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REF RECENSIONI FILOSOFICHE

Altea, Francesco - Berto, Francesco (a cura di), Scenari


dellimpossibile. La contraddizione nel pensiero contemporaneo.
Padova, IL POLIGRAFO CASA EDITRICE, Meaning & Mind, 2007, pp.
308, 25,00,ISBN 978-88-7115-564-7.

Recensione di: Michela Bordignon 04/02/2008

Indi ce - I curatori - Li nks

Il volume Scenari dellimpossibile, curato da Francesco Altea e Francesco Berto, presenta una
raccolta di contributi sul tema della contraddizione. Il testo si divide due parti, la prima, La
contraddizione come problema filosofico, raccoglie una serie di contributi a partire da una
prospettiva primariamente teoretica; la seconda, Filosofi alle prese con la contraddizione,
contiene una serie di interventi in cui si prende in esame il modo in cui alcuni filosofi antichi e
contemporanei si sono confrontati col problema della contraddizione.

Il volume si apre con larticolo di Graham Priest intitolato Che c di male nelle contraddizioni?,
traduzione italiana di un articolo, pubblicato nel 1998 nel Journal of Philosophy, divenuto
ormai un luogo classico, un contributo imprescindibile, per chiunque voglia approcciarsi al
dibattito contemporaneo sulla questione della validit del principio di non contraddizione.
Priest, dopo aver individuato le principali obiezioni allammissione di alcune contraddizioni
allinterno di un sistema logico, mostra come ognuna di esse si basi su fondamenta logiche
piuttosto deboli. in particolar modo interessante la sua analisi critica della principale
obiezione mossa contro i critici del principio di non contraddizione, obiezione che fa appello al
principio dellex falso quodlibet, per cui dallammissione di una contraddizione allinterno di un
sistema possibile derivare qualsiasi formula del sistema stesso. Priest sottolinea come la
validit di questo principio sia intrinsecamente connessa alla concezione booleana della
negazione: applicata ad un qualsiasi enunciato, la negazione ne inverte i valori di verit. Ne
risulta un modo di intendere il vero e il falso come esaustivi e reciprocamente esclusivi rispetto
allo spazio logico di un sistema. Allo stesso tempo Priest rileva come questa non sia lunica
concezione di negazione di cui disponiamo, come sia cio possibile costruire sistemi logici che
si basano su modi diversi di intendere la negazione. Priest mostra altres come sia plausibile
concepire sistemi che lavorano con una negazione che disinnesca il principio dellesplosione, in
cui cio la validit del principio dellex falso quodlibet viene meno: si tratta delle cosiddette
logiche paraconsistenti. La tavola di verit non risulta pi bipartita tra il vero e il falso, ma
vengono aggiunti due ulteriori spazi logici, quello per lincoerenza e quello per lincompletezza,
i cui candidati sono quindi rispettivamente enunciati n veri n falsi, ed enunciati sia veri che
falsi. Per quanto riguarda i primi il riferimento va ad esempio agli enunciati sui futuri
contingenti, ad enunciati che contengono termini non denotanti, ecc. Nel secondo caso si
chiamano in causa i paradossi dellautoriferimento, o stati di cose che non sembrano poter
essere spiegabili che facendo ricorso alla struttura logica denotata dalla contraddizione, come
la soglia e il movimento. Priest cerca quindi di mostrare la plausibilit della sua posizione
filosofica, il dialeteismo, in cui viene ammessa la possibilit di quegli scenari dellimpossibile cui
si fa riferimento nel titolo del libro. Il contributo di Priest, in questo senso, risulta molto
efficace in apertura al testo, perch indirizza lo sguardo del lettore verso questo tipo di scenari,
mostrando come essi possano trovare spazio nella nostra realt, e sottolineando la rilevanza
dei discorsi e dei sistemi logici in cui ci si occupa di essi.

Alla proposta di Priest fa da contrappunto il contributo di Francesco Berto. Questi si propone di


individuare una formulazione del principio di non contraddizione che anche i dialeteisti si
trovino obbligati ad accettare. Berto prende le mosse dallindividuazione delle diverse accezioni
(sintattiche, semantiche e pragmatiche) in cui pu venire inteso il termine contraddizione, e
dalle corrispettive formulazioni del principio di non contraddizione. In particolare, si cerca di
mostrare come un dialeteista, pur potendo credere nella verit di contraddizioni caratterizzate
dal punto di vista sintattico o semantico, possa ammettere contraddizioni pragmatiche in
senso solo ristretto. Le accezioni pragmatiche della nozione di contraddizione fanno infatti
riferimento agli atti linguistici dellasserzione e del diniego, rispetto ai quali la contraddizione
pu declinarsi in due sensi: il primo, per cui lagente razionale asserisce sia che , e il
secondo, per cui lagente razionale allo stesso tempo asserisce e formula un diniego di . Un
dialeteista pu sottoscrivere al massimo il primo tipo di contraddizioni, non il secondo. Il
dialeteismo infatti utilizza una negazione paraconsistente che non gli permette di escludere
nulla su base puramente logica. Quindi, se la formulazione dellasserzione della verit di alcune
contraddizioni intende affermare qualcosa di determinato, cio la verit stessa di alcune
contraddizioni e non qualcosaltro, se cio il dialeteismo intende evitare di dire tutto e il
contrario di tutto e cadere cos nel trivialismo, allora obbligato a presupporre la validit del
principio di non contraddizione almeno nella sua accezione pragmatica per cui asserzione e
diniego costituiscono due atti linguistici incompatibili. La seconda parte dellarticolo si gioca
tutta sul tentativo di spiegare in che cosa consiste questincompatibilit di asserzione e
diniego, di darne una caratterizzazione formale, e di porre a tema il modo in cui interagisce
con i contenuti (contraddittori o meno) asseriti e negati.

In Congiunzione e contraddizione Achille Varzi prende le mosse dalla distinzione tra la


contraddizione intesa in senso collettivo, ossia come congiunzione di due enunciati di cui uno
la negazione dellaltro, e la contraddizione intesa in senso distributivo, cio come coppie di
enunciati di cui uno la negazione dellaltro, e tra le corrispettive formulazioni del principio di
non contraddizione. Varzi si propone di mostrare come lequivalenza tra queste due
formulazioni non debba esser data per scontata. Infatti, basti considerare come nella
prospettiva supervalutazionista possa essere messa in discussione lequivalenza tra lettura
collettiva e distributiva del principio del terzo escluso - per cui viene accettata la prima, ma
non necessariamente anche la seconda - perch si lavora con una semantica in cui non
universalmente valida la definizione standard della disgiunzione. In modo analogo in una
semantica che rifiuti la definizione standard della congiunzione, la cui verit implica la verit
dei congiunti, sar possibile distinguere tra formulazione collettiva e distributiva del principio di
non contraddizione, accettando la prima, ma non necessariamente anche la seconda. In
definitiva, dunque, la questione si gioca sullo statuto delle costanti logiche, e su come le loro
definizioni classiche presuppongano delle assunzioni metafisiche - legate alla nozione di
circostanza ammissibile e di verit - che possono essere messe in discussione.

Si prosegue con il saggio di Tarca, in cui si cerca di mettere in questione luniversale validit
della logica basata sul principio di non contraddizione, sottolineando la sua inadeguatezza di
fronte a casi come quello dei paradossi dellautoriferimento, nei quali non sufficiente negare
la contraddizione che si origina dal paradosso, dato che questa stessa negazione riproduce una
nuova contraddizione. La via alternativa che Tarca propone quella di una reinterpretazione
della negazione. La negazione di un enunciato, per come essa viene intesa nella logica classica,
frutto, secondo Tarca, di unastrazione escludente rispetto al complemento positivo
dellenunciato che viene negato, cio rispetto allinsieme di tutti gli enunciati incompatibili con
esso. Questo insieme viene chiamato enunciato intero, e nel modo concreto, positivo, di
intendere la negazione si tratta appunto di recuperare questo enunciato intero, che nella
negazione classica rimane celato. La soluzione della contraddizione, alternativa rispetto alla
sua semplice negazione, quindi quella di individuare gli enunciati nascosti che determinano, e
quindi costituiscono la condizione di possibilit, della contraddizione. Tarca illustra quindi le
applicazioni di questo metodo nella soluzione delle normali contraddizioni, delle
metacontraddizioni (quelle i cui enunciati riguardano le nozioni della logica stessa, come nel
caso del paradosso del mentitore), dei paradossi dellimplicazione materiale, nella ricostruzione
dei condizionali che normalmente sono considerati corretti, e cos via. Si conclude quindi che
quello tra un sistema coerente e incompleto, e un sistema completo ma contraddittorio, un
falso dilemma: nel saggio Tarca intende appunto delineare i tratti essenziali di un sistema
coerente ma allo stesso tempo completo (cio in grado di trattare ogni tipo di enunciato).

Con il saggio di Bettina Walde, La falsificazione di una spiegazione fisicalista della mente
implica una contraddizione modale?, ci si sposta in un ambito di questioni che per tradizione
non strettamente connesso al tema della contraddizione, ma che proprio per questo offre una
prospettiva interessante sulle possibili applicazioni del dibattito sulla contraddizione a questioni
di carattere non strettamente logico. La Walde delinea una puntuale ricostruzione
dellargomento modale contro la concezione fisicalista della mente ed espone un tentativo di
risoluzione dellargomento stesso, mostrando come da una contraddizione modale non segue
necessariamente la falsit del fisicalismo. Il suo contributo ci permette quindi di riflettere sul
rapporto tra contraddizioni modali e contraddizioni tout court nei nostri modi di conoscere e
spiegare noi stessi e la realt.

Il saggio di Perelda e Boccardi si concentra sullo spinoso rapporto tra divenire e


contraddizione. I due autori prendono le mosse da una caratterizzazione intuitiva del divenire,
per cui esso consiste nello sviluppo di una differenza sottesa ad unidentit: ogni cosa, nel
proprio divenire, pur rimanendo se stessa, muta, diviene altro da s, il che sembra implicare
una contraddizione. Nel saggio si ripercorrono e si analizzano criticamente le diverse proposte
di esplicitazione concettuale della relazione tra identit e differenza allinterno del divenire. In
particolare si cerca di porre in evidenza come nessuno di questi tentativi sia stato in grado di
trovare un giusto equilibrio tra quelle che vengono identificate come le tre tesi fondamentali
del divenire, ossia lassunzione delle leggi logiche fondamentali, il principio di costitutivit
(lidea che gli intervalli di tempo siano costituiti da istanti), e levidenza fenomenologica del
divenire stesso. Ogni teoria del divenire si vista costretta a sacrificare almeno uno di questi
aspetti. La teoria della sostanza, nonostante le apparenze, non si salva dal dover scegliere tra
la negazione della validit delle leggi logiche e la negazione del divenire. Nelle teorie di stampo
deflazionista il divenire consiste nel sussistere di stati di cose differenti in tempi differenti, ma
cos rinunciano a spiegare il passaggio da uno stato di cose allaltro, cio rinunciano
allevidenza fenomenologica del divenire stesso. Le teorie di impostazione bifattualista, invece,
non rinunciano al tentativo di spiegare il passaggio da uno stato allaltro, ma si trovano a dover
mettere in questione la validit dei principi logici. Il divenire, in questo senso, stato e
continua ad essere un genuino problema filosofico.

Segue il contributo Emanuele Severino, un autore la cui produzione pi volte si concentrata


sulla questione della contraddizione. In questa sede, Severino mostra come ogni espressione
del pensiero occidentale sia fondata su quella che si mostra essere una fede, una fede che,
nella lettura severiniana, in se stessa contraddittoria. Per farlo assume come punto di
riferimento la dimostrazione gdeliana dellincompletezza dellaritmetica. Severino rileva come
lesistenza stessa delle considerazioni metamatematiche che qui si stanno prendendo in
esame, e le fondamenta su cui esse si costruiscono, cio i segni fondamentali del sistema
logico, nel loro essere ognuno se stesso, e non qualcosa daltro da s, e quindi gli stessi
principi di identit e non contraddizione, costituiscono una fede, unipotesi che non in grado
di dimostrare la propria incontrovertibilit, e che quindi vale tanto quanto la sua negazione. La
contraddittoriet di questa fede consiste quindi nellassunzione della verit della fede stessa,
accompagnata dal non fondato rifiuto della sua negazione. In definitiva, abbiamo a che fare
con una contraddizione perch si attribuisce lassoluta innegabilit a qualcosa cui tale
innegabilit non spetta affatto. Se questo ragionamento vale per una delle espressioni pi
rigorose del pensiero occidentale, come la dimostrazione gdeliana dellincompletezza
dellaritmetica, a maggior ragione deve valere per ogni forma di pensiero: sia la via della non
contraddittoriet che la via della contraddittoriet costituiscono due fedi, due volont di
potenza, entrambe contraddittorie, che non appartengono e non possono appartenere, nella
prospettiva severiniana, a quella che la vera e propria dimensione dellincontrovertibile, il
destino della verit, la struttura originaria.

La seconda parte del volume si apre con il saggio di Erwin Tegtmeier, in cui si ritorna sul
problema del divenire, questa volta relativamente al pensiero di Parmenide. Per far questo,
lautore individua, ricostruisce e analizza criticamente i quattro principali argomenti di
Parmenide contro il divenire: largomento logico, ontologico, epistemologico e causale. Dopo
aver sottolineato la rilevanza dei primi due argomenti, il riferimento va alle obiezioni che
Platone e Aristotele hanno formulato contro di essi. Lautore cerca per di mostrare come, da
entrambe le parti, il tentativo di uscire dalle strette maglie dellargomentazione parmenidea -
mediante la differenziazione dellessere - risulti inefficace, e anzi, sottolinea la necessit di
tornare ad una concezione stretta dellessere e di cercare di salvare per altra via il divenire,
che Parmenide si trova costretto a negare. In chiusura viene proposta una tematizzazione del
divenire non come questione relativa allesistenza o meno degli enti, ma come una vicenda
puramente temporale (in una prospettiva in cui tempo ed esistenza sono separati,
indipendenti).

Si prosegue con un altro contributo sul problema del divenire. Nel saggio di Attilio Pisarri viene
preso in considerazione il modo in cui la nozione di contraddizione si incrocia con questo
problema allinterno del pensiero di Giovanni Gentile. La contraddizione, nellattualismo
gentiliano, la legge radicale del pensiero, nel suo effettivo dispiegarsi, perch d voce alla
sua processualit, alla sua dinamicit. Ma la contraddizione, proprio in quanto esprime la vita
del pensiero, ne esprime lidentit, e in questo senso la verit di una non-contraddizione.
Abbiamo a che fare cio con una contraddizione che, in quanto espressione dellidentit stessa
del pensiero, va tematizzata in termini incontraddittori. Tale questione assume una rilevanza
fondamentale nella prospettiva filosofica di Gentile, dato che il pensiero nella sua
processualit, il logo concreto, costituisce la comprensione stessa del divenire, e dunque della
realt. Pisarri mostra come, a partire dalla messa in evidenza dellinadeguatezza della
spiegazione del divenire nei termini di una successione di stati diversi, allinterno della quale il
rispetto del principio di non contraddizione comporta una rinuncia a spiegare il passaggio da
uno stato allaltro, e quindi il divenire stesso, Gentile rivendichi la necessit di pensare il
divenire come unidentit che muta propriamente nellaltro da s. In questo senso una
comprensione effettiva del divenire deve rinunciare allassoluta validit del principio di non
contraddizione, ma, allo stesso tempo, affinch nel divenire lidentit possa diventare
propriamente altro da s, necessario presuppone, in questa distinzione tra il s e laltro, il
principio di non contraddizione.

Il saggio di Roberto Loss torna sul problema della contraddizione allinterno del pensiero di
Emanuele Severino. Allinterno della prospettiva severiniana al principio di non contraddizione
viene attribuito un ruolo ontologico-semantico forte. Esso viene letto come principio di
opposizione universale: ogni ente si determina tramite la differenza rispetto allaltro da s,
quindi rispetto alla totalit degli altri enti. Ma nel tempo ogni ente non pu che determinarsi in
modo solo parziale, visto che in un dato tempo non pu entrare in relazione con la totalit
degli enti, ma solo con quelli che appaiono in quel tempo. Nel tempo ogni ente, non essendo
compiutamente determinato, non appare come , si manifesta in modo astratto (in questo
senso si parla di differenza ontologica). Abbiamo quindi una condanna del divenire, della
temporalit. Ma Loss mostra come questa stessa condanna non sia implicata
dallinterpretazione severiniana del principio di non contraddizione come principio di
opposizione universale, ma dipenda da un presupposto esterno rispetto ad esso, ossia quello
per cui lessere si pu dare solo nella dimensione del presente temporale: si apre una
prospettiva in cui la temporalit viene considerata come modalit positiva di manifestazione
dellessere.

Il volume si chiude col saggio di Francesco Altea Possibilit e contraddizione: che cosa ne
direbbe Wittgenstein. Lautore cerca di porre a tema latteggiamento di Wittgenstein nei
confronti della contraddizione dal punto di vista sia sintattico sia semantico. Per quanto
riguarda il primo aspetto si parte dalle riflessioni di Wittgenstein sui fondamenti della
matematica. Grazie alla sua concezione costruttivistica della matematica, Wittgenstein ha
modo di isolare gli effetti distruttivi che classicamente la contraddizione, in base al principio
dellex falso quodlibet, comporta allinterno di un sistema. Wittgenstein, infatti, concepisce il
sistema di calcolo come una serie di passi ognuno dei quali non esiste prima di essere dedotto
dal precedente, per cui essi, pur interdipendenti, non sono necessariamente connessi luno
allaltro. In questo senso la contraddizione semplicemente uno di questi passi, che non inficia
irrimediabilmente i passi che la precedono, e dalla quale non deriva necessariamente la
banalizzazione del sistema, se non nella misura in cui noi stessi mettiamo in atto questo
processo deduttivo. La contraddizione quindi diviene un sintomo della malattia dellintero
sistema (per cui da essa possiamo dedurre tutto e il contrario di tutto) solo se la trattiamo
come tale. Per quanto riguarda invece lapproccio semantico alla contraddizione evidente
come Wittgenstein, concependo il significato non come qualcosa di fisso e universalmente
valido, ma come determinantesi allinterno delluso del linguaggio, non possa condividere una
posizione come quella quineana, per cui una variazione nella semantica implica una variazione
di argomento: dire che una contraddizione vera non pu essere propriamente una
contraddizione perch se cos fosse verrebbe attribuito un significato diverso alla congiunzione
non ha senso allinterno della sua concezione pragmatica del significato. Questapproccio di
Wittgenstein nei confronti della contraddizione costituisce il tratto caratterizzante della sua
critica nei confronti dellesigenza metafisica di individuare un fondamento stabile per il
pensiero. In chiusura il saggio si interroga su questo intento antifondazionalistico proprio del
pensiero di Wittgenstein e su ci che ne sta alla base.

Dallinsieme dei contributi presentati in questo testo emerge quindi la diversit di prospettive a
partire dalla quali vengono affrontate le questioni originate dal concetto di contraddizione. Tali
prospettive fanno di volta in volta riferimento alla tradizione analitica o a quella continentale. Il
volume ha quindi sicuramente il merito porre in relazione voci ed interventi che spesso
tendono a lavorare su fronti distinti del dibattito che ha per oggetto il concetto di
contraddizione e la validit del principio di non contraddizione. La collettanea costruisce perci
un ricco panorama sulle questioni relative a questo tradizionale ma allo stesso tempo quando
mai attuale problema filosofico.

Indice

9 Nota introduttiva

Francesco Altea Francesco Berto

I. LA CONTRADDIZIONE COME PROBLEMA FILOSOFICO


21 Che c di male nelle contraddizioni?
Graham Priest

45 Non dire non! (Una proposta che Priest non potr rifiutare)
Francesco Berto

63 Congiunzione e contraddizione
Achille G. Varzi

87 Negazione e contraddizione
Luigi Vero Tarca

119 La falsificazione di una spiegazione fisicalista della mente implica una contraddizione
modale?
Bettina Walde

137 Eppur si muove! Divenire e contraddizione. Storia e teoria di un problema.


Emiliano Boccardi e Federico Perelda

197 In margine al senso della contraddizione


Emanuele Severino

II. FILOSOFI ALLE PRESE CON LA CONTRADDIZIONE

211 Il problema del divenire in Parmenide e la sua soluzione


Erwin Tegtmeier

233 Divenire e contraddizione nel pensiero di Giovanni Gentile


Attilio Pisarri

251 Tempo, totalit e contraddizione: ci che il principio non dice.

lenchos e metafisica del tempo nel pensiero di Emanuele Severino.

Roberto Loss

271 Possibilit e contraddizione: che cosa ne direbbe Wittgenstein

Francesco Altea

301 Note sugli autori

305 Indice dei nomi

I curatori

Francesco Altea ha studiato ingegneria elettronica, fisica e biologia allUniversit La Sapienza


di Roma, facendo esperienza di ricerca presso lIstituto di Neurobiologia del CNR e nel
Molecular Genetics Group di Tor Vergata. Ha proseguito la sua formazione in Germania, con un
dottorato in filosofia presso luniversit di Mainz, e al Birkbeck College di Londra. Svolge
attivit didattica allUniversit San Raffaele di Milano.

Francesco Berto fellow dellIstituto di Filosofia della Scienza e della Tecnica della Sorbona di
Parigi e insegna Logica allUniversit di Venezia. Ha un dottorato, un post-dottorato
allUniversit di Padova, una scholarship alla University of Notre Dame (Indiana-USA).

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