queste piccole porzioni di cibo o di
liquido una volta arrivate allo stomaco, vi rimangono ferme anche per
molti anni per compiere la loro azione malefica? Eppure chi vive dentro
questo ambiente non ha dubbi: questa lunghissima permanenza, anche
di anni, esiste e lo attestano continuamente le persone colpite basandosi
sulle loro sofferenze.
Il mondo degli spiriti è invisibile, quindi indimostrabile, ma gli og­
getti fatturati sono visibili e molti dei fatti che li riguardano non posso­
no avere spiegazioni umane. Dice un vecchio principio della filosofia
che «contro i fatti non valgono gli argomenti» e perciò qui o si ammette
l'opera di presenze invisibili, o si devono scioccamente negare i fatti
constatati.48

48 Raul Salvucci, op. cit., pp. 99-106.


XI
Una sedia vola in cattedrale

Dopo aver tratteggiato, sia pure a grandi linee, il quadro genera­


le e, diciamo pure, teorico, ossia biblico-teologico, della materia
che ci interessa, penso di dover passare a una parte, come dire?,
più esperienziale, informando chi mi legge, secondo la mia pro­
messa, su quanto è passato sotto i miei occhi e per le mie mani.
In realtà, già nelle pagine precedenti, appena mi si è offerta
l'occasione, ho riferito fatti, situazioni, azioni-reazioni della mia
battaglia contro il Maligno. Tomo ad assicurarvi che quanto rac­
conterò è la realtà da me constatata, anzi una parte di essa, senza
abbellimenti, senza gonfiature, senza coloriture. Tutto questo, si
sappia, non si può fare in una materia tanto sgradevole che, per
di più, coinvolge la sofferenza di tanti fratelli e sorelle, a cui, an­
che da queste pagine, voglio mandare l'espressione sincera della
mia affettuosa partecipazione.
Aggiungo ancora, anche se l'ho già scritto, che se i nomi sono
fittizi, i casi che li riguardano sono veri, verissimi.
Forse preludendo a questa parte... autobiografica del mio scrit­
to, debbo pregare il lettore di volersi ricordare, a ogni pagina, che
il sottoscritto, nella meravigliosa economia della salvezza, non è
stato e non è che un semplice strumento, offerto con semplicità al­
la bontà di Dio che ha dotato la sua Chiesa dei mezzi della salvez­
za e li ha messi nelle nostre mani indegne, perché, come sempre,
di qualunque risultato positivo si dia unicamente gloria a Dio.

Nella mia lettera pastorale numero quattordici, che il lettore


ormai conosce e neH'origine e nell'intento, annunciai che mi sarei
io stesso messo a capo di un gruppo di preghiera di liberazione,
124 Io, vescovo esorcista

cosa che invitavo a fare nella mia diocesi, come in realtà avviene
a tutt'oggi, per grazia di Dio e con ottimi frutti (ricordate: ho det­
to che se tali gruppi si instaurassero dappertutto, se se ne mettes­
sero a capo tutti i pastori della Chiesa, il potere del Maligno, per
sua confessione, sarebbe annullato. Eppure... Inutile ripetere il
rammarico per una realtà assai diversa, che potrebbe così facil­
mente essere corretta...).
Iniziai dunque in una cappella capiente di un istituto religioso
a guidare settimanalmente un gruppo di preghiera di liberazio­
ne. Avevo anche preparato all'uopo un ciclostilato che è diventa­
to poi un libro.49
Non so come, ben presto, la voce si sparse e la cappella di­
ventò sempre più piena, insufficiente addirittura a contenere i
partecipanti.
Si pregava, si cantava, si meditava la parola di Dio...
Subito, dai primi incontri, si verificò il caso di palese sofferen­
za di alcuni partecipanti, senza tuttavia espressioni esteriori rile­
vanti.
Decisi allora di trasferirmi in cattedrale.
Ogni venerdì sera alle otto si riempiva airinverosimile. Mera­
viglia dei locali, preoccupazione delle forze dell'ordine, traffico
tumultuoso, in quella ora, in una città che tutta Italia conosce co­
me la più tranquilla del Paese.
La meraviglia e i commenti cominciarono a crescere e a divul­
garsi allorché durante l'incontro iniziarono a verificarsi le reazio­
ni scomposte che tutti gli esorcisti conoscono.
Avvisai i partecipanti che non era il caso di preoccuparsi. Il fe­
nomeno tuttavia crebbe a dismisura.
Una sera, poco dopo l'inizio della nostra preghiera, alla mia de­
stra una sedia fu scaraventata in aria e attraversò tutta l'area anti­
stante l'altare maggiore, dinanzi al quale io mi trovavo per guida­
re la preghiera. La sedia andò a cadere dalla parte opposta del
transetto, senza alcuna conseguenza, se non un po' di rumore.
A mano a mano che procedevamo neH'esperienza cresceva la
folla dei partecipanti, alcuni dei quali provenienti da molto lon­
tano. Si moltiplicavano anche i casi di reazioni violente di fratelli
sofferenti sottoposti all'azione del Maligno.

49 Andrea Gemma, Il Signore ti libererà, cit.


Una sedia vola in cattedrale 125

Decisi che questi ultimi, anche per il rispetto loro dovuto, fos­
sero trasferiti in sacrestia, vietando l'accesso ai soliti curiosi. Av­
veniva così che, dopo la conclusione della preghiera, congedata
la folla, mi dedicassi personalmente, cosa che facevano durante
la preghiera altri sacerdoti da me incaricati, a questi fratelli più
tribolati. Ne provavo una pena infinita, anche perché erano i pri­
mi casi che mi si presentavano così bruscamente.
In quella sacrestia, cominciai allora a compiere il mio ministe­
ro di esorcista, con grandi reazioni dei sofferenti, che reagivano
assai scompostamente.
M'accorgevo che il Maligno, proprio come avevo presentito
nello scrivere la lettera pastorale, dimostrava ormai senza più ri­
tegno la sua rabbia per essere stato scoperto.
Intanto, in una città piccola come la mia Isernia, gli avvenimen­
ti del venerdì sera suscitavano sempre maggiore interesse: in al­
cuni organi di stampa scalpore, in molti scettici ironia e sarcasmo.
Intanto, posso dire di aver avuto la soddisfazione di vedere, in
quelle serate movimentate e, soprattutto, nel dopo preghiera, os­
sia negli esorcismi compiuti su chi dimostrava assai palesemente
di averne assoluto bisogno, dei testimoni, medici e psichiatri, a
cui non ho mai chiesto giudizio, che mal nascondevano il loro
sincero imbarazzo nel trovarsi di fronte a una realtà così lontana
dal loro convincimento e dalla loro mentalità positivistica.
Ricordo bene che in una di quelle serate movimentate, specie
nel dopo preghiera, dopo aver ottenuto che una poveretta, la più
tribolata di tutti, ritornasse alla calma e fosse lasciata libera dallo
Spirito che la faceva sproloquiare e le alterava visibilmente linea­
menti e voce, mi rivolsi al medico psichiatra che avevo accanto e
gli sussurrai, non senza una punta di tono di sfida: «Vede, dotto­
re, come adesso questa creatura è bella, della sua bellezza natura­
le, col colorito naturale, insomma, è tornata veramente se stessa,
mentre prima, come lei ha visto, era di ben altro aspetto...».
Nessuna risposta, naturalmente...
La folla cresceva di settimana in settimana. E qui, come allora
mi capitò di pensare, non posso fare a meno di fare una riflessio­
ne. Perché tanta gente? Perché alcuni, anzi tanti, venivano da
tanto lontano?
E la risposta che ora, come allora, mi sale dal cuore alla penna
è la parola di Gesù nel Vangelo: «Sento compassione di questa
folla, che è come un gregge senza pastore...» {Mt 9,36)
126 Io, vescovo esorcista

La cosa durò per qualche mese. Cresceva la folla, crescevano i


casi di reazioni violente. E crescevano anche i commenti malevo­
li e sarcastici (il demonio come è contento di questi pennaioli
sprovveduti che sanno intingere la loro penna solo in materiale...
fognario o, quanto meno, nella cattiveria e nel pregiudizio...!).
Decisi allora di sospendere l'esperienza, non tanto per dare ra­
gione ai commentatori idioti, quanto per salvaguardare la perso­
na e lo spirito di quei sofferenti, ai quali dissi che li avrei volen­
tieri incontrati privatamente nella cappella del mio episcopio,
come accade tuttora...
La chiusura dell'esperimento in cattedrale - del che molti fe­
deli e molti frequentatori mi rimproverarono aspramente e non
senza ragione - mi fu facilitata dalla consapevolezza che almeno
tre sacerdoti nella mia diocesi erano pronti a continuare l'espe­
rienza, come avviene tuttora.
Fu proprio l'esperienza di questi incontri di «preghiera di libe­
razione» che aprì per me la strada agli esorcismi veri e propri fat­
ti nella riservatezza che li sottrae agli occhi dei curiosi e mette al
riparo i fratelli sofferenti dalle offese alla loro persona, cosa che
non fa il Maligno quando li maltratta, li deturpa, li fa soffrire, li
domina e li fa agire contro ogni decenza.
Fu l'esperienza di questi gruppi che ha fatto comprendere al­
cune cose che per me sono altrettanti punti fermi. Li enumero:
• la preghiera, specie fatta in gruppo e presieduta dal ministro
sacro, meglio se dal vescovo in persona, è di una efficacia straor­
dinaria;
• la sola preghiera, fatta con intenzione di ottenere liberazione
e guarigione, è sufficiente a stanare il Maligno che normalmente
ama nascondersi. Durante la preghiera, specie se è insistente e
mirata, egli non resiste a lungo nel suo furbesco silenzio ed è co­
stretto a manifestarsi.
Ciò dimostra abbondantemente la caratteristica diagnostica
della preghiera, specie dell'esorcismo, per cui è semplicemente
erroneo e contrario a ogni esperienza esigere che, prima di fare
l'esorcismo, si appuri con cura la realtà dell'intervento del Mali­
gno. Come? Domando subito. Se è vero che solo con la preghiera
si riesce a stanare il demonio dal suo silenzio di comodo?
Nei miei esorcismi, che comincio sempre con la recita del rosa­
rio, spesso non arrivo al termine della prima decina, e già mi trovo
il fratello o la sorella in stato di possessione. In altri casi basta che
Una sedia vola in cattedrale 127

entrino nella mia cappella, anzi basta che varchino la soglia del
mio episcopio, per dimostrarsi chiaramente in preda al Maligno...
E allora che bisogno c'è di processi e diagnosi preventive e poi
fatte da chi?...
Del resto se Tesorcismo è una preghiera, chi può in qualunque
caso, in qualunque situazione impedire che si preghi e si preghi
contro la nefasta azione del Maligno? E non diciamo questo ogni
qualvolta recitiamo il Padre nostro?

Ultimamente, quasi per far tacere la nostalgia che ho di quelle


prime esperienze e per far piacere ai miei presbiteri, vado io là
dove si fanno questi incontri con tutti gli... ingredienti e le reazio­
ni che sopra ho descritto.
È una conferma. Della quale peraltro non ho affatto bisogno.
XII
Un sabato santo memorabile

Una delle cose che mettono a dura prova la nostra fede e anche il
nostro ministero, a proposito della materia che stiamo trattando,
è il risultato nel tempo dei nostri interventi. Spiego. Non si può
non domandare perché, nella nostra lotta contro il Maligno con
l'impiego dei mezzi potentissimi che Gesù ha lasciato alla sua
Chiesa, questi ultimi, in alcuni casi, ottengono il risultato deside­
rato in breve tempo, mentre in altri permettono che la tribolazio­
ne dei fratelli che a noi ricorrono sembri non aver mai fine. An­
che a questa domanda, come a quelle precedenti, non so dare
altra risposta che la solita: «Perché Dio così vuole, così permette
per i suoi altissimi fini...». E questi fini - ce lo dice la fede - sono
indubitabilmente l'utilità spirituale e dell'esorcizzato che, ben
istruito, impara a trasformare in offerta sacrificale la sua soffe­
renza, e dell'esorcista che resta umile nella convinzione di essere
un semplice e povero strumento.
Ho così fatto sapere a chi legge che in questa lotta, che da sem­
pre la Chiesa ingaggia contro la potenza delle tenebre, uno solo è
il risultato certo: quello finale, quando il drago infernale sarà de­
finitivamente scaraventato nell'inferno e Cristo sarà tutto in tutti,
coronato della sua gloria di Redentore.
Nel frattempo, la lotta suddetta si presenta diversa, caso per
caso, e nel suo svolgersi e, soprattutto, nel suo risultato, sia enti-
tativo sia cronologico.
Così è successo a me: in un caso di possessione, mi è bastato
sollevare la mano in senso imperativo verso il fratello sofferente
per ottenere l'immediata liberazione.
Ero tranquillo - ricordo - nel mio studio, allorché vengo chia-
Un sabato santo memorabile 129

mato d'urgenza da grida concitate: «Venga in cattedrale subito.


C'è colà, in sacrestia, un invasato che sta mettendo scompiglio...».
Accorro immediatamente, pregando.
Apro la porta che dall'esterno immette nella sacrestia. Scorgo il
disgraziato, che con gli occhi sbarrati e con gesti scomposti corre
qua e là... alzo immediatamente verso di lui la mano destra, pron­
to a pronunciare una preghiera. Non ce n'è stato bisogno. Come
un pallone sgonfiato d'improvviso l'invasato diventa un agnelli­
no, corre verso di me, mi butta le braccia al collo e grida: «Sono li­
bero!». Mi ringrazia ed esce tranquillo dalla mia cattedrale.
Come non ringraziare il buon Dio di un risultato così evidente
e così subitaneo?
Una simile esperienza non si è più ripetuta. Lo dico a mia umi­
liazione.
Forse il Signore permise quella liberazione subitanea o perché
il fratello sofferente lo meritava, o perché Dio, con quell'atto di
straordinaria potenza, voleva incoraggiarmi nella via intrapresa.
Io l'ho sempre intesa in questa seconda ipotesi.
Resta comunque accertato: ciò che in quel caso ottenni in pochi
istanti, in altri casi non riesco a ottenerlo dopo diversi anni di
preghiera e di esorcismi. Perché, mio Dio?
Tu lo sai, e ciò mi basta.

Ora posso raccontare la bella avventura di Lino, che ebbe la sua


gioiosa conclusione in un sabato santo, per me indimenticabile.
Lino era venuto da me all'inizio della Quaresima, accompa­
gnato dai suoi genitori, di cui era figlio unico. Provenivano dal
Nord Italia e, avendo avuto notizia di me, avevano deciso di sta­
bilirsi per alcun tempo a Isemia, onde potermi frequentare quasi
quotidianamente.
Al primo esorcismo, il caso si dimostrò difficile e impegnativo,
anche per la robusta corporatura di Lino che, durante l'esorci­
smo, doveva essere trattenuto da più persone ben forzute.
I suoi genitori mi dissero che tutto era malauguratamente co­
minciato allorché il loro figlio era stato costretto a partecipare a
una seduta spiritica.
Mi mostrarono anche una strana fotografia nella quale, dietro
Lino, appariva una figura dai contorni nitidi, orribile secondo le
più tradizionali rappresentazioni dello spirito del male.
Mi colpirono immediatamente, al primo esorcismo, oltre alle
130 Jo, vescovo esorcista

reazioni violente del ragazzo, il suo stranissimo modo di parlare,


per me assolutamente incomprensibile.
Sapevo e so che uno dei segni più ripetuti a riprova della pre­
senza diabolica è il fatto che il posseduto parli in lingue a lui nor­
malmente sconosciute (ho fatto più volte esperienza del fatto,
dialogando, in casi di possessione con persone sicuramente in­
dotte, in latino e ottenendo risposte pertinenti...).
Lino, dunque, aveva un linguaggio assolutamente per me in­
comprensibile e per di più pronunciato in maniera così rapida e
sicura dà escludere ogni possibilità di decifrazione.
I genitori di lui mi prevennero immediatamente, avendo assi­
stito agli esorcismi fatti sul loro figlio in precedenza: «Guardi che
Lino, quando è sotto il potere dello Spirito, parla pronunciando
le parole in senso inverso, come se leggesse, scritto, da destra a
sinistra...». E infatti essi riuscivano, mettendo un poco di atten­
zione, a capire il senso di qualche frase.
Cominciai anch'io con molta fatica a fare lo stesso esercizio e
riuscivo a capire qualche frase. Per esempio ascoltando dalla boc­
ca di Lino l'espressione «annodam», capii che voleva dire per noi
«madonna». Si provi ora a costruire un'intera frase e a leggere le
singole parole alla rovescia con scioltissima celerità e si avrà la ri­
prova di un giochetto, abbastanza stupido, ma impraticabile per
una persona normale.
Fu la prima sorpresa che il mio ministero di esorcista mi fece
toccare con mano: non solo la stupidità, ma anche l'abilità stupe­
facente del demonio, quando vuole incutere paura come faccia­
mo noi con i fantocci spaventapasseri.
Gli esorcismi duravano parecchie ore, con molta fatica per me
e per coloro che avevo convocato in aiuto per reggere e trattenere
Lino.
Dalle sedute quasi quotidiane - proprio per sfruttare al meglio
la... costosa vacanza che quei poveri genitori si erano concessa -
uscivo assai affaticato.
Durarono per un'intera quaresima.
II giorno di sabato santo, in mattinata, facemmo l'ennesimo
esorcismo. A un certo punto mi accorsi che Lino stringeva in ma­
no possentemente una stella massonica e invocava qualcosa...
Donde avesse preso quell'oggetto satanico non seppi, né mi
preoccupai di domandarlo.
Lino era steso supino sul pavimento della mia cappella. I geni­
Un sabato santo memorabile 131

tori pregavano sommessamente. I miei aiutanti lo tenevano fer­


mo mentre si dimenava. Non c'era verso di fargli aprire quel pu­
gno per portargli via quell'orribile oggetto. Alla fine, dopo ripe­
tuti sforzi e incessanti preghiere, quella mano si aprì. L'oggetto
cadde a terra e... «Ora debbo andarmene» si udì dalla bocca di
Lino.
Era libero.
E fu per me e per tutti una bellissima vigilia di Pasqua. Indi­
menticabile.
Lino oggi sta bene, anche se nel frattempo ha perduto il padre
e vive insieme alla madre. La cattiveria degli uomini continua a
farli soffrire entrambi, tanto che, nel ricordo di quella Pasqua di
liberazione, egli continua a mantenere contatti con colui che fu
umile strumento della vittoria di Dio sul Maligno.
XIII
Anche il demonio piange

Serena è tornata da me di recente. Completamente cambiata da


quando mi era stata condotta diversi anni or sono. Mi diceva la
sua gioia di essere diventata madre, sia pure dopo una gravidan­
za travagliata, e mi mostrava con orgoglio evidente il suo uomo,
robusto e slanciato, a differenza di lei rimasta sempre la donna
che avevo conosciuta la prima volta, fine e dai lineamenti delica­
ti, con fare riservato e timido.
Era con lei la madre, che l'accompagnò anche l'ultima volta,
con ben altro animo di quello con cui me la condusse, anni or so­
no, la prima volta.
Serena aveva dietro di sé una brutta storia di famiglia che la
madre mi aveva raccontato nei dettagli. Fu facile capire che quel­
la ragazza mingherlina e dolcissima era la vittima designata di
un piano perverso che la perseguitava e la faceva soffrire, una
preda ambita per colui che è il male personificato e fa il male so­
prattutto in odio a quel Dio che ama gli innocenti, i piccoli, i de­
boli, le vittime della umana cattiveria che non ha limiti e che
chiama in causa - lo abbiamo detto - la perversità del principe
delle tenebre.
Serena era una di queste vittime.
Dire che mi fece immediatamente una pena infinita è dire po­
co: la collocai subito nelle mie preghiere e cominciai su di lei il
mio ministero di esorcista.
In diverse sedute, mentre la madre la contemplava con me
sempre più angosciata e in lacrime si volgeva al tabernacolo del­
la mia cappella, Serena restava impassibile e immobile, direi sta­
tuaria, con gli occhi cocciutamente bassi, le palpebre socchiuse e
Anche il demonio piange 133

pareva subire passivamente il nostro movimento intorno a lei. In


alcuni momenti, interrompeva le mie preghiere, ridendo spaval­
da e dicendomi, quasi a significare l'inutilità del mio intervento:
«Non t'accorgi che sono pazza?».
Già questo darmi del tu cominciò a mettermi in sospetto.
Continuò il pellegrinaggio - venivano di lontano - di lei e del­
la madre. Per diverse settimane nessun risultato evidente. Ogni
tanto quella frase buttata lì con sogghigno che mal si conciliava
con i lineamenti dolcissimi di Serena.
In altra occasione la frase suddetta si mutò stranamente in
quest'altra: «Ma non vedi che è pazza?». Quel parlare in terza
persona fu la prima avvisaglia di quella che doveva apparirmi
come realtà. Non era Serena a parlare, ma colui che sciagurata­
mente la teneva in possesso.
E costui in una delle sedute di esorcismo venne finalmente
fuori, allo scoperto. La preghiera lo aveva stanato. È sempre così,
si sappia. Il demonio può resistere per un poco, può fingere di
non esserci, può nascondersi accuratamente, ma alla forza della
preghiera non può resistere a lungo. E si scoprì... senza molto
strepito, in verità. Serena rimaneva immobile, seduta, occhi quasi
chiusi, ma i suoi lineamenti non erano suoi e quello che diceva
non proveniva da lei: frasi di ordinaria amministrazione dello
spirito stanato dalla preghiera, frasi a cui l'esorcista non dà peso
perché le conosce e quasi le anticipa.
Lo stato fisico di Serena - lo vedevo riflesso nell'angustia della
madre - era tale da far pietà.
Il suo culmine stupefacente si ebbe in una seduta successiva,
allorché, d'improvviso, scoppiò in un irrefrenabile pianto con­
vulso.
Era la prima volta che assistevo al... pianto dello spavaldo
principe delle tenebre. Sì, piangeva a dirotto, servendosi degli
occhi bellissimi di Serena e irrorando le sue gote smunte di lacri­
me cocenti.
Rimasi interdetto, colmo di stupore.
«Perché piangi?» chiesi imperiosamente con la consapevolez­
za del mio potere ministeriale.
«Perché piangi?» insistetti.
La risposta fu un interrogativo, espresso con voce rotta dai sin­
ghiozzi: «Perché a voi sì e a noi no?».
Sulle prime non comprendemmo.
134 Io, vescovo esorcista

Allora insistetti nelle domande. Volevo capire.


E a stento, con infinita riluttanza, chi possedeva Serena disse la
verità, sconvolgente in se stessa, sorprendente per me: «Perché a voi
uomini è stato concesso di poter pentirvi e salvarvi e a noi no...!».
Era la prima volta - confesso - che il mistero della redenzione e
della nostra salvezza mi appariva nella sua sconfinata grandezza.
Mi vennero in mente le parole della Lettera agli Ebrei:

Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Àbramo
si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli per di­
ventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che ri­
guardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. (Eb 2,16-17)

Non risposi più a quel pianto dirotto. Mi volsi al tabernacolo


santo e gridai: «Grazie, mio Dio! Grazie, Salvatore nostro!».
Dunque anche il demonio piange, tardivamente e paradossal­
mente, anche se si sa che ama fare lo spavaldo, il vittorioso. Pian­
ge perché per lui e la schiera degli angeli ribelli non ci fu possibili­
tà di redenzione, mentre c'è misericordiosamente per noi, poveri
figli di Adamo.
La teologia, infatti, spiega questo diverso trattamento. L'intel­
ligenza dell'angelo, a differenza di quella dell'uomo, procede per
intuizione, cioè coglie con un unico atto conoscitivo il valore del
Bene rifiutato e della condanna conseguente, per questo Lucifero
e i suoi angeli sono condannati inevitabilmente poiché non pos­
sono, diciamo così, cambiare idea, non possono pentirsi ed essere
perdonati: non difetta la misericordia di Dio, ma è inevitabile l'o­
stinazione del diavolo. Lucifero e gli altri spiriti creati nella gloria
erano dotati di assai più vivida intelligenza della nostra. La loro
ribellione, dunque, fu assai più grave di quella di Adamo, tentato
e lusingato dal serpente. La realtà comunque è questa, sulla qua­
le non finiremo di meditare, di adorare, di ringraziare: quella mi­
sericordia che fu negata agli angeli ribelli è continuamente a di­
sposizione degli uomini, anche del più malvagio, perché si penta
e tomi alla casa del Padre.
Questa incontrovertibile verità della nostra fede costituisce l'e­
terno incommensurabile cruccio degli abitatori di quell'inferno
che fu creato per loro. Dio infatti - è detto nella Scrittura - creò
solo cose buone.
La cattiveria delle sue creature più belle e più dotate lo «costrin­
Anche il demonio piange 135

se» a creare la cosa più orribile, l'inferno. Così è! Satana e i suoi lo


sanno. Ne sperimentano l'indicibile sofferenza e ne piangono.
Sì, anche il demonio piange: ha perduto la cosa più bella, la
ricchezza più grande: l'amore di Dio, di cui pure aveva speri­
mentato la gratuità e l'immensa grandezza.

Quel pianto di Serena, da cui rimasi salutarmente sconvolto,


scosse in bene la mia fede, mi fece misurare meglio la fortuna che
è nostra, di noi poveri peccatori, ma «perseguitati» della miseri­
cordia di Dio e da questa continuamente rigenerati alla grazia,
alla gloria, alla felicità.
Il demonio piange. Piange per i doni perduti che non rivedrà
mai più e per l'impossibilità eterna di essere perdonato per le sue
colpe.
Qui riaffiora in tutta la sua incommensurabile entità quel mi­
stero di iniquità che accecò gli angeli all'alba della creazione, che
tenta di accecare noi poveri uomini, sempre sottoposti alla tenta­
zione di farci come Dio, ossia legge a noi stessi, superbamente,
ingannati e abbagliati da falsi miraggi di gloria effimera. È quan­
to il demonio tenta continuamente di fare contro di noi. Molti ab­
boccano, purtroppo. Lui lo sa. Non ne gode, non può goderne,
ma continua ad agire in tal senso.
E continua a piangere.
Piangerà per tutta l'eternità, come quella volta, indimenticabi­
le, che pianse dinanzi a me, umile ministro di Dio, con gli occhi
bellissimi e puri di Serena.
Ora Serena, sposa e madre felice, benedice con me Dio inces­
santemente. Benedice anche quel pianto, per lei inconscio, da cui
è scaturito per il suo oppressore nuovo scorno, per lei la gioia
della salvezza ritrovata.
XIV
Pasqualino cammina

Questa bella storia è venuta fuori, stranamente, da poco tempo e


ha fatto la sua comparsa sulla stampa anche nazionale. Non mi è
dispiaciuto, stavolta! Qualcosa di buono fa bene tra la colluvie
di brutte notizie che ci aduggia quotidianamente e più volte al
giorno.
La bella storia data ad alcuni anni or sono, almeno sei, ed è
una consolante storia vera che mi commuove ancor oggi. È per
questo che ho lasciato anche il nome vero di colui che ne è prota­
gonista e che mi piacerebbe rivedere oggi - sarà un bel giovanot­
to - per rivivere la gioia di quel giorno...
Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto dico come è venuta fuori la notizia, dopo tanto
tempo.
Mi telefona un giornalista e mi fa sapere che navigando su In­
ternet - ormai è il mestiere di tutti, anche dei perdigiorno - ha
letto, non mi ha specificato in quale «sito», la storia di un adole­
scente che non aveva l'uso delle gambe e che, dopo aver ricevuto
diverse benedizioni, un bel giorno, dopo un mio pellegrinaggio
alla roccia di Beipasso, presso Catania, dove si dice che sia appar­
sa la Madonna a un bravo giovane, aH'improvviso ha ripreso
perfettamente l'uso degli arti inferiori.
«È vera questa storia?» mi chiede il giornalista.
«Certo che è vera!» rispondo immediatamente.
«La posso divulgare?» insiste.
«Ma è un fatto di diversi anni or sono...» obietto.
«Non importa» continua il giornalista «il bene fa sempre bene...»
«E allora pubblichi pure» gli dico alla fine, abbassando la cor­
Pasqualino cammina 137

netta del telefono e recuperando nella memoria l'origine di quel­


la comparsa su Internet di una notizia abbastanza riservata.
Poi mi sovvengo. L'arcivescovo di Catania, mio amico, dopo
avermi sentito raccontare la storia di Pasqualino, mi chiese di
dargliene testimonianza per iscritto ai fini di una divulgazione
sul foglietto informativo edito dai custodi della roccia di Beipas­
so, cosa che feci volentieri, senza poi sapere se e come la mia te­
stimonianza fosse stata divulgata.
Ora l'hanno saputa tutti la bella storia e il sottoscritto, nono­
stante abbia ripetuto a tutti che egli non c'entra, rischia di passa­
re per... taumaturgo.
Miracolosa semmai è la preghiera, come non mi stanco di ripe­
tere continuamente a tutti. Miracoloso, come documentano tutti i
santuari mariani, è l'intervento di Maria, l'eterna nemica di Sata­
na, l'ausiliatrice dei cristiani, la madre potente.
È la Madonna, da me invocata con ardore quella sera presso la
roccia di Beipasso, che ha voluto bene a Pasqualino e ha messo fi­
ne, dopo anni, a un incredibile storia di sofferenze per lui e per la
sua famiglia.

Me lo avevano portato un giorno, tredicenne, trasportato a


stento su una sedia da due robusti uomini, accompagnato dalla
mamma, al limite della disperazione per quel figlio così bello, co­
sì sano - sì, a detta di tutti i medici che l'avevano tante volte visi­
tato - che non riusciva a camminare da solo.
Mi feci raccontare i precedenti: un calvario iniziato diversi an­
ni prima, anzi da quando quel figlio le palpitava in grembo. Una
storia di sofferenze molteplici, di manifestazioni dolorose le più
svariate che toccavano il corpo di quel figlio e lo sfiguravano.
Mi aveva detto, la mamma, che a un certo momento a quella
creatura era cresciuta a dismisura la pancia ed era diventata così
consistente da apparire di pietra. «Pensi» aggiunse per convincer­
mi «noi ci sedevamo su quel corpicino sfigurato e quel pancione
era resistente come un blocco marmoreo. Tanto che» continuava a
dirmi quella madre così addolorata «un gruppo di medici decise
di vederci chiaro.» (!) Ahimè, direi col poeta, «vedi giudizio uma­
no come spesso erra».
Lo squartarono in sala operatoria...
Non emerse nulla di fisiologico, naturalmente. Tutto all'inter­
no di quel piccolo corpo era normalissimo. Cocente e ben merita­
138 Io, vescovo esorcista

ta delusione dei medici, che, alla fine, pure se troppo tardi, am­
misero di non capirci nulla; quindi, di non poterci fare nulla.
Si trattava - avete capito - dell'ennesimo crudele maleficio di cui
era stata vittima quella madre insieme al frutto del suo grembo. Di
questo legame tra madre e figlio mi accorsi ben presto, quando pre­
gavo su quella creatura che mi portavano di peso, la prima a reagi­
re con inspiegabili segni dolorosi era proprio la madre.
Non c'era bisogno di altra spiegazione. Non c'era bisogno di
altre peregrinazioni presso luminari della scienza medica. Si do­
veva solamente continuare a pregare.
Ce ne convincemmo tutti. E cominciavamo a sperare, quella
madre e io. Avevamo trovato l'unico rimedio efficace.
Me lo portavano allora ogni settimana, dopo un viaggio per
niente facile. Tanto più che arrivati alla soglia della mia casa, si
produceva, ogni volta più evidente, un altro fenomeno strano,
dopo la storia del pancione: il ragazzo cresceva incredibilmente
di peso, all'inverosimile, quasi ci fosse una perversa volontà di
non farlo arrivare presso di me.
Una volta portato davanti a me - ricordo ancora la faccia puli­
ta e profondamente mesta di quel ragazzo a cui era impedito di
fare quanto fanno tutti i suoi coetanei - , il ragazzo prendeva l'at­
teggiamento di una statua, immobile e pesante. Sì, incredibil­
mente pesante. Tentavamo di sollevargli da terra prima l'una e
poi l'altra gamba. Invano! Sembrava fossero diventate di marmo,
o sormontate da un masso o incollate sul pavimento.
Così per diverso tempo, dolorosamente.
Ma dal primo incontro con quel ragazzo, il suo nome era conti­
nuamente nella mia preghiera. Tanto più fervorosa in quanto
sembrava che chi lo tormentava volesse beffardamente dimostra­
re che non c'era nulla da fare e che le nostre preghiere andavano
a vuoto.
A sospingerci verso questa sfiducia intervenne un altro fatto
strano, ancor più grave. Non solo non si verificava alcun miglio­
ramento quanto all'uso delle gambe. Nelle ultime visite al mio
episcopio s'era verificato un altro incredibile fenomeno: Pasquali­
no aveva perso, o almeno davanti a me perdeva anche l'uso delle
braccia. Gli cadevano come inerti e pesanti lungo i fianchi, senza
che potesse fare con esse alcun movimento. Non erano tuttavia
pesanti come le gambe. Riuscii quindi a stento a guidare, soste­
nendola, la sua destra perché facesse il segno della croce.
Pasqualino cammina 139

Si può immaginare lo stato d'animo di quella mamma e degli


altri che accompagnavano il paziente nelle visite ripetute - con il
viaggio disagevole - che non solo sembravano inutili, ma addi­
rittura peggiorative della situazione.
(Infernale perversa astuzia del Maligno! Guai a lasciarsene in­
gannare...)
Soffrivo io stesso per quel ragazzo, per quella mamma. Ma,
aggrappandomi alla fede, cercavo di inculcare a me e ai miei
amici fiducia e speranza.
E avvenne così anche quella sera. Non ricordo con precisione
la data, che dovrei andare a ripescare nel mio diario.
Ero in Sicilia, presso il Santuario della Madonna della Conso­
lazione a Paterno (Catania). Ero stato invitato, come altra volta,
per una predicazione.
Avevo concluso. La sera stessa sarei ripartito per la mia sede
episcopale. Secondo una mia abitudine, tuttavia, chiesi di essere
condotto, prima di raggiungere l'aeroporto di Catania, alla roccia
di Beipasso. Amici affettuosi si offrirono ad accompagnarmi in
automobile.
Raggiunsi quel luogo mariano, di non eccessiva bellezza natu­
rale, se si escludono gli enormi massi scuri di origine lavica che
contornano la strada e la sommità dell'altopiano. Anche la rocca
su cui si crede sia apparsa la Madonna è dello stesso materiale. È
molto evidente nella sua grandezza.
L'unico distintivo che indicava quel sito, abbastanza spoglio,
come luogo di culto e di devozione era una recinzione che isola­
va quella roccia e molti ex voto appesi alla recinzione stessa. Ora
sulla roccia è stata costruita un'edicola, come vidi in altre visite
successive.
Altro segno distintivo della celebrità del luogo era l'accurata
pulizia che circondava quella roccia, ben differente da quanto si
poteva vedere lungo le strade di accesso.
Sceso dall'automobile, camminando lungo quello spiazzo di
terra battuta, mi avvicinai lentamente, pregando, a quella roccia,
presso la quale si trovavano già alcuni devoti in preghiera.
Non avevo molto tempo. Mi raccolsi in fervida preghiera. E mi
fu facile parlare alla Madonna del mio Pasqualino (lo sentivo
davvero come un piccolo figlio bisognoso di materna carezza).
La mia preghiera fu piena di speranza. Avvertivo che stavo chia­
mando in causa la risorsa ultimativa, Maria, appunto.
140 Io, vescovo esorcista

Lasciai quel santo luogo, quasi a forza, per riprendere il viag­


gio verso l'aeroporto.
Di qui partii per Napoli dove fui prelevato e condotto a casa.
Era sera tardi. Stanco, andai a riposare.

Il giorno dopo. Mattino presto. Uno squillo di telefono. Alzai


la cornetta e dall'altra parte del filo, una voce rotta dal pianto,
quasi gridando disse tutto d'un fiato:
«Pasqualino cammina!»
Che dire? Piansi anch'io balbettando qualche parola. Il resto
del discorso lo feci in cappella davanti al tabernacolo e alla statua
di Maria.
Qualche giorno dopo, Pasqualino ritornò da me, con i suoi,
per farmi constatare il miracolo. Una gioia vicendevole, incredi­
bile.
Dovetti assicurare che sarei andato al paese dove abitavano
per rendere pubbliche grazie a Dio.
Ci andai. Celebrai una solenne Eucarestia e a tutti non pareva
vero di veder scorrazzare quel bel ragazzo insieme a tutti i suoi
coetanei.
Maria, ancora una volta, aveva schiacciato il capo del serpente.
A laude di Cristo e della sua Madre santissima.
XV
Gli scherzi stupidi del Maligno

Il lettore avrà notato il metodo che in queste pagine perseguo: al­


ternare fatti constatati ad affermazioni dottrinali, quasi a intesse­
re una trama assai stretta fra esperienze e deduzioni logiche, di
modo che il lettore, come ho fatto io all'inizio del mio ministero,
abbia dinanzi dottrina ed esperienza l'una e l'altra strettamente
legate e, quindi, l'una dall'altra confermata e viceversa.
È per questo motivo che ho già scritto, se ben ricordo, che nes­
suno può parlare di queste cose senza averne fatto esperienza,
salvo naturalmente gli enunciati infallibili della divina Parola e il
Magistero ufficiale della Chiesa.
È per questo che ho riportato i testi della Scrittura e i testi del
Magistero e confesso, ancora una volta: ciò che tali testi afferma­
no è confermato da quanto ho sperimentato.
Cosa che non fanno, invece, certi superficiali negatori, non di­
co dell'esistenza del Maligno, ma anche dei suoi evidenti poteri
che Dio tuttora gli concede.
Voglio ripeterlo: è inutile che certi saccenti si trincerino dietro
aprioristici «Non è possibile!», quando, avendo io loro detto:
«Venite a vedere!», si sono bellamente defilati...
Ancora una volta, «contra facta, non valent argumenta».
Tornando al materiale di queste pagine, esse riportano i «fac­
ta» e ne traggono «argumenta», i quali ultimi, guarda caso, coin­
cidono con quanto si trova nelle Sante Scritture, interpretate cor­
rettamente dal Magistero della Chiesa.
Quando queste pagine saranno di pubblica ragione, i miei fra­
telli esorcisti, a cui mi lega tanta simpatia, potranno testimoniare:
«È proprio così!». So che essi stessi hanno auspicato e provocato
142 Io, vescovo esorcista

questa mia testimonianza, anche per non continuare a sentirsi


emarginati e guardati come bestie rare, quando non trattati da
esaltati o creduloni.

Parlo in questo capitolo degli effetti, a volte curiosi - li ho chia­


mati stupidi - a volte dolorosi e paralizzanti, di quell'orribile pia­
ga che è il malefizio di cui ho già trattato. Quanto là è detto è qui
presupposto e ne è semplicemente la premessa. È chiaro che rife­
risco solamente quanto ho personalmente constatato.
Il primo caso che mi è venuto tra mano, quando ancora non
avevo deciso di iniziare la mia battaglia, si riferisce a una catenina
d'oro che ora sta nelle mani della Madonna della mia cappella.
Me la portarono dentro una busta ed era tutta piena di piccoli
nodi - la catena era chiusa - che la rendevano assai strana.
Ma la cosa più strana ancora fu che dopo avermela mostrata,
levandola dalla busta, e avendola rimessa dentro per consegnar­
mi il tutto, quando con la mia mano la riprendo per osservarla
meglio, tutti i nodi erano immediatamente scomparsi. Meravi­
glia mia e del mio interlocutore: evidenza di un giochetto di chi
stava facendo del male a quella famiglia, infestata nella vita e
nella casa e liberata dopo una benedizione in loco.

Ecco un altro caso. Giovanna mi porta in una busta di plastica


il suo cuscino, uno di quelli fatti di materiale sintetico e foderati.
Apertolo vi trovo un groviglio di fettucce bianche che avevano
bisogno di due mani per essere dipanate.
Da notare, queste fettucce erano di tutt'altro materiale di quel­
lo che costituiva il ripieno del guanciale.
In altri casi materiale meno voluminoso, ma più strano - fili
colorati di seta, capelli, lana - sempre aggrovigliato e attorciglia­
to in maniera assolutamente anomala rispetto al materiale... nor­
male dell'oggetto.

La signora Agnese mi chiama e mi fa vedere la sua corte inter­


na, maiolicata, da lei regolarmente spazzata e lavata quotidiana­
mente, al mattino presto piena di materiali indecifrabili simili a
efflorescenze secche di color nero. Da notare che la corte è a cielo
aperto e non vi si affaccia nessuna abitazione, essendo la villa
dell'Agnese monofamiliare.
La stessa mi racconta di macchie giallastre evidentissime tro­
Gli scherzi stupidi del Maligno 143

vate su capi di biancheria ben lavati e stirati e sistemati al loro


posto.

La storia delle macchie, specialmente sulle lenzuola, talvolta


anche color di sangue, è tra i miei pazienti frequentissima. Come
sempre io invito a non dar peso, ma è evidente trattarsi, come si
diceva, di segnali inequivocabili di malefizi.

La storia del dottor Giacomo, venuto a trovarmi di lontano, è


veramente singolare.
Egli aveva ricevuto minacce su di sé, la sua famiglia, il suo
bambino, da persona ben identificata.
Da quel momento si moltiplicarono interventi distruttivi nella
sua bella villa, che andai a visitare e benedire: divani che prende­
vano fuoco, oggetti che sparivano, persino banconote, mi assicurò.
Poi cominciarono a trovarsi in bella evidenza in casa, dei bi­
glietti minatori sempre con la stessa grafia.
Il primo pensiero del dottore fu quello di ipotizzare irruzioni
nel suo appartamento da parte dell'autore o autrice dei biglietti
minatori. Per cui rafforzò tutte le misure di sicurezza per l'acces­
so in casa: nuove serrature, porte blindate a triplice serratura.
Niente da fare: puntualmente i biglietti facevano la loro appari­
zione in bella vista nel salotto, in camera, nell'ingresso e altrove...
Dovetti dirgli con chiarezza: «Guardi che in casa sua non entra
nessuno! Quei biglietti hanno altra origine, per la quale non c'è
bisogno che qui dentro entri qualcuno...».
Sguardo esterrefatto dei miei interlocutori... Ma dopo che ebbi
detto di non spaventarsi e di non dar peso a quegli scherzi, ma di
moltiplicare il ricorso a mezzi spirituali, il primo stupore cedette
il posto alla tranquilla fiducia nella preghiera.
Da molto tempo, il dottor Giacomo non mi ha contattato: deb­
bo supporre che i fenomeni che turbavano lui e la sua famiglia,
siano scomparsi.

Suor Anna è una santa religiosa, ligia ai suoi doveri, membro


di una comunità contemplativa, vittima di un'autentica ossessio­
ne diabolica, frutto di malefizio, per cui trova continuamente bi­
glietti con perfetta grafia della sua superiora e di qualche ben in­
dividuata consorella, dove le si fanno leggere le cose più stupide,
per non dire altro...
144 lo, vescovo esorcista

Suor Anna dice tutto alla superiora, la quale - ovviamente -


non ha scritto nessun biglietto, e si chiarisce così la vera origine
di quegli «scherzi».
«Niente paura!» suggerisco: «Disprezzare il tutto e intensifica­
re il proprio fervore.»
Ma per suor Anna c'è qualcosa di più. Sentite: si ritrova addos­
so continuamente delle particole, ostie piccole per la comunione
dei fedeli: se le trova addosso, in gran numero, nelle parti più im­
pensabili.
È chiaro l'intento: si vuole ingenerare nella religiosa una con­
fusione e un sacro terrore nei confronti del sacramento dell'Euca-
restia.
Interpellato, dico di non credere trattarsi di ostie consacrate.
Perciò, senza spaventarsi, ogniqualvolta tali particole vengano
trovate si raccolgano e si brucino.
Ma quante ne inventa questo angelo tenebroso, per spaventare,
per dare fastidio e, in definitiva, per rendersi visibile e operante.
Quest'ultima cosa mi ha sempre creato un poco di sconcerto: ma
se il demonio tende a nascondersi, perché così stupidamente si fa
scoprire? Non saprei dare una risposta convincente, la lascio a
chi è ben più esperto.
Credo che uno scopo di tali stupidi interventi sia quello di ma­
nifestare il suo potere - come fa un giocoliere che incanta con i suoi
trucchi mirabolanti - e quindi incutere spavento e turbamento.
La ricetta per difendersi è sempre la stessa: disprezzo per
quanto si subisce, fiducia in Dio e preghiera.

Ed ecco uno dei casi più incredibili passati sotto i miei occhi. Il
mio amico Michele, evidentemente maleficiato e per questo ricor­
so spesso alle mie benedizioni, è sottoposto a una cura particolare
che lo obbliga a portare addosso, giorno e notte, un piccolo appa­
recchio consistente in un serbatoio di liquido medicinale che viene
iniettato lentamente, goccia a goccia, nel corpo di lui, per via sotto-
cutanea. Il serbatoio è collegato mediante un tubicino flessibile di
gomma a un ago che, essendo costantemente infilato nel corpo del
paziente, permette al liquido di passare dal serbatoio al corpo.
Nel caso in cui il flusso del liquido venga a cessare, o per esau­
rimento o per qualsiasi motivo, il serbatoio è dotato di una picco­
la suoneria che avverte il paziente.
Michele è a letto. In piena notte avverte il tipico suono. Si sve­
Gli scherzi stupidi del Maligno 145

glia e controlla lo strumento che ha addosso. Il liquido c'è. L'ago è


regolarmente infilato al suo posto ed è ben collegato al tubicino di
gomma. Senonché osserva con occhi sbarrati che il tubicino, ripeto
regolarmente collegato da una parte al serbatoio e dall'altro all'a­
go, è tutto strettamente annodato, di modo che il liquido non può
continuare a passare. Inutile dire, il tubicino è diventato inservibile
ed è stato sostituito da uno nuovo, flessibile, adatto allo scopo...
Chi aveva annodato quel tubicino senza staccarlo dall'un capo
e dall'altro?
Comunque chi aveva pensato allo scherzo, forse, non aveva
dato peso alla suoneria, rivelatrice dell'inutile inganno.

Fin qui ho riferito casi di scherzi per così dire esterni al pazien­
te, tutto sommato innocui, e rivelatori solamente della perversa
volontà di spaventare e di segnalare una presenza malefica. Ac­
cenno ora a fenomeni ben più dolorosi per chi ne è vittima inno­
cente. Ne farò un semplice elenco, avvertendo che tali effetti do­
lorosi mi sono stati ripetutamente documentati.
Cattivi odori improvvisi e insopportabili, dolori acuti e subita­
nei in alcune parti del corpo, interne ed esterne.
Senso di opprimente soffocazione come se qualche mano pos­
sente premesse sulla gola; rumori di ogni genere, spostamenti di
oggetti anche pesanti, macchie nel corpo, talvolta addirittura a
forma di croce. Sensazione spaventosa di paralisi totale, avver­
tenza di essere oppresso da un corpo estraneo che mantiene im­
mobili; impossibilità conseguente di fare qualsiasi movimento e
di parlare; incubi improvvisi, specie di notte, visioni fantastiche,
apparizioni di figure terrificanti... e altro!
A riguardo di questi brutti scherzi del Maligno ho fisso in
mente il caso pietosissimo di una brava signora che mi fu con­
dotta diverse volte, di cui ho constatato io stesso lo stato pessi­
mo. Aveva alcune parti del corpo coperte diffusamente di ferite,
sanguinolente e ripugnanti. Ne aveva deturpati il petto, il collo e
un intero braccio, per cui era costretta a tenere queste parti accu­
ratamente coperte. Braccio e collo, fino al mento, li ho constatati
direttamente.
Inutile dire che nessun rimedio medicinale ha apportato il mi­
nimo giovamento, in quanto le parti piagate continuavano a
mantenere colore - sanguigno - e consistenza semiliquida, come
se fossero fatte di recente, mentre si sa che tali piaghe formano
146 lo, vescovo esorcista

presto una crosta e quindi si cicatrizzano. Niente di tutto questo


nella poveretta, che mi fece una pietà infinita.
Non l'ho più vista in seguito e non saprei dire se sia guarita da
quella orribile condizione. Chi me la portò mi parlò di una tristis­
sima storia di maghi e malefici...
Comunque non dimenticherò mai lo stato indecoroso di quel
corpo, di una persona nobile e piacente, ridotto a qualcosa di sco­
stante e ributtante. E non dimenticherò la sofferenza dello sposo
che me la condusse implorando l'aiuto del Signore.

Non indugio oltre in questa materia repellente che non fa altro


che confermare l'iniquità del principe delle tenebre e dei suoi in­
termediari, unicamente intenti a tormentare i figli di Dio.
Non ho detto nulla, perché ritengo sia superfluo accennare a
tutte le sofferenze interiori a cui vanno soggette le povere vittime
del Maligno: ansia, depressione, incubi, sconforto, disperazione e
peggio.
Io non ho detto, per esempio, che certi suicidi trovano in que­
sto mondo di tenebre la loro spiegazione.
Allo stesso modo non accenno ad altre conseguenze dolorose,
ma esteriori, altrimenti inspiegabili, a cui vanno soggetti questi
fratelli, i quali vengono colpiti negli affetti, nel lavoro, nella vita
di relazione, negli affari e in mille altre maniere.
Se non ci sono, per tutti, questi effetti, spesso conseguenti a
cause plausibili e documentabili, come si fa a non pensare al po­
tere preternaturale di chi vuole gratuitamente il male dell'uomo,
soddisfacendo così la malvagità di altri uomini alla cui volontà
criminale il Maligno presta i suoi poteri, con la permissione divi­
na che, in tal modo, prova i suoi figli preparando loro una eterna
ricompensa?
A tutti questi fratelli io ho una sola parola da dire: trasforma la
tua croce in merito, offri a Dio. le tue sofferenze e sconfiggi in tal
modo il Maligno con le sue stesse armi.
Quando egli avverte l'inanità dei suoi sforzi, per i quali è igno­
miniosamente assecondato dai suoi seguaci, si arrabbia terribil­
mente e alla fine è costretto a mollare la sua preda.
Chi mi legge, mi aiuti a pregare per tanti fratelli che soffrono
di queste straordinarie vessazioni, per i quali, se non sono in
qualche modo essi stessi causa del loro male, è preparata una
grande ricompensa nei cieli.
XVI
La mia fede confermata

Si può ringraziare il Maligno? Si può esprimere riconoscenza a


colui che - con i suoi - è omicida sin dall'inizio e padre della
menzogna?
Sarei tentato di farlo. Tentato non da lui, ovviamente, ma dalla
constatazione che da quando sono stato costretto ad affrontarlo
decisamente, com'è grave compito d'un vescovo, la mia fede ne è
uscita, come dire?, rafforzata. Le verità di fede, e non solo le più
importanti, che mi sono state inculcate sin dall'inizio e che non
ho mai fatto fatica a professare convintamente e apertamente, mi
sono state ulteriormente comprovate, se si può dire.
Farò allora così: dirò il mio grazie sentitissimo a Dio, che addi­
rittura per mezzo del suo nemico dichiarato, il demonio appun­
to, ha fatto sì che la mia fede, non solo non fosse esposta al dub­
bio, ma ne fosse, come sto dicendo, addirittura rafforzata.
Prima di scendere nei particolari mi si consenta un'affermazio­
ne preliminare. La situazione attuale, grazie anche a un malinte­
so ecumenismo e al lodevole sforzo di smussare gli angoli di un
rapporto sempre difficile tra le varie fedi e le tante confessioni,
tende anche da parte nostra, da parte cattolica, a insistere sulla
cosiddetta «gerarchia delle verità»,50 per tacere delle verità meno
importanti - così dicono - per poter andare meglio d'accordo con
chi quelle verità contesta, mentre si continua a ripetere, peraltro
in modo non corretto, l'invito a «cercare ciò che unisce, mettere
da parte ciò che divide», e così tante verità della nostra fede cat­

50 Cfr. Unitatis Redintegratio, 11.


148 lo, vescovo esorcista

tolica sono state emarginate, come se la verità potesse essere al­


cune volte... più vera, altre volte meno. Il demonio, invece, da
quanto mi risulta dal confronto con le sue esternazioni e reazioni,
conosce benissimo tutta la verità, e siccome teme la verità in as­
soluto, anche le più piccole verità del nostro credo, soprattutto
quelle che Cristo ha voluto quali strumenti - anche piccoli - del
suo intervento salvifico, essi lo fanno fremere di rabbia e lo fanno
reagire scompostamente.
Per cui debbo dire, tornando al punto, che la situazione attua­
le, con questo voluto oscuramento di certe verità, gli ha fatto e gli
fa immenso piacere. Come gli ha fatto per tanto tempo immenso
piacere il non essere considerato per nulla, anzi addirittura inesi­
stente. Gli sono piaciute e gli piacciono tutte le riduzioni appor­
tate nei testi liturgici - come sopra abbiamo dimostrato - nei riti
della Chiesa, nella predicazione.

Per esempio, chi oggi parla più di «sacramentali», chi invita


costantemente al loro uso? Quante volte mi è capitato di entrare
in chiese, sia in Italia che all'estero, dove non esistono più le pile
dell'acqua santa, o sono vuote...
Ebbene: una goccia di quest'acqua buttata sul capo dell'osses­
so produce una reazione furibonda, con esclamazioni di intenso
dolore.
Stessa cosa per gli oli benedetti, quelli specialmente benedetti
dal vescovo il giovedì santo. Solo la minaccia di toccarlo con que­
sti lo fa gridare. Più volte mi è successo che, minacciando di ri­
correre a questo mezzo, lo spirito maligno ha abbandonato la
preda almeno per un momento.

Ho toccato con mano in maniera evidente anche la quasi sacra-


mentalità della Parola di Dio - nella sua materialità di libro scrit­
to -, che ho trattato in diversi corsi di teologia pastorale negli isti­
tuti teologici. Ecco i fatti.
Negli esorcismi - almeno quelli antichi - è presente la lettura
dei testi biblici, evangelici soprattutto.
Un particolare terrore suscita nel demonio la declamazione de­
vota del prologo di san Giovanni (si leggeva al termine di ogni Eu­
carestia!...), ancor più se sillabato nella lingua originale, il greco.
Ho visto che la stessa materialità del libro sacro spaventa il Ma­
ligno: è verissimo. C'è nella mia cappella, ricordo di un viaggio in
La mia fede confermata 149

Terra Santa, un simpatico oggetto che contiene un testo biblico


nella lingua originale, che si srotola alla maniera antica. Quando
mi venne l'ispirazione di prendere quell'oggettino simpatico e,
apertolo, di portarlo alle labbra del povero indemoniato, scattò in
lui un'incredibile reazione: «Via, via questa robaccia...», e, aven­
dolo obbligato a baciare quel rotolino di carta, stampato in ebrai­
co, ne ho ottenuto un roboante grido di esecrazione.
Un'altra volta eravamo in due esorcisti che stavamo pregando
sulla povera Rosetta, simpaticissima ragazza, consacrata a Dio,
ma così orribilmente vessata da far pietà...
Sudava a grandi gocce, così da avere tutti gli abiti impregnati.
Rotolandosi per terra, avveniva che il sudore, ovviamente, si raf­
freddasse. A un certo punto per calmarla presi un testo della Bib­
bia e lo posi sulla schiena della paziente, sdraiata a terra bocconi.
Il risultato: come se un macigno le fosse stato messo addosso.
Sotto di esso la poveretta gemeva: «Togli, togliete quella roba!...».
Accostatomi dopo un po' a quel corpo tutto bagnato di sudore
e proprio mentre raccoglievo il libro, fui colpito dal fatto singola­
rissimo che sotto la superficie di quel testo il corpo della Rosetta
era bollente, mentre tutto intorno era gelato.
Invitai subito l'altro esorcista a constatarlo.
E poco prima, mentre Rosetta immobile, schiacciata da quel...
macigno (il santo Libro), gemeva e supplicava di liberamela, dis­
si in maniera provocatoriamente ironica: «Ma come, hai tanta
paura di un poco di carta stampata?».
Risposta immediata: «Se fosse solo carta stampata l'avrei di­
strutta in un momento...».
E io: «Che cosa è allora?».
Risposta immediata: «È potenza di Spirito Santo!». È una delle
frasi uscite dalla bocca di un posseduto che maggiormente mi
hanno impressionato e che meglio ricordo...
Ah, la Parola santa! Che dono, che potenza, che mezzo a no­
stra disposizione...
Non ne avevo mai prima avuto più chiara consapevolezza.

Analogo discorso per la corona del rosario benedetta e, in par­


ticolare, per le reliquie dei santi.
Mi era stato donato un lembo di stoffa di quelli con cui veniva­
no deterse le piaghe di padre Pio. Tenevo la reliquia sempre ad­
dosso, ma chiusa in una bustina di carta molto spessa, perché non
150 Io, vescovo esorcista

si consumasse. La presi, una volta, dalla mia tasca e raccostai con


mano svelta alla schiena di un... paziente, senza che lui vedesse
l'oggetto che stringevo in mano. Appena avvicinai il tutto alla
schiena del posseduto, ebbe una rapidissima e rabbiosa reazione,
con la solita sofferente ingiunzione: «Togli quella robaccia!».

Anche la mia croce pettorale, la prima, quella che avevo scelto


per l'ordinazione episcopale raffigurante la discesa dello Spirito
Santo su Maria e gli apostoli, accostata ai poveri posseduti li fa­
ceva fremere immediatamente (in una delle prime sedute con il
più furioso dei malati a me portati, la croce mi fu afferrata e la ca­
tena strappata in più pezzi).
Un'altra volta feci quest'altra prova. Avendo davanti a me il
posseduto che però mi voltava le spalle da seduto, presi la mia
croce pettorale e la agitai senza che il malato la vedesse, dietro il
suo dorso. Istintivamente con la mano cercava di portarsi là dove
era la croce per buttarsela via di dosso...
Il mio anello episcopale, messomi al dito dal papa nel giorno
dell'ordinazione, proprio per quest'ultima circostanza toccato e
benedetto dal Santo Padre, diventava oggetto di particolare orro­
re per i posseduti che non lo avrebbero baciato a nessun costo se
non glielo avessi imposto d'autorità...
Così ho capito che la Chiesa ha fatto bene, specie nel passato, a
moltiplicare benedizioni di oggetti, di persone, di luoghi; abbia­
mo così acqua benedetta, sale benedetto, olii benedetti...

E che dire, infine, della santa Eucarestia?


È sempre bastata la sola minaccia di ricorrere al tabernacolo
per far fremere d'ira lo spirito maligno.
In casi gravi, porre sul capo del posseduto le sante particole
del Santissimo, come ho detto per il testo della Bibbia, crea la for­
za paralizzante che costringeva il poveretto a gettarsi a terra boc­
coni e restare immobile...
Far tenere all'ossesso le mani sulla sacra pisside contenente le
particole consacrate vuol dire sentirne urla lamentose come di un
essere schiacciato da un enorme peso dal quale supplica di essere
liberato.
Che questi poveri fratelli e sorelle riescano abbastanza tranquil­
lamente a ricevere la santa comunione, quando non sono sotto
esorcismi e in balia dello spirito che li tiene prigionieri, è tutt'altra
La mia fede confermata 151

cosa che non saprei mettere insieme con l'orrore che scempia gli
ossessi davanti alla santa Eucaristia, durante il rito di esorcismo.
Per molti di questi fratelli, anche solo maleficiati, assistere poi
alla santa Messa è quasi sempre un vero martirio. Perciò racco­
mandiamo loro di farsi forza, di resistere, magari di farsi aiutare,
ma non allontanarsi dalTaltare. È qui - l'ho constatato e lo incul­
co a tutti - la garanzia della vittoria definitiva.
Veramente la presenza reale di Gesù nell'Eucarestia - certissi­
ma per noi cattolici - è predicata da tutti gli atteggiamenti impo­
sti all'ossesso dallo spirito maligno.
Ne consegue che il più efficace esorcismo è la partecipazione
all'Eucarestia e il riceverla con devozione il più spesso possibile.

Per la devozione alla Madonna mi serve un intero capitolo, il


prossimo.
Mi resta da dire dell'importanza della preghiera e dell'offerta
della sofferenza.
Io comincio sempre gli esorcismi recitando il rosario.
Con i veri posseduti, non riesco mai a ultimare la prima decina
che già lo spirito freme.
Più volte l'ho costretto a manifestare l'efficacia della preghiera.
Ricordo al riguardo una frase, di quelle scolpite indelebilmen­
te nei miei ricordi: «Se vi metteste tutti insieme a pregare, noi sa­
remmo sconfìtti definitivamente». Vero, verissimo!
Come piacciono invece al demonio i convegni, le assemblee, i
consigli, i sinodi, le conferenze, le commissioni, i capitoli genera­
li dove la preghiera ha solo un posto marginale, mentre sarebbe­
ro proprio quelli i momenti di chiamare in causa la potenza di
Dio e del suo spirito. E come si fa ciò, se non buttandosi in ginoc­
chio e pregando insistentemente?
E non dicono nulla al riguardo le notti di Gesù in preghiera:
«Et erat pemoctans in oratione Dei» (Passava le notti in preghie­
ra a Dio, cfr. Le 6,12)?
Se alla preghiera si aggiunge poi l'offerta della sofferenza da
parte di qualche anima buona, si ha la medicina ottimale.
Ne ho avuto la conferma in modo strano.
Stavo esorcizzando Enrico, il cui demonio taceva ostinatamen­
te, limitandosi a qualche frase e a qualche smorfiaccia.
Un giorno scoppiò a piangere - ho già parlato del pianto dello
spirito maligno! - un pianto dirotto e irrefrenabile. Chiesi subito
152 lo, vescovo esorcista

il perché: perché padre tal dei tali - non ricordo il nome - ha of­
ferto per Enrico la sua sofferenza...
Mi sono fatto poi spiegare. Era vero che il tal religioso era mol­
to sofferente e che aveva promesso a Enrico di offrire un poco
della sua sofferenza per la sua guarigione spirituale...
Preghiera e sofferenza, dunque: ecco la medicina!

Mi sono sin qui soffermato volutamente su un punto del no­


stro patrimonio di fede e di grazia che di solito viene da molte
parti trascurato, come di non rilevante importanza, anzi talvolta
è oggetto di qualche sorriso ironico di quasi compassione. «Ac­
qua santa, benedizioni, corone del rosario, materiali benedet­
ti...?» Robetta da vecchierelle, si fa intendere, a cui non vai la pe­
na prestare attenzione. Così i soliti saccentoni che di certe cose
non sanno nulla, anche perché la loro fede si è illanguidita...
Invece, come ho qui sopra fatto sapere, il demonio e la sua cor­
te temono moltissimo e gridano di spavento dinanzi all'uso di
questi mezzi a nostra disposizione.
Quante volte, insisto - è successo nel mio ministero e gli stessi
pazienti me lo hanno riferito - un segno di croce tracciato con fe­
de su una parte del corpo dolente a causa di maleficio, facesse
immediatamente scomparire il dolore...
Con forte convinzione io affermo che tutte le verità della no­
stra fede, anche le più ardue, mi sono state confermate, con rab­
bia, ovviamente, dal Maligno, obbligato dagli esorcismi.
Per esempio non ho mai sentito la minima obiezione sui quattro
dogmi mariani, che tanto fastidio danno ai nostri fratelli non catto­
lici. Danno, sì, fastidio anche al demonio, ma perché sono veri. E
quando non vuole dare soddisfazione si rifugia in questa espres­
sione o similari: «Queste cose non si devono chiedere a me...».
Molto chiaro invece il loro discorso su ciò che li riguarda: eter­
nità deirinferno (ricordate il pianto del demonio?), inimmagina­
bile grandezza delle pene che vi si soffrono («Che ne sai tu?» mi
ha obiettato tante volte... Ma non l'ha mai negato).
Altra cosa che ho appurato con chiarezza: le pene delTinferno
sono unite alla persona e non a un luogo, cosicché i demoni che
posseggono i nostri fratelli non escono dall'inferno, anzi...
Ecco un colloquio:
«... Ma quando voi fate soffrire così tanto questo o quel fratel­
lo, provate qualche sollievo alla vostra pena?»
La mia fede confermata 153

«Nooo!» con un grido straziante. «Anzi, la nostra pena viene


accresciuta...»
«E allora» ribatto io «perché tormentate questi poveri esseri?»
Risposta: «... In odio a Dio e a voi...».
Odio quindi gratuito, diabolico appunto.
Tanto è vero che il demonio che si impossessa di un uomo sof­
fre tutte le pene dell'inferno e, se si può dire, le aumenta a dismi­
sura. Ché spesso durante gli esorcismi ho sentito il grido dello
spirito possessore: «Mandatemi via, mandatemi via...». «Io te lo
ordino!» dico subito io... Ma lo spirito mi ribatte spesso che non
può...
«Perché non puoi?»
E allude abbastanza confusamente a un ordine ricevuto da ca­
pi della gerarchia infernale e, più spesso, mi fa capire che deve
obbedire all'operatore dell'occulto che lo ha... spesato ed è quin­
di costretto a sottostare ai patti...
Allora io lo schernisco: «Non ti vergogni di obbedire alla vec­
chiaccia (la maga...) e a quel malvagio...?».
Nessuna risposta...

Altra cosa che ho appurato è la seguente. Riguarda la cosid­


detta caduta degli angeli. Traduco per semplificare in un dialogo.
«È vero che eravate angeli bellissimi?»
«Certo!»
«E perché vi siete ridotti così male?»
«Perché siamo stati stupidi ad andare dietro al capo [Lucifero]...»
«E qualé stata la cosa che vi ha fatto per così dire saltare i ner­
vi e vi ha spinti a ribellarvi a Dio?»
«Perché non potevamo sopportare che Dio assumesse la natu­
ra umana [l'incarnazione!] e non la nostra...»
Chi ha letto gli Scritti dei padri e i trattati seri di demonologia
sa che questa pagina iniziale della storia della salvezza è stata
concepita quale ipotesi proprio come me l'aveva confermato lo
spirito maligno: Dio all'inizio avrebbe chiesto a tutta la sua corte
angelica di adorare il suo disegno che prevedeva la centralità - in­
discussa - di Cristo Dio-uomo...

Un'altra verità che dal contatto con il Maligno mi è apparsa in


tutta la sua grandezza e splendore è il potere che Cristo Gesù ha
dato alla Chiesa e specialmente alla sua gerarchia, papa e vescovi.
154 Io, vescovo esorcista

Del papa i demoni hanno un vero terrore: «Il vecchiaccio...»


hanno chiamato Giovanni Paolo II. E una volta hanno anche sog­
giunto: «E quando morrà lui, chi ci metterete?...», allusione abba­
stanza chiara alla difficoltà di qualsiasi successione dopo un pon­
tificato della levatura di quello attuale...
Lo stesso discorso per l'autorità episcopale. «Tu sei potentissi­
mo!» mi ha rinfacciato una volta alludendo all'obbedienza cui lo
costringevo.
«Alza la mano» gli dissi una volta «e fammi una carezza!»
Grugnito di ribellione.
Ripetizione dell'ordine perentorio e inizio stentatissimo del
gesto della mano per arrivare al mio volto.
Un leggerissimo tocco per cui solo un piccolo punto del mio
viso è stato toccato... Poi un grugnito di orrore.
E subito il mio scherno: «Ma come, un diavolo che carezza un
vescovo?!».
Risposta arrabbiata: «Oh, se sapessi quanti carezzano me...».
Chiuso immediatamente il discorso...
Non finirò mai di ringraziare Dio per l'immensità del dono
che mi ha fatto chiamandomi al sacerdozio e colmandomi del­
l'unzione dello Spirito. Questa unzione che mi ha trasformato ha
reso la mia povera bocca, le mie mani impure, il mio piccolo esse­
re grande e potente per il bene dei miei fratelli e del mondo e per
abbattere quel «potere delle tenebre» che non si piega davanti al­
la nullità di un pover'uomo quale io sono, ma è costretto a rico­
noscere la potenza di Dio tre volte santo che ha voluto aver biso­
gno della mia volontà, delle mie mani, delle mie parole per
benedire, per confortare, per guarire, per liberare...
Non finirò mai di lodare l'immensa grandezza dell'Onnipotente
che eleva la finitudine della creatura a compiere i suoi stessi prodi­
gi, anzi a compiere «opere più grandi delle sue» (Gv 5,20).
Mi torna in mente un celebre intervento del professor Enrico
Medi, laico cristiano e fervidissimo credente: «preti,» egli diceva
«siete grandi!».
Sì, da quando l'unzione santa ci ha trasformati, siamo vera­
mente grandi, potenti, potentissimi, o meglio, siamo dei piccolis­
simi strumenti, che Dio ha voluto necessari per operare le sue
meraviglie. «Dio infatti» lo afferma Paolo «sceglie ciò che è nulla
per confondere ciò che è forte» (1 Cor 1,27): il demonio lo sa, mol­
to meglio di noi, ne freme di rabbia, ma non può fare a meno di
La mia fede confermata 155

sottomettersi, per ora, finché Dio lo vorrà, parzialmente, ma arri­


verà il giorno in cui questa sottomissione sarà definitiva e allora
«Cristo sarà tutto in tutti» (Col 8,11).
Nell'attesa di quel giorno, vegliamo, preghiamo e speriamo!
XVII
Quella...!

Comincio con una pagina del mio fondatore don Orione, che in
fatto di esorcismi se ne intendeva:

La buona sera, data da don Orione nella Casa Madre il 4 dicembre


1937, offre lo spunto a ricordare alcuni altri fatti, qui considerati soprat­
tutto sotto la prospettiva mariana, lasciando dettagli e particolari all'in­
dagine più vasta della biografia vera e propria.
«Siamo nella novena dell'immacolata» iniziò don Orione: «diciamo
qualche cosa sull'immacolata. È tanto grande il privilegio dell'Immaco-
lata Concezione, che questo privilegio ha destato nel nemico comune
immensa rabbia, tanto odio: "Verrà una donna e ti schiaccerà il capo".
Così, quando si vuole sapere se un individuo è in possesso del demo­
nio, un mezzo è fargli ripetere: "O Maria, concepita senza peccato, pre­
gate per noi che ricorriamo a voi". Gli ossessi dicono il Gloria Patri, di­
cono l'Ave Maria; ma questa giaculatoria: "O Maria, concepita senza
peccato" neppure la vogliono proferire...
«Quando ero in America, un giorno venne da me un grande profes­
sore di medicina, presidente dell'ospedale maggiore di Buenos Aires,
stimatissimo tra tutti i medici della capitale. E mi disse: "Ho la figlia in­
demoniata: mi faccia la carità di venire a esorcizzarla". Io gli risposi:
"Bisogna avere il permesso dell'arcivescovo: io non ci vado a chiedere la
facoltà; potrebbe dire che è una mia fisima, una mia idea...".
«Era ed è, quel signore, un professore valentissimo: fece studi sulla sua
figliuola, la fece esaminare dai suoi colleghi, usò cure su cure: non si sa
mai, pensava, saranno i nervi, sarà isterismo... Andò dall'arcivescovo e
raccontò certi fatti strani che le erano avvenuti. Gli indemoniati, per
esempio, recitano a memoria tante cose, sanno varie lingue e le parlano
speditamente, e poi le donne hanno voce d'uomo; non hanno occhi natu­
rali: il diavolo si vede negli occhi e nella forza: gli indemoniati, gli invasa­
Quella...! 157

ti dal demonio, hanno una forza erculea: bisogna legarli e tenerli quando
si fa l'esorcismo, perché rompono i legami come fili di stoppa. Quella fi­
gliuola era veramente indemoniata; parlava lingue diverse, che non ave­
va mai studiate, aveva una voce robusta, voce d'uomo, e degli occhi!...
«Venne il permesso. Mi preparai, mi feci il segno della croce e andai.
Trovai molte persone riunite in cappella: "molti vescovi" diceva il pro­
fessore "vengono a dir messa in questa cappella..." Cominciai l'esorci­
smo; quella persona correva tra i banchi come un serpe, a zig zag, come
gli uccelli notturni, come i pipistrelli a sera; passava tra un banco e l'altro
senza urtarli, senza farli cadere. Non poteva uscire, perché erano chiuse
le porte, e la tenevano forte, la legarono; ma tutto era inutile. Non mi fu
mai possibile far dire all'ossessa: O Maria, concepita senza peccato...
«Le si diceva: "Di': O Maria...". E lei rispondeva: "... ia..."; "concepi­
ta", e lei rispondeva: "pita", oppure: "non concepita..."; "Di': senza pec­
cato...", e lei rispondeva: "cato, catto, gatto... col peccato".
«Rispondeva insomma tutto al rovescio; ma non ripeteva interamen­
te mai la giaculatoria "O Maria concepita senza peccato...". Il Signore
poi la liberò e morì dopo alcuni mesi.»
Il 16 ottobre 1935 don Orione scriveva alla benefattrice genovese si­
gnora Queirolo: «Facciamo tutto quel poco che possiamo, e poi stiamo
tranquilli nelle mani del Signore e della Madonna, che tutto andrà per il
nostro meglio... Ieri ho esorcizzato una indemoniata: oggi sono ancora
tutto scombussolato e stanco...». Di questo esorcismo don Dutto - che vi
aveva assistito - ricordava che don Orione aveva fatto invocare dalla in­
demoniata Gesù nel tabernacolo, facendole toccare la porticina...
Racconta ancora don Orione: «Un altro caso di esorcismo è quello di
una novizia suora... Era una convertita dal protestantesimo: si era fatta
cattolica. Vennero alcune monache da me mentre ero in America, a dir­
mi che avevano una consorella in noviziato che era indemoniata. Insi­
steva la superiora e diceva: "Venga, la esorcizzi...". Io dissi tra me: "Pos­
sibile! Ma che mi prendano proprio per una specie di stregone!...".
«Questa indemoniata faceva tutte le mattine la comunione e il demo­
nio la costringeva a gettare in un luogo indecente le sacre particole e fa­
ceva altre cose terribili... Quando le si faceva cadere sulla mano qualche
piccola goccia d'acqua santa, essa strillava, mandava acute grida, come
se fosse stato piombo liquefatto... Anche a essa fece ripetere la giaculato­
ria "O Maria, concepita senza peccato..." Non la volle mai ripetere...
«Quando sarete sacerdoti - perché andando avanti aumenterà sem­
pre il numero degli indemoniati - , quando sarete sacerdoti, se vi chia­
meranno a fare gli esorcismi, vi do un segno per riconoscere se sono sì o
no indemoniati, perché potrebbe essere isterismo e possono darsi feno­
meni nervosi strani e vi sono tante malattie che la scienza spiega e qual­
che volta anche guarisce, sì che non è sempre facile distinguere se un
158 lo, vescovo esorcista

malato di malattie nervose sia o no indemoniato. Bene, un segno è que­


sto: se ripete "O Maria, concepita senza peccato", state tranquilli non è
ossesso, quel malato; ma, se non lo ripete, potete star sicuri che il diavo­
lo ha preso dominio di quel corpo. Vi sono altri segni, i segni che anche
la teologia insegna: come parlare lingue ignote, conoscere le cose a di­
stanza... Uno dei segni, però, è questo: tenetelo a mente!...»51

Quante volte, sin da giovanissimo, ho letto e riletto queste me­


morie del mio fondatore! Mai e poi mai avrei immaginato - allo­
ra - di trovarmi nelle sue stesse condizioni e di dover conferma­
re, per esperienza diretta, quanto egli ha lasciato scritto.
Nel disegno del Signore - mi è dolce riconoscerlo - le parole di
un santo erano dirette anche a questo umile suo figlio a spiritua­
le monito e istruzione.

Maria santissima, immacolata Madre di Dio e nostra, sempre


vergine e assunta in cielo, di dove veglia materna sui suoi figli,
quelli specialmente che le sono particolarmente devoti, è l'eterna
nemica di Satana, come ha sempre ritenuto la Chiesa cattolica, ri­
ferendosi alla rivelazione santa, specialmente a due testi, quelli
all'inizio della storia biblica: «Porrò inimicizia tra te, serpente, e
la donna, fra la tua stirpe e la stirpe di lei; questa ti schiaccerà il
capo e tu le insidierai continuamente il calcagno» (Gen 3,11 sgg.).
Come tutti sappiamo, la Chiesa ha chiamato questo testo il
«protovangelo», ossia il primo lieto annunzio della salvezza e
della vittoria sul serpente antico, vittoria che sarà conseguita dal­
la discendenza della donna, ossia da Cristo, figlio di Maria.
L'altro testo, significativamente presente nell'ultimo libro della
Bibbia, YApocalisse, quasi a sigillare tutta la rivelazione, è quello
altrettanto famoso che leggiamo al cap. 12: «Un grande segno ap­
parve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi
piedi e una corona di dodici stelle intorno al capo...».
È qui riassunta tutta la storia della salvezza, con la perenne
lotta che impegna la Chiesa, raffigurata nella donna, contro il
drago infernale che, alla fine, sarà precipitato nello «stagno di
fuoco» e non potrà più nuocere.

51 Don Orione nella Luce di Maria, pro manoscritto, a cura della Postulazione ge­
nerale della piccola opera della divina provvidenza, pp. 2071-73; cfr. Andrea
Gemma, Con don Orione verso Maria, Roma 1986, pp. 224 sgg.
Quella...! 159

La Chiesa cattolica ha sempre letto questo testo in chiave


cristologico-ecclesiologica, ma anche in chiave cristologico-
mariologica.
Maria, dunque, è la vincitrice, insieme e per opera del Cristo
suo figlio, del drago infernale.
Maria è l'eterna nemica del drago.
Maria è colei che continua a schiacciargli il capo.
Maria è la corifea dei salvati.
Maria è alla testa dell'esercito degli insidiati dal Maligno che
gli resistono e lo vincono ed entreranno insieme alla loro regina
nella celeste Gerusalemme.
Perciò chi sta con Maria non può stare con Satana e, viceversa,
chi sta con Satana non può stare con Maria.
Maria quindi è colei che dà un enorme fastidio al Maligno.
Ora capisco - mi si perdoni la confidenza - perché, sin da gio­
vanissimo, Maria è stata la mia stella conduttrice, perché sin dal­
la più tenera età a Maria mi sono consacrato totalmente.
«Se tu non ci avessi Quella» è una frase ricorrente dei demoni
da me esorcizzati «chissà da quanto ti avremmo stritolato... Ma
tu hai Quella che ti protegge e noi non possiamo farti nulla...»
Quante volte ho ripetuto il mio grazie a Maria!
Il demonio mi ha dimostrato in mille modi la sua avversione
alla celeste Madre, che però non riesce a nominare e dalla quale
si sente letteralmente schiacciato.
Ricorderete come il mio primo... cliente liberato in quel memo­
rabile sabato santo parlava, sì, di Maria vergine, ma leggendone
l'attributo più comune «Madonna» a rovescio, dicendo «anno-
dam» (anche questo uno degli scherzi stupidi del Maligno!).
Normalmente, tuttavia, gli spiriti maligni, accennando a Maria,
dicono semplicemente «Quella» e ne dicono tutto il male possibile,
senza contestare, tuttavia, come ho asserito, nemmeno uno dei
suoi privilegi. Confermano semplicemente che questa donna ha
dato loro fastidio sin dall'inizio e dà loro fastidio soprattutto per il
potere che Dio le ha concesso, che essi sono costretti ad ammettere.
E nulla dà tanto fastidio agli spiriti che possiedono qualche
nostro fratello o sorella, quanto il ricorso a Maria, anche se, come
ho già detto, non li abbandonano subito.
Ricordo Ulderico, che seguo da anni, che ha improntato la sua
vita cristianamente ...in maniera fervorosa: egli aveva fatto a suo
tempo, dopo la conversione, la sua consacrazione a Maria, quan­
160 Io, vescovo esorcista

do la rinnovò dietro mio suggerimento, nell'esorcismo successi­


vo, si sentì apostrofare dallo spirito: «Questo stupido, venti volte
stupido, si è nuovamente consacrato a Quella! E io non ho più
niente da fare con lui...».
A proposito di questo fratello, a me caro, debbo dire che il suo
rosario quotidiano, la sua partecipazione quotidiana all'Eucare-
stia, lo hanno aiutato per anni tribolatissimi a superare le innu­
merevoli prove, prima di tutto quella di mantenersi puro, poi
quella di abbandonare gli studi - ora è felicemente laureato e
presto si sposerà - , cosa quest'ultima che, secondo i suoi malefici
nemici, non avrebbe mai dovuto fare...
«Questo stupido ha rifiutato tutto quanto gli avrei dato - don­
ne, successo, danaro - e ha fatto il contrario di quanto gli sugge­
risco.»
Ulderico è sereno, anche se non è ancora libero, ma la Madon­
na - per tornare a lei - porterà a termine la sua opera.52
E io porto a termine questo capitolo con la più bella delle cose
che il demonio mi ha detto a proposito di Maria.
Prima, tuttavia, mi si lasci citare un'altra pagina di don Orio­
ne, che unisce l'esaltazione di Maria a quella del suo fedelissimo
servo, il beato Pio IX:

Questi fatti... ci dicono parecchie cose. Primo, che il demonio deve


odiare la Madonna e deve soffrire per avergli Ella schiacciato il capo, la
testa proterva. E ho sempre pensato che tutte le guerre scatenate contro
Pio IX fossero state scatenate dall'inferno, perché fu il papa che definì il
dogma deirimmacolata Concezione. Forse, se quel papa non avesse de­
finito quel dogma, il papa non avrebbe perduto Roma. Il demonio, per­
mettendo Iddio, scatenò una guerra accanita contro di Lui da vivo e an­
che da morto. Quando si fece di notte il trasporto della sua salma, i
perfidi tentarono di gettare, di cacciare la sua salma nel Tevere. Il demo­
nio si accaniva contro il papa dellTmmacolata, si accaniva contro la sua
salma, perché? Perché fu il papa deirimmacolata. La causa di beatifica­
zione di Pio IX ha avuto un arresto ... Il demonio tenta di impedire che la
causa continui perché non vuole la glorificazione del papa dellTmmaco-

52 Da quando scrivevo queste cose a oggi, mentre trasmetto il testo alla stampa,
faccio sapere con infinita gioia che, quanto avevo sperato, confidando in Maria,
si è felicemente attuato. Ulderico è completamente libero e felice. La sua fidanza­
ta, coinvolta in una vita fervorosamente cristiana, condivide con me una indici­
bile gioia, dopo circa sei lunghi anni.
Quella...! 161

lata. Quando potrò dire di più o stampare di più, allora si vedrà perché
parlo così.
Tutto questo ve l'ho detto per animarvi a una devozione fervidissima
verso la Madre di Dio, verso la Immacolata. Se la Vergine è così in odio
al demonio, è segno che può molto contro di lui a nostro favore. Non
avrebbe contro la Vergine immacolata un odio così accanito, se Maria
non fosse stata strappata al suo domino dopo il peccato originale...53

Sono molto felice di poter dare questa bella testimonianza di


un santo a glorificazione del papa deH'Immacolata, anche perché
mentre stendo queste pagine la mia Chiesa si sta preparando a ri­
cevere le spoglie gloriose del grande pontefice, al quale, in ripa­
razione delle ingiurie subite, daremo degni trionfali onori.54
Ancora una volta - mi pare di poter concludere - la Donna ha
schiacciato il capo del serpente.
Ma, si sappia, lo fa continuamente e solo chi si sottrae alla de­
vozione cattolica a Maria può non sentire il benefico risultato
della sua protezione.
E vengo a quanto promesso.
Era in corso il rito d'esorcismo. Il povero paziente era al colmo
del parossismo sotto l'incalzare della mia preghiera e dei miei ge­
sti: aspersione, unzione e soprattutto invocazioni alla Madonna.
A un certo punto, scoppiando a piangere, il posseduto ha gri­
dato, volgendo il capo - non gli occhi - all'immagine di Maria
che troneggia nella cappella del mio episcopio, ha gridato, in to­
no di amarissima (per lui!) constatazione:
«... Ma fa tutto Quella!!!»
Capito? È la parola di san Bernardo, da me ripetuta infinite
volte per iscritto e nella predicazione: «Christus omnia voluiti
nos habere per Mariam» (Cristo ha voluto che tutto - si noti: tut­
to! - noi avessimo per mezzo di Maria).
È il concetto che lo stesso Dante ha tradotto nella celebre pre­
ghiera a Maria nella terza cantica della sua Commedia.

53 Don Orione nella Luce di Maria, cit, pp. 2077 sgg.


54 La salma del beato Pio IX ha fatto sosta nella mia diocesi nei giorni 4 e 5 mar­
zo 2001 accolta trionfalmente da una marea di popolo che per una notte intera
affluì presso quell'urna benedetta; a esprimere i sentimenti della mia Chiesa è
venuto S.E. Rev.mo il Sig. Cardinale Medina Esteves, prefetto della Congrega­
zione per il culto divino, che tessè un magnifico elogio del grande pontefice.
162 Io, vescovo esorcista

Fa tutto Quella!
La storia dei venti secoli di cattolicesimo non è che una splen­
dida conferma di questa sovrana decisione di Dio...
Sentirmelo dire dallo spirito maligno - credetemi! - è stata una
delle più grandi gioie della mia vita religiosa e sacerdotale, la
conferma, peraltro non necessaria, di un programma di vita che è
mio da sempre.
Vorrei che la stessa gioia colmasse tutti quelli che poseranno
gli occhi su queste pagine.
XVIII
Il nuovo rituale degli esorcismi

È stato pubblicato, in latino, il 22 novembre 1998.


È stato pubblicato, in italiano a cura della Conferenza episco­
pale italiana, nel maggio del 2001.
Quest'ultimo era noto come testo «ad experimentum» e an­
ch'io l'ho avuto tra le mani e, in parte, adoperato.
Oggi - sembra diventata una legge inderogabile - tutto, anche
nella Chiesa, deve essere «nuovo», non importa se in edizione
peggiorata rispetto al... «vecchio». Purché sia nuovo! Mi domando
subito - e se lo domandano con me tanti esorcisti - che cosa c'era
di «vecchio» e di inusitato nel rito degli esorcismi, adoperato per
secoli dai nostri fratelli di fede? Chi può, anzi chi deve, risponda.
Quali le ragioni di questo febbrile e quasi frenetico (in senso
etimologico!) voler distruggere il passato e inventare il nuovo a
tutti i costi? Ho già scritto al riguardo in altri luoghi e non mi ri­
peterò. È certo tuttavia che i pensosi non possono non porsi tali
interrogativi, destinati purtroppo a rimanere senza risposta.
Il Concilio Vaticano II aveva detto di «rivedere» i riti e i formu­
lari relativi. Il che significa che si doveva verificare se e quanto
certi riti dovevano essere cambiati e riformati. Nel caso che ciò
non fosse apparso necessario si doveva proseguire in una tradi­
zione veneranda e gloriosa. Invece, la parola del Concilio è stata
presa nel senso di una inevitabile necessità di cambiare tutto, e
ogni cosa del passato, buona o meno buona che fosse, doveva
scomparire per fare posto al nuovo. Si ricorderà la garbata, ma
precisa, recriminazione del cardinale Ratzinger circa il radicale
cambiamento verificatosi a proposito del venerando Messale ro­
mano... Se lo ha detto lui...
164 Io, vescovo esorcista

La stessa sorte, dunque, è toccata al rituale degli esorcismi, vo­


luta a ogni costo e attuata senza tener conto delle osservazioni di
chi, nella materia, si trova immerso ogni giorno.
E allora, col permesso dell'autore, mio carissimo amico, ripor­
to qui di seguito Io scritto che padre Gabriele Amorth ha redatto
e fatto pervenire a chi di dovere, dopo la pubblicazione del ritua­
le latino per gli esorcismi.
Inutile far sapere che il sottoscritto condivide pienamente
quanto nella nota seguente viene espresso.

S t o r ia e o s s e r v a z io n i s u l n u o v o r it u a l e d e g ù e s o r c is m i

Di mano in mano che le varie parti del Rituale Romano venivano rive­
dute, conforme a quanto stabilito dal Concilio Vaticano II, gli esorcisti
attendevano che anche il Titolo XII venisse trattato. Evidentemente non
era considerato un argomento rilevante, dal momento che gli anni si
succedevano invano.
Intanto tra alcuni esorcisti si delineava una certa preparazione. Suppo­
nendo che sarebbero stati interpellati riguardo alle difficoltà e alle lacune
riscontrate nel Rituale Romano, avevano preparato una serie di richieste:
1) qualche ritocco alle preghiere, tra cui l'aggiunta di invocazioni alla
Madonna, che mancavano interamente;
2) un aumento delle 21 norme iniziali, tutte preziose, ma insufficienti;
tenendo anche conto della totale mancanza di corsi di formazione per
esorcisti;
3) un aumento delle preghiere esoreistiche, specifiche, che colmasse
le lacune che abbiamo sempre dovuto rimediare di testa nostra. Lacune
del Diritto Canonico vecchio e nuovo, e del Rituale, ma poste in chiara
luce dal Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1673. Ossia:
a - Non si fanno gli esorcismi solo in caso di possessione diabolica,
ma anche nei casi di altri disturbi demoniaci. Questa realtà era già stata
tenuta presente nella Lettera ai vescovi del 29 settembre 1985, da parte
della Congregazione per la Dottrina della Fede;
b - Non si fanno esorcismi solo sulle persone, ma anche sugli «oggetti».
D termine generico «oggetto» penso che vada inteso, conforme alla prassi
patristica ed ecclesiastica: case, cose, animali. Anche per questi casi manca­
vano specifiche preghiere e se ne sentiva il bisogno, soprattutto per le case.

Il Rituale «ad interim»

Il 4 giugno del 1990 è uscito d'improvviso il Rituale ad interim. D'im­


provviso per noi esorcisti, mai consultati né prima né dopo, compieta-
mente tagliati fuori dalla possibilità di dare un qualsiasi contributo. Il
Il nuovo rituale degli esorcismi 165

testo ad interim rivelava chiaramente di essere stato compilato da per­


sone completamente a digiuno di pratica esoreistica. Per di più dimo­
strava di non gradire osservazioni. Infatti il metodo scelto per ricevere
osservazioni era il più complicato possibile.
Trascrivo dalla lettera di presentazione del Cardinal Eduardo Marti-
nez, allora prefetto della Congregazione del Culto Divino: «Nel termine
di due anni le Conferenze episcopali si incaricheranno di mandarci un
rapporto sull'uso del testo, come pure eventualmente consigli e sugge­
rimenti dati dai sacerdoti che ne avranno fatto uso; affinché il testo defi­
nitivo possa essere messo a punto e inserito nel Rituale». Così veniva af­
fidato alle Conferenze episcopali, e neppure a un diretto contatto con i
Vescovi, di far pervenire le osservazioni.
Si aggiunga anche il carattere di esagerata riservatezza che veniva
data al testo. Trascrivo dalla lettera citata: «Tenuto conto della sua natu­
ra, questo testo non deve essere pubblicato né in un libro, né in ima rivi­
sta; e non può essere oggetto di studi neanche su punti particolari». Co­
me a dire che se un vescovo voleva discutere il testo con i suoi esorcisti,
non lo poteva fare.
Il testo fu tradotto, con molta calma, dalle varie Conferenze episcopali,
e distribuito ai vescovi: con evidente avarizia. A non molti esorcisti il testo
fu consegnato, perché lo sperimentassero. Io sono tra quelli che l'hanno
sperimentato. Ma poi mai fu chiesto da nessuno il parere degli esorcisti a
cui il testo era stato dato e mi risulta con certezza che, passati i due anni e
più ancora, nessuna Conferenza episcopale ha inviato osservazioni.
A questo punto è necessario fare una parentesi. Nel mio libro Esorcisti
e psichiatri55 ho tentato di abbozzare, nel primo capitolo, una storia degli
esorcismi nella Chiesa Latina, da Gesù Cristo a oggi. L'ho fatto per ren­
dere conto di come, negli ultimi tre secoli, il sacramentale dell'esorci­
smo sia stato quasi del tutto abbandonato. Per cui ci troviamo nella si­
tuazione di vescovi che, pur avendo il monopolio della nomina degli
esorcisti, non hanno nessuna esperienza in questo settore e non ne sen­
tono nessun interesse. Non avendoli mai studiati, mai visti, mai fatti,
nella grande maggioranza i vescovi della Chiesa Latina non ci credono.
Si aggiunga anche l'errore sparso a larghe mani da certi studiosi di Sa­
cra Scrittura, che negano pure gli esorcismi evangelici, riducendoli a lin­
guaggio culturale, adattato alla mentalità dell'epoca. Di conseguenza
neppure le Conferenze episcopali hanno interesse verso questo argo­
mento, che non conoscono e spesso direttamente combattono. Con
grande gioia di maghi, cartomanti, sette e di tutto il mondo dell'occulti-
smo, che ha così potuto prosperare e diffondersi del tutto indisturbato.

55 Gabriele Amorth, Esorcisti e psichiatri, Dehoniane, Roma 20014.


166 Io, vescovo esorcista

Si aggiunga una grave e imperdonabile lacuna. Tutte le commissioni


del Concilio Vaticano II erano affiancate da una commissione di esperti.
Anche nella revisione di talune parti del Rituale si è ascoltato il consi­
glio di esperti. Se c'era necessità di una commissione di esperti era pro­
prio a proposito del Rituale degli esorcismi. Invece no. Tutti coloro che
hanno partecipato alla compilazione del nuovo Rituale non avevano
mai fatto esorcismi, non ne avevano mai visti e non avevano la più pal­
lida idea di cosa capita durante un esorcismo. Il risultato è pienamente
conforme a questa premessa.
Non fa meraviglia, dopo quello che ho detto dei vescovi e che potrei
dire del clero in generale, se ci sono intere nazioni prive del tutto o qua­
si del tutto di esorcisti: Germania, Austria, Svizzera, Spagna, Portogal­
lo... Con l'aggravante di pubblicazioni e trasmissioni televisive, ispirate
dalle Conferenze episcopali, in cui si distoglie con tutte le forze dal pra­
ticare esorcismi. Un vero paradiso per i maghi, gli occultisti, le sette, i
superstiziosi. A cui va aggiunto il moltiplicarsi di veggenti, di falsi cari­
smatici e simili.

N o v e a n n i d i t e n t a t iv i

Non era facile recuperare tre secoli di trascuratezza. Da parte mia ho


cercato di lavorare in due direzioni: cercando di far conoscere ed eserci­
tare il sacramentale degli esorcismi; e cercando di far giungere le osser­
vazioni degli esorcisti alla commissione incaricata di redigere il nuovo
rituale.
Per la prima parte, ho ottenuto un certo risultato. Ho scritto tre libri
di grande diffusione (il primo, Un esorcista racconta,56 per ora ha rag­
giunto 17 edizioni in italiano ed è tradotto in 12 lingue: un successo
mondiale); ho scritto molti articoli; ho avuto un elevato numero di inter­
viste televisive e giornalistiche, in Italia e all'estero. Ho poi incominciato
a radunare gli esorcisti: non essendoci nessuna scuola per loro, ho pen­
sato che potevano arricchirsi di esperienza incontrandosi tra di loro. Co­
sì ho organizzato, fino al 2000, dieci incontri, cinque nazionali e cinque
intemazionali, con un continuo aumento di partecipanti: 12 al primo in­
contro, 232 al decimo incontro. Qualcosa si è smosso, perché in questi
anni sono stati nominati molti nuovi esorcisti, anche in diocesi in cui
mai ce n'erano stati. Negli incontri i neo esorcisti, ossia la grande mag­
gioranza, hanno potuto usufruire dell'esperienza dei pochi esorcisti che
da alcune decine di anni esercitano tale ministero.
Per la seconda direzione in cui ho indirizzato i miei sforzi (far giun­

56 Gabriele Amorth, Un esorcista racconta, Dehoniane, Roma 1990.


Il nuovo rituale degli esorcismi 167

gere la nostra voce alla commissione impegnata nella revisione del Ri­
tuale) mi sono trovato contro un muro di disinteresse e di disprezzo.
Fin dall'inizio abbiamo scritto le nostre osservazioni: elogiative della
prima parte, in cui venivano riassunti i fondamenti evangelici dell'esor­
cismo. È l'aspetto biblico-teologico su cui non mancava certo la compe­
tenza. È anche una parte del tutto nuova: nel 1614, quando uscì il Ritua­
le Romano, non c'era nessun bisogno di ricordare questi principi, da
tutti riconosciuti e accettati. Era invece necessario ricordarli oggi. E una
parte che è stata ancor meglio sviluppata nelle successive redazioni e
che tuttora merita ogni elogio.
Ma quando poi si passa alla parte pratica, che richiede una conoscen­
za specifica dell'argomento, si è palesata così evidente la totale inespe­
rienza dei redattori che le nostre osservazioni sono fioccate articolo per
articolo, senza risparmiare nessuno.
Faccio anche presente la grande cura del nostro procedere, a cui han­
no partecipato diciotto tra gli esorcisti di più lunga esperienza, quattor­
dici italiani, due francesi, uno inglese, uno statunitense. Le abbiamo
chiamate «Le osservazioni dei diciotto» e abbiamo cercato di farle avere
alle parti interessate, con più larghezza possibile: alla Congregazione
del Culto, alla Congregazione della Fede, alle nostre Conferenze episco­
pali... Una copia fu consegnata direttamente, brevi manu, al Santo Padre.
L'accoglienza è stata pessima e l'efficacia nulla. Mi ero illuso, fesso e
ingenuo come sono, che le disposizioni del Vaticano II fossero giunte
anche alle Congregazioni romane. In particolare mi ero ispirato alla Lu­
men Gentium, in cui si parla della Chiesa come «popolo di Dio» in cui
ognuno ha una funzione che collabora a tutto il funzionamento. San
Paolo è molto chiaro in questo. Ho pensato al n. 28 in cui si parla della
collaborazione dei sacerdoti con i vescovi; ma più ancora mi sono basa­
to sul n. 37, riferito addirittura ai laici, che afferma con chiarezza: «Se­
condo la scienza, la competenza e il prestigio di cui godono, hanno la fa­
coltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose
concernenti il bene della Chiesa. Se occorre si faccia questo attraverso
gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, for­
tezza, prudenza, reverenza e carità».
Era proprio il nostro caso: noi avevamo la scienza, la competenza, il
prestigio, e quindi il dovere, di far conoscere il nostro parere su cose con­
cernenti il bene della Chiesa, con verità e fortezza. Nessun dubbio che
poi la decisione spettasse all'autorità, ma osservando prima un obbligo.
Continua la Lumen Gentium : «I pastori si servano volentieri del loro pru­
dente consiglio e considerino attentamente le loro richieste». Mi ero pro­
prio illuso che le parole del Concilio fossero arrivate nelle Congregazioni
Romane. Mi sono trovato di fronte al muro del rifiuto e del disprezzo.
Trascrivo dalla relazione che il segretario della Congregazione del Culto
168 lo, vescovo esorcista

ha fatto alla commissione cardinalizia. Prima affermazione: I nostri unici


interlocutori sono soltanto i vescovi: sacerdoti, esorcisti, per quanto
esperti, non contano un fico secco. Contano solo i vescovi, anche se di
questa materia, almeno al 99%, non hanno nessuna esperienza. Ma se­
gue il disprezzo, quando il relatore passa a considerare il nostro sforzo di
essere almeno ascoltati nelle nostre osservazioni di persone competenti.
Non è stato visto come l'umile aiuto di gente esperta che esprime il suo
parere. È stato accolto come un insulto, una critica. Cito testualmente: «Si
dovette prendere atto del fenomeno di un gruppo di esorcisti e cosiddet­
ti demonologi (!), quelli che in seguito si sono costituiti in Associazione
Internazionale, che orchestrava una campagna contro il rito».
Noi non abbiamo mai orchestrato nessuna campagna contro il rito.
Abbiamo solo cercato di dare un contributo di persone competenti, mol­
to più che nelle commissioni incaricate di rivedere il Rituale, dove non ce
n'era una sola che fosse competente. Due commissioni. La commissione
cardinalizia, principale responsabile, che ha curato soprattutto i Praeno-
tanda, e la commissione che ha curato le preghiere. Della Commissione
cardinalizia non mi risulta che nessuno abbia mai fatto esorcismi, ne ab­
bia mai visti, abbia idea di come si svolgono, con la sola eccezione del
cardinale Medina. Nei loro interventi i cardinali hanno talvolta esordito
affermando: «Io di questa materia non ne so niente... Non me ne sono
mai occupato»; e il risultato, come diremo, è pienamente conforme a
questa totale inesperienza. Riguardo poi alla commissione che ha curato
le preghiere, basti riferire le parole del segretario: «Riguardo alle pre­
ghiere il dicastero si è rivolto ai propri consultori, in quanto periti di li­
turgia», ma del tutto analfabeti quanto a esorcismi, che non hanno mai
fatto e mai visto.

I FRUTTI: UN RITUALE CHE NON VALE NIENTE

Non parlo dei primi due capitoli dei Praenotanda : si tratta dei fonda­
menti evangelici ed ecclesiastici degli esorcismi, già li abbiamo definiti
ottimi e opportuni. Ma veniamo alle norme pratiche, a quelle norme per
cui non basta una cultura teologica, ma che richiedono un'esperienza
specifica. Poche chiacchiere: qui o si conosce o si bara, in ciò che si affer­
ma. E qui tutti, o almeno la maggioranza vincente, hanno barato.
Passiamo in rassegna qualcuno dei sette articoli a cui si è ridotto tut­
to l'insegnamento e le regole di comportamento offerte agli esorcisti,
compendiando anche - ossia saltando - gran parte delle 21 Norme del
Rituale Romano, che erano e continuano a essere di aiuto prezioso.
N. 13 - Ai requisiti indicati dal Codice Canonico perché un vescovo
nomini un esorcista, viene aggiunto «che abbia per questo incarico una
preparazione specifica». Certamente ciò sarebbe desiderabile, ma è al di
Il nuovo rituale degli esorcismi 169

fuori di ogni pratica realtà e possibilità. Quando il vescovo nomina un


esorcista, assegna un incarico che spesso è del tutto nuovo in un'ampia
regione e da secoli. L'unico insegnamento che il Vescovo è in grado di
dare si compendia in una parola che non viene detta, ma è sottintesa:
«Arrangiati!». Non ho conosciuto esorcisti che, al momento della nomi­
na, avessero già una preparazione: a tale scopo non avevano né l'inte­
resse né i mezzi. Oggi, oltre alla ricerca personale, l'unica preparazione
possibile è data forse dal partecipare ai corsi per esorcisti organizzati da
don Amorth...
N. 15 - Qui si parla dei malefici e di come comportarsi. Il maleficio è
un male causato a una persona ricorrendo al diavolo. Può essere fatto in
tante forme: fattura, legatura, maledizione, malocchio, voodoo, macum-
ba... Il Rituale Romano spiega il comportamento da usarsi in alcuni di
questi casi, per esempio se si è dato da mangiare o da bere alla vittima
qualcosa di malefico. Qui, orribile dictu, ci si limita ad affermare la proi­
bizione assòluta a fare esorcismi. Si ammette, con grande magnanimità,
qualche preghiera consolatoria, che può essere fatta anche da un sacer­
dote non esorcista o da un diacono. E perché non anche da un portinaio
o da un netturbino, ossia da un laico? I compilatori ignorano totalmente
che i malefici sono di gran lunga la causa più frequente delle possessio­
ni e dei mali malefici: non meno del 90%. È chiaro che non hanno mai
fatto e mai assistito a esorcismi, e non ne hanno neppure le più elemen­
tari cognizioni. E sono contenti se non si fanno.
N. 16 - In questo numero si afferma solennemente che non si posso­
no fare esorcismi se non c'è la morale certezza della presenza diabolica.
Intanto non ci si accorge di essere in diretto contrasto col Catechismo del­
la Chiesa Cattolica, che afferma, al n. 1673, che l'esorcismo va fatto per li­
berare dai demoni e per liberare da influenze diaboliche; va fatto sulle
persone e sugli oggetti. I compilatori ignorano totalmente che nei casi di
influenze diaboliche e nei casi di oggetti maleficiati (case, cose, animali),
non c'è mai la presenza diabolica. Ignorano che i casi di influenza dia­
bolica sono assai più numerosi che i casi di vera possessione. Per cui la
proclamata proibizione è frutto di ignoranza.
Ma c'è di più, molto di più in questo n. 16. Si vuole affrontare, con la
provata totale incompetenza, il problema del discernimento. «Non si
proceda agli esorcismi se non c'è la morale certezza della presenza del
demonio.» E si passa a parlare dei segni di tale presenza, accennando ai
tre segni già riportati, dal Rituale Romano: capire e parlare lingue sco­
nosciute, manifestare cose occulte, avere una forza straordinaria. Ma gli
estensori non sanno che questi segni, come quasi tutti gli altri segni, si
manifestano quasi esclusivamente durante gli esorcismi e non al di fuo­
ri di essi, per cui l'esorcismo ha vero e proprio scopo diagnostico, ossia
lo scopo di provocare i segni di un'eventuale presenza malefica.
170 Io, vescovo esorcista

Ma a questo punto ha prevalso un'idea davvero geniale, che è stata


accolta da tutti con un sospiro di sollievo: «Prima si fa la diagnosi e poi
si fa la cura». Nessuno ha rilevato l'assurdità di paragonare la diagnosi
medica con la diagnosi esoreistica. Per la diagnosi medica c'è l'aiuto
preliminare di analisi, di lastre, di febbri, di TAC e risonanza magnetica,
ecc.> mentre per la diagnosi esoreistica c'è solo la preghiera. In più, uno
sbaglio di diagnosi medica può portare a operazioni sbagliate, a cure
sbagliate, con gravi danni dei pazienti. Gli esorcismi, che sono preghie­
re, mai possono causare danni. Mai mi sono pentito di aver fatto esorci­
smi non necessari; mai ne sono seguiti danni, ma solo la soddisfazione
di sentirsi dire: «Stia tranquillo che in lei non c'è niente di malefico».
Sono tutte affermazioni gravissime e dannosissime, da parte degli
inesperti redattori. Ma gli esorcisti, ossia gli esperti che da decine d'anni
si trovano quotidianamente a risolvere il problema se in una persona c'è
o no una presenza malefica, sono stati tenuti ben lontani, disprezzati e
tacciati con perfida ironia da cosiddetti demonologi.
N. 18 - È ridicolo che, nei casi difficili, il vescovo si debba rivolgere a
chissà quali immaginari esperti, quando i veri e comuni esperti sono
stati del tutto esclusi dalla compilazione del Rituale.
A questo punto si chiudono le istruzioni dei Praenotanda, omettendo
norme di fondamentale importanza, già contenute nel Rituale Romano.
im p e r d o n a b i l e l a c u n a - Tutti gli esorcisti sanno, nei casi di vera pos­

sessione, quanto sia importante l'interrogatorio dei demoni, di origine


evangelica. Il Rituale Romano insegnava con chiarezza quali domande
si debbono fare e quali non fare. Le preghiere contenevano il comando
(«Praecipio tibi, quicumque es, spiritus immunde...») che ho sempre ri­
tenuto il più forte, il più conclusivo, tanto che padre Candido e tutti
noi, suoi allievi, lo riserviamo per ultimo. Inutile dire che né nei Prae­
notanda né nelle preci, non si fa nessuno accenno a tale interrogatorio.
Dimostrazione in più, se ce ne fosse il bisogno, che nessuno dei redatto­
ri del Rituale, di entrambe le commissioni, ha mai fatto e mai visto un
esorcismo.
Ho incominciato questa amarissima relazione suggerendo quali cor­
rezioni e quali completamenti noi esorcisti ci saremmo attesi. Ora, vo­
lendo volgere al termine, non finirei più di elencare quali norme del Ri­
tuale romano sono state omesse, benché importanti, attuali, necessarie.
Mi limito a elencarle seguendo la numerazione del Rituale Romano.
Norme numero: 4 ,5 ,6 ,7 ,8 ,1 1 ,1 3 ,1 4 ,1 5 ,1 6 ,1 7 ,1 8 ,1 9 ,2 0 . Chi non aves­
se il Rituale Romano, può trovarle tradotte in appendice al mio libro
Esorcisti e psichiatri.
c o n c l u s i o n e - Non dico che il nuovo rituale non sia stato compilato

con cura; chi lo legge non può averne che un'impressione favorevole.
Dico che è stato compilato con totale, assoluta, incompetenza specifica
Il nuovo rituale degli esorcismi 171

da persone di ragguardevoli competenze in altri settori, ma del tutto a


digiuno riguardo a esorcismi.
Una barchetta di salvataggio, di cui siamo molto grati, è stata offerta
alla fine dal cardinale Medina quando ha allegato, al nuovo Rituale, una
Notificatio in cui si afferma che i vescovi possono richiedere alla Congre­
gazione del Culto Divino, per uso dei loro esorcisti, la facoltà di usare
ancora il precedente Rituale Romano; e tale facoltà viene concessa vo­
lentieri (libenter). È ima possibilità molto saggia e che rimedia a una bru­
sca rottura col passato.

Don Gabriele Amorth pssp , Roma, 8 settembre 2000.


XIX
L'«Istruzione» della Congregazione
per la dottrina della Fede

«Finalmente! Era ora!» Così avrà esclamato qualcuno dopo la


pubblicazione dell'istruzione dell'ex santo uffizio sulle «preghie­
re di guarigione» datato al 14 settembre 2000. .
E naturalmente, senza averne capito il senso e averne letto
completamente il contenuto, i media si sono buttati a capofitto
sul testo, meglio si direbbe sul... titolo del testo (Istruzione circa le
preghiere per ottenere da Dio la guarigione ), e hanno già emesso il
giudizio giornalistico (che sappiamo ormai quanto valga!): nien­
te esorcismi (sic!), niente messe di liberazione o guarigione e, co­
me sfondo, anche per far capire l'intento, non dirò degli autori
dell'istruzione, ma dei giornalisti interessati, l'immagine di mon­
signor Milingo,57 il più celebre fra gli esorcisti attuali.
Il quale - lo dico con un poco di sofferenza - ha avuto l'onore di
essere proscritto da alcuni ordinari diocesani che non nominerò
per carità cristiana, i quali ordinari diocesani, spesso sono gli stessi
che benedicono la costruzione di moschee accanto a templi cattoli­
ci, o, quanto meno, invitano a una totale tolleranza verso membri
di altre religioni (anche gli estremisti che uccidono senza pietà?...)
Sta di fatto che il caro confratello Milingo ha subito l'umilia­
zione - ma per lui è una gloria, assicuro! - di vedersi proibita la
celebrazione pubblica della santa messa in certe diocesi.
Non ho letto i vari decreti di proscrizione che dovrebbero reca­
re le ragioni di un sì grave provvedimento nei confronti di un ve-

57 Ho deciso di lasciare questo capitolo nella stesura originaria, anche se nel frat­
tempo è successo ciò che tutti sappiamo e che formerà oggetto di un altro capito­
lo in questo stesso volume.
V«Istruzione» della Congregazione per la dottrina della Fede 173

scovo, che non è scomunicato, si noti, ha il solo torto, invece, di


far arrabbiare i demoni quando celebra l'Eucarestia, o benedice,
o esorcizza. Domando a chiunque sia di sana costituzione menta­
le se ciò è molto grave, come richiede la stessa Istruzione - e lo
vedremo - per un provvedimento così severo nei confronti di un
successore degli apostoli.
Certo, l'istruzione afferma, nella parte normativa, che qualsia­
si ministro sacro che intenda presiedere una celebrazione di gua­
rigione, liturgica o non liturgica, deve ottenere il placet dall'ordi­
nario del luogo, il quale può non concederlo per gravi e
riconosciuti motivi.
Rimane da vedere quali siano questi motivi: ne discuterò fra
poco; mentre mi compiaccio con me stesso che, essendo ordina­
rio di un luogo, per una celebrazione di liberazione (a me non
piace parlare di guarigione, come ho detto a suo luogo) non ho
bisogno di permessi. E infatti, come ho già scritto, i fedeli afflitti
da sofferenze fisiche e morali per influsso del Maligno, che non
possono ricorrere a nessuno nei territori dove abitano (quale gra­
ve omissione per chi continua a non sentirne la responsabilità!) è
per poter usufruire del mio ministero pieno e incondizionato de­
vono raggiungermi da lontano spesso dopo viaggi disagiati e
lunghi durante i quali inoltre - non so se l'ho già detto - il demo­
nio mette in atto mille astuzie perché non arrivino a destinazione
(rottura dell'automobile, maltempo, recrudescenza di sofferenza
fisica, avversione inspiegabile al viaggio stesso...).
Torno al documento, il quale ho detto appare proprio diretto
contro quel vescovo che, essendo più libero del sottoscritto per­
ché non ha una diocesi, è invitato da molte parti.
Domando subito: che cosa va facendo di male quest'uomo, di
cui - so con certezza - il demonio ha una paura incontenibile?
Che male fa se, accorrendo i fedeli da ogni parte dov'è annuncia­
ta la sua presenza, li benedice, li consola, li incoraggia? Che male
fa, soprattutto, se durante le sue celebrazioni - è per me e per le
mie celebrazioni un caso quasi quotidiano - liturgicamente cor­
rette, il demonio ruggisce - è il verbo adoperato dall'apostolo
Pietro! - si fa sentire, grida, però come avveniva al tempo di Ge­
sù, quando attorno a lui gli ossessi gridavano e scalpitavano ed
egli imponeva loro il silenzio «... perché confessavano che egli
era Dio» (Le 4,34) mentre essi dicevano «Che hai da fare tu con
noi? Sei venuto a rovinarci...?» (Mt 8,29)?
174 lo, vescovo esorcista

Non so comunque quale sia l'intenzione degli estensori, ed è


perciò facile che ognuno la intenda e ne parli come vuole. Biso-
gnerà quindi, correttamente, non andare a cercare le intenzioni o
le «soffiate» come qualche malizioso ha insinuato, bisognerà sta­
re al testo e leggerlo per come suona, secondo i criteri di una sana
ermeneutica. È quanto io voglio fare, senza nessuna inibizione
reverenziale.
Intanto vorrei chiedere agli eminentissimi firmatari - il papa è
fuori questione avete mai assistito, anche solo raramente, a
una di queste celebrazioni di cui disquisite? Di poi: avete mai
presieduto dall'altezza della vostra dignità episcopale a una di
quelle celebrazioni di cui parlate? Che, se non l'avete fatto - direi
umilmente - , vi consiglio di farlo quanto prima, magari in inco­
gnito... Se volete, la mia diocesi è disponibilissima e aperta.
Una buona norma di prudenza - salvo una chiara ispirazione
dall'alto, di cui, immagino, le l l e e sono espertissime - suggerisce
che per parlare di qualcosa bisogna averne appurato la sostanza
e gli accidenti e, tra questi ultimi, specialmente quelli che emer­
gono dalle ferme proibizioni del documento.
Per esempio, tanto per esser chiaro, le l l e e all'art. 5.3 parla­
no di «isterismi». Ebbene, chiunque sia un poco pratico delle
cose, ossia chi ha promosso, ha presieduto, ha partecipato a
qualcuna di queste celebrazioni di guarigione sa che se «isteri­
smi» ci sono (non sono purtroppo isterismi!) questi provengo­
no non certo da chi presiede la preghiera, o dal gruppo che lo
attornia e dai fedeli presenti, ma vengono solamente - e come! -
dai fratelli tribolati, infestati, vessati e posseduti, i quali, anche
fuori dall'esorcismo vero e proprio, solo che si preghi su di lo­
ro - è un'esperienza che faccio ogni giorno - si agitano, urlano,
stramazzano a terra, cercano di avventarsi contro il ministro
sacro.
Domando: sono questi gli «isterismi» a cui il documento delle
l l e e si riferisce? Se è così vorrei dire loro: dovete inviare la «In-

structio» al piano di sotto, all'infemo di dove partono coloro che


vessano i nostri poveri fratelli e sorelle e, quando si prega per lo­
ro, li fanno apparire isterici, ossia, «invasati», per adoperare un si­
gnificativo aggettivo della nostra lingua.
«Isterismi» in chi presiede la preghiera? Mi sembra azzardato
il solo pensarlo, a meno che le l l e e non si riferiscano a un modo
di pregare di certi gruppi. In questo caso, bisogna dirlo, crederei
V«Istruzione» della Congregazione per la dottrina della Fede 175

trattarsi di altro preciso contesto, non quello delle celebrazioni di


liberazione o guarigione.
Per non essere scortese fino in fondo, dirò che mi ha fatto mol­
to piacere il forte e ripetuto richiamo all'autorità dell'ordinario
del luogo: in tal modo il sottoscritto si sente veramente in una
botte di ferro, perché egli in prima persona aiuta tanti fratelli che
ricorrono ai pastori della Chiesa.
Ecco che a tal riguardo, come ho già accennato, avrei visto be­
ne in un documento tanto autorevole, dove si citano tanti canoni,
un invito agli ordinari a stabilire degli esorcisti, almeno uno in
ogni diocesi.
Già! Mi sorge maliziosamente dal cuore una domanda: perché
il documento non ha dedicato almeno un passaggio per dire che
quando i fratelli dùrante la preghiera assumono atteggiamenti
isterici, apparentemente ingiustificati, occorre inviarli da un buon
esorcista che deve essere a portata di tutti, non a settanta o a tre­
cento chilometri di distanza...?
Allora, con totale franchezza, dirò che attendo una successiva
«Instructio» che conforti tanti fratelli esorcisti e faccia rinascere la
speranza in tanti altri fratelli tribolati di poter ricorrere con fre­
quenza a un ministro sacro debitamente autorizzato, preparato e
completamente disponibile, di modo che a Roma non si debba
rimpiangere padre Candido, a Venezia padre Emetti...

Ciò che nella «Instructio» merita lode incondizionata - e sarebbe


ingiusto non riconoscerlo - è la parte dottrinale, precisa, completa,
degna della congregazione che l'ha emessa. La si legge con immen­
so piacere e si loda il Signore che ne ha ispirato gli estensori.
Tuttavia non si può fare a meno di subire un'impressione nien­
te affatto gradevole allorché si passa dall'esauriente, ricchissima
introduzione, alla parte normativa, fatta esclusivamente di divie­
ti e di proibizioni nonché pervasa - impossibile negarlo - da una
sinistra atmosfera di caccia alle streghe, per confermare ancora
una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che l'autorità della Chiesa
continua a guardare con diffidenza tutti quelli che, prendendo il
Vangelo alla lettera, vogliono sconfiggere il potere delle tenebre e
portare alle ultime conseguenze quella lotta contro Satana che ri­
sale all'inizio della storia della salvezza.
Sono sicuro - e sarò pronto a confermarlo - che il demonio per
bocca di qualcuno che cerco di liberare mi esprimerà tutta la
176 Io, vescovo esorcista

sua... soddisfazione per questo documento che nel suo comples­


so dà ragione a quanti guardano con sospetto, quando non deri­
dono, coloro che nel nome di Gesù, con l'arma della preghiera,
con l'autorità apostolica, intendono combattere il Maligno.
Qui non invento nulla, ché più volte - e non a me solo - il de­
monio ha espresso pieno compiacimento nei confronti di quei
pastori d'anime che non vogliono saperne di nominare esorcisti e
non praticano essi stessi gli esorcismi come fa il sottoscritto, il
quale da questo ingrato ma necessario «mestiere» ha tratto un
grande giovamento alla sua fede e soprattutto ha avvertito molti­
plicata gioia nel constatare la grazia che Dio diffonde nelle anime
e nei corpi di tanti fratelli attraverso il suo ministero.
Ripeto, perché voglio mi si intenda correttamente: il documen­
to di cui sto parlando è stato scritto, per la parte pratica, tutta in­
tessuta di precauzioni e di sospetti, da chi non sa o non vuol sape­
re, perché non ha mai partecipato a nessun gruppo di preghiera
di liberazione o guarigione, quello che ivi può succedere solo a
causa dell'efficacia liberatrice e sanatrice della preghiera, alla qua­
le il demonio reagisce rabbiosamente.
Ora - la conclusione è dolorosa - il demonio ha a disposizione
un'arma in più per continuare nella sua spietata battaglia contro
i figli di Dio.
Ma ripeto con piena consapevolezza, come ho fatto pubblica­
mente sin dall'inizio del mio ministero episcopale, e quindi di
esorcista: «le porte degli inferi non prevaranno» nonostante tutti
i documenti.
XX
A chi fanno paura gli esorcisti?

Ricordo lo sconcerto e lo stupore con cui il presidente dell'Asso-


ciazione internazionale degli esorcisti mi comunicò, in uno degli
incontri che l'Associazione annualmente promuove, che la matti­
na stessa del giorno fissato per l'udienza pontificia - non udien­
za particolare, bensì inserita nell'udienza generale - era arrivato
perentorio dalla prefettura della casa pontificia l'ordine di non
presentarsi.
L'udienza al gruppo era stata annullata. Da chi? Perché?
Non riferisco i commenti, non certo benevoli, alla decisione,
che rimane a tutt'oggi senza spiegazione.
A tali convegni annuali ho diverse volte io stesso partecipato,
sempre con grande piacere e utilità, e alcune volte sono stato
chiamato a svolgervi qualche relazione introduttiva.
I cari sacerdoti esorcisti non mi hanno mai nascosto, in partico­
lare in queste occasioni, ma anche per lettera, il loro compiaci­
mento nel constatare che almeno uno dei vescovi stesse con loro,
ne motivasse il ministero, ne apprezzasse l'opera.
È naturale pertanto che in simili occasioni, e non solo in queste,
mi si facesse notare, spesso con disappunto, come il ministero de­
gli esorcisti sia, nei rispettivi luoghi, circondato da un'atmosfera
di sospetto, di preoccupazione, di non velata disapprovazione da
parte dei legittimi pastori, facendomi notare senza mezzi termini
il danno che in tali casi ne viene alla categoria dei sofferenti a cui
gli esorcisti intendono portare sollievo in nome di Dio.
Per quanto volessi - se non altro per spirito di corpo -, non so­
no mai riuscito a giustificare certi comportamenti, spesso deriva­
ti da preconcetti, diciamo pure da ignoranza e da superficialità.
178 Io, vescovo esorcista

Comunque ho sempre consigliato l'obbedienza, la quale viene


sempre premiata da Dio.
Mi chiedevo il perché - e l'ho detto agli esorcisti - , in questo
contesto, di quell'alone di estrema riservatezza in cui quegli im­
portanti incontri avvenivano, spesso presentati semplicemente
come incontri sacerdotali e basta. Mi è stato risposto al riguardo
che ciò era dettato da prudenza per non solleticare curiosità
inopportune, specialmente da parte della stampa.
Non sono affatto d'accordo. Gli esorcisti, infatti non dovrebbe­
ro avere nulla da nascondere a chicchessia, a meno che non siano
essi stessi convinti di fare qualcosa di... misterioso, di strano, o di
proibito...
Ma dunque, chi ha paura degli esorcisti?
«... I demoni!» si dovrebbe immediatamente rispondere, ed è
verissimo. I demoni hanno una grande paura, non tanto degli
esorcisti in quanto persone, ma del loro ministero esercitato in no­
me della Chiesa che segue il comando di Gesù «Scacciate i demo­
ni!» (Mt 10,8). Hanno paura i demoni di questo ministero, soprat­
tutto se esercitato con umiltà ed è affidato, come sempre dovrebbe
essere, a persone sante, di grande virtù, di molta preghiera, di co­
stante unione con Dio.
Il demonio ha paura, si sente schiacciato dalla santità, come di­
mostra la vita dei santi, ed è per questo che, come sopra accenna­
vamo, cerca a ogni modo, anche con violenza fisica, di impedirne
l'azione.
Ma gli altri perché dovrebbero aver paura degli esorcisti?
Perché costoro dovrebbero dar fastidio e apparire poco meno
che stregoni e addirittura iettatori?
Mi viene in mente a tal proposito la pagina del Vangelo dove si
racconta ddl'indemoniato di Gerasa (Mt 8,28-34). Lì c'era stata la
perdita di un'intera mandria di porci... si comprende allora per­
ché i geraseni pregano Gesù di «allontanarsi dal loro territorio».
Ma quale mandria di porci hanno mai distrutto gli esorcisti? A
chi hanno recato danno? E che fastidio danno se non quello di ri­
cordare a tutti una presenza certo scomoda, ma dalla quale ci si
deve assolutamente difendere?
Penso a uno degli esorcisti della mia diocesi che ha avuto sem­
pre il problema di trovare un luogo dove radunare i sofferenti
che ricorrono a lui per pregare con lui e per essere da lui aiutati
in nome di Dio.
A chi fanno paura gli esorcisti? 179

Ricordo anche titoli di giornali a caratteri cubitali quasi a ese­


crare cose mostruose.
Che dire poi degli interventi delle forze dell'ordine, contro
ogni regola, in forma di irruzione durante la preghiera in luogo
sacro e quindi, come giustificazione, le loro calunniose invenzio­
ni, le denunzie, le accuse bugiarde, fino a simulare ferite da parte
di chi esigeva non si violasse la sua privatezza, com'era suo dirit­
to, specie in un momento così delicato?
Comunque pazienza per questi ignoranti e sedicenti tutori
dell'ordine (ma quale ordine? Pensino a tenere a bada i delin­
quenti, non a disturbare le preghiere di chi, in casa sua - il prete
in una chiesa - fa il suo... mestiere...), pazienza per questi igno­
ranti superficiali a cui almeno la divisa che portano dovrebbe
suggerire onestà, delicatezza, rispetto, rigorosa osservanza delle
leggi: non è comprensibile il disprezzo, la derisione, la saccente­
ria, la presuntuosa sufficienza di chi ce l'ha contro questi cirenei
della categoria più sfortunata di sofferenti...
E se fossero addirittura i vescovi?
Non voglio nemmeno ipotizzarlo. Ignorerebbero, non certo in­
consapevolmente, un punto preciso, inequivocabile della dottri­
na della Chiesa, fondamentato da cento e cento pagine della divi­
na Scrittura.
Chi ha paura degli esorcisti?
Chi ha paura del demonio e non vuole dirlo a se stesso.
Ma - aggiungo immediatamente - aver paura del demonio
vuol dire non avere la coscienza totalmente pura...
Eh già! È successo qualche volta anche al sottoscritto di aver
accanto qualche consacrato curioso e ammesso per benevolenza,
e di sentirlo apostrofare in malo modo dallo spirito con precise
indicazioni che hanno costretto il malcapitato a non intervenire
una seconda volta.
È bene aver paura del demonio, soprattutto quando si è da lui
lusingati con la tentazione, ma aver paura di chi ha il mandato di
scacciare i demoni è semplicemente assurdo, è ridicolo. La riten­
go una specie di disonorevole connivenza, è comunque sempre
un punto di inqualificabile superficialità, indegna di qualsiasi
ministro sacro.
Questa paura degli esorcisti ha fatto sì che se ne riducesse il
numero in ogni parte (in qualche nazione cattolica non ce n'è ri­
masto più nessuno!): del che il demonio ha più e più volte
180 Io, vescovo esorcista

espresso anche dinanzi a me la sua fierissima e gongolante sod­


disfazione.
«Che ti credi» mi ha rinfacciato più volte «che siano tutti come
te?»
E poi la mazzata autentica espressa in tono di sfida: «Siete ri­
masti in pochi!».
«Pochi ma buoni!» l'ho subito rimbeccato. Ma come non dargli
ragione a mente fredda, quando, si può dire ogni giorno, ricevo
persone che vengono di lontano e mi dicono che vi sono costrette
perché non trovano vicino chi le ascolti e le aiuti...?
Il fatto che certi bravi e sperimentati esorcisti una volta passati
a miglior vita - penso a padre Candido di Roma, a padre Emetti
di Venezia - non siano stati adeguatamente rimpiazzati è una ve­
ra sciagura, tanto più che, come ci ha ricordato don Orione nella
pagina che ho riferito, gli indemoniati sono destinati a crescere di
numero - lo diceva più di settantanni or sono - ed è stato facile
profeta.

Non voglio qui affrontare le obiezioni che normalmente si fan­


no agli esorcisti. È tutto il contenuto di queste pagine che le con­
futa. Ed è inutile ripetersi. ,
Deve comunque finire questa sagra di luoghi comuni, di silen­
zi interessati, di superficialità che grava su tutta la materia, di­
mostrando ancora una volta tutta l'astuzia del nemico, che trova
dei facili alleati - e me lo dice - anche in «loco sancto» (vedi la
storia dell'udienza negata!).
Deve finire questa inadempienza deplorevole; deve finire que­
sto agire da struzzi nascondendo il viso sotto la sabbia per nega­
re l'evidenza... A tanti, infatti, ho detto: «Vieni e vedi!»... ma na­
turalmente chi non vuole credere non verrà mai, tanto più che ha
dalla sua tutte le balordaggini che si ripetono acriticamente an­
che in riunioni cosiddette scientifiche.
Per esempio mi sono trovato ad assistere per caso a uno spez­
zone di trasmissione televisiva dove, a chi diceva di aver visto
vomitare a un poveretto delle ciocche di capelli (effetto risaputo
di malefici), Inesperto» ha risposto testualmente: «Semplice!
Senza accorgersene, specie di notte, si strappa i capelli, li mangia
e poi li rimette».
A nessuno è venuto in mente di obiettare: «E se i capelli risul­
tassero non suoi?», oppure: «Se la materia vomitata è volumino­
A chi fanno paura gli esorcisti? 181

sa e di materiale stranissimo?». (L'ha raccontato più volte padre


Gabriele Amorth...)
La superficialità è uno dei mali più diffusi riscontrati nell'at­
tuale società. E quando tale superficialità pretende di spiegare
cose inspiegabili, si cade davvero nel ridicolo...
Per questo noi esorcisti abbiamo una vita allegra!
A tal proposito, se ci fosse qualcuno che volesse raccogliere le
fesserie ripetute a riguardo di quanto stiamo trattando, lo aiute­
rei a fame una raccolta e ne patrocinerei la stampa.

Adesso pare possiamo capire il perché di questa deprecata


emarginazione degli esorcisti e quindi la loro clandestinità. La lo­
ro esistenza e soprattutto la loro azione è una sconfessione palese
di innumerevoli luoghi comuni. E ciò può dar fastidio, specie
agli ignoranti che pretendono di salire in cattedra.
XXI
Il drago sconfitto

Il 15 agosto 2001 io mi trovavo al «Colle Granara» di Filettino


(Frosinone) in una cattedrale naturale circondata da superbe ci­
me di monti innevate, in un pianoro verdeggiante. Su un altare
provvisorio celebrai l'Eucarestia del giorno dell'Assunta. Vi assi­
steva una comunità di villeggianti usciti dai loro alberghi e pron­
ti a soddisfare il precetto festivo in quella cornice naturale di in­
cantevole bellezza.
C'era un'avvertibile attesa, dato che era stata annunziata la
presenza di un vescovo, cosa che avviene rarissimamente fra
quelle montagne. Il vescovo atteso era il sottoscritto.
Da alcuni anni, infatti, intorno al mezzo agosto, passo alcuni
giorni di quiete riposante presso amici cortesi e affettuosi, in cli­
ma favorevole e salubre.
Nell'agosto 2001 ero stato dispensato dalla messa nella Chiesa
madre, perché colà celebrava un principe di Santa romana Chie­
sa, anch'egli attratto dalle bellezze e dal clima del luogo, nonché
dalla cortesia degli abitanti; abituali, poche centinaia, ed estivi in
gran numero, colà riversatisi specialmente dalla capitale.
Una messa dell'Assunta, dùnque, per me straordinaria. La ce­
lebravo con particolare devozione e anche con una eccezionale
ebbrezza dello spirito.
Spiego subito: solo il giorno prima si era felicemente risolto il
«caso Milingo» - chiamiamolo così - e si verificava quanto avevo
sperato e, in uno slancio di fiducia, predetto a chi mi stava intor­
no, nel giorno del dolorosissimo annunzio.
Durante quella messa, leggendosi il capitolo dodicesimo del-
l 'Apocalisse ove si parla della donna e del drago, non potei fare a
Il drago sconfitto 183

meno di esclamare, meglio si direbbe gridare: «Il drago ancora


una volta è stato sconfitto dalla donna, Maria, sconfìtto clamoro­
samente!».
Tutti poterono vedere in quella messa, a quota duemila, il volto
di questo vescovo raggiante di luce sovrumana, che i fedeli non
fecero difficoltà a fare propria, come in un necessario riverbero.

Le operazioni di trascrizione di queste mie pagine, protrattesi


più del previsto, mi permettono dunque di inserire tra di esse an­
che questo capitolo, scritto per ultimo, ma tra i più profonda­
mente sentiti. Basterebbe questo fatto per non rammaricarsi ec­
cessivamente di questo ritardo nella pubblicazione del libro che,
so, è da più parti atteso.
Il caso Milingo, dunque!
Sembrava dover essere la più clamorosa vittoria di Satana - e
così commentatori frettolosi e superficiali l'avevano giudicato e...
gonfiato - e invece si è trasformato nella più splendida vittoria
della grazia, di cui Maria è la distributrice sovrana...
Se Gesù ha detto che si fa più festa in cielo per un peccatore
che si pente che non per novantanove giusti che rimangono fede­
li (cfr. Le 15,7), dobbiamo dire che forse mai si è fatta tanta festa
in cielo come in quel 14 agosto 2001, quando tutte le agenzie co­
municavano la notizia del definitivo rientro di monsignor Milin­
go alla sua Chiesa, al suo stato di vita, pronto a far penitenza per
il gravissimo scandalo dato alla Chiesa, e a quanti, fra cui io stes­
so - l'ho scritto anche in queste pagine - , avevano sempre credu­
to alla sua bontà, alla sua rettitudine e nell'efficacia della sua in­
tercessione nella lotta contro il Maligno.
Quando deflagrò come una bomba la notizia della sua fuga
nella setta e del matrimonio preparatogli da estranei, a cui egli
senza batter ciglio si era sottomesso, ci fu un coro di angosciosi
commenti da parte dei suoi ammiratori e fedeli. «Non è possibi­
le!» esclamai io. «È impazzito!» dicevano altri. «È stato plagiato!»
specificavano i più maligni commentando i difficili rapporti che
il vescovo esorcista aveva sempre avuto con le alte sfere ecclesia­
stiche, che gli avevano, fra l'altro, impedito sempre l'accesso di­
retto al papa.
Del grande rumore suscitato dai media intorno al caso, io av­
vertivo interiormente la risonanza come una sconfitta del bene,
come il crollo di un baluardo.
184 Io, vescovo esorcista

Avevo visto monsignor Milingo soltanto una volta, quando


andai a una delle sue messe di liberazione. La sua fama poi mi
raggiunse attraverso i fratelli che benedicevano Dio per il confor­
to ricevuto dairincontro col vescovo, dappertutto accolto come
una benedizione di Dio.
Dappertutto no, purtroppo! - e lo dicemmo - perché ci sono
stati dei vescovi che incredibilmente, trascurando tra l'altro gravi
problemi, gli avevano impedito di celebrare l'Eucarestia nel terri­
torio di loro competenza.
«Che pena!» esclamai a suo tempo di fronte a questi provvedi­
menti. Anzi, come ho detto nel capitolo apposito, la stessa «In-
structio» della Congregazione per la dottrina della fede sembra­
va fatta apposta per ridimensionare monsignor Milingo e le sue
celebrazioni, sempre affollatissime.
Quando pertanto si diffuse la notizia mondiale della sua fuga,
nessuno si poté esimere dal pensare che quei provvedimenti fos­
sero giusti e che le preoccupazioni vaticane avevano un fonda­
mento.
10 non volevo rassegnarmi a questa conclusione, anche perché
avevo sentito più volte il Maligno accomunarmi al vescovo Mi­
lingo nella deprecazione della sua opera. Sì, i demoni hanno con­
fessato più volte, durante i miei esorcismi, di aborrire il vescovo
esorcista.
Quando poi vidi in televisione le immagini di quella ridicola
festa di nozze, fui costretto a esclamare: «Allora è proprio vero!».
Ma in un impeto di subitanea speranza, aggiunsi - e ci sono
dei testimoni che erano presenti -: «Ritornerà!».
Ed è tornato.

11 peccato di questo mio fratello vescovo nella sua oggettività -


esclusa quindi la sua consapevolezza e la sua responsabilità - è
stato gravissimo.
Peccato di apostasia: aveva lasciato la fede cattolica per aderire
a una setta pseudoreligiosa.
Peccato di infedeltà a un sacro giuramento fatto al papa e
quindi alla Chiesa, fuggendo in altri gruppi.
Peccato di sacrilegio, in quanto, compiendo il matrimonio,
aveva infranto l'impegno di celibato a cui sono tenuti con voto i
ministri sacri della Chiesa cattolica.
Peccato di scandalo, infine, gravissimo, in quanto si trattava
Il drago sconfitto 185

dell'operato di un vescovo, e di un vescovo peraltro celebre e


tanto seguito.
Lo smarrimento del gruppo di quanti avevano sempre credu­
to in lui apprezzandone gli insegnamenti e l'opera fu smisurato.
Lo rilevavo dai commenti che raggiungevano me, sempre acco­
munato all'opera di monsignor Milingo nella lotta contro il de­
monio.
I più andavano dicendo: «Il demonio si è vendicato nella ma­
niera più ignobile e plateale».
Pareva essere vero.

Me lo riferì, alcuni giorni dopo il fattaccio, Lucia, uno dei casi


più dolorosi che sto seguendo e uno dei più lunghi.
Appena entrata nella mia cappella sorretta dal marito, Lucia
emise un urlo satanico e, senza che io aprissi bocca né dicessi al­
cuna preghiera, mi sciorinò con voce sonante e innaturale tutta la
baldanza infernale per quella vittoria:
«Hai visto» gridava «che cosa abbiamo combinato al tuo colle­
ga Milingo, alla tua Chiesa?!»
Che potevo rispondere?
Ma, ancora una volta, con impeto subitaneo gridai senza sape­
re ciò che dicevo: «Tornerà!».
Ed è tornato...
Come accennato, il rumore che ha circondato il caso è stato
enorme, ed è durato per un'intera estate. Naturalmente chi, come
sempre, aveva voglia di mettere alla berlina la Chiesa e gli uomi­
ni di Chiesa ha avuto argomenti a iosa. È stato questo, possiamo
dire, il campo in cui la vittoria parziale e temporale del drago ha
avuto modo di sguazzare a suo agio, tuttavia, ora che il turbinio
dei commenti è cessato, possiamo dire che tutto il rumore susci­
tato dal caso non ha fatto altro che evidenziare maggiormente la
vittoria successiva, costituita dal ritorno alla casa del Padre di
questo figlio perduto e ritrovato.
È sempre così: Dio sa ricavare dal male il bene.
Così abbiamo ammirato prima di tutto la bontà del papa, già
in precedenza dimostrata, verso il vescovo rifiutato e calunniato
dai suoi confratelli e connazionali: quando il figlio è ritornato
non ha trovato le porte chiuse, ha ritrovato due braccia spalanca­
te, pronte ad abbracciarlo. Ed è stato questo l'inizio del definitivo
pentimento e del rifiuto del peccato.
186 Io, vescovo esorcista

Lodare la infinita misericordia di Dio, dunque, è un dolcissimo


nostro dovere.
Questo ritorno, inoltre, conforta quanti eventualmente si tro­
vassero nella situazione analoga e dubitassero della bontà di Dio,
la quale «ha sì gran braccia» che accoglie chiunque a lui si rivolge
e ritorna. Nel caso Milingo la Chiesa di Gesù è apparsa davvero
la casa della misericordia, come deve essere.
Al riguardo, non riesco a capire - e lo dico anche qui come ho
fatto più volte - quei cristiani farisei che hanno storto il naso nel
constatare l'attesa, prima, e l'accoglienza, dopo, della Chiesa ma­
dre nei confronti di questo figlio peccatore. Costoro non hanno
capito nulla del Vangelo. Proprio costoro, come il figlio maggiore
della parabola di Gesù, hanno bisogno di resipiscenza e di con­
versione.
Un altro bene derivato da questo scandalo così complicato è
quello che riguarda noi, ministri sacri, a cui Dio ha conferito i te­
sori della sua grazia e della sua misericordia. Nessuno di noi può
ritenersi sicuro e immune dal subire il fascino della tentazione,
qualunque essa sia.
Non posso azzardare ipotesi che violino i sacrari della coscien­
za del mio confratello Milingo, ma se dovessi guardare a me stes­
so e al mio ministero, la cui efficacia spesso mi stupisce e mi sba­
lordisce, posso capire come la tentazione di attribuire a se stessi
la vittoria della grazia è molto forte, è la tentazione più subdola,
più pericolosa, a confronto della quale quella del fascino mulie­
bre è quasi nulla, mi si creda.
Quanto è successo, dunque, ci serve e ci servirà come lezione
premonitrice e salutare; ognuno di noi troppo confidando in se
stesso, potrebbe da un momento all'altro cadere nella maniera
più vergognosa e... alla luce del sole.
Dio mi aiuti, Dio ci aiuti - dico a tutti i miei fratelli di fede e di
ministero - a renderci come‘ci chiede Gesù, «servi inutili» (Le
17,10), poveri, piccoli, anche se necessari strumenti di quel Dio
che solo opera meraviglie. «Non a noi, Signore, non a noi, ma al
tuo nome da' gloria» (Sai 113).
Ora, dopo quanto è successo, ho cento motivi in più per lodare
il mio Dio, per amare il mio ministero e per impegnarmi seria­
mente a conformare la mia vita alle grandi cose che il Signore
opera per mezzo dell'ultimo dei suoi servi. E il Maligno ha nuovi
clamorosi motivi per dichiararsi sconfitto una volta di più.
Il drago sconfitto 187

Pensando poi ai vari intermediari del drago sconfitta, insieme


a un pensiero di grande commiserazione per tanta audacia rive­
latasi effimera e ridicola, verrebbe voglia di dire al loro indirizzo:
azzardatevi a toccare gli «unti di Dio» (Sai 101). Ne rimarrete
sempre scottati.
Ecco infatti un'altra positiva conseguenza della vicenda: sono
stati evidenziati i metodi spicciativi e ingannevoli con cui i nemi­
ci di Cristo e della sua Chiesa attentano ai membri di essa, com­
presi quelli più eminenti, come nel caso in questione... Non ha ri­
so il mondo intero quando ha saputo della ricchezza della setta,
della superficialità degli appartenenti, delle allegre vicende ri­
guardanti la «promessa sposa», quando ha constatato la mobili­
tazione del gruppo per dare credibilità alle manovre ridicolmen­
te tragiche della «sposa abbandonata» e altro...?
I figli della Chiesa cattolica hanno potuto capire, se hanno a-
vuto modo di riflettere, quale grande fortuna è la nostra, quella
di appartenere all'unica Chiesa di Gesù, da venti secoli baluardo
della verità.
II trionfo sul drago è trionfo anche della Chiesa. Sia benedetta!

Sono contento di concludere così questo libro, con la testimo­


nianza di chi ha sofferto per una parziale apparente vittoria del
drago e ora ne proclama la completa sconfitta. È e sarà questo l'e­
pilogo della storia: la vittoria di Cristo, la vittoria del bene sul
male, della luce sulle tenebre.
Sì, Cristo ha vinto e vincerà. Per mezzo di Maria.
XXII
Commiato

È ora che congedi queste pagine buttate giù quasi di getto a ca­
vallo dei due millenni per rispondere a un impegno assunto con
me stesso e con i miei fratelli, quelli che hanno usufruito e usu­
fruiscono del mio ministero.

È ora di congedarmi dal lettore che abbia avuto la costanza e la


pazienza di seguirmi fin qui. Non prima tuttavia di rivolgere al­
cune parole affettuose e fraterne, ai miei fratelli vescovi, innanzi­
tutto, quindi agli esorcisti e poi a tutti.

Mi permettano i miei fratelli vescovi di essere come sempre


schietto e sincero, anche se umilmente rispettoso di quella suc­
cessione apostolica che essi incarnano nelle varie chiese locali.

Ebbene, proprio in considerazione di questa successione, di


questa rappresentanza, io li supplico: attuate il comando di Ge­
sù: «Andate in tutto il mondo, predicate, scacciate i demoni» (Mi
10,8). Sì, scacciate i demoni! È il comando di Gesù, come potreste
disattenderlo?
Se il Signore desse anche a voi la grazia di esercitare tale neces­
sario - ripeto: necessario - ministero, ne avreste gli stessi vantag­
gi che mi sono sforzato di evidenziare in queste pagine.
Non dite, vi prego, che non avete tempo. Sì, ci sono tante, forse
troppe cose da fare, tanti documenti da leggere e da scrivere, tan­
te riunioni a cui partecipare, tante udienze da concedere. Ebbene,
tra queste ultime, insieme ai personaggi illustri, ai vostri presbi­
teri, alle autorità, ai benefattori, metteteci anche i poveri, soprat­
Commiato 189

tutto quelle categorie di poveri che sono i disturbati dal Maligno,


i quali non hanno altro rimedio se non il potere che Gesù ha messo
nelle nostre povere mani, e se per avventura doveste allontanare
dalla vostra presenza questi «fratelli sofferenti», per qualsiasi
motivo, dite loro, almeno, a chi possono rivolgersi con sicurez­
za, perché ne ricevano in nome vostro quell'aiuto a cui hanno
diritto.
È forse chiedere troppo che in ogni diocesi ci sia almeno un
esorcista da voi delegato e incoraggiato, che si renda disponibile
per questo ministero?
Penso che tale designazione non sia facoltativa: costituisce un
preciso dovere.
Avevo chiesto personalmente al papa che ricordasse a tutti tale
obbligo, egli mi ha giustamente rimandato alla Conferenza epi­
scopale; come voi sapete, quest'ultima è tanto occupata, ha sem­
pre numerosissimi punti all'ordine del giorno, dai vari consigli e
dalle varie assemblee, tanti documenti da comporre: come potrà
trovare tempo e necessità di trattare un tema così spirituale, un
impegno così urgente, che non ha bisogno di documenti, ha solo
bisogno di attenzione immediata?
Ascoltate allora, fratelli miei veneratissimi, la voce del vostro
collega: nominate nelle vostre chiese locali un esorcista valido,
convinto, generoso, che possa mettersi a disposizione costante di
queste categorie di tribolati, che oltre alle incredibili sofferenze
cui sono sottomessi dalla malvagità del Maligno potrebbero av­
vertire l'insopportabile pena di sentirsi trascurati dai pastori del­
la Chiesa che hanno l'obbligo di curare le persone malate...
Nella mia piccola diocesi, esorcisti siamo in quattro con me, e
il lavoro è sempre tanto. È tanto, troppo, proprio perché vengono
a noi anche di lontano, cosa che non succederebbe se ci fosse l'e­
sorcista o gli esorcisti diocesani.
Il mio sogno? Eccolo: che in ogni diocesi - sono circa duecen-
totrenta - si stabilisca almeno un esorcista - ma nelle varie mega
diocesi come potrebbe bastarne uno solo? - che si possa incontra­
re con gli altri alla luce del sole, una volta l'anno, per rinfrancarsi
a vicenda, confrontarsi, pregare assieme, possibilmente ricevere
la benedizione di tutti i vescovi riuniti e poi quella del Vicario di
Cristo.
Quale vittoria, in questo caso, avremmo riportato sul principe
delle tenebre e i suoi intermediari!
190 lo, vescovo esorcista

Un sogno? Io continuo a coltivarlo sinceramente, mettendolo


nella mia preghiera ed esprimendolo ai piedi della Madre cele­
ste, regina delle vittorie...
Cari fratelli vescovi, vi supplico, non trascurate questo frater­
no invito, ne sarete benedetti da cento e cento pecorelle del santo
gregge di Dio a voi affidato e soprattutto sarete colmati di ogni
benedizione celeste...

Un'ultima parola agli esorcisti. Voi conoscete il mio pensiero.


Diverse volte ci siamo confrontati faccia a faccia, spesso per lette­
ra, o addirittura attraverso le nostre rispettive pubblicazioni.
Quest'ultima parola vorrebbe essere di affettuosa ammirazione,
di plauso sincero, di cordiale solidarietà.
Siamo, voi e io, nel posto più avanzato del campo di battaglia
delle schiere di Dio, in lotta contro il drago, ma abbiamo con noi la
celeste corifea, Maria, vincitrice di Satana; abbiamo la benedizione
dei fratelli che noi rimandiamo consolati, se non immediatamente
liberati. Possiamo dunque essere sereni e contenti di svolgere un
ruolo importantissimo, anzi necessario nella Chiesa di Gesù.
Non tenete conto, fratelli, dell'atmosfera che circonda il nostro
ministero, della diffidenza che spesso ci fa sentire il suo gelo pa­
ralizzante, dei sorrisini ironici e supponenti che provengono dai
«pettegolezzi di sacrestia» (don Orione). Andiamo avanti sereni,
con la benedizione di Dio e dei nostri rispettivi vescovi. Non get­
tate la spugna, non scoraggiatevi, semmai tutto ciò serve a corro­
borarci e a confortarci nel nostro impegno a moltiplicare l'uso
delle armi che abbiamo a nostra disposizione: preghiera, pre­
ghiera, preghiera, umiltà, fiducia, devozione alla Madonna.
Vorrei qui richiamare alcuni pensieri che ho sentito di trasmet­
tervi negli incontri che abbiamo avuto.
1) Umiltà. Gesù ci ripeterebbe: «Non rallegratevi perché i de­
moni vi sono sottomessi, ma perché i vostri nomi sono scritti nel
cielo» (Le 10,20). Noi siamo strumenti, non dobbiamo mai dimen­
ticarcelo. Tanto più saremo piccoli e ci considereremo piccoli,
tanto più l'agente principale, anzi l'unico, potrà mettere in opera
la sua invincibile potenza.
L'esorcista si deve sentire l'ultimo dei ministri di Dio e mentre
pronunzia, a nome della Chiesa, le solenni parole del rituale de­
ve quasi svestirsi della sua personalità per sciogliersi nella im­
mensità di quel Dio che è sopra tutti.
Commiato 191

Guai particolarmente a quell'esorcista che ritenesse frutto dei


suoi meriti i risultati che eventualmente ottenesse sui fedeli che a
lui ricorrono. In questo caso, mentre è liberatore degli altri diven­
ta nel contempo danneggiatore di se stesso.
2) Preghiera . L'esorcismo - sia chiaro - è una celebrazione di
preghiera, per di più con specialissima delega della Chiesa, ed
esso deve essere preceduto e seguito da molta, molta preghiera.
Coloro che a noi ricorrono debbono sapere che sono continua-
mente nella nostra preghiera, e che noi, nei loro confronti, siamo
come Mosè sul monte a impetrare la vittoria contro il grande ne­
mico (cfr. Es 17,8 sgg.).
Una vita di intensa preghiera è la premessa necessaria per un
efficace intervento contro il demonio. Non si azzardi a intrapren­
dere l'esorcismo, pur essendone autorizzato, il presbitero, se non
si impegna in questa vita di intensa e prolungata preghiera.
Fanno bene, inoltre, quegli esorcisti che si fanno aiutare nel lo­
ro ministero da fratelli che pregano anche a distanza, bene anche
se durante l'esorcismo stesso ci siano persone buone e pie che
supplicano con insistenza il Signore e invocano l'intercessione di
Maria sui fratelli sofferenti.
3) Penitenza. Era richiesta - si ricorderà - nelle premesse del ri­
tuale antico. L'invito non ha perso il suo valore, soprattutto dopo
i reiterati richiami della Madonna santa. Quando dico penitenza,
non alludo solamente a una vita libera dal peccato, e dai peccati
anche quelli più piccoli, ma intendo anche una vita di mortifica­
zione dei sensi e del corpo, una vita sobria, con qualche digiuno
in più, soprattutto l'esclusione dei generi voluttuari. Non capi­
sco, per esempio, un esorcista che sia dedito al fumo...
4) Obbedienza. L'esorcista è delegato al suo ministero dal vesco­
vo, a cui quindi deve assoluta obbedienza, anche qualora certi
ordini appaiano incomprensibili. Obbedire significa avere in ma­
no un'arma in più contro il Maligno, il quale gongolerebbe certo
nel vedere che in suo nome si osa disobbedire alla legittima auto­
rità della Chiesa.
Analoga scrupolosa obbedienza si deve a tutte le norme litur­
giche, almeno quando si agisce in pubblico. Su questo punto io
sono molto esigente ed esplicito. Per esempio, certo modo di trat­
tare il Santissimo Sacramento dell'Eucarestia non è consono al
grande rispetto e adorazione che la Chiesa riserba all'augustissi­
mo Sacramento.
192 lo, vescovo esorcista

Anche in questo caso il rispetto delle norme della Chiesa giova


all'effetto che noi attendiamo dall'esorcismo.
5) Carità fraterna. È un corollario, questo, dell'umiltà e dell'ob­
bedienza. Ciò che fa piacere al nemico - e gli esorcisti lo sanno
benissimo - sono gli odi, le divisioni, lo sparlare gli uni degli al­
tri. Non dobbiamo dare al nemico tale soddisfazione. Saremo
amabili, caritatevoli con tutti, compresi quelli che non ci com­
prendono o peggio ci deridono e ci disprezzano. Questa carità ci
deve soprattutto unire al papa - è naturale - e al nostro vescovo,
anche a costo di far tacere il nostro giudizio.
Tutti questi avvisi si possono compendiare in questo: dobbia­
mo sempre essere trepidanti di noi stessi e quindi impegnarci a
fuggire anche l'ombra del male, a riguardo di qualsiasi virtù.
Il che è nient'altro che nutrire il santo timor di Dio, richieden­
done incessantemente il dono allo Spirito Santo.

E ora una parola a tutti i miei fratelli, che avranno pensato, te­
nendo lo sguardo su queste pagine, a quelli specialmente che, co­
noscendomi e avendomi incontrato, avranno cercato qualche ri­
sposta alle loro angustie, alla loro sofferenza, alla loro attesa di
liberazione.
A tutti io dico con fermissima convinzione: «Le porte degli in­
feri non prevarranno...» (Mt 16,18).
«L'ultimo a vincere sarà Cristo. E Cristo vincerà in una grande
misericordia».58
Nell'attesa di questa definitiva vittoria non perdiamoci di co­
raggio, per quanto pervicace e indomabile ci appaia l'opera del
Maligno e dei suoi emissari.
La fiducia è anch'essa un'arma potente contro il male, così co­
me la sfiducia e la disperazione sono un'arma che rivolgiamo
contro noi stessi.
Qui bisognerebbe trascrivere la parabola della zizzania (cfr. M t
13,24 sgg.). «Dio lascia crescere insieme al bene anche il male, o
per esercitare la virtù dei buoni o al fine di ottenere la correzione
dei malvagi...» Così commenta sant'Agostino.59
Gesù dunque ci aveva preavvertiti: niente meraviglia pertanto

58 Don Orione, La scelta dei «poveri più poveri», in Scritti spirituali, a cura di An­
drea Gemma, Città Nuova, Roma 1979, p. 298.
59 Sant'Agostino, Enarrationes in Psalmos, Psalmus 54,4; PI 36,630.
Commiato 193

se il male oggi sembra tanto violento e diffuso. Arriverà il mo­


mento, sicurissimo, della vittoria del bene. Il demonio lo sa e ne
freme; proprio per questo moltiplica i suoi sforzi, ma l'epilogo è
segnato dall'eternità: «Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera!».
Con lui, se lo vorremo, la nostra definitiva vittoria che ci ripa­
gherà abbondantissimamente di quanto avremo sofferto e avre­
mo saputo offrire in unione al Cristo Crocifisso e con Maria ai
piedi della croce.
Proprio Maria ci ha rassicurati: «Alla fine il mio cuore materno
trionferà». '
E sarà presto.

Isemia, 16 novembre 2001

t Andrea Gemma
Appendice I

Mi piace qui riportare una serie di tre articoli pubblicati nel 1986
in una rivista romana, ove trattavo della materia che mi avrebbe
occupato nelle pagine di questo volume. Li riporto a testimo­
nianza di un'attenzione che mi accompagna da sempre nel mio
ministero; pur non avendo il suffragio dell'esperienza che avrei
in seguito acquisito, esprimono l'intento di una fedeltà alla divi­
na Rivelazione in un punto certo poco dilettevole, ma necessaria­
mente compreso nel patrimonio della fede cristiana.

Parliamo del diavolo

... Troviamo il peccato ... e poi, a sua volta, occasione ed effetto di un in­
tervento in noi e nel nostro mondo d'un agente oscuro e nemico, il de­
monio. Il male non è più soltanto una deficienza, ma un'efficienza, un
essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Miste­
riosa e paurosa. Esce dal quadro deirinsegnamento biblico ed ecclesia­
stico chi si rifiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi ne fa un principio
a sé stante, non avente essa purè, come ogni creatura, origine da Dio;
oppure la spiega come una pseudo-realtà, una personificazione concet­
tuale e fantastica delle cause ignorate dai nostri malanni.60

Quando un papa - Paolo VI, il giorno 15 novembre 1972 - pro­


nunciò queste parole, nel contesto di un profondo discorso sul

60 Paolo VI, Allocuzione durante l'udienza generale del 15 novembre 1972.


Appendice 1 195

problema del male, a cui rimandiamo molto volentieri chi desi­


dera puntualizzazioni precise e pertinenti, mezzo mondo gli rise
in faccia, quasi si trattasse di un rigurgito malsano di medievali­
smo della peggior specie o di evocazioni favolistiche atte a tener
buoni bambini irrequieti.
Oggi il discorso sul diavolo è diventato, direi, un ghiotto in­
grediente di trattenimenti salottieri e occupa stranamente copio­
se pagine di giornali e rotocalchi.
C'è chi ne attribuisce la colpa a certe pellicole da brivido che
hanno affrontato il problema, naturalmente con voluta spettaco­
larità. Per cui a un bel tipo è scappato detto: «Del diavolo parlò
un papa e tutti ne risero; ne trattò un regista in un film e tutti ne
rimasero impressionati».
In realtà, ultimamente, a resuscitare il discorso sul diavolo so­
no intervenuti fattori un po' più seri: alcune denunce di vescovi
circa una recrudescenza di «satanismo» con i suoi macabri culti,
che, purtroppo, non sono soltanto da... medioevo e la decisione -
di per sé normalissima - del vescovo d'una grande diocesi italia­
na di costituire, con decreto, nella sua Chiesa alcuni sacerdoti
«esorcisti» (incaricati di liberare i fedeli dall'invasione diabolica).
Si potrebbe aggiungere quella parte dell'ormai famoso Rappor­
to sulla fede in cui il cardinale prefetto dell'ex santo uffizio richia­
ma la dottrina cattolica sul demonio e ne ravvisa l'opera nefasta
in alcuni fatti attuali. Questo discorso, che riprende quello di
Paolo VI, non è piaciuto alle ali avanzatissime della teologia cat­
tolica e il suo autore è stato additato come l'artefice primo di
quella «restaurazione» che sarebbe nel programma dell'attuale
pontefice e che toglie, come pare, il sonno a moltissimi. Ultimo
argomento di questa riviviscenza dell'interesse intorno al diavo­
lo e alle sue imprese potrebbe essere anche l'incarico conferito al
sottoscritto di trattarne - addirittura a puntate - su questa mode­
sta paginetta. Cosa che il sottoscritto ha accettato di fare in spiri­
to di servizio più che per propensione d'animo (ci sono tanti
aspetti luminosi ed elevanti del messaggio cristiano!). Ma tant'è!
Accettiamo. Anzi, col permesso della direzione della rivista, vor­
remmo chiedere che, una volta tanto, chi ha domande da porre
sull'argomento ne scriva alla direzione stessa che ne farà edotto
il sottoscritto, il quale cercherà di venire incontro alle richieste
dei lettori.
Dunque, parleremo del diavolo - stavolta abbiamo semplice-
196 Io, vescovo esorcista

mente posto la questione ma, sia chiaro, ne parleremo in ma­


niera seria e pacata, senza cedere a sensazionalismo e a superfi­
cialità da rotocalco. Andremo perciò a interrogare, prima di tutto,
la rivelazione divina, custodita dalla Bibbia e interpretata dalla
Chiesa. Soltanto a questa luce cercheremo di illuminare fatti e
questioni.61

Ancora sul diavolo

L'interesse per l'argomento demoniaco non accenna affatto a di­


minuire, anzi cresce. Potrei documentarlo, se avessi spazio, con i
numerosi titoli che s'ammucchiano nel mio schedario. Quello che
non saprei determinare è la vera ragione che sta al fondo di que­
sta reviviscenza letteraria e giornalistica. Moda? Curiosità salot­
tiera? O vero interesse per qualcosa che si avverte, almeno lonta­
namente, come molto seria e «interessante», in senso etimologico,
che, cioè, interessa l'uomo e ogni uomo? Forse tutti questi motivi
insieme.
Non mancano, tuttavia, quelli che di fronte a questo insistere
su temi diabolici se la cavano, al solito, ricorrendo alle paure me­
dievali e, per convincere se stessi che è così, lo scrivono ai giorna­
li. Ma, state certi, se ne scrivono è perché qualcosa gli dà fastidio
dentro... sennò come potrebbero mettersi a disquisire sul... nien­
te? Credete, si tratta di un ennesimo malcelato tentativo di auto­
giustificazione...

Quando ci fu la sarabanda di risate e di critiche all'indirizzo


del già citato famoso intervento di Paolo VI, un arguto prete gior­
nalista concluse così una sua puntualizzazione. Dopo avere detto
che «c'è chi crede al diavolo e chi crede all'onorevole Bonino»;
dopo aver riferito un testo di 'Massimo Gorki che recita: «Il dia­
volo non esiste. Il diavolo è un'invenzione della nostra ragione
maligna»; dopo aver trascritto dalle Litanie di Satana di Baudelai­
re che «la più riuscita delle barzellette del diavolo è quella che
mira a persuaderci che non esiste», termina dicendo: «Il diavolo
sa che io ho amici laici nella mia manica migliore e onoro i marxi-

61 Andrea Gemma, Parliamo del diavolo, in «"Tre C". Orizzonti dello spirito»,
aprile 1986, p. 4.
Appendice I 197

sti che sono veri marxisti: questa zirudella l'ho scritta soltanto
per rivendicare anche a Paolo VI il diritto di credere nella sua fe­
de. Ognuno balli con i suoi diavoli e non c'è niente da sfottere».
E bravo il mio don Fuschini! Vedo che la pensiamo uguale.
Questi sommi pontefici del «libero pensiero» e del «puro laici­
smo» che hanno sempre in bocca e in punta di penna la parola
«libertà», specie quando si tratta di fare il proprio comodo e de­
tronizzare valori e autorità, si arrabbiano, perdono le staffe, op­
pure fanno della facile ironia quando qualcuno dice di credere in
qualcosa che a loro non garba.
Tutto questo per affermare, si è capito, che la nostra credenza
nel diavolo - oh, se ne farebbe volentieri a meno, ci si creda! - fa
parte dell'accettazione di quella verità per cui siamo cattolici...
Chi non gli garba, faccia a meno di seguirci.
Ma, di grazia, ci lasci in pace, ci lasci credere in ciò che voglia­
mo (in ciò che dobbiamo, secondo la nostra fede!), e lui continui
a inginocchiarsi davanti ai suoi dei e davanti ai suoi diavoli...

Ora, la fede cattolica, a proposito del tema che ci interessa, così


proclama, per bocca dei padri del dodicesimo Concilio ecumenico.

Noi fermamente crediamo ... che Dio con l'onnipotente sua virtù creò
dal nulla le creature spirituali (puri spiriti) e quelle materiali, ossia ange­
liche e terrestri, indi la creatura umana composta di materia e di spirito.
Il diavolo e gli altri demoni, creati da Dio buoni per natura, divennero
cattivi per loro colpa. L'uomo poi per suggestione del diavolo peccò.62

Se qualcuno vuol vedere come identico sia l'insegnamento del


Concilio ultimo, il Vaticano II, legga questi passi: LG 16.17; 35.48;
GS 13.22; AG 9 ecc.
Paolo VÌ non ha fatto che richiamare l'insegnamento costante
della tradizione cattolica fondata sulla Parola di Dio, che esami­
neremo nei prossimi interventi.
Tutto ciò per dire che chi non accetta questa dottrina non è cat­
tolico. Ci si capisca bene: non diciamo: è un malvagio! No, dicia­
mo e ribadiamo: non è cattolico. Tutto qui.63

62 Concilio Lateranense IV, 1215.


63 Andrea Gemma, Ancora sul diavolo, in «"Tre C". Orizzonti dello spirito», mag­
gio 1986, p. 4.
Satana, l'avversario

Continuo il discorso sul diavolo. Questa volta vado a vedere che


cosa ne dice la santa Scrittura che è per il cristiano il necessario
punto di riferimento. Beninteso, la Scrittura letta nella Chiesa e
sotto la guida del magistero della Chiesa.
Diciamo subito, la Scrittura sul diavolo è assai sobria. Non
concede molto alla fantasia. Ma non al punto di restare nella ne­
bulosità.
Per la Bibbia c'è sin dall'inizio un avversario di Dio e dell'uo­
mo - «Satan» vuol dire appunto avversario - che si dà da fare per
distruggere i piani di Dio e per attirare nella sua stessa disgrazia
l'uomo amico di Dio. È il racconto misterioso delle origini (cfr.
Gen 3), interpretato tuttavia chiaramente dal Nuovo Testamento.
Basterebbe rileggere Paolo (cfr. Rm 5,12-21). Nel serpente, tutta
la tradizione cristiana ha visto un'immagine di Satana, come dice
del resto anche, nel Vecchio Testamento, il libro della Sapienza: «La
morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo» (Sap 2,24).
Il racconto delle origini, poi, prevede anche la sconfitta di Sata­
na, per mezzo del «seme della donna» (Gen 3,15.) che avrebbe
schiacciato il capo del serpente tentatore.
Dunque, sin dall'inizio, all'opera nefasta del diavolo viene
contrapposta l'opera di Cristo Gesù.
Gesù infatti - ed è da lui che ovviamente noi cristiani ci faccia­
mo istruire anche su questo punto della dottrina della fede - «è
venuto a ridurre all'impotenza colui che aveva il potere della
morte, il diavolo» (Eb 2,14), è venuto «a distruggere le opere di
lui» (1 Gv 3,8) in altri termini a instaurare il regno del Padre in
luogo di quello di Satana (cfr. 1 Cor 15,24-28; Col 1,13).
E che Cristo sia apparso all'orizzonte della nostra storia come
l'irriducibile avversario dell'avversario antico è detto in molti
luoghi dei Vangeli che non possiamo qui richiamare, ma a cui ri­
mandiamo i volenterosi.
Gesù inaugura la sua vita pubblica subendo le tentazioni di
Satana, ma sconfiggendone le trame ridicole (cfr. M t 4,1 sgg.). Ta­
le lotta titanica continua con i numerosi interventi di Gesù nella
liberazione degli indemoniati; qui ora ci interessa non tanto il fe­
nomeno della possessione diabolica - su cui si potrà discutere -
quanto il fatto che il Vangelo presenta il diavolo attivo e operante
e presenta l'azione di Gesù contro Satana come il segno indubbio
Appendice I 199

che «il regno di Dio è giunto» (Me 3,22). Sono gli stessi spiriti ma­
ligni - gli amici e i subalterni del «Principe dei demoni» (M t
9,34), Satana - che confessano la loro impotenza di fronte a Gesù:
«Che c'entri con noi, Gesù Nazareno?» grida uno spirito immon­
do nella sinagoga di Cafarnao. «Sei venuto a rovinarci?» (M e
1,23-26).
Chi si oppone perciò all'azione di Gesù parteggia per il diavo­
lo, è figlio del diavolo. È Gesù stesso a proclamarlo di fronte ai
suoi irriducibili avversari: «...Voi avete per padre il diavolo, e vo­
lete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin
da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è
verità in lui...» (Gv 8,44).
Altra allusione alla sconfitta definitiva di Satana si ha in que­
ste altre parole di Gesù, riferite da Luca: «Io vedevo Satana cade­
re dal cielo come folgore...» (Le 10,18), dove Gesù pare riferirsi al­
l'immagine con cui Isaia descrive la caduta della dominazione
babilonese, rappresentata dal suo re: «Come se caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora...» (Is 14,12).
Su questi testi, i padri della Chiesa hanno modellato le loro ri­
flessioni sulla caduta primitiva degli angeli creati buoni e, per la
loro superbia, trasformati in angeli cattivi, in demoni appunto...
Come si vede, si tratta solo di deduzioni dal dato rivelato.
D'altra parte, se si tiene presente che anche il diavolo non può
essere che creatura, uscita quindi dalle mani di Dio, e se si pensa
che una tale creatura non può essere uscita malvagia dalle mani
del Creatore provvidente, bisogna necessariamente ipotizzare
qualche misteriosa caduta iniziale, conseguente a una prova per­
messa da Dio. A questa «caduta dal cielo» sembra far allusione
qualche testo dell'Apocalisse: «Il drago combatteva insieme con i
suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in
cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il
diavolo e Satana che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla ter­
ra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli» (Ap 12,7-9).
Ecco, ci resta da parlare di questa «seduzione», di cui è vittima
«tutta la terra» e per cui il diavolo è chiamato nella Scrittura
«principe di questo mondo» (Gv 12,31).64

64 Andrea Gemma, Satana l'avversario, in «"Tre C". Orizzonti dello spirito»/ giu­
gno 1986, p. 4.
«... È già condannato»

Mentre pensavamo alla continuazione del discorso sul «principe


di questo mondo» (così il Nuovo Testamento chiama il demonio
in Giovanni, più volte, per esempio 16,11), nel frattempo Giovan­
ni Paolo II ha pubblicato la sua quinta enciclica, da tempo annun­
ciata, sullo Spirito Santo.
Avendola letta e meditata e avendo riscontrato in essa alcune
preziose affermazioni attinenti al nostro tema, abbiamo pensato
fosse nostro dovere metterne a parte i lettori, a completamento
autorevolissimo del nostro discorso e a riprova, per chi ne avesse
bisogno, che la Chiesa, nel suo cammino di riaffermazione della
verità, non fa molto conto delle risate e del sarcasmo dei saccenti
di turno.
Il papa riferisce innanzitutto un passo della costituzione pa­
storale del Concilio:

Il mondo ... i cristiani credono creato e conservato dairamore del


Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù del peccato, ma li­
berato da Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del Maligno, affin­
ché, secondo il disegno di Dio, sia trasformato e giunga al suo compi­
mento. (Gaudium et Spes, n. 2)
Questo peccato si iscrive oscuramente nel mistero stesso della crea­
zione ... Si esprime in pratica come «disobbedienza», in un atto compiu­
to come effetto della tentazione, che proviene dal «padre della menzo­
gna. (Cfr. Gv 8,44; Gaudium et Spes, n. 33)

Il papa spiega ulteriormente:

L'uomo è chiamato a partecipare alla carità e airamore. Questa parte­


cipazione significa una vita di unione con Dio, che è la «vita eterna». Ma
l'uomo sotto l'influenza del «padre della menzogna» si è distaccato da
questa partecipazione. In quale misura? Certamente non nella misura
del peccato di un puro spirito, nella misura del peccato di Satana. Lo
spirito umano è incapace di raggiungere una tale misura. Nella stessa
descrizione della Genesi è facile notare la differenza di grado tra il «sof­
fio del male» da parte di colui che «è peccatore (ossia permane nel pec­
cato) fin dal principio» (1 Gv 3,8) e che già «è stato giudicato» (Gv 16,
11), e il male della disobbedienza da parte dell'uomo... Per la prima vol­
ta nella storia dell'uomo appare il perverso «genio del sospetto». Esso
cerca di «falsare» il bene stesso, il Bene assoluto, che proprio nell'opera
della creazione si è manifestato come il bene che dona in modo ineffabi-
Appendice I 201

le ... Lo spirito delle tenebre è capace di mostrare Dio come nemico della
propria creatura e, prima di tutto, come nemico dell'uomo, come fonte
di pericolo e di minaccia per l'uomo. In questo modo viene innestato da
Satana nella psicologia dell'uomo il germe dell'opposizione nei riguardi
d i... Dio. (Gaudium et Spes, nn. 37-38)

È quella che il catechismo chiama la tentazione, ossia la malva­


gia suggestione, il suggerimento di Satana che continua a so­
spingere misteriosamente ma realmente al male. È il suo influs­
so malefico tuttora perdurante, per cui, come dice il papa, «vi
sarà lungo la storia deirumanità, una costante pressione al rifiu­
to di Dio da parte dell'uomo» (G a u d iu m et S p es, n. 38). Questo in­
flusso non si avverte soltanto nell'intimo dell'uomo, o nella sua
personalità psicofisica, con quei fenomeni oscuri ma reali che la
storia passata e recente conosce e a cui si son dovuti dare dei no­
mi - la vessazione, l'in festa zio n e, l'ossessione e la possessione - , ma
si avverte anche - palesemente, per chi sa leggere - nella storia
del mondo. «Checché ne dicano teologi superficiali» ha detto il
cardinal Ratzinger «il diavolo è, per la fede cristiana, una pre­
senza misteriosa, ma reale, personale, non simbolica. Ed è una
realtà potente..., una malefica libertà sovrumana opposta a quel­
la di Dio: come mostra una lettura realistica della storia, con il
suo abisso di atrocità sempre rinnovate e non spiegabili soltanto
con l'uomo.»65

Ciò che il cristiano deve sapere - ed è la conclusione del no­


stro discorso, consolante e luminosa - è che il Maligno, il
Satàn, l'Avversario, è «già stato giudicato», ossia è già stato
sconfitto da Cristo, il più forte di lui (cfr. L e 11,22). La Chiesa
esprime questa certezza anche con gli eso rcism i, affidati a per­
sone sante e debitamente autorizzate, con i quali gli uomini
vengono liberati dalle tenebrose infestazioni diaboliche. Anche
in questo si mostra la potenza di Cristo e la grandezza dei po­
teri trasmessi alla Chiesa. Non abbiamo spazio per trattarne
diffusamente. Ce ne sono ampie descrizioni nella vita di alcuni
santi.
Ciò che è importante è che la nostra fede non vacilli. Cristo ha
vinto. Noi possiamo vincere con lui.

65 Vittorio Messori - Joseph Ratzinger, op. cit., p. 145.


202 lo, vescovo esorcista

Ancora il papa:

Il Signore stesso è venuto a liberare l'uomo e a dargli forza. Il conci­


lio vede giustamente il peccato come fattore di rottura, che grava sia
sulla vita personale che su quella sociale dell'uomo; ma, nello stesso
tempo, ricorda instancabilmente la possibilità della vittoria. (Gaudium
et Spes, n. 44)66

66 Andrea Gemma, «... È già condannato», in «"Tre C". Orizzonti dello spirito», lu­
glio 1986, p. 4.
Appendice II

Il predicatore della casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa,


per l'omelia tenuta davanti al Santo Padre nella Basilica di San
Pietro il venerdì santo 2001, ha scelto il tema che ci ha occupati
nelle pagine precedenti. Mi pare quindi assai opportuno che io
riferisca integralmente l'intervento, e per l'autorevolezza dell'au­
tore, e per il luogo e la circostanza dove il discorso è stato tenuto.
Il testo è ricavato dall'«Osservatore Romano» del 14 aprile 2001.

«Ora il principe di questo mondo è gettato fuori»

L'evangelista san Luca termina il racconto delle tentazioni di Ge­


sù dicendo che «il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tem­
po fissato» (Le 4,13). Quale fosse questo «tempo fissato» ce lo fa
capire Cristo stesso quando dice, nell'imminenza della sua pas­
sione: «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di que­
sto mondo sarà gettato fuori» (Gi> 12,31). Questa è l'interpretazio­
ne unanime che hanno dato della morte di Cristo gli autori del
Nuovo Testamento. Cristo, dice la Lettera agli Ebrei, l'«ha ridotto
all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il pote­
re, cioè il diavolo» (Eh 2,14-15).
La Passione di Cristo non si riduce, certo, alla vittoria su Sata­
na. Il suo significato è ben più vasto e positivo; egli «doveva mo­
rire per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv
11,52). Tuttavia si banalizza la passione di Cristo se le si toglie
questo aspetto di vittoria sul demonio, oltre che sul peccato e sul­
la morte.
204 Io, vescovo esorcista

Questa lotta continua dopo Cristo, nel suo corpo. L'Apocalisse


dice che, sconfitto da Cristo, «il drago si infuriò contro la donna e
se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza» (Ap
12,17). Per questo l'apostolo Pietro raccomanda ai cristiani: «Sia­
te temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone
ruggente va in giro, cercando chi divorare» (1 Pt 5,8).
Tutto questo ha dato all'esistenza cristiana di tutti i tempi un
carattere drammatico, di lotta, e di lotta «non solo contro creatu­
re fatte di carne e di sangue» (£/6,12). Il rito del battesimo riflette
tutto ciò con quella drastica «scelta di campo» che lo precede:
«Rinunci a Satana? Credi in Cristo?».
Nulla, allora, è cambiato con la morte di Cristo? Tutto è come
prima? Al contrario! La potenza di Satana non è più libera di agi­
re per i suoi fini. Egli crede di agire per uno scopo e ottiene esat­
tamente il suo contrario, serve involontariamente la causa di Ge­
sù e dei suoi santi. Egli è «quella potenza che sempre vuole il
male e opera il bene» (Goethe).
Dio fa servire l'azione del demonio alla purificazione e all'u­
miltà dei suoi eletti. «Perché non montassi in superbia per la
grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella car­
ne, un inviato di Satana incaricato di schiaffeggiarmi» (2 Cor
12,7). Un canto spiritual lo dice in tono leggero ma teologicamen­
te perfetto: «Il vecchio Satana è matto, è cattivo. Ha sparato un
colpo per uccidere la mia anima. Ma ha sbagliato mira e ha colpi­
to il mio peccato».
Ma ora tutto questo è finito. Il silenzio è calato su Satana; la
lotta è diventata solo contro «la carne e il sangue», cioè contro
mali alla portata dell'uomo. L'inventore della demitizzazione ha
scritto: «Non si può usare la luce elettrica e la radio, non si può
ricorrere in caso di malattia a mezzi medici e clinici e al tempo
stesso credere al mondo degli spiriti». Nessuno è stato mai così
contento di essere demitizzato come il demonio, se è vero - come
è stato detto - che la sua più grande astuzia è far credere che egli
non esiste.
L'uomo moderno manifesta una vera e propria allergia a sentir
parlare di questo argomento. Si è finito per accettare una spiega­
zione tranquillizzante. Il demonio? È la somma del male morale
umano, è la personificazione simbolica, un mito, uno spaurac­
chio, è l'incontro collettivo o l'alienazione collettiva. Quando
Paolo VI osò ricordare ai cristiani la «verità cattolica» che il de­
Appendice II 205

monio esiste («Il male» disse in un'occasione «non è soltanto una


deficienza, ma un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito
e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa»), una parte
della cultura reagì stracciandosi le vesti scandalizzata.
Lo stesso si è ripetuto all'inizio della presente Quaresima,
quando un presule italiano ha richiamato l'attenzione su questo
punto della fede cristiana: «Abbiamo dimenticato che in passato
ci si è serviti del demonio per perseguitare streghe, eretici e altra
gente simile?». No, cari amici laici, non lo abbiamo dimenticato,
ma, per gli stessi scopi, ci si è serviti - e, ahimè, ci si serve - di
Dio ancor più che del demonio. Aboliamo anche Dio?
Perfino molti credenti e alcuni teologi si lasciano intimidire:
«Sì, ma potrebbe, effettivamente, bastare l'potesi simbolica, la
spiegazione mitica o quella psicanalitica...». Qualcuno pensa che
la Chiesa stessa stia rinunciando a questa credenza, dal momento
che ne parla sempre meno (Le pagine del Catechismo della Chiesa
Cattolica dimostrano però il contrario).
Ma qual è il risultato di questo silenzio? Una cosa stranissima.
Satana, scacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra; scacciato
dalla fede è rientrato dalla superstizione. Il mondo moderno, tec­
nologico e industrializzato, pullula di maghi, di spiritisti, di dici­
tori di oroscopi, di venditori di fatture e di amuleti e di sette sata­
niche vere e proprie.
La nostra situazione non è molto diversa da quella dei secoli
XIV-XVI, tristemente famosi per l'importanza accordata in essi ai
fenomeni diabolici. Non ci sono più roghi di indemoniati, caccia
alle streghe e cose simili; ma le pratiche che hanno al centro il de­
monio, come pure le vittime fisiche o morali di tali pratiche, non
sono meno numerose di allora, e non solo tra i ceti poveri e popo­
lari. È divenuto un fenomeno sociale - e commerciale! - di ingen­
ti proporzioni.
Un settimanale americano a diffusione mondiale ha dedicato
qualche tempo fa tutto un servizio alla credenza del demonio ai
giorni nostri. Mi colpì la conclusione tirata da uno degli intellet­
tuali intervistati. L'oblio del demonio, diceva, non ha reso più se­
rena e razionale la vita degli uomini sul pianeta, ma al contrario
ci ha reso più ottusi e assuefatti di fronte agli orrori del male.
Niente ci fa più rabbrividire.
Quelli che negano l'esistenza del demonio, una scusa, a dir ve­
ro, ce l'hanno. Quello che conoscono al riguardo - casi di posses­
206 Io, vescovo esorcista

sione diabolica, storie e film di esorcismi - ha quasi sempre una


spiegazione patologica, facilmente riconoscibile. Se c'è un ap­
punto che si può loro muovere è di fermarsi quii di ignorare tutto
un altro livello in cui la spiegazione patologica nt>n basta più.
Si ripete l'equivoco in cui è caduto Freud e tanti dopo di lui: a
forza di occuparsi di casi di nevrosi religiosa (perché per questo
si ricorreva a lui) egli finì per credere che la religione in sé non è
che una nevrosi. Come se uno volesse stabilire il livello di sanità
mentale di una città dopo aver visitato il locale manicomio!
La prova più forte dell'esistenza di Satana non si ha nei pecca­
tori o negli ossessi, ma nei santi. È vero che il demonio è presente
e operante in certe forme estreme e «disumane» di male, sia indi­
viduale che collettivo, ma qui egli è di casa e può celarsi dietro
mille sosia e controfigure. Avviene come con certi insetti, la cui
tattica consiste nel mimetizzarsi, posandosi su un fondo del loro
stesso colore.
Al contrario, nella vita dei santi egli è costretto a venire allo
scoperto, a mettersi «controluce»; la sua azione si staglia nero su
bianco. Nel Vangelo stesso la prova più convincente dell'esisten­
za dei demoni non si ha nelle storie di liberazione di ossessi (a
volte è difficile distinguere in esse la parte che svolgono le cre­
denze del tempo suH'origine di certe malattie), ma si ha nell'epi­
sodio delle tentazioni di Gesù.
Chi più chi meno, tutti i santi e i grandi credenti (alcuni dei qua­
li intellettuali di prim'ordine), testimoniano della loro lotta con
questa oscura realtà. San Francesco d'Assisi un giorno confidò a
un suo intimo compagno: «Se sapessero i frati quante e che gravi
tribolazioni e afflizioni mi danno i demoni, non ci sarebbe alcuno
di loro che non si muoverebbe a compassione e pietà di me».
Il Francesco che compone il sereno Cantico delle creature è lo
stesso che lotta con i demoni; la santa Caterina da Siena che inci­
de nella storia anche politica del suo tempo è la stessa che il con­
fessore dichiara «martirizzata» dai demoni; il padre Pio che pro­
getta la Casa Sollievo della Sofferenza è lo stesso che di notte
sostiene lotte furibonde con i demoni. Non si può vivisezionare
la loro personalità e prenderne solo una parte. Non lo permette
l'onestà e neppure la psicologia. Questa gente non ha lottato con­
tro i mulini a vento! Si ripete la vicenda di Giobbe (cfr. Gb 1,6
sgg.). Dio «consegna» nelle mani di Satana i suoi amici più cari
per dare loro l'occasione di dimostrare che non lo servono solo
Appendice II 207

per i suoi benefici. Gli dà potere non solo sul loro corpo, ma a
volte, misteriosamente, anche sulla loro anima, o almeno su una
parte di essa. Nel 1983 fu beatificata una carmelitana, Maria di
Gesù Crocifisso, detta la Piccola Araba perché di origine palesti­
nese. Nella sua vita, quando era già molto avanti nella santità, vi
furono due periodi di vera e propria possessione diabolica, docu­
mentata negli atti del processo. E il caso è tutt'altro che isolato...
Perché allora, anche tra i credenti, alcuni sembrano non accor­
gersi di questa tremenda battaglia sotterranea in atto nella Chie­
sa? Perché così pochi mostrano di sentire i sinistri ruggiti del
«leone» che gira cercando chi divorare? È semplice! Essi cercano
il demonio nei libri, mentre al demonio non interessano i libri,
ma le anime, e non si incontra frequentando gli istituti universi­
tari, le biblioteche, ma le anime.
Un altro equivoco regna a volte tra i credenti. Ci si lascia im­
pressionare da quello che pensano, deiresistenza del demonio,
gli uomini di cultura «laici», come se vi fosse una base comune di
dialogo con loro. Non si tiene conto che una cultura che si dichia­
ra atea non può credere nell'esistenza del demonio; è bene, anzi,
che non vi creda. Sarebbe tragico se si credesse nell'esistenza del
demonio, quando non si crede nell'esistenza di Dio. Allora sì che
ci sarebbe da disperarsi.
Che cosa può sapere di Satana chi ha avuto a che fare sempre e
solo non con la sua realtà, ma con l'idea, le rappresentazioni e le
tradizioni etnologiche su di lui? Quelli che passano in rassegna i
fenomeni che la cronaca presenta come diabolici (possessione,
patti con il diavolo, caccia alle streghe...), per poi concludere
trionfalmente che è tutta superstizione e che il demonio non esi­
ste, somigliano a quell'astronauta sovietico che concludeva che
Dio non esiste perché lui aveva girato in lungo e in largo per i
cieli e non lo aveva incontrato da nessuna parte. In tutti e due i
casi, si è cercato dalla parte sbagliata.
Detto questo, possiamo e dobbiamo anche ridimensionare il
demonio. Nessuno è pronto a farlo più del credente. Satana non
ha, nel cristianesimo, un'importanza pari e contraria a quella di
Cristo. Dio e il demonio non sono due principi paralleli, eterni e
indipendenti tra loro, come in certe religioni dualistiche. Per la
Bibbia, il demonio non è che una creatura di Dio «andata a male»;
tutto ciò che esso è di positivo viene da Dio, solo che egli lo cor­
rompe e lo svia, usandolo contro di lui. Abbiamo, con ciò, spiega­
208 lo, vescovo esorcista

to tutto? No. L'esistenza del Maligno rimane un mistero, come è


quella del male in genere, ma non è l'unico mistero della vita...
Non è neppure giusto dire che noi crediamo nel demonio. Noi
crediamo in Dio e in Gesù Cristo, ma non crediamo nel demonio,
se credere significa fidarsi di qualcuno e affidarsi a qualcuno. Cre­
diamo il demonio, non nel demonio; egli è un oggetto e, per giun­
ta, negativo della nostra fede, non il movente o il termine di essa.
Non c'è da avere eccessiva paura di lui. Dopo la venuta di Cristo,
dice un antico autore, «il demonio è legato come un cane alla cate­
na; non può mordere nessuno, se non chi, sfidando il pericolo, gli
va vicino... Può latrare, può sollecitare, ma non può mordere, se
non chi lo vuole. Non è infatti costringendo, ma persuadendo, che
nuoce; non estorce da noi il consenso, ma lo sollecita».
La credenza del demonio non sminuisce la libertà umana. Biso­
gna solo stare attenti a non addossare su di lui la responsabilità di
ogni nostro sbaglio o di ogni malanno che ci capita addosso. Vede­
re il demonio dappertutto non è meno fuorviante che non vederlo
da nessuna parte. «Quando viene accusato, il diavolo ne gode. Ad­
dirittura, vuole che tu lo accusi, accoglie volentieri ogni tua recri­
minazione, se questo serve a non farti fare la tua confessione!».
Un Padre della Chiesa descrive così ciò che avvenne sul Calva­
rio il Venerdì Santo. «Immagina» egli dice «che si sia svolta, nello
stadio, un'epica lotta. Un valoroso ha affrontato il crudele tiran­
no della città e, con immane fatica e sofferenza, lo ha vinto. Tu eri
sugli spalti, semplice spettatore; non hai combattuto, non hai fa­
ticato né riportato ferite. Ma se ammiri il valoroso, se ti rallegri
con lui per la sua vittoria, se gli intrecci corone, provochi e scuoti
per lui l'assemblea, se ti inchini con gioia al trionfatore, gli baci il
capo e gli stringi la destra; insomma, se tanto deliri per lui, da
considerare come tua la sua vittoria, io ti dico che tu avrai certa­
mente parte al premio del vincitore.»
Ricordiamoci di queste parole ogni volta che guardiamo il
Crocifisso e baciamo le Sue sante piaghe.
Ringraziamenti

Nell'atto di consegnare alle stampe questo libro a cui - mi si per­


metta di dirlo - hanno «posto mano cielo e terra», devo esprime­
re alcuni ringraziamenti. Innanzitutto a tutti coloro che lo hanno
ispirato, con la loro sofferenza, con la loro collaborazione di pre­
ghiera e di consiglio, a quanti l'hanno sinceramente caldeggiato.
Un grazie particolare sento di dover esprimere a tutti gli esor­
cisti, a quelli specialmente che mi hanno partecipato fraterna­
mente la loro esperienza e ricambiato la simpatia, in senso etimo­
logico, che anche in queste pagine è chiaramente documentata.
Un grazie vivissimo a padre Salvucci e a padre Amorth, che mi
hanno permesso di riferire loro interessanti scritti.
Un grazie sentito al mio presbitero, don Claudio Crescimanno,
che mi ha messo a disposizione preziosi suoi appunti per il capi­
tolo su magia, spiritismo, occultismo, per la parte storica e docu-
mentativa.
Grazie pure ai pazienti trascrittori del mio complicato mano­
scritto, ai correttori delle bozze e, infine, all'editore.
Voglio che dalle mie pagine stiano lontano ogni interesse mor­
boso, ogni curiosità superficiale, ogni preoccupazione che non
sia quella di essere informati in una materia che, in un modo o
nell'altro, o col silenzio o con l'esagerazione, è abilmente travisa­
ta, a danno delle anime.
t Andrea Gemma

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