Ore
19.00
del
24
novembre,
Piazza
San
Martín
a
Rosario,
Argentina:
nella
città
dov’è
nato
54
anni
fa,
Rodolfo
“Fito”
Páez
ha
presentato
col
suo
gruppo
tre
canzoni
dal
suo
nuovo
disco,
il
24°,
insieme
ad
alcuni
fra
temi
che
gli
sono
più
cari
del
suo
repertorio:
"Brillante
sobre
el
mic"
(dedicato
ai
marinai
appena
scomparsi
col
sottomarino
ARA
San
Juan),
"Circo
Beat",
"A
rodar
mi
vida",
"El
tema
de
Piluso",
"Un
vestido
y
un
amor".
Sulla
copertina
del
nuovo
disco,
due
foto
di
Nora
Lezano
“montano”
la
faccia
di
Páez
sul
corpo
di
Eugenia
Kolodziej,
un’idea
grafica
di
Alejandro
Ros
che,
in
anticipo
sui
tempi
di
pubblicazione
del
lavoro,
ha
già
creato
il
necessario
scompiglio
dalle
parti
delle
reti
sociali.
In
una
recente
intervista
per
Culto,
Fito
Páez
spiega
il
titolo,
“La
ciudad
liberada”:
“mi
piace
una
frase
del
poeta
argentino
Néstor
Perlongher
che
parla
della
città
liberata.
Mi
ha
colpito,
è
molto
bella,
mescola
ribellione,
selvaggismo,
impertinenza,
la
libertà
che
si
vive
nei
momenti
in
cui
si
libera
la
città.
O
quando
torna
la
democrazia
dopo
le
epoche
di
dittatura
militare.
Ma
la
città
liberata
siamo
anche
noi,
con
i
nostri
pregiudizi,
che
dobbiamo
superare,
se
ne
abbiamo
modo.
La
nostra
psiche
e
il
nostro
corpo.
Viviamo
in
un
mondo
in
piena
rivoluzione,
tante
minoranze
che
prima
stavano
rinchiuse
ora
volano
in
giro
per
il
mondo
ed
è
qualcosa
che
fa
bene
a
tutti.
Ed
è
anche
un
album
che
delira,
come
quando
arrivi
in
una
città
e
trovi
una
cosa
diversa
in
ogni
quartiere”.
(http://culto.latercera.com/2017/10/10/fito-‐paez-‐me-‐siento-‐vez-‐ delirante-‐quilombos/).
Diciotto
tracce,
70’
di
musica,
testimoniano
il
nuovo
flusso
creativo
e
compositivo,
ennesimo
patchwork
di
generi
e
arrangiamenti,
occasione
per
re-‐incontrare
numerosi
ospiti
insieme
ad
un
trio
consolidato:
Mariano
Otero
al
basso,
Gaston
Baremberg
alla
batteria
e
Diego
Olivero
alle
chitarre,
co-‐arrangiatore
e
produttore
del
disco.
https://www.youtube.com/watch?v=QZp9AhzPNzs&t=2198s
La
ricchezza
di
idee
e
l’approccio
eclettico
sono
evidenti
fin
dall’inizio
con
tre
canzoni
che
ci
ricordano
i
tanti
modi
di
legger
il
rock:
la
scanzonata
"Aleluya
al
sol";
i
Beatles
esorcizzati
insieme
alla
penna
di
Pity
Alvarez,
con
"Wo
Wo
Wo",
melodia
arrivata
“in
sogno”;
mentre
"Tu
vida
mi
vida"
rimanda
al
rapporto
con
Charly
García
come
già
era
successo
tre
anni
fa
in
“Rock
and
roll
revolution”
(2014),
ma
questo,
dice
Fito
Páez
“è
un
altro
viaggio”.
Allora,
di
fronte
a
una
crisi
profonda
“Charly
García
fu
il
cervello
occulto
che
mi
guidò
lungo
tutto
il
progetto.
O
forse
mi
ha
guidò
quello
che
lui
ha
seminato
in
me.
Il
nuovo
album
è
raffinatissimo
e
molto
selvaggio”.
Sono
tanti
i
modi
di
dire
“fuori
dalla
crisi”
e
l’immaginifico
brano
"Otra
vez
al
sol"
(Di
nuovo
al
sole)
è
uno
di
questi.
"Islamabad"
si
apre
con
il
cajon
e
le
voci
flamenco
di
Antonio
e
Juan
Carmona
e
di
Antonio
Montoya:
su
melodie
arabeggianti
Fito
Páez
apre
in
francese
e
in
inglese
prima
di
ripetere
in
spagnolo
“hai
sentito
parlare
di…”,
ritornello
che
percorre
le
contraddizioni
del
mondo
odierno
e
la
volontà
di
non
farsi
imporre
la
memoria
storica
da
parte
di
chi
lo
colonizza.
Qui
fa
capolino
per
la
prima
volta
“La
ciudad
liberada”
prima
di
dare
il
titolo
ad
uno
dei
brani
di
spicco
che
non
si
tira
indietro
nel
denunciare
violenza
e
razzismo
urbani.
I
ritmi
si
fanno
incalzanti
con
"Soltá"
e
vengono
portati
da
"Nuevo
mundo"
direttamente
in
discoteca,
prima
di
accompagnare
i
mostri
di
"La
mujer
torso
y
el
hombre
de
la
cola
de
ameba"
con
i
tasti
del
piano
acustico.
Fito
Páez
gioca
con
le
parole
e
con
il
realismo
magico
ne
"El
secreto
de
su
corazón";
critica
l’autoritarismo
con
"El
ataque
de
los
gorilas",
e
trova
un’elettronica
scura
e
un
piano
incalzante
per
chiedere
in
"Navidad
negra":
con
tutta
questa
miseria,
chi
può
essere
felice?".
Si
torna
a
tastiere
di
altri
tempi
con
"Chica
mágica",
una
melodia
delle
sue
per
l’amore
giapponese
di
"Los
cerezos
blancos",
ai
testi
sovrabbondanti
in
"Plegaria",
per
chiudere
in
modo
didascalico,
fra
l’allegro
e
il
sarcastico,
con
"Se
terminó",
per
poi
aggiungere
"5778",
coda
strumentale
affidata
a
piano
e
tastiere
e
all’ultimo
sussurro:
“buenas
noches,
sueños
felices”.