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Vattimo Gianni-Il Pensiero Debole PDF
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e il pensiero debole
Gianni Vattimo nasce a Torino nel 1936. Si laurea in filosofia nella città natale
e ottiene la specializzazione a Heidelberg, dove insegna il suo maestro
Gadamer (ma fu allievo anche di Pareyson). Nel 1964 comincia ad insegnare
filosofia all'università di Torino, dove sarà anche preside della facoltà di
Lettere.
Da sempre unisce all'impegno filosofico l'attività politica, per cui inizia come
dirigente degli studenti cattolici negli anni '50, per poi confluire nei radicali e
poi nei partiti della sinistra italiana (è stato parlamentare europeo). Vattimo si
batte per il rinnovamento della società in senso pluralista e libertario (e, si
potrebbe dire, postmoderno) pur non disdegnando l'accoglienza di quei valori
storici propri della cattolicità tradizionale (soprattutto il senso della "pietas")
sintentizzandoli in forza di un pensiero che giustamente si pone come debole,
in contrapposizione alle distinzioni etiche intransigenti e dogmatiche.
Direttore della rivista estetica, Vattimo ha insegnato più volte negli Stati Uniti
in veste di visiting professor ed è uno tra i più eminenti studiosi europei, nel
solco della corrente filosofica che da Heidegger porta a Gadamer e al
pensiero francese della differenza (passando per il recupero del pensiero di
Nietzsche).
Sommario
1. Il pensiero debole
1. Il pensiero debole
Gianni Vattimo è uno dei massimi teorici del pensiero debole, ovvero di un
nuovo modo di porsi del pensiero nei confronti delle problematiche filosofiche
ed etiche. L'idea che sta alla base di questa forma di pensiero è che non
esiste alcuna possibilità, da parte del pensiero, di affermare o
raggiungere una qualsiasi verità stabile o definitiva (si può notare la forte
connessione tra pensiero debole e problematica della postmodernità).
Da queste premesse si evince che occorre dare alla filosofia un altro senso: il
nuovo senso della filosofia, quella strada che la filosofia dovrà percorrere in
futuro, non è la ricerca della verità assoluta, ma è invece l'adeguarsi alla
verità che esistono diverse verità (per cui non esiste verità assoluta, ma
solo una pluralità di verità relative), per cui Vattimo auspica l'avvento di un
pensiero debole, una forma di pensiero che non si ponga come spiegazione
certa e incontrovertibile di un'unica verità alla quale adeguarsi (ovvero un
pensiero forte, che non sia negabile), bensì una forma di pensiero che
avverta e lasci apparire la pluralità dei sensi che il mondo via via verrà ad
assumere.
Il pensiero debole (contrapposto alla forma di pensiero forte che ha
monopolizzato in passato il cammino della conoscenza) è in sostanza
una forma di pensiero che si adegua al mutamento incessante delle
condizioni della realtà, un pensiero morbido, che è in grado di accettare la
pluralità dei punti di vista senza imporre alcun punto di vista come l'assoluto e
incontrovertibile.
2. Crisi del fondamento e depotenziamento della ragione
Visto quanto detto fin qui, come si pone il pensiero debole nei confronti della
ragione? Pensare razionalmente è da sempre il modo principale del sapere
filosofico, per mezzo della ragione il filosofo percorre il sentiero di un sapere
oggettivo, in cui la speculazione si può misurare con leggi razionali oggettive
che fondano in qualche modo una legislazione del pensiero.
Secondo Vattimo, nell'ottica dell'indebolimento delle strutture filosofiche,
etiche e sociali, anche la ragione sperimenta un suo depotenziamento. La
ragione non è in definitiva in grado di fondare alcuna certezza e alcun senso
forte e definitivo, ma si pone come ragione depotenziata, elastica
(emblematico l'esempio della scienza e della tecnica contemporanea come
forma di conoscenza sempre perfettibile e ipotetica, che fonda il valore delle
sue leggi sulla possibilità di essere comunque superate in ragione di novità
sperimentali).
Il depotenziamento della ragione in epoca contemporanea è quindi da vedere
in quest'ottica: la ragione per mezzo della quale i filosofi del passato
intendevano stabilire verità forti e immutabili ha fallito, la legge che sottende il
funzionamento del mondo è una legge che muta e che non azzarda imporre
alcunché di immutabile, per cui anche la ragione si piega alle tendenze
deboliste, e si rifiuta ormai di fondarsi come forma di conoscenza
immutabile e incontrovertibile, ma tende ad aprirsi a quella molteplicità di
regole e di ragioni in cui consiste il mondo, sempre più variegato nelle sue
diverse manifestazioni.
Dunque la realtà è, nel suo aspetto più originario e autentico, libertà e caos,
movimento continuo, pluralità dei punti di vista. Il pensiero forte che si rifà a
ideologie monolitiche ingabbiano questo aspetto originario della realtà,
operando una limitazione dell'energia vitale e della libertà che spetta a
ciascun uomo.
Il senso della "differenza" che Vattimo e gli altri pensatori di questa categoria
vogliono mostrare è che ogni aspetto della realtà, nella sua diversità, non
fa parte di una gerarchia per cui vi sono aspetti della vita
qualitativamente migliori di altri, ma ogni punto di vista e ogni
tradizione, ogni aspetto dell'espressione vitale dell'uomo gode di pari
dignità e legittimità, per cui non vi è una sola verità, ma una pluralità di
verità che godono degli stessi diritti e dello stesso statuto essenziale: ogni
aspetto della realtà, ogni differenza rispetto a un ipotetico senso unitario delle
cose, si pone allo stesso livello delle altre.
4. Implicazioni etiche e sociali del pensiero debole
Sul piano etico e politico questo discorso produce diversi effetti. Come
effetto principale il pensiero debole pone ogni aspetto della realtà sullo
stesso piano, per cui si auspica, a livello socio-politico, il
riconoscimento delle diversità quale aspetto proprio del progresso
civile. Ecco dunque il riconoscimento delle istanze delle minoranze, siano
esse quelle razziali, culturali, femminili, omosessuali. Ogni minoranza
possiede l'espressione della propria identità come fatto legittimo, ogni
differenza è dunque rispettabile e meritevole della stessa attenzione. La
postmodernità è caratterizzata proprio da questa tendenza a liberare le
minoranze dalle condizioni di subordinazione, si pensi alle lotte dei movimenti
civili, alle lotte per l'emancipazione femminile, a quelle per l'accettazione
dell'omosessualità e via dicendo. La tendenza contemporanea è dunque
quella del rispetto delle diversità.
Dal punto di vista etico il pensiero debole parte dall'affermazione che non può
esistere un unico faro morale, questo sarebbe infatti una forma di dominio e
di violenza di un solo aspetto della realtà sugli altri. Se la violenza è da
sempre il prodotto di verità dogmatiche, rigide e alle quali si deve
obbedire forzatamente, l'assenza di violenza si può produrre solo
considerando la morale il frutto di un continuo confrontarsi tra le
diversità, in cui non esiste una sola morale, ma si pone invece il dialogo
continuo tra le diverse forme etiche.
Secondo Vattimo è dunque auspicabile un localismo dell'etica e della
tradizione, ovvero un ridurre ad orizzonti locali la validità di un sistema etico,
nei limiti della tradizione di cui l'etica è espressione. La realtà si configura
così come una molteplicità di etiche locali, tutte legittime e tutte
rispettabili, in un molteplice spettacolo di diversità che convivono le
une accanto alle altre nel rispetto reciproco.
Dunque l'origine della violenza, quella violenza che ancora fluisce libera
nel mondo nonostante l'auspicio vattimiano, è da ricercare nel residuo
di quelle strutture forti di potere che generano ideologie forti, le quali
producono inevitabilmente lo scontro, nel loro tentativo di imporre il
loro punto di vista sulle altre ideologie. Per questo la scomparsa della
violenza è possibile solo se ogni ideologia forte scompare e lascia il posto a
una molteplicità di "culture deboli", che non intendono dominare le une sulle
altre, ma intendono rispettare le rispettive posizioni.