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STEFANO PARIGI

LA FORMA DELLA FARFALLA

SOMMARIO
PROLOGO p. 1

I
La sentenza La ricerca Lacqua della vita Una limonata prodigiosa La lebbrosa La dieta p. 3 p. 6 p. 8 p. 9 p. 10 p. 12 p. 15 p. 16 p. 18 p. 19 p. 20 p. 22 p. 22 p. 23 p. 24 p. 25 p. 27 p. 29 p. 30 p. 32 p. 34 p. 36 p. 37 p. 40 p. 43 p. 44 p. 48 p. 48 p. 50 p. 51 p. 52 p. 53 p. 54 p. 57 p. 60 p. 61 p. 64 p. 67 p. 68 p. 70

II
Supposte di cavallo Nella rete Similia similibus curantur Mago Merlino Alla corte di sua maest

III
Niente dieta Un po di zapping Erbe e alchimia La cerca del Graal La ricetta di Padre Zago Fino allultimo respiro

IV
Omeopatia per elefanti La bacchetta del rabdomante Circuiti geometrici e numeri sacri In memoria di un ficus A spizzichi e bocconi Tutti al mare

V
A un passo dallabisso Di ospedali moderni e altre nefandezze Oro, argento e gemme preziose

VI
La scienza degli antichi Ghostbuster Il pozzo e il pendolo Una paziente difficile Sogni di luce Apprendista stregone Il passo del gambero

VII
Il testamento di Hamer Piccoli equivoci Il teatro che guarisce

VIII
Luomo dellabbondanza La trappola del dolore Sulle tracce di Hamer Antiche orme nel tempo

PROLOGO

Le maschere di cartapesta, che addobbavano a decine vari angoli delle pareti del mio appartamento, mi osservavano curiose. Io le studiavo perplesso, sebbene avessi gi individuato quelle quattro che avrei dovuto staccare dal muro. Non avrei mai immaginato di poter eseguire quello strampalato rito, e ancora non ero persuaso che lo avrei compiuto. Tutte quelle maschere erano opera di Maria. Le aveva realizzate una a una, molti anni prima, costruendo il modello in argilla, impregnandolo di olio di vaselina, e versandoci sopra il gesso liquido per creare la matrice. Spesso stavo a guardarla e sbalordivo: le mani, le dita, si muovevano frenetiche, impastando la creta e plasmando, come strumenti concepiti proprio a quel fine. Ma la stessa abilit e disinvoltura a maneggiare e impiastricciarsi si rivelava anche in cucina: torte, ravioli ignudi, fritti. Una capacit primitiva che le invidiavo un po distaccato, perch ungermi le mani, per qualche motivo, mi ha sempre infastidito. Quando lo stampo di gesso era ben asciutto, Maria aveva gi preparato la carta e la colla di farina e pressava bene i vari strati finch la maschera grezza era pronta e robusta; poi seguiva il lavoro pi misurato e scrupoloso, quello della decorazione. Tre o quattro maschere dallo stesso stampo, con diversa finitura. I ricordi si accavallavano mentre, in piena notte, ero una statua di sale in mezzo alla stanza, lo sguardo fisso sul muro. Avevo promesso. Mi decisi: afferrai le quattro maschere, rabbrividendo, le posai per terra a faccia in alto e le calpestai a lungo, finch non furono completamente distrutte. Ne raccolsi i resti, li gettai nellimmondizia, poi tirai fuori dallo sgabuzzino uno scatolone pieno di maschere grezze, scelsi gli stessi soggetti e ripetei loperazione. Era inverno eppure mi accorsi di essere tutto sudato quando me ne tornai a letto. Non era finita: ero sotto le coperte e adesso dovevo pregare. Credo che la mia ultima preghiera risalisse a decenni prima, durante la breve esperienza di chierichetto. Provavo repulsione e sgomento al solo pensiero. Mi sentivo ateo, materialista, conoscevo le pagine di storia, poco divulgate, sui massacri operati per ordine, o per mezzo, delle gerarchie clericali delle religioni monoteistiche; i vari dio lo vuole, per dio e per la patria, e la famigerata risposta del generalissimo ArnauldAmaury, durante lassedio di Bziers, alla notizia che met della popolazione era costituita da cristiani, e che preludeva allo sterminio dei catari: uccideteli tutti, dio riconoscer i suoi. Tutto ci, per me, era inscindibile dai mezzi e dai riti che tali religioni usano e operano, prima fra tutte quella che conoscevo meglio, la religione cattolica. La preghiera ne ostentazione e sostegno. Potevo soprassedere, e solo io lo avrei saputo; bastava una piccola menzogna. Avevo promesso. Spensi la luce e pregai intensamente. Unora e mezzo prima, lo squillo del telefono mi aveva strappato a un sonno leggero e agitato, e costretto ad alzarmi dal letto matrimoniale in cui spesso, in quel periodo, dormivo con mio figlio di sette anni. Quella notte lui dormiva in camera sua. Corsi in soggiorno e afferrai la cornetta. Riconobbi subito la voce sofferente di Maria. Evidentemente, era riuscita a scendere dal lettino dellospedale e a trascinarsi in qualche modo, viste le sue condizioni, fino allatrio del reparto di Medicina Donne, dove cerano i telefoni. Quando sentii la sua voce flebile ma eccitata mi si ghiacci il sangue. Mi affid le sue istruzioni come se fosse in punto di morte e io solo potessi strapparla al pericolo agendo con prontezza, certa che se lavessi ascoltata avrebbe potuto trarsi in salvo. Il Male se la voleva prendere e io dovevo iniziare a combatterlo. Per me, farneticazione allo stato puro. Le sue istruzioni erano il rituale delle maschere, di quelle quattro maschere, e la preghiera. Le aveva ripetute pi volte, dilungandosi sui gesti che dovevo compiere, ma aveva insistito ancor di pi, conoscendomi, nello strapparmi la promessa che le avrei seguite alla lettera. Promisi, avvertii il suo sollievo, e lei riattacc. Un sogno angoscioso, mi sembrava, un inutile tormento. Ma in Maria si trasformava in incubo, e lei se lo stava vivendo nudo e crudo.

Era ricoverata da pi di dieci giorni in gravi condizioni. La diagnosi diceva: nefrite lupica in soggetto con LES (Lupus Eritematoso Sistemico); secondo la medicina convenzionale, una delle pi aggressive malattie autoimmuni. Entrambi i suoi reni erano andati in necrosi e al momento del ricovero era gonfia come un pallone, con prolasso dellutero e in stato semicomatoso. Adesso la imbottivano di cortisone, immunosoppressori e Lasix, potente diuretico. Tutto era cominciato sei anni prima, dopo il periodo pi felice della sua vita, quello della gravidanza. Poi era nato nostro figlio, e dopo un po si era manifestato il rossore sulla pelle, pareva un eritema solare, e si era fatta viva quelle macchia a farfalla sul volto. Poco pi tardi iniziarono i primi leggeri blocchi articolari.

I
La sentenza Il trasloco che avevamo appena fatto nel nuovo appartamento preso in affitto nella zona di Santo Spirito, lultimo dei tanti, mi aveva avvicinato al luogo di lavoro, a porta San Frediano, permettendomi di mollare la macchina e di muovermi in bicicletta, e mi aveva riportato ai luoghi della mia infanzia; ero nato a duecento metri da l. Ma la pi contenta era Maria, che poteva riallacciare le relazioni lasciate un po in sospeso per un anno e mezzo: per otto anni avevamo abitato un bugigattolo in quello stesso quartiere, ma il previsto arrivo di un figlio ci aveva costretti a trasferirci in un appartamento pi grande, verso Rifredi. Adesso, dopo il periodo di arresti domiciliari, come lo chiamava lei, ritrovavamo a portata di mano gli amici, la mia occupazione nel campo dei metalli, e il suo lavoro di pittrice, troppo trascurato dalla maternit e dagli eventi. Il trasloco, per, ci aveva spossati. Lavevamo fatto con laiuto di amici, e in tutta fretta, ma sistemare toccava solo a noi. Allestire un appartamento, arredarlo, assemblare mobili e librerie, potrebbe essere un impegno stimolante, una variante coinvolgente, ma soprattutto per chi non ha molto altro da fare; noi dovevamo associarlo ai miei impegni di lavoro, e Maria si ritrovava da sola a sistemare il contenuto degli scatoloni, fra cui migliaia fra libri e fumetti, mentre accudiva Manfredi che allepoca aveva un anno e mezzo e buttava allaria quello che era sistemato. Per di pi, persisteva una antipatica macchia ad ali di farfalla sul suo volto, quasi una chiazza, e si erano fatti vivi dei fastidiosi dolori articolari. Uno di quei giorni, piazzato Manfredi da unamica, Maria si rec allospedale di Torregalli dove aveva appuntamento per delle prove allergiche, suggerite dal medico di famiglia; la risposta sarebbe arrivata nel giro di poco tempo. La dottoressa che provvedeva a quellincombenza la osserv e richiese una visita a Dermatologia, presso lospedale di Santa Maria Nuova. In quel reparto, valutarono di dover procedere a un esame istologico del derma, e le prelevarono un po di pelle dal gluteo e dal braccio, ossia la parte meno esposta al sole e quella pi esposta. In quei giorni non avevamo n forza, n tempo, n ragione di provare un qualche tipo di preoccupazione: il nostro medico supponeva si trattasse di uno strano tipo di allergia, un altro medico che laveva visitata sospettava pi precisamente unallergia al sole, sufficientemente rilevante da scatenare una reazione anche con i tiepidi raggi primaverili. Come spesso accade, le brutte notizie viaggiarono sul filo del telefono. A Maria la risposta arriv a casa; a me, tramite lei, arriv sul lavoro. Fui chiamato e mi mossi verso il reparto di laminatura, dove si trovava il telefono. Sentii la sua voce preoccupata, stavolta; mi diceva che quel pomeriggio dovevamo andare insieme a Torregalli, a parlare con il dottor Giudicante (un nome, una garanzia). La risposta era LES: Lupus Eritematoso Sistemico. Avevamo incontrato anni addietro, e solo per una volta, la parola lupus. Una nostra conoscente, che abita in un paesino a una settantina di chilometri da Firenze e che in quel periodo frequentavamo spesso, era soggetta a delle grosse bolle che le deturpavano il volto. A quanto pare, la diagnosi esatta sfuggiva ai vari ospedali del comprensorio, tanto che si decise a ricoverarsi a Firenze presso lospedale di Santa Maria Nuova, a due passi dal Duomo. Quando la rivedemmo, un po di tempo dopo, stava un po meglio ed era sollevata. Rosacea disse si chiama rosacea, un po noiosa ma nulla di ch. Bambini mia, ho visto della gente, l a Dermatologia, che mi faceva vergognare di crucciarmi per me. C una malattia, che macchia la faccia e vengon le bolle sul corpo, che davvero tremenda. Si chiama lupus!. Non ne parlammo n la ricordammo pi, fino a quel giorno. Il dottor Giudicante ci accolse nel suo ufficio e fu estremamente gentile nel comminarle la condanna. Fino a qualche anno fa ho lavorato presso il reparto Immunologia, a Siena, e questo fatto, per lei, stata una fortuna. Vede, signora, quando lho vista laltro giorno ho subito presentito che potesse trattarsi di lupus, e oltre alle prove allergiche ho ritenuto di fare i test autoimmuni e la visita dermatologica. Purtroppo, non c possibilit di equivoco. Esistono vari tipi di lupus e la sua la

forma pi aggressiva. Come le ho detto per telefono, si chiama LES, Lupus Eritematoso Sistemico. Questo tipo di patologie, come anche lartrite reumatoide per esempio, sono definite malattie autoimmuni. Ascoltavamo con la massima attenzione e in scrupoloso silenzio. Si intendono cos quelle malattie in cui presente unaggressione del sistema immunitario contro il proprio organismo. Unautoaggressione, insomma. come se il proprio corpo fosse impazzito; non riconosce se stesso o, per meglio dire, lo avverte come estraneo e mette in moto le proprie difese. Non esistono certezze sullorigine di questo tipo di malattia, ma generalmente considerata una malattia genetica. pi che certo invece, glielo devo dire signora, che da questa malattia non si guarisce. incurabile. Questa fu la pi violenta coltellata, credo, che ci avesse attraversato la schiena. Era bastata una parola, incurabile, per smuovere tumultuosamente il sangue che, prima, pareva ghiacciato nelle vene. In quel vortice di emozioni che provai in un istante, ne rammentai pi tardi una, prepotente e sola: lindignazione. Quellindignazione scaturiva dalluso di una parola che mi era parsa troppo importante, o forse troppo estrema, perch chiunque ne potesse abusare. Le sentenze attribuite con sicurezza dai medici, troppo spesso, e con troppa facilit, sono definitive. Talvolta sembrano vivere in un mondo clinico, immuni da ogni contaminazione esterna. Non sanno nulla intorno agli usi di altre popolazioni che si curano in maniera completamente diversa, non sanno nulla di altre medicine, non sanno nulla dei risultati; per loro esiste soltanto la medicina accademica, quella occidentale; lunica valida perch proviene dalla cultura tecnologicamente pi progredita. Tutto il resto illusione e superstizione. Avremmo verificato nel tempo quanto questa forma di convinzione, sebbene asserita in buona fede, fosse presuntuosa e sbagliata. Laffermazione corretta avrebbe dovuto essere: io non posso, la nostra medicina non pu, curare questa malattia. Per questo provai quella indignazione. Per Maria fu diverso: mentre umilmente ascoltava, la mente frugava irrequieta in tutti gli angoli della sua vita, in tutto ci che sarebbe precipitosamente cambiato; le abitudini, il lavoro, le relazioni con gli altri. E, pi di tutto il resto, un bambino di sedici mesi che, sano come un pesce, sarebbe cresciuto sminuito nella madre, irrimediabilmente invalidata dalla malattia. Lei prov paura, dolore, sbigottimento. Tutti gli organi prosegu il medico sono soggetti a questo tipo di attacco, nessuno escluso. Parte dalla pelle per poi trasferirsi nellorgano o negli organi scelti. Abbiamo visto che pi frequentemente e quasi inevitabilmente colpisce i reni, e quasi sempre provoca dolori e paralisi alle articolazioni. Si tratta soprattutto di dolori migranti; per questo motivo che i controlli consigliabile vengano fatti a Reumatologia. Ora lei, per ora e fortunatamente, non ha subito attacchi ai reni, quindi la sua situazione ancora controllabile. Tenga presente che fino a ventanni fa il lupus era considerato una malattia mortale. Oggi la situazione cambiata: con luso di alcuni farmaci, come cortisone, antinfiammatori e, nei casi pi avanzati, un po di immunosoppressori, si riesce a tenere sotto controllo la situazione vita natural durante, con unaccettabile qualit della vita. Deve per rendersi conto, signora, che la sua vita dovr cambiare. Ci sono alcuni elementi che sono scatenanti e che vanno evitati: il sole prima di tutti; deve tenersi lontana assolutamente dai raggi solari; un altro lo stress. La sua vita deve diventare pi tranquilla possibile, eviti qualsiasi situazione di tensione. Niente sole. Cos, semplicemente. Maria amava il mare sotto il sole destate con tutta lanima; non si trattava di un cambiamento, avrebbe dovuto rivoltare la sua anima. Inoltre, come pittrice paesaggista, il suo lavoro si svolgeva allaperto, principalmente in estate, e senza il suo lavoro sarebbe stata assai dura tirare avanti. E lo stress? La vita stress e quiete, almeno la vita dei comuni mortali. Quale intensit di stress sarebbe potuta risultare soddisfacente affinch il lupus non si scatenasse? Nostro figlio, abbracciarlo, sentirlo ... In Maria sopravvenne un sentimento di ribellione. La mente correva gi frenetica alla ricerca di una soluzione. Senta, dottore, la medicina alternativa non pu aiutare in qualche modo ..., chiese ingenuamente, subito interrotta dalla reazione un po eccitata e dalle parole del medico:

Per lamor di Dio, signora, non ci pensi nemmeno. Se entra in quel ginepraio, prima di tutto le va via un patrimonio, poi non solo non risolve nulla, ma perde anche del tempo prezioso e rischia di aggravare la situazione. Come chiedere a un cinese la ricetta della ribollita. Poi riprese il suo contegno e dette unaltra occhiata alla scheda. Mi dica, signora, vedo che avete un bambino di quasi un anno e mezzo: lo allatta ancora?. S, lho svezzato ma prende ancora un po del mio latte. Ecco, deve cessare da subito, proprio perch deve prendere il cortisone. Questa una necessit che deve cercare di non rimandare. quasi una urgenza. Le ho detto che oggi questa malattia si riesce a controllarla. indispensabile, per, che venga diagnosticata in tempo; per questo dicevo che il mio precedente incarico era stato una fortuna: chi ha lavorato soltanto ad Allergologia difficilmente in grado di riconoscere il lupus e fare gli esami appropriati. Lei ha avuto ultimamente dei dolori?. S, dolori articolari, abbastanza noiosi. Ecco, come le dicevo, anche quelli non sono altro che il lupus che si scatena, si inizia con i dolori e si prosegue con veri e propri blocchi che interessano sia le piccole che le grandi articolazioni. Sa, le gambe, le anche ... Quindi necessario che lei inizi subito a sottoporsi alla terapia e scelga dove farla. Tentai di parlare ma non usc la voce. Me la schiarii e dissi: Lei dove ci consiglierebbe .... Non mi fece terminare. Come vi ho detto, va affrontato dove colpisce. Non consigliabile rivolgersi a Dermatologia, perch si occupa solo della pelle. Potrebbe andar bene Immunologia, ma siccome si scatena maggiormente nelle articolazioni io consiglio vivamente Reumatologia. Ora, qui a Torregalli non c questo reparto, ma siamo in contatto con il reparto dello I.O.T., e i nostri colleghi formano una quipe assolutamente efficiente ... stava lanciandosi nella promozione pubblicitaria, ma con sincerit e preoccupazione ... e direi di iniziare subito nei prossimi giorni. Vi lascio il mio telefono, voi pensateci sopra, prendete pure le vostre informazioni, ma mi raccomando, signora, non perda tempo. Uscimmo allaperto. Non era la prima volta che ricevevo cattive notizie in un ospedale per poi trovare fuori ad attendermi una splendida giornata di sole. Era gi successo con mio padre. Mi pareva di cattivo gusto. Cercammo, dirigendoci verso lauto, di raccogliere le idee, e parlammo dei sentimenti scatenati per loccasione avevamo recuperato quel termine da quella parola: incurabile. Daltra parte fu anche la chiave per quel che segu, giacch se il lupus fosse stato guaribile avremmo preso subito contatto con lquipe sponsorizzata. Come a moltissime altre persone, anche a noi era capitato di avere avuto qualche fugace contatto con la cosiddetta medicina alternativa, o con alimenti di origine esotica che potevano alleviare un qualche tipo di malanno. Io personalmente ero a conoscenza, per passate esperienze, di alcuni trucchi di provenienza orientale per evitare torcicollo, distorsioni alle caviglie e stitichezza. Ma si trattava di esercizi fisici da ripetere tutti i giorni o quasi, troppo coinvolgente e faticoso. Mi ero anche curato una congiuntivite, durante una vacanza allestero, con semplici impacchi di camomilla. Avevo visto praticare lagopuntura, in una palestra, una quindicina danni prima, e avevo letto in qua e l articoli su questo e altri argomenti. Misteriosamente, perfino i chiropratici erano snobbati e guardati con sospetto dalla medicina ortodossa. Maria si era tenuta per anni un dolore sul retro del collo, tipo artrosi cervicale, che andava e veniva, e talvolta era talmente forte da impedirle i movimenti con gli occhi. Un medico americano, chiropratico, glielo aveva risolto definitivamente in tre sedute. In ogni caso, avevamo alcune certezze: la lotta per la salvaguardia dellambiente, la preferenza ideologica e solo ideologica, per via dei prezzi ancora proibitivi verso gli alimenti cosiddetti biologici, una simpatia spiccata per tutto ci che serviva a guarire da qualcosa senza danneggiare qualcosaltro. Da ragazzo ero rimasto incuriosito dalla medicina psicosomatica e lesempio che mi portavo dietro riguardava una fastidiosa e persistente forma di colite che curavo con delle pasticche prescritte

dal mio medico, senza ottenere neppure un po di miglioramento. Smisi di prenderle e quando partii militare guarii di botto. Avevamo anche una vaga nozione sui danni provocati dai vari farmaci, fra cui i prodotti a base di cortisone. Poi, come tanti, eravamo incappati in amici o conoscenti che si erano curati con successo da un omeopata o da un erborista, anche da affezioni considerate importanti come le cisti ovariche, che in ospedale sono sottoposte a intervento chirurgico. Recenti esperienze anche dirette ci avevano ben disposti nei confronti dellomeopatia. Tutto sommato, per, lidea che ci si era formata era nebulosa e fuorviante: che per curarsi con la medicina alternativa qualcosa pi di un semplice disturbo, accorressero lunghi, laboriosi e costosi trattamenti. Difficile potesse fare al caso di Maria; quella malattia era maligna e potente, quindi occorreva qualcosa di ancor pi devastante. Eppure unintuizione lavevamo in comune: da qualcosa era nata, qualcosaltro poteva annientarla. Che dici, prendiamo in considerazione quellquipe?, chiesi esitante. Eh? Dovrei farmi curare da chi mi dice che non mi pu guarire, farmi bombardare di cortisone e tutto il resto e dimenticarmi sole e mare? Non ci penso nemmeno! Se prima stavo bene, perch non posso ritornare a stare bene?. Maria era, ed , unica. Pi tardi, in auto, dopo qualche minuto di silenzio, si lasci istintivamente sfuggire una frase, priva di unapparente logica, che soltanto qualche anno dopo si sarebbe rivelata in qualche modo rivelatoria: io lho combinato, il casino, io lo devo rimediare.

La ricerca Cominciammo a parlarne con amici e conoscenti. Maria, naturalmente, inform i suoi, al Sud. Non nascose nulla della malattia; fra laltro nel giro di due giorni, quasi li avesse provocati il dottore con le sue previsioni, erano cominciati dei terribili blocchi articolari che la impedivano anche nei gesti pi naturali, come abbracciare nostro figlio. Sua madre, anziana e cicciottella, per niente agile nei movimenti, tipica mamma meridionale insomma, non stette su a dormirci e prese il primo treno utile per Firenze; un viaggetto di dieci ore, con cambio a Bologna, per aiutarla a cessare lallattamento. Intanto iniziai qualche ricerca sul lupus presso la biblioteca di quartiere e chiesi notizie ad un amico che poteva collegarsi con Internet. Maria, sola in casa, continuava a sapere ben poco di quella malattia, ma scopr da qualche parte che aveva relazione con la cancrena e trascorse ore di smarrimento. Una cara amica che non vedeva da un po si era da alcuni anni laureata in medicina, ed esercitava sia nel campo della medicina preventiva che come agopunturista. Aveva avuto modo di mostrarle le bolle e la macchia a farfalla, qualche settimana prima, e anche lei non aveva saputo cosa pensare. Si precipit a rintracciarla, raccontandole tutto nella speranza di elemosinare qualche consiglio difforme dalla cura ospedaliera, qualche astuto espediente da irregolare della medicina. LES? Corri subito in ospedale, prendi il cortisone. Non rimandare neanche un minuto. Era un grido di allarme. Sapeva molto meglio di noi che il cortisone un ormone che lorganismo produce per mezzo delle ghiandole surrenali; in caso di somministrazione costante, dicono che queste ghiandole si atrofizzano e la secrezione naturale di cortisone viene annullata. In tal caso, la terapia di cortisone diventa una condanna allergastolo: tutta la vita costretti ad assumerlo dallesterno, con tutte le conseguenze del caso; possibile danneggiamento dei reni, faccia a luna piena, gonfiori del corpo e cos via. Il mio amico aveva stampato pagine e pagine dai vari siti Internet che affrontavano largomento; da analfabeta della navigazione considerai stupefacente che esistesse addirittura un sito ufficiale dedicato al lupus, e iniziai a studiare. Mi resi conto che il dottore aveva voluto rappresentarci la malattia con scrupolo, ma senza inutili sadismi. Mi sentivo peggio leggendo, che durante quel colloquio,

una cosa traspariva: la terapia era sempre la stessa da una clinica allaltra, differivano, caso mai, le quantit di cortisone e di farmaci in genere. I risultati erano controversi. Il termine lupus era nato in pieno medioevo e si riferiva a lesioni sfiguranti sul volto. Veniva denominata lupus vulgaris una forma di tubercolosi cutanea che produceva ulcerazioni sulle guance, chiamate volgarmente morsi di lupo. Tutto sommato, sebbene piuttosto sconosciuta, non si trattava di una di quelle malattie definite rare, poich coinvolgeva 50.000 persone solo in Italia, ed emergevano 1.500-2.000 nuovi casi ogni anno. Era un piccolo esercito, con ferrei arruolamenti anno dopo anno. Le donne risultavano le pi colpite, in un rapporto di nove a uno, e la manifestazione pi frequentemente indicata era lartrite. Nei casi pi gravi, si parlava di attacco e danneggiamento di reni presente in maniera pi o meno grave nel 50% dei casi cervello e polmoni, con conseguenze drammatiche, da pesanti invalidit fino, talvolta, alla morte. Ma fino agli anni sessanta e settanta il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi era il 50%, mentre adesso, con i nuovi farmaci, si riusciva a controllare pi agevolmente. I farmaci pi comunemente usati erano cortisone e immunosoppressori, che permettevano anche di bloccare il decorso, con miglioramenti un tempo impensabili ma a prezzo di gravi effetti collaterali. Pur non conoscendone la vera e propria origine, alcuni fattori del DNA spingevano a delineare una certa predisposizione genetica, e si era individuata tutta una serie di agenti scatenanti: infezioni virali croniche, alcuni farmaci, raggi ultravioletti, traumi, ferite, interventi chirurgici, conflitti psicologici, pubert, gravidanza, menopausa, periodo di vita stressante. Mancava la morte, poi cera tutto. Fra i sintomi che apparivano risaltavano: dolori articolari, facile affaticabilit, febbri, manifestazioni cutanee, perdita di capelli, anemia, aborti spontanei, nefrite, tendiniti, pleuriti, pericardia, disturbi neurologici o psichiatrici. Qui mancava il raffreddore. Ma che razza di malattia era andata a cercarsi? Si chiariva linesistenza di un quadro clinico tipico di LES. La stessa diagnosi poteva essere formulata su due pazienti accomunati solo ed esclusivamente dai risultati delle analisi sugli autoanticorpi. Anche landamento della malattia era diverso da paziente a paziente, irregolare e imprevedibile, con inspiegabili periodi di remissione e riacutizzazioni. Era evidente che limpatto con questa malattia portava a profondi turbamenti, e in certi casi si consigliava di appoggiarsi allintervento di uno psicologo, un valido aiuto per riprogettare la propria esistenza ripartendo dalle nuove condizioni di malattia cronica. Anche sul lavoro questa vicenda occupava tutti i miei pensieri. Spulciavo nei miei ricordi per trovare un indizio, qualsiasi cosa, che potesse avere attinenza con Maria; un medico anomalo, che percorreva altre strade, per esempio. Venne a galla allimprovviso: era un articolo che avevo letto diversi anni prima su Frigidaire, una rivista a fumetti; vi si parlava di un biochimico proprio di Firenze che curava il cancro con ascorbato di potassio; niente altro che vitamina C e bicarbonato di potassio. In seguito, Roberto lamico della ricerca in Internet aveva scoperto dove rintracciarlo. Restammo daccordo di tenerlo presente, alle brutte e facendo le corna. Erano passati tre giorni dal colloquio a Torregalli; dovevamo prendere velocemente una decisione. Rientrai in casa e colsi unaria da cospirazione: sedute in soggiorno cerano Maria, sua madre e una nostra conoscente, Valeria, che bisbigliavano concitate. Al mio ingresso nella stanza si voltarono tutte verso di me. Senti che storia questa, incredibile!, disse Maria. Valeria aveva portato notizie sconvolgenti. Un suo amico, che conoscevamo bene anche noi, le aveva appena raccontato lavventura della sua ragazza; le era stato diagnosticato un tumore al seno e lei, di famiglia facoltosa, si era precipitata a Milano, quipe allavanguardia. Il verdetto era stato inequivocabile: amputare. Altrettanto inequivocabile era stata la risposta di lei: non ci penso nemmeno. Prima della deturpazione avrebbe tentato tutte le strade immaginabili. Qualcuno le parl a lungo e le indic un libro: Lacqua della vita, di tale J. W. Armstrong. Era un trattato di urinoterapia.

Lacqua della vita

In sostanza quel libro, tradotto in quel periodo, ma scritto circa quarantanni prima, dichiara che bere la propria urina la maggiore assicurazione che ci possa essere contro qualsiasi tipo di malanno; in caso di malattia anche grave, dal cancro alla cancrena, e cos via, sarebbe necessario affidarsi ad un digiuno totale ad acqua e urina, risolvendo cos tutti i problemi. Lautore talvolta citato come un medico inglese degli anni cinquanta, ma uninformazione errata. In realt si tratta di un divulgatore empirico di questo singolare metodo, appreso durante un viaggio in India suppergi in quel periodo; testimoniava sulla sua e su altre migliaia di esperienze approdate al successo. Affermava che non era affatto una nuova forma di terapia, anzi in India se ne ritrovavano tracce che si perdevano in un passato remoto, e una solida e corroborante testimonianza era metaforicamente contenuta anche nella Bibbia. In uno dei Salmi sta scritto: bevi lacqua della tua cisterna, non lasciare che il rivo si disperda. Pi di questi supporti, credo che a convincere quella ragazza fosse stato un qualche racconto di esperienza personale, fatto da chi le aveva parlato del libro. Comunque sia, lei si era tuffata a capofitto in questa avventura e aveva osservato un digiuno di dieci giorni ad acqua e urina. Poi aveva ripreso a mangiare ed era tornata a fare le analisi. Stavolta erano queste a essere inequivocabili: il tumore era scomparso. I medici non si raccapezzavano, ma quello era un fatto. Non sapevo se dovevo sentirmi pi affascinato o disgustato da questo annuncio. Di sicuro, non lavvertivo come un veleno; sapevo che cera stato chi, nel deserto o in altre situazioni limite, privo di acqua, era riuscito a sopravvivere bevendo la propria urina e a farsi ritrovare in condizioni pi che soddisfacenti. E qualche tempo dopo avremmo saputo che una nota presentatrice e attrice avrebbe confessato, durante un seguitissimo programma televisivo, di ricorrere disinvoltamente ogni giorno a un bicchiere della propria urina, per mantenersi in salute, scandalizzando i presenti. Comunque, ho sempre cercato di usare cautela nelle situazioni pi imprevedibili; presi nota di procurarmi il libro e cercare altre informazioni sullargomento. Non avevo colto la situazione dal suo punto di vista mistico, almeno non del tutto; tutto dentro di te, malattia e guarigione. Era questo che permeava laria in quella stanza e in quellistante. La mamma di Maria, credente e praticante, era anche lei visibilmente estasiata e disgustata; Maria era certamente affascinata, quanto al disgusto credeva di poterlo vincere perch inizi quella sera stessa. Ma vomit. I blocchi articolari erano gi giunti al punto di farle strascicare una gamba, come fosse zoppa, e continuavano a renderle difficile, oltre al lavoro e alle normali faccende domestiche, anche prendere in braccio Manfredi, e questo davvero non poteva tollerarlo. Si prepar mentalmente con pi convinzione e riprov. Dopo due giorni di quella singolare pratica, smise completamente di zoppicare ed era pi sciolta nei movimenti e piena di entusiasmo, contagiando anche me e sua madre. Ma il disgusto non laveva vinto per niente, anzi riemerse con violenza e la costrinse a interrompere. Nel giro di due mesi estivi le circostanze mutarono esiguamente. Aveva presentato domanda di invalidit, che le sarebbe stata riconosciuta al 45%; sua madre dovette partire e fu sostituita da una delle sorelle. lo mi ero procurato il libro di Armstrong, che avevamo letto con grande coinvolgimento anche perch avevamo trovato, fra gli esempi delle malattie affrontate con questa tecnica, nelle righe che si riferivano alla psoriasi, questa precisa frase: anche il lupus, una malattia causata, dicono, da un bacillo della tubercolosi, guaribile, ma il digiuno deve essere pi lungo. Era la prima volta in cui lupus e guarigione erano abbinati; quanto allorigine della malattia, quella era lipotesi negli anni cinquanta e probabilmente si trascinava in quella spiegazione fin dal medioevo; forse adesso era stata invalidata, ma certo non sostituita convincentemente. Scoprii, per, la stessa ipotetica origine nel dizionario Pittano stampato nel 1981, alla parola lupus: di origine tubercolare. Ma da quandera che avevano cambiato opinione? Comunque, per noi una ipotesi valeva laltra, in quel momento. Armstrong indicava per la psoriasi un periodo di dieci-dodici giorni di urinoterapia e digiuno. Valutammo che intendesse circa venti giorni per il lupus, che erano precisamente diciannove giorni

e mezzo pi di quanto io potessi sforzarmi di immaginare. Maria proseguiva con brevissimi digiuni fino a tre giorni, sbloccava la situazione e tirava avanti una settimana; doveva accudire la casa e nostro figlio, non poteva concentrarsi su se stessa fino in fondo. Aveva deciso, per, che sarebbe partita con Manfredi verso la Puglia, dai suoi, alla fine di luglio, e l avrebbe pensato solo al digiuno. lo li avrei raggiunti ad agosto, allinizio delle ferie. Nel frattempo erano usciti altri libri nuovissimi dedicati a questa particolare terapia, e indubbiamente erano decine di migliaia le persone, fra lEuropa e gli Stati Uniti, che la praticavano per gravi motivi o semplicemente alla ricerca di un generico benessere fisico e psichico. Di certo, per molti, costituiva un riferimento inscindibile con laccettazione di s; un uso spirituale, quindi, pi che pratico. Se ne consigliava luso, anche senza ricorrere al digiuno, per miriadi di affezioni anche lievi, sotto forma di collirio, impacco e colluttorio. Le raccomandazioni erano sempre la stesse: non bere alcolici, non fumare, e osservare una dieta naturale, preferibilmente vegetariana o macrobiotica. Le ricerche intorno allargomento indicavano la provenienza geografica nellIndia. menzionato in un trattato di medicina ayurvedica risalente, pare, a due o tremila anni prima di Cristo, denominato Damar Tantra; la tecnica citata nel capitolo intitolato Shivambu Kalpa Vidhi, acqua salubre o acqua di Shiva, secondo alcuni; il metodo di bere urina per ringiovanire, traduzione assai pi liberamente elaborata, secondo altri. Chiama e rispondi. Eravamo ormai vicini alla fine di luglio e mi era tornato in mente il biochimico dellascorbato, vista la difficolt e il disagio che accompagnavano questa esperienza. Prima della partenza mi procurai il suo numero, telefonai e chiesi alla segretaria se fosse il caso di avere un colloquio col dottore in merito a un caso di LES. Mi fece attendere in linea, mi rispose di s e mi fiss un appuntamento.

Una limonata prodigiosa Maria e nostro figlio erano gi partiti quando mi recai dal dottor Pantellini. Avevo avuto delle informazioni recenti, poich aveva tenuto poco tempo prima una conferenza presso lex Emerson, un centro sociale occupato. Sapevo che era un uomo molto anziano e un po burbero. Quando lo incontrai stava fumando una sigaretta, e io, da fumatore accanito, chiesi subito il permesso di fare altrettanto. Lo so che non bisognerebbe .... Macch, sono tutte sciocchezze! quasi mi impaurii, quando mi interruppe con la sua voce tonante. Io fumo due pacchetti al giorno da sempre e ho ottantanni. Sono gli americani che hanno terrorizzato per nulla ... ma lasciamo perdere. Una targa in bella vista sulla scrivania lo qualificava come membro dellAccademia delle Scienze di New York. Avrei spiccato un balzo verso il cielo se quel grande vecchio avesse potuto frantumare il lupus. Non fu cos. Eh, il lupus! Non me ne sono mai occupato a fondo. Dica a sua moglie che deve assolutamente evitare il sole. E ridagli. Daltra parte doveva essere vero: stava facendo il possibile per coprirsi e stare allombra, ma era estate: a ogni raggio che la colpiva ne conseguiva un peggioramento sia nella macchia e nelle bollicine, che nelle articolazioni. Ora le propongo i miei suggerimenti, presentandoli in forma scritta al vostro medico di famiglia. Mentre scriveva lentamente e in bella grafia, mi illustrava come e quando prendere le medicine. Lacqua di rose serve a lavarsi la faccia tutte le mattine, senza usare il sapone n altri troiai come le creme. Lascorbato di potassio fondamentale ..., e mi spieg dove procurarmelo, come prepararlo e come ingerirlo, senza usare posate di metallo ... e questo, il Bentelan R, cortisone. Ahia. Anche lui? Not, forse, la mia smorfia e mi guard negli occhi.

solo un milligrammo. R sta per Retard e significa che viene rilasciato lentamente nellorganismo. Non una dose drammatica, ma importante che lo prenda alle quattro del pomeriggio, quando c un calo fisiologico della produzione di cortisone nel nostro corpo. Poco, ma un po di cortisone ci vuole. Un po mi rincuorai. Sapevo che le dosi ospedaliere arrivavano perfino a decine di milligrammi al giorno, diminuendo gradatamente e con brevi interruzioni solo se era il caso. Ebbi timidamente il coraggio di fare una domanda: lei conosce lurinoterapia?. Mamma mia, non mi venga fuori con questo!, credevo volesse picchiarmi. So tutto. Da quando uscito quel libro la gente ha perso il capo ... Senta, nessuno al mondo, nessuno, conosce gli effetti che pu scatenare nellorganismo. Per il lupus c solo cortisone e ascorbato!. Uscii piuttosto perplesso, con in tasca un opuscolo che mi aveva gentilmente offerto la segretaria. Si trattava degli studi del dottor Pantellini sulluso dellascorbato di potassio nel ripristino della pompa sodio-potassio allinterno delle cellule. Sembra succedere assiduamente che alla base di una scoperta vi sia il caso, ma assai pi probabile che venga presentato sotto questa forma per qualche tipo di convenienza. Tuttavia, stavolta limpressione era consistente, e assumeva un vago sapore di leggenda. Il biochimico conosceva un uomo ammalato di cancro allo stomaco; fu dichiarato inoperabile e abbandonato al suo destino. Lui, incontrandolo, gli consigli limonata calda con bicarbonato, per cercare di alleviare un po i disturbi. Questo prese a ingerire limonate zuccherate con bicarbonato, sapendo che avrebbe forse trovato solo un po di sollievo. Trov invece inaspettati benefici. Si incontrarono dopo un po di tempo e luomo sembrava sensibilmente migliorato, diceva che quelle limonate gli facevano proprio bene. Pantellini ne fu contento e stupito. Ancora pi tardi, quando per la medicina ufficiale avrebbe gi dovuto sbarazzare il mondo della sua presenza, il miglioramento era ancor pi evidente. Cominci a interrogarlo e scopr un equivoco. Quello che comunemente chiamiamo bicarbonato, precisamente bicarbonato di sodio; solo che, per errore, questuomo usava bicarbonato di potassio. Fu questa singolare circostanza a dare il via alle ricerche di Pantellini; salific il principale componente del limone, lacido citrico, con il bicarbonato di potassio, e somministr il prodotto a quattro ammalati di cancro, daccordo con i loro medici. Dopo venti giorni i risultati si mostrarono nulli. Utilizz, allora, il secondo componente, acido tartarico, verificandolo su altri pazienti. Anche stavolta inutilmente. Restavano da provare lacido ascorbico (vitamina C) e la vitamina P, presente in tenue traccia nel limone. Salific lacido ascorbico e ripet lesperimento; stavolta, dopo venti giorni si not un certo progresso pi o meno in tutti i malati. In alcuni il miglioramento fu consistente e dur qualche anno, in altri qualche mese. Il biochimico considerava un fatto certo e assodato che lascorbato di potassio migliorava le condizioni generali di un malato di cancro. Le ricerche continuavano e accennava ai suoi collegamenti con il professar Folkner, di Boston, e agli studi di un biologo francese, Kervran. Kervran lo conoscevo. Anni addietro, su Frigidaire, la stessa rivista nella quale avevo sentito parlare del biochimico, mi aveva interessato un articolo riferito ai suoi studi sulle galline, attraverso i quali dimostrava lesistenza della trasmutazione biologica a debole energia. Era inserito in un contesto riguardante la possibilit di ricavare energia per mezzo della fusione fredda, anni prima che si verificasse con successo il clamoroso esperimento per opera di Fleishmann e Ponso. Sembrava tuttavia messa la parola fine a lupus e guarigione. Prima di provvedere ad acqua di rose, Bentelan e ascorbato ne avrei discusso con Maria. Intanto lei aveva iniziato il suo digiuno con obiettivo venti giorni.

La lebbrosa Secondo varie filosofie e discipline orientali, la fase di guarigione parte dallinterno verso lesterno. Quindi, quando la malattia arriva allinvolucro esterno, la pelle, lascia su di essa il suo marchio violento prima di scomparire definitivamente. Quando giunsi in Puglia, Maria era al suo nono giorno, e sembrava una lebbrosa.

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La casa brulicava di fratelli, sorelle, cognati, nipoti e cos via. Erano tutti impressionati e mi chiedevano cosa ne pensassi. Che ne potevo sapere, che ne potevo pensare? Ripetei un po alla meglio quello che avevamo letto, cercai di tranquillizzarli e di tranquillizzarmi. Uno degli ostacoli maggiori, nellaffrontare certe scelte, costituito dal convincere gli altri, coloro che ti circondano, che la decisione quella giusta; siccome non possibile averne la certezza, questa operazione comporta che cerchi di convincere anche te stesso, ben sapendo che la strada che intraprendi la pi difficile. Questa impresa pi faticosa del digiuno stesso. Maria, persona schiva per natura, sentiva addosso gli occhi di tutti, e non lo gradiva. Laltra scelta possibile, quella degli ospedali, terribilmente pi facile, permette di non assumersi responsabilit, di delegare agli altri, di farsi trascinare dalle onde. Pensano a tutto i medici, non devi fare altro che seguire le loro prescrizioni e sorvolare sulle loro confabulazioni, e naturalmente rassegnarti a considerarti ammalata per tutto il resto della tua vita, poco o tanto che sia. Certo era che, dal terzo giorno, tutti i dolori e blocchi articolari si erano dileguati e Maria si sentiva rinvigorita e piena di vitalit. Vien da pensare che in quelle condizioni uno non possa fare altro che starsene a letto e consumare meno energia possibile: vero il contrario. Maria faceva tutte le faccende di casa, ci teneva a farle, ed era vispa e sorridente. Mi spiegava la situazione. Dopo il terzo giorno c una crisi, perch il corpo inizia a spurgarsi completamente e lurina diventa fetida, nauseante. il momento peggiore, e dura per qualche giorno. Una volta superato questo periodo diventa molto pi facile, e somiglia sempre di pi allacqua pura. Come facesse non lo so. Stava con noi a tavola, davanti ai suoi piatti favoriti, a fare conversazione, senza sacrificio apparente. Il suo fratello pi giovane, che viveva in quella casa, aveva trovato da un rigattiere dei vecchi libri di medicina di inizio secolo e li aveva acquistati a un prezzo doccasione e sfogliati. Mi chiam in disparte per farmeli vedere; nelle pagine dedicate al lupus cerano delle illustrazioni che raffiguravano, secondo gli autori, gli effetti del lupus: facce scarnificate, nasi deturpati e via di questo passo. Un vero e proprio morso del lupo. Erano impressionanti, infatti Giuseppe mi disse che non li aveva mostrati a nessuno. Non cera una parola sui reni o sui blocchi articolari. Che strano. Ogni volta mi restavano delle perplessit; da quando era iniziato tutto, sembrava che il mio stato naturale fosse quello delluomo perplesso. Convenimmo di non dire nulla agli altri. Giuseppe era un sostenitore di Maria e delle sue decisioni. Era un tifoso. La mattina dellundicesimo giorno, Maria sbuc in cucina e vide le cozze crude. Uno dei pi celebri esempi leggendari sui cibi pi raffinati e genuini, sulla gastronomia elevata ad arte divina, forse rappresentato dal mitico banchetto di Odino: i piatti pi elaborati accanto ai crudi, freschi doni del mare e della terra, presentati su splendidi e preziosi vassoi, disposti su di una tavola imbandita di cui non si riesce a scorgere la fine. Per Maria, inconcepibile che al suo inizio non mostrino la loro esistenza montagne di cozze crude, nelle quali si avverte tutto il sapore del mare. Le arraff una dietro laltra e ruppe il digiuno. Ho sempre sospettato che non fosse un caso; che la loro presenza a quellora in cucina avesse uno scopo preciso. Poi, vidi che a sua madre brillavano gli occhi. Quando tornammo a Firenze, Maria era ancora in condizioni soddisfacenti. La faccia e la pelle, dopo che aveva ripreso a mangiare, si erano quasi normalizzate. Per, secondo la teoria dallinterno verso lesterno, non era un buon segno. Le avevo parlato di Pantellini e della sua cura, sostenendo che avrebbe potuto provare finch non si fosse presentata una situazione adatta per ritentare il digiuno di venti giorni. Ma non era ancora ben disposta. Ma ti rendi conto? Lacqua di rose! Che mi fa lacqua di rose? Lho trovata, la mia medicina, devo solo trovare la forza di arrivare fino in fondo. Pochi giorni dopo vennero in visita degli amici di ritorno dalle vacanze sulla costa, dalle parti di Massa. Ci raccontarono che, in una piccola libreria di paese, avevano trovato il libro di Armstrong e lavevano comprato anche loro. Il libraio li aveva informati che il traduttore del libro viveva l a due passi, e lo conosceva bene, ma adesso era in vacanza in Sardegna. Dietro loro richiesta il libraio era stato tanto gentile da fornire il suo numero di telefono.

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Fu cos che, per la prima volta, ci fu data loccasione di consultare direttamente un esperto sullargomento. Quando, giorni dopo, riuscii a parlargli per telefono, stava forse sgranocchiando una carota. Associai sgranocchiamento-carota a fricchettone fu pi forte di me. Sperai che non fosse uno dei cosiddetti alternativi. Non avevo niente di particolare contro di loro, eravamo semplicemente diversi. Si dimostr cortese e disponibile, ascolt il mio racconto e mi fece numerosi esempi di successi ottenuti da lui e da conoscenti, continuando a sgranocchiare. Scoprimmo di essere coetanei, e prendemmo a darci del tu. Mi confid altro: sua madre stessa era affetta da lupus e, non volendo ripiegare su metodi diversi, era seguita a livello ospedaliero. Stava molto male. Rinforz la nostra opinione sui danni prodotti dal cortisone e dagli altri farmaci e insist molto sullalimentazione e sulla durata del digiuno. Secondo lui si dovevano seguire delle regole rigidissime sia per prepararlo che per interromperlo, che prevedevano alcuni giorni di verdura cruda e succhi di frutta, e in generale una dieta rigorosamente vegetariana. Inoltre ribad il divieto per il fumo e gli alcolici. Passai la cornetta a Maria e a lei raccont unesperienza che laveva lasciato amareggiato. Una sua amica, anchessa affetta da lupus, dopo una settimana o dieci giorni di digiuno, appariva con la pelle devastata. Buttava fuori. Il marito e i familiari non sentirono ragioni, la presero e trascinarono in ospedale, dove la bombardarono di farmaci, e adesso stava malissimo. Per questo, disse, necessario che chi ci sta intorno non ponga ostacoli. A me disse poi che potevamo vederci di persona, di l a qualche giorno, poich presso la Fortezza da Basso, a Firenze, si sarebbe tenuto Gaia, una fiera di prodotti naturali e biologici alla quale sarebbe intervenuto. Gaia: il regno degli alternativi. Era unimboscata. Cos lo conobbi, nella sala dedicata ai libri. Era lora di pranzo e cerano pochi avventori; scorrevo i titoli dei libri in mostra quando lo vidi entrare, senza carota; un uomo pi o meno della mia et e secco allampanato. Sentii che si trattava di lui e scoprii di aver ragione; incrociammo i nostri sguardi e ci presentammo. Era ancora pi disponibile che al telefono; conversammo per unoretta su di un divano, mi ripet le sue raccomandazioni e mi rivel che nel giro di un mese avrebbe pubblicato il libro di un anziano medico salernitano, farmacista, teologo e agopuntore, che incoraggiava lurinoterapia e insegnava a farsi iniezioni sottocutanee, per un pi rapido effetto nelle affezioni locali come dolori periferici e altro. Lo ringraziai francamente, lui mi confort e incoraggi e mi disse di chiamarlo senzaltro in caso di necessit.

La dieta Roberto ci inform che aveva conosciuto uno studente che si stava laureando in antropologia con una tesi sulluso dellurina nel corso dei secoli e nelle varie popolazioni. Lo studente aveva saputo di un naturopata, a Firenze, che si occupava di medicina ayurvedica e che era al corrente dellurinoterapia. La sua vera e propria specialit era per la macrobiotica. Conoscevamo vagamente luna e laltra. Il naturopata laveva aiutato volentieri e a lungo nelle sue ricerche. Il traduttore di Armstrong aveva fatto il possibile per aiutarci, con le informazioni. Maria, che continuava con brevi digiuni, ne era per rimasta un po delusa, perch quello di cui sentiva davvero il bisogno era un Armstrong, un esperto, un terapeuta disposto a seguirla passo passo in questa avventura, spiegandole via via cosa sarebbe successo, giacch da sola aveva fallito. Speravamo di averlo trovato. Ci presentammo al signor Bertini dietro raccomandazione dello studente che Roberto ci aveva permesso di conoscere. Il naturopata, anchegli pi o meno della nostra et, ci accolse e ci sedemmo davanti alla sua scrivania. Alle sue spalle troneggiava una libreria stracolma, e vidi che molti dei libri trattavano di alchimia. Bertini ascolt Maria con interesse e pose delle obiezioni sul modo in cui aveva fatto i digiuni.

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Lei sottopone il suo corpo a un continuo stress, con questi digiuni. Il digiuno terapeutico, ma va fatto con accortezza e a molta distanza di tempo. Le prescrivo una dieta che dovr osservare scrupolosamente; se lo far, varr come un digiuno. Voglio dire che il suo organismo introdurr semplicemente gli alimenti che gli sono necessari e che non avveleneranno il suo corpo. Si tratta soprattutto di verdure cotte, niente alimenti crudi. Anche i legumi adesso sono pericolosi, ne dovr prendere non pi di un cucchiaio alla settimana. Io trasecolavo ma tacevo. Lui parlava con voce educata e molto bassa, quasi sussurrando. Ma c speranza di guarire?, chiese timidamente Maria. Guardi, io seguo unaltra signora con il lupus, e adesso sta bene. Per lei dovr stare attentissima tutta la vita allalimentazione: siamo quello che mangiamo, no? Naturalmente lei dovr iniziare con questa dieta rigorosissima, poi, piano piano, aggiungeremo degli alimenti a seconda delle sue preferenze, anche un po di pesce. Ma questo molto pi in l. Oggi e per qualche mese, mi raccomando, si attenga a questa lista. Ma secondo lei, se abbinassi qualche altra cura, ci sarebbero pi speranze? Voglio dire, se facessi anche una cura omeopatica, per esempio .... Io non disdegno lomeopatia, anzi la giudico con favore. Ma se fa pi cure assieme come fa a sapere qual che le fa bene?. Non mi tornava tanto come obiezione, comunque da assoluto profano e provvisoriamente idiota tentai di interloquire: lomeopatia ha qualcosa che mi affascina, qualcosa di alchemico .... No, caro signore! mi interruppe con foga e alzando di parecchi toni la voce; anche questo mi voleva picchiare. Lomeopatia non ha proprio niente a che spartire con lalchimia, una cosa completamente diversa!. Non saremmo mai diventati amici. La lista, previa spiegazione sul modo di cucinare le varie pietanze, comprendeva, fra laltro: mise, daikon, the bancha, radice di bardana, fagioli ezuki, alga kombu, alga wakame, alga hijiki, alga arame. Alla fin dei conti, conoscevamo poco di quanto prescritto. Alcuni di quei nomi ci erano completamente ignoti. Continuavo a essere perplesso. Ci recammo presso il negozio di alimenti biologici ed erboristeria vicino casa e facemmo la spesa. Via via che accennavamo il nome di un prodotto, Federica, una dei titolari del negozio, ci guardava quasi con sospetto e prendeva quanto richiesto. Alla quarta o quinta indicazione disse: questo Bertini, vero?. Restammo un attimo interdetti, poi Maria disse: s, ci siamo stati oggi. Federica la osserv con compassione. Povera te! Forza e coraggio!. Con lei saremmo diventati amici, nel corso degli anni. Inizi cos anche quella odissea. Maria part come sempre lancia in resta, sebbene sconcertata da quei nuovi odori e sapori. Ebbe una strana reazione di cui beneficiai soprattutto io, ossia avvert la necessit di cucinare prelibatezze che non poteva mangiare, compresi vari tipi di torte. E non ci soffriva. Osservava il mio godimento e quello di nostro figlio e ne godeva anche lei di riflesso. Riusc a resistere per due mesi, e io continuavo a chiedermi da quale dei sette cieli fosse stata partorita per sopportare un simile martirio. I dolori non si erano riacutizzati, in quel periodo, sebbene il sacrificio non fosse adeguatamente ricompensato. Una spiacevole conseguenza, per, si fece strada man mano che i giorni passavano: Maria stava entrando in depressione, e io non me ne stupii pi di tanto, mi sembrava inevitabile. Precipitava in uninfelicit sempre pi profonda, nel nero pi nero. Per forza stai cos, io starei pure peggio se dovessi nutrirmi in questo modo. Pensa come starebbe Nero Wolfe. Prova a fare un piccolo strappo, ogni tanto .... Ma se lo faccio la dieta non funziona pi, lo sai. S, ma se non lo fai soffochi di malinconia e di disperazione. Infine ascolt i miei consigli e inizi via via a integrare la dieta con pietanze pi umane, malgrado proseguisse per lungo tempo a usare lalga kombu per cucinare i legumi e ce lammannisse anche a noi, che non gradivamo, e continuasse a seguire parzialmente quella dieta. Lumore miglior velocemente e torn quella di prima, ma ricominci a sentirsi peggio fisicamente e riprese con i brevi digiuni. Riparlammo della cura di Pantellini e lei stavolta decise di provare.

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II Bentelan me lo faccio prescrivere dal medico, tu procurami lascorbato ... ma s, anche lacqua di rose, anche se non mimmagino neppure lontanamente a cosa possa servire. Con questa nuova cura tir avanti per un po. Lacqua di rose non aveva nessunissimo effetto sulla macchia a farfalla. Il cortisone, il suo lo faceva. Maria riusciva a svolgere sufficientemente i lavori di casa, i dolori nei primi tempi si attenuarono, ma persistevano. Lei li giudicava tollerabili. Il biochimico aveva usato un espediente per evitare che lorganismo si assuefacesse al cortisone immesso dallesterno: ogni dieci giorni avrebbe dovuto interrompere il Bentelan, per riprenderlo dopo tre giorni. In quei tre giorni Maria peggiorava. Ricominciavano i blocchi articolari e, con quelli, la paura. Allora anche lei escogit un espediente: quei tre giorni se li faceva di digiuno; cos riusciva a mantenersi in condizioni sopportabili.

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II
Supposte di cavallo Ero in pausa pranzo, appoggiato alla spalletta del ponte. LArno scorreva sotto di me e losservavo senza vederlo. Avevo mangiato nelle solita trattoria di l dal ponte e attendevo lora del rientro immerso nei miei pensieri. In un foglietto custodito nel mio portafoglio cera un appunto che avevo preso consultando un grosso volume sulle erbe in libreria. Diceva che la canavanina, un amminoacido presente in larga misura nellerba medica, induceva il lupus nelle scimmie. Che diamine poteva significare? E come lo diagnosticavano? Dalla pelle no di certo, evidentemente dalle analisi degli autoanticorpi. Un compagno di lavoro, di un altro reparto, stava attraversando lo stesso ponte nella mia direzione, ma me ne accorsi solo quando mi si ferm accanto. Non ci conoscevamo granch, lui aveva lavorato presso unaltra azienda e solo da poco si era fatto assumere l. Ho sentito della tu moglie. Ha il lupus, vero?. S. Anzi, la forma peggiore, il LES. Lo sai cos?. No, so che una mia amica ce laveva. Non so esattamente in che forma, so che era lupus. Lei guarita. Ha fatto una cura a base di supposte di cavallo, o qualcosa di simile. Il mio sangue cominci a circolare alla velocit della luce. In faccia dovevo essere sbiancato, o arrossato, o ingrigito. Non lo so. Ma sei sicuro? Da chi andata?. Ma ... mi pare da un immunologo. Credo sia una cura svizzera. Se vuoi ti do il numero della mia amica e ti informi. Tornai a casa con buone nuove. Quella sera stessa telefonai a quella sua amica. Anche stavolta trovai grande disponibilit; entrammo subito in confidenza e ci raccontammo le varie esperienze sulla malattia. Maria non era in gran forma, per cui ci parlai solo io. Restammo al telefono per quasi unora. In realt non aveva avuto chiss quali esperienze, era stata informata di questa cura subito dopo la diagnosi, laveva fatta e stava bene. Il suo lupus era solo eritematoso, quindi aveva aggredito solo la pelle, ma a quanto pare ce laveva fatta, anche se il sole lo prendeva con cautela ed evitava al massimo situazioni di stress. La spesa era stata notevole, essendo una cura proveniente dallestero, allincirca un milione e duecentomila lire, ed era durata pi o meno due mesi. In pi cera la visita dallimmunologo, altre quattrocentomila lire. A distanza di un paio di anni aveva aggiunto un rinforzino, disse proprio cos, ossia una parte della cura gi fatta, spesa intorno alla cinquecentomila lire, e tutto era finito l. Non navigavamo certo nelloro, anzi, tiravamo la carretta, ma non cera neanche da parlarne. Era pi che uno spiraglio, era una pacchia. Prendemmo appuntamento con il professor Santineri, immunologo. Latrio dellambulatorio era piuttosto elegante. Altre persone attendevano; ci presentammo alla segretaria, o infermiera, e ci sedemmo. Lattesa fu breve. Il professore era anziano e robusto, sembrava gentile. Ascolt, fece spogliare Maria, le chiese di camminare e di fare alcuni esercizi e poi parl. Questa cura proviene dalla Svizzera e consiste in questo .... Non ci capii molto, ma in sostanza del siero umano veniva manipolato e iniettato in un cavallo affinch la moltiplicazione cellulare fosse pi rapida. A tempo debito veniva recuperato, nuovamente manipolato e inserito in supposte. Per ogni organo malato, o quasi, cera la supposta adatta. Questo quel poco che ricordo, e anche questo poco non mi convince, ma credo che renda sufficientemente lidea. Ci mostr anche alcune foto di un ragazzo afflitto da alopecia, quasi foto pubblicitarie del prima e dopo la cura. Il risultato era straordinario. Non seppi resistere nello spingerlo ad osservare la mia calvizie quasi totale. Sorrise anche lui. No, questa unaltra cosa. Ma sta per arrivare anche questa cura. Viene dallAmerica. Poi riprese: se lei, signora, decide di farla, io la ordino e nel giro di una settimana arriva qui e io le spie-

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gher come e quante delle diverse supposte deve prendere ogni giorno. Poi, fra un paio danni, facciamo un rinforzino ... ecco da dove veniva quel termine.Ma lei star gi bene dopo la prima cura e lo vedr anche dalle analisi. La spesa, anche se il prezzo aumentato da quando lha fatta quella signora che vi ha indirizzato qui, sar la stessa. In quanto al cortisone che sta prendendo, io non propendo per abbandonare di colpo una cura. Lo riduca piano piano, una settimana mezza pasticca, poi un quarto e poi basta. Ci accordammo con entusiasmo. Quando arriv il pacco dalla Svizzera il professore ci convoc. Aveva gi pronto un foglio con tutte le indicazioni, ma si profuse ugualmente nelle spiegazioni, illustrando i vari scopi di ogni tipo di supposta. E le supposte iniziarono il loro percorso. Le condizioni non cambiavano granch, comunque via via veniva ridotto il cortisone. La sensazione era di un qualche vago beneficio, ma in quei due mesi non riusc mai ad abbandonare del tutto il Bentelan. Si pensava che forse leffetto della cura si sarebbe visto pi tardi. Non lo vedemmo. Le analisi affermavano che qualcosa era cambiato, alcuni dei valori erano diminuiti, ma lattivit lupica, come la chiamavano i medici, era sempre costante. Maria telefon al professore e comunic i risultati. Gli chiese se poteva anticipare il rinforzino, o se doveva proseguire la cura con un altro pacco di supposte. Il medico era sinceramente imbarazzato, era stranissimo che non ci fosse stata una risposta largamente positiva. Comunque non poteva fare niente finch non fosse passato almeno un anno e mezzo, poteva essere pericoloso. Cos si dissolsero, nel luogo predisposto, anche le supposte di cavallo.

Nella rete Lanno che segu riprese il tran tran del Bentelan e dei digiuni. Dato che, durante la cura svizzera, il cortisone era calato fino a un quarto di milligrammo, Maria valut di poterlo gestire da s intervallandolo con i digiuni. Riprese con una pasticca intera, riducendolo poi quando stava un po meglio. Poi prese di petto la situazione, credeva fermamente di poter guarire se solo fosse riuscita a prolungare il digiuno quanto bastava. Riusc a raggiungere la soglia dei quindici giorni, ma lunico effetto che colse fu quello di stare meglio per un periodo pi lungo. Intanto il mio vecchio computer, acquistato nel novanta, aveva dato i numeri, e dovetti decidere di sostituirlo con un ultimo modello a rate in grado di accedere agevolmente alla rete delle reti. Per la mia prima volta, Internet. Passavo ore e ore della tarda sera, talvolta della notte, a cercare nel marasma di notizie qualcosa che ci potesse servire. Stampai pagine e pagine dai siti della medicina ufficiale e le lessi, per trovare qualche buona notizia, qualche ricerca estrema, qualche clamorosa scoperta dellultima ora, anche nei siti degli Stati Uniti. Con il mio pietoso inglese, una volta passai ore a scervellarmi per tradurre due paginette curiose che trattavano di una terapia davanguardia. Riguardava luso dei raggi ultravioletti nella terapia antilupica. Ma non era vietato il sole? Tornai a camuffarmi nelluomo perplesso. In sostanza, si diceva che con questo tipo di terapia, prolungata nel tempo, non ricordo se si parlava di settimane o addirittura di mesi, si otteneva un leggero miglioramento sulle macchie della pelle, e un certo alleviamento dei dolori articolari. Tre giorni di digiuno, soliti risultati, e poi, questa storia del sole e degli ultravioletti ... Mah! Tutto tempo perso, ma nelle ricerche succede. Continuai lindagine a caccia di farfalle, proprio il caso di dirlo, e trovai solo scarafaggi: a fronte di comunicazioni ufficiali improntate a un blando ottimismo, spiccavano decine e decine di lettere rivolte a quel medico, a quella clinica, a quello staff, ed erano lettere di gente disperata sotto cura. Una delle scoperte, estranea a Internet e a ogni diavoleria moderna, la ottenni in maniera davvero curiosa: unamica trov, dentro le pagine di un libro che faceva parte del lascito di un vecchio zio, un foglio nel quale, in bella grafia con pennino e inchiostro, si descriveva la figura di un frate missionario che aveva svolto la sua opera in Cina. Questo frate aveva elaborato, o rinvenuto, una cura per il lupus eritematoso, a base di erbe e piante, durante i suoi pellegrinaggi in una vasta zona della

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Cina. Interrogato suo padre, apprese che doveva trattarsi di un foglio lasciato a suo zio da un loro vecchio amico che era guarito proprio dal lupus, e lui rammentava vagamente di una cura assai strana con delle erbe. Il contatto in Italia di questo frate, era specificato nel foglio, erano le suore Orsoline di una citt emiliana. Era passato moltissimo tempo ed era difficile sperare che fosse ancora vivo. Non restava che cercare un contatto con le suore, per telefono o per lettera, speravo di non essere costretto ad affrontare un viaggio soltanto dietro a quella flebile traccia. Tentai una ricerca in Internet e, miracoli della tecnologia, le trovai e trovai la loro posta elettronica. Scrissi una lettera abbastanza stringata ma sufficientemente descrittiva e la inviai. La sera successiva mi era gi arrivata la risposta della Madre superiora. Ricordava bene tale frate, purtroppo scomparso da tempo, e sfortunatamente non esisteva residua testimonianza sul trattamento che aveva concepito n sui risultati. Proseguiva con parole di conforto e assicurava che avrebbero pregato per la mia compagna. Nonostante la delusione e i miei rapporti con la religione e i religiosi, leggere quel messaggio mi aveva un po commosso. Non mi rimaneva altro da fare che passare al mondo inafferrabile, variegato, sterminato della medicina alternativa. Districarsi era da esperti, annaspare da principianti, gente come me: omeopatia, pranoterapia, shieizu, musicoterapia, ippoterapia, agopuntura, aromaterapia, ayurveda, chiropratica, medicina tradizionale cinese, cromoterapia, fiori di Bach, sali di Schuessler, fitobalneoterapia, reiki, naturopatia, fitoterapia, qi gong, ipnoterapia, neuralterapia, medicina vibrazionale, kinesiologia, metamedicina, rebirthing, riflessologia, terapia cranio-sacrale, ancora medicina tradizionale cinese ma attenzione: medicina tradizionale cinese e Ki, medicina tradizionale cinese e Tai Chi Chuan, medicina tradizionale cinese e meridiani; iridologia semplice e composta: iridologia embriologica, iridologia fisica, iridologia multidimensionale, iridologia psicoenergetica, iridologia psicologica, iridologia spirituale, iridologia teorica, iridologia terapeutica, iridologia temporo-spaziale (non spazio-temporale?) ... A questo elenco se ne potevano aggiungere ancora decine. Non finivano mai, erano una legione. Mi chiedevo se fosse mai possibile che tutto quanto era stato concepito dalluomo, nellampio territorio della malattia e della cura, si dovesse arrendere di fronte al lupus di Maria. Iniziai a scartare tutte le terapie il cui scopo era conseguire un generico benessere fisico; poi tutte quelle che si occupavano del benessere dellanima, e gi avevo fatto una discreta pulizia. Fra quelle che restavano, puntavo gli occhi sullomeopatia. Il simile cura il simile. Il pediatra di nostro figlio, nonostante non disdegnasse prescrivere farmaci convenzionali, si dichiarava apertamente omeopata, ma era scettico sulla possibilit di curare Maria con lomeopatia. Sapevamo, per, che sussistevano approcci diversi con le malattie da parte dei medici omeopati, e varie scuole di pensiero. In ogni caso, nel periodo dellallattamento, a Maria erano venute le ragadi a un seno: allattava piangendo dal dolore. Le fu prescritto uno spray antibiotico che us per molti giorni senza trarre alcun beneficio. Il pediatra le consigli, invece, una crema omeopatica che le dette immediato beneficio e la guar completamente nel giro di pochissimi giorni. Un altro ricordo confortante si faceva strada. Un fungo in bocca al nostro bambino, poteva avere tre o quattro mesi allepoca, imponeva di essere curato dai medici dellospedale pediatrico con antibiotici e cortisone. Non esisteva altro modo, ce lo dissero in maniera categorica. Lo portammo dal suo pediatra; cera la sostituta, anchella omeopata, alla quale raccontammo la sentenza dei pediatri ospedalieri. Ma che sciocchezze!, disse. Prescrisse un composto omeopatico e ci rassicur. Due o tre giorni dopo il fungo non cera pi. Era un po che ci girava intorno, lomeopatia, anche se in una ricerca fatta, omeopatia e lupus, non avevo trovato niente di interessante; per sapevo ormai tutto su di essa, sul numero di Avogadro e sulle contestazioni che le venivano mosse dai medici convenzionali.

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Similia similibus curantur Lomeopatia la cura dellacqua fresca, secondo molti medici ortodossi. Ricerche recenti avevano dimostrato che nella diluizione alla 23DH e alla 12CH (diluizioni decimali: DH=una goccia della sostanza e 9 di acqua, poi una goccia di tale soluzione e 9 di acqua, e cos via per 23 volte, e centesimali: CH= una della sostanza e 99 di acqua, una della soluzione cos ottenuta e 99 di acqua, continuando per 12 volte) si oltrepassava il numero di Avogadro, ossia non era pi rintracciabile matematicamente la sostanza utilizzata. Ciononostante, in omeopatia si usano anche diluizioni considerevolmente superiori, e questo sta alla base delle obiezioni portate dalla medicina ufficiale. Tuttavia, il biologo francese Jacques Bienveniste, dellINSERM (Istituto nazionale francese per la ricerca medica), intraprendendo degli esperimenti sugli anticorpi, verific che si ottenevano reazioni anche nella soluzione altamente diluita, tanto da escludere ormai la presenza fisica dellantigene: ne rimaneva comunque traccia. La notizia fece scalpore e lesperimento pare venisse ripetuto con successo in diversi altri laboratori in tutto il mondo. Successivamente usc un articolo sulla prestigiosa rivista inglese Nature, che riportava tali dati avvertendo per che ci avrebbe potuto minare alla base il pensiero scientifico corrente. La rivista era rigidamente ortodossa, e qualcuno aveva deciso di correre ai ripari: la redazione insist per assistere a un nuovo esperimento motivando la richiesta con la necessit di una testimonianza intorno alla validit dei metodi di ricerca; nel gruppo di esperti inviati al laboratorio fece la sua imprevista apparizione, fra gli altri, un noto prestigiatore (!), e i risultati furono stranamente inferiori ai precedenti. Tanto bast perch nel dicembre 1993 Nature pubblicasse un articolo che screditava totalmente quel lavoro, ed ebbe cos tanta risonanza a livello mediatico, con il criterio che a forza di ripeterla una bugia diventa verit, da confinare Benveniste nel ridicolo. LINSERM fu chiuso definitivamente. Se fra i ripetitori mediatici qualcuno si fosse per preso la briga di leggere attentamente quanto pubblicato su Nature del 9 dicembre 1993 (val. 336, pp. 525-528), avrebbe compreso che in realt il contenuto differiva sostanzialmente dalle conclusioni: si parlava di strana fonte di variazione, i grafici stessi indicavano una variazione diversa da quella che avrebbe dovuto essere, risultati curiosi e significative differenze. Si concludeva, per, che ci non poteva essere dovuto alla preparazione omeopatica ma certo a qualche interferenza dovuta ai metodi di sperimentazione. La storia essenziale dellomeopatia in larghissima parte racchiusa nella sua nascita ufficiale, ad opera del suo scopritore. Samuel Hahnemann (1755-1843), laureato in medicina alluniversit di Lipsia, unanimemente considerato il padre dellomeopatia, colui che stabil e divulg la Legge dei simili. Ancora giovane, godeva gi di una certa fama e di prestigiose cariche scientifiche. Qualche anno dopo, per, abbandon lattivit clinica, a quanto pare deluso dai mezzi che la medicina di allora poteva offrirgli. Come nel caso precedente del biochimico, anche stavolta si faceva strada un aneddoto: un curato di campagna gli confess un malanno dal quale non riusciva a guarire, una secrezione genitale biancastra, diagnosticata come gonorrea dai medici che lo avevano esaminato in precedenza, senza risparmiargli del sarcasmo. Giur ad Hahnemann di essere esente da qualsiasi peccatuccio attinente e fu creduto. Il medico si interess profondamente al caso, studiando le abitudini del curato, e fu incuriosito da dei rametti di thuya deposti nel suo breviario. Il parroco spieg che durante la passeggiata mattutina, mentre leggeva il breviario, da parecchio tempo per abitudine staccava un rametto di thuya dalla siepe vicina alla canonica e lo teneva in bocca giocandoci. Il medico consigli di interrompere questa abitudine e il curato miglior sensibilmente, senza per che quel disturbo scomparisse. A quel punto Hahnemann prepar una diluizione omeopatica di thuya e gliela somministr; in pochi giorni ottenne la guarigione. A quellepoca il medico, che si dedicava solo allo studio e alla traduzione di testi clinici, era gi rimasto incuriosito nel notare lapparente somiglianza fra la febbre che coglieva i lavoratori della china e la malaria, che veniva appunto curata con il chinino. Prov la sostanza su se stesso e si trov in preda alla stessa febbre intermittente che caratterizzava i malarici; ricord che Ippocrate stesso, pi di duemila anni prima, sosteneva che qualche volta le malattie sono provocate dai simili e le

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stesse cose che hanno provocato il male lo guariscono. Sembra che anche Paracelso, medico, filosofo e alchimista, sostenesse nel Cinquecento la possibilit di curare con i simili, e la necessit di adoperare dosi assai piccole dei rimedi, nella fattispecie la karena, corrispondente alla ventiquattresima parte di una goccia. Negli anni che seguirono, Hahnemann ricominci lattivit clinica sperimentando con un numero sempre maggiore di sostanze e con sempre maggiori diluizioni. Trov anche che dinamizzando, cio scuotendo energicamente rimedi, si ottenevano risultati pi apprezzabili. Dalle iniziali diluizioni decimali e centesimali giunse fino a quella cinquantamillesimale (LM), rendendosi conto che funzionava persino meglio, sebbene fosse evidente che della sostanza non restava alcuna traccia materiale. Sospett, quindi, che la ragione dellefficacia si dovesse rintracciare nel fatto che fosse la sola presenza della pianta o dellessenza, il solo contatto di queste con lacqua, a determinare una reazione positiva nellorganismo. Il passo successivo, stupefacente, fu quello di far semplicemente annusare il composto allammalato, nella diluizione scelta. Fra le centinaia e centinaia di pagine, compariva, a questo proposito, un altro aneddoto che vale la pena riportare: un giorno si present al suo studio un malato con abbondante catarro e il medico provvide a fargli annusare una certa diluizione di Pulsatilla, sostenendo che sarebbe guarito; al momento di pagare, laltro mostr una banconota e la fece annusare ad Hahnemann, rimettendosela poi in tasca e affermando che cos come lo aveva curato doveva essere pagato. Nel 1810, Hahnemann dette alle stampe quella che ancora oggi considerata la Bibbia dellomeopatia: Organon dellarte di guarire. In tutta quella vicenda trovavo qualche fuggevole analogia con la barzelletta della mela di Newton, ancora oggi divulgata a livello scolastico. Da due soli vaghi accenni riferiti a Ippocrate e Paracelso, in mezzo a una mole consistente di altri, e da una piantina succhiata, aveva preso spunto tutto questo. Stupefacente. In realt Newton aveva per tratto la sua Legge di gravit saccheggiando a piene mani le intuizioni di Hooke sul quadrato inverso e prendendo spunto dagli insegnamenti dei greci. Presi comunque tutto per buono cos come era riportato. Solo qualche anno pi tardi, da altra fonte, avrei scoperto che forse cera qualcosaltro che non veniva divulgato.

Mago Merlino Qualcuno ci aveva indicato un omeopata particolarmente bravo con i bambini. Manfredi aveva, nei mesi invernali, un raffreddore persistente; in pi, in quel periodo soffriva di irrequietezza e di una smodata attrazione verso il sale. Fissammo con il dottor De Leo un appuntamento per il bambino e uno il giorno successivo per Maria. Attendevamo in uno degli ampi corridoi dello studio medico multidisciplinare, soli. La prima visita da un omeopata varia da mezzora a unora, quindi, quando si fosse liberato, sarebbe stato il nostro turno. Nostro figlio si indaffarava tentando di convincermi ad andarcene. Cera un motivo: tempo addietro lavevamo portato a fare certe vaccinazioni, anche dietro il suggerimento del pediatra. Il medico che si occup delle vaccinazioni gli provoc molto dolore, e io non ero presente perch in giro a procurarmi un farmaco che sarebbe servito subito dopo. Il ricordo non era scomparso e lui piangeva per fuggire raccomandandosi a me; forse pensava di aver sofferto perch io non ero l a controllare il dottore. Finalmente apparve il medico, che aveva accompagnato e stava salutando una paziente. Era un uomo molto alto, piuttosto robusto, pi o meno della nostra et; aveva un paio di baffetti sottili arricciati allins, come usava un tempo, ed era senza camice. Dissi a Manfredi: hai visto? Lui diverso, una specie di mago Merlino, non usa mica le cose degli altri medici. Non mi parve del tutto convinto. Ci invit a entrare e subito Manfredi fece del suo meglio per uscire. Il medico, tranquillo, fece sedere Maria davanti alla sua scrivania, e a me consigli di sedermi in fondo alla stanza con il bambino in collo. Mentre la mia compagna descriveva i disturbi di nostro figlio, lui lo osservava con at-

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tenzione. Riusc, con lo sguardo e con la voce, ad accattivarselo fino al punto di visitarlo brevemente. Prescrisse dosi uniche di nafrum muriaficum da prendere a distanza di un mese luna dallaltra e qualche altro rimedio per i giorni successivi. Per la cronaca, nostro figlio apprezz molto la nuova cura con i globulini di zucchero, abbandon lirrequietezza e lattrazione esagerata per il sale, e quellinverno non prese raffreddori. Terminata la prescrizione osserv Maria e chiese quale problema avrebbe dovuto affrontare con lei il giorno successivo. Soddisfatta la sua curiosit, annu. Lo immaginavo. Si vede dal suo aspetto. Ne parleremo domani, ma sappia intanto che ritengo abbia fatto bene a venire da me. Credo di poter fare molto per aiutarla. Ce ne andammo augurandoci che il domani giungesse il pi in fretta possibile. Maria decise di raccontargli tutto: digiuni, urinoterapia, cura svizzera, il biochimico, la macrobiotica, tutto, insomma, e i risultati che aveva ottenuto. Il medico ascolt con interesse, non storse la bocca e non dette segni di impazienza. Sostenne che conosceva tutti questi metodi. Io credo che il sollievo che trova durante i digiuni e lurinoterapia sia dovuto soprattutto al digiuno in s. Ha un potere terapeutico incredibile. Daltra parte non pu andare avanti cos, inumano. Cominci a scrivere la sua cura. Cinque o sei rimedi da prendere fin da subito e un rimedio unico varie volte e in dosi diverse a distanza di un mese. Dopo un mese avrebbe dovuto fare le analisi e le avremmo confrontate da lui, e ogni mese avremmo dovuto ripetere la stessa cosa. Consigli di non abbandonare il cortisone ma di continuare a gestirlo come aveva fatto finora. Pass il primo mese senza miglioramenti apprezzabili; le analisi indicavano il lieve abbassamento di qualche valore, niente di sostanziale ma poteva incoraggiare. Io raccontai della strana scoperta sul fatto che la canavanina, presente nellerba medica, inducesse il lupus nelle scimmie. Similia similibus curantur. Lui si mostr interessato, ma si lament che in Italia tutta una serie di ricerche e di prodotti era impedita o duramente osteggiata. Comunque, aggiust un po il tiro e ci salutammo. Il secondo mese trascorse come il primo. Maria non riusciva a fare a meno del Bentelan. Le seconde analisi non indicarono nulla di che. Il medico non sembrava scoraggiato ma decise di cambiare metodo. Dopo aver consigliato una tisana usata dai nativi americani, chiamata Lapacho, e acqua Uliveto da sforzarsi di bere in grandi quantit, pass al resto. Ho studiato a fondo la questione. Sospetto che lei abbia una predisposizione strutturale per questo tipo di malattia. Dobbiamo fare una ricerca genetica. Le richiedo questa analisi per determinare se in lei presente uno o pi dei tre fattori che predispongono al lupus. Viene fatta solo nei laboratori pi allavanguardia, fortunatamente uno di questi sta nel complesso ospedaliero di Careggi. Appena ha in mano i risultati venga da me. Cos facemmo. Effettivamente risultava presente uno dei tre fattori. De Leo ordin per telefono, alla vicina farmacia e laboratorio omeopatico, dei rimedi riguardanti il fattore interessato, sotto forma di fiale e gli fu comunicato che Maria avrebbe potuto ritirarli nel giro di tre giorni. Anche le fiale si consumarono lentamente, una dietro laltra, senza portare nessun beneficio apparente. Ancora una volta, le analisi non risposero alle aspettative. Il dottor De Leo gett la spugna, facendosi pagare lultima parcella appena un po ridotta.

Alla corte di sua maest Lamica che ci aveva procurato il telefono del traduttore del libro di Armstrong, dopo un po dentusiasmo iniziale aveva iniziato a osteggiare manifestamente lurinoterapia. O forse la osteggiava anche prima ma non osava dichiararlo apertamente. Pi probabilmente era combattuta fin dallinizio fra il rapporto chiaro, usuale con i medici convenzionali e loscurit di percorsi diversi e nebulosi. Era altalenante. Era successa una cosa: una sua nipote aveva scoperto di essere stata colpita dalla stessa malattia, il LES, iniziando il suo tragitto avanti e indietro negli ospedali. Le era molto affezionata e aveva scoperto che il fatto di saperla seguita dai medici la rassicurava. Poich era mol-

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to affezionata anche a Maria, sentiva il bisogno di sentirsi rassicurata anche nei suoi confronti. Sapeva, per, che Maria un osso duro. Allora era riuscita, tramite sentieri tortuosi e conoscenze, a mettersi in contatto con lo staff responsabile delle ricerche sulle malattie che interessano il sistema immunitario, per fissarle un appuntamento. Un intero padiglione, nel complesso ospedaliero di Careggi, riservato a questa struttura di rilevanza internazionale; l si fanno ricerche, convegni, terapie allavanguardia e chiss che altro. Era cos piena di entusiasmo per questa sua impresa che Maria, dopo tre anni ormai di insuccessi, e delusa per lennesima volta, con le sue condizioni che peggioravano, un po titubante accett la proposta. Ci presentammo allappuntamento con il malloppo delle analisi alle quali Maria si era sottoposta a scadenza pi o meno trimestrale. I quattro o cinque medici presenti allincontro furono sfavorevolmente colpiti dal suo aspetto. La faccia indicava ormai uno stato avanzato. Studiarono le analisi e presero a interrogarla. Non ho grande memoria di quel colloquio, forse effetto della rimozione, ma mi rimasta impressa una piccola parte, cominciata con una domanda fatta, mi parve, con un po di malizia. Come si curata fino ad oggi, signora?. Ma ... ho fatto una cura svizzera, prescritta da un immunologo ... brava, prendila larga, pensavo, di urinoterapia neanche sognarsi di accennare, in quella sede. Ma non ha avuto risultati. Ho provato con lomeopatia, poi ho seguito una dieta rigida, e nei momenti peggiori, quando iniziavano i blocchi articolari, per farli passare ho fatto dei digiuni!. Fu una risata collettiva, sollecitata dal boss e scivolata gi fino al medico pi giovane. Avremmo dovuto provare rabbia e indignazione; dopotutto, per ammissione ufficiale, la medicina convenzionale non in grado di guarire il lupus. Anzi, la dichiarazione accreditata diversa: il lupus incurabile, punto e basta. I miei sentimenti, invece, furono diversi; quando non traspare un dubbio, un barlume di curiosit, quando non si inarca un sopracciglio, esiste solo larroganza da padreterno. Provai compassione per loro. Ma cosa vuole che facciano, cara signora, lomeopatia, la dieta e i digiuni? La sua una malattia seria! disse il boss con voce roboante. Cercai di intervenire: dottore, le assicuro che ogni volta che ha fatto un digiuno sono scomparsi i forti blocchi articolari!. Ma io vi credo, su questo. Soltanto che non centrano per nulla i digiuni. Si tratta di fasi di remissione della malattia. una caratteristica tipica del lupus: non ha unaggressivit costante, ogni tanto si mette a riposo. Per questo cessavano i blocchi. Aggressione e riposo: per me faceva confusione fra lupus, la malattia, e lupo, lanimale. Il lupo di Maria non si era mai messo a riposo. Non era parso mai sazio. Compresi non solo lassenza del dubbio, ma anche quella del buonsenso. A scuola mi avevano insegnato causa ed effetto. A ogni breve digiuno, magari non bastavano due o tre giorni, ce ne volevano quattro o cinque, corrispondeva la fine dei blocchi. Come mangiava, dopo qualche giorno ritornavano. La presero in consegna per unoretta circa. Fecero prelievi, analisi e quello che credettero. Poi prepararono una cura per la faccia e la pelle, a base di dosi massicce di cortisone, riservandosi la cura specifica e generale al momento in cui avessero potuto visionare i risultati, compresi quelli delle analisi che prescrissero e alle quali Maria avrebbe dovuto sottostare nei giorni seguenti. Il medico pi giovane, che si occup dei prelievi del sangue, era rimasto impressionato e Maria mi confid che, accompagnandola nella stanza dei prelievi, le aveva detto: non si preoccupi, signora, vedr che star meglio fra qualche giorno. Uscimmo dal padiglione, uscimmo dal complesso ospedaliero, seccati e silenziosi e salimmo in macchina. Mentre guidavo verso casa, Maria prese la ricetta dalla borsetta e la controll: guarda qua. Quante decine di milligrammi di cortisone al giorno? E questa soltanto per la pelle. Roba da elefanti. Quando avranno i risultati delle analisi cosa mi faranno? Con gesti controllati e rapidi strapp la ricetta in mille pezzi e li disperse al vento. Per le analisi me le faccio. Voglio vedere la situazione a che punto . Fece tutte le analisi richieste. Quando ritirammo i risultati, non avevamo certo di che rincuorarci. Erano catastrofiche. Cera anche una novit: lelettrocardiogramma indicava aritmie cardiache e altro. Anche il cuore era stato attaccato.

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III
Niente dieta Maria decise di tornare da Bertini, il naturopata, e riprendere la dieta macrobiotica per cercare uno stato soddisfacente senza lo stress dei digiuni; doveva riprendere fiato nella speranza di riuscire, quando avesse avuto pi energia, a prolungare un digiuno, un unico digiuno, fino al tempo necessario per guarire. Non aveva mai smesso di essere convinta che fosse possibile. Non aveva pi smesso neppure col Bentelan. Lei si cosparse il capo di cenere, davanti a Bertini, e confess di aver mantenuto la dieta per due mesi e di essere entrata in uno stato di depressione, ragion per cui non si era pi fatta viva. Raccont anche, sfogandosi, le esperienze successive. Ha fatto male a non tornare, signora. lo capisco tutte le difficolt che ci sono in una dieta cos rigida. Ma piuttosto che abbandonarla del tutto, avrebbe dovuto avvertirmi. Se troppo dura, per una persona, si aggiunge qualcosa che aiuti a sostenerla. Andiamo per gradi. Forse le ho gi detto che seguo unaltra signora con la sua stessa malattia. I medici sono stupiti per il miglioramento. scesa a un milligrammo di cortisone al giorno. Medici? Cortisone? La prima volta non ce ne aveva parlato. E in tutto questo tempo, con quella disgraziatissima dieta, era scesa a un milligrammo al giorno! Maria era indignata da quella rivelazione. Bertini prepar una dieta un po pi umana e la integr con un paio di prodotti ayurvedici e qualche oligoelemento. Lei prese per un po di tempo i preparati ayurvedici, che non servirono a nulla, ma della dieta non volle pi sentir parlare. Riprese a cucinarci prelibatezze e stavolta nostro figlio, fattosi grandicello, pot goderne ancora di pi.

Un po di zapping Io continuavo nelle mie esplorazioni in rete. Ogni tanto trovavo eresie che mi incuriosivano e perdevo ore a leggere rimanendo poi inevitabilmente disilluso. Altre mi sbalordivano, ma cercavo di non arretrare preventivamente. Stavo cambiando, nel corso di quegli anni; si era sensibilmente affievolita la mia diffidenza ed era quasi scomparso il mio ferreo scetticismo. Qualcuno, in quel modo o in quellaltro, ce laveva fatta. Perch avrei dovuto dichiararmi sconfitto? Intendo io, nella ricerca, perch Maria se ne guardava bene dallarrendersi. Intanto, come ormai faceva da anni, quando era in condizioni di muoversi e uscire di casa, Maria camminava rasente i muri, tracciando orme nellombra, terrorizzata dal pi tenue raggio di sole. Si proteggeva con creme a copertura totale, ma neppure questo serviva; e la farfalla sul volto arrossiva ancor pi. Su Internet incontrai chi curava il cancro con cloruro di magnesio, chi sosteneva che qualsiasi patologia grave deriva dallinfezione massiccia e pressoch universale di Candida albicans, il potere taumaturgico della preghiera, che non faceva per noi, un certo dottor Hamer, un medico tedesco, che pareva avesse scoperto lorigine del cancro e le sue leggi biologiche. Avevo letto qualche altra cosa su di lui, ma Maria non aveva il cancro e ormai delle cause della sua malattia me ne strafregavo. Volevo la cura e dovevo selezionare severamente, per non perdermi nella rete. Incontrai, poi, lo zapper. Uno strumento a pile che emetteva una frequenza in grado di sterminare tutti i virus e batteri presenti nel corpo umano. Almeno, questo si dichiarava, insieme alla convinzione che era in grado di guarire qualsiasi tipo di malattia perch lorigine di tutte era la stessa, virus e batteri. Era associato al nome di una dottoressa canadese e figurava come una sua invenzione, naturalmente in vendita. Solo pi tardi avrei scoperto che lo strumento in s aveva fatto capolino in precedenza, sebbene forse non identico, per virt di un altro medico, che a sua volta lo aveva ripreso da altri. In definitiva, come molte altre invenzioni occultate o attribuite a terzi, il primo zapper aveva visto la luce per mano del grande genio di Tesla, concepito quasi per gioco durante uno dei suoi brevissimi momenti di svago.

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Comunque sia, ne parlai con Roberto, che un elettrotecnico. Nel tempo che ci misi a procurarmi il libro della dottoressa canadese, Roberto piomb a casa con lo zapper pronto per essere usato. Aveva trovato lo schema in Internet e lo aveva costruito al volo. Maria piomb a capofitto nel libro, che associava alluso dello strumento unenormit di altre cose, come una dieta a frutta e verdura, tisane e cos via. Ma non era lo zapper che risolveva tutto? In ogni caso, Maria prov anche quello e nel primo periodo ebbe limpressione di sentirsi un po meglio. Ridusse il milligrammo di cortisone fino a un quarto di pasticca poi, piano piano, tutto torn come prima.

Erbe e alchimia Un giorno, parlando con Federica, lerborista col negozio di prodotti biologici vicino casa, le chiesi apertamente se la fitoterapia avesse affrontato casi cos gravi. Mi rispose che ne aveva affrontati di tutti i colori, senza per garantire risultati specifici. Mi consigli di provare i prodotti del dottor Zatteri, che erano spagirici, ossia prodotti fitoterapici trattati alchemicamente. Avevano curato molte brutte malattie. Siccome di l a qualche giorno sarebbe arrivato il rappresentante per una presentazione dei prodotti, mi sugger di incontrarlo insieme a Maria. Intanto prepar una soluzione fitoterapica in gocce che lavrebbe un po rinvigorita. Non aveva smisurate pretese e funzion. Non esiste una vera e propria aggressione della medicina ufficiale nei confronti della fitoterapia. anzi piuttosto tollerata, a differenza dellomeopatia. Lattrito principale fra i medici convenzionali pi preparati e la fitoterapia, la medicina delle erbe o piante, consiste nella quantit, poich anche la farmacologia moderna le utilizza abbondantemente per i suoi composti. Vale a dire che la medicina chimica usa in massicce quantit solo i cosiddetti principi attivi di una tale pianta, la fitoterapia impiega la pianta nel suo complesso. Il fondamento essenziale della preparazione spagirica consiste nel mantenimento della potenza guaritrice della pianta. La parola spagiria trae la sua origine dal greco antico, ed composta da due parole che sono una il contrario dellaltra, separare e unire. Si dice che Paracelso (ancora lui!), ottenesse gran parte delle sue medicine con procedimento alchemico, le cui radici affonderebbero nellantico Egitto. Alchimia deriva dallarabo alkhame (il nero, loscuro), e si riferiva alla scienza che vince loscurit e porta la luce. Il suo insegnamento segreto veniva trasmesso oralmente e controllato dal re e dai sacerdoti. Nel suo Paragranum, Paracelso affermava: dato che la natura enormemente sottile e penetrante nelle sue manifestazioni, non pu essere usata senza lArte. Infatti non produce niente che sia perfetto in s, ma lo deve perfezionare luomo. E questa perfezione viene chiamata alchimia. Dava anche grande importanza alla guida degli astri, una volta che la pianta fosse stata mondata dalla terra, che non governata dal cielo. Straordinariamente, credenze antiche e apparentemente risibili, trovavano conferme in tutte quelle ricerche davanguardia cosiddette eretiche, spesso ostacolate nella divulgazione. Mi imbattei di nuovo in Kervran. Trovai stavolta che il biologo francese aveva mostrato, dagli anni sessanta in poi, che la trasmutazione, processo noto in alchimia in cui un elemento chimico viene trasformato in un altro, si realizza costantemente nel nostro organismo, date alcune condizioni. Gli operai e i tecnici che nel 59 lavoravano sotto il sole ardente del Sahara, consumavano forti dosi di sale marino, talvolta in pillole; ma nel loro sudore e nelle loro urine era fortemente presente il potassio. Dove se nera andato il sodio? La soluzione del mistero stava nella trasmutazione del sodio in potassio. E a proposito di astri: nella tradizione spagirica una pianta, lequiseto, governata dal pianeta Saturno; questo pianeta, nel corpo umano, governa principalmente le ossa e pi in generale i processi minerali dellorganismo. Lequiseto svolge unazione benefica nella demineralizzazione e remineralizzazione ossea. Il segreto consiste nella trasmutazione del silicio in calcio. Analogie. Le avrei ritrovate, e avrei ritrovato anche Kervran. I tre principi filosofici ispiratori della spagirica consistono nelle tre sostanze: mercurio, zolfo, sale. Il principio vitale, lanima e la coscienza, la materia. Non sono in relazione con gli elementi

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consueti che conosciamo, appartengono al regno ermetico dellalchimia. La loro denominazione quindi simbolica. Il vero mercurio degli alchimisti corrisponde materialmente allalcool rettificato con antimonio; lalcool etilico non esiste in natura allo stato libero, occorre ricavarlo dal processo di fermentazione delle piante, distillarlo e separarlo dagli alcool amilici, che sono impuri. Lo zolfo trova la sua relazione con gli oli essenziali, ma pi complesso ottenere la parte fissa, detta anche sale dello zolfo. Attraverso la filtrazione su carta finissima del liquido fermentato, si procede alla evaporazione, finch non si raggiunge la consistenza del miele; si continua a scaldare finch non si carbonizza, poi si procede alla calcinazione aumentando la temperatura. Resta una sostanza grigio-biancastra, il sale dello zolfo, appunto. Dal processo di incenerazione e calcinazione della pianta, si ottiene il sale, ossia i sali minerali, solubili e insolubili. I primi sono detti sal salis, i secondi caput morfuum. Questi ultimi, composti principalmente da calcio, silicio, fosforo e magnesio, fondono a pi di 1500 gradi. Il sal salis, soprattutto potassio in forma di carbonato, cloruro e solfato, igroscopico e fonde oltre i 9000 gradi. La presentazione ci fu di mattina, cos partecip soltanto Maria. Mi disse che aveva ricevuto una buona impressione, che anche il rappresentante aveva avuto i suoi bei guai, molto gravi (si va bene di nulla, pensai), e adesso per era guarito. Le aveva raccontato perfino le sue peripezie alla ricerca di una cura adatta finch non aveva incontrato il dottor Zatteri. Maria disse anche che aveva deciso di provare quella cura, che le avrebbe preparato personalmente il dottor Zatteri. Lei doveva sentirsi per telefono con una sua assistente. La dottoressa la interrog sulla malattia e le chiese la data di nascita. Le spieg come doveva prendere i prodotti per filo e per segno; le disse anche che, accanto a ogni prodotto, sarebbe stata segnata una parola indicante un sentimento. Per ogni parola Maria avrebbe dovuto pensare o mormorare una preghiera, con la massima intensit. Non era necessario essere cattolici, non doveva essere diretta a un dio in particolare, ma doveva esprimere con convinzione quel sentimento. Qualcuno di quei prodotti, ci disse Federica, era talmente ributtante da consigliarne la somministrazione allinterno di unostia, deglutendo rapidamente. Maria non intendeva camuffare le medicine, la sensazione di disgusto laveva superata da un pezzo, diceva, e intendeva conoscere approfonditamente quello che prendeva. Poi, le avevano detto che masticare favoriva la cura. Gherm e mastic anche quelle tali compresse, senza ostia. Vidi la sua faccia stravolgersi e deformarsi. Che schifo! Bleah!. Molto spesso, ma non sempre e con qualche riluttanza, osserv anche lindicazione delle preghiere. Io persistevo nellinarcare le sopracciglia. Stavolta linizio fu pi promettente. La farfalla si affievol notevolmente, sembrava quasi in procinto per la prima volta di volarsene via. Le articolazioni, invece, se ne infischiarono. Anche la febbre, che era comparsa da tempo, continuava a perdurare. Maria cercava di comunicare con il dottore, ma era irraggiungibile, lassistente faceva sempre da filtro. Avvertiva sempre il bisogno di qualcuno che, oltre a prescriverle una cura, la seguisse passo passo. comprensibile, pu essere perfino giustificabile in molti casi, che un medico che tiene sotto cura centinaia e centinaia di pazienti, non sia direttamente contattabile. Non troverebbe pi il tempo per preparare le terapie e i rimedi. Ma, per chi sta veramente male, intollerabile. Nellultimo contatto telefonico che Maria ebbe con la dottoressa, con la febbre continua e i dolori, anche forti, che non accennavano a diminuire, questa le disse che un giorno lei avrebbe ringraziato quella malattia. Fin cos anche quella cura.

La cerca del Graal Un giorno, andando a piedi a fare la spesa, incrociai un vecchio amico che non vedevo da tempo. Anche lui, come me, era alla cerca del Graal, la medicina delle medicine. Sua moglie, una donna unica per coraggio, gentilezza, simpatia ed energia, era di nuovo alle prese con la sua bestia. Il can-

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cro. Era nata poliomelitica, per cui tutto le era stato difficile fin dallinizio. Poi era arrivato il tumore al seno, con conseguente asportazione totale. Negli anni a seguire aveva continuato a essere piena di vita e di gioia. Era straordinaria; dico era perch non c pi: scomparsa, Giovanna. La sua cerca finita. Lultima volta che avevo visto Giorgio, suo marito, era accaduto a una conferenza del dottor Pantellini, il biochimico. Mi ero appartato nel corridoio per fumare una sigaretta e stavo assistendo al dibattito attraverso una tenda. La sala era stracolma e il pubblico entusiasta. Il vecchio scienziato aveva ottenuto i suoi successi, nel corso degli anni. Notai Giorgio solo perch stava seduto in una poltrona vicina a quella tenda. Dapprima mi stupii piacevolmente; scambiare opinioni su questo tipo di iniziative con un amico d un certo sollievo e un senso di complicit, e stavo cercando di farmi notare. Nello stesso tempo mi resi conto che forse, la sua, non era una gita di piacere, come non lo era per altre centinaia di persone. Non lo era neppure per me, ma la mia curiosit e ricerca non erano condizionate da una lotta frenetica contro il tempo. Mi vide, ne fu contento e si alz. Era come temevo: a Giovanna la bestia era riapparsa. Mi chiese tutto quello che sapevo intorno agli studi e ai risultati conseguiti da Pantellini con lascorbato di potassio e io fui particolareggiato. Quando decise di incontrarlo e mi domand come poteva fare, avevo gi notato con la coda dellocchio la segretaria del biochimico, a dieci passi da noi, anche lei intenta a fumare. Ci avvicinammo e presero accordi, dopodich ci ripromettemmo di sentirci. Come spesso accade, invece, per vari motivi non fu cos. Lo ritrovai, dunque, un anno dopo e forse pi, per strada e per caso, visto che abitava in tuttaltra zona di Firenze. Era l per lavoro, insieme a un collega. Gli chiesi della cura di ascorbato e mi rispose che non aveva dato risultati, ma era raggiante. Aveva trovato la soluzione. A sua volta, mi domand di Maria e io, un po scoraggiato, accennai al fatto che, probabilmente, la cura per lei davvero non esisteva. Non vero!, esclam convinto. C la cura per lei! La stessa che per Giovanna. Infatti vuole telefonarle nei prossimi giorni. una cosa incredibile a dirsi, va bene per tutto. Aloe, miele e grappa, e in dieci giorni scompaiono cancro e tutte le malattie degenerative. Dovevo sembrare un pesce lesso, con la bocca spalancata. Conoscevo, di nome, laloe vera, usata per cosmetici e pomate varie, ma a quanto pare era unaltra famiglia. Ma come, dove .... Lha scoperta un missionario in Brasile, un frate francescano. Da quelle parti la usano comunemente, lui la sta divulgando. Ma devo scappare, sentiamoci stasera per telefono. Lui e Giovanna spiegarono di essersi gi procurata la pianta, ci indottrinarono sulla ricetta e ci fornirono il telefono di unassociazione di Lucca, Amici dellAloe. Telefonai il giorno dopo e la persona con cui parlai mi raccomand di acquistare una pianta di almeno cinque anni, cresciuta in ambiente privo di smog, pesticidi e veleni vari. Su mia richiesta, consigli un vivaio in provincia di Lucca e mi sugger come arrivarci e individuarlo. Ci andammo il sabato successivo, ci facemmo consigliare dalla vivaista sulla scelta della pianta, unaloe arborescens di almeno quindici anni, e apprendemmo con piacere che possedevano alcune copie del libro scritto dal frate: Di cancro si pu guarire. Ne acquistammo una copia, alloggiammo la pianta con delicatezza nella macchina e ripartimmo con entusiasmo verso Firenze. Nel frattempo avevo trovato notizie in Internet, e anche la ricetta divulgata dal frate. Nellambiente era gi nota come La ricetta di padre Zago.

La ricetta di padre Zago Leggemmo il libro, anzi lo divorammo. La comunit dei Frati minori si ristorava dopo unaltra dura giornata di lavoro, a Rio Grande do Sul. Quel giorno la consueta conversazione, dopo aver toccato vari argomenti, volse intorno alla scienza medica e alla enormit delle somme di denaro impiegate senza esito nella ricerca sul cancro. Il padre provinciale fresco di nomina, proveniente da

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una parrocchia della periferia per essere destinato a questo nuovo incarico, asser che dal cancro si pu guarire. La povera gente della baraccopoli lo risolveva quotidianamente. Cit un caso di cancro della pelle, risultante dagli esami medici, completamente risolto. Accenn alla guarigione di personaggi famosi con lo stesso metodo, e la notizia di personalit di rilevanza nazionale che si erano sottoposte allo stesso trattamento. Afferm che si tramandava per tradizione orale e sugger che era un metodo privo di discriminazioni, guariva ricchi e poveri. Sbalorditi, gli altri frati chiesero di conoscere quella formula magica. Presto fatto: mezzo chilo di miele dapi, due fogli di aloe e tre o quattro cucchiai di grappa; spinate le foglie, si mette tutto nel frullatore fino a ottenerne una crema. Si conserva in frigo nello scomparto della verdura e se ne prende un cucchiaio a colazione, uno a pranzo e uno a cena. E, come si dice, agitare prima delluso. Possibile? Era la manna dal cielo. Come mai non se ne sapeva nulla? Bisognava annunciarla in tutto il mondo. Il frate rispose che gli interessi in gioco erano troppi. Guarita la malattia si sarebbe dissolta la smisurata ricchezza che ne derivava. Non sarebbe stato permesso. A questo punto i frati si erano ritirati per i vespri, ma uno di loro, Zago, aveva imparato la formula a memoria, deciso a rammentarsela. Diverso tempo dopo, durante lattivit di parroco in regioni sperdute, padre Zago venne a conoscenza della grave malattia che aveva colpito uno dei suoi parrocchiani: cancro alla prostata. Fu convocato in ospedale dai familiari per somministrare lestrema unzione e per lultima confessione; secondo i medici restavano pochissimi giorni. Assolte le sue funzioni, ricord il preparato e ne parl con la moglie del moribondo. Lei rest incredula; si smarr in devoti ringraziamenti ma non ne fece di nulla. I medici le avevano detto che non cera pi niente da fare e doveva certo essere cos. Il frate non si arrese e parl con il figlio del parrocchiano. Lui si convinse e promise che avrebbe provveduto fin dal giorno successivo. Poi padre Zago prosegu il suo cammino verso i paesini della zona. Otto giorni dopo incontr la figlia dellammalato. Questa gli disse che suo padre era stato dimesso per morire in casa, che era ormai debole e rinsecchito. Aveva preso e continuava a prendere il preparato, ma quella malattia lo aveva distrutto. Era per successa una cosa strana: quella protuberanza nel basso ventre, come una palla da tennis, era scomparsa. Dopo pochi giorni, quelluomo cominci a riprendere le forze e scese dal letto. Pi tardi, riprese il lavoro della terra con laratro e i buoi. Adesso, a ottantanni, stava perfettamente bene. Questa fu la prima verifica della formula da parte di questo frate. In seguito fece delle ricerche e scov la stessa formula in dei libri, con qualche piccola variazione, e continu a divulgarla e a somministrarla con grande successo. Era riuscito a risolvere vari tipi di cancro ed era giunto, con piccole correzioni, alla sua formula finale, fissando a trecentocinquanta grammi la quantit dellaloe. Non tutti si erano salvati. Padre Zago offriva alcune possibili spiegazioni: foglie troppo secche o troppo giovani, miele artificiale, errori di dosaggio, sospensioni o interruzioni della cura, cause di origine sconosciuta. Poi segnalava qualche effetto spiacevole che in certe casi la pozione poteva provocare. A pagina cinquantasette trovammo infine lelenco delle malattie per le quali era stata usata e che aveva guarito, una quantit incredibile. Al punto ventinove stava scritto: guarigione dal lupus. Vedere quelle tre parole in fila, una dietro laltra, faceva un certo effetto. Potevamo iniziare, non era un tentativo ma una vera e propria prova che altri avevano gi superato. Intanto, alcune settimane prima era successo questo: la zia materna di Maria, che quando andavamo gi ad Andria era praticamente fissa in casa dei miei suoceri, a sbrigare le faccende ed aiutare la sorella a cucinare, qualche anno addietro era stata operata per un tumore allutero. Adesso si era rifatto vivo e un medico di Andria le aveva consigliato di venire a Firenze per farsi visitare da un luminare che conosceva e rifare le analisi; prese appuntamento e ci recammo alla visita. Il medico chiese il ricovero durgenza, cos la portammo a Careggi e iniziarono subito gli esami. Quando furono pronti i risultati, ci recammo dal medico di reparto. La notizia era che non cera pi niente da fare, le recidive allutero sono micidiali.

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Iniziammo a darle lascorbato di potassio che era avanzato a Maria, poi, prima che ripartisse, le consegnammo una confezione intera che avevo acquistato a quello scopo. Era gi un pezzo che lo prendeva, ma la situazione non era cambiata. Telefonammo a una delle sorelle di Maria per parlarle dellaloe. Io partii con la pozione magica. Coglievo le foglie subito dopo il tramonto, secondo le istruzioni, le pulivo con un panno umido, le spinavo e le cacciavo a pezzi dentro il frullatore con il miele biologico e la grappa purissima. Vuotavo il contenitore in un barattolo di vetro ricoperto da foglio dalluminio per proteggere la pozione dalla luce e lo riponevo nello scomparto delle verdure nel frigo. Maria incominci stoicamente a prenderla, a me dava un po di voltastomaco gi solo a prepararla. In Puglia avevano scoperto che in un paese vicino un maresciallo in pensione aveva una grande siepe di aloe e preparava lui stesso il miscuglio per chi gliene faceva richiesta. Cos, anche la zia part con quella cura. Il tempo passava, ma in Maria cambiamenti non se ne videro, le condizioni e le analisi restavano stabili. Dal Sud le notizie erano pi confortanti; le condizioni erano migliorate gi dopo pochi giorni, la zia si sentiva sempre meglio. Poi arriv linformazione sperata: medici annunciarono con grande stupore che il tumore non cera pi. Raccomandammo di continuare per un po e poi attenersi alle prescrizioni sulla prevenzione. Era eccezionale toccare con mano e finalmente per via diretta un risultato cos straordinario, anche se Maria, come gi era successo pi volte, malediva il fatto di essersi presa una malattia cos tenace quanto lei. Avrebbe sperato di prendersi il cancro, piuttosto, convinta comera di poterlo sconfiggere. Continu con laloe con un minuzzolo di entusiasmo in pi. Non serv a niente; ricominci a peggiorare, e la farfalla era tornata ben salda al suo nido. Cominciai a pensare davvero che esistesse unanalogia fra la malattia e il suo carattere, e che se fosse stata meno tenace e caparbia, forse avrebbe raggiunto risultati migliori. Fu tenace ancora una volta e lo fu fino in fondo. Credeva di avere capito che con lei nessuna strana terapia avrebbe funzionato. Non aveva certo provato tutto, ma aveva fatto del suo meglio. Adesso doveva agire con la forza della disperazione. Si incune pi convinta che mai in un digiuno di proporzioni bibliche.

Fino allultimo respiro Dur ventisette giorni e non guar. Neppure quella era la sua medicina. Non us per tutte le accortezze che suggeriva Armstrong nel suo libro, sembrava quasi che fosse lultima spiaggia, o Roma o morte. Fino al ventesimo giorno mantenne mentalmente, ininterrottamente, il rapporto con il cibo. Poi ruppe i rapporti con tutto, anche con la vita e con il mondo. Quando si decise a cessarlo, dietro insistenza dei suoi cari ma stavolta anche mia, che non riuscivo a vedere sbocchi e mi sembrava fosse destinata a spegnersi, pesava trentasette chili. Si riprese lentamente, e tutti tirammo un sospiro di sollievo. Poi la vita riprese il suo corso, o almeno quella parvenza di vita. Se ne erano andate, forse per sempre, anche le mestruazioni. In quei giorni era in corso una protesta, nel quartiere, contro la collocazione di un ripetitore per la telefonia mobile. La scelta sciagurata riguardava uno stabile distante trenta metri dalla scuola elementare e materna che frequentava anche Manfredi, e cinquanta o poco pi da un asilo nido. Quella sera stessa anche io e Maria ci recammo a un incontro pubblico con lassessore competente. Nel corso del dibattito prese la parola un medico che scalz mattone per mattone tutte le diffidenze che potevano ancora esserci in merito alla pericolosit di quelle frequenze, citando esempi che potevano dimostrare non una vaga nocivit, ma precisamente un certo tipo di malattia corrispondente a quel certo tipo di frequenza sviluppata. Quando lassessore, un po dubbioso sullargomento, pro-

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pose di costituire un team di esperti, il medico, gentile ma fermo, ne sostenne lassoluta inutilit di tempo e di spesa, giacch su Internet si potevano trovare migliaia di notizie circoscritte. Quasi quintali di ricerche svolte dai nomi pi noti a livello internazionale, che non fossero al soldo delle compagnie dei telefoni o dei produttori dei cellulari. Non dava scampo: lui stesso, si comprendeva bene, era un esperto sullargomento. I giornalisti presenti, alla fine dellincontro, lo assediarono per informazioni e il giorno dopo sulla cronaca di Firenze apparve la notizia che questo medico, fra laltro, aveva in cura parecchi bambini affetti da leucemia, provocata a suo dire proprio dallelettrosmog. Qualche giorno pi tardi unamica di Maria pass a trovarla e tent di spronarla a recarsi da un suo conoscente, in un paesino in provincia di Monza, ma vicino al confine, che praticava una tecnica di cura allavanguardia nel settore alternativo, qualcosa che aveva a che vedere con le vibrazioni e la risonanza. Cominciavo veramente a stufarmi. Cerano delle difficolt notevoli per un viaggio del genere. Il lavoro, il bambino piccolo, la spesa. Avevo gi incontrato questo tipo di terapia sia in Internet che al negozio di Federica. Di certo qualcuno mi aveva accennato alla cosa, anche se ne sapevo ancora poco. Ero sicuro, per, che anche a Firenze avremmo trovato qualcosa del genere, cos mi recai al negozio di Federica. Le parlai del tipo che curava con la medicina vibrazionale, su al Nord, e delle mie perplessit. E c bisogno di andare fin lass? Qui a Firenze c il dottor Greco che il massimo in questo campo. Fa corsi e convegni sulla radionica. Evitai di interrogarla sulla radionica, non avevo pi sopracciglia da inarcare. Il nome del medico non mi era nuovo, forse me ne aveva gi parlato. Presi il numero di telefono della farmacia presso la quale fissavano gli appuntamenti e Maria decise di fare anche questo tentativo. Restammo contrariati quando la farmacista ci indic il primo giorno disponibile, pi o meno tre mesi dopo. Tornai da Federica. Stavolta cera Matteo, il suo socio. Mi disse che avrebbero pensato loro allappuntamento, un buco ce lavrebbe trovato per unemergenza come quella. Un paio di giorni dopo, infatti, mi comunic che laveva fissato per la settimana successiva, e mi sentii sollevato, perch Maria era di nuovo in preda ai blocchi articolari. Ci recammo allappuntamento, suonammo il campanello e il portone si apr. Ci infilammo nellatrio del palazzo e mi accorsi che cerano delle scale da salire. Era una disdetta, perch Maria era ridotta proprio male. Riusc a fatica a superare le due rampe di scale, mentre il medico, un uomo pi o meno della nostra et, ci aspettava sulla porta dello studio. Ora ricordavo quel nome, era quello apparso sui giornali, lo riconobbi subito per il bastian contrario inflessibile della serata con lassessore. Ancora non potevo neppure lontanamente immaginarlo, ma quel medico, che non lavrebbe guarita, si sarebbe dimostrato una persona straordinaria e un amico.

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IV
Omeopatia per elefanti Latrio era vuoto. Compresi che la prima visita sarebbe durata a lungo. In seguito avrei trovato spesso lanticamera gremita, e scoperto che cera gente che veniva da ogni parte dItalia per una sua cura. Restammo in quello studio quasi due ore. Dopo i saluti e i ringraziamenti per aver accelerato la visita, scambiammo qualche parola sullincontro pubblico di quella sera. Ci chiese lindirizzo e disse che anche lui abitava nei paraggi. Poi pass alla visita. Chiese di tutte le esperienze fatte, conosceva anche lui tutti quei metodi e disse che laloe la utilizzava anni addietro, nelle cure, e qualche volta gli capitava anche adesso, sebbene pi raramente. Spese qualche parola anche sullo zapper. Disse che gli americani ce lhanno di vizio di tirar fuori qualcosa, che non neanche farina del loro sacco, e di convincersi di guarire tutti i mali del mondo. Sullurina ascoltai qualcosa che somigliava alla magia pi di qualsiasi altra cosa avessi sentito o letto in precedenza. Ci raccont che il suo maestro, il medico col quale aveva svolto studi e ricerche per lunghi anni e che ormai era scomparso, aveva curato il cancro con quella e un accumulatore organico, ottenendo guarigioni anche nel giro di dieci giorni. Io ero sbalordito. Sapete cos lenergia organica?. Tornai in un lampo ai vecchi studi scolastici ed extrascolastici. Rammentai anche un libro: La rivoluzione sessuale. Gli studi di Reich, mi pare. Esatto. Lurina centuplica la sua potenza dentro un accumulatore. Chiese a Maria di togliersi catenine, orecchini, orologio, anelli, insomma tutto il metallo di dosso. Continuavo a essere sbalordito, ma una vena di diffidenza e scetticismo, blanda ma costante, non mi aveva mai abbandonato. Se ne accorse, non so come fece ma se ne accorse, o forse era la normale prassi: mi cacci. Andai a leggere in anticamera. Fu l che notai una fotocopia della copertina di due libri scritti da quel medico e dalla sua compagna. Ne presi nota a mente e mi ripromisi di iniziarne la caccia in qualche libreria. Trascorse diverso tempo nel quale, pi che riuscire a capire quello che leggevo, mi interrogavo su quale strano rito si celebrasse l dentro o quale astruso macchinario fosse stato messo in azione, sebbene non udissi rumori di sorta. Infine fui richiamato dentro. La cura era stata elaborata. La scrivania era ingombra di fialette da test indicanti i termini pi strani, decine di confezioni ognuna con decine di fiale. La prescrizione riempiva completamente il foglio, era una cura da elefante. Si trattava di rimedi omeopatici, e in aggiunta un paio di prodotti fitoterapici. Oltre alla quantit, cera unaltra grande novit: parecchi di quei prodotti erano in fiale. Maria sembrava tranquilla e sollevata. Il medico ripet davanti a me le modalit di assunzione dei rimedi, poi mi si rivolse direttamente. Queste fiale vanno usate insieme. Lei si deve procurare una comunissima crema, una qualsiasi tipo Nivea, e in ogni duecentocinquanta grammi di crema deve vuotare tutte queste fiale. Poi mescoli bene tutto, amalgamando con un coltellino di plastica; mi raccomando, niente metallo. Le conviene prendere un chilo di crema al supermercato, cos risparmia, moltiplicare per quattro le fiale e usare un grosso contenitore di vetro, per fare una dose sufficiente per diverso tempo. Dovr aiutare sua moglie a spalmarsela addosso due volte al giorno. Il cortisone lo ridurr gradatamente, tre quarti un po di giorni, poi mezzo, un quarto, un pezzettino, finch potr cessarlo. Poi si rivolse a Maria. Adesso mi disegni su questo foglio la piantina di casa vostra. Lei esegu. Intanto il medico posava la mano sinistra su qualcuna di quelle fiale e teneva il braccio destro lungo il fianco. Era nascosto dalla scrivania, ma notai che lo muoveva. Poi spostava la mano sinistra su altre fiale e proseguiva quella singolare operazione. Con una specie di sorriso ebete sul viso, mi pareva di vedermi, dissi: non ho il coraggio di chiederle che cosa sta facendo.

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Lui annu, e mentre Maria terminava la piantina lui si alz e mi venne accanto. Opponga il pollice della mano destra allindice e allanulare uniti, cos. Pos una fiala davanti a Maria. Signora, lei guardi quella fiala. Lei, invece, stringa forte e guardi sua moglie. Non avevo la minima idea di cosa avrebbe fatto. Afferr con la mano sinistra il mio pollice e con la destra le altre due dita. Allarg le braccia con forza per divaricare la mia morsa. Non ce la fece. Sostitu la fiala con unaltra. Ripetemmo loperazione e stavolta le dita mi si aprirono come foglie. Continuammo altre due o tre volte con altre fiale e con esiti diversi. Eppure io stringevo sempre con forza e lui impiegava sempre la stessa energia, lo sentivo. Prese le fiale con cui la morsa era restata intatta e me le mostr insieme alla ricetta. Queste fanno parte della cura per sua moglie. Se la guarda mentre lei osserva queste, tutta la sua forza inalterata Afferr poi le altre. Questi rimedi a sua moglie fanno male, e lei lo sente e si indebolisce. Ogni persona ha la sua cura. Siamo tutti diversi, non esiste un rimedio che in tutti cura quella stessa malattia, esistono invece rimedi che curano in quella persona quella e altre malattie. Mi ha chiesto cosa stavo facendo. Facevo quello che abbiamo fatto ora insieme, solo in maniera diversa Ero stupefatto, ma affascinato. Il medico si sedette e prese la piantina di casa, ricominciando il cerimoniale della mano sinistra tesa e laltro braccio lungo il fianco. Dopo pochi secondi us una biro per segnare delle linee sulle varie stanze disegnate. And avanti qualche minuto, alternando il sentire con il segnare. Questa casa piena di correnti dacqua sotterranee. Lei da che parte dorme, signora?. Guardai la piantina. Proprio dalla parte in cui si incrociavano due linee. Questo un incrocio di acque, il punto pi nocivo. Dove mangia?. Altro punto attraverso il quale passava una linea. In quale altro punto si trattiene a lungo quando in casa?. Alla sua scrivania, a dipingere gli acquerelli che quando stava un po meglio vendeva ai turisti. L accanto cera una linea che chiudeva quel lato della stanza, tutto dannoso. Rammentai le discussioni sulla disposizione dei mobili e sul posto letto, al momento in cui prendemmo possesso dellappartamento. Mi impuntai sul lato del letto, ma senza particolari obiezioni da parte sua. Discussioni, invece, ce ne furono sul posto della mia scrivania; avrebbe voluto la mettessi dove adesso cera la sua, ma io non ne volli sapere e la disposi in un posto buono, senza motivi validi apparenti. Il mio posto a tavola era altrettanto buono. Coincidenza? Chiese a Maria di disegnare la pianta di quelle specie di sgabuzzino che avevamo abitato per otto anni. Lesamin e afferm che era tutta marcia. Doveva aver contribuito in larga misura allinsorgere della malattia. Ci fece rivoluzionare la camera da letto. Per vari motivi non potevamo scambiare le scrivanie, quindi le consigli di trattenersi il meno possibile in quel punto. Si era ormai in piena estate, fissammo il nuovo appuntamento per linizio di settembre. Ci fece un grosso sconto sulla parcella, senza nessuna nostra richiesta. Quella sarebbe stata la prima e lunica volta che avrebbe accettato di farsi pagare la parcella da noi.

La bacchetta del rabdomante Giunti a casa, mi recai alla vicina farmacia. Il medico mi aveva indottrinato su quali case produttrici avrei dovuto indirizzarmi, a seconda delle caratteristiche dei prodotti. In pi, nessuna farmacia, neppure la pi specializzata in omeopatia, avrebbe potuto fornirmi subito tutta quella merce; quindi, tanto valeva la pi vicina a casa. Quella spesa sarebbe stata una discreta botta per le nostre finanze. Spiegai quello che mi serviva e mi fecero appartare con la giovane dottoressa che si occupava di omeopatia. Prese nota di tutto con meticolosit, poi ebbe piet di me e mi assicur un bello sconto,

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senza che neppure immaginassi di poterlo richiedere. Non ero neanche vestito trasandato; cominciai a sospettare di avere una faccia da morto di fame. Sarebbe stato tutto pronto in pochissimi giorni. Tornai a casa per il trasloco dei mobili di camera. Loperazione richiedeva un certo uso di tempo ed energia, e la materia pigra: richiede uno scopo, una motivazione tangibile, per agire. Non cera palpabilit in quellimpresa, ma la facemmo. A Firenze si dice: meglio aver paura che buscarle. La mossa successiva sarebbe stata la ricerca di quei due libri. Li trovai al terzo tentativo. La nuova cura prese il suo avvio, insieme alla lettura. In tutta quella vicenda cera una strana incongruenza: Maria sperava e praticava le cure spinta dalla fervida volont di guarire e dalla disperazione; io svolgevo le mie ricerche con lobiettivo di trovare una soluzione, ma nello stesso tempo mi lasciavo sensibilmente affascinare dagli argomenti che affrontavo. Io mi arricchivo e lei, a ogni insuccesso, si affievoliva. Mi sentivo un po in colpa. Maria rispose sufficientemente bene allinizio, come era capitato altre volte. Ridusse il cortisone fino a un quarto, poi a un pezzettino, e poi lo cess. Su Internet, e sui due libri, imparai che la scienza del sentire si chiama radionica. La rabdomanzia e la radiestesia, ben pi note e altrettanto controverse, ne rappresentano un aspetto parziale. Ci aveva incuriosito anche la storia dellenergia orgonica. Dopodich non restavano che il voodoo e la macumba, ci dicevamo quando volevamo ridere per allentare la tensione. Quei libri introducevano alla tecnica radioestesica e rabdomantica, spiegando che la verga e il pendolo sono strumenti che luomo si dato quando ha perduto la capacit di sentire solo con se stesso. Nessuna bacchetta si muove da sola: sono i minuscoli stimoli muscolari del rabdomante, che reagisce a un campo di frequenze, a imprimere il movimento al mezzo usato, a venire amplificati dalle estremit elastiche degli strumenti. E poi la radionica, in cui tutto risonanza, vibrazione; tutto materia, energia, informazione. E la fisica quantistica, e larchitettura sacra. Scoprivamo un mondo nuovo e straordinario, che collegava tutto, che spaziava dalle filosofie orientali allantica sapienza di civilt ormai scomparse, alle scienze davanguardia, agli eretici e alle menti geniali del ventesimo secolo. Fu l che ritrovammo Kervran, Reich, Hahnemann, Tesla. Fu allora che scoprii che nella biografia di Hahnemann sarebbe stato opportuno aggiungere che praticava la radioestesia e che molte delle sue conoscenze provenivano dai monaci sufi, dai quali, durante un lungo soggiorno in Egitto, aveva appreso le basi della spagiria e dellomeopatia. Imparammo altri nomi, altre fertili menti dedicate alla ricerca, come Albert Abrams, Malcolm Rae, Giuseppe Calligaris, George Lakhowsky e tanti altri. Ritrovai anche un altro nome gi noto, quello di Hamer, il medico tedesco che spiegava lorigine del cancro e delle malattie attraverso cinque leggi biologiche da lui stabilite e mai invalidate, semplicemente snobbate dalla medicina scolastica. Richiesto vanamente di abiurare, fu punito con la radiazione dallOrdine e diffidato dallesercitare la professione medica. In seguito, incarcerato per aver contravvenuto alla diffida. Indubbiamente materia interessante, ma non era ancora venuto il suo momento. Passai oltre. Attendevamo un risultato. Arriv infine agosto, il mese pi infame per i malati. Una febbre persistente cominci a indebolire Maria, insieme ai blocchi paralizzanti. La sera si alzava sopra i trentanove gradi, e non se ne andava mai. Anche il mal di testa, che spesso la angustiava, si era fatto costante e irruente. Te lavevo detto, sono refrattaria allomeopatia, non c niente da fare. Per me come lacqua. Non la cura per me. Allinizio reagisco quasi sempre, poi si torna a peggiorare. Le avevo consigliato di provare con un Moment, non poteva andare avanti cos. Dopo qualche giorno si convinse. Le abbassava la febbre e alleviava lemicrania; ma doveva starsene ugualmente a letto, sempre bloccata. Torn sua madre ad assisterla. Andai a prenderla a Bologna per evitarle almeno lo spostamento della valigia e il terno al lotto del binario giusto, che con allarmante frequenza mutava allultimo minuto. Del dottor Greco, naturalmente, nessuna traccia. Non mi arresi ed iniziai la caccia su Internet. Lo trovai a Catanzaro, indirizzo e numero telefonico. Almeno, aveva lo stesso titolo, dottore, e lo stesso nome e cognome, Vittorio Greco, e lui era di origine indubbiamente calabrese. Provai a chiamare,

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feci fiasco ma fui fortunato: non era lui, ma suo cugino. Avevo dimenticato le usanze meridionali sui nomi, che sovente si ripetono tra cugini. Mi forn gentilmente il numero giusto e stavolta ci azzeccai. Mi scusai profondamente per averlo disturbato durante le vacanze, ma non mi dette peso e mi chiese di raccontargli tutto. Maria non era in condizione di alzarsi dal letto, allora mi ordin di tenere in mano qualcosa di suo. Sbalordii ancora una volta; applicava il sentire a distanza. Silenzio. Stavolta per sapevo cosa stava facendo. Prescrisse tre rimedi e si raccomand di richiamarlo dopo qualche giorno. Nel frattempo, in quel mese, erano venuti a trovarla uno dei fratelli con la moglie e le figlie piccole, in viaggio verso il sud da Brescia. Quella tappa cos faticosa, che li costringeva a passare da Roma invece che da Pescara, allungando di un paio dore la durata gi notevole di quel viaggio, la diceva lunga sulla loro preoccupazione. Dopo averla salutata e confortata per qualche minuto, mentre sua moglie e le figlie scherzavano con lei per rinfrancarla, mio cognato si appart con me. Aveva gli occhi lucidi. Mi chiese se non fosse il caso di portarla allospedale, sembrava si stesse spegnendo. Gli risposi che ci stavo pensando seriamente, ed era la verit. Mi riservavo di cercare di convincerla. I tre rimedi prescritti non avevano sortito effetto, continuava con un Moment al giorno, a volte due. Telefonai al medico per dirglielo e per spiegargli in che condizioni era. Gli dissi anche che ero sul punto di decidere di ricoverarla, e che lei si considerava refrattaria allomeopatia. Nessuno refrattario allomeopatia. Qualcuno reagisce prima, altri hanno bisogno di un tempo pi lungo, e incidono anche le situazioni in cui uno si trova. Ma non esiste insensibilit allomeopatia. Per quanto riguarda il ricovero .... Non si oppose, ma mi spieg per filo e per segno il genere di trattamento che avrebbe subito in ospedale. Disse anche che dopo sarebbe stato ancora pi ardua una risposta allomeopatia. Faccia cos, piuttosto. Prosegua la cura che vi ho dato, e prima di decidere per il ricovero le dia un po di cortisone, magari tre o quattro milligrammi al giorno finch non sta meglio, poi cominci a scalare. Perlomeno, sempre una dose minima in confronto ai quaranta o sessanta milligrammi che le darebbero in ospedale. Noi ci rivediamo allinizio di settembre. Spiegai tutto a Maria e le detti tre milligrammi di cortisone, che lei considerava una dose da cavalli. Lo staff sulle malattie immunitarie ci avrebbe riso sopra. Sua madre passava le giornate al capezzale, pregava e sgranava rosai. Confesso che mi sentivo irritato e la giudicavo deleteria, in quella situazione. Povera donna, faceva il suo. Io ero sotto tensione da troppo tempo, in pi cera il senso di impotenza. Ma quella sensazione che mi dava era da letto di morte, e questo mi faceva ribollire il sangue. Il giorno dopo la febbre era scomparsa e non riapparve. Dal secondo giorno pass a due milligrammi. Riprese le forze, torn lappetito e si sent infinitamente meglio. Sua madre ripart, la accompagnai in treno fino a Bologna; il treno, regolarmente, port ritardo e sfum la coincidenza per Bari. Andai a litigare nellufficio apposito e le trovarono subito un posto sul treno successivo, a prenotazione obbligatoria, convalidando la sua prenotazione. Erano ancora abbastanza gentili ed efficienti. I cambiamenti successivi, fra privatizzazione e nuovi managers, avrebbero di gran lunga peggiorato la situazione.

Circuiti geometrici e numeri sacri Giunse il giorno dellappuntamento dal medico. Fu contento di vederla in buone condizioni. Dopo un breve ripasso della situazione, apport qualche lieve modifica alla cura, perch qualcosa era cambiato. Dopo avere scritto, pos la penna e mi guard. Deve disegnare un rettangolo e un quadrato. Va bene anche se lo fa al computer, purch il segno sia grosso e la sua stampante non sia laser. Domattina alle nove e mezzo venga qui, le dar un grafico che disporr allinterno del quadrato e faremo un corso accelerato di radionica. Presi nota. II quadrato di che misura?.

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Dunque, il rapporto migliore 1,618 .... Inarcai le sopracciglia che nel frattempo erano tornate. Ah! Il rapporto aureo!, esclamai. Certo. Il numero delluniverso. Lo faccia di 16 centimetri di lato, se ci riesce di 16,2. Il pi approssimato possibile. Poi mi parl del rettangolo, che doveva essere diviso in due parti, una pi piccola e una pi grande, sempre in proporzione aurea. Il lato grande, quello con la parte piccola a sinistra, doveva essere orientato a nord. In quella piccola avrei dovuto mettere la piantina dellappartamento, in quella grande una piantina stavolta vera, la tillantia juncea, una pianta grassa. Altre piantine di tillantia dovevo sistemarle in vasi e riporle sotto al letto, dalla parte dove dormiva Maria. una protezione eccezionale contro le radiazioni elettromagnetiche. questa, disse mostrandomi una piantina sulla sua scrivania. A me lhanno regalata, non so dove potr trovarle. Ci alzammo e Maria chiese quanto dovevamo. Ci salut e disse che non se ne parlava nemmeno. Era strabiliante, la prima volta che ci capitava che un medico rifiutava la sua parcella. Insistemmo inutilmente. Quella sera svolsi i miei compiti al computer. Avevo un ottimo programma di impaginazione, per cui il quadrato non lo feci di 16 e neppure di 16,2, bens di 16,18. Il Numero. Avevo con me le figure geometriche, volevo mostrargliele. Prima di recarmi allappuntamento feci un primo tentativo per la tillantia; chiesi al fioraio del mercatino rionale. Niente da fare. Inforcai la bicicletta e attraversai il centro storico; mi fermai a un chiosco di fiori in piazza Repubblica. La fioraia non ce laveva, ma mi assicur che lavrei trovata il gioved mattina proprio sotto i portici, per lappuntamento settimanale con la mostra dei fiori. In effetti, il gioved successivo le avrei trovate e acquistate cinque, sistemandole poi come da istruzioni. Il medico osserv compiaciuto quadrato e rettangolo gi pronti. Si vedeva che facevo sul serio. Da quel momento passammo a darci del tu. Un mio amico aveva il lupus. Si era comprato una casa in campagna e dopo un anno gli era venuto il lupus. Venne da me e io testa i la sua stanza da letto. Per lui era micidiale. Ha cambiato stanza e fatto la mia cura. Adesso sta bene, non ha pi niente. Mi consegn il grafico, un poligono irregolare con un puntino allinterno, da una parte. Dopo averlo appoggiato allinterno del quadrato, dovevo metterci sopra un bicchiere assolutamente liscio, senza marchi o segni di alcun genere, pieno di acqua minerale. Il puntino del grafico doveva trovarsi esattamente al centro della base del bicchiere e il grafico non doveva assolutamente bagnarsi. Trascorsi venti minuti, Maria avrebbe potuto bere, e cercare di bere sempre lacqua di quel bicchiere che andava via via riempito, senza che neppure una goccia bagnasse il grafico. Quanta ne deve bere?. Quanta ne serve. Deve bere quando ha sete. Guarda, non lo prendere sottogamba questo grafico, c chi ha passato tutta la vita in queste ricerche. Mi consegn anche un altro grafico e mi insegn lutilizzo, abbastanza complicato, dei due grafici combinati, per un periodo successivo. Poi ci alzammo e dirigemmo verso un lavandino. Questo rubinetto non viene aperto da pi di una settimana. Aveva con s dei foglietti di carta. Apr il rubinetto e bagn il primo, poi richiuse. Guarda il foglio. Rifacemmo il gioco della morsa. Si apriva senza sforzo. Continu con altri foglietti, la morsa si faceva via via pi forte. Poi fece scorrere lacqua abbastanza a lungo e bagn lultimo foglietto. La mia morsa era inattaccabile. Adesso lacqua buona. Mi fece unire di nuovo le dita e passeggiammo per la stanza, io guardando per terra, mentre lui cercava inutilmente di aprirle. Dun tratto, mentre osservavo un angolo sotto la sua scrivania, la morsa si allent.

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L c un nodo di Hartmann. Si tratta di una rete elettromagnetica che circonda tutta la terra. Gli incroci, per noi, sono nocivi. Le formiche, invece, ci costruiscono sopra i formicai, e i gatti li usano per ricaricarsi. Hai visto cosa c, in quel punto, sopra la scrivania?. Cera la piantina di tillantia juncea. Fui poi iniziato alla fase successiva: il giochino della morsa dovevo farlo da solo, usando la mano sinistra per aprire. Oppure potevo tentare di aprire la morsa di un amico o amica. Facemmo un po di esercizi in questo senso, utilizzai Vittorio come cavia, finch non mi fu chiaro il meccanismo. allenamento, solo allenamento. Il sentire non un dono come la chiaroveggenza o il potere di guarigione. Ci appartiene dalla notte dei tempi. Non la bacchetta del rabdomante a far trovare lacqua: solo uno strumento. il rabdomante che la percepisce, solo che ha bisogno di uno strumento perch si persa la memoria del sentire. Tu devi testare sempre la crema e lacqua, perch le situazioni si modificano, e quello che oggi fa bene domani potrebbe diventare inutile o dannoso. Da quel momento in poi non ci furono pi appuntamenti. Dovevo passare ogni tanto per aggiornarlo sulle condizioni, mi riceveva comunque facendo un po di anticamera. Qualche volta chiedeva esplicitamente la presenza di Maria al prossimo incontro, qualche altra era lei stessa ad affermare la propria partecipazione. In quel periodo le tornarono le mestruazioni. In quei mesi conoscemmo anche Valeria, la sua compagna e collaboratrice. Talvolta partecip anche lei alle visite. Non era agevole incontrare Vittorio. Scoprii molte delle sue barriere, che innalzava per continuare le sue ricerche e per svolgere le sue visite con la massima concentrazione. Scoprii anche che il sentire rende esausti, soprattutto con persone particolarmente sofferenti. lo stesso lho visto disfatto successivamente a qualcuna di quelle visite. Spesso e volentieri, semplicemente, non apriva il portone. Il campanello suonava e lui fingeva di niente. Anchio feci diversi viaggi a vuoto. Allora mi dirigevo verso la farmacia e chiedevo notizie. A volte non era proprio a Firenze, altre volte doveva essere in studio. Ma non apriva. Quando, bonariamente, glielo rinfacciavo, mi diceva: insisti, suona. Non ti arrendere. Ma sapevo quel che lo impegnava, e mi risultava difficile impormi al campanello. Intanto, con la riduzione del cortisone si ripeterono i blocchi articolari, e Maria ricominci con brevi digiuni ad alleviarli. Vittorio ci disse che dovevamo fare una specie di rete da pescatori con filo di rame, da mettere sotto il materasso. Non si trova e non ce lha nessuno. Va fatta. Ero stato ben addentro agli espedienti della lavorazione dei metalli. Sapevo che tipo di filo doveva essere e dove procurarmelo. Sbagliai i calcoli approssimativi e acquistai una matassa met della quale sta a tuttoggi appesa al muro esterno del balconcino. Io e Maria escogitammo un sistema per intrecciare la rete. Mi sgangherai le dita ma la rete fu terminata nel giro di qualche giorno. Alle mie dita ci volle di pi, per recuperare. Alla rete dovevamo assicurare un altro filo della stessa matassa e farlo scorrere a filo del muro fino al radiatore, dove andava avvolto al tubo basso, quello di ritorno. Era la messa a terra. Non so come sia, fatto che da allora io non soffrii pi dei persistenti mal di schiena, talvolta anche acuti, che mi coglievano da una quindicina di anni. Per meglio dire, ne soffrii altre due volte, in forma leggera, ma in entrambi i casi ci accorgemmo che, inavvertitamente durante le pulizie, si era staccato il filo della messa a terra. Alla fine lo avvolsi ben stretto ad ambedue i capi.

In memoria di un ficus Maria non ricavava benefici di sorta, seguitava la cura ma solo il cortisone e i digiuni placavano laggressione. Ci torn in mente laccumulatore organico di cui ci aveva parlato Vittorio. Ci ripromettemmo di affrontare con lui largomento. Nel frattempo a Maria era uscito un brutto sfogo sulle gambe. Cosaltro cera, perdio? Continuavo a testare, sia i rimedi che la crema e lacqua dei grafici. Quando arrivai a questultima la morsa si

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allent. Il foglio era perfettamente asciutto, non capivo. Mettemmo lacqua in una boccetta e ci recammo da Vittorio. Vide lo sfogo e test lacqua solo per qualche istante. Non andava pi bene, anzi, era dannosa. Via anche i grafici. Ci scrut seriamente. Dovete cercare di cambiare casa. difficile, lo so. Si era liberato un appartamento l dove abito io, ma questo prima che ci incontrassimo la prima volta. Ormai occupato. Ma voi mettetevi in questo ordine di idee. Se trovate qualcosa, disegnate la pianta e portatemela. Accennammo allaccumulatore organico. Mi osserv con gli occhi che gli brillavano. Avevo imparato a usare correttamente i grafici, molti altri suoi amici si erano incasinati e lui lo riteneva pericoloso. Avevo preparato le figure geometriche e trovato la tillantia in tempi record. Avevo fatto la rete di rame, un campione della quale aveva potuto esaminare, ed ero lunico che conosceva ad aver affrontato e svolto questo compito. Anni addietro ho tentato di farlo. Si tratta prima di tutto di costruire tre cilindri di ferro, con la base, perfettamente tondi e in scala. Vale a dire uno grande, uno medio e uno piccolo, inseriti luno nellaltro. Avevo un amico che se ne intendeva e ci provammo. Non andavano bene. Quando li portai in casa, per il differenziale di potenza salt tutto limpianto elettrico. Bisogna prendere la lamiera di ferro, di quello che arrugginisce, piegarla e saldarla, ma non come saldano il ferro, ci vuole un legante diverso .... Ne sapeva poco. Io ero nel mio. Va bene largento?. Inarc lui, stavolta, le sopracciglia. Benissimo. Ma si pu saldare il ferro con largento?. S. Non c nessun problema, a meno che la sollecitazione meccanica ... Devono subire degli sforzi?. Nessuno sforzo. Allora va bene. Lunica difficolt sta nel mettere poi perfettamente in tondo i cilindri. Ci pensai un po. E se si utilizzassero cilindri gi pronti e si saldasse solo il culo?. Quello era linguaggio aulico, metallurgico. Scuola di argenteria fiorentina. Ancora meglio, se possibile. E per quanto riguarda le misure?. La pi piccola deve essere in grado di contenere una boccetta o un rimedio da potenziare. Le altre, naturalmente .... In rapporto aureo. Esatto. In larghezza e in altezza. Promisi di impegnarmi nel progetto. Vittorio, intanto, modific la cura, e seguit a parlare. Uno di quei tentativi lo portammo comunque a compimento, e siccome il risultato non rispettava le condizioni, il mio amico se lo port via e lo install nella limonaia. Da allora i limoni crescono rigogliosi. Giunti a casa, Maria, che non sprecherebbe mai nulla, vers lacqua della boccetta nel vaso con il ficus, prese il bicchiere con lacqua sopra il grafico e ci vers anche quella. Il giorno dopo, la pianta si ammal vistosamente. Pochi giorni pi tardi, il ficus era morto. Da tempo non lavoravo pi nel campo dei metalli. La crisi aveva colpito a fondo nel settore e la riduzione era stata drammatica; alla produzione fu quasi totale. Dovevo trovare unofficina meccanica che potesse svolgere il lavoro dei cilindri con estrema precisione, senza errori n dolorosi investimenti finanziari. Passai molto tempo nella ricerca, ma alla fine trovai quella giusta e parlai col titolare, maestro del mestiere, senza motivare la mia ordinazione. Ci vuole il C40. Ferro al carbonio. Mi consegn un catalogo dei tubi in commercio, con tutte le misure. Si trattava di scegliere allincontrario, dal pi grande al pi piccolo, per limitare la spesa. Un conto era fare una rettifica di qualche decimo, altro era scavare millimetri. Mi lasci nel suo ufficio con un calcolatore e in dieci minuti operai la mia scelta e gli consegnai le misure.

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Ma il culo deve essere proprio saldato?, chiese. Perch senn si potrebbe fare una scanalatura ai cilindri, dilatarli col calore e piazzarcelo a incastro. Perfetto. Era proprio perfetto. Nel giro di una settimana me li consegn. La tolleranza era di pochi centesimi. Perfetto.

A spizzichi e bocconi Lo sfogo sulle gambe era pian piano scomparso, iniziava invece a comparire un leggero gonfiore alle caviglie. La paura della casa aveva iniziato a terrorizzare Maria. Avevamo discusso del problema, e cominciato a cercare in giro, ma gli affitti per unabitazione come la nostra, con gli aumenti stratosferici del mercato, erano proibitivi. Maria camminava per casa rasente i muri, tentando di scansare le linee immaginarie che ne segnavano la pericolosit. Era una situazione grottesca. Nei tempi morti continuavo le mie ricerche, nel corso delle quali incontrai largento colloidale. Un altro prodotto miracoloso, sembrava. I siti internet, per, si copiavano lun laltro, o meglio, condividevano la stessa fonte di informazioni. Nelle pagine dedicate si affermava che, mentre i comuni antibiotici distruggono solo pochi tipi di batteri, largento ne stermina pi di seicento; inoltre funghicida e antivirale, e poche gocce di quella sostanza riescono a rendere potabile lacqua pi malsana. Largento veniva anche usato nei viaggi spaziali per i depositi di acqua e luso dellargento colloidale nelle cure di malattie era documentato fino allavvento degli antibiotici da banco, o almeno fino agli anni trenta. Se corrispondeva a verit, ancora una volta le grandi multinazionali farmaceutiche avevano steso un velo su ci che non creava grande profitto. Fra le motivazioni sulla messa in disuso di questa sostanza, cerano i costi di produzione eccessivi. Trovai lo schema per produrlo e, pur non essendo un elettrotecnico, mi resi conto che era piuttosto semplice e assolutamente economico. Occorrevano tre pile da nove volt collegate in serie, due morsetti a coccodrillo, acqua distillata o meglio ancora bidistillata, e due barrette di argento purissimo, non comunemente in commercio. Per me non era un problema, ma non poteva esserlo cos sostanzialmente come affermato neppure negli anni trenta. Scoprii anche tutte le indicazioni e consigli necessari per la realizzazione in casa e le semplici prove per testarne lefficacia e linnocuit. Stampai tutto e mi riservai in seguito di esaminare pi a fondo largomento. Mostrai i cilindri a Vittorio, che li inser uno nellaltro e li test. Sembravo uno studente che attende lesito di un esame. A Vittorio luccicavano gli occhi mentre, sorridendo, annuiva. lo avevo fretta di cominciare questaltra avventura, ma il mio mentore procedeva a spizzichi e bocconi. Adesso devi costruire, con lo stesso concetto, un contenitore in legno che li contenga, sempre in rapporto aureo. Deve essere un legno privo il pi possibile di venature, tipo Obece, possibilmente senza luso di colla e senzaltro senza viti n chiodi. Come dirlo. Ero quello delle imprese impossibili. LObece, per via del tanfo nella lavorazione e della predisposizione alla tarlatura, era praticamente uscito dal mercato, quindi scelsi il Jelutong. Avevo lavorato anche il legno, in passato, e mi riconoscevo una certa competenza. La misura del contenitore, per, e il fatto che doveva contenere i tre pesanti cilindri di ferro, mi imponevano di preparare gli incastri e di incollarlo. Sar pure possibile evitarlo, ma era fuori della mia portata. Anche gli artigiani che avevo consultato mi assicurarono che era indispensabile. Ero un po abbattuto. Non avevo molta voglia di fare giri a vuoto nella speranza di essere ricevuto da Vittorio. Non avevo neppure il suo numero di cellulare, tranne uno riservato al mercoled, per via della solita schermatura. Credo non ce labbia nessuno al mondo tranne la sua compagna, Valeria. Per avevo il numero di Valeria. Fui fortunato perch era con Vittorio e me lo pass. Disse che potevo incollarlo con colla vinilica. Al.

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Tornai al suo studio con tutta lattrezzatura. Solito esame e promozione. Passo successivo: avvolgere i cilindri con del feltro assolutamente naturale, in maniera di riempire gli interstizi, e negli angoli rimasti vuoti del contenitore in legno pressarci batuffoli di lana grezza. Di lana eravamo pieni, grazie alla sana abitudine di Maria, ereditata dalla madre, di usarla per i cuscini e i guanciali. Ma il feltro naturale? Cominciai a cercarlo presso i tessitori e tappezzieri di Santo Spirito. Ne trovai di sintetico, di parzialmente sintetico, di moderatamente sintetico. Alla fine scoprii lindirizzo di un grossista che ce laveva anche naturale. Feltro di lana al cento per cento. Ne acquistai quanto occorreva e, con Maria, eseguimmo le indicazioni. Laccumulatore organico era pronto, ed era perfino bello a vedersi. Vittorio mi aveva consegnato un paio di grafici, simboli antichi abbastanza noti che avrei dovuto incidere sulle facce del contenitore, dicendomi che non avrebbero guastato. Erano un optional, non lo feci. Mancavano per ahim ancora due elementi, affinch funzionasse perfettamente. Lo seppi nellincontro successivo con Vittorio. Del primo posso dire che se fosse stato in commercio me la sarei cavata con due lire, anzi pochi euro, ma non lo era e me lo procurai con molte difficolt grazie a un amico farmacista presso un ospedale, che mi permise di frugare nel magazzino fra la merce scaduta. Per il secondo, una lega di metallo particolare che avevo conosciuto per caso molti anni addietro, rovistai per tutta Firenze e buttai allaria tutta Internet senza successo. Pensavo che, conoscendone io lesistenza, pur con tribolazione sarei riuscito a rintracciarlo. Sbalordii nello scoprire che era ignoto a tutti coloro che interrogavo. Artigiani, orafi, metallurgici, piccole e grandi ditte, nessuno seppe dirmi qualcosa in merito. Ne riparlai con Vittorio, che mi assicur che cera un tipo, su al Nord, che aveva trascorso la vita a occuparsi di energia organica e degli studi di Wilhelm Reich. Da lui aveva appreso luso di quel metallo, ma non poteva contattarlo perch in passato avevano litigato furiosamente e si erano lasciati in malo modo. Comunque lui se lo procurava, o almeno se lera procurato anni addietro, senza impedimenti. Deve esserci qualche procedimento particolare nella fusione a renderlo cos speciale. No, risposi, non pu essere nella fusione. Ci deve essere qualcosaltro dentro. Qualcosa di diverso nella composizione della lega. Continuai a sbattermi. Qualche strana remora mi imped di prendere contatto con le mastodontiche imprese metallurgiche, finch pensai che non ci fosse altra soluzione. Ma non ce ne fu bisogno. Un vecchio conoscente con una piccola ditta di oggetti metallici in Santo Spirito si attacc al telefono e parl con un esperto, che conosceva bene, della pi importante azienda del settore, fornitrice e produttrice di metalli. Neppure tutta la sua competenza serv: lui stesso si meravigli di non saperne nulla, ma promise che si sarebbe informato e ci avrebbe richiamato nel giro di qualche giorno. Lesito fu sconfortante, ma almeno ne fu formalizzata lesistenza, e mostrai di aver avuto ragione sulla composizione. Aveva svolto ricerche presso luniversit e aveva scoperto che quel metallo non era pi commerciabile da diversi anni, salvo permessi assolutamente speciali e limitati, perch uno dei componenti il cobalto, che radioattivo.

Tutti al mare Intanto, il tempo passava. Maria continuava i suoi percorsi a fil di muro, in casa, e continuava a ingrassare, o gonfiare. Lo sconforto ci si leggeva in faccia, la resa mai. I rapporti telefonici di Maria con Andria erano sempre pi frequenti. O con la madre e il padre, o con la zia che da quando aveva interrotto la cura dopo la guarigione non aveva seguito i consigli per la prevenzione, o con una delle quattro sorelle minori. La maggiore di queste aveva ultimamente preso una sbandata per Ges. Si era impelagata in un gruppo di preghiera che si recava periodicamente in Calabria da un certo padre Lorenzo. Da allora cercava insistentemente di convertire alla militanza tutta la famiglia. Ci provava costantemente anche con Maria, dicendole che cos sarebbe certamente guarita. Che perlomeno andasse una volta con lei in pellegrinaggio da padre Lorenzo, dove facevano le preghiere di guarigione.

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Tanto fece che alla fine la convinse. Come nella canzone della Vanoni: proviamo anche con dio, non si sa mai. A maggio part in treno con nostro figlio per il Sud. Lasci il bambino da sua madre e con la sorella, le nipoti e la zia si imbarc sul pullman per un lungo viaggio di diverse ore a farsi cantare addosso evviva Maria, Maria gratia plena. Quando finalmente sbarcarono non ne poteva pi. A bordo Maria aveva rappresentato unanomalia. Per le funzioni, padre Lorenzo utilizzava un luogo bellissimo e solitario, a strapiombo sul mare, eredit di famiglia. Non esistevano costruzioni, neppure rustiche, e si era indebitato per acquistare un enorme tendone dove si svolgevano i riti e officiava la messa. Suo obiettivo era costruirci una chiesa grazie alle donazioni dei fedeli, che si facevano sempre pi numerosi. Per Maria, quella fu unesperienza mistica indimenticabile. Ne portava ancora i segni al rientro dai suoi, raggiante, tanto che nostro figlio quando la vide disse: mamma, che hai fatto? Mi sembri unaltra!, e lo diceva sprigionando un amore che a lei parve immenso. Gli effetti di quel viaggio si trascinarono per qualche tempo, e rivers anche su di me la sua luminosit. Cominci le sue preghiere quotidiane e un paio di santini presero il posto della tillantia juncea nel rettangolo aureo. Ero seccato, ma evitai polemiche. Ne parlai a Vittorio, mentre ero coinvolto nellimpresa organica, e lui mi raccont di aver assistito a scene di straordinarie guarigioni durante un rito officiato dal celebre esorcista Milingo, al quale aveva partecipato in veste di osservatore. Maria sosteneva di trarre qualche giovamento durante le preghiere, ma per lo pi le condizioni restavano inalterate. E la farfalla imponeva sempre la sua presenza. Eravamo preoccupati, ma ormai ci si avviava verso un altro agosto. Inutile prendere decisioni dellultima ora. Maria, inoltre, confidava di migliorare la situazione grazie anche alla sorella militante, che faceva lestetista e possedeva apparecchiature per risolvere leccesso di liquidi. Partimmo per il sud verso i primi di agosto. Io e mio figlio andavamo tutti i giorni al mare, in auto, vicino a Bisceglie, mentre Maria si faceva maltrattare da massaggi e macchinari. Raccattavamo strada facendo una cuginetta e occupavamo qualche pietra con gli asciugamani, proprio sotto al muretto dove stazionava una striscia dombra. Vedevo molte donne di ogni et sdraiarsi imperterrite su pietre lisce, a farsi abbrustolire dal sole, mentre mariti e fidanzati si inabissavano a caccia di ricci, molluschi e polpi, o si esibivano in una lunga nuotata. Fatalmente il pensiero correva a Maria. Ma come facevano? A me stesso infastidiva anche solo lidea di mettermi a baco a prendere il sole, e poi con tutte le raccomandazioni mediche e mediatiche sulla pericolosit dei raggi ultravioletti ... Eppure quelle donne si esponevano per ore e nelle ore peggiori, e sprizzavano salute. Il mare. Come mancava a Maria. Decisi di portarcela al tramonto, dato che erano assenti i blocchi articolari, sebbene non i dolori leggeri. Laria sarebbe stata pi fresca ma lacqua avrebbe mantenuto tutto il calore della giornata. Lo facemmo pochissime volte. Ovviamente non era la stessa cosa; oltretutto la sera il mare era pi irrequieto e la brezzolina che accarezzava gli scogli non invogliava a tuffarsi, ed entrare e uscire dallacqua camminando sulle pietre scivolose con le giunture anchilosate non era agevole. Una volta tentammo al monastero di Trani, nellansa formata dalla sabbia, ma l il mare era pieno di lunghe alghe, basso, e sembrava di camminare sul catrame. Quando tornammo a Firenze, ricominciai con laccumulatore. A dispetto di quel metallo, avrebbe forse potuto funzionare. Vittorio mi scoraggi, perch oramai si era convinto che nessuna cura avrebbe potuto funzionare in quella casa, che era troppo nefasta. Pronunci anche una frase che mi parve sibillina: la frequenza attira la frequenza. Accade, sebbene raramente, che cambiare posto, luogo, non serva a nulla, perch la persona stessa che attira nuovamente quella frequenza devastante. Comunque mi consegn un nome e un numero telefonico; era di quel tipo su al Nord con cui aveva rotto i ponti, mi consigli di parlare con lui in merito ad una possibile cura del LES con quellaccumulatore, e si raccomand di non fare il suo nome per non essere trattato in malo modo.

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Non essendo un oggetto di uso comune, o che si potesse acquistare da un mobiliere, quando lo contattai mi rivolse delle domande sulla fonte delle istruzioni per la fabbricazione, e fui costretto ad essere evasivo. Lui lo fu pi di me e si limit a procurarmi nome e telefono di un medico toscano con cui era costantemente in contatto. Poi pose una domanda che mi mise in forte imbarazzo, qualcosa del tipo su quale frequenza era tarato il mio accumulatore. Non sapevo neppure di cosa parlasse. Balbettai che non ne avevo la minima idea e maledissi lignoranza in cui mi aveva lasciato Vittorio. Questo lo deve sapere per forza, altrimenti come fa ad usarlo?. Risposi che avrei cercato di calcolarla. Chiesi se pubblicavano un bollettino, o comunque se esistesse della documentazione in merito, e la risposta fu negativa. Non abbiamo un briciolo di tempo neppure per gli appunti, lo riserviamo tutto per la ricerca e la sperimentazione. E ci sono dei risultati?. Eh!, caro mio, tutti i giorni una sorpresa. Anchio ero sorpreso, quando riagganciai. Sorpreso e perplesso.

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V
A un passo dallabisso Maria era tornata ai blocchi articolari, ed era vittima di dolorose coliche. Adesso era chiaro, non ingrassava, gonfiava. Urinava pochissimo. Erano colpiti i reni. Un giorno di ottobre, con estrema riluttanza, decidemmo per il pronto soccorso. La valigia con il necessario era pronta da giorni, per ogni evenienza. Restava da scegliere in quale ospedale: il megacomplesso di Careggi, le moderne strutture di Torregalli o Ponte a Niccheri? Per la vicinanza, e per il sapore di antico, forse anche per chiss quale intuizione, scegliemmo il vecchio ospedale di Santa Maria Nuova, a due passi dal Duomo. Lei era in preda a una colica violentissima, era stravolta dal dolore. Io corsi a prendere la macchina, parcheggiata distante, visto che non voleva che chiamassi lambulanza. Il percorso del dolore le apparteneva, e il mezzo per traversarlo lavrebbe scelto lei. Mentre uscii cominci a pregare disperata. Al mio ritorno ero preparato alle scene di dolore. Invece era tranquilla, aveva finito di pregare e la colica era scomparsa, dissolta come non ci fosse mai stata. Laiutai a scendere pian piano le scale, a entrare in macchina e partimmo. Al pronto soccorso lattesa fu abbastanza breve, le gravi condizioni erano palesi. Fu sottoposta a varie analisi e infine ricoverata nel reparto donne, a Medicina Generale. Il pomeriggio, alluscita di scuola, raccontai del ricovero a qualche mamma che chiedeva notizie di Maria, e lo spiegai a mio figlio. Lui era tranquillo e consider che dovevamo farci compagnia, e dormire insieme nel lettone. Andavo a trovarla tutti i giorni, da solo allora di pranzo e con mio figlio la sera. Era bloccata a letto, debolissima, sgonfiata con i diuretici ma sfinita per la perdita repentina di sali. Conservava un po di umorismo. Mi raccontava sorridendo con fatica che il medico del reparto, quando qualche ammalata gli chiedeva il nome, forniva il nome dellassistente, dicendo che, se era per qualche denuncia, si chiamava in quel modo. La prima volta che mi presentai allincontro con quel medico ero preparato allinevitabile polemica sulle terapie, anche se Maria gli aveva parlato solo genericamente di digiuni, omeopatia e ayurvedica, lantica medicina indiana che credevamo avesse fatto con il naturopata. Il medico del reparto mi disse che i reni erano in necrosi, che al momento del ricovero era in stato semicomatoso e che le condizioni generali non erano confortanti. I reni non si ricostituiscono, asser. Disse anche quello che gli aveva raccontato sulle precedenti cure e che per lui, praticamente, non aveva fatto niente per il LES e si era ritrovata a quel punto. Risposi che, per quanto ne sapevo, laggressione ai reni era assai frequente anche in chi si sottoponeva subito alle cure ospedaliere. Afferm che in effetti era cos, e la polemica si spense da sola, semplicemente. Mi inform che avrebbero eseguito tutte le analisi necessarie per stabilire il tipo di nefrite e intanto lavrebbero assoggettata a una terapia di cortisone e diuretici; se necessario, come pareva, anche trasfusioni di plasma. Lo informai del fatto che sapevo che la clinica pi nota per quel tipo di malattie era Santa Chiara, a Pisa. Chiesi con lo stomaco stretto perdio, fino a Pisa! se pensava fosse il caso di portarla l. Lui rispose che se questa era la nostra intenzione, avrebbero provveduto in qualsiasi momento a trasferirla l con lautoambulanza. Ma per quanto riguarda noi, casi cos ci capitano di frequente e li trattiamo ... disse con serenit. Fanno parte del nostro normale lavoro. Respirai di sollievo. Volevo sentire questo, dottore. Allora resta qui. Il medico sorrise e ci salutammo. In Internet studiai i vari tipi di nefrite, in attesa del responso. Ne trovai di vari tipi, anche piuttosto blande e risolvibili. La peggiore era la nefrite proliferativa diffusa, abbastanza assidua nelle pa-

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zienti affette da LES, in pratica lanticamera della dialisi. La pi comune, per, era la membranosa, una forma sempre grave ma un po pi controllabile. Intanto, informati da me del ricovero, erano venuti in visita allospedale alcuni colleghi pittori, e lavevano tirata su di corda. Un pittore curdo, che conoscevo bene come inflessibile assertore della medicina convenzionale, riusc a stupirmi. Mi prese in disparte e mi disse che forse dovevamo provare la medicina ayurvedica. lantica medicina indiana ... inizi a dire col suo accento tipico, ma lo interruppi. So cos. Lha gi provata, ma sembra che per lei non funzioni nulla. Non ce la faceva a seguire quella dieta allucinante .... Ma che dieta. Sono medicine vere e proprie. Un nostro collega albanese, Arben, lo conosci, ha convinto il fratello, che medico, a farla per il cancro allo stomaco. Era stato operato e gli avevano tolto tutto, anche lo stomaco, per farlo campare qualche altro mese. Non cerano altre speranze. Lui non voleva saperne, ma Arben stato pi testardo di lui, lha portato allerboristeria qua vicino, c uno bravo, fiorentino, e ora guarito. Rimasi colpito. Ormai dovevo esserci abituato, ci si imbatte sempre in qualche sopravvissuto, qualsiasi astrusa strada si vada a scegliere. Bella storia, mi fa piacere. Comunque Maria lha fatta, solo che era appoggiata anche dalla macrobiotica. La cura per lei pare proprio non esista. Intanto ora in ospedale e devono rimetterla in sesto. Te comunque parlaci con Arben. Ora non c, in Albania, torner a Firenze per le vacanze di Natale. Promisi con la mente rivolta altrove che lavrei fatto. Naturalmente mi mantenevo in contatto assiduo con i suoi e li tenevo al corrente di tutto. La sorella affiliata a padre Lorenzo mi chiese di rassicurare Maria che tutto il suo gruppo pregava per lei. A scadenze fisse, mi informava che alla tale ora del giorno successivo Maria doveva mettersi in contatto con loro pregando. Nel frattempo era arrivato il responso delle analisi. Avevo mostrato al medico che mi ero informato a fondo sulla questione e chiedevo lesatta risposta. Il medico si compiacque per la mia competenza, cos poteva parlare liberamente. Mi disse che, quasi certamente, si trattava di due tipi combinati di nefrite, la membranosa, seconda per aggressivit, e la famigerata nefrite proliferativa diffusa. Solo la biopsia, che far in seguito a Torregalli, ce lo dir con sicurezza. Ma non abbattiamoci. C ancora molto da fare. Mi ero un po abbattuto, ma continuavo ad essere soddisfatto per la scelta che avevamo fatto. Cerano un po di problemi in quel reparto, soprattutto a causa dellaffollamento costante e del sovraccarico di lavoro, ma medici, infermieri ed infermiere si facevano in quattro. Soprattutto, nonostante la fatica mantenevano un rapporto umano con le ammalate; cera quasi aria di famiglia. Quando informai Maria, lei mi disse: non ti preoccupare, vedrai che finisce tutto a tarallucci e vino. Inizi la terapia mirata, tosta come non mai, e Maria reagiva male, soprattutto nellumore. Per un paio di giorni rifiut la cura, lo seppi da lei, col medico che le diceva che era un po birichina. Al colloquio il medico mi accenn la cosa, ma era tranquillo. Considerava di riprenderla quanto prima e cos fu. Contemporaneamente cominciarono i deliri e le allucinazioni, e le crisi mistiche. Le facevano delle vere e proprie bombe di farmaci, ma a quel punto non osavo interferire. Con il medico accennai solo timidamente che forse quelle dosi erano eccessive e le provocavano i vaneggiamenti. Lui fu un po titubante; ne convenne, ma asser che quella era la fase di inizio della terapia, e che i boli di cortisone non erano giornalieri ma dilazionati nel tempo. Ebbi la netta impressione che non fosse per niente convinto che erano i medicinali a scatenare il delirio, e ne rimasi ancor pi preoccupato. Frattanto nostro figlio sembrava sereno. Ne ebbi la conferma il giorno in cui le maestre, incrociandomi nei pressi del teatro scolastico per uno spettacolo, comunicarono di essere a conoscenza del ricovero e mi chiesero notizie di Maria. Dissero anche che non avrebbero mai immaginato la

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drammaticit della situazione, perch il bambino si comportava in maniera identica, era tranquillissimo e si vedeva che era ben seguito. Questo, come ci si pu figurare, mi rincuor. Maria si trovava in una stanza con donne molto anziane, qualcuna ridotta davvero male, e i continui lamenti le impedivano anche di dormire. Considerava di avere a sinistra un angelo e a destra un diavolo. Alla sua destra cera una donna in stato di depressione, una povera donna che soffriva di solitudine e che sembrava si facesse ricoverare per godersi un po di compagnia. Per turbava le altre, talvolta con una punta di malignit. Alla sinistra stava una donna anziana, devota del Sacro Cuore di Ges, con una storia terribile alle spalle: da giovane faceva modelli di sartoria per il Teatro Comunale e il marito lavorava in banca; non riuscivano ad avere figli, ma poi, inaspettatamente, la figlia arriv come per miracolo. Purtroppo, un giorno che stava in culla si svilupp un incendio che la deturp completamente. Pare che la responsabilit fosse in qualche modo dellEnel, ma non ci furono n riconoscimenti, n risarcimenti. La bambina fu sottoposta nel corso degli anni a tanti interventi di chirurgia plastica; era guardata storta dagli altri bambini e anche dai loro genitori, tanto che un giorno la madre la mise davanti ad uno specchio e le disse: guardati, non averne paura. Tu sei cos, e non per colpa tua. Non permettere che gli altri ti feriscano. Il dispiacere maggiore per questa donna, la grande assenza, fu quella degli abbracci. La bambina doveva prepararsi per tempo altrimenti avvertiva come una forte scarica per tutto il corpo. Poi era cresciuta, le condizioni erano migliorate, si era perfino sposata, e aveva partorito due figlie bellissime. Adesso la nonna se le godeva e prodigava quegli abbracci che non aveva mai potuto dare alla figlia. La mia compagna avvertiva frequentemente questa donna come angelica; ma quando la coinquilina di destra la sobillava, o stuzzicava, ne percepiva anche le inquietudini. Maria subiva la cura e pregava; pregava con maggior intensit quando doveva farlo in contemporanea al gruppo di preghiera. In preda alle crisi mistiche vedeva e sentiva cose terribili, scene e suoni da inferno dantesco, che mi raccontava ghiacciandomi il sangue. Successivamente, avvert affascinata un equilibrio che governando quella stanza si dipanava verso lesterno: se qualcuno si alzava, immediatamente qualcun altro si sedeva; si spostava una sedia, un altro oggetto bilanciava la situazione, una ammalata si inquietava, unaltra si acquietava; se qualcuno moriva, seguiva una nascita, o una guarigione. Solo in seguito avrei compreso che si trattava di stati alterati di coscienza, il cui percorso partiva dagli abissi dellinferno, traversava una sorta di purgatorio e sarebbe sfociato in una consapevolezza quasi iniziatica dellarmonia della vita e delluniverso. Tutto questo dur venti lunghi giorni. Nel frattempo cera stata quella telefonata notturna, seguita dal rituale delle maschere, che mi aveva persuaso sempre pi di trovarmi in mezzo a storie di possessioni ed esorcismi. Erano accadute cose strane, se scrutate con occhi diversi. Coincidenze. Un giorno Maria prese la comunione per la prima volta dopo decine di anni, e contemporaneamente salt limpianto elettrico e si avvert un suono, come di molti campanelli, forse un allarme, con le infermiere che correvano da tutte le parti. Dur pochi minuti e nessuno si fece male: nella stanza di rianimazione era partito il generatore autonomo. Poi la vecchia di sinistra, che era convinta di essere venuta l a morire, sogn il marito morto che le disse che non era ancora il tempo. Fu dimessa, e nello stesso tempo fu rilasciata anche la depressa di destra. Prese il suo posto una donna anziana che aveva dato i numeri. Non stava mai ferma, come un piccolo diavolo; cedeva a Maria i succhi di frutta per nostro figlio e sghignazzava come a dire: hai accettato un favore dal diavolo! e lei immancabilmente mi diceva di buttarli via. Si sentiva torturata da questa donna. Poi arriv la nuova inquilina anche a sinistra: era una suora, originaria della Sardegna, che era partita dalla Calabria per giungere a Firenze, farsi cogliere da uno stato di coma giudicato stranissimo e ricoverare l. Maria non la vide mai con gli occhi aperti, uscita dal coma dormiva. Una notte in cui le sembrava, in dormiveglia, di stare in una specie di orribile purgatorio, con anime spente e angoscianti, sent la suora che nel sonno diceva: esci. la madre che guida.

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E lei usc da quel luogo di dolore, rabbrividendo ma con sollievo. La sera stessa sapemmo per telefono che quel giorno, a quellora, il gruppo di mia cognata aveva pregato per lei imponendo le mani su sua madre. Lei continuava con la politica dei tarallucci e vino, ma erano molti e potenti i momenti di dolore e di sconforto. Durante uno di questi, una notte in cui le pareva di morire, sent distintamente la stessa suora dormiente dire: io sono risorto!. Ne rest atterrita, ma poi riprese fiducia. Successivamente la situazione cominci a mutare. Fu trasferita in unaltra stanza, pi tranquilla, anche su mia richiesta, e le condizioni migliorarono. Riusc a tornare anche mia suocera, che aveva avuto grosse difficolt fisiche a muoversi in precedenza. Aveva i suoi acciacchi e le avevano riconosciuto linvalidit. Dopo qualche giorno Maria fu dimessa e assegnata al Day Hospital, ma la settimana seguente avrebbe dovuto ricoverarsi per qualche giorno al reparto di Nefrologia di Torregalli per altri esami e la biopsia renale. Fu felice di tornare a casa e godersi un po nostro figlio. Mia suocera si era provvista di santini di ogni genere, immancabile una targhetta di padre Pio; inoltre le regal una catenina doro con la croce, che aveva fatto benedire durante un pellegrinaggio da padre Lorenzo. Ricominci, con la mia silenziosa ostilit, il teatrino delle litanie. Ma ero raggiante per il suo ritorno a casa.

Di ospedali moderni e altre nefandezze Torregalli, ai confini di Scandicci. Ospedale moderno, quasi scintillante. Sembra un albergo di lusso, nei confronti di Santa Maria Nuova. Ultimo piano, con grande terrazza che mi permetteva di fumare mentre Maria era intrattenuta a suon di preghiere da sua madre. Stanze piccole, due o tre posti letto, maggior tranquillit. Dellumanit presente nellaltro reparto, per, nemmeno lombra. Stanze sterilizzate da germi e sentimenti, infermiere e infermieri, in larga parte, pure. Fra i medici sembrava regnasse la confusione, una confusione di ruoli o di competenze, che inevitabilmente si ripercuoteva sul personale. Sta di fatto che l uno non si sentiva assistito. Spesso le eccezioni esistono per compensare le iniquit o le carenze, e non mancarono fortunatamente neppure l, sia nel personale che nei medici. Procedevano intanto con gli esami, in attesa della biopsia renale, e proseguiva la terapia assegnata nellaltro ospedale; cortisone, diuretici, calcio, proteggistomaco e altro. Il giorno destinato alla biopsia Maria fu preparata con una iniezione, forse un calmante, e fece un giro a vuoto. Non cera il medico incaricato. Il giorno seguente fu richiamato dalle vacanze un altro medico per eseguirla. Stavolta gli infermieri dimenticarono liniezione di preparazione, o i medici dimenticarono di informarli. Ma non era indispensabile. Maria chiese ironicamente al medico che stava per procedere di non far pagare a lei linterruzione delle vacanze. Il medico sorrise e le disse di non preoccuparsi; intanto lei, che era rilassatissima a furia di pregare, not con la coda dellocchio la scena divertente rappresentata dalla dottoressa che nascondeva ai suoi occhi il siringone mastodontico per i prelievi bioptici. Era cos rilassata che non avvert lago dellanestesia locale n quello del prelievo. In entrambi i ricoveri il fastidio maggiore era stato quello della raccolta delle urine. Analisi costanti delle urine raccolte nelle ventiquattro ore, per quantit e qualit, e analisi delle urine quotidiane. Ma fin anche quello e Maria torn a casa accompagnata dalla conferma della diagnosi, che per esteso era: nefrite lupica membranosa associata a glomerulonefrite proliferativa focale e segmentale con lesioni in evoluzione sclerosante. Ma Maria era serena, riprese le forze e mia suocera ripart. Anche in quel frangente la accompagnai a Bologna. Avevo prenotato i biglietti in agenzia, e quando mi accorsi che fra larrivo a Bologna e la coincidenza per il Sud lo scarto era minimo, mi ricordai dellultima volta e chiesi di spostare la prenotazione al treno successivo. Ci avrebbe scomodato lattesa in stazione, ma saremmo andati sul sicuro. Il tipo dellagenzia, per, insistette che non esistevano pi quei problemi e mi garant il viaggio. Idiota. E idiota io che gli detti retta. Arri-

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vammo a Bologna con un quarto dora di ritardo e la coincidenza era partita in perfetto orario. Ed era gi tutto peggiorato nelle Ferrovie dello Stato, a partire dal rapporto con i cittadini, che loro chiamavano utenti, o clienti, o fruitori. Sudai sette camicie, stavolta, per risolvere la situazione. A un certo punto mi frenai per non conciare come meritava il responsabile dellufficio reclami, o rapporto con il pubblico, o che so io. Un idiota arrogante come ormai se ne trovano legioni, negli uffici e altrove. Ma non potevo rischiare di essere trascinato in qualche caserma e mollare mia suocera invalida sul marciapiede della stazione. Una funzionaria che contattai a fine turno, e nella quale avevo intravisto ancora qualcosa di umano, mi aiut nellimpresa, contattando telefonicamente il capotreno in procinto di arrivare dal Nord diretto in Puglia. I treni erano tutti stracolmi, e lui le cedette il suo posto nello scompartimento riservato alla Polizia ferroviaria, in compagnia di tre agenti. Sembrava una galeotta scortata in un penitenziario, ma la cosa la divertiva. Per riguardo e timidezza, per, fece tutto il viaggio a stomaco vuoto. Si era portata qualche panino, e lacqua, ma si vergogn a mettersi a mangiare davanti a loro. Sospetto che non abbia neppure bevuto. Consegnammo lintera documentazione clinica al medico di famiglia, in modo che preparasse gli incartamenti per laggiornamento dello stato di invalidit. Sarebbero occorsi qualche mese di attesa e una visita supplementare, ma alla fine sarebbe arrivata la risposta, in tempi di falsi invalidi, che subito di botto le avrebbe riconosciuto una invalidit dellottanta per cento. Maria nel frattempo continuava con le preghiere e si sentiva protetta. Camminava in lungo e in largo, per casa, senza pi preoccuparsi di nulla, e mangiava con appetito. Laccumulatore organico, per le troppe complessit e la mancanza di chiarezza per luso su di lei, rimase in sospeso. In quanto a urinare, ci riusciva solo con il diuretico. Aveva iniziato a frequentare il Day Hospital con una certa assiduit, e nelle ventiquattrore precedenti provvedeva alla raccolta delle urine. Il valore guida stava nella perdita di proteine, ed era abbastanza alto; tuttavia, nel periodo del ricovero era stato anche pi del doppio. A quel punto, lo stato delle cose era chiaro: al Day Hospital le avevano assegnato una cura che comprendeva anche gli immunosoppressori, ossia chemioterapia in pillole. Periodicamente faceva boli di cortisone per via endovenosa, nella saletta apposita. La dottoressa che la seguiva era puntigliosa, gentile ed umana. Si capiva che non si trattava, per lei, puramente di lavoro; sentiva quello che faceva. A suo giudizio, per, quella era la cura e non cera altro. Gli eventuali sviluppi positivi avrebbero permesso la cessazione totale del cortisone per via endovenosa e una sensibile riduzione degli immunosoppressori; forse molto pi in l una riduzione dei diuretici e certamente un abbassamento del cortisone per via orale. Questo era quanto. Sviluppi negativi avrebbero portato verso la dialisi, forse il trapianto dei reni e chiss che altro, e si capiva bene, anche se non lo diceva, che le probabilit giocavano a sfavore. Dovevamo proseguire la ricerca. A Firenze, lo seppi in quei giorni, aveva intanto fatto ritorno Arben, il cui fratello era guarito dal cancro con la medicina ayurvedica, e io avevo ripreso in mano la documentazione sullargento colloidale.

Oro, argento e gemme preziose Salutai Arben e parlammo della sua esperienza. La cura ayurvedica consisteva per lo pi di pillole che lui era stato costretto a frantumare perch il fratello non riusciva a mandare gi niente. Poi cominci poco a poco a stare meglio, finch non fu completamente guarito. Giusto poco prima aveva fatto gli esami di controllo e non aveva pi niente. Gli avevano dato sei mesi di vita, capisci?. Un altro miracolato. Ma Arben insist pi e pi volte nel convincermi che era certo che quellerborista avrebbe potuto aiutare Maria. una medicina a base di erbe, minerali, metalli, che vengono lavorati in un certo modo. antichissima, forse di millenni. Non so molto sulla composizione. Credo che usino anche oro e gemme preziose. costosa, questo s. Ma parlare con lui non costa niente, neppure la visita. Secondo me

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dovresti provare. Ma lascia perdere i medici e i professori, i nomi grossi dellayurvedica, anche se fosse lui a suggerirtelo. lui che ti deve dare la cura. Restammo daccordo che gliene avrebbe parlato, e io segnai su un foglietto quelle tre parole che avevo ripetuto centinaia di volte nel corso degli anni: lupus eritematoso sistemico, poich Arben non riusciva a ricordarlo, e aggiunsi notizie sulla nefrite. Parlai anche con Vittorio di questa storia. Intanto lui si era tenuto informato su Maria, dopo essersi addolorato per lo stato che aveva determinato il ricovero. Mi aveva anche segnalato qualche rimedio per limitare gli effetti collaterali delle cure mediche, ma non ricordo che Maria lo abbia fatto. Inutile negare che per forza di cose era sopravvenuta un po di sfiducia, sebbene fossero rimasti intatti laffetto e lamicizia. Asser che la medicina ayurvedica era talvolta straordinaria, ma continuava a dubitare che in quella casa potesse funzionare qualcosa. Poi mi inform che per la prima volta avrebbe fatto un corso di radionica a Firenze, e mi invit ad andarci. Si articolava in tre seminari di tre giorni luno, e durante il secondo avrei dovuto portare laccumulatore orgonico, perch avrebbe fatto parte delle materie di studio. Ne fui entusiasta. Seppi poi che, oltretutto, quei corsi costavano un sacco di soldi. Chiacchierando con un amico recente, uno dei titolari di un negozio di dischi, a conoscenza solo vagamente delle condizioni di Maria, il discorso cadde sulla medicina cosiddetta alternativa, e io gli accennai alle informazioni che avevo chiesto a quel terapista ayurvedico e allargento colloidale, che mi incuriosiva sempre pi. Qualche giorno prima, a un vecchio amico avevo parlato degli stessi argomenti, entrando nei particolari. Quando giunsi alla capacit che avrebbe largento colloidale di trasformare acqua anche di palude in acqua potabile, rimase colpito. Mi disse che in Guatemala i guerriglieri portavano con s una boccetta, nella giungla e in genere fuori dai centri abitati. Quando trovavano acqua, di solito acqua putrida, riempivano la borraccia e ci versavano qualche goccia del contenuto della boccetta. Era acqua fangosa, e restava dello stesso colore. Per aspettavano dieci minuti e quindi bevevano. Non si era mai sentito di qualche problema provocato dallacqua. Chiss che non fosse quello. Lui aveva a casa una di quelle boccette, ottenuta per vie traverse, la esaminammo e facemmo una serie di quelle prove descritte in Internet. Per averne la certezza avremmo dovuto farla analizzare in qualche laboratorio, ma io sarei stato pronto a scommettere un milione contro una patata che si trattava di argento colloidale. Dunque, ne stavo parlando a Riccardo mentre fumavamo sul marciapiede davanti al negozio. Facciamolo!, disse entusiasta Riccardo. Mi sorprese raccontandomi che aveva insegnato per anni elettrotecnica prima di mollare linsegnamento e prendere il negozio. Prepar la lista del materiale occorrente e io corsi a procacciarmi quello e, in unoreficeria, le barrette di argento purissimo. Gli ci volle una mezzoretta per procedere alle saldature a stagno, isol bene il filo e i due morsetti e mi consegn il tutto. Adesso mancava soltanto lacqua distillata. Si consigliava di usarne una veramente buona (quella semplicemente demineralizzata non andava bene), e anzi meglio sarebbe stato quella bidistillata, ma sembrava arduo procurarsela. Figuriamoci, ero quello delle imprese impossibili. Mi recai in quellantro dal sapore di antico, unico nel centro di Firenze, dove si respirano mille profumi e la magia del fare, che il negozio del Bizzarri, e me la procacciai. La sera stessa era pronta la prima boccetta di argento colloidale. Per tutto un periodo fui io a fare da cavia, usandolo per tanti piccoli disturbi. Lo adoperai come collirio, colluttorio e sulle piccole ferite o bruciature. Eccome, se funzionava. Frattanto, Arben aveva parlato con lerborista. Devi andarci tu a parlare. Mi ha detto che il problema grosso e che ci avrebbe studiato sopra. Puoi andare fra un paio di giorni. Mi accompagn per presentarmi. Non avevo chiesto nulla, su di lui, e non ricordavo pi quanto detto dallamico curdo. Mi aspettavo quasi un vecchietto, forse indiano, piccolo e gracile. Lerborista, invece, era fiorentino: un uomo di settantanni, pi alto di me e assai robusto, e sprizzava energia. Mi port nel suo ufficio e io mi profusi in particolari e gli mostrai le analisi. Guarda, con i reni cos compromessi la situazione grave. Io ho preparato una cura ....

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Me la illustr per sommi capi, spiegandomi che la medicina ayurvedica una medicina alchemica, con decine di passaggi, a volte centinaia, per ottenere un rimedio. Che quella tal medicina era composta anche di mercurio, ma mercurio trattato alchemicamente per renderlo innocuo, che aveva avuto un processo proprio per via del mercurio, spendendo un sacco di soldi per i periti, e che laveva vinto. Noi credevamo di aver gi provato layurvedica per via di quel naturopata .... Macch. Lo conosco. vero che si appoggia a qualche prodotto ayurvedico, ma lui fa macrobiotica. Non centra proprio nulla con questa cura. Sorrideva, mentre parlava. Quello che ti chiedo di sottoporre questa mia cura al mio maestro, il professar Bagwan Dash. un medico indiano che riceve allIstituto ayurvedico qui a Firenze in giorni determinati, gira per tutta Europa quando non sta in India. Te lo chiedo per mia tranquillit e perch ho piena fiducia in lui, anche se ho rotto tutti i ponti con lIstituto. la prima volta che affronto questo tipo di problema, ed una cura molto costosa. Le polveri che sono segnate servono per il problema principale, che sono i reni. Bisogna prima di tutto risolvere la questione dei reni. Poi ci sono queste pillole per il problema del cuore, queste altre per i dolori articolari, queste per proteggere il fegato ... Per la prima visita chiedono cento euro, se non ce lhai te li do io ... addirittura! ... ma necessario che tu ci vada. E unaltra cosa. Se la tua compagna far questa cura, non deve interromperla per nessun motivo. Se non hai i soldi, non importa. Grande. Raccontai tutto a Maria e telefonammo per prendere lappuntamento. Fummo fortunati perch cera un posto libero nella stessa settimana. Il professor Dash era un santuomo. Ci apparve ricolmo di spiritualit, ma nello stesso tempo come appesantito dalla vita. Era un uomo che irradiava fiducia ma anche umilt. E pensare che era considerato uno dei maggiori luminari di medicina ayurvedica di tutta Europa. Era quello che tutti vorrebbero come medico di famiglia. Ascolt con attenzione ed esamin le analisi. Poi la visit. La visita ayurvedica estranea alle comuni visite mediche; si tratta di prendere fra le due mani il polso della persona ammalata e meditare; ho imparato poi che anche questa tecnica invasiva per chi la pratica, vale a dire che affatica moltissimo. Gli mostrammo la cura preparata da Gino, lerborista. Il medico disse che era una buona cura ma avrebbe voluto apportare delle modifiche. Noi, ovviamente, assentimmo e lui procedette. Cancell diversi di quei nomi strani. Gli chiedemmo se le massicce cure ospedaliere avrebbero potuto inficiare i risultati; rispose che potevano attenuarli, ma non annullarli. Fissammo lappuntamento successivo dopo due mesi, verso la fine di febbraio, con le nuove analisi. Quando tornai in erboristeria per procurarmi quanto prescritto, mostrai a Gino la prescrizione del professore. Lui quasi sbianc. Chiesi se cera qualcosa che non andava. Non mi permetterei mai di criticare il mio maestro, ti ho mandato io da lui. Quello che non capisco perch abbia tolto tutto quello che riguarda i reni, compreso le polveri. Ha lasciato solo questa. Comunque procedemmo, e mi fece un grosso sconto. Prese il suo avvio anche quellavventura, mentre Maria continuava la chemio e tutto il resto. Prov anche a ridursi i diuretici, ma lesito fu negativo. Scavalcammo anche il nuovo anno, avvicinandoci al nuovo incontro col medico indiano e al corso di radionica. Non si erano notati benefici, e le analisi lo confermarono. Un altro buco nellacqua. Anche il professore indiano si scoraggi, e dimenticando completamente la prima visita, ci disse che quelle massicce cure mediche impedivano miglioramenti. Mollammo anche lui, ma senza risentimenti. Latteggiamento di Gino mi era piaciuto e cercai di invogliare Maria a tentare la sua cura. Ma lo conoscevo e ci avevo parlato solo io. Che altro ci restava? Largento colloidale era allo stadio di sperimentazione, non si conoscevano n dosi n modi duso. Laccumulatore organico era un rebus, e mi metteva pure paura usarlo su Maria senza nessun tipo di istruzione. Rammentavo bene che due semplici bicchieri dacqua, caricata dai grafici, avevano annientato il ficus.

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Lei, daltra parte, era sdegnata; si era sentita enormemente attratta dal medico indiano, ma la delusione era ancora cocente. Quasi non voleva sentirne, di ayurvedica. Poi si arrese, venne a incontrare Gino, con lesito delle analisi e il buco nellacqua della terapia, e ad ascoltarlo. Quando seppe tutto, lui non si stup. Considerava ovvio che non poteva avere successo quella prescrizione che ignorava il problema centrale dei reni. Brontol qualcosa sul fatto che chi circondava lanziano medico doveva averlo rimbambito, o forse era per leccessivo numero di visite, e inizi a preparare le sue misture. Nessuna cura ospedaliera pu sopprimere gli effetti di una cura ayurvedica. Tutti i prodotti erano gi confezionati, ma la polvere la preparava personalmente miscelando insieme tre polveri diverse. Era la polvere della speranza.

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VI
La scienza degli antichi Mi presentai al primo seminario del corso di radionica in perfetto anticipo. Gi molte persone ingombravano latrio. La scrivania per laccoglimento era situata in un posto strategico; impossibile accedere alla sala senza pagare la partecipazione al corso: lassociazione che aveva organizzato tutto era inflessibile. Naturalmente, Vittorio non aveva comunicato la mia presenza come invitato, mi chiusero la porta in faccia, e mi rassegnai ad attendere nellanticamera. Finalmente giunsero lui e la sua compagna, scortati da due suore. Spiegai la situazione e Valeria pass dalla segreteria indicando le due suore e me: come fratello e sorella!. Doveva essere una specie di parola dordine, perch alla fin fine riuscii a entrare. La sala era gi gremita. Sulla scrivania fu alloggiato un episcopio, un apparecchio da proiezione, e una tela col suo sostegno prese posto davanti alla parete. Ebbe inizio il seminario, e io feci il mio accesso in un mondo che credevo ormai di conoscere a fondo e scoprii invece che in larga parte mi era ancora ignoto. La Sardegna, gli antichi pozzi di rinascita dalla caratteristica forma a serratura, ma anche a utero. Recinti per pecore, secondo le guide; luoghi di iniziazione, morte simbolica e rinascita ... I pozzi sacri, serbatoi per la raccolta di acqua piovana, sempre secondo le guide; ma lacqua non era acqua, era acqua pesante. Deuterio. Forme geometriche, lo scudo classico con il simbolo della casata perch protegge lenergia dellarchetipo, il quadrato che in battaglia sviluppa una difesa potente ma non protegge lenergia, il cerchio, riarmonizzante ... Il pentagono, esistente come struttura sia negli Stati Uniti che nellex Unione Sovietica, che connesso con lorgano del fegato e alimenta la propria rabbia e il proprio potere; il dodecagono, che rappresenta la gabbia molecolare, cio la vita. Immagini proiettate sullo schermo: luoghi di preghiera degli hopi, in Arizona, semplici delimitazioni del terreno ottenute con pietre, e i beduini nel deserto, che nellora della preghiera tracciavano segni sulla sabbia. Entrambi straordinariamente composti nella sezione aurea. In Tibet i medici sono anche sacerdoti, la visualizzazione e preghiera dura circa unora. Per un malato assai noto e importante per la comunit, possono pregare anche in mille per una notte intera; ai pi bravi bastano sedici minuti. Un santo agisce da solo, e per lui sufficiente un attimo. Il circuito di Lakhowsky, saturo di analogie con le rappresentazioni del labirinto. Labirinti ovunque, fra gli hopi, i vichinghi, gli africani, i celti ... Quello di Cnosso e quello da cui probabilmente lingegnere aveva sviluppato il suo circuito, quello contenuto allinterno della cattedrale di Chartres. Labirinti: rappresentazioni del cervello umano, che risuona con luniverso. Dallabisso, fuori, alla luce, al centro. Il suo centro, la luce, corrisponde alla ghiandola pineale, il terzo occhio. Durante una pausa dei lavori, Vittorio mi chiese di portargli fotografie della stanza da letto, prese da varie angolazioni. Il seminario seguente le avevo gi con me, e durante un intervallo Vittorio test con attenzione. Mi disse di procurarmi tre tubi di rame lunghi una settantina di centimetri, e una tavoletta di legno appositamente scanalata per appoggiarli. Avrei dovuto disporli in un certo punto della stanza, accanto al letto dalla parte di Maria. Quindi dovevo scattare altre foto e portargliele. Quando ebbi svolto il mio compito gli portai le nuove fotografie da esaminare. Le test e scosse la testa. Ancora non ci siamo. Bisogna testare sul posto. Telefona a Valeria e dille di venire a casa tua per la bonifica.

Ghostbuster Il giorno prefissato attendevamo con ansia il suo arrivo. Cera una certa tensione nellaria, quasi fossimo in procinto di partecipare a uno strano e antico rito. Era in ritardo. Per spezzare lattesa cominciammo a figurarcela abbigliata come i ghostbusters, con quella tuta bianca da astronauta e

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lingombrante apparecchiatura sulle spalle. Una volta aperta la porta, si sarebbe presentata in quelle vesti, e sarebbe partita la canzonetta della colonna sonora di quel film. Apparve invece nelle sue solite vesti qualche minuto pi tardi, con la borsetta e senza colonna sonora. Fu felice di rivedere Maria in condizioni soddisfacenti e la abbracci commossa. Poi cominci il suo lavoro. Testava come Vittorio, senza lausilio di bacchette o pendolini. Ci rappresent la situazione esattamente come aveva fatto lui dal disegno della piantina, con le stesse zone e gli stessi incroci. Afferr nella borsetta un piccolo, strano strumento. Lo conosci questo?, mi chiese. Non avevo la minima idea di cosa fosse. C parecchia gente che sente il bisogno di vedere una misurazione fatta con qualcosa in mano. Questo funziona come le bacchette. Era una specie di righello fissato trasversalmente a un regolo, e puntava in alto. Mentre lei camminava per la stanza il righello girava verso il basso sempre nei punti incriminati. Le indicai la tavoletta con i tubi di rame. Asser che l dove erano non funzionavano, e provammo a spostarli di qualche centimetro, finch non trovammo la loro collocazione. Giacch avevamo una targhetta con San Michele che uccide il drago, ne approfittammo per piazzarla su un punto del muro del balconcino individuato da Valeria. In radionica, le immagini sacre trasformano le frequenze negative in frequenze di vita. In Puglia, ancora oggi si usa incidere i tumori degli alberi a forma di croce; dopo sei mesi o un anno, il tumore si disgrega. Comunque fosse, eravamo soddisfatti. Maria aveva preso a impasticcarsi di ayurvedica con sollecitudine. Come ogni nuova cura, la prendeva terribilmente sul serio, anche se stavolta le aspettative erano sminuite dalle precedenti esperienze. A quel punto dinizio la proteinuria, cio la perdita di proteine nellurina, era di 8.94 grammi nelle 24 ore. Durante il ricovero aveva oscillato da 11.76 a 22.88 grammi, scendendo a 9.72 al trasferimento in Day Hospital. Faceva controlli quindicinali, salvo ferie dei medici, e dopo i 10.54 di met dicembre era passata ai 10.55 della prima quindicina di gennaio, ai 7.18 della seconda, con soddisfazione della dottoressa. Poi a febbraio segn 8.32 e a marzo, come gi detto, 8.94. Da tre mesi, ormai, proseguiva la terapia assegnata, senza ottenere il minimo risultato; frattanto i capelli, i lunghi capelli color del grano che si erano scuriti via via, soprattutto dopo il parto, avevano iniziato a cadere con la malattia e non si erano pi arrestati. Adesso erano talmente radi che Maria portava frequentemente un cappellino. Aveva ripreso anche il lavoro, che stava bene attenta a svolgere allombra; ma di riflesso, a quanto sembrava, e nonostante le creme a protezione totale, anche i timidi raggi primaverili mordevano quanto bastava, e cominciarono di nuovo anche le bollicine sulle braccia. Era inteso che, aldil dei controlli periodici, avrebbe potuto farsi viva al Day Hospital in qualsiasi momento, e lo fece. La dottoressa le ordin il ricovero a Dermatologia e le aument la dose dei chemioterapici, perch laveva trovata peggiorata. Fu allora che lei prese una decisione delle sue: moll i chemioterapici, e non li avrebbe mai pi ripresi. Per quanto riguardava il ricovero, aveva scelto ormai di seguire il corso degli eventi, sebbene in maniera critica, e non si oppose. Per si organizz con strategia militare; port con s, nascoste in un beauty case capiente, tutte le medicine di Gino. Poich alcune doveva prenderle con latte tiepido, convinse le infermiere a fornirglielo costantemente, dicendo che doveva prenderlo insieme a delle erbe lassative, siccome soffriva di stitichezza. I chemioterapici che le portavano per il proseguimento della cura ospedaliera, invece, semplicemente li buttava. Fra le tante analisi, le fecero anche un prelievo del cuoio capelluto, eseguendo prima delle fotografie alla presenza del primario e della corte di apprendisti che si portava appresso; a domanda il luminare rispose che i capelli non sarebbero mai pi ricresciuti. In quel reparto le impiastricciavano quotidianamente la faccia con pomata al cortisone per vedere di alleviare la farfalla, e aggiunsero alla terapia un farmaco antimalarico che in qualche caso aveva dato esiti soddisfacenti. Non lo avrebbe saputo perch lo ruzzolava regolarmente nella spazzatura. Lei, intanto, non si era persa danimo, e durante quel ricovero raggranell anche qualche soldo facendo un ritratto e piazzando qualche acquerello, che dipingeva l nella sua stanza, fra i ricoverati

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e il personale medico e paramedico. La sua stanza, nei dieci giorni di ricovero, era diventata il centro culturale del reparto. Un giorno lo stesso professore la becc a dipingere; tir un sospiro e disse: beata lei!. Si fece anche unamica, una lombarda con macchie alle mani e al seno, perseguitata dallassenza di una diagnosi certa, che si era spinta fino a Firenze per sapere di che morte doveva morire. Il primario, prima dei risultati delle analisi, si era azzardato di fronte a lei a ipotizzare il lupus. Cadde in uno stato di disperazione e vers fiumi di lacrime. Maria quasi si offese: e la sua, di disperazione? Poi si rese conto che in fondo non era stata mai cos disperata, le si avvicin e le port conforto e speranza, parlandole di tutto quel che c oltre gli ospedali. E poi, aspetta a fasciarti la testa. A me pare che quello non capisca nulla. Le risposte delle analisi esclusero categoricamente che si trattasse di lupus. Le fu consegnata una crema e prescritto quel solito antimalarico. Sembrava che andasse per la maggiore, volevano ammollarlo a tutte. Poi fu dimessa, e dopo di lei fu dimessa Maria.

Il pozzo e il pendolo Dopo parecchio tempo avevo rivisto Roberto, che aveva venduto il suo appartamento a Firenze per acquistare una ex canonica in campagna. Gli avevo raccontato sommariamente la mia esperienza al corso e, sapendo che doveva scavare un pozzo per lacqua, gli avevo consigliato di affidarsi ad un rabdomante. Anche lui era un curioso, tuttavia una vena di scetticismo lo accompagnava costantemente, tanto che riusc a far riemergere anche la mia, che si era assopita, e scambiammo qualche battuta burlesca sullargomento. Un giorno si fece vivo con unaria smagliante, mentre al cellulare Maria mi informava che cera stata una brutta scossa di terremoto proprio dai suoi, fortunatamente senza conseguenze. Roberto mi raccont che aveva contattato un vecchio compagno di scuola, sapendo che suo padre si occupava proprio di pozzi. Gli aveva vagamente accennato alla bacchetta del rabdomante, e laltro era stato pi che esplicito: ma va! Sono tutte cazzate. Ti mando i mi babbo, ci pensa lui a trovarti lacqua e a scavare il pozzo E il babbo, il giorno prefissato, si present con tanto di bacchetta da rabdomante, lasciandolo allibito. Alcuni contadini occupati nei pressi interruppero il loro lavoro e si avvicinarono in rispettoso silenzio. Si capiva che conoscevano da generazioni quel rituale, sempre pi raro. Dun tratto la bacchetta prese a vibrare e luomo si ferm; si liber di quella e tolse di tasca un pendolo, puntandolo sopra il punto prescelto. I contadini guardavano a bocca aperta. Il pendolo cominci ad oscillare e il cercatore prese a contare, fermandosi insieme al pendolo a sessantaquattro. Ecco. qui, a sessantaquattro metri. Oggi quel pozzo scavato, e pesca acqua a sessantaquattro metri di profondit. Nelle settimane successive si era affacciato un grave problema in una delle sorelle di Maria, gi ad Andria. Ci eravamo seduti al tavolo e Maria aveva disegnato la piantina della stanza da letto della sorella, come la ricordava. lo avevo provato a testare con la mano, come avevo imparato al corso di radionica, aiutandomi con un bicchiere dacqua nellaltra; non avevo sentito acqua. Allora mi ero fornito di una pila, per i nodi di Hartmann; ancora niente. opinione comune, nellambiente, che in casi del genere ci debba essere nocivit nel posto pi frequentato, quindi ero perplesso. Avevo ripetuto loperazione, ma lesito continuava ad essere negativo. Evidentemente era colpa mia. Poi ricordai. Cera stato un accenno anche a un terzo tipo di problema, sebbene pi raro: le faglie, ossia le fenditure nel sottosuolo che potevano essere distruttive; si testavano con il fuoco. Presi laccendino e riprovai. Eccola l! Partiva dal muro dietro al letto corrispondente al confine fra i cuscini e scivolava sul cuscino di sinistra. La segnai con la penna. Maria non sapeva in che punto dormisse sua sorella, io avrei scommesso tutto che dormiva l. E, come seppi dopo, avrei perso. Comunque sia, Maria disegn unaltra piantina e la portai a Federica, che per testare adoperava il biotensor. Si infil nel suo antro della strega e dopo qualche minuto usc.

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Per me c una faglia in questo punto che ho segnato. Era identica alla mia, tranne il fatto che seguitava un po pi in gi. Rimasi esterrefatto; avevo provato come uno studente diligente che ripete la lezione, ma non ci credevo veramente. O, invece, ero diventato bravo. O le coincidenze mi prendevano per i fondelli. Per maggior sicurezza telefonai a Valeria e le posi la questione. Mi disse che sarebbe stato molto meglio se la mappa lavesse disegnata la sorella. Avrei potuto farmela spedire e lasciarla nella cassetta della posta di Vittorio, perch nel frattempo sarebbero partiti, eravamo ormai a luglio. Appena tornata lavrebbe spedita allindirizzo pugliese, opportunamente testata e segnata, perch noi saremmo stati l. Nel frattempo, in quella fase, ero riuscito con una breve indagine a scoprire che di alcuni di quei ricercatori conosciuti erano rintracciabili gli studi, pubblicati da una microscopica e pressoch sconosciuta casa editrice. Miracolosamente, non tutto era andato perduto. Ordinai per telefono libri di Calligaris, Kervran, Reich, Lakhowsky. I grandi eretici del Novecento. E la parola eresia, si badi bene, deriva dal greco hiresis, che significa scelta. Proprio quella che stata negata nel corso dei secoli.

Una paziente difficile In quei mesi facevo la spola allerboristeria di Gino. Il lavoro andava piuttosto bene, ma quella cura era molto costosa e il pi delle volte lui segnava gli acquisti su un quaderno; io ogni tanto passavo e lasciavo un po di soldi. Facevamo spesso delle chiacchierate intorno allayurvedica, nelle quali mi spiegava la magia alchemica che ne era alla base e i lunghi, estenuanti passaggi che servivano alla realizzazione dei preparati. lo ascoltavo e parlavo di radionica e delle sorprendenti conferme che trovavo qua e l, come le splendide fotografie di un ricercatore giapponese il cui soggetto erano le molecole dellacqua e la loro reazione alla musica: si aggregavano in luminose figure e simboli antichi ascoltando alcuni brani di musica classica, in spettrali e diaboliche rappresentazioni al cospetto di musiche furenti e metallare. Dopo il primo mese di cura ayurvedica cera stata un bel po di euforia: da 8.94 la proteinuria era passata a 4.72! La dottoressa del Day Hospital era raggiante, bench ignorasse la nuova cura e labbandono degli immunosoppressori. Non per cattiveria: Maria la stimava per la passione e limpegno che ci metteva, ma si vedeva lontano un miglio che a parlarle di antiche medicine indiane le si sarebbero rizzati i capelli in testa. C una difesa naturale, quasi biologica, in tutto questo: lanimale che difende il proprio prestigio nel proprio territorio e nel gruppo di appartenenza. Invece Gino, quando lo seppe, fu contento, ma non esult. Ora si sta a vedere se i reni non si ricostituiscono! Comunque, questo ancora niente. La voglio portarla almeno a 2. Maria aveva nuovamente ripreso il lavoro, il sole era sempre un po pi forte, ma le bollicine non riapparvero, e lo stato della pelle non era preoccupante. La farfalla era quella di sempre. Quella fu anche la lunga estate calda, quella torrida che non dava respiro, e io stesso annaspavo sperando in piogge torrenziali. Prendeva ancora i diuretici, ma nascostamente in dose assai ridotta rispetto alla prescrizione, e il cortisone prese la stessa strada. Tutto il resto fin nella spazzatura. A fine aprile la proteinuria pass a 5.58. Davanti a Maria, un po scoraggiata, la dottoressa afferm che andava benissimo, sotto i 7 era ben controllabile. Gino dichiar pensoso che ci voleva tempo. Un mese dopo era a 5.88. Poi ci fu lultimo controllo prima delle lunghe vacanze estive, a fine giugno: 4.02! Quelli che persistevano erano i dolori articolari; tuttavia erano spesso quasi inconsistenti in rapporto a quelli che aveva patito. Prima di partire, feci la scorta ayurvedica per tutto agosto ed esposi a Gino la questione dei dolori. Lui mi assicur che avremmo affrontato quel problema pi a fondo, ma solo in seguito. Ora dovevamo pensare ai reni.

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Sogni di luce I libri richiesti erano velocemente arrivati per contrassegno. Mi ci tuffai con avidit, un po in mezzo a tutti perch non sapevo quale scegliere per primo. Lo stato di salute di Maria sembrava avesse allontanato lemergenza. La mia non era pi curiosit, neppure necessit: era sete, una sete infernale. Le catene lineari del corpo e dello spirito, Prove in biologia delle trasmutazioni a debole energia, La natura e le sue meraviglie, Reazioni Elettroniche Abrams ... Il professor Giuseppe Calligaris, friulano, diresse per trentanni la cattedra di neuropsichiatria alluniversit di Roma, dal 1909 al 1939. Proseguirono in questo periodo i suoi studi e le sue ricerche, concretizzate in cinquantasei monografie e venti trattati. Una sua opera fu scelta come libro di testo da varie universit italiane e straniere. Spese quarantanni di vita e il suo patrimonio per sete di conoscenza, approfondendo i suoi studi sui riflessi psico-cerebro-cutanei. Fu deriso dal mondo accademico e i suoi libri ufficialmente destinati al rogo dai nazisti; in realt, probabilmente, occultati. Fatto sta che, alla fine della guerra, i servizi segreti russi e americani fecero a gara nellaccaparrarsi le copie superstiti. Cos la sua opera, invece che finire nelle mani delluomo, fin nelle mani dei militari, i signori della guerra. Wilhelm Reich, allievo di Freud, sfugg ai nazisti riparando prima in Norvegia e poi negli Stati Uniti. Supponeva di poter proseguire agevolmente i suoi studi sullenergia orgonica e gli accumulatori in un paese libero, e per un certo periodo fu cos. Ebbe modo di sperimentare anche gli effetti delle radiazioni nucleari a contatto con la sua energia orgonica, scoprendo che riusciva ad annullarne le conseguenze devastanti. Fu allora che vennero smantellati e sequestrati tutti gli accumulatori, e distrutta ogni pubblicazione inerente. In pi, visto che si rifiut di presentarsi davanti alla Corte distrettuale di Portland, fu condannato a due anni per oltraggio alla Corte. Mor in carcere, irradiato. Pare che le sue scoperte siano utilizzate in ambito militare. Kervran, arrestato e incarcerato nel 1940 per la sua attivit nella Resistenza ... Queste sono tutte storie di delinquenti, gente da galera, individui pericolosamente pensanti. Le sue trasmutazioni biologiche avevano trovato intorno agli anni settanta svariati campi di applicazione: aveva scoperto che lalta mortalit degli operai delle fornaci era dovuta allazoto inalato, poich alle altissime temperature della fiamma perdeva un nucleone e si trasformava nel letale ossido di carbonio. Congegn un cannello a presa daria che girava dietro le spalle degli operai, risolvendo cos il problema. In campo medico, visto che le fratture ossee talvolta stentano a calcificare anche in presenza di somministrazioni consistenti di calcio, si pu verificare che utilizzando prodotti ricchi di silicio, come lequiseto di cui si parlava a proposito della spagiria, si ottengono ottimi risultati in pi breve tempo. In caso di forti perdite di potassio, Kervran consigliava di distribuire magnesio. Lakhowsky, lingegnere francese che negli anni trenta mise a punto loscillatore a onde multiple, sperimentato con notevole successo su malati di cancro, e i suoi esperimenti con le piante e le scoperte sul volo degli uccelli. Non ebbe grande successo in patria, ma il suo lavoro era ed apprezzato allestero, dove proseguono le sue ricerche. Il lavoro di Calligaris, seppure appassionante, richiede una dedizione totale, tempo di studio e ricerche consacrati in quellunica direzione. Praticamente inaccessibile, per noi. Lo stesso valeva per Kervran, che comunque offriva risposte, ma niente di praticamente utilizzabile per Maria, mentre Reich restava unincognita la cui verificabilit caso per caso era anchessa affidata ad una ricerca costante. Si diceva che occorreva testare, saper testare, e io mi rifiutavo questa presunzione, nonostante lesperienza della piantina. In realt avevo avuto qualche altra risposta positiva: per esempio, avevo identificato il posto esatto dello scavo per il pozzo, da Roberto, senza farmi vedere quando testavo, e poich non avevo con me bacchette di sorta rimase stupefatto. Tuttavia, sentivo il bisogno di conferme e non intendevo prendermi troppo sul serio. Avrei voluto accanto a me un vecchio druido, per unoperazione del genere, e naturalmente non cera. Era tutto estremamente avvincente, ma non praticabile. Restavano Lakhowsky e il suo circuito, quello del labirinto. Oltretutto non contrastava con la cura, non consisteva in altre medicine da prendere, ma semplicemente nellesposizione al circuito per qualche minuto al giorno. Scoprii che un centro studi a lui dedicato provvedeva anche alla realizza-

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zione del circuito e ordinai uno di quegli apparecchi per contrassegno. Presi i dati e assicurata la spedizione, tennero a informarmi che era necessario usarlo in un luogo non sottoposto a radiazioni elettromagnetiche, e che per esserne certi era necessario testare. Inoltre sullapparecchio era disposto un quadrante con dei numeri, e per scegliere il numero pi adatto a questo o quel soggetto, bisognava testarlo. Porca miseria!

Apprendista stregone Era evidente che la situazione elettromagnetica della casa non era adatta allutilizzo del circuito di Lakhowsky, avevo perfino paura di sciuparlo, usandolo l. Tentammo vanamente di trovare unaltra soluzione, poi la scelta fu fatta. Lavremmo portato con noi gi in Puglia e l sarebbe entrato in funzione a beneficio di tutti, visto che i problemi non mancavano. Noi eravamo quelli delle novit. Tutti gli anni portavamo astrusit ed eresie, non prive di ragioni e di fascino, presentandole con convinzione giacch noi per primi dovevamo apparire convinti. Per abitudine ai medici convenzionali, circolava sempre una certa incredulit, ma si spezzava per mezzo della fiducia che riponevano in noi, e si moltiplicavano i ricordi, soprattutto dei miei suoceri, sugli antichi rimedi. Cera stata la donna che segnava i vermi; quella che curava la paura; quella che cuciva lorzaiolo; quella del fuoco di SantAntonio; una data erba, che cresceva selvaggia sulla Murgia, con la quale si preparava un infuso che si doveva avere il coraggio di bere tutto in una volta (circa un litro di liquido nauseabondo), che sconfiggeva di colpo la malaria; unaltra erba selvatica, che nasceva in mezzo alle pietre della Murgia, la spaccapietre, appunto, che frantumava i calcoli renali. Maria stessa, da piccola, era stata sottoposta alla segnatura dei vermi e al rimedio contro la paura, con immediato successo. E quelle donne (so anche di uomini, ma pi raro) non chiedevano soldi, perch il loro era un dono; potevi fare una piccola offerta, sempre ben accetta, perch prendi qualcosa, qualcosa devi dare. A quel punto latmosfera diventava pi calda e trascinante, si parlava di misteri, e le nostre eresie si facevano sempre pi spazio. Quello fu lanno del circuito. Circuitammo tutta la famiglia. Fui costretto a scegliere il posto allinterno della casa, e il numero del quadrante per ogni beneficiato. Non vedemmo risultati, tranne uno. Credemmo di vederlo io e mio cognato nella gamba di nostra suocera, che era caduta sbraciolandosi. Un giorno a fine pranzo, mentre tutti erano immersi in chiacchiere, mio cognato mi dette di gomito spingendomi a guardare la gamba. Aveva la faccia seria delle grandi occasioni. A Ste, ma potente assai! Ce voit cumm ste bell (vedi come sta bene)!. Mi sbellicai dalle risate. La scena comica era rappresentata dalla sua faccia che puntava incredula sulla gamba di mia suocera, e dallespressione dialettale. Comunque, in due giorni lesito ci era parso miracoloso. Gli altri non furono daccordo, neppure Maria e le sue sorelle; secondo loro si trattava di una normale guarigione. Cos, per quella sera, largomento di polemica, che in quella casa non mancava mai, fu dobbligo; cambiarono gli schieramenti, come sempre, e fin come al solito a tarallucci e vino. Il giorno dopo si present loccasione di una visita a casa della sorella, e io ne approfittai per testare dal vivo. Avevo bene in mente la vecchia piantina e accesi laccendino. Non tornava pi niente; per lesattezza identificai la faglia, ma stavolta era molto pi ampia e girava verso la parte opposta, sul cuscino di destra, proseguendo molto pi a lungo nella stanza. Ripetei per sicurezza loperazione pi volte, ma il riscontro fu lo stesso. E quello, ci disse, era il punto dove lei dormiva. Fra la piantina disegnata da Maria e lesame sul posto cera una grossa e strana discrepanza; possibile che io e Federica avessimo sbagliato, indicando tutti e due lo stesso punto? Una straordinaria coincidenza. Doveva essere cambiato qualcosa, dissi a Maria. Poi ci venne in mente in un lampo: il terremoto!

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Qualche mese prima cera stata una sensibile scossa di terremoto al Sud, che fortunatamente aveva causato solo lievi danni. In quella zona, e al quarto piano, era stata forte e paurosa; mia cognata, in un attimo, aveva tremato per la figlia di pochi mesi, laveva abbrancata ed era scappata per le scale come una folgore. Maria aveva disegnato la piantina sul filo del ricordo dellultima volta che cera stata, precedentemente alla scossa. Qualcosa, dunque, era cambiato. La conferma arriv per posta, con la risposta di Valeria basata sulla piantina disegnata da mia cognata. Cera la faglia ed era disegnata come lavevo sentita sul posto. Anche quellanno, Maria riusc a fare qualche bagno al tramonto. Stare seduta di sera su uno scoglio, in silenzio, ad ascoltare il mare, la affascinava ma allo stesso tempo le rammentava la proibizione. Sole e mare insieme le erano negati, e lanima soffriva. Continuammo le sedute al circuito di Lakhowsky ancora per qualche giorno, poi cessammo. Non si era visto niente, n sulla pelle, n sulle articolazioni.

Il passo del gambero Tornammo a Firenze e riprendemmo il lavoro. Il clima era ancora talmente infuocato che Maria evit di stare allaperto, a scanso di equivoci. Non vedevamo lora che arrivasse il giorno del prossimo controllo, sognando che, una volta per tutte, si dileguasse il rischio di dialisi o peggio. E il giorno arriv, ed era il 3 settembre. Fu una caduta a picco inaspettata: la proteinuria era tornata a 12.89. La dottoressa era andata quasi fuori di testa, noi eravamo atterriti. Avrebbe voluto riprendere la somministrazione dei boli di cortisone per endovenosa e aumentare sia il cortisone, che i chemioterapici in pillole; per evitarlo, Maria confid mentendo che aveva diminuito gli immunosoppressori di testa sua. Si becc una lavata di testa, ma evit il peggio. Io corsi da Gino con le analisi, e lui vide subito che ero stravolto. Prese le analisi e sembr preoccupato ma non arreso. Era invece assai concentrato. Faccio un cambio nella composizione. Sostituisco una delle polveri e si vede come vanno le prossime analisi. Questa costa di pi, vuoi dire che te la faccio lo stesso prezzo dellaltra. Tu non ti preoccupare, che ho ancora parecchie frecce al mio arco. D alla tua donna di stare tranquilla, ch se ne viene a capo. 11.22 dello stesso mese; le nuove analisi, con il fiato sospeso: 6.80. Eravamo sollevati, e lo fu anche la dottoressa, che ripet il rimprovero e le raccomand di non fare pi di testa sua. Credeva veramente che il merito fosse dei chemioterapici, che ormai da sei mesi Maria non prendeva pi. Mi sono chiesto a lungo che nesso ci fosse fra quelle disgraziate analisi che ci ributtavano nellincubo e tutte le altre, che abbattevano i valori, o almeno mantenevano una coerenza altalenante. Non cera. Pensavo a Gino. Fine luglio, 40 allombra e di notte 32-33 umidissimi gradi; preparava usualmente le polveri a casa, dopo la chiusura, per parecchi ammalati. Prima delle vacanze dosi consistenti per tutti, lavorando anche la notte, distrutto. Non c verso, per me sbagli bustine. Per esigenze personali della dottoressa, che aveva annunciato felice di essere incinta, slittammo fino allultimo di ottobre, realizzando un confortante 5.33, ma Gino ripet che intanto voleva portarla a 2. Da l, ancora per lo stesso motivo, scivolammo fino ai primi di dicembre; doveva essere una gravidanza a rischio. Il risultato delle analisi non lo fu: 2.95! Caduta a picco, ma stavolta quella buona. A met gennaio piccola risalita: 3.41, ma la dottoressa avrebbe fatto danze selvagge, per quei valori. Lei pu ballare quanto vuole, ma a me un mi va bene ... disse Gino, ascoltando il mio racconto voglio fare unaltra modifica. Te lavevo detto che avevo altre frecce al mio arco, no? Ora voglio portarla a zero. Aggiungo ... disse il nome stranissimo: i preparati in pillole li ricordavo tutti, ma delle polveri non ci ho mai capito nulla questa il non plus ultra. Se ti dicessi quanto

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quanto costa al grammo ti verrebbe un coccolone. Ne ho ancora una piccola scorta. Non te la faccio proprio pagare. Quando ritirai le bustine, mi disse che aveva recitato i mantra mentre le preparava. I primi di marzo la risposta alla modifica fu 2.38, e fu lultima a cui pot assistere la dottoressa, perch poi entr nel periodo di maternit. I capelli di Maria avevano da tempo cominciato irresistibilmente a ricrescere; quella primavera passeggiava per il centro storico una delle dottoresse di Dermatologia, la pi carina e disponibile. Riconobbe subito Maria intenta a dipingere ed esclam di colpo: i capelli!. Non credeva, semplicemente, ai suoi occhi. Il nuovo medico del Day Hospital si vedeva che si sentiva di passaggio, ed era consistente il sospetto che non avesse dato neppure uno sguardo alla cartella clinica e si fosse limitato alle ultime analisi. Comunque, verso la fine di aprile la proteinuria pass a 1.88, e a fine maggio a 1.15. Era fatta. Per la prima volta avevamo un risultato che pi tangibile non si poteva. La residua cura ospedaliera, che Maria si era drasticamente autoridotta, venne abbandonata del tutto. I diuretici erano stati mollati da tempo, ormai urinava normalmente. Le condizioni generali erano, nonostante i saltuari dolori articolari, pi che soddisfacenti. Al Day Hospital chiusero la cartella prescrivendo la terapia di mantenimento, e Maria fu formalmente appoggiata a Nefrologia a Torregalli, dove sarebbe stata sottoposta a visita molto pi tardi, a novembre. Nellintervallo, alla richiesta di analisi avrebbe pensato il medico di famiglia. Intanto ci eravamo svenati; inoltre lei non ne poteva pi di prendere tutte quelle medicine, che nel frattempo comunque aveva ridotto, sempre autonomamente. Si era impasticcata senza tregua per pi di un anno ed era stato estenuante, sebbene i risultati, oltre a quelli fenomenali per i reni, fossero stati incoraggianti. Decise di continuare a prendere soltanto la polvere, per cominciare a rientrare in una vita quasi normale. Prov a bere sorsate di argento colloidale, una volta al giorno, che fino allora le avevo proibito perch ignoravo la posologia e non intendevo mescolasse terapie diverse. Incredibilmente, il giorno successivo le venivano dei forti dolori alla schiena. Sospese, riprov, non cera dubbio: le due cose erano collegate. Neppure nei forum cera traccia di reazioni del genere. Semplicemente, succedeva. Erano gi accadute reazioni incomprensibili alla sorella che aderiva al gruppo di preghiera: anche a lei, purtroppo, due anni prima era stato diagnosticato un tumore al seno. Maligno, maligno!, avevano insistito i medici, e uno dei pi devastanti. Prov la ricetta di padre Zago, senza successo, anzi, gonfiava. Lei non avrebbe voluto procedere alloperazione, il suo sesto senso spirituale le diceva di no. Ma tutto intorno regnava il panico. Lamputarono completamente. I controlli successivi furono scioccanti; tredici linfonodi erano stati attaccati. Laria era quella di chi ti condanna senza appello. Via a Milano per un esame di compatibilit per il trapianto di cellule staminali. Fecero prima tappa a Firenze. Aveva un herpes sul labbro superiore, di cui i medici avevano esaltato la pericolosit nelle sue condizioni. Per un herpes? Ma via! La prescrizione era una pomata antivirale costosissima. La stava prendendo da giorni senza esito. A Milano le dissero che risultava incompatibile per il trapianto delle cellule staminali. Le suggerirono allora di sottoporsi a una nuovissima terapia, assolutamente davanguardia, che per prospettava seri pericoli nei confronti del cuore. In parole povere, avrebbe fatto da cavia. Grazie tante e arrivederci. Al ritorno si fermarono qualche giorno da noi, per consultare Gino. La pomata era volata da tempo fuor di finestra. Per qualche strana forma di intuizione, o per fastidio, non avendo altro sottomano, si era messa sul labbro un po del nostro dentifricio alle erbe che acquistavamo da Federica, e il giorno dopo lherpes era scomparso. Gino ci accolse con affetto e la confort. Le sent il polso e stil la lista dei preparati. Acquistarono tutto allo stesso prezzo scontato, la polvere lavremmo spedita noi appena pronta. Mentre restammo un attimo da soli, il grande vecchio mi confid la gravit della cosa. Non riusc mai a fare quella cura: vomitava sangue, e Gino, informato, rimase interdetto. Lei e suo marito conobbero, poi, un omeopata di una certa fama e, incredibile a dirsi, anche a quella cura rispondeva malissimo, con violente reazioni. Un bel giorno vinse il suo lato spirituale; prese gli a-

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vanzi di tutti i rimedi e preparati e farmaci ospedalieri buon sangue non mente , fece un pacco e gett tutto nella spazzatura, ricominciando con il gruppo di preghiera. Riprese a stare bene e, quando i familiari preoccupati le chiedevano di tornare a fare i controlli, lei rispondeva che se li facessero loro. Mia cognata sta bene ormai da anni, e non ha pi fatto i controlli.

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VII
Il testamento di Hamer Tutta quella lunga avventura, sebbene dolorosa, aveva stimolato e accresciuto il nostro rapporto con i misteri della vita. Maria aveva sempre mantenuto le sue porte ben aperte, io ero cambiato. La corazza in cui ero stato avvolto si era via via liquefatta, le porte da chiuse si erano socchiuse, poi spalancate, lasciando per intatto un certo senso critico. Avevo incontrato lungo il cammino tutta una successione di guarigioni da malattie inguaribili, con metodi che la medicina ortodossa si ostinava a non riconoscere. Insieme alla scienza, alla fisica classica, si era mastodonticamente sostituita alla Chiesa, e pretendeva la stessa fede nei suoi confronti. Gli stessi sistemi non convenzionali, per, con altri ammalati avevano fallito. Restava una sterminata serie di interrogativi: perch quello o quella erano guariti con quel metodo o con quellaltro? Perch altri subivano effetti controversi? Perch talvolta rifiutare le cure si mostrava la mossa vincente? E le preghiere? In tutte le culture si trovano preghiere di guarigione, se se ne cercano le tracce: sono forse un modo per accedere a se stessi, e modificare, proteggere, trasformarsi? Molte altre domande restavano senza risposta. Intanto, Maria voleva la guarigione completa, quella che da sempre aveva cercato, ma adesso senza pi frenesia. Le analisi successive erano previste per linizio di settembre. Persisteva la paura del sole, ma il lavoro in piazza non cre altre difficolt, nessuna infame bollicina, nessuna reazione allergica, si potrebbe dire, anzi si era attenuata anche la farfalla sulla faccia. Una sera in cui spelluzzicavo svogliatamente in Internet, trovai inaspettatamente molte di quelle risposte. Scansavo gli argomenti e le proposte di terapie che ormai conoscevo a memoria. Incrociai nuovamente quel medico tedesco, Hamer, la cui Legge ferrea del cancro e le conseguenti Quattro leggi biologiche avevano occupato perfino alcune pagine del libro di Vittorio. Mi era parso, anche l, che si trattasse per lo pi di teoria, anche se, per certi versi, comprovata empiricamente. In sostanza, avevo sempre sospettato che lo sforzo che avrei dovuto sostenere per studiare le argomentazioni esposte, non sarebbe valso la pena per lassenza di sviluppi terapeutici prospettati. Stavolta per non cercavo con foga, quindi mi soffermai a leggere con pi attenzione. Forse era venuto il suo momento. Quando mi imbattei nella leggibilit dello stato di malattia per mezzo della TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) cerebrale; nel ribaltamento completo della diagnosi clinica; nelle terapie somministrate (allora curava, dopotutto!) con successo per alcuni mesi a malati spesso terminali, in una clinica che Hamer aveva aperto e i corpi speciali della polizia avevano chiuso, sequestrando tutte le cartelle; nella scomparsa della paura della fantomatica cellula che impazzisce, perch nessuna cellula perde il lume della ragione, tutto fa parte di un antico programma biologico e sensato, mi fermai e ricominciai da capo. Fu unilluminazione. Ryke Geerd Hamer nato in Germania nel 1935. Dopo la laurea in medicina, inizi lattivit clinica e brevett alcune sue invenzioni, la pi nota delle quali lo scalpello di Hamer, in grado di incidere circa venti volte pi netto di un rasoio. La sua vita cambi improvvisamente nellagosto 1978, quando presso lisola di Cavallo il principe di Savoia spar con un fucile a un uomo, mancandolo: il proiettile colp invece nel sonno, ferendolo mortalmente, Dirk Hamer, uno dei figli del medico. Il giovane rest quattro mesi in agonia, poi si spense fra le braccia di suo padre. Il processo che ne segu fu una farsa e il principe venne assolto. Poco dopo Hamer si ammal di cancro dei testicoli e cominci a riflettere, a sospettare che fosse collegato alla morte del figlio. Avrebbe in seguito definito quellaffezione conflitto di perdita. Negli anni che seguirono, esamin oltre diecimila pazienti di cancro, verificando senza eccezioni la natura dei suoi sospetti, e quando si rese conto che la situazione era fotografabile perfettamente grazie a una TAC cerebrale senza mezzo di contrasto, comprese che la sua Nuova Medicina si adat-

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tava a tutte le malattie. Comprese anche che il cancro non si sviluppa nel corso di anni a partire da una cellula impazzita, ma che nasce in un attimo, a partire da un intenso e inaspettato trauma che coinvolge quasi sincronicamente la psiche, il cervello e lorgano corrispondente. Un certo tipo di conflitto psichico si riflette in un punto determinato del cervello e nellorgano che sempre in relazione con quel preciso punto cerebrale, e se la situazione non offre sbocchi, in pochi mesi raggiunge il suo culmine. La sindrome di Dirk Hamer, come la chiam dal nome di suo figlio, appare come una formazione a bersaglio nella TAC, il cosiddetto focolaio di Hamer. Come cerchi nellacqua. Trova il suo collegamento biologico nellinappetenza, insonnia, mani e piedi freddi. Vale a dire che, di fronte a un imprevisto, avvertito biologicamente come un pericolo, tutto il corpo si mette in allerta e produce adrenalina. Se il conflitto viene risolto in maniera naturale, ossia il pericolo scongiurato o la situazione specifica viene a modificarsi sostanzialmente, lorganismo si rilassa ed entra nella fase di riposo per recuperare le energie spese in precedenza. Si avvertono allora stanchezza, sonnolenza, fame. In questa fase, il focolaio di Hamer si trasforma, dentro e intorno a esso si forma un edema, allo scopo di riparare il circuito danneggiato, ben visibile anche questo dalla TAC, e la stessa riparazione avviene a livello dellorgano. Nella medicina ufficiale, se viene notato in un paziente, disgraziatamente diagnosticato come tumore al cervello, talvolta operato o trattato con chemio e radio, fino alla massacrante somministrazione di morfina, che lo consegna alla morte. Questa fase di riparazione non esente da pericoli, se il conflitto stato particolarmente lungo o intenso; in questi casi, il dottor Hamer, oltre che puntare sulla risoluzione del conflitto, controllava e rallentava la riparazione stessa con luso di cortisone iniettato, ma solo al momento esatto e nelle dosi giuste. Per maggior chiarezza, venivano riportati alcuni casi: il tumore al seno sinistro, nella donna destrimane, corrisponde al conflitto madre-figlio, la paura di perderlo o di vederlo morire, per esempio. Mi balz alla mente mia cognata e la sua corsa folle per le scale, durante il terremoto, con la bambina in braccio. Nel mondo animale, e anche nelluomo, se la madre crede che il suo cucciolo sia in pericolo di morte, le cellule delle ghiandole mammarie aumentano allo scopo di accrescere il flusso latteo, anche se il cucciolo svezzato, poich biologicamente offrir al cucciolo maggiori possibilit di sopravvivenza. Una volta scongiurato il pericolo, inizia la guarigione; il tumore viene decomposto grazie ai batteri necessari, se sono presenti. In caso contrario viene incapsulato, recando poco o nessun disturbo. Ma se la diagnosi clinica giunge in tempo, il rischio quello di infilarsi in un tunnel senza fine. Lamputazione del seno pu disgraziatamente comportare un conflitto di svalutazione di s, che si riflette nelle ossa o nei linfonodi; i medici classici parlano in questo caso di metastasi, che non esiste. Niente pu trasformare un tumore accrescimento cellulare nel suo contrario, osteolisi in questo caso, ossia diminuzione cellulare. Oppure pu provare paura di morire, e il risultato sar il cosiddetto carcinoma alveolare al polmone. Nel caso di un individuo con una forte caduta di autostima (conflitto di svalutazione di s), si potr riscontrare una osteolisi nel punto corrispondente o, se diffusa e profonda, il cancro osseo nella colonna vertebrale o la famigerata e altrimenti spiegata osteoporosi. Qui il senso biologico quello di abbandonare la corsa, rassegnarsi a divenire preda. La risoluzione del conflitto si presenter con la ricalcificazione dellosso colpito, molto dolorosa perch coinvolge il periostio, assai sensibile al dolore. Il messaggio chiaro: non muoverti finch la riparazione non terminata. Una delle conseguenze di questa riparazione la deviazione del quadro ematico, il che comporta la diagnosi clinica di leucemia, che non altro che una fase di riparazione, con tutte le conseguenze del caso. Un altro tipo di conflitto descritto da Hamer, e che stavolta Maria aveva vissuto direttamente il conflitto del profugo, che colpisce i reni. Sinteticamente, ha a che fare con i liquidi, per lo pi acqua, e il proprio ambiente. Rammentavo il terrore con cui Maria scivolava per casa, a testa bassa, scansando quelle linee immaginarie che rappresentavano lacqua sotterranea. Da quando era cessata

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la paura, perch si sentiva protetta, i reni potevano guarire, senza interferenze, con la medicina indiana. Bestemmiai su chi aveva presentato Hamer in maniera cos inadeguata da non spingere a sprofondarcisi dentro, parlai con Maria e rileggemmo tutto insieme. Decidemmo di ordinare il pi voluminoso e completo dei suoi libri: Testamento per una Nuova Medicina. Arriv per contrassegno pochi giorni dopo, un grosso librone di oltre 1.300 pagine tutto da studiare. Era ormai ora di partire per le vacanze, e lo portammo con noi in Puglia. A Firenze avevo fatto appena in tempo a sfogliarlo, trovando lindice della tabella sinottica delle malattie e un glossario. Nella tabella non si parlava di lupus, ma era citato nel glossario: Lupus eritematoso: la presunta sindrome con alterazioni di pelle, articolazioni, organi interni (nessuna congruenza). Una volta di pi restai perplesso, ma favorevolmente colpito. Quelle due parole messe fra parentesi pareva indicassero che per Hamer era una somma di conflitti; in effetti non esistevano casi identici. Ricordai linesistenza di un quadro clinico tipico del lupus e landamento diverso da paziente a paziente, assolutamente imprevedibile. Lunica altra citazione specifica nel libro la trovai a p. 84, sfogliando la prima parte: anche il Lupus eritematoso, finora temuto come solo poche altre malattie, semplicemente lattivit contemporanea di alcuni determinati contenuti conflittuali. Straordinario: inesistenza di un quadro clinico tipico del lupus ... Si spiegava, adesso. Spulciai gli esiti ufficiali sulla malattia: dopo tutti quegli anni; era cambiato qualcosa? Non era cambiato niente. Neppure le statistiche: ancora 50.000 casi in Italia e 1500-2000 nuovi casi ogni anno. Restai di sasso. O i dati non erano stati aggiornati da anni e anni, oppure, se il numero non incrementava, e visto che era considerato inguaribile, cera una sola spiegazione: ogni anno, 1500-2000 affetti dal cosiddetto ormai era cosiddetto lupus muoiono. E di morti diverse, senza dubbio. Che fine aveva fatto il controllo vita natural durante? O muoiono tutti di vecchiaia? Arduo saperlo, giacch alle statistiche fornite solo a parole sul 50% di mortalit a cinque anni dalla diagnosi negli anni sessanta e settanta, non corrispondeva nessun tipo di statistica fornita sugli anni recenti. Credo che la statistica sia la scienza pi esoterica e occulta a livello accademico, almeno per quanto riguarda la medicina: vengono citati dei dati da un addetto ai lavori, e diffusi prepotentemente dai media, sempre senza che nessuno si prenda la briga di verificarli, come nel caso del 50% di guarigione dal cancro. Le rare volte che si riesce a raggiungere la fonte primaria delle ricerche, tutto si sgonfia come un souffl. Ma, assai pi spesso, i dati recenti sono irraggiungibili, sotto chiave, e dovremmo credere dogmaticamente a chi ce li rappresenta. Ci vuole fede. Me lo lessi tutto in quel mese, lo portavo perfino al mare, mentre Manfredi sguazzava come un pesce nellacqua. Maria si seccava perch, dopotutto, spettava prima a lei di diritto, era lei lammalata. Ma fra le faccende di casa e le lunghe chiacchierate con genitori, fratelli, sorelle, parenti che non vedeva da tempo, sapeva bene di non poter dedicare che briciole di tempo a quel libro. In realt, era materia di studio per addetti ai lavori, pi che opera di divulgazione. Erano approfonditi tutti i conflitti che causano malattie in questo o quellorgano, a partire dai foglietti embrionali di appartenenza. E oltre alla TAC, che offre lindizio preciso, occorrono grandi qualit investigative per risalire al conflitto che ha causato il danno. Quasi tutta lattuale scienza medica ufficiale era ridotta a un groviglio di ipotesi: lipotesi delle metastasi, strani corpuscoli maligni che trasmigrano, chiss come, attraversano organi lasciandoli indenni, colpiscono gli obiettivi prescelti, trasformandosi da ci che gonfia a ci che divora, da ci che aumenta in ci che diminuisce ... Un medico di un ospedale del Sud, interrogato a questo proposito, dette la sua risposta: eh!, quando il diavolo ci mette la coda .... Ci vuole fede. Quello fu lanno della Nuova Medicina Germanica. Stavolta non ci accompagnavano strane apparecchiature o costosi intrugli, solo risposte, un sacco di risposte. Germanizzammo tutta la famiglia.

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Piccoli equivoci Rientrati a casa, nacque lansia da attesa delle nuove analisi. Unansia per contenuta, ben attenti come eravamo a non sottoporci a inutili angosce. Era cambiato il laboratorio delle analisi e i dati erano diversi e dacchito incomprensibili. Non confrontabili con i precedenti. La proteinuria segnava 560! In quelloccasione ci comportammo come perfetti idioti, e ancora sto a chiedermene il motivo, sebbene per me non fosse unesperienza nuova. Ma forse, dopo la scoperta della Nuova Medicina e poich Maria stava bene, non stemmo tanto a preoccuparci. Perfino Gino, dopo che, seccato, gli avevo detto dellindecifrabilit dei nuovi dati, scorse solo superficialmente le analisi, imprec e disse di attendere la visita di controllo, chiaramente continuando a prendere la polvere. Non approvava labbandono totale di tutti gli altri preparati, ma laveva vista in splendida forma, capelli lunghi, macchia a farfalla sempre pi tenue e mobilit intatta. Si erano abbracciati e lui si era ricreduto. Arriv novembre e il giorno tanto atteso per il controllo a Torregalli. Nel frattempo Maria aveva eseguito tutta una serie di analisi richieste. Non palpitavamo. Ogni forma di paura si era stemperata con Hamer. La dottoressa ricordava bene Maria, anche dopo quasi due anni dal ricovero in Nefrologia, non era tipo da passare inosservata. Non guard cartelle e non guard analisi. Guard lei e si illumin. Signora, non so cosa dirle. Lei sembra, nemmeno la figlia, la nipote di quella che fu ricoverata qui. Non pu immaginare quanto sia contenta. Non era stata lunica, oltre a Gino. Anche il nostro medico di famiglia, che aveva seguito tutta la vicenda facendosi passare sottobanco le nostre letture e ricerche, era rimasto felicemente confuso. Segu una chiacchierata rilassante, chiese del bambino, del lavoro, poi affront la cartella e le analisi. Bene, benissimo .... Le facemmo notare quelultimo valore di 560, per noi idioti impenetrabile, e la risposta fu semplicissima. Ah! Ma questo va bene, ottimo! Questo laboratorio si esprime in milligrammi invece che in grammi. 0.56. Da 1.15 si passa a 0.56, la met. Si pu definire un valore normale, considerata la nefropatia. Mi misi la mano sulla fronte per confessarmi quanto ero stato imbecille. Signora, questo stato un miracolo, un vero miracolo!. Avrei voluto dirle che si chiamava Gino. E preghiera taumaturgica. E Hamer. Tacqui. Nel referto scrisse della remissione completa della nefropatia e del persistere dellattivit lupica, sebbene attenuata. Consigliava di proseguire la terapia in corso, con monitoraggio trimestrale, e unanalisi per lo stato osseo determinata dalla menopausa e la prolungata terapia steroidea. Sospettava il rischio di osteoporosi. A volte, in situazioni limite, si incontrano persone che meritano la nostra attenzione e fiducia. Anche un certo affetto. Negli ospedali attraversati, i medici e il personale di Medicina Donne; la dottoressa del Day Hospital, e le stesse infermiere; la dottoressa di Dermatologia stupefatta per i capelli, e qualcun altro di quel reparto; quella dottoressa di Nefrologia. Non poter parlare con loro a cuore aperto era fonte di dispiacere, ma le loro porte erano palesemente chiuse, ben serrate. La protezione per la loro missione. Tornammo euforici da Gino, a spiegare il rebus. Ma pensa te che rintronati siamo stati!, disse. Poi mi chiese il favore di preparargli la documentazione che avrebbe spedito allUniversit di Puna, in India, e allUniversit La Sapienza, a Roma. Fui solerte, non solo glielo dovevo, ma poteva essere di aiuto per altri. Feci un lavoro di fino, selezionando i dati specifici ed evidenziando i valori della proteinuria. Qualche mese pi tardi, grazie a quella documentazione, avremmo festeggiato un pezzo di pergamena arrivato per vie traverse: la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia, assegnata a Gino da una facolt universitaria degli Stati Uniti.

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Quel novembre fu anche il mese del secondo pellegrinaggio da padre Lorenzo. Nel corso dei mesi, con mio sollievo, Maria si era sempre pi affrancata dalla dedizione spirituale che, nel periodo pi buio, anche comprensibilmente, somigliava quasi a fanatismo religioso. In quel mese, per, si celebravano gli antenati; si trattava, per quel che capii, di un rituale che mirava alla liberazione dalla catena genetica negativa, e pi precisamente doveva servire a ergere ostacoli alla negativit per garantire il libero fluire dei pensieri e atti positivi. Insomma, in qualche modo lei ci vedeva dei legami con le scoperte di Hamer, ma il medico tedesco non aveva considerato una cosa, secondo unintuizione di Maria: che dove non era possibile risolvere il conflitto, era per possibile trasferirlo, attraverso degli stati di alterazione di coscienza, e uno dei modi pi efficaci per ottenerli consisteva, per esempio, nei rituali di preghiera; altri usano il tormentone buddista oppure i mantra. Maria mi raccont in seguito che la celebrazione era sfociata in un collettivo pianto liberatorio.

Il teatro che guarisce Una mattina telefon la madre di un compagno di classe di nostro figlio. Disse che quella sera, allo Spazio Uno, cera la conferenza di una dottoressa che curava con le parole. Laveva informata un amico avvocato, al quale la dottoressa era stata presentata presso lo studio qualche giorno prima. Lui da tempo soffriva di una dolorosa e fastidiosa sofferenza alla spalla che non era riuscito a curare. Questa gli aveva fatto delle domande, poi gli aveva parlato e il dolore era scomparso. Questa era proprio nuova, tutta da ridere. Promisi che ci saremmo andati senzaltro. Ci inform che la dottoressa aveva anche scritto un libro, La terapia verbale. Eravamo in netto anticipo e ci sistemammo agevolmente nella saletta predisposta. Maria si accomod in prima fila, io dietro di lei. La dottoressa apparve inusualmente in perfetto orario, con la sala gi gremita e si present, seria e composta, sguardo basso e accento inconfondibilmente sardo. Buonasera. Mi chiamo Gabriella Mereu, sono laureata in medicina e chirurgia e sono odontoiatra, grafologa e omeopata; collaboro con neurologi. Quando intraprendo una cura non ho davanti a me analisi di laboratorio, non opero scientificamente. Agisco nella coscienza del paziente, al contrario della comune opinione: lintervento andato bene, ma il paziente morto (risate in sala). Curano tutti: i medici con i farmaci, gli omeopati con i rimedi, gli erboristi con le erbe, gli sciamani in vari modi. Dietro a questo fenomeno c una semplice verit: il paziente si cura da solo. Il mio metodo di cura prese spunto quattro anni fa da unallergia che non riuscivo a guarire con lomeopatia. Siccome la malattia quasi sempre psicosomatica, pensai che forse avrei potuto applicare la legge dei simili, alla base dellomeopatia, non con un rimedio ma con le parole. Avevo imparato che i pazienti usano un linguaggio metaforico per esprimere quel che sentono, ed conforme in tutti coloro che ladoperano. Compresi che forse, se avessi sciolto la metafora, il paziente sarebbe guarito. Lo curai, infatti, sciogliendo la metafora e da allora questa quasi sempre la mia sola cura. Ho appreso anche che il linguaggio metaforico del paziente bellissimo e commovente, e lho chiamato pazientese. Per operare con questo metodo sono necessarie profonde doti analogiche, e io ho la fortuna di averle perch da diciassette anni mi esercito con la grafologia, che una scienza applicata su basi analogiche .... Eravamo tutti presi, ammaliati e comprensibilmente divertiti. La dottoressa cit linconscio collettivo di Jung e la Nuova Medicina di Hamer. Ero certo che lo conoscesse, e mi concentrai ancor di pi. Spieg che era importante anche la mimica del paziente e fece alcuni degli esempi pi comuni di pazientese. Poggiare ha attinenza con la mancanza dappoggio, in un qualsiasi campo, ed determinato da una perdita affettiva; bruciore, punture, fitte significano rabbia; per il prurito bisogna liberarsi di qualcuno o di una situazione che non si riesce pi a sopportare; strisciare particolarmente interessante: si riferisce alla paura o sensazione di andare in rovina sia se viene usato, sia se appaiono eruzioni cutanee a forma di strisce; fregare, accavallare, hanno un significato sessuale.

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Poi ci fece sganasciare dalle risate insegnandoci una filastrocca sarda attinente alle dita delle mani e dei piedi, e alle loro analogie, indicando la sua destra dal pollice allindice: custu su porcu, custu da motiu, custu dabbruschiau, custu si da pappau e a custu chi pitticheddu non di denti lassau (questo il porco, questo lha morto, questo lha arrostito, questo lha mangiato e a questo, che piccolino, non gliene hanno lasciato). Mi avvicinai allorecchio di Maria e sussurrai: meglio che a teatro, ed pure gratis. Usava gli archetipi, lanalogia e la metafora. Trasformava la sequenza della nascita della malattia di Hamer, psiche-cervello-organo, nella pi teatrale emozione negativa-immaginazione-malattia. Tornavano alla mente le parole quasi profetiche di Maria, pronunciate alluscita dellospedale, subito dopo la diagnosi di LES: io lho combinato, il casino, io lo devo rimediare. Limmaginazione sviluppa la metafora, che assai di frequente tragicomica, quasi come se il paziente volesse prendersi in giro da s, e lei doveva entrare in una leggera trance per interpretarla, scivolando in unimitazione mimica del paziente. Appena ci riusciva, traduceva e rideva. La chiave della guarigione la risata di cuore, quella che viene dal profondo, non appena lammalato, o meglio il suo inconscio, riesce a comprenderla, e allora anche lui ride di cuore, la metafora si scioglie e inizia la guarigione, che spesso immediata. I medici convenzionali, secondo lei, drammatizzano sovente e con convinzione; provocano paura, che alla base di quasi tutte le malattie, e la paura serve solo a mantenere il potere in chi la suscita. Il placebo una medicina contro la paura, e il suo effetto varia a seconda della coscienza individuale del paziente, ed imponderabile. Per questo, disse, lei non credeva alla sua misurabilit negli esperimenti a doppio cieco per testare un farmaco. Con la mia cura eliminato anche il rischio di pensare ad un placebo, perch al massimo il placebo sono io. Due episodi lavevano spinta a riflettere sulleffetto placebo: una ragazza che soffriva di forti dolori addominali, di fronte alla sua esitazione si irrit. Allora lei le fece uniniezione di soluzione fisiologica, praticamente acqua, dicendole vedr ora come si sentir meglio; poco dopo le erano passati i dolori, ringrazi e se ne and con mille scuse. Laltro episodio si riferiva a una conoscente che le aveva telefonato per via di una febbre alta e la sua allergia a tutti i farmaci; aveva provato inutilmente svariati rimedi omeopatici. La Mereu aveva appena letto una ricetta di medicina popolare sarda, le disse di grattugiare del formaggio molto vecchio in un bicchiere di acqua molto calda e di bere tutto; quella laveva fatto di fronte ai parenti meravigliati, dicendo io in quella dottoressa ci credo, aveva sudato abbondantemente e la febbre era passata. Tocc anche un tasto che ci coinvolgeva direttamente. Parlando delle differenze fra malattie acute e croniche, disse che le avevano riferito di guarigioni spontanee di lupus e tumori, semplicemente perch i soggetti coinvolti avevano cambiato vita e non ci pensavano pi. Forse, le analisi e i controlli cementano la paura dellinguaribilit. Gli ammalati pi frequenti sono i bugiardi, quelli che mentono a se stessi. I pi teatrali quelli che soffrono nella pastura; sono anche i pi difficili da curare perch, sciolta la metafora, non ridono mai: sono, appunto, rigidi. I depressi, invece, sono i pi stronzi; esistono solo loro, in quel momento, e il mondo esiste in loro funzione. I medici sono spesso patogeni, i parenti quasi sempre, ma lessere patogeno per eccellenza la mamma (avevamo le lacrime agli occhi dal ridere). Fece poi qualche illuminante esempio clinico. Una signora si present con uninsorgente paralisi alle gambe e un dolore alla schiena, diceva che si sentiva premere. A premere era Tizio, che laveva offesa. Si metta Tizio nella schiena!. Il dolore era cessato subito. La paralisi, invece, era dovuta a dei vicini di casa che la criticavano continuamente. Cambi casa e guar completamente. Un ragazzo aveva un dolore alla schiena che scivolava fino alla gamba, quando usava scarpe dure. La fidanzata aveva un carattere duro e litigioso. Vada dieci minuti a passeggio pensando che nelle scarpe ha la sua fidanzata. Al suo ritorno il dolore era cessato. A Napoli, un ragazzo si rivolse a un neurologo di cui la dottoressa era consulente, e le fu affidato; soffriva da mesi di polinevrite, dolore ai piedi con bruciore, che peggiorava quando se li lavava nel bidet. Gli disse che aveva il sesso nei piedi, ed era quello che bruciava. Il dolore cess e non torn pi. Ma con i napoletani pi facile, grazie alla loro spiccata teatralit.

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La storiella pi divertente fu quella che si svolse a casa di un amico, allergico ai profumi; il minimo profumo gli faceva girare la testa. La dottoressa prese un profumo e cominci a spruzzarglielo addosso, cantando quel fascino Camay che fa girar la testa; lallergia scomparve per sempre. Aveva interiorizzato un vecchio Carosello televisivo. Analogie anche nei farmaci. Valium come vali, contro la depressione; Aspirina, da aspirare, raffreddori e naso tappato; Frobn, fa bene, antinfiammatorio; Uniplus, uno in pi e cos via. Cos per le allergie dai farmaci: ragazza in collasso con Uniplus, aveva due fidanzati; ragazza allergica al Bacfrim, il padre la picchiava; signora allergica al Tenormin, povera da piccola, temeva diminuisse il suo tenore di vita. Gabriella Mereu aveva imparato anche a curare i bambini, parlando con i genitori; aveva notato, anche se non sapeva spiegarselo, che spessissimo le malattie dei bambini derivavano da un conflitto o da unemozione vissuta dai genitori; lo stesso per gli animali domestici. Radionica, risonanza pensavo. Una sua conoscente, da poco separata, si preoccupava per le frequenti emorragie dal naso della figlia. Le disse che succedeva perch stava perdendo il suo sangue, cio suo padre. La bambina non ebbe pi niente. Purtroppo, avremmo sperimentato direttamente questo aneddoto. La Mereu parl poi di simbolismo inconscio collettivo, ossia delle situazioni che degenerano di fronte a certi elementi quali terra, vento, sole e qui fece lesempio del LES , luna i vermi nei bambini , ma anche automobile e pallone. Stava indagando su questi aspetti. Larroganza, disse, unaltra brutta bestia, insieme alla presunzione. Raccont che quando il suo ego si faceva troppo irruente adottava metodi davvero singolari per acquietarlo; per esempio, andava sulla spiaggia di Cagliari, ben vestita e curata nellaspetto, comprava un pacchetto di patatine in uno dei due chioschi concorrenti, e si metteva a mangiarle seduta a un tavolo dellaltro chiosco. Vedendola cos distinta, i gestori si arrabbiavano ancor di pi, la trattavano con disprezzo e la cacciavano, cos il suo ego si ridimensionava. Termin la conferenza, illustrando i vantaggi della terapia verbale: la si pu attuare dappertutto, da parte di tutti, previa capacit analogica, e soprattutto non intossica. Seguirono una sfilza di domande e risposte, poi lei esclam: adesso venite uno alla volta, malati, che vi curo! e fu lapoteosi. Era teatro davanguardia, con il pubblico coinvolto, e scatenava emozioni a non finire. Aspettavo irrequieto che Maria, dal suo posto in prima fila, si decidesse ad alzarsi, ma ancora non se ne parlava; allora con il piede spinsi la sua sedia e dissi: e vai!. Era talmente immersa nello spettacolo che le parve fosse stato uno stimolo del suo corpo, si alz e raccont brevemente la sua avventura. La dottoressa, che fino allora aveva spesso riso e scherzato con gli intervenuti, si fece seria e spieg al pubblico cosa fossero il LES e la nefropatia lupica secondo la medicina convenzionale. In sala non si sent pi volare una mosca. Termin di ascoltare la storia di Maria e la osserv con grande attenzione. E lei che venuta a fare da me? Non ha pi niente, guarita. Maria si fece un po perplessa, io non lo ero pi. Ma ... Conosco Hamer, e da allora sono molto pi tranquilla, ma il sole, le analisi .... Eh!, signora mia, il sole lo ricominci a prendere piano piano, senza pi paura, e si tolga la frenesia delle analisi; nessuno pu sapere meglio di lei come sta. Le analisi le faccia fra un po di mesi, e vedr che anche quelle saranno cambiate, e se ci tiene le rifaccia poi, dopo molto tempo. E se qualcuno le ripete che il sole le fa male, lei faccia le corna e risponda: far male a te! ti! e se lo scrolli di dosso.

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VIII
Luomo dellabbondanza Maria stava abbastanza bene, salvo per qualche dolorino che ogni tanto si riaffacciava. La farfalla sul volto continuava pigramente ad attenuarsi, e non prendeva pi la polvere di Gino. Non prendeva pi niente. Dopo tanto avevamo ripreso a condurre una vita sufficientemente normale. Una mattina di febbraio, una telefonata dal Sud sconvolse piani e abitudini: suo padre era andato in campagna il giorno precedente, come sempre, per fare cicoria e ruchetta, e non aveva pi fatto ritorno. Avevano aspettato ad avvertirci per non metterla in apprensione inutilmente, ma i suoi due fratelli che vivevano e lavoravano al Nord erano gi scesi e partecipavano alle ricerche. Gi due volte era successo che ritardasse in maniera preoccupante. In entrambi i casi, gli avevano rubato lApe sulla quale caricava le cassette con il raccolto, mentre era impegnato in qualche campo distante, ed era stato costretto a farsela a piedi, rientrando a sera inoltrata. Cambiava posto quasi tutti i giorni, e batteva una zona vastissima, che comprendeva una sezione di territorio vasta quattro o cinquecento chilometri quadrati, un venti per ventidue pi o meno, quindi potevano occorrere ore e ore per il rientro. Tutte e due le volte avevano avvertito i carabinieri e temuto qualche disgrazia. Al suo ritorno, sciolta la tensione, gliene avevano dette di tutti i colori, perch si ostinava ad ammazzarsi di fatica in campagna senza che ce ne fosse la necessit. Oramai era in pensione da tempo, poteva starsene tranquillo a casa. Come dire al mare di fermarsi; quella era stata la sua vita e lo sarebbe stata fino allultimo briciolo di energia. Finch dio lo avesse sorretto. Almeno si prendesse un telefonino, per ogni evenienza. Non ne voleva sapere. Era vecchio, bracciante, e semianalfabeta. A dispetto delle insistenze di moglie e figlie, che prospettavano la possibilit di qualche incidente o malore, lui rispondeva che se fosse successo lavrebbero ritrovato in campagna, sotto un ulivo, e la sua coperta sarebbe stato il cielo. Quello era il suo destino, sognava e sperava, perch lidea di ammalarsi, farsi accudire, soffrire dentro un letto, gli ripugnava. Sapeva quanto avevano sopportato le figlie per le malattie, e qualcuna pativa ancora, e lui aveva sofferto per loro. Qualche giorno prima aveva incontrato un vecchio amico che gli aveva chiesto notizie delle figlie, conosceva la situazione. Gli aveva risposto che quello, il diavolo, a me deve prendere, non alle mie figlie. Avevamo trascorso lultimo Natale a casa sua e lavevamo trovato molto invecchiato e sempre pi ripiegato su se stesso. Metafore. Quella era la pastura pi adatta per chinarsi a raccogliere. Mio suocero chiacchierava volentieri con me, quando ci recavamo l per le nostre vacanze, e talvolta mi sentivo in imbarazzo; il problema era che parlava spesso in dialetto, inoltre gli erano rimasti pochi denti, per cui per me farfugliava, pi che parlare. Spesso non capivo ed era costretto a ripetere, e anche se lo faceva volentieri, doveva sforzarsi in maniera consistente per parlare un italiano per me comprensibile. Ne aveva fatte, per campare la famiglia con nove figli; perfino lemigrante a Milano e in Germania, durante i flussi migratori degli anni sessanta. Gli italiani venivano dapprima trattati con disprezzo, perch si diceva che, come i turchi, si offrissero a paghe pi basse. Invece si sindacalizzarono fin da subito, creando una propria rappresentanza, prendendo contatto con i sindacati tedeschi e ottenendo la paga regolare. E per loro erano soldi, tanti soldi. Si poteva dar da mangiare a tutta la famiglia. Poi era tornato per sempre alla sua terra, partecipando alle lotte dei braccianti e alla militanza nel partito. Si era costituita una cooperativa dei braccianti, si era assicurata la pensione, e il frutto del loro lavoro finiva al mercato generale e garantiva una vita dignitosa. Nello stesso tempo, vennero a sapere che era cambiata la destinazione duso di vari terreni adiacenti il paese, fino allora non edificabili; si organizzarono in squadre e presero a scavare le fondamenta. Di notte, con i pali appostati, quasi fosse un furto in una villa. Si alzarono mura, si stabil la copertura. Le case abusive non potevano pi essere abbattute e, pagato il Comune per il suolo pubblico, la questione fu sanata. Cos, per la prima volta, si ritrovarono con la casa di propriet, e Maria e i suoi fratelli avevano i loro spazi e un ampio tetto a terrazza su cui stare allaperto.

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Non era contadino, era bracciante fin nel profondo dellanima. Raccoglieva i frutti che la terra selvaggia elargiva, uninfinit, e spigolava, cio raccoglieva le olive rimaste per terra dopo la raccolta. Una consuetudine permessa e favorita, che non sapevo neppure esistesse. Come in altri tipi di raccolta simile, le mandorle per esempio, occorrono colpo docchio, scioltezza nelle dita e velocit. Lui era un fulmine, e aveva insegnato ai figli. Una volta ero con Maria e uno dei suoi fratelli sotto un mandorlo, e cerano mandorle a terra. Ci mettemmo a raccoglierle, io saltellando ginnicamente sulle gambe in qua e l per un misero bottino; loro si erano interrotti guardandomi a bocca aperta, increduli, e scoppiando a ridere. No, no, si fa cos!. Accoccolati, fermi, le mani si muovevano frenetiche e le tasche si riempivano. Sembrava un gioco di prestigio. Ero io a bocca aperta, adesso, impermalosito e arreso. Avevo visto la felicit negli occhi di suo padre ogni volta che i figli lontani tornavano per le vacanze, con la loro famiglia e via via nuovi nipoti, e i maschi si affrontavano in estenuanti partite a carte, che si protraevano fino a notte fonda. Non lavevo mai vista, per, cos intensa come quando, soffermandosi a casa nostra dopo un viaggio al Nord per un battesimo, mi raggiunse alla manifestazione contro la guerra. Erano anni e anni che non vedeva tante migliaia di persone, soprattutto giovani, scorrazzare decisi per le strade, impugnando centinaia di bandiere. Sembrava rinato, e lentusiasmo sarebbe durato a lungo, e a lungo lui avrebbe rievocato quella giornata. Forse, dun tratto, aveva ricominciato a credere che il mondo poteva essere cambiato. La notizia della sua scomparsa ci attiv immediatamente. Telefonai a un maresciallo dei carabinieri del Valdarno, che conoscevo, per cercare di sollecitare le ricerche. Si mise subito in comunicazione e promise di contattarmi in caso di novit. Poi ebbi unintuizione. Eravamo bloccati a Firenze per via del bambino, che era a scuola, e anche per Maria. Temevo che quella circostanza le provocasse qualche problema; inoltre, non eravamo padroni del territorio. Servivamo a poco, laggi. Perch non tentare una ricerca radiestesica? Non avevamo niente da perdere. Chiamai Valeria. Si pu provare, altre volte abbiamo avuto successo. Mi disse di passare da casa loro nel pomeriggio, quando sarebbe tornato anche Vittorio, e di portare una piantina della zona e una sua foto. Ne avevamo solo una, molto bella, in cui compariva con Maria, e da Internet ricavai una mappa di scarsa qualit che comprendeva tutta la vasta zona che poteva interessarci. Mi resi conto della difficolt delle ricerche proprio osservando la mappa; battere un territorio cos ampio, ricco di stradine sterrate, campi, muretti, era unimpresa. Con Vittorio ci abbracciammo, non ci vedevamo da tempo. Intanto non cerano state novit, n dai familiari n dai carabinieri. Ci sedemmo a un tavolo e Vittorio chiese se non avevamo unaltra foto in cui compariva da solo, perch la presenza di Maria turbava un po. No. Cominci a testare osservando la foto. Dopo qualche istante rialz la testa e disse: vivo. Per c qualche problema. Esitava. Stava bene di salute tuo padre?. Ma ... pi o meno, i soliti acciacchi dellet. Perch io sento che ha avuto un ictus. Strofin il volto di suo padre sulla piantina e riprese a testare. Per me qui. Indic con lunghia un centimetro quadrato della piantina. Corrispondeva pi o meno a quattro chilometri quadrati. Una sciocchezza, in confronto a tutta la mappa. Lo segnammo con una matita. Se fosse stato cos, indirizzando tutte le ricerche in quel punto ... Vittorio si volt verso di me. Procurati una mappa particolareggiata solo di questa zona e domattina vieni allo studio. Tremai al pensiero che non aprisse la porta, ma stavolta mi sarei attaccato al campanello. Per ho bisogno anche di qualcosa di suo, un calzino, un fazzoletto, questa foto non va pi bene. Daccordo che ero quello delle imprese impossibili, ma questa proprio non era cosa. Ci scervellammo a pensare come fare, ma non cera soluzione; per un pacco da Andria almeno un paio di giorni ci sarebbero voluti. Noi non avevamo niente. Forse, fra i miei fazzoletti poteva essersene me-

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scolato uno suo, nella loro lavatrice e nel corso degli anni, ma vai ad azzeccarlo, e poi ormai sarebbe stato in risonanza con me. Intanto avvertimmo i familiari ad Andria, con le reciproche difficolt a spiegare e capire di che zona si parlasse, visto che in quella mappa erano specificate solo alcune localit. La spedii allora per posta elettronica a una mia cognata. Richiamarono per dire che quella zona lavevano gi battuta. Comunque ci sarebbero ripassati, prima o poi. La comunicazione era convulsa, tutti i familiari erano presi nelle ricerche, senza dormire e mangiando qualcosa quando era possibile. I carabinieri si erano alzati in elicottero, mi comunic il maresciallo, ma solo per una mezzoretta, dissero i parenti. Io ero corso allIstituto geografico militare per acquistare la mappa richiesta. La notte non port buone novelle. La mattina successiva mi recai allo studio con la mappa e la solita foto. Vittorio apr al primo squillo, si scus con il paziente che stava visitando e lo fece accomodare in anticamera. Storse la bocca, quando vide che gli passavo la solita foto e non avevo altro, ma appena la tocc e guard mi osserv seriamente. Non pi come ieri, disse con certezza. L per l non capii. Fu pi esplicito. andato. sopravvenuto un infarto. Forse non si mai risvegliato dopo lictus. Questa foto non va pi bene per trovare il posto, comunque proviamo. Stendemmo la mappa sulla scrivania e cominci a testare. Indic un campo, ma si vedeva che era poco convinto. Potrebbe essere qui, ma pu darsi che lo senta perch c stato altre volte. Lo ringraziai e salutai. Appena fuori squill il cellulare. Era Maria, lo avevano trovato i suoi fratelli. Morto. Sospirai. Lo so. Me lha appena detto Vittorio A scuola, spiegai la situazione alla maestra, che prepar mio figlio allevento parlandogli genericamente di novit su suo nonno. Lo fece preparare e scendere verso luscita, dove lo aspettavo, ma non sapevo cosa gli avesse detto. Te lha detto, la maestra? Hanno trovato il nonno. Al!, esclam contento. Restai un po stupito. Dovevo andare a fondo, subito. Era il suo primo contatto con la morte. No! ... era morto. Lhanno trovato gi morto. Per morto tranquillo, senza soffrire. Partiamo subito. Era vero. Lavevano trovato in quei quattro chilometri indicati da Vittorio, ripassandoci allalba e ispezionando un campo un po fuori mano, trascurato la prima volta perch si trattava di un uliveto, ed era febbraio. Improbabile si potessero spigolare ancora olive. Invece ce nerano, per terra. SullApe, poco distante, aveva gi fatto il pieno di rucola e cicoria; era ancora presto, e aveva deciso di fare anche le olive. Il medico legale aveva stabilito che si trattava di ictus e infarto. Una scena surreale si era presentata ai fratelli di Maria; quella era zona di cani randagi, predatori notturni, volpi. Quando lavevano trovato, che pareva dormisse, sul petto un fazzoletto che non aveva avuto il tempo di usare, un branco di cani randagi stava in cerchio silenzioso intorno a lui, un cerchio di protezione dai predatori. Allarrivo dellauto, si erano lentamente allontanati, come fosse terminato il loro compito. Il vecchio bracciante si era restituito alla terra dellabbondanza. Per Maria, era sempre stato luomo dellabbondanza. Andammo a visitare il luogo e a portare dei fiori. Era un campo bellissimo, ricolmo di ulivi selvaggi e secolari. Ci indicarono il punto esatto. Su di una scabrosa pietra interrata, qualche tenue traccia di sangue secco; la caduta dopo il malore. In quel punto era appoggiata la testa; sopra, per tetto, i rami frastagliati del pi maestoso di quegli ulivi. Ancora pi su, un cielo azzurro terso, infinito.

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La trappola del dolore La ritualit della morte, al Sud, non la conoscevo a fondo. Avevo notato i muri tappezzati, in occasione di lutti, a cura delle innumerevoli agenzie di pompe funebri. Da lontano, mi era capitato di assistere a qualche funerale, rigorosamente a piedi fino alla chiesa, e di stupirmi per il numero dei partecipanti. Praticamente, un corteo non autorizzato. Adesso lo vivevo dallinterno. Mentre aspettavamo il feretro, con la stanza buona gi preparata e addobbata di fiori, e con mia suocera che si scioglieva nelle lacrime, arrivavano a frotte parenti, amici e conoscenti. Pensavo di dover fare le condoglianze ai parenti, per il resto avrei improvvisato. Mi resi invece conto, stupefatto, che erano i parenti, anche quelli pi stretti, che stringendomi la mano e baciandomi, facevano le condoglianze a me. Certo, io ero della famiglia. Maria laveva presa molto male. Si era completamente bloccata dentro, con dolori tali da sentirsi morire. Non riusciva a mettere niente nello stomaco; se lo faceva, vomitava. Neanche un goccio dacqua riusciva a farsi strada, veniva ugualmente espulsa. Volevamo accompagnarla allospedale, ma non intendeva muoversi senza prima aver visto suo padre. Nostro figlio, per fortuna, era ospite dei cuginetti. Quando giunse la bara, Maria si alz faticosamente dal letto per lestremo saluto. Pareva ancora che dormisse, sereno e riposato. In quella folla, non mi ero accorto che mio figlio era l, anche lui, per salutare il nonno. Lo seppi soltanto qualche giorno pi tardi, quando mi disse: proprio vero, babbo, sembrava che dormisse il nonno, cos tranquillo. Uscii per strada e chiamai Valeria col cellulare. A stretto giro, mi chiam Vittorio consigliandomi dei rimedi omeopatici e avvertendomi che difficilmente avrei potuto procurarmeli subito, l in citt. Presi lauto e corsi a tentare in tre o quattro farmacie. Nellultima mi comunicarono che sarebbero stati disponibili nel pomeriggio. Poi tornai a casa e la portai al Pronto Soccorso, spiegando la situazione. Fu pi il tempo dellattesa, stesa in un lettino, che altro. Le iniettarono un calmante per i dolori, che sort qualche effetto, e la rispedirono a casa. Arrivammo che il corteo funebre si era gi avviato. Maria si mise a letto, io mi diressi verso la chiesa. Quando fummo di ritorno, mi ero rifornito dei rimedi. Maria aveva ripreso a stare malissimo, e disse che aveva perso sangue con lurina. Sua sorella le fece una iniezione di antidolorifico, che non serv a niente, e io preparai i granuli. Quella sera riusc perlomeno a ingurgitare minuscoli sorsi di acqua, ma fummo costretti a unaltra iniezione. Ha da passa a nuttata pensammo. La pass nel peggiore dei modi. Io e mio figlio la trascorremmo da una delle sorelle. Allalba fui svegliato da mia cognata, che aveva risposto a una telefonata allarmante: suo fratello, che dormiva da sua madre, come Maria, era stato costretto ad accompagnarla in ospedale poco prima, per via dei dolori lancinanti. Mi precipitai al Pronto Soccorso. Le avevano fatto una bomba di calmante, che aveva annullato i dolori, e siccome aveva di nuovo perso sangue urinando, avevano deciso di ricoverarla. La prima ricerca, comera da aspettarsi, aveva riguardato i reni, a causa della precedente nefropatia. Era stata completamente negativa. I reni erano assolutamente a posto. La accompagnai in corsia consegnandole i rimedi omeopatici. Attesi due giorni inutilmente. Dovevo partire, riportare mio figlio a scuola e rientrare al lavoro. La lasciavo in buone mani, dopo tutto; tutte le sue sorelle, sua madre, sua zia. Ci sentivamo tutti i giorni, la situazione non migliorava, tranne il fatto che adesso riusciva a bere un po di acqua e a mangiucchiare qualcosa. Ma continuava a non andare in bagno e ad avere quelle coliche. Voleva tornarsene a casa, eravamo tutti e due convinti che lelaborazione del lutto sarebbe stata meno dolorosa a Firenze. Decise che quel sabato avrebbe firmato e sarebbe uscita, poi, se fosse stata in grado, avrebbe preso il treno. Non se ne parlava neppure. Io e Manfredi ci attrezzammo per un altro lungo viaggio in auto, la prendemmo e ce la riportammo a casa. Prima che se ne andasse, il Primario le confess che di quella pancia non aveva capito nulla. Lei sugger che forse la risposta era semplice: aveva perso il sangue perch aveva perso suo padre, ed era impedita tutta la parte centrale del suo corpo perch si sentiva stroncata in due dal dolore. Una voce nel deserto. Solo schede, numeri e farmaci la macchina si rotta, quale sar il guasto?.

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A casa si sent un po meglio, ma i dolori persistevano e fui costretto a imparare a fare le iniezioni. Qualche giorno pi tardi ritornammo a Santa Maria Nuova, diretti al Pronto Soccorso. Esaminarono quelle poche analisi, fatte nel precedente ospedale al sud, che era riuscita a procurarsi di sabato. Ne fecero altre e accorsero ore, per via delle attese dei risultati. Ancora una ricerca sui reni. Nel frattempo, per premunirmi in caso di ricovero, che mi sembrava inevitabile, e nel timore che potessero decidere per Nefrologia a Torregalli, salii a Medicina Donne e parlai con il medico del reparto, lo stesso del primo ricovero. Allinizio aveva dei ricordi vaghi, erano trascorsi quasi due anni e mezzo, poi mise a fuoco. Disse che avrebbe chiamato il Pronto Soccorso, l erano quasi ai posti in piedi, ma una soluzione lavrebbero senzaltro trovata, ci mancherebbe. Scesi le scale rincuorato, percorsi il lungo corridoio e me la trovai davanti, vestita e con valigia a seguito. I reni erano a posto. Lavevano dimessa prescrivendo un lassativo. Detta cos fa ridere, fatto sta che quello sciroppo, che la farmacista descriveva come molto potente un cucchiaino o due al massimo, raccomandava, come da posologia , le era stato detto di prenderlo tutto in una volta. La boccetta intera. Cos fece, e si svuot. Piano piano, tutto torn alla normalit e Maria riprese a stare sempre meglio. Aveva passato a nuttata.

Sulle tracce di Hamer Per scrollarci di dosso qualsiasi residuo dubbio, per fuggire definitivamente dalle maglie del lupus, non restavano che Hamer e la sua Nuova Medicina. Maria era certa che, fosse finita a suo tempo nelle sue mani, ne sarebbe rinata senza patire tutto quello che aveva patito. Nutriva qualche perplessit, invece, nellaffidarsi ai suoi discepoli; in tutta Europa erano ormai centinaia e centinaia i medici che si uniformavano alla sua ricerca e praticavano il suo metodo. In Italia erano due i riferimenti che facevano in qualche modo capo ad Hamer: il primo consisteva in unassociazione che dava lidea di essere pi strettamente a contatto con il medico tedesco, il secondo si collegava a un medico italiano alternativo, curato proprio da Hamer, a cui aveva promesso, in caso di guarigione, di diffondere la Nuova Medicina in Italia. Scegliemmo un medico dellassociazione, perch ci parve pi a portata di mano, in Toscana, sulle Apuane. Telefonai e prendemmo appuntamento. Non chiese di portare con noi esami, analisi o altro. Non gli interessava neppure la TAC cerebrale, che Hamer indicava come prima condizione necessaria. Maria ne fu un po contrariata. Ne parlai con Federica, che non mi parve entusiasta. Aveva una certa quantit di informazioni sulle due scuole di pensiero, e mi sembrava titubante sulla prima. Ma sempre stata cauta nel porsi in maniera negativa, e non si sbilanci troppo neppure quella volta. Comunque sia, partimmo per tempo verso il paese montano e arrivammo con un anticipo esagerato. Ne approfittammo per individuare il luogo fisico, e perdemmo nella ricerca una buona mezzora; non cera quasi nessuno in giro, e fra le poche presenze, nessuna che conoscesse quellindirizzo. Per quanto ci sembr di capire, lass vivevano di turismo invernale, ed eravamo fuori stagione. Per mettere qualcosa nello stomaco, ripiegammo in un bar, dove mangiammo malissimo. In ogni caso trovammo lora dellappuntamento. Il medico arriv mentre eravamo in attesa in anticamera, appena pi giovane di noi, e dopo un po ci fece accomodare nel suo studio. Il suo modo di fare ci apparve un po troppo disinvolto, eccessivamente sicuro di s, ma pu darsi che ci sbagliassimo, e in ogni caso avevamo imparato a diffidare delle apparenze. certo, per, che era pi intento a raccontare le sue esperienze che ad ascoltare Maria. Un paio degli esempi che fece mi parvero stimolanti; il primo riguardava il raffreddore e consisteva in questo: infilando i piedi nudi in due appositi fori praticati in una finestra, poi sigillati, con la temperatura esterna sottozero, avrebbe scommesso qualsiasi cosa che il soggetto avrebbe preso il raffreddore. Eppure il virus utilizza esclusivamente le vie aeree come si spiegava?

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Il secondo esempio riguardava invece il sole; saputo che Maria aveva adoperato con frequenza, in passato e inutilmente, delle creme a protezione totale, disse: se lei o unaltra persona qualsiasi si disegna un otto sulla schiena con quelle creme e poi si mette a prendere il sole, vedr che la sera tutta la pelle sar abbronzata tranne quella, e lotto sar ben visibile. Eppure non sono servite a nulla. Allora c altro, no?. Conoscendo il modo di procedere di Hamer, mi aspettavo che a un certo punto mi cacciasse fuori, magari con grazia. Non lo fece. Disegn invece una specie di grafico che illustrava lo sviluppo delle malattie secondo Hamer, dalla fase attiva alla risoluzione. Lo sapevamo, avevamo letto il Testamento, e glielo avevamo detto. Tutto latteggiamento, a nostro modo di vedere, stonava. Faceva psicanalisi da quattro soldi con aria sufficiente e chiedeva con insistenza: Lei cosa disposta a fare per risolvere il suo problema?. Ma ... qualsiasi cosa .... Se le dicessi di partire, di fare qualcosa di molto diverso?. Non so ... ho un bambino, devo stargli dietro .... Era la Santa Inquisizione. Hamer, nel suo Testamento, parlava di medici con il cuore e le mani calde, e spiegava che dovevano essere una guida per gli ammalati, non la loro nemesi. Maria quasi balbettava, non comprendeva. Quasi da subito, si comprendeva che fra quei due non cera possibilit di comunicazione. Ormai da un pezzo continuava quella tiritera. Quel medico parlava di cose che gi conoscevamo bene, come se avesse inteso di insegnarci lalfabeto. Con cosa scrive?, con la penna, e se io le chiedessi di scrivere su una pietra con martello e scalpello?, ma ci ho la penna!. Sentivo a pelle che Maria vibrava con tutto il suo corpo, ma non per indignazione, stavolta: era incazzata nera. La seduta termin con lermetica, risolutiva frase: non c stoffa per il sarto!. Avrebbe potuto dire: dai diamanti non nasce niente ..., o, per quel che ci importava a quel punto: tanto va la gatta al lardo .... Ma forse suo padre era tessitore. Pagammo la parcella e si raccomand che, per correttezza, Maria si facesse comunque sentire per telefono entro una quindicina di giorni, per sapere se aveva trovato la stoffa. Quando riprese il controllo di se stessa, Maria decise che gli avrebbe scritto una lettera di fuoco, poi che avrebbe scritto ad Hamer, nel frattempo arrestato in Spagna ed estradato in Francia, nel suo carcere francese. Poi sboll e decise di pensare solo a se stessa, senza farsi cattivo sangue, rimuovendo quella squallida esperienza ma vaffanculo. Raccontai a Federica quella storia, e lei stavolta si sbilanci di pi. Disse che non eravamo il primo caso, che altri si erano lamentati, che non trovavano in quel metodo relazioni con Hamer. Mi procur tre nomi e indirizzi di medici con relativo numero di telefono, riferenti al secondo sodalizio, e uno di chi ci aveva gi avuto a che fare e che ben conosceva. Dopo molte insistenze, Maria si lasci convincere a fare questaltro tentativo. Cera stata, da parte dei conoscenti di Federica, unesperienza diretta e soddisfacente con un medico di Milano. Telefonammo e lui chiese per prima cosa la TAC encefalo basale senza mezzo di contrasto. Si cominciava meglio. Maria la fece e arrivammo a Milano dopo un allucinante viaggio in Eurostar, senza pi i vecchi, simpatici scompartimenti, con i telefonini che squillavano alla frequenza delle lucine di un albero di Natale, e le matasse di scemenze che eravamo obbligati ad ascoltare. Anche quel medico era un coetaneo, ma senza grilli per il capo. Mi avvert subito, gentilmente, che forse avrebbe dovuto a un certo punto allontanarmi. Ascolt Maria, poi esamin la TAC. Disse subito che si leggevano molti conflitti, quasi tutti risolti, alcuni da molto tempo. Fece domande, ascolt le risposte, si prodig nellinvestigazione hameriana. Poi mi cacci per una mezzoretta abbondante. A ogni buon conto, procedeva come immaginavamo avrebbe proceduto Hamer. Fu una lunga seduta, svolta con il cuore e con gentilezza. Maria avrebbe dovuto agire per risolvere i conflitti ancora attivi, secondo i consigli che le aveva dato, e farsi viva per telefono. Prescrisse anche un paio di rimedi omeopatici di supporto.

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Maria lo chiam una volta, che ancora non aveva fatto nulla dei suggerimenti, e lui insist che si decidesse. Ma Maria Maria. I medici, anche i migliori e i pi umani, sono comunque patogeni, disse una volta. Poi se ne freg.

Antiche orme nel tempo Il caldo, a Firenze, infiacchiva. Maria dipingeva i suoi acquerelli rapida, decisa. Il sole scaraventava i suoi raggi sulla Cattedrale, sapientemente orientata sullasse est-ovest. Dallabside, posto a oriente, si propagava il messaggio spirituale verso gli uomini, la materia, i corpi, a occidente. I raggi si riflettevano sulle immense pareti di marmo e accecavano la zona dombra, regno dei pittori. Ci si abbronzava anche a scansarli, fermi su quella striscia dombra. Maria aveva detto: il sole vita, non pu fare male. Se ne stava l, senza pi macchia sulla faccia, n paura del suo risorgere. Senza macchia e senza paura. Estate piena. Fra un po saremmo partiti in vacanza, e stavolta la meta era diversa; un paio di amici, che non vedevamo da tempo e che avevano un figlio dellet del nostro, ci avevano invitati in Sardegna, dove vivevano da alcuni anni. Maria si era comprata un nuovo costume. In Internet avevo trovato una associazione che promuoveva escursioni nei luoghi degli antichi abitatori sardi, nella civilt nuragica, e indagava alla riscoperta di altri siti. Di recente il fondatore, radiestesista, aveva individuato gli antichissimi resti prenuragici di un luogo sacro di guarigione, e una gita era prevista proprio durante la nostra breve permanenza in Sardegna. AI nostro arrivo, telefonammo per prenotarci. Partimmo per lappuntamento a Palau soltanto noi due, lasciando nostro figlio con gli amici nel villaggetto turistico nei pressi di Platamona. Il nostro piccolo gruppo era composto di sette persone. Dopo alcuni chilometri percorsi in auto, oltrepassammo a piedi un cancello; era propriet privata, e solo allassociazione era permesso lingresso. Percorremmo a piedi una strada sterrata, poi labbandonammo per imboccare un viottolo che attraversava un campo, e si inerpicava poi sulle colline rocciose per uno stretto sentiero, invaso da frasche e spine. Appena scesi dalle auto ci era stato detto che lenergia sprigionata da quel luogo era straordinaria, che avevano partecipato a quella escursione persone malate e molto anziane, senza avvertire fatica, e che dovevamo dimostrare rispetto per quel territorio magico, spengendo i telefonini ed evitando di fumare. Si cominciava male, molto male. Nessun problema per il telefonino, anzi, ma in quanto al resto ... Il percorso dur per quasi unora e mezzo, anche perch ogni tanto facevamo una tappa per osservare i dintorni. Scavallammo rocce e ci districammo fra i rami spinosi. Era pomeriggio inoltrato, a Palau avevamo pranzato tardi, nellunica trattoria-pizzeria ancora aperta, rassegnandoci a riempirci lo stomaco senza altre pretese. Invece mangiammo benissimo, e io mi abbuffai. Adesso lafa di agosto mi stava stroncando, ed ero preoccupato per Maria; avessi immaginato le difficolt della gita, me ne sarei ben guardato dal farla partecipare. Ogni tanto restavo un po indietro. Il sentiero era tortuoso e nessuno poteva vedermi. Maria mi copriva. Accendevo una sigaretta e me la fumavo. Ero certo che le divinit del luogo non si sarebbero offese. Arrivammo in cima che io avevo la lingua di fuori; Maria era fresca e riposata. Il panorama era selvaggio e bellissimo. Unansa di mare spuntava allorizzonte; su di un fianco, si stagliava una gigantesca roccia somigliante al volto duro e scavato di uno degli antichi abitatori. Le pietre di guarigione, enormi lastre poggiate luna allaltra in equilibrio armonico, maestose, trasmettevano un senso di pace. La nostra guida spiegava il ruolo dei sacerdoti, le varie posizioni, i punti dedicati a questa o quella malattia. Ognuno degli altri speriment volentieri. lo possedevo una capacit maliziosa di sentirmi spesso fuori posto. Trovai un pertugio e mi ci infilai, sbucando su delle rocce che digradavano a

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strapiombo, e tutto intorno lo sguardo si perdeva libero nellorizzonte, fino al mare e oltre, interrotto soltanto dalle gigantesche formazioni di pietre. Mi ci fumai sopra una sigaretta. La discesa fu molto pi rapida, ma non pi agevole, dato che il sole era ormai tramontato e si faceva largo il buio della notte. Lumidit della giornata si stava liberando in una pioggerellina leggera e fastidiosa. Giungemmo alle auto, salutammo nostri accompagnatori e ripartimmo verso Platamona, arrivandoci a notte inoltrata. Ero preparato ai dolori muscolari e indolenzimenti del giorno seguente. Ci svegliammo la mattina stupefatti. Nessuno dei due aveva il minimo dolorino, crampo, intorpidimento. Niente, come fossimo stati a fare una passeggiata sul lungomare. E addosso ci era rimasta una gran voglia di rivisitare con immagini e parole quei luoghi antichi. gialla, tocca a te, disse Giovanni. Era la prima volta che mi cimentavo nel gioco delle bocce. Giocavamo sulla spiaggia, era mezzogiorno. Tirai e una infida cunetta di sabbia devi la mia boccia lontano dal pallino. I nostri figli se ne erano rimasti allinterno del villaggetto, a scorticarsi le gambe caracollando dal monopattino sullasfalto ruvido. Maria e Tina, uscite dallacqua, avevano deciso di rintracciare una loro amica un paio di chilometri di spiaggia pi in l, verso il promontorio, e si incamminarono. Il sole, alto, splendeva.

Stampato [artigianalmente e rozzamente] in proprio Firenze, agosto 2011

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