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l gioco come struttura fu pubblicato la prima volta nel 1947, nel secondo dei sei quaderni di filosofia della rivista Deucalion, uscita tra il 1946 e il 1957 sotto la direzione di Jean Wahl.
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La rivista, assieme alla fondazione del Collge de philosophie, faceva parte di un ampio progetto di rinnovamento filosofico che mirava a ritessere i legami intellettuali interrotti
dal conflitto allinsegna dellinterdisciplinarit. Wahl, che aveva insegnato filosofia in svariate universit prima di approdare
definitivamente alla Sorbonne nel 1937, si era situato in una
posizione prudentemente eccentrica rispetto al mondo accademico, facendosi coinvolgere in molti circoli dellavanguardia intellettuale parigina. Appassionato di poesia, aveva collaborato assiduamente con la Nouvelle Revue Franaise durante gli anni trenta; aveva inoltre contribuito a introdurre nella filosofia francese autori allora poco conosciuti come Hegel,
Heidegger e Kierkegaard. In esilio negli Stati Uniti durante
loccupazione, aveva collaborato a due riviste stampate in zona
libera, Confluences e Fontaine, le cui edizioni pubblicarono anche Deucalion. La rivista costituiva in effetti la pro-
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. Benveniste, Le jeu comme structure, Deucalion, 2, 1947, pp. 159-167; trad. Il gioco
come struttura, in questo fascicolo.
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Il titolo della rivista non scelto a caso. Secondo il mito raccontato nel Timeo, Deucalione
e Pirra, sopravvissuti grazie a unarca al diluvio scatenato da Giove contro lumanit, ripopolarono la terra gettando alle loro spalle delle pietre, le quali diedero vita agli esseri umani. Nellintroduzione al primo numero, del 1946 (pp. 7-9), Wahl si augurava che agli sconvolgimenti del
periodo della guerra seguissero delle profonde modificazioni nel pensiero. La rivista era permeata da uno spirito di eclettismo, proponendosi di dare spazio non soltanto alle teorie pi importanti, ma a tutte le componenti eterogenee della scena intellettuale, oltre che alle altre discipline (pittori, poeti, scienziati). Lidea di interdisciplinarit di Wahl affondava le sue radici
in un malcelato bergsonismo intriso di romanticismo misticheggiante e in una filosofia del multiplo e del mosaico mutuata dal pluralismo americano.
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Un articolo di De Waehelens su Heidegger et Sartre, due di Wahl su Sartre e lesistenzialismo (Essai sur un nant dun problme, Lexistentialisme vu de New York), uno di Yvonne Picard su Heidegger et Husserl, una lunga recensione della Fenomenologia della percezione di Roland Caillois e un articolo (il primo articolo pubblicato in francese) di Hannah
Arendt sulla Philosophie de lexistentialisme.
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Caillois, dopo una breve partecipazione al movimento, aveva dichiarato il suo distacco
nel 1935 con il pamphlet Procs intellectuel de lart (ora in Approches de limaginaire, Gallimard, Paris 1974). Prima di entrare in contatto con i surrealisti aveva inoltre frequentato un
altro gruppo davanguardia, Le grand jeu. Cfr. la biografia di O. Felgin, Roger Caillois,
Stock, Paris 1993.
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Benveniste scrisse il suo primo articolo (una recensione della traduzione di M. Betz dei
Cahiers de Malte Laurids Brigge di Rilke) nel primo numero della prima rivista Philosophies (aprile 1924), Wahl pubblic la prima traduzione di un brano della Fenomenologia
dello spirito di Hegel nel secondo numero di Lesprit (1926). Benveniste far peraltro riferimento al surrealismo nellarticolo Osservazioni sulla funzione del linguaggio nella scoperta
freudiana (1955, ora in Problemi di linguistica generale I, 1966, il Saggiatore, Milano 1994).
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Con Comunicazione animale e linguaggio umano (1952) e poi con Il linguaggio e lesperienza umana (1965) (entrambi ripubblicati in Problemi di linguistica generale, cit.). Linfluenza del lavoro di Benveniste su quello di Caillois durante gli anni cinquanta illustrata in
maniera convincente da L. Moutout nella sua Biographie de la revue Diogne, LHarmattan,
Paris 2006. su Diogne che Caillois riprende la sua riflessione sui giochi con due saggi
che andranno a confluire nel libro I giochi e gli uomini (1959), Bompiani, Milano 1981
(Structure et classification des jeux, Diogne, 12, 1955, pp. 72-88 e Unit du jeu, diversit
des jeux, Diogne, 19, 1957, pp. 117-144). E sempre su Diogne (40, 1962) ritroviamo
uno studio dello psicologo Jean Chteau, autore di riferimento tanto per Benveniste che per
Caillois (Rgle et turbulence dans le jeu enfantin).
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Deucalion forniva uno spaccato. Diplomato in grammatica allinizio degli anni venti, dottore nel 1935 con una tesi sullOrigine
de la formation des noms en indo-europen, successore del suo
maestro Antoine Meillet allcole Pratique des Hautes tudes
nel 1927 e poi al Collge de France dal 1934 fino agli anni sessanta, Benveniste era noto esclusivamente come uno dei pi grandi
esperti di grammatica comparata delle lingue indoeuropee e di
studi iraniani. La sua fama di studioso di linguistica generale si
diffonder solamente in seguito alla pubblicazione della raccolta
Problemi di linguistica generale e a quella del celebre Vocabolario
delle istituzioni indoeuropee.10 Il gioco come struttura appartiene
invece a una manciata di saggi meno specialistici, pubblicati in riviste di maggiore divulgazione e riguardanti temi pi generali.11
Una parte di essi fu raccolta nel primo tomo dei Problemi di linguistica generale, altri, come il saggio in questione, restarono (e
restano tuttora) dispersi in svariate riviste.12
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Pierre Nora, direttore della collana Sciences sociales delleditore Gallimard, dove
Benveniste pubblic i Problemi di linguistica generale, racconta che prima della pubblicazione della raccolta Benveniste aveva avuto soltanto due allievi (cfr. Interview avec Pierre
Nora, Entreprise et Histoire, 24, 2000).
11
Articoli compresi nella rubrica Divers dellesaustiva bibliografia curata da M.D.
Mnfar nel volume Mlanges linguistiques offerts mile Benveniste, Socit Linguistique
de Paris, Paris 1975, pp. VII-LIII. Prima del saggio del 1947, i libri e gli articoli pubblicati da
Benveniste si erano limitati ad ambiti strettamente specialistici.
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Giorgio Agamben stato forse lunico ad aver ripreso, peraltro in alcuni momenti cruciali della sua opera, le feconde intuizioni contenute nel saggio di Benveniste. In Il paese
dei balocchi, capitolo centrale di Infanzia e storia (Einaudi, Torino 20042), la distinzione tra
gioco e rito, tra gioco e sacro (nozione che, com noto, occupa un ruolo centrale nella produzione di Agamben) viene fatta coincidere con quella che, nel Pensiero selvaggio, LviStrauss traccia tra societ calde e fredde. Agamben evidenzia come la dialettica tra gioco e rito, tempo dellevento e tempo delleterno presente, costituisca il tempo delle societ umane,
il tempo storico. Nel recente Profanazioni (nottetempo, Roma 2006), nel capitolo che d nome al libro, riprendendo lo stesso saggio di Benveniste, Agamben sottolinea come il gioco
rappresenti il caso dessenza della profanazione, il gesto tramite il quale ci che sacro, ci
che separato dal regno degli uomini, viene restituito alluso e alla propriet degli uomini. Agamben oppone loperazione di neutralizzazione e profanazione del sacro propria
al gioco alla secolarizzazione, la quale, invece, costituisce una mera rimozione dei concetti
teologici e dei legami di potere che essi veicolano. Se entrambe le operazioni hanno un carattere politico, la secolarizzazione strettamente legata allesercizio del potere, di cui essa si
fa garante, mentre la profanazione disattiva i dispositivi del potere e restituisce alluso comune gli spazi che esso aveva confiscato. Lingiunzione conclusiva di Profanazioni potrebbe allora apparire diametralmente opposta alla conclusione del Gioco come struttura: mentre Benveniste suggerisce la possibilit di una ri-sacralizzazione del gioco, Agamben, esiben-
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naturalista del gioco, la quale parte dallipotesi della soddisfazione nel gioco di una tendenza bio-psicologica insita nel singolo individuo, e, procedendo invece inversamente, mette in
primo piano la questione del gioco, e non [quella] del giocatore. Levi-Strauss effettua la stessa inversione prospettica al suo
ritorno dagli Stati Uniti nel 1947, rompendo con lantropologia
biologica del XIX secolo: lantropologia non pi, come in Comte, la scienza il cui sapere interessa lindividuo concreto, ma loggettivazione assoluta dei fenomeni umani che conferisce loro un
senso. Tanto leterogeneit dei giochi, la loro immensa variet,
quanto linfinita diversit dei legami di parentela o, poco pi tardi, quella dei miti, si trova unificata grazie al paradigma della
struttura, della totalit chiusa. La corrispondenza stabilita
da Benveniste tra la coppia forma/contenuto e quella
gioco/realt, la ricerca del senso del gioco non tanto nella
finalit del gioco quanto nella sua particolare forma, linsistenza sulla convenzionalit e sullarbitrariet delle regole,
lidea che vi sia una logica e un linguaggio propri del gioco, il
carattere di totalit differenziale delle regole che non sono nulla
quando sono separate e sono tutto quando sono riunite, la loro
propriet strutturante, rendono evidente lomologia con il modello fornito dalla linguistica saussuriana che, ciononostante,
non mai nominata da Benveniste. Paradossalmente, sebbene
Benveniste parli di struttura tanto per il sacro quanto per il gioco,
il gioco pare quasi costituire lexemplum di una struttura.
Il procedimento soltanto a prima vista analogo a quello adottato da Caillois in Il gioco e gli uomini e da Huizinga in Homo ludens (che Benveniste lesse solo in seguito alla redazione del suo
saggio), dove lautore olandese si opponeva alle spiegazioni psicologistiche dei comportamenti ludici. Caillois, il quale loda
lapproccio di Huizinga nella recensione del 1945, aveva precedentemente adottato esattamente il tipo di analisi psicologistica che criticher poco dopo. Negli studi di sociologia degli anni
trenta, come quelli raccolti in Il mito e luomo e in La communion
des forts, lattenzione portata infatti verso gli istinti profondi
di natura biologica, contrapposti alla societ; nella fattispecie,
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In un passaggio posto in esergo a uno dei due libri sul gioco del 1946, Chteau aveva
gi messo in risalto lorigine latina del termine gioco: Il gioco, scriveva, innanzitutto jocus; lo scherzo salace e grossolano che fa singhiozzare di grasse risa i rozzi paesani del Lazio; la vita, la gioia (Le jeu de lenfant aprs trois ans, sa nature, sa discipline, cit., p. 1). In
una densa pagina Benveniste riporta sui binari della discussione scientifica un utilizzo piuttosto disinvolto e impressionistico delletimologia.
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Ciononostante Benveniste sostiene che il gioco abbia dei rapporti con il sacro, e che essi siano formalizzabili; il gioco caratterizzato dallassenza di riferimento a un reale fosse anche un
sur-reale21 come nel caso del sacro e nellelisione di una delle
due parti della struttura del sacro: il mito, o narrazione sacra (nel
ludus), oppure il rito, o atti sacri (nel jocus). Ci ha come conseguenza labbassamento del divino al livello del profano, lesaltazione e la liberazione e non, come nel sacro, linnalzamento
del profano al livello del divino, la tensione e langoscia. Infine questo tipo di analisi strutturale permette di ipotizzare in
maniera pi precisa rispetto al testo di Huizinga, che Benveniste
critica per lestensione arbitraria della categoria di gioco a ogni
attivit umana regolata la possibilit della rilettura di ogni attivit umana alla luce del gioco, a patto che vengano rispettati i due
criteri sopra indicati: elisione della narrazione del mito o del rito,
e assenza di finalit pratica o riferimento al reale.22 Ovviamente come far notare Caillois dieci anni dopo, riprendendo e correggendo le formulazioni di uno studio giovanile come Vertiges
la classificazione rigida di Benveniste gli preclude la comprensione dei giochi dazzardo, i quali hanno una finalit pratica e dunque intrattengono un legame con il reale.
Il gioco e lirrealizzazione
Se gi il primo passo, quello dellaccoppiamento delle scienze sociali e della linguistica riveste un certo interesse,23 il secondo,
21
La scelta di questo termine unevidente strizzata docchio alla parola coniata da
Apollinaire e poi ripresa da Breton nel 1924.
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Benveniste raggiunge cos, con un grado di precisione maggiore, le conclusioni di Piaget nel suo studio sul gioco del 1945 (La formation du symbole chez lenfant, cit.). Piaget, dopo aver preso in esame svariate teorie sulla differenza costitutiva del gioco rispetto ad altre
manifestazioni umane, sosteneva che tutti i criteri proposti per definire il gioco rispetto allattivit non ludica sfociano, non a dissociare in maniera netta il primo dalla seconda, ma a
sottolineare semplicemente lesistenza di un orientamento il cui carattere pi o meno accentuato corrisponde alla tonalit pi o meno ludica dellazione. Ci non significa altro che il
gioco si riconosce da una modificazione, di grado variabile, dei rapporti di equilibrio tra il
reale e lio [moi] (ivi, p. 155).
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Benveniste aveva partecipato alla fondazione della rivista di Lvi-Strauss, Lhomme, il cui primo numero esce allinizio degli anni sessanta.
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sofo doveva daltronde aver interessato un linguista come Benveniste, visto il tentativo sartiano nellImmaginazione, ma soprattutto nellImmaginario di distinguere, dal punto di vista di una
psicologia fenomenologica, limmagine dal segno e dal simbolo.27
Nel Gioco come struttura Benveniste, dopo aver postulato la
totale separazione del gioco dal reale28 il gioco come forma
non si riferisce infatti n a un contenuto reale, come nel profano, n sur-reale, come nel sacro, ma extra-reale , radica il gioco
in una funzione psichica subconscia che chiama irrealizzante.
Da una parte pare evidente che Benveniste avesse in mente il
principio di realt freudiano (Lacan utilizzer per esempio lespressione irrealizzazione per designare il passaggio dal reale
al simbolico29), ma il fatto che il linguista non parli della soddisfazione del principio di piacere nel gioco,30 farebbe piuttosto pensare a Sartre, il quale aveva usato il termine irrealizzazione nellImmaginazione e poi nellImmaginario, per designare il tipo di
intenzionalit proprio della coscienza immaginativa, capace di
trascendere il mondo e di porlo a distanza, nullificandolo e riuscendo cos a presentificare una persona o una cosa assente. Se-
Segni, 1960, il Saggiatore, Milano 2003), il termine struttura era gi stato ampiamente utilizzato dagli psicologi per designare delle configurazioni del campo percettivo, delle totalit articolate. I due maggiori teorici del gioco contemporanei di Benveniste, i gi citati Piaget e Chteau avevano utilizzato con frequenza, nei loro studi del 1945 e 1946, espressioni
quali struttura psicologica e struttura mentale.
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Benveniste si era interessato allimmaginario e agli studi di Bachelard (che aveva probabilmente incontrato nellambito delle Recherches philosophiques) in un breve articolo
intitolato Leau virile, pubblicato nel 1945 nellunico numero della rivista La pierre feu.
(Province noire), vicina agli ambienti surrealisti. Larticolo, che si riduce a una serie di annotazioni sulla mitologia latente nelle figurazioni dellacqua (di mare) in alcuni poeti si
ispira, citandolo, al Bachelard dellAcqua e i sogni.
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La dialettica che intercorre tra realt e immaginazione allinterno del gioco loggetto
tanto di Le rel et limaginaire dans le jeu de lenfant di Chteau che di La formation du symbole chez lenfant di Piaget. Piaget collega il gioco a unimitazione esatta del reale, Chteau lo collega a un potere di rappresentazione delle cose nel quale il bambino si ritrova.
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Lo schizofrenico, per cui tutto reale, incapace di operare tale irrealizzazione.
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Al contrario Piaget, menzionando il principio di piacere e il principio di realt, criticava le interpretazioni pi semplicistiche, come quella di Claparde, il quale vedeva nel gioco
limmediata realizzazione dei desideri e dei bisogni (cfr. La formation du symbole chez lenfant, cit., p. 155).
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condo Sartre, che si rifaceva liberamente a Husserl, questa attivit presiedeva alla creazione di tutti i tipi di immagini, tanto i sogni, quanto le metafore o le fotografie.31 Allo stesso modo Benveniste include tra le manifestazioni dellattivit irrealizzante
limmaginazione, il sogno e larte, ma soprattutto descrive in
termini fenomenologici la costellazione ludica come un insieme di forme la cui intenzionalit non pu essere orientata verso
lutile.32 La funzione irrealizzante che si manifesta nel gioco
sospende cos il reale esattamente nella stessa maniera in cui lattivit irrealizzante propria della hyl immaginativa presenta un
oggetto come assente. Nel gioco la coscienza riprende le strutture del sacro, ma per gioco, separandole dalla realt divina, irrealizzata.
Inoltre, secondo Benveniste, lirrealizzazione che si manifesta
nel gioco consiste nel tentativo di risolvere il difficile conflitto
delluomo con il reale. In due passaggi, che tradiscono un certo
pathos esistenzialista, Benveniste oppone la gratuit del gioco al
mondo reale in cui, al contrario, il volere umano, asservito allutilit, va a sbattere di continuo contro levento, lincoerenza, larbitrario, in cui nulla giunge mai al suo termine previsto seguendo
le regole ammesse, in cui la sola certezza che luomo possiede,
quella della sua fine, gli appare al contempo come iniqua e assurda, evocando infine limmagine di una coscienza condannata a
brancolare dolorosamente in un reale che essa non pu vivere immediatamente, n accettare completamente, poich se spesso riesce a modificarlo, daltra parte non mai in condizione di comprendere. Il gioco crea invece un mondo dove questi tragici
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Nello stesso momento, anche Caillois, come spiega nella prefazione al Mito e luomo,
stava cercando di costituire una fenomenologia dellimmaginazione capace di discernerne
le diverse manifestazioni (infantile, mitologica, poetica, patologica).
32
Tanto Chteau che Piaget (il secondo in maniera pi dubitativa) avevano posto laccento sullinutilit del gioco, considerandolo come unattivit gratuita il cui principio il
godimento (Le jeu de lenfant, cit., p. 377) qualcosa che trova la sua fine in se stesso, mentre il lavoro e le altre condotte non ludiche comportano un obiettivo che non compreso
nellattivit come tale. Il gioco sarebbe dunque, come si suol dire, disinteressato (J. Piaget, La formation du symbole chez lenfant, cit., p. 154).
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conflitti sono appianati:33 in tale mondo la coscienza pu esprimersi liberamente, a patto di sottostare alle regole del gioco, le
quali circoscrivono una rappresentazione priva di contenuto
(salvo quello dellextra-realt che il gioco crea). Benveniste definisce questa rappresentazione del mondo, innata nellindividuo,
come magica. Ora, Sartre aveva ripreso, sin dalle Idee per una teoria delle emozioni (1939),34 laggettivo magico dalla Mentalit
primitiva di Lvy-Bruhl35 al fine di definire un determinato modo
di esistenza della coscienza, quello emozionale. Lemozione,
spiegava Sartre, consiste in una brusca caduta della coscienza
nel magico e precisava che vi emozione quando il mondo degli utensili svanisce bruscamente e il mondo magico appare al suo
posto. Nelle condotte emozionali, la realt umana fugge dal
mondo reale, e lo sostituisce con un mondo magico, ma interamente coerente, dove gli oggetti agiscono direttamente su una
coscienza cosificata. La stessa espressione ripresa, nel 1940, allinizio del quarto capitolo dellImmaginario,36 quando Sartre definisce limmaginazione come un atto magico, un incantamento destinato a far apparire loggetto al quale si pensa, la cosa che si
desidera, in maniera che se ne possa prendere possesso. Sartre
lega, infine, tanto nelle Idee quanto nellImmaginario, la coscienza magica al mondo dellinfanzia37 proprio come fa Benveniste
nel Gioco come struttura.
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Ancora una volta troviamo espressioni simili in Chteau e Piaget; secondo questultimo il gioco procede da un rilassamento dello sforzo di adattamento alla realt (La formation du symbole chez lenfant, cit., p. 94).
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In J.-P. Sartre, Limmaginazione. Idee per una teoria delle emozioni (1936), Bompiani,
Milano 2004.
35
Nei Quaderni per una morale (Editori Riuniti, Roma 1991), la rilettura, questa volta
esplicita, di Lvy-Bruhl (affiancata a quella di Mauss, Leiris e Bataille) in chiave fenomenologica direttamente tesa alla ricerca di una morale. Sartre spiega come la modalit esperienziale del primitivo, il quale non possiede le categorie di produzione e di causa ed effetto, quella di un uomo alienato nel bel mezzo di un mondo magico dove [...] loggetto essenziale e luomo inessenziale.
36
J.-P. Sartre, Limmaginario (1940), Einaudi, Torino 2007.
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Un riferimento comune e implicito, tanto in Benveniste che in Sartre, sono gli studi
degli anni trenta di Piaget sulla genesi della causalit e della rappresentazione del mondo nel
bambino. Piaget aveva peraltro tentato di mostrare, ispirandosi agli studi di Lvy-Bruhl, la
somiglianza tra le strutture proprie della mentalit primitiva e quella del bambino.
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le posizioni teoriche, pensando forse che la posta importante fosse in gioco su un altro tappeto verde, non certo in un divertissement pubblicato in una rivista alla moda, bens nelle dense pagine di serie riviste scientifiche.
Ma probabilmente Benveniste giocava seguendo le stesse regole dei suoi contemporanei e il suo barare soltanto la proiezione dello sguardo retrospettivo di chi ormai appartiene a un altro
campo, strutturato secondo altre regole. Se cos fosse, lipotetico
smarcamento di Benveniste rispetto alla filosofia del gioco del
suo tempo sarebbe in fin dei conti soltanto unillusione ottica.
sufficiente, infatti, accorgersi che tanto per Sartre quanto per
Benveniste nel gioco differentemente da quanto avviene nel sogno e nelluniverso incantato dellemozione luomo cosciente della magia del mondo che ha creato. Nel gioco la coscienza irrealizzante riflessa, il giocatore sa che si tratta solo
di un gioco. proprio questoperazione riflessiva a far s che nel
gioco, e soltanto nel gioco, come sottolinea Benveniste, la coscienza, possa vivere lirrealizzazione, e non soltanto subirla, come, per esempio, nelle condotte emozionali o nel sogno. La coscienza emozionale, di cui luomo ostaggio, crea infatti un mondo fittizio, ma che non pu, per definizione, distinguere dalla
realt: se lemozione un gioco, scrive Sartre nelle Idee per una
teoria delle emozioni, un gioco al quale crediamo.
A guardare bene forse proprio questo uno dei meriti di questo serio divertissement di Benveniste, quello di lasciarci oscillare
in quel dubbio che sospende per un attimo le nostre credenze, e
ci spinge a domandarci, tanto sui campi di gioco che nel campo,
ancora ritualizzato, della socialit intellettuale: stiamo facendo
sul serio o tutto soltanto un gioco?
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