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Bruno Terranova - La Catalogazione Dei Mandolini PDF
Bruno Terranova - La Catalogazione Dei Mandolini PDF
Tesi di dottorato di
Bruno Terranova
PARTE PRIMA 9
PARTE SECONDA 20
IL MANDOLINO 21
Voci generali 39
Specificazioni geografiche 41
Specificazioni storiche 48
Voci stilistiche 50
LE ORIGINI DEL PROBLEMA TERMINOLOGICO 53
PARTE TERZA 61
CONCLUSIONI 86
APPENDICE: GLI STRUMENTI DEL MUSEO NAZIONALE DEGLI STRUMENTI MUSICALI DI ROMA 90
BIBLIOGRAFIA 116
Introduzione
4
Le sue origini sono incerte, anche se gli attuali studi ne collocano al XVII sec. le
prime attestazioni certe1. Il problema terminologico si presenta subito dinanzi al
ricercatore: per il XVII sec. i termini mandola e mandolino sono infatti
intercambiabili, e il secondo non si riferisce ad una riduzione del primo. Per
questo periodo storico, entrambi i nomi indicano uno strumento simile al liuto (e
spesso confuso con questo) ma di più piccola taglia, dotato generalmente di
cinque o sei cori di corde doppie in budello, pizzicate con le dita. Eppure, alla
parola mandolino, non è questo lo strumento al quale si pensa: il pensiero corre
più facilmente verso il modello più comune, dotato di 4 cori di corde doppie in
metallo, pizzicate con il plettro. Le differenze tra i due strumenti sono sostanziali,
e riguardano la storia, la tecnica esecutiva, il processo costruttivo, la diffusione
geografica, il repertorio. Si tratta, in pratica, di due strumenti differenti il cui
unico tratto comune sembrerebbe essere il nome. Questa singolare situazione ha
avuto come esito la moltiplicazione degli attributi individuanti, basati su
distinzioni geografiche (si parla quindi di mandolino milanese, lombardo,
napoletano, romano, ecc.), storiche (barocco, classico, ecc.) o stilistiche (con
riferimento anche a singoli liutai capiscuola, come Luigi Embergher, la famiglia
Vinaccia, Raffaele Calace solo per citare i più celebri). Una selva di definizioni a
volte ridondanti o poco indicative alle quali si sono aggiunte nei secoli numerose
varianti, con alterne fortune. Più semplice, anche se non priva di ambiguità, si
rivela la terminologia relativa alle singole parti costitutive o accessorie.
Risalire ai modelli base, e al contempo ordinare per relazioni gerarchiche le
componenti dello strumento, consente di redigere una descrizione completa e
strutturata.
Tale metodologia di lavoro è espressamente pensata per la sua applicazione
con sistemi informatici, in quanto l’applicazione di una terminologia il più
possibile univoca e la strutturazione del processo di raccolta dei dati consentono
di adattare il livello di dettaglio al grado di competenza del catalogatore. Questi
1
Il termine mandola appare in Italia per la prima volta nella descrizione degli intermezzi composti
da Cristoforo Malvezzi per la commedia “La Pellegrina” di Girolamo Bargagli, la quale nel 1589
ebbe la sua prima recita in Firenze per le nozze del Granduca Ferdinando I de’ Medici con Cristina
di Lorena.
5
potrà infatti contare su una serie di termini già disponibili, corredati da descrizioni
dettagliate e da immagini esplicative, che lo guideranno nelle fasi della raccolta
dei dati, lasciando però al catalogatore esperto la libertà di compilare anche campi
a testo libero e non vincolati.
L’urgenza di questo studio è stata dettata dalla mia personale esperienza
all’interno del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma, istituzione
che «si presenta come il più ricco e significativo museo organologico italiano,
degno quindi del titolo di “museo nazionale”» [MEUCCI 1996] e presso la quale è
conservata una consistente raccolta di mandolini (74 conservati nel deposito privo
fino ad ora di un impianto di climatizzazione2, e 15 esposti nelle sale aperte al
pubblico), in condizioni di conservazione allarmanti. Nella realtà,
2
Le temperature superano di frequente i 30 gradi durante il periodo estivo nelle sale al secondo
piano, con notevoli sbalzi di umidità. E la situazione è ancora peggiore per gli strumenti conservati
nelle sale al piano terra. I lavori per la climatizzazione del secondo piano, avviati da tempo (ed
effettuati senza spostare gli strumenti, coperti solo con dei teli ed esposti quindi ai rischi di un
cantiere), sono stati finalmente conclusi.
6
Né la situazione può dirsi migliore nella gestione
dell’immenso patrimonio di strumenti musicali del nostro paese
per alcuni settori, anzi - strumenti a tastiera (clavicembali,
fortepiani ecc.), a fiato, ad arco, a percussione, della tradizione
popolare (zampogne, launeddas ecc.) non siamo nemmeno
all'anno zero. Non esistono infatti, a livello ufficiale, modelli di
scheda descrittiva, direttive sia pur minime che regolamentino
la conservazione, il restauro, la fruizione (quando essi siano
raccolti in museo). [IDEM, s.n.p.]
7
Meraviglia non poco la convinzione che un unico restauratore (qualificato o
no) possa occuparsi del restauro di una collezione tanto varia quanto quella
romana. Dal 2004, inoltre, la seconda palazzina (che ospitava la camera per i
trattamenti antitarlo) è stata affidata in project financing per il trasferimento del
Dipartimento per lo Spettacolo e lo Sport. Il Museo ha così recentemente perso
anche la camera termobarica, qui ospitata.
Questa situazione rende necessario e urgente un intervento volto alla
conservazione del patrimonio culturale ivi custodito. Attraverso un percorso volto
a definire una terminologia e una metodologia di riferimento per lo studio e la
catalogazione dei mandolini, si è pensato di offrire un contributo alla salvaguardia
e alla conoscenza del patrimonio conservato nel Museo romano.
8
PARTE PRIMA
La catalogazione degli strumenti musicali di liuteria
9
La catalogazione dei beni culturali
3
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2004, n.45 e disponibile all’indirizzo web:
http://www.governo.it/ GovernoInforma/Dossier/beni_culturali_paesaggistici/Codice2004.pdf
4
Commissione parlamentare mista per la tutela e la valorizzazione del patrimonio archeologico,
artistico e paesaggistico, presidente on. Francesco Franceschini, istituita con L. 23/4/1964 –
Relazione finale: “Per la salvezza dei beni culturali in Italia”)
10
Gli strumenti musicali sono generalmente inseriti nella lista dei beni
demoetnoantropologici, e hanno come questi sofferto un lungo periodo di “oblio”
istituzionale. Questa tipologia è l’ultima riconosciuta nel campo dei beni culturali,
e questo riconoscimento
5
«Presentazione della scheda SMO (Strumenti Musicali Organi) - Verso la definizione delle
schede degli altri strumenti musicali», seminario tenuto a Cremona il 19 e 20 marzo 2009. Il
programma del seminario consultabile online all’indirizzo web:
http://musicologia.unipv.it/organizzazione/conferenze/conf07-08/programma_mauri.pdf
Inoltre, il Centro Regionale per l'inventario, la catalogazione e la documentazione dei Beni
Culturali ed Ambientali della Regione Sicilia sta da tempo lavorando alla stesura di un modello
unico di scheda per gli strumenti musicali, basati sul modello BDM.
11
della cultura e della ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico
e artistico della nazione». I principi di tutela e conservazione sono quindi applicati
non solo al “paesaggio” ma anche alle testimonianze del passato. Per tutela si
intende
12
internazionali interessati alla catalogazione e documentazione
dei beni culturali. 6
6
D.P.R. del 3 dicembre 1975 N. 805, Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 27 gennaio 1976, n. 23
7
D.M. 20 luglio 1977, Ordinamento interno dell’Istituto centrale per il catalogo e la
documentazione.
8
Legge n.145 del 10 febbraio 1992, Interventi organici di tutela e valorizzazione dei beni culturali
9
Per un esempio di studio in tal senso si veda GATTA 2000.
10
Riportato in GUIZZI 2002, pag. XXV (tratto da EMSHEIMER e STOCKMANN 1967).
13
2. Ergologia e tecnologia (il processo costruttivo)
3. Potenzialità musicali e tecnica esecutiva
4. Repertorio
5. Uso e ruolo sociale
6. Profilo storico e diffusione geografica
14
di ricavare una sorta di stratigrafia culturale, cioè di ricollocare nei tempi e negli
spazi gli oggetti catalogati. Si possono creare basi di dati standardizzate e
interscambiabili per permettere la ricostituzione di collezioni disperse o avere un
quadro d’insieme che oltrepassi il singolo patrimonio museale.
La discussione sulla digitalizzazione dei beni culturali è avviata da tempo11,
con l’intento di produrre delle sorta di copie o duplicati su supporto elettronico da
far visitare su uno schermo. Questo primo risvolto “ludico” nasconde in realtà dei
caratteri conservativi e di tutela nel senso più proprio del termine, in quanto
consente la gestione ottimale delle esposizioni pur mantenendo visibile (anche se
virtualmente) tutto il patrimonio di un museo.
Il primo grande problema da affrontare per la progettazione di un database
riguarda la selezione delle tipologie di dati da inserire nelle schede catalografiche.
Questa selezione implica l’esclusione di altri parametri che potrebbero essere utili
ai fini di una successiva suddivisione tipologica. Con questa finalità si procederà
ad una formalizzazione delle esigenze di ricerca e di studio di una fascia di utenza
specialistica, studiandone in seguito la risposta per individuarne i metodi di
lavoro, ottenendo così una classificazione o graduatoria delle chiavi di ricerca,
delle quali tenere conto nella ridefinizione del modello 12.
Una accurata selezione dei parametri deve essere affiancata da una altrettanto
oculata scelta del software da utilizzare: l’informatica soffre infatti di una
obsolescenza immediata dei prodotti utilizzati, sia software che hardware. L’unica
soluzione possibile per mantenere inalterata la leggibilità e l’utilizzabilità dei dati
raccolti anche nel medio e lungo periodo è rappresentata dall’utilizzo di prodotti
commerciali o open source già disponibili sul mercato, i quali garantiscano sia
11
Si vedano in proposito CORTI 2003, pp. 67-110 e la relativa bibliografia, nonché BALDACCI, V.
2004, pp. 123-192. Per una trattazione più esaustiva si vedano TRANT 2005; Archives & Museum
Informatics, atti del convegno Museums and the Web 2007, su
http://www.archimuse.com/mw2007/speakers/index.html; BALDACCI 1988; FLORIS E GIACOMELLI,
(a cura di) 1998; FINICELLI E SBRILLI 2002,
12
Si prenda ad esempio l’indagine preventiva condotta in collaborazione dal Getty Art History
Information Program e Research in Information and Scholarship della Brown University: Object,
Image, Inquiry: The Art Historian at Work, Oxford 1995, Oxford University Press.
15
l’aggiornamento continuo, sia strumenti per il trasporto dei dati con importazione
ed esportazione dell’archivio in formati standard. Sarà inoltre condizionante, nella
scelta del software di base, la possibilità di una pubblicazione online come
applicazione web dinamica. In questo modo sarà possibile l’interrogazione dei
dati, la costruzione di relazioni e il trasporto delle informazioni senza i limiti
imposti dall’architettura classica di un sito web.
Superate le prime due difficoltà, bisognerà procedere alla realizzazione
effettiva del software di catalogazione e alla sua verifica attraverso una prima
campagna raccolta.
16
La definizione “Strumento musicale di liuteria”
13
Si veda per questo la ricca bibliografia pubblicata nel volume di Boyden D. D., Monosoff, S.,
Schwarz, B. et al., Gli archi, Milano 1995, Ricordi, pagg. 270-284
14
Ad es.: RADOLE 1997, CHIESA 1990, TURNBULL1974
15
Il catalogo è consultabile online all’indirizzo web http://www.usd.edu/smm/
17
differenti tra loro per epoca storica, origine, repertorio, tecnica costruttiva e
tecnica esecutiva.
Il catalogo del Victoria and Albert Museum di Londra riporta
la semplice denominazione mandolin per il notevole esemplare
in loro possesso, costruito da Pietro Antonio Gavelli nel 1690 a
Perugia (inv. n. 504-1868, fig.2), per poi definirlo più
precisamente Milanese nella descrizione dettagliata. La stessa
tipologia di strumento viene a volte denominata Pandurina, e
attribuita all’area romana. Se ne può vedere un pregevole
esemplare in un recente catalogo della casa d’aste Bloomsbury di
Roma16(fig.2). La pandurina è inoltre associata alla famiglia dei
liuti.
Per ottenere una soddisfacente suddivisione delle famiglie
Figura 2 - strumentali, è necessario chiarirne caratteristiche distintive e
Pandurina
romana attribuita possibili varianti. Ma se per la definizione delle sottocategorie è
a G. Smorsone,
Roma, prima necessaria l’analisi delle differenze, per la chiarificazione del
metà del XVIII
sec. concetto di “strumento musicale di liuteria” è invece necessario
definire e descrivere i tratti comuni alle diverse famiglie
organologiche che vogliamo raccogliere sotto questa definizione comune.
Con il termine liuteria ci si riferisce ad una quantità di tipologie di strumenti
molto varia in quanto a caratteristiche tecniche ed evoluzione storica; sarà quindi
utile avviare l’indagine partendo dalla definizione delle caratteristiche salienti
delle tipologie strumentali da sottoporre a catalogazione.
Si è scelta l’espressione strumenti musicali di liuteria in riferimento alla
definizione della categoria Liuti proposta da Curt Sachs:
16
Il catalogo dell’asta è pubblicato all’indirizzo web
http://roma.bloomsburyauctions.com/detail/ROMA-12/109.0
18
Nella maggior parte dei casi le corde sono tastate. Se vengono
sfregate con un arco, allora lo strumento si dice liuto ad arco. La
cassa di un liuto era originariamente il guscio di un frutto e ha
preservata una forma a guscio, rotondeggiante o convessa, che a
volte era ricavata intagliandola tutta intera, altre volte era
composta di sottili liste come nel liuto moderno. Solo in uno
stadio recente, le casse vennero costruite basse e piatte e infine
trasformate in una cassa composita che conta una tavola, un
fondo e fasce di connessione, come nei nostri violini o chitarre.
[SACHS 1980, pag. 551]
Gli strumenti qui esaminati appartengono alla classe dei cordofoni. Secondo
Sachs, questa classe deve essere suddivisa in quattro tipi fondamentali: cetre, liuti,
lire, arpe. Gli strumenti oggetto del presente studio appartengono esclusivamente
alla famiglia dei liuti, tipologia che comprende al suo interno sia gli strumenti a
corde pizzicate che quelli a corde sfregate per mezzo di un arco. Constatata
l’appartenenza comune alla famiglia dei liuti, si può attribuire il termine di
liuteria alla relativa arte costruttiva.
Tale prima delimitazione riduce il campo d’indagine ai soli strumenti dotati
di una o più corde tese al di sopra di un manico e provvisti di una cassa di
risonanza.
Si è scelto l’utilizzo della definizione strumento musicale di liuteria in quanto
meno vago del più comune liuto, termine con il quale può definirsi sia l’insieme
principale che una particolare tipologia di strumento 17 . Questa definizione
consente inoltre di collegare l’oggetto in analisi alla tecnica adottata per la sua
costruzione.
17
a questo proposito si vedano i dubbi espressi da MEUCCI 1993, pag 90
19
PARTE SECONDA
20
Il mandolino
18
Ad esempio: CAMPBELL 1980, COATES 1977, LUNDBERG 1996, MOREY 1993, ORLANDI 1999 ,
SPARKS 1995, TYLER e SPARKS 1996.
21
Il mandolino, insieme agli altri strumenti della sua famiglia (mandola,
mandoloncello, ecc.), ha rappresentato uno dei vertici dell’arte costruttiva dei
liutai italiani, e tuttora alcuni di questi strumenti rappresentano il fiore
all’occhiello di varie collezioni museali straniere19. Inoltre, negli ultimi anni si è
assistito ad un lievitare delle presenze di mandolini italiani nelle aste
internazionali, soprattutto nei cataloghi di Sotheby’s e Bonhams, con quotazioni
considerevoli per i pezzi più pregiati. Solo a titolo di esempio, nel 2004 è stato
battuto per 24.000 sterline20 da Sotheby’s a Londra uno strumento, il mandolino
artistico mod.8 (fig.3), realizzato nel 1895 a Roma da Luigi Embergher: una
quotazione di certo non compatibile con una collocazione “popolare”!
19
Si vedano ad esempio le collezioni possedute da Victoria and Albert Museum di Londra,
Kunsthistorische Museum di Vienna, Metropolitan Museum di New York o Cité de la Musique a
Parigi.
20
L’esito della vendita è visibile all’indirizzo web
http://www.sothebys.com/app/live/lot/LotDetail.jsp?lot_id=4B5GB. La quotazione originale
(circa 5.000 sterline) è stata ampiamente superata, indice di un profondo interesse da parte dei
collezionisti più attenti.
22
plettro hanno infatti dimostrato una capacità di crescita notevole a dispetto di un
valore iniziale veramente basso, unito ad un innegabile valore artistico e
artigianale. Basti guardare i cataloghi delle aste 21 degli ultimi dieci anni, o la
quantità e qualità degli strumenti esposti nelle mostre di liuteria prima
esclusivamente dedicate alla chitarra e agli archi22, per constatare un’innegabile
crescita delle stime, in particolare per gli autori maggiori (Embergher, De Santis,
Vinaccia, Fabbricatore, Calace, Presbler solo per citarne alcuni) o per le loro
scuole.
Tutto ciò ha un importante risvolto per le collezioni museali italiane: la
maggior parte degli strumenti è tuttora conservata nei depositi, poiché i
mandolini sono in queste sedi ancora ritenuti meno interessanti di altre opere
esposte. Se sottoposti a lavori di restauro e recupero, non sempre questi si
dimostrano rispettosi delle caratteristiche dello strumento 23 . Le collezioni
qualitativamente e quantitativamente più consistenti sono custodite in Italia, ma
pochi mandolini possono oggi essere osservati nelle teche dei nostri musei24.
Per quanto riguarda le nostre istituzioni museali, oltre al problema
dell’affidabilità dei restauri, è riscontrabile una generale assenza di competenze
specifiche per la catalogazione e la collocazione di questi strumenti, carenza
dovuta in buona parte alla mancanza di una classificazione cronologica o stilistica
affidabile e condivisa.
21
Un grande interesse è stato dimostrato in particolare da Sotheby’s e Bonhams in Inghilterra e da
Babuino e Rubinacci in Italia.
22
Ci si riferisce in particolare alle manifestazioni fieristiche Mondomusica di Cremona,
Musikmesse di Francoforte, nonché alle numerose mostre realizzate sia in Italia che all’estero.
23
In molti casi si è riscontrato l’uso di colle o vernici non adatte, o l’applicazione di tasti e piroli
non compatibili con la relativa collocazione storica. Il crescente valore di mercato rischia inoltre di
far lievitare il rischio di furto di strumenti o di loro parti facilmente rimovibili (etichette, ponticelli,
tastiere)
24
Solo al Museo nazionale degli strumenti musicali di Roma, a fronte di un’esposizione di circa 15
strumenti (sistemati ed esposti in modo poco coerente con le caratteristiche degli strumenti) vi
sono 74 mandolini conservati nei depositi (elencati in appendice), e solo da poco tempo tenuti
sotto controllo e sottoposti a qualche intervento di restauro, purtroppo volto a ripristinarne l’uso
musicale.
23
Si è già posto l’accento sull’inadeguata suddivisione attuale, o meglio sulle
attuali categorie in cui viene distinta la famiglia dei mandolini. Queste soffrono di
una certa disomogeneità di fondo, derivando in parte da una classificazione
cronologica, in parte da criteri geografici o ancora da caratteristiche stilistiche:
questi tre ambiti (storico, geografico e stilistico) raggruppano effettivamente i
parametri fondamentali per la definizione di categorie utili alla classificazione e al
catalogo, ma vengono solitamente giustapposti in modo acritico, non essendo
chiaramente delineati nei loro confini.
Nel catalogo del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma,
pubblicato nel 1994 sotto la guida di Luisa Cervelli, in relazione ad un mandolino
settecentesco di Christian Nonnemacher si legge:
25
Ci si riferisce in particolare allo strumento definito come mandolino napoletano asimmetrico di
N. M. Calace (1904), del quale è riprodotta anche una foto in CERVELLI 1994, pag.116
26
CERVELLI 1994, pag. 96
24
delimitazione del campo di applicazione di questa categoria assolutamente
condivisibile, ma escluderebbe gli strumenti che si rifanno al modello dei
napoletani, se realizzati al di fuori del capoluogo campano. Poco più avanti però,
la stessa Cervelli definisce mandolini napoletani tre strumenti di Antonio Petroni,
liutaio romano del sec. XIX27.
Al contrario, il catalogo del Museum of Fine Arts di Boston riporta la
semplice dicitura mandolino senza distinguere le famiglie o i periodi28. Vengono
così accostati strumenti estremamente diversi, come un mandolino Benedetto
Gualzatta costruito a Roma nel 1724, a sei cori (cinque doppi e uno singolo), con
corde in budello e piroli infissi lateralmente nel cavigliere (simile quindi al
modello cosiddetto lombardo o milanese) e uno strumento di Ezechiele Torricelli,
realizzato a Roma agli inizi del sec. XX, a quattro cori doppi con corde in metallo
e meccanica chiusa (assimilabile al modello napoletano moderno)29.
L’attributo (apparentemente) geografico di “napoletano” viene di norma
concesso a strumenti dotati di caratteristiche stilistiche e costruttive specifiche
(quattro cori di corde doppie in metallo, fondo a guscio, piano armonico spezzato,
una determinata tecnica di giunzione delle doghe agli zocchetti di fondo cassa e di
innesto, incatenatura specifica). Seguendo queste indicazioni, si considererà
(correttamente) napoletano questo strumento:
27
IDEM, ibidem. Uno degli strumenti (catalogato con il n.346) è inoltre dotato di una meccanica a
raggiera che sostituisce i tradizionali piroli.
28
Gli strumenti presenti nella collezione vengono denominati nel catalogo a volte con l’italiano
mandolino, altre con il francesce mandoline o l’inglese mandolin. Non c’è nessun apparente
riferimento alla distinzione proposta in TYLER e SPARKS 1989, i quali utilizzano proprio questi tre
termini dotandoli però di caratteristiche distintive ben definite. Questa incoerenza è dimostrata
dall’attribuzione del nome mandoline allo strumento di Torricelli.
29
Il catalogo è pubblicato su internet all’indirizzo www.mfa.org. Il museo possiede 8 strumenti
classificati come mandolino (tra i quali anche un notevole Vincenzo Vinaccia del 1771 e un
Giovanni Battista Fabricatore del 1790) e una mandola.
25
Figura 4 - Mandolino Del Perugia, Firenze 1907 (coll priv.)
30
E’ il caso del mandolino (numero di catalogo 746) esposto nella sala XII del Museo Nazionale
degli Strumenti Musicali di Roma, vedi CERVELLI 1994, pag. 276.
26
italiano da Febo Guizzi in appendice al suo Gli strumenti della musica popolare
in Italia pubblicato da LIM nel 2002).
Nel dettaglio, Sachs propone le seguenti definizioni tipologiche31:
cinque cori: e .
Lo strumento si chiamava, nella Germania degli inizi del XVI
sec., Quinterne, e più tardi – inizio del XVII sec. –
Mandürichen, Mandörichen o Pandurina. Questa forma più
piccola, introdotta gradualmente, indica comunque non una
nuova più piccola mandola, ma piuttosto lo stesso vecchio
strumento che semplicemente, di fianco ai nuovi grandi liuti
bassi, tiorbe e chitarroni, appariva più piccola di prima. La
31
Vista l’assenza di una versione italiana del Real-Lexikon der Musikinstrumente, nonché la
notevole importanza per il presente studio, si riporta l’intero testo originale in traduzione italiana.
Gli schemi di accordatura sono riportati fedelmente.
27
Pandurina si sviluppò dal Mandoline nel corso del XVII sec.
Come la Pandurina e Mandolino si identificano nella lingua
parlata, anche il Mailänder Mandoline [n.d.r. mandolino
milanese] mostra ancora in maniera abbastanza chiara il suo
legame con la vecchia Mandola. Il significato di Mandola non
era univoco nel XVIII sec., a tal punto che agli autori di oggi
manca una chiara rappresentazione. Walther (1732) risale alle
fonti del XVII sec., a Praetorius e Furetière, senza però
aggiungere niente di proprio. Bonanni (1722) parla di un piccolo
strumento a quattro corde dal suono molto tagliente, riferendosi
chiaramente al Mandoline, che lui chiama Mandola, e un altro
con otto corde in acciaio, che si chiama, a Napoli, Pandurina;
gli altri scrittori dello stesso periodo perlopiù tacciono. Da ciò si
evince che lo strumento citato nel linguaggio parlato nella prima
metà del 18° secolo non esisteva fuori dall’Italia. Soltanto nel
1800 se ne trovano le prime notizie; nel 1790 la Mandora viene
descritta da Albrechtsberger come un piccolo liuto con 8 corde
28
strumento Mandola, Mandora, Mandoer, Mandorichen o
Pandurina; il nome originale Mandola o Mandora indicò da
allora le forme ingrandite di questi mandolini, sia quella del
milanese con corde in budello, che non sopravvisse all’inizio del
19° secolo, che quella del napoletano ancora oggi costruito con
corde di metallo.
Mandoline [(anche mandolin, mandolino, bandolìn,
bandolim, mandolina, mandolini, mandolyn)]: un discendente
più piccolo della famiglia dei liuti, la cui tipica forma ha i
seguenti tratti distintivi: una cassa armonica in legno molto
inarcata, con piccole doghe, un piano armonico in legno
leggermente piegato verso la fine, con la buca aperta, per lo più
ovale e più dura, grazie a un intarsio immediatamente al di sotto
con funzione di protezione contro i graffi (il battipenna), una
tastiera corta con tasti in metallo fissati saldamente, un
cavigliere leggermente inclinato con piroli inseriti sul retro ed
infine 4 paia di corde in metallo accordate come il violino, che
sono condotte su un ponte basso fino a una protezione rinforzata
collocata oltre il piano armonico. Per suonare serve un plettro di
tartaruga, corno, osso di balena o corteccia a forma di uovo
(“Penna”), che serve nei cambi veloci a fare il tremolo con colpi
di sopra e di lato, poiché le corte corde in metallo sono meno
ricche a livello di suono. Il precursore del Mandoline è la
Pandurina o Mandola, dalla quale ha ereditato lo stesso nome
senza implicare nel frattempo, come è già stato illustrato sotto la
voce “Mandola”, un reale ridimensionamento. Ma nel passaggio
tra il milanese e il classico, cioè il mandolino napoletano, non è
più possibile pizzicare al ponte. La forma finale definitiva del
1700 era già nel 18° secolo un bene nazionale; nella penisola
appenninica è effettivamente suonato ancora oggi con molta
arte, in tutte le stratificazioni popolari, e trova, tra i
professionisti, dei virtuosi che si lanciano nei più difficili lavori
29
della letteratura per violino. Anche al di fuori dell’Italia il
Mandoline ha trovato molti estimatori, già dalla seconda metà
del 18° secolo, senza però diventare da nessuna parte lo
strumento nazionale. Occasionalmente viene introdotto con
particolari fini localcoloristici [orig. Lokalkoloristichen] nelle
orchestre d’opera e sinfoniche. Alle prime documentazioni
appartengono ”Almena” di Arne (1764), “L’amant jaloux” di
Grétrys (1778), e il “Don Giovanni” di Mozart (1787), fino a
”Otello” del giovane Verdi (1887) e la VII sinfonia di Mahler
(1908).
Mandolinochitarra: una chitarra con cassa armonica a
guscio inarcato, ved. Chitarraliuto.
Mandolinezither: cetra ad arco costruita da J. Halswanter a
Monaco nella seconda metà del 19° secolo con un contorno a
forma di bottiglia.
Mandolino fiorentino: dal piccolo corpo a guscio, come il
napoletano, con il manico più lungo, cinque corde doppie in
, oppure sei in
Mandolino milanese [(anche mandurina, o, più raramente
mantolina)]: mandurina, i cui tratti distintivi sono una forma
triangolare più stretta e una cassa armonica meno curva, dal
suono più potente, un piano più piatto, un cavigliere inclinato
con una pronunciata forma a coda, con piroli infissi lateralmente
e sei corde doppie in budello, singole a partire dal XVIII sec., in
30
Occasionalmente può essere accordato con l’accordatura da
chitarra e con corde rivestite in ottone. Questi segni distintivi
avvicinano il mandolino milanese alla vecchia mandola o
pandurina, da cui si distingue soltanto dal corpo leggermente
più ampio e dal foro armonico aperto.
Mandolino napoletano [(anche mantolina)]: con quattro
accordate in .
[SACHS 1913, pag. 251 e sgg.]
31
Queste innovazioni sono tuttora alla base delle distinzioni rintracciabili persino
nei cataloghi delle ditte costruttrici di tutto il mondo: i mandolini di nuova
costruzione (prodotti con sistemi industriali o artigianalmente) vengono di solito
suddivisi in napoletano (guscio più rotondo, manico a sezione ovale, cavigliere
chiuso con meccaniche infisse dal basso) e romano (guscio con piega più marcata
e profonda, manico a sezione triangolare, tastiera sovrapposta alla buca, cavigliere
aperto con meccaniche infisse lateralmente). Non si può prescindere da questa
suddivisione, ormai globalmente accettata, parlando della produzione
contemporanea.
Questo è solo un primo esempio della difficoltà con le quali ci si scontra
nell’applicare la catalogazione proposta da Sachs. Ancora più grave risulta la
quasi totale mancanza di riferimenti bibliografici per l’identificazione di strumenti
di dubbia definizione come il mandolino padovano, il senese o il fiorentino. Nel
caso del mandolino siciliano, la presenza dei cori tripli non è così storicamente
evidente da giustificare la definizione di una categoria autonoma.
Ma la confusione più grave riguarda sicuramente le tre definizioni
fondamentali: Mandola, Mandoline e Mandolino napoletano. Non è chiara la
differenziazione tra ponticello fisso o mobile, così come non viene mai
evidenziata la distanza di origine tra i due strumenti; del mandolino napoletano
viene offerta una definizione incredibilmente sintetica e superficiale, che mal si
adatta all’asserzione finale: «Il tipo di mandolino più usato».
La definizione dei termini di base non è certo un problema di facile
soluzione. Un tentativo di chiarimento più accorto e storicamente fondato è
offerto dall’opera di James Tyler e Paul Sparks, The Early Mandolin [TYLER e
SPARKS 1992] e da The Classical Mandolin di Paul Sparks [SPARKS 1995]
I due studiosi inglesi pongono già dall’introduzione il problema della
definizione terminologica, e propongono una suddivisione storico/stilistica in
buona parte condivisibile:
Until recently, very little research had been done into the
historical background and repertory of the early mandolin. The
possibility that there might have been two main types of early
32
mandolin, each with its own design, tuning, playing technique,
and musical history seems not to have been considered. […] We
shall call the earlier type of mandolin, the MANDOLINO, since
this is the name most commonly used by its contemporary
players, makers and composers; and we shall call the later type,
the MANDOLINE, since, despite its southern Italian roots, its
own considerable repertory was developed mainly in France.
[TYLER e SPARKS 1992, pag. v]
33
Paul Sparks [SPARKS 1995] aggiunge a queste prime due categorie
mandolino e mandoline una terza famiglia che chiamerà propriamente mandolin,
identificando al suo interno diverse varianti geografiche e storiche.
Nonostante gli indubbi pregi di questa suddivisione – soprattutto il suo
essere estremamente semplice e di rapida applicazione – i termini usati per ogni
famiglia sono molto simili e di difficile utilizzo in campo museale, risultando
infine poco chiari ai fini di una descrizione rapida di uno strumento, sia per la
realizzazione di un catalogo che, soprattutto, dei cartigli informativi per il
pubblico. E’ arduo accettare il termine francese mandoline per la descrizione di un
mandolino napoletano Degrado del 1785 o di un Vinaccia del 1770. Infine,
utilizzare l’italiano mandolino limitandone l’applicazione ad uno strumento
attualmente definito come pandurina o liuto soprano non facilita di certo il lavoro
del catalogatore: così facendo si attribuisce il termine più comune allo strumento
meno conosciuto e dal legame più debole con la cultura musicale moderna,
mentre viene stabilita una paternità culturale francese ad uno degli strumenti più
squisitamente italiani, nonché, in ultima istanza, un nome inglese (mandolin) alle
ultime evoluzioni di questo strumento, solo in parte e molto recentemente
avvenute in ambito anglosassone.
Tutte le descrizioni pubblicate su enciclopedie o testi di organologia
mostrano la necessità di distinguere i tipi di mandolino rintracciabili e ne
propongono un esame alle volte molto dettagliato e attento, dedicando ampio
spazio al problema delle tipologie (come nel caso del New Grove o del MGG), ma
una classificazione che voglia essere snella e rapida nell’applicazione, essendo
finalizzata ad un suo uso “pratico” sul campo, dovrà basarsi sulla definizione di
modelli standard riconoscibili e su parametri che consentano un certo margine di
variabilità, necessario data la natura artigianale dell’arte liutaria.
Su Wikipedia (www.wikipedia.com), ad esempio, sono disponibili più
versioni. In lingua italiana, il mandolino viene presentato come
34
Impero Romano [sic!] e tuttora trova largo uso soprattutto in
Italia e, più specificatamente, a Roma e nel napoletano. Grazie
alla sua particolare cassa armonica, piriforme, emette un suono
melodioso e penetrante che lo rende uno strumento unico nel
suo genere. Oltre al mandolino classico, detto mandolino
Romano [sic!] (con quattro corde doppie omofone - la cui
accordatura, cioè, è, per ogni coppia, uguale sia come tono che
come ottava - in versione barocca oppure da concerto), ne
esistono altri tipi fra cui: il bandolim, il banjo-mandolino, il
mandolino napoletano, il mandolino catanese, il mandolino
milanese (di origini più antiche, con cinque o sei corde doppie),
il mandolino genovese barocco ed il mandolino F-Style
utilizzato nella musica bluegrass. [www.wikipedia.it]
35
napoletano viene retrocesso al ruolo di “altro tipo”, insieme al mandolino
catanese, il milanese, il genovese barocco e il f-Style americano. Del tipo
catanese, in particolare, non se ne è trovato alcun riscontro32.
La seconda definizione, più solida e dettagliata, si concentra
maggiormente sulla descrizione dello strumento, presentandone le possibili
incordature. Alcune di queste sono però secondarie, come il milanese a sei cori di
corde singole 33 o inusuali, come il sedici corde in quattro cori. Molto più
importante è il modello a undici (o dodici) corde in sei cori (cinque doppi e uno
singolo), anche questo solitamente indicato come mandolino milanese o
lombardo. Anche l’ultima asserzione («with a soundhole, or soundholes, of
varying shapes which are open and not latticed»[www.wikipedia.com]) risulta
incomprensibile, essendo comunissima la presenza di rosoni intarsiati (in legno o
in carta pergamena) a chiudere il foro armonico. La presenza di più fori armonici,
al contrario, è abbastanza rara, riscontrabile soprattutto negli strumenti con fondo
piatto. Queste due definizioni sono evidentemente imprecise e insufficienti, ma la
loro diffusione globale e l’enorme numero di utenti obbliga a tenerne conto.
La definizione più sintetica e comprensiva viene offerta da James Tyler,
alla voce Mandolin [mandola, mandoline, mandolino] pubblicata nel New Grove
Dictionary of Music and Musician:
32
Il redattore della voce ha sicuramente alluso alla importante tradizione costruttiva catanese, la
quale ha sempre avuto come riferimento il modello napoletano, facendo però ampio ricorso a
metodi industriali di produzione, con il fine di abbattere i costi. Per citare alcuni dei nomi più
importanti, possiamo ricordare Carmelo Catania e Giuseppe Puglisi Reale, dei quali si conservano
numerosi strumenti, tutti riconducibili al modello napoletano (quattro cori di corde doppie, cassa
piriforme, piano armonico spezzato)
33
Questo strumento è stato costruito e venduto dalla ditta Monzino di Milano durante il XIX sec.
In seguito all’affermazione di questo modello, il termine milanese è stato generalmente applicato
anche a strumenti più antichi, prima indicati come lombardi.
36
La necessità di chiarire a quali strumenti in particolare ci si riferisca nella
stesura di una definizione generica è qui evidente:
37
scritto del mandolino ha sentito la necessità di utilizzare un gruppo di
specificazioni molto ampio, organizzabili in attributi geografici, storici o stilistici.
38
Voci generali
39
Mandolone (per il XVIII sec. anche arcimandola,
successivamente utilizzato come sinonimo di liola,
mandocello, mandoloncello, a volte riferito anche al
mandolonbasso): il nome mandolone è dagli organologi
generalmente utilizzato per indicare il grande strumento ad otto
cori doppi diffuso tra Roma e Napoli a metà del XVIII sec., di
cui sono reperibili splendidi esemplari realizzati da Gaspar
Ferrari a Roma, dai Vinaccia e i Fabbricatore a Napoli. Nella
sua accezione più recente (dal XIX sec.), il nome è stato
utilizzato per indicare gli strumenti bassi in uso nelle orchestre
a plettro.
Figura 6 -
Mandolone di
Antonio Vinaccia,
Napoli 1772
(Parigi, Citè de la
Musique, E.663)
40
Specificazioni geografiche
Figura 7 – mandolino piatta, accordatura per quinte (analoga a quella del violino), fondo
bresciano di M.
Scolari (Cremona piatto, cavigliere con piroli infissi lateralmente. E’ stato lo
1799) L'Aia -
Gemeentemuseum strumento di Bartolomeo Bortolazzi (1772 – 1820), e grazie a lui
ha raggiunto una discreta notorietà. E’ lo stesso Bortolazzi a
coniare il nome di bresciano o cremonese 34 . E’ una variante del
mandolino milanese del quale conserva la struttura ma non
l’accordatura, derivata dal mandolino napoletano. E’
strutturalmente simile al toscano o fiorentino, come descritto da
Sparks (1995, pag. 207).35
34
Tale doppio nome è utilizzato dall’autore nel suo metodo Anweisung fur die mandoline für
kennen zu leren, pubblicato a Lipsia nel 1805
35
CAMPBELL 1980, SPARKS 1995, TYLER e SPARKS 1985, WÖLKI 1984
41
manico tondo o triangolare (a seconda del modello di riferimento,
napoletano o romano), ponticello mobile e corde fissate al fondo,
chiavi meccaniche per l’accordatura. Non presenta quindi alcuna
originalità. In altre e più rare occasioni, fa riferimento ad una
variante del mandolino napoletano, dotato di corde metalliche
organizzate in due cori doppi (registro grave) e due cori tripli
(registro acuto). Tale variante è ormai in disuso a causa delle
difficoltà di accordatura dei cori tripli.
42
Mandolino francese: variante del mandolino piatto, dotato di piano
armonico e fondo piatti. Il fondo è una semplice tavola (particolare
che distingue tale modello da quello portoghese).
36
Circa 1770-1780, conservato alla Euing Music Library di Glasgow. Riportato in TYLER e
SPARKS 1989, pag. 140
37
Questo dato non è verificabile in quanto il ponticello è forse la parte più soggetta a sostituzioni
nel corso del tempo. Si vedano ad esempio i due esemplari di mandolino genovese esposti nella
sala IV (vetrina 1) del Museo degli Strumenti Musicali di Roma (n. inv. 340 e 341), costruiti da
Christian Nonnemacher [CERVELLI 1994, pag. 93 e 94]
43
Mandolino lombardo o milanese: viene generalmente identificato
con queste specificazioni geografiche uno dei due “modelli base”
del mandolino 38. Diretto discendente del liuto, spesso confuso con
il liuto soprano 39 , a volte chiamato pandurina, più diffusamente
indicato come mandolino barocco, il mandolino milanese (o
lombardo) si riconosce per il suo guscio a forma di uovo (differente
dalla forma “a pera” del napoletano) e il piano armonico piatto, il
ponticello fisso e i piroli infissi lateralmente al cavigliere. Le sue
caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle della mandola; il
termine mandolino, in questo caso, non indica né una riduzione
Figura 11 -
mandolino di delle misure originarie né una nuova accordatura, ma
F.Presbler - Milano
1774. Roma, Museo semplicemente un differente rapporto con le maggiori dimensioni
Nazionale degli
Strumenti Musicali degli strumenti coevi. La localizzazione milanese (o lombardo) è
invece da rapportare all’enorme successo del mandolino
napoletano e risale infatti alla seconda metà del XVIII sec.
Mandola e mandolino milanese sono dunque assimilabili.
Nel corso del XIX sec. lo strumento è sottoposto ad una
modernizzazione radicale da parte dei liutai della famiglia Monzino
(attivi a Milano sin dalla metà del XVIII sec.). Monta sei corde
singole accordate in sol2 – si3 – mi3 – la3 – re4 – sol4, il cavigliere
ha i piroli infissi lateralmente, la tastiera è sovrapposta al piano
Figura 12 Mandolino armonico; il ponticello è fisso. L’innovazione principale è
di C. Albertini, Milano
1890 circa. Milano, rappresentata dalla scannellatura della tastiera nella spazio tra i
Fondazione Monzino
38
Come già precedentemente detto, il termine mandolino indica due famiglie distinte di strumenti,
con origini, evoluzione, repertorio, tecniche esecutive e costruttive completamente distinte e
differenti.
39
E’ molto importante sottolineare la differenza tra la famiglia dei liuti e delle mandole in quanto
strumenti dotati di funzioni musicali opposte. La mandola viene descritta già da Agazzari come
uno strumento a corde dotato di capacità melodiche simili a quelle del violino: «li stromenti di
corde, alcuni contengono in loro perfetta armonia di parti, quale è l’Organo, Gravicembalo, Leuto,
Arpadoppia etc; alcuni l’hanno imperfetta, quale è Cetera ordinaria, Lirone, Chitarrina; ed altri
poca, ò niente, come Viola, Violino, Pandora etc.» [AGAZZARI 1607, pag.4]
44
tasti, la quale si accompagna alla riduzione del numero di corde per
consentire una notevole velocità d’esecuzione e minori problemi di
accordatura. La fortuna storica guadagnata da questa tipologia di
strumenti ha causato una certa confusione nella terminologia di
riferimento, in quanto ha reso poco chiaro e non univoco il
significato delle specificazioni milanese e lombardo, nonostante le
evidenti differenze tra i due strumenti40.
40
Queste due denominazioni sono utilizzate entrambe per indicare l’una o l’altra tipologia: non si
è riscontrata omogeneità nell’attribuzione del nome al relativo modello.
41
Il sito www.mandoline.de riporta la presunta accordatura del mandolino padovano: re3 – sol3 –
do4 – sol4 – la4 . Tale informazione non è però supportata da altre fonti.
45
Mandolino portoghese: denominazione molto comune e diffusa
che indica una variante del mandolino piatto, con piano armonico
piatto e fondo lievemente arcuato, a doghe.
46
gran parte riportate (composte da due o più strati di
legno e pergamena), diapason "corto".42
42
Tratto dall’analisi stilistica redatta dal liutaio Carlo Cecconi per il Museo degli Strumenti
Musicali dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Il testo è pubblicato all’indirizzo web
http://museo.santacecilia.it/museo_0/?resource=StrumentiASC/allegati/ASC/STR/000/000/64/AS
C.STR.00000064.0002.pdf
47
Specificazioni storiche
43
Ad esempio, nei cataloghi dei liutai Pasquale e Leonardo Scala di Salerno, di Luca Centrone,
Stefano Zanderighi e Marco Golinelli (laboratorio Liuteria d’Insieme di Milano) o Federico
Gabrielli di Milano.
48
Mandolino del vecchio tipo: questa denominazione è rintracciabile
in riferimento agli strumenti della prima metà del XVIII sec.
L’analisi stilistica del Museo Internazionale e Biblioteca della
musica di Bologna descrive così questo tipo di strumento: «non ha
il guscio molto profondo, ha generalmente un cavigliere in forma di
falce con piroli laterali, può avere più di quattro ordini, accordati in
quarte, eventualmente con una terza maggiore, ha corde attaccate al
ponticello, e soprattutto ha corde il più delle volte di minugia,
pizzicate direttamente con le dita». Vengono così identificati come
mandolino, del vecchio tipo i due strumenti qui conservati44. Questa
tipologia è utilizzata anche dal Metropolitan Museum di New York,
nella nota descrittiva relativa allo strumento attribuito a Giovanni
Smorsone (2008.2a,b).
44
Lo stesso museo riporta la singolare specificazione geografica mandolino bolognese per uno
strumento a fondo piatto e scolpito di tipo napoletano realizzato dal liutaio Luigi Mozzani nel 1933
49
Voci stilistiche
50
successo, testimoniato anche dalla quantità di varianti rintracciabili
(portoghese, francese, Gibson serie A, F e D, sistema Secchi,
Ventura, ecc.)
51
Mandolyra: mandolino napoletano con cassa di risonanza a forma
di lira. Numerosi strumenti di questo tipo sono stati realizzati dal
liutaio Raffaele Calace di Napoli, agli inizi del XX sec.
52
Le origini del problema terminologico
45
Più precisamente, il termine mandola appare nella lista degli strumenti (senza assegnazione
specifica di una linea musicale) della sinfonia del primo intermezzo e nel madrigale “O qual
risplende nube”, nel sesto. L’informazione è stata tratta da TYLER 1992, pag. 12. Lawrence
Wright, nell’articolo «Medieval Gittern and Citole: a case of mistaken identity» apparso sul Galpin
Society Journal n.30 del 1977 (WRIGHT 1977, pagg. 8-42) cita il 1612 come anno di prima
evenienza del termine.
53
Nonostante l’uso del termine pandora, è molto probabile che Agazzari si
riferisse comunque alla mandola46. L’uso di termini diversi, i quali rimandano con
molta probabilità allo stesso strumento, è già riscontrabile in questo periodo: nelle
intavolature per liuto di Piccinini (Bologna 1623), l’autore scrive:
46
Per maggiori informazioni su questa identificazione, si rimanda a TYLER 1992, pag. 12 e sgg.
47
E’ possibile vederne vari esempi nella pittura dell’inizio del XVII sec, soprattutto nelle opere di
Evaristo Baschenis (Bergamo 1617-1677).
48
In questo testo si può riscontrare una sicura differenziazione tra mandola e mandolino.
Nonostante la rilevanza di questo dato, non è possibile generalizzare la distinzione per quanto
riguarda questo periodo, in quanto si tratta di un documento privato.
54
attualmente conservati nel Museo Stradivariano di Cremona. Egli usa due soli
termini (mandolino e mandola) per descrivere tutte le diverse misure:
Figura 19 - Mandolino Coristo (modello n.423) di Antonio Stradivari, Cremona, 1680 - conservato
presso il National Music Museum dell’University of South Dakota. Questo è uno dei due esemplari
attribuiti ad Antonio Stradivari. Il secondo, riconducibile al modello n.419, è di proprietà del
collezionista privato Charlse Beare.
55
Figura 20 - Antonio Stradivari, modello per Mandolino n. 402 (Cremona, Museo Stradivariano)
49
Alla pag.16 e sgg. sono riportati alcuni esempi di queste attribuzioni. In particolare, l’uso del
termine mandora (a volte usato come variante del nome mandola e non riferito al piccolo liuto
così chiamato, si veda GILL 1981, pag. 130) e di liuto soprano risultano particolarmente
fuorvianti.
56
della prima, riguarda cori e corde: non è rintracciabile in alcun modo uno standard
che permetta di definirne il numero o l’accordatura.
Nel XVIII secolo, l’affermazione dell’uso dei termini mandolino e mandola
nella musica si accompagna ad una maggiore indeterminatezza dei due nomi, i
quali risultano praticamente intercambiabili. Questa ambivalenza viene spesso
riscontrata nei cataloghi dei musei presi in esame. Nella collezione Van Raalte,
conservata al Dean Castle di Kilmarnock, in Scozia, sono conservati numerosi
strumenti (a partire da un liuto basso del 1570). In particolare, quello
corrispondente all’inv. n. EAMU018n, identificato come mandore (small lute),
con etichetta «Petrus Merighi fecit Parmae 1767», presenta tutte le caratteristiche
del mandolino: cavigliere a falcetto con piroli infissi lateralmente, corpo piccolo e
piriforme, 12 corde suddivise in 6 cori doppi.
57
In un’altra scheda, l’autore descrive un diverso strumento che dice essere di
origine napoletana:
50
TYLER 1977, pagg. 255-259 e COATES 1977, pag. 427-429
58
proponendo di volta in volta nuove denominazioni o attribuendo nuovi significati
a termini già in uso (come nel caso della mandola, del mandolone, del liuto).
Questo sovrapporsi di riferimenti ha probabilmente contribuito alla definitiva
affermazione delle specificazioni geografiche già agli inizi del XIX sec51. L’uso
delle varianti stilistiche è invece più recente e si può collocare alla fine del XIX
sec., come conseguenza alla rinnovata popolarità dello strumento portata dal
successo delle orchestre e dei quartetti a plettro.
51
Si pensi, solo per fare un esempio, alla definizione di Cremonese o Bresciano data da Bortolazzi
allo strumento da lui stesso ideato [BORTOLAZZI 1805].
59
60
PARTE TERZA
61
La catalogazione informatica dei mandolini
52
Per approfondire i problemi relativi a questa metodologia e alle altre metodologie di sviluppo
qui sommariamente indicate, si vedano soprattutto SOMMERVILLE 2007 (pagg. 62 e sgg., pagg. 381
e sgg,) e GHEZZI – JAZAYERI – MANDRIOLI 2004 (pagg. 417 e sgg.)
62
tecnici – alla ricerca quindi di una grande mole di dati e di estrema precisione
nell’esposizione – che semplici “turisti”, per i quali l’accesso ai dati potrà essere
limitato ai soli dati identificativi e alla documentazione fotografica. Ogni utente
potrà quindi scegliere, di volta in volta, il grado di dettaglio da visualizzare53.
Un altro aspetto da considerare riguarda le scarse risorse economiche
normalmente disponibili nelle istituzioni museali. Per ovviare a questo problema,
è necessario ricorrere a piattaforme software già realizzate, anche se dedicate a
tutt’altro argomento. La mia proposta, pensata per la catalogazione degli strumenti
musicali di liuteria, è basata appunto su questo principio. In particolare, si è scelto
di utilizzare come base di partenza un software per la gestione di un negozio
online, forzandone le finalità ma sfruttando la notevole flessibilità di questi
sistemi.
.
La facilità d’accesso – caratteristica essenziale del linguaggio PHP (Hypertext
PreProcessor) utilizzato per realizzare questa applicazione – consente infatti di
modificare a proprio piacimento i campi previsti nelle schede per l’inserimento
dati, consentendo quindi disporre di un sistema di indicizzazione efficace, di una
53
La registrazione degli utenti ne permette inoltre il riconoscimento automatico e consente di
avvalersi di una serie di avanzati strumenti di analisi dei comportamenti, tipici dei software
utilizzati per il commercio elettronico.
63
trasportabilità eccezionale (essendo in ambiente web) e di costi estremamente
bassi in quanto software “libero”.
La struttura scelta per la maschera di inserimento dati si traduce poi nelle
pagine di ricerca e visualizzazione disponibili per i visitatori del sito.
64
conservate. Esistono ovviamente dei sistemi di salvaguardia dei dati, ma quelli più
efficienti hanno costi non facilmente sopportabili. Attraverso l’uso di un software
conservato su un server remoto si potranno invece sfruttare i sistemi di sicurezza
tipici di una web farm - copie multiple, assistenza e manutenzione continue, ecc. –
con un costo irrisorio. L’accesso ai dati non sarà inoltre limitato al perimetro di un
museo, in quanto possibile direttamente via web.
Il software realizzato subirà anch’esso una veloce obsolescenza: è necessario
quindi salvaguardare non solo l’integrità dei dati, ma anche la capacità di leggerli.
Anche in questo caso, la scelta di un sistema open source, consentendo l’accesso
diretto e non mediato ai dati memorizzati, ci permetterà di riadattarli in futuro ad
un eventuale nuovo standard.
La prevenzione degli errori è necessaria per ridurre la necessità di controllo
manuale, riducendo quindi i tempi per la fruibilità dei dati raccolti. La liuteria
prevede conoscenze tecniche specifiche, che possono essere o ottenute tramite un
corso di addestramento, o comunicate attraverso il software direttamente
all’utente nel momento in cui si rivelino necessarie. Attraverso un percorso di
inserimento dati semplice e centrato sull’utente, che preveda la possibilità di
guidarlo testualmente o con immagini, si possono ottenere schede affidabili anche
per ambiti tecnici così specialistici. Il controllo automatico di coerenza consentirà
al software di stabilire se i campi sono stati compilati in modo formalmente
corretto e se i dati inseriti non sono in contraddizione, consentendo così all’utente
una correzione immediata. Un aiuto fondamentale in questo senso viene
dall’utilizzo dei menu a tendina, che consentono la scelta tra termini già stabiliti.
65
Realizzazione della scheda
66
strumento
cassa di
manico
risonanza
piano fasce
fondo tastiera cavigliere
armonico (opzionale)
fori di
doghe chiavi
risonanza
controfasce ponticello
zocchetti incatenatura
Livello 1 – Strumento
67
Figura 24 - denominazione delle parti esterne
68
Figura 25 - denominazione delle parti interne
69
Figura 26 - Livello 1: misure fondamentali
70
Livello 2 - Cassa di risonanza
Doghe
Fondo Controfasce
Zocchetti
Cassa di
Ponticello
risonanza
Piano Fori di
armonico risonanza
Fasce
Incatenatura
(opzionale)
71
Livello 3 - Fondo (o corpo, guscio, spesso ma impropriamente
cassa): si raccolgono a fianco a questo termine tutte le
caratteristiche più evidenti dello strumento, soprattutto in relazione
alla sua forma e quindi al modello di riferimento. La prima
caratteristica da specificare in una descrizione della cassa sarà
quindi la sua forma: a guscio (detta anche piriforme, tonda o
bombata) o piatta (munita quindi di fasce di separazione tra piano
armonico e fondo). La struttura del testo dovrà contenere
informazioni relative a: forma (qualora possibile, risulta utile
effettuare un rilievo del profilo di piegatura), dimensioni
(corrisponderanno in parte alle misure del piano armonico:
lunghezza totale del fondo, larghezza massima, spessore massimo),
condizioni di conservazione (con indicazione di eventuali interventi
di restauro o riparazione visibili). Le caratteristiche da indicare
sono quindi:
forma - misure - condizioni di conservazione
Figura 27 - Mandolino con fondo a guscio e doghe scanalate (G. Barberis, Genova 1892, coll. priv.)
72
Figura 28 - mandolino con fondo piatto (anonimo, Roma - Museo Nazionale degli Strumenti Musicali)
Figura 29 - Mandolino con fondo a guscio attribuito a Giovanni Smorsone, Roma XVIII sec. (New
York, Metropolitan Museum)
Figura 30 - Sezione trasversale del fondo e possibili varianti (da LUNDBERG 2002, pag. 21]
73
Livello 4 – Doghe: il termine risulta univoco e
generalmente accettato. Si indicano con questo termine i
listelli di legno curvi e affiancati che formano il fondo
della cassa di risonanza negli strumenti in cui questa sia a
guscio. Le caratteristiche accessorie attribuibili a queste
riguardano il loro numero o la loro forma: possono essere
presenti in quantità molto varie; si dicono scanalate
(varianti rintracciate scannellate, incurvate, in inglese
fluted) o lisce. La prima tipologia è indice di maggiore
perizia nella costruzione. Tali doghe possono essere
separate tra loro da una filettatura in legno (ebano, pero o
altro) o in metallo (alpacca o argento). Le due doghe
estreme, a contatto con le controfasce, sono solitamente di
maggiori dimensioni e non scanalate, e vengono a volte
chiamate fasce anche in riferimento a strumenti con fondo
a guscio. Una descrizione sintetica ma efficace dovrà
quindi essere così strutturata:
numero – materiale – forma – filettatura
Figura 31 - cassa di risonanza di un mandolino Embergher mod. 5bis, con doghe scanalate. Le
controfasce di rinforzo sono visibili in basso (realizzate in acero e ebano)
74
azione delle colle utilizzate nella chiusura dello strumento:
sono quindi parti essenziali nella costruzione, e possono
essere utili all’identificazione dell’origine geografica e
storica. Sono collocate esternamente alla cassa di
risonanza, e possono presentare lavorazioni a intarsio.
Vengono a volte chiamate scudo (termine che più di
frequente indica il battipenna) o corazza. Da indicare:
materiale – forma – decorazioni
Figura 32 - Interno di un mandolino con fondo a guscio di Giuseppe Vinaccia, Napoli 1890 (coll. priv.).
Risultano facilmente visibili gli zocchetti di fondo cassa e d’innesto
75
Livello 3 – Piano armonico (o tavola armonica o di risonanza):
questa sezione è soggetta a notevole usura nel corso del tempo,
poiché non protetta da vernici e dotata di spessori sottili. La
pressione delle corde e l’azione del plettro, della penna o delle dita
possono averne determinato la sostituzione, soprattutto negli
esemplari più antichi. Nonostante questo, la sua forma indica
abbastanza chiaramente il modello di riferimento, ed è di enorme
aiuto per l’identificazione tipologica.
Per gli strumenti del XVIII sec. (spesso accomunati
dall’indicazione del vecchio tipo), la forma del piano armonico
deriva direttamente dal quella del liuto barocco, al quale vengono
solitamente associati. Ne tracciamo il profilo del piano armonico
attraverso lo studio di un esemplare realizzato da Francesco
Presbler nel 1774 a Milano, e conservato nei depositi del Museo
Nazionale degli Strumenti Musicali a Roma.
Figura 33 - Mandolino di Francesco Presbler, Milano 1774 (Roma, Museo Nazionale degli Strumenti
Musicali)
76
Figura 34 - profilo del piano armonico del mandolino di Francesco Presbler, Milano 1774 (Roma,
Museo Nazionale degli Strumenti Musicali)
77
Figura 35 - sovrapposizione del modello Figura 36 - sovrapposizione del modello ad un
all'originale di Francesco Presbler, Milano 1774 mandolino Vincenzo Vinaccia, Napoli 1787
78
Se questa comunanza può essere riscontrata riguardo al profilo
esterno del piano armonico, lo stesso non può dirsi per la sua
sezione longitudinale. Il piano armonico viene detto infatti piatto
per il modello lombardo e spezzato (o piegato) per il modello
napoletano. Questa seconda definizione indica la differente
inclinazione della parte inferiore del piano armonico, ottenuta a
caldo (i segni di questo procedimento sono visibili nella parte
interna, vedi fig.28)
Nel secolo XIX, il modello napoletano sviluppato dalla famiglia
Vinaccia (soprattutto da Pasquale intorno agli anni ’30) si
allontanerà dalla forma appena descritta, con un andamento del
bordo non più identificabile con le coppie di circonferenze prima
indicate poiché ottenuto con archi di parabola 54 . Linee più
complesse, quindi, e soggette a più evidenti personalizzazioni da
parte delle scuole costruttive.
In relazione al piano armonico è quindi necessario indicare:
se piatto o spezzato – misure – condizioni di conservazione
54
Si veda l’interessante rilievo effettuato dal prof. Tullio Pigoli e pubblicato all’indirizzo web
http://www.bcavadini.ch/liuteria/extra/calcologenerale.pdf
79
Livello 4 – Ponticello (o cordiera-ponticello 55 , a volte
cordiera): nonostante le piccole dimensioni di questo
accessorio, il suo valore per la catalogazione è grande
anche se, come per il piano armonico e anche più di
questo, esso è soggetto a frequenti sostituzioni o
riparazioni. Due sono i modelli fondamentali, e questi
sono alla base della distinzione tra le due linee di
generazione dei mandolini: è fisso nel modello lombardo,
mobile in quello napoletano.
55
La denominazione cordiera-ponticello è stata proposta in MEUCCI 1993, pag. 92
80
Livello 4 – Foro di risonanza (detto anche buca armonica
o rosetta): solitamente singolo, può presentarsi chiuso da
una rosetta decorativa (intagliata o applicata), o aperto. In
alcuni mandolini a fondo piatto è possibile riscontrare due
o più fori di risonanza posti sulle fasce e non sul piano
armonico. La funzione è comunque la medesima. La
descrizione dovrà contenere:
numero – posizione – forma
81
possono mostrare i segni dei restauri susseguitisi nel tempo.
Se possibile, segnalare:
numero – posizionamento – condizioni di conservazione
Figura 43 - piano armonico (lato interno) di un mandolino napoletano anonimo (coll. priv.). Si possono
notare i segni lasciati dalle due catene mancanti, nonchè la posizione dell'unica catena conservatasi. Si
nota anche la bruciatura in corrispondenza della piegatura.
82
Figura 44 - Livelli 2/4: misure fondamentali
83
Livello 2 – Manico
Tasti
Tastiera
Manico Capotasto
Cavigliere
56
Un esempio di intervento “funzionale” è visibile sul mandolino attribuito a Giovanni Smorsone,
conservato al Metropolitan Museum di New York (2008.2a,b) sul quale è stata sostituita la tastiera
originale per consentire il montaggio del 6° coro.
84
tipica degli strumenti di tipo lombardo e napoletano costruiti fino
al XVIII sec. La seconda è riscontrabile sempre in entrambi i
modelli, ma con riferimento al periodo successivo.
La descrizione dovrà contenere
tipologia – materiale – misure – condizioni di conservazione
85
Conclusioni
86
differente genesi di questi due strumenti è alla base delle principali diversità
tecniche nelle due linee di sviluppo successive.
Riconoscere un modello di base significa indicare i tratti comuni all’intera
famiglia e, nella prospettiva catalografica, indicare in questi dati la base per
l’identificazione univoca dell’oggetto studiato. Catalogare uno strumento dalle
caratteristiche estetiche inusuali, come ad esempio l’esemplare conservato al
Museo Nazionale degli Strumenti Musicali (n. 495), con cassa di risonanza a
forma di stella, ma riconoscibile come mandolino napoletano poiché dotato di
quattro cori di corde doppie, lunghezza della corda vibrante di 350 mm, manico
con tastatura fissa, consente anche al catalogatore meno esperto di procedere alla
prima schedatura. Ad un secondo livello di competenza, questo strumento potrà
essere descritto come mandolino piatto (poiché dotato di piano armonico e fondo
piatti), variante talmente importante del mandolino napoletano da avere a sua
volta generato un ulteriore livello di specificazione.
Le due linee di evoluzione si sono spesso intersecate, dando vita a tipologie
intermedie che hanno avuto ruoli a volte molto importanti nella storia di questo
strumento. Esempi massimi di queste ibridazioni sono il mandolino genovese (lo
strumento di Niccolò Paganini) e il cremonese, con il quale il virtuoso Bartolomeo
Bortolazzi ha fatto conoscere il mandolino italiano in Europa.
Al catalogatore dovrà quindi essere lasciata la libertà di raggiungere il livello
di dettaglio consentitogli dalle proprie competenze specifiche: tale rispetto passa
anche dalla scelta di utilizzare la terminologia esistente senza forzarne il senso (è
questo il punto cardine della critica qui mossa agli studi di Paul Spark e James
Tyler).
Tale impostazione interessa tanto l’attribuzione tipologica quanto la
descrizione tecnica dello strumento. La suddivisione in quattro livelli di dettaglio
è funzionale a tale “adattabilità” e apertura della scheda. La proposta di una
struttura duttile vuole essere da una parte un supporto e una guida per chi si
dedichi al lavoro di catalogazione degli strumenti musicali conservati nei musei
senza le necessarie conoscenze specifiche, e dall’altra vuole lasciare un ampio
margine di libertà a chi tali competenze le possiede, fungendo quindi da struttura
di riferimento e da thesaurus.
87
Il principale risultato ottenuto con l’applicazione di questa struttura è la sua
facile traducibilità in un software per la raccolta dati. La definizione di rapporti
gerarchici tra i modelli e tra le parti costitutive dello strumento è infatti funzionale
alla realizzazione di un sistema guidato per la redazione delle schede, consentendo
di adattare il livello di dettaglio alle effettive competenze del singolo utente.
Tale archivio può infine proporsi come centro per la raccolta dei dati relativi
agli strumenti di questa singolare categoria, conservati sia nei musei che nelle
collezioni private, grazie alla disponibilità e alla gratuità derivanti dall’uso di
tecnologie open source e software libero, usufruibili via web.
88
89
Appendice: gli strumenti del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali
di Roma
Per la redazione della presente ricerca sono stati studiati strumenti provenienti
sia da collezioni private che dal Museo degli Strumenti Musicali di Roma. Di
seguito si riportano le immagini relative agli strumenti conservati nel Museo,
raccolte nella prima fase della ricerca, insieme alle misurazioni principali.
90
Roma - MNSM (n.inv. 122 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
non presente
Cori: 4
Doghe: 11 lisce
Lunghezza totale: cm 49,6
Corda vibrante: cm 33,8
Roma - MNSM (n.inv. 131 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
Cori: 6 doppi
Doghe: 15 lisce
Lunghezza totale: cm 55
Corda vibrante: cm 31,2
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 25 lisce
Lunghezza totale: cm 60
Corda vibrante: cm 35
91
Roma - MNSM (n. inv. 287 e 215 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 25 scannellate
Lunghezza totale: cm 59,5
Corda vibrante: cm 33
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 13 lisce
Lunghezza totale: cm 46
Corda vibrante: cm 30,5
Cori: 6 doppi
Doghe: 11 lisce
Lunghezza totale: cm 52,5
Corda vibrante: cm 31
92
Roma - MNSM (n. inv. 263 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale: cm 54,5
Corda vibrante: cm 33
Cori: 6 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale: cm 58,4
Corda vibrante: -
93
Roma - MNSM (n. inv. 295 e 199 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale: cm 56
Corda vibrante: cm 33
Cori: 4 doppi
Doghe: 20 scannellate
Lunghezza totale: cm 56
Corda vibrante: cm 33
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale: cm 57,5
Corda vibrante: cm 34
94
Roma - MNSM (n. inv. 201, 2378 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale: cm 58,6
Corda vibrante: cm 34
Cori: 4 doppi
Doghe: 22 scannellate
Lunghezza totale: cm 56,6
Corda vibrante: cm 33
non presente
Cori: 5 doppi
Doghe: 11 scannellate
Lunghezza totale: cm 59,8
Corda vibrante: cm 33
95
Roma - MNSM (n. inv. 257 e 223 – deposito, vetrina B1)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale: cm 60
Corda vibrante: cm 35
Cori: 6 doppi
Doghe: 16 lisce
Lunghezza totale: cm 57
Corda vibrante: cm 31,4
96
Roma - MNSM (senza n. inv. – deposito, vetrina B2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 17 lisce
Lunghezza totale: cm 61,5
Corda vibrante: cm 33
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale: cm 58
Corda vibrante: cm 33,5
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 62
Corda vibrante: cm 35
97
Roma - MNSM (n. inv. 1391 – deposito, vetrina B2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: fondo a intarsio
Lunghezza totale: cm 60
Corda vibrante: cm 34
Cori: 4 doppi
Doghe: 16 scannellate
Lunghezza totale: cm 49
Corda vibrante: cm 28
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 lisce
Lunghezza totale: cm 59
Corda vibrante: cm 32
98
Roma - MNSM (n. inv. 289 e 39 – deposito, vetrina B2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 50,5
Corda vibrante: cm 29,5
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 17 scannellate
Lunghezza totale: cm 58
Corda vibrante: cm 33
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 13 lisce
Lunghezza totale: cm 59
Corda vibrante: cm 32,5
99
Roma - MNSM (n. inv. 274 e 224 – deposito, vetrina B2)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 25 scannellate
Lunghezza totale: cm 85
Corda vibrante: cm 54,5
non presente
Cori: 6 singoli
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 70,5
Corda vibrante: cm 46
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale: cm 79,5
Corda vibrante: cm 51
100
Roma - MNSM (senza n. inv. – deposito, vetrina B2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 17 lisce
Lunghezza totale: ---
Corda vibrante: ---
Cori: 6 doppi
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 81
Corda vibrante: cm 38,2
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale: cm 72
Corda vibrante: cm 45
101
Roma - MNSM (n. inv. 371 – deposito, vetrina B2)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 lisce
Lunghezza totale: cm 60,5
Corda vibrante: cm 32
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
102
Roma - MNSM (n. inv. 1402 – deposito, vetrina B6)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
103
Roma - MNSM (n. inv. 220 e 1272 – deposito, vetrina B6)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 31 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 22 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 15 lisce
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
104
Roma - MNSM (n. inv. 256 e 1406 - deposito, vetrina B6)
Etichetta:
Cori: 5 doppi
Doghe: 11 lisce
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 singoli
Doghe: 19 lisce
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
non presente
Cori: 6 doppi
Doghe: 9 lisce
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
105
Roma - MNSM (n. inv. 200 e 2386 - deposito, vetrina B6)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 15 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
non presente
Cori:
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 doppi
Doghe: 25 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
106
Roma - MNSM (senza n. inv. - deposito, vetrina B6)
Etichetta:
Giuseppe M… fecit 10 /
Settembre 1773
Cori: 4 doppi
Doghe: 9 lisce
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 6 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
107
Roma - MNSM (n. inv. 135 e 368 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale: Corda vibrante:
108
Roma - MNSM (n. inv. 286 e 208 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
109
Roma - MNSM (n. inv. 1273 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
Cori: 6 singoli
Doghe: 8 lisce
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Roma - MNSM (n. inv. 1382 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Roma - MNSM (n. inv. 2382 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
Cori:
Doghe:
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
110
Roma - MNSM (n. inv. 285 e 192 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 21 scannellate
Lunghezza totale:
Corda vibrante:
Roma - MNSM (n. inv. 1383 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 11 lisce
Lunghezza totale: cm 57
Corda vibrante: cm 33,5
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 11 lisce
Lunghezza totale: cm 58
Corda vibrante: cm 33,5
111
Roma - MNSM (n. inv. 1388 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: 23 scannellate
Lunghezza totale: 58
Corda vibrante: 33,8
Roma - MNSM (n. inv. 1380 - deposito, vetrina B3)
Etichetta:
non visibile
Cori: 4 doppi
Doghe: 19 scannellate
Lunghezza totale: 56
Corda vibrante: 34
Roma - MNSM (n. inv. 272 e 209 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
Cori: 4 doppi
Doghe: 17 scannellate
Lunghezza totale: cm 56
Corda vibrante: cm 34
112
Roma - MNSM (n.inv. 195 e 2379 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
Cori: 4 singoli
Doghe: 9 lisce
Lunghezza totale: cm 55
Corda vibrante: cm 31
Roma - MNSM (n. inv. 276 e 2045 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 59
Corda vibrante: cm 33
Roma - MNSM (n. inv. 279 e 159 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 58
Corda vibrante: cm ---
113
Roma - MNSM (n. inv. 129 e 194 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
Cori: 6 doppi
Doghe: 9 lisce
Lunghezza totale: cm 52
Corda vibrante: cm 31,7
Roma - MNSM (n. inv. 188 e 1397 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
non presente
Cori: 4 doppi
Doghe: fondo piatto
Lunghezza totale: cm 59
Corda vibrante: cm 33
Roma - MNSM (n. inv. 246 e 2338 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
Cori: 6 doppi
Doghe: 9 lisce
Lunghezza totale: cm 55,5
Corda vibrante: cm 31,6
114
Roma - MNSM (n. inv. 128 e 185 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
Cori: 6 doppi
Doghe: 13 lisce
Lunghezza totale: cm 52,4
Corda vibrante: cm 29,4
Roma - MNSM (n. inv. 253 e 2470 – deposito, vetrina A2)
Etichetta:
non presente
Cori: 6 doppi
Doghe: 13 scannellate
Lunghezza totale: cm 54
Corda vibrante: cm 28,5
115
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