GdN martedì 24 gennaio 2006 CRONACA DI NAPOLI I3

LO STUPRO DI PIAZZA SAN SEPOLCRO: IL QUATTORDICENNE DEI QUARTIERI SPAGNOLI SI È SOTTOPOSTO ALLA PROVA DEL DNA

Quattro tamponi salivari per dimostrare che non è il mostro

Era sereno e deciso quando i poliziotti della scientifica della
Questura di Napoli gli hanno ordinato di aprire la bocca. Ha
appena 14 anni ma si è dovuto sottoporre a quattro tamponi
salivari. Tecnicamente sono dei “raschiamenti orofaringei” e
verranno portati in laboratorio per essere esaminati. Da quei
tamponi verrà estratto il Dna di Antonio accusato di rapina
aggravata e violenza sessuale. È recluso al carcere di Nisida da
più di una settimana, da quando il giudice per le udienze
preliminari del tribunale dei Minori di Napoli ha convalidato
il fermo disposto dai poliziotti che lo arrestarono a pochi metri
dalla sua abitazione dei Quartieri Spagnoli. L’accusa è da far
rabbrividire perché secondo il pubblico ministero che conduce
le indagini, il ragazzino avrebbe prima rapinato due donne nei
pressi di piazzetta San Sepolcro al corso Vittorio Emanuele e
successivamente avrebbe usato violenza nei confronti di una
delle due. L’avrebbe trascinata in un angolo buio e lì, le
avrebbe usato violenza facendo valere la sua stazza e la sua
forza: 1,80 per 90 chili di peso. Ma sono ipotesi che
ovviamente andranno confermate in sede di giudizio e il
ragazzo è assolutamente da considerarsi innocente fino ad una
sentenza definitiva di condanna. Il suo avvocato, il penalista
Riccardo Ferone ha voluto fortemente che il minorenne si
sottoponesse all’esame del Dna. I risultati dei tamponi
prelevati alla presenza della biologa della scientifica, Elena
Improta e del consulente di parte il professor Giuseppe
Calcagna, saranno comparati con il Dna ricavato sia dagli
indumenti della donna violentata sia dai liquidi organici
rilevati sui tamponi vaginali ai quali si è sottoposta la 30enne
due giorni dopo il presunto abuso sessuale. Inoltre, altri
liquidi di natura organica sono stati prelevati dagli slip che
indossava la vittima quella maledetta notte. Erano le 5 del
mattino e le due donne facevano ritorno a casa. Furono
affiancate e fermate dal “branco” che per ora resta libero di
agire per le strade di Napoli. Le tracce che portano a loro si
fanno via via più consistenti ma per ora non esistono certezze.
I risultati del Dna di Antonio si conosceranno fra non meno di
una ventina di giorni e qualunque sia l’esito di sicuro
delineerà con certezza la posizione del minorenne. Si
comprenderà se i liquidi organici ritrovati sulla donna
violentata siano o no i suoi. Lui si ritiene responsabile della
rapina ma non dello stupro per il quale si è sempre dichiarato
innocente. Una vicenda che ha ha aperto il dibattito
sull’abbassamento dell’età imputabile, che è la tesi del
presidente del tribunale dei minori Stefano Trapani, avversata
dal ministro di Giustizia Roberto Castelli: «Penso che il
ministro Castelli abbia scomodato l’etica senza alcuna ragione.
Dire che, in sostanza, giudicare un minore di 12 o 13 anni sia
contrario all’etica mi sembra un assurdo. Se l’opinione
pubblica potesse legiferare - aggiunge - queste mie proposte
sarebbero già passate da parecchio tempo. Invece, si urta
contro una specie di baluardo che sembra resistere agli anni.
Non è possibile applicare una espressione di legge vecchia di
40-50 anni, bisogna aggiornarsi. Bisogna fare in modo che le
istituzioni locali e nazionali possano prendere qualche
provvedimento», ha concluso ricordando che altri distretti
giudiziari o contesti cittadini sono in una situazione migliori».
FABIO POSTIGLIONE

LUNGO INSEGUIMENTO A BARRA. IDENTIFICATO IL NUMERO DI TARGA: I DUE MALVIVENTI TRASPORTAVANO ARMI O DROGA

Ras degli Aprea sfuggono alla cella

A bordo di un’Alfa 147 seminano il panico in via Argine È DEL CAVONE L’ACCOLTELLATORE 15ENNE

«Butto la collezione di lame

LUIGI SANNINO
Da via Argine fino all’hinterland della
zona vesuviana. Un inseguimento an-
dato avanti per circa un chilometro in
maniera molto movimentata e conclu-
sosi con un nulla di fatto. Ma i protago-
nisti della fuga, due affiliati al clan
Aprea di Barra, sono stati riconosciuti
dagli inseguitori e nei prossimi giorni
potrebbero ricevere qualche brutta sor-
presa. Erano a bordo di un’Alfa 147 blin-
data, che gli investigatori hanno con-
trollato nei terminali delle forze dell’or-
dine; così, è venuto fuori che si tratta di
una vettura nella disponibilità del grup-
po di malavita. L’intestatario però, rin-
tracciato nel pomeriggio, ha dimostrato
che non si trovava alla guida in matti-
nata avendola prestata a un amico già da
diversi giorni.
Erano le 10 e 30 di ieri quando è scat-
tato l’allarme a Ponticelli, nei pressi del-
la Motorizzazione civile. Una pattuglia
delle forze dell’ordine ha notato da lon-
tano un’Alfa 147 con i vetri scuri, circo-
stanza che ha fatto pensare a una mac-
china blindata, generalmente in uso a
malavitosi legati alla criminalità orga-
nizzata. Così è scattato il tentativo di
controllo, ma all’alt il conducente del-
l’auto sospetta non si è fermata. Anzi, ha
accelerato provocando il classico movi-
mentato inseguimento.
Inutilmente, nonostante sorpassi ad
alta velocità e il piede schiacciato sul-
l’acceleratore, le forze dell’ordine han-
no inseguito l’Alfa 147 blindata, il cui
conducente è riuscito a sottrarsi al fermo
una volta lasciato il territorio di Napoli.
Per gli investigatori pochi dubbi: a bor-
do si trovavano due pregiudicati di Bar-
ra, ritenuti legati al clan Aprea, nessuno
dei quali latitante. Ecco perché è avvol-
to nel mistero il motivo per il quale c’è
stata la fuga: l’unica ipotesi plausibile è
che all’interno ci fosse un’arma o della
droga. Il gruppo Aprea ha subito un du-
ro colpo a settembre dello scorso anno
con la cattura del boss latitante Giovan-
ni “punt e’ curtiello”, tradito da una te-
lefonata anonima alla polizia e da una fi-
nestra costruita abusivamente. Per due
ore il 37enne rimase chiuso in un vano
ricavato all’interno della sua abitazione,
in via Mastellone a Barra, mentre gli in-
vestigatori della squadra mobile della
questura e del commissariato San Gio-
vanni-Barra perquisivano da cima a fon-
do tutte le altre stanze. Dopo avere a lun-
go soltanto respirato praticamente sen-
za muoversi, uscì sudato dal nascondi-
glio ma sempre con il piglio del ras:
sconfitto ma a testa alta. Era latitante da
giugno, quando inutilmente fu cercato a
casa per la notifica di un ordine di car-
cerazione: un anno e due mesi di pena
residua per inosservanze agli obblighi.
Di sera si concluse la caccia a Gio-
vanni Aprea. Gli investigatori sapevano
che era tornato a Napoli, dopo essere sta-
to in Germania e in Spagna, e stavano
stringendogli il cerchio intorno. La
svolta giunse con una telefonata anoni-
ma presumibilmente fatta da un nemico
di camorra che aveva saputo qualcosa:
“punt e’ curtiello si nasconde vicino ca-
sa sua”.
Accusato di rapina, non pugnalo più nessuno»
scarcerato Perfetto
Scarcerato Raffaele Perfetto, rite-
nuto esecutore materiale di una ra-
pina all’esterno della banca Intesa
di Casoria in piazza Pio XII. Decisi-
ve le indagini difensive, condotte
dal penalista Ercole Ragozzini, con
cui è stata letteralmente smantella-
ta l’ipotesi accusatoria. Un’ipotesi
fondata su un riconoscimento foto-
grafico della parte lesa, che si era vi-
sto sottrarre 2878 euro, una vincita
al Lotto, proprio all’uscita dalla
banca. Il collegio difensivo (l’inda-
gato è difeso dagli avvocati Ragoz-
zini e Francesco Foresta) ha dimo-
strato che il riconoscimento era av-
venuto su immagini abbastanza in-
certe, come è apparso evidente
sbobinando la ripresa del filmato ef-
fettuato dal sistema a circuito chiu-
so. Residente in via Ianfolla, a Se-
condigliano, Perfetto ha fatto ritor-
no a casa.
Giancarlo compirà 15 anni a marzo, è del Cavo-
ne ed è figlio di operai. La polizia, che pure lo
ha denunciato a piede libero per aver ferito a
una gamba venerdì pomeriggio un coetaneo di
Materdei in seguito a una lite, lo definisce un
bravo ragazzo. Negli uffici del commissariato
San Carlo Arena (agli ordini del dirigente Ca-
millo Amodio e con il vice questore Monica Na-
sti) è scoppiato a piangere e ha giurato che but-
terà l’intera collezione di coltelli che ha a casa.
Ma non poteva evitare l’accusa di lesioni, pio-
vutagli addosso.
La lite culminata nell’accoltellamento è avvenu-
ta perché il ferito aveva rovinato a Giancarlo il
giubbotto “Bomber” che quest’ultimo indossava.
La reazione era stata molto violenta e il 15enne
di Materdei aveva dovuto far ricorso ai medici
ospedalieri, tornando a casa in serata con una
prognosi di dieci giorni. I due, entrambi senza
precedenti penali, stavano per entrare in campo
nella struttura “La Salle” e si intrattenevano
fuori quando è cominciata la discussione poi
degenerata. Sul posto sono giunti i poliziotti di
San Carlo, con l’ispettore Della Vecchia, che
hanno risolto il caso.

IN APPELLO. DECINE DI COLPI DA SECONDIGLIANO AI COMUNI DELL’ASSE MEDIANO

RICHIESTE DI CONCORDATI

Gang patteggia mezzo secolo RAFFAELE DE LUCA:

Si tratta del processo ai presunti capi e par-
tecipi di un’associazione per delinquere
operante nel quartiere di Secondigliano ma
anche nella zona della Circumvallazione
esterna e dell’Asse mediano fino a Casoria,
Afragola, Cardito, Frattamaggiore e Casa-
vatore che, per almeno un anno, ha tratto il-
leciti guadagni utilizzando alternativa-
mente le cosiddette tecniche della “clona-
zione dei veicoli” e del “cavallo di ritorno”.
Undici degli imputati hanno concordato ie-
ri la pena con il procuratore generale ride-
terminando una condanna ridotta rispetto
a quella pronunciata dal Gup. Per Vincen-
zo Angrisano e Giovanni Serrapiglia inve-
ce non si è proceduto al patteggiamento e
vi sono state in aula le discussioni delle par-
ti dinanzi ai giudici della prima sezione del-
la Corte d’Appello(Presidente Artemisio).
La riserva sarà sciolta entro 15 giorni con il
deposito del dispositivo della sentenza. Al-
cuni degli imputati, difesi in giudizio dagli
avvocati Bruno Spiezia, Lumeno Dell’Or-
fano, Emireno Valteroni e Ettore Ercolino,
sono stati ritenuti dagli inquirenti promo-
tori, capi ed organizzatori, come Gennaro
Meledandri e Ciro Lucarelli, Marco Maisto
e Renato Narciso. Si legge nella sentenza del
Gup che il dato schiacciante delle indagini
è risultato l’esame delle conversazioni te-
lefoniche intercettate riferite in più occa-
sioni alle auto appena rubate, alle succes-
sive trattative per la rivendita ai legittimi
proprietari o comunque per una loro “si-
stemazione”. Si è parlato di veri e propri
professionisti, capaci di controllare il mer-
cato delle auto oggetto furti. Le false docu-
mentazioni di accompagnamento delle au-
to di provenienza illecita riuscivano ad in-
gannare persino esperti intenzionati ad ac-
quistare autovetture di grosso valore com-
merciale. Gli investigatori individuarono in
seno all’organizzazione una spartizione di
compiti. Alcuni presunti associati erano in-
GENNARO MELEANDRI:
5 anni e 2 mesi in continuazione con altra
sentenza di Corte d'Appello
7 anni e 4 mesi in continuazione con altra
caricati di trovare i veicoli rubati da rileva-
re e da trattare con i lavori “al dettaglio”; al- sentenza di Corte d'Appello
tri identificavano i proprietari e si interes-
savano alle trattative oppure si occupavano FRANCO FUSCO: 3 anni e 2 mesi
di avviare le auto sul mercato nero, previa
attività di “clonazione” o di riproduzione di CIRO LUCARELLI: 3 anni e 6 mesi
documenti con dati identificativi di auto
“gemelle” regolarmente circolanti per svia- SALVATORE MINGACCI: 7 anni in continuazione con altra senten-
re i controlli. C’è poi che si occupava del-
le consegne delle auto ai legittimi proprie-
za di Corte d'Appello
tari e della riscossione illecita del denaro.
Ma i veicoli in corso di trattativa ed il de-
RENATO NARCISO: 4 anni
naro ricavato, venivano generalmente cu- MARCO MAISTO: 8 anni e 4 mesi
stoditi dai soggetti in posizione verticistica.
Nel mirino soprattutto automobili di media FRANCESCO AMATO: 2 anni e 4 mesi
e grossa cilindrata. Le indagini sono anda-
te avanti con i più sofisticati strumenti in- COSIMO MIGLIORE: 1 anno e 8 mesi
vestigativi: dalle intercettazioni telefoniche
e ambientali ai servizi di appostamento e ANDREA D'ALESSIO: 2 anni e 10 mesi
pedinamento con binocoli a raggi infraros-
si. MASSIMILIANO SAULINO: 2 anni e 2 mesi
SILVIA PETRELLA

Gettarono un “arsenale” dal tredicesimo piano: parlano i difensori

La difesa passa al contrattacco. Imputati dinanzi la
undicesima sezione penale del tribunale di Napoli
sei personaggi ritenuti dagli inquirenti della Dda
appartenenti agli scissionisti del clan Di Lauro.
Non rispondono di 416 bis in quanto sono imputati
in un altro procedimento ma di porto e detenzione
di armi, posizioni aggravate dall’articolo 7. Il pub-
blico ministero prima di Natale aveva nella sua re-
quisitoria chiesto le sue condanne. Ieri è iniziata
l’arringa del collegio difensivo. In cella Massimilia-
no Capasso, Arcangelo Abete, Ciro Mauriello (agli
arresti domiciliari), Gennaro Marino, Raffaele e
Gennaro Notturno. Furono fermati secondo la tesi
accusatoria nel corso di un summit di camorra in
una casa al lotto Tb di via Fratelli Cervi. Nelle fasi
concitate due di loro avrebbero lanciato dalla fine-
stra dei borsoni con delle armi all’interno. «In altri
tempi questo processo non sarebbe mai iniziato. Al-
l’epoca dei fatti si era in piena faida e la politica e i
cittadini comuni pressavano per ottenere dei risul-
tati - afferma l’avvocato Luigi Senese in difesa di
Mauriello e Raffaele Notturno -. Nel corso del di-
battimento sono state evidenziate delle enormi di-
scrasie tra gli ispettori di polizia che sono interve-
nuti in aula. Confusioni sono emerse sulla fonte
confidenziale che avrebbe riferito dell’incontro al
lotto Tb. Lo stesso per quanto riguarda i poliziotti
che avrebbero visto il lancio del borsone dalla fine-
stra - continua il penalista -. C’è chi dice sei perso-
ne, chi di quattro e chi addirittura dieci». Per l’av-
vocato Francesco Lubrano che difende Ciro Mau-
riello il teorema accusatorio è del tutto assurdo.
«Non si capisce il ruolo di ogni singolo soggetto al-
l’interno del gruppo e soprattutto in virtù del capo
d’imputazione. Gli stessi investigatori hanno poi af-
fermato che non hanno riconosciuto i volti dei sog-
getti che hanno lanciato il borsone in quanto era so-
lo delle ombre - continua il penalista -. Allora non
riesco a comprendere in quale arbitrario modo il
pm Frunzio abbia deciso di chiedere la condanna
in concorso per tutti e sei». Intervengono poi l’av-
vocato Carlo Ercolino, in difesa di Gennaro Nottur-
no e infine gli avvocati Raffaele Chiummariello e
Rendina in difesa di Massimiliano Cafasso. «Come
è possibile riconoscere un volto da un tredicesimo
piano di un edificio? - afferma nella sua arringa
Chiummariello -. Come si può addebitare che quei
borsone di armi fossero dei soggetti oggi imputati?
Hanno parlato i pentiti e di Massimiliano Cafasso
nessuno sa nulla. Chiedo per questo anche l’esclu-
sione dell’aggravante di cui all’articolo 7».
[FAPO]