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Mostrare come la dottrina tomista dell’essere come atto è capace di integrare e

fondare i principali elementi della metafisica

Esse

Se desarrolla así una metafísica ordenada a explicar el esse de los entes. Avicena añade el

esse a los entes como un nuevo principio, pero lo explica como un mero accidens additum,

totalmente extrínseco. Averrores vuelve a Aristóteles y lo identifica con la esencia en acto,

esse in actu. Santo Tomás los conoce y critica1, al tiempo que propone su concepción

totalmente original. Sin embargo quiere mantener aquello que ya se había dicho, aunque

completando y perfeccionándolo. Por tanto utilizará de las acepciones del término esse

impuestas por Aristóteles y sus comentadores, pero aclarándolas e insertando su concepción

personal. Se debe atender a esto, pues de otro modo el lenguaje tomista parecería equívoco e

incoherente.

Santo Tomás, aiutata dal Liber de Causis e dall Pseudo Dionigi, arriva a una nozione di esse

come actus, esse ut actus.

Infatti, nel commento al Libro delle Sentenze, Tommaso porta una citazione di Dionigi,

secondo il cui dice che l’essere, tra tutte le altre perfezioni di Dio, come il vivere l’intelligere,

et altre, sta primo e come principio delle altre perfezioni, e li contiene tutte unite.

Nella questione disputata de Potentia, Q 7, in risposta alla nona obiezione del secondo

articolo, san Tommaso usa espressioni molto chiare rispetto alla sua nozione di esse. E

molto significativo che in questo passo, che e inoltre una delle sue ultime opere, dice spesso

“hoc quod dico esse…”, invece di usare la solita espressione “hoc quod dicitur esse…”, e così

si sottolinea che questa è la sua nozione di esse.

1 Cfr. In IV Metaph., lect. 2, n. 558.


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E in questo testo San Tommaso dice che qeusto esse è la cosa più perfetta tra tutte le cose,

perché è atto di tutte le forme, e l’atto è sempre più perfetto della potenza. È attualità do

ogni atto, perfezione di ogni perfezione, e nulla li si può aggiungere che gli sia estraneo.

L’essere è una perfezione intensiva, che determina il grado di perfezione di ogni ente. No è

che sopra la perfezione di essere sopraggiunge quella di vivere e su di queste quella

d’inttelligere, ma che il vivente ha un grado di essere maggiore che il non vivente, e

l’intteligente uno ancora più alto che il vivente.

De todo lo dicho se concluye que el esse es acto, significa acto en general, el acto que se

realiza. y puede indicar la realidad o actualidad de una esencia, esse in actu, o el principio

que actúa una esencia, esse ut actus o actus essendi.

Questo essere come massima perfezione, si trova in Dio per essentiam, cioè senza limiti di

alcun tipo e come proprio. Invece, tutti glia altri enti, hanno l’essere come ricevuto e

limitato per l’essenza, che con questa concezione tommasiana dell’essere come atto di tutti

gli atti, è considerata potenza ordinata all’atto di essere.

Così, Tommaso dirà che nelle cose composte di materia e forma, si trova un ordine doppio:

uno dalla materia alla forma, ed un altro dalla cosa composta all’essere partecipato, e che

l’essere non è né la materia né la forma, ma qualcosa che arriva al composto per la forma.

(de substantiis separatis)

L’essenza non è, pertanto, l’atto ultimo, ma si comporta come potenza nei confronti

dell’essere.

Nei tempi di san tommaso, c’era la discussione riguardante l’ilemorfismo universale. Questa

dottrina diceva che tutte le realtà tranne Dio, erano composte di materia e forma.

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Pero questa dotrina era un problema, perché per mettere una diferenza tra Dio e le creature

spirituali, affermava l’essitenza di una materia sottile, diversa dalla materia corporea, però

era una materia alla fine.

Questo pensiero dipendeva dell’interpretazione che i filosofi arabi avevano fatto di

Aristotele, e per loro, potenza era nient’altro che materia.

Però la nozione di essere di san Tommaso è in grado di spiegare che nelle sostanze spirituali,

è l’essere quel che ha ragion di atto, e invece l’essenza è il principio che diversifica gli enti di

Dio e tra di loro.

Una volta tolta la materia, quando consideriamo le sostanze spirituali, san tommaso dirà che

quelle continuano a diferenziarsi di Dio perché rimane qualche potenzilità, dato che loro

non sono lo stesso essere, ma partecipano del essere. (de substantiis) E per il principio di

perfezione separata, sappiamo che una perfezione assolutamente semplice, assolutamente

pura e separata non può essere che una sola. Quindi, Dio è L’Ipsum esse Subsistens, e ci debe

essere qualche principio potenziale che distingua e limite l’essere negli altri enti.

Abbiamo deto, allora, che tutti gli enti tranne Dio non sono l’essere, ma partecipano l’essere.

Quindi l’essere è la perfezione che viene partecipata da tutti gli enti a partire del essere per

essenza.

Nella nozione di partecipazione di san Tommaso, dobbiamo distinguere i due termini della

relazione: il partecipato e il partecipante.

Il partecipato è la perfezione che si trova in diversi soggeti, e il partecipante è quel soggetto

che riceve la perfezione partecipata.

Con riguardo al essere, dobbiamo dire che l’essere che si trova in Dio per essenza è la

perfezione partecipata dai partecipanti che sono gli altri enti.

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Però in che modo sia questa partecipazione, lo spiega san Tommaso nel commento alle

sentenze, dicendo che i due termini possono convenire nella perfezione in due modi: come

due che partecipano qualcosa una, o quando uno è qualcosa per se, e l’altro partecipa la sua

somiglianza quanto può.

Dal primo modo non sia applica al rapporto Dio-creature, ma dal secondo modo.

È una partecipazione trascendentale e analoga, dove i partecipanti hanno soltanto una

similitudine degradata della perfezione partecipata, e questa perfezione susiste separata dei

partecipanti.

Questa perfezione di essere separata, L’Ipsum Esse Subsistens, è la causa dell’essere di tutti

gli enti.

Nel suo commento al Liber de Causis san Tommaso spiega che l’essere è il primo e più

generale degli effeti della Causa prima, il cui influsso si stende a tutto.

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