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D’IMPRESA
CAP.1
Il marketing è l’insieme delle conoscenze, delle competenze, delle attività e degli strumenti
utilizzati dall’impresa ai fini della creazione di valore per i diversi stakeholder e per la
società in generale attraverso la comprensione, la gestione e controllo delle relazioni con il
mercato’.
Per l’impresa è importante agire considerando la centralità delle dinamiche di mercato, deve
essere gestita partendo dalla considerazione che la soddisfazione dei clienti rappresenta in
punto di riferimento indispensabile al successo delle sue iniziative. dalla customer satisfaction
derivano la capacita di ottenere un vantaggio sui concorrenti e la possibilità di raggiungere
performance economiche positive. in funzione dei mercati in cui l’impresa opera si parla di
orientamento alla produzione, al prodotto, alle vendite e al mercato. L’importanza del
marketing non si limita alla sola gestione delle imprese, ma la sua applicabilità investe
tematiche e aree diverse: i settori no-profit, la cultura, gli aspetti sociali ecc. Alla guida delle
decisioni di marketing vi è il concetto di valore per il cliente che presuppone un’attenta
considerazione del ruolo attivo che pio svolgere il cliente nella relazione con l’impresa. inoltre,
in un contesto in cui le risorse sono sempre più limitate, il marketing è chiamato a supportare il
crescente orientamento delle imprese verso un approccio in chiave di sostenibilità attraverso il
perseguimento contestuale della protezione ambientale, dell’equità e giustizia sociale e dello
sviluppo economico.
In sintesi, i presupposti del marketing determinano una forte presa di coscienza, da parte
dell’impresa, sulla necessità di un intenso orientamento al mercato e sono riassumibili nelle
condizioni di incertezza, instabilità e complessità.
Tanto più l’ambiente che circonda l’impresa è incerto, instabile e complesso, tanto maggiore è
la necessita di analizzarlo, conoscerlo e di agire in senso strategico e operativo, per posizionare
al meglio l’offerta dell’impresa sul mercato cercando di ottenere le migliori performance
possibili.
Il marketing si colloca in una posizione centrale nell’ambito dei processi decisionali e
manageriali delle imprese. Non vi può essere differenza tra obiettivi d’impresa e obiettivi di
marketing.
Obiettivo prioritario è generare valore per il cliente e per l’impresa. Anche per il marketing si
evidenziano alcuni obiettivi particolari, pur se tutti riconducibili all’obiettivo primario della
generazione di valore.
Tre obiettivi specifici:
• la ricerca continua della soddisfazione del cliente
• l’ottenimento di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile
• il perseguimento della redditività di lungo periodo
La customer satisfaction è il punto di avvio per ottenere un’elevata performance d’impresa.
Superiori livelli di customer satisfaction determinano un maggiore ritorno sul capitale investito
(ROI) e un più elevato tasso di crescita della quota di mercato.
Questa considerazione va mediata con altri elementi: il settore in cui opera l’impresa, il livello
di investimenti necessari al suo buon funzionamento, il dinamismo della domanda, il potere
contrattuale e negoziale dei clienti e dei fornitori.
Anzitutto un cliente soddisfatto induce l’impresa a ricercare in modo continuo ulteriori modalità
per poterne soddisfare le esigenze. L’impresa è indotta a perseguire una logica di innovazione
e di differenziazione continua dell’offerta. In questo processo l’impresa è spesso aiutata dai suoi
stessi clienti che ‘consigliano’ l’impresa a percorrere determinate vie di differenziazione e di
innovazione
Un ulteriore vantaggio che l’impresa ottiene dai suoi clienti soddisfatti è legato ai processi di
comunicazione. Il cliente condivide con altre persone le esperienze d’acquisto e se queste sono
positive, convince facilmente altri consumatori alla prova. Si tratta di una comunicazione,
chiamata in termini tecnici ‘word of mouth’ o passaparola estremamente efficace perché molto
credibile e molto efficiente in quanto a costo nullo per l’impresa.
Un cliente soddisfatto si forma un’opinione e un’immagine positiva dell’impresa che va al di
la dello specifico prodotto. L’immagine positiva trascende la specificità dell’esperienza e
consente una più facile accettazione di prodotti nuovi e diversi, offerti dalla stessa impresa.
Questo meccanismo genera la cosiddetta ‘estensione della fiducia’.
Quanto migliore è la performance dell’impresa generata dalla sommatoria degli effetti positivi
sulla redditività e sulla crescita, tanto più elevato è il valore economico dell’impresa stessa. Non
a caso, molto spesso si ritiene opportuno stimare il valore dell’impresa partendo da una
valutazione del livello di customer satisfaction e dal correlato effetto di customer retention e
customer loyalty, cioè la sua capacita di trattenere i clienti , fidelizzandoli.
Gli altri due obiettivi dell’orientamento dell’impresa al marketing, ottenimento di un
vantaggio competitivo ed elevati livelli di redditività, sono da considerarsi implicitamente
raggiunti nel momento in cui si persegue in modo corretto l’obiettivo della customer
satisfaction.
Un’elevata customer satisfaction genera maggiori profitti, quindi si raggiunge l’obiettivo di
redditività, e una maggiore capacita di crescita dell’impresa sul mercato, quindi un’evidente
misura delle capacita di acquisire e mantenere una favorevole posizione concorrenziale.
1.6 Dal concetto generale di valore ai valori d’impresa, di mercato e per il cliente
L’impresa è in grado di generare un continuo valore per il cliente se riesce a svolgere in modo
opportuno tre macroprocessi critici: l’innovazione, la differenziazione e la comunicazione.
Sono necessari tutti e tre per riuscire a incorporare in un prodotto/servizio tutto ciò che
l’impresa è in grado di offrire e, auspicabilmente, tutto ciò che i mercato e i clienti desiderano.
Il processo di creazione di valore esce, almeno in parte, dalle responsabilità dell’impresa e,
viene gestito in prima persona dal cliente. E’ il cliente che decide se prendere in
considerazione il prodotto offerto, se accettarne l’immagine proposta e i servizi aggiuntivi e,
soprattutto, se reputa il prezzo definito dall’impresa adeguato.
Il ruolo del cliente è attivo nella definizione del valore. I clienti non sono in cerca di specifici
prodotti, ma di soddisfazione, generata dalla capacità di ‘problem solving’ dell’impresa. I
prodotti quindi rappresentano dei veicoli per la cessione di un ‘servizio intangibile’, poiché
aiutano i clienti ad acquisire la propria soddisfazione individuale.
Le imprese sono in grado di generare valore a livello ‘potenziale’, ma è solo attraverso il
consumo e l’uso che avvengono nella sfera del cliente, che si può parlare di vera ‘creazione di
valore’. Il valore esiste solo se ‘percepito’ dal cliente, non solo se è ‘costruito’ dall’impresa. La
filiera del valore dunque non si arresta nella sfera dell’impresa di produzione e/o distribuzione,
ma deve includere a pieno titolo il ruolo del cliente.
La nuova focalizzazione sul value-in-use piuttosto che sul tradizionale value-in-exchange
consente di adottare una prospettiva realmente customer centric.
La fase analitico-conoscitiva sotto l’aspetto organizzativo può svilupparsi secondo tre modelli
fondamentali:
a) Saltuari: risposta ad avvenimenti imprevisti, è un approccio con un focus concentrato,
scarsamente strutturato e non finalizzato a valutare le dinamiche future;
b) Regolari: l’analisi è sistematica e si concretizza in un’attività di verifica dell’ambiente.
L’obiettivo fondamentale è valutare l’impatto dei cambiamenti dell’ambiente ipotizzati in
sede strategica.
c) Continuo: è un processo continuativo di valutazione e controllo dei diversi sub sistemi che
formano l’ambiente.
Associando alla dimensione organizzativa la specificità del contesto di mercato, si distinguono
quattro orientamenti:
1) Per ambienti complessi e difficili da modificare, l’approccio adottato è l’osservazione
indiretta. La condivisione delle informazioni tra gli operatori, anche concorrenti, riduce il
rischio di prendere decisioni avventate;
2) Per ambienti instabili, come mercati nuovi e frammentati, l’analisi dell’ambiente è
finalizzata a definire possibili rappresentazioni dell’ambiente futuro;
3) Per ambienti stabili e soggetti a cambiamenti limitati, l’analisi è finalizzata al costante
controllo della concorrenza
4) Per ambienti stabili e oggetto di cambiamenti determinanti, le informazioni desunte
consentono di formulare strategie proattive per relazionarsi con il mercato.
Esistono diversi strumenti a disposizione dei manager per tradurre gli esiti della fase analitica in
decisioni di marketing, i più importanti sono: la SWOT analysis, applicata alla realtà attuale e
la SCENARIO analysis, a supporto dell’individuazione dei segnali di cambiamento dell’ambiente
futuro. L’analisi SWOT è un procedimento che, partendo dall’esplorazione dell’ambiente
permette la raccolta di informazioni finalizzate all’analisi da cui trarre valutazioni e
interpretazioni, allo scopo di giungere a una puntuale identificazione delle minacce e delle
opportunità per l’impresa. Nella ricerca delle opportunità e delle minacce l’impresa rivolge il
suo sguardo all’esterno, verso il mercato:
Le opportunità rappresentano i possibili vantaggi che potrebbero essere sfruttati
allocando in modo flessibile le risorse;
Le minacce costituiscono un fattore di rischio che potrebbe condizionare negativamente i
risultati della strategia di marketing.
Attraverso l’evidenziazione dei punti di forza e debolezza l’impresa rivolge l’attenzione al suo
interno alla ricerca delle risorse, delle capacità e delle competenze distintive, ovvero dei fattori
chiave alla base della competitività.
I punti di forza costituiscono aree d’eccellenza in forza delle quali cogliere opportunità e
difendersi dalle minacce;
I punti di debolezza rappresentano le aree a elevato margine di miglioramento e
individuano gli ostacoli su cui l’impresa dovrà concentrare la propria attenzione, dal
momento che possono rendere vulnerabile di fronte alle minacce che l’ambiente
prospetta.
Obiettivo primario dello SWOT analysis è stimolare una riflessione strategica al fine di sfruttare
le opportunità più interessanti attraverso il potenziale espresso dei punti di forza e al contempo
contenere le minacce intervenendo o migliorando i punti di forza.
Opportunità e minacce, punti di forza e debolezza vengono inseriti all’interno di una matrice
che può fornire indicazioni fondamentali volta all’individuazione dei mercati più interessanti in
cui l’azienda può operare, al posizionamento, alla gestione delle variabili del marketing mix.
Scenario Analysis:
L’analisi degli scenari consente all’impresa di immaginare le evoluzioni in atto nell’ambiente di
riferimento. Per scenario s’intende la situazione futura ‘possibile’ o ‘verosimile’ di come
potrebbe configurarsi il contesto futuro. L’analisi si compone di sequenze di eventi che
consentono di prefigurare una certa situazione futura, lo scenario può presentarsi sia in forma
quantitativa che qualitativa.
Non va confuso con la previsione in quanto rappresenta uno dei futuri possibili.
Le difficoltà di interpretazione della complessità ambientale hanno diminuito l’utilizzo di questo
strumento d’analisi assunto, generalmente, come supporto per la definizione dei diversi scenari
possibili. Il processo logico attraverso quale giungere alla costruzione dello scenario è il
seguente:
Individuazione delle forze trainanti del macroambiente;
Identificazione degli elementi caratterizzati da un elevato grado di probabilità;
Identificazione dei fattori di incertezza;
Creazione di uno o più scenari a partire dai fattori di certezza attraverso l’esplorazione
degli spazi di opportunità basati sulle possibili combinazioni dei fattori di incertezza.
L’analisi degli scenari determina un approccio proattivo, volto non solo a reagire alle dinamiche
dell’ambiente ma anche a costruire attivamente l’ambiente in cui l’azienda intende perseguire i
propri obiettivi.
FASE DECISIONALE
Il momento decisionale comprende le strategie di marketing, dalla scelta dei mercati obiettivo
alle decisioni in termini di posizionamento competitivo dell’offerta. Si completa con la
definizione delle modalità di traduzione a livello operativo delle strategie di mercato definite
dall’impresa.
Sulla base delle informazioni e delle conoscenze acquisite in fase analitica, l’impresa passa al
momento decisionale. Le decisioni si distinguono in:
Strategiche: riguardano le scelte di prodotto-mercato che posizionano l’impresa in un
certo ambito economico
Operative: definito il contesto di mercato, si passa al marketing operativo attuando le
leve del marketing mix (prodotti, prezzo, comunicazione, distribuzione).
Con il marketing mix l’impresa riesce a conferire alla propria offerta quelle caratteristiche che
le consentono di avvicinarsi alle esigenze dei suoi clienti obiettivo, ovvero al target individuato
con le analisi e le decisioni di segmentazione. Maggiore è la capacità di cogliere le istanze
espresse dai clienti, maggiore è il divario che riuscirà a creare tra la propria offerta e quella dei
concorrenti.
Il risultato finale è riconducibile al concetto di valore. Si parte dall’identificazione e dalla
definizione delle caratteristiche del prodotto/servizio offerto; in parallelo si verificano costi e
investimenti a fronte del valore che si è riusciti a generare per il cliente. Si decidono di
conseguenza i prezzi.
Il valore può essere trasferito al cliente attraverso:
Fisiche con la distribuzione, la gestione dei canali e la logistica
Di relazione, soprattutto con la forza di vendita
Di notorietà e di immagine con la comunicazione di marketing.
L’ultima fase de processo di marketing riguarda il controllo dei risultati. Il controllo non serve
solo a stabilire se si è stati più o meno capaci di raggiungere un risultato, ma anche a impostare
e/o a modificare la politica di marketing per il futuro.
Nello svolgimento del processo di marketing risulta premiante il metodo, tuttavia, nella vita
reale, molte decisioni sono il frutto di circostanze contingenti, a volte improvvise, spesso
imprevedibili.
In tali circostanze si parte dal problema che si sta manifestando e si ricostruire il processo più
adatto alla specifica situazione.
• focus group: la ricotta delle informazioni avviene attraverso la discussione tra un piccolo
gruppo (7-10 persone) su un argomento che si vuole indagare in profondità; si tratta di una
forma di intervista, della durata compresa tra una e due ore, guidata da un moderatore che,
seguendo una traccia più o meno strutturata, propone degli stimoli ai partecipanti. Tali stimoli
possono essere sia di tipo verbale (domande dirette, frasi, definizioni, associazioni) sia di tipo
visivo (foto, disegni ecc). Tale tecnica permette di osservare le dinamiche che si instaurano
all’interno del gruppo, in modo naturale o stimolate dall’intervistatore, per far emergere
ulteriori elementi. In particolare si può osservare più facilmente il linguaggio del corpo, per
questo motivo i focus gru si svolgono in strutture appositamente attrezzate dotate di parete a
specchio, in modo da consentire a osservatori esterni di osservare reazioni e comportamenti
senza essere visti. I partecipanti al gruppo devono essere scelti in modo sufficientemente
omogeneo per poter consentire la discussione, ma con alcune differenze di vedute o di
esperienze pregresse in modo da stimolare la discussione. Non è necessario che i partecipanti
siano a conoscenza del reale obiettivo della ricerca, in modo da far emergere idee e opinioni
senza condizionamenti.
• osservazione: ogniqualvolta non sia possibile ricreare artificialmente la situazione o si ritiene
che siano più interessanti i comportamenti spontanei, l’unica strada possibile è quella
dell’osservazione diretta. I comportamenti e gli spostamenti dei clienti all’interno dei punti
vendita, l’utilizzo di nuovi prodotti, i comportamenti del personale di vendita possono essere
oggetto di osservazione da parte dei ricercatori. Una particolare tecnica è il mistery shopping.
Il ricercatore impersona un ruolo, come quello di acquirente potenziale o effettivo, e verifica
il comportamento e le reazioni della controparte che non sa di essere sotto osservazione.
• metodo etnografico: si tratta di un metodo il cui obiettivo è analizzare e interpretare i
processi di produzione di senso e di comunicazione nelle società o in gruppi sociali specifici.
L’intervistatore deve immergersi nel contesto che intende osservare e combinare interviste in
profondita, osservazione e ricerca documentale per capire cosa significano per i soggetti/
protagonisti le azioni, le pratiche e i comportamenti, acquisto e/o consumo osservati.
La professionalità e la capacita dell’intervistatore sono fondamentali in tutte queste tecniche
per massimizzare il risultato della ricerca. Condizionamenti o pregiudizi possono produrre
risultati alterati.
Nella ricerca quantitativa i metodi di contatto sono sempre basati su questionari strutturati
erogati face to face, telefonicamente, via posta o web.
Nell’intervista personale (face to face) la presenza dell’intervistatore garantisce una migliore
interazione con la possibilità di utilizzare materiale di supporto per introdurre le domande
previste dal questionario, ad esempio storyboard di spot, prototipi di prodotti, far annusare
nuove fragranze di profumo, far assaggiare nuovi cibi. La qualità e la quantità delle informazioni
ottenibili sono le massime possibili. Per contro, l’intervistatore può condizionare.
volontariamente o involontariamente, con i suoi atteggiamenti, le risposte dell’intervistato;
altro limite di questo metodo di contatto è rappresentato dal costo, il più elevato tra quelli
proposti e dalla difficoltà che spesso si incontra nell’ottenere la disponibilità da parte degli
intervistati a lasciarsi intervistare.
L’intervista telefonica ha il vantaggio di poter raggiungere facilmente gli intervistati senza che
sia necessario un incontro fisico tra intervistato e intervistatore, è più veloce da realizzare, ma
è limitata nella durata dal fatto che la telefonata non può essere troppo lunga per non
infastidire l’intervistato, che può con estrema facilità, interrompere l’intervista chiudendo la
telefonata. Il mezzo telefonico consente alle persone di parlare con minori inibizioni. La maggior
parte delle indagini telefoniche vengono svolte da call center dotati di postazioni CATI
(Computer Aided Telephone Interview). Il sistema consente di introdurre facilmente domande
condizionate, ovvero cambiano in funzione delle risposte precedenti. Le risposte sono già
codificate e inserite in database, pronte per essere elaborate e interpretate.
L’intervista postale è il metodo di contatto più economico, dal momento che non è necessaria
la presenza dell’intervistatore e ha il grande vantaggio di garantire l’anonimato
dell’intervistato. Il questionario deve essere chiaro e la durata della compilazione non troppo
lunga. Il vero limite di questo metodo è rappresentato dalla bassa percentuale di redemption
( percentuale di rispondenti).
L’intervista via web unisce alcuni vantaggi e svantaggi dell’intervista telefonica e postale:
L’intervistatore è assente ma l’interattività è garantita dal mezzo che consente l’utilizzo di
supporti multimediali; l’intervista è molto veloce da proporre e potenzialmente può raggiungere
un numero elevatissimo di persone. Per contro, il livello di insofferenza nei confronti di
questionari troppo lunghi è maggiore per cui molta cura dovrà essere posta per avere una durata
ridotta della compilazione.
3.3.4 Il campionamento
L’ultimo aspetto delle ricerche di marketing riguarda la decisione di ci deve essere intervistato e
quante interviste svolgere. Per quanto riguarda il primo aspetto il ricercatore dovrà identificare
chi, nell’ambito del fenomeno di marketing indagato, può avere le informazioni ricercate e
avere la possibilità di essere coinvolto direttamente nell’indagine.
Per quanto riguarda la numerosità del campione dipende dal livello di eterogeneità dei caratteri
in essa presenti; se la popolazione oggetto di analisi non è particolarmente numerosa si può
decidere di precedere con un’indagine censuaria. Altrimenti, si procede con una rilevazione
campionaria: si analizza una parte della popolazione (campione) e, grazie alle tecniche
dell’inferenza, si possono desumente informazioni relative all’intera popolazione. Un’indagine
censuaria fornisce il valore vero dei parametri di interessa (proporzioni, percentuali, medie
ecc), quella campionaria da una stima che può considerarsi realistica quando la formazione del
campione risponde a criteri di tipo probabilistico.
Nella ricerca qualitativa si prediligono campioni limitati, non significativi da un punto di vista
statistico, perché si preferisce poter disporre di soggetti in grado di fornire informazioni utili al
processo di ricerca; nella ricerca quantitativa l’obiettivo è estendere con un errore, noto a
priori, i risultati conseguiti all’intera popolazione.
Nel campionamento non probabilistico le unità sono estratte utilizzando criteri soggettivi
giustificati dagli obiettivi della ricerca. I metodi più utilizzati sono i seguenti:
• campionamento per quote: la popolazione viene suddivisa in gruppi omogenei in base a
variabili strutturali (sesso, età, reddito, territorio ecc). Per ogni gruppo vengono definite
quante interviste compiere.
• campionamento ragionato: il ricercatore insieme ai committenti identifica coloro che hanno
maggiori probabilità di fornire informazioni attendibili e accurate.
• campionamento di convenienza: vengono selezionati i componenti della popolazione in base
alla facilita di contatto.
Ai risultati ottenuti si applica l’inferenza statistica e con un errore stimato si generalizzano i
risultati all’intera popolazione. Le principali tipologie di campionamento probabilistico sono:
• campionamento casuale semplice, non vengono applicati criteri di estrazione (chiunque può
essere estratto)
• campionamento stratificato, si estraggono campioni casuali da ogni strato
• campionamento a grappolo (cluster), popolazione raggruppata in sottoinsiemi, e ogni
grappolo viene estratto in maniera casuale
• campionamento a stadi
Cap.4
Uno degli obiettivi della politica di marketing è ottenere e mantenere un vantaggio competitivo.
Per ottenerlo è necessario conoscere le caratteristiche del settore, dei concorrenti e dei rivali.
Conoscere il settore permette all'impresa di decidere quali politiche di marketing adottare
poiché ogni settore ha delle proprie caratteristiche particolari.
Seguendo il paradigma STRUTTURA-CONDOTTA-PERFORMANCE la struttura del settore definisce
le logiche del confronto competitivo. Quest'approccio evita che l’impresa commetta errori
macroscopici ma risulta limitativo per le innovazioni.
Il mercato, oltre che come luogo economico di incontro tra domanda e offerta, può definirsi
come l’insieme di acquirenti di un determinato prodotto o servizio, ritenuti tra loro sostituibili,
quindi in reciproca concorrenza nelle decisioni di acquisto e utilizzo da parte dei clienti.
Il settore può essere definito come l’insieme delle imprese che offrono prodotti o servizi in
diretta concorrenza. La definizione dei confini del settore e mercato non è semplice, ma:
È indispensabile per le decisioni del marketing,
consente di valutare se i confini siano un limite d'azione o una frontiera da superare,
consente di per individuare l'esistenza più o meno prossima di concorrenti potenziali.
I fattori che determinano la somiglianza tra le imprese sono:
a) Materie prime e componenti usate
b) Tecnologie e processi produttivi
c) Utilizzo di certe politiche commerciali (es. pratiche promozionali, uso di pubblicità ecc..)
d) Imprese orientate a soddisfare lo stesso insieme dei bisogni espressi dalla domanda.
Quanto più le imprese sono tra loro omogenee secondo questi elementi, tanto più saranno in
reciproca concorrenza fino al limite della rivalità.
Un’ altra definizione del settore è data dal modello di Abell, attraverso la definizione di tre
dimensioni:
1. Bisogni del cliente
2. Tecnologia utilizzata
3. Funzioni d'uso del prodotto
Esse consentono di dividere lo spazio in maniera tridimensionale definendo il business ed
identificandolo.
Il paradigma struttura-condotte-performance:
Secondo un approccio determinista per analizzare il settore si usa il paradigma struttura-
condotta-performance. Il settore è costituito da una serie di elementi caratterizzanti che ne
definiscono la struttura e su cui l'impresa si basa per definire le proprie strategie. Se c'è
coerenza tra i fattori costitutivi del settore e il modo con cui l'impresa li affronta (politiche e
condotta), allora avrà una performance positiva sia livello economico, sia a livello
concorrenziale e sotto il profilo di rischio.
Tradizionalmente il paradigma viene letto in maniera discendente:
✓ Individuare le caratteristiche del settore
✓ Determinare le regole del gioco concorrenziale.
Alla luce di questa analisi l'impresa formula le sue politiche e obiettivi. Se c’è coerenza tra
struttura del settore e politiche adottate l’impresa otterrà una performance positiva.
Se la lettura del paradigma avviene in maniera ascendente:
Interpretazione in modo creativo degli elementi strutturali
Definizione di politiche e strategie diverse da quelle suggerite dal paradigma
Dove:
Ii = importanza dell’attributo i-esimo
Pi(a)= performance percepita dal i-esimo attributo del prodotto/servizio o marca considerata.
Customer satisfaction:
La soddisfazione è un elemento del tutto individuale e dinamico, dipende dal rapporto tra
aspettative e risultato. La customer satisfaction non ha un limite e non può dirsi mai conquistata
stabilmente. Non ha un limite superiore perché l’esperienza e i processi di apprendimento dei
consumatori e i confronti con le altre offerte lo rendono continuamente sempre più esigente.
Inoltre, l’azione dei concorrenti migliora le aspettative di soddisfazione dei consumatori.
Per l’impresa è fondamentale verificare continuamente i livelli di soddisfazione dei consumatori.
Il livello ottenuto di soddisfazione sollecita il consumatore ad agire retroattivamente (feedback)
sulle diverse fasi del processo d’acquisto, per confermare il risultato o per modificare,
approfondendo o riducendo, l’attenzione posta ad ogni singola fase. Per esempio, in presenza di
insoddisfazione il consumatore riattiverà le fonti informative utilizzate, verificandone la
congruenza ed eventualmente ricercherà altre fonti. Se, invece, il risultato finale del processo
d’acquisto è positivo, in una seconda occasione d’acquisto il consumatore attraverserà
speditamente le fasi del processo e, a fronte della percezione di un’esigenza, reagirà con
l’acquisto del prodotto del quale si è formata un’esperienza di soddisfazione.
Ogni fase del processo è soggetta a diversi possibili livelli di soddisfazione. Il consumatore può
risultare insoddisfatto anche nella fase iniziale di riconoscimento del bisogno. La mancata
corrispondenza tra aspettative e risultato ottenuto(cioè insoddisfazione) genera una condizione
di dissonanza cognitiva che, rallenta il processo d’acquisto o lo interrompe definitivamente.
Fiducia e fedeltà:
Quando la relazione che si instaura tra imprese e consumatore si sviluppa in modo positivo e
soddisfacente si generano condizioni di reciproca fiducia. Se invece avvengono episodi e
situazioni negative si può erigere un muro di diffidenza e di sfiducia tra le due parti che rende
assai problematica, se non inattuabile, qualsiasi condizione di scambio. La fiducia/sfiducia è
reciproca nei settori B2B e dei servizi per l’entità dei volumi d’affari garantiti da un singolo
consumatore, il fornitore deve fidarsi del fatto che il consumatore onorerà gli impegni. Invece
nell’interazione tra imprese e consumatore finale, la fiducia riguarda esclusivamente il
consumatore che si affida all’offerta dell’impresa. La fiducia costituisce uno degli asset su cui si
fonda il vantaggio competitivo da cui si generano processi di fidelizzazione.
La fedeltà, espressione comportamentale della fiducia, determina una predisposizione quasi
pregiudiziale nel consumatore nei confronti della marca o del punto vendita per cui il
consumatore agirà condizionato da un pregiudizio positivo nei confronti di tutti i prodotti di
quella marca. Si innesca un’attenzione selettivamente orientata solo ad alcune marche che
vengono collocate nell’insieme evocato positivo e che esclude altre marche. Allorchè si
combinano customer satisfaction con positivi livelli di sensibilità, si genera la fedeltà alla marca
(brand loyalty) e/o al punto vendita (store loyalty). Affinchè un determinato comportamento sia
qualificabile come fedele( e non si tratti di un semplice riacquisto abitudinario) sono necessari i
seguenti elementi:
deve trattarsi di un comportamento intenzionale
deve concretizzarsi nell’acquisto di un prodotto/servizio ripetuto nel tempo
deve essere relativo alla scelta di uno o più beni di marca in presenza di prodotti/marche
alternativi
deve essere il risultato di un processo valutativo e decisionale
Tutti questi elementi qualificano il manifestarsi della store loyaty che consolida e stabilizza la
quota di mercato dell’impresa.
Alcuni indici sono utilizzati per monitorare il livello di fidelizzazione dei clienti di un’impresa e il
valore della relazione tra impresa e cliente nel lungo periodo.
1. Customer retention rate
Dove:
Crr = Customer retention rate
Ct1 = numero di client in portafoglio al termine dell’intervallo temporal considerate (t0 –t1)
NC = numero di nuovi clienti acquisiti nel periodo
Ct0 = numero di clienti in portafoglio all’inizio dell’intervallo temporale considerato (t0 – t1)
Evidenzia la variazione del numero dei clienti rispetto al periodo precedente al netto delle
nuove acquisizioni. In numero complessivo dei clienti potrebbe restare costante negli anni o
addirittura aumentare a causa del saldo positivo tra clienti persi e acquisiti. Un tale andamento,
però, è sintomo di sforzi adeguati per l’acquisizione di una nuova clientela che vengono
vanificati dall’incapacità di trattenere il consumatore.
é usato per comprendere quali siano i clienti più profittevoli per l’impresa e quindi più
interessanti ai fini delle politiche di fidelizzazione che l’impresa potrebbe porre in essere.
Consente di segmetare la clientela in classi omogenee e definire idonee attività di marketing al
fine di stimolarne la crescita oppure deciderne l’eliminazione dal portafoglio clienti perché non
sufficientemente redditizio.
4. Customer Share:
Usato per valutare la rilevanza e il prodotto marca dell’impresa hanno per i processi di acquisto
e consumo dei suoi clienti.
5. Lifetime Value:
Lifetime value = D x Aq x Vm
Il customer lifetime value prende in considerazione la contribuzione in termini di ricavi al netto
dei costi, al profitto dell’impresa lungo la sua relazione (lifetime) con essa e pertanto riflettere
la redditività futura del cliente. Gli elementi che devono essere stimati per poter procedere al
calcolo del lifetime value sono:
durata del rapporto calcolato in anni (D), il numero di acquisti all’anno (Aq) e il valore medio di
ogni acquisto (Vm).
Consumo sostenibile:
Negli anni più recenti il consumatore ( in quanto cittadino) ha mostrato una crescente attenzione
alle tematiche del rispetto dell’ambiente e dell’etica dei comportamenti delle imprese. I
neoconsumatori si caratterizzano per una particolare attenzione ai prodotti provenienti dal
commercio equo e solidale, verificano i luoghi di produzione e privilegiano i prodotti a km 0,
premiano le imprese che dimostrano nei fatti e non solo a parole comportamenti virtuosi e
orientati alla sostenibilità. Si possono evidenziare alcune condizioni chiave espressamente poste
dai consumatori per l’acquisto dei prodotti sostenibili. I consumatori sono disposti ad acquistare
solo nel caso in cui i prodotti sostenibili abbiano delle performance allo stesso livello o
addirittura superiori rispetto ai prodotti che acquistano abitualmente.
Il consumatore è disponibile a sacrificare il suo budget per l’acquisto di questa tipologia di
prodotti, sarebbe disposto ad acquistare maggiormente se essi non costassero eccessivamente
rispetto a quelli che acquista abitualmente. I consumatori vogliono essere riconosciuti dalle
imprese per la loro capacità di acquisire informazioni e di distinguere tra una sostenibilità
autentica e mero greenwashing e chiedono trasparenza e chiarezza. Combinando in una matrice
la consapevolezza dei consumatori delle istanze di tipo etico e sostenibile e le interazioni di
acquisto, si evidenziano quattro tipologie di profili.
1) Gli attenti e sostenibili: mostrano un elevato livello di consapevolezza che li induce a
ricercare attivamente le informazioni ritenute necessarie. Discriminano tra imprese e
prodotto realmente sostenibili e quelli che non lo sono. Hanno sviluppato esperienze
dirette di diverse categorie di prodotti e ne conoscono le performance. Sono meno
sensibili alla variabile prezzo rispetto agli altri gruppi ma non per questo sono meno
attenti.
2) I confusi e incerti: rimangono piuttosto scettici e confusi, quasi disorientati, a causa di
informazioni contraddittorie in materia di sostenibilità. La disponibilità di informazioni
più trasparenti e chiare può aumentare la loro consapevolezza e quindi la possibilità che
possono provare tali prodotti per sondarne le caratteristiche
3) Cinici e disinteressati: non è tanto l’informazione che manca, quanto la motivazione.
Sono scettici sulla reale praticabilità del business sostenibile. Sarebbero disposti ad
acquistare prodotti sostenibili se questo non implicasse la rinuncia a performance e se
non ci fossero difficoltà o inconvenienti di qualunque natura.
4) Inconsapevoli: non si sono ancora avvicinati al tema della sostenibilità. Non ne hanno
avuto occasione o possibilità; non dispongono di informazioni in merito e per questo non
è realmete chiaro se siano disposti o meno a effettuare acquisti sostenibili.
Sebbene le istanze di eticità e di sostenibilità abbiano un impatto limitato sul mercato, si sta
sempre più assistendo al diffondersi di movimenti sociali il cui scopo è quello di dar voce e
collettivizzare parte di queste istanze, tradurre i comportamenti individuali in azioni
collettive in grado di intervenire sulle dinamiche del mercato.
In Italia a partire dalla metà degli anni ’90, in Italia si sviluppano i GAS (Gruppo di Acquisto
Solidale). Si tratta di gruppi di individui che si aggregano per effettuare acquisti di prodotti
di uso comune in modo collettivo e interagiscono direttamente con il produttore, ponendosi
come alternativa alle tradizionali forme di intermediazione di mercato.
La corretta definizione del mercato cui l’impresa intende fare riferimento costituisce un
elemento fondamentale per lo sviluppo delle strategie di marketing dell’impresa finalizzate alla
continua creazione del valore per il cliente. In particolare, l’analisi della struttura della
domanda consente all’impresa di valutare l’attrattivittà del mercato in cui l’impresa opera o
intende operare, stimandone in modo accurato la dimensione attuale e il suo potenziale di
sviluppo. A fini decisionali:
L’ingresso di un’impresa in un nuovo mercato sia condizionato dalle dimensioni attuali e
future di quest’ultimo;
L’allocazione delle risorse tra i diversi business deve tenere conto delle dinamiche della
domanda;
Gli investimenti per la crescita o la riduzione della capacità produttiva devono essere
giustificati da accurate previsioni di mercato.
La misurazione della domanda pone come presupposto fondamentale una chiara comprensione
del mercato in cui l’impresa è già presente o intende inserirsi.
Il Mercato in termini economici è il luogo incontro tra domanda e offerta; in una prospettiva
manageriale è rappresentato dai soggetti, sia consumatori che utilizzatori finali che, in
determinati spazi e tempo, cercano di soddisfare i loro bisogni attraverso il prodotto.
La definizione del mercato funzionale all’analisi quantitativa della domanda può essere
rappresentata dal modello di Abell, attraverso la specificazione di tre componenti fondamentali.
Gruppo di clienti di riferimento (CHI sono clienti finali?)
Funzioni del prodotto (QUALI BISOGNI si vuole soddisfare?)
Tecnologie di prodotto (COME? Attraverso quali modalità? )
Una volta determinato il mercato di riferimento, occorre comprendere quale sia la dimensione
del mercato nella sua globalità, ossia l’insieme di tutti gli acquirenti attuali o potenziali di un
certo prodotto/servizio.
La dimensione totale del mercato in questi termini è rappresentata al numero totale di
potenziali acquirenti di una specifica forma di offerta, ovvero da tutti coloro che manifestano
nei confronti dell’offerta tre condizioni fondamentali:
INTERESSE: funzionale della capacità dell’impresa di creare valore per il cliente;
REDDITO: ovvero la disponibilità economica che consente al potenziale acquirente di
trasformare l’interesse in un vero atto di acquisto;
ACCESSO: cioè la presenza di precondizioni strutturali dell’individuo o del sistema di
offerta che possano davvero consentire l’acquisto, ad esempio la maggiore età per
l’acquisto di certi prodotti/servizi, le strategie distributive dell’impresa che potrebbero
non coprire alcune aree geografiche.
[ad esempio le Sim hanno un indice di penetrazione superiore al 100%. Non solo a ogni utente
corrisponde una sim, ma alcuni utenti possiedono più sim].
Le dimensioni alla base del GAP tra domanda potenziale teorica e domanda potenziale reale
sono riconducibili a:
a) Opportunità non sfruttate;
b) Tasso di sviluppo del mercato;
c) Ciclo di vita del prodotto.
Le opportunità non sfruttate fanno riferimento a cinque fattori:
1) Notorietà del prodotto: si intende non solo la consapevolezza dell’esistenza dell’offerta
sul mercato, ma anche la reale comprensione dei benefici ad essa associata;
2) Disponibilità del prodotto: si intende l’effettiva disponibilità fisica del prodotto sul
mercato e dei servizi accessori per la sua fruizione (assistenza, manutenzione,
formazione)
3) Capacità di utilizzo del prodotto da parte del cliente: non si fa riferimento solamente
alla competenza del cliente di utilizzo del prodotto ma anche a condizioni di tipo
instrastrutturale, per esempio la banda larga per la trasmissione dei dati.
4) Mancanza di benefici apprezzati dal mercato
5) Capacità di spesa: riguarda la disponibilità economica dei singoli soggetti ma anche della
società nel suo complesso.
Il tasso di sviluppo del mercato fa invece riferimento a evoluzione del target, intensità
competitiva e investimenti in azioni di marketing. Infine, con riferimento al ciclo di vita del
prodotto, all’evolvere del prodotto verso la fase della maturità si assiste a una riduzione del gap
tra domanda potenziale teorica e domanda potenziale reale .
La domanda potenziale non è una dimensione immodificabile, la sua entità varierà in funzione
del livello di investimenti di marketing ma anche per effetto della qualità delle decisioni sottese
al livello di investimenti stessi. In questo contesto si può distinguere tra:
Mercati caratterizzati da domanda espandibile ( che rappresentano cioè un basso tasso di
penetrazione) in cui la dimensione globale della domanda dipende dal livello di
investimento di marketing del settore. Si è ben lontani dalla saturazione del mercato, la
quantità domandata dipende in grande misura dagli investimenti di marketing delle
imprese, che hanno così modo di ampliare le proprie vendite;
Mercati caratterizzati da domanda non espandibile (che presentano un elevato tasso di
penetrazione e con impossibilità di incrementare la quantità domandata del prodotto,
come ad esempio per il caffè) in cui gli investimenti di marketing influenzano in modo
minimo l’espansione della domanda.
Vi sono due approcci generalmente utilizzati per la stima della domanda potenziale:
Approccio break-down: il marketing manager definisce una previsione generale degli
andamenti economici di un periodo di tempo dato. Successivamente perviene alla stima
del potenziale sulla base delle previsioni effettuate.
Approccio built-up: la stima del potenziale del mercato avviene a partire da singole aree
geografiche, di business. In questo caso è possibile ricorrere a due metodi di valutazione:
a) Valutazione induttiva: utilizzato da imprese industriali, implica che vengano
identificati tutti i potenziali acquirenti in ogni area e che ne vengano stimati i
possibili acquisiti.
b) Metodo degli indici a fattori multipli: utilizzato da imprese operanti nel settore dei
beni di largo consumo e che assume l’esistenza di una correlazione tra il livello delle
vendite nell’area e indicatori quali la numerosità della popolazione, l’intensità di
consumo di prodotto ecc.
Indice di sviluppo del mercato
La quota di mercato può essere espressa in volumi (quantità vendute) e in valore ( fatturato) e
analizzata a due livelli: Retail (N. degli acquisti da parte dei distributori) e Consumer ( N. degli
acquisti da parte dei consumatori finali). Si evidenziano delle relazioni:
QM (in valore)<QM(in volumi), quando il prezzo del prodotto/marca è inferiore al prezzo
medio di mercato relativo a quella categoria di prodotti;
QM(in valore) =QM(in volumi), quando il prezzo del prodotto/marca è in linea con il prezzo
medio di mercato relativo a quella tipologia di prodotti;
QM(in valore)>QM(in volumi) quando il prezzo del prodotto/marca è maggiore del prezzo
medio di mercato relativo a quella tipologia di prodotti. In questo caso, la differenza
percentuale tra il prezzo del prodotto/marca in oggetto e il prezzo medio dei prodotti
appartenenti alla stessa categoria rappresenta il cosiddetto premium price.
Sul versante qualitativo, la quota di mercato può rappresentare la capacità del prodotto /
azienda e mantenere le preferenze della domanda, quindi dei consumatori. Questa capacità
segnaletica assume un significato rilevate nella quota di mercato relativa:
La QM rel. è data dal rapporto fra la QM dell’impresa e la QM del principale/(i) concorrente/(i).
In particolare, il denominatore può corrispondere:
✓ alle vendite del leader di mercato
✓ alle vendite dei primi due o tre concorrenti
✓ al concorrente più “vicino” in termini di dimensione
Una quota di mercato relativa significativamente superiore o inferiore all’unità segnala una
posizione competitiva forte o debole nel contesto di mercato in cui l’impresa ha deciso di
operare, con evidenti implicazioni a livello di strategie e politiche da porre in essere. È possibile
studiare le relazioni che intercorrono tra la QM e le performance economiche dell’impresa.
Secondo Kotler che definisce il teorema fondamentale della quota di mercato: la quota di
mercato di un’impresa è proporzionale all’intensità e all’efficacia dello sforzo di marketing
esercitato dall’impresa stessa,paragonato a quello di tutte le imprese concorrenti.
I dati di vendita fanno riferimento al sell out generato da ciascun punto vendita, mentre i dati di
acquisto relativi al periodo definito fanno riferimento al sell in, da cui deriva la seconda
relazione.
La QM a livello retail può essere scomposta ed espressa come il prodotto di due indici:
La misurazione della quota di mercato a livello consumer:
Anche la misurazione della quota di mercato a livello consumer viene di norma effettuata
attraverso entità esterne, che raccolgono i dati, ad esempio attraverso le rivelazioni presso un
panel di famiglie. Si tratta di una ricerca basata su un campione fisso di consumatori-famiglie,
rappresentante la popolazione studiata.
Il panel permette di studiare anche la quota di mercato nella sua evoluzione a breve termine).
LA PREVISONE DELLA DOMANDA FUTURA:
Le previsione legate all’andamento della domanda sia nel breve sia nel medio-lungo periodo
costituiscono la base per definire e programmare gli obiettivi e le risorse interne di tutte le
funzioni aziendali. Diversi sono i metodi utilizzabili per prevedere la domanda futura; la loro
validità è connessa a una serie di elementi quali la natura del problema previsionale, del
dinamiche del contesto ambientale, le informazioni disponibili ecc. L’affidabilità delle previsioni
aumenta all’aumentare del fattore che si intende prevedere, nel senso che sono più affidabili le
previsioni di vendita delle tipologie di prodotti rispetto alle singole marche, delle grandi aree
geografiche rispetto alle piccole ecc.
L’affidabilità delle previsioni inoltre aumenta al diminuire dell’orizzonte temporale. Le
previsioni di lungo periodo sono infatti meno affidabili rispetto a quelle di breve periodo.
Anche per la previsione della domanda futura si possono identificare livelli diversi di analisi. In
particolare, previsione può riguardare:
domanda globale;
evoluzione della quota di mercato dell’impresa;
domanda relativa all’impresa.
I metodi di previsione della domanda si articolano in tre tipologie:
1) metodi qualitativi (soggettivi)
2) metodi quantitativi (oggettivi e basati su modelli statici)
3) metodi sperimentali (test di mercato)
Metodi qualitativi:
I metodi qualitativi sono legati in modo rigoroso alla valutazione soggettiva dei singoli e sono
pertanto criticabili per la mancanza di valore scientifico, ma mantengono comunque una forte
capacità previsionale perché riflettono l’esistenza di giudizi non facilmente ottenibili con
procedimenti statistici.
I Principali metodi qualitativi sono:
INTENZIONI D’ACQUISTO DEI CONSUMATORI: indagini da campionari, si stabiliscono i
futuri comportamenti di varie categorie di consumatori nei confronti di un particolare
prodotto. Risultano efficaci solo per acquisti programmati e non per quelli d’impulso.
OPINIONE DELLA FORZA VENDITA E DEGLI INTERMEDIARI COMMERCIALI: il personale di
vendita, essendo in una privilegiata posizione commerciale, è un’importante fonte di
informazioni finalizzate alla previsione della domanda futura. Si tratta di previsioni che
riguardano il breve periodo e aree territoriale definite. Di norma, le informazioni
vengono rilevate tramite interviste e colloqui o con la predisposizione di format ad hoc.
Si tratta di un metodo estremamente motivante nei confronti della forza vendita, purché
ben gestito. I limiti sono determinati non solo dalla soggettività della valutazione, ma
soprattutto dal fatto che quegli indicatori saranno poi indice della propria performance,
che sarà quindi analizzata. Un’alternativa è la rilevazione delle opinione dei manager
interni all’impresa (più ampia molteplicità di fattori).
PARERE DI ESPERTI ESTERNI: si tratta di previsioni medio-lungo periodo effettuate da
esperti setto che non operano all’interno dell’impresa. Due sono le tecniche più
utilizzate: i panel di esperti, che prevedono le opinioni di un certo numero di esperti che
esprimono opinioni in una riunione di gruppo dalla quale emergeranno linee di indicazioni
comuni. Il limite è rappresentato dal fatto che le linee più condivise forse rappresentano
le proposte più comuni e quindi meno interessanti. Per ovviare a questo limite si usa il
metodo Delphi, dove gli esperti sono interrogati con dei questionari, in modo
indipendente, senza che ci sia trasparenza sull’identità degli esperti coinvolti. Le
affermazioni raccolte che avranno riscosso il maggior numero di consensi costituiranno il
risultato dell’ indagine.
Metodi quantitativi:
I metodi quantitativi si avvalgono di modelli statistici che si fondano su dati storici ed oggettivi,
che formulano stime sul futuro. Sono utilizzabili tre tipi di approcci:
a) Approccio estrapolativo: sulla base degli andamenti precedenti di un certo fenomeno se
ne ipotizza l’evoluzione futura.
b) Approccio simulato: si basano su modelli econometrici che consentono di valutare gli
effetti di diversi ipotesi individuando un insieme di possibili risultati sulle variabili
indipendenti.
c) Approccio normativo: consiste nella definizione di obiettivi e in funzione di questi nell’
individuazione delle possibili azioni di marketing per raggiungerli.
Inoltre, possono essere utilizzati modelli statistici che sono alla base di questo metodo:
analisi delle serie storiche e metodi proiettivi: usati quando le relazioni e i trend della
domanda considerato non sono del tutto stabili
modelli causali. Vengono usati quando il previsore dispone di diversi anni di dati e ha
determinato la relazione tra la domanda da prevedere e altri fattori economici e
socioeconomici.
I modelli statistici puntano all’identificazione delle cause che agiscono sulle vendite
dell’azienda, poi si specifica la relazione che lega le variabili indipendenti alla variabile
dipendente, risolvendo così l’equazione ottenuta. Fanno parte di questo gruppo le tecniche della
regressione semplice e multipla.
Se invece non esiste una stazionarietà nel tempo, può essere usato il metodo di livellamento
potenziale Exponential Smoothing. È una particolare media pesata, i cui valori della domanda
sono moltiplicati per un peso che decresce in modo esponenziale spostandosi verso i valori meno
recenti della domanda.
In questo modo la domanda dei periodi più recenti viene considerata come la più importante.
È un metodo che offre dei vantaggi quali l’estrema semplicità e basso numero di dati richiesti
ma soffre di alcuni svantaggi quale la determinazione del coefficiente di attenuazione.
Metodi sperimentali:
I metodi sperimentali permettono la formulazione delle previsioni della domanda in funzione dei
risultati ottenuti dai test di mercato. I test valutano le reazioni della domanda di un
determinato prodotto a fronte di differenti alternative di scelta di gestione delle variabili del
marketing mix.
La capacità predittiva di questi metodi è piuttosto contenuta, ma le indicazioni sui fattori più
significativi che possono influenzare le manifestazioni della domanda costituiscono risultati più
interessanti derivanti dall’applicazione di questi metodi.
Tra questi metodi il più significativo è il metodo di mercato. Viene applicato per i nuovi prodotti
e consiste nell’individuazione di un ristretto mercato, rappresentativo di quello globale, sul
quale si cerca di capire le capacità di diffusione di un nuovo prodotto, per dedurne un indice di
probabilità di successo.
Da questi test si traggono interessanti deduzioni sulla propensione all’acquisto e sulle
caratteristiche che devono qualificare l’offerta affinché il riscontro sul mercato sia positivo.
I principali limiti di questi metodi riguardano:
Le difficoltà nell’individuare una ristretta area geografica con le caratteristiche
statistiche di un mercato globale;
L’impossibilità di applicare tutte le decisioni sviluppate nell’ambito del piano di
marketing all’interno di un territorio così limitato;
Complessità e onerosità comune a tutti i metodi sperimentali.
Posizionamento:
A valle della scelta dei segmenti su cui concentrare la propria attenzione, l’impresa deve
definire come competere in quei sub mercato. Si giunge così al posizionamento dell’offerta di
mercato, ossia l’insieme delle attività compiute dall’impresa per individuare e scegliere una
determinata posizione nel mercato.
Il posizionamento riassume in sé quello che il brand è o fa, come lo fa, come, quando, dove e
perché il brand è la scelta migliore per il consumatore, Perché qualcuno dovrebbe acquistare
quel brand?
Definire il posizionamento richiede decisioni in quattro aree chiave:
Mercato di riferimento
Ambiente competitivo
Punti di differenza (POD)
Punti di parità (POP)
Nel posizionamento “Il problema non è semplicemente essere differenti, ma essere differenti
nel modo che vuole il consumatore.”
Il posizionamento è il risultato di:
a) capacità dell’impresa di individuare e comprendere e soddisfare le esigenze dei clienti;
b) possibilità che la domanda sia in grado di definire una scala di preferenze dell’offerta
delle imprese di percepire le differenze esistenti tra le varie offerte concorrenti sul
mercato.
L’impresa produrrà risultati positivi se raggiungerà un posizionamento non facilmente imitabile
da parte della concorrenza, ottenendo in questo modo un effettivo vantaggio competitivo.
Il collegamento concettuale tra posizionamento e differenziazione è evidente. Il posizionamento
si ottiene agendo su tutti i fattori che possono consentire all’impresa di essere valutata e
preferita da parte del mercato. Consiste in un’analisi che permetta di capire quale posizione
occupi, o debba occupare, il sistema di offerta di un’impresa nell’ambito delle preferenze
espresse dalla domanda e come esso venga, o debba essere, percepito rispetto ai prodotti
concorrenti.
L’analisi del posizionamento dell’offerta si attua attraverso tre momenti valutativi:
1) Si definiscono le caratteristiche del sistema di offerta e si cerca di comprendere
l’importanza di ciascuno degli elementi nella prospettiva degli acquirenti e dei
consumatori. Questa fase consente di definire il profilo del sistema di offerta in termini di
insieme di caratteristiche
2) Si cerca di capire in quale misura un determinato prodotto/marca sia in linea con le
caratteristiche desiderate dalla domanda e quali siano le distanze che dovrebbero essere
eventualmente colmate e come lo possono essere. Questa seconda fase di analisi si
concretizza nella mappe delle preferenze.
3) Confronto della marca con i concorrenti. Si costruisce un’analoga mappa delle percezioni
ove vengono collocati i sistemi di offerta concorrenti.
Dall’analisi congiunta delle mappe delle preferenze e delle percezioni scaturisce la mappa di
posizionamento del prodotto/marca, punto di partenza per poter comprendere la vicinanza e la
consistenza quali - quantitativa della domanda, le caratteristiche percepite del proprio sistema
di offerta rispetto a quello dei concorrenti, gli interventi necessari per rinforzare e/o modificare
la propria posizione.
Un posizionamento efficace si fonda su tre elementi:
a) Deve rispondere alle esigenze e alle attese del target cui si indirizza, proponendo un
beneficio chiaro da un punto di vista funzionale e/o simbolico;
b) I benefici su cui si fonda il posizionamento devono qualificare l’offerta dell’impresa in
modo superiore e distintivo rispetto ai concorrenti;
c) Le politiche di marketing devono generare un’immagine percepita e memorizzabile, n
questo modo la domanda sarà in grado di selezionare il prodotto/marca dall’insieme
evocato e di sviluppare una stabile preferenza per la marca
Da un punto di vista decisionale il posizionamento si fonda su tre elementi fondamentali:
innovazione, differenziazione, comunicazione. La differenziazione è allo stesso tempo
componente e risultato del posizionamento. Ne è componente in quanto ogni azione che incide
sulla posizione del prodotto deve considerare la posizione delle marche concorrenti, è risultato
in quanto il posizionamento ottenuto deve essere differente da quello dei concorrenti. Il
posizionamento va poi comunicato nei tempi e nei modi adeguati al fine di far conoscere e
apprezzare le caratteristiche che la marca ha assunto.
Infine deve essere apprezzato dalla domanda.
Le analisi di posizionamento sono di due tipi:
Analisi basate su un approccio logico-deduttivo, management based, cioè fondate
sull’opinione del mangement;
Analisi di tipo empirico, customer based, che rilevano le opinioni dei clienti.
L’approccio management based prende in considerazione fondamentalmente le caratteristiche
fisiche e oggettive del prodotto ( si parla in proposito di poor positioning), o prende le mosse
dall’esperienza del management basata sui riscontri ottenuti in passato. In questo modo si
perviene alla “mappa basata sull’esperienza”, nella quale vengono collocati i prodotti e i
segmenti di mercato considerati.
Più appropriato è l’utilizzo di un indice sintetico come l’indice Fishbein che permette di
formulare una valutazione di sintesi dell’atteggiamento della clientela attuale e potenziale nei
confronti dei prodotti dell’impresa e dei concorrenti.
La costruzione delle mappe delle percezioni e delle preferenze si ottiene ricorrendo a tecniche
di analisi multivariata quali la factor analysis, la discriminant analysis, l’analisi delle
corrispondenze e il multidimensional scaling.
La factor analysis ha la finalità di aggregare in insiemi unici fattori tra loro correlati
consentendo quindi di utilizzare i fattori di sintesi per la definizione degli assi su cui si
costruiscono le mappe di posizionamento.
Più utile ai fini del posizionamento è la discriminat analysis per la sua capacità di identificare gli
elementi che distinguono le marche e i prodotti. Si individuano i fattori di differenza tra le
marche che nella prospettiva del consumatore possono rappresentare il riferimento principale
per le scelte d’acquisto e consumo. L’analisi delle corrispondenze pone in evidenza le
interrelazioni tra due variabili di natura qualitativa(quali, per esempio, le caratteristiche di una
marca e gli stili di vita di un gruppo di consumatori) e fa risaltare le vicinanze possibili tra
prodotti/marche e caratteristiche comportamentali dei clienti.
Con il multidimensional scaling si verificano le distanze percepite tra i prodotti, non sulla base
della presenza o meno di specifici fattori, ma sulle percezioni che ne hanno i clienti. Risulta, di
conseguenza, una tecnica particolarmente valida per il posizionamento di prodotti aventi
rilevanti contenuti simbolici.
In conclusione, le analisi e le decisioni riguardanti il posizionamento devono essere
continuamente verificate perché in funzione del dinamismo dei mercati si possono creare le
condizioni che impongono un cambiamento di posizione, cioè un “riposizionamento” che
consenta di adottare le caratteristiche del sistema di offerta alle mutate esigenze della
domanda e alle mosse dei concorrenti.
Strategia di offerta limitata: può lasciare spazi di manovra ad aziende concorrenti con
strategie più definite e centrate rispetto alla domanda. È una scelta tipica delle start
up.
Strategie di offerta allargata: finalizzata all’ottenimento della fidelizzazione della
clientela, costruendo una struttura di offerta in grado di soddisfare bisogni eterogenei.
Strategie di specializzazione di prodotto: tipica delle piccole e medie realtà, esalta le
competenze specializzate che l’impresa ha sviluppato e in funzione delle quali persegue
una strategia di focalizzazione su segmenti specifici della domanda.
Strategia di specializzazione estesa: tipica delle grandi aziende, le competenze
dell’impresa tendono, infatti, a specializzarsi in diversi ambiti consentendo non solo un
ampliamento della gamma ma anche una contemporanea azione sulla profondità. Con
l’obiettivo di incrementare le distanze competitive rispetto ai concorrenti.
2) Qualità del prodotto: la qualità è un concetto multidimensionale, articolato e non
facilmente definibile, che connota il prodotto e costituisce una base relazionale tra
impresa e cliente.
È un concetto che coinvolge una dimensione valutativa che travalica i confini aziendali e
include il cliente, cioè il destinatario per
il quale la qualità è definita e costruita.
Tra le più significative definizioni di qualità troviamo: “Fitness to use”, “The efficient
production of the quality that the market expects” , “Meeting or exceeding customer
expectations at a cost that represents value to them”. La declinazione gestionale di questo
concetto è evidenziato dalla certificazione ISO 9001 che definisce la qualità come la
capacità di un insieme di caratteristiche inerenti un prodotto, sistema, o processo, di
ottemperare a requisisti di clienti e di altre parti interessate. Nella prospettiva delle
politiche di prodotto la dimensione della qualità connota la struttura di offerta sia nella
definizione di prodotto, sia nella relazione con il mercato.
In questo senso si distingue tra:
qualità di base: come risposta tendenzialmente caratterizzata da una standardizzazione
del prodotto in relazione a un sistema di esigenze espresso dal target di clientela non
particolarmente sofisticata;
qualità elevata: tesa a stabilire una relazione più profonda e articolata con target
caratterizzati da sistemi di bisogni complessi.
3) L’orizzonte temporale adottato nella gestione del prodotto: in un prospettiva dinamica, si
tratta di definire l’orizzonte temporale che si intende adottare per il prodotto. In alcuni
casi, come nei prodotti di moda, l’orizzonte temporale è necessariamente di breve periodo.
In altri è precisa consapevolezza dell’impresa orientare tutto il processo gestionale del
prodotto verso il lungo periodo come del caso della Ferrero che, a latere di una precisa presa
di posizione in termini di qualità e di strategia di composizione dell’assortimento, sottolinea
la prospettiva della durate nel tempo come elemento connotativo dei propri prodotti e
determinante, al contempo, del vantaggio competitivo. Sulla definizione dell’orizzonte
temporale (breve, medio, lungo) influiscono in maniera determinante le dinamiche
dell’innovazione.
Innovazione e mercato:
Il progresso scientifico e tecnologico è, senza dubbio, uno dei principali motori dello sviluppo dei
settori e delle imprese grazie alla diffusione delle innovazioni. Scienza e tecnologia producono
conseguenze rilevanti sul piano economico solo se il rapporto con il mercato è sintonico, cioè se
l’innovazione consente il miglioramento della relazione tra l’impresa e i clienti, attraverso
l’acquisto e il consumo, l’attivazione di meccanismi di fidelizzazione a garanzia della redditività
e della sostenibilità dell’impresa.
In questa prospettiva, l’innovazione deve riferirsi congiuntamente tanto agli aspetti tecnico-
scientifici, quanto ai clienti affinché sia in grado di dare una risposta alle loro esigenze.
La brevità dei cicli di vita che sempre più caratterizza i prodotti sul mercato comporta che lo
sviluppo del nuovo prodotto, del processo produttivo e gli accertamenti di validità commerciale
e di convenienza economica vengano effettuati in parallelo. Il tempo necessario per seguire un
approccio di tipo sequenziale, in presenza di dinamiche evolutive molto intense, può far
rischiare all’impresa di giungere in ritardo rispetto ai concorrenti. In questo emerge una stretta
relazione tra progettisti/tecnici e marketing.
L’innovazione di mercato si può esprimere con forme molto diverse, le principali sono:
Innovazione incrementale:
Le forme dell’innovazione incrementale sono potenzialmente infinite. Possono riguardare il
prodotto e le sue componenti periferiche, il cliente e i suoi modi di acquistare e di consumare, il
punto vendita, ma si instaurano soprattutto tra prodotto, canale(punto vendita) e cliente/
utilizzatore.
Innovazione radicale:
A volte non bastano i cambiamenti continui, ma divengono necessarie innovazioni radicali.
L’innovazione radicale risiede nei prodotti, nei canali nei comportamenti dei consumatori e nelle
relazioni, spesso contemporaneamente. Se cambia radicalmente il prodotto, con esso cambia il
modo di venderlo, d’acquistarlo e di utilizzarlo. Cambiano quindi le relazioni tra le parti.
Innovazione nell’utilizzo dei prodotti/servizi:
Le innovazioni di successo sono il frutto di un equilibrato e sapiente compromesso tra tecnologia
e mercato
Un’innovazione non si concretizza necessariamente nel lancio di un nuovo prodotto sul mercato,
ma anche nel modo in cui il prodotto è utilizzato, o anche se cambia il target dei clienti/
utilizzatori.
Innovazioni di trade:
Il trade è un importante stimolo innovativo sia per l’industria,sia per il consumo. Il trade innova
in tre modi:
Tecnologia: è innovazione il modo di proporre i prodotti sugli scaffali, l’utilizzo di
tecniche di Customer Relationship Management, la nascita di nuove formule e
combinazioni distributive, dall’hard discount alla marca commerciale.
Industria: La distribuzione stimola le imprese a comprendere quali caratteristiche debba
avere un’innovazione di successo.
Distribuzione: è in grado di cogliere i bisogni di innovazione dei clienti.
Innovazione di metodo:
L’innovazione può riguardare anche i metodi utilizzati per esempio, per raccogliere e
trasmettere le informazioni, i metodi di indagine. Le innovazioni di metodo tendono a essere più
importanti e durature di quelle di contenuto, ma anche più difficili da attivare.
Il processo di sviluppo di sviluppo di uno nuovo prodotto:
In contesti competitivi altamente concorrenziali, il processo di sviluppo di un nuovo prodotto è
essenzialmente finalizzato a:
il mantenimento della leadership e dell'immagine;
la difesa della quota di mercato;
l'entrata in mercati nuovi;
difesa da parte dell'impresa dall'entrata di nuovi concorrenti;
sfruttamento delle sinergie produttive e/o distributive.
Si tratta di un processo organizzato, pianificabile e suddividibile in fasi a carattere sequenziale,
gestibile dalla singola impresa, utilizzando le risorse e le capacità di cui dispone.
Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto si articola in tre grandi fasi:
a) fase di esplorazione: ha inizio con l’attività di generazione delle idee e si conclude con
la definizione del concept del nuovo prodotto;
b) fase di sperimentazione: sia tecnica che di mercato, si compone di momenti qualificanti
quali la progettazione del prodotto e la sua traduzione operativa a livello produttivo,
l’analisi economica e la valutazione delle potenzialità di successo legate alla sua
collocazione sul mercato
c) fase di preparazione al lancio del prodotto sul mercato.
Fase di esplorazione:
Obiettivo di questo momento è sviluppare il numero più elevato di idee anche molto eterogenee
tra loro onde non precludersi spazi di opportunità non ancora considerati, senza attivare quindi
eccessivi filtri razionali che blocchino l’attività creativa. Questa fase prevede tre dimensioni
chiave: le fonti delle idee, i metodi di generazione delle idee, l’output della fase. Le tecniche
di generazione delle idee sono molteplici:
Brainstorming: riunione creativa condotta in modo fa produrre il maggior numero di idee
possibile;
Analisi delle situazioni d’uso: identificazione delle modalità con le quali il cliente utilizza
il prodotto e delle aree di criticità che questi si trova ad affrontare quando interagisce
con una determinata categoria di prodotti o singolo prodotto
Il concept del prodotto costituisce l’output della fase di esplorazione, si procede quindi alla
verifica con il mercato del processo innovativo con il concept test,ossia l’analisi della validità
dell’innovazione che si intende proporre e suoi eventuali miglioramenti. Il concept può essere
definito come la descrizione sintetica dell’idea di un nuovo prodotto, definisce le principali
caratteristiche e i benefici che ne trarrà il potenziale acquirente. Gli elementi costitutivi del
concept sono:
Customer insight: evidenzia il problema che è alla base della soluzione promessa;
Main benefit: ossia la “promessa” espressa dal prodotto, rappresenta le modalità
attraverso la quale il prodotto risolve il problema;
Reason why: descrive le caratteristiche del prodotto che opereranno in tal senso.
Fase di sperimentazione:
I momenti della sperimentazione sono particolarmente rilevanti per il successo di un nuovo
prodotto, dal momento che attengono non solo alla verifica della fattibilità produttiva, ma
anche alle dimensioni legate alla gestione del prodotto nel tempo. Si tratta di giungere alla
descrizione della dimensione, della struttura e dell’evoluzione del mercato obiettivo, del
posizionamento del prodotto, della quota di mercato e degli obiettivi di profitto previsti. Si
potrà pervenire in questo modo a una previsione degli obiettivi di vendita e di profitto a medio
termine che consentirà di stilare un conto economico previsionale di prodotto.
Fase di preparazione al lancio:
In questa fase si svolgono le ultime attività di test che precedono l’ingresso del prodotto sul
mercato.
I test di mercato hanno l’obiettivo di verificare atteggiamenti e comportamenti relativi alla
combinazione di prodotto, prezzo, comunicazione e modalità di distribuzione che l’impresa
intende attivare nel lancio del nuovo prodotto al fine di massimizzarne efficacia ed efficienza.
Tra le diverse tipologie di test i più usati sono:
Acquisto simulato: sono test di laboratorio onde evitare che le informazioni relative al
lancio del prodotto vengano a conoscenza dei concorrenti. Si svolge attraverso
l’osservazione in una situazione controllata del comportamento di un gruppo di
potenziali clienti. In molti casi si tratta di un’esposizione ad una serie di comunicazioni
pubblicitarie tra le quali è compresa anche quella che verrà utilizzata per il lancio del
prodotto, a cui viene fatta seguire un’attività di acquisto in un contesto in cui il prodotto
è presente unitamente a quelli concorrenti. Viene osservato il livello di soddisfazione/
insoddisfazione e l’eventuale intenzione di riacquisto;
Test di marketing controllato: si tratta di una simulazione del lancio vero e proprio che
viene effettuata presso un gruppo di rivenditori selezionati ad hoc. Il prodotto viene
inserito in assortimento nei punti vendita allo scopo di osservare i comportamenti della
clientela potenziale.
Mercato di prova: si tratta di una commercializzazione a tutti gli effetti limitata solo ad
alcune aree territoriali allo scopo di riprodurre le dinamiche del lancio reale su piccola
scala e, in questo modo, estendere il risultato all’intero mercato
b) decisioni di intervento sulla linea: le decisioni relative alla lunghezza linea. Le imprese
che ricercano un'immagine di completezza della linea, tendono a gestire linee di prodotto
più lunghe. Le imprese che mirano a un'elevata redditività tendono a gestire linee di
prodotto più corte. Le direzioni di allungamento possono essere:
Il packaging:
Il packaging è considerato parte integrante del sistema prodotto e componente determinante del
valore dell’offerta. Dalla tradizionali funzioni di protezione ed economicità (anche in termini di
gestione dei flussi logistici) strettamente legate alla realtà produttivo-distributiva , il packaging
ha enfatizzato via via le funzioni di promozione/informazione e praticità/funzionalità, più vicine
alla sfera d’interesse del consumatore. Il packaging protagonista della comunicazione e soggetto
rilevante delle campagne pubblicitarie, costituisce un vettore di orientamento ai fini della
decisione d’acquisto.
Nella moderna distribuzione, la capacità di prodotto d’instaurare un dialogo con l’interlocutore
trova una dimensione particolarmente significativa nel packaging, dal punto di vista sia
funzionale/informativo sia emotivo/seduttivo. La confezione diviene poi strumento attivo anche
nella fase di consumo: da packaging progettativi come contenitori che facilitano l’uso del
prodotto, a confezioni che qualificano il prodotto e lo differenziano in modo strutturale. Design
e selezione dei material divengono in questo senso dimensioni critiche volte alla creazione del
valore.
In una prospettiva di sostenibilità, si aggiunge l’ottica del riutilizzo, del recupero e dello
smaltimento del packaging in modo sicuro ed efficiente. Sono diverse le dimensioni di intervento
in questa logica, da packaging ecocompatibili, ossia progettati con la specifica finalità di
minimizzare l’impatto ambientale, a packaging in grado di veicolare informazioni veritiere e
corrette, a confezioni pensate al fine di garantire elevati livelli di utilizzabilità. Si tratta di
tendenze con cui le imprese si stanno confrontando anche nella prospettiva di un’educazione del
cliente verso logiche di sostenibilità dei consumi.
Servizi accessori:
Sempre più spesso la politica di prodotto comprende la proposta di servizi accessori che possono
costituire una dimensione rilevante di differenziazione dell’offerta. L’attività dell’impresa
genera cinque categorie di servizi:
1) Servizi di vicinanza e prossimità
2) Servizi di informazione
3) Servizi di completezza dell’offerta
4) Servizi di garanzia
5) Servizi di assistenza
Cap.9 BRAND EQUITY
La marca è formata da numerose componenti che possono essere ricondotte a tre elementi
base:
nome, simbolo e pay-off che sinteticamente la comunichi. Ciascuno di questi elementi consente
di identificare una marca, permettendo al mercato di riconoscerla e differenziarla sul piano
comunicativo.
L’importanza del simbolo è immediatamente riconducibile a quella del nome. Un simbolo può
permettersi di “stare da solo” (senza nome), solo se è stato associato per lungo tempo ad un
nome, come accade per esempio per Nike. Il pay-off è un’espressione che produce
un’immediata associazione ad un Brand (ad esempio “che mondo sarebbe senza” per la
Nutella). Gli altri componenti della marca possono essere il design distintivo (Milka), il jingle
(Intel), i caratteri (Coca-Cola).
La marca ha una posizione centrale nel rapporto impresa (offerta) - mercato (domanda),
soprattutto perché oggi i prodotti smettono di servire a qualcosa e iniziano a “significare”
qualcosa, ed è in questo passaggio che la marca diventa fondamentale come veicolo e supporto
di significati simbolici.
La marca svolge diverse funzioni per i clienti che possono scegliere i prodotti di marca,
pagandone il relativo maggior prezzo, oppure i prodotti unbranded, ottenendo spesso una
significativa convenienza di prezzo :
Orientamento: La marca è un segnale inviato ai consumatori che hanno così la possibilità di
conoscere, con il minimo sforzo, il ventaglio di soluzioni offerte. Questa funzione contribuisce
alla trasparenza dei mercati, soprattutto di quelli caratterizzati da elevati livelli di
competitività.
Praticità: è un modo comodo e pratico per il cliente per memorizzare le caratteristiche dei
prodotti e associarvi un nome, in questo modo la marca permette al consumatore di adottare
comportamenti d’acquisto ripetitivi e di routine che permettono di ridurre il tempo e l’impegno
dedicati all’attività di acquisto.
Garanzia: la marca identifica e responsabilizza l’impresa, impegnandola a fornire al mercato
determinati livelli di qualità, mantenendoli costanti nel tempo. Più una marca è conosciuta, più
la funzione di garanzia è importante in quanto l’impresa non può permettersi di deludere i
clienti e di perdere così il capitale di notorietà e di immagine accumulato. La credibilità e il
valore della marca sono fortemente collegate alle esperienze maturate dal consumatore. Ogni
esperienza positiva viene memorizzata come una risposta positiva a una determinata esigenza
del cliente che, ogni qualvolta si ripete una circostanza simile, ripete le stesse scelte
consolidando la fiducia nei confronti della marca.
Ludica: per alcune tipologie di prodotti il cliente ricerca valori che vanno al di là dei benefici
funzionali, per esempio i prodotti di moda e di lusso. In questi casi la marca conferisce al
prodotto elementi aggiuntivi in termini ludici, estetici e connotati edonistici.
Personalizzazione: ogni prodotto viene valutato e giudicato dai clienti in maniera diversa, in
relazione alle caratteristiche dell’individuo e de prodotto stesso. Ciascun cliente cerca nella
marca, con modi e intensità differenti, elementi funzionali, di garanzia, estetici e simbolici che
determinano un approccio personalizzato alla marca.
Le funzioni della marca dal punto di vista dell’impresa sono riconducibili a:
Identificazione: in ciascuna marca sono presenti fattori tangibili, prevalentemente legati alle
caratteristiche funzionali, e fattori intangibili, di solito riferiti alle dimensioni immateriali e
simboliche.
L’identificazione è funzionale al Posizionamento della marca.
Capitalizzazione: riguarda gli investimenti che nel tempo sono stati compiuti per l’affermazione
della marca che si consolidano in un valore economico rilevante. Nello specifico la marca può
rappresentare un capitale da diverse prospettive. Esprime innanzitutto una capitalizzazione di
“mercato” riconducibile alle capacità di attrazione e di mantenimento delle quote di mercato.
Il capitale di “mercato” è a sua volta costituito da un “capitale di relazione con i clienti”, sintesi
dei rapporti che intercorrono tra marca e clienti, e dal “ capitale di fiducia”, entro il quale si
esprimono gli elementi positivi della soddisfazione dei clienti.
L’impresa deve prestare attenzione a non superare alcuni limiti nella gestione e nella
comunicazione della marca che potrebbero generare una reazione di rifiuto da parte dei clienti,
fino al punto da identificare una certa marca con connotati di negatività e innescando il
fenomeno del brand dislike.
Brand Equity
Il Brand rappresenta uno stadio intermedio del marchio, ossia la fase di passaggio da strumento
di differenziazione ad asset immateriale dotato di autonomo valore economico.
La marca conferisce al prodotto un valore economicamente rilevante sia per il cliente sia per
l’impresa.
Il riconoscimento del valore economico della marca ha portato a individuare le determinanti del
valore di marco, cioè la brand equity. Gli approcci di valutazione della marca sono riconducibili
a due filoni:
Finanziario: legato alla definizione di un valore in ipotesi di vendita o di cessione in
licenza del marchio. Il focus è prevalentemente orientato a misurarne il valore
economico;
Di marketing: in questo caso si ha particolare attenzione alla marca come leva strategica,
si valutano gli effetti, positivi e negativi, delle azioni di marketing che possono
accrescere o ridurre il valore della brand equity ( dato da un insieme di fattori quali
immagine, awareness, preferenza del cliente ecc) e che consentono all’imprese di
ottenere adeguati livelli di customer retention.
Il valore della marca deve essere stabilito in prospettiva futura, diviene quindi necessario nel
merito della valutazione inserire possibilità che ha la marca di svilupparsi e di prosperare in
relazione ai possibili cambiamenti dell’ambiente esterno.
Se correttamente gestita dal brand management, la marca ha un elevato impatto sul mercato
trasformandosi in un asset (brand equity) che aggiunge valore ai prodotti/servizi.
La Brand Equity è l’effetto differenziale che la conoscenza del brand esercita sulle risposte dei
consumatori alle azioni di marketing dell’impresa. Può essere definita come un insieme di
cinque categorie di brand asset /attività) o, nei casi negativi, di passività, che aumentano/
diminuiscono il valore offerto dell’impresa sia per il cliente che per l’impresa. Le cinque
componenti sono:
1. Fedeltà dei clienti alla marca:è il risultato del valore percepito della marca, testimonia
quanto sia forte il legame dei clienti con la marca e quanto siano affezionati a essa. È la
sintesi di quanto l’impresa sia riuscita a costruire e a trasmettere ai propri clienti. In
questo senso la customer loyalty esprime quantitativamente la difendibilità della
posizione competitiva della marca, rappresentando la continuità temporale della stessa
sul mercato
2. Notorietà di marca: è la componente più elementare da costruire e valutare. Agisce da
acceleratore che moltiplica gli effetti degli altri valori, positivi o negativi, sviluppati
dalla brand equity.La facilità della misurazione della notorietà è connessa alla semplicità
del concetto. Può bastare un’indagine a risposta binaria (“conosce/non conosce la
marca) per avere indizi sufficienti sul livello di notorietà della marca. La notorietà può
essere acquisita e/o rinforzata con opportuni interventi di comunicazione governabili
dall’impresa, che vanno dalla pubblicità alle relazioni; altre volte si sviluppano senza che
l’impresa possa gestirli e controllarli come la comunicazione informale e il “passaparola”
che possono determinare elevati livelli di notorietà in livelli brevissimi e con investimenti
minimi.
3. Qualità percepita: riunisce in un unico concetto due fattori:
a) qualità in senso stretto, costituita dai fattori materiali di prodotto ( qualità tecnica,
oggettiva, misurabile);
b) qualità di processo e di comunicazione, il cui obiettivo tradurre la qualità oggettiva
in percezione di mercato. Il risultato finale è la percezione di qualità che il cliente riceve
da tutti questi fattori. Solo una comunicazione di qualità consente l’effettivo dispiegarsi
del valore della marca; tale processo secondo alcuni implica la prevalenza dei fattori
innovativi e della creatività, altri privilegiano la necessità di operare con continuità
rispetto al passato, riferendosi a quanto la comunicazione è riuscita a consolidare nel
passato.
4. Associazioni di valori e personalità di marca: si verificano e valutano quali associazioni
mentali vengono evocate dai clienti quando si cita una determinata marca, cioè quali
caratteristiche generali vengono associate a quali marche. L’individuazione delle
associazioni definisce il posizionamento della marca nella mente del consumatore.
Sebbene tale valutazione è evidentemente influenzata da elementi soggettivi, consente
di definire i diversi posizionamenti percepiti, la vicinanza e l’intensità della concorrenza
ecc. Gli interventi possibili per rinforzare o per modificare le associazioni sono
riconducibili alla comunicazione di marketing, ma ciò limitatamente al valore che è stato
costruito. Se nulla è stato costruito, ben poco si potrà trasferire e far percepire
5. Altri asset di marca: possono ulteriormente rinforzare il valore di marca, ad esempio la
marca è più forte se è registrata e legalmente difendibile oppure la tecnologia sulla
quale si basa è protetta da brevetto. Altrettanto importanti sono i contenuti relazionali
collegati alla marca, la sua storia e le performance ottenute nel corso degli anni.
Prodotto e prezzo costituiscono gli elementi su cui si fonda l'offerta dell'impresa. Tramite il
marketing mix si genera valore per il cliente e il valore percepito rappresenta un altro punto di
riferimento indispensabile nella definizione del prezzo dell'offerta. Il prezzo è stabilito in diretta
relazione con le situazioni concorrenziali e deve tenere conto degli obiettivi e della posizione
competitiva dell'impresa e della marca. Costo, valore per il cliente e concorrenza sono i tre
parametri fondamentali per determinare i prezzi e per definire una politica dei prezzi.
Il prezzo è espressione economicamente tangibile e monetaria della volontà del cliente di voler
entrare in possesso dei valori incorporati nell'offerta e del sacrificio che il cliente intende
sopportare per acquisire e utilizzare detti valori. Il prezzo viene influenzato da :
costi riferiti al valore costruito,
valore percepito dal cliente,
costi e benefici riferiti al valore trasferito,
obiettivi e strategie dell'impresa,
struttura del mercato e modalità competitive.
Il valore è un concetto ampio in cui è possibile distinguere essenzialmente tra:
a) Il valore costruito : è quel valore che l'impresa costruisce incorporandolo nel prodotto
fisico e incrementandolo nelle dimensioni di prodotto atteso;
b) valore percepito: costituisce il punto di riferimento della volontà del cliente di
sopportare un sacrificio economico e di pagare un determinato prezzo per entrare in
possesso del bene.
Valore costruito e valore percepito dal cliente rappresentano i due punti di riferimento nelle
politiche di prezzo. Quello costruito rappresenta la soglia minima, il prezzo non deve essere
inferiore al costo del prodotto. Il secondo rappresenta il livello massimo, dal momento che,
nella misura in cui un prezzo superi la volontà del cliente colloca automaticamente l'impresa
fuori mercato.
c) valore trasferito: si colloca tra il minimo e il massimo. Deriva dall'incontro tra offerta e
domanda ed è rappresentazione economica degli sforzi di adattamento reciproco tra
impresa e cliente.
Nel processo di formulazione del prezzo confluiscono concorrenza e politiche e obiettivi di
marketing dell'impresa. Nel marketing il rapporto concorrenza-prezzo è molto forte. Le politiche
di marketing devono consentire all'impresa di sfuggire alla "trappola del prezzo" che in
determinate situazioni di mercato conduce a progressive riduzioni dei margini senza che
l'impresa possa ottenere significativi benefici in termini di quota di mercato (es. mercati
oligopolistici).
Il valore per il cliente non è mai un dato oggettivo, assoluto e statico, ma è il risultato delle
percezioni e delle valutazioni che il cliente fa di tutte le componenti dell'offerta,
confrontandole con le proprie esigenze e mettendole a confronto con le offerte concorrenti e
sostitutive.
Il valore per il cliente deve essere considerato come un elemento:
soggettivo: legato alle percezioni individuali;
relativo: continuamente soggetto al confronto con l'offerta della concorrenza;
dinamico: perchè le percezioni che lo determinano sono soggette a continui
cambiamenti;
multidimensionale: perchè composto da un insieme molto ampio ed eterogeneo di
fattori.
Dal rapporto fra i benefici e i costi che il cliente deve sopportare si individua il valore per il
cliente.
Il rapporto può essere migliorato inserendo una misura della performance associata a ciascuno
dei benefici ricercati e l'onerosità percepita in riferimento a ciascuna componente di costo.
V = (B*P)/(C*O)
In cui:
V= valore
B= benefici percepiti
P= performance riferita ai benefici
C= i costi associati a un certo prodotto
O=onerosità
La misurazione è il processo che consente di determinare il valore economico per il cliente
(economic value for the costumer-EVC). Si calcola identificando i fattori che generano benefici
e costi e valutandoli rispetto all'importanza che ciascuno dei fattori assume nella prospettiva del
cliente.
EVC = P - R + M + S + G
R, M, S, G possono essere 0 se si parla di prodotti di consumo immediato
In cui:
P = prezzo
R =Valore attuale residuo del bene
M:costi di manutenzione
S: costo di sostituzione
G: costi di gestione
Il metodo dell’EVC offre il vantaggio della semplicità di applicazione e di trasposizione
immediata del valore per il cliente in termini di prezzo e di differenziali di prezzi tra offerte
alternative, tuttavia evidenzia il limite della tendenza ad identificare il valore per il cliente solo
con categorie di benefici e di cosi oggettive e spesso già espresse in termini economici, eludendo
però la natura articolata e composita del concetto di valore per il cliente, certamente formata
da elementi tangibili, ma anche intangibili, di difficile quantificazione.
Il margine di contribuzione
MC = P - CV
Il margine di contribuzione è il punto d'inizio per definire il break-even point, cioè il punto di
pareggio tra costi e ricavi totali
BEPq = CF /MC
La break-even analysis è utile, oltre che come strumento di verifica dell'ammontare delle
vendite necessario a raggiungere il punto di pareggio tra ricavi e costi, soprattutto come criterio
di definizione del prezzo minimo. E' di supporto alle decisioni riguardanti le politiche di prezzo e
di sconto.
In alcune circostanze, (es. lancio di un nuovo prodotto) si devono affiancare alla break-even
analysis altre valutazioni di tipo finanziario come il pay back period, l'internal rate of return e
l'analisi dei flussi di cassa, che consentono di avere una prospettiva più dinamica e di lungo
periodo e che permettono di valutare le alternative possibili, inserendo elementi di probabilità e
rischio, assenti nella break-even analysis.
Gli oligopoli possono essere:
statici: il prezzo non viene utilizzato come politica concorrenziale, perchè se un'impresa
diminuisce il prezzo anche le altre lo fanno , perchè è imitabile. Le quote di mercato
restano invariate ma i profitti sono più limitati. L'unica condizione possibile per una
diminuzione del prezzo si riscontra solo nel caso di una riduzione del costo non imitabile
dalle altre imprese (cost leadership). In questi mercati sono sconsigliati gli aumenti di
prezzo, a meno che non ci siano forme di accordi e di collusione (se scoperte verrebbero
perseguite dalle Authority);
dinamici: (si hanno in presenza offerta differenziata, riconoscimento del valore da parte
della domanda, fiducia nei confronti dell'azienda in funzione della quale i clienti sono
disposi a pagare il premium price) il prezzo può essere considerato una leva competitiva
importante, soprattutto se è accompagnato da una differenziazione dell'offerta. Qui è
consentita l'applicazione di un premium price da parte di imprese di alta qualità ben note
ai clienti, i quali ne percepiscono il valore superiore rispetto alle altre. Il premium price
è in buona misura il compenso economico della fiducia che l'impresa che ha ben operato
si è conquistata presso i clienti.
Ciò che determina i livelli di libertà nelle politiche di prezzo è il grado di differenziazione
dell'offerta; quanto più l'offerta è differenziata, tanto maggiore è l'indipendenza dell'impresa dai
prezzi di mercato. Se l'impresa possiede fattori di differenziazione e ritiene di poter continuare
con una logica d'innovazione può assumere una posizione di leadership.
Possono esistere quattro tipi di condotte da parte delle imprese:
a) condotta cooperativa: (oligopolio) prevale la non price competition, poichè la
concorrenza di prezzo genererebbe una situazione negativa per tutte le imprese, si tende
a mantenere inalterati i differenziali di prezzo;
b) condotta di adattamento: tipica delle imprese follower che non sono in grado di avere
un'autonomia di comportamento sul mercato. Cedono ad altri il compito di definire le
politiche di prezzo;
c) condotta opportunistica: l'impresa in questo caso non modifica il prezzo di listino,
almeno nel breve periodo, ma concede degli sconti, facilitazioni di pagamento,
concessione di merce gratuita, ecc. non vuole innescare una guerra di prezzo ma cerca
comunque di rendere più conveniente l'offerta;
d) condotta offensiva: l'impresa cerca di incrementare la propria quota di mercato,
facendo una politica di prezzo, anche a costo di ottenere una minore redditività, che
verrà compensata nel medio periodo dall'incremento delle vendite. La condizione per
questa condotto è di avere costi inferiori rispetto ai competitors.
La diversità dei prezzi praticati può riguardare due situazioni specifiche: il lancio di un nuovo
prodotto e le politiche di discriminazione.
Dall'analisi del valore per il cliente l'impresa può indirizzare le sue politiche scegliendo tra:
prezzo di scrematura: l'impresa formula dei prezzi elevati, si indirizza su un segmento
definito e conta di ottenere risultati di redditività facendo leva più sui margini unitari
che sui volumi di vendita. Il prezzo piano piano si abbassa. La scrematura è consigliata in
presenza di differenziazione di prodotto, o di una domanda poco sensibile al prezzo, o di
una concorrenza che nel breve periodo non riesce ad imitare il prodotto nuovo, o
esistono barriere all'entrata che può consentire una posizione di prezzo elevata.
prezzo di penetrazione: punta sulla quota di mercato e si basa su un prezzo basso e su
margini di profitto unitari più contenuti, compensati da ampi volumi di vendita attesi. E'
consigliabile in circostanze opposte a quelle del prezzo di scrematura.
discriminazione di prezzo: questa politica si verifica nel caso in cui l'impresa applichi
prezzi diversi a prodotti tra loro uguali, o quando il differenziale tra i costi dei due
prodotti non giustifica la differenza tra i prezzi. Si applica in varie circostanze:
in relazione alla destinazione del prodotto/servizio. (es. consumo finale o
acquirente finale si applica una tariffa diversa);
in relazione ai volumi d'acquisto: non sempre gli sconti sui volumi rispecchiano gli
effettivi risparmi di costo connessi alla vendita di grandi partite di prodotto;
modalità di pagamento: pronta cassa o dilazionate nel tempo possono dar luogo a
situazioni discriminatorie;
Le politiche di target pricing infine sono tipiche dei mercati business2business dove il cliente
chiede ai fornitori di ridurre i prezzi progressivamente, in virtù di una possibile capacità del
fornitore stesso di ridurre i costi (target costing).
Cap.11 I CANALI DI DISTRIBUZIONE
Il canale distributivo costituisce sempre più il vettore non solo dei flussi fisici propri del
trasferimento delle merci nel tempo e nello spazio, ma anche dei flussi relazionali tra i diversi
attori della filiera, ossia produttori e mercato. Il canale di distribuzione è definito
dall'American Marketing Association (AMA) come: “un network organizzato di operatori,
combinati tra loro, i quali svolgono tutte le funzioni necessarie per mettere in collegamento i
produttori con i consumatori finali.”
Il l canale di distribuzione è composto essenzialmente da tre macro-aree:
a) Distribuzione fisica
b) Comunicazione
c) Informazione
Le funzioni del canale di distribuzione, risultante dell’azione combinata delle tre aree, sono
diverse e spaziano dal Trasporto, Frazionamento, Stoccaggio, Assortimento, Contatto,
Informazione e Promozione. La costruzione di un canale di distribuzione efficace garantisce non
solo l’efficienza in queste funzioni e nella gestione dei contatti, ma consentirà all’impresa
anche il raggiungimento di economie di scala, l’ottenimento di un più ampio assortimento e la
definizione del servizio dedicato.
I soggetti del canale di distribuzione sono:
intermediari commerciali: (grossista, dettagliante): essi acquistano i prodotti dai
produttori, nonché il relativo titolo di proprietà, e li rivendono ai clienti finali.
Rappresentano i canali distributivi. Alcune tipologie di intermediari commerciali sono
appunto grossisti (acquisiscono la proprietà e rivendono al dettaglio),dettaglianti
(vendono direttamente al consumatore finale), discount alimentari, venditori online,
Società commerciali di servizi ( assistono le imprese in funzioni diverse da acquisto e
vendita);
venditori (reti di vendita): essi negoziano i prodotti per conto dei produttori, ma non ne
assumono il diritto di proprietà; sono, cioè, le persone di cui i produttori si servono per
raggiungere e vendere i loro prodotti ai distributori. Rappresentano i Sales Management.
La formulazione della strategia distributiva dell'impresa industriale si articola n tree sub-
strategie:
1) Le scelte e la gestione dei canali distributivi: in questa fase è necessario effettuare
un’analisi delle esigenze dei consumatori in termini di servizio commerciale, funzionale
al trasferimento di valore. L’analisi della struttura di bisogni legati al comportamento
d'acquisto dei consumatori prevede due dimensioni:
a) qualitativa: legata alla definizione del livello di servizio commerciale atteso, dei
servizi integrativi e complementari, della rilevanza dell'atmosfera del punto
vendita;
b) quantitativa: legata alla varietà della proposta commerciale (in termini di
ampiezza e profondità dell'assortimento), ai tempi di raggiungimento del luogo
d'acquisto, i tempi di attesa per giungere in possesso del prodotto;
L'impresa ha il compito di stimare efficacemente il valore del servizio offerto acquisendo ed
elaborando le informazioni necessarie per comprendere le esigenze specifiche della clientela.
Questa fase consente di sviluppare una proposizione di valore per ciascun segmento target,
definendo i benefici per i potenziali clienti.
2) le scelte relative alla logistica;
3) le scelte di organizzazione interna, ovvero alle decisioni i struttura e di gestione delle
reti di vendita.
Nella definizione della strategia distributiva occorre tenere in considerazione i potenziali vincoli
legati ai diversi elementi che si manifestano nel contesto in cui opera l'impresa. In questo senso
si distinguerà tra fattori esogeni e fattori endogeni all’impresa.
I fattori esogeni all'impresa vi sono:
fattori ambientali: le situazioni economiche, le norme, i cambiamenti demografici, le
evoluzioni socioculturali in termini di comportamento d'acquisto, le innovazioni
tecnologiche;
fattori legati alla domanda: ampiezza del mercato segmento, la sua dispersione/
concentrazione geografica, i modelli di acquisto della domanda specifica, la propensione
all'uso di nuovi canali;
fattori legati alla concorrenza: i comportamenti della concorrenza influenzano le
decisioni del marketing manager che deve valutare sia il numero che la quota di mercato
dei concorrenti. Un obiettivo correlato potrebbe essere rappresentato dalla ricerca di
nuovi spazi di opportunità scarsamente o non ancora presidiati dalla concorrenza;
fattori legati alle caratteristiche dell'intermediario: il posizionamento, il mercato
servito, la tipologia dei servizi offerti, le specificità dell'assortimento, il potere
contrattuale dell'intermediario.
I fattori endogeni sono invece legati a
prodotto: le caratteristiche del prodotto (tangibili e intangibili) devono essere
considerate nella definizione delle politiche distributive;
l'impresa:la dimensione economica rappresenta un aspetto di rilievo nella definizione
degli obiettivi a cui si riconducono le scelte distributive.
Le alternative strategiche alla base delle scelte distributive sono essenzialmente tre:
1) logiche di approccio al mercato
2) intensità delle attività di distribuzione
3) numerosità degli stadi del canale
Si adotterà l’una o l’altra strategia in funzione dei vantaggi e degli svantaggi a esse associati.
Le logiche di approccio al mercato sono riconducibili a due tipologie:
strategia push: consiste in un approccio finalizzato a enfatizzare il ruolo
dell'intermediario nell'azione commerciale verso il cliente finale. Riguarda politiche volte
a esercitare una pressione comunicazionale e promozionale rivolta verso il soggetto
strategico di filiera. Alla luce della comunicazione e degli incentivi rivolti al trade,
l'intermediario mostrerà una maggiore disponibilità a inserire il prodotto in assortimento.
L'impresa, al contempo, cercherà di ridurre i potenziali conflitti con l'intermediario;
strategia pull: l'azienda coinvolge direttamente il mercato attraverso attività di
comunicazione e promozione appropriate rivolte al cliente finale, affinché sia il mercato
a sollecitare la presenza del prodotto all'interno dei punti vendita. L'obiettivo di questa
strategia è il ridimensionamento del potere contrattuale del distributore e il
rafforzamento del legame tra brand e mercato.
La logica dell’intensità dell'attività di distribuzione prevede tre alternative decrescenti in
termini di pressione distributiva esercitata:
distribuzione intensiva: l’obiettivo è la presenza capillare sul mercato in modo da
consentire un accesso al prodotto il più ampio possibile alle diverse categorie di
clientela. L'impresa intende collocare il prodotto nel maggior numero possibile di punti
vendita trattanti una certa categoria merceologica, mirando a ottenere quindi un’alta
copertura. Questa strategia è diffusa tra le aziende che vendono prodotti di largo
consumo con livelli di differenziazione scarsi. I consumatori cercano prodotti facilmente
acquistabili altamente reperibili; (Ad esempio Barilla)
distribuzione selettiva:il prodotto presenta elementi di differenziazione sul mercato,
non accessibile su larga scala. La selezione dei punti vendita può avvenire secondo diversi
criteri: dimensione, localizzazione geografica, l'immagine. Questa strategia garantisce
comunque una buona copertura del mercato con costi inferiori e una grado di controllo
accettabile; ( Ad esempio Electrolux)
distribuzione esclusiva: gli elementi di specificità sono elevati, si tratta infatti di
prodotti di lusso, beni ad alto contenuto tecnologico. La selezione dei punti vendita è
estrema. L'obiettivo è lo sviluppo di intermediari in grado di relazionarsi con il
consumatore in modo avanzato. La distribuzione esclusiva si caratterizza per l'instaurarsi
di una relazione molto forte tra l'impresa e i negozi esclusivisti. Nonostante la copertura
del mercato e la capillarità logistica risultino limitate, si riesce a ottenere maggiore
qualità nei tempi di consegna, modalità di movimentazione delle merci, ecc. (Ad esempio
Store a Milano).
Per quanto riguarda la lunghezza dei canali di distribuzione, ossia il numero degli intermediari
coinvolti, i canali distributivi possono essere:
Diretto: in cui si sviluppa un contatto immediato tra impresa industriale e consumatore
finale. I canali sono di proprietà della società. Ne è un esempio Avon che, da produttore
raggiunge direttamente il consumatore finale;
Breve: in cui la funzione commerciale è esternalizzata, e prevede il coinvolgimento nel
canale di un attore autonomo. Questo coinvolgimento può consentire all'impresa di
facilitare l'attività distributiva. Ne è un esempio Barilla che, da produttore, attraverso un
dettagliante, raggiunge il consumatore finale.
Lungo: prevede la presenza di almeno due livelli di intermediazione (grossista e
dettagliante). Consentono di ridurre i costi di logistica, aumentare la velocità del
servizio. Ne sono un esempio le case farmaceutiche che, attraverso un grossista e poi un
dettagliante(farmacia), raggiungono il consumatore finale.
La scelta del canale più idoneo è fortemente influenzata dalla struttura del settore, dalle
caratteristiche del mercato e dal livello di concentrazione/frammentazione. Le imprese che
operano in mercati statici possono optare più facilmente per canali lunghi, mentre coloro che
agiscono in mercati dinamici sono spesso forzati a una scelta di canale diretto/breve.
L’adozione di una canale di distribuzione, per via della dinamicità e della complessità del
mercato, non può mai considerarsi totalmente definitiva. Occorre infatti una revisione periodica
delle scelte compiute per verificarne l'attualità, l'efficacia e l'efficienza complessive. Nello
specifico:
Il Consumer marketing si occupa in prevalenza delle decisioni relative al binomio
prodotto/consumatore finale;
Il Trade marketing si occupa dei compiti di gestione strategica dei rapporti con i
distributori commerciali e dei relativi servizi da questi veicolati al mercato.
Le scelte relative ai distributori commerciali sono di importanza cruciale, dal momento che
quanto più elevato è il numero, l’intensità e la qualità delle funzioni assolte è elevato, tanto
maggiore è la centralità e il potere che la distribuzione commerciale acquisisce.
Vi sono alcune dinamiche che rappresentano gli attuali trend privilegiati dalla distribuzione
commerciale, tra queste:
a) la crescente concentrazione di settore: il sistema distributivo mostra segni evidenti di
un'intensa evoluzione verso una maggiore concentrazione. Ciò è dovuto all'innalzarsi
progressivo di importanti barriere all'entrata e alla mobilità, soprattutto di natura
commerciale. Oggi gestire un punto di vendita, necessita di un know-how sempre più
sofisticato, non facilmente disponibile. Le imprese non più in grado di stare al passo con
l'evoluzione, o vengono assorbite in modo progressivo o sono escluse dal mercato,
facendo aumentare la concentrazione;
b) il processo di internazionalizzazione che sempre più connota le imprese della
distribuzione: le imprese appartenenti a sistemi di distribuzione nazionali più evoluti
vedono nell'esportazione un'interessante modalità di sviluppo a scapito dei sistemi
distributivi nazionali più arretrati.
L'incremento degli investimenti in pubblicità ha dato luce alla sfida tra brand loyalty
dell'impresa (generata e rinforzata dalla comunicazione dell'impresa industriale) e
store loyalty dell'intermediario (risultato degli investimento in comunicazione
dell'impresa commerciale).
costi del prodotto: di solito si crede che la comunicazione di marketing comporti un incremento
dei costi che viene scaricato sul prodotto e, di conseguenza, diviene un elemento assoluto per il
cliente. La valutazione complessiva dell’impatto della comunicazione sui costi del prodotto, non
può limitarsi però alla sola evidenziazione dei costi direttamente imputabili a una determinata
iniziativa di comunicazione, ma deve tener conto anche degli effetti positivi che la
comunicazione può generare.
L’aumento delle vendite, il consolidamento delle quote di mercato, la possibilità che si
inneschino maggiori economie di dimensione, la riduzione delle scorte e il maggiore turnover di
magazzino sono tutte componenti che agiscono in positivo sul conto economico e che possono
essere trasferite al cliente come elementi di convenienza. Il cliente poi riceve benefici
importanti dalla comunicazione di marketing che si concretizzano in alcune delle funzioni svolte
dalla marca, quali quella di orientamento, di praticità e di garanzia ecc.
comportamenti delle persone e sulla società: spesso la comunicazione di marketing e la
pubblicità vengono accusate di sollecitare comportamenti scorretti e di indurre abitudini
negative e contrari all'etica. Questo può accedere e nel passato è certamente accaduto.
Bisogna chiedersi però se la colpa sia del marketing o di quei manager e imprese che lo
hanno malinteso e mal applicato. Marketing significa adattamento dell’impresa al mercato a
beneficio l’una dell’altro. La corretta applicazione del marketing non contempla politiche
che forzano i comportamenti dei clienti, ingannano o promettono ciò che non si può
mantenere. Un marketing corretto arricchisce l’impresa perché arricchisce il mercato e il
consumatori. Il problema va affrontato seguendo due direttrici. La prima riguarda il ruolo
che può essere svolto dalle legislazioni nazionali e sovranazionali quale garante della
correttezza dei comportamenti di marketing. In tema di comunicazione, la legislazione
(anche a livello di “Autorità per la tutela della concorrenza e del mercato”) negli ultimi anni
ha assunto posizioni ben determinate nei confronti delle pratiche scorrette, in particolare a
tutela di alcune fasce della popolazione come i bambini, in riferimento ad alcuni prodotti
(tabacco, alcolici, prodotti cosmetici, servizi finanziari). La seconda direttrice mira sull'
agire secondo onestà intellettuale e correttezza professionale, entrambe generate da
un'etica e da valori radicati nelle persone e nell'organizzazione.
Il brief:
Benché non esista uno standard condiviso, in genere il brief deve contenere:
Informazioni sul mercato, la sua dimensione, il tasso di crescita ecc;
Indicazioni sul comportamento d’acquisto e consumo del cliente finale, evidenziando le
motivazioni dei comportamenti, i criteri di valutazione e di scelta tra le marche
alternative;
Il/i segmento/i di mercato cui la marca si rivolge;
La situazione del trade e i rapporti che l’impresa intrattiene con il sistema distributivo;
Caratteristiche del prodotto, inclusi i fattori di differenziazione apprezzabili dal cliente;
Source of business, ossia le ragioni che sostengono la marca sul mercato;
La reason why, cioè i motivi per cui una marca dovrebbe essere preferita dai clienti;
Il main consumer benefit.
Promozioni delle vendite:
Per promozioni delle vendite si intende l’insieme degli stimoli che, in modo non permanente e
spesso
localizzato, rafforzano l’azione della forza vendita e della pubblicità per stimolare l’acquisto o il
consumo.
Le attività promozionali sono estremamente numerose e variegate, adattandosi così a
molteplici contesti di mercato. La promozione può essere inserita tra le politiche di prezzo
(sconti, 3x2, offerte speciali ecc.), o tra quelle di prodotto, soprattutto quando si considerano
attività promozionali che aumentano le funzionalità e il valore per il cliente, come, ad esempio,
l’offerta di optional.
Altre attività promozionali, invece, possono essere rivolte alla rete di vendita come leve di
incentivazione della distribuzione. Il termine “promozione delle vendite” implica che essa deve
consentire un incremento delle vendite e, a questo scopo, tende ad agire soprattutto sulla
dimensione comportamentale del cliente.
Chi ha provato a contare le singole forme promozionali ne ha individuate più di un centinaio;
tale abbondanza di soluzioni corrisponde ad un’altrettanto ampia varietà di obiettivi
perseguibili.
Con le sales promotion, infatti, si può fidelizzare il cliente, ( ad esempio le raccolta punti), si
può invogliare all’acquisto di un nuovo prodotto (offerta lancio), si possono mascherare
diminuzioni di prezzo, si può arricchire la dimensione ludica della marca (ad esempio con
concorsi a premi e giochi), si può utilizzare la sales promotion per promuovere cause sociali ed
eticamente importanti.
La promozione delle vendite ha due target principali: consumatore/acquirente e il trade.
Le consumer promotion agiscono sul cliente nella sua dimensione posizione di acquirente e di
consumatore. Per l’acquirente agiscono in prevalenza sul punto di vendita, mentre quando il
target è il consumatore possono essere messe in atto anche al di fuori dei negozi, ad esempio
l’invio di materiale promozionale a casa o l’inserimento di campioni omaggio nelle riviste
periodiche. Le consumer promotion possono avere cinque obiettivi:
a) Aumentare i livelli di fidelizzazione del cliente, premiando nel tempo la ripetitività e il
consolidamento degli acquisti di una determinata marca;
b) Incrementare la percezione di valore della marca;
c) Sollecitare la prova di un prodotto, in genere nuovo, diminuendo il rischio percepito da
parte del cliente potenziale;
d) Incentivare l’acquisto di quantitativi superiori a quelli normalmente acquistati, frenando
le vendite dei concorrenti;
e) Produrre effetti di trascinamento da una marca consolidata verso una nuova o sostenere
le vendite di una marca in difficoltà.
Quando le vendite si sono stabilizzate è possibile valutare gli effetti dell’iniziativa
promozionale.
Considerando un certo livello di vendita “normale”, poco prima dell’inizio delle promozioni si
assiste spesso a una limitata contrazione delle vendite, motivata dal fatto che il trade,
informato dell’inizio imminenti di una promozione, nega in parte il suo supporto al prodotto.
Subito dopo, le vendite salgono in modo molto intenso (periodo promozionale) per poi
concentrarsi e collocarsi al di sotto del livello di vendite “normali” (fase di saturazione). Infine,
tranquillizatosi il mercato, le vendite tornano agli stessi livelli di prima (Tratto A) o aumentano
se si sono acquisiti nuovi clienti o sollecitate più ampie occasioni di consumo (Tratto B).
Le trade promotion sono tutte attività promozionali indirizzate agli intermediari commerciali e,
di norma, sono riconducibili a incentivi di natura economica (sconti, offerte promozionali,
investimenti per lo sviluppo di attività di marketing). In alcuni casi, la promozione l trade si
attua con incentivi anche non monetari che premiano i punti vendita che hanno ottenuto le
migliori performance. I benefici delle trade promotion possono riguardare solamente
l’intermediario commerciale o essere trasferiti in toto o in parte al consumatore finale. Le trade
promotion sono ormai un elemento quasi strutturale nel rapporto tra impresa industriale e
distribuzione, al punto che si può supporre la sostanziale impossibilità di gestire il trade in
assenza di queste forme promozionali. Possibili effetti di queste promozioni rivolte al trade sono
anticipazione, sovra stoccaggio, approvvigionamenti devianti.
La Valutazione delle Iniziative promozionali è improntata sul concetto di efficacia. Si privilegia
la prospettiva di risultato immediato di vendita, valutandone l’effetto-vendite. Vengono
utilizzati tre indicatori:
1) le vendite incrementali =(vendite nel periodo promozionale - vendite normali nel
periodo promozionale) - vendite perse nei periodi pre e post promozionale + vendite
guadagnate nel periodo post-promozionale;
2) la variazione della quota di mercato della marca nel periodo rilevante;
3) redemption.
Altri strumenti della comunicazione di marketing:
Benchè la maggior parte del budget di comunicazione di marketing sia investito in pubblicità e
sales promotion, questi strumenti non esauriscono il potenziale comunicativo dell’impresa. In
alcune situazioni particolare e/o in imprese che esprimono bisogni di comunicazione molto
specifici, sono utilizzati altri strumenti di comunicazione:
Le pubbliche relazioni: si tratta di comunicazioni istituzionale o dell’impresa con vari
pubblici per acquisire supporto morale ed accettazione dall’opinione pubblica. Sono
consigliabili quando il target è refrattario agli strumenti di comunicazioni troppo
commerciali, o la pubblicità è bandita o molto regolamentata (ad esempio alcuni prodotti
farmaceutici). Si procede con una comunicazione soft che cerca di avere un impatto
principalmente sull’atteggiamento. Ne sono esempi comunicazioni sull’impresa,
pubblicazioni, patrocini ecc.
Web/internet marketing: si distingue tra ABOVE THE WEB (Banner, pop-up, interstitial,
microsite, rich media, sponsorship, public relation, search engine, link a pagamento) e
BELOW THE WEB. (Newsgroup, mailing list, newsletter, community online).
Fiere: sono uno strumento di comunicazione antico quanto I commerci, oggi la loro
funzione è quella di evento comunicativo e condivisione di informazioni
Sponsorizzazioni: consistono nel supporto finanziario concesso da un’impresa ad un
evento culturale o sportivo non direttamente collegato alla sua attività economica.
L’obiettivo è quello di ottenere supporto morale dal pubblico in generale associando il
nome dell’impresa a valori positivi. L’imprevedibilità dell’evento attribuisce credibilità al
messaggio.
Il digital marketing nasce come naturale adattamento delle tecniche di marketing ai nuovi
strumenti di comunicazione ora disponibili. La relazione impresa-mercato si arricchisce al punto
tale da ridefinire i confini stessi dell’impresa e del mercato. La comunicazione non avviene più
secondo una logica lineare punto-punto, ma secondo strutture a rete. Pensare al digital
marketing come un’alternativa o una sostituzione del marketing tradizionale sarebbe un grave
errore, è l’impianto metodologico che si arricchisce di nuovi strumenti e nuove logiche in grado
di sviluppare importanti sinergie.
Per digital marketing si intende l’insieme delle attività di marketing che possono essere svolte
mediante l’utilizzo delle tecnologie digitali. L’obiettivo resta sempre la generazione e la
distribuzione del valore tra le parti coinvolte, l’elemento nuovo è rappresentato dal mezzo
utilizzato. La principali attività che possono essere svolte nel mondo digitale si possono
schematizzare in quattro punti:
Esserci: non ha importanza lo strumento prescelto(sito web, pagina Facebook, video
YouTube), oggi avere una presenza on-line è fondamentale per avere il controllo di quello
che viene detto dell’impresa o del brand in rete.
Farsi trovare: la presenza on-line è il punto di partenza per instaurare un dialogo con i
diversi stakeholders. Il non essere trovati dai motori di ricerca, come anche non avere
un’adeguata visibilità, vanifica questa possibilità.
Farsi sentire: alla comunicazione pull tipica dei motori di ricerca, l’impresa può
affiancare la comunicazione di tipo push con gli strumenti del digital marketing.
Interagire: anche la relazione on-line (come quella off-line) va gestita in modo adeguato
con tempi, contenuti e modalità opportune al fine di massimizzare le opportunità offerte
dalle tecnologie digitali.
Cap.16 PIANIFICAZIONE E CONTROLLO DELLE ATTIVITA’ DI
MARKETING
Il piano di marketing:
Il piano di marketing è la sintesi formale del processo di analisi e pianificazione di marketing
dell’impresa.
Con il piano di marketing l’impresa comunica a se stessa e a i portatori di
interesse(stakeholders):
chi vuole raggiungere (mercato), con cosa (valore), come (canali, rete di vendita,
comunicazione), quando (tempificazione).
La pianificazione di marketing sviluppa le strategie che consentono di conseguire gli obiettivi
aziendali e definisce le azioni tattiche relative alle singole variabili del marketing mix con la
relativa tempificazione.
Le attività da svolgere per pianificare e realizzare le azioni di marketing si possono suddividere
in quattro categorie: analisi, decisione, esecuzione e controllo.
Analisi:
La finalità dell’analisi è descrivere l’ambiente di marketing (micro e macro) per enfatizzare gli
elementi che
incidono sulla capacità dell’impresa di stabilire una relazione positiva con gli stakeholders e in
particolare con il cliente. Questa fase si focalizza sull’analisi della concorrenza, della domanda
e sull’analisi SWOT.
Si evidenziano, attraverso una sintesi degli elementi più significativi emersi nella fase di analisi,
le opportunità emergenti che potrebbero essere colte dall’impresa.
Decisione:
Le attività decisorie riguardano la definizione degli obiettivi di mercato ed economico-finanziari,
l’individuazione del segmento/i di mercato da servire, il conseguente posizionamento
competitivo e le linee guida per le politiche di marketing-mix. Sulla base delle informazioni
desunte dall’analisi bisogna trarre delle conclusioni sulla situazione attuale e sull’evoluzione
futura della domanda e dell’offerta e porle in relazione con quanto può fare la nostra impresa e
alle sue decisioni di marketing.
La definizione degli obiettivi ha la finalità di enunciare gli obiettivi di marketing che l’impresa
intende perseguire entro i termini fissati dal piano e indicare le modalità principali per il loro
conseguimento.
Gli obiettivi devono essere specifici e quantificabili per poter misurare costantemente il
progresso dell’impresa ed eventualmente poter intraprendere azioni correttive. Ne sono esempi
gli obiettivi di vendita, finanziari, di distribuzione ecc.
Le successive strategie di segmentazione e posizionamento hanno la finalità presentare le linee
guida
della strategia che guiderà le decisioni relative al marketing mix (strategia di prodotto, di
prezzo, di distribuzione e di comunicazione) al fine del perseguimento degli obiettivi prefissati.
Esecuzione:
Le attività esecutive riguardano tempificazione e realizzazione delle azioni di marketing,
relativamente a prodotto, prezzo, comunicazione e distribuzione .
I piani di azione hanno la finalità di illustrare come le strategie di marketing verranno
trasformate in specifici piani d’azione che rispondono alle seguenti domande: Che cosa fare?
Quando? Chi è
responsabile? Ciò allo scopo di coordinare i programmi con le risorse e le attività delle altre
funzioni aziendali (produzione, finanza ecc ). I contenuti dei piani d’azione riguardano le
Politiche di prodotto, Politiche di prezzo, Politiche di distribuzione, Politiche di comunicazione,
con evidenziazione di obiettivi, costi, programmi, responsabilità e sviluppo temporale relativi
alle singole attività.
Controllo:
Il controllo comprende sistemi quantitativi e qualitativi, finalizzati al monitoraggio delle
attività, in modo tale da consentire al management di verificare gli esiti del piano di marketing.
Tra strumenti a servizio del controllo troviamo gli indici di controllo (suddivisi per le varie
aree). Occorre definire una cadenza temporale dei controlli e responsabilità ben precise in
merito. Di grande importanza è poi l’indicazione delle fonti informative (interne ed esterne) cui
attingere per la misurazione/ valutazione dei fenomeni.
Nell’ambito del controllo rientra la definizione del budget, ossia la predisposizione di un conto
economico
previsionale con l’indicazione delle seguenti voci:
• Sotto il profilo dei ricavi: i volumi di vendita previsti, il prezzo medio per unità venduta;
• Sotto il profilo dei costi: i costi di R&D, i costi di produzione, informazione, distribuzione
e gestione della relazione.
La validità generale del piano, sia esso a livello aziendale sia di prodotto, può essere valutata
attraverso la verifica della sussistenza di sette condizioni fondamentali:
1) Solidità delle ipotesi sulle cui basi è stato costruito il piano;
2) Fattibilità delle condizioni in termini di risorse finanziarie, umane, di competenza, di
conoscenza necessarie alla realizzazione del piano;
3) Utilità del piano alla costruzione del vantaggio competitivo difendibile;
4) Coerenza degli elementi del piano rispetto agli altri piani;
5) Redditività del progetto;
6) Vulnerabilità, relativa alle componenti di rischio e i fattori prevedibili che potranno
determinare il successo o il fallimento del piano;
7) Flessibilità, ossia il grado di libertà con il quale è possibile intervenire per modificare le
decisioni prese.