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La scenografia
Sebastiano Serlio
Nicola Sabbatini
Giacomo Torelli
Andrea Pozzo
Alessandro Sanquirico
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Scenografia e rappresentazione
dello spazio
Scenografia, parola di derivazione greca, che sta ad indicare tutti quegli
accorgimenti destinati a dare l'illusione dell'ambiente nel quale si svolge
l'azione drammatica.
L'evoluzione della scenografia teatrale è da sempre strettamente legata
al problema della rappresentazione dello spazio poiché, al pari della
pittura, si prefigge di ricreare l'immagine di uno spazio architettonico
dotato di tre dimensioni, e dunque di profondità.
Tuttavia, fin dai tempi più antichi, la volontà di rendere credibili le
rappresentazioni visive, in particolare quelle pittoriche, si è scontrata con
la difficile trasposizione grafica della tridimensionalità del mondo esterno
sulla bidimensionalità del supporto materico di quelle immagini.
Quindi nel corso dei secoli, le intuizioni spontanee e le conoscenze
geometriche relative ai metodi di rappresentazione hanno trovato nella
scenografia un campo di immediata applicazione e sperimentazione.
Ricostruzione della scena del teatro di Dioniso in Atene Nelle campate di alcuni portali della scena potevano trovarsi quindi
questi fondalini dipinti con immagini pseudo-prospettiche, volte a
sfondare la superficie del supporto e ad animarla con piani scaglionati
secondo profondità diverse.
Immagini venivano disposte anche sulle facce dei cosidetti periaktoi
quinte girevoli di forma prismatica che permettevano veloci cambiamenti
di scena;
la forma prismatica a base triangolare consentiva infatti di mostrare al
pubblico nella cavea solo la faccia posta frontalmente, rendendo
praticamente invisibile la decorazione pittorica delle restanti due, a causa
del violento scorcio prospettico.
Per quanto concerne il loro utilizzo le teorie sono contrastanti, poiché vi
è chi sostiene che non servissero per mutare la localizzazione della
scena all'interno della rappresentazione ma che avessero come scopo
quello di indicare quale genere fosse in corso di rappresentazione: non a
caso difatti sono triedrici, mostrando quindi tanti lati quanti sono i generi
letterari teatrali del mondo antico: Tragedia, Commedia e Satira.
Non è possibile stabilire le dimensioni reali dei periaktoi e nemmeno
quale fosse il meccanismo utilizzato per ruotarli.
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utilizzati sul palco quali macchine per i voli, utilizzate soprattutto per
l'apparizione delle divinità sulla scena, piattaforme su ruote con
movimento di andata e ritorno o con movimento rotatorio, botole aperte
sul piano del palcoscenico per l'entrata o l'uscita di altri apparati da
sotto il palco nonché l'utilizzo dei macchinari progettati per riprodurre dei
rumori naturali, come ad esempio la macchina per simulare per il tuono.
Per ciò che concerne i macchinari utilizzati per l'ingresso delle divinità in
scena vale la pena citare l'espressione Deus ex machina, la quale è una
frase latina a sua volta mutuata dal greco: "il dio che viene dalla
macchina".
Era definita mechàne (elevatore) la piattaforma di legno, mossa da funi
tramite argani e carrucole che faceva calare in scena dall'alto la figura
della divinità; di questo espediente scenotecnico dovette servirsene
abbondantemente Euripide, nei cui testi sono ricorrenti le apparizioni di
Dei.
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La scenografia rinascimentale e
barocca
La prospettiva e la nascita della
scenografia moderna.
Quando nel Rinascimento, ad opera di alcuni artisti-scienziati quali
Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e lo stesso Leonardo, venne
codificata in maniera scientifica la cosiddetta perspectiva artificialis
campo scenico ritroviamo, attraverso alcuni significativi esempi, i
momenti della svolta verso la nuova concezione dello spazio.
Costruzione prospettica rinascimentale con "taglio" dei raggi visuali
Si stabilì in quegli anni un immediato rapporto tra scenografia e
architettura che per alcuni secoli fece coincidere i due termini, fra
contaminazioni e interpolazioni, in un binomio unico per lo spazio della
rappresentazione.
L'applicazione del metodo prospettico alla scena teatrale condusse
all'abbandono dell'allestimento multiplo medioevale e all'unificazione del
quadro scenico; in secondo luogo, la scoperta delle capacità illusorie
della prospettiva offrì la possibilità di rappresentare una voluta
profondità in uno spazio minore, o addirittura su fondali piani, creando
una netta separazione tra l'ambiente reale della sala, dove siedono gli
spettatori, e quello illusionistico della scena, dove gli attori devono agire
in modo da non svelare la presenza di leggi spaziali e rapporti
dimensionali truccati.
Viene così a determinarsi, per la prima volta, la dualità spaziale
caratteristica dell'edificio teatrale italiano, in cui il palcoscenico è
separato dal pubblico attraverso una parete-diaframma, chiamata
boccascena, che incornicia l'immagine illusionistica di quello spazio.
Tutt'oggi, sebbene non venga più utilizzata come norma la prospettiva
centrale, la progettazione delle scenografie risente comunque di tale
retaggio del passato.
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Le tre principali si dipartono dalla porta regia (varco centrale del fronte
scena), due dagli hospitalia (archi laterali) e altre due dalle porte delle
versure. La via regia, pavimentata in legno come tutte le altre, si sviluppa
in una profondità reale di 12 m., ma la sua apparente estensione viene
notevolmente accresciuta dagli artifici adottati dallo Scamozzi: la finta
strada infatti è soggetta a una forte accelerazione prospettica nei due lati
in fuga dovuta al restringimento verso il fondo della sezione trasversale; il
ripido pavimento presenta una pendenza del 20% e le rette di colmo dei
vari edifici che la fiancheggiano tendono a un punto di comune
convergenza.
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Sebastiano Serlio
Il primo trattato sulla costruzione delle scene, pubblicato nel 1545
dall'architetto Sebastiano Serlio, dà inizio a una lunga tradizione di
trattatistica sulla scenografia teatrale, che tuttavia si riallaccia ancora ad
autori del passato quali Vitruvio ed Euclide.
Nicola Sabbatini
Del pesarese Nicola Sabbatini, personaggio a cavallo fra la fine del
manierismo ed il barocco, ci rimane il trattato: Pratica di fabbricar
scene e macchine nei teatri pubblicato nel 1638 e nel quale tratta di
ogni elemento necessario alla scenografia del suo tempo, dalle regole
per la creazione di una prospettiva su di un fondale, all'inclinazione da
dare alle gradinate della platea o del palco, dall'illuminotecnica alla
scenotecnica vera e propria, ossia alla modalità di progettazione di
macchinari per i vari scopi. Insieme a Sebastiano Serlio è ritenuto uno
dei creatori dell'illuminazione artificiale dei teatri.
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Giacomo Torelli
Proprio in quegli anni la progettazione degli edifici teatrali ebbe il suo
massimo sviluppo, arrivando a un modello largamente accettato da tutte
le nazioni: la pianta a ferro di cavallo, l'area riservata agli orchestrali, la
ricchezza del boccascena e l'estensione del palco condizionata dalla
presenza dei nuovi macchinari.
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Andrea Pozzo
Il gesuita Andrea Pozzo, nel suo trattato Perspectiva pictorum et
architectorum (1693), propone chiare regole prospettiche per la
costruzione delle scene.
Il problema geometrico, affrontato chiaramente per la prima volta,
consiste nell'individuare nella sala il punto di visione privilegiato, centro
della proiezione che regola lo spazio prospettico della scena (indicato nel
testo originale con la lettera F).
Prolungati i fianchi del palco, i relativi allineamenti risulteranno
convergenti verso un unico punto (punto di fuga della scena in
prospettiva solida), la cui distanza, ribaltata dal lato del pubblico,
individuerà il punto di vista cercato (V).
Dai disegni dello stesso autore, il centro di vista così definito cade in una
Andrea Pozzo: individuazione del punto di vista privilegiato della scena (V) zona inaccessibile agli spettatori, così da non privilegiare alcuna
specifica posizione in sala. Sebbene con alcune non sostanziali
modifiche, il sistema proiettivo definito da Andrea Pozzo, ancora oggi
rappresenta la base della moderna prospettiva solida teatrale.
La scenografia dal
neoclassicismo all'ottocento
Nei primi anni del Settecento, la scenografia è ancora dominata
dall'impianto prospettico barocco, ma in questo stesso periodo il
sistema degli assi visivi si complica e si arricchisce di nuove possibilità
espressive.
Si realizza una nuova forma, apparentemente irregolare, in cui,
rinunciando all'asse unico centrale, si moltiplicano i punti di fuga.
Questa nuova forma in realtà è controllata tecnicamente ancora una
volta dall'applicazione rigorosa delle regole prospettiche.
La veduta per angolo e la prospettiva a fuochi multipli sono le due
formule in cui si riassume l'ottica scenica del Settecento, identificata con
il lavoro della famiglia di scenografi ed architetti dei Galli da Bibiena
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La formula teatrale iniziò a cercare nei nuovi ideali della ragione la sua
nuova modernità.
L'esigenza di scenografie che descrivano in maniera veritiera le
ambientazioni e i luoghi, il ritorno del fascino dell'antico anche se in
forma di rovina, l'equilibrio compositivo e luministico sono solo alcuni dei
temi di ricerca della nuova messa in scena neoclassica.
Quindi le messinscene accentuarono la ricerca verso l'imitazione più
realistica possibile della natura e della vita quotidiana con il richiamo ad
un'estetica più essenziale.
Esempio di scenografia "di camera" con arredi e suppellettili di uso comune Venne conseguentemente stigmatizzata la pratica delle grandi variazioni
sceniche quindi si dismisero anche i grandi macchinari per il moto
scenico in auge nel secolo precedente e si puntò la ricerca scenotecnica
e scenografica su altri aspetti.
Così il teatro dei carri volanti, delle glorie immerse nelle nuvole terminò la
propria parabola insieme alle macchine progettate all'uopo.
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Alessandro Sanquirico
Ad Alessandro Sanquirico, il più famoso degli scenografi operanti alla
Scala di Milano all'inizio del XIX secolo, si deve la scelta singolare di
tenere in ombra gli elementi architettonici in primo piano, al fine di
convogliare lo sguardo degli spettatori verso i luminosi scorci prospettici
dei fondali riccamente dipinti, anticipando la radicale svolta operata in
seguito dall'invenzione dell'illuminazione elettrica, che permise un
veloce oscuramento della sala durante le rappresentazioni: il pubblico,
totalmente immerso nel buio, poteva finalmente godere di una perfetta
illusione, concentrando l'attenzione unicamente sulla scena.
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La riforma wagneriana
dell'edificio teatrale
Negli ultimi anni dell'Ottocento l'opera di Richard Wagner in Germania
avvia una significativa riforma in ambito teatrale, globalmente rivolta
all'intero edificio teatrale, nonché ai principi dell'allestimento scenico.
L'innovazione wagneriana consiste nella democratica unificazione del
pubblico in un unico ordine di posti; in luogo della platea a forma di ferro
di cavallo risorge il cuneo della cavea classica, coronato in sommità da
una galleria, mentre lo sviluppo del palcoscenico prende il sopravvento a
discapito dell'orchestra.
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Ricostruzione della scena per Orphée et Eurydice di Gluck, da un disegno di Adolphe Appia, Hellereau,
1912;
(modello per la mostra SCENAMADRE realizzato dagli studenti della Scuola di Scenografia
dell'Accademia di Belle Arti di Torino)
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Teatro futurista
La frammentazione del
linguaggio scenografico e la
scena digitale
Dopo Appia il mondo della scenografia ha intrapreso innumerevoli strade
diverse alla ricerca di espressività e suggestioni sempre nuove in nome
dell'ormai affermata libertà artistica; in un simile terreno di
sperimentazione, frammentazione e velocità è venuto tuttavia a mancare
il rapporto tra le esperienze realizzate e l'individuazione delle regole da
esse dedotte ed acquisite e dunque la letteratura sulla scenografia ha
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