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SCHOPENHAUER pp. 4 20 vol.

3A

1. Le vicende biografiche e le opere p. 4

Arthur Schopenhauer nacque a Danzica il 22 Febbraio 1788: suo padre era un banchiere, sua madre,
Giovanna, una nota scrittrice di romanzi. Viaggi nella sua giovinezza in Francia e in Inghilterra; e dopo, la
morte del padre, che voleva destinarlo al commercio, frequent lUniversit di Gottinga dove ebbe come
maestro di filosofia lo scettico Schulze. Sulla sua formazione influirono le dottrine di Platone e di Kant.
Nel 1811 a Berlino Schopenhauer ascoltava le lezioni di Fichte; nel 1813 si laureava a Jena con una tesi
Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente.
Negli anni seguenti (1814 1818) Schopenhauer visse a Dresda.
Qui attese a comporre uno scritto Sulla vista a sui colori (1816) in difesa delle dottrine scientifiche di Gothe,
con il quale inizi unamicizia durante un suo soggiorno a Weimar; e prepar per la stampa la sua opera
principale, il mondo come volont e rappresentazione, pubblicata nel dicembre del 1818, ma con la data
dellanno successivo.
Dopo un viaggio a Roma e a Napoli, si abilit nel 1820 alla libera docenza presse lUniversit di Berlino; e
sino al 1832 tenne qui i suoi corsi liberi, senza troppo zelo e sena alcun successo.
Tra il 1822 e il 1825 fu di nuovo in Italia. Lepidemia di colera del 1831 lo cacci da Berlino; si stabil a
Francoforte sul Meno dove rimase fino alla morte, avvenuta il 21 Settembre 1860.
Lultima sua opera, Parerga e paralipomeni, fu pubblicata nel 1851, ed un insieme di trattazioni e di saggi,
alcuni dei quali, per la loro forma popolare e brillante, contribuirono non poco a diffondere la sua filosofia.
Nessun successo immediato arrise allopera di Schopenhauer, che dovette aspettare pi di ventanni per
pubblicare la seconda edizione de il mondo come volont e rappresentazione, che egli arricch di un
secondo volume di note e supplementi.
Infatti lindirizzo pessimistico e apertamente anti idealistico del suo pensiero lo rendeva inviso = vc. dotta
lat. Malvisto, antipatico: un individuo a tutti ai contemporanei.
Solo dopo il 1848, in concomitanza con unondata di pessimismo che colp lEuropa, cominci la fortuna
della sua filosofia.

2. Radici culturali del sistema


Schopenhauer si pone come punto dincontro (o di scontro) di esperienze filosofiche eterogenee:
Platone, Kant, lIlluminismo, il Romanticismo, lIdealismo e la Spiritualit indiana (India - Oriente
NON indiani dAmerica).

Di Platone lo attrae soprattutto la teoria delle <<idee>>, intese come forme eterne sottratte alla caducit
dolorosa del nostro mondo.

Da Kant, che egli considera come il filosofo pi grande e pi originale della storia del pensiero, deriva
limpostazione soggettivistica della sua gnoseologia 1 (che in realt frutto di una lettura della Critica
della ragion pura secondo lottica critica dei cosiddetti seguaci immediati di Kant).

DellIlluminismo lo interessano il filone materialistico e quello dellideologia, da cui eredita la tendenza


a considerare la vita psichica e sensoriale in termini di fisiologia del sistema nervoso.
Inoltre da Voltaire desume lo spirito ironico e brillante e la tendenza demistificatrice nei confronti delle
credenze tramandate.
1
Per Gnoseologia (dal gr. gnsis, conoscenza e lgos, discorso) si intende quella parte della filosofia che si
occupa dei problemi relativi alla genesi, alla natura e alla validit della conoscenza. Infatti, i filosofi non si sono solo
interrogati intorno alla struttura della realt, ma anche sui mezzi tramite cui la conosciamo. La gnoseologica o teoria
della conoscenza si concretizza in domande del tipo: <<da dove provengono le nostre cognizioni?>>, <<in che
rapporto stanno la mente e le cose, il pensiero e lessere?>>, <<quali relazioni sussistono fra i sensi e la ragione?>>,
<<che valore hanno i nostri concetti?>>, <<quali sono le garanzie di un sapere vero?>> ecc. Connessa in qualche
modo alla gnoseologia la logica (dal gr. lgos, discorso, ragione, pensiero), la quale almeno nellaccezione
greca e aristotelico stoica del termine, si occupa di ci che concerne i nostri discorsi e la modalit attraverso cui
formuliamo i nostri ragionamenti.
1
Dal Romanticismo Schopenhauer trae alcuni temi di fondo del suo pensiero, come ad esempio
lirrazionalismo, la grande importanza attribuita allarte e alla musica, e, soprattutto, il tema dellinfinito,
cio la tesi della presenza, nel mondo, di un principio assoluto di cui le varie realt sono manifestazioni
transeunti (transunto = vc. dotta lat. estratto di ).
Altro motivo indubbiamente romantico quello del dolore.
Tuttavia, mentre il Romanticismo, sul piano filosofico, mostra una tendenza globalmente ottimistica, che si
concretizza in un tentativo di dialettizzare o riscattare il negativo tramite il positivo (Dio, lo Spirito, la storia,
il progresso ecc.), Schopenhauer appare decisamente orientato verso il pessimismo, di cui uno dei
maggiori teorici.

Decisiva importanza, anche se indiretta, gioca pure lidealismo, vera bestia nera e idolo polemico
dello schopenhauerismo. Il pensiero idealistico viene spregiativamente indicato come <<filosofia delle
universit>> e presentato come una filosofia farisaica, che non al servizio della verit,
ma di interessi volgari quali il successo e il potere, e che
si propone di giustificare sofisticatamente le credenze che tornano utili alla Chiesa e allo Stato.
A Fichte e Schelling, Schopenhauer riconosce un certo ingegno, Hegel, invece, viene descritto come
<<un sicario della verit>>, <<un ciarlatano pesante e stucchevole>>.
Nel linguaggio fiorito e pittoresco in cui egli esprime il suo poco benevolo apprezzamento sulla filosofia
contemporanea, si manifesta tuttavia lesigenza, che sent vivissima, della libert della filosofia, esigenza
che lo fa indignare di fronte alla divinizzazione dello Stato fatta da Hegel.

Un caratteristico rilievo occupa pure, nelluniverso spirituale di Schopenhauer, la sapienza dellantico


Oriente, alla quale egli fu avviato, nellambito degli interessi orientalistici del Romanticismo, da Frederich
Mayer.
Il rapporto fra Schopenhauer e la tradizione filosofico religiosa dellIndia costituisce tuttora uno dei
problemi pi complessi e aperti relativi a Scopenhauer. Tuttavia bene ricordare che Icilio Vecchiotti,
uno dei maggiori studiosi del filosofo (e conoscitore delle filosofie orientali), in una sua ricerca apposita 2,
apparso decisamente contrario alla tradizionale sopravvalutazione dellorientalismo di Schopenhauer.
Qualunque sia il giudizio in proposito, comunque fuor dubbio che Schopenhauer:
1. stato il primo filosofo occidentale a tentare il recupero di alcuni motivi del pensiero
dellestremo Oriente;
2. ha desunto da esso un prezioso repertorio di immagini e di espressioni suggestive, del quale
ha fatto un uso abbondante nei suoi scritti;
3. stato un ammiratore della sapienza orientale e un profeta del suo successo in Occidente, al
punto da scrivere:
<< In India non potranno mai mettere radici le nostre religioni: la sapienza originaria delluman genere
non sar soppiantata dagli accidenti successi in Galilea [= dal Cristianesimo]. Viceversa torna lindiana
sapienza a fluire verso lEuropa >>.

3. Il mondo della rappresentazione come <<velo di Maya>> p. 5


Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer

la distinzione Kantiana tra fenomeno e cosa in s (noumeno).

Ma questa distinzione ha poco in comune con quella veramente professata da Kant.


Per questultimo il fenomeno la realt, lunica realt accessibile alla mente umana;

2
I. Vecchiotti, La dottrina di Schopenhauer (nella genesi e nei suoi rapporti con la filosofia indiana). Ubaldini, Roma
1969
2
e il noumeno un concetto limite che serve da promemoria critico per rammentarci i limiti della
conoscenza.
Per Schopenhauer il fenomeno invece parvenza, illusione, sogno ovvero ci che nellantica sapienza
indiana detto <<velo di Maya>>; mentre il noumeno una realt che si nasconde dietro lingannevole
trama del fenomeno, e che il filosofo ha il compito di scoprire.

Schopenhauer riduce quindi il concetto di fenomeno a un significato estraneo allo


spirito del Kantismo, e che appare vicino, almeno in parte, alla filosofia indiana e
buddistica.

<<E Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non
pu dirsi n che esista, n che non esista; perch ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole
sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra
che egli prende per un serpente>>. (il mondo come volont e rappresentazione, par. 3)

Latmosfera orientalistico metafisica nella quale la filosofia di Schopenhauer immerge il lettore


ben diversa da quella
gnoseologico scientifica della Ragion pura.

Inoltre, mentre
per il criticismo il fenomeno loggetto della rappresentazione, che esiste fuori della coscienza,
anche se viene appreso tramite un corredo di forme a priori,

il fenomeno di cui parla Schopenhauer una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza.
Tant vero che egli crede di poter esprimere lessenza del Kantismo con la tesi, che apre il suo capolavoro,
secondo cui

<<IL MONDO E LA MIA RAPPRESENTAZIONE>>

La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili, la cui distinzione costituisce la forma


generale della conoscenza:
da un lato c il soggetto rappresentante,
dallaltro c loggetto rappresentato.

Soggetto e oggetto esistono soltanto allinterno della rappresentazione, come


due lati di essa, e nessuno dei due precede o pu sussistere indipendentemente
dallaltro.
Di conseguenza
NON CI PUO ESSERE SOGGETTO SENZA OGGETTO

Il materialismo falso perch nega il soggetto riducendolo alloggetto o alla materia.

LIdealismo (quello di Fichte) parimenti errato poich compie il tentativo opposto e altrettanto impossibile
di negare loggetto riducendolo al soggetto.

Sulle orme del criticismo, anche Schopenhauer ritiene che la nostra mente, o pi esattamente il nostro
sistema nervoso e cerebrale, risultino corredati da una serie di forme a priori, la scoperta delle quali
<< un capitale merito di Kant, un immenso merito>> (il mondo come volont e rappresentazione, par. 2).

3
Tuttavia, a differenza di Kant, Schopenhauer ammette solo tre forme a priori:

SPAZIO, TEMPO CAUSALITA.

La CAUSALITA lunica categoria (Kant ne aveva elencate 12) in quanto tutte le altre sono riconducibili
a essa e poich la realt stessa delloggetto si risolve completamente nella sua azione causale su altri
oggetti. Tant vero che dire materia, puntualizza Schopenhauer, dire azione causale, come testimonia il
termine tedesco Wirklichkeit (realt), che discende dal verbo wirken (agire).

La causalit, afferma Schopenhauer sin dallo scritto Sulla quadruplice radice del principio di ragion
sufficiente (1813), assume forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera, manifestandosi come
necessit fisica,
necessit logica,
necessit matematica e morale
ovvero come
PRINCIPIO DEL DIVENIRE ( che regola i rapporti fra gli oggetti naturali)
PRINCIPIO DEL CONOSCERE (che regola rapporti fra premesse e conseguenze)
PRINCIPIO DELLESSERE (che regola i rapporti spazio temporali e le connessioni artmetico
geometriche)
PRINCIPIO DELLAGIRE (che regola le connessioni fra unazione e i suoi motivi)

Poich Schopenhauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si
deforma, egli considera la rappresentazione come una fantasmagoria ingannevole, traendo la
conclusione che LA VITA E SOGNO cio un tessuto di apparenze o una sorta di
incantesimo, che fa di essa qualcosa di simile agli stati onirici.

Andando alla ricerca di precedenti illustri di questa intuizione, Schopenhauer cita


- i filosofi Veda (che considerano lesistenza comune come una sorta di illusione ottica),
- Platone (il quale <<dice spesso che gli uomini non vivono che in un sogno>>),
- Pindaro (il quale afferma che <<luomo il sogno di unombra>>),
- Sofocle (che paragona gli individui a <<simulacri e ombre leggere>>),
- Shakespeare (il quale scrive che <<noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la
nostra breve vita chiusa in un sogno>>),
- Caldern de la Barca (autore del noto dramma La vida es sueo).

Ma al di l del sogno e della trapunta arabescata del fenomeno esiste la realt


vera, sulla quale luomo, o meglio il filosofo che nelluomo, non pu fare a meno
dinterrogarsi.

Infatti, sostiene Schopenhauer, luomo un <<animale metafisico>>, che, a differenza degli altri
esseri viventi, portato a stupirsi della propria esistenza e a interrogarsi sullessena ultima della vita.
CIO AVVIENE PROPORZIONALMENTE ALLA SUA INTELLIGENZA.
Leggi brano tratto da Supplementi al Mondo come volont e rappresentazione, cap. XVII a p. 7 del Vol. 3

4. La scoperta della via daccesso alla cosa in s p. 7


Schopenhauer presenta la sua filosofia come lintegrazione necessaria di quella di Kant, poich si vanta di
aver individuato la via daccesso al NOUMENO che il filosofo della Ragion pura aveva precluso.
4
MA SE LA MENTE E CHIUSA NELLORIZZONTE DELLA RAPPRESENTAZIONE,
come possibile lacerare il velo di Maya e trovare il filo di Arianna per orientarci nel labirinto
del relativo e attingere lassoluto?
Dove possiamo trovare quel passaggio segreto, che ci introduca nella fortezza della cosa in s?

Se noi fossimo soltanto conoscenza e rappresentazione, non potremmo mai uscire dal mondo fenomenico,
ossia dalla rappresentazione puramente esteriore di noi e delle cose.

Ma poich siamo dati a noi medesimi NON SOLO come rappresentazione, MA anche COME corpo,
non ci limitiamo a vederci dal di fuori, bens ci <<viviamo>> anche dal di dentro, godendo e
soffrendo.
E proprio questa esperienza di base, simile a un raggio di sole che penetra oltre la nuvola, permette
alluomo di squarciare il velo del fenomeno e di afferrare la cosa in s.
Infatti, ripiegandoci su noi stessi, ci rendiamo conto che lessenza profonda del nostro io, o meglio,

LA COSA IN SE del nostro essere globalmente considerato, E

LA BRAMA O LA <<VOLONTA DI VIVERE>>


WILLE ZUM LEBEN

cio un impulso prepotente e irresistibile che ci spinge a esistere e ad agire.


Pi che intelletto e conoscenza NOI SIAMO VITA E VOLONTA DI VIVERE
e il nostro stesso corpo non che la manifestazione esteriore dellinsieme delle nostre brame interiori:
- lapparato digerente non che laspetto fenomenico della volont di nutrirsi,
- lapparato sessuale non che laspetto oggettivato della volont di accoppiarsi e di riprodursi, e
cos via.
E lintero mondo fenomenico non altro che la maniera attraverso cui la volont si manifesta o si rende
visibile a se stessa nella rappresentazione spazio temporale.
Da ci il titolo del capolavoro di Schopenhauer: il mondo come volont e rappresentazione.

Per esprimere il concetto di questa supremazia della volont, Schopenhauer ricorre a una serie
eloquente di immagini, scrivendo che
IL RAPPORTO FRA LA VOLONTA E LINTELLETTO
fra LA VOLONTA E IL CORPO,
fra LA VOLONTA E IL FENOMENO in generale,
lo stesso che intercorre
fra il padrone e il servo,
luomo e lo strumento,
il cavaliere e il cavallo,
il fabbro e il martello,
il sole e la luna,
il cuore e il capo.

Fondandosi sul PRINCIPIO DI ANALOGIA, Schopenhauer afferma che

la volont di vivere NON E soltanto la radice noumenica delluomo, MA ANCHE


lessenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in s delluniverso,
FINALMENTE SVELATA:

5
<<Essa lintimo essere, il nocciolo di ogni singolo, ed egualmente del Tutto>> (op. cit.)

Infatti la volont di vivere pervade ogni essere della natura, sia pure in forme distinte e secondo gradi di
consapevolezza diversi, che vanno dalla materia organica, in cui appare in modo inconscio, sino alluomo
in cui essa risulta pienamente consapevole.

5. Caratteri e manifestazioni della <<volont di vivere>> p. 8

Essendo al di l del fenomeno, la volont presenta caratteri contrapposti a quelli del mondo della
rappresentazione, in quanto si sottrae alle forme proprie di questultimo:
lo spazio, il tempo, la causalit.
Innanzitutto la volont primordiale inconscia, poich la consapevolezza e lintelletto costituiscono
soltanto sue possibili manifestazioni secondarie.
Di conseguenza, il termine volont, preso in senso metafisico schopenhaueriano,
non si identifica con quello di volont cosciente, ma con il concetto pi generale
di energia o di impulso ( e in questo senso si comprende perch Schopenhauer attribuisca la volont
anche alla materia inorganica e ai vegetali).

In secondo luogo, la volont risulta unica, poich esistendo al di fuori dello spazio e del tempo, che
hanno la prerogativa di dividere e di moltiplicare gli enti, si sottrae costituzionalmente a ci che i filosofi del
Medioevo chiamavano <<principio di individuazione>>.
Infatti la volont non qui pi di quanto non sia l, (dimensione dello spazio)
pi oggi di quanto non sia stata ieri o sar domani (dimensione del tempo).
Essa, dice Schopenhauer, in una quercia come in un milione di querce.

Essendo oltre la forma del tempo, la volont anche eterna e indistruttibile,


ossia un principio senza inizio n fine.
Per questo, Schopenhauer scrive che <<alla volont assicurata la vita>> e paragona il perdurare
delluniverso nel tempo all<<arcobaleno sulla cascata>>, non toccato dal fluire delle acque. (op. cit.)

Essendo al di l della categoria di causa, e quindi di ci che Schopenhauer denomina <<principio di


ragione>> , la volont si configura anche come forza libera e cieca, ossia come unenergia incausata,
senza un perch e sena uno scopo.
Infatti noi possiamo cercare la ragione di questa o quella manifestazione fenomenica della volont, ma
non della volont in se stessa, esattamente come possiamo chiedere a un uomo perch voglia questo o
quello, ma non perch voglia in generale.
Tant che a questultima domanda lindividuo non potrebbe rispondere che <<voglio perch voglio>>,
ossia, traducendo la frase in termini filosofici, <<perch c in me una volont irresistibile che mi spinge a
volere>>.
Infatti, la volont primordiale non ha una meta oltre se stessa: la vita vuole la vita, la volont vuole la
volont, e ogni motivazione o scopo cade entro lorizzonte del vivere e del volere (op. cit.).
Miliardi di esseri (vegetali, animali, umani) non vivono che per vivere e continuare a vivere.

E questa secondo Schopenhauer, lunica crudele verit sul mondo, anche se gli uomini hanno cercato per
lo pi di mascherare la sua terribile evidenza postulando un Dio cui sarebbe finalizzata e in cui troverebbe
un senso la loro vita (escludendo da questa sorta di investitura di senso, gli altri esseri viventi, che,
almeno nelle religioni e nelle filosofie occidentali, sembrano fungere da semplice cornice dei destini
umani).

Ma Dio, nelluniverso doloroso di Schopenhauer, non pu esistere e lunico assoluto la volont


stessa.
6
Infatti i suoi caratteri di fondo, cio il fatto di essere unica, eterna, incausata, sono i caratteri che da
sempre si sono conferiti a Dio e con cui soprattutto i romantici hanno caratterizzato linfinito.

Schopenhauer ritiene che lunica e infinita volont di vivere si manifesti nel mondo fenomenico attraverso
due fasi logicamente distinguibili.

- Nella prima, la volont si oggettiva in un sistema di forme immutabili, a spaziali e atemporali,


che egli chiama platonicamente <<idee>> e che considera alla stregua di archetipi del mondo.

- Nella seconda, la volont si oggettiva nei vari individui del mondo naturale, che sono nientaltro
che la moltiplicazione, vista attraverso il prisma dello spazio e del tempo, delle idee.

Fra gli individui e le idee esiste un rapporto di coppia modello, per cui i singoli esseri risultano semplici
riproduzioni dellunico protitipo originario che lidea.
Il mondo delle realt naturali si struttura attraverso una serie di gradi disposti in ordine ascendente.
Il grado pi basso delloggettivazione della volont costituito dalle forze generali della natura.
I gradi superiori sono le piante e gli animali.
Questa sorta di piramide cosmica culmina nelluomo, nel quale la volont diviene pienamente
consapevole.
Ma ci che acquista in coscienza, la volont perde in sicurezza, poich la ragione, come guida della vita,
meno efficace dellistinto, e fa s che luomo risulti sempre, in un certo senso, un <<animale malaticcio>>.
SCHEMA

6. Il pessimismo pp. 9 12
(dolore, piacere e noia la sofferenza universale lillusione dellamore)
Dolore, piacere e noia
Affermare che lessere la manifestazione di una volont infinita equivale a dire, secondo
Schopenhauer, che la vita dolore per essenza.
7
Infatti
volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione, per la mancanza
di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere.

IL DESIDERIO RISULTA quindi, per definizione, ASSENZA, VUOTO, INDIGENZA: ossia DOLORE.
E poich nelluomo la volont pi cosciente, e quindi pi affamata, egli risulta il pi bisognoso e
mancante degli esseri, e destinato a non trovare mai un appagamento verace e definitivo:

<<Ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da mancanza, ossia da sofferenza. A questa d fine
lappagamento; tuttavia per un desiderio che venga appagato, ne rimangono almeno dieci
insoddisfatti; inoltre la brama dura a lungo, le esigenze vanno allinfinito; lappagamento breve e
misurato con mano avara. >> (op. cit.)

Per di pi, ci che gli uomini chiamano godimento (fisico) e gioia (psichica) nientaltro, come avevano
gi sostenuto PIETRO VERRI e GIACOMO LEOPARDI3, che una cessazione di dolore, ossia lo
scarico da uno stato preesistente di tensione, che ne rappresenta la condizione indispensabile.

Infatti, argomenta Schopenhauer, perch ci sia piacere bisogna per forza che vi sia uno stato precedente di
tensione o di dolore (ad esempio il godimento del bere presuppone la sofferenza della sete).

La stessa cosa non vale tuttavia per il dolore, che non pu affatto essere ridotto, con un puro gioco
dialettico di parole, a cessazione di piacere, poich un individuo pu sperimentare una catena di dolori,
senza che questi siano preceduti da altrettanti piaceri.
Detto negli incisivi termini figurati di una battuta poco nota dei Pererga e paralipomeni:
<< Non v rosa senza spine, ma vi sono parecchie spine senza rose !>>.
Pertanto mentre il dolore identificandosi con il desiderio, che la struttura stessa della vita, un dato
primario e permanente,
il piacere solo una funzione derivata del dolore, che vive unicamente a spese di esso.
Infatti il piacere riesce a vincere il dolore solo a patto di annullare se stesso: non appena vien meno lo stato
di tensione del desiderio, cessa anche il godimento:

<< Che ogni felicit sia di natura negativa soltanto, e non positiva [] ne abbiamo una prova anche in quello specchio
fedele dellessenza del mondo e della vita che larte, soprattutto nella poesia. Ogni poesia epica o drammatica pu
in ogni caso rappresentare soltanto uno sforzo, unaspirazione attiva, una lotta per la conquista della felicit, e non
mai la felicit stessa durevole e compiuta. Essa conduce il suo eroe attraverso mille difficolt e pericoli sino alla meta:
non appena questa raggiunta, subito lascia cadere il sipario. Nullaltro, infatti, le resterebbe, se non mostrare che la
luminosa meta, nella quale leroe sognava di trovare la felicit, ha beffato anche lui, di modo che, quando lha
raggiunta, egli non si trova meglio di prima>>. (op. cit.)

Accanto AL DOLORE, che una realt durevole, e


AL PIACERE che qualcosa di momentaneo
Schopenhauer pone, come TERZA SITUAZIONE ESISTENZIALE DI BASE,
LA NOIA, la quale subentra quando vien meno laculeo del desiderio (<<il possesso disperde
lattrazione>>) oppure il frastuono delle attivit o il pungolo delle preoccupazioni.
Di conseguenza, conclude Schopenhauer,
LA VITA UMANA E COME UN PENDOLO CHE OSCILLA INCESSANTEMENTE FRA IL DOLORE E LA
NOIA
passando attraverso lintervallo fugace, e per di pi illusorio, del piacere e della gioia..
Ma se il dolore costituisce la legge profonda della vita

3
Sebbene Schopenhauer non citi esplicitamente Verri, quasi certo che il Discorso sullindole del piacere e del
dolore (1773) gli fosse noto. Schopenhauer cita invece Leopardi, manifestando grande considerazione per
<<litaliano>> che ha saputo rappresentare in maniera <<profonda>> il dolore.
8
(tant che <<nessuno si mai veramente sentito felice nel presente, a meno che non fosse ubriaco>>)
ci che distingue i casi e le situazioni umane solo il diverso modo o le diverse forme in cui esso si
manifesta.
SCHEMA p. 10

La sofferenza universale p. 11
Poich la volont di vivere, si manifesta in tutte le cose sotto forma di una vera e propria Sehnsucht
(desiderio inappagato,- termine che esplicita il sentimento romantico) cosmica, il dolore non riguarda
soltanto luomo, ma investe ogni creatura.
TUTTO SOFFRE: dal fiore che appassisce per mancanza dacqua allanimale ferito, dal bimbo che nasce
al vecchio che muore.
E se luomo, in cui si riassume e potenzia il male nel mondo, soffre di pi rispetto alle altre creature,
semplicemente perch egli, avendo maggior consapevolezza, sente in modo pi accentuato la spinta della
volont, e a patisce maggiormente linsoddisfazione del desiderio e le offese dei mali.
Per la stessa ragione, il genio, avendo maggiore sensibilit rispetto agli uomini comuni, votato a una
maggior sofferenza:
<<chi aumenta il sapere moltiplica il dolore>>,
<<pi intelligenza avrai pi soffrirai>>,
ripete Schopenhauer con lEcclesiaste.
In tal modo, Schopenhauer perviene a
una delle pi radicali forme di pessimismo cosmico di tutta la storia del pensiero,
ritenendo che
il male non sia solo nel mondo, ma nel Principio stesso da cui esso dipende.
Espressione di tale dolore universale non solo lanelito frustrato della volont, ma anche la lotta crudele di
tutte le cose.
Infatti, dietro le celebrate meraviglie del creato, si cela in realt, secondo il filosofo,
un<<arena di esseri tormentati e angosciati, i quali esistono solo a patto di divorarsi lun laltro, dove perci
ogni animale carnivoro il sepolcro vivente di mille altri e la propria autoconservazione una catena di
morti strazianti>>.
Uno degli esempi pi paradossali ed espressivi di tale auto lacerazione dellunica volont in una
molteplicit conflittuale di parti e di individui reciprocamente ostili che si contendono lun laltro lo
spazio e il tempo, costituito, per Schopenhauer, dalla FORMICA GIGANTE DAUSTRALIA
<<la quale se viene divisa in due parti, ci offre lo spettacolo di un combattimento fra il capo e la coda. Il
primo afferra con i denti questultima, che si difende valorosamente, colpendolo con il suo pungiglione; la

9
lotta pu durare anche una mezzora, finch entrambe le parti muoiono o sono trascinate via da altre
formiche>>.
E in questa vicenda irrazionale della vita cosmica

LINDIVIDUO APPARE SOLTANTO UNO STRUMENTO PER LA SPECIE

FUORI DALLA QUALE EGLI NON HA VALORE.

Di conseguenza al di l del breve sogno dellesistenza individuale, lunico fine della natura sembra
esser quello di perpetuare la vita, e, con la vita, il dolore.

Lillusione dellamore p. 11
Il fatto che alla natura interessi solo la sopravvivenza della specie trova una sua manifestazione
emblematica nellamore, fenomeno che Schopenhauer ritiene basilare per lindividuo, e di cui la filosofia
deve occuparsi.
Infatti lamore uno dei pi forti stimoli dellesistenza:
<< Ordisce ogni giorno le trame pi complicate e cattive, scioglie i vincoli pi stretti, conduce a sacrificare
a volte la vita o la salute, la ricchezza, il rango e la felicit, anzi priva di coscienza lonesto e rende traditore
il fedele>>.
Ma se lamore cos forte da fare di Cupido <<il signore degli dei e degli uomini>> perch dietro le sue
lusinghe e il suo incanto sta in realt il freddo Genio della specie che mira alla perpetuazione della vita.
In altre parole,
il fine dellamore, e lo scopo per cui esso voluto dalla natura, solo laccoppiamento
(ed per questo che latto sessuale accompagnato da un particolare piacere).
Ma se dietro il fascino di un bel volto c, in verit, un nascosto desiderio sessuale, che, con
linnamoramento, si traduce nel ciclo accoppiamento procreazione, vuol dire che lindividuo lo zimbello
della natura proprio l ove crede di realizzare maggiormente il proprio godimento e la propria personalit.
Manifestazione dellessenza biologica dellamore il caso limite della mantide femmina, che divora il
maschio dopo lunione sessuale, o la triste constatazione che la donna, dopo aver adempiuto alla
procreazione e allallevamento dei figli, perde ben presto bellezza e attrattive.
Ma se
LAMORE E UN PURO STRUMENTO PER CONTINUARE LA SPECIE, non c amore senza sessualit.

Tant vero che in passi di sapore pre freudiano e pre psicoanalitico, Schopenhauer scrive:

<<Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, affonda sempre le sue radici nellistinto
sessuale>>.
<<Se la passione del Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe ammutolito>>.
Ed per questinsieme di ragioni che lamore procreativo viene inconsapevolmente avvertito come
peccato e vergogna.
Esso commette infatti il maggiore dei delitti: la perpetuazione di altre creature destinate a soffrire.
Ma se lamore, come afferma in modo aforistico Schopenhauer, nientaltro che
<<due infelicit che sincontrano, due infelicit che si scambiano e una terza infelicit che si prepara>>,
lunico amore di cui si pu tessere lelogio non quello generativo delleros, ma quello disinteressato
della <<piet>>.

7. Approfondimento: la critica delle varie forme di ottimismo pp. 12 15


( Il rifiuto dellottimismo cosmico, il rifiuto dellottimismo sociale, il rifiuto dellottimismo storico)

10
Il rifiuto dellottimismo cosmico
Uno degli aspetti pi interessanti della filosofia di Schopenhauer, solitamente trascurato dalla storiografia
tradizionale, la critica delle varie menzogne (o ideologie, come diremmo oggi) con cui gli uomini
tentano di celare a se stessi qualche dato negativo del vivere o la cruda realt del mondo in generale.

Spunti di critica alle ideologie si trovano disseminati un po in tutti i suoi libri, poich egli ha fatto della
tecnica dello smascheramento uno degli aspetti principali del suo filosofare
e in questo senso Schopenhauer pu venir considerato tra i MAESTRI DEL SOSPETTO della cultura
moderna, da porre accanto a pensatori come
MARX, NIETZSCHE E FREUD.

Schopenhauer sbugiarda la filosofia accademica di Stato, affermando che chi viene pagato per pensare
non pu certo filosofare liberamente, ma deve riflettere secondo le idee e i pregiudizi di chi lo paga;
polemizza contro gli intellettuali inseriti e contro le loro occulte ambizioni di denaro, di potere e di gloria.

<<Se si conducesse il pi ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le camere di martirio
chirurgiche, attraverso le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, pei campi di battaglia e i
tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, ove ci si appiatta per nascondersi agli sguardi della
fredda curiosit, e da ultimo facendogli ficcar locchio nella torre della fame di Ugolino, certamente finirebbe
anchegli con lintendere di qual sorte si questo meilleur des mondes possibile. Donde ha preso Dante
la materia del suo Inferno, se non da questo mondo reale? [] Quando invece gli tocc di descrivere il
cielo e le sue gioie, si trov davanti a una difficolt insuperabile: appunto perch il nostro mondo non offre
materiale per unimpresa siffatta>>.

Questo tipo di polemica trova uno dei suoi bersagli preferiti nellottimismo cosmico che circola in buona
parte delle filosofie e delle religioni dellOccidente, ossia in quello schema di pensiero che interpreta
il mondo come un organismo perfetto,
provvidenzialmente governato da un DIO, oppure da una RAGIONE IMMANENTE (Hegel).
In realt questa visione, pur essendo indubbiamente consolatrice (da ci la sua persistenza nei secoli),
per Schopenhauer risulta palesemente falsa, poich
la vita unesplosione di forze sostanzialmente irrazionali, e
il mondo, anzich essere il regno della logica e dellarmonia, il teatro dellillogicit e della
sopraffazione.
Tutto questo secondo Schopenhauer, verificabile sia nei riguardi della societ, sia nei riguardi della
natura, nella quale vige scopertamente la cosiddetta legge della giungla.
Di conseguenza, dal punto di vista di Schopenhauer, fra la credenza in un mondo governato da Dio o dalla
Ragione e la realt di un mondo malfatto e caotico, esiste aperta contraddizione.
Contestando le religioni che egli definisce <<metafisiche per il popolo>>, e i sistemi teistici e
provvidenzialistici, Schopenhauer perviene ad abbozzare le linee di un ateismo filosofico che sar ripreso
in forma originale da Nietzsche.

Il rifiuto dellottimismo sociale


Unaltra menzogna contro cui Schopenhauer si scaglia di frequente la tesi della <<bont e
socievolezza>> delluomo.
Infatti, se non si vuol continuare a confondere le proprie illusioni di adolescenti con la realt,
e si ha lacutezza di procedere oltre gli <<orpelli retorici>> e le rassicuranti <<dichiarazioni ufficiali>>,

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si deve ammettere, secondo Schopenhauer, che la regola di fatto dei rapporti umani sostanzialmente
il conflitto e il tentativo di sopraffazione reciproca.
Regola che, pur assumendo mille forme, da quelle pi primitive e violente a quelle pi civili e
raffinate (come quando gli intellettuali si stroncano fra di loro) rimasta sostanzialmente la
medesima.
Tant vero che basta un nonnulla perch anche gli individui apparentemente pi mansueti si rivelino dei
FELINI RABBIOSI:

<<Vi dunque nel cuore di ogni uomo, una belva, che attende solo il momento propizio per scatenarsi e
infuriare contro gli altri>>

Del resto la cattiveria connaturata nelluomo, nei confronti dei suoi simili, gi evidente dal fatto che le
disgrazie altrui provocano spesso una malcelata soddisfazione al nostro feroce istinto egoistico, mentre
ogni vantaggio del prossimo, anche piccolo, ci infastidisce e ci irrita, spingendoci talora a comportarci come
quel carceriere che <<quando scopr il suo prigioniero era riuscito faticosamente ad addomesticare un
ragno e ne traeva diletto, subito lo schiacci>>

Di conseguenza, se gli uomini vivono insieme, ripete Schopenhauer con un antica tradizione di pensiero
che va dagli ATOMISTI a HOBBES, non tanto per simpatia o innata socievolezza, ma soprattutto per
bisogno.
E se esiste qualcosa come lo Stato e le sue leggi non certo per lintrinseca eticit umana, secondo
quelle che Schopenhauer definisce le <<fandonie>> degli idealisti, ma solo per una necessit di difesa e
di regolamentazione degli istinti aggressivi degli individui.
Ecco taluni passi in cui Schopenhauer esprime questo suo pessimismo sociale:

<<Nel suo libro De Races humaines, Gobineau ha definito luomo come lanimal mchant, par excelence
[lanimale cattivo per eccellenza], e questo stato male accolto dagli uomini [] egli per ha ragione:
luomo infatti, lunico animale che faccia soffrire gli altri al solo scopo di far soffrire.>>

<<Come luomo si comporti con luomo, mostrato ad esempio, dalla schiavit dei negri [] Ma non v
bisogno di andare cos lontani: entrare nelle filande o in altre fabbriche allet di cinque anni, e dallora in
poi sedervi prima per dieci, poi per dodici, infine per quattordici ore al giorno, ed eseguire lo stesso lavoro
meccanico, significa pagar caro il piacere di respirare. Eppure questo il destino di milioni, e molti altri
milioni ne hanno uno analogo>>

Queste tesi di Schopenhauer hanno fatto s che talora il suo pensiero sia stato accusato di
misantropismo.
In realt, la pittura del mondo come <<inferno di egoismi>>, nel suo sistema, finalizzata alla via etica
della piet.
Infatti, solo chi ha la sensibilit di avvertire come i rapporti umani avvengano per lo pi nellorizzonte
dellingiustizia pu sentire il desiderio interiore di quei <<fiori delleccezione>> che sono la giustizia e
lamore.

Il rifiuto dellottimismo storico


Un altro aspetto della dottrina di Schopenhauer, che lo contrappone radicalmente non solo
- allIdealismo Romantico e alla maggioranza dei suoi contemporanei, ma anche
- allintera cultura dellOttocento che stato definito <<il secolo della storia>>
- la polemica contro ogni forma di storicismo.

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Infatti, come ha rilevato MAX SCHELER, in un epoca in cui la fiducia nel progresso illimitato delluomo
assumeva gli aspetti, talora mistificati,
dellidealismo,
del materialismo storico,
dellevoluzionismo positivistico e
dellinfatuazione tecnico scientifica,
solo
SCHOPENHAUER RIDIMENSIONA FORTEMENTE LA PORTATA CONOSCITIVA DELLA STORIA,
affermando che essa non una vera e propria scienza, in quanto, anzich procedere per concetti e leggi
generali, costretta a limitarsi alla catalogazione dellindividuale.
Proprio per questo la storia risulta inferiore anche allARTE e alla FILOSOFIA, che MIRANO ALLE
STRUTTURE UNIVERSALI E PERMANENTI, risultando pi profonde e veritiere.
Infatti gli storici, a furia di studiare gli uomini, finiscono per perdere di vista luomo, o per cadere
nellillusione che gli uomini mutino davvero di epoca in epoca.
In realt, sostiene Schopenhauer, se noi siamo in grado di procedere oltre le apparenze, non possiamo far
a meno di scoprire, in accordo con la saggezza orientale e biblica dell Ecclesiaste, che <<non vi nulla di
nuovo sotto il sole>>, e che al di l del miraggio del tempo e della storia, il destino delluomo presenta,
nei suoi caratteri essenziali (nascita sofferenza morte), dei tratti immutabili.

Di conseguenza, secondo Schopenhauer, il solo modo proficuo di occuparsi di storia, valido anche per chi
davvero filosofo, quello di risalire DALLA STORIA alla FILOSOFIA DELLA STORIA.
Difatti dallo studio degli avvenimenti del passato risulta evidente la costante
uniformit e ripetitivit della storia,
nella quale non cambia lessenza delle cose, ma solo la loro facciata accidentale e superficiale.
Tant vero che quando uno ha letto Erodoto, il padre della storia, conosce gi tutta la storia dellumanit.
Ma allora la storia solo il fatale ripetersi di uno stesso dramma, che ripropone, battuta per battuta, la
stessa <<monotona sonata>> che si sentita e si sentir ancora infinite volte nel mondo:
chi nasce, chi muore, chi si innamora, chi invecchia, chi viene glorificato, chi viene calpestato ecc.
Di conseguenza, se spogliamo la storia della sua pretesa di rivelarci il diverso e il progressivo, se
prendiamo coscienza del fatto che essa esiste solo perch lumanit si trova nel dolore e spera di metterlo
a tacere, mutando condizione o inseguendo un illusorio progresso, possiamo concludere che
il compito vero della storia di offrire alluomo la coscienza di s e del proprio destino.

Infine, Schopenhauer, rifiutando lo storicismo, ha pure cercato di controbattere, ante litteram, ogni tentativo
di riduzione storicistica della sua opera:

<<Ho attentamente esaminato il secondo volume della storia della filosofia moderna di Kuno Fischer []
Incurabilmente rovinato dallhegelismo, egli costruisce la storia della filosofia secondo i suoi modelli
aprioristici e perci io vi rappresento, in quanto pessimista, la necessaria antitesi di Leibniz; in quanto
ottimista, questa conseguenza dedotta dal fatto che Leibniz vissuto in unepoca ricca di speranze,
mentre io in unepoca disperata e infelice. Ergo, se io fossi vissuto nel 1700, sarei stato un leccato,
ottimistico Leibniz, ed egli, se vivesse oggi, la penserebbe come me!
A tal punto rende pazzi lhegelismo.
Il mio pessimismo, inoltre, si sviluppato dal 1814 al 1818 (quando apparve in forma definitiva); e quella
era lepoca pi piena di speranze, dopo la liberazione della Germania>>.

8. Le vie di liberazione dal dolore pp. 15 20


( LARTE, LETICA DELLA PIETA, LASCESI)

Appare evidente che la vita sia sostanzialmente dolore, al di l di qualsiasi apparenza ingannevole.
Schopenhauer fa proprie le sentenze pessimistiche:

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dei saggi dellOriente <<esistere soffrire>>,
di Platone <<E meglio non essere nati piuttosto che vivere>>,
di Calderon De La Barca <<il delitto maggiore per luomo di essere nato>>
nonch di certa tradizione biblico cristiana <<non c nulla di nuovo sotto il sole>>; <<tutto vanit>>;
<<la vita valle di lacrime>>;
Schopenhauer afferma cos che lesistenza, in virt del dolore che la costituisce,
risulta tal cosa che simpara poco per volta a non volerla.

Di conseguenza si potrebbe pensare che nel sistema di Schopenhauer trovi legittimazione una filosofia
del suicidio universale.
Invece Schopenhauer rifiuta e condanna il suicidio per due motivi di fondo:
1) perch <<il suicidio, lungi dallessere negazione della volont, invece un atto di forte affermazione
della volont stessa>> il quanto il suicida <<vuole la vita ed solo malcontento delle condizioni che
gli sono toccate>>, per cui anzich negare veramente la volont egli nega piuttosto la vita;
2) perch il suicidio sopprime unicamente lindividuo, ossia una manifestazione fenomenica della
volont di vivere, lasciando intatta la cosa in s, che pur morendo in un individuo rinasce in mille
altri.
Pertanto, secondo Schopenhauer, la VERA RISPOSTA AL DOLORE del mondo non consiste
nelleliminazione, tramite il suicidio, di una o pi vite, ma
nella LIBERAZIONE dalla stessa VOLONTA DI VIVERE.

Ma com possibile, per luomo, spezzare le catene della volont, se questultima costituisce la sua
essenza e la struttura metafisica delluniverso? Pi che proporre una giustificazione teorica vera e propria
di questo passaggio - chiave (ma poco fondato) del suo pensiero, Schopenhauer preferisce richiamare
lattenzione sul fatto dellesistenza di individui eccezionali ( i geni dellarte, i santi, gli eremiti, i mistici)
che, in tutti i tempi, hanno intrapreso e sperimentato il cammino della liberazione dalla tirannia dei bisogni e
dellegoismo connessi alla volont di vivere, dimostrando in tal modo, che allorquando

la volutas perviene alla <<coscienza di s>> essa tende a farsi


noluntas, ossia negazione progressiva di s medesima.

In altre parole, dalla presa di coscienza del dolore, e dal disinganno di fronte alle illusioni dellesistere,
nascono le varie tappe della liberazione.
Schopenhauer articola liter salvifico delluomo in tre momenti essenziali: larte, la morale e lascesi.

LARTE
Mentre
la conoscenza, e quindi la scienza, continuamente irretita nelle forme dello spazio e del tempo, e
asservita ai bisogni della volont,
LARTE E CONOSCENZA LIBERA E DISINTERESSATA, che si rivolge alle idee ossia alle forme pure
o ai modelli eterni delle cose.
Questo accade perch nellarte questo amore, questa afflizione e questa guerra divengono ad esempio
lamore, lafflizione e la guerra, ovvero, lESSENZA IMMUTABILE DI TALI FENOMENI.
Il soggetto che contempla le idee, e quindi gli aspetti universali della realt, ovviamente non pi
lindividuo naturale, sottoposto alle esigenze pratiche della volont, ma il puro soggetto del conoscere, il
puro occhio del mondo.
<<Mentre per luomo comune, il proprio patrimonio conoscitivo la lanterna che
illumina la strada, per luomo geniale il sole che rivela il mondo>>

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Per il suo carattere contemplativo, per la sua capacit di muoversi in un mondo di forma eterne, larte
sottrae lindividuo alla catena infinita dei bisogni e dei desideri quotidiani, con un appagamento immobile e
compiuto.
Di conseguenza, larte, secondo Schopenhauer, risulta catartica per essenza, in quanto luomo, grazie ad
essa, pi che vivere, contempla la vita, elevandosi al di sopra della volont, del dolore e del tempo.
LE VARIE ARTI CORRISPONDONO AI GRADI DIVERSI DI MANIFESTAZIONE DELLA VOLONTA.
Esse vanno
dallARCHITETTURA che corrisponde al grado pi basso della volont (cio alla materia inorganica) fino
alla SCULTURA, alla PITTURA e alla POESIA, che hanno per oggetto le idee del mondo vegetale, animale
e umano.
Fra le ARTI spicca LA TRAGEDIA che lauto rappresentazione del dramma della vita.
La MUSICA occupa un posto a s poich non riproduce mimeticamente le idee, come le arti, ma si pone
come immediata rivelazione della volont a se stessa.
Svolgendo in modo originale spunti gi presenti nellestetica musicale romantica, Schopenhauer sostiene
che la musica di configura come larte pi profonda e universale, e come vera e propria <<metafisica in
suoni>>, capace di metterci a contatto, al di l dei limiti della ragione, con le radici stesse della vita e
dellessere.
Ogni arte quindi liberatrice: poich il piacere che essa procura la cessazione del bisogno e il suo porsi
come disinteressata contemplazione.
Ma la funzione liberatrice dellarte pur sempre temporanea e ha i caratteri di un gioco effimero o di un
breve incantesimo.
Di conseguenza essa non una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto alla vita stessa.

LETICA DELLA PIETA


A differenza della
contemplazione estetica, che un estraniarsi trasognato dalla realt,
la morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo. Infatti letica un tentativo di superare
legoismo e di vincere quella lotta incessante degli individui tra loro.
Pur riconoscendo con Kant, che il disinteresse forma il cuore della moralit, Schopenhauer, contro
Kant, sostiene che letica non sgorga da un imperativo categorico dettato dalla ragione, ma da

UN SENTIMENTO DI <<PIETA>> ATTRAVERSO CUI AVVERTIAMO COME NOSTRE LE SOFFERENZE


DEGLI ALTRI.
Di conseguenza la piet NON NASCE DA UN RAGIONAMENTO ASTRATTO, ma da
unesperienza vissuta, mediante al quale, squarciando i veli del nostro egoismo, compatiamo il
prossimo
(COM-PATIRE = SENTIRE INSIEME) e giungiamo ad identificarci con il suo tormento (empatia, non
ambiguit, confusione, contaminazione). Bisogna sentire e realizzare questa verit nel profondo del
nostro essere.
Per cui NON E LA CONOSCENZA CHE PRODUCE LA MORALITA, MA LA MORALITA CHE
PRODUCE CONOSCENZA,
in quanto, come afferma Wagner, <<attraverso la compassione conosciamo>>. Infatti, tramite la piet
sperimentiamo quellunit metafisica di tutti gli esseri, che la filosofia teorizza e che i testi delle
Upanishad esprimono con la sacra formula Tat Twan asi (<<QUESTO VIVENTE SEI TU>>),
facendoci capire come il tormentatore e il tormentato, distinti fenomenicamente, siano, noumenicamente,
una stessa realt.
Solo per un sogno illusorio il malvagio si crede separato dagli altri e dal loro dolore, ma il rimorso
temporaneo e la duratura angoscia, costituiscono loscura consapevolezza dellunit del volere cosmico.
Per cui, se ogni malvagit un disconoscimento dellunit primordiale degli esseri, ogni atto di piet un
riconoscimento vissuto di essa, che va oltre il velo di Maya, del fenomeno, dello spazio e del tempo,
attraverso i quali gli enti appaiono moltiplicati.

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La morale si concretizza in due virt cardinali: la giustizia e la carit ( o agpe)

La giustizia un freno allegoismo, ha un carattere negativo, poich consiste nel non fare il male e
nellessere disposti a riconoscere agli altri ci che siamo pronti a riconoscere a noi stessi.
La carit sidentifica invece con la volont positiva e attiva di fare del bene al prossimo.
Diversamente dalleros, che essendo egoistico e interessato un falso amore, lagpe, essendo
disinteressato, vero amore: <<ogni puro e sincero amore piet>>.
Ai suoi massimi livelli la piet consiste nel far propria la sofferenza di tutti gli esseri passati e
presenti e nellassumere su di s il dolore cosmico.
Sebbene la morale della piet implichi una vittoria sullegoismo, essa rimane pur sempre allinterno della
vita e presuppone un qualche attaccamento a essa. Di conseguenza Schopenhauer, si propone traguardo
di una liberazione totale non solo dallegoismo e dallingiustizia, ma dalla stessa volont di vivere. Questa
liberazione lascesi.

LASCESI
Lascesi, che nasce dall<<orrore>> delluomo <<per lessere di cui manifestazione il suo proprio
fenomeno, per la volont di vivere, per il nocciolo e lessenza di un mondo riconosciuto pieno di dolore>>,
lesperienza per la quale lindividuo, cessando di volere la vita e il volere stesso, si propone di

estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere.

Il primo passo dellascesi la <<castit perfetta>>, che libera dalla prima e fondamentale manifestazione
della volont di vivere: limpulso alla generazione e alla propagazione della specie.
La rinuncia ai piaceri,
lumilt,
il digiuno,
la povert,
il sacrificio e
lautomacerazione, che sono le altre manifestazioni tipiche dellascetismo, tendono tutte al medesimo
scopo: sciogliere la volont di vivere dalle proprie catene.
La soppressione della volont di vivere, di cui lascesi rappresenta la tecnica,
lunico vero atto di libert che sia possibile alluomo.
Infatti lindividuo, come fenomeno, un anello della catena necessariamente determinato dal suo
carattere. Ma quando egli riconosce la volont come cosa in s, si sottrae alla determinazione dei motivi
che agiscono su di lui come fenomeno. In altre parole, la coscienza del dolore come essenza del mondo
non un motivo ma un quietivo del volere, capace di vincere le tendenze naturali dellindividuo stesso.
Quando questo succede luomo diventa libero, si rigenera ed entra in quello stato che i cristiani chiamano
grazia. Tuttavia mentre nei mistici del Cristianesimo lascesi si conclude con lestasi, che lineffabile
stato di unione con Dio, nel misticismo ateo di Schopenhauer il cammino nella salvezza mette capo al
nirvana buddista.
Il NIRVANA lesperienza del nulla, un nulla relativo al mondo, cio una negazione del mondo stesso,
quindi, secondo quanto insegnano i testi e i maestri dellOriente NON E IL NIENTE.
In altre parole, se il mondo, con tutte le sue illusioni, le sue sofferenze e i suoi rumori, un nulla, il nirvana,
per lasceta schopenhaueriano, E UN TUTTO, cio UN OCEANO DI PACE, o UNO SPAZIO LUMINOSO
DI SERENITA, in cui si dissolve la nozione stessa di io e di soggetto.

Secondo un punto di vista largamente diffuso tra i critici, la teoria orientalistica dellascesi costituisce la
parte pi debole e contraddittoria dl sistema schopenaueriano.

Infatti se la volont si identifica con la struttura metafisica del reale, anzi con lassoluto e con linfinito
stesso, COME SI PUO IPOTIZZARE UN SUO ANNULLAMENTO DA PARTE DELLASCETA?
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E come si pu coerentemente ritenere, pi in generale, che la volont, la cui essenza appunto il
volere, a un certo momento non voglia pi se stessa?

Inoltre proprio vero che lunico sbocco logico al pessimismo sia il quietismo dellasceta, oppure, come
testimoniano ad esempio il Leopardi della Ginestra e il Camus de La peste, esistono anche altri possibili,
e pi accidentalmente impegnati esiti del pessimismo?

Infine, il fatto che Schopenhauer non si sia sentito personalmente deciso a intraprendere la via
dellascesi, non priva la sua filosofia della testimonianza viva del suo autore, dando limpressione
della non sincerit del suo pessimismo?

Tuttavia queste critiche, come tante altre che gli sono state mosse o gli si potrebbero muovere, non
debbono far perdere di vista
- n la sua denuncia della realt del dolore,
- n la portata demistificatrice del suo filosofare,
- n la profondit di molte sue analisi, coincidente, almeno a livello di fenomenologia della
condizione umana, con le voci pi alte della sapienza di tutti i tempi.

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