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Il Concilio Vaticano II Contrappunto Per La Sua Storia Marchetto
Il Concilio Vaticano II Contrappunto Per La Sua Storia Marchetto
XVII
1. Karol Wojtya e il Sinodo dei Vescovi. Redazione di Joseph Sarraf a cura della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, 1980, pp. 432.
2. Sacramentarium sublacense (Roma, Cod. Vallic. B 24, cc. 1-99, sec. XI), a cura di
Sergio M. Pagano, seconda edizione 1981, pp. 264.
3. Alcide De Gasperi, Scritti di politica internazionale, 1933-1938. Presentazione di
Gabriele De Rosa. Volume 1: 1933-1935, 1981, pp. 352; Volume 2: 1936-1938,
1981, pp. 412.
5. Bellarmino Bagatti, Alle origini della Chiesa. 1: Le comunita` giudeo-cristiane, seconda edizione 1985, pp. 288.
6. De imitatione Christi libri quattuor. Edizione critica a cura di Tiburzio Lupo, 1982,
pp. 396.
7. Bellarmino Bagatti, Alle origini della Chiesa. II: Le comunita gentilo-cristiane, 1982,
pp. 288.
8. Mario Olivieri, Natura e funzioni dei Legati Pontifici nella storia e nel contesto
ecclesiologico del Vaticano II, 1982, pp. 320.
9. Italo Marzola, Le carte ferraresi piu` importanti anteriori al 1117, 1983, pp. 268.
10. Joseph Sarraf, La notion du droit dapre`s les Anciens Egyptiens, 1984, pp. 132.
11. Il Sinodo dei Vescovi. Natura - metodo - prospettive, a cura di Jozef Tomko, pp. 184.
12. Giuseppe M. Croce, La Badia greca di Grottaferrata e la rivista Roma e lOriente .
Cattolicesimo e ortodossia fra unionismo ed ecumenismo (1799-1923). Con appendice di documenti inediti. Vol. I, 1991, pp. 416; Vol. II, 1991, pp. 892.
13. Vittorio Peri, Lo scambio fraterno fra le Chiese. Componenti storiche della comunione, 1993, pp. 496.
14. Alessandra Bartolomei Romagnoli, Santa Francesca Romana. Edizione critica dei
trattati latini di Giovanni Mattiotti, Prefazione di Giorgio Picasso, 1995, pp. 1040.
15. Antonio Scotta`, La conciliazione ufficiosa. Diario del barone Carlo Monti incaricato daffari del governo italiano presso la Santa Sede (1914-1922). Presentazione
del card. Achille Silvestrini, Prefazione del prof. Giorgio Rumi, 1999, Vol. I, pp. 552,
Vol. II pp. 678.
16. Agostino Marchetto, Chiesa e Papato nella storia e nel diritto. 25 anni di studi
critici, 2002, pp. 764.
17. Agostino Marchetto, Il Concilio Ecumenico Vaticano II. Contrappunto per la sua
storia, 2005, pp. 408.
AGOSTINO MARCHETTO
IL CONCILIO ECUMENICO
VATICANO II
Contrappunto per la sua storia
A mia madre
PREFAZIONE
SIGLE E ABBREVIAZIONI
a.
A.
Aa.
AAS
Aa. Vv.
AD
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A.H.C.
A.H.P.
Apol
art.
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anno (i)
Autore
Autori
Acta Apostolicae Sedis
Autori Vari
Acta et Documenta Concilio cumenico Vaticano II
Apparando (ed. V. Carbone), Typis (Polyglottis) Vaticanis, 1960ss.
Annuarium Historiae Conciliorum
Archivum Historiae Pontificiae
Apollinaris
articolo
Acta Synodalia Sacrosancti Concilii cumenici Vaticani II (ed. V. Carbone), Typis (Polyglottis) Vaticanis,
1970ss.
canone, o capitolo
circa
Cardinale
confronta
citato
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
Codice di Diritto Canonico
La Civilta` Cattolica
concilio (concilium)
La Documentation Catholique
Editore
edidit, editio, edizione
Eminentissimi
enciclica
epistola(e)
esempio
Gaudium et Spes (Conc. Vat. II)
ibidem
idem
Lumen Gentium (Conc. Vat. II)
luogo citato
LOsservatore Romano
Medio Evo
numero, qualche volta nota
Nota Explicativa Praevia
Nouvelle Revue Theologique
opera citata
Padre
pagina (e)
paragrafo
P.L.
q.
Rev. des sc. rel.
Riv. della Dioc. di Vicenza
RSChIt. (o R.S.C.I.)
s. (ss.)
S.
sec.
t.
tit.
v.
vol. (voll.)
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ORDINE CRONOLOGICO
DELLE PRECEDENTI PUBBLICAZIONI
(i numeri si riferiscono a quelli progressivi del volume)
1989
1990
1992
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Inediti:
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
N.
28.
5.
1.
4, 6, 16.
2, 7, 10.
8, 9, 11, 22, 36, 37, 38, 39, 40.
12, 18, 23, 24, 47A.
48, 49.
19, 47B, 50, 51.
3, 13, 15, 20, 30, 41.
14, 17, 32, 33, 34, 42, 46.
35, 43, 44, 45, 52.
21, 25, 26, 27, 29, 31.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
10
Apol. LXV (1992), pp. 665-689; cfr. RSChIt XLVI (1992), pp. 246-263.
Apol. LXIX (1996), pp. 453-460.
Apol. LXXIV (2001), pp. 801-809.
RSChIt XLIX (1995), pp. 547-551; cfr. Apol. LXVIII (1994), pp. 433-438.
RSChIt XLIV (1990), pp. 585-591.
Apol. LXVIII (1995), pp. 848-854.
Apol. LXIX (1996), pp. 444-453.
Apol. LXX (1997), pp. 881-883.
Apol. LXX (1997), pp. 883-888.
Apol. LXIX (1996), pp. 305-317.
Nel suo testo piu` esteso la critica e` pubblicata in Apol. LXX (1997), pp. 331-351;
in forma ridotta e` apparsa su LOsservatore Romano del 13/XI/1997, pp. 8s.
Cfr. LOsservatore Romano del 28/VIII/1998, p. 6. La forma lunga e` apparsa in Apol.
LXXIII (2000), pp. 571-590 e A.H.C. XXXI (1999), pp. 468-483.
Apol. LXXIV (2001), pp. 811-825 e A.H.C. XXXIII (2001), pp. 213-227; cfr. LOsservatore Romano dell1/II/2000, p. 10.
Apol. LXXV (2002), pp. 855-877.
Apol. LXXIV (2001), pp. 789-799.
Apol. LXVIII (1995), pp. 412-421 e pp. 425-433.
Apol. LXXV (2002), pp. 319-322.
LOsservatore Romano del 22/VIII/1998, p. 6; cfr. Apol. LXXI (1998), pp. 373-380.
Nuova Storia Contemporanea n. 5 (2000) pp. 157-160; Apol. LXX (2002), pp. 385-389.
LOsservatore Romano del 16/III/2001; Apol. LXXV (2002), pp. 389-393; A.H.C.
XXXIII (2001), pp. 463-467.
Inedito.
Apol. LXX (1997), pp. 891-898; cfr. LOsservatore Romano 26/IX/1997, p. 3.
A.H.C. XXX (1998), pp. 131-142; cfr. LOsservatore Romano del 12/VIII/1998, p. 5;
cfr. Apol. LXXI (1998), pp. 325-337.
LOsservatore Romano del 10/VI/1998 p. 10; cfr. Apol. LXXI (1998), pp. 721-727.
Inedito.
Inedito.
Inedito.
Apol. LXII (1989), pp. 382s.
Inedito.
Bailamme (2001), pp. 39-42.
Inedito.
Apol. LXXV (2002), pp. 353-360.
Apol. LXXV (2002), pp. 361-366; A.H.C. XXXIV (2002), pp. 193-198.
Apol. LXXV (2002), pp. 887s.
People on The Move XXXIV (2002), pp. 101-111; La nuova Europa, n. 3 (2003),
pp. 74-81, con traduzione russa, nella stessa rivista, n. 16 (2003), pp. 77-84.
Apol. LXX (1997), pp. 413-417.
Apol. LXX (1997), pp. 888-891.
Apol. LXX (1997), pp. 421-425.
Apol. LXX (1997), pp. 409-413.
Apol. LXX (1997), pp. 417-421; cfr. LOsservatore Romano del 7/VI/1998, p. 9.
41. Apol. LXXV (2002), pp. 393-395; LOsservatore Romano del 19/V/2001, p. 5; A.H.C.
XXXII (2000), pp. 467-470.
42. Apol. LXXV (2002), pp. 884-886; A.H.C. XXXIII (2001), pp. 459-462.
43. Apol. LXXV (2002), pp. 591s.
44. Apol. LXXVI (2003), pp. 592-594.
45. A.H.P. XLI (2003), pp. 252-270.
46. Apol. LXXV (2002), pp. 881-884.
47. A. Apol. LXXV (2002), pp. 378-383; LOsservatore Romano del 14/X/1998, p. 8.
B. LOsservatore Romano del 12/IV/2000, p. 5; A.H.C. XXXII (2000), pp. 204-209.
48. LOsservatore Romano del 20/I/1999, p. 4; A.H.C. XXXI (1999), pp. 233-236.
49. LOsservatore Romano del 22/I/1999, p. 6.
50. Bailamme (2000), pp. 51-64; Riv. della Dioc. di Vicenza (1999), pp. 1232-1245.
51. A.H.P. XXXVIII (2000), pp. 275-286; Apol. LXXIII (2000), pp. 515-627; cfr. A.H.C.
XXXII (2000), pp. 371-386.
52. Jus Ecclesiae XV (2003), pp. 187-202.
11
12
Schatz K., N. 3.
Scheffczyk L., N. 49.
Schmidt S., N. 39.
Siri G. (Card.), N. 36.
Soetens Cl. (ed.), NN. 7, 25 e 41.
Theobald Ch. (sotto la direzione di),
N. 33.
13
I
NEL CONTESTO CONCILIARE
17
18
La stessa tendenza minimista per il ruolo del Papa si puo` trovare ancora a
proposito del concilio di Arles, che pur manifestando la sua autonomia sia
verso limperatore sia verso il papa, proprio in ragione della sua collocazione
geografica (sic!) riserva ... un trattamento di speciale riverenza nei riguardi di
questultimo al quale demando` (sic!) il compito di pubblicizzare le sue decisioni
garantendo in particolare la ricezione dei canoni (p. 17). Rifacendosi al sinodo
di Antiochia, poi, lAutore pensa che le sue decisioni, per quanto significative,
non siano state piu` vincolanti di quel che fosse stata la sentenza romana del 313
per il successivo sinodo di Arles (p. 22).
Per Il concilio di Nicea continua lo stesso spirito. Cos` , a proposito di
Osio di Cordova, la sua presenza al fianco di Costantino, per quanto abbia
contribuito a far sentire anche la voce dellOccidente, non va vista in alcun
modo a titolo di rappresentanza formale di Roma (p. 24), e ancora: si pensa
che la presidenza sia stata tenuta da Ossio di Cordova, non perche si trattasse
del legato romano, bens` in quanto fiduciario dellimperatore (p. 26).
Landamento poi di presentazione del concilio, in forma spesso congetturale, parte dalla convocazione e passa allo svolgimento, con indicazione delle
circostanze e del contenuto del simbolo niceno (piuttosto somigliante al credo
gerosolimitano-antiocheno) ed analisi dellhomoousios, con il quale si penso` di
refutare larianesimo.
E` dato quindi spazio allillustrazione dei testi disciplinari di Nicea (data
della Pasqua, con allineamento alluso in vigore a Roma, soluzione dello scisma
meliziano, regolamento della penitenza pubblica, importanti norme relative alle
strutture del governo ecclesiale). Tendenziose, anche in questo contesto, sono le
considerazioni circa lentrata nel collegio episcopale (p. 38) e il ruolo della Sede
di Roma: ragioni geografiche-politiche e la rivendicazione dellorigine apostolica furono forse le premesse per [la] nuova struttura patriarcale. Lo stesso
canone riconosce come ovvia una prerogativa analoga [a quella di Alessandria]
della sede romana, benche pure in questo caso si eviti di precisarne il contenuto.
Quanto allestensione geografica di un simile primato si presume che il canone
faccia riferimento alla posizione della chiesa romana in Italia piu` precisamente nellItalia centrale e meridionale. nonche in Sicilia e Sardegna ... prima
ancora che nelloccidente, di cui Roma verra` in seguito a costituire lunico
patriarcato (p. 39).
Anche sulle questioni della disciplina del celibato sacerdotale e della validita` [o illiceita`?] delle ordinazioni, in talune circostanze, avremmo desiderato piu`
precisione, sulla linea di ben fondate soluzioni proposte dagli Aa.
Segue il capitolo Da Nicea al Costantinopolitano I. La ricezione del
primo concilio ecumenico , conformemente allinteresse peculiare, appunto
per la ricezione dei sinodi, manifestato dallopera.
Tra silenzio e reazione il Perrone descrive cos` la rivincita dei seguaci
(ariani) di Eusebio di Nicomedia, fino alla morte di Costantino e poi durante il
regno di Costanzo II (a Roma papa Giulio I invalida, peraltro, la deposizione
sia di Atanasio che di Marcello di Ancira), arrivando allavvento di Teodosio I.
Rileviamo qui unespressione e` questione di linguaggio, ma non solo
19
stonata, e cioe` il riferirsi lAutore a comunione delloccidente per la comunione ecclesiale con Roma operata dal Melezio.
Anche in precedenza, e successivamente, luso di formule improprie puo`
rivelare o una mal assimilata terminologia teologica o limpegno sistematico a
riferirsi il meno possibile al Vescovo di Roma, e alla comunione con lui, che e`
decisiva per quella ecclesiale, non solo in Occidente. Vi e` tendenza inoltre a
riferirsi a chiese anche quando si dovrebbe parlare di Chiesa universale (e
del suo patrimonio comune: v. per es. p. 57).
Segue la trattazione del concilio di Costantinopoli (381), della sua convocazione, della fase iniziale, delle trattative di unione con i macedoniani, dei
canoni 2 e 3 (primato donore di Costantinopoli in Oriente) con risvolti antialessandrini e antiromani, e del simbolo di Costantinopoli.
Il capitolo successivo e` dedicato a La questione cristologica e la rottura
dellecumene. Da Efeso (431) a Calcedonia (451) con illustrazione della crisi
nestoriana e le reazioni di Roma (condanna di Nestorio in un sinodo tenuto
allinizio di agosto del 430) e di Alessandria. Anche in questo caso lAutore ha
cura di aggiungere, significativamente, losservazione che il ricorso a Roma da
parte di Cirillo, rispondeva in sostanza a ragioni tattiche piu` che allammissione di un primato dottrinale del papa (p. 77).
Per Efeso il Perrone descrive le due assemblee contrapposte che vi si riunirono con condanna di Nestorio e la rottura con gli orientali , nella prima, e
deposizione, di Cirillo e Memnone di Efeso, nella seconda, presieduta da Giovanni di Antiochia, in assenza in entrambe dei legati di papa Celestino, non
ancora giunti nella citta`. Essi daranno poi la loro approvazione formale alla
deposizione di Nestorio. Sciolto il concilio, iniziarono le trattative di pace,
concluse con lepistola indirizzata da Cirillo al vescovo di Antiochia.
Ma si apre gia` la crisi eutichiana e si arriva al latrocinio efesino (449) e
allappello di Flaviano alla Sede Romana, seguito da quello di Eusebio di
Dorileo e Teodoreto. Anche qui lAutore chiosa: senza che tale ricorso debba
essere visto come un esplicito riconoscimento del suo primato di giurisdizione
(p. 91). E` dunque implicito, almeno? Ingiustamente limitante suona anche la
successiva affermazione, con riferimento a una lettera di papa Leone allimperatore, che domanda la convocazione di un concilio in Occidente. La richiesta
... era rivelatrice di come il papa ... non volesse ne potesse fare a meno dellistanza conciliare per regolare una questione dogmatica di importanza vitale [noi
diremmo che non era possibile convocare un concilio ecumenico senza lintervento imperiale]. Linsieme dei pronunciamenti di Leone, prima e dopo il 451,
dimostra che il rapporto tra papato e concilio si pone piuttosto in termine di una
correlazione dialettica e non unicamente di superiorita` del primo e subordinazione del secondo. Sebbene il vescovo di Roma ... intervenga autorevolmente ...
esponendo la propria decisione di fede e rivendicando la supremazia della sede
apostolica in maniera affatto diversa da tutti i suoi predecessori [e qui dissentiamo ancora una volta], nellultima fase del pontificato riflettendo su Calcedonia si fa sempre piu` strada lidea di un significato del concilio indipendente
dalladesione a Roma (ibid.).
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proclamo` la fede ortodossa con lammissione di due volonta` nel Cristo, delle
quali pero` la umana veniva detta sottomessa a quella divina (p. 139).
Lanzidetto concilio ebbe un prolungamento piuttosto imprevisto ed inatteso, il quarto concilio di Costantinopoli (692) o Quinisesto , che prese decisioni unicamente di ordine pratico, ma quando i canoni e gli atti vennero
inviati a Roma per essere firmati da papa Sergio, questi non volle sottoscriverli
e i suoi successori fecero lo stesso (p. 143).
Il settimo concilio ecumenico, il secondo di Nicea (786/787) , rigetto` le
decisioni iconoclaste del sinodo di Hieria e accetto` la rappresentativita` del sacro
e la venerazione delle icone , che gli abusi degli ortodossi, linflusso degli
eretici e lesempio degli arabi e degli ebrei, la tradizione orientale e la teologia
di qualche padre della Chiesa avevano messo al bando (p. 146). Roma e i
patriarcati doriente accettarono favorevolmente la decisione finale del concilio,
ma le cose non ebbero un seguito facile (p. 150).
Il contribuito, piuttosto conciso, specialmente quando si riferisce a Roma,
lascia a desiderare. Citiamo qui, ad illustrazione, alcuni passi esemplificativi:
Roma non ha mai voluto riconoscere la perdita del proprio primato politico e
lerezione di Costantinopoli a capitale dellimpero, con tutte le conseguenze
sullordine gerarchico delle chiese. Sotto la pressione del potere imperiale, Roma
aveva dovuto ammetterlo, ma senza accettare i canoni dei concili che attribuivano a Costantinopoli uno statuto pari al suo (pp. 123-4). Roma approfitto`
cos` del periodo di occupazione dei goti per crearsi uno spirito di indipendenza
(p. 124). Alessandria venne in tal modo eliminata dalla corsa al primato: la
lotta fu limitata unicamente a Roma e a Costantinopoli (ibid.). Teodoro
[papa], un greco di origine orientale, [si badi bene!] sosteneva lidea che il papa
e` il capo supremo della Chiesa e quindi ha il diritto di intervenire negli affari
interni delle altre Chiese (p. 137). Martino I ... convoco` nel 649 un sinodo a
Roma senza chiedere il permesso allimperatore, come invece si faceva di solito
(p. 137). Anche se qualche storico contemporaneo ha messo in dubbio la
condanna del papa [Onorio, durante il III concilio di Costantinopoli] essa ebbe
effettivamente luogo in occasione della XIII sessione ... senza che i rappresentanti occidentali reagissero (p. 139). Inoltre, notiamo che i due supposti
cos` riteniamo rappresentanti del papa e quelli di Antiochia sono indicati
con la voce sospetti .
La terza parte ritorna nelle mani del Perrone con Il Costantinopolitano IV (869-870). Primato romano, pentarchia e comunione ecclesiale alla vigilia
della separazione tra oriente ed occidente (pp. 155-181). E` a tutti noto il
problema della sua ecumenicita` e ci si puo` domandare se laverlo introdotto
in questo volume significhi una risposta positiva alla questione. Comunque il
titolo non lafferma.
Per lAutore i pontificati di Leone IV, Benedetto III, Nicolo` I, Adriano II e
Giovanni VIII vedono nellinsieme da parte di Roma la rivendicazione di un
primato universale di giurisdizione con una fermezza mai incontrata in precedenza (p. 159). E` esatto o si vuol posticipare al piu` tardi possibile una tale
rivendicazione ? Comunque il Perrone ammette che Leone IV, per il caso
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della deposizione di Gregorio Asbesta, critica il fatto che Roma non fosse stata
affatto interpellata o coinvolta in essa, e cio` ancora prima che le decretali
ps.isidoriane fossero note a Roma (v. p. 161).
Lavvento di Fozio come patriarca di Costantinopoli segna linizio di una
crisi nei rapporti tra Roma e Costantinopoli, dopo la condanna del suo predecessore Ignazio. Ma Roma riserva a se il giudizio, delimitando il compito dei
[suoi] legati al ruolo di ispettori che avrebbero dovuto controllare come si erano
svolti i fatti e ribadendo i privilegi della Sede apostolica nei confronti della
Chiesa costantinopolitana (p. 162).
Mentre lAutore accenna al fatto che a Costantinopoli si reag` assai criticamente alla pretesa romana di giudicare i problemi interni della Chiesa bizantina (p. 164), egli deve riconoscere, a proposito dei diritti della Chiesa
romana ... ad intervenire nelle questioni di quella costantinopolitana, anche in
casi disciplinari , che si tratta di un atteggiamento non nuovo nelle sue motivazioni essenziali (che si richiamavano a princ` pi gia` formulati da Leone Magno e Gelasio) . La conseguenza piu` rilevante era tratta in ordine al rapporto
del papa col concilio ecumenico, la superiorita` del primo sul secondo viene
affermata espressamente (p. 164). Ma anche questo non e` nuovo. Senza
lautorita` della sede apostolica come Nicolo` I ha cura di affermare in numerose occasioni i concili non hanno alcun valore; per la loro validita` necessitano dellapprovazione papale (p. 164). Ed anche questa aggiungiamo
noi non e` novita`. Ci piace pure rilevare laffermazione che Fozio rompendo
la comunione con il papa, si sarebbe automaticamente escluso dalla Chiesa
(p. 165). Ebbene, cio` valeva gia` nella Chiesa primitiva e fu proprio la concessione o il ritiro della comunione, in nuce, quellesercizio del primato pontificio
che non e` stato debitamente rilevato proprio dal Perrone come dicevamo ,
nella prima parte di questopera.
Ignazio fu reinstallato il 23 novembre dell867 e la condanna di Fozio
consumata durante il concilio Costantinopolitano IV. Nota lAutore: Se Roma si preoccupa di ribadire il suo ruolo di giudice e arbitro supremo che le e`
stato drasticamente contestato da parte di Fozio, limperatore bizantino appare
disposto a riconoscerlo solo a condizione che non pieghi lautonomia e la dignita` della sua Chiesa. E` in questa prospettiva che nel Costantinopolitano IV
nellaffermazione del primato romano si affianchera` il forte riconoscimento
della pentarchia (p. 166). A riguardo del ruolo di Roma, il Perrone rileva
che i legati romani ottennero finalmente la sanzione richiesta per la sentenza
emessa da Roma, sia pure come autonomo pronunciamento del concilio
(p. 168). Che significato ha qui autonomo quando la sanzione richiesta e`
esatta da Roma? I canoni approvati dal Costantinopolitano IV riflettono in
prevalenza una problematica strettamente legata alla vicenda di Fozio, ma non
sono privi di risvolti piu` generali che toccano i temi del primato romano, della
pentarchia, e dei rapporti fra la Chiesa e lAutorita` civile .
Segue la revisione del giudizio su Fozio nel Concilio di S. Sofia (879880) , che si concluse con un preannuncio indiretto di futuri conflitti. Le difficolta` fra Roma e Costantinopoli si trascinarono fin verso la fine del secolo.
Solo nell899 Giovanni IX riusc` finalmente a chiudere la controversia con la
23
24
zioni a riguardo di tale svolta ci lasciano quindi perplessi. Si puo` dire che
esisteva una tendenza, in fondo ancorata ad una prassi attestatasi proprio
grazie ai gregoriani, [senza distinzioni!] che si spingeva a rifiutare i sacramenti
amministrati da chierici indegni ? (p. 194). E a proposito del concilio di Reims
(1148), in cui si consegna a Gilberto una lista di correzioni da inserire nelle
sue Opere, cosa dire dellasserzione che si usurpa cos` ( da parte del concistoro,
la riunione del papa e dei suoi fratres cardinales ), a nome della Ecclesia romana, una prerogativa conciliare (atto fin l` normale e necessario per il giudizio
specialmente su di un vescovo : ibid.)?
Tali smottamenti istituzionali introducono per Melloni alla tematizzazione di un salto di qualita` che connota ... la Chiesa latina della meta` del
secolo: la nascita del diritto canonico come scienza (ibid.). Ma e` proprio ius
novum? Gli atti qualificanti del governo di Alessandro III conclude lAutore sono altrettanti gradini verso questa nuova concezione del potere papale
e della cristianita` . E, pure qui, bisognerebbe ancora distinguere.
Laccordo di Anagni (1176) e la composizione fra il pontefice e limperatore
raggiunta a Venezia, nel luglio del 1177, prevedono un concilio generale di
ratifica e pacificazione. Esso si svolge finalmente a Roma. E` il Lateranense III
(1179), a cui segue il IV (1215), indetto da Innocenzo III e che approvera` 70
capitoli, poi inseriti nelle Compilationes.
Gli importanti argomenti ivi affrontati sono illustrati brevemente. Notiamo
solo, a tale riguardo, unincongruenza a proposito del canone 9, che proibisce la
pluralita` dei vescovi nella stessa sede. Sarebbe, tale disposizione, lo strumento
con il quale si vogliono imporre alla chiesa greca i vescovi latini, in ordine ad
una concezione dellunita` gia` tutta pensata nei termini del ritorno e della uniformita` (p. 203). Invece proprio nel canone 9, riportato del resto dal Melloni,
leggiamo: Comandiamo rigorosamente ai vescovi ... di nominare uomini capaci di celebrare gli uffici divini e amministrare i loro sacramenti nei diversi riti e
lingue . Dunque almeno laccusa di uniformita` non regge, in questo caso.
Il Lionese I (1245) e` convocato da Innocenzo IV per sanare le 5 piaghe che
affliggono la Chiesa, immagine di Cristo. Sono la corruzione della fede e dei
costumi, il mancato recupero della Terra Santa (Gerusalemme era ripassata in
mano maomettana nel 1244), lo scisma orientale, il pericolo dei tartari, e, infine,
il contrasto col contumace Federico II (p. 205). Il negotium con limperatore
da` luogo ad un processo sbrigativo ... Federico viene addirittura privato di tutti
i diritti imperiali e regali, ivi compreso quello alla fidelitas da parte dei sudditi
(p. 206).
Passano quasi trentanni e Gregorio X coltiva lidea di un concilio pienamente ecumenico (con la finalita` di riconquista della Terra Santa alla Ecumene
Cristiana), di riunione (reductio) a Roma dei greci e degli armeni, anche in vista
dellammissione nella cristianita` dei tartari e di riforma della Chiesa. E` celebrato
cos` il Lionese II (1274).
Unamara costatazione del Melloni ci dice quanto fu effimero lo sforzo di
superare lo scisma, perche piuttosto si voleva rimuovere una fonte di debolezza per la crociata, mercanteggiando sulla base della convergenza di interessi fra lambizione romana e la debolezza costantinopolitana (p. 209). Non si
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poteva quindi prendere in considerazione la profondita` teologica delle questioni irrisolte, prima fra tutte la divaricazione ecclesiologica fra le Chiese
(p. 210).
A tale proposito, a titolo di esempio, si criticano due prese di posizione
conciliari, la prima, peraltro, deriva da unanalogia, mentre poi il fatto che il
Lionese II stabilisca che tutte le cause relative alle elezioni episcopali o quelle
nate da tali elezioni vengano annoverate fra le cause maggiori e di conseguenza
la loro trattazione, per qualsiasi genere di ricorso, deve essere demandata allesame della sede apostolica (ibid.), e` legato alla considerazione gia` plurisecolare
che i giudizi che concernono i vescovi sono appunto causae maiores.
Sul successivo concilio di Vienne (1311-2) pesa in misura determinante, a
detta di molti, leredita` di Bonifacio VIII ... effettivamente listruttoria compiuta
a carico dellordine cavalleresco dei Templari e le accuse contro di loro, la
questione della Terra Santa, il programma della crociata, sono merce di scambio
fra papa Clemente V e Filippo il Bello, alla ricerca di una improbabile condanna
postuma di papa Cajetani, ovvero alla riscossione di quanti piu` vantaggi possibili dalla rinuncia a questo progetto (p. 211s.).
Nelle conclusioni , prima della buona bibliografia (pp. 216-218), si ripete: cio` che connota il concilio nella cristianita` medievale e` ormai il
papato, che ha surrogato unecumenicita` impraticabile e neppure desiderata.
La funzione genetica del concilio rispetto al diritto canonico verra` a mutare
profondamente quando, in misura macroscopica dal Lateranense III in poi, le
decisioni assembleari di valore giuridico universale verranno prese in attuazione
di precedenti decretali papali. Solo nelle nicchie del diritto e della teoria politica
si conservera` la coscienza dellalterita` fra papa e concilio, grazie alla quale si
potra` risolver lo scisma doccidente (p. 214). Per le relazioni canoni conciliaridecretali crediamo si possa notare gia` in precedenza il mutuo influsso ed inoltre
lalterita` di cui si fa cenno e` sui generis poiche non vi e` concilio senza il Vescovo
di Roma, legittimamente eletto e non deviante nella fede.
La quinta parte del volume, ad opera di J. Wohlmuth, professore di Storia
della Chiesa nellUniversita` di Bonn, e` dedicata a I concili di Costanza (141418) e Basilea (1431-49) (pp. 219-281).
Per la prima volta fra i vari contribuiti troviamo espresso chiaramente il
proposito dellAutore ed il metodo del suo lavoro: Il mio tentativo personale si
accontentera` di una ridotta cronaca degli eventi, concentrando linteresse sulla
sequenza delle sessioni e dei loro testi ... Mi occupero` quindi dapprima separatamente dello sviluppo dei due concili e riassumero` le acquisizioni teologiche
nelle linee ecclesiologiche fondamentali che legano strettamente i due concili fra
di loro. La cronaca delle sessioni rappresentera` lo sfondo pragmatico in cui si
situano i testi conciliari (p. 221). Il programma risulta interessante e lo svolgimento e` allaltezza delle premesse. Varra` anche ricordare che il cronista di
due concili cos` grandi ... deve limitarsi allindispensabile, tanto piu` che, nonostante una sterminata mole di ricerche parziali, a tuttoggi la storia di questi due
concili non e` ancora stata scritta (ibid.).
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zione, dal punto di vista cattolico, riguardo a Costanza. (Si veda anche la
questione della plena fides del papa: p. 237).
Pure il decreto Frequens della XXXIX sessione e` nato da una nuova situazione di crisi del concilio. Comparabile a quella esistente prima e durante la
sessione V, esso fu considerato normalmente non vincolante per la mancata
osservazione nella pratica.
In ogni caso, nella storia della recezione, il giudizio sui due testi e` fluttuante. Per Wohlmuth lelemento della sessione XXXIX piu` importante per la
dogmatica e` da vedere nel fatto che lufficio papale, proprio in quanto massima
carica della Chiesa, viene vincolato alla plena fides della Chiesa, la quale fede
implica, da una parte, un vincolo alla storia diacronica della fede e, dallaltra,
un riferimento vincolante, in ciascuna epoca, al concilio universale. Si potrebbe
quindi pensare ad una specie di vincolo costituzionale del piu` alto potere papale
alla plena fides, cui e` sottomesso anche il concilio (p. 237). Ma cosa si deve
intendere per plena fides in casi di conflitto? E come si deve comprendere il
riferimento vincolante ?
Il concilio di Basilea (1431-1449), che sta per passare dallobl` o a fenomeno storico di portata universale (Helmrath), indubbiamente fu, sul piano ecclesiastico, una lotta decisiva fra papismo e conciliarismo (H. Jedin).
Finalita` dello studio, anche qui esemplarmente indicato dal Wohlmuth, e`
rilevare le piu` importanti linee di fondo per lecclesiologia e la storia dei
dogmi, il conflitto costituzionale, importante per i suoi aspetti ecclesiologici, i
progetti di riforma e gli sforzi ecumenici del concilio nelle trattative con i Boemi
e negli sforzi per lunione con i greci (p. 241). Come orientamento lAutore si
serve dei testi delle 45 sessioni di Basilea e delle 5 di Losanna (queste ultime
ormai praticamente irrilevanti) e ricorda che rivolgersi a questo intero corpus
di testi, sembra cosa ovvia per lo storico, ma rappresenta fino ad oggi un
problema di primordine per un tipo di approccio teologico ad orientamento
sistematico. E` ben noto che con la convocazione del concilio di Ferrara-Firenze
si tolse al concilio di Basilea il riconoscimento papale, di modo che la ricezione
cattolica (quando esiste) in genere si interrompe con la sessione XXV (del
7 maggio 1437) (ibid.).
Dopo aver brevemente illustrato il procedere degli avvenimenti sinodali
dallinaugurazione (23 luglio 1431) fino alla XIX sessione, prima, alla XXV,
poi, per giungere alla fine a conclusione, il Wohlmuth espone alcune importanti linee guida ecclesiologiche che hanno improntato i due concili (p. 242).
Tralasciamo i fatti (noto solo, con rammarico teologico , due affermazioni pure teologiche e politiche di p. 254, n. 74) riportati con ordine
dallAutore egli mette in evidenza le tres veritates del concilio, in cui il
conciliarismo arriva al suo vertice dogmatico , e non cattolico, aggiungeremmo
noi e veniamo dunque alla panoramica sulle acquisizioni ecclesiologiche dei
due concili .
Dopo aver valutato lopera conciliare di riforma della Chiesa, piuttosto
povera ed incompiuta a Costanza, mentre i risultati di riforma del concilio
basilese oggi vengono riconosciuti con minore esitazione (p. 260), e citato
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una crociata (p. 287) e secondario quello dellunione dei greci e della pax
(rapporti pacifici tra oriente cristiano e potenze occidentali e fra le Chiese). I due
elementi unio e pax devono essere ben distinti, per evitare confusioni riguardo al
Lionese II (p. 288). Il terzo scopo era la promozione di una riforma intraecclesiale. LAutore illustra la preparazione dellunione (reductio) dei Greci ed il
loro interesse politico, ma con giudizio piu` positivo, per laspetto teologico, di
quello formulato, per esempio, dal Melloni (v. p. 209s.). Non si tratto` semplicemente di un gioco di compromessi politici (p. 291; v. pure p. 292), conclude Proch, ma per i latini la unione doveva essere unaccettazione della
fede prescritta da Roma (p. 291). Cio` avvenne nel febbraio 1274, a Costantinopoli, e laccettazione fu ripetuta ufficialmente, a nome dellimperatore, alcuni
mesi dopo, a Lione, da una delegazione del Paleologo, che vi giunse il 24 giugno.
Dopo avere presentato i lavori del concilio secondo la ordinatio , Proch
analizza la sorte dellunione stessa e le cause dellinsuccesso.
Vi e` qui acutezza di visione: proprio ... [nel] mancato chiarimento ecclesiologico si puo` riconoscere la causa probabilmente piu` profonda del fallimento
dei colloqui unionistici del secolo XIII. Nonostante qualche sporadico sforzo
qua e la`, non si riusc` ad arrivare ad un confronto in profondita` fra (almeno)
due impostazioni teologiche differenti (ma non necessariamente discordanti),
quella scolastica latina ... e quella greca, piu` rivolta alla patristica, meno incline
ad accettare il metodo filosofico nellindagine teologica, e piu` legata alla tradizione delle formule di fede (p. 296). La bibliografia conclude la trattazione,
come sempre.
Dopo la storiografia del concilio fiorentino, e avere esposto il contesto del
XV secolo e i preliminari del concilio, lAutore ne presenta fatti e prassi. Durante le sessioni furono dunque discussi 5 fattori principali di divisione (aggiunta al Credo, Processione dello Spirito Santo, Purgatorio, Epiclesi e Primato
papale), identificati insieme, e si fece luce via via nei Greci il pensiero che i
Padri delle due Chiese avessero sempre sostenuto idee simili fra loro in campo
trinitario: fu una sorpresa (p. 307). Particolare cura mette il Proch nel descrivere levoluzione e il perfezionamento del metodo di lavoro e di discussione del
concilio.
Il decreto di Unione (Laetentur Caeli) si compone di due parti: una introduttiva, ampia e apparentemente ampollosa, ed unaltra piu` sobria e di carattere
dottrinale, formata dai testi praticamente giustapposti delle singole formule
via via proposte, discusse, emendate e approvate .
LAutore le presenta con ordine e conclude: Qualche settimana piu` tardi
essi lasciarono lItalia, ma senza grandi entusiasmi, con lanimo incerto, senza
molti aiuti economici e militari, e con la fatica di dover spiegare in patria
unevoluzione di 15 mesi e piu`. Sommate allincertezze dellimperatore Giovanni VIII nella proclamazione dellunione, alla lotta ormai aperta fra mediazionisti sostenitori del decreto e intransigenti, al fallimento della crociata e degli aiuti
militari (sconfitta di Varna, novembre 1444), alla scomparsa in breve tempo
degli uomini artefici dellunione e soprattutto al mancato aggancio reciproco ad
un piano teologico ed ecclesiologico piu` profondo, queste cause possono far
capire difficolta` e fallimenti di ununione pur vera ma da approfondire
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riori, che hanno contrassegnato il cattolicesimo moderno, non sono state tanto
applicazione dei decreti conciliari, quanto innovazioni creative (p. 353).
Nei capitoletti Il completamento dellopera conciliare , La ricezione ,
Lapplicazione del concilio e La Chiesa post-tridentina (chiesa romana,
clericale, di cattolicesimo popolare), agilmente lAutore riesce a darci una prospettiva essenziale e degnamente conclude la sua snella e obiettiva trattazione
con una giusta critica e una lode a Jean Delumeau ( la riforma cattolica non
segna il passaggio dal paganesimo al cristianesimo gli storici del Medioevo
hanno giustamente reagito a questa visione delle cose , bens` lintroduzione,
portata avanti con metodo ed efficacia, di un nuovo modello di cristianesimo, il
cattolicesimo moderno : p. 367; una volta costatata la rottura [protestante],
lassemblea di Trento diede a coloro che restavano fedeli a Roma cio` a cui
aspiravano tutti i cristiani doccidente, allinizio dei tempi moderni: un catechismo e dei pastori : ibid.).
Lottava e nona (ultima) parte sono trattate dallAlberigo stesso (pp. 369396 e 397-448, rispettivamente) e dedicate a Il concilio Vaticano I (18691870) ed a Il concilio Vaticano II (1962-1965) .
Per il primo, le premesse e la preparazione introducono alla prima fase dei
lavori e al dibattito sul De ecclesia e la costituzione Dei Filius, fino allo schema
De Romano Pontifice e alla costituzione Pastor aeternus. Segue la sospensione
del concilio e ricezione delle sue decisioni .
Ci limitiamo a qualche nota critica, per quanto riguarda anzitutto la precisione del linguaggio. E` il caso della definizione dei vescovi titolari: quelli
cioe` sprovvisti di una diocesi (p. 373) e se vogliamo, ma ce` di piu`
dellaffermazione che il rapporto personale tra lapostolo (Pietro) e i vescovi
di Roma ... lasciava in ombra il rilievo della Chiesa romana, che pure aveva
avuto un ruolo decisivo nella tradizione teologica del primato (p. 389). Ancora, l inaspettatamente ci sembra fuori posto per linterpretazione sostenuta
da parte dellepiscopato tedesco [che] trovo` in Pio IX un sostenitore zelante ed
incondizionato (p. 392). Non si tratta, infatti come afferma lAutore , di
una interpretazione moderata della Pastor aeternus, che emarginava le posizioni integriste degli ultramontani alla Manning (p. 392).
Le altre nostre obiezioni entrano piu` profondamente nel merito. E` il caso
dei seguenti giudizi, che non condividiamo: Era la prima volta che un concilio
generale aveva un regolamento dei lavori predisposto in anticipo e al di fuori di
qualsiasi partecipazione dei padri conciliari (p. 375); Anche piu` allarmante
era la norma secondo la quale la maggioranza assoluta era sufficiente per approvare definitivamente una decisione (p. 381. A tale rispetto si puo` rilevare
quanto afferma, al contrario, il Wohlmuth: p. 253); solo laffermazione del
terzo capitolo sullobbligo di accettare linsegnamento del magistero ordinario
suscito` perplessita` (p. 383); il punto cruciale era costituito ancora una volta
dal rapporto papa e chiesa: come si collegava la capacita` del primo di proclamare infallibilmente una dottrina con il consenso della coscienza ecclesiale e del
corpo episcopale in particolare? In definitiva il papa era sopra la Chiesa oppure
era nella Chiesa, sia pure con una responsabilita` sui generis? (p. 387); il voto
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solenne si ebbe il 18 luglio, quando una parte consistente [ma quanto consistente, in relazione allassemblea?] della minoranza irriducibile decise di non
intervenire per attenuare lo scandalo di una definizione conciliare votata a
maggioranza e non allunanimita` (p. 388). Quel ex sese non scalfiva invece
il criterio altamente tradizionale per cui qualsiasi decisione ecclesiastica comprese le venerande definizioni dei primi concili ecumenici non puo` non trovare ricezione nella vita e nella fede della Chiesa universale, pena lirrilevanza?
(p. 390). Le tensioni sviluppatesi durante la celebrazione del concilio e la
lacerazione finale, per cui la minoranza [?] aveva abbandonato lassemblea
prima del voto sulla costituzione Pastor Aeternus, facevano temere echi preoccupanti per lunita` del cattolicesimo (p. 391); Si era cos` affermata limpressione di una precaria liberta` del concilio. Lassemblea come tale aveva avuto
una vita stentata a causa della prevaricazione per cui gli orientamenti determinanti maturavano fuori dal suo seno nei gruppi di pressione (p. 393); modesto impatto del concilio e delle sue decisioni ... sugli stessi fedeli cattolici (ibid.).
La conclusione prepara gia` (e da` il suo tono) alla trattazione del concilio Vaticano II, perche neppure tale concilio, pur contribuendo a preparare la dilatazione del cattolicesimo al di la` delleurocentrismo, ha saputo trascender limpostazione difensiva e la psicosi dellassedio che affliggevano il cattolicesimo
(p. 394).
Dopo aver presentato il contenuto della seconda assise conciliare vaticana,
il suo annuncio inatteso , il periodo antepreparatorio (1959-60) e la fase
preparatoria (1960-62) , lAlberigo inizia la trattazione dello svolgersi vero e
proprio del grande sinodo, con la solenne apertura, dividendo poi il suo studio
in conformita` ai periodi (I-IV) di riunione dei Padri in assemblea e alle intersessioni (durante le quali continuava limpegno delle Commissioni conciliari).
LAutore mostra dimestichezza con il tema trattato, anche se due recenti
articoli hanno ora arricchito la conoscenza di alcuni punti delicati da lui affrontati (la questione, cioe`, del ruolo del cardinal Tardini pp. 401-2 e della
Curia Romana pp. 401 nota 6, 403 e 408 nota 12 , nonche del polo di
resistenza alla loro [dei Moderatori] autorita` ... costituito dalla segreteria generale e in specie da Mons. Felici, che paventava una riduzione del proprio spazio
di intervento, soprattutto se il collegio dei moderatori avesse istituzionalizzata
una propria segreteria, affidata nelle prime settimane a don G. Dossetti : p. 418
nota 17). Ci riferiamo a Il Cardinale Tardini e il Concilio Vaticano II di Vincenzo Carbone, in R.S.C.I. XLV (1991) n. 1, pp. 42-88 e allarticolo, anteriore, di
Michele Maccarrone: Paolo VI e il Concilio: Testimonianze, R.S.C.I. XLIII
(1989), pp. 101-122.
In ogni caso anche in questo saggio riappaiono i noti filtri, le sensibilita` a
senso unico e i giudizi preconcetti dellAutore, molti dei quali furono da noi
rilevati in altra sede. Si tratta di unecclesiologia di comunione a suo modo
intesa (v. pp. 425 e 426), chiusa cioe` a quella comunione gerarchica
(pp. 441 e 434) che, pur nella novita` dellespressione, qualifica giustamente la
medesima, con sicura base storica. Del resto la Nota explicativa praevia, che
introduce nella ecclesiologia tale espressione, per Alberigo, non venne messa in
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discussione ne in votazione, ma non venne neppure sottoscritta dal papa, rimanendo cos` estranea alle decisioni conciliari vere e proprie, documento di lavoro
della commissione teologica (pp. 434 e 433). Cio` conferma la sua incomprensione per la faticosa e lungimirante mediazione, fra maggioranza e minoranza
conciliare, svolta da Paolo VI (opera di riduzione delle distanze: p. 436) per
timore di una perdita di chiarezza dottrinale e di incisivita` storica (ibid.;
v. pure p. 438). A noi sembra piuttosto che allAutore stia a cuore, avanti tutto,
la sua visione del rapporto papato-episcopato, per superare lisolamento dellufficio papale (p. 414). Piu` che di isolamento, peraltro, si tratta, lo sappiamo
successivamente, del problema della dimensione esclusivamente personale dellufficio papale (p. 420, v. anche pp. 429 e 433), che peraltro e` parte della
credenza integrale del concilio.
Fanno da corollari, alla difficolta` per una tale integralita` di visione, altri
punti del saggio, che pure ci trovano in posizione critica, quali lostentato
silenzio nei confronti della Chiesa universale ( si riconosceva limportanza della
Chiesa locale come autentica realizzazione della chiesa : p. 441 e anche pp. 430
e 436), limproprieta`, per lo meno, del linguaggio relativo allorigine dellauctoritas episcopale (pp. 427 e 437; v. p. 400 nota 3), la suscettibilita` per la citazione
del magistero ordinario nei testi conciliari in fatto di procreazione (p. 440),
per sottolineare la continuita` e la irreformabilita` del magistero, malgrado si
trattasse di documenti di diversa autorita` e di livello inferiore rispetto a quello di
una decisione conciliare (ibid.); il giudizio negativo sulla Optatam totius ( decreto ... tra i meno adeguati alle esigenze effettive della chiesa, non solo perche
non aveva potuto approfondire il nodo del celibato ecclesiastico, ma soprattutto
perche era mancata al concilio una percezione lucida della grave crisi di identita`
che da decenni minava la formazione sacerdotale e la stessa condizione del
prete : p. 442), la supposta gerarchia di valore teologico (decrescente) dei capitoli della Lumen Gentium ( Al capitolo terzo si sarebbe invece trattato della
gerarchia ecclesiastica ... in questo modo la stessa successione degli argomenti
ne avrebbe rispettato la diversa importanza teologica : p. 419), la frecciata alla
Chiesa romana che, con la Dei Verbum [la sua presentazione e` imprecisa:
v. pp. 409 e 415] ritrovava una corretta consapevolezza della propria subordinazione alla Parola di Dio: p. 444), laffanno per dimostrare il non intervento
di papa Giovanni nel merito dellordine del giorno del concilio (pp. 402 e
407) e la sensibilita` per lOrdo agendorum (p. 412) e per il regolamento del
medesimo (pp. 405 e 416).
Grave sembra inoltre a noi la inesatta presentazione della relazione conciliare tra Chiesa e Regno, che (come si sa) e` gravida di conseguenze. Il Regno
non e` considerato solo distinto dalla chiesa (p. 435), ma vi e` alterita` tra
regno di Dio e chiesa e tra chiesa di Cristo e tradizioni ecclesiali (p. 437). Forse
che per il concilio, invece, la Chiesa non e` germe e inizio del Regno? (L.G. n. 5).
Infine, per la guerra giusta , (pp. 415 e 432) non vale parlare di teologia , cos` come non e` esatta lespressione che si riferisce alla condanna dei
cattolici che avessero collaborato con i comunisti, escludendoli dalla partecipazione ai sacramenti (p. 400 nota 4).
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Chiesa dalla fine del Medio Evo allinizio delleta` moderna . Ai Vescovi e`
rimessa la direzione di tutti i negotia ecclesiastica e la responsabilita` della cura
animarum , mentre si riafferma lautorita` giurisdizionale del pontefice romano (p. 122). Le 70 costituzioni lateranensi furono il sigillo del programma di
rinnovamento politico-religioso di Innocenzo III.
Il I Concilio di Lione da` occasione a richiamare la monarchia papale e la
stessa idea di plenitudo potestatis, della sovranita` (v. p. 131). Avremmo amato
un inizio meno ex abrupto e qualche chiarimento, specialmente per la anzidetta
antica formula, che qui, versatile come`, assume, in altro contesto e tolto il
secondo elemento delloriginario binomio, (in partem sollicitudinis vocatus), un
nuovo significato di sovranita` (teocrazia, v. anche p. 142). Federico II usc` dal
Sinodo condannato e sconfitto. La sua deposizione significo` il crollo della
potenza di casa di Svevia ... LEuropa cambiava volto, assistendo allascesa
del regno di Francia come potenza egemone, creatura del papato destinata ad
esercitare su di esso una pesante tutela (p. 135).
Tutto contribuiva a porre il Vescovo di Roma di fronte a compiti di gigantesca portata, a dare un salubre remedium, che Gregorio X indico` in tre
punti: lunione con la Chiesa greca, la crociata e la riforma ecclesiastica, proposti al Concilio II di Lione (che ebbe un innegabile carattere di assemblea
ecumenica : p. 137).
E dopo il Sinodo di Vienne (anche qui con tre punti in discussione: il
processo ai Templari, il ricupero della Terra Santa e la riforma ecclesiastica :
p. 143), siamo alla Costanza dellHaec sancta synodus, che costituisce la grande novita` del concilio sul piano della dottrina ecclesiologica: vi si legge infatti
che il sinodo generale congregato in Costanza, immagine della Chiesa militante,
riceve il suo potere immediate dal solo Cristo, a cui chiunque, sia pure investito
della dignita` pontificia, deve obbedienza nelle questioni di fede cos` come nellestirpazione dello scisma e nella riforma della Chiesa in capite et in membris
(p. 150). Era sia pure entro un quadro di contingente emergenza, come
osserva prudentemente lo Jedin il fondamento di ogni successiva affermazione di superiorita` del concilio sul pontefice in materia di fede e di riforma
ecclesiastica (p. 151). In ogni caso con Martino V lo scisma ebbe dunque fine e
il Concilio si chiuse il 22 aprile 1418. Dei 18 punti previsti di riforma ecclesiastica il sinodo era riuscito, un mese prima, a regolarne solo sei. Notiamo infine
che Martino V non promulgo` in alcun modo le decisioni del concilio di Costanza, alle quali tuttavia presto` scrupolosa obbedienza, convocando nel 1423 ...
il concilio a Pavia e poi a Basilea.
Ivi si fece strada sul piano dottrinale, la tendenza a presentare i decreti
della V e della XXXIX sessione di Costanza come definizioni dogmatiche
(p. 158). I contatti con i Greci costituirono peraltro loggetto e la causa della
svolta impressa al concilio nella primavera del 1437 (p. 159), perche dinanzi
alla scelta di Ferrara, concordata fra Eugenio IV ed i Greci per la celebrazione
del concilio di unione, a Basilea si ebbe una scissione. La minoranza, infatti,
capeggiata da Nicolo` Cusano e in accordo con il Pontefice, accetto` la sede di
Firenze o qualsiasi altra, abbandonando Basilea. Conclude il Quaglioni: Il
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lio : p. 191, anche se poi si aggiunge che il concilio era piu` libero di quanto si
fosse temuto ) sono degne di rilievo.
Seguono i primi dibattiti conciliari , con sottolineatura della duttilita` dei
dirigenti romani (p. 192), e delle manovre attorno allinfallibilita` del papa , che iniziarono con la petizione di piu` di 450 padri accolta da Pio IX e
proseguirono, anche per una organizzata opposizione minoritaria il cui vero
punto di forza fu lord John Acton (pp. 194 e 195), con la contropetizione, che
raccolse 136 firme, nella quale si chiedeva al papa di rinunciare alla definizione.
Non si disdegno` altres` di coinvolgere lopinione pubblica e alcuni governi,
mentre da parte pontificia si intervenne sempre piu` direttamente nella questione,
con la convinzione di rispondere al desiderio di gran parte dellassemblea ... e
di difendere la liberta` della Chiesa di fronte a inammissibili ingerenze secolari
(p. 198).
Nacque cos` una breve costituzione autonoma, la Pastor aeternus, illustrata
dallA. in 4 dense pagine. Dopo la votazione provvisoria , che rivelo` 88 non
placet, e il fallimento di un ultimo tentativo di composizione , una sessantina
di Vescovi decise di lasciare Roma prima della votazione finale. Anche per
questo lapprovazione solenne raggiunse la quasi unanimita` dei presenti, nonostante linserimento allultimo momento di una formula maldestra (ex sese,
non autem ex consensu Ecclesiae) (p. 202). Due giorni prima lassemblea
unanime aveva sconfessato due opuscoli francesi che mettevano in dubbio la
reale liberta` del concilio (ibid.). Per lopera citata di Hasler, giudicata tendenziosa (p. 200, nota 29), rileviamo che successivamente, nella nota bibliografica, si aggiunge che manca di senso critico e storico (p. 206), e cos` sta
bene.
Lultima scansione e` dedicata a la conclusione del concilio e le ultime
agitazioni . Alla fine le defezioni furono rare, ad eccezione dei paesi tedeschi
(p. 203: scisma dei vecchi Cattolici ). La maggior parte poi di quelli
che si erano rifiutati di essere presenti alla votazione del 18 luglio manifesto` ben
presto la propria adesione al nuovo dogma (ibid.). Termina il tutto la menzione dellapprovazione significativa da parte di Pio IX della dichiarazione dei
Vescovi tedeschi in risposta a una scorretta presentazione, del Bismarck, del
primato papale dopo il Concilio.
Lultimo capitolo, il piu` lungo, (pp. 207-273) riguarda il Vaticano II. Diciamo subito che abbiamo trovato questo testo migliore di quello, sullo stesso
argomento, e dello stesso autore, apparso nella Storia della Chiesa iniziata
da Fliche-Martin (Ed. S. Paolo). Esso e` meno giornalistico , piu` stringato e
decantato, in fondo anche piu` obiettivo, pur notando che qualche cliche e`
difficile da vincere anche per Aa. ben provveduti.
Ne la preparazione , in effetti, perche scrivere che Tardini ... non lo
(Papa Giovanni) scoraggio` (riguardo alla convocazione del Concilio), quando
invece se ne mostra favorevole, anzi quasi entusiasta, collaggiungere: a me
piacciono le cose grandi e belle ... , o perche formulare unaffermazione generale: Lannuncio del concilio fu accolto con reticenza dai cardinali (p. 207),
senza nessuna specificazione, o attribuire alla Curia romana la precisazione
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che non si trattava di convocare un concilio di unione (p. 206)? Voleva Giovanni XXIII un tale concilio, come a Lione o a Firenze, e la Curia unaltra cosa
e questa impose la sua volonta`? Sappiamo che non e` cos` . Lincertezza in capite,
nella fase iniziale, e` una realta` che risulta, per es., pure al Consiglio Ecumenico
delle Chiese, e vi gioco` sfavorevolmente. Anche per questo le discussioni sulla
natura e sulle finalita` del concilio si moltiplicarono, allinterno della Curia
romana, ma non solo. In fondo troviamo qui, proprio allinizio della ricerca
dellAubert, tre dei fondamentali pomi della discordia della fresca storiografia conciliare, e cioe` la relazione Tardini (Felici, Cicognani)Giovanni XXIII
(con obnubilamento di Paolo VI), il senso dei Cardinali, e il ruolo della Curia
romana (era un monolito?) in rapporto al Concilio.
Le questioni si ritrovano successivamente nel testo con la tendenza sopra
delineata (v. p. 208, nota 1: le risposte dei Vescovi sarebbero state sintetizzate
in modo un po tendenzioso ; p. 209: era evidente il desiderio allinterno
della Curia romana di limitare strettamente laggiornamento annunciato da
Giovanni XXIII ; p. 212: due sarebbero state le tendenze nella Commissione
Centrale, e cioe` quella aperta al mondo e fiduciosa nel futuro, e quella pavidamente sulla difensiva e portata spesso a confondere abitudini e consuetudini
con lautentica tradizione ; p. 213, ove risulta forzato il pensiero di Giovanni XXIII sul lavoro delle Commissioni preparatorie, anche se e` esatta la conclusione finale di molta sua soddisfazione per i testi a lui presentati ).
La seconda scansione dello studio riguarda lassemblea e il suo funzionamento , che inizia con lanalisi dei vari episcopati presenti (e relativi giudizi, su
posizioni, ruolo, ecc., non sempre secondo noi equanimi) e presentazione della
maggioranza e minoranza, con loro caratterizzazioni (vi troviamo uninflazione
del criterio di atteggiamento di fronte al mondo moderno ). Per lincessante
attivita` della minoranza, a volte giudicata severamente , lA. nota: In realta`,
oltre al fatto che per la maggior parte dei suoi membri si trattava di un vero e
proprio problema di coerenza, bisogna obiettivamente riconoscere che essa
costrinse la maggioranza ad esaminare con piu` attenzione e perfezione i testi
proposti; occorre anche dire tuttavia che in alcuni casi, oltre a ricorrere a metodi
discutibili cosa che del resto fece anche la maggioranza le sue manovre
ostruzionistiche portarono, piu` che ad ulteriori chiarimenti, ad adottare formule
di compromesso ambigue, a discapito della qualita` dei testi (p. 220). [Ma
diciamo noi si cercava giustamente lunanimita` e lambiguita` e` da dimostrare concretamente]. Sono poi introdotti i periti, gli osservatori e gli uditori, nonche il regolamento, che da` occasione a pesanti e riteniamo ingiusti
giudizi sul Segretario Generale Mons. Felici (pp. 224-225), in alternativa, ma
non si scrive, con Dossetti e chi lo ostendeva (tre dei quattro Moderatori),
pur non godendo egli di nessun incarico ufficiale.
Del capitoletto I papi e il concilio ci sembra utile citare, perche indicativa della posizione dellA., una enunciazione su Paolo VI, a cui stava a cuore di
giungere al consenso pressoche unanime dellintera assemblea: Questa preoccupazione lo porto` piu` volte a ridurre la portata di alcuni testi; tuttavia non si
puo` affermare che egli si sia lasciato realmente [noi toglieremmo questo avverbio] manovrare dalla minoranza: fedele al suo ruolo di arbitro, ascoltava atten-
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voleva radicale, si lanciarono subito in una serie di riforme improvvisate, preoccupandosi piu` che altro di adeguarsi al mondo moderno ... [ci si dovrebbe
chiedere perche] furono commessi numerosi errori e, a volte, vere e proprie
scorrettezze, in particolar modo nel campo della liturgia e della catechesi, che
fatalmente provocarono reazioni ... Anche la crisi della Chiesa ... fu denunciata
da molti avversari del concilio come una diretta conseguenza di questultimo
(p. 268).
LAubert conclude: Vi furono dunque, negli esiti del Vaticano II, lacune,
ambiguita` ed anche alcune eccessive prudenze, ma nel bilancio finale del concilio le voci passive non devono far dimenticare limportanza di quelle attive (p. 269). Dopo averle elencate, in sintesi brevissima ma efficace, seguendo i
temi (documenti) conciliari, lA. aggiunge che vi e` qualcosa di piu` , perche
un concilio e` anche un evento storico . Nellapplicare il concetto, peraltro,
lAubert ritorna al dettato sinodale, poiche in fondo il nuovo clima che si e`
innegabilmente prodotto nella chiesa cattolica, nonostante i numerosi tentativi
di restaurazione , (p. 270) e` frutto dei testi promulgati dal Concilio stesso e
non si puo` separare evento storico (la feconda ispirazione che animo` i leader
del concilio : ibid.) e quanto da esso creato tangibilmente, dato che da cio` lo
si puo` giudicare e valutare in concreto, nel documento perenne, oltre il clima
conciliare transeunte, sia pur unico ed irripetibile.
La IV Parte dellopera (pp. 275-439) e` unantologia di testi e documenti dei
concili, da Nicea al Vaticano I, che precede lindice dei nomi (pp. 461-471) e
quello generale (pp. 473-476).
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p. 125ss.), via facti, fino alla crisi e il drammatico punto culminante: il concilio
al di sopra del Papa (p. 129).
Lanalisi continua con la condanna di Hus, causa fidei (p. 133), e lo studio
dei problemi del decreto Haec sancta, che per Schatz dal punto di vista
contenutistico e` difficile comprendere solo come una misura eccezionale per far
fronte alla particolare situazione di crisi rappresentata dallo scisma (p. 137).
Esso comunque non intende essere una definizione dogmatica (ib.), pur rinviando a una superiorita` del concilio generalmente intesa (p. 138), in caso
di un analogo estremo mancamento da parte del papato (scisma, papa eretico)
(ib.).
Lapice e la crisi del conciliarismo sono viste, infine, in tre tempi, e cioe:
lintermezzo Pavia/Siena; il Concilio di Basilea: struttura, composizione, idee,
tendenze (un continuo conflitto con il Papa) e il Concilio di Firenze e lunione
della Chiesa. Del primato del Vescovo di Roma, in tale Sinodo, si riconobbe la
suprema autorita` magisteriale e giurisdizionale, con la classica terminologia
occidentale, come e` attestato anche negli atti dei concili ecumenici e nei sacri
canoni (p. 146). Un altro paragrafo, tuttavia, fu dedicato allordine in cui sono
disposti i cinque Patriarchi senza alcun pregiudizio per tutti i loro privilegi e
diritti (p. 147).
Nota lo Schatz che non si dice in quale relazione stiano le due affermazioni, se e in che modo esse si limitino reciprocamente (ib.), anche se per i
Greci si doveva intendere in senso limitante quel come e` attestato di cui
sopra. Fu certamente per quel tempo un buon risultato teologico e anche ecumenico, pur se lunione fall` .
Lultimo scisma in Occidente precede la sintesi e il bilancio di Schatz, per
il quale il papato riporto` sul conciliarismo una vittoria di Pirro (p. 150), con
piu` perdite che guadagni, insomma, sopravvivendo esso, anche nelle sue forme
piu` radicali, soprattutto in Germania e Francia, oltre il XVI secolo. Tali forme
confluirono infatti nella Riforma o si rifugiarono nei circoli erasminiani (cfr.
p. 151). In Francia, invece, sarebbe sfociato nel gallicanesimo . In ogni modo
varra` ricordare che nel 1460 Pio II vieto` sotto pena di scomunica lappello al
concilio.
Conclude il capitolo un concilio come alibi: il Lateranense V , che pur
prese importanti decisioni in materia di riforma della Chiesa. Il suo orientamento di fondo (pero`) era quello di una riforma conservatrice: le antiche leggi
della Chiesa bastano ampiamente, si trattava solo di esigerne una piu` puntuale
osservanza (p. 154). Manco` peraltro una seria volonta` da parte papale di far
rispettare quelle direttive (ib.).
Con buona sintesi lA. presenta poi il Concilio di Trento, nel contesto della
confessionalizzazione . Ne sono scansioni la pressante richiesta di concilio e
riforma, la prima fase del Sinodo, crisi e interruzioni, lultima fase e influenza ed
importanza storica.
Rileviamo, dopo la lode, un giudizio eccessivo sulla carente coscienza della
dimensione storica (p. 176), dei sacramenti [bisogna ricordare che il numero
sette e` anche accettato dai nostri fratelli orientali], con una certa difficolta` di
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espressione, per quanto riguarda leucarestia (p. 180), e buona soluzione, invece,
per la completezza [piuttosto, sincerita`] della confessione per i peccati gravi (ib.).
La visione dellultima fase del Concilio si dilata in cambiamento della
situazione generale , ultimo tentativo di un concilio di unione , la crisi
del concilio , Morone salva il concilio ( sorvolando sulle questioni ecclesiologiche di fondo ... con soluzione meno impegnativa sulla questione della
riforma : p. 190s.) e i decreti dottrinali dellultima sessione .
Rileviamo soltanto che gli appellanti (al Papa), considerati come mancanti di autonomia a livello di presa di decisioni (p. 186), devono essere visti
invece quali Padri conciliari desiderosi di rimettere alla superiore autorita` una
materia che ritenevano particolarmente bisognosa di visione dallalto, come
risulta successivamente, del resto (v. pp. 195 e 198).
Per quel che concerne poi lorigine della giurisdizione vescovile, il richiamarsi alla formula tradizionale di Innocenzo III (p. 187) e` poco cosa, perche
essa viene da lontano.
Una maggior accortezza varrebbe anche per il rifiuto dei prelati francesi
dellaccettazione, come ecumenico, del Concilio di Firenze (ib.), per la questione
dellelezione del Vescovo da parte del clero e del popolo (p. 189), pei seminari
(p. 191s.), per il significato degli anatemi a Trento (p. 193) e per la piena
indissolubilita` del matrimonio ( il canone ... lascia aperte delle strade sul piano
della prassi pastorale e canonica : p. 197). Che poi il purgatorio e le indulgenze fossero piu` importanti di ogni altra cosa (p. 198) bisognerebbe dimostrarlo.
Considerando linfluenza e limportanza storica, lA. colloca il Tridentino
dopo il Vaticano II, quanto a strutturazione e trasformazione del volto e dellimmagine della Chiesa cattolica (p. 199). Nutriamo a tale proposito i nostri
dubbi, nellodierno momento storico, come pure per la giustezza della sottolineatura dellaspetto tridentino del disciplinamento sociale (ib.), della confessionalizzazione (p. 200), nonche del fondamento della critica a Lortz (ib.).
Anche i tempi, pur lenti, dellinflusso del Concilio di Trento sulle mentalita`,
risultano a noi eccessivi (p. 201), come altres` il giudizio che la riforma dipese
essenzialmente dai nunzi papali (ib.).
A loro proposito lopinione espressa che essi sono sorti con il concilio di
Trento e grazie ad esso va scartata (ib.). Giova invece ricordare, perche attuale
e vera, la conclusione che solo attraverso il papato un concilio poteva sviluppare uninfluenza duratura ... in grado di modellare lintera chiesa (p. 202).
Il Sinodo Vaticano I e` posto sotto il titolo Concilio e principio di autorita` . Dinizio Schatz esamina i fattori storici, con formula lapidaria che nessun avvenimento piu` della Rivoluzione francese ha preparato il terreno alla
definitiva vittoria del papato in seno alla chiesa (p. 203). Lapidaria e` altres`
laffermazione che il gallicanesimo fu sconfitto non perche fosse teologicamente sbagliato, ma perche non era piu` storicamente possibile (p. 205). Ancora
fuorviante risulta poi lattribuzione, fin dal XV secolo , della infallibilita`
magisteriale (si badi bene, per i filoromani ) alla dottrina del primato
(p. 205). Forse che prima non era cosi? Linviolabilitas romana non fu in ante-
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preparatorie, nonostante il pregiudizio anticuriale e qualche sbavatura su pastoralita` e aggiornamento, sulla romanita` e sulla posizione di Geiselmann
circa la tradizione 263-265 ); lagenda del Concilio e alla vigilia del Concilio: timori, contatti.
Il III snodo del capitolo sintitola composizione e tendenze , con richiamo alla distinzione dei mass-media fra progressisti [si potrebbe meglio definirli innovatori ] e conservatori . Piu` proprio sarebbe riferirsi a maggioranza e minoranza , pur non accettando lasserto che la minoranza del
Vaticano II corrispondeva piuttosto alle tendenze della maggioranza del Vaticano I , e vicersa (p. 273). Errato e` pure asserire che il Cardinale Ruffini riuniva attorno a se il coetus internationalis Patrum (p. 274 e anche 312), mentre
valida risulta laffermazione che un tratto distintivo essenziale del concilio
Vaticano II e` proprio lattenzione prestata a quel principio dellunanimita` morale che era stato trascurato al concilio Vaticano I ... ; in un concilio ecumenico
non possono esservi vincitori e vinti (p. 274s.) ed esagerate sono le affermazioni sui teologi e sugli esperti (p. 277).
Nella IV scansione (sorprese e avvio: primo periodo) suscitano riserve alcuni giudizi sulle svolte iniziali (p. 278s.), sul de fontibus revelationis (p. 280)
e sul paragone tra Conferenze episcopali e nazioni a Costanza (p. 286).
Seguono importanti svolte e primi risultati: secondo periodo conciliare ,
con il cambio di pontificato e conseguenze, nonche menzione della strategia del
Philips il quale cerco` di integrare lecclesiologia conservatrice mettendo cautamente nuovi accenti (p. 288). LA. mostra pero` la corda nella trattazione di
munera e potestates vescovili, della communio, come se non fosse gerarchica, e
del rapporto fra potere di ordinazione (sic) e di giurisdizione, fra sacramento e
giurisdizione (p. 291). A questo riguardo la distinzione, fra i due poteri, fatta
risalire al XII sec., e` quella soltanto riflessa .
Buona abbiamo trovato la disanima sulla costituzione della Liturgia, in cui
si riconosce che comunque si voglia valutare la cosa, levoluzione postconciliare, anche quanto allordinario romano ufficiale della messa, e` andata oltre cio`
che sanciva la costituzione della liturgia (p. 295).
Il successivo snodo, riguardante il III periodo conciliare, dal titolo obiettivi raggiunti e delusioni , e` abbastanza drammatizzato dallA., quando accenna, ad esempio, a quegli slittamenti verso il polo primaziale che sarebbero stati
poi espressi nella Nota praevia (p. 297). Si passa pero` di seguito a discussioni
piu` tranquille una selva di testi (p. 299), fino alla crisi di novembre . Pur
considerando lA. nero solo il gioved` (p. 303), quello che egli attesta, come
beneficio della decisione papale in tale giorno (p. 304), dovrebbe liquidare finalmente luso del funereo qualificativo. Da precisare inoltre che le firme raccolte in favore di una immediata votazione e promulgazione della dichiarazione
sulla liberta` religiosa furono intorno a 450 e non circa mille (p. 303), mentre
e` fuori luogo dire, conoscendo il carattere delluomo, che il Papa sia stato
assalito dai conservatori (per introdurre proposte modifiche al documento
ecumenico).
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Comunque, per lA., quello che continua a pesare e` solo la Nota praevia.
Essa non cambia certamente le affermazioni della costituzione sulla chiesa, ma
tornando a sottolineare, in modo eccessivo e con ansiosa pedanteria, il primato
e la piena potesta` personale del papa, torna a produrre un certo squilibrio e a
sottolineare unilateralmente la linea del concilio Vaticano I (pp. 304-305).
Peraltro il bilancio, anche per Schatz, e` positivo (p. 305s.), pure se a noi
risulta ingiusta la seguente affermazione: La Lumen gentium insistendo ... sui
momenti di pluralita`, cambiamento e storicita` interna alla Chiesa e relativizzando nello stesso tempo momenti esclusivistici (come necessita` di salvezza, pretesa di esclusivita`, immutabilita`, struttura gerarchica e obbedienza), viene incontro anche ai paradigmi e ai valori centrali della modernita` (p. 305).
Abbastanza drammatizzata e` pure lintersessione di cui al IV periodo: rifiniture dei testi , con rilievo del ruolo dellopinione pubblica che avrebbe
costretto il Vaticano a proseguire sulla strada intrapresa dal Concilio!
(p. 306). Sulla liberta` religiosa la visione di Schatz, comunque, e` inesatta, nellaffermare: la Chiesa accettava in linea di principio il punto centrale dellevoluzione che la liberta` aveva conosciuto nellepoca moderna (p. 307). La
linea tradizionale dellantiliberalismo ecclesiale era condizionata infatti dal liberalismo ideologico europeo, diverso da quello nordamericano, per esempio.
Significative sono pure le osservazione a proposito della inerranza della Scrittura (p. 310 e, prima, p. 280) e della sufficienza contenutistica di essa (ib.). E`
bello comunque sentire dallA. che la tradizione diventa ora la corrente di vita
della chiesa che porta la Scrittura, la attesta e ne spiega il messaggio (ib.).
Buona e` infine la trattazione delle ultime battute per la Gaudium et spes,
mentre sulla questione della condanna del comunismo, Schatz avrebbe dovuto
rifarsi al chiarificatore intervento di Mons. V. Carbone (v. RSChIt 1990 n. 1,
pp. 10-68). Ad ogni modo molte delle idee espresse in queste pagine finali
(p. 313ss.) ci trovano ancora in disaccordo con lA. Ugualmente vorremmo
concludere con una giusta sua domanda nellultimo paragrafo dellopera. Egli
si chiede cioe` se un certo modo di evocare continuamente lo spirito del
concilio, che era in qualche modo anche lo spirito degli anni 60 ... non ritardi,
piuttosto che affrettare, la sua vera recezione (p. 315).
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conciliare (v. p. 27, nota 44). Rileviamo subito i pregi della ricerca di Zambarbieri, stesa in bello scrivere. Trattasi di una buona sintesi, con rapide carrellate e
presentazione dei vari documenti, frutto anche di approfondita conoscenza
bibliografica. Il discorso e` piano e i giudizi calibrati, quasi sempre, lontano
dallo stile giornalistico (v. per es. la settimana difficile , p. 271, e non nera ,
anche se poi vi si accenna a p. 302), con affidamento alla guida sicura del Padre
Caprile e puntuali riferimenti, in concreto, agli Acta del Concilio, quando si
riportano i piu` importanti interventi degli uomini di maggior spicco nelle posizioni di minoranza e maggioranza (tale dicitura non e` necessariamente indice di
influsso di mentalita` parlamentaristica, come asserisce lA.: pp. 19, 56, 215 e
anche pp. 262, 375 e 377).
Ci pare perfino di poter asserire che trattasi della migliore sintesi conciliare
(del Vaticano II) finora apparsa, per il senso storico che la pervade, anche se
qualche riserva la manifesteremo in seguito, specialmente quando lAutore e`
preso nel vortice dellinflusso della scuola di Bologna , e citiamo, come esempio, la maggior preoccupazione per la collegialita` piuttosto che per il primato
(v. pp. 280s. e p. 297). Entrambe sono invece legittime e la disarmonia , di
cui si fa menzione, e` vinta da quanto sottosta` allespressione hierarchica communio, che e` atta ad unire i due poli del binomio senza scalfirne i termini di
relazione. Questo e` almeno quanto fermamente riteniamo.
Ma veniamo al testo. Dopo la Nota preliminare e lelenco delle abbreviazioni, il volume offre una interessante introduzione ai Due concili cattolici
(pp. 9-27), ritmata dalla loro collocazione fra storia e memoria cristiana (con
problematica sulla loro ecumenicita`) e aggancio ai parlamenti (con discussione sul fondamento di una tale immagine) e al Vaticano .
La trattazione de Il Vaticano I (Prima Parte) inizia con La preparazione
(pp. 31-61) di un concilio cattolico dellOttocento e rilevazione della sua
fisionomia, La prima fase (pp. 62-88: lavvio, i problemi ecclesiologici, la discussione sullo schema De doctrina catholica) e Le prerogative papali (pp. 89114: e` analisi, piu` approfondita delle precedenti, del primato e del magistero
infallibile del Papa, della costituzione Pastor Aeternus, della proclamazione del
dogma e le reazioni successive). LA. cos` conclude, ed e` segno del suo equilibrio, oltre che dei risultati delle recenti discussioni al riguardo: durante il
dibattimento conciliare venne garantito uno spazio di espressione e di confronto
dei punti di vista, anche se esso parve a volte notevolmente restringersi; e
malgrado gli interventi di Pio IX, assai drastici durante le ultime fasi delle
dispute, rimase accesa una dialettica non scevra di incidenze, certo a profondita`
variamente misurabili, sui risultati finali (pp. 113s.). Infine il IV capitolo
(pp. 115-118), Un concilio tra due epoche, non e` privo di interessanti considerazioni su tale spartiacque.
La Seconda Parte del volume (Il Vaticano II: pp. 119-351), ben piu` sviluppata della prima, che si articola in agili capitoletti, inizia con Un nuovo concilio
(pp. 121-134), ove si affrontano, fra laltro, le questioni della sua ecumenicita`
e della sorpresa per la convocazione, eppure sappiamo che gli immediati
predecessori di papa Giovanni, Pio XI e Pio XII, avviarono entrambi lo studio
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una ridefinizione dei compiti ecclesiali nei confronti di tutto il genere umano
(p. 363): laula conciliare e` divenuta larena del mondo intero.
Per quanto riguarda le citazioni (Inhaerens vestigiis ... ), la frequenza dei
rimandi al Vaticano I, nei testi del II, supera leggermente quelle del Tridentino,
restando peraltro decisamente inferiore alla quantita` dei richiami al magistero
degli ultimi Pontefici, in cui domina Pio XII. In ogni caso il confronto, per quel
che concerne per esempio un tema fondamentale come quello della collegialita`,
non e` concludente, ma fornisce loccasione a Zambarbieri di presentare alcune
correnti di pensiero a tale proposito. E` abbozzata altres` qualche analisi delle
citazioni della Dei Verbum e della Gaudium et spes nei confronti dellanteriore
concilio ecumenico, ma anche qui limpasse rimane, cos` come in fatto di ricerca
del vocabolario usato in entrambe le assise. Connessioni e disgiunzioni tra i
due concili sono isolabili anche su altri piani conclude lA. nel capitoletto simmetrie e dissimmetrie . Non lo seguiamo in tutte le sue osservazioni,
che hanno il loro interesse, ma non vanno oltre unanalisi puntuale, indicativa
della complessita` della relazione fondamentale tra fedelta` e rinnovamento,
aspetto, questultimo, presentato sotto la voce modernita` (tra virgolette, si
badi bene), ad indicare efficacemente una svolta epocale della civilta` (p. 379).
Dopo un brevissimo excursus storico sul posizionamento della Chiesa cattolica
di fronte appunto alla modernita` , lA. illustra il forgiarsi in essa di una
propria modernita` (p. 382). Infatti il cattolicesimo giunge ad assumere
come proprio interlocutore il mondo moderno, fuori di una logica di anatema . Cio` apparve con nitida evidenza, quasi in un luogo simbolico, al Vaticano II (ibid.). Era in fondo un percepire le dimensioni storiche della propria
esistenza.
Da cio` Zambarbieri presenta il ricercatore storico come un amante della
ininterrotta continuita`, ma qui dissentiamo perche egli puo` lasciarsi trascinare
dalle ideologie e prediligere, per esempio, la tendenza a considerare piuttosto
linnovazione, la rivoluzione . Credo che siamo in cio` capiti e rimandati
allimpegno generale di tendere ad una ricerca obiettiva e faticosa, ancora lunga
e travagliata, dellavvenimento conciliare piu` recente. A questo proposito avrebbe giovato al volume il rivisitare quellassemblea straordinaria del Sinodo dei
Vescovi ( 20 anni dopo il Concilio Vaticano II ) che lA. cita in nota ma sulla
cui interpretazione non vuole entrare in merito (p. 387).
Segue la presentazione di una buona ed esauriente bibliografia, come dicevamo sopra, (pp. 389-392) a cui peraltro aggiungeremmo almeno laureo
volumetto del Martelet: Les idees ma tresses de Vatican II , lindice dei nomi
(pp. 393-401) e quello generale (pp. 403-406).
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II
LA PREPARAZIONE CONCILIARE
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Lucca su Mons, E. Bartoletti: Un vescovo italiano del Concilio. Enrico Bartoletti 1916-1976 , Marietti, Genova 1988).
Alberigo aggiunge: Sono passi importanti, benche ancora frammentari,
verso il superamento del pur necessario empirismo quotidiano, sempre esposto
al rischio di risolversi in attivismo miope e incline allautogiustificazione. Il
bisogno e la disponibilita` a una riflessione criticamente avvertita sul proprio
passato indica il formarsi di una coscienza nuova del cattolicesimo italiano,
come realta` propriamente ecclesiale, al di la` di unidentita` prevalentemente
socio-politica ( movimento cattolico ) o essenzialmente correlata al pontificato romano (p. 7).
Significativamente lAlberigo cos` continua, dal suo consueto, ben noto,
punto di vista: Si tratta di un orientamento impegnativo non solo per la forza
e la pregnanza delle tradizioni locali delle nostre chiese, ma anche e soprattutto
per la tenacia della riduzione del popolo di Dio pellegrino in terra italiana a area
di salvaguardia del papato o alle aggregazioni sociali e politiche espresse da quel
ceppo .
Oltre tale proclama , il noto professore rivendica, per il lavoro storico,
unautentica validita` conoscitiva alle proprie conclusioni, al di la` di precomprensioni apologetiche o polemiche , senza confusioni ne indebiti salti di
livello (p. 8).
Cos` , nellambito dei decenni considerati, anzitutto emerge il peso esercitato dal Concilio Vaticano II che ha costituito anche per la Chiesa italiana uno
spartiacque epocale, come non si verificava almeno dal Concilio di Trento .
Infatti malgrado manchino ancora indagini adeguatamente esaurienti sia sulla
partecipazione italiana al concilio che sulla sua recezione nel nostro paese
(v. peraltro Aa.Vv., Il Vaticano II nella Chiesa italiana: memoria e profezia ,
Assisi 1985), risulta gia` chiaro il peso eccezionale che limpulso conciliare ha
avuto proprio sulla presa di coscienza di unidentita` unitaria dei cattolici italiani
come chiesa. Pur con intensita` differenziata, questa coscienza ha coinvolto il
vescovo di Roma e i vescovi italiani in generale, il clero come i cristiani comuni e
infine e` recepita anche se con fatica dallopinione pubblica laica (p. 9).
Una rivisitazione attenta di quei decenni consente (dunque) di mettere in
luce la densita` e la fecondita` di fede e di testimonianza, malgrado laccelerata
modificazione della societa` italiana ed i ritardi accumulati nella prima meta` del
XX secolo. Le Chiese pellegrine in Italia hanno (cioe`) saputo generare una
messe di impegno evangelico degna delle stagioni feconde della presenza cristiana nelle nostre terre (ibid.).
Una linea di tendenza altrettanto significativa riguarda laccettazione da
parte della Chiesa di una condizione comune in una societa` pluralistica e in un
ordinamento giuridico democratico ... La proposta di guardare avanti, di riconoscere unoccasione di rievangelizzazione della stessa chiesa, trova adesioni
convinte ma anche complesse resistenze. Il ritardo del cattolicesimo italiano
rispetto ai movimenti (liturgico, biblico, patristico, ecumenico) che hanno animato altre aree ecclesiali tra XIX e XX secolo sembra aver offerto a questa
chiesa loccasione di un rinnovamento meno graduale ma anche piu` direttamente misurato sulle istanze della societa` postmoderna e agevolato dalle autorevoli
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te, anche se nella parte finale del suo lavoro si puo` notare ci sembra
qualche giudizio un po troppo personale.
Interessante, peraltro, e` la presentazione dei collaboratori del Card. Lercaro, i Monss. Baroni e Bettazzi, e poi di don Dossetti, nel tentato passaggio
dallimmagine monarchica del vescovo alla teologia della chiesa locale . La
collaborazione di questultimo e` la decisione-chiave lercariana che ha caratterizzato laprirsi del postconcilio a Bologna (p. 178), o anche il secondo inizio dellepiscopato di Lercaro (p. 182).
Per G. Battelli, a questo riguardo, non mancano ... elementi che permettono di asserire come al fondo la reazione esterna (alla diocesi, sfavorevole al
Cardinale) maturo` quando dallinterno della diocesi gia` erano emersi sintomi
palesi di una risposta negativa o piu` precisamente di una non risposta alle
sollecitazioni che il concilio per tramite di Lercaro stava introducendo nella vita
ordinaria bolognese (p. 184).
Ancora piu` personale risulta la memoria di G. Dossetti con lo scandaglio di una certa divaricazione (orazione mentale e liturgica) dellanima del
Card. Lercaro (ipotesi di lavoro), riportata a gerarchizzazione armoniosa verso
la fine della sua vita, sub unica conclusione, si direbbe, nella pieta` liturgica
(arricchita dal pensiero conciliare, pero`), lontano dall efficientismo volontaristico denunciato fino alleccesso dal Dossetti, per cui altri ( semipelagiani ?)
sono stati segnati a dito.
Significativa e` pure la citazione, in note lunghissime, dellapporto al Concilio dellArcivescovo e della diocesi di Bologna, come fu delineata, a San Domenico, dallA. soprattutto per la concezione stessa del Concilio come celebrazione ed evento sacramentale ed irreversibile e quindi sulle modalita`
fondamentali del suo operare (a questo proposito, peraltro, si vedano le note
critiche, nei confronti di Dossetti, del Maccarrone: R.S.C.I. N. 1 [1989],
pp. 104-109) sulla ecclesiologia generale e prevalentemente sul rapporto tra
chiesa ed eucaristia, sulla concezione della chiesa stessa, una, eppure articolata
in piu` chiese sorelle, sulle originalita` delle chiese locali, sulla collegialita` episcopale, sul rapporto tra collegialita` episcopale e primato del papa (pp. 300-304).
Segue la presentazione del pensiero lercariano sui poveri e la poverta` nella
Chiesa, sul modo della sua presenza piu` specifica nella societa` civile, sulla pace.
Rapidamente, quindi, lultimo punto: la rimozione del cardinale dalla sede di
S. Petronio . Il termine scelto fornisce gia` la chiave interpretativa dellA. che a
noi si rivela angusta.
La rievocazione dellepiscopato del Card. Florit a Firenze e` affidata, come
sopra indicato, a B. Bocchini Camaiani. I limiti della sua ricerca sono esposti
con franchezza. Si tratta fondamentalmente della chiusura degli archivi della
diocesi e la non accessibilita` di gran parte di quelli privati , che impediscono
un esame piu` ravvicinato dallinterno delle motivazioni del vescovo, delle sue
analisi specifiche e dei giudizi sulla situazione religiosa della diocesi, cos` come
dei suoi rapporti con il Vaticano (p. 188).
Ciononostante, pero`, i giudizi espressi, fortemente critici, non sembrano
tener conto di una tale premessa. Un certo riduzionismo risulta pure dallaffer-
63
mazione relativa al capitoletto laccentuarsi di una crisi : In realta`, polemiche e tensioni facevano parte della storia della chiesa italiana, non solo fiorentina, di questi anni; erano tutte interne a quella politicizzazione della vita ecclesiale ben nota, che aveva avuto effetti totalizzanti. In questa prospettiva si
puo` ben comprendere come lazione di Florit avesse ottenuto anche un certo
consenso (p. 211).
Lesame dellepiscopato napoletano di C. Ursi, che presenta molteplici
motivi di interesse , offre altrettante ragioni di difficolta` per un suo inquadramento storico , certamente perche non si tratta solo di avvenimenti piuttosto recenti, ma soprattutto di una parabola non ancora conclusa. Difficile
percio` e` maturare il necessario distacco, impossibile qualsiasi tentativo di bilancio. Piu` che una storia di questo episcopato si e` cercato percio` di tracciare una
cronaca essenziale di alcune vicende, accompagnandola con riflessioni ed interrogativi che potranno essere utili per un futuro e piu` completo lavoro storico
(p. 217). Cos` A. Giovagnoli.
Il forte legame dellArcivescovo con il Papa si accordava, nei primi anni del
suo episcopato, con la volonta` di Paolo VI di guidare efficacemente lattuazione
del Concilio in Italia (p. 219). Lanalisi risulta valida ed approfondita, per
quanto riguarda dunque le grandi linee del rinnovamento conciliare a Napoli,
passando poi alla presentazione delle gravi difficolta` incontrate e degli insoddisfacenti risultati. Il fatto e` che oltre lintreccio di incomprensioni e delusioni
reciproche emergono, al di la` delle vicende dellepiscopato del Card. Ursi,
tanti problemi vecchi e nuovi della chiesa di Napoli (p. 244).
Insomma lo sforzo riformatore coinvolgeva un cambiamento complessivo
del rapporto tra chiesa e societa`, a Napoli come altrove, caratterizzato da una
stretta compenetrazione e da una certa subalternita`. In una citta` dove solo
limitatamente la chiesa aveva assunto il modello tridentino, dove non si era
sviluppato un forte movimento cattolico organizzato, dove il fascismo e la
monarchia avevano potuto contare sullappoggio cattolico, mancava una robusta autonomia della chiesa capace di fare da supporto ad unazione rinnovatrice sul piano religioso e sociale. In questo senso si puo` dire che il rinnovamento conciliare si e` incontrato con problemi piu` antichi, emersi anche nella
fase preconciliare, per es. con lepiscopato del Card. Mimmi, osteggiato per la
sua intransigenza tridentina. Il problema di un clero poco vincolato allobbligo
di residenza, legato alla famiglia, piuttosto sensibile alla questione del suo status
economico e sociale, ancorato a una specifica tradizione di spiritualita`, rappresenta dunque solo un elemento di una situazione piu` generale (p. 244).
A. Giovagnoli conclude ponendo questioni valide per tutta lItalia. Malgrado cioe` la diversita`, per es., tra Napoli e le diocesi settentrionali, proprio le
minute vicende napoletane suggeriscono qualche interrogativo complessivo. Da
questa storia particolare nasce ... lesigenza di tracciare un bilancio del tentativo
montiniano di guidare lattuazione del concilio in Italia, oppure di chiedersi
quale modificazione, su sollecitazione delle novita` conciliari, abbia sub` to la
figura del vescovo; o ancora, di interrogarsi su quali mutamenti si siano introdotti nel clero, dopo il concilio. Lesame delle concrete situazioni postconciliari
64
suggerisce di non limitare lindagine sulla recezione del concilio alla diffusione di
nuove tendenze teologiche, pastorali, organizzative ... Se il concilio ha introdotto sostanziali novita` nella vita della chiesa, appare importante indagare riguardo il suo impatto sugli elementi essenziali che costituivano il cuore e lossatura
della chiesa preconciliare. Il problema dellepiscopato e del clero appare in
questo senso di primo piano, mentre forse si ridimensiona limportanza di vicende piu` note, legate alla cosiddetta contestazione. In assenza di altri piu` vicini
punti di riferimento, il pensiero va, come termine di confronto, al concilio di
Trento e allampia opera di ristrutturazione che ne e` conseguita (p. 245).
Tali suggerimenti ci sembrano particolarmente pertinenti e degni di risposta
combinata.
Esemplare e ricco di valide considerazioni per lintera Italia meridionale e` il
bel saggio del Farias sullepiscopato di Mons. Ferro, un quarto di secolo della
chiesa reggina . Abbastanza completa ci sembra la presentazione dei temi di
giudizio sul suo servizio episcopale, senza parzialita` o faziosita`, con esame pure
del capitolo della partecipazione conciliare e del suo riverbero in diocesi, con
imboccatura, infine, della problematica piu` larga della indispensabile comunione a livello regionale (convegno di Paola del 1987), promettente ed inquietante (p. 280) ad un tempo.
Per concludere, il volume potra` risultare per molti appassionante . Il
qualificativo ne rivela gia` il merito e il rischio. Esso infatti rivive la storia
recente, materia ancora incandescente. Si puo` quindi porsi legittimamente la
domanda se sia maturato oggi il necessario distacco e risulti possibile un tentativo di bilancio su una storia ecclesiale recentissima. Lo stesso Giovagnoli se lo
chiede, rispondendo che e` piu` appropriato dirigersi verso una cronaca essenziale
di alcune vicende, accompagnata da riflessioni ed interrogativi utili per un
futuro e piu` completo scavo storico.
Noi pure propendiamo per tale giudizio, anche perche solo in futuro, con
laiuto di documenti ora non accessibili (o passati attraverso il filtro di un
pensiero legittimo, forse, ma troppo personale, nel caso di quelli reperibili o
in possesso di qualche studioso), sara` possibile chiarire, in una prospettiva
storica piu` lunga e quindi meno parziale, il merito di uomini di Chiesa, che
spesso dolorosamente hanno sostenuto limpatto del mondo contemporaneo.
Vi hanno risposto con un apporto al Concilio Vaticano II e con limpegno
per una sua meditata e difficile attuazione nel vorticoso cambiamento del recente passato. A questo proposito varra` aggiungere, infine, che la stessa esegesi
conciliare, con base sulla intera storia documentata, non e` purtroppo ancora
cosa acquisita.
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6. Preparazione conciliare
Aa.Vv., Verso il Concilio Vaticano II (1960-1962). Passaggi e problemi della preparazione conciliare (a cura di G. Alberigo e A. Melloni), Marietti, Genova 1993, pp. 503.
Nella prefazione di questo volume, dopo lindice, cos` scrivono G. Alberigo
e A. Melloni: La conoscenza della preparazione del Concilio Vaticano II e`
stata, fino ad oggi, circoscritta ed approssimativa: il periodo 1959-1962 sembrava da un lato esaurito dalla clamorosa ecatombe degli schemi preparatori
che esso aveva partorito, e daltro canto lindisponibilita` delle fonti e dei documenti frustrava le possibilita` dindagine storico-critica. Un atteggiamento condiviso e fedelmente registrato dalla preziosa e monumentale serie degli Acta et
documenta concilio oecumenico Vaticano II apparando, che ha rinviato la pubblicazione degli atti degli organi preparatori intermedi e se` invece limitata alla
edizione degli atti degli organi apicali: la commissione preparatoria centrale, da
un lato, e la commissione antepreparatoria, nelle appendici degli Acta Synodalia. Su questa area di ricerca, considerata in tutto il suo spessore e la sua
globalita`, se` venuta concentrando lattenzione dellequipe dellIstituto per le
scienze religiose di Bologna, integrato da alcune collaborazioni specialistiche,
nel quadro del progetto internazionale per la storia del Vaticano II: dapprima
col volume di A. Indelicato sui lavori della commissione centrale, ed ora con
questa raccolta di saggi che per la prima volta mettono a fuoco il lavoro e i
dibattiti delle commissioni e segretariati preparatori, ai quali fu assegnato il
compito di stendere gli schemi in vista del futuro Concilio (p. 11). Il contesto
e` cos` dato.
Base della presente pubblicazione non e` dunque solo la documentazione
ufficiale ma sono anche alcuni fondi di archivi privati, la cui consistenza (vi
sono indicati anche quelli non consultati) puo` essere valutata scorrendo lelenco
edito alla fine del volume (pp. 483-492), che molto deve al convegno di Lovanio
del 1989 su Les sources locales du Vatican II. Per conoscere poi i pensieri
preconcetti (in senso etimologico) che vi sono sottesi vale trascrivere un altro
passo della prefazione, il seguente: Prescindendo tanto dal rimpianto per il
concilio mancato dei settori tradizionalisti, che dal trionfalismo conciliare che
ha creduto troppo presto superato cio` che era stato solo scartato nel 1962, la
preparazione del Vaticano II appare come un alabastro sul quale cio` che si
trova da un lato, traluce dallaltro: tanto il conflitto degli anni Cinquanta che
il dibattito degli anni Sessanta e` decifrabile, pur nella alterazione dei rapporti di
forza e nel rovesciamento della definizione delle priorita` (p. 12). Credo sia
delineato gia` limmagine di un concilio come cosa rivoluzionaria, un conflitto
di rapporti di forza, che caratterizza la visione della scuola di Bologna, in una
mancanza di sensibilita` notevole, storica, per quellaspetto di continuita`, nellaggiornamento, di fedelta`, nel rinnovamento, che e` sempre stata caratteristica
dei Concili, che e` poi qualita` della Chiesa cattolica.
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Dopo le sigle, il primo contributo alla ricerca e` dellAlberigo, con i passaggi cruciali della fase antepreparatoria (1959-1960) (pp. 15-42). Alla base
dellanalisi vi e` losservazione de lallergia istituzionale per i concili, interiorizzata da Roma dopo le assemblee di Costanza e di Basilea [ma non venne
celebrato, dopo, il Concilio di Trento?] (p. 15), che suggeriva di evitare lincognita di un concilio , o domandava che esso si svolgesse a Roma, fosse breve e
senza sorprese [ma non lo voleva breve pure Papa Giovanni, che lo convoco`?].
Sotto il nome di luogo ci sta, per lA., fondamentalmente, la Curia, e lo dimostrera` nel corso del suo impegno. Ci troviamo di fronte, qui, ad un punto nodale
della interpretazione bolognese del Concilio, ad un elemento che gia` in passato abbiamo qualificato di ideologico, senza distinzione alcuna allinterno della
Curia stessa, anzitutto. Il vertice e` raggiunto nella conclusione: Si profilava
cos` ... una delle caratteristiche dominanti del Vaticano II, cioe` la tensione tra
lassemblea conciliare da un lato e la curia romana dallaltro lato. Il fenomeno
di un conflitto tra concilio e curia ... sarebbe esploso vistosamente al Vaticano II. La dialettica storica tra papa e concilio stava trasformandosi in una
complessa e talora inestricabile dialettica a tre (p. 42). Laltro elemento nodale
della scuola bolognese e qui anticipiamo e` linterpretazione del ruolo
del Cardinale Tardini e del suo pensiero (specialmente in relazione a Giovanni XXIII). Prova ne e` anche qui linterpretare laffidamento della fase preliminare alla preparazione conciliare alla Congregazione per gli Affari Ecclesiastici
Straordinari come scelta motivata (tecnicamente) con la maggiore idoneita`
burocratica degli Affari ecclesiastici straordinari a diramare a tutti i vescovi la
richiesta di pareri (p. 17, nota 5). Ma obiezioni interpretative si dovrebbero
moltiplicare da parte nostra (v. pp. 18, 19, 25, 27, 37, 38, 39, 40, 41 e 42).
L intervento si articola su preparazione della preparazione? , una
commissione curiale , un concilio nuovo: Vaticano II , preparazione romana per un concilio universale? , la scelta dei temi della preparazione e
preparazione senza anima? .
Nel II studio A. Indelicato analizza la formazione e composizione delle
commissioni preparatorie (pp. 43-66), strutturato attorno a lavv` o del lavoro preparatorio , unimmagine globale , presenze per sedi di lavoro e per
nazionalita` , il peso della curia romana , la presenza dei religiosi e delle
istituzioni culturali , lanalisi delle singole commissioni . Si danno, infine,
alcune chiavi di lettura dei criteri di nomina , che sono piu` articolati di
quanto comunemente si pensi. Le cifre comunque sono cifre. Mi limito ad
osservare soltanto che quei rappresentanti periferici della segreteria di stato rappresentano invece il Vescovo di Roma (p. 62).
E veniamo al buon capitolo, consistente, di Maria Paiano, dal titolo: Il
rinnovamento della liturgia: dai movimenti alla chiesa universale (pp. 67-140).
Vi sono indicati problemi e mediazioni. Proprio allinizio, peraltro, vi e` unaffermazione meno equilibrata, la seguente: Alla vigilia del Vaticano II ... e` ...
ancora diffusa, in ambienti soprattutto romani, una concezione della liturgia
quale culto esterno, gestito dalla gerarchia sacerdotale attraverso la rigida osservanza delle rubriche, e tendente ad escludere la partecipazione consapevole
67
ed attiva dei fedeli (p. 67). E tutto il movimento liturgico pure in Italia ci
domandiamo ha fatto proprio niente? E che dire della riconquista cattolica volta a ristabilire il controllo della chiesa sulla societa` e sul potere politico? (p. 68). Anche il termine restaurazione risulta equivoco ed e` pericoloso
qui usarlo, pure se messo tra virgolette (p. 75).
La ricerca ha le seguenti scansioni: la liturgia prima del concilio: linee di
riforma e di restaurazione nel XX secolo , il movimento liturgico entra nella
storia del concilio , il progetto di riforma della liturgia nella prima sessione
plenaria: un fondamento dottrinale al fine pastorale , movimento e movimenti di riforma della liturgia nel lavoro delle sottocommissioni , tensioni
nel periodo tra le prime due sessioni , la seconda sessione plenaria: la riforma
liturgica dai movimenti alla chiesa universale , il primo schema organico di
costituzione: la partecipazione attiva fine della riforma , il ruolo di Vagaggini
nellelaborazione del primo capitolo , la partecipazione attiva tra principi
generali e traduzioni concrete , lo scontro sul primo capitolo: incarnazione
o mistero pasquale? , lo schema del 15 novembre , verso lo schema definitivo: incarnazione ed escatologia , dalla commissione liturgica preparatoria al
concilio e conclusioni .
Ci piace riportarne due, indicative: Nello schema liturgico preparatorio,
sia pure con le mutilazioni e variazioni operate dalla sottocommissione per gli
emendamenti, non muta limpianto generale dellesito del lavoro della commissione liturgica. In tale impianto trovano composizione le sensibilita` di diverse
istanze di riforma della liturgia (p. 134) e, inoltre: la mediazione operata da
Bugnini e Vagaggini riveste un ruolo fondamentale nel far passare nella sostanza istanze nuove, utilizzando un linguaggio o categorie teologiche di tipo tradizionale (p. 137).
Riccardo Burigana affronta il progetto dogmatico del Vaticano II: la
commissione teologica preparatoria (1960-1962) (pp. 141-206). E` pure lavoro
consistente che, dopo unintroduzione in cui si tratta sinteticamente e per larghe
approssimazioni (sono parole dellA.) dei movimenti ecumenico, liturgico, biblico e per il laicato, sono, poi, presentati la riflessione ecclesiologica, alla luce
della Mystici corporis, e lo sviluppo della morale. Il tema vero e proprio inizia
ad essere trattato dopo una decina di pagine. Di valore ci sembra una rettifica,
in nota, che avremmo voluto introdotta nel testo (p. 141), e cioe` la costatazione
che sarebbe ... piu` esatto parlare di teologie romane , anziche di teologia
romana. Cos` facendo ci si incamminerebbe bene, e si comincerebbe a rompere
cliches impropri e preconcetti .
Lanalisi vera e propria inizia dunque con fisionomia, organizzazione e
periodizzazione della commissione , a cui fanno seguito i lavori preliminari e
lordine degli schemi , i nuclei tematici in seno alle singole sottocommissioni e
nelle sessioni plenarie (de Ecclesia, de fontibus revelationis, de deposito fidei
pure custodiendo, nova professio fidei, de ordine morali individuali, de ordine
sociali, de castitate, virginitate, matrimonio, familia, de beata virgine Maria)
e` equivoca la frase di p. 175 circa una formulazione che ribadisse lunicita`
della chiesa cattolica come chiesa di Cristo e fuorviante quanto si dice del
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Cardinale Ottaviani, che impose damnandi (p. 181). Era infatti previsto dal
regolamento che, in caso di parita` di voti, il Presidente avesse la parola decisiva e infine gli aspetti trasversali .
A questultimo proposito risultano interessanti la disamina della questione
rapporti (con il Concilio Vaticano I, tra Ottaviani-Tromp-Felici, fra la Commissione teologica e il Segretariato per lUnita` dei Cristiani) e losservazione,
per noi fondamentale, della necessita` di superare una semplicistica contrapposizione tra romani e non romani, che, seppure vi fu, assunse col tempo un peso
sempre minore di fronte al frantumarsi dellapparente unita` dei romani e al
coinvolgimento sempre maggiore di teologi non residenti a Roma (p. 202).
Lultimo paragrafo di p. 206 ci sembra infine ancora spiegazione troppo semplicistica del fallimento del progetto della commissione per un concilio di
completamento del magistero pontificio a partire dal Vaticano I, e in particolar
modo di quello di Pio XII, e di condanna degli errori presenti nella chiesa e nel
mondo .
E proprio I laici nella chiesa e nel mondo e` il titolo della ricerca successiva, quella di Giovanni Turbanti, ben fatta, puntuale e pure consistente
(pp. 207-271). Essa e` scandita dai seguenti sottotitoli: la commissione preparatoria per lapostolato dei laici ; i laici nella chiesa e il loro apostolato ; la
presenza nella societa` ; tra azione caritativa e assistenza pubblica e linvio
dello schema alla commissione centrale: bilancio del lavoro della commissione .
La proposta ecumenica del segretariato per lunita` dei cristiani (pp. 273350) e` affidata alla penna di Mauro Velati. Qui le scansioni sono: i primi
passi del segretariato (con allusione alla singolarita` della prassi di questo
organismo, caratterizzata da unestrema liberta` ed apertura rispetto al panorama delle diverse commissioni preparatorie: p. 282); il dibattito teologico sulla
chiesa ; una questione controversa: i membri della chiesa [ lambizione del
segretariato era proprio quella di contribuire ad elaborare una nuova teologia
adatta ai tempi nuovi della chiesa ?: p. 290]; primato papale e collegialita`
episcopale ; il sacerdozio comune dei fedeli ; la liturgia: unita` nella diversita` (questione delluso del latino); la Scrittura nella vita della chiesa (con il
rapporto Volk e i seguenti sottotitoli: la riscoperta della Bibbia e de
traditione et S. Scriptura); verita` e carita` nella pastorale matrimoniale (tema
dei matrimoni misti); la preghiera per lunita`: un ecumenismo spirituale [non
userei la parola conversione per il passaggio al cattolicesimo di Paul Wattson: v. p. 315]; che cose` lecumenismo? ; tolleranza o liberta` religiosa? [la
posizione tradizionale non e` ben formulata a p. 326]; la chiesa e il popolo
dIsraele e veritatem facientes in charitate.
La conclusione non ci trova consenzienti, perche bisognosa di essere limata
assai e precisata. Eccola: In un ordine fortemente condizionato dalle pretese
egemoniche della commissione teologica di Ottaviani, che evocava a se ogni
decisione in ambito dottrinale esso (il Segretariato) rappresentava un elemento
di stridente originalita` e nello stesso tempo di chiara opposizione allimpostazione che la stessa commissione teologica intendeva dare al concilio. Si trattava
evidentemente di un confronto impari per un organismo come il segretariato che
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non godeva di alcuna garanzia istituzionale precisa e contava solamente sullappoggio di Giovanni XXIII, assicurato dal costante rapporto con Bea. Il
fatto stesso di non essere una vera e propria commissione lo poneva in una
condizione di debolezza allinterno della grande macchina preparatoria, fortemente condizionata dalla curia romana (pp. 338-339).
Alla fine e` posto un Excursus: la commissione preparatoria per le chiese
orientali .
Maurilio Guasco, autore del contributo dal titolo Verso un aggiornamento della pastorale (pp. 351-395), prende molto alla larga (una trentina di
pagine sono dedicate al retroterra del Concilio) il suo argomento, prima di
giungere ai limiti di tempo fissati. La trattazione e` di tipo piuttosto descrittivo,
narrativo, iniziando egli dalla pastorale preconciliare, per giungere (solo a
p. 373) alla vigilia del concilio .
Lanalisi riguarda vescovi e governo delle diocesi [si puo` definire lepiscopato come il completamento del sacramento dellordine ?: p. 374], la
commissione degli studi e dei seminari e clero e popolo fedele [si puo`
seriamente parlare di mandato (dei laici), assurto quasi alla dignita` di sacramento ?: p. 388, o del punto di riferimento che e` ancora il regime di
cristianita` ?: p. 390]. Ecco la conclusione: Quel popolo di Dio al quale, nei
testi preparatori, sembravano riservati soprattutto dei doveri e fra i diritti solo
quelli di ricevere cio` di cui altri erano responsabili, diventava invece nei nuovi
schemi il vero protagonista della storia della chiesa postconciliare (p. 395).
A Giuseppe Butturini e` affidata la trattazione di Missioni e concilio. La
storia, i testi e i criteri della commissione preparatoria (pp. 397-423). Dopo la
presentazione dello stato attuale delle ricerche sul suo argomento, lA., pur con
qualche asperita` ed esagerazione, illustra diligentemente la missionarieta` della
chiesa , ladattamento missionario , le missioni nei vota trasmessi dai
vescovi alla commissione antepreparatoria ( adattamento e cattolicita` , la
necessita` delle missioni e missione della chiesa e missioni ), la commissione
preconciliare: storia, testi e criteri ( le commissioni missionarie: vicende e
problemi sullinfluenza della prospettiva tardiniana sui lavori preparatori,
non e` citato limportante e chiarificatore studio di Mons. Carbone , gli
schemi della commissione preparatoria , orientamenti, contenuti e criteri )
e conclusione .
Per il rinnovamento della vita religiosa (pp. 425-444) e` il titolo della
ricerca di Luiz Carlos Marques. Nonostante due o tre passi contestabili
(p. 427: a modo suo ; pp. 429 e 438 sull Opus Dei e p. 444 circa il matrimonio e lo stato religioso), lanalisi naviga abbastanza convenientemente da le
richieste dei Consilia et Vota a la commissione ( i membri e i consultori , la cronologia e il metodo di lavoro e lo schema De statibus perfectionis
adquirendae ).
Ma le nostre riserve si riferiscono soprattutto allo studio finale del Melloni: Parallelismi, nodi comuni e ipotesi conflittuali nelle strutture della pre-
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parazione del Vaticano II (pp. 445-482), a cominciare dallaffermazione iniziale, stroncatrice: Nessun concilio ... ha conosciuto una preparazione piu`
vasta e sterile del Vaticano II (p. 445). Fu proprio sterile? Risponde del resto,
in altro modo, lo stesso A., a seguire, ammettendo: lobl` o (della preparazione)
... non ha forse tenuto adeguato conto dellinflusso che risultati, tematiche e le
procedure del quadriennio 59-62 possono aver avuto sulle caratteristiche e le
debolezze del Vaticano II .
La ricerca inizia con la preparazione e la paura del concilio (mettendo
giustamente in rilievo i grandi nodi della questione della Curia romana e del
Tardini, come sopra da noi accennato). E proprio nella valutazione del Tardini
non ci troviamo daccordo con il Melloni. Perche ci domandiamo egli
esige dal Segretario di Stato di allora un atteggiamento neutro e informe ?
(p. 447). Laggancio e`, poi, alle Congregazioni romane, con riferimento alle
Commissioni e al loro numero lA. si esprime in termini di clonazione
con due eccezioni. Ma tale era altres` la caratteristica del Vaticano I, che si ando`
anzitutto a consultare alla bisogna. Quanto al parere negativo sulle griglie di
lettura, e sulle sintesi dei suggerimenti ricevuti in vista del Concilio, esse sono
coeve bisogna ricordarlo alla mentalita` iniziale, appunto preconciliare,
senza fare un giudizio di merito con luso di questo aggettivo.
Segue il personale della preparazione , parlandosi di lotta per il concilio e lotta nella curia , come caratteristica interferenza che segnera` il
passaggio cruciale dalla fase antepreparatoria (noi preferiremmo antipreparatoria, come si dice antipasto) a quella preparatoria (p. 448). Sottotitoli sono:
le eccezioni , le regole e obiettivi e protagonisti duna selezione [anche
qui Tardini e` trattato ci sembra secondo un preconcetto giudizio; le
affermazioni risultano pesanti e hanno il sapore della ricerca e sete di potere,
dellambizione, fino a giungere ad affermare che in un certo senso il papa
restava prigioniero di questo meccanismo (preparatorio) : p. 456 nota 44].
Sulla stessa linea va la descrizione della parte non prevalente del Papa
(p. 457) nella scelta del personale delle Commissioni. E ritorna poi il lancio
del sasso nello specchio dacqua conciliare con la famosa espressione forse
(al di la` di Capovilla o di DellAcqua) neppure esistono dei fedelissimi a
Giovanni XXIII (ibid.). A questo riguardo e` esatto affermare che Egli, ad
esempio, ammette candidamente la propria estraneita` alla nomina del segretario
della antepreparatoria, della centrale e poi del concilio ? (ibid.).
Un ulteriore capitoletto concerne laltra antepreparatoria: ambienti e
gruppi di lavoro ; il linguaggio usato ci risulta improprio, o almeno giornalistico. Si parla di lobbies , di un leader come in tutte le lobbies , di
shadow cabinet (p. 460). La sociologia e la politica hanno la loro parte nel
campo delle ricerche, ma varra` non esagerare, specialmente se vi e` rischio di non
adeguatezza e abbassamento di tono.
Segue la debolezza di un parallelismo imperfetto , in cui lA. si domanda
fondamentalmente perche lipotesi Tardini non funziona . La risposta, ma
non e` la sola, pur menzionando il fatto della morte del Cardinale ( anche ),
si riduce a unaffermazione: In fondo Tardini lascia in eredita` al suo successore
se non legemonia, la pretesa dellegemonia sul concilio (preparato o attuato
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poco importa) (p. 461). Sottotitoli sono: i parallelismi [con giudizi del tutto
discutibili e linguaggio che dovrebbe essere piu` controllato; si parla infatti finanche di schizofrenia, di libri dei sogni delle Congregazioni, di gelosia, di
banalizzazione dellintuizione di Papa Giovanni] e la differenziazione [si
qualifica il Segretariato per lUnita` dei Cristiani come elemento di eversione ].
Sotto lombrello de i temi del lavoro , il Melloni disserta di fonti e limiti
delle quaestiones [si asserisce pure qui un grado di fedelta` molto dubbio
(p. 465) per la sintesi dei pareri], di temi e schemi , gestione e ricezione delle
quaestiones [ della liberta` rispetto alle quaestiones se ne serve anche il
papa : p. 469].
Concludono lintervento del Melloni i capitoletti metodi e meccanica dei
lavori ( tutte le commissioni condividono alcuni abiti tipici della prassi curiale ; Mons. Bugnini, en passant, e` identificato come un conservatore illuminato
o un riformista moderato: p. 472), dati procedurali comuni , norme e prassi
del segreto , (la regola del segreto e` funzionale a scopi tutti interni : p. 474),
larticolazione delle sottocommissioni , realta` assai diverse. Ci si puo` domandare cosa si intende collaffermare che la segreteria e` istanza politica e non solo
organizzativa (p. 476). La nota 119, poi, fa un passaggio indebito, crediamo,
tra Ottaviani-Tromp e la stessa commissione, da loro stessi creata , alla quale
ci si riferisce in termini di onnipotenza ottusa : p. 477. Si passa quindi al
predisporre i canoni sub velamine schematum [sono indebite le conclusioni
dellA. sul rapporto Concilio-Codice di Diritto Canonico: pp. 478-479] e allesito della preparazione. Melloni qui conclude: Da parte di tutte le istanze
preparatorie emerge dunque un rapporto difficile col concilio in se; e` questo,
e non altro, che segna le debolezze della preparazione (pp. 479-480). Ma il
Concilio non esiste ancora, noi dobbiamo notarlo. Laffermazione surriferita e`
comunque la premessa di altre, piu` o meno dello stesso tono, che non condividiamo.
Parlasi infatti di interessi spesso incongrui (fra le varie Commissioni), di
ideosincresie teologiche, dell obiettivo piu` diffuso ... di superare la parentesi
conciliare , di cecita` sullo status ecclesiae (non si sa se per sopravvalutazione
della propria potenza da parte del gruppo dirigente la preparazione o per
sottovalutazione dei problemi che agitavano la Chiesa: certo le commissioni
preparatorie riflettono, nel loro insieme, una conoscenza ed unimmagine del
mondo sfocata ed ideologica: larroccamento resta il dato prevalente ). Per lA.
la possibilita` del concilio, della sua coscienza, viene sottovalutata ed e` provata la solitudine del papa che risulta, ad un esame del lavoro preparatorio,
ancora piu` grande ed incolmabile (p. 481). E la fine diventa profezia delloggi
(postconciliare, oltre che giudizio dellieri conciliare), con indicazione dei problemi che ora vivremmo: Nella preparazione si affacciano sintomatologie del
Vaticano II adulto e perfino del postconcilio: burocratizzazione, irrisolta
ambiguita` dei rapporti curia-papa-concilio, il tabu` delle questioni teologiche,
la negazione della discontinuita`. Solo leffettivo costituirsi dellassemblea potra`
interromperne gli effetti e costringere tutti a passare dallimmagine del concilio
(cos` povera e scheletrica) alla esperienza vitale dellaula (p. 482).
Il volume si chiude con lindice dei nomi (pp. 493-503).
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una volta. Poco esatte ci sembrano anche alcune considerazioni circa maggioranza e minoranza conciliari (v. p. 22), nel contesto della ricerca della
unanimita`.
Ne I Vescovi bavaresi prima del II Concilio Vaticano (pp. 24-37)
K. Wittstadt illustra la galleria di quei Pastori diocesani, ne scandaglia le
radici e qualche caratteristica, nonche la durata del servizio episcopale e i
Vota (almeno di qualcuno di essi) e relativo ruolo in Concilio o nelle varie
Commissioni. Sbozzando qualche tema comune nelle risposte vescovili, anche
questo A. stabilisce una separazione errata tra testi ( che sono una cosa ) e
spirito del concilio ( che e` unaltra cosa ), mentre parla di riforma, riferendosi
ad esso, e non tanto di aggiornamento, come riteniamo debba farsi.
C. Soetens si occupa, invece, dei Vota dei Vescovi belgi (pp. 38-52), delle
loro varie categorie (ci domandiamo pero` perche lelaborato del Nunzio Apostolico sia accorpato con quelli dei tre Ausiliari), e dei Superiori religiosi; in
totale 22 risposte. Lanalisi tematica precede le osservazioni generali, che manifestano una delusione per le proposte, una volta tenuti in considerazione
gli obiettivi di Giovanni XXIII e il comportamento episcopale durante lo svolgimento del Concilio stesso. Lo studio si chiude con una buona lista comparativa dei temi abbordati, presentati in ordine alfabetico.
I vota dei vescovi spagnoli dopo lannuncio del concilio Vaticano II
(pp. 53-82) son presentati da E. Vilanova, nel contesto di una teologia politicizzata e/o di una politica teologicizzata , neotomista, antimoderna, antiecumenica, a-istorica , di riconquista, ecclesiocratica , gerarcologica . Certamente non vogliamo negare che piu` che altrove la situazione politico-religiosa
spagnola possa aver radicalizzato tendenze abbastanza comuni nel tempo preconciliare, ora connotate con termini soltanto negativi. E` anche questa una
esagerazione abbastanza comune. Successivamente lA. accenna a una timida
apertura alla teologia e alla pastorale europee e alla sorpresa e il disincanto
in relazione al Vaticano II. Segue lanalisi sufficientemente sviluppata delle
risposte alla consultazione del Cardinale Tardini, da cui si deduce la concezione
del concilio dei Vescovi spagnoli, con il desiderio maggioritario di definire e
condannare . Il Vilanova, nelle questioni dottrinali e liturgiche , rivela ancor
piu` la sua posizione riduttiva circa i Pastori quali maestri della verita` , non
considerando il magistero come ultima istanza di discernimento (p. 68) e
accusandolo di insensibilita` storica al chiedere, per es., una esposizione dei
fondamenti della teologia morale ex lege naturali, more deductivo (p. 72).
Un altro indice della posizione dellA. e` il suo uso del termine riforma, riferito al
concilio, cosa che, naturalmente, lepiscopato non fa, del resto lo stesso
Giovanni XXIII definisce come aggiornamento la finalita` conciliare anche
se la dinamica della riforma appare nei vota. Non e` dunque cos` retrogrado tutto questo episcopato, come si era detto per linnanzi. Chiudono lo studio
lapogeo dellAzione Cattolica e della teologia laicale, alcune opinioni su ecumenismo, missioni ed universalita` della Chiesa, e le conclusioni. Si potrebbe cos`
sintetizzare: la maggioranza dellepiscopato spagnolo presta marginale atten-
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zione ai cambi della societa` e agli adattamenti della chiesa agli stessi ... La
risposta alla crisi si colloca essenzialmente sul piano ideologico ... si costata
una assenza di categorie storiche e un predominio di categorie morali al momento di giudicare la realta` (p. 82).
Seguono I consilia et vota dei vescovi italiani (pp. 83-97) illustrati da
M. Velati. Essi, alla vigilia dei Concilio Vaticano II, avevano una importanza
rilevante nel panorama ecclesiale mondiale, non solo dal punto di vista quantitativo (p. 83), ma anche perche cresciuti allombra della S. Sede .
LA. conferma il giudizio di Morozzo della Rocca. Nel pensiero dei vescovi italiani, (dunque) il Concilio avrebbe dovuto corrispondere a precise e
urgenti esigenze di chiarezza, con la definizione di tutte le materie controverse
sia in campo dottrinale che disciplinare e canonico ... Cio` non esclude il manifestarsi, a tratti, di un desiderio di rinnovamento, pur a un livello molto superficiale: una versione potremmo dire pragmatica dellaggiornamento di cui
parlava Giovanni XXIII, a volte piu` vicina a una semplice revisione del Codice
di diritto canonico o alla correzione di alcune disfunzioni evidenti nella cura
pastorale ordinaria (p. 87).
Le proposte mettono in risalto, gia` ad un primo sguardo, la questione della
condizione del clero, con decisa riaffermazione della norma celibataria
(p. 89). Laggiornamento della chiesa passa quindi, nellopinione dei vescovi,
attraverso un rilancio della figura sacerdotale, inserita pero` in un preciso contesto ecclesiale dove domina incontrastata lautorita` diocesana, il vescovo
(p. 90). Per quanto riguarda il nesso strettissimo venutosi a creare in un secolo
di storia tra episcopato italiano e Santa Sede , a cui fa cenno lA., ricordiamo
che i particolarissimi legami sono plurisecolari, risalgono anzi in parte allesistenza di quelle tre zone di influsso della potestas del Vescovo di Roma di cui
parla il Batiffol, riferendosi ai primi secoli della vita della Chiesa.
Il Velati illustra poi gli aspetti delle proposte riferentisi al magistero della
Chiesa e il Concilio, sottolineando l evidente ... preponderanza di istanze in
negativo, con la condanna di dottrine erronee come il marxismo, lesistenzialismo, il laicismo oppure il cosiddetto neo-modernismo (p. 92). La conclusione
risulta azzardata ed affrettata: e` evidente la presenza, in queste varie prese di
posizione, di un progetto per il Concilio che va prendendo forma in opposizione
agli orientamenti che Giovanni XXIII delineava (p. 93). In effetti e` proprio
papa Roncalli a volere la libera espressione dei Vescovi, in occasione della loro
consultazione.
Al termine lA. si chiede: Rinnovamento o conservazione? e richiama
una qualche apertura dei vescovi italiani in fatto di Liturgia ( un certo desiderio
di riforma e` indubbiamente presente , p. 96), mentre maggior diffidenza e`
riservata alle istanze del movimento biblico o ecumenico (p. 97). Essi pero`
ignorano i grandi temi della vita politica ed ecclesiale internazionale, come
daltra parte faticano a cogliere i cambiamenti culturali e di costume della stessa
societa` italiana ... Manca in molti casi una visione propria, potremmo dire
pastorale, dei problemi (ibid.). Cos` si annunciano in modo chiaro in questi
pareri i limiti e le incapacita` che segneranno il contributo della maggior parte
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dei vescovi italiani al Concilio . Non trovo cio` pertinente, visto che pure gli
altri episcopati, nelle risposte alla consultazione, in genere non si discostano
molto da quelle degli italiani.
J.Y.H.A. Jacobs sintetizza i vota dei vescovi olandesi per il concilio (pp. 98110), presentando prima i loro autori, quindi la genesi delle risposte (con influsso evidente del Comitato di Direzione della Conferenza Cattolica per i
problemi ecumenici) e il loro contenuto. Fra le osservazioni, a guisa di valutazione da parte dellA., ci piace riportare la seguente: I vota analizzati ... ci
offrono una immagine netta delle attese, tuttavia molto contenute, dei vescovi
olandesi in relazione al concilio in un momento in cui si sapeva ancora particolarmente poco sullorientamento che prenderebbe lassemblea ecclesiale
(p. 109). Ci pare che tale enunciato sia pertinente e da tenere in considerazione
per tutte le risposte ricevute a Roma.
Jacobs comunque conclude: Mentre i vescovi, nella loro gestione intraecciesiale, agiscono ancora con molta circospezione e si tengono piuttosto dal lato
conservatore ..., nei loro auspici preconciliari, del resto mai resi pubblici, essi
optano in maggioranza e in modo indubitabile per la via del rinnovamento
(p. 110).
I vota dei vescovi svizzeri (pp. 111-118), in totale 7 testi, sono affidati a
Ph. Chenaux, il quale anzitutto evidenzia il fallimento di una loro risposta
comune, suggerita dal Nunzio Apostolico, e cio` fondamentalmente per lopposizione esistente tra i Monss. Charrie`re e Caminada.
Le linee di forza di una attesa, peraltro, sono la dottrina episcopale (rivalorizzazione dellepiscopato), il rinovamento liturgico, la disciplina ecclesiastica
e lapertura al dialogo ecumenico. Ma quel che colpisce, presso la maggior
parte dei vescovi, e` lassenza di ogni preoccupazione di ordine sociale o politico (p. 117).
R. Morozzo della Rocca, in uno studio consistente, anche se a volte
abbastanza tagliente verso chi si accosta a posizioni latineggianti, analizza
i voti degli orientali nella preparazione del Vaticano II (pp. 119-145). Ne giunsero da parte di circa tre quarti degli interpellati, peraltro con una frammentazione di pareri notevole, tale da rendere infime le percentuali in minoranze gia`
deboli prese insieme (5%). Ciononostante malgrado questa diversita` il termine
Oriente non e` una pura etichetta negativa applicata alle Chiese non-occidentali
(p. 122). In ogni caso due ordini di distinzioni traspaiono nitidamente dal materiale preparatorio del Concilio prodotto dagli Orientali, e cioe`, in primo luogo, il piu` significativo, il grado di fedelta` alle origini orientali delle loro Chiese
(v., per es., le differenze fra melchiti e maroniti) ed in secondo la provenienza da
due grandi aree culturali che si possono definire europea greco-slava ed afroasiatica.
Inoltre lA., pur accodandosi allopinione dellAubert e ad altri circa i
giudizi ( generalmente deludenti ) sulle risposte giunte a Roma in preparazione al Concilio, afferma che quelle orientali costituiscono una rilevante eccezione al tono generale della vasta consultazione (p. 125). In effetti nei voti
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conciliari dei vescovi e superiori religiosi orientali a differenza dei voti degli
occidentali sono molto rare sia le richieste di condanne di errori e di movimenti storici, sia linsistenza sugli aspetti giuridici della vita ad intra e ad extra
della Chiesa, sia le proposte di formulazione di nuovi dogmi . La preoccupazione dominante, il dato peculiare, e` altres` lunita` della Chiesa, con riguardo
preminente (se non esclusivo) ai cristiani delle varie Chiese ortodosse dOriente.
Le chiese della Riforma sono di solito ignorate.
Ma di quale unita` di tratta? Le idee sono molto varie e lA. le sgrana nel suo
lavoro, con bella proposizione, partendo dal pensiero del Card. Agagianian,
giungendo ai melchiti (che affermano la necessita` di una riforma della struttura
gerarchica della Chiesa, con denuncia ... del potere assoluto del papato e
richiesta di restaurazione del rango dei Patriarchi nel rispetto delle tradizioni del
primo millennio; contestualmente la diplomazia pontificia verrebbe a perdere
di significato : pp. 130-131), ai copti cattolici, al Pontificio Istituto Orientale.
Ci e` presentata altres` qualche considerazione critica del pensiero melchita, che
risente del tempo di formulazione, diciamo cos` .
A noi comunque sembra che il voler difendere i due gradi di ius divinum
(sommo Pontificato ed autorita` del Vescovo diocesano) sia di tutto rispetto
(v. p. 134) e che non si debba modificare una situazione esistente allinterno
del Patriarcato latino, frutto di un lungo travaglio storico, sia pure per una
finalita` ecumenica, ossia mostrare allOriente come potrebbe essere la sua
situazione, una volta ristabilita la piena comunione. I due polmoni, per stare al
linguaggio entrato ormai in uso comune, dovrebbero conservare entrambi le
loro caratteristiche, frutto del lavorio dei secoli e dellesperienza della libertas
ecclesiae, in Occidente, conservandovi altres` i diritti e i doveri patriarcali del
Vescovo di Roma.
Sulle lagnanze degli orientali si concentra poi lA., sul loro timore di essere
fedeli di seconda classe, da cui nascono i desideri di maggior autonomia da
Roma (Curia e Diplomazia pontificia), la necessita` di delatinizzare le Chiese
cattoliche orientali, le critiche ai missionari latini e alla presenza latina in Oriente, la richiesta di effettiva uguaglianza dei riti, anzi si dovrebbe ... scegliere di
volta in volta il rito piu` adatto alla mentalita` e alla cultura locale (p. 143). Si
desidera inoltre la revisione delle norme sulla communicatio in sacris e sui matrimoni misti, nonche sul regime dei digiuni e delle astinenze, ecc.
Ripetiamo, i Padri orientali non erano unanimi nel formulare i loro desiderata, anche perche vi e` una varieta` di posizioni e di pareri piu` o meno ispirati
dalla cultura occidentale e latina. LA. segnala infine il non interesse per il
mondo musulmano, apertura manifestata invece dallArcivescovo di Algeri,
Mons. Duval, che orientale non era.
I vota Romani (pp. 146-168) di A. Riccardi sono di particolare interesse e degni di attenzione, anche per ridimensionare facili preconcetti. E tuttavia leffetto liberatorio di cui parla lA. (che si deve ridurre a dimensioni
piuttosto limitate, se stiamo a quanti ci parlano di risposte generalmente
deludenti alla consultazione pontificia in vista del Concilio, che ne sarebbe
stata la causa) manco` negli ambienti romani , per natura tendenti alla conti-
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pare aver stimolato un atteggiamento piu` disponibile a quei cambiamenti richiesti dalla periferia (accanto naturalmente alle molte condanne). Del resto i
vota dei padri contengono elementi obiettivamente contraddittori, che possono
anche confermare in tutto la visione romana oppure introdurre nuovi problemi
ed esigenze di rinnovamento ... Complessivamente la lettura dei vota fatta dalla
Curia avviene in una prospettiva che conferma la continuita` con le linee ereditate dal pontificato di Pio XII (p. 167).
I Dicasteri romani, peraltro, cominciano a cogliere lesistenza di un malessere tra il governo centrale della Chiesa e lepiscopato (ibid.). Anzi la Congregazione degli Affari Straordinari, nel suo parere, non solo sente il problema
ma anche lo interpreta.
M. Lamberigts illustra, successivamente, I vota ante praeparatoria delle
Facolta` di Teologia di Lovanio e Lovanium (Za re) (pp. 169-184). Per la
prima il testo consiste in due sezioni maggiori, una riguardante cio` che la Chiesa
dovrebbe essere, mentre laltra si riferisce a specifici desiderata (24 vota), che non
mancano di prospettiva ed interesse. Lo stesso si puo` dire per Lovanium. La
conclusione e` un tentativo di comparare il contributo delle due Facolta` (elementi in comune e qualche differenza) dalle quali la collegialita`, lecumenismo e
il rinnovamento liturgico furono riconosciuti come impulsi necessari per la
Chiesa del tempo. Cos` quelli che saranno lo spirito e le idee del Vaticano II
non erano sconosciuti nelle due Lovanio.
Movimenti teologico-spirituali e concilio (1959-1962) e` il titolo del
capitolo (pp. 185-199) affidato a E. Fouilloux. Al riguardo ormai si ripetono
le solite cose. Con un certo spirito diniziativa lA. simpegna a presentare i
vota dei movimenti, affare piuttosto complicato, vista la loro informalita` e la
difficolta` di individuarne obiettivamente i rappresentanti . Egli si toglie peraltro abbastanza bene dimpaccio, specialmente per quanto riguarda lecumenismo, per il quale rileva lo stato dimpreparazione degli spiriti tanto in seno
alle comunioni separate che della Chiesa cattolica (p. 197). Fouilloux termina
con un bilancio piuttosto personale circa la riuscita dei movimenti oggi.
Positivo e` il giudizio per quelli liturgico ed ecumenico, mentre il movimento
mariano e` lontano daver abbassato le braccia (p. 198) e quello biblico rimane in pena (ibid.). In ultimo lA. asserisce: quasi niente di cio` che figura nei
testi conciliari e` nuovo, parlando propriamente; lequilibrio della fede cattolica
ne esce tuttavia modificato in un senso differente della triplice reazione antiprotestante, antiliberale e antimodernista dei secoli precedenti (p. 199).
Il capitolo seguente continua a dare attenzione allecumenismo, con obiettivo messo a fuoco su Il Consiglio ecumenico delle Chiese e la convocazione
del Concilio (pp. 200-213). Ph. Chenaux, che si rivela esperto ed equanime
(v. specialmente pp. 212 e 213), suddivide il suo studio in tre scansioni: lincertezza dei primi mesi , speranza e incertezza, appunto, con una reale
mancanza di chiarezza nel seno stesso del Vaticano (p. 203) circa la natura
dellavvenimento, il suo oggetto i tormenti del dopo-Rodi (fino alla creazione del Segretariato per lUnita` dei Cristiani) e verso il Concilio (con
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che a noi sembrano a volte particolarmente fini (v. p. 248), mentre risultano
non collimare con quanto si sarebbe aspettato lA. Egli giunge perfino a porsi la
questione seguente: una diplomazia superficiale o una chiesa ammutolita ?
(p. 249). E vi esprime il suo giudizio, opinabile assai, come quello, riconfermato,
della solitudine istituzionale di Giovanni, che certamente non si riferisce al
normale esercizio personale del magistero supremo. A questo proposito tutta la
nota 120 meriterebbe una conveniente esegesi .
Le ottiche parallele: il contesto politico della preparazione , con i timori
del Portogallo per le sue colonie, le diatribe circa il Popolo ebraico e lo Stato di
Israele (che faziosita` quel collegamento fra SantUffizio e Paesi arabi! p. 254
nota 139) e con le posizioni franchiste, precedono le annotazioni intermedie .
Ritorna cos` la difficolta` degli ambasciatori a scovare gli ermeneuti dellevento
conciliare (p. 257): si vuol intendere quelli veri , cioe` in conformita` col pensiero dellA. Alcune conclusioni, infine, non diremmo che risultano dalla ricerca,
ma stavano prima e stanno ancora nella mente del Melloni (v. tutta la p. 257).
J. Fameree chiude il volume con lo studio su Strumenti e prospettive per
una storia del Concilio Vaticano II. La carta delle fonti private (aggiornata)
(pp. 258-268). Una volta ammessa limportanza delle fonti non ufficiali per la
ricerca storica (che apre peraltro la questione della loro credibilita` , obiettivita` , ecc.), lA. vuol proporre una sintesi panoramica della situazione, soprattutto in Europa, a partire dagli Atti del Symposium Vaticanum Secundum del
1989, a Lovanio-la-Nuova.
En passant Fameree indica le novita`, giunte a sua conoscenza, dopo il 1989,
seguendo nella presentazione lordine cronologico degli interventi dellanzidetto
Symposium, con distinzione tra archivi vescovili e quelli dei periti. I Paesi rivisitati sono la Francia, la Germania, il Belgio, la Gran Bretagna, la Spagna
(perche vi si parla di vergogna nel mostrare gli archivi? Non ci sembra
proprio il caso, semmai si potra` dedurre una maggior riserva a causa delle regole
che fissano la loro apertura dopo un certo numero di anni), lItalia, i Paesi Bassi
e lAfrica (anche per questi ultimi archivi si parla della influenza nefasta di
Roma. Riguarda cio` anche le Congregazioni Missionarie?).
Il volume termina con lindice dei nomi di persona (pp. 269-277).
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Messico (J. Garc a, dalle chiare conclusioni) e, infine, i Caraibi (A. Lampe, al
parlar di Cuba, ci fa pensare a come si possa maltrattare la storia).
Lindice del volume e` posto agli inizi (pp. 7-11) e per gli errata (es
p. 67 , Cathollicisme p. 98, nota 1 , cest p. 104, nota 1 , clery
man p. 106 , bautisso p. 108 , toda p. 112 , Mooni p. 117 ,
Lateinamerika Lowen p. 163 , EL p. 173 , deben diaconos
p. 175 , Raymundi p. 204 , monenor p. 210 e Cantoz
p. 213 ), corrige: el, Catholicisme, cest, clergyman, bautismo, todo,
Mozzoni, Lateinamerika, Lowen, El, diaconos deben, Raimondi, monsenor
e Centoz.
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alfine, le richieste degli episcopati: occidentali (cattolicita`: le missioni tra incarnazione e trascendenza; missionarieta`; necessita` della Chiesa e salvezza universale) e missionari (orientali, presso i quali si sottolinea la questione sociale, quella del rapporto culture-religioni ed infine dei riti africani con
aspetti politici, culturali ed ecclesiali e latino-americani).
La conclusione raccoglie e fa proprio (con un non e` lontano dalla
realta` ) il parere del P. J. Schutte, il quale costata una concordanza sorprendente fra le dichiarazioni espresse dal Concilio sulla missione e le proposte
preconciliari per un rinnovamento dellopera missionaria della Chiesa (p. 72). E`
forse un segno che le missioni fossero uno dei luoghi ... dove la chiesa stava
rinnovandosi (ibid.). Certo, aggiunge lA., I vota dei vescovi furono presi
particolarmente in considerazione nel corso della fase antepreparatoria del concilio , ma e` altrettanto vero che ce` un salto tra gli schemi elaborati dalla
commissione missionaria antepreparatoria e i vota dei padri, sia sul piano dei
contenuti che dellimpostazione . In ogni caso, conclude Butturini, nei vota
dei padri e` riflessa lanima del movimento missionario (p. 73).
E` poi Mauro Velati a riprendere un tema a lui caro, (v. ancora Verso il
Concilio Vaticano II (1960-1962). Passaggi e problemi della preparazione conciliare, Marietti, Genova 1993, pp. 273-350, da noi recensito in Apol. LXVIII
1995 , p. 851s.) la nascita cioe` e loperare del Segretariato per lUnita` dei
Cristiani (1959-1960), con il titolo Un indirizzo a Roma (pp. 75-118).
Ce` anzitutto lo sguardo, velocissimo, ad un arco temporale che comprende
tutto il Novecento, che ha visto sorgere il movimento ecumenico, con visione
delle premesse lontane del Segretariato. E anche qui si considera, come nel caso
anzidetto delle missioni, che ne la grande consultazione antepreparatoria voluta da Giovanni XXIII ... un consistente blocco di proposte ... si poneva lungo
la via delle intuizioni di papa Roncalli, mostrando una consapevolezza profonda dei problemi posti dal rapporto con le diverse confessioni. Proprio allinterno
di questo blocco possiamo trovare alcuni accenni alla proposta di creare un
nuovo ufficio ecumenico (p. 84s.). Essi sono quindi esaminati e trattati
(male, quello che si riferisce allUniversita` Lateranense, pp. 88 e 89). Vi e` anche
un tentativo di rilancio della Congregazione Orientale, mentre decisivi sembrano essere stati i contraccolpi dellincidente di Rodi (p. 95ss.) nel successo
della azione congiunta di Bea e Jaeger, con la collaborazione di J. Hofer
(p. 103). Cio` implichera` un mutamento sostanziale degli equilibri curiali
(p. 105), anche se la decisione istitutiva di Giovanni XXIII inseriva il nuovo
organismo nel quadro della struttura di preparazione del Concilio, il che costituiva una specie di messa tra parentesi del carattere permanente della nuova
creazione (p. 106, v. pure p. 116ss.).
Si illustra quindi lambizioso progetto di Bea , la esclusione iniziale della
sollicitudo per i problemi del mondo orientale (nella versione del Cardinale:
p. 110), con cenno allinterrogativo (ancora nellaprile del 1960) sulla possibilita` e sulle eventuali modalita` della partecipazione degli altri cristiani al
concilio (p. 113) la questione dellinformazione (e` errato dire che lincidente di Rodi aveva messo in luce tutte le carenze dellapparato curiale, pro-
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prio per cosa che curiale non fu) corretta e completa , la struttura del
Consilium e il suo statuto ( mai promulgato ufficialmente : p. 116). Il Velati conclude con il seguente giudizio: Il nuovo organismo ... svolse un ruolo
fondamentale nella trasformazione del cattolicesimo (p. 118). Per noi si tratta
di aggiornamento.
Il lungo contributo di Alberto Melloni (pp. 119-192) si intitola Lo spettatore influente. Riviste e informazione religiosa nella preparazione del Vaticano II (1959-1962) . Il saggio , reso possibile da un retroterra di collaborazione, inizia con dichiarazioni che sovvertono gli schemi di giudizio fin qui
espressi, dagli stessi circoli di indirizzo bolognese. Si giudica in effetti inconcludente la leadership degli organi preparatori e modesto il grado di sinergia fra papa e curia (p. 119). Una buona volta ci si dovra` decidere, pur
ammettendo che ancora le opinioni sono in fase abbastanza magmatica.
Consenzienti, invece, ci trova la valutazione, successiva, della necessita` di
una riflessione puntuale su un protagonista della preparazione conciliare (e non
solo, aggiungiamo noi) piu` influente di quanto si fosse percepito agli inizi, il
dibattito cioe` nellopinione pubblica, grazie ai giornali, alle riviste, che sono
veicolo di un serrato dibattito storico-teologico. Prima di passare allesame delle
conferenze , per cominciare, valga una critica per quanto riguarda La Civilta` Cattolica (p. 120, nota 2) che ben illustra il metodo , di parzialita`
grave, dello scrivere la storia del Melloni (e` lesegesi, eventualmente, del nonpubblicato, piuttosto che di cio` che si e` detto). Come al solito, vi e` in tale campo,
delle conferenze , deprezzamento della realta` italiana, e cio` indipendentemente dalla linea di chi vi prende parte, siano Bea, Frings, o altri ..., qualora ad
organizzare sia Siri. Anche quel grande, che fu Marella in Estremo Oriente, e`
visto come inserito perfettamente nella linea di pensiero tracciata da Siri
(p. 123, nota 9). Del Card. Bea ci sorprende comunque il giudizio sul suo
Segretariato come, in primo luogo, organo dei rapporti dei cattolici con gli
ortodossi (p. 124).
Si passa poi ai libri, cominciando da quello di Jedin. Chi lo considera
innocuo ? secondo il Melloni: p. 125 . Non staremo qui a citarli tutti,
ma solo rileviamo ancora la parzialita` consueta, che troviamo anche in seguito,
nella presentazione, pur esaustiva. Basti ad indicarla la sottolineatura della
pubblicazione in I pericoli del concilio , edito a Roma dalleditrice fascista
Il Borghese , delle conferenze stampa di Tardini e Felici, quasi ad indicare un
legame fra i due con M. Tedeschi, che ne e` lAutore (p. 131).
Lanalisi continua con le riviste dei movimenti, con particolare attenzione a
quelle ecumeniche, a cui seguono i periodici francofoni, anglofoni, di lingua
tedesca (con esagerazione a p. 163), romani, ispanofoni, lusofoni, e nelle lingue minori e nelle periferie delle chiese .
Termina la rassegna una conclusione: Il dibattito come scelta , nello
sviluppo di unattesa non indirizzata (si solidifica quindi l equivoco ecumenico: p. 189) che il bluff della creazione del Segretariato per la stampa non
risolve (p. 190).
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rispetto al concilio del primo periodo (p. 210) risulta acerba e prematura nella
formulazione, cos` come quella dinizio di p. 211. Intanto in nota (37) lA.
comincia a rendersi conto che a volte vi furono incontri senza verbalizzazione.
Lentrata in scena di Paolo VI e` congiunta dallAlberigo alla convinzione
maturata da Papa Giovanni della necessita` di far valere, il Vescovo di Roma, il
suo essere Presidente del Concilio in maximo iure suo. Infatti il nuovo Papa
decide di dare un organo di direzione piu` snello ... assieme ad un pacchetto
di modifiche del regolamento (p. 212). Nascono i Moderatori che lavorano
quasi esclusivamente durante i periodi di attivita` dellassemblea conciliare o
nella loro immediata vigilia , e cio` specifica e fa identificare il loro ruolo.
Emerge cos` dai fatti una distinzione di competenze . Ci sembra giusta, anche
se quanto segue non e` esatto. Alla sua maniera lA., infatti, definisce la Commissione di coordinamento piu` direttamente sensibile alle istanze della curia
romana , mentre il collegio dei Moderatori sarebbe espressione piu` diretta del
concilio (p. 213). E qui si inserisce la vicenda Dossetti che rivela lanimo
dellAlberigo stesso, di parte. Vi e` cos` qualcosa che sfuggiva al controllo
del Segretario Felici (p. 215). Ci sia permesso di dire che vedere la cosa in
termini di controllo gia` indirizza male la questione, che del resto appare in
tutta la sua complessita` da quanto, del Dossetti, (con il suo attivismo e protagonismo, e non facciamo un discorso morale: v. pp. 216, 226s, 231 e 237: legge
stralcio per dare applicazione immediata alla costituzione della liturgia ) lAlberigo pubblica in appendice (e di cio` niente e` stato inviato allArchivio del
Concilio Vaticano II, istituito da Paolo VI proprio per raccogliere era volonta` pontificia tutto il materiale proveniente dalle diverse Commissioni ed
Organismi conciliari). Obiettivamente non si poteva tollerare la riduzione a
tre dei quattro Moderatori, ne` lindipendenza nei confronti della Segreteria
generale, che appariva sempre solidale con gli orientamenti della fase preparatoria (e cio` e` da dimostrare) (p. 215). Da notare, infine, linterpretazione del
Dossetti, per il quale, scrive lAlberigo, e il caso e` singolarmente ghiotto :
p. 217 Paolo VI ... avrebbe approvato che vi fossero voti del concilio
impegnativi per le Commissioni su questioni gravissime (per es. diaconato;
sacramentalita` episcopale) . Tutti capiscono dove si vuole andare ... ma e`
certo, invece, che il Papa fece distruggere le schede preparate per chiedere il
parere sulle famose questioni proprio sul diaconato e sullepiscopato. Ma anche
sul ritiro spontaneo del Dossetti dal collegio dei Moderatori si potrebbe
chiosare. Egli rimane comunque sulla stessa rotta (p. 217, nota 49). La storia
dovrebbe restare storia, oltre il cuore. Daltra parte la soluzione circa la verbalizzazione o meno delle riunione dei Moderatori offerta alla fine dallAlberigo
puo` essere accettata. Ci furono riunioni verbalizzate da Dossetti e poi da Felici,
mentre quelle informali e ordinarie non lo furono, tranne prova in contrario.
Lindice dei nomi conclude il volume (pp. 241-250). Per gli errata segnaliamo E. Roberts, gia` vescovo di Bombay (p. 35, v. pure nota 13), fidels
(p. 36 nota 15), Ambrosi (p. 39, nota 20), Laghonat (p. 40, nota 21),
Kampela (ibid. e p. 65), Seckan (p. 45, nota 38), Reus (ibid. nota
39), Sheen, coadiutore (p. 48), Montreal (p. 49, nota 52), Mistici
88
(p. 52, nota 57), in Germania (p. 55), Amazzonias (p. 68, nota 114 e 71,
nota 125), la (p. 83, nota 16), Ou (p. 142, nota 94), an (p. 150, nota
26), tollerance (p. 165, nota 190), grands (p. 166, nota 193), Salamanticensis (p. 180), Criterion (pp. 182, 191 nota 309), Meja (ibid.), paroquea
(p. 183, nota 283), invence (p. 186, nota 289), Oestpolitik (p. 190, nota
306) di Roma (ibid.), parroissiales (p. 192, nota 309) Reformierte
(ibid.), Telogia (ibid.); a pagina 200, infine, si ripete una riga e a pagina
215 un con . Corrige: T. Roberts, Arciv. tit. di Sugdea, fideles, Locri-Ambrosi, Laghouat, Kampala, Seckau, Reuss, Sheen, ausiliare, Montreal, Mystici, in
Francia, Amazonias, la`, Ou`, and, tolerance, grandes, Salmanticensis, Criterio,
Mejia, paroquia, invece, Ostpolitik, a Roma, paroissiales, Reformierten e Teologia.
89
III
UNA STORIA
DEL CONCILIO VATICANO II
93
94
Daltronde, anche nei cenni di Giovanni XXIII non mancano oscillazioni (la
nota 89 di p. 56 e` peraltro fuori quadro). Comunque papa Giovanni non ha
alcuna esitazione nel caratterizzare il concilio prossimo in modo assolutamente
tradizionale (p. 58), libero e responsabile, e percio` effettivamente deliberante (ibid.; aggiungeremmo con lui ), non un concilio di cristianita`, ne` di
unione, di lotta o di contrapposizione e resistenza alla societa` moderna. Insomma, per lA. Papa Giovanni voleva un concilio di transizione epocale, un
concilio cioe` che facesse transitare la chiesa dallepoca posttridentina, e, in
una certa misura, dalla plurisecolare stagione costantiniana a una fase nuova
di testimonianza e di annuncio, con un recupero degli elementi forti e permanenti della tradizione, giudicati idonei ad alimentare e garantire la fedelta` evangelica di una transizione tanto ardua. In questa prospettiva il concilio assumeva
una importanza tutta speciale, ancora prima come evento che come sede di
elaborazione e di produzione di norme (p. 58). E` il pensiero di Papa Giovanni
o di Alberigo?
Anche la sottolineatura della visione del Concilio come una novella Pentecoste , pure cara al Roncalli, porta lA. a una conclusione che ci sembra
eccessivamente carismatica , e cioe`: il richiamo alla Pentecoste ... poneva
in primo piano lazione dello Spirito e non quella del Papa o della chiesa, come
gia` era stato per gli apostoli e i discepoli che si erano trovati ad essere oggetto
dellazione prepotente e travolgente dello Spirito (p. 59). [Eppure nel concilio
di Gerusalemme le decisioni sono attribuite allo Spirito Santo e a noi (cfr.
At 15, 28), in una formula che e` di sintesi e non contrapposizione]. Anche altre
affermazioni ci sembrano stonate, per es. sul rapporto tra il Concilio e Papa
Giovanni, determinato dalla sua convinzione profonda e irremovibile ... per
un balzo innanzi da un lato e, da un altro lato, dalla sordita` o almeno dalla
miopia iniziale di larga parte dellepiscopato anche aperto ed illuminato
convinto di colmare col concilio il ritardo della chiesa sui tempi moderni, ma
distratto e quasi disinteressato verso prospettive piu` ampie ... A cio` si aggiungeva lallergia istituzionale della curia romana verso il concilio, allergia che la
curia parve disposta a superare solo per preparare un concilio appendice del
Vaticano I e occasione di solenne approvazione dellonnipotente magistero pacelliano (ibid.). Ci risultano sfuocati, se non erronei, ancora giudizi circa laffidamento a Tardini della presidenza della Commissione antipreparatoria e su
un presunto atteggiamento di papa Giovanni di non lasciarsi coinvolgere in un
confronto dialettico con vari atti antepreparatori (p. 64), cos` come laccenno
a un itinerario pontificio di preparazione parallelo, nettamente differenziato (e
si aggiunge: tendenzialmente contraddittorio? ) a quello che faceva capo alla
Commissione Tardini. Lipotesi ermeneutica, poi, del Card. Lercaro circa una
solitudine istituzionale , destinata a caratterizzare lintero episcopato giovanneo, diviene convinzione per lAlberigo (v. p. 60). In un certo senso si potrebbe
allora affermare la stessa cosa di Paolo VI e in fondo di ogni Pontefice nellesercizio personale del Primato. Ma crediamo di intendere che cio` non e` quanto
lA. ci vuole dire.
E si passa allanalisi della costituzione della commissione antepreparatoria , rilevando, dentrata, che nel 1959 per quasi quattro mesi (26 gen-
95
naio-17 maggio) non si ha nessuna determinazione istituzionale relativa al concilio (p. 60), mentre successivamente (pp. 61s.), peraltro, si afferma che il
primo abbozzo di una commissione antepreparatoria risale gia` al 6 febbraio
1959. Esso fu redatto sulla falsariga di quanto si era fatto per la preparazione
del concilio Vaticano I .
Per questultima osservazione siamo sulla buona pista, (v. note 104 e 106 e
il farsi strada della simmetria degli argomenti con le aree di competenza delle
diverse Congregazioni curiali: p. 62, che dovrebbe riequilibrare i giudizi su Tardini di p. 64), quella cioe` del lavoro dei collaboratori dellanzidetto Cardinale.
Per l oscuro Uditore della Rota, P. Felici, nominato Segretario della citata
Commissione, laggettivo e` fuori posto, almeno per gli ambienti romani (e a
questo proposito abbiamo anche noi vivi ricordi e giudizi positivi del compianto
Prof. DErcole, che pur ebbe un ruolo nel varo della rivista Concilium ).
Per il nome del Sinodo, Vaticano II , lA. presume che la decisione sia
stata maturata autonomamente dal Papa, in linea sempre con i suoi punti di
vista, il cui impegno supremo avrebbe mirato piuttosto a concentrarsi sulla
salvaguardia della liberta` del concilio , pur non rinunciando ad indicare scopi
determinati allassemblea conciliare (p. 67).
Il fatto, poi, della decisione di scegliere Roma come sede diremmo
meglio il Vaticano poteva assicurare i romani sulla possibilita` di influire
agevolmente sul concilio (ibid.) ed era una sfida e impegno (p. 68) a coinvolgere nel rinnovamento conciliare anche il centro della chiesa cattolica:
sono punti di vista opinabili. Per quel che concerne la politica giovannea, lA.
vi coglie una novita` rispetto ai pontificati precedenti. La lotta al comunismo
infatti non egemonizza piu` il magistero papale; Giovanni non lo sottovaluta ma
lo relativizza (ibid., per la nota 119 vi sarebbero da fare dei distinguo, mentre
meglio va il testo al riguardo di p. 70). Giovanni mostra maggiore interesse per
i vari aspetti del problema della pace ... il suo orizzonte politico si fa mondiale
(p. 69). Noteremmo noi, peraltro, che egli, in precedenza, risente maggiormente
della sua origine italiana, (v. nota 122, pur equilibrata) come risulta da alcune
lettere pubblicate or non e` molto.
Infine per il ruolo di Mons. Lardone, destinato a divenire luomo di
fiducia del papa per avviare contatti con lUnione sovietica (p. 69), troviamo
eccesso di valutazione. Altres` manifestiamo riserva sulluso del termine preistoria del Vaticano II ad indicarne il primo semestre post-annuncio conciliare considerato dallA.
Nel II Capitolo E. Fouilloux analizza La fase antepreparatoria (19591960). Il lento avv` o delluscita dallinerzia (pp. 71-176), strutturato anzitutto
attorno a Vaticano II, un evento? (con dinizio la domanda se la convocazione del XXI concilio generale della chiesa cattolica sia legata al clima tipico
degli anni a cavallo tra il 1950 e il 1960, descritto a larghi tratti in quattro dense
pagine) e a una chiesa afflitta dal mal di concilio? (comprende la sopravvivenza di una tradizione conciliare? ). Non esatte ci appaiono le affermazioni
dinizio di p. 80 sulla non conoscenza, da parte di Papa Giovanni, dei propositi,
anteriori al suo, di un concilio e sullapparizione del concetto di magistero
96
ordinario, nel 1863, nonche sulla visione ecclesiologica che vi sottosta: il papa e`
lapice del cattolicesimo, una sorta di sovrano assoluto in materia dottrinale,
sottratto ad ogni forma di contro-potere , inoltre sul diffondersi della devozione alla persona del Pontefice, che e` invece cosa antica: v. pure p. 87, e circa la
tipologia conciliare del Vaticano II, con scadimento a riformismo new
look del termine aggiornamento : pp. 87s. Si analizza pure la chiesa cattolica alla fine degli anni 50 . Ivi si tratta, fra laltro, del modello romano ,
con considerazioni assai sfuocate e criticabili sul movimento di centralizzazione
a Roma, sui nunzi con funzioni religiose ufficiose, che ne fanno i veri capi di
un episcopato nominato a loro arbitrio e privo di coesione (p. 89, v. altres`
noti pregiudizi nei loro confronti a pp. 118 e 162), su una storia, a troppo larghe
pennellate, della Chiesa Romana prigioniera del complesso della fortezza della
verita` assediata (p. 90), sul concetto, anche nuovo, di cristianita`, tutto da
chiarire e specificare (pp. 91ss.), ma con carrellata integrativa e positiva, finale,
sui pontificati romani a partire da Pio X con i loro tentativi di riforma, non
trascurabili (pp. 94ss.) e un certo malessere [ complesso antiromano retrodatato, e caratterizzazioni e critiche eccessive su cattolicesimo e romanita`,
nonche descrizione di vari movimenti : cristologico, biblico, patristico, l` turg` co, catechetico, ecumenico, ecc.].
Si passa poi, finalmente, alle consultazioni romane , con cambiamento di
procedura, il 30 giugno: non piu` questionario completo, bens` una semplice
lettera, abbastanza generica, datata 18 giugno: Tale e` la volonta` di Giovanni XXIII (p. 107). Di rilievo sono le considerazioni dellA., perche alquanto
nuove in una certa tendenza storica conciliare che definiremmo anticuriale ,
circa le divergenze romane sul futuro concilio, sin dai primi passi della sua
preparazione (p. 110, v. anche pp. 144 e 168). Il che conferma un principio di
diversificazione allinterno della Curia, che sempre abbiamo rilevato, da tenere
presente al fine di evitare ogni generalizzazione indebita. La critica a Mons.
Carbone, pero` ( la sua opinione e` prossima allautocompiacimento : p. 111), a
questo punto, e` ingiustificata, come quella successiva sugli schemi concettuali impiegati nella tecnica di analisi delle risposte alla anzidetta lettera del
18 giugno.
Seguono Le risposte che non meritano ne un deprezzamento eccessivo,
ne una abusiva valorizzazione (ibid.). I primi sottotitoli sono: sul buon uso
dei vota (con presentazione un po speciale di quelli piu` interessanti per lA. e
richiamo alla loro catalogazione, discutibile, fra conformismo e originalita` , alla quale ultima va la simpatia del Fouilloux, fra canonici e pastorali ) e tre gruppi di risposte . E` una buona presentazione, piuttosto guidata
dal senno di poi. In effetti come si puo` pretendere una diversa griglia romana,
definita di tipo scolastico-canonico p. 155 , magari progressista ,
diciamo cos` , tendenza che non si rilevava, fra laltro, nemmeno maggioritaria,
nelle risposte, che risentono ancora del clima preconciliare? v. pp. 144s. .
Seguono altre piu` gravi critiche ed accuse di secondi fini e di mancanza di
neutralita`, di ordine non ... innocente nello spoglio delle risposte e nella
compilazione del relativo Analyticus Conspectus, che non e` eco fedele della
consultazione antepreparatoria pp. 152ss. . Che brutto, infine, e` quel
97
Poi vengono le persone divine o equiparati: Dio Padre (vi) dispone di sette
pagine, il Verbo incarnato di cinque e la Vergine Maria della somma dei due
precedenti, cioe` dodici pagine ... p. 155 . Fouilloux termina peraltro
ammettendo che si possono contestare tali criteri (romani di catalogazione),
ma non ... la serieta` ne la costanza con le quali sono stati messi in opera,
dallinizio alla fine di tale operazione (p. 156), pero` con ulteriore forte critica
della Sintesi finale sui consigli e suggerimenti degli ecc.mi vescovi e prelati di tutto
il mondo per il futuro concilio ecumenico p. 157 (apogeo del metodo deduttivo che riduce il complesso al semplice, leterogeneo allomogeneo, il pluralistico al maggioritario: cfr. p. 157), retta dai criteri del numero e della moderazione cfr. p. 158 , e da altri di tendenza conservatrice , pur non
avendo niente di univoco nella misura in cui sposa le grandi linee della consultazione, e anche qualcuna delle sue sfumature p. 160 . La conclusione
e` comunque la seguente: Non ci s` puo`, malgrado tutto, impedire di pensare
che essa (la Sintesi) le orienti secondo tre assi che la attraversano da parte a
parte. Lecclesiocentrismo ..., la sua ossessione difensiva ..., la sua preoccupazione, infine, di proteggere i fedeli, attraverso lerezione di un muro di parole e
di carta: costituzione dogmatica per la chiesa, summa sociale o raccolta dei
principali errori moderni (p. 160, v. pure p. 164).
LA. opta invece per una selezione secondo il contenuto e non per categoria
dinterlocutori e per continenti quella degli Acta et documenta , anche se
poi considerazioni geografiche appaiono ben evidenti pure in lui.
Si esaminano quindi I vota romani ( Tra indifferenza e diffidenza , con
giudizi pesanti anche sul sinodo romano , p. 146. Le risposte dei Prelati di
Curia, o di Superiori di Congregazioni religiose di spirito ultramontano e
delle Universita` romane o le proposte dei Dicasteri, non saranno analizzate qui,
ma successivamente e Dal disprezzo allinquadramento ), con lanalisi del
lavoro del Segretariato della Commissione antepreparatoria sui risultati della
consultazione (p. 123). La cosa non ci arride e mostra la parzialita`. Il materiale pervenuto a Roma dallinsieme della cattolicita` diocesi, universita` e
congregazioni religiose non romane (cosa vuol dire? V. altres` pp. 146s.)
abbiamo deciso di ripartirlo grossolanamente in tre grandi blocchi (p. 123),
spiega lA. quello in cui non si tengono molto in conto gli obiettivi
pontifici ( coronare quattro secoli dintransigenza ); e quelli degli impegnati
nella strada tracciata da Giovanni XXIII ( Verso il Vaticano II ), e, infine, di
coloro per i quali e` impossibile tale classificazione bipartita ( Contrasti e incertezze : si parla di posizioni innovatrici, ma diluite da una massa di risposte
timorose, perfino decisamente stupide, presenti in buon numero : p. 144). LA.
aggiunge che si vorra` considerare tale tipologia come provvisoria , ma la cosa
resta carica di conseguenze, mentre egli si attribuisce linterpretazione degli
obiettivi pontifici , compito piuttosto arduo (v. p. 163: gli apprezzamenti
di lode da parte di Giovanni XXIII su tali proposte non cessano dincuriosire ... deve ammettere il Fouilloux ) e soggetto ad interpretazioni personali, come si sa, oltre laspetto ecumenico, ben evidenziato dallA.
Si puo` parlare, poi, de la teologia romana di fronte al concilio (p. 147) al
singolare, tanto piu` che nel testo si evidenziano pure i contrasti e le differenze
98
99
della Curia Romana, degli studi teologici in Roma e tra orizzonti e desideri
papali (di non facile inquadramento, peraltro, stando poi alle valutazioni concrete del frutto dei lavori preparatori: v. pp. 368, 370 e 376) e quelli specialmente di alcune Commissioni. Vi risulta inoltre lerroneo concetto dellA. circa una
presunta delega papale per quanto riguarda la giurisdizione episcopale
(pp. 194 e 314), mentre anche prima del Concilio Vaticano II in casu non si
riteneva trattarsi di potestas delegata.
La ricerca ha le seguenti scansioni: lorganizzazione del lavoro preparatorio (generale, interna, distribuzione dei ruoli, il segreto, lassenza dei laici,
preparare un concilio pastorale ); la riforma della pratica pastorale (con
esame del lavoro delle varie Commissioni e relativa critica alle loro posizioni,
con la costante, per lA., della mancanza o della scarsa attenzione ai problemi
moderni , definiti quasi esclusivamente in modo da difendere il deposito della
fede contro gli errori); la commissione teologica preparatoria (i membri, le
competenze e gli argomenti, il metodo, i testi del Segretariato per lUnita` dei
Cristiani, dottrina e dialogo, la Parola di Dio, la Chiesa); la revisione e lemendamento dei testi preparatori (la loro discussione in Commissione centrale, la sottocommissione per gli emendamenti e relativo impegno su schemi importanti); la presenza ecumenica al concilio (stabilire il principio, estendere
gli inviti, fissare le regole con inesatta valutazione di una novita`, che novita`
non era , preparazione del regolamento); la data, la durata ( il papa desiderava che il concilio iniziasse nellottobre 1962 e si concludesse, se possibile,
prima della fine dellanno : p. 360) e lagenda del concilio determinandone
anche un piano e papa Giovanni e la preparazione del concilio .
Le ultime pagine del Capitolo, specialmente, non mancano di spunti critici
che suscitano la nostra adesione o, per lo piu`, discostamento. Trattasi, nel primo
caso, della proposizione di una questione fondamentale ( il rapporto cioe` tra
Papa Giovanni e il processo preparatorio conciliare : p. 373), non sempre affrontata in antecedenza, con tale chiarezza, e che troviamo ben condensata ed
equamente affrontata, anche se il problema rimane, quello cioe` di come mettere
insieme desideri e intuizione papali con la soddisfazione che egli manifestava
circa le realizzazioni effettive a lui sottoposte (v. p. 374ss.), o con situazioni
concrete (circa il latino, per es.: v. p. 379) o silenzi per carenza e tensione
(ecumenica, con gli ortodossi, o biblica. In realta` papa Giovanni sembra
turbato dai recenti sviluppi degli studi biblici cattolici : p. 378). Giudicava le
realizzazioni allaltezza o confidava nel Concilio? Il nostro discostamento si
riferisce ad alcune accuse a Mons. Felici (p. 368), alla presentazione al Papa
di testi preparatori come un fait accompli (p. 370), alla valutazione (eccessiva)
dellinflusso di un intervento del Card. Leger presso Giovanni XXIII (p. 373) e
al giudizio finale secondo il quale i Vescovi del Vaticano II per dimostrarsi
coerenti con la visione del papa (ma chi ne e` interprete?) ritennero necessario
ripudiare tanta parte del lavoro fatto per prepararlo (p. 379).
J. Oscar Beozzo affronta poi, nel IV Capitolo ( Il clima esterno : pp. 381428) il tema dei mass media in relazione al Concilio. Non vi risulta pero` almeno
la problematica dellinflusso e condizionamento dei mezzi di comunicazione
100
sociale sui Padri. LA. analizza linformazione pubblica sul lavoro preparatorio
(attesa di informazione, lufficio stampa della Commissione centrale, iniziative
spontanee), linformazione e i dibattiti spontanei (gli informatori religiosi , il
dibattito teologico e le riviste, il circuito librario), la preparazione del Concilio
da parte degli episcopati, la vita ordinaria della Chiesa (il nuovo stile di Giovanni XXIII, con visione piuttosto idilliaca, ripresa dallAlberigo cfr.
p. 405 , le tensioni nel governo ordinario, il collegio cardinalizio e le nomine
episcopali, il sinodo romano, con giudizi non sempre calibrati il congresso
eucaristico mondiale di Monaco, lassemblea del Consiglio Ecumenico delle
Chiese a New Delhi) e gli echi in altre aree religiose ed ideologiche (latteggiamento del mondo musulmano, i cattolici davanti ad esso, latteggiamento del
mondo ebraico, Giovanni XXIII e gli ebrei, le iniziative di Jules Isaac, lorizzonte politico del dibattito, latteggiamento dellarcipelago marxista, vescovi ed
osservatori dellEst a tale riguardo si puo` parlare pero` di un considerevole
quanto inatteso successo ?: p. 427 e gli osservatori russi).
Il Capitolo V del volume, Alla vigilia del concilio (pp. 429-517), e` affidato alla penna di Klaus Wittstadt. Vi si esaminano anzitutto i primi sette
schemi (essi sono descritti e giudicati piu` o meno sbrigativamente, anche con
osservazioni che destano in noi forti riserve, gia` evidenziate per affermazioni
analoghe di altri Aa.) e la reazione piuttosto distillata (attraverso spazi
preferenziali) dellEpiscopato, con illustrazione iniziale dellatteggiamento generale dattesa in vari Paesi nei tre mesi precedenti il Sinodo.
Segue lanalisi di Giovanni XXIII durante limmediata vigilia del concilio [ma si puo` dire che il ... Vaticano II e` il concilio di Giovanni XXIII ?
p. 451. Su altri punti successivi dissentiamo pure, con particolare riguardo
a quelli illustrati alle pp. 452, 456s., 461 per la relazione Regno di Dio-Chiesa
si cita proprio un passo, contrario allasserto, di Papa Roncalli! E che dire
dellaccostamento Francesco dAssisi-Giovanni XXIII riformatori entrambi,
luno della Chiesa del Medioevo e laltro di quella contemporanea?: p. 466 e
471]. Si disserta, poi, della preparazione spirituale e organizzativa, della nomina
dei periti, della struttura dellinformazione e dellorientamento della stampa,
dellaula conciliare e dei suoi servizi e dellarrivo dei padri a Roma.
Nel brevissimo Capitolo VI, Preparazione per quale concilio? (pp. 519526), Alberigo cos` conclude: La preparazione del Vaticano II e` stata lussureggiante. Essa non solo e` durata piu` della celebrazione del concilio stesso, ma
ha avuto caratteristiche istituzionali molto rilevanti. Il papa ne e` stato il supremo moderatore, la curia romana la protagonista, lepiscopato e i teologi soprattutto europei vi sono stati considerevolmente coinvolti. A fronte di questi
dati sta il rifiuto drastico della grande maggioranza dei padri conciliari e dei
loro collaboratori di riconoscersi nelle risposte uscite dalla preparazione stessa
(p. 519). Successivamente lA. menziona i nodi per lui problematici di interpretazione nell intenzione primigenia di Papa Giovanni (dellansia di ricomposizione dellunita` dei cristiani), della lunghezza della preparazione, del mistero,
diciamo cos` , di risposte non significative alla consultazione preconciliare ( una
pletora di testi quasi tutti di basso profilo, ispirati da unattitudine difensiva e
101
preoccupati di cristallizzare la condizione degli anni 50 del cattolicesimo romano : p. 520), del comportamento timido ed impacciato di alcuni personaggi
che solo dodici mesi piu` tardi avrebbero svolto un ruolo determinante nellevoluzione conciliare (p. 522). Riassumendo lapporto degli anni 1959-1962
Alberigo afferma, giustamente: La prospettiva storica sia pure breve, consente
di superare le valutazioni manichee, che vorrebbero demonizzare la perversita`
della preparazione del Vaticano II o, al contrario, esaltarla come il momento
sano dellintera vicenda conciliare (ibid.). Cio` non scalfisce le nostre riserve
sulle successive considerazioni conclusive che si riferiscono soprattutto al filtro
selettivo della struttura preparatoria di proposte al concilio in forme farraginose e estranee allo spirito giovanneo della ricerca dellaggiornamento
(p. 523), all egemonia , sia pure incrinata dalle gelosie dei diversi atenei
pontifici , della teologia romana e curiale (ibid.), allinflusso (giudizio eccessivo) su Papa Roncalli del Card. Bea (p. 524), al parallelismo CommissioniCongregazioni romane, allo iato, non solo di sensibilita` ma di coscienza e di
modo di percepire il significato della fede, tra i gruppi che avevano la responsabilita` ecclesiastica centrale e la grande maggioranza dei fedeli (p. 525), ai
limiti e alle deficienze della preparazione che hanno condizionato gli stessi
risultati del concilio molto di piu` di quanto non si potesse sospettare (ibid.),
alle valutazioni sulle tensioni (si parla di conflitto vistosamente esploso , di
dialettica storica tra papa e concilio trasformatasi in una complessa e talora
inestricabile dialettica a tre ) fra Curia, tout court, e assemblea conciliare (ibid.)
in cui entra la pressione esercitata dallopinione pubblica (p. 526) e
specialmente alla visione finale sociologica . Da tale punto di vista la preparazione appare concentrata nelle mani di un gruppo proporzionalmente ristretto, composto esclusivamente da maschi, celibatari, di eta` media piuttosto
elevata e di cultura europea. Questa composizione, ancorche percorsa da tensioni dialettiche, ha favorito una forte impermeabilita` rispetto alla situazione
sociale generale (ibid.).
Il volume si chiude con gli indici, dei nomi, tematico e sommario
(pp. 527-549).
11. Per la storia del Concilio Vaticano II (primo periodo e prima intersessione)
Riflessioni su una storia
Della Storia del Concilio Vaticano II diretta da Giuseppe Alberigo (Peeters-il Mulino), il cui primo volume fu da noi presentato, lo scorso anno,
(v. Apol. LXIX - 1996 - pp. 305-317),* e` pubblicato il secondo (Bologna,
1996, pp. 464). Ne e` sottotitolo La formazione della coscienza conciliare .
* V., in questo volume, pp. 93-102.
102
Nella breve premessa, lAlberigo ha cura di rilevare il profondo adeguamento dei criteri storiografici di ricostruzione, e letterari di esposizione, rispetto
a quelli usati nel volume dedicato alla preparazione conciliare. Finalmente
egli scrive si e` ritenuto di privilegiare leffettivo dipanarsi dellesperienza
assembleare, anche nelle sue innegabili tortuosita`, rispetto a una ricostruzione
tematica, sicuramente piu` lineare, ma anche meno rispettosa della concretezza
dellevento (p. 11). E` una scelta che ha i suoi vantaggi.
Per quanto riguarda le fonti, in fretta si fa il punto della situazione, da cui a
noi risulta ancora una volta che il cammino storico di una tale ampiezza e
pretesa e` stato intrapreso prematuramente (v. p. 104, per es.). Forse si era
pensato al detto latinoamericano se hace camino al andar ( la strada si fa
camminando ), ma ce` chi non vede lapplicabilita` al caso concreto. Gli inediti
comunque, nel nuovo volume, non mancano, specialmente quelli che si riferiscono alle Agende di Giovanni XXIII, spulciate peraltro ad usum delphini.
Anche le fonti ufficiali non sembrano in genere ben digerite (i tomi sono
molti, del resto), limitandosi qualcuno dei collaboratori a citazioni generali o a
qualche osservazione di dettaglio o di critica. Che peraltro si cominci ad andare
oltre la cronaca (v. p. 12) lo concediamo ben volentieri allAlberigo.
Dopo la lista della abbreviazioni e delle fonti, il I capitolo, opera di
A. Riccardi, porta il titolo La tumultuosa apertura dei lavori (pp. 21-86).
Ci sembra eccessivo tale aggettivo, che potrebbe essere sostituito semmai da
sorprendente , ma esso e` indice gia` di quella certa qual drammatizzazione
(si parla di contraddizioni e confusioni, ecc.) degli avvenimenti che caratterizza
tutto il volume.
A Roma il clima e` di incertezza (p. 22), anche se non manca chi, e si
fanno i nomi di Confalonieri e Cicognani, lasciando aperto lo spiraglio per altri
cardinali di Curia, ha mostrato di assecondare levento conciliare voluto da
Giovanni XXIII (v. p. 23). Lasserzione e` importante perche conferma quanto
da noi sostenuto fin dallinizio, contro venti e maree, la necessita` cioe` di non
considerare la Curia come una realta` monolitica. Bisognava quindi diversificare.
Fuori Roma, invece, prevale la preoccupazione, anzi il pessimismo, sul materiale che deve andare al giudizio dei vescovi (ibid.), ma in questo lA. considera
piuttosto lopinione dei teologi. In tale contesto, peraltro, si attribuisce a Chenu,
noto per il suo interesse e la sua simpatia per il mondo, diciamo cos` , lipotesi
di un messaggio del Concilio allumanita`. A dire il vero da altra fonte (Garrone)
sappiamo che il progetto era gia` in cantiere (v. p. 71ss.), ed e` segno della difficolta` di attribuzione che si presenta allo storico, leggendo i Diari conciliari ,
specialmente quando si cavalca un cavallo vincente .
Anche la formula lapidaria grande attesa, grande impreparazione, poca
esperienza (p. 24) dovrebbe essere spiegata, perche mai concilio ecumenico
ebbe, per esempio, una preparazione cos` lunga. Poca esperienza? E` lapalissiano
per i partecipanti ad un concilio.
Seguono alcune considerazioni pertinenti, invece, circa il luogo di realizzazione del grande Sinodo, con giuste osservazioni sul posto dei Patriarchi,
e quanto vi e` di implicito dal punto di vista anche ecumenico la sua
103
104
105
zionati, alla seguente conclusione, che dovrebbe essere piu` sfumata: il papa
non intendeva governare il concilio ne tramite la curia o gli organi conciliari, ne
direttamente. La sua presenza a fianco dei lavori conciliari sarebbe stata discreta. Utilizzando parcamente i suoi poteri ... (p. 69, v. anche p. 85: Il papa non
ha intenzione di fungere da regista della meccanica conciliare , per il noto suo
programma di vita: lasciar fare, dar da fare, far fare : pp. 86s.).
Seguono i messaggi, programmi e piani , con buona caratterizzazione
delle posizioni piuttosto divergenti di Bea e Montini, anche se per questultimo non condividiamo la troppo stringente conclusione, circa la direzione :
manca un progetto per il concilio ed una direzione che lo metta in pratica
(p. 75). LA. prosegue sullo stesso registro: la direzione del concilio nella
visione di papa Giovanni non e` molto ben definita (ibid.) eppure e` evidente
il ruolo appunto straordinario del Segretariato extra ordinem, presieduto dal
Cardinale Segretario di Stato, che rappresentava immediatamente la volonta`
del papa sia per il suo ufficio sia per laccesso costante che egli aveva con il
pontefice (p. 77).
Vi sono inoltre i partiti romani (che noi definiremmo, meglio, tendenze o
correnti) ben modellati attorno ad Ottaviani-Browne (a cui si devono aggiungere Ruffini e Siri, e con diversa frequenza Pizzardo, Marella e Aloisi Masella) e a Cicognani-(con lui Giovanni XXIII si intende sempre assai bene )
Confalonieri, su posizioni mediane, equilibrate e moderate. Ma a guardare bene
anche allinterno di quel partito romano di Ottaviani quante diversita` di
pensiero e di strategia (a blocco o no, per es.) esistono! (v. p. 80s.).
Continuando con lanalisi della direzione (guida e orientamenti del concilio), il Riccardi riporta il giudizio del Card. Urbani per cui la presidenza e`
impreparata (p. 81). Non saremmo di questo avviso, perche non trattasi di
preparazione o meno, ci sembra, per una cosa del tutto nuova, a cui in verita`
non ci si poteva rendere atti. Anche quanto egli afferma sulla Segreteria generale lo troviamo eccessivo. E a conferma viene del resto il giudizio di Giovanni XXIII (ibid.), pure se emerge il ruolo (per la fiducia papale) del Segretariato
extra ordinem, nei cui lavori rifluisce lesigenza di dare un piano armonico al
Vaticano II (p. 83), anche se in esso possono delinearsi due blocchi (p. 85).
Lavvio dellassemblea (pp. 87-127) e` materia del II capitolo, affidato a
Gerald Fogarty, la cui scansione iniziale concerne i primi contatti tra i
vescovi e tra i teologi , con vari sottotitoli, e cioe`: le inquietudini iniziali (con
reazioni piu` o meno negative), i gravamina dei teologi, le osservazioni di
K. Rahner (con richiesta ai Padri di sostituire lo schema preparato sulle fonti
della rivelazione), le animadversiones di Schillebeeckx, i contatti tra vescovi (con
loro evoluzione , parimenti ai teologi, e giudizi particolari su personaggi statunitensi), gli incontri paraconciliari (con un fronte del rifiuto , riguardo ai 4 schemi dogmatici, non compatto, con iniziative tedesche e franco-tedesche: per la prima volta si trova riunito il gruppo pensante dellepiscopato
centro-europeo p. 100 ; i francesi sono su una linea piu` morbida , in
genere, ibid., nota 47 con allineamento sulla tattica vincente SuenensPhilips, che non inseguira` progetti alternativi, ma un riaggiustamento dello
106
schema teologico accettabile da tutti , coinvolgendo il teologo del Card. Montini, Carlo Colombo p. 102 e anche pp. 105s. ) e gli schemi alternativi
(proposta tedesca e un proemio globale del Congar). Non ci addentriamo,
questa volta, nellesame dettagliato, considerata la presentazione piuttosto
narrativa dellA. In ogni caso troviamo ancora quella drammatizzazione di
cui parlammo sopra, basti pensare alla collaborazione tra vescovi e teologi (che) permise di strappare con la forza il concilio al controllo di Ottaviani (p. 104) e un uso disinvolto di aggettivi e di un linguaggio che
sembra escludere conservatori e curia dal Concilio stesso (v. p. 113, mentre i teologi vi sono inclusi p. 127: i vescovi e i teologi ... allorche assunsero il controllo del concilio ... ). E poi abbiamo visto che la Curia non e`
monolitica e sarebbe tempo di terminare luso di genericita`.
La seconda grande scansione di questo capitolo riguarda la crisi dei missili
a Cuba: una iniziativa papale per il mondo . Diciamo subito che lA. qui ci
appare piu` felice che nella prima parte della sua ricerca, (anche perche tiene
conto spassionatamente della problematicita` di ricostruire linserimento
nei fatti della azione del Pontefice (v. note 83 e 84, p. 115, e ancora
pp. 119s., 121 nota 103, 122 la montagna partorisce un topolino, per le
relazioni bilaterali e 125).
Lultima scansione infine concerne la salute del papa che avrebbe messo in ombra il trionfo della sua visione in seno al concilio (p. 125). Non
diremmo proprio! Del resto di quel disturbo gastrico (gastropatia o gastrite,
come la definisce il Papa stesso) egli non conosce veramente la natura. Cade
quindi lattestazione di Zizola (di cui alla nota 117, p. 126) e superficiale si rivela
lipotesi che linvocazione del Papa alla Vergine Madre, del 5 dicembre 1962, sia
stato un gesto di pacificazione nei confronti di Ottaviani, il cui schema (ma e`
suo?) su Maria ... era stato recentemente bocciato (p. 126).
Il capitolo III e` opera di Mathijs Lamberigts e si riferisce al dibattito sulla
liturgia (pp. 129-192). Notiamo anzitutto i molti sembra nel procedere
dellA. che indicano come sia necessario ancora il maturare storico dellargomento, oltre la cronaca, anche perche le fonti non possono essere cos` facilmente assimilate (v. un chiaro esempio a p. 168, I par. e successivo richiamo,
monco, di p. 181). Lamberigts segue molto, comunque forse troppo pedissequamente, due piste, quelle cioe` del Jenny (dal relativo Fondo), e dellarcivescovo
Hallinan, (proposta dal volume di T.J. Shelley), che risulta avere il pallino dei
regolamenti interni con conseguente preponderante prospettiva statunitense.
Egli trae anche qua e la` false conclusioni dalle sue premesse.
Laggettivazione e il linguaggio utilizzato, poi, risultano altamente impropri, mentre appare altres` cosa unica in tutto il volume qualche imprecisione nei nomi e negli incarichi dei Padri conciliari, con alcuni errata. Circa il
metodo, lA. sceglie invece, comprensibilmente, di presentare il pensiero degli
interventi piu` qualificati di chi si contrappone, sul terreno della lingua latina (o
volgare), della concelebrazione e della comunione sotto le due specie, delladattamento, del potere dei vescovi (e delle Conferenze episcopali) nella riforma
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ni XXIII, che ag` come grande catalizzatore dei pochi vescovi rinnovatori e
seppe entusiasmare il popolo di Dio e lopinione mondiale con il suo progetto,
il quale, a sua volta, in questa simpatia universale suscitata dalla sua persona e
dal suo concilio trovo` la forza morale per vincere lopposizione che dominava
nella curia allidea di un concilio rinnovatore (pp. l94s.). Ecco fatto. Tutto e`
chiaro. E tuttavia ci sembra troppo semplice per essere vero, anche perche la
parola chiave del Pontefice era l aggiornamento e cio` implica mediazione tra
antico e odierno.
Il capitolo V (pp. 258-293), di Giuseppe Ruggieri, tratta de Il primo conflitto dotrinale , partendo da uno schema contestato , oggetto di un dibattito tuttora aperto in seno alla stessa teologia cattolica , che verteva sul rapporto tra la rivelazione orale la predicazione del Cristo e la sua successiva
trasmissione (tradizione), da un lato, e il Nuovo Testamento dallaltro, coinvolgendo la stessa funzione del magistero ecclesiastico (p. 259). Pur nella esagerazione dellespressione e nella semplificazione delle cose, varra` riportare qui il
pensiero dellA. sulla discussione dello schema circa le Fonti della rivelazione
(dal 14 novembre allotto dicembre), perche esso contiene unanima, anche se
piccola, di verita`. La discussione costituisce cioe` il momento in cui si consuma
una svolta decisiva per il futuro del concilio e, conseguentemente, della stessa
chiesa cattolica: dalla chiesa pacelliana, ancora sostanzialmente nemica della
modernita`, erede ultima in questo della chiesa della restaurazione ottocentesca,
ad una chiesa amica degli uomini tutti, anche se figli della societa` moderna,
della sua cultura e della sua storia (ibid.) Qui continua il Ruggieri il
concilio si approprio` di se stesso, della sua natura e del suo scopo, entrando in
sintonia con le intenzioni di Giovanni XXIII, una sintonia che in qualche modo
era stata impedita dal lavoro delle commissioni preparatorie, soprattutto di
quella teologica . Su questultimo punto, come su qualche altra enfatizzazione
precedente, dissentiamo, anche se gia` lA. sente il bisogno di dire in qualche
modo (ibid.). Piu` avanti si parla di strategia curiale tout court, (per quanto
riguarda la elezione delle Commissioni) che ci fa ripetere, fino allesaurimento,
di distinguere e non inclinare verso responsabilita` collettive , cosa sempre
delicatissima. La storia ce lo insegna. Anche quel bisogno dei vescovi di andare a scuola (p. 260) e il riferimento al testo-base che parlava di inerranza di
ogni singola affermazione sia religiosa che profana (nella Scrittura, p. 261) ci
sembrano superficiali. Cominciarono intanto a circolare testi alternativi, e lA.
formula anche affermazioni gravi (per es.: gli schemi della commissione dottrinale si ponevano al di fuori della chiesa del proprio tempo : p. 264 nota 10).
Con un titolo ad effetto, Vigilia di lotta , ( ci saranno aspre battaglie :
p. 272) egli illustra quindi le discussioni che si accendono attorno allo schema
proposto e le posizioni che si delineano (respingerlo, o integrarlo, fondamentalmente, dopo magari discussione e voto orientativo, peraltro cosa lasciata alla
discrezione del Consiglio di presidenza).
Dibattendo sul De Fontibus si delinea la scelta conciliare per la pastoralita`
della dottrina (p. 276, v. ancora p. 293). LA. la presenta in maniera utile
e abbastanza completa, aggiungendovi anche la dimensione ecumenica
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(p. 285ss., con ottimo riferimento al metodo ecumenico del Congar: p. 286) e
accennando al concilio dei teologi , che per noi non esiste (p. 282). Il papa
annota sobriamente: e` prevedibile laprirsi di qualche contrasto ... Che il Signore ci assista e ci riunisca . Ammirabile considerazione, degna di essere fonte
di ogni analisi conciliare ed ecclesiale.
A qualche confusione si prestano poi alcune affermazioni di p. 290, circa
lapprovazione papale degli schemi preparatori, che si riferisce certo al suo nihil
obstat per la discussione in aula, ma che in qualche caso era accompagnata da
considerazioni di valore , ma cio` lasciava di certo ugualmente liberta` di posizione ai vescovi, sia pure tenendo presente la cosa. Giustamente, a proposito
del delinearsi di una certa impasse, lA. mette in rilievo il ruolo del Card.
Cicognani, anche se riconosce che e` impossibile ricostruire, allo stato attuale
delle nostre conoscenze, il modo esatto in cui alcuni personaggi influirono sulla
decisione di Giovanni XXIII (p. 291). E anche questo e` indicativo, pur non
essendo fedele poi il Ruggieri a tale dichiarazione (v. nota 91, p. 292, il cui
tenore circa il Card. Cicognani contrasta anche con quanto detto due pagine
prima). Si inviava comunque il documento a una Commissione mista, soluzione
che poteva dirsi salomonica.
Una pausa: i mezzi di comunicazione sociale (pp. 295-308) e` il titolo del
corto VI capitolo, affidato al gia` citato M. Lamberigts. Allinizio egli riassume
brevemente lo schema e ne riferisce la presentazione e la discussione in aula,
dove globalmente ... ricevette unaccoglienza positiva (p. 300). Dopo la sua
accettazione, almeno nei suoi aspetti essenziali (p. 307), vi fu la rielaborazione in Commissione. In conclusione nota lA. esso ricevette lo stesso
spigoloso trattamento che sub` la stampa (p. 308). Il giudizio sembra a noi
eccessivo anche perche ribadito, successivamente, dal seguente: Il dibattito
stesso non ricevette molta attenzione: probabilmente questo era il risultato delle
relazioni con la stampa (ibid.).
Il capitolo VII (pp. 309-383), ancora del Ruggieri, e` cos` intitolato: Il
difficile abbandono dellecclesiologia controversista . Nel complesso si tratta
di un buon lavoro, anche se non centrato . La nota iniziale Auctoritas ante
omnia et super omnia ne indica la musica, attorno al tema ecclesiologico, con
alcune varianti di contrapposizione che sono presentate fin dallinizio. Peraltro
gia` il 18 ottobre il teologo Philips attesta di essere stato incaricato dal Card.
Suenens di riprendere, completare e migliorare (p. 310) lo schema De ecclesia. Egli incarnava, infatti, nella sua persona una sorte di via media. La scelta
decisiva era quindi compiuta, anche perche il noto teologo comincia a tessere la
sua tela, stabilendo rapporti preziosi per adunare a consenso.
A questo punto lA. illustra il testo primitivo dello schema, nei suoi vari
capitoli, facendo altres` qualche commento non sempre felice (per es. a proposito della potesta` ordinaria, che invece puo` essere propria o vicaria: p. 316), a
cui segue lillustrazione del diverso apportato dal Philips, il quale si mostra abilissimo nella tattica pure con qualche commento (pp. 325ss.).
Trattasi di work in progress, con tre successive stesure, il suo carattere e`
meno giuridico e piu` coerente, con un linguaggio piu` ecumenico e legato alla
110
Scrittura per quanto concerne la collegialita` e quindi puo` apparire piu` facilmente fattibile a ciascuno (v. p. 326). E il Ruggieri si industria a caratterizzarle quelle stesure. In ogni caso il Philips non offre uno schema alternativo e
cio` fara` la sua fortuna ma un nucleo capace di agglutinare il resto (p. 332).
Invece lontane dalla sottile tattica di Philips erano ... le osservazioni elaborate
da Schillebeeckx e Rahner , con lui aveva collaborato Semmelroth (ibid.)
che lA. passa ad illustrare (pp. 332ss.), anche nelle proposizioni alternative. Era
comunque loro obiettivo comune leliminazione dello schema preparatorio, ma
non riusciranno nellintento. A questo riguardo non risulta obiettivo il richiamo
alla Nota praevia come ad un qualcosa che il progetto Philips avrebbe permesso
(p. 343). Invece essa si rese necessaria, nonostante limpegno del citato teologo,
anche se proprio lui la defin` non in contraddizione con lo schema stesso. E fu
imprescindibile per creare il vastissimo consenso che si voleva.
Facendo eco allArcivescovo Edelby, vi e` poi la giornata melchita
(p. 345), considerando chi per essa elabora una strategia forte circa lo schema sulle Chiese Orientali. In tale occasione, pur non richiedendo la sua bocciatura, ma distanziandosi ... fortemente dalle altre chiese uniati, lepiscopato
melkita si poneva piu` come rappresentante della chiesa ortodossa allinterno
della chiesa cattolica, che come espressione di essa nei confronti dellortodossia (p. 346). Eppure il ragionamento dellArcivescovo Tawil (p. 347) non e` del
tutto esatto. Non mancano, a questo riguardo, le esagerazioni (v. per es. pp. 348
e 354; i melkiti, infatti, non erano tristemente soli , perche proprio essi si
impegnarono a non far bocciare lo schema), anche se bisogna riconoscere che
la posizione di forza del Card. Cicognani, in difesa del testo, faceva indietreggiare piu` duno (lo stesso Bea: p. 353; peraltro non si deve parlare di visione
bassa dello schema). Tale testo e` poi descritto piu` che altro attraverso la
critica melkita (e` errata comunque la conclusione della nota 64, p. 349, e, lo
diciamo en passant, la didascalia di una delle foto inserite a questo punto del
volume, in cui erroneamente ci si riferisce all arrivo di un osservatore accompagnato da J. Willebrands e P. Duprey , mentre si tratta del Metropolita
Nikodim).
Siamo a il futuro del concilio (p. 354), che inizia con alcune considerazioni piuttosto fiacche (p. 355) e prosegue nellanalisi della vasta gamma delle
posizioni sullo schema teologico, con presentazioni delle opinioni piu` qualificanti (Ottaviani, Gagnebet, gli episcopati di Germania ed Austria, Montini, Siri,
Florit, Carli, Ruffini, Bueno y Monreal, Konig, Alfrink, Dopfner, Volk, Frings
con il discorso forse piu` incisivo, dal punto di vista critico : p. 361 ,
Maximos IV e gli Orientali questa volta abbastanza compatti : p. 361 ,
Bea, Lercaro, con il suo unico tema di tutto il Vaticano II: la chiesa dei
poveri , un sasso gettato nello stagno : pp. 371s. , ecc.). LA. conclude:
In questi giorni infatti il concilio, piu` che ad una determinata dottrina della
chiesa, pensa al proprio futuro (p. 366) e questo appariva incerto , anche se
alcune decisioni di fine novembre del Segretariato per gli Affari straordinari
diedero il via a scelte rassicuranti e di importanza. A conferma poi di un indirizzo positivo e creativo di unita` vengono i discorsi dei Card. Suenens e
Montini dinizio dicembre (v. p. 369s. Per il Ruggieri, in questultimo caso, si
111
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rispetto delle persone. E ancora prevale uno spirito, per principio, diremmo,
anticuriale, senza giuste sfumature, revisioni e valutazioni. Dispiace per amore
alla storia, non necessariamente alla Curia.
Si comincia con Incertezze e confusione (p. 385), dellinizio della intersessione , circa, rispettivamente, il come andranno le cose in fatto di schemi e
una confusione a cui noi faremmo precedere almeno il qualificativo limitativo certa , relativa , per la sovrapposizione di progetti di testo (p. 387).
Del resto il Card. Cicognani dichiara, a partire proprio dalla I sessione della
Commissione di coordinamento, che bisogna escludere la sostituzione dei
nuovi schemi al materiale che e` stato preparato ed emendato con tanta cura
nella fase preparatoria, restando salva la possibilita` di introdurvi delle modifiche (ibid., v. anche pp. 401, 407s., 428 e 549). A lui fa eco il Card. Confalonieri
a cui si associa lo stesso Suenens, che assicura lutilizzazione, nel nuovo De
Ecclesia, del 60% dei materiali dello schema preparatorio portante lo stesso
nome (v. p. 388).
Laltra scansione del capitolo riguarda proprio la commissione di coordinamento , messa in atto in vista di una seconda preparazione del concilio
(pp. 391ss.), e che ha autorita` sulle Commissioni conciliari per la revisione degli
schemi. Si esaminano qui norme, direttive ed ordine del giorno (p. 392), e si
presentano altres` i 20 progetti di testo (poi 17, su proposta del Card. Urbani, al
quale si riferisce la nota 44 di p. 408, ma che devessere completata da quella 140
di p. 373 del capitolo affidato al Ruggieri) scelti fra i 70 iniziali (alcuni sono stati
pero` raggruppati ). Seguono la carta della commissione di coordinamento ,
lispirazione di Giovanni XXIII , la composizione della supercommissione e la ripartizione dei compiti (con riduzione, ingiustificata dai fatti, del
ruolo del Card. Spellman, definito marginale , per laffidamento a lui di un
testo minore . Ma cos` minore proprio non e`, poiche non si tratta solo di
castita` , come rileva il Grootaers ma anche di verginita`, matrimonio e
famiglia ), i legami con lambiente curiale e lazione degli avversari della
seconda preparazione (aggiungeremmo: come e` intesa dallA. ), con rinnovato attacco ai Dicasteri della Curia romana e al Cardinale Segretario di Stato,
nonche a Confalonieri. Non si tratta invece di Commissioni conciliari o di
coordinamento legate (o infeudate : p. 465, o sotto lautorita` : p. 526, o
sotto tutela : pp. 551s.) ai Dicasteri romani, bens` corrispondenti agli oggetti di loro competenza, sia detto una volta per tutte. Degli avversari e` poi
studiata lazione, sul piano della procedura, con manifestazione, forse, di qualche debolezza o miseria umana anche se, per es., nel caso di Ottaviani e
Tromp, questultimo affermi, in casu, che entrambi non erano stati invitati a
quella famosa riunione , e cio` giustificherebbe una loro assenza, interpretata
invece dal Grootaers come rappresaglia (v. anche pp. 411 e 451) . Lanalisi
continua con lo studio de le sessioni e levoluzione interna del coordinamento
(e il loro svolgimento , in gennaio, marzo e luglio 1963) e le commissioni
conciliari al lavoro .
Su di esso si dilata successivamente lA., presentando dapprima in materia
tematica i tre schemi-apice, che possono indicare bene il carattere transitorio
della prima intersessione, e cioe` quelli sulla rivelazione, ecclesiologia e relazione
113
chiesa-mondo (con estesa analisi del testo di Malines), che nel 1963 si chiamava
ancora schema XVII, e che prendera` il numero romano XIII a partire dal 1964.
Non seguiremo landare dellA., anche se sarebbe interessante il farlo e ci
porterebbe a chiosare molte cose, specialmente a riguardo della Chiesa
(v. pp. 422, 425, 430 con boutade ironica nei confronti della tradizione
orale , 432, 433 numerose istanze romane ignoravano perfino lalfabeto dei movimenti che erano stati la prima fonte di ispirazione della corrente
maggioritaria al concilio , 434 con vano richiamo alla politica del tanto
peggio , 435 e 461 a proposito delle responsabilita` del fallimento del
testo di Malines, attribuite ingiustamente a Cicognani e Felici, mentre era stato
Confalonieri a incaricarne la stesura e molti membri della Commissione
mista lo consideravano indesiderabile ed arrischiato ).
Si illustrano poi lavvio di altri due progetti, il De oecumenismo e sullApostolato dei laici, e gli insuccessi della seconda preparazione (p. 483). Trattasi
dei testi riferentisi ai vescovi e al regime diocesano (si parla di reazione spietata
dellassemblea conciliare , poi, nel novembre 1963, e del sistema delle commissioni tronche cioe` piccole sottocommissioni comprendenti soltanto
alcuni membri che si trovano sul posto ed alcuni esperti della commissione ),
alle Missioni (con giudizi contrari a quelli di pur autorevoli Aa., come Schutte, e
lode a Felici, in fondo, che pretende di essere buon giurista, e che qui dimostra di aver maggior realismo di Cicognani, Confalonieri ed Agagianian ), alle
Chiese orientali (insuccesso dovuto allimpotenza degli orientali stessi a raggiungere fra di loro un benche minimo consenso e allinflusso crescente del card. Bea
amico ? di Giovanni XXIII. Ma non ce` veramente disfatta o
disastro , come drammatizza il Grootaers, ne` obbligo ad accettare il cardinalato per Maximos IV, come egli asserisce: p. 511 nota 292). E ancora fra gli
insuccessi sono annoverati l adattamento ed il rinnovamento della vita religiosa (per la tensione tra la leadership della corrente maggioritaria del Vaticano II, da una parte, e la concertazione organizzata di numerosi vescovi-religiosi,
dallaltra : p. 516) e gli schemi De beata Maria virgine, De cura animarum, sul
sacramento del matrimonio, il ministero dei presbiteri, sui seminari, gli studi
universitari e le scuole cattoliche.
Si passa quindi Dal concilio al conclave , con varie esagerazioni di giudizio iniziali, che Giovanni XXIII stesso, citato proprio dal Grootaers, fa ridimensionare. Certo la svolta del dicembre 1962, se veramente di svolta si tratto`
(v. p. 549ss., dove lA. si rende conto che laver mantenuto Cicognani e Felici in
funzioni direttive significava aver esercitato unazione moderatrice), fu resa
possibile proprio dallesperienza conciliare e dal contarsi delle forze e tendenze in campo, che in antecedenza, nella fase preparatoria, erano sconosciute.
Lipotesi, poi, dellinflusso sul Papa della pressione del tempo , perche informato della funesta diagnosi (p. 528), risulta in contraddizione con il pensiero stesso del Pontefice che fin quasi alla fine crede ai medici, i quali, per la
sua malattia, gli parlano di cosa non grave. Ciononostante egli si rimettera`
sempre a Dio, se ..., se ...
Gli ultimi tre mesi di pontificato sono quindi presentati, con rinnovata e
piu` pronunciata radicalizzazione di giudizi, specialmente sulla Curia, e varie
114
imprecisioni circa la politica italiana e unItalia sgabello del papato (p. 532).
Non ci piace nemmeno la parola plebiscito usata ad indicare la straordinaria unanimita` (come meglio la definisce il Congar) dei cuori attorno al Papa
morente e morto.
Stesse considerazioni potremmo fare per il sottotitolo seguente: Da un
concilio a un conclave , momenti privilegiati della liberta` di espressione e
della collegialita`, vissute al centro di strutture rigide e monarchiche (p. 534).
Lanalisi ricorre alle affermazioni di Zizola, mentre lA. parla di rivoluzione
roncalliana , di un Suenens riformista, di cicatrici del conclave , di percentuale minima di vescovi italiani impegnata nellavventura conciliare . Nel Sinodo ecumenico sono dunque impegnati solo i progressisti , pare.
Poi si torna Dal conclave al concilio , con lesordio di Montini , la cui
figura e` brevemente tratteggiata, inizialmente, con sottolineatura eccessiva di un
suo ruolo marginale allinterno dellepiscopato italiano, nei primi tempi conciliari, per cui al principio del suo pontificato puo` apparire in lui una certa
indecisione, anche se i primi dieci giorni che seguono lelezione furono tuttavia
folgoranti (p. 539). In ogni caso e` fuori luogo linsinuazione di impegni
piu` o meno formali (da lui) assunti in conclave di fronte a due campi
avversi che avevano il concilio come posta in gioco (p. 538). E` proprio per
evitare tali speculazioni, infatti, che il Card. Montini arrivera` a Roma allultimo
momento, pochissimo tempo prima dellapertura del conclave.
Daltronde il nuovo Papa riorganizza dettagliatamente le strutture del Vaticano II affinche, in concilio, cio` che sara` detto singolarmente o nellinsieme
appaia piu` ordinato e chiaro (p. 540). Ce` un passaggio dal meno al piu`,
dunque, non dal disordine allordine, si badi bene. Ma sui Moderatori ciascuno
ha la sua opinione (v. p. 541) e anche per questo essi (almeno Suenens e Lercaro) nutrono la quasi ossessiva preoccupazione di ottenere a qualsiasi prezzo un
regolamento interno del collegio loro (ibid.). Ma esso non e` stato mai concesso, anzi per il Papa non esiste, e anche per questo credo non esatto parlare di
promessa papale al riguardo: p. 545 nota 384 e del resto il comportamento
che si manifesta in relazione al Card. Agagianian, pure di nomina papale, spiega
molte cose. Comunque il testo bolognese del regolamento del Concilio
(cfr. nota 371 ancora di p. 541) arriva tardi e i Moderatori non vollero o seppero interpretare i segni papali fino al sopraggiungere della crisi Dossetti .
Altre considerazioni del Grootaers peraltro mostrano che egli non conosce
veramente Paolo VI (v. p. 542, e pure nota 377, sul comportamento supposto
di Cicognani, per il quale lA. non pensa, o non vuole farlo, che effettivamente
egli e` il Segretario di Stato, e come tale il piu` vicino collaboratore del Papa
come si espresse Giovanni XXIII in mortem di Tardini : v. p. 543, con nota
fuori luogo 379 ).
Le prime decisioni dei Moderatori partono da una concezione dinamica [ bella e giustificativa qualificazione!] delle loro responsabilita`, e nella
prospettiva di un funzionamento indipendente rispetto alla segreteria generale
del concilio . Grande pretesa, obiettivamente parlando, mentre ci si riferisce
sempre ai tre Moderatori che rappresentano la corrente maggioritaria [e il
quarto che fa?]. Ma sono poi essi emanazione dellassemblea conciliare o rap-
115
116
dal promising chaos del vescovo anglicano Tomkins). Il fascino della eclatante
captatio di attenzione, da parte del giornalista che rimane nellA., gli gioca
evidentemente qualche scherzo storico . Vi e` qui analisi valutativa e sfumata
del Consiglio Ecumenico delle Chiese, nelle sue varie espressioni, e delle famiglie confessionali , nonche della chiesa ortodossa e dei suoi incontri .
Si passa poi allinformazione sotto leffetto boomerang (p. 591), con
leco del Vaticano II, la Preparazione di un nuovo flusso (e attacco al Segretario generale del Concilio circa linformazione vi sarebbe sottomissione
feudale dellUfficio Stampa; ma e` invece poi proprio Mons. Felici a creare
lapertura nuova, tendente a un alleggerimento del segreto conciliare: p. 602
e lode al P. Tucci per la sua opera di intermediario , e alla fine anche di Mons.
Vallainc: p. 603) e il ruolo particolare della Commissione di coordinamento .
Lultima scansione concerne Una nuova politica verso lEst (p. 605),
cioe` un evidente intensificarsi dei contatti con i regimi comunisti, che Grootaers
illustra ricordando gli avvenimenti salienti del periodo in esame [un appunto:
Testa, s` , e` amico di Giovanni XXIII, ma non si puo` dire lo stesso di Bea:
p. 609]. Il sottotitolo sentimenti e risentimenti chiude il capitolo. Vi si
accenna brevissimamente a espressioni di Mindszenty, Wyszynski, Slipyi e
Sterniuk.
Il capitolo finale ( Imparare da se. Lesperienza conciliare : pp. 613631), anche in questo volume, se lo riserva il Prof. Alberigo, che vuole evidentemente trarre ed indirizzare le conclusioni.
La prima domanda a cui egli vorrebbe dare risposta e` cos` posta: Accettare la preparazione? . Dopo varie considerazioni su cui ci sarebbe parecchio da
ridire, la sua conclusione va rigettata; infatti, non si puo` arguire, come fa
lA. dal concludersi del primo periodo di lavoro senza approvazione di una
qualche decisione definitiva, quanto agli schemi, un inequivocabile rigetto
della preparazione e una testimonianza della presa di coscienza da parte del
concilio di una propria identita` e del proprio ruolo storico (p. 615). LA.
aggiunge credo riferendosi a se stesso, e a chi lo segue, nellinterpretazione
storica : solo lentamente e gradualmente ci si sarebbe avveduti che i condizionamenti derivati dal periodo preparatorio avevano una vischiosita` molto
elevata e che il concilio li avrebbe trascesi solo parzialmente e meno drasticamente di quanto molti sembravano credere (ibid., v. altres` p. 618). La questione e` che nella ricerca della unanimita` si doveva pur tener conto del passato,
di tutto il secondo millennio.
Alla ricerca di una identita` , di un camminare con le proprie gambe , e`
il successivo procedere, con richiamo speciale alla Gaudet mater ecclesia (ove si
indica per laggiornamento il cammino del primato della pastoralita`). Ci si
continua pero` a riferire alla direzione curiale , cosa che risulta fuori posto,
qualificando di perdita di tempo la discussione sui mezzi di comunicazione
sociale (p. 616), e di seppellito il testo sulla Rivelazione [e cio` risulta fuorviante]. Ci si sarebbe anche scrollati di dosso la preoccupazione [ma chi laveva,
se i vescovi erano stati convocati per discutere e dialogare al riguardo? Non
erano a concilio? Non conoscevano la storia dei concili?] che i testi degli schemi
117
preparatori fossero coperti dallautorita` papale per il fatto che egli aveva
autorizzato a sottoporli ai vescovi. Che poi nellesaminarli il Papa avesse espresso la sua approvazione e il suo apprezzamento e` unaltra questione, da giudicare
eventualmente a parte.
LAlberigo ritorna quindi a parlare unaltra volta della sua impressione di
una certa acefalia conciliare, gia` da noi confutata altrove, e accenna con umilta`
alla mancanza di elaborazioni dottrinali mature che avrebbero dovuto sostenere la realizzazione del pensiero roncalliano (p. 619). Ma e` proprio cos`
straordinario questo pensiero, ci permettiamo di dire con tutto il rispetto? Si
costata altres` leclissarsi, nonostante la partecipazione di numerosi osservatori
cristiani, dello scopo dellunione, che era (sembrato) balenare in termini concreti
e ravvicinati in occasione dellannuncio del gennaio 1959. Per la proposta dellinvio di un apocrisario di Costantinopoli a Roma, procedendo nella lettura,
diciamo che non e` esatto rifarsi allantico, con detto nome, che aveva contemplato una tale figura, come, s` , rappresentante del Vescovo di Roma (e` la prima
realizzazione dei Nunzi Apostolici) ma presso limperatore di Bisanzio (p. 620).
Che Bea sia stato, inoltre, un protagonista del Concilio, secondo solo a Giovanni XXIII, ci sarebbe da valutare piu` ponderatamente, cos` come dubitiamo
di altre affermazioni di p. 620. Utile e` invece quella per cui anche il Papa
evolve a contatto con lesperienza assembleare . Che se il Papa avesse pero`
voluto prendere il posto suo in concilio, contrariamente a quanto avvenne
nei due primi mesi (p. 621) conciliari in cui i vescovi dovevano imparare
da se : p. 622 lelemento mediatore da lui scelto (il suo confessore, Mons.
Cavagna) non lo avrebbe riteniamo molto aiutato nellintento. Pure il
giudizio dellAlberigo sul Card. Cicognani e` preconcetto, perche egli e` proprio
luomo del Papa, il suo piu` vicino collaboratore , uno sicuramente che incide sul concilio, assieme ad altri protagonisti di cui lA. adorna la sua galleria.
In ogni caso non e` esatto parlare di disgregazione per i vescovi italiani
(p. 622), cos` come ripetiamo riferirsi a una seconda preparazione al
concilio. Non riprenderemo qui, a questultimo riguardo, quanto da noi gia`
ampiamente esposto nel capitolo di Grootaers, ma ci pare questo un punto
fondamentale. Su tale sua linea, infatti, lAlberigo procede giudicando e mettendo insieme personalita` ben diverse, considerando con preoccupazione (per la
chiarezza dottrinale e per le attese di rinnovamento ) consistenti ricuperi
[che poi non lo erano] delle redazioni preparatorie (p. 624). Sarebbero Suenens-Philips a scegliere tale via. [Ma gli altri dove stanno allora?] Lo spirito
conciliare dilaga intanto nel cattolicesimo; [ma se e` cos` come puo` sorgere il
dubbio allA. se Lesperienza tumultuosa e inebriante delle dieci settimane del
primo periodo poteva sopravvivere alla dispersione dei vescovi e al loro rientro
nella quotidianita`? : pp. 624s.].
Segue il rodaggio dellesperienza conciliare con adesione magari a un
leader piuttosto che a un altro, con aggiornamenti teologici (perche i vescovi
sono fermi agli studi seminaristici v. anche p. 631 [Ma e` proprio possibile? Che semplificazioni!] e valorizzazione delle Conferenze episcopali: era
una scelta eccclesiologica vera e propria ). [E` cos` , se si sente il bisogno di
aggiungere tuttavia pacificamente accettata e condivisa come una necessita`
118
funzionale ?]. Il concilio quindi genera una liberta` sconosciuta al cattolicesimo (p. 625). Vi e` un rimescolamento delle certezze , con lemergere di una
nuova ortodossia e di una conversione , che lA. giudica fragile dopo il test
dei dibattiti sulla vita religiosa (p. 626), il quale non ci pare peraltro emblematico, anche perche tocca sul vivo le fedelta` profonde , oltre le idee.
Si va quindi Da Giovanni a Paolo , senza traumi, diremmo, ma le differenze erano molto considerevoli, anche in relazione alla conduzione del concilio (v., per es., la scelta dei Moderatori). Soprattutto si percepisce presto
una diversa atmosfera, determinata non solo dal carattere del nuovo Papa, ma
anche dalla sua formazione ... e dalla sua acuta preoccupazione di garantire il
massimo consenso sulle decisioni che il concilio si avviava a maturare (p. 627).
La chiesa in stato di concilio da` occasione allA. di librarsi sulle ali di un
certo trionfalismo conciliare, contemplando leffeto concilio , la mitica
autorevolezza di un concilio (p. 631), che proprio ha coinciso con la fine
delleta` costantiniana . Verso quale futuro ci si avvia? Anticipando un assassinio (quello di J. Kennedy: p. 629) certo non si puo` andar lontano nella
predizione dellavvenire.
E si ritorna al nuovo inizio , mentre si tratta del principio di un nuovo
periodo, e si conclude con unaltra domanda: Otto settimane inutili? (perche
non si approvo` nessun documento conciliare. Da cio` si prende occasione per
rispolverare la famosa sottovalutazione, caratteristica del gruppo bolognese ,
dei testi conciliari, quasi fosse cosa un po troppo astratta ). Forse che vale,
poi, il dire: nessun testo approvato, dunque saltiamo lo studio del periodo? Ma
non vi si preparavano, fra laltro, quei testi che poi saranno votati, dopo ulteriore
discussione ed esame? E lo studio dellevolversi dei progetti e` anche storia conciliare. Chi ne dubita? Certo i vescovi si fanno una coscienza maggiore delle
loro responsabilita` verso la Chiesa universale, ma perche, riconoscendosi protagonisti , bisogna aggiungere piuttosto che obbedienti rappresentanti periferici di unautorita` superiore ? (p. 631). Ma chi li aveva convocati a concilio quei
vescovi, se non quella Autorita` Superiore? Chi aveva chiesto loro di esprimere
liberamente (abolendo perfino una lista di possibili questioni da suggerire, per
offrire ancora maggior liberta`) i loro desiderata, in vista dei temi da dibattersi a
concilio? Come e` difficile vincere i preconcetti! Si continua, infatti, con la critica
agli uomini-s` [e` ideale essere uomini-no ? O non dipende dalle circostanze,
dalla materia ?], con laccusa di uniformismo di ispirazione ideologica piuttosto che evangelica al cattolicesimo degli anni pre-conciliari. Ed inoltre, perche
limitare al primo periodo lapplicazione al grande Sinodo dellimmagine di una
nuova Pentecoste, tanto cara a Giovanni XXIII? E Pentecoste e` soprattuto
quello che il concilio ci ha detto, il suo verbo, meglio il suo parlare in lingue,
perche uomini di tutti gli idiomi, di ogni cultura e mentalita`, nellunica fedecarita`, hanno portato il loro contributo per farne opera dello Spirito.
Dopo la presa di distanza possiamo dirci daccordo con le ultime due righe
del volume: In ogni caso, quelle otto settimane hanno un posto insostituibile nel
Vaticano II e percio` nella sua storia come grande evento dello Spirito (ibid.).
Gli indici, dei nomi, tematico e sommario, a cui seguono alcune cartine ,
chiudono il volume.
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In secondo luogo errata risulta la visione del Vaticano I (v. pp. 81 e 123: vi
sarebbe stata vittoria di una lobby, che era stata capace di far passare una
propria fissazione ... ), mentre continua la solita posizione anticuriale, senza
giuste distinzioni (basti laccenno iniziale alla commissione dottrinale , specchio fedele dellorganigramma curiale : pp. 19, 25 e 119: che suona come la
presa di posizione della ecclesiologia curiale ). Ne fanno le spese soprattutto il
Cardinale Cicognani e Mons. Felici, che formerebbero un asse (inteso, fra laltro, a limitare lagenda del Concilio p. 25 ), e sono visti come espressione
della Curia, della Segreteria di Stato, specialmente il primo. Egli media in
quanto strumento curiale sui lavori assembleari la volonta` del Pontefice
(pp. 22, 26 ma non e` il Segretario di Stato il primo collaboratore del Papa? , pp. 30 nota 46, 31, 32 [non alla Curia spetta fare la sua riforma, ma al
Papa!] e 93).
Al predetto asse lA. oppone i Moderatori ( delegati ) che ricevono dallo
stesso Paolo VI il compito di rappresentare laula presso di lui e dirigerne i
dibattiti (p. 22, v. poi pp. 27, specialmente nota 36, 28, 29 in nota 44 il
belga Mons. Prignon giudica il progetto Dossetti sui Moderatori esagerato,
imprudente e molto pericoloso ). [Ma non sono essi, invece, piuttosto i rappresentanti del Pontefice? come del resto riteneva Cicognani: p. 26 . La
definizione e` assai indicativa di un certo pensare alla democratica , in materia
che politica non e`].
In questo contesto lA. considera lagire di Paolo VI, visto troppo come un
novizio , (p. 33: la gestione della ripresa del concilio e` un noviziato nel
noviziato ) il quale chiede bisogna tenerne conto a moltissime istanze e
persone pareri, proposte, ecc., ma poi si riserva le decisioni (v. per es. pp. 22s.
25ss. e 29s.). La cosa dovrebbe essere istruttiva per tutti e invece non se ne
traggono in genere le dovute conseguenze, per il Regolamento per es., per la
votazione del 16 ottobre , e relativa distruzione delle schede fatte preparare dai
Moderatori, con testo controllato dal Dossetti.
E` il momento in cui Paolo VI dira`: Non e` quello di segretario dei
Moderatori il posto di Dossetti . Da cio` il suo ritiro, detto eufemisticamente
dai suoi amici autosospensione (p. 99 nota 332; tuttavia egli fa un appunto
ancora oltranzista , per Lercaro, in preparazione della riunione della supercommissione pp. 100 nota 335 e un altro, successivamente, ancora a caldo
101 nota 339: Riusciremo a salvare il concilio? ). Chi salva chi?
Comunque, quasi dentrata, nel testo del Melloni vi e` lo scandalo (gia`
riportato dai giornali in cerca di sensazionalismo ) dei presunti interventi di
Adenauer (per lui si tratta di espressione di opinione, di giudizi, di sogno , ma
non di azione, da quanto risulta dalla citazione di un Rapporto diretto a
Parigi, si badi bene) e di Segni che avrebbe (tramite Gedda) loro (ai cardinali
italiani e ad alcuni altri) esposto la sua convinzione che il cardinal Montini, se
uscito vincitore dal conclave, avrebbe impegnato la chiesa in favore dellapertura a sinistra . Ci sono due condizionali, notiamo, e una convinzione , sia
pur di un uomo autorevole. Nessuna coercizione , dunque: fa sapere egli
se cos` veramente fu la propria convinzione (p. 20).
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(p. 78; qui il giudizio andrebbe ben calibrato per non cadere nella trappola di
sentenziarlo come anticonciliare , poiche esso ha, invece, al suo interno solo
alcuni oltranzisti , come del resto vi sono nella maggioranza , mutatis mutandis).
Venendo ora dunque alla collegialita` troviamo la grande confusione dellA.
che usa il termine in modo indistinto, senza precisazioni. E` in fondo lo stesso
errore fatto da chi si considero` leso dalla famosa Nota Explicativa Praevia,
che, volta a facilitare il desiderato consensus, chiar` e preciso` felicemente i termini del dibattito. Molti erano infatti contrari non alla collegialita` ma a una
certa sua visione (lo stesso, analogamente, vale per la presentazione del diaconato, da parte dellA.: p. 82ss. nota 256. Sarebbe a questo riguardo oltremodo
istruttivo per il lettore, al fine di controllare il dire del Melloni, rileggersi per
es., negli AS II/2, pp. 82-89, gli interventi, di Spellman, Ruffini e Bacci). Inoltre
lA. non dovrebbe ricorrere alla abusata categoria dei canonisti romani
(p. 80 nota 250), per vincere la querelle collegialista (p. 81) e ridicolizzare l avversario che sta con il Medio Evo e invece, dietro di se, porta un millennio
di pensiero, sia pure non monolitico, e lo sbocco del Vaticano I.
In ogni caso, con la trattazione dei voti parziali o orientativi (pp. 87-96),
giungiamo al punto nevralgico della questione, in questa fase del Concilio. Si
inserisce qui anche tutta la complicazione del ruolo di Dossetti, di cui sopra,
che, in combinazione, per la applicazione immediata della riforma liturgica,
parla di una legge stralcio (p. 87; v. anche il contropiede giornalistico
dell Avvenire dItalia : p. 93s. e la reazione di Dossetti che pungola
ancora Lercaro e Suenens: pp. 95 nota 312 e 99). Lequivoca sua interpretazione, comune altres` ad altri, circa le parole del Santo Padre (considerate come
una luce verde per ... tutto: pp. 87ss. e 94) porta Dossetti a formulare delle
proposizioni (quesiti) in quattro (poi cinque) punti. Labbaglio balza agli occhi
di tutti quando il Pontefice decide di far distruggere le schede preparate alluopo. Quindi tutte da prendere con il beneficio dellinventario, e con numerosi
distinguo, sono le pagine 92-93.
Indicativo del fraintendimento intrattenuto dai Moderatori stessi e` la visione della Segreteria generale del Concilio come organo esecutivo incaricato ...
della stampa (p. 92. Noi rimandiamo utilmente ad AS VI/2, p. 552, in cui Felici,
in un Appunto consegnato al Pontefice, il 12 dicembre 1963, rileva: Gli Em.mi
Moderatori allinizio dei lavori del II periodo han creduto poter agire da soli,
indipendentemente dalla Segreteria Generale, servendosi dellopera del Rev.do
Don Dossetti. A seguito dellintervento del S. Padre, i rapporti con la Segreteria
Generale son migliorati ). Quanto segue dice invece bene dello spirito del Melloni e della scuola di Bologna (p. 92). Del resto varrebbe a questo punto
leggere anche il Commentarius di Felici del 17-X-63 (v. sempre in AS VI/2,
p. 374, 7) e quello successivo, del 21 Ottobre. Le riserve riguardano sia il contenuto delle proposizioni che il modo nel quale sono state stese. Ma basta
lesame, sia pur difficile, della sinossi, posta in appendice al volume, dellevolversi dei testi delle proposizioni (v. pp. 536-553), per rendersi conto, nonostante
i tentativi contrari, (v. p. 100 nota 337: trattasi solo di attenuazioni e p. 107
nota 362, dove si prospetta addirittura una convergenza Dossetti-Philips) del
124
divario tra la prima stesura e lultima, approvata questa volta dal Pontefice, che
fa perfino correzioni personali (v. p. 118).
Del resto la crisi si e` sbloccata, o quasi, perche strascichi ce ne saranno,
grazie al lavoro di una super-commissione , in cui sono presenti tutte le
istanze di direzione del Concilio (il Consiglio di presidenza e la Commissione
di coordinamento, i Moderatori e lintera Segreteria generale).
Il Melloni da` qui spazio allo sbrigliato Tisserant, ( disinvolta ed energica
presidenza e` definita la sua: p. 104), il quale peraltro mostra a volte la
corda (polemica) dei suoi pensieri . Anche in questo caso invito e` fatto al
lettore ad accostare direttamente il verbale senza mediazioni. Bastano per
noi due citazioni. Nella prima Felici, che sta verbalizzando, e` in difficolta`:
qua nessuno ci ha capito nulla (p. 102s. In effetti non sta verbalizzando lui
lo svolgimento della seduta lo fanno gli Attuari Carbone e Fagiolo, che
avrebbero, insinua il Melloni, delle carte al momento inaccessibili : p. 105
nota 352 ). Comunque sfidiamo anche noi il lettore a capire, scorrendo il
verbale di quella seduta . Felici disse precisamente, rivolto a Tisserant: Bisogna chiedere i voti. E poi, secondo, sulla procedura circa gli emendamenti, che
qua nessuno ha capito nulla. Noi dobbiamo saperlo, perche dobbiamo regolarci (AS V/1, p. 732) Il secondo riferimento, che vogliamo fare, contiene una
grave accusa poiche il verbale rilegge la seduta secondo i desideri del segretario
di Stato (p. 105). Siamo seri e non accusiamo di falsita` senza prove!
Sulla stessa linea, per lo meno equivoca, e` unaltra citazione dellA. circa
linvito papale alla Commissione dottrinale ad accellerare il lavoro , fatta a
meta` (p. 105), perche manca il cappello , in cui il Papa riconosce che la
Commissione conciliare in parola deve avere un lavoro enorme da fare, tuttavia
... (v. AS V/2, p. 12). Il tono e` diverso da quello presentato dal Melloni, poiche
in fondo riconoscitivo .
Segue lincrocio coi dibattiti , la commemorazione di Giovanni XXIII ,
la questione mariana , la seduta della commissione dottrinale del 29 . A
questo proposito lA. accenna alla immensa e inutile macchina preparatoria
(del Concilio) (p. 116), con ritorno a trattazione dei quesiti sopra riferiti, con
la scelta e le votazioni e commenti e valutazioni per lo meno tendenziose
(v. p. 122ss.: schizzi del Dossetti, investitura dei Padri conciliari ai Moderatori, tripolarita` concilio-moderatori, curia-segreteria di stato, papa ,
Paolo VI che fa da filtro fra laula e le commissioni , rilievo alla non ...
considerazione sulla chiesa locale ). In ogni caso, per il Melloni, dal 30 ottobre in poi collegialita` (quale? aggiungiamo noi) e Vaticano II sono sinonimi, e
mettere in discussione la prima e` solo una fattispecie del boicottaggio dellaltro . A proposito, poi, della espressione ( abbiamo vinto! ) con la quale Paolo VI avrebbe accolto i Moderatori, dopo quella celebre votazione, basti ricordare che fu lo stesso Lercaro, se ben ricordiamo, a mettere la cosa al posto suo,
situandola allaltezza della personalita` di papa Montini, uomo super partes.
Successivamente lA. anticipa (utilmente, dice lui) il lungo lavoro di rielaborazione (p. 124) del De Ecclesia, come schema Philips , che non vi si
fa cenno ingloba circa il 60% del testo inizialmente presentato. I punti
interrogativi e le precisazioni alle affermazioni del Melloni sarebbero anche
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qui numerosi (v. pp. 125, 128 sul magistero , 129 circa lordo episcopalis,
130 sullinfallibilita` ), ma la nostra critica va gia` lunga e vogliamo fermarci.
Il II capitolo del volume, affidato a J. Fameree, tratta di Vescovi e diocesi
(5-15 Novembre 1963) . Partendo dalla disfatta totale della minoranza
(p. 134; noi andremmo piano con tale affermazione) sul De Ecclesia, durante
il mese di ottobre, lA. presenta anzitutto lo schema De episcopis ac de dioecesium regimine. Anche qui riscontriamo mancanza di precisione dei termini usati
(per es., circa la collegialita`, non sempre, lultramontanismo radicale, il potere
monarchico dei vescovi, il loro fuoco individualista e anche la monarchia papale ), diverse esagerazioni (v. pp. 140, 144, e 149 si parla erroneamente di una argomentazione emotiva , invece di dire tradizionale , mentre
Lercaro e` presentato come senza dubbio la piu` grande autorita` morale e
religiosa dellassemblea conciliare ) ed un linguaggio darmi che non ci piace
(non ha ceduto le armi: p 140; mirino : p. 141; attacco ... sferrato : p. 143;
tiro incrociato : p. 146; duello : p. 152; tempesta conciliare: p. 156; disarmare : p. 160; minoranza assai combattiva : p. 163; conflitto : p. 169 e
fuoco incrociato : p. 191. Per un concilio dei nostri tempi il tutto sembra a noi
troppo bellicista). Nonostante il gran lavoro di critica dellA. sullo schema, il
testo comunque passa alla fase successiva, con approvazione di 1610 Padri!
Non e` poca cosa.
Fameree scandisce il suo procedere con l apologia del centralismo (che
non ci risulta), Frings-Ottaviani: il duello maggioranza-minoranza al vertice
(e` invece da tener presente quel che scrive Frings, minimizzando la controversia:
p. 147 nota 52), le dimissioni a uneta` fissa , Ruffini contro Maximos IV?
(con citazione in nota del commento salomonico di Tisserant: p. 155 nota
72), una risposta autorizzata (di Dopfner) agli attacchi della minoranza ,
assemblee episcopali senza poteri giuridici? , un fondamento puramente
pastorale? , una maggioranza divisa (sul fondamento e soprattutto sullautorita` delle conferenze episcopali).
Lanalisi continua poi con un nuovo attacco contro la collegialita` (diremmo, piu` propriamente, contro una certa visione di essa, di un suo indirizzo),
diocesi ne troppo piccole ne troppo grandi , un capitolo (il IV) minore e
pragmatico , un inizio piu` pastorale che teologico . Domandiamo pero`
allA. se lo schema nuovo da elaborare era veramente nuovo , dopo lapprovazione dei 1610 Padri di cui sopra: p. 174, v. anche p. 184 nota 160. Poiche
ve` tendenza quindi in alcuni esegeti del Concilio lo notavamo pure a
proposito del Melloni a separare preparazione e successivi sviluppi, quasi
tutto venisse dal nulla, e non fosse in molti casi emendazione , revisione ,
ecc., del testo precedente, con il procedere della ricerca conciliare bisognera`
porre attenzione a questo aspetto, come stiamo facendo.
LA. prosegue la sua disamina con un bilancio in chiaroscuro , in cui ci
piace rilevare che il tema della modalita` di elezione dei Vescovi ... non e` stato
discusso in quanto tale (p. 174. Il Fameree intanto dimentica la Congregazione per la Propagazione della Fede e che e` il Papa ad eleggere i vescovi, in
Occidente. Questo dovrebbe altres` far pensare cosa che non avviene quasi
126
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LA. conclude, tuttavia, che e` soltanto il 29 settembre 1964 che un cardinale (R. Santos) offrira` ufficialmente il suo supporto allorganizzazione ... ed
altri cardinali (Ruffini, Siri, Larraona e Browne) patrocineranno le riunioniconferenze del gruppo il marted` sera. Lattenzione ricevuta dal Coetus, una
volta consolidata, gli permettera` di raccogliere, per determinate petizioni, fino
a 450 firme di padri (p. 192). Crediamo sia gia` una risposta abbastanza significativa e da tener presente obiettivamente.
Lultimo punto (lottavo) dellanalisi del Fameree riguarda gli strumenti di
comunicazione sociale (14-25 novembre 1963): un voto a tappe forzate ,
unopposizione crescente, ma tardiva , un incidente (per la distribuzione
di un testo di opposizione) rivelatore del malcontento . Il Cardinale Presidente
portera` contro di esso largomento dello schema debitamente preparato, debitamente presentato, debitamente discusso e debitamente approvato (p. 206).
LA. vi vede, anche se non solo, un rilievo ideologico : il contenuto dei testi
preparatori deve essere modificato il meno possibile , rivelando cos` , invece, la
sua ideologia (ibid.). Varra` ricordare a questo proposito che la conservazione degli schemi preparatori come base di lavoro fu una scelta belga (v.,
per es., sempre il Perrin, a p. 187), certo di strategia conciliare (di consenso,
diremmo), ma non ideologica. Oltremodo utile sarebbe stata, comunque, allA.
la lettura delle Osservazioni sulliter conciliare dello schema De mediis communicationis socialis , presentato al Papa da Felici il 19 dicembre 1963 (v. AS
VI/2, pp. 568-570).
Il III capitolo Verso la riforma liturgica e` opera di R. Kaczynski, il
quale segue, dinizio, il procedere conciliare fino allapprovazione del testo in
questione, passando poi ad esaminare quello definitivo, e spingendosi altres` nel
post-documento (Istituzione del Consilium ad exsequendam constitutionem de
sacra liturgia). La ricerca e` interessante e puntuale, ma spesso non equanime
nei giudizi. Qualche asperita` appare specialmente nei riguardi di Mons. Dante
(v. pp. 224, 228 e 230) e di altri personaggi (v. per es. pp. 258, 260, in cui
dimostra di non conoscere il procedere, in genere, della Santa Sede, per quanto
riguarda i documenti in formazione , e 267, contro i funzionari della congregazione ; la cosa si ripete a p. 269). A noi pare che chi usa il Regolamento,
sia pure per raggiungere quel che ritiene giusto o conveniente (in senso
ecclesiale), non possa essere accusato alla leggera di voler ritardare il lavoro.
LA. rivela anche difficolta` nella comprensione del linguaggio giuridico-canonistico (pp. 247s., 251 nota 154, 252 e 276 nota 222).
Notiamo inoltre espressioni gravi a proposito della regolare rinuncia ad
offrire la comunione al calice (p. 250), radicali giudizi sul Medioevo (p. 251) e
sul rapporto Chiesa universale e locale (p. 255), una infelice espressione circa
una comprensione magica dei sacramenti (p. 237: che sarebbe derivata dal
mantenere il latino almeno nella formula dei sacramenti ), un certo equivoco
nellinterpretazione favorevole a nuovi riti allinterno di quello romano (p. 244),
uninterpretazione facilona per quel che riguarda il calo, in genere, della
partecipazione alle celebrazioni, dopo la riforma liturgica (p. 254). Rileviamo
altres` che Mons. Reuss era Ausiliare a Mainz, e non suo Arcivescovo (p. 231),
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per tutti, innovatori e conservatori , mentre, per le pressioni della Segreteria di Stato (p. 452), rileviamo che in precedenza lA. almeno dubita ( probabilmente : p. 451).
Per la liberta` religiosa chiarificatore risulterebbe, poi, la lettura di uno
studio del Komonchak (in Vatikanum II und Modernisierung. Historische, theologische und soziologische Perspektiven, Paderborn 1996, p. 167),* che distingue
tra Liberalismo americano ed europeo (ideologico questultimo, inficiato di
relativismo ed indifferentismo). Ambiguo e` anche accusare la preparazione di
approccio pletorico (p. 465), in fatto di schemi conciliari. In verita` vi gioco` la
liberta` concessa ai Vescovi di presentare le proprie proposte conciliari, lasciata
volutamente da Giovanni XXIII. Osserviamo inoltre che nemmeno il Vilanova
ha ancora preso atto del giungere in ritardo della proposta del Dossetti per il
nuovo Regolamento (pp. 467ss. La nota, poi, 344 e` assai indicativa dell assoluzione generale , impartita allo stesso Dossetti, in assoluta ed infondata subordinazione al pensiero amico dellAlberigo), mentre si fa eco, egli, di giudizi
acritici di assunzione, ivi, di usi parlamentari ed imperiali (senatoriali o
altri : p. 468).
A questo punto lA. fa una larga analisi dellEnc. Ecclesiam suam e del suo
impatto sul Concilio, ancora con qualche scarto (v. pp. 475 e 478s.), come
del resto gli succede in tema di statuti delle conferenze episcopali (p. 490s.).
Per lavvio della riforma liturgica si usano ancora due pesi e due misure (v. per
es. il giudizio sullOlanda: p. 496, sulla positiva liberalizzazione nei confronti
dei riti latini : p. 498, e sulla teodicea della dominazione , in Africa: p. 505).
E siamo alla Conclusione ( La nuova fisionomia del concilio ) del Prof.
Alberigo e alle sue ormai ben note tesi . Vi e` quella del nuovo inizio ,
specificato dalla seconda preparazione (p. 514), gia` adombrata nella pagina
precedente ( limponente materiale prodotto dalla complessa macchina incaricata della preparazione era stato criticato, contestato, rifiutato bisognerebbe
aggiungere, almeno, in parte , ma continuava a pesare sui lavori conciliari
sia in forza della rinnovata apologia da parte dei suoi protagonisti che per la
tenace resistenza dellimmagine di concilio che vi aveva presieduto ).
Vi e` sottesa lidea della rivoluzionarieta` del Concilio Vaticano II, nel
cammino della Chiesa, e la solitudine istituzionale (p. 514) che aveva isolato Giovanni XXIII , nuovo Mose` che porto` al popolo di Dio le tavole della
pastoralita` e (dell) aggiornamento , divenute ora la piattaforma stessa del
concilio .
Eppure lAlberigo, in un sottotitolo, scrive continuita` nella novita`
(p. 515), e cio` aveva alimentato, di primo acchito, qualche nostra speranza di
una sua lettura piu` equilibrata del Concilio. Ma invano. Egli torna infatti sugli
antichi tratturi dell impressione frequente conciliare di acefalia (p. 515),
dell intransigente rivendicazione di Felici (ibid., e piu` ancora p. 516), del
card. Cicognani (e non del Papa?) che ha fatto (della Commissione di coordi* V., pp. 233-237 di questo volume.
131
namento) listanza suprema di indirizzo del concilio (p. 515). Ancora, gli Organismi curiali sono visti in maniera indistinta, come un tutto, un convitato di
pietra (pp. 516 e 517; basti pensare invece, per es., alle caratteristiche proprie
di un Confalonieri, come risultano chiaramente dagli Atti della Commissione
sopra citata; v. ancora pp. 520, e 529). Inoltre il peccato originale , di cui qui
si parla, attribuito dal Congar a Giovanni XXIII di aver concepito le
commissioni del concilio in corrispondenza con le congregazioni romane
(p. 516), dovra` essere cancellato dal lettore, tenendo presente che un tal procedere era stata gia` caratteristica del Concilio Vaticano I.
A Paolo VI, ritornando al II periodo, e` poi almeno equivoco attribuire un
arduo noviziato di papa novello, eletto nel corso di un concilio (p. 517), per
trarre la conclusione che questo periodo sembra ancora parte del concilio di
Giovanni (ibid.), mentre a partire dallintersessione 1963-64, papa e assemblea sono ormai entrambi esperti (ibid.). Quindi il concilio di Paolo
inizierebbe nel dicembre 1963. Quante capriole per far spazio il piu` possibile
a Giovanni XXIII, a cui va tutta la simpatia dellAlberigo, come si sa, e
ridurlo invece a Paolo VI!
Il Direttore dellopera tratta poi di alcuni passaggi cruciali nei mesi di
ottobre e novembre 1963. Cos` per il De Ecclesia e il De Liturgia si e` manifestata subito la ritrosia dei settori del concilio ostili a decisioni relative al coinvolgimento dei vescovi nella guida della chiesa universale (collegialita` episcopale; poi si dira` corresponsabilita` di ciascun membro del collegio episcopale
nei confronti dellintera chiesa universale) (p. 519). Bisognerebbe pero` qui
spiegare in che senso e tener conto dei vari modi di collegialita`. Anche il proseguimento del discorso, relativo alla resistenza passiva della potente commissione dottrinale (ibid.), superata quando lintera assemblea e` stata chiamata a esprimere chiari orientamenti dottrinali, e li ha effettivamente
manifestati , non sembra corrispondere alla verita` tutta intera. In effetti, considerate le difficolta` ancora incontrate, successivamente, sul cammino verso il
voluto consenso, bisogna riconoscere che esso si ottenne, invece, dopo lintroduzione della Nota Explicativa Praevia, che di fatto fece chiarezza in quanti
ancora dubitavano o erano incerti. Se poi tale voto fu osteggiato, cio` per molti
non fu per opposizione alla votazione in se stessa (v. la posizione di Mons.
Felici, per es.) ma al contenuto dei quesiti e al modo indipendente del procedere. Una parte almeno della minoranza , in effetti, dopo i chiarimenti di
testo e contesto, accetto` la votazione.
Da questa distinzione al suo interno si puo` passare anche a quella nel cuore
della maggioranza , che non fu monolitica (v. del resto pp. 521 e 531). Se poi
di tentativo di demonizzazione (segnalazioni di una pretesa eterodossia : p. 521) di questultima si parla (p. 520), bisogna anche ricordare allAlberigo quello, di segno contrario, applicato alla minoranza . Gli estremi si
toccano.
Per quel che concerne la Liturgia, il richiamo dellA. al filibustering parlamentare, ( imparentato con lespediente di moltissime votazioni per frenare
gli orientamenti della maggioranza : p. 520, mentre, poi, si parlera` di leggequadro per la costituzione sulla Liturgia: p. 523), risulta eccessivo giudizio,
132
dato che il Concilio stava cercando la velocita` di crociera nel suo difficile
avvio. Come sopra dicevamo, il rispetto del Regolamento attesta un procedere
regolare senza processi alle intenzioni. Del resto si sa che restrizioni alla
liberta` dei Padri erano considerate terreno impraticabile. E solo verso la fine
dei lavori conciliari si stabiliranno limiti (di intervento, a nome di un certo
numero di Padri) per volonta` dello stesso Paolo VI.
Daltro canto, successivamente, premendo nellinterpretazione, lA. assolvera` limpadronirsi delle decisioni conciliari per realizzare (la costituzione
sulla Liturgia) senza indugio da parte di molte comunita` ecclesiali: Le remore
sono state frequentemente trascese dallentusiasmo della base popolare
(p. 524). Il linguaggio garibaldino non puo` pero` nascondere il fatto che
non si rispettarono le norme liturgiche.
Sul De Episcopis non manca altres` la presentazione rinnovata dei soliti
punti di vista dellA. in favore dellistituzione di un organo collegiale, simile
al sinodo permanente delle Chiese Orientali, perche la concentrazione nella
persona del papa e negli organi della curia delle decisioni relative alle causae
maiores (termine infelice, anche se lAlberigo aggiunge intese in uneccezione
sempre piu` onnicomprensiva) appariva eccessiva e insopportabilmente onerosa, oltre che lesiva dellidentita` propria delle singole chiese (p. 521). Andiamoci piano anche nel mescolare cos` Papa e Curia, erroneamente.
Sulla stessa linea di proiezione dei propri desideri ci troviamo altres` per la
scelta dei nuovi vescovi , tema a cui gia` sopra abbiamo fatto un riferimento
critico della posizione dellAlberigo (v. le affermazioni piu` storiche del Fameree). Che poi le comunita` interessate siano attualmente emarginate , al
riguardo, non risulta dalla semplice lettura delle norme in vigore nella Chiesa
Latina.
Anche a proposito dellecumenismo p. 522 (con un rinnovamento
profondo dellatteggiamento cattolico nel senso di una visione pluralista del
cristianesimo e delle possibilita` di superamento delle divisioni sulla base di
cio` che unisce e nella prospettiva di una convergenza di tutti ut unum sint :
e` cos` ?) lAlberigo esagera il contributo degli osservatori, anche solo secondo i
meditati giudizi del Velati, sopra citato.
Il decreto sui mezzi di comunicazione sociale [poi, per lA. ] e` rimasto
prevalentemente prigioniero dellantiquata retorica sulla stampa cattolica
(p. 524). Si e` trattato insomma di unoccasione sciupata .
Per i Laici, lAlberigo nota il rilievo riservato nel De ecclesia al popolo di
Dio , che avrebbe modificato completamente la prospettiva dominante dello
schema sui laici, prevalentemente prigioniero della teologia del laicato
(p. 525). Egli si richiama anche alla distinzione tardo medievale tra dottrina
e disciplina , disattesa dallinsistenza di Giovanni XXIII sulla caratteristica
pastorale del nuovo concilio (p. 525). Non ce` piu` dunque distinzione tra
dottrina e disciplina ? E fu cosa tardo medievale, la distinzione? Luso
di termini come costituzioni dogmatiche , costituzione pastorale , decreti
e dichiarazioni accentuano proprio il superamento della coppia dottrina-disciplina (ibid.)? Che poi la commissione teologica fosse tout court la proiezione conciliare del S. Uffizio (p. 525) e` da provare.
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dei vescovi viveva il concilio stesso . Che sdoppiamento tra Vaticano II e vescovi che lo compongono, e lo stesso Paolo VI!
Anche per questo si capisce che lAlberigo metta in contrapposizione
altres` il De ecclesia con la Nota Explicativa Praevia, una nuova crisi (p. 533).
Certamente, egli prosegue, A quel momento pote sembrare che i voti del 30
ottobre 1963 fossero vani o inadeguati (ibid.), ma non sarebbe pero` una
conclusione convincente: la maturazione del concilio da un lato e del papa
dallaltro erano in continua evoluzione, una ricostruzione storica non puo` prescinderne (ibid.). E allora? LA. si dice gia` contento che in altre due circostanze
vi fossero richieste, senza esito peraltro, di ricorrere ancora a quesiti sui problemi (conciliari) piu` controversi, e soprattutto di costatare che quel metodo
provoco` il mutamento della strategia della minoranza , che preferisce esasperare le pressioni sulla persona del papa e avrebbe puntato sempre meno
sulla dialettica in seno allassemblea (p. 534). Questa seconda parte dellaffermazione risulta peraltro debole.
I giudizi finali sono, al termine, tutti sulla linea del Vaticano II come occasione di rinnovamento , mentre si affaccia anche l` mpressione che i risultati
non potranno essere del tutto soddisfacenti. Non e` un caso che si cominci a
guardare con interesse al post-conc` lio ... anche il concilio sara` una tappa in un
cammino (p. 534). Il dado e` tratto per il post-concilio, in cui si chiedera`
quanto si reputa che il Concilio, o, meglio, i testi conciliari, non abbiano,
ingiustamente, concesso.
Ha proprio ragione SantAgostino quando attesta: Sic amatur veritas ut
quicumque aliud amant hoc quod amant velint esse veritatem (Conf. 10, 23, 34;
P.L. 32,794: La verita` e` cos` amata che coloro che amano unaltra cosa rispetto ad essa vogliono che cio` che essi amano sia la verita` ).
13. Per la storia del Concilio Vaticano II (il terzo periodo e la terza
intersessione)
Osservazioni sul IV volume di una storia *
Con rispetto dei ritmi di pubblicazione previsti, e` da poco in libreria il
IV volume di una Storia del concilio Vaticano II , quella diretta dal Prof.
G. Alberigo. Come gia` misi in evidenza per i precedenti tomi, anche questo,
ponderoso e dalla consueta bella pagina e attenta presentazione, costituisce un
notevole sforzo enciclopedico, per quanto riguarda il magno Sinodo Vaticano,
come del resto attesta, in fondo, lo stesso Direttore, nella sua premessa allopera: Le differenze tra i punti di vista dei collaboratori sono state discusse, ma
valorizzate come un pregio dellimpresa comune. E` stato proseguito lambizioso
progetto di realizzare unopera a piu` mani (p. 10).
* La Chiesa come comunione. Il terzo periodo e la terza intersessione, settembre 1964settembre 1965 (diretta dal Prof. A. Alberigo), Peeters/Il Mulino, Bologna 1999, p. 706.
135
Con soddisfazione, comunque, notiamo, in generale, cosa del resto rilevata anche per il volume immediatamente precedente luso ormai sistematico,
da parte degli Aa., della titanica impresa di mons. Vincenzo Carbone di edizione delle insostituibili fonti ufficiali, relative ai lavori nelle congregazioni
generali e al funzionamento degli organi di direzione e della segreteria del
concilio (ib.). A questultimo proposito, in effetti, dopo 61 tomi, ne manca
ancora solo uno fra i previsti a tuttoggi di quellinsieme finale che fornisce
la chiave, magari piccola rispetto al tutto, ma indispensabile, per aprire la porta
blindata mi si passi limmagine dellautentica ermeneutica sinodale. Aggiungerei poi che le fonti ufficiali non sono solo insostituibili, come attesta
Alberigo ma anche la chiave (diciamo cos` per associazione di parole) di volta
dellinterpretazione degli altri documenti. Mi riferisco a quelli privati, per i quali
esse sono la cartina di tornasole atta a rivelarne la autenticita` , in senso
conciliare , il criterio di verita` insomma, oltre le interpretazioni parziali e personali, o le impressioni e le dicerie, o finanche legocentrismo, la vanita` e le
grettezze, rivelate per esempio dai vari diari che si riferiscono allo svolgimento del piu` grande evento ecclesiale del Novecento.
Continua inoltre ad aleggiare sulla presente Storia un elemento che
definimmo ideologico , fin da principio, e che traspare anche da varie animosita` ingiustificate e non scientifiche contro personaggi della minoranza conciliare in questo pure il presente volume e` monocorde . Tale elemento arriva in
fondo a considerare come vero Concilio Vaticano II quello di Papa Giovanni, ritenuto innovatore e progressista , [e tale assemblea sinodale e` spinta fino a raggiungere la soglia del settembre 1964: Con i lavori dellautunno
1964 qui ricostruiti, il Vaticano II si svolge pienamente nel clima del pontificato
di Paolo VI e papa Montini mostra di esercitare con grande consapevolezza le
sue responsabilita` di presidente nato del concilio p. 9 ], piuttosto che
l altro concilio, di Paolo VI. Invece il magno Sinodo fu, e`, uno ed indivisibile,
il Vaticano II.
Nella stessa linea di soggettiva e non fondata interpretazione appare lidea,
sottostante allermeneutica conciliare di cui il volume e` un esempio chiarissimo,
che il magno Concilio emerge s` come evento , ma in una sua visione storica
di novita`, di rottura con il passato, e non di continuita` e di rispetto alla Tradizione, pur nel giusto suo aggiornamento (v. nota 1, p. 9, specialmente
Levento e le decisioni ...: cfr. pp. 223-232 di questo volume).
Infine segnalo che, come in precedenza e si comprende , nel volume si
e` ritenuto di privilegiare leffettivo dipanarsi (nel tempo), pur nellordito dei
temi conciliari, dellesperienza sinodale, rispetto a una ricostruzione solo tematica. Non vi mancano peraltro gli inconvenienti, che si sarebbero anche potuti
evitare. Mi riferisco, per fare un esempio, alle interpretazioni assai dure e di
parte circa il ruolo di Mons. Felici, per non parlare di altri, in tema di liberta`
religiosa ( la crisi di ottobre : pp. 192-219), senza tener conto della mens papale, la stessa che si rivelera` ancor piu` durante la settimana nera (del novembre 1964) del Concilio. Tale espressione continua ad assere qui usata, pur essendo essa erronea e giornalistica. Di fatto e` ormai da tutti riconosciuto, almeno
per quanto riguarda lo schema sulla liberta` religiosa, anche da chi vi fu visce-
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spes. Del resto per quello De libertate religiosa non si puo` parlare qui di una
vittoria di Bea , anche introducendo il lenitivo sostanziamente (p. 217),
in modo particolare se si tiene in conto la successiva prospettiva: costatiamo
a questo punto la sconnessione nei contributi degli Aa. perche il nuovo
testo, esaminato da un gruppo (misto) di esperti, dopo il nihil obstat della
Commissione teologica, dovette essere trasmesso a quella di coordinamento
(sottratto dunque alla competenza del Segretariato, e non solo primaria, come
dice lA. per giustificarsi nei giudizi espressi in antecedenza).
Il giudizio pure sul De Judaeis, che ritornerebbe per lA. allo status quo ante
(p. 218), dopo la crisi dellottobre , non e` esatto, in specie se consideriamo il
contesto in cui, anche ampiamente rielaborato, il documento si inserisce: quello
delle religioni non cristiane.
Infine risolutamente contrari ci trova luso dellespressione giornalistica,
fatta cos` storica, settimana nera , come sopra rilevato quando ormai
tutti ammettono gli effetti positivi della decisione pontificia, presa in quel tempo, di rimandare cioe` le discussioni alla seguente, ultima sessione conciliare.
Con I problemi della dottrina sono i problemi della pastorale ,
lespressione e` equivoca e non corrispondente al contenuto del capitolo
H. Sauer ci immerge nelle discussioni a proposito dello schema conciliare sulla
Divina Rivelazione. Il discorso e` lineare e segue, dopo breve preistoria e problematica del documento, gli interventi dei Padri, riassunti con qualche commento. LA. cita, oltre gli Atti sinodali, alcuni giudizi, spesso non equilibrati, del
molto drastico Semmelroth (per lui per es. Franic ... e` un vero e proprio
reazionario : p. 236 e lintervento del vescovo Carli e` abietto e demagogico :
p. 257, nota 128). Per uno dei temi centrali basti citare, per rivelarne la parzialita`, il titolo di un capitoletto: In questa aula leviamo in alto la sacra Scrittura,
non la tradizione (considerazione tratta dalla Liturgia, da Mons. Volk).
E` lo stesso Sauer a continuare la trattazione del capitolo successivo: Il
concilio alla scoperta dei laici . Anche qui si seguono linearmente gli interventi
dei Padri, secondo gli anzidetti Atti, mentre la conclusione la fa una lunga
citazione di K. Rahner, in netto contrasto con lo schema. LA. menziona pure
la nascita della rivista internazionale Concilium , che sarebbe ispirata al
concilio stesso p. 291 (e della realizzazione concreta del progetto, fino
ad oggi, lasciamo il giudizio agli informati lettori) e la proposta di canonizzare
papa Giovanni. Non mancano dunque nella ricerca del Sauer gli indici della
direzione in cui egli si inclina, nella visione conciliare, sottolineature non imparziali per i membri di maggioranza e minoranza, ed altro. Pur, nellinsieme, il
lavoro e` serio, de actis et probatis.
Il V capitolo, affidato a N. Tanner, porta il titolo La Chiesa nella societa`:
ecclesia ad extra , ma oltre allo schema XIII esso riguarda, con evidente incongruenza tematica, le missioni, il ministero e la formazione sacerdotali, i religiosi
e il matrimonio.
Anche in questo caso il procedere sullo schema XIII e` abbastanza piano,
con lesame degli interventi dei Padri, resi piu` saporiti dalle reazioni , nel
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sottofondo, dellOsservatore del Consiglio Mondiale delle Chiese, il Dott. Vischer, e da quelle del Congar.
Risulta inoltre evidente la posizione del Tanner contraria a Mons. Felici,
anche se si deve riconoscere la personale difficolta` di questultimo in relazione
allo schema XIII (v. la questione, per esempio, delle sue appendici adnexa . Del resto anche lo stesso Congar, su diversi punti, non era daccordo).
Il contributo pero` si accende, problematicamente, a pagina 294, da cui bisogna
prendere le distanze, e poi a partire da p. 353, per un sussulto circa il concilio
come evento . Per questo, secondo lA., e` importante ... prestare ascolto a
cio` che i padri hanno detto, senza preoccuparsi dellinfluenza dei loro interventi
sul risultato finale della Gaudium et Spes (p. 353, v. altres` p. 354s.). Non ve`
chi non veda penso il gravissimo rischio teologico di una tale visione, di
cui trattammo su LOsservatore Romano del 12 Agosto 1998, p. 6. E proprio
a proposito di giornali rileviamo che LAvvenire dItalia non era lorgano
ufficiale della C.E.I.
Per le missioni, lA. rileva che la discussione fu inevitabilmente dominata
dal discorso del papa in favore dello schema e dalla riluttanza del concilio a
seguire le sue raccomandazioni (p. 360). Vi sono al riguardo buone e fini
osservazioni ma con la conclusione di uno scacco del pontefice (p. 362 e
p. 372. La interpretazione, in nota, 104: I voti contrari erano quelli favorevoli allo schema sostenuto da Paolo VI non e` ponderata, mentre notiamo
che quelli a favore furono 1601 e non 1914). Tale impressione devessere invece
molto attenuata (p. 362s.), cos` come le considerazioni durissime del Congar
sulla teologia papale (p. 363s.).
Per il ministero e la formazione dei sacerdoti lA., secondo il suo metodo,
continua nellanalisi, riassume e presenta il nocciolo del vario argomentare dei
Padri, sempre con riferimento ai testi pubblicati negli Atti. Ci piace ricordare
che fu motivo di sodisfazione per molti di essi rilevare, per la formazione sacerdotale, il raggiunto buon equilibro fra conservazione e rinnovamento
(p. 386): e` la sintesi fondamentale e caratteristica specialmente del Concilio
Vaticano II, voluto da Papa Giovanni e indirizzato nel concreto, e portato a
compimento, da Paolo VI.
Nel VI capitolo L. A. G. Tagle affronta La tempesta di Novembre: la
settimana nera (pp. 417, 427, 434, 436, 446, 467, 470, 475, 477, 478, 479ss.,
481s.) e il suo gioved` nero (pp. 417, 421 e 441), il giorno piu` nero del
concilio (p. 477). Labbondanza del colore funereo, in quadro tempestoso, dice
gia` lindirizzo interpretativo dellA. (nonostante quanto egli afferma poi a
p. 418 circa la sua misteriosita`), in uno studio pur ricco e anche approfondito,
ma scentrato. Seppur con espressioni virgolettate (cos` pero` non e` nellindice
tematico) si accetta insomma, con linguaggio giornalistico, limmediata reazione
verbale di certi ambienti, anche conciliari, senza il senno di poi e la prospettiva
necessaria.
Inoltre Tagle, proprio fin dallinizio, fa sua, per il Concilio, la categoria
storiografica dell evento (v. sopra), anzi, per la famosa settimana dipinta a
lutto, crea una sorta di evento nellevento (p. 417) con una serie di
141
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vuole la Nota ... per evitare uno scisma simile a quello dei vecchi cattolici dopo il
Vaticano I. Inoltre voleva impedire che nella curia romana attecchisse una sorta
di antagonismo permanente verso i vescovi del mondo , 475, 477 Semmelroth non e` proprio mite , come lo def` nisce lA., stando al suo diario,
quale appare dalle citazioni riportate nellopera e lo dimostra anche la nota
276 , 478 linnocuo titolo di mater ecclesiae divento` il simbolo di doglianze che riguardavano la nascita di una diversa forma di chiesa , 480
la minoranza ... ha speculato sul temperamento di Paolo VI ... la strategia e la
disputa durante la settimana nera mettono in luce le ambiguita` dei documenti
conciliari; ma tener conto delle loro obiezioni aumenta i compromessi teologici
nei testi , 481 I suoi (di Paolo VI) interventi furono visti come difesa
delle prerogative pontificali, mentre, forse, egli credeva che come papa potesse
partecipare al concilio esattamente come ogni altro vescovo e 482, in tema
sia di pieta` mariana che di collegialita`. Comunque il finale e` positivo (ma sa di
felix culpa) poiche per lA. anche la settimana nera e` una di quelle sorgenti
che hanno reso il Vaticano II una fonte di grazia.
Nel capitolo VII, il piu` lungo, R. Burigana e G. Turbanti si occupano
dellintersessione. Vi appaiono ben in evidenza i soliti punti di vista del gruppo
di Bologna che per noi chiaramente sono ideologici. Mi riferisco al linguaggio
battagliero, drammatico alleccesso, pessimistico, alla animosita` nei confronti di
Paolo VI (v. per es. pp. 484, 510, 512s., 515s., 527 nota 103, 533-536, 542s., 549
e 577), in relazione con Papa Giovanni; i due Pontefici risultano divaricati
( per costoro i piu` impegnati nel rinnovamento della dottrina cattolica in
concilio la Nota praevia veniva a svuotare di significato il passo qualificante
del Vaticano II ... per costoro il concilio si era concluso il 21 Novembre 1964 :
p. 487. Ivi la maggioranza era stata derubata : p. 486).
Mi richiamo ancora al giudizio assai negativo, anzi malevolo, nei riguardi
di Mons. Felici, verso la Curia romana (senza distinzione), la Segreteria di
Stato, e LOsservatore Romano , al riferimento allo spirito (in cui si inserisce cio` che si vuole) e non solo alla lettera conciliare (p. 499). Si stabiliscono poi impropri ed indebiti legami tra il Segretario della Conferenza Episcopale Olandese e il gruppo della Domus Mariae (p. 488), fra la
sodisfazione del Card. Siri e, implicitamente, quanti sottolineano senza sposare le sue posizioni su altri punti il carattere di continuita` conciliare fra il
magno Sinodo Vaticano e quelli che lhanno preceduto. Noi pensiamo, ad es.,
nel dopo-concilio, a Jedin e a Carbone, a Ratzinger e a Kasper e finanche a
Poulat.
Proprio a proposito di teologi e storici rileviamo che specialmente qui, ma
un po in tutto il volume, troviamo una indebita sottolineatura del loro ruolo, in
modo particolare di quello del P. Congar, che sembra esser diventato la vera e
giusta misura del pensare di tutta la Chiesa, nei suoi giudizi su uomini e cose (v.,
a conferma, lindice dei nomi di p. 677s.). Ebbene si deve chiarire che, per
analogia, la ricerca teologica e` un po come lacceptio rerum negli Autori sacri.
Le decisioni conciliari non sono cioe` opera dei teologi, anche se essi possono
averne fatto umilmente il tessuto , in parte, ma soggetto alla decisione epi-
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evidente tra testo e note corrispondenti (a p. 632) e cenno congariano a unoffensiva terribile degli oppositori, ad una battaglia sulla questione delle conferenze episcopali (p. 633).
Infine si esamina limpegno della Commissione di coordinamento, da cui
risulta la tendenza degli Aa. a ridurne limportanza, invece decisiva (pp. 634639), con rilievo, giustamente, del giudizio assai critico di Mons. Felici sullo
schema XIII, che era frutto di due esigenze in parte contrapposte di enunciare
(, cioe`,) principi universali ... e di affrontare problemi contingenti ... il testo non
risolveva questa contraddizione di fondo (p. 636 nota 367).
Il capitolo si conclude con Osservatori vicini e lontani , su cui ci sarebbe
pure da ridire assai, specialmente, una volta ancora, sulla divaricazione stabilita
nei comportamenti di Giovanni XXIII e Paolo VI (p. 645) e analisi in fondo
superficiale e polarizzata su il mondo comunista al Vaticano II .
Nellultimo capitolo, al fine, come realizzato del resto sempre, nei volumi in
precedenza pubblicati, il Prof. Alberigo trae le sue conclusioni ( Grandi risultati ombre, definite poi pesanti e amare, di incertezza ). Dico sue, come
risulta subito evidente dal riassunto iniziale della Lumen Gentium e del decreto Unitatis Redintegratio, tutto molto personale. Vi e` lAlberigo di sempre
con la tendenza a considerare lassemblea sinodale quasi come un parlamento
civile ( la minoranza talora al limite della filibustering parlamentare : p. 649) e
il principio democratico (p. 661), quale base di giudizio anche per la Chiesa,
mentre nota una ostilita` cristiana e particolarmente cattolica per esso, che
riprova. Ce` la sua consueta distinzione tra Chiesa pellegrinante e Regno (pp. 649
e 651), ma tale che non gli permette di tener in conto la visione di essa, pure
conciliare, come germe e inizio proprio del Regno (v. Lumen Gentium 5).
Vi e` altresi nellA. una caratteristica accezione della collegialita`, delle
Chiese sorelle (le diocesi), del primato, che non collima con i testi del grande
Sinodo, mentre egli nemmeno si mostra obiettivo nellanalizzare lapporto degli
osservatori ecumenici al Concilio (p. 653s., v. anche p. 664).
Cos` lAlberigo continua a non vedere il legame, fondamentalmente cattolico, tra il Vaticano II e i concili che lhanno preceduto (v. p. 659 sul Concilio di
Trento) e a negare (p. 655) che esso sia la continuazione logica (p. 664: e`
espressione di Paolo VI) del Vaticano I. Che poi lassemblea sinodale abbia
proceduto per compartimenti stagni (p. 655) come egli attesta non e` vero
e ne e` esempio lo schema sui vescovi, che invece per lAlberigo proprio lo
dimostrerebbe (p. 659).
Pure lopposizione irriducibile tra metodo deduttivo ed induttivo, quasi che
valido sia solo questultimo (p. 655s.), risulta forzata e in fondo non cattolica , specialmente se i segni dei tempi vengono considerati rivelazione
( rivelano alla luce della fede nel farsi della storia, le ricchezze contenute nella
sovranita` della parola : p. 656).
Nei movimenti , poi, citati da Alberigo, che hanno preparato il Concilio
Vaticano II manca significativamente quello patristico , che avrebbe proprio
aiutato lA. a moderare almeno quel suo cercare ad ogni costo e solo la novita` conciliare, oltre la Tradizione e la continuita` (p. 656). La ricerca di
145
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contenimento. Ne` America, ne` Africa, ne` Italia, ne` Spagna hanno un peso
(v. p. 662). E` grave affermazione, ma da ponderare bene.
Pure qui come del resto abbiamo notato in precedenza per il gruppo di
Bologna ce` infine (nelle tensioni ed incertezze ) lappesantimento ingiusto nel giudizio storico (v. p. 664ss.) su Papa Montini (in contrapposizione a
quello su Giovanni XXIII), in una rinnovata incomprensione per la continuita`
storica (v. p. 666) e per la Curia romana (in concreto Mons. Felici e il Card.
Cicognani; v. pure p. 669s.: questione degli yes-men ), nel rammarico che il
Papa ne abbia avocata a se` la riforma senza intromissioni conciliari (p. 665).
Egli denuncia inoltre pesanti compromessi , espressioni contraddittorie con
la linea dottrinale principale del Concilio (p. 666), manifestazione delle debolezze della maggioranza sinodale verso i bambini recalcitranti (=la minoranza, come in citazione del Congar lavrebbe definita de Lubac). A
proposito di contraddittorieta`, varra` ricordare il giudizio di Philips e di altri
per i quali essa non esisteva proprio tra la Lumen Gentium, nel suo III capitolo, e
la Nota Explicativa Praevia (v. pp. 441 e 444), come non cera, per lo stesso
Congar e anche per il card. Bea, fra quanto accettato delle modifiche proposte
da Paolo VI e il testo del decreto sullecumenismo.
Il nostro dire critico va gia` molto lungo, ma non possiamo tralasciare di
accennare, in conclusione, alliniziale scandaglio da parte del prof. Alberigo
della validita` storica del Concilio (p. 668), proprio nella lettura estensiva
di alcuni contenuti della costituzione Sacrosanctum concilium . Applicazione e
recezione costituiscono (infatti) la prova senza appello di tale validita`. Siamo
alloggid` , ma nel rispetto, per noi, del dettato sinodale, indipendentemente da
ogni cliche, magari preso a prestito da un De Luca (a Montini) del 1959 (p. 670)
o dallo Chenu (preceduto da Mons. Garrone lo diciamo noi ) per quanto
concerne il messaggio conciliare dei vescovi allumanita`, approvato il 20 Ottobre
1962.
Gli indici, dei nomi, tematico e sommario suggellano il volume (pp. 673-706).
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minoranza in via di ricomposizione , alimentata dalle vittorie del terzo periodo (p. 98). Essa avrebbe ora almeno due componenti che, pur non volendosi
confondere, condividevano comunque interessi comuni: i cardinali di curia e il
Coetus internationalis . E si cita (nota 93) L. Perrin che, in fatto di Coetus, ha
un punto di vista ben diverso da Routhier, per cio` che concerne la sua organizzazione . In ogni caso lA. inserisce qui la problematica dei contesti storici differenti (di provenienza) dei Padri conciliari, per cui la maggioranza non
riusciva piu` a guidare un concilio ormai dilatato alle dimensioni del mondo
(p. 101). E` affermazione assai grave.
In attesa del voto Routhier attesta che la molteplicita` degli organi
direttivi e la policefalia del concilio contribuivano a imbrogliare la matassa.
Bisognava aggiungere anche lassenza di procedure formali nelle udienze tra i
moderatori e il papa, che contribuiva a sfumare tutte le decisioni e a lasciare agli
intermediari il compito di farsi interpreti dellautorita` superiore (p. 106). Non
condividiamo il giudizio. Con linguaggio che si fa sempre piu` bellicoso , lA.
presenta quindi vari interventi dei Padri e poi La battaglia per il voto (che
sembrava tabu`) e liniziativa del papa (p. 116).
Ed ecco the big day , A Day of Destiny (p. 122), sulla liberta` religiosa,
sul baccano della minoranza, che si rivela essere una tigre di carta
(p. 126), sulla non rappresentativita` (degli organi direttivi e lode, questa
volta, a Paolo VI: p. 126), sul volere che la dichiarazione mettesse bene in
luce la continuita` dellinsegnamento del magistero (p. 130). Ma la tigre di
carta , poi, dimostra tenacia , mentre i promotori rivelano sfinimento
(p. 132) e il Papa esige soltanto che il testo affermi chiaramente che la Chiesa
[?] e` la sola vera religione, che si e` obbligati a cercare la verita` e che dimostri che
questo insegnamento e` in linea di continuita` con quello dei suoi predecessori
(p. 133). Fra alterne vicende, riportate piu` o meno bene dal Routhier, con
linguaggio molte volte infelice, si giunge, alfine, a precisare quale fosse loggetto della liberta` religiosa di cui si parlava nello schema (p. 141), mentre si
anticipa che la dichiarazione sara` promulgata il 7 dicembre. Malgrado tutti i
suoi sforzi Paolo VI non era riuscito ad ottenerne il consenso che aveva tanto
cercato, anche al prezzo di compromessi che molti gli rimproveravano
(p. 141).
LA. affronta poi lo schema XIII, sotto la guida del Turbanti, senza novita`
dunque, ma con giusta precisazione, rispetto al collega, a proposito di Chenu,
(contrario alla Dottrina sociale della Chiesa) praticamente escluso dalla preparazione dello schema (p. 149). Routhier identifica nella revisione degli
insegnamenti precedenti (p. 144) la prima difficolta` per esso. Ma non e` cos` .
Egli parla anche dello sfilacciarsi in casu della coalizione, a geometria leggermente variabile, franco-tedesca e piu` largamente centro-europea, che aveva,
dallinizio, esercitato un vero e proprio ruolo-guida nei confronti del concilio
(p. 145). Era unalleanza che bisognava rifare, mentre si formava un blocco
mediterraneo, con una frangia latino-americana, corrispondente alla minoranza
conciliare (p. 152), ammettendosi che la linea di divisione fra i padri ... non
obbediva semplicemente a imperativi regionali o geografici (p. 153). Vi era
dunque fluidita` di posizioni, sensibilita`, presupposti filosofici e di opzioni teo-
150
logiche (pp. 155 e 158), con due letture del mondo contemporaneo , meglio,
della creazione e delle realta` terrene, e della storia. Il dibattito piu` significativo
riguardo` il titolo, la portata e la qualificazione teologica dello schema (p. 156).
E siamo all Ateismo e comunismo , con trattazione pure senza novita`, e
passaggio successivo Dalla Casti connubii al Vaticano II e lapparire di due
tendenze in proposito. Mons. C. Colombo (a nome di 32 vescovi italiani) vi
risulta mediatore , per una via media . Anche lindissolubilita` del matrimonio e il divorzio furono affrontati da vari Padri (si ricordera` Mons. Zoghby e le
relative discussioni, mentre il Patriarca Maximos se ne dissocio`) e ancora il
flagello dellaborto. Per lA. restando fuori dal tempo e dalla storia si poteva
parlare con sicurezza, ma di fronte alla cattolicita` della Chiesa, questo modo di
pensare difficilmente resisteva (p. 176).
Il tema seguente, Cultura, vita economica e sociale, politica , trova Routhier ad indicare le opposizioni di fondo tra una teologia dellincarnazione, che
accordava grande valore alla cultura umana, e una teologia della redenzione
secondo la quale la cultura aveva bisogno di essere riscattata e la scienza maggiormente sospettata (p. 180). E si giunge a guerra e pace (p. 185).
Su tali questioni lA. sottolinea molto la posizione del Card. Lercaro, che
nel suo intervento segue una prospettiva completamente diversa rispetto a
quella adottata dal papa allONU ... assumeva inoltre una posizione molto
piu` radicale di quella della maggioranza conciliare e di Paolo VI. Lindicazione
di Giovanni XXIII sul superamento della guerra giusta trovava cos` uneco
fedele e rigorosa, senza ambiguita` ed umana prudenza (p. 185). Era uno dei
temi che avrebbero dominato il dibattito, insieme alla questione della dissuasione nucleare e dellobiezione di coscienza. Eppure lA. segnala, con dispiacere,
che il dibattito finisce nella calma generale, senza dubbio a causa della stanchezza diffusa. Si capiva che il concilio, divenuto una assemblea votante piu` che
deliberante [ma la deliberazione non si esprime con il voto?], avrebbe facilmente
accettato tutto cio` che gli fosse stato sottoposto (p. 189). Non lo crediamo
proprio. Lo schema XIII ... era sopravvissuto al dibattito nonostante tedeschi
e spagnoli avrebbero preferito al suo posto una sorta di messaggio del concilio
(p. 189). Iniziava cos` il lavoro delle Commissioni, di nuovo.
Prima delle conclusioni il capitolo si chiude con lufficio dei vescovi e il
governo delle diocesi , con attenzione al decreto che doveva mettere in pratica i
principi della Costituzione conciliare sulla Chiesa. Non vi mancano temi scottanti, quali la sacra potestas (senza distinzione con i munera, e confusione riguardo alla giurisdizione, e con un papa interventista , su suggerimento di
mons. Samore e spinto da Carli e Siri : p. 191), le Conferenze episcopali (strumento della collegialita`), il loro rapporto con i Nunzi (sottomissione al loro
controllo).
Ma per Routhier vi e` un clima che avvelena il cammino del concilio. Comunque Bisognava ammettere che era nelle commissioni e non in aula che si
decidevano le sorti degli schemi ... (ed) era chiaro che attraverso la pressione sul
papa si poteva ottenere qualcosa, e gli avversari degli schemi non avevano
mancato di percorrere quella via [e gli altri no?]. Il pontefice preoccupato
dellunita` della Chiesa, voleva ad ogni costo tendere allunanimita`, anche se le
151
adesioni che otteneva erano spesso date controvoglia. Le sue concessioni avevano anche linconveniente di far salire la posta in gioco. Poiche si era riusciti a
piegarlo una volta, non ci si preoccupava di aumentare la pressione (p. 192).
In ogni caso si restava prigionieri di una prospettiva universalista, con il
vescovo inquadrato innanzitutto nella Chiesa universale, prima di esserlo nella
sua diocesi (p. 193). La conclusione va ancora a giudicare, male, il Papa:
Paolo VI e` innanzitutto vittima di questo difetto di assimilazione della dottrina della collegialita` da parte dei padri stessi, che finiscono per considerarlo un
arbitro superiore al concilio [e non lo e?]. E` anche vittima del suo temperamento
e della coscienza esigente del suo ruolo ... Si e` cosi esposto a fortissime pressioni
da parte di persone poco scrupolose, alcune delle quali appartenenti alla sua
stessa cerchia e, in molti casi, a veder offuscata la sua immagine ... Insomma, il
quarto periodo pose concretamente il problema del regime collegiale della Chiesa cattolica e dellarticolazione dellattivita` primaziale in un contesto collegiale
(p. 194).
Laltro problema che emerge da questi dibattiti e` la concezione della tradizione (per molti era cumulativa e ripetitiva). In effetti il quarto periodo
poneva eloquentemente la questione della traditio interpretativa nella Chiesa
(ib.). E` in fondo tutta la questione dello sviluppo dottrinale che si pone attraverso questi dibattiti conciliari . Proprio quando lo consideravo ho letto, di
Florence Delay, un intervento in cui, con J. Guitton, si intravvede Newman 3 e
mi e` parso allora piu` evidente che Routhier si affanna contro una maschera di
Tradizione. Comunque per A. Outler, il cui pensiero e` riportato a conclusione, i
mesi di settembre-novembre 1965 possono essere considerati un Reformation
Day per la Chiesa cattolica, ma si tratta di una Reformation Roman-style
[e non e` giusto che sia cos` ?]. In ogni caso qualcosa dimportante era cambiato (p. 195).
M. Velati affronta, successivamente, nel capitolo III, Il completamento
dellagenda conciliare , in un clima segnato da un misto di frenesia e di
stanchezza . Questo della stanchezza, dellapatia, e` una caratteristica ripresa
fino alleccesso (pp. 197, 204, 208, 222, 245, 270 e 277), anche nei capitoli
successivi, (v. pp. 287s., 306, 329 e 420) e non vorremmo che, oltre la realta`,
ci fosse sotteso il pensiero che i Padri ingoierebbero ormai qualsiasi cosa pur
di finire. Sarebbe in fondo sminuire la loro responsabilita` e liberta`, in un periodo particolarmente ricco di decisioni (di voto). Per conseguenza risulterebbero, ingiustamente, svalutati i testi approvati, come si vuole del resto fare. Il
dettato e` abbastanza piano, con buona presentazione dei vari oratori . Vi si fa
lesame del rinnovamento della vita religiosa, della formazione dei presbiteri e
delleducazione cattolica e risulta qualche difficolta` nellassemblea per la definizione di obbedienza, per il celibato sacerdotale Paolo VI tronca il
dibattito : pp. 244-249; i giudizi dellA. sono qui assai opinabili e per il
ruolo della filosofia di S. Tommaso. Vi appare la funzione chiave, naturalmente,
del Segretario del Concilio, Mons. Felici (p. 221).
3
152
Segue lesame della dichiarazione sui rapporti con le religioni non cristiane.
Si parla di vescovi tradizionalisti (pp. 223s., 232 e 242), mentre si dovrebbe dire,
piuttosto, tradizionali , del Coetus internationalis Patrum (pp. 224, 226 e 232),
usando anche un linguaggio improprio (per es. antisemitismo : pp. 226, 229 e
242). Il P. Cocq, poi, e` invece il P. Cuoq (p. 226), e risulta altres` mal posto il
dilemma tra la coscienza (dei Padri) e lopportunita` (p. 230). Si affronta
anche la questione della soppressione di una chiara condanna della dottrina
del popolo deicida (pp. 228s. e 231). E si giunge alla settima sessione pubblica
(28 ottobre), in cui il papa si trova al centro di una serie di appelli e di
manovre (p. 235), con alterne vicende sui risultati ottenuti da ciascuno. Comunque vera il rischio di degradare il clima della sessione, facendo saltare
ogni procedura regolamentare (p. 238).
Velati, a questo punto, riporta varie critiche ai documenti approvati e ci
domandiamo ancora una volta come i testi conciliari possano essere recepiti con
tali funeree premesse. Buone e giuste considerazioni, invece, sono successivamente formulate circa Nostra aetate (p. 242s.).
Intanto prosegue il dibattito conciliare tra nostalgie del passato e sentimento di crisi . Molte cose dovremmo rilevare in senso critico a questo riguardo, ma entreremmo in un dedalo di particolari, mentre ci basta averne avvertito
il lettore. Si passa quindi al lavoro in commissione , mentre su tutto domina
la fretta (p. 260). Fa sempre da guida il diario di Congar.4 LA. in seguito
presenta lo schema frutto di un tale lavoro, con attenzione piu` a vedere le
differenze con i precedenti, piuttosto che a considerarne la continuita`. Interviene
poi il Papa e vengono presentati gli emendamenti ( di poca rilevanza sono le
osservazioni papali : p. 266). E` una sorta di partecipazione del papa indubbiamente tardiva al dibattito in aula (ib.). Una volta chiarito, quindi,
il valore non autoritativo dellintervento papale, si inserira` la proposta tra i
tanti emendamenti episcopali raccolti durante la votazione in aula. E inesorabilmente andra` incontro alla bocciatura visto che tale aggiunta in realta` apporta
qualcosa di sostanziale al testo gia` approvato dal concilio (p. 267).
A chi fu Nunzio in Belarus risulta strano, a questo punto, che s. Giosaphat
sia considerato missionario e martire in Ucraina e pure il paragone (di Horton)
con Lutero, definito coraggioso dallA. (p. 267, nota 197). Il voto conclusivo
sul documento e` comunque pressoche plebiscitario (p. 275). Si era fatta
molta strada scrive lA. , giungendo ad un ripensamento della teologia
del sacerdozio in chiave pastorale e missionaria. Ma si e` notato il carattere
di incompiutezza dello schema definitivo e per questo si e` potuto parlare in
seguito di un superamento solo parziale della tradizionale teologia scolastica del
presbiterato [e` la tesi di C. Duquoc], oppure di mancanza di una riflessione di
fondo [e` il pensiero di Dossetti] sulla teologia della Chiesa locale (ib.).
Lultimo argomento di Velati e` I laici protagonisti nella Chiesa? . Il basso
numero dei non placet sulle singole parti dello schema che li riguarda indica
immediatamente un consenso generalizzato. Vi sono anche qui alcuni emenda4
V., in questo volume, la mia analisi sulla posizione conciliare congariana (pp. 320-336).
153
menti richiesti dal Papa che rivelano per la maggior parte la preoccupazione di
sottolineare nello schema il ruolo legittimo dellautorita` nella Chiesa. Anche
questa volta Routhier nota che nel dibattito non emergono scrupoli legati
allobbedienza dovuta al pontefice [aggiungeremmo almeno: in casu]. Gli emendamenti vengono al contrario discussi e soppesati guardando unicamente alleconomia generale dello schema . Velati parla di rigetto, rifiuto, bocciatura. Ci
pare di intravedere una certa soddisfazione nelluso di tali parole ... Si e` davanti
peraltro ad una novita` assoluta , poiche e` il primo documento, questo, di un
concilio che tratti specificamente dei laici . Anche qui, oltre i pregi, si segnalano
i limiti di uno schema che apriva grandi spazi ... pur restando legato ad alcuni
schemi teologici e pastorali dellepoca precedente (p. 284). Ma pure in questo
caso non potrebbe cio` dire qualcosa allA.?
La Chiesa sotto la parola di Dio e` il titolo del contributo di Ch. Theobald, che risulta esatto se teniamo in considerazione lequilibrata visione della
Dei Verbum, per quanto riguarda il trinomio S. Scrittura, Tradizione e Magistero nel testo dellA., significativamente, solo Scrittura e` maiuscola, mentre
non lo sono Tradizione e Magistero: non e` solo minuzia , cos` come, per es., e`
presentata dal noto P. A. Vanhoye.5 Theobald da` grande spazio al diario di
Prignon, eccessivo per noi, (v. un po il giorno degli inganni : p. 287 e una
nuova settimana nera : p. 339 nota 269) e anche al P. Betti, nonche, naturalmente, agli Acta Synodalia e, in emergenza, allottimo G. Caprile, che peraltro
non da` come si attesta la versione ufficiale dei fatti (pp. 336 e 344).
LA. inizia con un conflitto dottrinale irriducibile , espressione gia` significativa, con nota (16) atta ad indicare dove si trovavano le zone di turbolenza
dello schema. Le convergenze, che Theobald trova strane, tra settori in genere
lontani, dellAssemblea dei Padri (pp. 296 e 315 nota 159), indicano invece
quanto gia` in passato affermato che, in fondo, essi erano piu` vicini di quanto
pensassero, come conferma il risultato delle votazioni, non lontano dallunanime consenso (p. 349: 27 non placet e 7 voti nulli, su 2115 voti). Eppure lA. parla
di unasse romano-fiorentino e belga (p. 300) e della grande questione della
natura costitutiva della tradizione in quanto fonte della rivelazione (pp. 299 e
335ss.). Emergono anche i famosi temi della veritas salutaris 6 (pp. 303, 321-323,
332s., 339s., 342ss., 345ss. e 357) e della storicita` dei vangeli (v. pp. 323-326,
340, 342 e 344), che ci accompagneranno fino al termine dello studio del Theobald. Il clima che lA. ci presenta non e` certo idilliaco, ma le tinte sembrano a
noi piuttosto calcate, sul fosco. Si parla cos` di una sorta di ricatto sul papa
da parte di almeno qualche membro della minoranza (p. 304), [e non ci si
avvede che si tratta invece di una sua personale posizione e preoccupazione
(v. p. 312) ]; si parla ancora di terzo partito che si sta formando, a sua volta
diviso, (pp. 305, 311s., 328 e 341 in questo caso e` quello che vince [ma non
5
Cfr. La Parola di Dio nella vita della Chiesa: La recezione della Dei Verbum , in
Aa.Vv., Il Concilio Vaticano II. Ricezione e attualita` alla luce del Giubileo, a cura di R. Fisichella, Ed. S. Paolo, Citta` del Vaticano 2000, pp. 29-45.
6
V. il nostro scolio La verita` che salva. Un caso significativo in un testo del Concilio
Vaticano II , in Bailamme, Genn.-Dic. 2001, pp. 39-42 e qui riprodotto a pp. 261-263.
154
era diviso?] ). Vi sono comunque delle impasses nella commissione teologica , ma altres` il desiderio di salvaguardare lapproccio economico della
rivelazione (p. 307).
LA. passa poi ad illustrare brevemente il testo dello schema e i vari tentativi di soluzione delle questioni piu` scottanti. E anche Philips manifesterebbe qui
un briciolo di ingenuita` (p. 319) e fa naufragio , qualche volta (p. 320). Si
arriva cos` all intervento, dellautorita` superiore, con giudizi assai particolari del Prignon (p. 329) e rimbrotto addirittura al Congar, che non sembra
accorgersi veramente dellambiguita` del modus 40D con laggiunta del directe (p. 331 nota 230). Le parole di Paolo VI, molto criticato (v. p. 359, per
es.), Vicario di Cristo p. 341 , vi sono invece assai chiare e significative
(p. 338s.): nostro dovere (e) ricercare una sicurezza dottrinale tale da permettere di associare la Nostra approvazione a quella dei Padri conciliari (p. 338).
Decisivo fu lintervento di Bea (v. p. 343, ne risulta che la Chiesa non ricava la
sua certezza dalla sola sacra Scrittura su tutte le cose rivelate ), il quale crea la
sorpresa ed e` accusato di abuso di autorita` (p. 345). Comunque lA. presenta
i risultati di varie votazioni e poi ritorna sul significato del compromesso
dottrinale e la sua ricezione (p. 350), a proposito della Dei Verbum, riprendendone, a suo modo, lillustrazione del testo.
Non ne ritorneremo sopra, ma, s` , segnaliamo la permanenza del conflitto
dottrinale (p. 355) e lidea del compromesso dottrinale . Theobald sottolinea poi la violenza delle discussioni (a p. 358 si parla addirittura di dibattiti
di una rara violenza ) e, ancora una volta, i campi conflittuali, con associazione, per noi infelice, tra Rahner e Giovanni XXIII (p. 357). Che poi Paolo VI
vorrebbe sopprimere la formula veritas salutaris; ma alla fine accetta a
denti stretti quella scelta allultimo momento, oggettivamente equivalente
alla precedente (p. 357s.), non pare esatto se non aggiungessimo almeno,
noi: ma non nel senso dello stesso Theobald e di Rahner.
Particolarmente importante, e sbagliata, appare qui, successivamente, la
posizione dellA. sulla fondazione storica della Chiesa . Pur andando gia` assai
lungo il nostro discorso, varra` la pena di riportarne il pensiero affinche il lettore
si renda conto della nostra critica: Linsieme dellimmagine che la neo-scolastica si fa della fondazione della Chiesa, una sorta di proiezione a-storica, anzi
ideologica, dellattuale struttura gerarchica e dellarchitettura dottrinale della
Chiesa in un passato immemorabile, diventa subito incerta. Strictu (sic!) sensu,
qui non si puo` parlare di un compromesso dottrinale perche la divisione degli
ambiti tra la Dei Verbum e la Lumen Gentium non e` mai stata discussa, ne in
commissione, ne nellaula conciliare. Ma la tacita eliminazione di un problema e`
anche un modo di lasciare delle zone dombra in un testo e di rimandare le
decisioni al futuro . Si conclude, infine, dissertando sullautorita` delle due
Costituzioni dogmatiche del Vaticano II (con loro comparazione), rette da un
unico cristocentrismo , a cui soggiacciono pero` per lA. due teologie.
Segue la trattazione finale del decreto sullApostolato dei laici [la questione
del mandato e` di ordine giuridico ?: p. 366] e quella della seduta pubblica del
18 novembre: Paolo VI progetta il postconcilio (con riforme istituzionali). Vi e`
qui indicazione di una ricezione ufficiale o kerygmatica del concilio [aggettivo,
155
lultimo, che per noi proprio non conviene]. Inizia comunque il terzo tempo:
La discussione finisce; comincia la comprensione. Allaratura sovvertitrice del
campo succede la coltivazione ordinata e positiva [sono parole di Paolo VI],
che per lA. ridurrebbe a niente conciliarita` e sinodalita`. Egli sembra quindi far
collimare conciliarita` e dibattito [e non applicazione ordinata] e perenne discussione. E` in questo contesto che Paolo VI annuncia la sua decisione di aprire i
processi di beatificazione dei suoi due predecessori (p. 369). Viene cos` evitata
una beatificazione per acclamazione continua Theobald , Pio XII e Giovanni XXIII sono ormai associati alla continuita` romana, essi sono poi messi a
servizio del periodo post-conciliare e dellaggiornamento rivisto da Paolo VI:
una sintesi di Giovanni XXIII e di Pio XII, o il richiamo a non dimenticare che
questo testo (Dei Verbum) siscrive effettivamente nel solco di Trento e del
Vaticano I. [E forse che non lo e`? chiediamo noi]. Il commento del Congar
(p. 370) e` ancora peggiore.
Le ultime settimane del concilio sono affidate alla penna di P. Huenermann, con ben poche note. Egli ricorre alle Relationes di S. Tromp (molto
giustamente, minuzioso e puramente diaristico, preciso sino alle ore e ai minuti),
al diario di Semmelroth (e fa meno bene, perche duro, amaro e scettico), e a
quelli di Congar (abbastanza imprevedibile, e nervoso-sensibile) e di Prignon
(assai di parte, anzi direi tendenzioso). Il capitolo e` ben fatto, in genere suo, ma
ideologico. Linizio e` piuttosto descrittivo: l attivita` e` febbrile , difficile, con
critica a Paolo VI (p. 374), che nel discorso del 20 Novembre usa solo citazioni
di Pio XII [ma non e` egli il piu` citato dai testi conciliare?], con unimmagine di
Chiesa totalmente gerarchica , senza una differenziazione tra Chiesa giuridica
e Chiesa dellamore [ma non fa altrettanto il Concilio?]. Con queste premesse,
una volta richiamata la promulgazione dei documenti sulla liberta` religiosa,
lattivita` missionaria della Chiesa, il ministero della vita dei presbiteri e la
Chiesa nel mondo , lA. affronta il tema delle commissioni come fattore
decisivo degli ultimi lavori del concilio . Si inizia con il loro metodo di lavoro.
Varra` ricordare anzitutto che Paolo VI era straordinariamente interessato
al successo dello schema XIII (p. 379) e aveva posto le commissioni in una
posizione di forza (p. 380). Lo stretto contatto che nella fase redazionale
finale ebbe Paolo VI con Mons. Garrone ha sorretto e supportato questo lavoro
in maniera decisiva (pp. 381, 395 e 430). E ancora Paolo VI si pose in
maniera evidente al di sopra della procedura ... e si assunse il diritto di poter
intervenire direttamente quale ultimo responsabile dellortodossia (ib.). In effetti ci si puo` a buon diritto chiedere se alcuni documenti avrebbero mai visto
la luce senza il forte impegno di Paolo VI (p. 381). Anche a noi cos` sembra.
Allora si capisce il suo temporeggiare , a proposito di certi emendamenti
da lui proposti non con carattere vincolante e lagire della Commissione in cui
i vescovi erano i veri membri (p. 383). Finalmente si dice! I teologi poi
erano decisivi nel formare le opinioni , uomini di grande sacrificio . E
qui lA. chiosa: Lodierno stato della teologia richiederebbe altra modalita`
di lavoro, per non parlare dei diversi temi che oggi introdurrebbero i teologi e
le teologhe (p. 385). Interessante! Huenermann conclude: Fu una grazia che
156
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158
Si riprende, successivamente, con il documento Dignitatis humanae, discusso prima accanitamente e poi accolto con una maggioranza schiacciante ...
un documento decisivo per la storia dellumanita` (p. 459). LA. scivola dala
passando a considerare in esso lelaborazione giuridica per gli spazi di liberta`
allinterno della Chiesa , in relazione allesercizio dellautorita` ecclesiastica
allinterno della Chiesa . Egli avverte comunque che questi ultimi principi non vengono esposti nel documento, [ e` onesto dirlo ] ma sono deduzioni che conseguono dai principi elaborati e dalle chiarificazioni concettuali del
documento (v. anche p. 465: il limite doloroso che cio` costituisce per la storia
post-conciliare). Su tutto questo manifestiamo i nostri seri dubbi, come su
quanto si scrive in seguito sulla Chiesa di Stato (p. 460). E` invece vero che
la liberta` religiosa, fondata sulla dignita` della persona umana, riguarda limmunita` dalla coercizione della societa` civile e lascia intatta la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e delle societa` verso la vera
religione e lunica Chiesa di Cristo (p. 462). Dopo tanto navigare al largo,
finalmente, arriviamo in porto. Largomentazione poi si collegava ad una
costante tradizione (tra la dottrina della liberta` religiosa e la fede cristiana)
(p. 463). Finalmente e` detto!
Ritorniamo ancora, in seguito, su Una riforma poco entusiasta: il decreto
sul ministero e la vita dei sacerdoti , uno dei figliastri del concilio (p. 465).
Basta questo per concludere qui la nostra presentazione del pensiero dellA.,
chiarissimo, al negativo. Solo ci sia permessa una domanda: in base a che si
filtra documento da documento, dando certificati di merito o biasimo? Forse
che qui manca come scrive una definizione teologica adeguata del ministero del presbitero ? (p. 465).
Questo e` quanto noi giudichiamo, da lungo tempo, ideologia
(v. p. 466ss.), in fatto di ermeneutica conciliare. In casu si accusa poi di ambivalenza il testo (di groviglio di diversi approcci: p. 469, di influsso di un
modello veterotestamentario e sacerdotale : ib.), della solita questione gerarchica, ecc. ecc. Altre parole di critica (a cui si aggiunge quella di Semmelroth
sulle tribune dispendiose e sul trono papale ) sono spese ancora sul discorso del 7 dicembre 1965 di Paolo VI (p. 485), partendo dalloggi. La cosa non
e` proprio storica ! Dominate ancora dalla critica sono le ultime pagine dellintervento di Huenermann (specialmente pp. 488 e 489s.), che cos` si concludono: attestava (Paolo VI, in tema di ecumenismo) piu` il linguaggio e latteggiamento di Pio XII, piuttosto che quello del concilio e di Giovanni XXIII.
Riesce difficile vedere in unico quadro lentrata in scena di Paolo VI allONU ...,
da una parte, e dallaltra questa celebrazione papale di chiusura del concilio.
Sono i due volti del papa. Sono i due volti di una Chiesa nella transizione
(p. 491).
Il VI capitolo, Il concilio come evento del movimento ecumenico , di
L. Vischer, e` storia utile ed interessante. LA. indica tre elementi di influsso
degli osservatori sui testi conciliari, a proposito della Gaudium et spes (p. 506),
della Unitatis redintegratio (p. 507) e circa la liberta` religiosa (p. 514). Vischer
prosegue presentando gli sviluppi (conciliari) nelle famiglie confessionali mon-
159
diali (pp. 516-545), cosi concludendo: in quasi tutte le Chiese sorse un nuovo
dibattito sul modo in cui dare espressione credibile alla communio della Chiesa,
anche a livello universale. La discussione e` a tuttoggi ancora aperta (p. 546).
La Conclusione e [le] prime esperienze di ricezione sono affidate a
G. Alberigo. Egli inizia con tre pagine intensissime e riassuntive, con la solita
musica, e la rivincita della preparazione (p. 548). LA. riprende insomma i
suoi punti di vista di sempre, gia` da noi molte volte criticati. Mi riferisco alla
contrapposizione tra Giovanni XXIII e Paolo VI (pp. 549 e 561), alla questione
della modernita` (cosa significa?) e passaggio, indebito, da questa, all umanita` (p. 551). Mi riferisco allo spostamento del baricentro conciliare dallAssemblea (e relativi Acta Synodalia) alle Commissioni (e ai diari), alla tendenza a
considerare nuovi , schemi che tali non sono (p. 552), al giudizio di acefalia dellAssemblea conciliare (ib.), alla visione di parte circa la liberta` religiosa
(p. 556: la coscienza personale trovava finalmente un riconoscimento solenne e
inequivoco ). Intendiamo ancora riferirci allispirazione riduttiva del Synodus
Episcoporum (rispetto allistanza di un organo collegiale centrale che coadiuvasse abitualmente il Vescovo di Roma nellesercizio della plenitudo potestatis nella
Chiesa universale: ib.), alla disparita` tra i vari atti approvati ... il loro grado di
elaborazione e di corrispondenza alle linee di fondo del Vaticano II e` vistosamente diseguale (ib.: chi giudica al riguardo? Per lA. la macchina conciliare e
le lobbies hanno tenuto in vita quei testi sino allapprovazione finale, malgrado
fossero in parte pleonastici e in parte insufficientemente elaborati ); alla svalutazione dei voti dei Padri (p. 557); allo svilimento del C.I.C. e, al contrario,
allamore per la legge stralcio (p. 559). Altres` mi riferisco, in accento critico,
al richiamo della settimana nera (p. 560) che nera non e`, ma fu quella del
chiarimento ; alla Nota Explicativa Praevia, (con cui si sarebbe voluto precostituire una norma ermeneutica : ib.); alla pretesa lunga attesa trascorsa
dalle decisioni conciliari alla loro attuazione (p. 566), che avrebbe giustificato
spontaneita` tumultuose ; alla riforma della Curia (p. 567: senza apprezzabili
risultati strutturali ), in unottica ecclesiologica neo-accentratrice e pertanto
incoerente proprio con il Vaticano II . Intendiamo riferirci anche al silenzio
conciliare (il concilio resto` muto : p. 567 [E` cos` ?] su alcuni argomenti: fini del
matrimonio, generazione responsabile e celibato sacerdotale); al trauma suscitato in tutto il mondo cristiano dallenciclica Humanae vitae (p. 568); alla
necessita` di un nuovo criterio di interpretazione per il Vaticano II (p. 570s.);
alla reiterata difesa della canonizzazione conciliare di Papa Giovanni (p. 571);
alla svalutazione dei testi conciliari, rispetto allevento (p. 572) e alla critica alla
loro edizione tipica e, per interposta persona, agli Acta Synodalia curati da
Mons. Carbone (p. 572 nota 70).
Ma la grande questione ( Transizione epocale , che riceve risposta affermativa), e` posta nel capitolo successivo dallo stesso Alberigo. In esso il pensiero
dellA. e` un po meno drastico e piu` limato nellespressione, in qualche caso, di
quanto fosse in antecedenza, se teniamo presente la bella e giusta affermazione
di p. 606 ( non sono esistiti un concilio della maggioranza e un concilio della
minoranza, tanto meno un concilio dei vincitori e uno dei vinti. Il Vaticano II e`
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161
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del Card. Ottaviani, di Mons. Felici, dei Segretari di Stato, che hanno avuto
un imponente influsso sul concilio, sia direttamente che condizionando il papa : p. 604). E non si avvede lA. che, specialmente i Segretari di Stato, sono i
piu` vicini collaboratori del Papa stesso, la sua longa manus.
La massima incidenza continua Alberigo del condizionamento curiale si e` avuta anzitutto nel peso che gli schemi preparatori hanno esercitato
sino alla fine sui lavori conciliari ... la sopravvivenza di quel materiale e` stata
molto tenace (ib. e p. 612). Ce` qui permanenza nellequivoco: gli schemi non
erano curiali, e hanno dato invece il senso della continuita` con il passato,
nellaffrontare laggiornamento, il rinnovamento, che nella Chiesa cattolica
non si puo` tralasciare la Tradizione. Ed e` per questo che si volle costruire, fin
dallinizio, il rifacimento degli schemi, nella misura del possibile, tenendo conto
di quelli preparatori. Fu preoccupazione non solo di Cicognani, per esempio,
ma anche di un personaggio come Suenens e dello stesso Philips. Non siamo
lontani da cio` quando lA. riprende, successivamente, noti suoi pensieri sul
primo piano dellazione dello Spirito e non del papa o della Chiesa e del
suo universo dottrinale (p. 610), per quanto riguarda il Concilio, [ma a
Gerusalemme si disse e ... e ], sulla dottrina sociale della Chiesa (p. 612),
su un concilio guidato (ib.: avrebbe invece dovuto farsi da se?), sul metodo
( superamento di quello tradizionale, deduttivo sia pure in misura incompleta : ib. ) e sul confronto con le scienze profane (ib.) e con la riflessione
teologica di matrice protestante, sull accettazione della storia ( del contesto
del disegno divino di salvezza, nel quale e non malgrado il quale si svolge
il fatto cristiano . Vi sarebbe qui, nel rapporto Chiesa-storia, una macroscopica inversione di tendenza rispetto allorientamento prevalente nel cattolicesimo da almeno quattro secoli : p. 614 e poi p. 638: lamicizia e la condivisione
verso la storia umana compie la svolta conciliare e p. 640: un rapporto
organico tra storia e salvezza , superandosi la dicotomia tra storia profana
e storia sacra : p. 641. Cos` la storia viene riconosciuta come luogo teologico : ib. Noti pensieri sono ancora presentati circa luso rigoroso del metodo
storico-critico e lappesantimento (del Vaticano II) per un certo numero di
decreti dispirazione pre-conciliare (p. 615), pur concedendo lA. che il Concilio abbia complessivamente trasceso le attese .
La nostra critica va pure verso la novita` di questo Concilio (anche
p. 585s.) se, oltre quanto si dice delle diversita` legittime rispetto ai precedenti,
si vuol significare che i criteri della pastoralita` e dell aggiornamento erano
da troppo tempo inconsueti anzi, estranei al cattolicesimo (p. 615),
svalutando lA., al tempo stesso, laspetto giuridico, che, al suo posto, rimane
pure costitutiva espressione dellistituzione (p. 616. Nella stessa linea va la convinzione di Alberigo al ritenere orientative e non precettive le decisioni conciliari: ib). Sempre in tema istituzionale lA. attesta anche, erroneamente, un
rovesciamento delle priorita` , consistente nellabbandono del riferimento
alle istituzioni ecclesiastiche, alla loro autorita` e alla loro efficienza come il
centro e metro della fede e della Chiesa .E` affermazione grave se si pensa pure
che, anteriormente, lA. aveva asserito: Legemonia del sistema istituzionale
sulla vita cristiana ... aveva toccato lapice con la qualifica dogmatica del pri-
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cattolica, pur con una sua caratteristica propria, che non puo` contraddire quanto altri concili ecumenici hanno definito. E` evento di unita`, di consenso. La
Chiesa poi fu sempre amica dellumanita`, anche se cio` non significo` naturalmente amicizia con la modernita` tout court, e in che senso, poi?
Alberigo si inclina a pensare che gli elementi di continuita` con la tradizione conciliare sono considerevoli, ma anche quelli di novita` sono rilevanti e
forse di piu` (p. 646). Noi non facciamo questione di quantita`, ma di qualita`, di
evoluzione fedele, non di rivoluzione sovvertitrice. E sara` la storia a dirci se il
Vaticano II verra` considerato una transizione epocale , una svolta epocale . Non ci resta che attendere e operare, intanto, tutti, per una giusta, vera,
autentica ricezione di questo Concilio, non solo nelle sue novita`, ma anche
nella sua continuita` con la grande Tradizione cristiana, ecclesiale, cattolica.
Terminiamo con un apprezzamento per i talenti che gli Aa. rivelano nellopera, ma che sono degni di miglior causa, quella della verita` storica sul
Vaticano II.
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quale inserire la sua mediazione. Per la Curia poi il Concilio e` sgradito anche
quando Giovanni XXIII (le) consegna le chiavi dellintera preparazione (ib.).
Essa, la Curia, (senza distinzione) avrebbe esercitato, concilio sedente, la resistenza passiva . La fine del Concilio quindi e` vissuta dai piu` alti suoi officiali
come una guarigione (ib.).
Anche i cenni alla riforma della Curia e ai legami con la minoranza
conciliare, ossessionata dallautorita` papale , non risultano ben meditati.
(v. p. 12s.). Per la Curia e` ora di tornare allheri dicebamus del mansionario
consueto (p. 13). Comunque lA. riconosce finalmente che la Segreteria di
Stato (o papale, e laggettivo dice molto) era divenuta grazie allabilita` di Cicognani il punto apicale ed equilibratore delle tensioni conciliari (p. 14). Egli
pero` non e` come afferma Melloni il vero portavoce dei capi dicastero
curiali ... e punto di raccordo politico fra episcopato, curia, papa e concilio
(ib.), ma appunto il portavoce del Papa.
Pero`, per lA., anche le Conferenze episcopali, si tolgono un peso con la fine
del Concilio, per sperimentare la collegialita` del quotidiano, ... programma per
tutte (p. 15).
Il secondo polo di coagulo dei sentimenti , dopo il sollievo, e` la speranza
(p. 16). Per il papa e` fonte di speranza la costatazione di aver superato tutto
sommato indenne il periodo conciliare (ib.). Il concilio non ha segnato la
vittoria del conservatorismo ... non ha prevalso quella concezione autoreferenziale della cattolicita` , mentre si spera ormai risolto positivamente il rapporto
con la modernita` (p. 17). Lesperienza poi degli osservatori quali membri,
seppure titulo proprio [ma bisognerebbe chiedere ad essi cosa pensano di una
tale membership], del concilio costituisce una sfida ad un cammino ecumenico
(p. 18). Si accendono anche le speranze dei poveri, pero` senza che la rete delle
nunziature riesca a trovare una linea di condotta sensibile alla tragedia delle
chiese e dei popoli (pp. 18-19).
Ma vi e` anche la delusione (il terzo sentimento) di chi e` stato in fondo
perdente in Concilio. Qui lA. carica le tinte ed entra come dicevamo
nella psicostoria, senza distinzioni nella minoranza conciliare. Non si tiene
conto, in fondo, dellimpegno papale a condurre maggioranza e minoranza al
consenso, elemento conciliare per eccellenza. Comunque Melloni accenna anche
a coloro che non mettono in dubbio la direzione del convoglio [conciliare] ma la
velocita`, che non chiedono di tornare indietro, ma di badare alle curve. Essere
contro gli eccessi non significa essere contro il concilio (p. 20). Pur non resa
bene, come immagine, lA. identifica tale sensibilita`, con la nascita, qualche
tempo dopo, della rivista Communio (in contrapposizione a Concilium).
Per Melloni in questo solco di pessimismo [o realismo?] intellettuale andranno piu` a fondo coloro i quali (come Maritain) ... sentono le doglie della
prima fase di recezione della riforma liturgica (p. 21). Una diversa amarezza,
ma sempre di amarezza si tratta, affligge chi [nellestremita` di maggioranza]
pensa alle occasioni perdute . Nella categoria lA. pone Dossetti, Kung e
Schillebeeckx, che si richiama allo spirito del Concilio. Non tarderanno
osserva Melloni ad emergere le impazienze per una Chiesa ancora autoritaria (p. 22).
166
Per tutto cio` lA. vede un precario equilibrio per i semina receptionis del Vaticano II al momento della sua chiusura (ib.), anche perche fra i
teologi si deve produrre un pluralismo che verra` pagato con fratture e scontri
destinati a prolungarsi per decenni (ib.). Fra le considerazioni che, a sostegno
di tale suo dire, lA. porta ve` quella che il concilio si chiude senza aver dato
vita ad un partito del concilio (p. 23), perche in esso mancano gli snodi di
coagulo e di rafforzamento, mancano i leaders. Proprio non ci sembra, senza
ricorrere al leader per eccellenza, quanto a ricezione, che sara` la S. Sede. E` tutta,
questa, una pagina (23) da leggere e meditare perche trattasi di un condensato
del pensiero del Melloni, che ad ogni pie sospinto merita la nostra critica
storica. Non e` pure pessimista lui, lA., (del resto in linea con Dossetti) al
pensare che manca il partito delle carriere, il partito delle idee, il partito della
regionalita` e della sinodalita` e perfino quel partito del Papa (p. 24)? E` una
assenza che per lA. nasce gia` nel 1965, quando consumato nel 63 il tempo
dellentusiasmo, e nel 1964 quello dello scontro, i padri e i teologi si trovano
davanti alla fatica di custodire e concludere: e` il periodo piu` fruttuoso del
Vaticano II dal punto di vista delle decisioni, e anche quello nel quale molti
nodi concettuali importantissimi sono risolti sotta la pressura del tempo e nella
frammentazione delle posizioni (p. 24).
Ci siamo dilungati nellintroduzione (penso pero` con utilita` per la comprensione del volume), ma ora cercheremo di procedere piu` speditamente nella I
parte dellopera che J. Fameree inaugura sondando la Responsabilizzazione
delle conferenze episcopali e [la] concessione delle facolta` ai Vescovi: segni di
decentramento? .
Dopo aver indicato il suo procedere (p. 27), diremmo ben scelto (gli snodi
piu` importanti della ricerca si trovano a pp. 29, 30, 33, 35 nota 15, 37 nota 23, 41
[con distinzione, da farsi, pero`, tra collegialita` in senso stretto e largo, e giusto
rilievo dato al P. Bertrams], 44 e 51), lA. conclude (e gli lasciamo tutta la
responsabilita` per le sue affermazioni, giocando un po col titolo del suo intervento): Dalla fine del Concilio, la Curia romana avra` presto fatto a riprendere
le cose in mano, seppur dovendo contare con la resistenza di certi episcopati e la
liberta` di parola di certi Vescovi. Dopo il Vaticano II, la sua affermazione del
Collegio dei Vescovi e il suo appoggio allo sviluppo di un sentimento collegiale, la vita ecclesiale e la collaborazione dei Vescovi non possono piu` essere
come prima. Ma finche` lo spirito collegiale non sara` garantito da istituzioni che
godano di una reale autonomia (nella comunione) in rapporto al papa, e soprattutto in relazione al controllo della Curia romana, niente cambiera` fondamentalmente: resteremo in gran parte in uno schema di dipendenza gerarchica e
verticale dei Vescovi di fronte al papa e, cio` che e` ancora molto piu` anormale, di
fronte alla Curia. Il decentramento non era acquisito alla fine del concilio e non
lo e` nemmeno oggi, e in condizioni senza dubbio molto piu` difficili, poiche
leuforia conciliare e` molto lontana da noi. Non bisogna tuttavia minimizzare
tutta la sinodalita` effettiva che puo` essere messa in opera, e che lo e`, da una
parte, a un livello ... diocesano, regionale, nazionale e continentale. Affinche`
tale sinodalita` possa esercitarsi pienamente bisognera` tuttavia che una giusta
167
autonomia di queste differenti istanze sia riconosciuta dal primato romano, piu`
esattamente sia la conseguenza duna trasformazione della sua funzione e del
suo esercizio. Tale compito appartiene a un nuovo concilio generale della Chiesa
cattolica, in stretta collaborazione con gli altri cristiani (p. 52).
Il contributo di S. Scatena riguarda La filologia delle decisioni conciliari:
dal voto in congregazione generale alla Editio typica . Dopo cenno al problema, vasto, del linguaggio conciliare (p. 52s.), ed esaminato perfunctorie lIndex
analitico-alfabetico, di carattere privato, dei testi conciliari (a proposito, e` ovvio
che collegialitas manchi come riferimento alla L.G. perche il termine astratto
non vi risulta: p. 57 nota 12), lA. analizza le differenze fra le successive versioni
dei testi fino a giungere a quella tipica. Le piu` rilevanti riguardano la Nota
Explicativa Praevia ( che, sottoscritta formalmente dal segretario generale,
non era stata pero` sancita da un voto conciliare p. 62 , ma cio` non toglie
che si sia votato tenendola presente, aggiungiamo noi basti ricordare le
parole del Congar), le tre differenze relative alla Dei Verbum (un passim, un eis
dona divina communicantes riferentesi agli Apostoli e la famosa Deus nostrae
salutis causa), la presenza dei sottotitoli nella Gaudium et spes e la questione
della sostituzione dellespressione doctrinam socialem con quella di doctrinam de
societate, non di lana caprina.
Lo illustra lA. con propensione sfavorevole alla prima espressione, tradizionale e che prevarra`. Largo spazio e` dato qui a Chenu, notoriamente e visceralmente contrario alla dottrina sociale perche vi vedeva, nel sottofondo,
una civilta` cristiana da restaurare contro i mali del nostro tempo (p. 86).
La questione fu conclusa con petizione del Card. Cento affinche, nella stampa
delledizione tipica degli atti conciliari, si ristabilisse lespressione socialem
suam doctrinam docere (p. 95).
A Cl. Soetens sono affidati i messaggi finali del Concilio , diniziativa
pontificia, che rendeva concreta la Gaudium et spes con un gesto simbolico, bene
in linea con la personalita` di Paolo VI. Fu dunque un atto conciliare, senza
esserlo veramente (p. 111). Si tratto` comunque di un gesto pastorale che
impegnava tutta la Chiesa (p. 112).
Le valutazioni teologiche (II parte dellopera) si aprono con uno studio
molto interessante di J. A. Komonchak, anche se non ne condividiamo parecchi
punti. Nel titolo, poi, si inverte lordine di analisi degli Autori, cos` : La valutazione sulla Gaudium et spes: Chenu, Dossetti, Ratzinger . Orbene nel testo
troviamo Chenu, al primo posto, ma poi Ratzinger e quindi Dossetti.
Dinizio lA., a suo modo, segnala uno degli sviluppi piu` sorprendenti nel
decennio successivo alla chiusura del Concilio Vaticano II , e cioe` il frantumarsi del fronte di quei teologi che, dopo aver contribuito nella prima sessione a
rompere legemonia di coloro che avevano controllato la preparazione del Concilio, avevano avuto un ruolo decisivo nel dibattito delle successive sessioni
(p. 115). Espressione simbolica ne e` la nascita di due nuove riviste teologiche:
Concilium e Communio.
168
Cio` pone lesigenza, per lA., di uno studio delle dinamiche teologiche del
Vaticano II che ricorra a un modello euristico capace di un maggiore discernimento rispetto a quello che Giuseppe Alberigo, riecheggiando Joseph Ratzinger, aveva criticato come lopposizione elementare e grossolana che si volle fare
... tra una tendenza curiale e una tendenza progressista (p. 115s.). Vi furono
due tendenze della teologia moderna , per echeggiare il titolo di un importante scritto di Mons. G. Philips, che per Komonchak non sarebbe sufficientemente critico.
LA. inizia con lanalisi dello schema XIII, sui generis, alla quarta sessione,
e dei vari pareri su di esso, da cui emerge anche un approccio piu` radicale ed
evengelico , specialmente in relazione al problema arduissimo della pace e
della guerra , quello dell officina bolognese , che sara` poi ripreso successivamente (p. 136ss.), con dilatazione per noi indebita ed eccessiva del pensiero di
Dossetti. Di seguito e` presentato Chenu, in linea con limpegno costante di molti
di introdurlo in Concilio (era invece semplice perito di un vescovo malgascio)
e di accrescere il suo influsso sulle sorti (v., a conferma, le considerazioni di
G. Ruggieri in nota 5 di p. 195) della Gaudium et spes. I capisaldi del pensiero
del noto teologo sono ben conosciuti dagli addetti ai lavori per cui non li
riprendiamo qui, come non riproporremo quelli dellallora Mons. Ratzinger,
pur molto a` propos , in viam, o circa un anno dopo la chiusura del Concilio.
Nella finale analisi teologica lA. si affanna a mettere insieme, invano, le
tre valutazioni sopra menzionate, pur delineandone, poi, la diversita` di approccio, da cui emerge soprattutto la rottura di Dossetti, che, sola, avrebbe
potuto corrispondere alla visione di Papa Giovanni (p. 148). Era un impegno
teologico, anzi religioso, quello sotteso al dissenso di Dossetti verso il programma e la tattica conciliare: un dissenso che, come presto fu chiaro, lo isolo` non
solo dalla minoranza intransigente ma anche allinterno della stessa maggioranza progressista . Cose abbastanza nuove, ci sembra, continuano ad esserci
fornite dallA. nelle ultime pagine del suo saggio (pp. 150-153), specialmente
per quanto riguarda la nouvelle theologie, al singolare, il ressourcement, con
fonti diverse, il tomismo e il futuro.
Ma la frase conclusiva e` emblematica ancora della problematicita` del pensiero di Komonchak, questa: Sembrerebbe che ad ottenere la vittoria [entro
lorientamento post-moderno] siano stati Dossetti e Ratzinger. Sospettiamo,
tuttavia, che Chenu avrebbe chiesto se il loro approccio sia fedele ai risultati
del Vaticano II (p. 153). Cos` si rimette di nuovo tutto sottosopra.
P. Hunermann esamina, successivamente, sempre dal punto di vista teologico, gli anni 66 e 67, in una ricerca non facile, riandando, poi, a Kant e
visitando la filosofia-sociologia moderna (Heidegger, Habermas e Luhmann).
Caratteristica del biennio, escludendo la ermeneutica sulla Gaudium et spes,
sarebbe per lA. la positiva accoglienza dei testi conciliari. Non saremmo daccordo anche dopo la semplice lettura dellintera opera qui presentata ed aggiungiamo la nostra contrarieta` ad isolare la Gaudium et spes (v. p. 218 dello studio
del Ruggieri), pur con le sue specifiche caratteristiche, anche perche alcuni ne
169
170
zione neomodernista (p. 201). Per questo non si puo` sostenere che esso contenga una svalutazione del concilio quoad se (p. 202). Anche linterpretazione su
Gilson (p. 203) e` forzata, mentre manca equilibrio sulla continuita` o meno della
presenza del patrimonio filosofico perennemente valido in Concilio, pur in
contesto allargato (p. 204ss.).
Di interessante lettura risultano anche le pagine dedicate agli spettri del
post-concilio . Entrano qui in considerazione pure il pensiero di Danielou, ben
saldato con quello della lui teologicamente vicino de Lubac, i suoi timori che
mettevano a nudo un problema reale, per noi, cioe` lequilibrio dellaggiornamento stesso (p. 222), avvertito altres` dai teologi tedeschi Ratzinger e Volk, e
non solo. Per superare il problema il Ruggieri auspica una ermeneutica globale
del Concilio stesso, che ne cogliesse ... il significato complessivo nella storia
della Chiesa recente e quindi il suo ruolo sia in rapporto al passato, sia per il
futuro (p. 223s.).
Se la relazione con la grande Tradizione ecclesiale fosse qui rispettata, nel
rinnovamento (e cio` significa aggiornamento), di certo saremmo daccordo con
lA., ma al vedere come egli tratta, alla fine, lopera post-conciliare di de Lubac
e Danielou, non ci sentiamo certamente incoraggiati ad aderirvi. Essi cioe`
secondo lA. o avrebbero messo tra parentesi il Concilio o utilizzato di esso
solamente cio` che poteva portare contributo alla riflessione teologica personale.
Il sasso e` buttato, anche se poi si aggiunge: Ma questo e` un giudizio che
richiederebbe di esser verificato ... (p. 224).
A. Birmele con Il concilio visto dagli osservatori delle altre tradizioni
cristiane osservatori in senso largo e stretto, poi ci da` un saggio grandemente istruttivo perche puo` aiutare ad essere piu` oculati, noi cattolici, nellermeneutica sinodale. Ci riferiamo per esempio alla questione vexata di quel
subsistit in che ha fatto e fa versare i proverbiali fiumi di inchiostro
(v. pp. 244s. e 254) e alla ovvieta` del restare la Chiesa cattolica fedele a se stessa,
anche durante il Concilio Vaticano II (p. 254s. e 261). Diamo anche il benvenuto alla problematicita`, esposta con lealta`, delluso invalso di aggiungere romana a cattolica, come qualificativo proprio della Chiesa in comunione con il
Vescovo di Roma (p. 225 nota 1). Credo pero`, che, per essere conseguente, lA.,
e altri con lui, dovrebbero astenersi da un tale costume che risulta erroneo,
anche perche pure noi accettiamo, in campo ecumenico, la denominazione
che ogni Chiesa o Comunita` ecclesiale da` a se stessa.
Menzionando qui alcuni ben conosciuti osservatori , a cui e` data la
parola in questo bel saggio, vorremmo stimolare i nostri lettori a prenderlo in
mano. Trattasi di Cullmann, Schlink, Vajta, Vischer, Aldenhoven, Skydsgaard,
Roux, Lindbeck, Scrima, Nissiotis, Clement, e infine Barth, che riporta la palla (in questo caso e` il concilio, e chiediamo venia per il linguaggio calcistico) in
area protestante: quel fra noi ripetuto (p. 264), principale, rispetto alle relazioni nuove da allacciare con la Chiesa cattolica.
Unultima osservazione. LA. ci e` sembrato gonfiare il ruolo e linflusso
degli osservatori in Concilio. A giusto equilibrio, pensiamo alle piu` prudenti
ricerche di Velati.
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La III parte del volume, dal titolo Speranze e programmi inizia col
saggio di P.C. Noel su Il lavoro post-conciliare. Le attese del gruppo della
Domus Mariae e lorganizzazione del post-concilio . Egli parte dal fatto che in
molti luoghi gli Atti del grande Sinodo inviano esplicitamente al dopo concilio,
ed illustra anzitutto, in modo comparativo, quanto veniva dicendo in proposito
Paolo VI e significavano le iniziative al riguardo del gruppo di rappresentanti
di varie Conferenze episcopali che prende il nome dal luogo delle sue riunioni, la
Domus Mariae appunto (pp. 270-308). Non mancano a volte, nel saggio pur
istruttivo di Noel, le conclusioni indebite (v. pp. 271s., 276, 280, 285, 294ss.,
298, 301, 308). Il punto centrale di confusione si cristallizza comunque in quelle
riunioni, ancora durante lo svolgimento del Concilio, dei Rappresentanti delle
Conferenze episcopali, che lA. definisce erroneamente come pre-sinodali
(rispetto al Synodus Episcoporum e che sono, per Noel, legate pure al tema della
riforma della Curia. Cio` in effetti portera` a un restringimento dellinteresse della
stessa Domus Mariae (v. p. 303) per listituzione di commissioni post-conciliari , nonostante qualche ritorno di fiamma (v. p. 304).
G. Routhier affronta, successivamente, un caso particolare, quello di Quebec, di ricezione kerigmatica del Vaticano II nella sua prima tappa . Non
siamo daccordo, lo diciamo subito, che si richiami tale espressione, usata dal
Grillmeier per la ricezione del Concilio di Calcedonia. Il significato kerigmatico
di esso si puo` ben comprendere, ma cio` non vale, secondo noi, per il Vaticano II. Meglio usare la dicitura proposta da Pottmeyer (p. 310) di interpretazione ufficiale , che e` chiara ed accettabile per tutti. Non approfondiremo qui la
particolarita` del Quebec, per il nostro interesse piu` generale e specifico circa il
Concilio, nel suo insieme, non tralasciando di segnalare peraltro che Routhier
stesso riconosce deludente il risultato della sua ricerca. Essa dovra` essere, in
futuro, piu` perseverante, piu` lunga e piu` meticolosa su fonti che per se
saranno frammentarie e meno accessibili. In ogni caso giustificare gli eccessi
liturgici con la grande lentezza della relativa riforma (p. 354) contraddice
proprio quanto lA. stesso afferma in precedenza e lobiettivita` dei fatti, nel loro
ritmo intenso di applicazione.
Un altro caso particolare, pur dilatato a tutto un continente, quello latinoamericano, ci e` proposto, in seguito, da O. J. Beozzo, con Medellin. Ispirazione e radici . Non vi mancano, fra laltro, i refusi che feriscono il portoghese.
Per chi conosce lA. non fara` meraviglia il suo procedere disinvolto, ideologicamente qualificato. La reductio ad unum inizia nel senso della Chiesa dei
poveri (pp. 362, 375s. e 381), della lotta contro la Curia (pp. 361s., 371 e
380), ma sempre in comunione col Papa, della teologia dei segni dei tempi
(pp. 367 e 373), della collegialita`, senza distinzioni (pp. 361, 368, 370s., 372 e
393), anzi con dilatazione a tutta la Chiesa (pp. 370, 373: tutti votano, per
questo, sui temi pastorali), e continua nel senso di avvenimento (p. 369), restrittivo, e di ricezione, povera teologicamente, (p. 369) pur ispirata dal Congar
(come e` diverso il concetto di Willibrands!: ib.).
Per lA. la ricezione del Vaticano II a Medell n e` fedele pastorale,
soprattutto , creativa, critica e selettiva (pp. 368-385). Certo la prospettiva
172
e` quella che lA. definisce rivoluzione ecclesiastica del Vaticano II (p. 372).
Segue lanalisi della ricezione del Magistero pontificio e delle lacune a Medell n,
tra le quali appare per prima lassenza di una visione storica della realta`
(p. 387s.), con conclusione pero` in tono positivo (p. 392s.).
Pure G. Alberigo porta il suo contributo allopera con un saggio dal titolo
Il Vaticano II dalle attese ai risultati: una svolta? . Egli risponde positivamente a tale domanda, definendola profonda (p. 395), talora contrastata
ma ormai irreversibile (p. 414), piu` profonda e organica di quanto le istanze
della vigilia avessero avuto la lungimiranza e il coraggio di auspicare (p. 415).
Il Vaticano II fu, cioe`, un concilio nuovo, diverso da quelli della tradizione
precedente (ib.), impegnato a rispondere in positivo ... allumanita` di oggi
secondo i criteri della pastoralita` e dellaggiornamento (ib), criteri, insomma,
inconsueti anzi, estranei al cattolicesimo (ib.). Vi fu un salto di qualita`
che si percepisce confrontando le formulazioni preparatorie con i testi finali e,
ancor piu`, paragonando il clima del cristianesimo degli anni cinquanta con
quello delle conclusioni del Vaticano II (p. 416).
Pur in tono meno radicale che dabitudine, lA. ripete, per motivare i suoi
argomenti, le solite critiche, con richiami a pubblicazioni anteriori, sue e di altri.
Su di esse gia` abbiamo ampiamente manifestate le nostre gravi riserve per cui
non le ripeteremo qui, di nuovo. Solo, per rimanere a livello dellimmagine
dellA., tratta dalla strada, riaffermiamo che non puo` trattarsi di una svolta
ad U , la quale non si addice al Cattolicesimo, proprio alla sua essenza.
Le conclusione dellopera sono esposte da J. Dore, impegnato fondamentalmente in uno sforzo di sintesi e di assemblaggio di quanto altri separano. Con
il titolo dato al suo intervento, Cio` che dopo non sara` piu` come prima , non
ve` chi non possa esser daccordo (v. p. 433). Anzi e` ovvio. Rimane da vedere su
che cosa. E lA. risponde a tale quesito. Ci sono, a questo proposito, alcune
importanti affermazioni, anzitutto quella che siamo di fronte a un autentico
concilio ecumenico (p. 421), il quale manifesta la deliberata volonta` di consegnare un insegnamento, di far passare uno spirito e, nel contempo, di non
dimenticare di occuparsi delle istituzioni (ib.) (tale attenzione alle istituzioni e`
confermata, di seguito p. 422 , con affermazione che il dottrinale e` pastorale, senza cedere alla fuga illusoria nella ideologia ne alla contestazione
sempre suicida della tradizione : ib.).
Lanalisi, interessante, si concreta dallevento allinsegnamento , in un
mistero di comunione ( sara` dunque chiaro che non ce` chiesa se non dove il
giuridico e listituzionale da un lato, lumanitario e limpegno dallaltro, sono al
servizio dello pneumatico e dello spirituale: p. 424), con rilievo alla rivelazione
di Dio e alla liturgia della Chiesa (ib.) e attenzione ripetiamo pure
allorganizzazione istituzionale e allarticolazione gerarchica della chiesa come
luogo della vita di chiesa in quanto tale (p. 425).
Ce` anche un cambiamento significativo nella comprensione e gestione dei
rapporti reciproci fra chiesa e mondo (p. 427, dalla comunione alla comunicazione : ib.). Ma per tutto bisognera` imparare a vivere la consegna evangelica a fare una cosa senza omettere laltra (p. 428), cioe` non e` detto che
173
volgersi verso il mondo, per onorare cio` che esso davvero e`, comporti labbandono della croce, la rinuncia al discernimento e labbandono di ogni senso del
peccato (ib. e p. 430s., con qualche riserva da parte nostra nella visione della
societas perfecta ). Comunque fra gli ambiti nei quali e` piu` marcato il cambiamento datteggiamento verso laltro, che il Vaticano II ha introdotto nella
Chiesa, lecumenismo fra le chiese cristiane devessere messo ai primi posti (ib.,
ma cio` non indica una debacle del Cattolicesimo); e` ancora piu` spettacolare
il cambiamento verso le altre religioni (p. 429). La sintesi peraltro e` ripetuta
per quanto riguarda una teologia cattolica degna di questo nome , e cioe` la
fedelta` alle ricchezze della tradizione ecclesiale e linevitabile confronto con le
sfide del mondo moderno (p. 433).
Naturalmente possiamo aggiungere e` questione di dosaggio , oltre
il quale appare lideologico; meglio, e` questione di ermeneutica conciliare, per
cui il Concilio e` stato certo una benedizione, prima del tornante del millennio
e lo sara` nellesatta misura in cui e` stato e potra` essere accolto nello spirito che
lo ha effettivamente aperto, condotto e concluso, lo Spirito santo del Dio vivente (p. 433s.). Tale appello implicito di un nostro confratello nellepiscopato
non puo` che trovarci daccordo, se specialmente possiamo aggiungere: e nellaccoglienza dei documenti conciliari nel verbo scritto, cioe` , frutto di una
costante ricerca di consenso, opera dello stesso Spirito, autentica espressione di
cattolicita` e unita`, in abbraccio fra Tradizione e rinnovamento.
174
IV
ALTRE STORIE DEL CONCILIO
E DEI SUOI PAPI
177
devono essere proposte dallo storico, ci sembra, senza qualificativi di parte, per
quel che si afferma, si propone e si difende, in buona fede, salvo prova in
contrario (v. a questo proposito un giudizio del compianto P. Caprile, riportato
dallo stesso Aubert). Lo storico non e` uomo partigiano, anche se pure lui ha le
sue preferenze e i suoi limiti. Cos` , parlare in termini di maggioranza e minoranze, (ma non come tendenze ideologiche : v. p. 174) pur se nel loro interno
vi possono essere stati dei mutamenti, ci sembra piu` consono alla neutralita`
del metodo storico.
Dopo la bibliografia generale, la prima sezione della Prima Parte si apre
con Il Papato , articolata in tre Capitoli. Si inizia con la trattazione del
Pontificato di Giovanni XXIII (pp. 15-51), affidata allabile penna di Giuseppe Alberigo, che con i ben noti suoi personali criteri storiografici, dai quali
gia` in passato abbiamo preso le distanze, giunge quasi a fare di Papa Giovanni
un mito (v. specialmente pp. 47-51). Prendendo lo spunto da cio` che Fustel de
Coulanges dice del patriottismo, potremmo affermare che la devotion est une
vertu, lhistoire est une science, il ne faut pas les confondre . Del resto limpegno del Roncalli per evitare il trasferimento a Roma, alla testa della Concistoriale, dice del suo prendere cum grano salis finanche il proprio motto oboedientia
et pax. Attribuire poi a Pio XII unottica manichea (p. 17) risulta improprio,
come eccessivo e` il giudizio su un dissenso cos` corposo ed elevato , alla
proposta conciliare, da parte del Tardini (v. anche p. 4. Se non altro si poteva
citare quasi il suo entusiasmo, documentabile, per lardita iniziativa). Ritenere
inoltre che Giovanni XXIII non si e` impegnato, forse anche per la prevedibile
brevita` del proprio pontificato, a inserire uomini di sua fiducia nellapparato
curiale (p. 27 nota 30) e` tradire in fondo proprio lo spirito giovanneo, ben
evidente gia` per la conferma del primo suo collaboratore, lanzidetto Cardinale
Tardini (v. anche p. 32). Altres` il giudizio negativo sul Sinodo Romano pecca
di parzialita`, ci sembra, specialmente dopo una attenta lettura del volume del
Manzo, citato (Papa Giovanni Vescovo di Roma). Dissentiamo ancora una volta,
inoltre, dallinterpretazione restrittiva, come unica lettura, della scomunica
del SantUfficio contro quanti votassero per i partiti comunisti (p. 25 nota
25) e anche su quella del presunto muoversi dellallora Nunzio a Parigi a
favore dellelezione di Atenagora a Patriarca di Costantinopoli. Laver consigliato all ambasciatore Taylor di giungere a Costantinopoli tramite linflusso anglicano e turco , perche un elemento assai importante in qualsiasi
calcolo ... e` il Governo turco non significa che si possa concludere quanto
sopra asserito. Si puo` infine qualificare di consueti toni moralistici linsegnamento tradizionale sociale della Chiesa fino a Papa Giovanni (v. p. 31) e dire
che la Pacem in terris contribuisce a mettere maggiormente in luce la perentorieta` della pace assoluta come caratteristica del regno di Dio e percio` obbligo
indeclinabile della Chiesa? E` esatto poi parlare e concludiamo di stillicidio di atti difformi dalla sua linea (p. 34) che il Papa sembra incassare
(con richiamo alla Veterum Sapientia)? Giovanni XXIII e` s` luomo della transizione ma e` anche profondamente inserito nella tradizione, ed amante della
lingua latina.
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in ogni caso, non puo` essere segno il fatto che il Cardinale anzidetto abbia fatto
osservare al papa, il quale stimava in due anni il tempo necessario per la
convocazione del concilio, che quello del 1870 ne aveva richiesto ben sei
(p. 132). Il giudizio sfavorevole riemerge in seguito (p. 136) e si dilata alla Curia
romana (pp. 138, 144 e 151: pavidamente sulla difensiva ), senza distinzioni
pur legittime anche nella fase preparatoria, seppure poi nel Capitolo successivo
si precisa (v. p. 177: sarebbe pero` sbagliato considerare in blocco la Curia
romana come elemento trainante della minoranza ... perche (essa) e` sempre
stata composta da una molteplicita` di ambienti di Curia ). Ad ogni modo
questo giudizio sfavorevole alla Curia si manifestera` in vari punti, successivamente, peccando ci sembra per eccesso (pp. 184, 185, 201, 202, 203, 231 nota 12,
270 nota 39, 312 e 383; non si puo` certo dire che la riforma liturgica ebbe un
lento procedere, p. 388 nota 11 tale da giustificare esperimenti scapigliati).
Nel corso del V Capitolo (pp. 159-226), dal titolo Organizzazione e funzionamento dellassemblea , Aubert illustra la sua mondialita` , ( dal punto
di vista geografico, per la prima volta nella storia ) passando in rassegna i
gruppi nazionali , e di pressione e riflessione, nonche di esperti ed osservatori,
con giudizio eccessivamente pesante, inizialmente, sullepiscopato italiano ( la
maggior parte di loro mostrava un orientamento eccessivamente antimodernista : p. 162), ma che poi viene sfumato da un riconoscimento positivo del
ruolo, per es., dello stesso Cardinale Ruffini, le cui critiche obbligarono piu`
di una volta gli estensori degli schemi ad esprimersi con maggior rigore ,
(p. 163) e da successive precisazioni. Anche il parere sul ruolo dellepiscopato
francese sembra peccare per difetto, se si tiene in considerazione oltre il testo
(p. 164) la stessa nota 77 di pagina 176. Per il Belgio il metro appare a noi un po
diverso. Ci si permetta di rilevare poi la presentazione di Mons. Roberts, come
gesuita che non temeva mai di dire verita` sgradevoli (p. 170). Bisognerebbe
forse chiedersi se erano, le sue, tutte verita` ; sorridendo si potrebbe aggiungere che di una infallibilita` cos` estesa non gode nemmeno il Sommo Pontificato.
Si esamina quindi il regolamento. Anche qui prendiamo qualche distanza
dalle asserzioni dellA., come nel caso del progresso, per lelezione delle Commissioni conciliari del Vaticano II (23 di nomina pontificia), di quella che e`
definita monarchia pontificia , poiche nel 1870, al Vaticano I, tutti i membri
delle Commissioni erano stati eletti dallassemblea (v. nota 8 p. 189; ma il Papa
non li scelse tra i primi non eletti di ogni Commissione?: p. 203). Lo stesso dicasi
del giudizio sul ruolo e la persona del Segretario generale del Concilio, (nel
contesto degli organi direttivi del Consiglio: pp. 197 e 199 e pp. 200-202;
v. pure p. 344: a volte un po dittatoriale ) pur sfumato, con valutazioni di
greci e troiani incorporate nel suo testo. A questo proposito ci permettiamo
di considerare azzardata laffermazione del Suenens, secondo il quale la scelta di
Mons. Felici non era personale del Sommo Pontefice (p. 200). Si passano poi
in rassegna le Commissioni conciliari e si analizza il ruolo dei papi , per lo
piu` avvolto nella discrezione e che resta ancora in gran parte da descrivere ,
anche se, sia Giovanni XXIII che Paolo VI entrambi ... intervennero regolarmente in diverse occasioni per imprimere una svolta allandamento dellassem-
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blea o per influenzare il lavoro di certe commissioni (p. 210). Detto con le
parole di Paolo VI: il Papa non e` solamente il notaio del Concilio , ma
larbitro supremo e` pensiero di Papa Montini tra le due tendenze, entrambe legittime, che si affrontavano. E cio` mirava ad ottenere quel consenso
pressoche unanime dellintera assemblea conciliare, attraverso uno sforzo di
chiarificazione piu` profondo. Egli era prudentemente riformatore (p. 212).
Segue la presentazione dell attivita` quotidiana dellassemblea , in aula e allesterno, richiamando le difficolta` di informazione.
Lo svolgimento del Concilio e` il tema del Capitolo VI (pp. 227-345), in
cui si fa lanalisi dei quattro periodi e delle tre intersessioni. E` un compendio
valido e stringato della storia , finora emersa, delle discussioni, in senso largo,
conciliari, con particolare attenzione, giustamente, allo schema della Chiesa, in
cui due argomenti suscitarono vivaci contrasti, quelli cioe` dellepiscopato e del
ripristino del diaconato permanente. Pur nel molto di valido che vi abbiamo
trovato alcuni rilievi critici sembrano a noi necessari. Non e` infatti pensiero
teologico recente, molto diffuso nella Scuola romana , (p. 257, v. altres`
pp. 258 e 287 nota 17) quello che considera la potestas ordinis dei vescovi di
derivazione sacramentale (la consacrazione episcopale), mentre la potestas iurisdictionis viene loro conferita dal Papa, cos` che lesercizio del loro ministero
avviene non cum Petro, ma sub Petro (p. 258). Tale accostamento con le
anzidette formule petrine risulta in ogni caso oltremodo fuorviante, poiche
lespressione conciliare cum Petro et sub Petro vale per tutte le Scuole di pensiero cattoliche , indipendentemente da quello riferentesi allorigine della sacra potestas. Vi e` poi la questione, segnalata giustamente dallAubert, della
mancata precisa formulazione giuridica della collegialita` episcopale. Degna di
attenzione e` altres` la presentazione dei famosi cinque quesiti , (pp. 259-260)
in cui appare il ruolo di Dossetti, inizialmente, poi ridimensionato : le domande vennero riformulate per la terza volta ; e` linizio della parabola discendente del ruolo dei Moderatori. Unosservazione anche ci sia permessa a
proposito del Cardinale Ottaviani, il quale secondo Suenens avrebbe detto
che spettava unicamente alla Commissione Teologica (che di fatto era sua)
formulare domande di ordine teologico . Ebbene, prima di sua va inserito
un la , anche per rendere lespressione compatibile con quanto si dice poco
appresso circa una decisione approvata da tale Commissione, su proposta dello
stesso Card. Suenens, malgrado il parere contrario del cardinal Ottaviani
(p. 267). Per quanto riguarda la Beata Vergine Maria e la questione dellinserimento dellapposito schema in quello della Chiesa, non e` esatto affermare che la
tendenza di una trattazione separata volgesse ad opporla al resto della Chiesa (p. 263), semmai a distinguerLa
Circa Paolo VI e il Concilio (pp. 273-276) non risulta calibrato il giudizio di chi vede nei numerosi emendamenti da lui proposti alla Commissione
dottrinale un mirare ad attenuare in qualche misura lespressione della collegialita` episcopale in rapporto al primato papale . Si trattava invece di cercare di
fare convivere le due realta`, senza vulnus alcuno. Cio` del resto e` detto nella
nota 4 di p. 284, nella quale peraltro lAlberigo definisce la minoranza conciliare
182
sempre inflessibilmente ostile allecclesiologia di comunione . Di fatto lo stesso Papa Montini penso` bene di specificarla, facendovi aggiungere quel gerarchica che per noi riesce a saldare insieme, proprio in felicissima comunione, il
primo e il secondo millennio, permettendo quindi di raggiungere il consenso.
Troviamo rispondente a verita`, invece, la considerazione finale dellAubert, che
colloca Paolo VI pienamente sulla linea tracciata da Giovanni XXIII : p. 276.
E veniamo alla settimana nera , e al gioved` nero , che vorremmo
fossero definiti con espressione meno di parte e giornalistica (si puo` suggerire
il termine cruciale ? En passant rileviamo che Mons. Lamont era Vescovo
nella Rhodesia Meridionale e non della Rhodesia settentrionale : p. 301).
Pur con una eccessiva considerazione per il pensiero del gruppo di Bologna
e per le posizioni del Grootaers, [che sulla questione della Nota Praevia si rivela
oltranzista basti pensare che egli non accetta il giudizio del Philips, per il
quale non vi e` contraddizione fra tale Nota e il dettato conciliare come del
resto Dossetti e Alberigo] lA. riesce a non incorrere ne in Scilla ne in Cariddi,
con qualche eccezionale strappo alla regola (v. per es. nota 97, p. 310, in relazione allo stesso testo di p. 309), presentando gli avvenimenti di quei giorni con
una attendibilita` storica ormai matura. Peraltro non condividiamo il giudizio
sul P. Bertrams favorevole alla collegialita` episcopale, ma in un quadro
assai riduttivo (p. 306 nota 81) , che ben contribu` , in via, alla stesura
definitiva della Nota Explicativa Praevia.
Il Capitolo VII (pp. 347-388) illustra i testi conciliari, anche qui con
brevissima storia del dettato di ciascuno di essi dei quali, dopo sunteggio,
si pongono in evidenza lacune e meriti, luci e ombre, secondo il parere di vari
Autori, con giudizio finale dello stesso Aubert. Non possiamo a questo punto,
reputiamo, contrapporre critica a critica, poiche andremmo troppo lontano, ma
vorremmo, s` , sottolineare, oltre i commenti e le osservazioni, che si tratta, alla
finfine, di testi conciliari, il cui merito teologico dovrebbe essere piu` rilevato,
anche per quella ricezione da tutti auspicata, oltre ogni parzialita`. Orbene, a
forza di sottolineare aspetti carenti, ci domandiamo se resti sufficiente spazio
alla accettazione del magistero dottrinale in unottica pastorale del Concilio
Vaticano II. E` una questione generale ed e` la difficolta` dei giorni nostri, anche
se, beninteso, forza e autorita` dei documenti vanno valutate secondo il genere
letterario, i criteri di impegno e i temi trattati (p. 348).
Sempre in argomento di esegesi conciliare, ci domandiamo se sia giusto
asserire il permanere di numerose ambiguita` nei testi, nei quali affermazioni
tradizionali e proposte innovatrici si trovano frequentemente sovrapposte piu`
che realmente integrate . Ed ancor piu`: Tale mancanza di coerenza produsse
spesso divergenze di interpretazione, a secondo che si insistesse in modo unilaterale piu` su certi passi che su altri. Sotto questo aspetto uno studio storico
serenamente condotto puo` consentire di comprendere meglio quali furono le
intenzioni profonde della grande maggioranza dellassemblea, al di la` della preoccupazione di ottenere un consensus piu` largo (p. 348; a p. 384 lapproccio e`
pero` diverso; anche qui il procedere dellA. e` pendolare, con fusione difettosa:
v. pure pp. 386-388, compresa la nota 11, a questo riguardo). Siamo peraltro
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II Parte
La Chiesa del Vaticano II (1958-1978) (a cura di Maurilio Guasco,
Elio Guerriero e Francesco Traniello), Parte Seconda, Ed.
San Paolo, Pioltello (Milano) 1994, pp. 727 (vol. XXV/2 della
Storia della Chiesa iniziata da Fliche-Martin).
Nellintroduzione nostra alla Prima Parte di questo volume da noi definita come ardita impresa di investigazione complessiva, sia pure con sintesi
ancora narrativa, quasi, provvisoria e fatta un po in fretta, del grande evento
conciliare che sta al centro della storia della Chiesa in questo fine-millennio
rilevavamo i rischi per gli Aa. cimentatisi nellimpresa, i quali rimangono legati
alle loro visioni, anche per la difficolta` di una ricerca veramente scientifica che
esige impegno lungo e paziente al fine di assimilare e controllare le varie cronache alla luce degli Acta Synodalia. Citarli, in genere, allinizio degli studi,
come riferimento a cui si rimanda, e` facile; leggerli, sviscerarli e trarne le dovute
conseguenze critiche e comparative, oltre ogni cliche di parte, e` altra cosa.
Ebbene ci pare appropriato ripetere tali osservazioni anche allinizio di questa
seconda presentazione, sia pure riconoscendo che nei rischi di cui sopra questa
volta si e` incorsi ci sembra in maniera minore.
Il tomo inizia quindi con la Sezione Terza del volume, che porta il titolo Il
popolo di Dio , ma il suo I capitolo (il XI in effetti) e` dedicato a Le Conferenze Episcopali (pp. 7-16) ed e` affidato alla penna di un esperto in materia,
Giorgio Feliciani. E tuttavia qualche espressione testuale (pp. 15-16), a nostro
parere, dovrebbe essere meno chimerica, anche se vi riconosciamo chiaramente
la odierna problematica in materia.
Segue, nel capitolo XII (pp. 17-27), opera di Juan Ignacio Arrieta, una
puntuale illustrazione delle disposizioni canoniche su I Consigli diocesani e
parrocchiali , mentre lo studio successivo, di Maurilio Guasco, riguarda Seminari, Clero e Congregazioni Religiose (pp. 29-80). E` una buona e precisa
presentazione documentaria della evoluzione della disciplina ecclesiale in risposta ai problemi via via emergenti in tali settori della ricerca. Qualche sbavatura
di giudizio abbiamo notato a proposito della ratio studiorum (p. 44), delle vie
nazionali al sacerdozio (p. 49), dellidentita` della vita religiosa delineata dal
Concilio (p. 63) e della nostra crisi epocale e del suo riflesso nella Chiesa e sul
sacerdozio (p. 79).
I laici nella vita della Chiesa (pp. 81-118) e` il titolo del capitolo XIV,
affidato a Giorgio Vecchio, ricerca che riguarda fondamentalmente lItalia.
Con lealta` lA. riconosce i limiti del suo studio che non consentono ancora
di elaborare una sintesi soddisfacente . Lesposizione e` valida, va allessenziale,
non tralascia alcun tema di rilievo, anche se le perplessita` e i ritardi segnalati alla
fine del pontificato di Paolo VI ci sembrano risentire di una posizione non
equilibrata, per quanto concerne lo stesso Concilio Vaticano II, della scuola
di Bologna.
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urgente ... la revisione critica di alcuni principi morali tradizionali, quali lassolutezza della norma, lintrinsice malum, il principio del duplice effetto, ecc. ) nel
rinnovamento, e` ovvio, che e` scandito dai seguenti sottotitoli: il contributo del
concilio ; il rinnovamento metodologico ; la questione dello specifico ;
la ricerca di un modello ; dallermeneutica al problema del linguaggio ;
verso unesposizione sistematica ; le nuove aree della ricerca morale ( letica della sessualita` e del matrimonio oltre ad Haring e von Hildebrand, per
lHumanae vitae, avremmo desiderato vedere citato, almeno, il Martelet, in
quella sua famosa presentazione dellenciclica nella N.R.T. ; la centralita`
della questione sociale trattazione che ci trova francamente critici, per il
senso di rottura che appare in un insegnamento pur fatto alla luce della fede e
della tradizione ecclesiale , e qui ci sovveniamo delle lezioni del compianto
Cardinale Pavan ; un capitolo nuovo: la bioetica e nodi critici e prospettive .
Felicemente, per quanto concerne Il messaggio sociale cristiano e le nuove
sfide delleconomia , (capitolo XX: pp. 305-337) Silvio Berretta e Stefano
Zamagni fanno da pendant al Piana con una encomiabile presentazione, mentre
La Chiesa e la politica (capitolo XXI: pp. 340-374) ne e` quasi un prolungamento, pur su altro tono, quello di Francesco Traniello. Egli vede la Pacem in
terris come un punto di svolta , prima di affrontare i temi politici nei documenti del Concilio: la Gaudium et spes e la Dignitatis humanae. Segue lanalisi
della crisi della cultura politica dellOccidente, dei fermenti contraddittori del
postconcilio , di Paolo VI e la sfera della politica , dell espansione e diversificazione del magistero episcopale in materia politica e della Chiesa, cattolici e politica in Italia negli anni settanta . E` naturale che non sempre i nostri
collimino con i pensieri dellA. (v. per es. pp. 349, circa i regimi concordatari
358, per l attivismo della diplomazia vaticana 367, circa il ruolo
politico del papato e 373-374 sul doppio significato della secolarizzazione,
con etichetta di non conciliarita` [ecco le parole esatte: tendenzialmente difforme dai principali referenti culturali che, non senza travaglio, avevano trovato
sistemazione nei testi del concilio attinenti la sfera e i problemi della politica ]
nella relazione tra religione e politica, attribuita a Comunione e Liberazione .
Su di esso ancora piu` fortemente lA. cos` conclude: La forza di attrazione
manifestata dal movimento [C.L.] in molte aree cattoliche ... dipendeva non
poco dal fatto di riallacciarsi ad una percezione negativa della politica e della
modernita` [cioe` della forma politica del mondo moderno] profondamente radicata nella storia e nella tradizione del cattolicesimo . E` grave e onnicomprensiva affermazione che si puo` valutare meglio tenendo presente il giudizio in
seguito espresso da altro pur conosciuto storico: v. p. 404.
La Sezione Quinta, lultima prima della postfazione, comprende 7 capitoli,
di cui i primi due (dedicati allEuropa occidentale pp. 377-410 e orientale
pp. 411-442, rispettivamente) sono affidati ad Andrea Riccardi, non nuovo
a questi cimenti. In unEuropa divisa, ecco presentate dunque le strutture di una
Chiesa europea , con le sue crisi (del clero soprattutto) e i nuovi modelli, la
sua evoluzione, i suoi casi ed Episcopati (rinnovati), la polarizzazione e il
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nuovo profilo del Cattolicesimo (buona sintesi, positiva, in verita`), con finale
analisi di pluralita`, unita` ed evangelizzazione . Il procedere discorsivo e piano, sereno ed informato, aiuta nella lettura e nel giudizio. Ci limiteremo a dire
che non conviene luso del termine Chiese nazionali (v. pp. 383, 386 e 392),
ne ci convince la presentazione del caso Lercaro (p. 391), mentre apprezziamo, in tanto sfoggio di giudizi affrettati da parte di altri Aa., la prudenza per
quanto riguarda limpatto del Concilio Vaticano II sulle Chiese Europee (non ci
si presta nemmeno ad una ricostruzione anche sommaria, v. altres` p. 403), pure
se si afferma giustamente il protagonismo della stampa nella mediazione tra i
testi conciliari e le masse cattoliche. E` un lungo discorso! Il tentativo poi di
demitizzare le categorie, modellate sulla politologia corrente, tra conservatori e
progressisti, che fra laltro al loro interno coprono un ventaglio di posizioni
differenti, si pensi ai casi de Lubac e Danielou, per es. (v. pp. 392-394) ci
trova del tutto consenzienti. Altrimenti si fa una indebita semplificazione. Da
lodare ancora e` il tentativo di analisi della crisi ecclesiale postconciliare, che
affonda le sue radici fin da prima del Concilio (p. 396), nel nuovo orizzonte
secolare, mentre si concede che Limpatto del concilio ... provoca unaccelerazione dei processi di cambiamento. La crisi della societa` coinvolge inevitabilmente anche la Chiesa (ibid.). Nella stessa linea di merito va il giudizio circa
organizzazioni e partiti di ispirazione cristiana in Europa (v. p. 402) e lauspicio
dello studio del mondo della pieta` e dei santuari per la stagione postconciliare
(p. 406), che rappresenta sicuramente una porzione consistente del vissuto del
cattolicesimo europeo (ibid.).
Per lEuropa orientale la carellata non offre novita`. Vi si illustra la svolta di Giovanni XXIII e la politica orientale vaticana (preferiremmo non fosse
usato il termine Ostpolitik) e le sue gravi difficolta`. Mentre notiamo con soddisfazione, en passant, che non si puo` parlare di recezione del Vaticano II nei
paesi dellEst allo stesso modo di come se ne parla per lEuropa occidentale
(p. 432), rileviamo lo sforzo dellA. per abbozzare il caso polacco e la ricezione,
ivi, del Concilio stesso. Ma la religiosita` polacca ... resta ancora un terreno da
studiare (p. 435).
Si tratta comunque di un postconcilio difficile in Jugoslavia, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, per non parlare dellAlbania. E non vi e` alternativa
possibile alla politica della Santa Sede, anche se il panorama era stagnante e il papa non si faceva illusioni.
Il capitolo XXIV (pp. 443-495), sull America del Nord , si divide in due
parti, Stati Uniti e Canada, la cui illustrazione e` affidata, rispettivamente, a
Gerald P. Fogarty e Paul Crunican. Il primo A. presta attenzione soprattutto
a certi argomenti che sono specifici o di particolare interesse negli USA (questione della liberta` religiosa, per es.). Un particolare aspetto trattato e` anche
quello della leadership, sia dei Delegati Apostolici (avremmo amato giudizi
meno di parte) che dei Cardinali statunitensi. Lo studio ci appare comunque
alquanto polarizzato, in cui traspare una certa animosita` (di linguaggio) che
spiace. Non da meno e` il Crunican che puo` giungere ad essere indisponente.
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Anche il fatto di dedicare quasi due pagine (su dieci) alla risposta canadese alla
Humanae vitae e` segno della parzialita` dellA.
Soddisfa, invece, il capitolo sull America latina (pp. 497-534) di Eduardo Cardenas, a cominciare dalla premessa metodologica, in cui si riconosce la
difficolta` di fare una sintesi storica per quel subcontinente, cos` frammentato e
diversificato, eppure con linee comuni ed elementi affini che rispondono alla
identita` storica del Cattolicesimo ibero-americano. Di esso lA. analizza brevemente laspetto sociale e politico, con uno sguardo generale, poi, alla vita della
Chiesa, alle sue strutture, e con attenzione particolare a Medell n, che porta un
cambiamento nella visione pastorale. Successivamente si ricordano le grandi
caratteristiche, del decennio 1968-1978, con speciale rilievo a Cuba (da notare
che Mons. Zacchi fu per molti anni soltanto rappresentante inter no della
Santa Sede e che il numero dei cattolici indicato per il l978 fu una valutazione),
Cile e al Nicaragua (non useremmo la parola cricca , a p. 524), ai cristiani per
il socialismo, alla teologia della liberazione, al protestantesimo settario , allapostolato educativo, alle comunita` religiose ed ecclesiali di base. Si conclude
verso Puebla .
Buona e` pure la sintesi per l Africa (pp. 534-578) di Jacques Gadille. Vi
si presentano la sua doppia presa di coscienza, nel ventennio in considerazione politica e cristiana, Giovanni XXIII, il ruolo dei vescovi africani nel
Vaticano II, Paolo VI (con due linee direttrici di azione: lo sviluppo di una
ecclesiologia meno centralizzata e la ricerca delle condizioni piu` adeguate ad
unevangelizzazione delle culture), il difficile negoziato sui rapporti della Chiesa
cattolica con i giovani Stati e limpegno nellevangelizzazione, rilevando la questione dei ministeri, i problemi della societa` e la personalita` del Cattolicesimo
africano. Ci sia permesso anche qui qualche rilievo critico e precisamente a
proposito della impostazione della questione del celibato (p. 566, Paolo VI si
era detto disponibile a un apertura in casi ben precisi), della monogamia
(p. 573), delluso della parola abati , che in italiano ha un significato preciso e
non generale, come in francese, e dellimportanza emblematica concessa a un
pensiero personale di Mons. Sangu (p. 578: egli chiedeva un autentico rovesciamento delle tendenze rispetto al centralismo romano ).
Giuseppe M. Croce, poi, (capitolo XXVII: pp. 579-607) illustra la situazione ecclesiale del Medio Oriente . I cattolici vi sono minoranza di minoranze , come conferma il profilo statistico e geografico, relativo a vari Paesi e ai
Patriarcati esistenti (copto di Alessandria, di Antiochia dei Melchiti e dei Siri
Cattolici, di Cilicia degli Armeni e di Babilonia dei Caldei, nonche maronita). Si
esamina successivamente la loro presenza ed azione durante il Vaticano II e le
loro relazioni con lOrtodossia e il mondo islamico.
La trattazione dell Asia (capitolo XXVIII, pp. 609-665) e` affidata ad
Arnulf Camps, che si rivela studioso parziale ed esagerato. Egli cristallizza tre
momenti storici, e cioe` la situazione prima del Concilio Vaticano II, i cambiamenti da esso apportati, e la situazione alla fine del pontificato di Paolo VI.
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Nella trattazione sono affrontati fatti importanti, problemi e tendenze , mentre non vi si intende delineare una storia delle Chiese locali di ogni paese o
regione di questo vasto continente. Si tratta di chiese locali dellAsia (e
non in Asia) e con cio`, afferma lA., si e` operata una terza riforma , o
una rivoluzione ecclesiastica : p. 611 che hanno ora un approccio basato
su tesi (7) illustrate dallA.
Il contesto antecedente il Vaticano II e` scandito dai seguenti sottotitoli: la
liberta` religiosa, lIndia, la Malaysia, la Cina, le istituzioni cattoliche regionali,
lAsia terra di religioni. I mutamenti sono invece illustrati per lIndia, ancora,
per lo Sri Lanka e Hong Kong. Nella situazione di fine pontificato di Paolo VI
si da` rilievo alla Federazione delle Conferenze episcopali dellAsia, ai nuovi stili
di vita dellIndia e delle Filippine, allesperienza del laicato in Indonesia, e il
tutto porta verso alcune osservazioni conclusive . Ci si permetta di dire che
siamo sempre in difficolta` quando e` il caso qui per lA. ci troviamo di
fronte a dichiarazioni categoriche come le seguenti: Non si puo` trapiantare
una Chiesa. Il punto di partenza e` una Chiesa locale con radici proprie in un
contesto particolare, che in Asia comprende poverta`, religiosita`, ricchezza culturale e pluralita` (p. 611s.); il futuro appartiene ad un atteggiamento di
doppia fedelta` (alla propria cultura religiosa e al credo cristiano) ... quindi e`
da escludere una scelta tra i due ... questo ... richiede un pensiero teologico
radicalmente nuovo (p. 612); si sa per certo che in realta` la scomunica (per
i vescovi cinesi autonomi ) non fu mai comminata (p. 617); Papa Giovanni XXIII utilizzo` la parola scisma , ma subito dopo promise di non farne mai
piu` uso (ibid.). Anche il giudizio sui missionari non ha sfumature (p. 620), cos`
come sulla convinzione che la salvezza fosse possibile solo nella e con la chiesa
cattolica (p. 621).
Il volume si conclude con una post-fazione (pp. 667-689) dal titolo Il
concilio, sfida del pontificato di Giovanni Paolo II di cui e` autore Jan Grootaers. A tale proposito proprio anche per i motivi che egli porta ( compito
particolarmente rischioso e non privo di insidie, che nascono dalla necessita` di
descrivere un fenomeno a noi contemporaneo e non ancora concluso, e dalla
tentazione di formulare giudizi su un avvenimento ancora in corso e per di piu`
colto in un momento arbitrario del suo svolgersi : p. 669) dissentiamo con
chi ha proposto e voluto la postfazione. LA. giustamente presenta Giovanni
Paolo II soprattutto e in primo luogo come Pastore, riconoscendogli poi la
ferma volonta` di promuovere la ricezione sia nello spirito che nella lettera del
Vaticano II, ma ben compreso e interpretato .
Ed e` su questo punto, e cioe` linterpretazione conciliare, che come si
sa il Grootaers ha i suoi pensieri, che noi stessi non condividiamo. Il piu`
fondamentale riguarda la continuita` con il passato ecclesiale, con la Tradizione
insomma. Ed e` una costante visione del Papa Giovanni Paolo II di porre il
presente in continuita` con il passato. LA. attribuisce tale volonta` costante,
falsamente, allesperienza e origine polacca (nellEuropa orientale) del Vescovo
di Roma (v. pp. 671s.) e non si avvede che cio` e` invece la caratteristica principale del Concilio Vaticano II, come di ogni concilio. LA. non e` solo, in tale
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posizione, perche in Italia la stessa linea di pensiero e` sostenuta fondamentalmente dallAlberigo, da lui stesso citato (v. p. 672: La ricezione del concilio
avrebbe allora come principale criterio la sua organica omogeneita` con il cattolicesimo posttridentino ). Ma non parlava il pur da costoro lodatissimo Papa
Giovanni di aggiornamento ? E cosa esso e` allora se non si pone nella linea
della Tradizione e non della rottura? E si continua e` sempre lAlberigo ad
essere citato : Sembra che il Vaticano II sia visto come sintesi definitiva del
cattolicesimo moderno, piuttosto che come invito rivolto alla Chiesa perche si
rinnovi sotto lazione dello Spirito Santo . Si puo` dire poi che la crisi postconciliare della Chiesa deve essere attribuita ai timori e ai ritardi registrati
nellattuazione del Vaticano II (ibid.)?
Non vogliamo peraltro chiosare, come si potrebbe e forse dovrebbe fare,
ogni espressione dellA. o di chi lo sostiene nella sua interpretazione, ma ci
limitiamo solo a considerare qualche critica personale, riguardo cioe` alla
persona che ora guida la barca di Pietro. Vi sarebbe in lui una significativa
lacuna, e cioe` la tendenza a trascurare la dimensione storica degli avvenimenti
in generale e quella del Vaticano II in particolare (p. 673). Egli e` piu` filosofo
che teologo e la sua filosofia fenomenologica e` un pensiero che si libera della
storia. Grootaers conclude: Egli (il Papa) ama sottolineare la continuita` che
rende vicino il passato, mentre sembra sottovalutare gli aspetti del cambiamento: la storia anzi sembra accentuare la distanza dal presente (ibid.). Ma non sa
lA. che fra gli storici stessi vi sono quelli che privilegiano legittimamente laspetto continuita` e chi invece quello di novita`? In ogni caso nella Chiesa, parlando in termini teologici, deve coesistere la doppia fedelta` alla Tradizione e
allincarnazione nel presente, alla luce dei segni dei tempi illuminati dalla Parola. Che poi la Scrittura abbia un posto di scarsa importanza nel pensiero papale,
a causa degli studi dellAngelicum di altri tempi, questo e` contraddetto proprio
dal grandissimo, sia pur personalissimo, uso della S. Scrittura, per esempio, in
tutte le encicliche dellattuale pontificato.
Ritornando alla storia, perche trattasi di questione fondamentale per linterpretazione del Concilio, non si puo` poi dire che linsistere dellallora Card.
Wojtya, nel 1965 sul fatto che cio` che conta e` la totalita` costituita dal
Concilio , una volta raggiunta la quale gli interventi nel corso del dibattito
conciliare non hanno importanza , sia insensibilita` al travaglio che ha portato
al dettato conciliare, ma necessita` di rifarsi ai testi definitivi. Solo questi infatti
sono piaciuti allo Spirito Santo e a noi e fanno testo , e proprio in essi e`
avvenuto il consenso, frutto del Concilio. Che vi sia poi una differenza personale di formazione storica fra Papa Montini e Papa Wojtya chi lo puo`
negare? Ma cio` cosa significa? Non e` forse intervenuto, e a volte pesantemente , Paolo VI, cultore per eccellenza della storia, per arricchire i testi conciliari
del tesoro della Tradizione, in una benefica mediazione a favore della comunione con il passato, nellapertura cordiale con il mondo contemporaneo? Che poi
si citi ancora lAlberigo, ad invocare la coscienza storica, ci sembra si perdoni
il colmo, poiche, con tutto il rispetto, trattasi di Autore che ha la tendenza di
fare storia alla sua maniera , come spesso ci pare di aver dimostrato.
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Per gli errata rileviamo compentenza (p. 26), Schonstatt (p. 115),
praesse (p. 138), Biblischen (p. 168 nota I), Leuven 1922 (p. 252 nota
5), Giovani XXIII (p. 344), alto verso (p. 367), ausiliario (pp. 461, 465,
470, 476, 479, 481, 483), gesuita (p. 466), aggregaziome (p. 503), Vanzane (p. 526 nota 35), Resende (pp. 556 e 557), e il piu` stretto (p. 557),
oblate (p. 558), Constantine (p. 561), dal 1982 (p. 561 nota 50), Rulenga (p. 567), ujmaa (ibid.), evangalizzazione (p. 568), un liturgia
(p. 662), lordine della messa (p. 664) e Levebvre (p. 680). Corrige: competenza, Schonstatt, praeesse, biblischen, Leuven 1992, Giovanni XXIII, altro
verso, ausiliare, dei gesuiti, aggregazione, Vanzan, Resende, e` il piu` stretto,
oblato, Costantina, per molto tempo, Rulenge, ujama, evangelizzazione, una
liturgia, lordinario della messa e Lefebvre.
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Vaticano II, realizzato a Mosca dal 30 Marzo al 2 Aprile del 1995, esattamente
sul tema Il Concilio Vaticano II: la visione dalla Russia .
A. Melloni lo introduce, nel contesto delle ricerche, con uno studio a cui da`
il titolo Chiese sorelle, Diplomazie nemiche. Il Vaticano II a Mosca fra propaganda, Ostpolitik ed ecumenismo . Egli cos` sintetizza i lavori dellincontro:
La partecipazione russa al concilio Vaticano II fa parte integrante della identita` di questa assemblea che costituisce levento nodale del cattolicesimo del
secolo XX: il modo in cui la chiesa di Roma guarda alla capitale sovietica, il
modo in cui la chiesa russa guarda a questo introito solenne del cristianesimo
latino nellecumenismo determinano nel corso degli anni 1959-1962 (quelli della
preparazione del concilio) e poi degli anni 1962-1965 (quelli del suo effettivo
svolgimento) una fitta serie di approcci, ripensamenti, interpretazioni. Di tutto
questo, fino a pochi anni or sono, si conosceva pochissimo: la diplomazia
sovietica non amava certo raccontare quelle che erano state le attese dellURSS
in quegli anni e daltro canto, da parte del patriarcato, mancavano le condizioni
minime per poter riguardare a quel momento (e se mai alle carte ad esso relative) con la necessaria liberta`. Il riserbo della segreteria di Stato, poi, rendeva
impossibile capire il senso dei passi compiuti ed il dibattito da cui erano sortiti.
Percio` gli studi di diversa qualita` storiografica passavano accanto al tema
Vaticano II-Mosca rapidamente, per cenni (p. 1). Ma, poi, gli archivi russi
furono aperti.
Lenfasi esagerata posta dallEditore circa la partecipazione russa al Concilio, come parte integrante della identita` di questa assemblea , non toglie il
fatto che vi siano per essa elementi di vivo interesse, tanto piu` che il Colloquio in parola forn` occasione per entrare, sia pur fugacemente, in altri campi
di ricerca particolarmente delicati , quali la politica italiana dellepoca e il suo
influsso sulle cose di Chiesa, nonche, ben aldila` dellavvenimento conciliare,
la concreta politica religiosa sovietica, atta a fare un po di luce nella storia di
quegli anni di fieri avvenimenti.
Il Melloni traccia cos` i limiti dello studio fino al 1978, illustra, a suo modo,
i contributi recenti e le prospettive di ricerca, segnala i nomi ma nego paritatem di Stehle, Wenger e Riccardi, come pionieri in materia, critica
ideologicamente , invece, i lavori di A. Tamborra e di S. Trasatti, prematuramente scomparso. Lo stesso atteggiamento appare anche per i tentativi di
dialogo del Cardinal Siri (v. p. 10), a cui si erano pur rivolti qualificati interlocutori sovietici, di loro iniziativa.
LEditore passa quindi a segnalare i limiti e le ipotesi di ricerca succcessivi,
con analisi della situazione stretta , assai, del Patriarcato di Mosca, fra interessi di politica sovietica e visione che definiremmo ecclesiale, ecumenica
(v. pp. 8-9, specialmente nota 27). E conclude, rivelando una inattesa sintonia , oggettivamente paradossale , che accomuna alcuni settori della curia
romana ed i dirigenti del PCUS: entrambi ritengono che la condanna (o meno)
del comunismo costituisca un tema importante nel Vaticano II (p. 10). Laggancio e` indicativo ci pare della posizione del Melloni.
In ogni caso egli, riprendendo anche il suo tradizionale punto di vista sulla
Curia, considera dopo lo svolgimento del Colloquio che la decisione del
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Patriarcato di Mosca risulta politica (p. 11), forzata (dal PCUS), come
sono invece molto piu` sfumate e calibrate , ad esempio, le conclusioni di
Roccucci, che in seguito presenteremo e al tempo stesso lo dicono gli altri
studiosi, v. pp. 78 e 117 conforme alla sua linea di presa di distanze e di
indipendenza nei confronti di Costantinopoli.
La materia del volume e` divisa in 4 Parti ( Relazioni internazionali ,
Ecumenismo , Contorni e controversie e Testimonianze ), precedute
da una buona prefazione di A.O. Tchoubarian, che ne mette a fuoco tutta la
problematica soggiacente.
Il primo intervento , Vaticano e Cremlino. A proposito della presa di
coscienza dellingresso nellera nucleare: crinale apocalittico della storia , e`
affidato a V. Gaiduk. Vi sono evidenti incomprensioni dei contatti della S. Sede
con i rivoluzionari, agli albori del processo rivoluzionario, dello status de
LOsservatore Romano (considerato giornale ufficiale), della posizione di
una Santa Sede occidentale , alla quale peraltro il precipitoso degradare
della situazione internazionale e lapparire allorizzonte di reali minacce di un
olocausto nucleare, permetteranno di sposare apertamente il principio della
coesistenza pacifica nel contesto del mondo bipolare (p. 18). Ma la radice di
cio` e` trovata gia` si badi bene in Pio XII (v., successivamente, lo stesso
giudizio nella testimonianza di Krassikov: p. 317), che individua i principi della
politica internazionale della Sede Apostolica nella indipendenza, imparzialita` e
nella mediazione (ibid.). Anche la Lettera apostolica ai popoli della Russia ,
del 1952, e` considerata tappa importante nel passaggio del Vaticano allatteggiamento aperto nei confronti del Cremlino . E` quindi abbozzata la successiva
evoluzione dei rapporti, dopo Stalin. Segnaliamo qui solo la discrepanza (p. 27)
circa il giudizio sul ruolo di Giovanni XXIII per la crisi di Cuba, con quanto per
esempio attesta, da parte americana, G. Fogarty. DellA., per concludere, ci
piace citare una costatazione: il tempo che passa rende operante la legge
storica delle grandi semplificazioni . E proprio quanto bisognerebbe invece
evitare!
V. P. Ljubin intrattiene poi sulla letteratura scientifica nellURSS sul
Concilio Vaticano II. E` un interessante ritorno al passato ateo e al giudizio
meschino di molti, chiusi nei loro preconcetti e nelle loro visioni ideologiche.
Vi e` anche la possibilita` di costatare quali fossero le fonti di informazionedisinformazione dei cittadini sovietici durante il lungo inverno senza il sole della
liberta`. Cio` non imped` finalmente il riconoscimento dell aggiornamento
della Chiesa cattolica e del cambiamento nella politica del Vaticano .
Sostanzioso e decisivo, grazie alla consultazione dei documenti relativi,
appare, successivamente, lintervento di A. Roccucci dal titolo Osservatori
russi al Vaticano II. Il Consiglio per gli Affari della Chiesa Ortodossa Russa e
il Patriarcato di Mosca fra politica anti-religiosa e strategie internazionali .
Dopo il concordato non scritto fra Chiesa e Stato firmato da Stalin
durante la guerra, Chrus iov nel 1957 inizio` una politica antireligiosa, senza
esitazione alcuna, che porto` a cambi anche allinterno degli organismi addetti
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riferimento a Pio XII: p. 176), accenno al Segretario generale del Concilio che
seppe manovrare piu` abilmente, in seguito lo si definisce abile gioco :
p. 183 imponendo alla Commissione una soluzione di sostanziale compromesso con la minoranza conciliare (p. 179) e richiamo del grave disguido causato involontariamente da Mons. Glorieux e della trattazione del ricorso di
Mons. Carli: p. 180.
Il ritiro di tale giusto ricorso, veniva pagato ... anche con linserimento di
una nota che riferiva il testo specificamente alle condanne del comunismo pronunciate dai pontifici precedenti e con un inciso, allinizio del paragrafo 21, di
riferimento alle precedenti condanne del Magistero contro il comunismo stesso
(v. p. 184s.). Le conclusioni del Turbanti risultano infine equilibrate (p. 186s.),
pur rivelando, gli ultimi suoi due paragrafi, una certa fragilita`, specialmente
nella critica al Calvez e nellaccoglimento del concetto di negociation , di
cui sopra, del Ladrie`re (p. 187).
R. Burigana affronta successivamente un capitolo difficile, e cioe`: Il
Partito Comunista Italiano e la Chiesa negli anni del Concilio Vaticano II ,
sulla base di fonti anche inedite (il vol. di Stehle, pero`, non e` solo datato ma
anche assai parziale), perfino del diario di Papa Giovanni XXIII, durante il
tempo del suo pontificato, che non e` ancora di dominio pubblico. Per questo
ce` la tentazione di spulciare quel che si vuole e tralasciare il resto.
Non seguiremo lA. nel suo andare da che cose` un concilio? alla Diplomazia sotterranea e messaggi pubblici , dal Concilio della pace , ad Un
papa nuovo e un concilio vecchio e al marxismo e cristianesimo . La trattazione pure in questo caso non manca di interesse. Rileviamo peraltro alcuni
punti deboli, per noi, e cioe` il giudizio espresso sul gia` citato lavoro pionieristico
del Carbone, definito considerazioni, non di valore storico, ma interessanti
come testimonianza dellatteggiamento di alcuni padri su questo tema (p. 205
nota 54), il riferimento a un implicito accordo fra Roma e Mosca di non
pronunciamento contro il comunismo (p. 205, v. invece, degli Atti , p. 258) e
il giudizio circa la crisi di Cuba (p. 206), e su una presunta dissociazione della
Segreteria di Stato dalla condotta di Giovanni XXIII nel caso della liberazione
di Mons. Slipyj (p. 208 nota 69). Ancora riserve vanno per lopposizione in
tutti i modi di una parte della Curia allincontro del papa con Adjubeij (p. 209
e nota 76), per il parlare di schemi di Ottaviani (p. 210), e per le manovre
curiali contro la collegialita` (p. 217) e circa linterpretazione sulla Nota Explicativa Praevia (p. 218). Lo studio di Burigana comunque permette bene di
seguire levolversi della politica e dei giudizi del P.C.I. nei confronti
della Chiesa , che al tempo di Paolo VI sposa la linea privilegiata dellincontro con esponenti cattolici del dissenso e delle critiche al magistero di Paolo VI
(p. 219, v. anche p. 223ss. e nota 128). La debolezza di una tale posizione e
dellanalisi (e` tendenziosa e parziale) sul Concilio risulta evidente nello scritto
dellA. (v. specialmente p. 222s.) e da questa sua considerazione: Il giudizio
finale del P.C.I. era dettato quindi, ancora una volta, dalle ricadute che il
Concilio poteva avere nel quadro politico italiano e internazionale; il dibattito
teologico, la fedelta` allimpostazione roncalliana, gli interventi di Paolo VI, il
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pubblica la Biografia ufficiale, scritta. da M. Benigni e G. Zanchi, con prefazione di Mons. L. Capovilla. Le Paoline, poi, hanno gia` immesso sul mercato il
volume Giovanni XXIII. Saggezza del cuore, primavera della Chiesa, di M. Sgarbossa. Pure Borla entrera` in scena con lopera Papa Giovanni. La parola agli atti
processuali, di A. LArco, mentre Gribaudi ha appena stampato, di A. Tornielli,
Giovanni XXIII. Vita di un padre santo. Unaltra biografia uscira` prossimamente
anche presso Rizzoli (collana BUR), con il titolo Giovanni XXIII, e sara` tracciata da M. Garzonio, dopo Un santo di nome Giovanni di Sonzogno, per la
penna di V. Sansonetti. In queste brevi nostre memorie non possiamo dimenticare infine la citta` lagunare, tanto cara al Roncalli, dove Studium Cattolico Veneziano e Canal & Stamperia hanno edito, Giovanni XXIII. La mia
Venezia, di M. Roncalli, con introduzione del Cardinal Patriarca M. Ce` e di
Mons. L. Capovilla.
Fra tanto scrivere, abbiamo scelto di presentare il volumetto dellAlberigo
ricchissimo di citazioni giovannee, ed e` il pregio principale dellopera, spesso
pero` monocorde per la sua e nostra particolare attenzione al Concilio
Vaticano II, nel suo legame con papa Giovanni. Di fatto ad esso, ma non solo,
sono dedicati sei, dei sedici capitoletti di cui si compone la pubblicazione, purtroppo sfornita di indici, che favorirebbero la ricerca scientifica. Per il nostro
esame ci fermeremo principalmente su quei capitoli dedicati a Papa Giovanni e
al concilio, ma considerando, in tale prospettiva, pure il resto dellopera.
Diciamo subito che purtroppo, anche nella presente ricerca, abbiamo trovato i consueti parametri di giudizio soggettivo e spesso non fondato dellA.,
giustificati da una simpatia indubbia per il suo personaggio , ma ancor piu`
per limmagine che egli se ne e` fatta, la quale, proprio per la sua passionalita`
di partenza, avrebbe richiesto un piu` attento uso della critica. In effetti lA. da`
per risolti gravi problemi storici, e si badi bene non di santita` di quel grande
Papa i quali, altres` per la non facile accessibilita` delle fonti , debbono
essere valutati con particolare prudenza, appunto storica . Basti qui citare il
rilievo dellA. stesso per quel che riguarda gli archivi della Segreteria di Stato
(v. p. 105 nota 11), oltre alla questione, nostra, della valutazione dei rapporti
ivi giunti, e del loro legame, o meno, con la santita` di chi li redige o li firma.
Iniziamo con il considerare anzitutto la tendenza costante dellA. a divaricare e distinguere fino allesasperazione fra Papa Giovanni e i suoi predecessori (pp. 143, 161, 189, 198), fra lui, da una parte, e, dallaltra, il collegio
cardinalizio (p. 119), il suo Vicario per la diocesi di Roma (p. 152), la Curia
(pp. 145, 177s., 195s.), il Santo Ufficio (pp. 157, 166, 177, 196) ed anche i suoi
piu` diretti collaboratori, salvo alcune eccezioni (p. 168, specialmente nota 9,
sulle minacce di Tardini, ma pure p. 177s., sul regolamento del Concilio,
e ancora pp. 189, 199, 202). A questo proposito ricordo, a conferma, che la
Biografia Documentata, stesa a cura di Alberigo e Melloni, nella sua Pars IV,
2665-3459, salta proprio i commenti molto benevoli e consolanti (nelle
famose Agende di papa Giovanni) dei giorni 4-13 Gennaio 1961 in occasione
delle sue visite ai Dicasteri Pontifici. Distinzione e` pure posta fra Gio-
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vanni XXIII e i vescovi (nella fase preparatoria del Concilio: pp. 169, 171 e
200), e ancor prima fra il Patriarca di Venezia e i vescovi veneti (p. 130s.).
Questa nostra critica, che riflette in fondo laltra, analoga, relativa al Concilio Vaticano II, visto dallA. nel suo aspetto innovativo, progressista , di
evento rivoluzionario, e senza sufficiente aggancio, necessario, alla Tradizione,
di contrapposizione insomma rispetto al passato, non significa certo, per noi,
sminuire le caratteristiche che furono proprie di papa Giovanni, le sue novita`
(p. 11) se cos` possiamo esprimerci , il suo ottimismo (pp. 161; 189 e
ancora prima pp. 82, 117 e 120), lamore speciale che egli nutriva per la S. Scrittura (pp. 45, 95, 121ss., con qualche necessario distinguo da parte nostra, e 124),
il voler egli seguire la Imitatio Christi (p. 21), in una ricerca indefessa dell umilta`-poverta` (pp. 44, 118s. e, sulla carriera , pp. 58s., 63, 71, 205 e 216),
della misericordia-mitezza (p. 51ss. e p. 60), in fedelta` al Papa (p. 43). La nostra
critica si basa invece sulla considerazione della complessita` del personaggio
Roncalli, pur uomo cos` semplice, nellessere egli un grande amante della Tradizione (v. la discutibile interpretazione tridentina dellA.: p. 131 e specialmente quella di p. 190), insieme con gli altri, prima di lui e con lui, oltre il suo
essere aperto e desideroso di un aggiornamento. E non puo` lA. salvarsi in calcio
dangolo, e allultimo minuto, mi si passi il linguaggio calcistico scrivendo
che Roncalli fu uomo della Tradizione in senso altissimo (p. 217), indicando
quel senso proprio per isolarlo ancora una volta, in fondo, dal contesto della
Tradizione ecclesiale tout court .
Del resto lo stesso Alberigo, con buona sintesi, lascia trasparire la debolezza della sua interpretazione unidimensionale, precisamente a p. 170
presentando eufemisticamente altre decisioni (pontificie) di piu` difficile interpretazione . Naturalmente la difficolta` viene allA. dal fatto che esse contraddicono il suo pensiero fondamentale sulloggetto-soggetto della sua ricerca. Gli
viene da quella eccezionalita` roncalliana che si deve collocare, per noi, in
altro campo, appunto quello della santita`, (p. 10), nella versione (i suoi colori di evangelismo) dell ordinarieta` (pp. 9 e 216s.) ma eroica, facciamo
notare noi della vita, della pastoralita` (pp. 78, 82ss., 94, 107, 111, 147,
190), della dedizione alla causa dellunita` dei cristiani, volonta` di Cristo benedetto, (pp. 67s., 73, troppo facile peraltro e` qui la soluzione della difficolta`
proveniente dal linguaggio usato dal Roncalli 77s., 79s., 87ss., 156, 191 e
203), dellamore alla cattolicita` , oltre ogni esasperato nazionalismo (p. 77s.) e
infine di un acuto senso storico (pp. 41s., 67, 96s. segni dei tempi ,
160s.). Cio` vale anche a riguardo delle relazione della Chiesa con lo Stato e i
partiti, con le dovute distinzioni (pp. 154, 167s., 183ss. e ancora, prima, pp. 78,
94, 114, 120, 124s. e 128ss.). Su questo punto siamo daccordo con lAlberigo
(pp. 160s., 194 e, prima, p. 9s.), anche se bisognerebbe discutere luso, per Papa
Giovanni, della categoria profezia (p. 9).
Invece, con gran convinzione, non siamo dellavviso dellA. circa la posizione del Roncalli, prima e dopo lelezione al supremo pontificato, nei confronti
dellecclesiologia comune , prevalente, almeno a livello ufficiale aggiunge Alberigo al suo tempo (pp. 63, 77, 80, 96, 109, 113ss., 125, 131, 145, 155,
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190, 203 e 207), del modernismo (pp. 163, 191, 203, e, prima, pp. 31, 34, 41,
46ss, e 123), dei preti-operai (pp. 105 e 157), del fascismo (pp. 65 e 93), dei
rapporti con Von Papen (p. 92ss., a suo favore egli ag` con carita` anche nel
dopo-guerra), degli ebrei, (pp. 86s., 97 particolarmente reticente si afferma
ingiustamente della documentazione offerta dai famosi Actes et Documents du
St. Sie`ge relatifs a` la II guerre mondiale e p. 164), ecc. Sono tutti argomenti che
la ricerca storica dovra` vagliare piu` accuratamente, senza incamminarsi gia`
verso quelle soluzioni di facilita` che a volte lA. ci presenta.
In tema di accuratezza riportiamo qui due esempi con riferimento, il primo,
alla Pontificia Commissione Biblica, e ai turbamenti del Papa stesso sullo
sviluppo degli studi biblici cattolici (pp. 163, 178 e 183). In effetti Giovanni XXIII, pur giungendo a ventilarne lo scioglimento, rimase in concreto
nellatteggiamento silenzioso di Giacobbe, quando ricevette gli interessati, e cio`
nel contesto di divergenze sorte nel suo seno. E` lo stesso atteggiamento di
riserbo, con richiamo ancora a Giacobbe, che il Papa tiene anche in altre circostanze (v. p. 183). Laver tolto, lAlberigo, poi, dalla citazione di p. 178 la frase
giovannea Libro divino (...) accanto e dopo la tradizione apostolica su cui si
riposa la S. Chiesa di Cristo , elimina proprio il fuoco contestuale di giudizio sul tutto. Lo stesso dicasi nel secondo nostro esempio, per quellatteggiamento, in termini preoccupati , di Pio XII, nel dialogo con Mons. Roncalli,
per quanto concerne il silenzio pontificio a proposito delle atrocita` naziste
questa e` la versione dellA. . Roncalli scrive invece semplicemente:
(Pio XII) chiese se il suo silenzio circa il contegno del nazismo non sia giudicato male . La cosa e` ben diversa, dunque. Nel primo caso lA. insinua gia`, di
fatto, la conoscenza delle atrocita` da parte del Papa. Aggiungiamo, dopo un
inizio ex abrupto dellAlberigo, circa la diagnosi di cancro per il papa (p. 187
[ma ne fu informato?]), che la trattazione sullimportante discorso pontificio
Esulta la Chiesa , non tiene conto delle chiarificazioni assai pertinenti e definitive di Mons. V. Carbone (v. Il Concilio Vaticano II. Preparazione della
Chiesa al III Millennio, Citta` del Vaticano 1998, pp. 36-39), le quali non vanno
nella linea di Alberigo e Melloni (v., in questo volume, pp. 346-349).
In ogni caso si dovra` tener conto che pure Giovanni XXIII e` figlio del suo
tempo e percio` bisogna storicizzare i suoi atteggiamenti senza farne un mito.
Ci troviamo di fronte a un beato, a un santo, a un uomo di profondissima fedefiducia e di coraggio, ma il tutto di lui, anche quando si ammala e si accorge
che il Concilio, da lui iniziato, un altro lo concludera` va sottolineato nei modi
che concorrono a fare conoscere la sua cara persona e non il suo riflesso soggettivo in noi, in conformita` alle nostre scelte e priorita`, al nostri desideri.
Questo vale altres` per il procedere della canonizzazione , ( itinerario faticoso e lento , dice lA., ma proprio non ci pare: p. 7) che fu bloccata in Concilio (ib.). In assemblea si decise invece di scegliere la via ordinaria . E qui
ricordiamo latteggiamento dello stesso Cardinal Lercaro in tal senso.
Passando a volo duccello sugli altri capitoli, i cui contenuti tematici, in
parte, abbiamo gia` inseriti negli aspetti di visione dinsieme ai quali ci siamo
sopra riferiti, notiamo che il procedere e` lineare, pur rilevando sempre, sotteso,
208
il punto di vista dellA., che prepara la sua successiva visione sintetica conciliare. Forniamo anche qui un esempio, quello di una pretesa persecuzione o
dimenticanza, o anche di umiliazioni istituzionali (pp. 70, 77, 83: ben deludente promozione dopo lesilio bulgaro , 84, 94, 96: tenerlo lontano dal
cuore della Chiesa, dallattivita` pastorale, e dal suo centro storico , 101ss. e
109 nota 22) subite da Roncalli da parte dei suoi Superiori, della Curia, insomma. Certo anche lui ha sofferto per malintesi, incomprensioni (v. pp. 74 e 93);
pure egli ebbe a portare le sue croci, ma quanti, nel servizio diplomatico ordinario della Santa Sede o in altri ministeri ecclesiali, o nel vasto mondo, si sono
trovati nelle sue condizioni, anche in apparente abbandono , senza vedervi
alcun speciale trattamento discriminatorio. Questa e` la vita, specialmente se e`
quella di un sacerdote, di un vescovo! Chi scende e chi sale, chi e` messo in prima
fila e chi resta indietro. Le circostanze, favorevoli o meno, contano molto;
tuttavia sappiamo e ne era convinto anche il buon papa Giovanni, come
risulta dal suo Giornale che cio` che importa e` sempre, sempre l Oboedientia et Pax .
Ed e` proprio questa visione soprannaturale delle cose, degli avvenimenti, la
sapienza cristiana (a cominciare da quel Dio e` tutto, io sono nulla ), a fare
grande il Roncalli. Grandezza che risulta evidente, del resto, dallultimo capitolo, il migliore dellopera, dovuto alla penna di un uomo rapito (lAlberigo)
da Papa Giovanni, il quale ha saputo cogliere la sua fisionomia spirituale.
Lultimo capitolo lo possiamo pure noi sottoscrivere, con due eccezioni. Luna
si riferisce allaccostamento nella morte, di Giovanni XXIII a S. Francesco
dAssisi p. 209 e laltra riguarda un distinguo circa limpossibilita` oggi
di ammirare (papa Giovanni) senza accettare sinceramente e cercare di comprendere fino in fondo le intenzioni essenziali del suo governo e del suo magistero ecclesiale e storico p. 211 . A questo proposito in effetti noi aggiungiamo: non pero` come lo intende lAlberigo. Vi e` in fine la questione del
vocabolario giovanneo che per lA. sarebbe semplice e alieno da ricercatezza
p. 216 . In genere non ci sembra proprio cos` , anche perche spesso appare
aulico , seppur di nostro personale gradimento. Comunque riteniamo che la
santita` di papa Giovanni si manifesta soprattutto nella sua profondissima fedecarita` e comunione con Dio, per cui gli riusc` , sempre e dovunque, nel corso
della sua vita, a trasformare tutto in preghiera (il Giornale , intendo le sue
Agende , ne e` una testimonianza avvincente e bruciante). Tutta la sua lunga e
coerente vita, tutte le vicende personali, familiari, ecclesiali, civili, diplomatiche
e religiose e umane, che ebbe a vivere, le seppe trasformare in preghiera. A cio`,
per sostenere la convinzione di santita` di Papa Roncalli, basterebbe aggiungere
facendo tesoro pure della personale esperienza la considerazione del come
egli sempre tratto` e giudico` i suoi collaboratori.
209
210
211
da trattarsi nel Concilio: appunti seri e degni di rispetto (p. 94) E poi: mgr.
Felici, () che su mia indicazione, dal Card. Tardini fu messo in rapporto con
mgr. Loris Capovilla ... perche il tramite fra il Papa e il card. Tardini riesca piu`
spedito mgr. Felici, dico, ha iniziato la trasmissione delle varie risposte e
proposte che dai Vescovi di ogni parte del mondo vengono qui recapitate, bene
ordinate quali elementi di una prima formulazione delle Costituzioni Conciliari
che verra` in seguito predisposta ed eventualmente decisa. Sotto la data odierna
19 febbraio 1960 io stesso ho personalmente esaminato il complesso delle note
desunte dalle varie lettere dei Vescovi dItalia. Una prima e felice schiarita di
orizzonte che ben prepara lo spirito al lavoro che si verra` svolgendo giorno per
giorno (p. 94s.).
Successivamente possiamo ancora leggere: Nei giardini vaticani con mgr.
Capovilla lettura delle proposte dei Vescovi di Francia. Sommariamente combinano con quelle dei Vescovi italiani: e lasciano scorgere una felice disposizione
a convenire sui punti principali che corrispondono alle esigenze delle circostanze
presenti (p. 95).
Dopo la lettura dellinsieme delle proposte dei Vescovi di Belgio, Danimarca, Finlandia, Inghilterra e Malta, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia,
Olanda, Svezia, il Papa annota: Molta discrezione e qualche bizzarria dovuta
alla diversita` di clima, educazione, di circostanze singolari . Papa Giovanni poi,
nel giorno seguente, definisce interessantissima la lettura delle proposte dei
Vescovi di vario rito della Grecia e dellAsia Minore per il Concilio Ecumenico,
e aggiunge: Naturalmente varieta` di colori e di atteggiamenti spiegabili dai
riflessi storici dei vari paesi e di diverse razze. Larmonia e` perfetta pero` e felice
circa i principi fondamentali del credere, e del culto secondo le differenti liturgie (p. 96). Valga leggere insieme un altro passo significativo sulla preparazione e sulle prospettive di durata sinodale: Il pensiero di moltissimi Vescovi circa
i vari punti di dottrina e di disciplina si dispiega in forma ordinata e attraente.
Chi sa? Il Concilio potrebbe essere concluso a cavallo degli anni 1961 e 1962.
Nessuna ansieta` da mia parte e neppure desiderio di dare al concilio io stesso la
sua conclusione. Cio` che il Signore mi volesse imporre, di sacrificio al mio amor
proprio, alla mia vita, tutto mi accingo a portare in benedizione (p. 98s.).
Anche il memoriale della Congregazione del Concilio suscita rilievi di proposte eccellenti ... per la dottrina che chiarisce e per lincoraggiamento che
allieta (p. 99). Omnia in bonum et utile e` il commento pontificio dopo la
successiva lettura delle proposte della Congregazione anche dei Sacramenti e
dei Seminari. (ibidem).
Tralasciando altri cenni sinodali, varra` pero` fare menzione a quel Lungo
convegno col Card. Amleto per la sistemazione e relativo ordinamento delle
adunanze Conciliari (pp. 149-151) e alle significative letture sul Concilio di
Trento e Vaticano I, che il papa veniva facendo per prepararsi al II (pp. 83,
96s., 147, 202s. e 241 ).
Rilievo merita altres` un giudizio su Mons. Felici: Sacerdote assai distinto,
con cui mi sara` facile lavorare per la preparazione del grande avvenimento. Il
mondo esteriore non sa e non capisce niente (p. 98; v. anche p. 151 nota 13,
con interpretazione che non mi pare ben aggiustata, riferendosi forse al deside-
212
rio del Segretario generale di avere collaboratori effettivi nel Segretariato, piuttosto che sotto-segretari arcivescovi).
Per quanto concerne ancora la Gerarchia rimando altres` ad alcuni pensieri
giovannei sul papato (pp. 44, 167ss., 172s., 178s. e 243s.), sui patriarchi
(pp. 55, 66ss. e 90) e sul cardinalato (pp. 142ss., 169 e 246).
Di interesse per noi risulta pure il certo rilievo che il Papa da` alla
formula Mater et Magistra, applicata alla Chiesa (pp. 218, 232, 234 e 248), della
quale le Decretali Ps.-Isidoriane contribuirono a dilatare luso, mentre rileviamo
anche le citazioni di un altro falso medievale, le profezie di Malachia (pp. 216,
235 e 237s.).
Non vorremmo aver dato fin qui la errata impressione che i quaderni siano
ricchi solo di temi conciliari e di struttura ecclesiastica, poiche invece gli argomenti attinenti alla vita spirituale sono moltissimi. Basti pensare, per esempio, a
quanto il Papa scrive del Breviario, considerato bellezza e dolcezza (p. 213) e
poesia, dei salmi (pp. 228s., 232s., ecc.) e della frequentazione della S. Scrittura.
Ci piace, per concludere questa deliziosa cavalcata nei pascoli spirituali di
papa Giovanni, riferire il suo richiamo alla santita` al quotidiano diciamo
cos` , che del resto fu la sua. Si tratta di due citazioni, che sono poste significativamente alla fine del libro (p. 250). Luna e` di San Tommaso, secondo il
quale e` eroico perseverare sino alla morte nellesercizio delle virtu` comuni .
Laltra la trascriviamo prima in lingua latina. Essa si riferisce alla causa di
beatificazione di Mons. Gianelli, Vescovo di Bobbio, di cui si attesta la perfezione: In una dumtaxat, fideli, jugi et constante proprii status munerum et
officiorum perfunctione . Varra`, per molti, tradurre: Nel compimento fedele,
costante, perenne dei doveri e compiti della propria condizione .
213
cinquanta (p. 11), con evoluzione del laicato (p. 12) italiano. Per Monticone, Roncalli era un Vescovo tridentino (p. 14), pastorale e pur dialogante.
G. Zanchi sottolinea invece diverse modalita` di Pio XII e Giovanni XXIII
nello svolgimento del ministero papale , cosa abbastanza ovvia, ma, per noi,
con qualche giudizio azzardato (v. pp. 27ss., 30, 34, 36, 43, 45, 46 e 50).
Gradita sorpresa e` stata invece la lettura del saggio di A. Acerbi dal titolo:
Il magistero di Giovanni XXIII e la svolta conciliare , con iniziale riconoscimento che esso e` un dato complesso e a timbro istituzionale (p. 51). Al di
la` del Magistero, pero`, ce` la persona di Giovanni XXIII che e` un dato grande
e irrisolvibile (ibidem), il quale introduce un novum, una novita` che per lo
storico e` un grande problema (ibidem).
Seguiamo il dire dellA. anche nell altro aspetto problematico , cioe` nella
svolta del Vaticano II, perche lidea di svolta suppone continuita` e rottura [per
noi, non certo rottura, invece]. Una strada che svolta e` ancora la stessa strada ...
ma essa cambia direzione [sempre per il sottoscritto bisognerebbe aggiungere
che la svolta non e` ad U, per rimanere con limmagine scelta]. Quindi nel
termine svolta noi abbiamo, in un certo senso, il rifiuto di unimmagine del
Vaticano II come puro inizio (p. 52).
Ma ecco ora la causa della gradita nostra sorpresa, una critica cioe`, finalmente chiara e diretta, allinterpretazione del Prof. Alberigo per cui e` invece
dominante lidea del puro inizio (ibidem). Acerbi cos` continua: Qualcuno
di voi avra` avuto per le mani i primi volumi della sua Storia del Vaticano II e
avra` notato una cosa stupefacente, cioe` che essa comincia con la decisione del
Papa di fare il concilio . E a questo punto lA. fa il paragone con la magistrale
Storia del Concilio Tridentino dello Jedin che invece dedica il primo libro ( ed e`
il piu` bello ) proprio alla preparazione del Concilio. Ora Alberigo, che e` suo
allievo, e` troppo avveduto perche si possa pensare prosegue Acerbi che si
sia dimenticato di fare i cento anni dal Vaticano I al Vaticano II ... Evidentemente e` una scelta metodologica [noi invece labbiamo sempre definita ideologica], che corrisponde proprio a questa idea che la novita` assoluta e` data dalla
personalita` di Giovanni XXIII. Ci siamo. Il criterio dellAlberigo e` in fondo
post tenebras lux, dopo le tenebre, ecco la luce (cioe` Giovanni XXIII). E
ancora deinde tenebrae (e dopo di lui ancora le tenebre) . Infatti per lAlberigo Paolo VI e` quello che ha ridimensionato a tal punto la prospettiva, da
tradirla . Finalmente qualcuno lo dice apertamente. Non sono dunque piu` solo
ad affermarlo con chiarezza, contro venti e maree, e da cio` la nostra gradita
sorpresa. Altre cose interessanti scrive Acerbi nel suo saggio, che vale la pena di
leggere, sullo storico, sul teologo, sul filosofo ... sul concilio ( quando la Chiesa
da periferia diventa centro : p. 55), sulla Curia romana ( con normale dialettica istituzionale, ed e` fisiologica e non con ricostruzione storica stile western ). Continua lA.: certe ricostruzioni (storiche) mi danno davvero fastidio: ricostruiscono in bianco e nero ... Alberigo e` maestro, in questo! . In cio`
ecco il giusto riconoscimento che la minoranza ha avuto un suo ruolo indispensabile, e non necessariamente negativo (p. 57). Dopo aver ventilato, come
ipotesi, che per Giovanni XXIII lidea di un non governo era sostenuta da
214
unaltissima concezione spirituale (ibidem), Acerbi conclude: cio` lo differenzio` da Paolo VI e anche in questo caso avvenne quanto capita nel confronto tra
Pio X e Benedetto XV . Non si puo` peraltro dire semplicemente come fa lA.
che sulla costituzione iniziale del nucleo dei documenti [preparatori] Giovanni non intervenne .
Sul punto poi di una fuoriuscita , per il Vaticano II, da una concezione
del Concilio come luogo della disputa, tribunale supremo, in cui si decidono le
controversie allinterno della Chiesa (p. 58, v. anche p. 66s.), Acerbi si trova
daccordo con Alberigo, una delle poche cose in cui peraltro egli dice di
collimare col Professore bolognese (ibidem, e inoltre p. 60). Ce` in Giovanni XXIII una visione mistica del grande Sinodo, sempre secondo Acerbi.
Un altro suo giudizio merita di essere da noi ricordato, su Philips, un non
teologo, sapiente dato che diede spazio a un sacco didee perche non ne aveva
di sue , o meglio egli non era un grande teologo: i grandi teologi sono pericolosissimi, perche sono come i grandi artisti (p. 60). Ce` del vero nellaffermazione; anche per noi Philips medio` , non avendo una sua teoria. A questo
punto, con attenzione al discorso papale di apertura, Acerbi delinea alcune
caratteristiche del grande evento sinodale. Ci soffermiamo, a tale proposito, a
quella della pastoralita` , lelemento purtroppo meno chiaro (p. 63), poiche
subito ci fu chi contrappose dottrina, verita` e pastoralita`. E questa non era
lintenzione del Papa (p. 63). Di cio` che segue, nel pensiero di Acerbi, non
facciamo qui menzione, solo rileviamo che per lui la pastoralita` e` introdurre la
storicita` . E` vero, ma non solo la storicita`, e cio` dovrebbe apparire nelle pagine
successive, il che non avviene, specialmente nellillustrare la relazione Chiesamondo moderno.
A. Bertuletti riprende successivamente la trattazione di Giovanni XXIII
e il Concilio , con attenzione alla sua forma pastorale , in reciprocita` di
dogmatico e pastorale che e` rapporto costitutivo di verita` cristiana (p. 77),
specialmente nel contesto della Gaudium et Spes.
Anche Bertuletti, conclude il suo saggio sottolineando la qualita` spirituale dellintuizione di Giovanni XXIII, con qualche esagerazione ed imprecisione, secondo il nostro modo di vedere (cfr. p. 82).
Sempre sulla stessa linea spirituale e` orientato pure G. Lafont nel suo
saggio: Tradizione e profezia in Giovanni XXIII. Il beato papa Giovanni, un
dottore della Chiesa . Egli mostra comunque la sua debolezza, come storico,
nellaccettare supinamente, senza spirito critico, sia la distinzione proposta dal
Delumeau, tra riforma cattolica e controriforma, pure cattolica, con riferimento
al Concilio di Trento, ed altres` lopera diretta da Alberigo rispetto al Vaticano II.
Per noi, in effetti, Roncalli fu certamente un prete come attesta Lafont , un vescovo, un papa che si potrebbe definire tridentino , nel senso
di una continuita` (di riforma cattolica) che lo lega al Vaticano II. La sana
ermeneutica conciliare ci dice poi che pur nellevoluzione non ve` svolta ad
U tra un concilio ed un altro, ma semmai arricchimento, evoluzione, ripetiamo, nella continuita` in rebus fidei et moribus. Giovanni XXIII, purissimo
215
frutto della riforma cattolica (p. 86) certo lo fu, anche nel senso dellapprezzamento della figura del sacerdote tridentino, di Pio IX. Egli avrebbe apprezzato altres` il grande Giubileo indetto da Giovanni Paolo II, il Catechismo della
Chiesa Cattolica, e cos` via, come afferma Lafont. Anche se cade quindi il
contesto polemico della Sitz im Leben tridentina e` ancora e sempre necessario il legame con quel Concilio, per la tradizione cattolica. In cio` Papa Giovanni
non fa eccezione, pur con il suo carisma della carita` (p. 95ss.) universale,
come lo chiama Lafont. LA. articola il suo successivo dire in tre punti, e cioe`
in primo luogo una piu` grande speranza di salvezza per tutti; poi uno spostamento del primato della verita` al primato della carita`; infine una valorizzazione
del dialogo come luogo di germinazione della carita` (p. 98). Lafont conclude
accostando Giovanni XXIII a Santa Teresina, con proposta finale di proclamare Giovanni XXIII dottore della Chiesa allo stesso titolo di Teresa di Gesu`
Bambino (p. 108).
Il finale del saggio e` pero` brutto, poiche Lafont supera se stesso e Giovanni XXIII, attestando che pur non essendone senza dubbio personalmente cosciente, egli ha condotto la Chiesa a uscire non solo dalla controriforma, ma
pure dalla riforma cattolica, in quanto epoca definita della storia della Chiesa
(ibidem). Gli ultimi accenti, poi, trattano delloggid` in termini assai negativi,
per quel che concerne il Magistero, dato che si vuole nello stesso tempo
vivere la novita` introdotta da Giovanni XXIII e conservare linsieme tridentino (ibidem).
216
un gesto di pietas, lunico che allo storico sia concesso, ed e` una via per riconciliarci con un passato che e` ancora tanto vicino da non permettere sempre
lequanimita` dei giudizi .
Lo studio si apre con gli anni della formazione (1897-1922), con indovinata, sia pur veloce, descrizione della personalita` del maestro Padre Giulio
Bevilacqua e del retroterra bresciano. Come gia` in passato ci permettiamo di
rilevare che il curriculum studiorum del Montini presentato da Acerbi (v. p. 9s.)
manifesta qualche contraddizione e inesattezza. Non appare inoltre segnalata la
vocazione per la storia da lui avvertita, nei primi mesi dopo lordinazione sacerdotale, e per noi in parte perseguita e realizzata (v. lintroduzione di
N. Vian a Lettere a casa 1915-1943 G. B. Montini, Paolo VI, ed. Rusconi,
Milano 1987 p. 9, e due nostre Note su Apol, nel 1989 e nel 1990, precisamente alle pp. 243-252 e 869-883. Esse portavano il titolo Fu Monsignor
Giovanni Battista Montini uno storico?). Importante e` comunque il richiamo
dellA. al suo rapporto privilegiato con la cultura francese (pp. 10-11) e il
suo perenne rammarico per non aver potuto coltivare le proprie inclinazioni
intellettuali (p. 11). Il lettore dovra` intravvedere infine le difficolta` (di salute,
ma non solo) del giovane Montini a Varsavia, oltre quanto il testo di Acerbi
dice.
Di valore e` la descrizione de Gli anni della FUCI con menzione all agostinismo spirituale del futuro Papa, v. peraltro anche il suo aderire al
tomismo , non quello dai riflessi politici autoritari, in voga allora presso
certi ambienti, ma la dottrina che fonda lUmanesimo cristiano, in equilibrio tra
natura e soprannatura, tra cultura e fede : p. 18 e richiamo altres` al suo
atteggiamento senza cedimenti, nemmeno sotterranei , in relazione al modernismo, ben diverso dal suo rapporto con il mondo moderno, con la cultura
moderna, verso i quali lA. si dimostra giustamente molto attento (p. 17 e,
specialmente, pp. 18-21, nonche, poi, pp. 99s., 130 e 145). A questo riguardo
mi sembra che lAcerbi si ispiri al bel volume Paul VI et la modernite dans
lEglise, Roma 1984, con chiari distinguo (v. p. 145). La trattazione mette in
evidenza la proposta spirituale di Montini ai giovani e affronta pure la
questione delle sue dimissioni .
In Segreteria di Stato (1925-1954) si apre con una affermazione da
interpretarsi vincendo una certa mentalita` semitica che tende a eliminare il
piu` e il meno: Montini non amava il suo lavoro in Segreteria di Stato
(p. 27). Non e` vero, ma, s` , e` esatto scrivere: alle povere carte preferiva i
contatti spirituali e il dibattito intellettuale (ibid.).
Di rilievo e` poi lapproccio Montini e le questioni italiane e specialmente
il delinearsi del rapporto con De Gasperi (pp. 36s.) e suo aggancio con la
nomina ad Arcivescovo di Milano. Sembra invece che la ragione vada cercata
in relazione con la crisi dellAzione Cattolica. Ma e` ancora presto per dirlo con
sicurezza.
A Milano (1955-1963) appunto e` il titolo del capitolo seguente, con
buona ricerca sullatteggiamento dellArcivescovo sull apertura a sinistra e
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220
Vitae (lenciclica non avrebbe affrontato la dimensione soggettiva: p. 121). Comunque anche per Acerbi la questione storica resta sospesa , pur dovendosi
precisare la sua successiva espressione: Ebbe cos` inizio un fenomeno nuovo
nella storia del papato contemporaneo, la contestazione del papa allinterno
della comunita` cattolica (p. 122).
E siamo in pieno nella crisi del post-concilio (1968-1973) . Valgono qui
una precisazione ed un chiarimento. La prima, a proposito di alcuni vecchi
amici del papa (de Lubac, Danielou ...) (p. 125) che assunsero anchessi un
atteggiamento critico verso levento conciliare . Diremmo piuttosto verso un
certo post-concilio. Per il chiarimento, pur daccordo quanto alla necessita` di
attendere lapertura degli archivi per esprimerci riguardo ai collaboratori del
Papa (p. 129), e la loro eventuale responsabilita` quanto al gestire in modo
autoritario i rapporti con le Chiese locali , e proiettare quindi sul loro Signore , per dirla alla Roncalli, una falsa immagine, ci sia permesso di affermare che
Paolo VI non fu persona che si lascio` condurre, ma che diresse, quasi come
Sostituto della Segreteria di Stato , che egli era stato, gli affari della Chiesa. E
S. E. Mons. Benelli ne rimase quale Segretario , nello scenario di un tempo
antecedente al pontificato. Ben condotta e` in ogni caso lanalisi sul dolorosissimo conflitto con le ACLI ( un dramma : p. 132) e per lintroduzione del
divorzio in Italia. A questultimo proposito peraltro non diremmo che vi fu
alternativa, al fondo della quale stava lopzione fra due immagini profondamente diverse della Chiesa, fra affidare la difesa dei valori cristiani alle leggi
dello Stato oppure alla testimonianza dei fedeli (p. 133). Nemmeno ci pare che
la sconfitta referendaria sul divorzio e, poi, quella sullaborto avrebbe innescato allinterno del cattolicesimo italiano un processo di rafforzamento dellidentita` ecclesiale e di compattezza attorno alla gerarchia, i cui esiti si sarebbero
visti nel corso degli anni Ottanta (p. 133s.).
Vengono, infine, Gli ultimi anni del Pontificato (1973-1978) , con lAnno
Santo ( celebrato in tono minore e senza particolare risonanza nelle diocesi :
p. 136. Dipende. Abbiamo ricordi molto vivi delle celebrazioni, ben preparate e
partecipate, a Cuba, per esempio), la bellissima Evangelii nuntiandi, lesperienza
da parte di Paolo VI dello Spirito Santo nel rinnovamento della Chiesa e nella
sua vita intima, nella gioia. Scriveva: Il mio stato danimo? Amleto? Don
Chisciotte? sinistra? destra? ... Non mi sento indovinato. Due sono i sentimenti
dominanti: Superabundo gaudio ... (p. 138s.). Vi sono, a conclusione, menzioni
alla lettera inviata alle Brigate Rosse e alla celebrazione in morte di Aldo Moro,
a San Giovanni in Laterano, che fecero scoprire lumanita` di Giovan Battista
Montini, mai veramente conosciuta dal gran pubblico, velata comera dalle
polemiche e dalla scarsa comunicativita` del papa con le masse (p. 140).
Prima di una utile cronologia, di una bibliografia essenziale (completa),
degli indici dei nomi e del volume, e` posta la conclusione . Oltre ladesione a
vari suoi punti ci sia lecito formulare qualche osservazione critica. Inizieremmo
con la definizione di Montini come papa riformatore ( ha voluto per sua
esplicita coscienza esserlo : p. 141), seppur poi si precisa: ha rinnovato limmagine papale. Il cambiamento era gia` stato iniziato da Giovanni XXIII S` , in
221
questo senso lo possiamo dire, anche nel contesto che segue: Nel cattolicesimo
la valenza simbolica del papato ha un ruolo altissimo per lautocoscienza della
comunita`; incidere su di essa comporta gia` di per se un mutamento di tutta la
Chiesa (p. 142). Egli voleva dunque proporre una Chiesa umile, missionaria,
fraterna e tutto questo perche fedele a Cristo (ibid.).
Per laspetto inerente alla collegialita`, invece, rimandiamo a quanto sopra
riferito, anche se il condizionamento del clima ecclesiale appare qui completato dalla giusta considerazione delle divergenze teologiche sul primato, che
egli non voleva fosse minimamente toccato dalla discussione, le divisioni di
orientamento nellepiscopato e le spinte autonomistiche di alcune Chiese locali
(p. 143). Buone cose sono dette, in sintesi, anche sul rapporto con il mondo
contemporaneo, che supponeva una chiara identita` della Chiesa , e sulle sue
esitazioni ed irrisolutezze .
La soluzione di tale difficolta` lA. la trova nel dato psicologico dominante
di Paolo VI, che non era lincapacita` a decidere, ma la volonta` lucida di non
abbandonare nessuno dei due poli (di esigenze diverse, ma tutte irrinunciabili,
che storicamente si erano realizzate in opposizione le une alle altre ; i binomi
erano: novita`-tradizione, verita`-carita`, storicita`-permanenza, autorita`-liberta`,
potere-fraternita`, superiorita`-umilta`, separazione dal mondo-unita` col mondo ... ), neanche quando essi non potevano, almeno a breve termine, essere
conciliati (p. 144). Cos` il papa persegu` fermamente il rinnovamento della
Chiesa e sposto` poi laccento sulla difesa della tradizione, quando gli parve
che essa fosse minacciata, senza invertire, pero`, la direzione di marcia e accomodarsi in una pura conservazione (p. 145).
Sulla modernita` ( nozione cos` ambigua! ) di Paolo VI Acerbi ben risponde, in fondo positivamente, spostando, peraltro, la questione, con la domanda
vera, essenziale: e` stato un papa evangelico? . E linterrogativo non riguarda
la santita` personale del cristiano Giovan Battista Montini, bens` il modo di
intendere e di mettere in pratica il ministero papale (p. 146). Con questa
precisazione la risposta e` ancor piu` difficile, ma lA. si salva con destrezza e
saggezza nel modo seguente: Mi limito a dire che Paolo VI ha voluto che
limmagine del suo papato fosse evangelica . Il Vangelo fu quindi posto da
lui come criterio fondamentale per il suo rinnovamento .
LA., con felice salto nelloggid` , conclude: Soltanto Giovanni Paolo II
avrebbe posto espressamente questo problema allordine del giorno, chiedendo
nellenciclica Ut unum sint a tutti i discepoli di Cristo di riflettere insieme su una
nuova forma di esercizio del ministero petrino . Varra` forse aggiungere che, per
lattuale Pontefice come per Paolo VI, non solo il Vangelo e` da considerare, ma
anche lo sviluppo storico che da esso trae origine, con speciale attenzione al
I Millennio, quello in cui la Chiesa si presentava come indivisa.
222
* Aa.Vv., LEvento e le decisioni. Studi sulle dinamiche del Concilio Vaticano II (a cura di
Maria Teresa Fattori e Alberto Melloni), Il Mulino, Imola 1997, pp. 534.
223
Ci si rendera` cos` conto che quella che fu una posizione estrema al Concilio
Vaticano II, allinterno della cosiddetta maggioranza , (la diremmo oltranzista , contraria cioe` ad una costante e fattiva ricerca del consenso, accettato
invece da coloro che si potrebbero dire concordisti , ne fa cenno lo stesso
Komonchak: p. 435s. e sempre piu` desiderosa di imporre un proprio punto
di vista, con sordita` ai richiami e allopera di cucitura di Paolo VI: v. per
es. pp. 360-368) e` riuscita, dopo il Concilio, a monipolizzare, finora, la interpretazione dell evento , rigettando ogni diverso procedere come contrario al
Concilio stesso.
Il lettore potrebbe fermarsi qui, se lo desidera, perche la problematica gia` e`
delineata. Ma chi la vuole approfondire e chiarire ulteriormente ci segua nel
lungo cammino aperto dallintroduzione dei Curatori del volume in parola. Vi si
illustra il lavoro fatto fin qui, ormai in vista del terzo, annunziato, tomo della
Storia del Concilio Vaticano II, edito in Italia per i tipi de Il Mulino. Ci si e`
dunque interrogati come dicevamo noi sul concilio come evento e sui
rapporti che esistono fra questo livello, quello della esperienza dei corpi intermedi nei quali il concilio vive e respira, quello degli atti prodotti e delle dinamiche che essi innescano. Per farlo si e` chiesto il contributo di studiosi di assemblee
parlamentari e di teologi, di storici delle istituzioni e della dottrina, di esperti
della storiografia e della critica testuale del concilio, chiamati a misurarsi con
questioni testuali complesse e delicate (pp. 8-9). Orbene i risultati di questi
studi vengono ora qui raccolti con scansione tripartita.
In primo luogo e` presentato un esame delle categorie ermeneutiche e delle
questioni storiografiche legate alla dimensione di evento delle assemblee legislative, costituenti e conciliari . Si fa richiamo alla storiografia politica piu`
recente, senza tener in conto, evidentemente, quello che e` specifico in un concilio, il quale non e` una assemblea ne politica, ne democratica, nel senso che
comunemente si da` a tale aggettivo.
Su questo filone disserta anzitutto P. Pombeni (in un saggio, difficile, su I
parlamenti e le assemblee costituenti ) per il quale il parlamentarismo politico, dal punto di vista genetico, e` del tutto dipendente dallidea cristiana dellecclesia (p. 17). Conferma al suo pensiero viene dal caso Dossetti , che ebbe
la ventura di essere un personaggio cardine e decisivo in due occasioni che
appartenevano, luna alla grande storia del parlamentarismo occidentale, laltra
alla grande storia delle assemblee religiose (cioe` il Concilio Vaticano II) . Egli
assunse dunque la duplice veste del riformatore politico e del riformatore
religioso (p. 18, v. soprattutto p. 8 i cui contenuti sono gia` superati nella
ricerca storica, specialmente per quanto riguarda lapporto del Dossetti al rinnovato Regolamento conciliare). Crediamo si tocchi qui il punctum dolens di
tutta la questione, focalizzata in un uomo, (fa a cio` discreto cenno perfino il
Komonchak: p. 436) e ne parliamo non da un punto di vista politico (o spirituale ), ma di pensiero ecclesiale a tutto tondo, sperando ardentemente di
essere capiti, perche nei due campi vi e` una ben diversa liberta` di manovra
e di intervento (v., a questo proposito, il pensiero oltranzista , come appare in
G. Dossetti, Il Vaticano II. Frammenti di una riflessione, Il Mulino, Bologna
224
1996, pp. 23-102). Conferma alla delicatezza e necessita` della distinzione viene
da quanto il Pombeni aggiunge a proposito della teologia conservatrice .
Non seguiremo lA. nel suo procedere, nemmeno a proposito delle categorie
evento critico ( costituente ) e decisione , anche perche, a proposito del
Concilio Vaticano II, egli si dichiara, umilmente, osservatore del tutto esterno
ed imperito (p. 48).
Il vero sottofondo, in tema di evento, a cui ci si richiama, a proposito del
Vaticano II, e` peraltro delineato da E. Fouilloux nello studio La categoria di
evento ( il suo ritorno : E. Morin) nella storiografia francese recente (da
circa mezzo secolo). Non vi manca, giustamente, lo studio pure del legame
stretto dellesistenza storica dellevento con la sua mediatizzazione (v. la visione
di P. Nora: perche ci sia evento, occorre che sia conosciuto ). E il Vaticano II risponde molto bene a questa definizione mediatica dellevento (p. 58 e
pure, poi, p. 419 e specialmente Addendum di p. 438s.).
P. Hunermann conclude il trittico iniziale del volume, con sottolineatura
dellimportanza dei criteri ermeneutici proposti dal Prof. Alberigo, da noi
ampiamente criticati in varie occasioni e richiamo al metodo di G. Gadamer,
con alcune buone, ma molto complicate cose e conclusioni finali (pp. 87-92), su
ciascuna delle quali, ma specialmente sulle ultime, ci sarebbe molto da discutere,
il che e` qui impossibile. Esse sono peraltro cos` riassunte dallA. stesso (p. 92):
levento del concilio puo` essere compreso come la formazione di quella pragmatica che puo` essere espressa concettualmente come dialettica topica (e` detto
con linguaggio delle Ricerche filosofiche del Wittgenstein). Questa dialettica
topica (che rende possibile un consenso) costituisce, in forma radicalizzata e
rinnovata, il movimento di fondo del concilio, quel movimento unitario che ha
collegato strettamente le innumerevoli singole attivita`, inserendole in un flusso
che ha prodotto, come frutto e risultato, quella nuova visione della chiesa e della
rivelazione che ha trovato la sua sedimentazione nei testi del concilio .
La seconda parte del volume ( Episcopati e gruppi: problemi e fonti sulle
partecipazioni allevento ) raccoglie i contributi, appunto sulla partecipazione , di gruppi ed organi collettivi, al Vaticano II. Essi pero`, che come tali non
(vi) partecipano , sono corpi ... che mediano: insieme di Padri, atelier di periti,
organi degli osservatori, gruppi di minoranza e maggioranza, conferenze continentali o di coordinamento (p. 10). Non sono, queste, realta` presentate per la
prima volta.
Inizia la trattazione, a tale riguardo, P. C. Noel, con uno studio, buono, in
fondo sul formarsi delle Conferenze episcopali, investigando egli specialmente
gli archivi Baudoux e Primeau. A questo proposito il gruppo della Domus
Mariae (detto anche Interconferenza o conferenza dei 22 ) risulta essere
stato particolarmente interessato a tale materia, insieme a quella circa il Sinodo
dei Vescovi e alla riforma della Curia. LA. conclude il suo impegno riconoscendo che la sua presentazione delle attivita` del raggruppamento dei rappresentanti delle Conferenze episcopali, esposta talvolta secondo una dialettica
della causa e delleffetto, non garantisce di per se la correttezza dellinterpreta-
225
zione dei fatti analizzati (p. 131). Naturalmente non esisteva (poi) solo il
gruppo della Domus Mariae . Attribuirgli quindi lesclusiva paternita` dei
successi riportati dalle conferenze episcopali sulla base della presente ricerca,
circoscritta allattivita` di questo gruppo, falserebbe la complessita` della realta`
(ibid.). Con questa onesta dichiarazione il Noel pone alla fine alcune domande,
come stimolo per il procedere della investigazione futura (cfr. p. 132s.).
Mons. M. G. McGrath si occupa, successivamente, de La creazione della
coscienza di un popolo latinoamericano. Il CELAM ed il Concilio Vaticano II . E` la storia del formarsi di una progressiva unita`, fino ad attestare che
Il concilio Vaticano II ha senza dubbio lasciato la sua impronta nella chiesa
del continente ed e` divenuto sempre piu` un fattore determinante nella vita e
nella storia dei nostri popoli, con conseguenze sociali che coincidono con gli
interessi collettivi della comunita` latinoamericana (p. 137).
Buono e` poi lo studio, del Soetens, su La squadra belga allinterno
della maggioranza conciliare , che non fu un blocco monolitico (p. 143).
LA., dopo aver evocato la situazione della Chiesa in Belgio (dove esisteva
un sistema modernizzato di cristianita` : p. 145) e lattivita` dei suoi vescovi
e teologi che giocano un ruolo nella preparazione e nelle prime fasi del Concilio,
vi si sforza di cogliere le caratteristiche del gruppo e il modo in cui prende
coscienza di se. Successivamente egli evoca alcuni esempi del suo ruolo nella
maggioranza, quando il Concilio ha raggiunto la propria maturita` , cioe` a
partire dal secondo periodo. La linea e` quella del realismo nella elaborazione
delle soluzioni capaci di adunare la maggioranza.
Indicativo a questo riguardo e` il seguente pensiero del Philips (criticato,
specie da Dossetti, per il suo sforzo di conciliazione: p. 154): non si tratta di
far trionfare le nostre idee personali, ma di arrivare a un consenso su cio` che la
Chiesa intera puo` oggi accettare come espressione della sua fede comune
(ibid.), comunque senza accettare compromessi sui principi di fondo .
Anche per questo il Philips cerco` di salvaguardare il piu` possibile lo
schema iniziale (p. 152, v. pure p. 162 e, poi, p. 340), per esempio nel documento sulla Chiesa. LA. cita anche i casi in cui lintervento belga non fu
coronato da successo (p. 156ss. e p. 165s. circa la questione dei 5 voti , non
bene precisata dallA.). Per quanto riguarda il ruolo del Card. Suenens in
questa squadra , in cui non mancarono i personalismi (p. 161 nota 40), il
Soetens si mostra abbastanza spassionato riportando un giudizio critico del
Vescovo di Tournai sui Ricordi conciliari del Cardinale (p. 160 nota 39, e
anche il giudizio del Congar: p. 164).
L. Perrin presenta successivamente il Coetus internationalis Patrum e la
minoranza conciliare, difficile da analizzare perche su di esso non esiste nessun
fondo archivistico e la conservazione dei documenti si rivela, al presente, diseguale, anzi mediocre (p. 172). La sua genesi e` tardiva, con nascita discreta,
ma passaggio in breve alla rivendicazione dei federati romani (tattica
adottata alla fine: p. 179). La struttura e` peraltro minima e i mezzi ridotti
( dallestrema indigenza alla modestia : p. 180).
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Nella terza ed ultima parte del volume ( Evento e decisioni nella dinamica
del Vaticano II ), infine, ecco il contributo di J. A. Komonchak ( Riflessioni
storiografiche sul Vaticano II come evento ), che apre una problematica senza
fine. E impossibile qui, dunque, in una presentazione gia` lunghissima
anche appena abbozzarla. Basti menzionare le scansioni del procedere dellA.
per invitare semmai il paziente lettore ad andare alle radici: I documenti
finali ( questi hanno unoggettivita` e unesistenza continua che lesperienza
non possiede : p. 417); I sedici testi del Vaticano II rappresentano cio` che il
concilio, nel bene e nel male, fu daccordo nel dire ed essi sono invocati giustamente come lespressione determinata delle sue intenzioni e decisioni :
p. 421s.); Lesperienza del Concilio ; Lesperienza e levento degli storici ;
Evento come episodio in una trama e Quando finisce il racconto? ( i
documenti sono finali solo entro un solo orizzonte temporale e allinterno di
una sola delle molte trame possibili : p. 435).
Aggiungiamo che fra i tipi di interpretazioni del concilio , grosso modo tre (p. 420) per lA., manca almeno quello che lo considera un grande
avvenimento , e in questo senso e` evento ma cattolico , cioe` capace
di mettere insieme evangelicamente nova et vetera. Possiamo dire che in questo
tipo ci ritroviamo? Portiamo un esempio, per farci meglio capire. Circa la
Costituzione Dei Verbum Komonchak nota che il testo finale fu certamente
immaginato per esprimere qualcosaltro che la semplice riconferma della continuita` del cattolicesimo (p. 424). E` evidente che quel semplice e` introdotto abusivamente perche manca laltro termine conciliare, dopo cattolicesimo , e cioe` nellaggiornamento (v. del resto il seguente ricupero dellA.:
i due campi ... hanno forse avuto piu` tratti in comune di quanto sembrava a
prima vista : p. 434; v. anche, nel contributo successivo, pp. 443 e 450). I due
aspetti vanno insieme (e lo stesso vale pure per p. 426).
Tempi dei dibattiti, tempo del concilio sintitola lintervento di G. Ruggieri. Lo abbiamo trovato farraginoso, ma felicemente meno sicuro e piu`
conscio dei problemi, della loro complessita`, di quanto solitamente ammesso.
Ne Il tempo (sospeso si dice alla fine ) del concilio lA. affronta la
questione centrale del Concilio come evento (per lui i due nomi dicono la
stessa cosa: p. 457), accettando completamente il pensiero al riguardo dellAlberigo, cosa che noi non possiamo fare, per ragioni ben soppesate. Su tale pista
di lancio il Ruggieri da` una sua definizione del tempo del concilio , con
contrapposizione accentuata tra Giovanni XXIII e Paolo VI, che pure non
condividiamo. Ma del resto basti pensare alla critica che lA. fa a Jedin (per
aver difeso la continuita` del Vaticano II, rispetto allepoca tridentina: nessuna revisione, ma completamento v. pp. 459-462 ) per rendersi conto del
suo sbilanciarsi, nei giudizi.
Sullonda del pensiero di un tale tempo conciliare sospeso ci sembra
trovi spazio lintervento di G. Routhier, dal titolo Orientamenti per lo studio
del Vaticano II come fatto di ricezione , tema su cui si e` parlato molto negli
ultimi venti anni, cosa che puo` aver portato a trascurare lanalisi dei processi
di ricezione in atto al suo (del concilio) stesso interno (p. 466). Ecco dunque
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Il coeditore, sociologo, A. Zingerle affronta successivamente il tema, possiamo dire, della relazione tra istituzione e straordinarieta`, esattamente quello
del Concilio dal punto di vista della teoria sociologica del Carisma (con
riferimento a Max Weber). Egli lo tratta, sempre nel contesto della visione
del grande Sinodo, come momento di modernizzazione della Chiesa , anche
tenendo presente il concetto di istituzioni carismatiche , che legano insieme le
due realta`, quella istituzionale appunto e quella carismatica. LA. studia specialmente dunque le dimensioni carismatiche del Vaticano II (con alcune incomprensioni comprensibili , ci piace fare il pasticcio dei due termini in un
sociologo: v. p. 196 su secolarizzazione, liberta` religiosa, diritti umani, relazione Chiesa-mondo ), la genuinita` dei carismi (v. il concetto di carismatizzazione secondaria ), la loro permanenza (non spegnete lo Spirito!), ecc. Alla
fine il Prof. Zingerle considera il Vaticano II, oltre che fenomeno carismatico , quale cesura nella storia della Chiesa, rispetto al passato. Anche in cio`
non lo possiamo seguire, trovandoci in buona compagnia in questo rifiuto. Basti
pensare al grande Jedin, pur citato proprio a suo favore dallA., ricorrendo a
parole del 1959 (p. 205s.). Ma noi ricordiamo invece quelle sue, successive
nel tempo, a proposito proprio della continuita` tra i Concili di Trento e
Vaticano II.
A questo punto inizia, nel volume, lanalisi (sociologica) relativa ai cattolici
europei e alle Chiese cattoliche dopo lultimo Concilio. Essa si apre con una
visione generale ad opera di K. Dobbelare e L. Voye, che, prima dell analisi
empirica (per mezzo dello strumento della rilevazione della partecipazione
alla Messa, per es.), passano da riflessioni teoretiche (la differenziazione
funzionale condurrebbe alla secolarizzazione della societa`) a formulare ipotesi
(quella dell individualizzazione , per es.).
Segue poi lanalisi, sempre con ottica sociologica, di qualche Paese, a partire dal Cattolicesimo britannico ed irlandese (M. P. Hornsby-Smith) e proseguendola nei Paesi Bassi (L. Laeyendecker), in Italia (F. Demarchi e G. Capraro) e in Ungheria (M. Tomka), ritenuta caso esemplare dellEuropa centroorientale. Non siamo sociologi e quindi non approfondiremo il giudizio critico
in materia, ma molte cose anche qui dovremmo dire, almeno quando si sconfina
in interpretazioni unidimensionali e per noi arbitrarie del Concilio stesso.
A questo punto, nel volume, troviamo uno studio, bello ed interessante, di
altro genere, cioe` di cultura popolare , di culto ( dinamico o differenziato ?
si domanda G. Korff ) dei Santi Rocco e Sebastiano, nel XIX e XX
secolo, in Germania, con richiamo allo choc provocato dal nuovo Calendario
Romano , a seguito del Concilio.
Molte riserve suscita in noi, invece, lart. dello storico M. Klocker, specialmente per il suo assai negativo giudizio (per noi ideologico ) sulla educazione e formazione cattolica in Germania, fondamentalmente in questo secolo,
ma specialmente nella fase postconciliare, con sconfinamento altres` , e giudizi sempre assai sbilenchi, nel campo della morale e della catechesi (anche
236
riguardo al Catechismo della Chiesa Cattolica). Per la parzialita`, e spesso faziosita`, dellA. non approfondiremo in questo caso la nostra lettura critica.
Piu` o meno sulla stessa linea, purtroppo, e` lo studio del sociologo H.
Tyrell, sulla Retorica del Concilio Vaticano II circa la famiglia e attuale
sua deistituzionalizzazione e il matrimonio . Anche qui tali e tante dovrebbero essere le smentite e le precisazioni, pure sulla interpretazione della Humanae Vitae, che dovremmo fare, con ampiezza, una recensione nella recensione. E
la lunghezza gia` di questa nostra presentazione non ce lo consente. Diremo solo
che, significativamente, lA., su questo punto, tira in campo la terza crisi
modernista , concetto preso a prestito da Hunermann e applicato da lui alla
voluta (dai laici e dai fedeli das Kirchenvolk ) privatizzazione della
morale . Laccusa finale, a chi non la pensa come lui, e` addirittura di fondamentalismo.
Il processo di deistituzionalizzazione nel Cattolicesimo ( Lerosione della
istituzione [la Chiesa] di grazia ) e` analizzato altres` dal sociologo M. N.
Ebertz, che, prendendo lo spunto dalla comprensione cattolica e protestante
della Chiesa come istituzione, giunge allanalisi vera e propria, passando
attraverso il concetto, ancora di Chiesa, in Max Weber. Anche qui nella conclusione ci si riferisce a un crescente fondamentalismo cattolico, identificato
peraltro in maniera erronea (p. 393). Ci preoccupa il fatto, a dire il vero, che
si cominci ad usare spesso tale termine per squalificare chi pensa in maniera
diversa dal proprio modo di giudicare.
Conclude il libro, prima degli indici dei contenuti, dei nomi delle persone e
degli Autori, con relativi incarichi scientifici, lintervento del teologo G. Fuchs
( Distinzione degli spiriti. Note per una ermeneutica conciliare ). Sono brevi
ma profonde, sia pur problematiche, pagine, a partire da questa significativa
iniziale affermazione: Il Vaticano II si lascia comprendere come espressione
della crisi modernista dallinizio di secolo e come risposta ad essa ... con carattere conflittivo e consensuale ... con posizioni cioe` antimodernistiche e modernistiche ... con laltamente problematica distinzione fra spirito e lettera del
Concilio (p. 401). E da cio` deriva per lA. la conflittualita` della stessa
ermeneutica conciliare. Le scansioni dello studio, che segue a tale premessa,
sono: Chiesa come evento di dialogo (apertura al mondo nelle Costituzioni
Lumen gentium e Gaudium et spes, teologicamente protetta dalla Dei Verbum,
ecc.); Teodrammatica concentrazione (nel mistero trinitario, e nelle sue
conseguenze ); Fede esercitata: dogma ed esistenza (insegnamento e vita,
verita` di fede e prassi ecclesiale, insieme); Anschauung di potere (dalla
vivente comunione di unita` e diversita` si traggono alcune conseguenze di
una certa ermeneutica conciliare) e Chiesa morente e risuscitante . Qui si
sottolinea limportanza di una ecclesiologia lunare , e solare aggiungiamo
noi , in una simbologia che parte dai Padri, ma e` applicata dai Teologi dei
primi tempi alla Chiesa. E adesso lA. la trasferisce, in conclusione, al processo
conciliare , in cui ora stiamo .
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Sacra Rivelazione (Scrittura e Tradizione) per l oggi di Dio , che non coincide
con quello del mondo. Si inizia, dunque, con una lenta messa in marcia ,
(pero` Tardini non solo non scoraggio` il Papa, a proposito del Concilio, ma se
ne dimostro` anzi quasi entusiasta almeno stando alle sue parole: v. p. 21) e
interpretazioni varie non sempre affinate, (v. pp. 21, nota 1, 23: troppo felpato;
24: romani, in che senso?) e si prosegue con il lavoro delle commissioni preparatorie e giudizi vari, opinabili, come quello su un Bea assez conservateur
(p. 25, nota 1), giungendosi a formulare cos` le due tendenze principali manifestatesi in concilio: aperta al mondo e a un metodo di lavoro collegiale , luna,
freddolosamente difensiva e confondente spesso le abitudini di routine con
lautentica tradizione , laltra (v. p. 26).
Gli Aa. rivelano comunque tre aspetti negativi nei documenti affrontati
dalle Commissioni preparatorie (anche se nellinsieme Giovanni XXIII ne fu
fort satisfait ), e cioe` mancanza di spirito ecumenico e dapertura ai problemi
del mondo contemporaneo, nonche dispersione e numero eccessivo di argomenti (v. p. 27). Il Papa prefer` ... lasciare linsieme dei Vescovi reagire in tutta
liberta`, ma si ispiro` alle proposte del Card. Suenens (ib.) nel suo messaggioradio dellundici settembre del 62.
Anche per gli inizi del Concilio notiamo qui qualche elemento di moderazione (p. 28) rispetto a punti di vista oggi correnti seppur esagerati (e` a torto che
si parlo`, ad es., di una lista unica di nomi per le Commissioni conciliari che la
Curia romana avrebbe voluto imporre p. 28 e a torto pure si disse di una
congiura tramata dal Card. Lienart, ib. mentre la vittoria , per
certuni, va sfumata p. 29 e pure liniziativa per il messaggio conciliare e`
da rivedere ib.).
Il II capitolo concerne, invece, Lassemblea e le sue condizioni di funzionamento ed inizia con lillustrazione di un assemblea mondiale (per la
prima volta nella storia) e caratterizzazione, alla maniera degli Aa., per quanto
riguarda le partecipazioni nazionali . Troviamo qui qualche semplificazione
anche per quel che riguarda maggioranza e minoranza , e loro corifei, ma con
un riconoscimento che fa giustizia di vari preconcetti, e cioe`: sarebbe un errore
considerare in blocco la Curia romana come elemento motore della minoranza
(p. 37). Gli Aa. aggiungono giustamente: Lazione perseverante della minoranza e` stata talvolta giudicata severamente. In realta`, oltre al fatto che si
trattava presso i piu` duna vera questione di coscienza, bisogna riconoscere
obiettivamente che (i suoi membri) obbligarono la maggioranza a esaminare
piu` dappresso i testi proposti e a migliorarli (ib.). Ma le manovre sfociarono troppo spesso nelladozione di formule di compromesso ambigue, a detrimento della qualita` dei testi (p. 37). E` giudizio per noi troppo generale.
Il capitoletto Esperti, osservatori, e uditori offre agli Aa. la possibilita` di
presentare alcuni personaggi legati al Concilio prima di trattare, non proprio
felicemente, del Regolamento e degli organi conciliari, anche se il giudizio
finale (p. 41) e` positivo, sebbene i rimandi a opinioni negative, di Levillain e
Grootaers, lascino incertezza sul vero pensiero di fondo degli Aa., specialmente
circa Mons. Felici.
239
Tono ancora piuttosto equivoco si nota per l informazione , da cui peraltro appare limportante ruolo dei commentatori, che divennero un gruppo di
pressione (p. 43). A questo proposito Aubert e Soetens non prendono posizione,
pur riconoscendone limportanza.
Il III capitolo considera lo svolgimento del Concilio stesso, partendo dal I
periodo, con discussione sugli schemi della Liturgia e della Divina Rivelazione e
avvio verso una rifusione del programma del Concilio (per interventi di Suenens
e Montini) e impegno al riguardo nella prima intersessione. A questo proposito
si parla anche di II preparazione (pp. 50 e 51), impropriamente. D` preparazione ce ne` stata solo una, qui siamo invece in Concilio!
Non e` sempre chiaro e imparziale dunque, a questo punto, il procedere
degli Aa., ma si giunge intanto all Elezione di Paolo VI , un progressista
moderato , tema affidato a Mayeur, che precede il capitoletto Da Giovanni XXIII a Paolo VI . E` indicativo di come si veda positivamente Papa Montini, nonostante giudizi che a noi sembrano pesanti sul suo carattere (p. 57). Gli
Aa. fanno proprio, quindi, il pensiero di quanti giudicano Paolo VI fedele allo
spirito di Giovanni XXIII (v. anche p. 58) ma intellettualmente piu` rigoroso di
lui; egli vegliava maggiormente sui rischi dabuso e anche di errore che risulterebbero dallinterpretazione troppo larga di testi ambigui (p. 57). Esercitava
dunque, il Papa, un ruolo darbitro supremo fra tendenze che avevano ciascuna la sua legittimita` (ib.), aveva un desiderio di consensus e di non umiliare
la minoranza, con una preoccupazione di precisione dottrinale . Comunque
non si puo` dire che Paolo VI si sia lasciato realmente manovrare dalla minoranza (p. 58), poiche in definitiva, per lessenziale, e` il suo punto di vista
prudentemente riformista che egli riusc` , in unione con il Collegio episcopale, a
far trionfare su una teologia sclerotizzata di manuali e su routines amministrative (ib.).
Gli Aa. continuano po` lesame conciliare, nel II periodo, con la discussione
sullo schema della Chiesa che aveva due temi soggetto di vive controversie :
lepiscopato, la parte piu` importante dello schema, per non dire la spina
dorsale di tutto il Concilio (U. Betti) e la restaurazione del diaconato come
grado autonomo del sacramento dellordine e non solo come passaggio verso il
presbiterato (p. 59). Per lepiscopato, poi, si trattava della sua natura sacramentale e della collegialita`. Chiariamo subito che vi e` anche negli Aa. lequivoco
di considerare, a ripetizione, contrari alla collegialita` coloro che lo erano, invece, per una sua equivoca o almeno non chiara comprensione. In effetti, dopo le
specificazioni e i chiarimenti circa la relazione col primato pontificio, che condussero, non ultima decisione, alla Nota Explicativa Praevia, vi fu unapprovazione quasi unanime dello schema.
A questo riguardo non poche sono le affermazioni inesatte o erronee degli
Aa. (v. p. 60s.), anche per quanto concerne il popolo di Dio , la cui posizione, nello schema, fu questione piuttosto di logica , come risulta dalla
decisione della Commissione di coordinamento. Pure la visione circa la Chiesa
locale sa di senno di poi (v. p. 61), mentre pecca di utilitarismo conciliare quanto si attesta su un assai anodino Inter mirifica (testo invece de-
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Con Una domanda e Un rischio Thomas esprime le sue preoccupazioni sul futuro del Concilio, pur con equivoci sul senso di restaurazione ,
integrismo , integralismo e vaticanolatria . Ma il Vaticano II ... si
dovra` leggere alla luce dei concili precedenti . Ce` aggiunto un significativo
pero`, cioe`: pretendere di interpretare un concilio alla luce di quelli precedenti,
rischia di eliminare tutto cio` che di nuovo ha prodotto (p. 452). E` vero? LA.
cos` continua: Il concilio Vaticano II e` stato un concilio fra gli altri e il suo
insegnamento e` incompleto. Al Sinodo straordinario dei vescovi del 1985 e` stato
possibile osservare uno slittamento eloquente. (ib.). E` affermazione giusta? In
che senso? La critica prosegue, con rimproveri a chi sarebbe ossessionato di
affermare lidentita` cristiana. E si conclude: Il margine e` cos` ristretto, piu` di
quanto non sembri, tra quanti respingono e quanti affermano di accogliere il
Vaticano II ... Non sono mancate reazioni romane alla pastorale decisa a Medell n e a Puebla da parte dellepiscopato dellAmerica latina (p. 454). Non mi
pare che sia una buona conclusione, ma indicativa s` , di unalternativa che non
esiste, nella visione autentica del Concilio Vaticano II e della comunione, che e`
pure gerarchica.
248
V
TEMI E QUESTIONI PARTICOLARI
251
sia nella successiva nota terminologica che nello stato degli studi , ed
altres` nel capitolo su lhumus tradizionalista nella minoranza del Concilio
Vaticano II , analizzato soprattutto in relazione ai Cardinali Siri e Ruffini e
a Mons. Carli, nonche ai loro gregari .
Certamente come dicevamo la Buonasorte attesta che la minoranza
conciliare non si puo` assolutamente identificare con il tradizionalismo (p. 48),
ma per lei e` pure certo che il fenomeno tradizionalista, successivo al Concilio,
ha radici negli ambienti e nella mescolanza di opinioni della minoranza conciliare (ibidem). A questo punto lA. presenta alcuni pilastri in cui si fondava tale
visione conservatrice (v. pp. 51-78). Non troviamo purtroppo qui quella precisione, su argomenti delicati, che sarebbe necessaria (v. pp. 60, 62ss., 65s., 69,
71ss., 75 nota 75, 77ss., 84s., e poi p. 108): la penna della Buonasorte non si
manifesta cioe` sufficientemente appuntita e capace di fare distinzioni pur giuste.
Nella terza parte del suo studio lA. affronta il tema del Postconcilio
tradizionalista , un terreno qui piu` facile danalizzare, per gli ovvi, sopra indicati, punti di riferimento. Non mancano tuttavia anche in questo caso gli equivoci (v. pp. 87ss., 90ss. e 93s.). Qui la Buonasorte cerca di fornire una descrizione della geografia e delle istanze del cattolicesimo conservatore italiano, nel
cui vasto mare navigavano spezzoni di tradizionalismo (p. 94). A complicare
le cose, peraltro, ci si mette anche la politica (v. p. 158) e la dicitura ultraconservatori .
LA. torna quindi ad esaminare il percorso dei Card. Siri e Ruffini e di
Mons. Carli, che rappresenterebbero un esempio di quellorientamento fatto
di formale adesione al Concilio e di intima disapprovazione, non sempre celata
(p. 99).
Piu` felice appare la Buonasorte nella presentazione de Il rifiuto: Lefebvre e i
suoi seguaci (v. pp. 110-128) e de il movimento sedevacantista (pp. 128135), tradizionalisti piu` antiromani , fornendoci notizie e valutazioni di quell arcipelago tradizionalista (pp. 135-168) che andrebbe pero` ulteriormente
vagliato, per non confinare in esso persone che magari tradizionaliste non
sono (penso a Del Noce e a Cornelio Fabro, per esempio).
In ogni caso i critici del concilio [che] non hanno mai costituito un fronte
compatto e organizzato (p. 135) non sono solo gli oltranzisti della minoranza
ma anche quelli della maggioranza, e di cio` lA. non fa verbo, mentre, invece,
attesta linnegabile esistenza di convergenze sugli obiettivi da raggiungere da
parte dei tradizionalisti e conservatori italiani e Lefebvre stesso. Cio` comunque non bastava ... per stringere alleanze quando Lefebvre metteva in discussione, non tanto nei principi quanto nei fatti, il ruolo di Roma e del papato
(p.121). Noi saremmo cauti anche nellattestare convergenze sugli obiettivi da
raggiungere.
Prima della conclusione la Buonasorte illustra le strategie della Santa
Sede riguardo ai tradizionalisti (pp. 158-168; a p. 161 bisogna leggere lecitamente, invece di validamente). LA. cos` conclude: La romanita`, oltre ad
essere un riferimento che in qualche modo accomuna molte correnti tradizionaliste italiane, e` lelemento che smussa le punte estreme della contestazione, e
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253
analisi e giudizio fra Philips e il Grootaers. Basti, come indicazione esemplificativa, il punto interrogativo del titolo del I capitolo dovuto a questultimo: Le
Pape, Vicaire du Christ et tete du Colle`ge des eveques? e relativa nota. Anche
luso dellaggettivo monarchico , in opposizione allesercizio collegiale della
potestas plena et suprema nella Chiesa, e` indicativo, a nostro parere (pp. 28, 32,
42, 54, 56 e 84), come lo sono la finalita` della pubblicazione stessa (per Mons.
Philips era volta a dimostrare che la Nota Praevia non ha indebolito il testo
conciliare gia` votato: pp. 27, 37, 41, 46, 49, 51, 54, 56, 84, 192, 193, 203, 213 e
216) e il giudizio sul pensiero del Papa Paolo VI (pp. 32, 38, 40, 77, 83, 192
e 202).
Rivelatrice e` pure la convinzione del Grootaers sulla communio hierarchica
valorizzata in modo esorbitante dal Padre G. Ghirlanda (p. 52), che introduce la presentazione di alcune interpretazioni post-conciliari (Lanne, Alberigo,
Acerbi, Pottmeyer, Holste n, Dejaifve e Tillard) fino a giungere allaffermazione
che Mons. Philips non poteva, nel novembre 1964, prevedere che certe istanze
romane avrebbero cercato dottenere uno sfruttamento massimo della Nota
Praevia per evacuare la collegialita` (p. 59), che e` ancor oggi addormentata
(C. Butler e J. Tillard: p. 60).
Per contrappunto ammiriamo dunque lo sforzo di Mons. Philips, che brilla
per lobiettivita` e quasi per il distacco dalla propria opera, per servire la storia
anche della famosa Nota Praevia, il suo equilibrio e lonesta` del procedere e la
maturita` del giudizio su di un tema che suscita ancor oggi la passione, il rapporto cioe` primato pontificio e collegialita`, pur ora nello slittamento piuttosto
ecclesiale della questione, nelle odierne tensioni tra Chiesa universale e Chiese
locali.
Ci sia comunque permesso di segnalare infine, nellappendice, due punti in
cui, pur nellaccettazione della funzione del Diritto canonico propria a Mons.
Philips, egli rivela che non ne era un esperto. Trattasi del concetto di giurisdizione (p. 194) e della comparazione da lui stabilita tra gli antichi Patriarcati e le
Conferenze episcopali, seppur le forme concrete ne differiscano (p. 195,
v. pure p. 215).
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escludere nessuno dal suo corpo. Questa dialettica necessaria la troviamo nei
documenti principali quali la Lumen Gentium, la Gaudium et Spes e Unitatis redintegratio .
Aggiungo unaltra considerazione dello stesso teologo ortodosso che ci
puo` ancora essere utile, questa: Dopo 20 anni il suo pensiero fu pubblicato nel 1987 esiste una fortissima critica contro il Vaticano, soprattutto
da parte del Consiglio Mondiale delle Chiese ... Essi son rimasti delusi perche
aspettavano da parte del Concilio il riconoscimento della loro Chiesa e del
loro sacerdozio. Ma questo, non e` avvenuto ... [laffermazione e` attuale anche
per la recente Dichiarazione Dominus Jesus]. Ognuno ha cercato di valutare il
concilio partendo dal suo punto di vista, dai suoi interessi. Cos` ognuno ne ha
considerato solo un aspetto senza abbracciare il suo insieme che e` tanto
complesso. Si trattava infatti di un avvenimento complesso nel quale cercavano di coesistere tutte le grandi tendenze del cattolicesimo . E anche qui mi
trovo daccordo.
Orbene, stilando ora una breve storia della Lumen Gentium (a questo proposito, se volete approfondirne la conoscenza, vi consiglio il sintetico ma apprezzato volume di Annibale Zambarbieri, intitolato I concili del Vaticano
San Paolo, Cinisello Balsamo 1995),* dal primo al 7 dicembre 1962 fu proprio
lo schema de Ecclesia (poi chiamato Lumen Gentium) a polarizzare lattenzione dentro e fuori il Concilio. Si componeva di 11 capitoli, ma come attesto`
il relatore Mons. Franic la Commissione dottrinale, nel redigerlo, non aveva
inteso comporre un trattato completo sulla Chiesa. Non mancarono le critiche,
come` naturale, poiche si era a concilio: vi si riscontro` un modo di procedere
troppo astratto e scolastico, scarsamente ricettivo dello spirito pastorale, universalista ed ecumenico che avrebbe dovuto connotare il Concilio per indirizzo
di papa Giovanni che lo aveva convocato. Vi appariva anche una certa reticenza
in tema di collegialita` episcopale. Fu il Card. Doepfner (seguito da Suenens,
Jaeger e dallo stesso Wojtya) a chiedere che accanto allimmagine del Corpo
Mistico si desse spazio anche a quella del Popolo di Dio : ecco qui una delle
idee che faranno piu` strada in concilio, e dopo, come importante cambio di
prospettiva, magari poi in un contesto sociologico deviante. Mons. Hakim,
invece, con altri Padri, accuso` lo schema di giuridicismo .
Molti si dichiararono tuttavia favorevoli al documento, anche se altri progetti apparvero allorizzonte e alcune voci (cito Suenens ecclesia ad intra...
ecclesia ad extra , ricordate? e Montini: mancata, o almeno non annunciata esistenza di un disegno organico, ideale e logico del Concilio ) si udirono,
espressione di preoccupazione per una mancata organica progettazione conciliare. E cio` nonostante che Papa Giovanni XXIII avesse approvato il testo del
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de Ecclesia, apponendovi soltanto qualche modifica di dettaglio. Il Card. Lercaro manifesto` pure la sua adesione alla richiesta Suenens-Montini, apportandovi laggiunta preziosa del mistero di Cristo nei poveri.
Si stabil` quindi una griglia di venti argomenti (poi ridotti a 17) che riassunsero , in parte, i 72 schemi iniziali, che talora rappresentavano capitoli di
uno stesso schema, mentre veniva ribadito lintento pastorale del tutto. Intanto
si coagulava il gergo di maggioranza e minoranza , di tendenza innovatrice
e conservatrice, per intenderci, anche se vi fu e vi e` il rischio, cosi, di semplificare
in modo artificiale un reticolo molto piu` complesso di convergenze e divergenze,
pure fluttuanti. In effetti questo cliche di due teologie, di due ecclesiologie, ha
pesato non poco, e sfavorevolmente, sui lavori conciliari e soprattutto sui teologi e su una ermeneutica conciliare non corretta.
Il Card. Suenens, nella riunione della Commissione di coordinamento del
23 Gennaio 1963, sugger` quindi una rifusione del de Ecclesia (per stare alla
breve storia che qui ci interessa) in quattro capitoli. La cosa fu dibattuta,
specialmente per quel che riguarda la collegialita`, confermandosi la centralita`
della questione ecclesiologica. Nel documento si decise di introdurre pure un
capitolo sui religiosi, e piu` tardi (il 29 Ottobre) uno su Maria Ss.ma (con
maggioranza risicata: 1114 placet contro 1074 non placet).
La rielaborazione (attenzione ai termini che si usano!) dello schema rimaneva affidata alla Commissione dottrinale, divisasi allo scopo in sottocommissioni e, come base del rifacimento dei nuclei piu` caratteristici del documento,
venne scelto quello rielaborato insieme ad altri, dal noto lovaniese Philips. Da
notare che egli dichiaro` che il 60% del testo, detto suo, era ripreso da quello
anteriore.
Siamo al II periodo conciliare con il nuovo papa e con la editio altera
recognita del Regolamento del Concilio. Noto per voi laici che veniva ufficializzata in tale momento la partecipazione di esperti laici allattivita` delle Commissioni, mentre auditores, sempre laici, avrebbero potuto assistere alle sedute
conciliari.
Lecclesiologia vi ottenne un posto privilegiato e la nuova redazione riscosse, dopo due sedute, il consenso necessario (2231 placet su 2301 votanti) per
continuare a costituire la piattaforma dei dibattiti dei singoli capitoli. Iniziata il
4 ottobre la discussione di quello sulla gerarchia manifesto` piu` chiaramente le
divergenze esistenti in seno allassemblea. Segno ne fu la questione della votazione intesa a conoscere lindirizzo di fondo dei Padri. Il 29 ottobre si pervenne
infine a proporre il testo delle domande, rimaneggiato rispetto a quello iniziale
suggerito da Dossetti. Esse divennero nel frattempo cinque (con la richiesta di
un voto orientativo sul diaconato). La distruzione delle schede fatte preparare
indebitamente causo` lallontanamento da presso i Moderatori delluomo di
fiducia del Card. Lercaro, che lo aveva cooptato come segretario dei quattro ,
istituendo di fatto una alternativa non regolamentare con il Segretario generale
del Concilio, S.E. Mons. Felici. Il Papa ebbe a dire Quello non e` il posto di
Dossetti!
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grande, di Papa Paolo, che giustamente non volle considerarsi semplice notaio del Concilio, come egli stesso affermo`.
Nella terza ed ultima parte del mio dire vorrei delinearvi brevemente i
grandi punti della Lumen Gentium che si riferiscono a voi laici espressamente,
che questa sera qui siete ad ascoltarmi. Tali elementi teologici fondamentali
sono contenuti nel capitolo IV, anche se si deve tener ben presente pure quello
seguente, sulla universale vocazione alla santita` nella Chiesa e il capitolo sul
Popolo di Dio. Partiamo dallinizio (n. 31). Con il nome di laici si intendono
qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dellordine sacro e dello stato religioso ... i fedeli cioe` che, dopo essere stati incorporati a Cristo con il battesimo e
costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dellufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel
mondo, la missione propria di tutto il popolo di Dio .
Nonostante la connotazione iniziale, di tipo piuttosto escludente e negativo,
unintenzionalita` altamente positiva anima lapproccio e il susseguente procedere. Il laico, come ogni fedele battezzato, partecipa ai munera di Cristo (ib.),
quindi non si differenzia dagli altri cristiani appartenenti alla gerarchia, oppure
ad ordini religiosi, per un piu` limitato grado di partecipazione allesistenza
cristiana e della attuazione della medesima bens` , come subito si completa, in
forza di elemento peculiare e proprio, indicato nell indole secolare (ib.). Essa
non nasce da qualcosa di aggiunto nei laici, oltre al sacerdozio battesimale,
comune dei fedeli, come si dice abitualmente ma proprio da questo stesso.
Cio` che li distingue dai non laici e conferisce loro una positiva situazione comune e` quanto in tutti i fedeli e` comune, ma che i non laici non esercitano per
unesigenza specifica dei loro particolari carismi e ministeri.
Vi e` proprio cercare il regno di Dio, trattare le cose temporali e illuminarle
e ordinarle secondo Dio (ib.), in modo che sempre siano fatte secondo Cristo,
e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore (ib.), affinche il mondo sia
imbevuto dello spirito di Cristo e raggiunga piu` efficacemente il suo fine nella
giustizia, nella carita` e nella pace (n. 36). Il testo entra nella determinazione del
lavoro apostolico di voi laici (n. 33), della vostra testimonianza di fede, speranza
e carita`, specie nella vita familiare e sociale (n. 31 e 35), della vostra preziosa
attivita` di evangelizzazione. Voi dovete essere lanima del mondo, testimoni
della risurrezione e della vita del Signore Gesu` e un segno del Dio vivo!
(n. 38). Ricordate Diogneto?: cio` che lanima e` nel corpo, questo siano nel
mondo i cristiani , un fermento nella massa, insomma. In particolare il Concilio vi esorta affinche con la vostra competenza nelle profane discipline e con la
vostra attivita`, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, portiate efficacemente lopera vostra, perche i beni creati siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla civile cultura per lutilita` di tutti assolutamente gli
uomini e siano tra loro piu` convenientemente distribuiti.
Il dettato conciliare non elude il rapporto laici-gerarchia (n. 37), invitando
tra laltro i Pastori, a riconoscere e a promuovere la dignita` e la responsabilita`
dei laici nella Chiesa (n. 32 e 37), a servirsi volentieri dei vostri prudenti consigli
(n. 37), fatti sempre con verita`, fortezza e prudenza, con riverenza e carita`
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verso coloro che per ragion del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo (ib.)
a rispettarne liberta` e campo di azione , incoraggiandovi altres` ad intraprendere opere anche di propria iniziativa (ib.).
Daltra parte voi laici, come tutti i fedeli, dovete abbracciare prontamente
con cristiana obbedienza cio` che i Pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono come maestri e rettori nella chiesa, seguendo in cio` lesempio di Cristo.
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cosicche il testo cos` suoni: Cum ergo ... veritatem, quam Deus nostrae salutis
causa litteris sacris consignari voluit ... .
Osservava a questo punto Mons. Felici: Forse la mente della Commissione (stando anche a quanto ha riferito il P. Tromp, Segretario) fu di dire che la
verita` e` stata consegnata nella Sacra Scrittura a motivo della nostra salute, ma
cio`, oggettivamente, non si ricava ne dal testo definitivo ne dal fascicolo dei
modi, poiche nel primo come nel secondo caso non e` stato fatto attenzione che
linciso nostrae salutis causa (causa o motivo della nostra salvezza) poteva
prestarsi a doppio significato (ib., p. 649).
E` infine da ricordare continuava Mons. Felici nel suo Appunto che
con lettera in data 18 ottobre lEm.mo Card. Segretario di Stato notificava alla
Commissione dottrinale per incarico del Santo Padre di considerare se non fosse
il caso di eliminare lespressione veritas salutaris per non dare possibilita` a false
interpretazioni circa linerranza dei Libri Sacri . E Mons. Felici concludeva:
Stando cos` le cose, si e` del parere condiviso anche dal Segretario della
Commissione dottrinale, P. Tromp di non pubblicare alcuna precisazione
(ib.).
Sappiamo che lAppunto fu rimesso dal suo Autore a Paolo VI (lo stesso
giorno della stesura), che dispose fosse sentito il parere della Commissione
dottrinale stessa, con quesito indirizzato, il 29 successivo, al Card. Ottaviani
(Acta Synodalia, vol. V, pars III, pp. 635s.), il quale vi diede riscontro nei
seguenti termini: nellespressione Deus, nostrae salutis causa ..., la parola
causa ... non e` nominativo ma ablativo e percio` non e` attributo di Deus, e
devessere tradotto per la nostra salvezza . E aggiunse: Non sembra tuttavia
opportuno pubblicare una rettifica ... potendosi rimediare nelledizione definitiva del testo italiano che sara` pubblicato dalla Poliglotta Vaticana (Acta
Synodalia, vol. V, pars III, p. 641).
Da unannotazione successiva di Mons. Felici apprendiamo ex audientia
(come frutto di unudienza concessagli da Paolo VI, il 6 dicembre, sempre del
65) che il Papa decise la correzione del testo nelledizione della Poliglotta Vaticana, con unaggiunta pero`: e si veda se in futuro sara` necessaria una nota di
chiarimento ( Acta Synodalia, vol. V, pars IV, p. 649 in nota). In tale pars
IV (p. 756) degli Acta Synodalia tutta la questione, non di lana caprina, trova
il suo sbocco in una lettera del P. Tromp, del 14 gennaio 1966, diretta a Mons.
Felici, in cui gli comunica ex officio che tre dovranno essere le emendazioni di
una certa importanza da apportare al testo della Costituzione dogmatica sulla
Rivelazione. La terza riguarda la nostra questione, appunto, con decisione di
porre causa allablativo (=per la nostra salvezza), nella lingua latina, affinche non sorgano dispute infruttuose .
Per chi volesse approfondire lo svolgersi degli antefatti che diedero origine
al dibattito su quella verita` salvifica da cui dimana, fra laltro, il problema
del caso nellespressione che ha dato origine a questo mio intervento, segnalo
le Notulae (di G. Philips, della Commissione dottrinale) riportate come adnexa
negli Acta Synodalia (vol. V, pars III, pp. 465s.) e relativi modi (ib., p. 467)
indirizzati dal Card. Ottaviani a Paolo VI. Vi si trova anche un dibattito sulla
storicita` dei Vangeli .
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Crediamo che cio` sia il massimo che i nostri fratelli evangelici, al presente,
possano concedere e ne siamo confermati dal giudizio del Wenz sui Concili
Vaticani, (p. 25 e p. 28 circa la Nota Explicativa Praevia) sulla infallibilita` e
sul primato di giurisdizione universale (pp. 25-30). Da notare comunque la
richiesta di distinzione che ci trova consenzienti tra i diritti e le funzioni
amministrative del papa in quanto patriarca della Chiesa latina, e il suo servizio
per lunita` della Chiesa universale (p. 29).
B. Pseftongas ci presenta invece il pensiero ortodosso, gia` ben noto e che
non rivela novita`. Ci limitiamo quindi a ricordare due soli punti, nel pensiero
dellA., meritevoli di speciale attenzione. Il primo e` teso a cancellare il mito di
un primo millennio di unita` quasi idilliaca tra Oriente ed Occidente cristiani. In
effetti in tale periodo la sua unita` e` stata minacciata per motivi diversi, conosciuti piu` o meno da tutti noi ... Tuttavia, pero`, la sua unita` ha resistito ed e`
stata espressa attraverso lunica fede, i dogmi comuni e listituzione dei sinodi
episcopali. Questa istituzione ... si e` espressa nella pentarchia del sistema amministrativo patriarcale (p. 47).
Laltro punto di vista, personale, riguarda la valutazione di poca importanza per la situazione ecclesiastica attuale della ricerca sulla storia della
Chiesa di quel periodo, per risolvere lodierno problema ecclesiastico (p. 49,
v. poi nota 19 a p. 71), anche se lA. aggiunge il rispetto profondo per le scelte
che la storia ha riservato o che la divina Provvidenza ha previsto per ogni
chiesa (p. 49). Naturalmente non ci troviamo daccordo con Pseftongas.
Sinodi, patriarcati e primato romano dal primo al terzo millennio e` il
titolo dellintervento del noto Prof. V. Peri. Del primato occorre ... parlare
ormai insieme con gli altri cristiani e parlarne altrimenti rispetto al passato ...
Altra e` la sostanza dellantica dottrina ... e altra la formulazione del suo rivestimento. Nuove formulazioni del primato, quindi, ma anche nuove forme per il
suo esercizio spirituale e canonico . Dopo tale premessa, lA. ricorda che non
si puo` parlare di primato senza parlare di sinodalita`, di conciliarita`, di gerarchia,
di autorita` .
Orbene la tradizione comune della Chiesa del I millennio ... e` in grado di
fornire significativi schemi concettuali ed organizzativi, indispensabili per dar
vita a un pluralismo ecclesiale (p. 55) dove si combini il senso dellunita` della
Chiesa nella specifica diversita` delle varie espressioni ecclesiali (p. 56). In tale
contesto la storia della Chiesa e` lo strumento indispensabile per ogni legittima
ricerca di una teologia dellunita` cristiana (pp. 58 e 71 nota 19, e 72s.).
Partendo da lessico e fenomenologia storica della funzione primaziale
nella chiesa , e distinguendo auctoritas e potestas, Peri sottolinea il persistere
fin dagli inizi di una struttura gerarchica finalizzata alla trasmissione integrale
del vangelo, alla sorveglianza concreta circa la fedelta` collettiva al depositum
fidei nella dottrina e nella prassi, quindi alleffettiva guida, governo e giudizio
della comunita` dei fedeli (p. 70).
Egli passa poi ad analizzare la successione apostolica nelle forme storiche
della costituzione sinodale della Chiesa , con attenzione particolare alla Pentarchia e al Patriarcato d Occidente ( la denominazione di Patriarchio e`
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tavia rende integrabile il dogma dellinfallibilita` del magistero papale in unecclesiologia della communio (p. 166). LA. gioca a rimpiattino perche di communio hierarchica si tratta. Comunque linterpretazione personale e parziale, e di
sovranita` , assolutismo e ultramontanismo , dellA., per quanto riguarda il Vaticano II ( e la Nota Explicativa Praevia) e il postconcilio e`
ancora piu` rilevabile nel finale del suo intervento, nella Wirkungsgeschichte
(p. 166s.).
A. Zambarbieri, invece, con saggio lungo e ben articolato, guarda un
servizio problematico , quello del papato nei confronti del mondo contemporaneo. La bella sintesi di p. 172 apre allanalisi della temporalizzazione ,
imposta soprattutto dagli schemi mentali dellepoca, per i quali unautorita`
meramente spirituale sarebbe risultata inconcepibile (p. 175). Dopo qualche
sbavatura (p. 177s.) circa il Vaticano I, lA. affronta il tema del papato nel
contesto del Cattolicesimo contemporaneo, ancora con felice esito, pur domandandosi, in fatto di modernismo, una piu` ponderata riflessione (v. p. 188).
Abbastanza nuovo e indovinato ci sembra infine il discorso sul papato e le
nuove tipologie di comunicazione mondiale e sulla dimensione politica
universale del ministero pontificio. Sono campi da cui deriva una inclinazione
a pensare a favore della convenienza, anche umana, di un tale servizio ,
oggi, e della congenialita` della Santa Sede e della realta` mondiale odierna
(v. p. 206ss.), pur non tacendo lA. le difficolta` ecumeniche (per es. di L. Vischer
circa la diplomazia della S. Sede), a cui fanno da contrappeso pero` le espressioni
di P. A. DAvack ed Huntington (p. 209s.).
Il contributo, poi, di H. Legrand appare a noi come il piu` eccessivo, volutamente molto critico , (p. 223) ed ingiustamente. In effetti egli vuole dilatare
il concetto di collegialita` episcopale alle Chiese (v. pp. 216 e 220), protestantizzandolo quindi (ib., e pp. 217 e 220), con perdita di universalita` e specificita`,
senza distinzione, inoltre, tra collegialita` in senso stretto e largo (p. 223). Anche
nella communio ecclesiarum, ritrovata eventualmente lunita`, la Catholica dovra`
infatti conservare la sua identita` (come risulta dallo stesso Vaticano II, i cui
limiti teologici Legrand evidenzia, dal suo punto di vista, naturalmente:
pp. 212ss. e 221s.). Inoltre egli tralascia quei due poli che con linguaggio tradizionale si definiscono de iure divino (il papa e i vescovi, nelle loro diocesi), per
sottolineare invece quelli intermedi (v. pp. 218-221 e 224-227). Vi e` qui, nel suo
pensiero, opposizione a quel movimento, gia` evidente nel primo millennio,
secondo il quale si ricorre al Papa come difensore dei vescovi stessi, anche in
relazione ai metropoliti, per esempio. Ritornano nel Legrand anche le solite
critiche riguardo ai vescovi titolari e alla disciplina odierna circa le nomine
vescovili (p. 216s.), nonche al C.I.C. (p. 217), che anche non articola il collegium episcoporum e la communio ecclesiarum .
Gravi riserve ancora, da parte nostra (e non solo, v. pp. 281 e 294), specialmente concentrate a pagina 229, concernono il superamento della problematica del duplice soggetto, inadeguatamente distinto, della suprema e piena
potesta` sulla Chiesa: occorre rileggere il Vaticano I .
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32. Una rilettura dei Concili Vaticani (circa il ruolo del papa)
Hermann J. Pottmeyer, Le role de la papaute au troisie`me millenaire,
Une relecture de Vatican I et de Vatican II, Ed. du Cerf, Paris
2001, pp. 188.
Esce questo nuovo studio e sono gia numerosi, da parte cattolica, in
risposta alla Ut unum sint (n. 95) quale ripensamento dellesercizio del
primato pontificio. Ne e` Autore H. J. Pottmeyer, il quale rilegge a tale fine
i Concili Vaticani
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Lagile volumetto, apparso originariamente in lingua inglese, indica anzitutto gli ostacoli che si presentano oggi sulla strada di un ministero petrino
ecumenico , suscettibile di essere riconosciuto da tutti i cristiani come un
dono di Dio alla sua Chiesa . Naturalmente anche per Pottmeyer il primo
passo dovrebbe essere fatto dalla Chiesa cattolica romana stessa (p. 7). E` il
solito ritornello che per noi significa costruire la casa cominciando dal tetto ,
poiche non si dovrebbe anticipare pensiamo una situazione di unione
quando essa ancora non esiste, mentre pure la Chiesa cattolica ha il diritto di
conservare la propria fisionomia , come le altre confessioni e Chiese, del
resto, la loro, in unita` ritrovata e riconciliata, escludendo, certo, quanto si
oppone invece allunitas in necessariis.
Poiche primo ostacolo, per molti, sono i dogmi del Vaticano I soprattutto, ripresi senza cambiamenti dal II , lA. si impegna in una loro rilettura,
iniziando con il capitolo Sfide che domandano un dialogo nuovo circa il
papato . Egli vi presenta, in modo per noi unilaterale, il Vaticano I (v. p. 15),
che non avrebbe tenuto in conto la tradizione della comunione del primo
millennio (ib.), essendo stato soggetto, invece, al condizionamento del concetto di sovranita` , in voga al tempo suo, mentre la forma sociale della Chiesa
cattolica si e` profondamente modificata nel XX secolo. Essa e` diventata piu`
globale (p. 16).
E` questo folletto sociologico che lA. fara` scendere in campo continuamente, anche in seguito, quando le decisioni , pure del Vaticano II, non
collimano con le sue. Sarebbe, cioe`, il concetto sovrano , quasi per un principio di viscosita`, presente ancora oggi (v. pp. 20, 46s., 53, specialmente, 54, 57s.,
83ss., 120s.,131, 133s., 146, 148, 150, 153 e 171). E` un abdicare in favore della
sociologia (v. pure pp. 77 e 158, circa la situazione cattolica di ghetto ) che ci
trova profondamente critici, anche per altri argomenti, con eccesso di visione
pure di una Chiesa comunione di Chiese particolari in perdita del senso della
sua universalita`.
Sul cammino lA., comunque, cerca di togliere alcuni malintesi che sono di
ostacolo al dialogo ecumenico. Il primo sarebbe il pensare che una riforma del
papato non sia possibile senza relativizzare o ricusare il carattere normativo dei
due dogmi del Vaticano I che vi si riferiscono. Bastera` invece ritenere attesta
lA. che essi sono relativi a un certo contesto, per cui si puo` non considerarli
... come la sola formulazione e la sola definizione possibili (p. 18). Di fatto
solo le concezioni che (vi) sono state condannate non possono piu` essere difese
(ib.). Il secondo malinteso, poi, e` quello di credere che la riduzione del centralismo romano rappresenterebbe un indebolimento dellautorita` del ministero petrino. Una distinzione fra centralismo e primato e` anche per noi possibile, a tale
proposito, procedendo con saggezza nel concreto.
Dal testimone al monarca. Sviluppo o cambiamento del primato del papa inizia con lanalisi del tema fondamentale della continuita` e del progresso
che si dice caratterizzerebbe un tale sviluppo. Pottmeyer vi spezza invece
una lancia a favore della rottura con tradizioni venerabili (v., per es., p. 31).
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Per lA. dunque non e` possibile discernere una continuita` logica o organica
(p. 24), nel primato, portando egli ragioni non probanti (come le conseguenti
deficienze delle forme in cui si e` espresso in precedenza il ministero petrino).
Certo accettiamo anche noi laffermazione che vi sia una pluralita` di
forme di realizzazione del ministero petrino (p. 24). In ogni caso non e` giusto
radicalizzare per il Papa lespressione cos` coniata: da testimone diventa monarca (p. 25), pur scusandosi lA. per la semplificazione . Per lui s` puo`
parlare di due paradigmi circa la coscienza che la Chiesa ha di se stessa. Il primo
caratterizza il primo millennio, laltro il secondo. A ciascuno dei due paradigmi
corrisponde una concezione e una realizzazione specifiche del ministero petrino (ib.). Nel primo il ruolo di Chiesa e papato consiste nellessere garanti e
testi della tradizione apostolica (ib.) (ma non lo fu anche il II millennio,
chiediamo noi?). In tale linea quando i vescovi emersero quali guide e rappresentanti delle loro Chiese locali, la considerazione particolare di cui godeva la
Chiesa di Roma si trasmise allautorita` del Vescovo di Roma (p. 26). Chi se ne
intende sa bene cosa e` sotteso a tali affermazioni ed i rischi relativi.
In ogni caso non si potra` dire, con lA., che solo nel V secolo il Vescovo di
Roma divenne il primo fra i Vescovi (p. 26), ne ha senso parlare a questepoca
della plenitudo potestatis (ib., e pp. 29, 31, 41 e 47), poiche la formula, dinizio,
espresse la relazione papa-suo rappresentante nellIllirico (vocatus in partem
sollicitudinis).
Detto binomio ha una lunga storia che, anche in seguito, lA. mostra di non
conoscere bene, ignorando completamente tutto il relativo inquinamento pseudo-isidoriano, che certamente influenzo` lesercizio del primato e merita di essere
valutato convenientemente.
Sempre in tale contesto del principio supremo , e cioe` limmobilita` della
tradizione, Pottmeyer considera allora la collegialita` dei vescovi come costitutiva ... facente parte dellapostolicita` della Chiesa , da cui deduce che la
testimonianza unanime dei vescovi aveva una autorita` piu` grande di quella
del papa da solo (pp. 27, 34 e 89).
LA. cos` continua: Verso un nuovo paradigma della Chiesa e un primato
monarchico , intrattenendo lequivoco tra monarchico e personale, con aggiunta indebita di assoluto , (pp. 33, 48, 53s., 61 e 65) e varie sfuocate affermazioni (pp. 29-32). Fra tante nostre riserve dobbiamo rilevare positivamente,
invece, la considerazione del ruolo del Vescovo di Roma come Patriarca dellOccidente (p. 29), e relativa problematica che ritroveremo in seguito
(v. pp. 128 e 172s.). En passant ripetiamo qui quanto in altre circostanze attestato a tale riguardo, e cioe` che la distinzione tra i due ruoli deve aiutare nella
impostazione di nuovi rapporti con le Chiese e le Comunita` ecclesiali non
ancora in piena comunione con noi, ma che i diritti e i doveri patriarcali del
Vescovo di Roma devono rimanere vigenti allinterno del Patriarcato latino, pur
dilatato al mondo intero dalla storia e dallepopea missionaria.
Passo successivo e` lo sviluppo che sta nel sottofondo dello sviluppo del
primato (cioe` La Chiesa divenne sempre piu` cosciente del fatto che essa
stessa dava forma alla sua tradizione in maniera attiva, attraverso decisioni e
leggi, in funzione delle necessita` : p. 34). Da cio` consegue che la nascita della
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dottrina dellinfallibilita` pontificia fra il XII e il XVI secolo non e` stata un caso
(p. 35). Naturalmente si dovrebbe aggiungere, per evitare equivoci, che, nella
stessa linea, la visione della Sede Romana senza macchia , non e` cosa del
II millennio.
Segue il capitolo Il triplice traumatismo di Roma alla vigilia del Vaticano I , e cioe` in primo luogo quale conseguenza del concil` arismo, della Riforma
e del gallicanesimo e poi, come secondo traumatismo (di natura politica), il
sistema delle Chiese di Stato (Staatskirchentum) e la rivoluzione francese. Il
terzo, poi, e` di natura intellettuale, causato dal razionalismo, liberismo e secolarismo. Non seguiremo qui lA. in tutto il suo andare abbastanza errabondo,
ma certo esso e` preparazione psicologica del lettore per fargli intendere i
condizionamenti dei dogmi del Vaticano I e la loro unilateralita` (v. per
es. p. 73), nonche` il centralismo romano. Vi e` anche qui un eccessivo inclinarsi
al parallelismo tra evoluzioni politiche ed evoluzioni ecclesiali (pp. 44 e 46s.)
per quanto riguarda la costituzione della Chiesa (p. 45).
Con il Vaticano I e il primato di giurisdizione del papa lA. giunge al
centro della sua disamina, con lungo preambolo sul camaldolese Mauro Cappellari, poi Papa Gregorio XVI, e il suo pensiero, con grande mescolanza di cose
abbastanza disparate, e presentazione pure della sovranita` complessa
(pp. 60-65) di Mons. Maret, condannata al Vaticano I.
LA. ammette comunque che, nonostante lultramontanismo estremo e lo
stesso Pio IX (!), il testo dogmatico non definisce il primato di giurisdizione
come sovranita` monarchica assoluta, nel senso di Cappellari e J. de Maistre
(p. 65). Vi e` dunque una relativa moderazione , nei testi conciliari, mentre
linterpretazione massimalista del Vaticano I, estesa fino ai giorni nostri, interpreta la definizione del primato di giurisdizione in modo unilaterale, (v. pure
pp. 74 e 76) in senso ultramontano (p. 65). Pottmeyer riconosce pero` che il
desiderio dei vescovi di vedere menzionato il fatto che il loro collegio possiede
pure una giurisdizione suprema non e` accolto, ma neppur negato ... Non si fa
pero` questione della loro corresponsabilita` collegiale per la chiesa universale
(pp. 67, 69, 71: la cooperazione collegiale dellepiscopato alla direzione della
Chiesa universale non devessere menzionata nel testo e 73s.). Pottmeyer conclude: il concilio ha resistito alla pressione ideologica (ultramontana), non ha
tradito la tradizione ecclesiale e teologica originale relativa alla costituzione
collegiale ed episcopale della Chiesa. Non ha voluto presentare il papa come
un sovrano e un monarca assoluto (p. 79), e quindi un centralismo romano
non puo` richiamarsi teologicamente al Vaticano I . Esso non ha negato lautorita` ugualmente suprema del collegio dei Vescovi , inoltre il Concilio non ha
fatto sua laffermazione, secondo la quale la giurisdizione dei vescovi proverrebbe direttamente dal papa (ib.)
Da tutto cio` e da altre considerazioni lA. deduce che il Vaticano I e`
aperto, e non e` un ostacolo a quella ecclesiologia di comunione che il Vaticano II ha cercato di formulare e per la quale ha voluto riannodare la tradizione
della Chiesa non ancora divisa del primo millennio (p. 79). Se non escludiamo
che tale comunione sia gerarchica, siamo daccordo con lA., anche se rimane da
chiarire il concetto di collegialita`, se intesa in senso stretto o in senso largo.
273
274
Questi infatti la considera omogenea al testo del III Capitolo della Lumen
Gentium. In ogni caso 1A. e` favorevole allistituzione di un Consiglio Permanente dei Vescovi questo sarebbe stato il pensiero della maggioranza conciliare , che assista il Papa nel governo della Chiesa universale, cosa che la
curia romana impedisce ad ogni costo (p. 121).
Invece di distinguere collegialita` in senso stretto e largo, lA. parla, poi, di
collegialita` dallalto e dal basso (p. 122), e, sottolineando altres` il compromesso della distinzione fra munera e potestates, fornisce infine un suo
concetto di primato (papale) della comunione . Al papa spetta qui di rappresentare e mantenere lunita` della comunione universale delle Chiese
(pp. 124, 127ss., 130, 137, 143, 153, 162, 165, 167s. e 175).
Considerata limportanza che lA. attribuisce a questo tipo di primato ci
pare giusto presentarlo piu` lungamente, cosa che del resto egli fa successivamente, cos` : un ministero petrino esercitato come un primato della comunione
... da` una forma normativa allo scambio reciproco degli agenti della tradizione e
della interpretazione ... in nome di Cristo esorta alla fedelta` al vangelo e alla
riconciliazione e ... aiuta a realizzare le riforme necessarie , offrendo lassicurazione che continuita` e vitalita` saranno legate nel processo della tradizione
(p. 167). E` poco, direi, anche con tutta lapertura possibile alla comunione ,
specialmente pensando alla giustapposizione (per noi non ve`) di ecclesiologie dai differenti accenti e di priorita` diverse, che, da una parte, vanno in senso
contrario (pp. 134 e 147), nei testi del Vaticano II. Per quel che riguarda
linfallibilita` di magistero collegiale e pontificio , la linea ermaneutica seguita
dallA. va nel senso che la minoranza presente al Vaticano I trova riscontro
nella maggioranza del II, con qualche riserva (pp. 134-141). Al riguardo ci sono
affermazioni gravi dellA., ma specialmente un passaggio indebito dal centralismo pastorale a quello dottrinale, nonche all infallibilita` rampante .
Ma la parte dellopera che noi troviamo progressista ad oltranza, con
giudizi assai duri, e` lultima, dal titolo: Comunione-primato. Un compito per il
III millenario . Si inizia con I due concili Vaticani aperti a una riforma del
ministero petrino (p. 143), in cui lA. mostra di non capire limportanza fondamentale del consenso , nella Chiesa cattolica, specialmente, e si accanisce
contro lecclesiologia che, dal punto di vista storico, porta i connotati della
Contro-Riforma, che, dal punto di vista sistematico, si presenta come una
considerazione unilateralmente giuridica e societaria della Chiesa, e che, dal
punto di vista teologico, puo` essere qualificata di cristomonista (p. 145). Da
questultimo aspetto deriva una quintupla preeminenza: quella della Chiesa
universale in rapporto alla Chiesa particolare, del ministero rispetto alla comunita`, della struttura monarchica del ministero in relazione alla struttura collegiale, del ministero in rapporto ai carismi, e infine dellunita` rispetto alla diversita` (p. 145). Siamo allesasperazione dei dati, ci sembra, a favore di una
ecclesiologia ecumenica della comunione (p. 147s.).
Segni di una speranza fondata nel senso di una tale ecclesiologia lA. li
scopre, per noi erroneamente, nelle stesse riflessioni della Congregazione per
la Dottrina della Fede sul Primato del successore di Pietro nel mistero della
Chiesa (pp. 148-152), anche se detto eufemisticamente restano delle
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questioni (p. 152s.). Il lettore credo le trovera` di grande peso (v. p. 153 e
anche p. 159).
Confondendo centralizzazione e primato di giurisdizione, lA. arriva finalmente a dare dei principi che dovrebbero incamminarci in direzione di un
primato della comunione , e cioe`: la Chiesa universale e le sue istituzioni
non sono niente senza le Chiese particolari nelle quali vive la Chiesa universale
... tutte le disposizioni che non indeboliscano o non mettano in pericolo lunita` e
la comunione della Chiesa universale ... possono essere prese dalle Chiese particolari e loro raggruppamenti. Cio` che deve restare sottratto alla competenza
delle Chiese particolari, o loro raggruppamenti, non dovrebbe essere definito
soltanto da Roma ... Per cio` che concerne il governo della Chiesa universale,
bisogna mettere in pratica la correlazione e linteriorita` reciproca fra primato e
collegialita`. Per lesercizio personale del primato, e` un dato costitutivo per il
successore di Pietro di essere inserito nel collegio degli altri successori degli
apostoli ... Bisognerebbe trovarsi in presenza del caso eccezionale di un pericolo
immediato perche il papa agisca da solo, senza alcuna partecipazione dellepiscopato, quando si tratti di una questione concernente la Chiesa nel suo insieme
... Che una amministrazione come quella della curia venga a inserirsi fra il papa
e lepiscopato non e` compatibile ne con il carattere personale delle relazioni
allinterno del collegio episcopale, ne con la posizione di responsabilita` propria
ai vescovi ... Per decisioni dogmatiche solenni, in particolare, devessere regola
che esse siano prese allinterno del collegio episcopale e non al suo esterno. Ma
lepiscopato e dei teologi della Chiesa universale non dovrebbero essere esclusi
nemmeno da prese di posizione del magistero pontificio ordinario che sindirizzano alla Chiesa nel suo insieme con un certo carattere di normativita`
(p. 169s.).
LA. continua poi con proposte di cambiamenti strutturali, vale a dire:
listituzione di un consiglio permanente, composto di cardinali e vescovi provenienti dal mondo intero e che il papa consulta ... la scelta di un altro metodo
di lavoro per il sinodo episcopale, che permetta un interscambio reale, dando ad
esso altres` un diritto maggiore di prendere iniziative e di decidere ... lincoraggiamento a una pratica sinodale rafforzata e il riconoscimento di una maggiore
propria responsabilita` alle conferenze episcopali ... per lelezione dei vescovi vi
sia una maggiore cooperazione tra i livelli della Chiesa locale, regionale ed
universale ... si ritorni infine alla forma triadica della struttura ecclesiale (particolare, regionale e universale) ... (p. 171s.). Tali pensieri sono in seguito ulteriormente sviluppati dallA. con dilatazione di considerazioni riguardo allistituto del Patriarcato (p. 173), pure da noi sopra menzionato, fornendo varie
pezze dappoggio. Varra` non dimenticare in tutto cio` la necessita` di rispettare
sempre i due poli , dellepiscopato, di istituzione divina.
Il volume termina con la lista delle sigle, una buona bibliografia e gli indici
dei nomi propri e generale.
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criticato dal Routhier: p. 57 (scelto da Suenens, ma con processo avviato da Cicognani, e non si dice) che sincammina sulla strada del non rigetto dei
precedenti , ma invece su quella, piu` sinodale-consensuale, del miglioramento, dellaggiornamento. Sara` la formula giusta, mentre giusto non e` parlare,
cos` , di una seconda preparazione conciliare. E come si puo` inoltre affermare
che il diritto fondamentale della Chiesa non dipende da un rapporto gerarchico, ma dalla comunione a Cristo e fra di noi data nei sacramenti che sono
considerati come i processi istituenti fondamentali della Chiesa ? (p. 55). In tal
modo non riesce certo la fusione necessaria tra comunione e gerarchia, nel
senso del concetto-realta` di comunione gerarchica .
Il Nostro richiama altres` , erroneamente, la rivoluzione dOttobre (del
30 Ottobre 1963, che sarebbe stata occasionata dai 5 voti dorientamento, in
quel giorno espressi: p. 56; v. p. 68 e altres` p. 59: rivoluzione copernicana ),
poiche` egli stesso, subito dopo, la giudica mancante di portata . Routhier si
manifesta inoltre contrario alla prospettiva universalistica messa avanti dal
Concilio Vaticano I (p. 58), e non intende (parla di scissione ) la distinzione
riflessa, a partire dal XIII secolo, tra poteri di ordine e di giurisdizione. Sarebbe,
poi, stato privilegiato, in concilio, il binomio primato-vescovo invece dellaltra
coppia concettuale, piu` fruttuosa, vescovo-Chiesa (ib.). Il difetto sarebbe anche
caratteristica della Nota Explicativa Praevia (a questo riguardo la p. 60 meriterebbe una continua critica, altres` per tener presente il giudizio del Philips, che
non e` quello del Grootaers, citato). Pure a pagina 62, sulla collegialita`, con
richiamo allApostolos suos (v. anche p. 74), non si e` in linea col Concilio realizzato, ma si vagheggia come esso avrebbe dovuto essere, con il senno di poi e
dellAutore. Non siamo piu` a concilio, evidentemente come si nota , ma in
un fantomatico sinodo altro , o nellespressione del desiderio di una durata
del Vaticano II fino a maturare , finalmente, nel senso voluto ancora dallA.
Sul Consiglio centrale dellepiscopato mondiale , poi, (v. Motu Proprio
Apostolica sollicitudino sic!: pp. 63, 67 e 104) i giudizi del Routhier continuano sullo stesso tono (p. 64s.), con incomprensione della distinzione fra collegialita` in senso stretto e largo. LA. affronta poi il tema di una prima ricezione
nella teologia e nel diritto , sempre con la confusione sopra accennata e incomprensione del senso di comunione gerarchica (pp. 68-74) e critica altres` del
Sinodo straordinario del 1985 e dellinstrumentum laboris, che vi si riferisce, sul
mandatum docendi delle Conferenze episcopali. Routhier si riferisce qui a forme
imperfette di collegialita`, ma cos` non e`. Si tratta invece di collegialita` in senso
largo, s` , ma di vera collegialita` ... in tale senso.
La diocesi e` una Chiesa locale o particolare? Quale la posta (in gioco) di
queste diciture? si chiede, di seguito, L. Villemin. A noi sembra che basterebbe
citare Christus Dominus (n. 11) dove, al riguardo, si parla di una porzione del
Popolo di Dio che costituisce una Chiesa particolare . LA., in ogni caso,
non taglia la testa al toro , come si suol dire (p. 86: conclusione), ma lo fanno
altri, nel successivo dibattito, specialmente il Routhier che non distingue munera
e potestates, per i vescovi (p. 92s.).
278
Il Rev. Padre G. Martelet tratta quindi in termini entusiatici della collaborazione tra teologi e Vescovi al Vaticano II , con lodi a destra e a manca.
Ci fa uno strano effetto sentirlo confessare: Io pure, essendo in parte teologicamente responsabile dun gruppo di Vescovi ... (p. 97). E` gia` indicativo,
sembra a noi e ci fermiamo qui.
La Seconda Parte del volume porta il seguente titolo Il Ministero dei
Vescovi dopo il (Concilio) Vaticano II. La ricezione conciliare da parte della
Chiesa .
Linizia una presentazione onesta , obiettiva, di J. Passicos su La ricezione dei documenti conciliari relativi allepiscopato nei testi normativi emanati
dalla S. Sede fino al Codice del 1983 incluso . Gli interventi al riguardo di
Theobald, Routhier e Legrand, nella successiva discussione, rivelano a noi,
invece, pronunciata parzialita`. Passicos vi risponde saggiamente, in special modo per quanto riguarda il patrimonio latino (questo patriarcato immenso di
Roma), che sicuramente non deve scomparire (p. 120).
Il contributo successivo, di B. Sesboue, ( La ricezione officiale degli enunciati del Vaticano II, sullepiscopato, nei documenti della S. Sede dopo il nuovo
Codice 1983-1999 ) si rivela profondo, ben fatto, ma fortemente critico,
alleccesso (v. p. 122, per es.), e cio` su questioni importanti, per noi non solo di
disciplina (v. p. 132). Ne siamo dispiaciuti. Nellocchio del ciclone e` comunque la Lettera sulla Chiesa comunione della Congregazione per la Dottrina
della Fede, con la questione della priorita` della Chiesa universale su quelle
particolari e assoluzione generale del P. Tillard e di tutti i grandi teologi del
nostro tempo (p. 128). Per lA. la Chiesa di Roma e` una Chiesa particolare
come tutte le altre (p. 127), dimenticandosi egli che con essa devono essere in
comunione tutte le Chiese, se vogliono formare la Catholica . A questo proposito non sembra sufficiente dire che la comunione con il Vescovo di Roma
costituisce la mediazione della piena comunione con la Chiesa universale (ib.).
Roma non ha cioe` solo un ruolo essenziale da giocare ma necessario,
per noi indispensabile.
Il principale testo preso di mira dallA. e` peraltro lAd tuendam Fidem, il
discernimento (cioe`) del magistero ordinario e universale riservato al papa 18
maggio 1998 (p. 133). Non ci addentreremo nel tema, ma non riteniamo giusto
il procedere del Sesboue In effetti pur affermando quanto segue: Per dichiarare
che un punto appartiene infallibilmente e in maniera definitiva alla fede o alla
dottrina della Chiesa, il papa non ha piu` bisogno di ricorrere a una definizione
solenne ex cathedra. E` sufficiente che egli riaffermi e confermi che una dottrina e`
stata ed e` insegnata in maniera definitiva ed infallibile dal magistero ordinario
ed universale del papa e dei Vescovi , lA. limita lattestazione nel dominio
della fede propriamente detta . Per appoggiare il suo dire Sesboue chiama in
causa il Vacant, dellanno 1887, sbagliando.
In ogni caso per lA. si tratta di una novita` magisteriale (se dovesse
imporsi) infinitamente maggiore della definizione della infallibilita` pontificia
al Vaticano I, poiche` piu` niente limiterebbe gli atti infallibili del papa
(p. 138). Infine, per quanto riguarda il Motu Proprio Apostolos suos, gia` sopra
279
280
Canoni delle Chiese Orientali del 1990, fino a giungere a quelli sullApostolos
suos (che riproporrebbe linstrumentum laboris a cui sopra accennavamo) e sulla
Ad tuendam Fidem.
La domanda finale con risposta gia` evidente, per lA., e` la seguente: Una
nuova centralizzazione? . Anche Legrand salva la buona fede, diciamo, di
Roma , come Sesboue, ma credo che non basti. Infatti la sua conclusione e`
cosi formulata: La ecclesiologia ormai in vigore somiglia di nuovo molto a
quella di quarantanni fa . E noi pensiamo che cio` non sia vero.
A questo punto lA. mostra alcune direzioni di ricerca a lungo termine,
segnando a dito le deficienze della ecclesiologia in auge e i suoi controveleni.
Vi sarebbe la necessita` sempre per lA. di lavorare, in effetti, in tre grandi
cantieri, e cioe`: quello dellarticolazione tradizionale tra il collegio dei Vescovi e lespressione della comunione delle Chiese tra di loro; laltro, della
comunione fra le Chiese regionali, e infine quello dellandare oltre allaspetto
puramente gerarchico, della comunione, per giungere a dei modelli corporativi di presa delle decisioni (per una giusta ricezione del Vaticano I ).
Non seguiremo lAutore nei suoi cantieri, anche perche` sono come il rovescio delle critiche da lui in precedenza formulate. Ma Legrand ne afferma di
cose che non ci trovano daccordo (v. specialmente pp. 232, 233ss., 237ss.,
244ss., 247-251 in modo particolarissimo e 255s.)! Per finire lA., tirando
Papa Giovanni XXIII dalla sua parte, fornisce i criteri di una ecclesiologia
capace di rinnovare lepiscopato, e cioe` quelli della tradizione e della pastorale,
della comunione (primato e conciliarita`) e dellecumenismo, della missionarieta`
e dellistituzione. Ma chi non potrebbe essere daccordo, in genere, con tali
criteri? La questione e` la loro cocretizzazione, naturalmente.
Dopo il fiume-Legrand, la pubblicazione ha altri ruscelli, uno di Mons.
Ricard, e due conferenze, per i diocesani dEvry, ancora di Ch. Theobald, nella
linea di cui sopra, sul Concilio Vaticano II (le sue assi portanti ) e laltra dello
stesso Mons. Herbulot, sulla sua esperienza di vescovo di una nuova diocesi . Il volume termina con una sua intervista a La Croix , a conferma dellarticolazione polivalente dellincontro che ha dato origine allopera qui presentata, prima della conclusione del Vicario generale, Mons. O. Morand.
281
cano II (v. pp. 10s.) e del Magistero pontificio (p. 12), Hegge sostiene che un
movimento ecclesiale e` un luogo di ricezione esistenziale dei contenuti essenziali del Vaticano II (p. 14), della realizzazione dellecclesiologia conciliare
(p. 17s.).
Come scrive lA., nel primo capitolo vengono analizzati i concetti di
ricezione e carisma sotto il profilo del contenuto, nel contesto dellecclesiologia
conciliare, allo scopo di esaminare il rapporto tra lazione dello Spirito Santo e
la dinamica ricezionale, con riferimento al possibile significato dei carismi per la
ricezione ecclesiale. Dopo la presentazione della discussione postconciliare circa
la ricezione del Concilio, segue unanalisi della dottrina sinodale sui carismi. Vi
e` (qui) da sottolineare che latteggiamento comunionale di ricezione del magistero e` proprio dellessenza dei carismi ovvero dei carismatici, mentre e` compito
del magistero di non estinguere i carismi, bens` di esaminarli e promuoverli
(p. 18).
Nel secondo capitolo e` presentato il processo di formazione ecclesiale dei
carismi stessi e della loro dinamica ricezionale, sullesempio delle caratteristiche
comuni dei movimenti ecclesiali. Essi dilatano afferma lA. spazi di
vita ecclesiale nei quali si realizza la ricezione come dialogo nella forma della
sequela di Cristo, del suo servizio e della sua passione per gli uomini. In tale
contesto si pone anche la questione della costituzione giuridica dei movimenti
ecclesiali nellambito del diritto canonico, che non puo` ignorare la loro natura
carismatica e gli insegnamenti ecclesiali da essi recepiti (p. 18).
Con il terzo capitolo Hegge fa opera specialmente critica per quanto riguarda la ricezione ancora incompleta del Vaticano II da parte del CIC vigente (p. 19), formulando alcune proposte di suo emendamento, sullesempio
del movimento dei Focolari.
Francamente detto, abbiamo trovato lopera abbastanza critica e parziale,
con tendenza a sopravalutare i carismi rispetto al tutto e ad identificare la
ricezione del Concilio Vaticano II nei carismi stessi (con uso del termine anche
improprio), nei movimenti ecclesiali, cioe` riducendo ad essi, in fondo, il rinnovamento, nella continuita` e nella fedelta`, voluto da detto grande Concilio per
tutta la Chiesa. Di esso si sottace il fatto che la communio vi e` presentata come
gerarchica, e cio` comporta un certo sbilanciamento del tutto. Segnaliamo qui di
seguito, per essere brevi, le pagine che piu` suscitano, per noi, riserva: pp. 22,
26s., 32, 34 nota 37, 37s., 40, 47 nota 79, 48 nota 81, 49, 52s., 54, 62s., 64, 65
nota 113, 66, 68-71, 73ss., 82ss., 91, 94, 97ss., 100ss., 103s., 113, 125, 127, 155s.,
163, 171, 178s., 181, 187, 201-206, 209ss., 213s. e 230.
Il volume termina con unAppendice dal significativo titolo: Una nuova
Pentecoste: la comunione dei movimenti ecclesiali nellunica Chiesa per la nuova evangelizzazione , che e` un po un manifesto davvenire, a cui seguono
una buona bibliografia e lindice dei nomi.
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court in cui tutti, con alterne vicende, siamo o dovremmo essere imbarcati.
Certo e` che i movimenti ecclesiali sono segno di, derivano da, esprimono carismi, ma non sono gli unici, pensiamo a quelli dei semplici fedeli, anche
singolarmente considerati ne dobbiamo dimenticare il rinnovamento postconciliare della vita religiosa in genere, che si configura pure nei carismi dei
Fondatori e che devono articolarsi, oggi, altres` con quelli dei movimenti ecclesiali. Ci sono qui relazioni da approfondire, seppur Papa Giovanni Paolo II
gia` si e` inoltrato in un indirizzo di riflessione e guida.4
Vi e` poi la grande questione dellarticolazione dei movimenti con la Chiesa
particolare, locale, con il suo Pastore e non solo con la Chiesa universale, con il
Pastore Universale, poiche proprio il Concilio Vaticano II ha riportato allattenzione la localita` ecclesiale.
Pur essendo, quindi, i movimenti, una novita` inattesa, e talora persino
dirompente , riconosciuti ufficialmente dallautorita` ecclesiastica si propongono come forme di auto-realizzazione e riflessi dellunica Chiesa . Cos` lo
affermava Giovanni Paolo II nel suo importante discorso del 28 maggio 1998
al IV Congresso Mondiale dei Movimenti e delle Nuove Comunita`.5 E` dunque
stabilito qui autorevolmente il legame fra i movimenti e il mistero della Chiesa,
che e` stato al centro (ad extra e ad intra) della riflessione e dei documenti di
detto Concilio.
Esso, a tale proposito, si allontano`, senza negazione peraltro, da una visione piuttosto societaria e gerarcologica, totalizzante la stessa realta` ecclesiale, per
considerare di piu` il suo mistero globale, come comunione operata dallo Spirito
Santo attraverso la Parola, i Sacramenti e la comunicazione dei carismi, che pur
si manifesta peraltro in unorganizzazione societaria visibile, anche gerarchicamente, ed altres` organizzata giuridicamente (cfr. L. G. 8).
La communio e` in effetti gerarchica , pur restando sempre communio,
poiche punto di partenza e` luguaglianza fondamentale di tutti i fedeli chiamati
alla santita`, uguali nella dignita` e nellagire, diversificato comunque, secondo la
vocazione e i carismi propri a ciascuno, quanto alla cooperazione nelledificazione del Corpo di Cristo e alladempimento della missione, che Cristo ha
affidato alla Chiesa, da compiere nel mondo (v. L. G. 32). La Chiesa nel Vaticano II si scopre, cioe`, chiamata allunita` non solo in se stessa, pur nella varieta`
dei carismi e ministeri, ma anche in relazione alle altre Chiese o comunita`
ecclesiali e alle varie religioni. Si scopre, anzi, in relazione con ogni uomo di
buona volonta` (cfr. G. S. 40-45).
Ebbene tali istanze si ritrovano nei movimenti ecclesiali. In essi ve` in effetti
uno slancio missionario e in alcuni una spiccata apertura ecumenica. La denominazione di ecclesiali viene dunque dal fatto che il loro scopo e` quello di
presentare nella Chiesa stessa la sua articolazione come comunione organica e
quindi pure comunione tra varie vocazioni. E`, in fondo, la componente comunitaria ad essere esaltata, come si fece del resto in concilio. Cos` lEsortazione
4
Giovanni Paolo II al Seminario di studio per i Vescovi in proposito, per es.: V. LOss.
Rom. del 20/6/1999.
5
LOss. Rom. dell1-2/6/1998, n. 6.
285
apostolica Christifideles laici 6 al n. 29, riprendendo il n. 18a del Decreto Apostolicam actuositatem, e riferendosi in modo generale allapostolato associato,
attesta che esso e` un segno che deve manifestarsi nei rapporti di comunione (componente comunitaria, dunque) sia allinterno che allesterno delle varie
forme aggregative nel piu` ampio contesto della comunita` cristiana .
Ha scritto un noto canonista a tale proposito: Se lo specifico dei movimenti ecclesiali e` presentare nella Chiesa stessa la comunione tra le varie vocazioni, tale loro natura si deve manifestare proprio nel loro agire concorde con
tutte le altre componenti ecclesiali. Cio` viene incontro alla necessita` della Chiesa
che oggi nellimpegno concorde di tutte le sue componenti si presenti non solo
come annuncio, ma come testimonianza di amore ed unita`. Il discernimento
sullautenticita` della spiritualita` di un movimento ecclesiale va fatto, allora,
circa la sua portata pedagogica, come ricezione dellecclesiologia e della spiritualita` del Vaticano II, in relazione allattivazione della vita cristiana, a partire
proprio dallesperienza della reciprocita` e complementarita` delle diverse vocazioni nella Chiesa ... In questo modo un movimento ecclesiale e` un luogo di
ricezione esistenziale dei contenuti essenziali del Vaticano II .7
Potremmo ora approfondire tale ricezione conciliare nei movimenti ecclesiali, la cui base e` lecclesiologia di comunione del Vaticano II, che sempre piu`
emerge come fuoco di detto Concilio, specialmente dopo linterpretazione
qualificata dellAssemblea straordinaria del Synodus Episcoporum del 1985.
Diamo comunque per scontate le nozioni di ricezione e di carisma, nel
contesto dellecclesiologia conciliare,8 e ci concentriamo invece sulle caratteristiche comuni, sempre di derivazione conciliare, dei movimenti ecclesiali stessi,
sugli elementi cioe` di una loro definizione specifica. A tale riguardo, da una
parte, ce` chi vuol soprattutto distinguere tra associazioni, movimenti, gruppi e
comunita`, dal punto di vista giuridico e di contenuto, e dallaltra chi, allinterno, si propone una differenziazione tra movimenti laicali, spirituali ed ecclesiali.
Nonostante le diverse impostazioni, noi ci orienteremo ad individuare la
loro essenza teologica, anche per quanto fin qui illustrato, nel loro carattere di
movimento, nella loro ecclesialita` e precisa funzione e nella origine carismatica.9
Cinque elementi costituirebbero dunque tale specifico, vale a dire:
1) Il carisma del Fondatore che e` origine e centro del movimento e diventa
sorgente, iconica, di quello dei suoi membri. Esso e` fonte, per cos` dire, di una
conversione rinnovata al Vangelo di Gesu` Cristo e a una riscoperta del Batte6
7
nota 3.
8
V., pur con molti distinguo da parte nostra , il I capitolo del vol. di C. Hegge
(cfr. nota 3), cioe` pp. 21-72.
9
Ci avviciniamo qui a L. Gerosa, Charima und Recht. Kirchenrechtliche Uberlegungen
zum Urcharisma der neuen Vereinigungsformen in der Kirche, Einsiedeln-Trier 1989, p. 93s.
Comunque non si debbono tralasciare i 5 criteri di ecclesialita` dei movimenti indicati al n. 30 di
Christifideles laici.
286
Cfr. J. Beyer, Novita` dello Spirito, Vita Consacrata XIV (1978), p. 577.
Id., Il diritto della Chiesa, Vita Consacrata XVIII (1982), p. 252.
287
288
Ibidem, p. 95ss.
V., per es., ibidem, p. 186.
18
Ibidem, pp. 188-192.
19
Pontificio Consiglio per i Laici, I Movimenti nella Chiesa. Atti del Congresso Mondiale
dei movimenti ecclesiali, Roma, 27-29 maggio 1998, Citta` del Vaticano 1999, p. 221. La nuova
evangelizzazione e` la sfida comune che Chiesa e movimenti hanno oggi di fronte. V., a tale
riguardo, il bellarticolo, pur critico, di Gianni Colzani, Nuova evangelizzazione, sfida comune.
Sulla relazione tra Chiesa e movimenti, in R. Clero It. LXXXI (2000), pp. 646-665, ma
specialmente pp. 653-665.
20
V. Ch. Hegge, op. cit., pp. 219-231.
21
Ibidem, p. 231.
17
289
290
VI
FONTI CONCILIARI
UFFICIALI E PRIVATE
293
espresse a Pio XII la convinzione che la militanza comunista di molti lavoratori fosse priva di valore ideologico ). Vi e` poi cenno allimpegno dellArcivescovo in favore della creazione della Conferenza Episcopale Italiana, appoggiandosi al suo amico Card. Ruffini. Ma Pio XII rimase piuttosto freddo
al riguardo, pur cedendo in parte.
Con la nomina a Cardinale, inizia per Siri un lungo periodo in cui assunse
gravi ed alte responsabilita` in Italia, oltre che a Genova. Il suo pensiero su De
Gasperi? Ne approvava la linea di moderazione (p. 94). Sul socialismo? Si
manifestano i diversi giudizi rispetto a Montini, (v. p. 98ss.) che sarebbe stato
allontanato (v. p. 100 nota 18, molto caratteristica del giudizio di Siri su
colui che sara` Paolo VI) da Roma, per una lettera di dimissioni di Mario Rossi
tenuta nel cassetto . Il Cardinale accetto` di diventare Presidente della Commissione episcopale per lAzione Cattolica e comincio` il suo essere tramite
della Santa Sede per le cose italiane. Di esse il volume tratta dal punto di
vista dellArcivescovo di Genova. Linteresse rimane pero` indubbio.
A questo punto si illustrano i rapporti con lURSS , da cui emerge piuttosto il ruolo del P. Damaso (da Celle Ligure, al secolo Bernardo Testa), comprovato dalla pubblicazione di una documentazione pp. 301-343 affidata
allA. con sodisfazione di Sua Eminenza, perche` almeno un giorno si sapra` la
verita` (p. 113 nota 3). Notiamo che la Segreteria di Stato ha creduto opportuno avocare a se ogni attivita` relativa a questa delicatissima questione
(p. 318), come scriveva lanzidetto religioso in data 25 febbraio 1957. Ma i
diplomatici dellURSS tornarono a bussare alle porte dellarcivescovado di
Genova...
Ci sia permesso di tralasciare il conclave del 28 ottobre 1958 (pp. 139144), come quello, poi, del 1978 (pp. 262-281) e linfelice (per noi) dichiarazione:
Ho chiesto perdono a Dio (p. 296s. Ho un grande rimorso ... Dissi no, e se
mi eleggerete diro` no. Ho fatto male, oggi lo capisco. Oggi? Da qualche anno ...
Ho fatto male perche avrei evitato di compiere certe azioni ... vorrei dire, ma ho
timore a dirlo, certi errori : p. 296).
Ma ritorniamo ai rapporti con la societa` italiana. Il capitolo che vi si dedica
espressamente (pp. 145-178) rivela molto dei compiti del Cardinale di
Genova e delle vicende politiche in Italia, e non solo. Intanto cresce il rapporto
di simpatia e stima, nonche di collaborazione, con Tardini ( mi resi conto della
sua statura. Non so se abbia superato il famoso Pietro Gasparri, che ho conosciuto quando era vecchio e non piu` segretario di Stato, ma di quelli che ho
conosciuto e` stato il piu` grande : p. 148 nota 11). Assistiamo cos` alle vicende
della D.C. e al travaglio nei suoi rapporti con i Socialisti, iniziato con Gronchi.
Sappiamo altres` di alcune difficolta` finanziarie di Roncalli a Venezia... e poi del
consiglio a lui dato, una volta papa, su quali pesci pigliare, in materia economica (p. 155), dove Siri sapeva ben destreggiarsi. Sono testimoniati ancora il
disimpegno giovanneo dalla politica italiana (che non era pero` disinteresse ) e i contrasti di visione, sul centro-sinistra, con Montini, Ottaviani, Urbani e
Lercaro, fino a lasciare, Siri, la responsabilita` della direzione dellAzione Cat-
294
tolica. Appare anche qualcosa circa latteggiamento di Giovanni XXIII che non
collima con il ruolo politico che gli si attribuisce generalmente (p. 172, sulla
sua opposizione, cioe`, allentrata dei Socialisti nella maggioranza governativa,
con bellissime immagini papali Vi ingannano fino a tal punto, Padre Santo? Egli comunque vede anche il male nelle cose: p. 173 . Vi sarebbe stata
pero` una congiura contro Siri, un camminargli alle spalle ).
E siamo al capitolo del Concilio di Giovanni XXIII (pp. 179-198), a cui
vanno aggiunti la parte del diario che si riferisce al periodo conciliare
(pp. 356-383) e alcuni documenti inediti (pp. 348-355; v. p. 372 nota 69, da
cui sappiamo che fungeva da segretario Mons. A. Mauro) sullattivita` del Segretariato per gli Affari Straordinari del Concilio, ( di due pezzi p. 366 ,
meglio, composto da due gruppi) di cui Siri era membro. Dal tutto risultano le
preoccupazioni del Cardinale per la svolta pastorale del Concilio, voluta da
Papa Giovanni, e le sue perplessita` in fatto di una dottrina innovatrice sorta in
area francese e tedesca dopo la guerra, insieme con i fermenti in campo biblico
(p. 179). Ritorna evidente anche il ruolo di Ruffini, sia per il suggerimento a
convocare un concilio dato a Giovanni XXIII (ibid.), sia per il suo dinamismo, e
sono riportati pareri, voti, interventi ed illustrati ruoli dellArcivescovo di Genova, al quale risultava altres` ovvio pensare agli errori da condannare in
concilio ed ambiguo il termine aggiornamento . Egli ritiene, agli inizi, che la
calma romana servira` , ma ai suoi primitivi pensieri, nel suo diario , aggiungera`, poi, saggiamente e prudentemente, una nota, a margine del I foglio:
qualche giudizio qui e nelle pagine seguenti e` forse non sicuro e non obiettivo . Basta cio` a far grande luomo, il dubitare di se, oltre laffermazione. In
ogni caso da rilevare sono le sue considerazioni sul discorso pontificio dinizioconcilio ( di due punti ho timore che qualcuno possa usare male. Forse e` questo
pensiero che mi impedisce di dormire per del tempo : p. 184) e sul messaggio
conciliare al mondo, magari anche per linfelice espressione del Cardinal Confalonieri due paginette al mondo (ibid.). Da tener presente e` ancora il suo
disaccordo con Montini circa la elezione, vicenda che procuro` stupore e
disagio ; ce` anche mancanza di impostazione, di regia e di indirizzo : p. 376
da parte degli italiani, dei membri esteri delle Commissioni conciliari. Siri
voleva, in fondo, ascoltare la Curia, Montini che lo supplichera` ancora per il
bene della Chiesa in Italia (p. 192) e si comportera` giustamente, a detta di Siri,
chiedendo di lavorare su quello che ce` ed e` gia` preparato in fatto di documenti: p. 371 cercava il parere dei Presidenti delle maggiori Conferenze
episcopali.
Ma Giovanni XXIII riequilibrera` poi il tutto, perche forse convinto anche
lui che toccava agli italiani fare lazione di equilibrio e di incastro , come dira`
Alfrink, in cio` confermato da Siri: E` vero, labbiamo sempre fatto (p. 194).
Interessante e` pure il rendiconto della riunione, a Santa Maria dellAnima, dei
grandi personaggi del Concilio, a cui Giovanni XXIII fece invitare lo stesso Siri
(p. 193), il quale aveva una sua posizione propria anche sul de fontibus revelationis (v. pp. 380s. e 383, circa quel che il Concilio ha rivelato ). Egli voleva
quindi condurre unazione, in seno allepiscopato italiano, in tre direzioni: av-
295
296
per la rivista Renovatio , in opposizione a Concilium , nonche` per il Sinodo Episcopale e la riforma della Curia.
In tutto, peraltro, il Cardinale si tenne lontano dall estremismo tradizionalista (p. 239) ed affronto` londata contestatrice , che invest` pure la Chiesa
(p. 246ss.), analizzandone con cura le cause, e guardando con attenzione a
Paolo VI, a cui in sostanza divenne antipatico cos` Siri: p. 249 nota 10
, in disamore con il Sacro Collegio (p. 250). Il Papa pero`, fatto bersaglio di
polemiche per lHumanae vitae, aveva cominciato a ricredersi sul conto dellArcivescovo di Genova (p. 253), mentre calava, e poi si spegnava, la stella
Costa (p. 255ss.).
E viene La fine (pp. 282-295), ma non senza aver prima tentato, il
Cardinale, una mediazione tra Giovanni Paolo II (che a Genova entusiasmo`
Siri, nonostante qualche osservazione critica : v. p. 290 in note) e Mons.
Lefebvre, e aver considerato lepoca Ballestrero alla C.E.I., il convegno di Loreto, nonche presentato il suo Getsemani. Tale fu anche laccettazione pontificia,
infine, delle sue dimissioni (p. 293). Fu amarissima obbedienza, comera ovvio,
e si puo` intravvedere dalle seguenti parole daddio ai fedeli di Genova: Non
sono io che vi abbandono. Io compio un dovere; obbedisco ... Pertanto non
vogliate stimare la mia una fuga, non lo e`. Non vogliate neppure chiedere se ho
un cuore di pietra. No. Nessuno puo` immaginare che cosa un padre prova,
sopporta, quando deve lasciare la sua famiglia . (p. 293) E` detto tutto!
Il volume, dopo le appendici gia` sopra menzionate, si chiude con gli indici,
dei nomi (pp. 407-414) e dellopera.
297
fermiamo. Piu` acuto deve quindi farsi il nostro spirito critico nel discernimento
del contributo alla storia fondata del Concilio Vaticano II da parte di pur
attenti osservatori , almeno, o anche protagonisti , a modo loro.
Il P. Chenu e` uno di essi e sono sue queste brevi note, un centinaio di
pagine, riferentisi soprattutto alla I sessione (alla II ne sono dedicate appena
10 e altre 10, sia pure in nota, pp. 94-104 riproducono un documento di
Dossetti, nelloriginale e nella traduzione). Le precedono ben 54 pagine del
Melloni, sui diari, chiamiamoli cos` , nella storia del Vaticano II, considerati
come sue fonti (p. 7). E gia` ci sarebbe da distinguere, cos` come per laffermazione della loro grande importanza storico-critica (ibid.). Diciamo subito
che cio` dipende da vari fattori, e soprattutto dallapplicazione, appunto ai
medesimi, dei criteri storico-critici. Che poi tali affermazioni valgano specialmente per un concilio moderno (cos` definito: non riunito attorno alla
professione di fede o per la promulgazione delle decretali dei papi : ibid.) e` da
dimostrare, come da verificare e` la distinzione tra concili ecumenici (non moderni e moderni).
Comunque lattenzione ai diari riguardanti i sinodi non e` cosa nuova
(v. pp. 9 e 10). Il discorso e` qui interrotto dallaffermazione di oblio per
quelli del Vaticano II (p. 9), fatto che riguarda documenti da preferirsi a
quelli obiettivi ed ufficiali , che finora ingiustamente per lA. sarebbero stati valutati, poiche e` chiaro oggi che laffidabilita` critica di queste fonti
(ufficiali) e` interamente da riverificare (p. 10). Lasserzione e` gravissima. Ecco
fatto, in effetti, il salto mortale dallufficiale, svalutato, al privato, che trova
radice nella sfiducia, in fondo, nei piccoli circoli romani chiusi in se stessi e
nella confidenza cieca, piuttosto, sull eco del lavoro di unassemblea multilingue, internazionale, ramificata e numerosa come lo fu lassemblea conciliare
(p. 10). Il tutto ci appare ideologico e preconcetto. In ogni caso varra` subito
affermare che la pubblicazione ufficiale non dipende solo dal Fondo Felici
(?) come sembra affermare il Melloni ma e` frutto della provvida e reiterata
disposizione di Paolo VI (cera infatti chi tirava indietro e voleva conservare per
se` o magari per la propria nicchia, e lo ha fatto lo stesso Dossetti per verbali
delle riunioni dei Moderatori ) di raccogliere tutto cio` che concerneva ufficialmente il Concilio dalle varie Commissioni, Congregazioni ed Organismi. Era
per evitare quella dispersione che caratterizzo`, per esempio, il Vaticano I, in
materia di fonti ufficiali. E anche in questo Papa Montini si mostro` uno
storico , per inclinazione, interesse e previsione ... In questo senso la nota 3
(p. 10) indica incomprensione.
Per difendere il suo punto di vista lA. parla di un cono dombra gettato sui
diari stricto sensu per la loro funzione militante nel dibattito. E, passando
allanalisi piu` approfondita di quel tale oblio, ne sarebbero stati la causa
delleclisse dei manoscritti i libri pubblicati a partire magari da articoli giornalistici, quotidiani o quasi. Segue una tipologia dei diari (pp. 13-23) in cui si
distinguono quelli che includono il Concilio (per es. le agende del Roncalli, prima e durante il Pontificato), o si riferiscono alla sua preparazione (v. gli
appunti del P. Tromp, come esemplare di categoria) o proprio al suo svolgi-
298
mento. Ad ogni modo sembra irenica laffermazione che non sia falso formulare lipotesi di esistenza di un diario per ciascun attore della preparazione
conciliare, fino a prova contraria. Allultimo gruppo appartengono i diari pro
memoria sua . Sottospecie particolari sono poi gli scritti dei leader, dei teologi e
dei laici. Appare comunque eccessiva tale ansia di divisione , di categorie. Ad
quid?
Un altro sottotitolo ( Caratteri e funzioni dei diari: il test dellundici
ottobre 1962 ) raccoglie lulteriore riflessione dellA. circa il passaggio dalla
valutazione astratta del carattere delle fonti a una comparazione concreta, a
proposito dellanzidetto avvenimento particolare, in quella data, dei diversi
approcci e delle differenti percezioni. E` un esempio a cui ci piace aggiungere
una considerazione oggettivante , terra-terra. E ci chiediamo cosa veramente i
vari aspetti dei diari citati apportino al quid conciliare, oggettivo. Cosa vi aggiungono, restando nel tema proposto dal Melloni, per esempio Bertetto, Jungmann, Bartoletti e altri? Dicono cose interessanti, che rivelano il loro punto di
vista, certo, forse anche le loro personalita`, ma cosa toccano dellobiettivo,
del profondo conciliare? Cio` affermiamo perche non si esagerino le prospettive dei singoli (sono poi trionfalistiche se si parla di una giornata storica e
gloriosa ?), il cui pensiero, in alcuni casi, e` presentato in modo fuorviante e non
corrispondente al testo citato (v. Labourdette: p. 35 e un Congar magnifico
nei suoi moti primo primi, e molto meno nelle considerazioni riflesse del
pomeriggio: p. 37ss. e ancora p. 49).
Melloni passa, finalmente, a trattare del diario del P. Chenu (pp. 48-54),
che egli trova tipico e nella media . Esso non e` cioe` voluminoso, analitico o
minuzioso, eppur proviene da un perito privato . Questo fatto dice qualcosa
sulla sua situazione, che apre alla comprensione delle sue caratteristiche (la
stampa e` uno dei protagonisti originali del suo diario, assieme alla conversazione con una folla di personaggi). Due cose emergono dal testo, e cioe` un ruolo
nella formulazione del messaggio al mondo, iniziale, da parte del Concilio, e la
partecipazione al gruppo Volk , ad un certo momento. Per il resto rimane un
po distante, con eccezione del Congar, dai teologi piu` famosi.
Il Melloni riesce bene ad abbozzare il personaggio, a partire dal diario, con
due poli di interesse fissi: lAfrica e lOriente (v. p. 130s., per es.), concludendo,
quasi, con una lunga citazione dal significativo finale: Tout cela ne va pas sans
de multiples conciliabules, ou` il est entendu que passe le Saint-Esprit, par les
causes secondes (et memes les troisie`mes!). Apre`s quoi, il faut une bonne heure
doraison pour rejoindre la Cause premie`re (p. 54). E` ben detto!
Il diario si apre con una certa qual presentazione dei teologi piu` in vista del
Concilio e dei retroscena delliniziale suo messaggio al mondo, nei quali il P.
Chenu ha come si diceva la sua parte, ma ve` da tener presente la testimonianza, diversa, di Mons. Garrone, assieme al P. Congar (v. specialmente
pp. 78 e 79 nota 1, nonche p. 82 nota 3; v. poi p. 129). Si dibatte inoltre sul
rigetto o il miglioramento dei 4 schemi dogmatici (con visione delle due tattiche:
tedesca e francese: pp. 76 e 90, v. pure p. 124: revisione secondo il Card.
Ruffini) e si parla delle elezioni alle 10 famose Commissioni conciliari (con lode
299
300
301
illustrano i retroscena di tanti filoni umani del procedere conciliare . LEpiscopato melchita fece cos` da tessuto connettivo (di alleanza ) tra alcune
tendenze vescovili, che, pur impropriamente, potremmo definire progressiste ,
grazie anche ad alcuni teologi di fama. Esso rivela altres` , nel diario , a suo
onore una bella preoccupazione pastorale (quasi nominatim) per i propri
fedeli (e non solo: v. p. 331) sparsi per il mondo, che trova il suo rovescio nella
preoccupazione (v. pp. 25, 202, 237, 240-242, 243 nota 12, 246, 287, 303, 308309 nota 11 e 314-315: Per finire, sono i sionisti i piu` scontenti ) per limpegno
del Concilio a rivedere i rapporti tra cattolici ed ebrei. Esso peraltro dara`
occasione ad allargare la visione alle altre religioni e allIslam (Nostra aetate).
Di particolare importanza e` comunque la mentalita` patriarcale cos` la
chiamerei (v. pp. 23, 24 e 25: funzione pedagogica , 37 nota 10, 49 nota 28,
159 nota 22, 164, 167, 169, 170-173, 221, 248, 257 nota 24, 260: sulla soppressione del Patriarcato latino di Gerusalemme e 263) che introduce nell Occidente una istituzione storica di grande importanza (la cui esistenza sara`
attribuita dal Concilio alla divina Provvidenza ), anche ecumenica
(v. pp. 38 e 172; e` erronea tuttavia linterpretazione di delega papale per la
potestas apostolica dei patriarchi e dei vescovi, e attribuirla alla Curia Romana,
nonche la pretesa di intravvedere le relazioni future con le Chiese ortodosse,
eventualmente unite, dal trattamento degli Orientali uniati : p. 42 nota
20). Resta infatti lessere in genere i Patriarchi orientali in comunione con Roma
in una situazione patriarcale speciale (v. pp. 24 e 51 nota 31).
Dopo lIntroduzione del Riccardi, che riesce bene ad abbozzare la figura
umana e cristiana di Edelby, inserita nel suo contesto melchita ed arabo, ecco la
Prefazione del Cannelli sul giovane consigliere patriarcale dellanziano Maximos IV Saigh, che si conclude con la importante nota del curatore (p. 26).
Validamente egli descrive le qualita` dello scritto (p. 22), giustamente definito
una narrazione sinodale, una sorta di diario della comunita` melchita . E`
laspetto che anche noi abbiamo particolarmente apprezzato, nellesaltazione
dello spirito sinodale dei melchiti (p. 23).
Il diario inizia puntualmente con la I Sessione e momento culminante ne
e` la riunione in cui si decide sulla strategia del gruppo melchita al Concilio
(pp. 71-72; v. successivamente anche p. 95; per contrappunto v. invece la posizione di Mons. Zoghby: p. 72 nota 65). Nel procedere notiamo qualche sbavatura di giudizio circa i vescovi latini provenienti da oltre cortina di ferro
(p. 47), il primo scacco inflitto alla segreteria, che forse voleva condurre il
concilio a bacchetta , (p. 53, ma di segreteria si tratta?) nel caso di Mons.
Sensi, (il quale, pure in una visione preconciliare, aveva fatto pero` anche giusta
critica alla proiezione in Occidente di concezioni melchite, quindi orientali: p. 69
nota 61) sulla lingua latina (diverso e` laspetto liturgico, da tener presente,
peraltro, per es., il paleoslavo ancora usato in Oriente, a cui non si fa cenno e
quello dellidioma in concilio: pp. 75 e 76), sul fatto che i membri della curia
hanno attaccato i padri del Concilio molto piu` di quanto siano stati attaccati da
questi (p. 98: ma non sono tutti Padri conciliari?) e che non ce` bisogno che il
concilio faccia delle dichiarazioni dogmatiche (p. 100). Vi e` inoltre contraddi-
302
zione tra le affermazioni di pp. 113 e 114 in un linguaggio piuttosto approssimativo per realta` che si dovrebbero trattare con penna acuminata e forse anche
con un po piu` di umilta`. Ma uno storico puo` dirlo?
Ancora qualche imprecisione troviamo in seguito (p. 131: nellinterpretazione di un applauso), pur vicino alla bella descrizione, del metodo ecumenico,
di Massimo IV (p. 134), con applicazione al primato di Pietro.
La II sessione si apre, nel diario, su qualche asperita` di Mons. Edelby in
seno alla Commissione orientale, (v. p. 141, con seguito a pp. 145, 146 e 149)
che ben si conclude, e la costatazione che finalmente i gruppi antagonisti si
comprendono e smettono di accusarsi (p. 155), seppur, quasi subito dopo, si
afferma: Il card. Ruffini e i vescovi italiani nel loro insieme sono contro ogni
idea di collegialita` episcopale ... Cos` lopposizione reazionaria (perche questo
aggettivo?) si delinea di nuovo. La maggioranza progressista e` sveglia (p. 158).
A questo proposito varra` citare una interpretazione (p. 168) dellex sese e non ex
consensu Ecclesiae del Conc. Vat. I, che Edelby riporta con enfasi. Egli pero` si
appesantisce, in queste pagine, con giudizi in cui non manca un qualche spirito
polemico [v. pp. 174-179, 185, 189, 190, 191, (senza menzione dei passi falsi
dei Moderatori si riporta pero` la difesa del card. Dopfner, post factum:
p. 207 e senza avvedersi della incongruenza del suo giudizio sui vescovi
italiani e spagnoli e sulla Curia romana con il risultato delle successive votazioni), 192, 200, 204-205 (doppi pesi e doppie misure per la cooperazione
Dossetti-Rugambwa, per esempio, e quella Ruffini-Siri-Batanian: manovre
ci sono da tutte le parti! Piu` equanime e` il pensiero del card. Tisserant per
il quale se si doveva interrompere il card. Ruffini, si sarebbe dovuta arrestare anche la diatriba che il patriarca Massimo IV aveva fatto alla
vigilia ... : p. 206) e 217].
La III sessione offre ancora lopportunita` di notare la visione melchita su
quello che e` definito il punto cruciale del Concilio, (la collegialita`: p. 237;
v. pure il mutato atteggiamento, ci sembra, circa il gruppo dei conservatori ,
che ne chiese la chiarifica della nozione: p. 281; in ogni caso linterpretazione
della Nota Explicativa Praevia lascia a desiderare: p. 285, e infelice e` la citazione
dellAlberigo nella nota 49) e sugli schemi De Sacra Revelatione [ma si puo`
affermare che mons. Romeo e` il capofila della curia romana dellopposizione
al Concilio ? p. 255 ] e delle Chiese orientali (qui sorprende la posizione
melchita: pp. 271 e 272 note 37 e 38). En passant, le considerazioni sulla rivista
Concilium in Italia ci sembrano eccessive (p. 266), cos` come certe espressioni sul concetto scolastico di peccato mortale (p. 267) e della limitazione delle
nascite (pp. 269-270: tutti si attendono una svolta e 338s.: lettera di Massimo IV al Papa). Anche le espressioni rivolte a Mons. Carli meritano biasimo
(p. 273), ma non sono di Edelby mentre giusta e` la sua considerazione che
al concilio non vi sono ne vincitori ne vinti (p. 286).
La IV sessione offre occasione per rivivere, in parte, il dibattito sulla liberta`
religiosa (con svista per quel che concerne il diritto allesistenza delle religioni
non cattoliche: p. 294), per leggere precisazioni circa lintervento di Mons.
303
Zoghby sulla possibilita` del divorzio in alcuni casi nella tradizione ortodossa
(pp. 302, 304 nota 8: parole del Patriarca, 306 nota 9), e conoscere il pensiero
orientale sul celibato sacerdotale (pp. 308 nota 11, 310: ma e` il Papa che avoco` a
se la cosa, e 312 note 14 e 15), sulla questione della liberta` delle elezioni episcopali (p. 323) e delle indulgenze (p. 328s.: spaventata dallintervento del
Patriarca, la segreteria del Concilio non ha piu` osato riparlarne . E` tipico! Si
veda poi la claque creata ad arte in favore del Card. Dopfner da cui si capisce
linsistere della Presidenza del Concilio affinche si evitino gli applausi). Edelby
approva comunque la condotta del Papa di mantenere lunanimita` dellepiscopato nella carita` . E aggiunge: Vi e` miglior condotta? (p. 333). Si ricorda,
poi, lannuncio della rimozione della scomunica di un tempo contro la Chiesa
di Costantinopoli . A Istanbul, simultaneamente, si fara` altrettanto in relazione
con Roma. Con questa nota significativa si conclude praticamente il diario.
Seguono la lista delle opere di N. Edelby e quella dei principali esponenti
della comunita` melchita al Concilio, nonche lindice dei nomi e della materia.
Per gli errata segnaliamo: al latinisti (p. 57 nota 46); Hevolino (p. 130); valige
(p. 140); Roberts, gia` Arc. di Bombay (p. 174); del grande e piccolo seminario
(p. 282); alla Croce di legno (p. 286). Corrige: ai latinisti; Jervolino; valigie;
Roberts, gia` Vicario Apostolico di Bombay; del seminario maggiore e minore;
dalla croce di legno.
304
metodo: Mi ero ripromesso di non evitare con gli studenti alcuna importante
controversia moderna, ma allo stesso tempo di offrirne una soluzione che fosse
basata su un coscienzioso esame di tutti gli elementi del problema e rispettasse il
piu` fedelmente possibile la Tradizione e il magistero della Chiesa : p. 36) e
quindi Prefetto degli studi, Superiore provinciale, e, finalmente, a Roma, quale
Responsabile della formazione dei futuri insegnanti di filosofia e teologia e
professore del Pontificio Istituto Biblico, di cui diventera` Rettore (IV capitolo)
dal 1930 fino al 1949.
Rimase peraltro insegnante e di tale suo impegno lo Schmidt illustra lo
studio dellantico Oriente, delle sue lingue e delle sue civilta` , il lavoro scientifico dellIstituto e personale ci piace particolarmente sottolineare la convinzione del Cardinale che una recensione deve sempre costituire un contributo al progresso della scienza : p. 52 , la nuova traduzione latina del
Salterio, ed infine due contributi straordinari allinterpretazione della S. Scrittura. Pagando un giusto tributo allopera di Pio XII (che ebbe il grande merito
di raccogliere, approfondendole, le principali istanze nate e cresciute nel mondo
cattolico, soprattutto dopo la prima guerra mondiale, riguardanti la Sacra
Scrittura, lecclesiologia e la liturgia, e pubblico` nel 1943 lenciclica Divino
afflante Spiritu e quasi contemporaneamente la Mystici corporis sulla Chiesa e
quattro anni piu` tardi la Mediator Dei sulla liturgia p. 54 ), lA. ricorda
lapporto che vi diede Bea, la cui figura e` abbozzata, anche dal punto di vista
umano, sotto la seguente significativa qualifica: sempre disponibile (p. 57s.).
Bello ed interessante e` altres` il contenuto del V capitolo, Vattene dal tuo
Paese, dalla tua patria (1949-1959) ; e` in fondo l esci da te stesso indispensabile per diventare veri servitori della verita`, della Chiesa, della umanita`. Fu il
tempo per Bea del suo essere confessore e consigliere di Pio XII, membro (assai
influente) della cosiddetta commissione degli otto , incaricata di preparare la
riforma della liturgia ( essa ha creato, dieci anni prima del Vaticano II, le basi
per la costituzione conciliare sulla liturgia : p. 65) e consultore del SantUffizio,
di cui piu` duna volta, ha lodato la serieta` del metodo e del lavoro (p. 66) e
nel quale era molto stimato (v. p. 67), occupandosi specialmente della Germania e del movimento ecumenico (v. p. 69ss.).
Infine part` senza sapere dove andava (1959-1960) , dopo linattesa morte
di Pio XII e lannuncio di un nuovo Concilio ecumenico. Il 14 dicembre 1959
Bea fu creato cardinale e il 5 giugno successivo nominato Presidente dellappena
istituito Segretariato (e non Commissione: p. 82) per la promozione dellunita`
dei cristiani. A questo riguardo, quasi subito, egli scrisse Sono convinto che il
concilio, pur non essendo un concilio di unione, contribuira` molto allunita` .
Dopo la malattia, e il riposo dAgosto, finalmente il Porporato si rimise al
lavoro. Vi e` quindi una storia, per sommi capi, del progetto del Segretariato
in parola, dapprincipio organismo al servizio del Concilio che prende
avvio dal famoso incidente di Rodi e in cui il Cardinale aveva avuto una
grande parte. In tutto si rivelano i primi segni della straordinaria intesa e
fiducia che esistevano tra il papa e il cardinale Bea (p. 82). E qui entra in
scena un altro personaggio chiave: il Prof. J. Willebrands, nominato provvi-
305
denzialmente Segretario generale del Segretariato. LA. affronta a questo punto il problema delle relazioni con il popolo ebraico . Piace ricordare unaffermazione di papa Giovanni, in questo contesto, al prof. Isaac: io sono il
capo, ma devo anche consultare gli altri, far studiare dagli uffici i problemi
sollevati: Qui non siamo in una monarchia assoluta (p. 84). Bella e` anche la
presentazione dello spirito di Bea, completamente apostolico , per le
anime ( quindi devo fare tutto il possibile per far desiderare loro lunita` ...
ma soprattutto mostrare il mio amore ... ), con interiorita` e forza soprannaturale: Tutti devono vedere che in quello che faccio non ce` desiderio di
potere, non interesse terreno, non semplice attivismo, non routine, bens` autentico spirito di Cristo (p. 85).
Il capitolo VII e` dedicato alla preparazione al concilio sotto il profilo
ecumenico (1960-1962) . I dubbi sul ruolo di Bea vengono lentamente chiariti,
non senza qualche difficolta`, fino ad essere acquisita la possibilita` di stendere
non poche relazioni e schemi di decreti (v. p. 88, anche sul metodo ). I
problemi dipesero altres` dalla maniera di procedere non canonistica di Bea
(non partecipativa, diremmo noi, senza comunicazione, cioe, alla Segreteria del
Concilio degli accordi presi direttamente con il Santo Padre: p. 88) e pure
dal fatto che alcuni argomenti toccavano anche la competenza di questa o
quella commissione preparatoria (ibid.), oltre che della Dottrinale . Si illustrano poi le visite a Roma del Dott. G. Fisher e di vari alti esponenti di Chiese
ed altres` la decisione di inviare osservatori cattolici a New Delhi (con bello
scambio tra Ottaviani e Bea: p. 90s.).
Egli diventa cos` Ambasciatore dellunita` , in una attivita` personale
intesa a sensibilizzare lopinione pubblica della Chiesa per il problema ecumenico (p. 92). Lelenco degli incontri e della collaborazione con i mezzi di
comunicazione sociale per questa attivita` risulta impressionante. Si fecero poi
dei contatti esplorativi, abbastanza ardui, se e come gli altri cristiani desideravano essere invitati (p. 95) al concilio e i risultati iniziali non furono del tutto
soddisfacenti.
Si presentano poi gli schemi conciliari preparati dal Segretariato, nel contesto della problematica soggiacente della relazione con la Commissione dottrinale e di rapporto con le altre Commissioni (anche con quella centrale preparatoria), nonche il contributo di Bea in questultima.
Lecumenismo intanto fa passi da gigante , (cap. VIII, con incluso
il sottotitolo ulteriori passi da gigante : p. 117ss.) anche perche mentre tutte
le commissioni preparatorie (conciliari) erano state abolite, il Papa aveva stabilito esplicitamente che il Segretariato doveva conservare la stessa struttura
della fase preparatoria con i propri membri e consultori (p. 103). Per gli osservatori delegati lA. illustra la presenza e il lavoro , (p. 104, v. altres`
p. 115s.), mentre si giunge allapprovazione dei principi dellecumenismo da
parte del Concilio con unanimita` morale (nel 1962). Vi e` qui un punto da
rilevare: Bea e i suoi collaboratori erano convinti che tutti i temi del concilio
avessero una dimensione ecumenica (p. 107). Questo si puo` concedere, anche
306
se dobbiamo aggiungere che non tutti avevano direttamente finalita` ecumenica e che andava rispettata anche la verita` cattolica . LA. analizza poi la
proposta del Card. Cicognani di fusione di tutti gli elementi ecumenici contenuti nei tre (relativi) schemi .
Si tratta, in seguito, del significato per lecumenismo della morte di
Giovanni XXIII e dellelezione di Paolo VI (che sincontrera` a Gerusalemme
con il Patriarca Atenagora) e ancora de linfaticabile ambasciatore dellunita` , nonche de la chiesa mobilitata al servizio dellunita` , con analisi del
procedere conciliare e anche degli interventi pontifici che Bea considero` come
un diritto del Papa (p. 114). Buona analisi e` dispiegata pure per il segreto
del successo del Cardinale (p. 123s.), anche se non troviamo esatto chiamare
Giovanni XXIII il Papa del Concilio . Forse che non lo fu anche Paolo VI?
(v. p. 124).
Nel cap. IX si affrontano di nuovo le relazioni della Chiesa con gli ebrei
assieme a quelle con le religioni non cristiane. Ricordiamo che nel giugno 1962
la Commissione centrale preparatoria aveva respinto il relativo schema ebraico , togliendo addirittura, momentaneamente, questo tema dal programma del
Concilio. Fu una dura sconfitta per il Cardinale! Ma la sua strategia rimase
salda, circa la denuncia dellantisemitismo, anche se il pensiero dello stesso
Giovanni XXIII rivela ancora la necessita` di chiarire e maturare la questione
(v. p. 126). Si andava comunque avanti con nuovo coraggio (ibid.), procedendo nella rinnovata discussione conciliare, con molta fatica intorno a un
breve testo (p. 129). Non mancarono le sorprese, venne la bufera (dicembre
1964-settembre 1965: si elimino` perfino il termine deicidio , fonte di malintesi;
in effetti la cosa che nel testo anteriore si voleva esprimere con tale parola si
trovava completamente ed esattamente nel nuovo testo) e poi una grande
bonaccia (autunno 1965).
Il cap. X e` dedicato invece alla liberta` religiosa (una delle richieste del
Consiglio Ecumenico delle Chiese), alla prima discussione in materia, alle prime
difficolta`, a Bea suo ambasciatore , fino alla vittoria (p. 142; se fossimo
lA. avremmo usato tale parola almeno tra virgolette). Notiamo, en passant, a
proposito di quanto precede, limportanza della precisa ricostruzione del III
periodo conciliare (v. p. 142) e del ruolo riconosciuto alla Commissione dottrinale, dopo limpegno di quella mista. Si giunse cos` alla quinta rielaborazione ...
e poi allapprovazione, finalmente (p. 143), con solo meno del 3% di voti negativi. Conclude il tutto un giudizio, sul contributo, al riguardo, del Cardinale
Bea (p. 143s.: egli fu una garanzia ), di Pavan e di Mons. Willebrands, nella
lenta maturazione di un tema che in gran parte non era ancora assimilato nella
Chiesa (p. 144).
E siamo agli ultimi tre anni: lincredibile sviluppo dellecumenismo e la
ricca messe di pubblicazioni (1965-1968) , articolati intorno al dialogo con le
comunita` ecclesiali (comunione anglicana, comunita` di tradizione riformata e
metodista, con le Chiese orientali non calcedonesi troviamo inesatta laltra
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metodi di lavoro del concilio . Accettiamo pure come valide le successive seguenti considerazioni: A nessuno dei Padri sarebbe venuto in mente di vedere
in questo testo una rivoluzione, che avrebbe significato la fine del medioevo, come nel frattempo alcuni teologi hanno ritenuto di dover interpretare. Il
tutto, poi, era visto come una continuazione delle riforme avviate da Pio X e
portate avanti con prudenza, ma anche con risolutezza, da Pio XII ... Cio`
comportava naturalmente anche il superamento di alcune tendenze della liturgia
barocca e della pieta` devozionale del secolo XIX, promuovendo una sobria
sottolineatura della centralita` del mistero della Presenza di Cristo nella Sua
Chiesa (p. 87s.). In questo contesto aggiunge il Cardinale non sorprende che la messa normativa, che doveva subentrare allOrdo missae precedente,
e di fatto poi vi subentro`, venne respinta dalla maggioranza dei Padri convocati
in un sinodo speciale nel 1967 (p. 88). Varra` peraltro aggiungere che vi
subentro` con modifiche rispetto a quella in precedenza mostrata , proprio
per tenere conto del giudizio di detti Padri.
Di scontro drammatico parla invece lA. nella discussione (seconda eccezione al suo silenzio, dunque) sulle fonti della rivelazione (ibid.). A questo
proposito, sul metodo storico-critico dellesegesi biblica, che aveva trovato un
suo posto stabile anche allinterno della teologia cattolica , il Cardinale afferma
che di per se questo metodo, per sua stessa natura, non tollera alcuna delimitazione a opera del magistero autoritativo ... Di conseguenza anche il concetto
di tradizione era divenuto problematico . E conclude: Con questo testo (conciliare) era quindi in discussione tutto il problema dellesegesi biblica moderna,
ma soprattutto la questione di come storia e spirito possano rapportarsi e
comporsi nella struttura della fede (p. 89).
Per il Cardinale si rivelo` determinante una presunta scoperta storica, del
teologo J. R. Geiselmann, degli anni Cinquanta, circa il testo finale del Concilio
di Trento, in cui l in parte-in parte , di Scrittura e Tradizione, rispetto alla
Rivelazione, sarebbe stato sostituito da e. Geiselmann ne deduceva che Trento aveva voluto insegnare che non esiste alcuna divisione dei contenuti della fede
tra Scrittura e Tradizione, da cui si traeva la conclusione della completezza
materiale della Bibbia nelle questioni di fede. Ma tale formula che era
considerata nuova si svincolo` ben presto dal suo punto di partenza, che
era linterpretazione del decreto tridentino e se ne trasse la conseguenza che la
Chiesa non potesse insegnare nulla che non fosse espressamente rintracciabile
nella Sacra Scrittura (ibid.). E dato che interpretazione della Scrittura ed
esegesi storico-critica venivano identificate, cio` significava che la Chiesa non
poteva insegnare nulla che non reggesse alla prova del metodo storico-critico
(p. 90). Le ultime conseguenze? La fede doveva ritrarsi nellindeterminatezza e
nella continua mutabilita` di ipotesi storiche o apparentemente tali . Ci costa
giungere a tali conclusioni, che pur sono logiche. Naturalmente il Concilio
dovette opporsi a teorie cos` formulate, ma nellopinione pubblica ecclesiale ...
la parola dordine della completezza materiale, con tutte le sue conseguenze,
era ben piu` forte del testo finale del Concilio .
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311
e tra i teologi uno stato danimo sempre piu` agitato. Sempre piu` cresceva
limpressione che nella Chiesa non ci fosse nulla di stabile, che tutto puo` essere
oggetto di revisione. Sempre piu` il Concilio pareva assomigliare a un grosso
parlamento ecclesiale, che poteva cambiare tutto e rivoluzionare ogni cosa a
modo proprio. Evidentissima era la crescita del risentimento nei confronti di
Roma e della Curia, che apparivano come il vero nemico di ogni novita` e
progresso. Le discussioni conciliari venivano sempre piu` presentate secondo
lo schema partitico tipico del parlamentarismo moderno ... Era in atto un
processo ancora piu` radicalmente profondo: Se a Roma i vescovi potevano
cambiare la Chiesa ... perche solo ai vescovi era lecito farlo? ... Ora si sapeva
che il nuovo che i vescovi sostenevano, lo avevano appreso dai teologi ... ( e cio`)
creo` una nuova consapevolezza: essi cominciarono a sentirsi come i veri rappresentanti della scienza e, proprio per questo, non potevano piu` apparire
sottoposti ai vescovi (p. 98). Raramente ci e` stato dato di leggere unanalisi
cos` chiara del Concilio e del postconcilio! Pure il seguito risulta oltremodo
attuale: Dietro questa tendenza, poi, dietro il predominio degli specialisti, si
percepiva gia` qualcosa daltro, lidea di una sovranita` ecclesiale popolare, in cui
il popolo stesso stabilisce quel che vuole intendere con il termine Chiesa, che
anzi appariva ormai chiaramente definita come popolo di Dio. Si annunciava
cos` lidea di una Chiesa dal basso, di una Chiesa del popolo, che poi,
soprattutto nel contesto della teologia della liberazione, divenne il fine stesso
della riforma (p. 99). Il cerchio e` chiuso, siamo alloggid` .
Di fronte al cambiamento che si era prodotto nel clima ecclesiale e che
oramai era sempre piu` evidente, il giovane teologo di allora provava una
profonda inquietudine che lo porto` ad agire sulla linea che ora ha trovato la
sua pienezza, allo scoccare dei suoi 70 anni, l adesso di una vita .
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o il progressismo , dellintrodurre brillante dei teologi cosiddetti davanguardia e del loro magistero al Magistero, dellinterpretare lindirizzo pastorale
ed ecumenico soprattutto di Giovanni XXIII . Potremmo continuare, ma ci
fermiamo. Piu` acuto deve quindi farsi il nostro spirito critico nel discernimento
del contributo, alla storia fondata del Concilio Vaticano II, da parte di pur
attenti osservatori , o anche protagonisti (v. per es. pp. 216 nota 64 e 272
nota 38 della presente pubblicazione).
Eppur per questi carnets si dovra` fare unaggiunta nel senso di attenzione
ed attendibilita`, anche se sono molti i si dice e i sembra considerato il
ruolo centrale avuto dallAutore nella storia degli schemi conciliari, particolarmente di quelli riferentisi alla Chiesa (Lumen Gentium e Gaudium et Spes).
In tale prospettiva ricordiamo qui altre due pubblicazione, e cioe` l Inventaire des Papiers conciliaires du Cardinal L.-J. Suenens (par L. Declerck et
E. Louchez), Publications de la faculte de Theologie Louvain-la-Neuve, 1998,
Cahiers de la Revue Theologique de Louvain, n. 31, e Emiel-Jozef De Smedt,
Papers Vatican II. Inventory , Leuven 1999, mentre siamo in attesa ormai
dellinventario delle carte di Mons. Philips, sempre nel polo della presenza della
squadra belga come la si defin` , una volta . Non dovremmo inoltre
attendere molto nemmeno lo speriamo ardentemente per avere nelle
nostre mani altri Ricordi importanti di personalita` assai rappresentative
del Concilio (pensiamo per es. a Mons. Felici). Tutto questo ci dice che non
mancano i presupposti per un nuovo tornante di storia dei diari conciliari.
La lettura di questo, intanto, non si presenta facile, anche per passaggi
subitanei da uno schema ad un altro, mentre Charue si rivela pure appassionato , soggettivo , non sempre equanime e con preconcetti evidenti verso
coloro che pensano diversamente da lui. Traspare infatti dal suo diario molta
animosita` e sensibilita` nei confronti diciamo dei conservatori e di Mons.
Felici stesso. Forse sara` stato anche reciprocato ... Egli, cioe`, rimane un po
troppo uomo di parte (quanti giudizi e pregiudizi!). Al tempo stesso pero` sono
abbastanza numerose le sue elevazioni spirituali a Dio, anche se non certamente
cos` frequenti come nel Giornale dellanima di Papa Giovanni, per esempio.
Vi predomina il Deo gratias .
Inoltre il diario rivela il particolare interesse dellantico Vescovo di Namur, per la collegialita`, la divina rivelazione, lo schema XIII (circa la cultura,
specialmente) e per le questioni connesse con la mediazione mariana e lesenzione, in senso largo, (capitolo speciale nella Lumen Gentium) dei religiosi. Su
questi temi la conoscenza storica progredisce grazie al diario , pur con i
dovuti distinguo .
Essi riescono bene ad abbozzare la personalita` di Mons. Charue, con riverbero su quella di Mons. Philips, che Paolo VI loda di fronte allA. (v. p. 211),
e appare in tutto il suo lavoro fondamentale e decisivo, quasi ad ogni pagina. Il
riverbero passa quindi si capisce alla famosa Commissione teologica
(chiamata pure, sempre dallA., Commissione dottrinale o De Fide), di cui
Charue diventa il Vice-Presidente in data 2 Dicembre 1963. Dai carnets
risulta altres` la difficolta` dellA. da qui lo stile telegrafico di mantenere
il proposito di scrivere le sue Note (v. pp. 214, 221s., 265, 278 nota 53, e 283
313
nota 60), che in parte (minima) sono stese post factum (v. p. 278 nota 53; noi
toglieremmo pure il probablement degli editori, rilevando anche qualche
aggiunta e correzione). Cos` lA. non ha scritto niente sulla II sessione conciliare, ne durante il mese di Novembre del 1964.
Lintroduzione (di C. Troisfontaines) precede il testo. Essa si articola attorno alle seguenti scansioni: il quadro di vita a Roma durante il concilio (Sitz
im Leben) ; il contenuto del Diario (non condividiamo comunque alcune
deduzioni del Troisfontaines, specialmente quelle relative alla settimana nera
come egli ancora la chiama, ingiustamente e alla Nota Explicativa Praevia, anche perche il testo di Charue e` quasi silenzioso al riguardo: p. 15s.); il
ruolo di Mons. Charue al concilio e qualche (sua) caratteristica caratteriale :
serieta` e giovialita`, ad un tempo, timidezza ma anche audacia, fermezza ed
altres` volonta` dascolto ... pieta` profonda e fedelta` alla Chiesa , ecc. (p. 23).
Segue la presentazione generale e il testo stesso.
Siamo grati a Mons. A.M. Leonard daver incoraggiato e autorizzato la sua
pubblicazione e a L. Declerck e C. Soetens per la trascrizione e lannotazione
fatte con cura. La ricerca sul Vaticano II continua, dunque.
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315
noi ben identificata anche nel tempo successivo e che trova conferma nella
Storia del Concilio Vaticano II diretta da Alberigo, che vi si identifica. Essa
creera` delle tensioni allinterno stesso del nucleo centrale della Commissione e in
relazione allo stesso Philips (p. XXXVI; si fa il nome di Congar). Infine lo
spezzare una lancia a favore del Prignon (p. XXXVIII), da parte del Grootaers,
sullonda del medesimo Congar, non ci trova consenzienti. Il tipo Prignon e`
ben diverso da quello Philips.
AllIntroduzione segue la Nota sugli Archivi conciliari di G. Philips da
parte di L Declerck e W Verschooten (pp. XXXIX-LIII), con descrizione del
loro stato e della loro importanza, per quel che riguarda il De Ecclesia il
testo e` tributario di due tendenze e di due terminologie gli scrive Mons. Heuschen , nel corso delle varie sessioni ed intersessioni (p. XLIIss.), il De Revelatione (p. XLIVs.) e il De Ecclesia in mundo huius temporis (p. XLVIs.).
I curatori, infine, presentano il loro modo di procedere per la classificazione
delle carte del Philips, seguendo il principio cronologico, come dicevamo
sopra ma anche quello tematico, per certe cose. Al fine di stabilire la cronologia dei documenti essi hanno utilizzato parecchie opere sulla storia del Concilio. A noi dispiace scientificamente, comunque, che gli Acta Synodalia ufficiali,
curati da Mons. Carbone, siano stati messi al secondo posto. Per le altre opere
citate sono ben noti i nostri punti di vista critici. Vengono poi una bibliografia
sul lavoro conciliare del Philips e alcune precisazioni tecniche, fra le quali e` da
tener presente la scelta di non uniformizzare le formule impiegate nei documenti e lortografia. Molto utile ed importante risulta infine quanto appare
raccolto tra parentesi (rotonde, quadrate e grafe) nel corso dellopera. Utilissimo, al termine, come si puo` ben capire, e` lindice dei nomi (pp. 249-260). Per gli
errata abbiamo notato da correggere solo parole che si trovano nei documenti
n. 388, 407, 995, 1017, 1469, 2563, 2585 e 2665 e il titolo, De Populo Deo, di
p. 93. Buona lettura!
316
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Il volume termina con gli indici, onomastico (pp. 271-278) e della materia,
mentre, dinizio, vi si presenta una prefazione del Vescovo di Liegi, Mons. A.
Jousten, che precede una introduzione di C. Troisfontaines, con evidenti limiti
di analisi (vedi pp. 12, 15s. e 20), e una nota circa ledizione. Da essa traggo una
comparazione di Declerck e Haquin che mi pare importante, vale a dire:
(Mons. Prignon) era piu` saggio e moderato di Suenens, meno ottimista e
piu` critico che De Smedt, meno catastrofico di Moeller, severo che Delhaye e
appassionato di Congar (p. 24). In ogni caso ve` in lui una certa radicalita` ,
specialmente su certi argomenti. Ora lo conosciamo meglio, comunque, e con
questo volume il personaggio esce certo dallombra, se ve nera prima immerso.
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Varra` anche dire che oltre la Corrispondenza di cui sopra (pp. 183-244),
edita sugli originali ad opera di Vilma Occhipinti (p. 7), nel libro si ripubblicano (appendici: pp. 245-279), fra laltro, quattro articoli apparsi su LOsservatore Romano , a firma di P. Betti, tre dei quali concernenti il primato del
Vescovo di Roma e riguardanti materia, dunque, legata al dibattito conciliare.
Ma su di essi non si posera` la nostra attenzione critica, naturalmente. Lultima
appendice e`, poi, la bibliografia dellA. (pp. 275-279), a cui segue lindice
generale, ma non quello dei nomi, ed e` mancanza sentita dal ricercatore.
Le note del diario riguardanti il Concilio (v. anche lappendice prima,
pp. 247-252, sulla Dei Verbum) risultano essere due per il 1962, poche per lanno
1963 (pp. 16-27), abbastanza abbondanti per il 1964 (pp. 28-61) e piu` ridotte
per lanno 1965 (pp. 62-84).
A proposito di tali note conciliari ci permettiamo alcune osservazioni e
qualche richiamo che ci sembrano utili, iniziando con il Concilio (visto) anche
come una scuola che vale piu` dogni altra finora frequentata o tenuta. Pensare
di non avere piu` niente da imparare sarebbe come congelare la propria intelligenza, metterla in pensione per invecchiamento precoce (p. 28).
Orbene di tale scuola il P. Betti ci fornisce specialmente qualche lezione
in tema di collegialita` e di Tradizione , nel contesto della formazione della
Lumen Gentium e della Dei Verbum, rispettivamente. Dalle note risulta evidente
un lavorio di tutti (v. commento a p. 90), meglio, per es., che in quelle del
Congar. A questo proposito il suo ruolo ci appare delineato piu` obiettivamente
per quanto riguarda il contributo alla stesura di alcuni testi, mentre in ritiro,
rispetto ad altre visioni, e` quello di Philips. Naturalmente pero` e` posto piu` in
evidenza il ruolo del P. Betti (e di Mons. Colombo), cosa umana, con ritorno
qui a quella questione di fondo sui diari che gia` in precedenza proponevamo,
con conseguente necessita` di controllo incrociato fra di loro e di sottomissione di tutti agli Acta ufficiali del grande Sinodo (citati solo a p. 249, per averne
il testo di Mons. Florit).
Un po una delusione e` quanto scrive il P. Betti sulla Nota Esplicativa
Previa, poiche egli si limita ad... annunciarla (p. 59). Qualche rudezza appare
poi nei confronti del Coetus internationalis Patrum e di Mons. Carli (p. 68),
allombra (?) del S. Uffizio (p. 54), con cenno a lettera del Card. Cicognani
al riguardo, ma che pero` valeva, in fondo, come disapprovazione di tutti i
comitati (ib.), e ce ne furono...
Ci piace concludere con un giudizio magnanimo dellA., a proposito di un
suo antico maestro, il P. Damiano Van den Eyden, che molto gli insegno`
(p. 141). Ma aveva un difetto piu` istintivo che riflesso: il paternalismo sostenuto da autosufficienza quasi universale, e colorato anche da un certo antiitalianismo impertinente. Ma nessun difetto conclude il P. Betti e` capace
di distruggere una sola qualita`. E in lui di qualita` ce nerano tante (p. 142). E`
questa una parola di consolazione anche per noi tutti, e non solo per quel che
riguarda il Concilio e chi ne fu protagonista umano, oltre leterno e Santo
Spirito che conduce la Chiesa nel corso dei secoli.
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diremmo , innamorato della poverta` e della liberta`, con vivissimo zelo per
lunita` dei cristiani e quello che ritiene essere la verita`.
In ogni caso varra` ricordare il sentimento degli esperti che, come Congar, propongono ai Padri delle varie Commissioni conciliari un testo soggetto
alla loro discussione, e poi a quella dellAssemblea conciliare, con successiva
revisione e proposta al voto, e formulazione dei modi e dellexpensio modorum,
ecc., senza contare la lettura e la valutazione papale.4 Albergano, dunque, una
certa frustrazione, vari rimpianti e dispiaceri, nel Congar: 5 per parecchie sue
impotenze e delusioni nellazione, anche se egli afferma che questo Concilio
sara` stato largamente quello dei teologi ,6 seppur considerando, da parte loro,
rispetto alle proposte dei Padri, le necessarie mediazioni: 7 je trouve quactuellement trop de theologiens, chez nous, semblent oublier que nous sommes lEglise (pp. 473II e 481II).
Proprio per la considerazione di tali costatate impotenze , ci sembra
dunque peccare per eccesso quanto lA. attesta circa il suo contributo ai testi
conciliari,8 cosa che del resto ha notato pure Mahieu nella sua introduzione
(v. p. LX), sottolineando la difficolta` di valutare linflusso, pur innegabile, di un
teologo sul Concilio. Francamente detto, mi sono tornate alla mente, in questo
caso, le Parole ad un amico , del Mahatma Gandhi: a quanto pare, non
sappiamo sottrarci alla tentazione dellesagerare .9 E` emblematico, in ogni
modo, lammonimento: zitti (voi teologi) che sono i Vescovi a decidere
(p. 445II). Pur in espressione abbastanza scortese lordine illustra bene la realta`.
I vescovi si servono, cioe`, nellacceptio rerum sinodale, dellapporto dei
teologi, ma non sono questi ultimi a fare il Concilio , come sembrerebbe
qualche volta far capolino nello scritto qui esaminato. A questo proposito ce`
perfino un lapsus freudiano (v. pp. 457II e 501II). Certo e` pero` che il contributo
maggiore congariano e` andato ai testi Ad gentes e Presbyterorum Ordinis .10
In ogni caso e` apprezzabile che Congar sia cosciente di consegnare allo
scritto cio` che conosce della piccola storia , in vista di quella piu` grande
(p. 72). Ma e` piccola storia , la sua, molto interessante, anche per i giudizi
4
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dellA. su vari personaggi conciliari. Inizieremo proprio con quelli sui Pontefici
Romani, sebbene per noi, spesso, non equanimi, dilatando lo sguardo a quelli
del passato piu` prossimo citati nel diario.
Giudizi su Pontefici romani
Cito qui solo, dinizio, tralasciando pur interessanti cenni a significativi
pontificati anteriori, quelli di Pio IX,11 piccolo e catastrofico , che niente
ha voluto comprendere della verita` della storia , e di Pio XII,12 dal regime
soffocante , diplomatico .
Vorra` invece trattenerci di piu` sui Papi conciliari , cominciando da Giovanni XXIII, con giudizio a pendolo, su di lui. Il tono e` dato subito con una
lunga disanima in cui prevale la delusione, poiche i suoi gesti e le sue parole
erano estremamente simpatici , mentre le sue decisioni, il suo governo,
smentivano in buona parte cio` che aveva suscitato speranza (pp. 5-7). Ve`
inoltre un suo peccato originale, per quanto riguarda il Concilio,13 laver concepito cioe` le Commissioni conciliari in corrispondenza con le congregazioni
romane ,14 a cui si aggiungono altri rilievi critici,15 il piu` grave dei quali consiste
nel fatto che il concilio non fu mai veramente concepito e diretto .16 Orbene
non ve` chi non veda lestremismo di tali affermazioni anche se, in altri momenti, sempre nel suo diario, lA. manifesta apprezzamento per la persona e lopera
di Papa Roncalli.17
Pure a pendolo sono i giudizi congariani su Paolo VI, che lo ricevette in
udienza (v. p. 113II). Si passa, cioe`, dalle lodi iniziali ( un uomo superiormente
intelligente e informato. Fa una profonda impressione di santita`. Riprendera` il
programma di Giovanni XXIII : p. 385) alla fatica di seguirlo nelle decisioni
concrete relative al Concilio,18 anche per linflusso negativo (v. pp. 373 e 537s.) di
Dossetti e pure di Alberigo.19 Lo stesso Philips lo vede autoritario (p. 278II),
mentre il P. Bouyer considera il Papa aperto allecumenismo.20 Congar, comunque, pure lo loda, a tale proposito, in altre occasioni.21 Peraltro il Papa
appare non avere, sul piano ecclesiologico, la visione teologica che chiamerebbe la sua apertura. E` troppo legato a una visione romana (p. 118II),
11
322
giudizio confermato dal pensiero che egli non ha lecclesiologia dei suoi
grandi gesti ecumenici .22
Continuano ad essere pendolari, pero` in crescendo, e verso il meglio, anche
le valutazioni del Congar su colui che sara` piu` tardi Giovanni Paolo II. Il futuro
Cardinale Karol Wojtya, quando era ancora Vicario Capitolare di Cracovia, gli
sottomette [infatti] dei testi da lui redatti e che sono assai confusi, pieni dimprecisioni, ovvero di errori e malformazioni. Ma scrive sono contento
dentrare in contatto con lEpiscopato di Polonia (p. 464), sul quale lAutore
da` giudizi piuttosto negativi per il fondo nazionalista .23 Mons. Karol Wojtya [peraltro] e` a favore di un De populo Dei in cap. II, prima del De s. Hierarchia (da` ragioni). Cio` domanda una nuova rielaborazione del cap. I, in parte
quel che mi aveva sottoposto, ma corretto (p. 488). La nostra citazione e` un
riassunto dellintervento in aula di Mons. Wojtya, fatto dal Congar, come era
sua abitudine, per un certo tempo, durante i vari discorsi dei Padri.
La cosa cambia, almeno in parte, con il giungere del progetto polacco di
schema XIII, ripreso tenendo conto delle osservazioni dei Padri conciliari .
Essi lhanno concepito e redatto in funzione della loro situazione in una societa`
comunista . Mons. Wojtya ne legge linizio e fa conoscere le articolazioni
successive. E` concepito e redatto scrive il Congar dal punto di vista della
Chiesa stessa, che formula i suoi principi e da` le sue giustificazioni. Si trova che
bisognera` tener conto di tutto cio`, ma questo testo, privato, non puo` prevalere
come base delle nostre discussioni, su quello che e` stato elaborato per mandato
della commissione mista (p. 309II).
LA. riprende successivamente il suo dire: e` un testo ben costruito, ma che
dichiara dottrinalmente i principi e le giustificazioni della Chiesa. Il testo non
parla per niente agli uomini... E` piu` di Pio XII che di Giovanni XXIII
(p. 311s.II). Sempre sul tema anzidetto, Mons. Wojtya fa alcune osservazioni
di una estrema gravita` (sullinsieme del capitolo II). Si considerano solamente,
egli dice, le questioni poste dalla nuova situazione del mondo descritta al cap. I;
ma questo mondo moderno da` anche delle risposte a tali questioni. Ebbene
bisognerebbe rispondere a queste risposte (p. 312II). Congar nota: Wojtya
fa una grandissima impressione. La sua personalita` simpone. Si sprigiona da
essa un fluido, un attirare, una certa forza profetica calmissima, ma irrecusabile... Danielou sembra essersi gia` proposto: dovra` redigere qualcosa con Mons.
Wojtya. Ma, alla pausa, quasi tutti gli esperti dubitano che Danielou, rapido e
superficiale, sia luomo adatto a cio` ... Mons. Wojtya dice che a sua avviso non
si e` marcata a sufficienza la dimensione soteriologica o salvifica (ibidem; v. anche p. 313s.II).
In seguito Mons. Wojtya legge lunghi capitoli del testo di Cracovia (ora
Congar cos` chiama quello prima detto polacco ). Si reagisce a questo ri22
p. 269II; v. anche pp. 274II, 279II: anzi una teologia contraria , 514II, 291II ne la
teologia, ne la struttura intellettuale dei suoi gesti , 388II e dei suoi messaggi e 99II
bisognerebbe [avere invece] una ecclesiologia... come comunione di Chiese .
23
p. 575; v. pure p. 480s.II: un popolo a parte con cui e` difficile intendersi. Hanno le
loro idee e non cercano dintendersi con nessuno .
323
e 532II.
33
324
Giudizi critici o negativi, che per alcuni giungono ad essere molto pesanti,
sono espressi, e anche qui non ci prefiggiamo la completezza nei confronti
di Padri conciliari che indichiamo di seguito in ordine alfabetico, per comodita`
del lettore: Agagianian; 34 Batanian (v. p. 523s.); Bea; 35 Browne; 36 Carli
anti-collegiale ; 37 Cicognani; 38 De Smedt; 39 Dopfner (246II) con il
suo riduzionismo ; Fernandez, Maestro dellOrdine dei Frati Predicatori
(Domenicani); 40 Franic; 41 Gori (v. p. 135II); Heenan; 42 Jaeger (v. p. 343II:
incapace ); Larraona; 43 Lokuang; 44 M. Lefebvre (v. pp. 77 e 433II); Marella
(v. p. 585); Marty; 45 Ottaviani; 46 Parente; 47 Peruzzo (v. p. 160); Roberti
(v. p. 506II); Ruffini; 48 Samore (v. p. 179); Sigaud (De Proenca, v. p. 447);
Siri; 49 Tardini; 50 Tisserant; 51 Vagnozzi; 52 Veuillot (v. p. 512II); Vilnet
(v. p. 481s.II) e Weber (v. pp. 98 e 170).
Un posto a parte, fra coloro che sono criticati, anche con durezza e ingiustamente dal P. Congar, spetta al Segretario generale del Concilio Ecumenico
Vaticano II, Mons. Pericle Felici.53
Ricorderemo qui anche gli strali dellA. diretti al S. Ufficio,54 alla Curia
romana,55 ai Nunzi apostolici,56 ai papisti ,57 agli integristi ,58 alla mino34
325
ranza conciliare,59 ai vescovi orientali in genere (v. p. 247) e al Coetus internationalis Patrum.60
Tra gli Episcopati, lA. critica, fra laltro, quelli francese 61 e tedesco.62
A conclusione di questa parte della nostra ricerca presentiamo coloro, fra i
Padri conciliari, che, a nostro giudizio, hanno suscitato in Congar mixed
feelings , citandoli pure in ordine alfabetico, e cioe`, fra gli altri: Ancel; 63 Bertoli
(v. p. 272); Charue (v. p. 101II); Colombo; 64 Florit (v. pp. 407 e 67s.); Leger; 65
Lercaro 66 e Rugambwa (v. p. 523).
Giudizi su Teologi presenti al Concilio
Pure in questo caso distribuiamo in tre categorie i teologi ufficiali e non
(v. p. 422II) che considereremo, vale a dire coloro, indicativi, i cui rapporti
diciamo cos` con il P. Congar (come risultano dal diario) sono negativi, di
rigetto, fino quasi al disprezzo, o invece ben valutati. Indicheremo altres` la
categoria, gia` utilizzata, di chi suscita mixed feelings , senza addentrarci, pure
qui, nelle sfumature.
Cominciamo dallapprezzamento, includendo in questa categoria, i seguenti
teologi, in ordine alfabetico, per facilitare la eventuale ricerca di confronto da
parte del paziente lettore: Aubert (v. p. 230); Benoit; 67 Chenu soprattutto; 68
Cottier (v. pp. 394 e 120II); de Lubac; 69 Ferrari Toniolo (v. p. 387); Hamer
(v. p. 169II); Jedin (v. pp. 163 e 584); Lambruschini (v. pp. 527 e 163II); Le
Guillou (v. p. 169II); Lebret (v. pp. 125II e 131II); Medina; 70 Meersseman (v. p. 513II); Moeller; 71 Onclin; 72 Philips; 73 Prignon; 74 Ratzin59
60
61
62
63
64
V.
V.
V.
V.
V.
V.
pp. 466, 573, 153II recalcitranti come bambini , 361II, 391II e 464II.
pp. 189II, 317II e 433II.
pp. 191II, 324II, 439II, 442II piu` mistici dei tedeschi , 451II e 481II.
pp. 83II e 482II.
pp. 237, 102II e 191II.
pp. 83, 42II con errata predizione , 153II, 178II, 279II, 411II, 427II, 436II e
495II.
65
V. pp. 161, 197, 276, 341ss., 344, 357, 426 contro Suenens e 66II.
V. pp. 138, 303s. e 362II.
67
V. pp. 123II, 125II e 127II.
68
V. pp. 590s., 64II, 128s.II sua cooptazione , 131II e 263s.II sensazionale .
69
V. pp. 21s., 573, 145II e 253II.
70
V. pp. 41II, 54II, 253II e 489II.
71
V. pp. 335, 54II, 68II, 360II, 493II e 519s.II.
72
V. pp. 73II, 478II, 481II, 497II e 505II.
73
V. pp. , 68, 92s., 151s.,156, 188 testo Philips , 318s., 330, 333, 335, 339s, 343, 398,
513, 537, 549 provvidenziale, assume tutto , 567 e` pero` molle , 576, 583, 55s.II, 57II non
si cerca la vittoria di una scuola (teologica) come tale 72II, 117II, 130II, 148II sostituisce
Haring , 220II pacificatore e chiarificatore , 227II, 242II quasi senza esame si segue
Philips , 275II non da zero si parte , 283II utilizza largamente il testo antico del De
Ecclesia , 359II fa cio` che vuole , 360II decisivo , 412II, 454II, 465II, 489II, 510II
colui che ha lavorato di piu` , ed inoltre pp. 186s.II Philips accetta raccomandazione e
modi del Congar e 230II.
74
V. pp. 335, 54II, agente di Suenens e 73II.
66
326
327
mann; 95 Journet; 96 Jungmann (v. p. 533II); Lecuyer (v. p. 249s.II); Maccarrone; 97 Martimort (v. p. 465); Murray; 98 Pavan99 e Rahner.100
Al termine di questa presentazione di teologi, secondo i giudizi espressi nel
diario conciliare del Congar, varra` rilevare la sua lode, pur un po mitigata, ai
Belgi, nel loro insieme, fino a giungere anchegli a chiamare Lovaniense I ,
almeno per la teologia, il Concilio Vaticano II.101 Essi infatti sono ovunque ,102 con una strategia ed una tattica conciliare103 che impongono, in fondo,
allo stesso Congar e alla maggioranza.
Interessante e` infine qui richiamare il rapporto Vescovi-Teologi, sia pure
perfunctorie , come risulta dal diario, dove si esprime fin dal principio un
giudizio negativo nei confronti di un grande numero di Vescovi incapaci ...
daver una visione dinsieme delle questioni e soprattutto dei loro aspetti ideologici e teologici ... In piu` essi hanno talmente perso labitudine di studiare e
decidere da loro stessi! Sono talmente abituati a ricevere le decisioni gia` fatte da
Roma (p. 9 e anche p. 224II). Del resto lo stesso Parente pensava, purtroppo,
che i vescovi fossero dei novizi in queste questioni (p. 348). Eppure i periti
dovrebbero parlare se interrogati (v. pp. 95II e 358II) e lo stesso Congar si
dimostra contrario alla inflazione nel loro numero (v. p. 424), ma non coerente
in questo.
Certo, la ricerca teologica nella Chiesa ha il suo compito e ruolo
(v. p. 340II), ma non quelli esistenti presso i nostri fratelli protestanti, per
esempio (v. p. 467), ne si dovrebbe dire come il Congar che i teologi
hanno fatto il Concilio .104 Invece, giustamente, in seguito egli richiama il fatto
che i teologi non devono dimenticarsi di essere Chiesa (v. p. 469II) e confessa
che se fosse vescovo si porrebbe parecchie questioni, per esempio riguardo al De
Libertate, cos` : chi ha il senso della responsabilita` pastorale [infatti] non deve
vedere senza inquietudine, ne la minaccia delloffensiva delle sette, ne lo sgretolarsi dellassoluto delle convinzioni presso i cattolici (p. 469II; v. altres`
p. 58II). Certamente i rapporti Padri conciliari-periti fu delicato,105 considerati
anche i loro criteri e metodi di esame dei modi, per esempio.106
95
V. pp. 294II sostituisce Haring, Philips dovra` aiutarlo [per il Congar] , 325II, 328II,
332II, 465II, e 467II.
96
V. pp. 48, 69, 334II, 426II prigioniero di Maritain 432II, povero e semplice:
474II (e` una lode).
97
V. pp. 104II, 145II, 230II franco??? e 507II.
98
V. pp. 333II, 337II e 340II.
99
V. pp. 367 contro il (suo) diritto naturale , 383 troppo astratto , 10II, 25II,
162II, 202II, 343II, 363II, 370II e 428II.
100
V. pp. 54, 197, 201s., 382 indiscreto , 479 accaparra il dialogo , 496, 440II
e 532II.
101
V. pp. 10II, 45II, 53s.II, 67II e 72II.
102
V. pp. 53s.II, 262II e 311II.
103
V. pp. 123, 324, 66II, 88II - - come a battaglia , 211II, ed inoltre 224, 259, 463,
275II, 393s.II, 406II e 438II se si guadagna lItalia si guadagna molto! .
104
p. 81II; v. pure pp. 421s.II, 465II e 480II.
105
V. pp. 181II, 187II, 406s.II, 410II e 518II.
106
V. pp. 176II, 187II, 340II e 348II.
328
329
ancora peggio, a quanto fu rubato dal Papa nel corso dei secoli (v. p. 586 e
anche p. 535).Vari strali sono diretti inoltre contro lultramontanismo, patente che Congar distribuisce, ingiustamente, a molti,114 pure con accusa di papalatria ( idolatria ).115
Ancora sul tema del primato pontificio, per approfondire la conoscenza del
pensiero congariano, si potra` leggere con profitto qualche spunto che concerne
la relazione Papa-Chiesa (v. p. es. p. 180), e Papa-Patriarchi,116 nonche analizzare tutto il lavorio che si fece per stabilire la formula di conferma papale ai
documenti conciliari, con soddisfazione per quella finalmente scelta da Paolo VI, nonostante la contrarieta`, per es., di Dossetti.117
Legata alla suddetta questione gerarchica vi e` lintroduzione, nel primitivo
schema De Ecclesia, del capitolo De populo Dei. Largomento, pur presentato e
approvato dalla Commissione di coordinamento, per quanto riguarda la sua
posizione (dovra` precedere la Gerarchia, nella Lumen Gentium, per ragioni di
logica ), trova in Congar, e non solo, altre motivazioni. Ad ogni modo risulta
evidente, dal diario, che il Popolo di Dio e` strutturato (cioe` ha la sua struttura gerarchica) e include la Gerarchia.118 Per questo non si dovranno quasi
opporre i due relativi capitoli o dare valore di precedenza teologica ai numeri
progressivi nel documento conciliare.
In concomitanza, quasi, richiamiamo inoltre qui un insieme di passi del
diario, relativi alla Chiesa dei poveri, che se non ebbe lonore di uno schema
unico ad essa esclusivo, come richiesto dal Card. Lercaro, certamente fu uno dei
poli di interesse del Congar. A lui fu chiesto, da Mons. Ancel, che per molto era
nella cosa, di essere il suo perito teologico.119
Successivamente ci piace rilevare che la causa dellunita` dei cristiani risulta,
dal diario, una costante dellanimo zelante del Congar, il quale del resto fu
sempre un convinto ed antesignano ecumenista. Numerosissimi sono dunque i
passi che vi si riferiscono,120 oltre a quelli collegati a personaggi ecumenici ,
tutti rilevanti mixed feelings . Mi riferisco al Cullmann,121 a Schlink
(v. p. 459II), Schutz (v. p. 498II), Vissert Hooft (v. p. 165II) e Barth.122
Da sottolineare comunque e` la sdrammatizzazione, in fondo, degli interventi papali in vista del finale documento ecumenico per eccellenza (v. pp. 280II
e 331II), anche se si parla, a un certo punto, di una mattinata catastrofica per
il clima ecumenico.123
114
330
331
Per lecumenismo, in senso largo, troviamo inoltre nel diario passaggi dedicati al lungo e tortuoso tragitto De Iudeis 134 e circa le altre religioni non
cristiane, con particolare difficolta` per il Congar nei riguardi dei musulmani.135
Tuttavia la visione ecumenica non ha impedito al Concilio di trattare
lungamente delle missioni, con alterne vicende, anche negli interventi del
P. Congar, il quale, almeno per un capitolo del documento finale, vi da` un
apporto decisivo.136
La Chiesa e` comunque in missione anche nel mondo ateo, e non solo nei
luoghi tradizionali. La lunga discussione sulla condanna esplicita, o meno, del
comunismo, in tale contesto, voluta da un considerevole gruppo di Padri, sincontra, per riflesso, pure in questo diario, anche se lAutore non ne risulta
proprio ben informato, considerati gli Acta Synodalia.137 Si ripete cioe` qui, in
fatto di scarsa conoscenza, il caso delle famose domande poste ai Padri sul De
Ecclesia.138
Unanalisi particolare meriterebbero, poi, i riferimenti a quella che sara` la
Gaudium et spes, detta precedentemente schema XVII e poi XIII.139 Ci dobbiamo limitare, invece, a indirizzare la ricerca del paziente lettore sui temi della
guerra e della pace (v., per es., p. 372) e della morale familiare (v., per es.,
p. 505II).
LA. e` ben attestato almeno sulla linea della Pacem in terris (v. pp. 249II e
505II) e giammai completamente daccordo con le norme magisteriali circa i
rapporti coniugali.140 In ogni caso lo schema XIII fece capire meglio al Congar
quanto siano difficili i rapporti fra la Chiesa e il temporale (v. p. 479II)
Nelle relazioni di essa ad extra, cioe` con il mondo, ebbero comunque un
particolare significato i messaggi conciliari ad esso indirizzati. Nel primo, Congar intrattiene un certo equivoco sul ruolo del suo amico e confratello P. Chenu,
mentre e` chiaro limpegno antecedente di Mons. Garrone.141 Anche nei messaggi finali, lA. non si sente completamente a suo agio (v. p. 515s.II). In effetti
Gaudium et spes e` il vero immenso messaggio al mondo (v. p. 516II).
Aspetti di moderazione nelle posizioni congariane
Vorremmo concludere, prima di guardare brevemente al futuro come lo
vedeva il Congar quarantanni fa , indicando alcuni aspetti, nel diario, che
fanno propendere a non considerare lA. come teologo oltranzista, nel seno
della maggioranza conciliare , pur variabile.
134
V. pp. 70s.II, 82II, 119II, 182s.II, 300II, 320II, 339II, 342II, 364ss. e 427II.
V. pp. 71II, 260II, 394II e 427II.
136
V. pp. 249II, 257II, 287II, 292II, 294II, 298II e 472s.II.
137
V. pp. 346, 371, 450II, 454II e 483II.
138
V. pp. 476, 482, 491, 493, 497, 503, 505s., 583, 585, e 15ss.II.
139
V., per es., pp. 365ss., 34s.II, 99II, 126II, 130II, 148II, 196II, 307s.II, 310II, 314s.II,
318s.II, 325II, 327s.II, 332II, 386s.II, 395s.II, 406II, 465II, 467II, 475II e 497II.
140
V. p. 215II e ancora pp. 347II, 490II e 495II.
141
V. pp. 99s., 102, 104s., 112, 121, 125 e 131.
135
332
333
infatti, alle tappe necessarie e alle attese, contrariamente a Kung (v. pp. 466
e 355II).
Forse e` opportuno a questo punto richiamare, con sguardo dinsieme, i
sentimenti, la situazione di quasi infermita` del Congar (se ne lamenta molto,
durante il Concilio), il considerarsi egli silenzioso, abbastanza inattivo, senza
iniziative, troppo prudente, timoroso, timido e non e` vero (v. p. 109),
specialmente nella fase iniziale del Concilio.151 Sicuramente la situazione psicologica dellA. si puo` ritenere pesante, durante il magno Sinodo, con passaggi
dumore abbastanza pronunciati,152 che lo conducono perfino a non fare lobbligatorio giuramento, pur firmandone il documento richiesto (v. p. 33), e cio`
nel contesto di aspetti spirituali che il suo diario rivela (vedi sopra). Comunque i
suoi appunti degli interventi dei Padri fino a quando li fa sono carichi di
passione critica, che appare dalle sue reazioni: fiction , irrealismo, astrazione, in che mondo vive? , depasse (v. per es. p. 490), mentre si nota un
suo progressivo indurimento nelle proprie posizioni,153 con cooptazione,
grazie a lui, fra i teologi del Concilio, di Chenu stesso (v. pp. 129II e 131II),
oltre che di Benoit (v. pp. 123II e 129II), con tentativo pure per Feret
(v. p. 242II) e difficolta` di tutti per lautocritica (v. p. 72II).
Un ultimo tocco per il nostro ritratto del personaggio lo devono dare le
bellissime pennellate, nel corso della stesura del diario, in descrizione, seppur
veloce, di paesaggi o situazioni che sono anche un riflesso del suo animo. Sa
scrivere, lAutore!154
Spunti davvenire
Non vogliamo qui usare il termine profeta , ma certamente il Congar
aveva ragione quando prevedeva le difficolta` degli storici e lui fondamentalmente lo era155 nel loro compito futuro riguardo al Concilio Vaticano II
(v. p. 281).
Aveva ancora ragione lA. nellinvocare studi teologici, giuridici e storici
sulla collegialita` (v. p. 164II), cos` : la storia dellecclesiologia dovrebbe avere
lurgenza No 1 (p. 291II) negli anni futuri. Ed egli la vedeva come ecclesiologia di comunione (p. 115II).
Era per noi unaltra volta nel giusto quando auspicava una Curia romana
piu` internazionale (v. p. 518II), cosa che e` stata realizzata, in effetti.
Congar aveva altres` ragione a chiedere un superamento della divisione
sbagliata di campi (competenze, compiti di sollecitudine) apparsa del resto
151
V. pp. 102ss, 396, 437, 466, 479, 15s.II, 89II mio silenzio assoluto[?] 133II, 431II.
Prove della sua grande attivita` si incontrano specialmente a pp. 122ssII, 131II, 133II, 136II,
140II, 143II, 147II, 176s.II e 178II.
152
V. pp. 516s., 589, 113ss.II, 116II, 156II, 188II, 223II e 405s.II.
153
V. pp. 62II, 67II e 33II.
154
V. pp. 69s., 80, 92, 106, 178, 312, 329, 334, 378, 487s., 565, 590, 27II, 118II, 289II,
384II, 463II, 484ss.II, 487ss.II, 494II e 496II.
155
V. p. 259II: je nai pas fait decclesiologie .
334
335
Chiesa e Papato nella Storia e nel Diritto. 25 anni di Studi critici,159 a LOsservatore Romano,160 ad Annuarium Historiae Conciliorum,161 ad Apollinaris 162 ed
infine a Jus Ecclesiae.163
In ogni caso la lettura di questo diario se ce ne fosse stato bisogno ha
confermato in noi la convinzione che complesso e` il personaggio Congar, come
del resto lo e` il Concilio a cui si riferisce, nonostante le semplificazioni ideologiche che su di esso si sono finora compiute.
Edito dalla Libreria Vaticana, Citta` del Vaticano, 2002, pp. 235-279. V., anche, in
questo volume, pp. 93-165.
160
Cfr. O.R. del 13/XI/97, p. 8s., del 10/VI/98, p. 10, e del 1/II/02, p. 10.
161
Cfr. A.H.C. XXX (1998), pp. 131-142; v. pure Apollinaris LXXI (1998) pp. 325-337.
162
V. Apollinaris LXIX (1996), pp. 305-317; LXX (1997), pp. 331-351; LXXIII (2000),
pp. 571-590; LXXIV (2001), pp. 811-825 e LXXV (2002), pp. 855-877.
163
V. Ius Ecclesiae XV (2003), pp. 187-202.
336
(p. 8; in nota lidea e` ancor piu` marcato, con richiamo, fra laltro, alla polemica sarpiana ).
In seguito e` presentato, dagli Aa., l Archivio del Concilio Vaticano II , a
Roma, con richiamo allAlberigo circa la questione Sinodo come evento
(nota 5, p. 9), che molte volte abbiamo affrontato nel contesto anche della
storiografia moderna. Per noi non si tratta di evento nel senso di rottura
con il passato, di rivoluzione ecclesiale, di nascita, quasi, con il Vaticano II, di
una nuova chiesa, di un nuovo Cattolicesimo.
A questo proposito si richiama, per detto Archivio, lencomiabile lavoro
di mons. Carbone , a cui va il merito dellopera di sistemazione. Grazie a lui
gli studiosi hanno avuto accesso sinora (fino al termine del 1999) ai documenti,
sebbene con qualche parsimonia perche in mancanza di una inventariazione
dettagliata la consultazione dei documenti dipendeva dalla sua benevola collaborazione nel rintracciare i documenti (p. 10).
Sulla base di essi e` stata poi avviata ledizione degli Acta del Concilio, che
segue un ordine cronologico, per la cui lettura critica, sotto alcuni aspetti, si
rimanda in nota (10, p. 10). E` sottolineata comunque la non pubblicazione degli
Atti delle singole Commissioni conciliari, ma solo degli schemi che si debbono al
loro impegno.
Per gli Aa. la proiezione di tutto il lavoro sul suo esito finale rischia
tuttavia di trascurare le possibilita` di uno sviluppo diverso delle vicende ... I
vari schemi vengono ricondotti ad una linea il piu` possibile continua di elaborazione, finendo per sottovalutare in molti casi gli scarti consistenti che ci
furono tra una redazione ed unaltra. In questo modo viene privilegiata unimmagine del concilio come organo istituzionale, fortemente condizionata dalla
direzione degli organi centrali, mentre vengono invece ridimensionati tutti gli
aspetti di iniziativa propria dei padri conciliari o comunque di confronto di base
che ci fu tra i padri, i teologi, gli osservatori e gli altri protagonisti, spesso
svoltosi fuori dellaula del concilio (p. 12s.).
Pur non trovandoci daccordo, abbiamo riportato qui lintero passaggio
poiche esso e` atto a delineare la posizione di una nota corrente di ermeneutica conciliare, che pecca proprio nella visione propriamente conciliare ed e`
ostica allistituzione.
E in questa linea, importante, di ermeneutica, gli Aa. cos` proseguono:
Ma la sistemazione dellArchivio e la pubblicazione ufficiale degli atti sembrano voler porre anche pregiudiziali significative sullautenticita` delle possibili
interpretazioni del concilio stesso. In effetti Paolo VI ha sempre mostrato una
preoccupazione e una viva inquietudine per le conseguenze che le interpretazioni
parziali (sic) dei documenti avrebbero potuto portare nella disciplina ecclesiastica, temendo che nel processo di ricezione potessero prevalere tendenze radicali e che si potessero creare seri fenomeni di scollamento nella compagine
ecclesiale (p. 13). E non e` preoccupazione legittima per un papa?
Gli Aa. lo concedono solo in parte poiche ( il controllo della documentazione disponibile ) finisce per rendere definitiva unimmagine precisa del
concilio che alla luce di altre fonti risulta tutto sommato parziale . In che
senso? ci permettiamo di chiedere. Certamente e` quella data dai documenti
337
ufficiali, che lasciano aperti altri contributi ( fonti diverse ), ma non in grado
di andare contro gli ex actis et probatis.
In un altro sottotitolo gli Aa. presentano le fonti locali . Cio` gia` risulta
equivoco, poiche si tratta piuttosto di documenti privati . E` infatti da evitare
che si introduca anche qui la famosa dicotomia ecclesiale, per alcuni, tra universale e locale .
Si segnala inoltre la difficolta`, in effetti, allinizio dellimpegno per pubblicare una Storia del Concilio Vaticano II (sotto la direzione di Alberigo, alla
fine degli anni Ottanta), non tanto della distanza relativamente breve dal
concilio stesso, quanto la disponibilita` di fonti. Ci si rendeva conto dei limiti
che presentavano, nonostante tutto, (fra laltro mancavano ancora parecchi
tomi, e dei piu` importanti, aggiungiamo noi) gli Acta in corso di pubblicazione,
in quanto lasciavano senza documentazione alcuni nodi cruciali dei lavori conciliari, in particolare per quanto riguardava le commissioni (p. 14).
Fu cos` avviata unindagine sistematica delle fonti disponibili a livello
locale, puntando sui documenti personali, ... un tipo diverso di documentazione
per molti versi complementare a quella conservata a Roma ... molti percorsi
decisionali che risultavano sostanzialmente sconosciuti alla segreteria generale
[era un presupposto, peraltro, poiche non ne erano ancora stati pubblicati i
documenti!] e quindi non testimoniati dallArchivio romano, sono invece affiorati con dovizia nei documenti di padri e teologi (p. 15).
Il concilio appariva loro come occasione di discussione e riflessione comune oltre che come organo istituzionale di definizione dottrinale ... limmagine
del concilio che ne risulta appare complessivamente assai diversa da quella
dellarchivio vaticano ... nessuno, neppure gli organi centrali o la segreteria,
poteva abbracciare in modo globale tutto il concilio (p. 16).
Anche qui notiamo che nel sottofondo vi e` la famosa questione del concilio
come evento (ancora p. 16: il concilio proprio in quanto evento agisce ) e
come assemblea che si ritrova, nel consenso, nei documenti pubblicati quali
conciliari e non personali. Evidente appare dunque lo sgarro degli Aa., insieme
alla considerazione critica, nostra, che risulta grave spostare il baricentro conciliare da tutta lAssemblea dei Padri, la quale vota e vara i documenti, alle
Commissioni che ad essa e ai Padri tutti sono a servizio, nella verita` e carita`.
Non ci attarderemo sullo stabilimento della Tipologia delle fonti , che a
volte ci e` sembrata impresa piuttosto vana, con rilievo dato ai diari (pp. 19 e 23
nota 38), e nemmeno su una (loro) mappa funzionale , incontrandosi in essa
indicazioni utili per ciascuna Commissione conciliare. Vi e` poi una mappa
geografica e un elenco delle fonti locali . Vi sono, in questo caso, dei limiti
che gli Aa. presentano con franchezza, come il fatto di aver per lo piu` utilizzato
informazioni ricavate da ricerche condotte qualche anno addietro.
Lelenco intende solo registrare le informazioni disponibili al momento,
con qualche integrazione solo marginale di verifiche e ricerche condotte in vista
di questa pubblicazione ... Questo elenco non pretende dunque di essere esaustivo, ne tanto meno definitivo (p. 31).
E del resto la lettura del repertorio delle fonti indagate per la storia del
concilio Vaticano II conferma lesito negativo di tanti tentativi di contatto
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cio (v., per es., pp. 358, 378, 402, 466 proposta dellEpiscopato di Polonia , 469, 533, 575 e 581).
A conclusione vogliamo esaltare lutilita` della lettura di quegli Appunti
che di tanto in tanto Mons. Felici stende per il Santo Padre, per farGli il punto
sulla situazione conciliare e che lo storico puo` ben utilizzare al fine di essere piu`
facilmente guidato anche lui nei mille sentieri della storia del Concilio (v. per es.
pp. 507-512 e pp. 634-636).
Lindice (pp. 735-757), che divide il materiale pubblicato per mesi dellanno
1964, con laggiunta dei contenuti delle due Appendices, chiude il tomo.
B) Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani II. Volumen VI, Acta Secretariae Generalis, Pars IV, Periodus quarta
MCMLXV, Typis Vaticanis, MCMLXXXXIX, (a cura di Mons.
Vincenzo Carbone, Incaricato dellArchivio del Concilio Vaticano II) pp. 877.
E` da poco a disposizione degli studiosi il LXII tomo delle fonti ufficiali del
magno Concilio Vaticano, impresa di edizione giustamente definita titanica e
testimonianza, ad un tempo, della grandezza provvidente di visione del Papa
Paolo, che la volle, e della fedelta` operosa e solerte di colui al quale egli ne affido`
la realizzazione (v. pp. 695, 704s., 724, 729s., 743, 750, 771, 777, 798, 812,
814ss., e 818-837). Fu in effetti come risulta dalla lettura di tali riferimenti
opera di grande difficolta` gia` il semplice raccogliere, sotto un solo tetto , i vari
archivi delle Commissioni conciliari, la quale fu portata a conclusione solo
grazie al volere provvido del Sommo Pontefice. E` un indice di quanto gli archivi
siano cari a tutti! Le difficolta` non mancarono nemmeno nella fase del controllo
dei testi e delle citazioni conciliari, come attesta la documentazione del volume
(v. pp. 601, 614, 648, 735, 746, 756, 774, 780s., 787, 797, 801ss., 806ss. e p. 817s.,
per la questione dell indice analitico , concernente ledizione tipica dei decreti
conciliari). Del resto per associazione di pensieri e difficolta` si potra` qui
citare altresi lopera della Segreteria generale in vista dellistituzione degli Organismi postconciliari (v. pp. 634s., 694ss., 710ss., 719, 722-725 e 742ss.).
Comunque questo tomo segna, purtroppo, la fine dellopera affidata a
Mons. Carbone, che ha di recente consegnato allo scoccare, quasi, dei suoi
ben portati e dinamici ottantanni il frutto del suo grande lavoro allArchivio
Segreto Vaticano. Cola` tutto rimarra` a disposizione degli studiosi. Speriamo
tuttavia che si potra` presto curare ledizione degli Indici dei volumi V-VI degli
Acta Synodalia e si vorra` altres` dedicare un altro tomo alla fase immediatamente postconciliare, assai importante anche per avere sotto agli occhi il passaggio ai testi proprio definitivi del Concilio.
Il proposito e la mente
Il Proposito e la mente del Curatore risultano chiari, ancora una volta
(p. 7s.), in continuita` con i pure fondamentali Atti della Commissione di
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bens` alle sue potenzialita` taciute, che daltronde non hanno un fondamento nel
testo stesso (p. 116). Era in fondo quanto il P. Congar predicava ai vescovi che
si erano riuniti attorno a lui: Votate, votate! Poi penseremo noi teologi ad
interpretare la Nota Explicativa Praevia . Conclude lo Schillebeeckx che essa
significa leliminazione di una poco raccomandabile equivocita` che era persino, in un certo senso, voluta, se mi e` permesso in questo momento di
esprimermi in modo chiaro ed energico (p. 117).
La materia e` ripresa dal Card. Cicognani, il quale, sentito il Papa, ritiene
che convenga dire una parola di chiarimento e di conferma, che venga a dissipare ogni equivoco : egli da` pertanto la necessaria autorizzazione (p. 122). Nel
tomo lesecuzione e` pure attestata (p. 130s.), cos` come la cura del Segretario
generale affinche` il testo della Nota Explicativa Praevia sia pubblicato nelle
varie traduzioni della Costituzione De Ecclesia (p. 257).
Un altro scolio nella discussione conciliare, quello relativo alla liberta` religiosa, trova anche illuminazioni opportune e necessarie nel tomo in considerazione. Pure in questo caso si alternano Appunti di Mons. Felici (pp. 51, 135,
501; v. p. 500 per quello del Card. Segretario di Stato), corrispondenza con i
Card. Cicognani e Bea, con Mons. Willebrands e Mons. Macchi, (pp. 213, 275,
460s., 465, 480, 561s., 570, 580) ma soprattutto Annotazioni manoscritte di
Paolo VI (pp. 276s. e 499) che rendono intelleggibile il convinto suo agire in
materia, anche per il caso della proposta di una votazione indicativa, riaffermata la dottrina della nostra vera religione, e salva lapprovazione da decidersi
circa gli emendamenti da introdursi nel testo stesso (p. 499).
Del resto la votazione sara` fatta nei termini che erano stati concepiti nella
riunione di ieri degli organi direttivi del Concilio , e non in quelli del Segretariato per lUnione (p. 501). Il Santo Padre desidera inoltre che al lavoro di
revisione siano associati buoni teologi o comunque esperti in materia (ib.).
Mons. Felici che in antecedenza aveva avuto modo di far notare la disorganizzazione del lavoro di preparazione dello schema attuale, insiste molto che il
nuovo lavoro venga svolto in piena armonia, con lealta` e fattiva collaborazione
del Segretariato e della Commissione dottrinale (ib.).
Paolo VI in Annotationes manu scriptae del 15 Novembre 1965 impartisce le
sue direttive: A Mons. Felici Pericle si prega di comunicare: saranno apportati alcuni ritocchi tranquillizzanti; ma lo schema deve essere stampato
subito dopo (stasera), per essere distribuito mercoledi 17 e votato venerd` 19.
Gia` telefonato a S. E. Mons. DellAcqua (p. 617). E in pari data: Da Mons.
Colombo: ... Questo testo sara` inserito nella relazione finale sullo schema De
libertate religiosa, per rispondere alla obiezione circa la discontinuita` del magistero (ib.). Credo che tutto cio` sia altamente significativo per chi voglia
capire.
Un altro punto delicato in Concilio come si sa fu la relazione con
lebraismo. E pure a questo riguardo il tomo fornisce preziosi spunti di riflessione basata sui documenti originali. Cos` il contesto delle reazioni nei Paesi
Arabi appare fin dallinizio (pp. 11, 37, 70ss., 73s. 83ss., 117s., 194 e 405s.), che
si unisce al permanere di perplessita` e riserve su alcune espressioni del testo,
particolarmente su quello che riguardano gli Ebrei , (p. 52) approntato. Varie
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sono le proposte che emergono, fino a quella, del Patriarca di Antiochia dei
Melchiti, il Card. Massimo IV Saigh, il quale chiede che tutta questa questione
sia interamente rimessa a Sua Santita` (pp. 118 e 129). Il Papa segue la questione dappresso (v. per es. pp. 225s. e 278).
Un tema particolare, infine, che specialmente in Italia trovava incandescente materia di dibattito anche politico, la questione cioe` del comunismo, incontra
eco nel tomo. Ci limitiamo a citarne i luoghi (pp. 618ss., 622, 628s., 630-635).
Lattenzione si concentra soprattutto attorno al ricorso di Mons. Carli, esposto
al Papa da Mons. Felici, il Quale domanda: Si conserva o si ritira il ricorso?
1o E` stata illegale la condotta della Commissione mista? 2o Dopo lintervento
iuxta modum la tesi dei ricorrenti sarebbe portata a conoscenza dei Padri, con
le relative osservazioni . E ancora: A. E` prudente? se respinto: il Concilio
sembra aver rifiutata la condanna del comunismo gia` condannato; se approva:
quale sorte dei cattolici nei Paesi comunisti? B. E` coerente con gli impegni del
Concilio? di non entrare in temi politici? di non pronunciare anatemi?
di non parlare di comunismo (1962)? (p. 619s.). Se ci fosse bisogno di
spezzare una lancia a favore dellacutezza di pensiero, della visione pastorale
e della larghezza di vedute del Papa, tutte le domande da lui cosi allora poste
potrebbero essere usate per spezzarne parecchie.
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per non andar lontano, affermo` di aver ventilato al Pontefice lidea della convocazione di un Concilio.
Ci sarebbe in cio` contraddizione con laffermazione di papa Roncalli che si
dichiara il primo ad essere sorpreso di questa mia proposta ... senza che alcuno
mai me ne desse indicazione ? (ibid. e p. 121 nota 3). Pensiamo di no, sia
tenendo in considerazione la complessita` della psicologia umana, e anche del
conscio e dellinconscio, sia per la analogia, mutatis mutandis naturalmente, con
lacceptio rerum nella pur ispirazione biblica.
La gratitudine a Mons. Carbone per i suoi profondi ed incisivi articoli, che
apportano luce a quanti studiano il Concilio Vaticano II, e dovremmo essere
tutti, anche perche e` la porta che ci introduce al III Millennio ecclesiale
(e da qui il titolo del libro) lestendiamo pure a chi ne concep` e volle la
pubblicazione in volume.
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VII
PER UNA CORRETTA
INTERPRETAZIONE DEL CONCILIO
353
Nel suo impegno, in concreto, lA. ripercorre i documenti conciliari e affronta le grandi questioni ecclesiologiche odierne, in una rete di temi ben uniti,
con visione ecclesiale abbastanza completa. Lunico aspetto di fatto che abbiamo trovato affrontato in tono un po minore e` il primato del Vescovo di Roma
(p. 103s.: il principio petrino ).
Nel I capitolo Scheffczyk parte dalla crisi nella Chiesa: crisi della coscienza e della comprensione di se , della chiesa aperta , come si suol dire, (v. anche p. 67) proponendosi di risolverla con la ripresentazione della dottrina del
Concilio Vaticano II: progresso e continuita` , sintesi di nuovo ed antico. Egli
cos` intende rispondere allo slogan s` a Cristo, no alla Chiesa che, in fondo,
sbocca in una immagine di Gesu` puramente umana, in cui ogni interprete od
ogni gruppo coglie solo cio` che corrisponde ai suoi preconcetti p. 21 ,
anche a quelli della maggioranza . Cio` richiama all errore nella richiesta di
democratizzazione nella Chiesa (v. pure p. 67s.).
Molto buono e` il capitolo seguente che tratta di essa come sacramento di
Gesu` Cristo, cioe` delle radici cristologiche di tale nozione, applicata alla Chiesa
stessa come corpo di Cristo, immagine considerata il frutto piu` maturo della
riflessione neotestamentaria sulla chiesa , secondo il giusto giudizio dello
Schnackenburg. E`, in realta`, la definizione piu` forte della sostanza sacramentale e della natura della Chiesa (p. 36), lontano peraltro da ogni monofisismo
ecclesiologico (p. 38).
Questa preoccupazione monofisita sfocia nel III capitolo, dal titolo
Cristo e la Chiesa: identita` nella diversita` . Vi e` sottesa la questione sullorigine, o meno, della Chiesa dalla volonta` e dallopera del Gesu` storico, che
inizio` a porsi solo a partire dal modernismo (p. 44). Il nostro A. vi risponde
ancora con il probo aiuto soprattutto di Schnackenburg, per il quale non si
puo` comprendere la comunita` prima racchiusa nel grembo del giudaismo e poi
da esso sviluppatasi senza la venuta e lopera di Gesu` di Nazaret ... Per questo
anche linteresse della prima comunita` per il Gesu` storico e` un interesse vivo e
inestinguibile (p. 47). Su questo punto, peraltro, Scheffczyk ricorre, proprio
per la fondazione della Chiesa, alla precomprensione di fede (p. 48), soluzione a cui ricorrera` anche in seguito (v. p. 91). Tale cammino tuttavia appare
a noi rischioso e non quello seguito proprio da Schnackenburg.
Segue la trattazione de La chiesa e lo Spirito Santo , del suo ruolo
nellopera di salvezza di Gesu` Cristo, con una bella precisazione, senza false
alternative tra cristologia e pneumatologia, la chiesa esiste nellunita` del
legame con Cristo e con lo Spirito Santo : p. 61 sul Popolo di Dio, che non
ha ricevuto la sua costituzione formale strutturale dallo Spirito Santo, il quale
non e` diventato uomo e con cio` non puo` essere la causa dellordinamento
divino-umano della chiesa (ibid.). In effetti cio` che essa riceve dallo Spirito
Santo e` il suo contributo sovrannaturale, la sua vitalita` divina, la sua forza e
santita` spirituale (ibid.). Sullo stesso crinale si asserisce ancora che Cristo e` il
principio dellesistenza della chiesa, della sua visibilita` e sacramentalita`, della
sua tangibilita` storica e della sua continuita`; lo Spirito Santo e` invece il principio
essenziale della chiesa come forza della interiorita`, del rapporto immediato con
354
Dio e dellintimita` con Lui ... (cos` ) e` necessario rimandare tutti i fenomeni dello
Spirito nella chiesa a Cristo e al suo corpo, poiche lo Spirito Santo non solo
proviene da Cristo ed e` mandato da Lui (e dal Padre), bens` rimanda continuamente al Cristo storico concreto (p. 62). I sottotitoli le operazioni dello
Spirito e Spirito di molteplicita` ed unita` raccolgono poi un prezioso insegnamento, che risulta assai attuale.
Con La chiesa come communio lA. entra piu` profondamente nella trattazione del grande Sinodo. Sono belle pagine di dottrina conciliare e oltre,
con valorizzazione della communio hierarchica senza pero` quella pretesa di
esclusivita` che per tale formula taluni inalberano. Con chiarezza, poi,
Scheffczyk esamina le erronee interpretazioni postconciliari (per es. di Hoffman,
Duquoc, Schillebeeckx e Buhlmann) riguardo alla communio e richiamo alla
Nota Explicativa Praevia (p. 74). La risposta alla decadenza postconciliare di
un tale concetto-realta`-mistero, come di solito noi scriviamo, viene presentata
nella forma compiuta della communio: la communio sanctorum (specialmente
pp. 78 e 79 e successiva acutissima analisi dell attuale ecclesiale : pp. 81-84).
Ne riportiamo solo una frase, indicativa, che apre lorizzonte sullo scisma
verticale (v. pure p. 177): le forze riformatrici non sono mai uscite dalle file
di tecnici diligenti che prospettano nuovi modelli di chiesa, bens` dalle file dei
santi che testimoniarono e vissero la fede sovrannaturale nella comunione dei
santi (p. 83).
Nel VI capitolo, La communio: ministero e popolo sacerdotale , si analizza, anzitutto, appunto il ministero apostolico originario, che non e` fondato
sul carisma come attesta Schlier ma che Paolo, per es., continua
lanzidetto esegeta esercita in modo carismatico. Esso significa una auctoritas, che non e`, certo, dominio, ma servizio e diaconia. Dall apostolato si
passa ai ministeri della Chiesa e ai carismi, lungo una linea del giudizio, fondato, ancora dello Schnackenburg, per il quale la struttura della comunita` non
era di tipo carismatico (p. 92). Sacerdozio particolare (noi diremmo ministeriale) e universale (dei fedeli) apre una disanima approfondita, e ben fatta, che
sfocia in quella, ottima, del vincolo maschile del sacramento dellOrdine
(pp. 97-102).
E della donna si continua a trattare nel capitolo successivo, dal titolo:
Maria e la chiesa: laspetto mariano della chiesa , con bel procedere tra
principio petrino e mariano del Popolo di Dio, fra immagine originale
della Chiesa e forma dellecumene ( Maria quale typus della chiesa ... sta in
una prospettiva che non e` del tutto lontana dal pensiero teologico evangelico :
p. 109).
Piu` candenti, dal punto di vista della crisi ecclesiale attuale, sono i due
capitoli seguenti, sulla Chiesa e mondo: il compito della chiesa nel mondo
(strettamente legato al Concilio Vaticano II: e` una prima volta da parte di un
Sinodo Ecumenico) e Chiesa e liberazione . Vi e` (pp. 116-123) unottima
sintesi del pensiero conciliare con una sola sfocatura per quanto concerne la
cultura e impostazione della problematica soggiacente. Pagine illuminanti,
ma senza novita`, son pure quelle dedicate alla teologia della liberazione (noi
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concetto della costituzione storica della chiesa, nella quale e` racchiuso anche il
riconoscimento della sua provvisorieta`, della sua incompiutezza, debolezza e
fragilita`, non per diminuirne il significato, ma per orientarla al compimento,
verso cui essa si deve muovere (ibid., v. Gaudium et spes 40 e 43 e Unitatis
redintegratio 3).
Invece i futurologi (con dati e modelli) sopra citati, che vogliono rimediare alle mancanze della chiesa attuale, sono in realta` solo sintomi della
malattia che vorrebbero guarire (p. 175). Molti di questi sogni del futuro
hanno come scopo ultimo la creazione di unaltra chiesa e con cio` anche di
unaltra fede (e cita il caso Drewermann e cifre impressionanti nei sondaggi, in
Germania). Se poi e` la teologia stessa (dogmatica) a relativizzare la questione
della verita`, e quella morale rivela una situazione identica (v. p. 175s.), siamo
nella situazione di quellorganismo considera lA. che non e` piu` capace di
allontanare da se i veleni che vi si accumulano. Ci si dovrebbe invece finalmente
accorgere che le prognosi sociologiche sul futuro non tengono conto della
realta` della fede (p. 181) e che come attesta Altermatt il cattolicesimo
sta diventando un tipo di religione paragonabile al protestantesimo delloccidente europeo p. 178: per la posizione assoluta della coscienza in relazione agli insegnamenti fondamentali della fede e della morale, linnalzamento
indifferenziato del sacerdozio comune, limposizione di fatto del principio della
sola scriptura preteso da una esegesi ipercritica , ecc. ... il protestantesimo
( allapice del tempo ) e` (infatti) piu` vicino al mondo moderno (e) percio` esso
si impone in una chiesa (ora la Cattolica) del tutto tesa alladattamento al
mondo moderno .
Quindi solo chi e` consapevole del fatto che la fede cattolica non coincide
con lo spirito moderno, (anzi) che essa piuttosto possiede la forza di raggiungerlo ed assimilarlo in distanza critica, potra` resistere alle tendenze di annullamento . E qui si cita una profezia del grande Newman.
Concludiamo con lo sguardo rivolto al compimento (pp. 180-183): Il
credente guarda (cos` ) allo stato della chiesa in ogni tempo solo tramite la
concezione del tempo cristiano, determinato da due date limite: la venuta di
Cristo nella pienezza dei tempi e lavvenimento escatologico del ritorno del
Signore nel giudizio e nella trasfigurazione. Tra questi due pilastri oscilla il
ponte del tempo intermedio , nella dialettica inestinguibile tra il gia` e il
non ancora dellesistenza ecclesiale, portata a sintesi nella speranza. E` anche
il tempo dei mea culpa del Popolo di Dio, della critica condotta con il dono del
discernimento, che non e` pero` da paragonare alla presente critica patologica
rivolta alla sostanza della chiesa e avente come scopo la creazione di unaltra
chiesa futura (p. 182). Lapertura alla chiesa del compimento permette (invece) non solo una visione realistica delle ferite sorte dalle debolezze e dai
peccati degli uomini: essa permette di comprendere anche le prove, i danni e
le sofferenze apostoliche (ibid.) che prendono la forma del martirio. Esso non
si adatta al concetto di una chiesa che dice agli uomini solo cio` che essi vogliono
sentire (che in fondo gia` sanno da tutti i media) e che si e` adattata in tutto e per
tutto allo spirito del tempo (p. 183). Eppure e` lintimo legame tra la crea-
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Non e` difficile rendersi conto, liberi da pregiudizi, che in tal modo quella
che fu una posizione estrema al Concilio Vaticano II, nella cosiddetta sua
maggioranza la definirei oltranzista , (contraria cioe` ad una costante
e fattiva ricerca del consenso , dellabbraccio tra Tradizione e aggiornamento)
sempre piu` desiderosa di imporre il proprio punto di vista, sorda ai richiami
e allopera di cucitura di Paolo VI , e` riuscita, dopo il Concilio, a monipolizzarne finora la interpretazione dell evento , rigettando ogni diverso procedere, che si vitupera magari di anticonciliare.
Il vero sottofondo, in tema di evento, a cui ci si richiama a proposito del
Vaticano II, e` ben delineato da E. Fouilloux, ancora nel volume al quale mi
riferisco, nello studio La categoria di evento ( il suo ritorno come attesta
E. Morin) nella storiografia francese recente (dagli anni 50 circa). Non vi
manca, giustamente, lanalisi pure del legame stretto dellesistenza storica dellevento con la sua mediatizzazione (dice P. Nora: perche ci sia evento, occorre
che sia conosciuto ). E il Vaticano II risponde(rebbe) molto bene a questa
definizione mediatica dellevento .
P. Huenermann, sempre nel citato volume, con richiamo al metodo di
G. Gadamer, conclude, riassumendo, che: levento del concilio puo` essere
compreso come la formazione di quella pragmatica che puo` essere espressa
concettualmente come dialettica topica (detto con il linguaggio delle Ricerche
filosofiche del Wittgenstein). Questa dialettica topica (che rende possibile un
consenso) costituisce, in forma radicalizzata e rinnovata, il movimento di fondo
del concilio, quel movimento unitario che ha collegato strettamente le innumerevoli singole attivita`, inserendole in un flusso che ha prodotto, come frutto e
risultato, quella nuova visione della chiesa e della rivelazione la quale ha trovato
la sua sedimentazione nei testi del concilio (ib., p. 92).
II. Lintenzione di Papa Giovanni e il significato di T(t)radizione
Ma ritorniamo al pensiero iniziale (dello stesso Newman), quello che considera la Chiesa, come ogni organismo vivente, in continua crescita, allinterno e
allesterno, pur rimanendo se stessa. Orbene, un tale sviluppo, di certo, implica
molteplici problemi, che riguardano la dottrina, il culto, la morale, la disciplina
e lapostolato.
In genere come si sa alla loro soluzione provvede il magistero (linsegnamento) ordinario dei Pastori, coadiuvato dai teologi uniti a tutto il Popolo
di Dio, in comunione con essi. A volte peraltro la complessita` della materia o la
gravita` delle circostanze storiche suggeriscono interventi straordinari.
Tra questi sono da considerarsi i concili i quali promuovono, nella fedelta`
alla Tradizione, lo sviluppo dottrinale, le riforme liturgiche e disciplinari e le
scelte apostoliche in considerazione altres` delle esigenze dei tempi (i famosi
segni dei tempi , che non costituiscono pero` una nuova Rivelazione). I sinodi
risultano essere, in tale prospettiva, le pietre miliari del cammino della Chiesa
nella storia.
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Devo qui aprire una parentesi per far intravvedere il senso di Tradizione
(con la T maiuscola, si vede) e di tradizioni (con minuscola e al plurale), in
visione ecumenica, tenendo in conto i nostri lettori. A questo proposito rimando
al recente strumento per una riflessione ermeneutica che porta il titolo Un
tesoro in vasi dargilla .3 Vi apparira` il tentativo di comune comprensione
della Tradizione una (la prima parte del documento) e del significato delle
molte tradizioni, ed altres` dei concili ecumenici nella Chiesa antica. Comunque,
gia` a stare solo alla visione di tale strumento di lavoro , senza giungere alla
pienezza per noi, naturalmente del pensiero cattolico, si capira` limportanza fondamentale della Tradizione per chi cerca Cristo o crede cristianamente,
poiche il tesoro del quale si parla e` proprio Lui. In effetti essa significa il
Vangelo uno, la vivente Parola di Dio .4
Riprendo il discorso, brevemente interrotto per specificare ecumenicamente
la nozione di Tradizione, al fine di sottolineare che la risoluzione di convocare
un concilio nacque nellanimo di Giovanni XXIII dal costatare la grave crisi che
il decadimento dei valori spirituali e morali aveva causato alla societa` contemporanea.
A onor del vero, il ricorrere a una convocazione conciliare era stato pure un
pensiero soppesato e valutato dai suoi piu` immediati predecessori. Pio XI,
infatti, allinizio del suo pontificato, nellenciclica Ubi arcano manifesto` il desiderio di promuovere con tal mezzo la cooperazione di tutto lepiscopato al suo
programma di fondare tutte le cose in Cristo e la pacificazione dei Popoli. I
tempi pero` non erano propizi.
Anche durante il pontificato di Pio XII, nel 1948, riemerse lidea di celebrare un concilio. Papa Pacelli, pur conscio delle difficolta`, fece avviare la
preparazione presso la Congregazione del SantUfficio. Furono istituite a tale
scopo una commissione centrale ed alcune sottocommissioni. Si determinarono
altres` gli argomenti principali. Peraltro nel 1951 Pio XII sospese definitivamente i lavori di preparazione.
Giovanni XXIII, invece, ruppe gli antichi indugi ed annuncio`, il 25 gennaio
1959, ai Cardinali riuniti nel monastero benedettino di San Paolo, la buona
3
A treasure in Earthern Vessels. An instrument for an ecumenical reflection on hermeneutics (Faith and Order), Byalystok 1998, p. 42. Cfr., da parte cattolica, lormai classico ,
di Y. Congar, O.P., La tradizione e le tradizioni , 2 voll., Saggio storico , il I, e Saggio
teologico , il II, 1961 e 1965, pp. 409 e 527, rispettivamente. Di particolare utilita` e` la lettura
del I capitolo del II vol. dal titolo analisi e sintesi dellidea di tradizione (pp. 15-19), delle
pagine (108-112) dedicate a le tradizioni apostoliche e dello schema generale di p. 140s. Per
la nostra attenzione ecumenica al problema v. anche il cap. VII, sempre del II vol., intitolato:
il pensiero protestante contemporaneo di fronte al problema della tradizione (pp. 407-468).
Per l attualita` , dopo lenc. Ut unum sint , v. Paolo Ricca, La papaute en discussion.
Attentes et perspectives pour le IIIe millenaire , Irenikon 70 (1997), pp. 31-40. Vi si richiama,
fra laltro, la distinzione fra tradizioni e la grande Tradizione fatta dal Papa nel n. 39 di detta
enciclica e si identifica questultima, con un significativo immagino , nella Tradizione della
Chiesa antica alla quale tutte le Chiese desiderano rifarsi . Per il Giudaismo cfr. N. Rotenstreich, On the Notion of Tradition in Judaism , Journal of Religion 28 (1948), pp. 28-36.
4
A treasure in Earthern Vessels , op. cit., n. 15 e due note 8, nonche nn. 18, 19, 27 e 32.
361
nuova conciliare, precisando che il Sinodo avrebbe inteso principalmente promuovere lincremento della fede, il rinnovamento dei costumi e laggiornamento
della disciplina ecclesiastica. Esso sarebbe stato uno spettacolo di verita`, unita` e
carita`, un invito, anche per i fratelli separati, allunita` voluta da Cristo.5 Il Papa
penso` certo a un concilio pastorale di aggiornamento ecco la parola chiave ed
intraducibile in molte lingue straniere , ma cio` non deve intendersi come
qualcosa di pratico, dinamico, quasi separato dalla dottrina. E` inconcepibile
in effetti una pastorale senza dottrina, senza tradizione ecclesiale.
Giovanni XXIII ne tratto` chiaramente nella sua prima enciclica, Ad Petri
Cathedram. Egli additava nellignoranza, nel disprezzo e nel disconoscimento
della verita` la causa e la radice di tutti i mali che avvelenano gli individui, i
Popoli, le Nazioni e spesso turbano lanimo di molti. Tutti sono tenuti ad
abbracciare la dottrina del vangelo; al rigettarla in effetti son messi in pericolo
i fondamenti stessi della verita`, dellonesta`, della civilta`.
Lo stesso Pontefice, nel discorso di apertura del concilio, lundici ottobre
1962,6 affermo` che il fine principale del Concilio era di custodire ed insegnare il
sacro deposito della dottrina cristiana in forma piu` efficace (di tradizione, dunque, si trattava). Peraltro non si doveva soltanto custodirlo, tale deposito, ne
unicamente ripetere quanto trasmesso dai Padri e dai teologi, ma anche integralmente trasmettere a tutti gli uomini, nella continuita` del Magistero ecclesiastico, lintera dottrina, senza attenuazione o travisamenti, tenendo conto delle
deviazioni, delle esigenze e delle opportunita` del nostro tempo. Altra cosa e`,
infatti, il deposito stesso della fede, cioe` le verita` contenute nella nostra veneranda dottrina, e altra cosa e` la forma in cui le medesime vengono enunciate .7
Il Papa distingueva la sostanza, lintera, precisa ed immutabile dottrina, e la
sua presentazione (formulazione). In linea con questo indirizzo pastorale Papa
Giovanni precisava il modo di opporsi agli errori. Alla severita` egli preferiva la
medicina della misericordia . Conveniva percio`, con un insegnamento positivo,
mostrare agli uomini la verita` sacra, s` che essi, illuminati dalla luce di Cristo,
potessero ben comprendere quello che veramente sono, la loro eccelsa dignita`,
il loro fine . Laggiornamento, dunque, era inteso, da chi lo volle conciliare,
non come rottura con il passato o contrapposizione di momenti storici, ma
come crescita, perfezionamento del bene sempre in atto nella Chiesa. Il suo
rinnovamento e` di fatto continuo.
362
363
Ebbene quello che il Papa Paolo VI attribuisce a se, nel senso della fedelta`,
lo si deve certamente anche attribuire al Concilio Vaticano II, il quale prosegu`
con spirito pastorale il cammino di promozione della fede cattolica e di rinnovamento dei costumi e della disciplina ecclesiastica intrapreso dai concili che lo
precedettero. A conferma di tale convinzione ricordo che lotto marzo 1964
Paolo VI, nella basilica di S. Pietro, ai pellegrini di Trento disse: Lo spirito
del Concilio di Trento riaccende e rianima quello del presente Concilio Vaticano II, che a quello si collega e da quello prende le mosse per affrontare i
vecchi ed i nuovi problemi rimasti allora insoluti, o insorti nel volgere dei
tempi nuovi .14
Certo, il Vaticano II, per volere di Giovanni XXIII, e` stato un grande
Sinodo pastorale ed ha perseguito un aggiornamento che voleva essere non
rottura con il passato o contrapposizione di momenti storici come dicevo ,
ma crescita e perfezionamento del bene sempre in atto nella Chiesa. Il suo
rinnovamento e` dunque continuo per lazione creatrice e santificatrice dello
Spirito e, in armonia con la precedente tradizione dottrinale e disciplinare, il
Vaticano II ne ha additati vasti orizzonti nei documenti sulla Chiesa, la Rivelazione, la Liturgia, le Chiese orientali, i Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi, le
Missioni, ecc. Ma non si puo` ammettere una loro interpretazione semplicistica,
che presenti il magno Sinodo stesso come luogo di scontro tra conservatori e
progressisti .
A questo riguardo mi sembra degna di considerazione, per usare un linguaggio che sappia meno di parte, la proposta di ormai parlare, in modo piu`
rispettoso di tutti, di conservatori (nei confronti dellesistente) e di innovatori , sempre rispetto a una data situazione, anche se poi costoro possono far
valere il fatto di un ritorno, in effetti, a una tradizione magari piu` antica. Si
supererebbero cos` indicazioni imprecise e confusioni tra tradizionalisti, tradizionali, integristi, integrali e progressisti, fra i quali va notato, comunque
vi sono anche gli oltranzisti, come del resto tali furono al Concilio vari conservatori .
IV. Un esempio di abbraccio: collegialita` e primato pontificio
Credo sia opportuno, senza poterlo io qui fare su altri temi nodali, concretare su un punto la presenza di nova et vetera nel Sinodo in parola e nella sua
guida da parte di Paolo VI, a conferma che cattolica e` la congiunzione e ,
come scriveva von Balthasar.
In stringate e obiettive pagine, Mons. Carbone cos` riassume liter decisivo
del rapporto conciliare primato-episcopato: Nei primi giorni del secondo periodo ... Paolo VI, al di sopra delle parti, intervenne prontamente e sospese la
14
Ib., vol. II, 1964, p. 156s. Diversamente pensa G. Ruggieri ( Tempi dei dibattiti,
tempo del concilio , sempre in Levento e le decisioni , loc. cit.), il quale, dopo una accentuata contrapposizione tra Giovanni XXIII e Paolo VI, critica Jedin (per il suo aver difeso la
continuita` del Vaticano II, rispetto allepoca tridentina: nessuna revisione, ma completamento v. pp. 459-462).
364
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zione dello schema, per apportarvi gli eventuali emendamenti, richiesti dallortodossia della dottrina e dalla chiarezza dellesposizione. Prova di tale impegno
fu la Nota explicativa praevia, che egli volle al cap. III dello schema sulla
chiesa .15
Essa libero` il testo dalle implicazioni e potenzialita` che avrebbero potuto
dare origine a distorte interpretazioni, e non era in contraddizione secondo il
giudizio che piu` tardi ne diede lo stesso Philips, noto teologo e ricucitore , in
parte, della Lumen Gentium con il relativo testo conciliare. Cessate le perplessita`, nella votazione della sessione pubblica del 21 novembre si ebbe lapprovazione unanime: 2151 placet, 5 non placet.
Poi, terminato il Concilio, Paolo VI ne inizio` subito lattuazione: riforma
liturgica, revisione del Codice di Diritto canonico, riforma della Curia romana,
istituzione di nuovi organismi, inizio delle riunioni dei Sinodi dei Vescovi. Fu
quello un periodo decisivo ed oltremodo delicato. Nel susseguirsi di cambiamenti e di nuovi orientamenti, si notarono situazioni di reazione e tentativi di
ritorno indietro o di fughe in avanti.
Certo, quel consenso sinodale, quasi unanime, raggiunto in Concilio, fu
messo a dura prova, perche ciascuno aveva propensione a seguire (ed e` vero
anche oggi) la tendenza di prendere, di esso, per se e per la comunita`, quanto
collimava con la propria visione, o, peggio, ideologia, senza accettazione
totale dellinsieme, del corpus, dei 16 testi conciliari che rappresentano cio`
15
V. Carbone, Il concilio Vaticano II , loc. cit., p. 69ss. e p. 95, e ancora p. 150s. V.
altres` Paolo VI e il concilio nel 1964 , saggio di L. A. Tagle, (in Levento e le decisioni ,
loc. cit.) che affronta tale periodo conciliare particolarmente difficile, negli ultimi suoi giorni,
come dicevo, al cui centro si staglia la figura del Papa, il quale, scrupoloso e misuratore ,
si trova peraltro allorigine di certe decisioni capaci di creare in alcuni inquietudine. Perche e
come Paolo VI ag` ? si domanda lA. E risponde manifestando lopinione che il suo condurre a
conclusione quel terzo periodo fu unespressione in atto del suo modo di intendere ed interpretare la teologia della collegialita` episcopale contenuta nella Lumen Gentium, specialmente in
riferimento alla difficile questione delle salvaguardie delle prerogative papali ... Senza eliminare
la reale influenza del suo temperamento, della sua formazione e delle sue personali predisposizioni sugli eventi del 1964, credo si possa dire attesta il Tagle che i suoi atti hanno
semplicemente riflesso le tensioni dinamiche e le esitazioni contenute nellinsegnamento del
concilio sul collegio episcopale e sul capo di questultimo (ib., p. 357s.). LA. lo prova (v. specialmente p. 360s.; dovrebbe essere peraltro precisato il giudizio sul conferimento sacramentale del potere di giurisdizione insieme al potere di ordine : p. 361). Egli conclude: nessuno
venne sconfitto, tutti vennero convinti (p. 368); credo che cos` sia ben riassunto limpegno del
Papa, anche se non mancarono e mancano gli scontenti. Fra gli ammiratori di Paolo VI ci piace
ricordare, in Vatican II in Moscow (1959-1965) (A. Melloni ed.), Leuven 1997, V. Borovoij,
che come si sa fu il piu` in vista degli osservatori russi al Sinodo. Egli, dopo aver presentato il
significato del Concilio Vaticano II per la Chiesa ortodossa russa , rivela una grande simpatia
e compassione nei confronti di Papa Paolo VI ( abbiamo sempre visto, capito e condiviso
pienamente le sollecitudini del papa per il mantenimento dellunita` e della conciliazione allinterno della Chiesa , tra tendenze diverse , conservandosi insieme alla piena liberta` di
discussione la possibilita` di poter prendere decisioni concordi : p. 87. Lesperienza del
Concilio Vaticano II e` stata per la Chiesa cattolica una scuola e un laboratorio di conciliarita` e
di conciliazione nella Chiesa : ib.).
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che il Sinodo, nel bene e nel male, fu daccordo nel dire ... essi sono invocati giustamente come lespressione determinata delle sue intenzioni e decisioni.16
V. Dialogo e consenso, in concilio, per giungere allabbraccio tra rinnovamento e
Tradizione
Ho fatto riferimento, sopra, al consenso sinodale, perseguito instancabilmente da Paolo VI, come espressione della Catholica , dellunitas in necessariis (unita` nelle cose necessarie), per noi incarnazione del combinarsi di
Tradizione e rinnovamento nel magno Sinodo Vaticano.
Certamente e` questa una categoria diversa dal consensus unanimis proclamato come conditio sine qua non delle decisioni dogmatiche conciliari (lo pre16
V., in Levento e le decisioni , op. cit., J. A. Komonchak ( Riflessioni storiografiche
sul Vaticano II come evento ), p. 421. Il suo contributo illumina la problematica dell esegesi conciliare. Aggiungiamo pero` che fra i tipi di interpretazioni del concilio , grosso
modo tre (p. 420), secondo lA., manca almeno quello che lo considera un grande avvenimento , e in questo senso e` evento , ma cattolico , cioe` capace di mettere insieme evangelicamente, come dicevo, nova et vetera. Posso dire che in questo tipo mi ritrovo? Porto un
esempio, per farmi meglio capire. Nella Costituzione Dei Verbum lA. nota che il testo finale
fu certamente immaginato per esprimere qualcosaltro che la semplice riconferma della
continuita` del cattolicesimo (p. 424). E` evidente che quel semplice e` introdotto abusivamente perche manca laltro termine conciliare, dopo cattolicesimo , e cioe` nellaggiornamento (v. del resto il seguente ricupero dellA.: i due campi ... hanno forse avuto piu`
tratti in comune di quanto sembrava a prima vista : p. 434; v., nel contributo alla ricerca
successivo, pp. 443 e 450). I due aspetti vanno insieme (lo stesso vale anche per p. 426).
Sullonda di tale pensiero mi pare trovi spazio lintervento di G. Routhier, sempre nel volume
in parola, dal titolo Orientamenti per lo studio del Vaticano II come fatto di ricezione , tema
su cui si e` parlato molto negli ultimi venti anni, cosa che puo` aver portato a trascurare
lanalisi dei processi di ricezione in atto al suo (del concilio) stesso interno (p. 466). Vi si
parla della ricezione della Scrittura, del simbolo della fede, dei Concili precedenti, dellinsegnamento del Magistero ordinario, della consuetudine, della vita delle Chiese, della cultura
(con applicazione azzardata alla cultura democratica : p. 484), e ancora della ricezione
negativa operata dal Vaticano II (cio` che il Concilio non ha voluto ricevere, con erronee
applicazioni, peraltro: p. 484s.) di quella, interna, delle affermazioni contenute nei documenti
conciliari precedenti. Certo la questione della ricezione e` profondamente legata al tema di
questo articolo. Nonostante le mie grandi riserve per molte delle affermazioni di vari Autori,
debbo accontentarmi di citare il volume Recezione e comunione tra le Chiese. Atti del Colloquio internazionale di Salamanca, 8-14 Aprile 1996 (a cura di H. Legrand, J. Manzanares,
A. Garca y Garca), Bologna 1998, specialmente pp. 51s., 105ss, 108, 344 e soprattutto 438:
il ruolo normativo spetta alla tradizione e non alla ricezione . V., nella stessa linea, p. 440. La
mia presentazione critica del volume apparira` in un prossimo numero di Apollinaris . Unultima citazione varra` la pena di fare, e la traggo da L. Scheffczyk, in La Chiesa. Aspetti della
crisi postconciliare e corretta interpretazione del Vaticano II , Como 1998, p. 21, questa:
ogni interprete od ogni gruppo coglie solo cio` che corrisponde ai suoi preconcetti, anche a
quelli della maggioranza . Il volume e` inteso a ripresentare la dottrina del Concilio Vaticano II: progresso e continuita` , mostra cioe` appunto la piena continuita` dellinsegnamento
integrale del magno Sinodo con la dottrina ecclesiologica precedente, evidenziandone altres` lo
sviluppo e il progresso, nella comprensione del mistero della Chiesa stessa. Laltro aspetto
fondamentale, nellanalisi dellA., e` la costatazione di una divergenza tra la proposta di rinnovamento conciliare e quella del postconcilio, conseguenza (anche, aggiungo io) di una interpretazione unilaterale, selettiva e ultimamente fuorviante del pensiero conciliare stesso.
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Cfr. K. Schatz, Storia dei Concili. La Chiesa nei suoi punti focali , Bologna 1999,
p. 233.
18
Ib., p. 233.
L. Scheffczyk, op. cit., nella prefazione, delinea la problematica situazione ecclesiale
odierna la fraternizzazione avventata e non critica del cristianesimo con lo spirito del
tempo ... (in una prospettiva) di irrazionalismo postmoderno, quali una religiosita` vaga e
una presunzione gnostica che fa da sfondo al suo lavoro teologico, il quale si basa, invece,
su una fedelta` allidentita` della Chiesa, creazione della Parola. Essa ha origine situata, in effetti,
nella sovratemporalita` della Rivelazione, nonostante laderenza al proprio tempo. E` qui in
questione la continuita` stessa della Chiesa cattolica, pur nel contemporaneo aggancio con il
progresso . Nella sua conclusione, lo sguardo rivolto al compimento (pp. 180-183), lA.
attesta che il credente guarda allo stato della Chiesa in ogni tempo solo tramite la concezione
del tempo cristiano, determinato da due date limite: la venuta di Cristo nella pienezza dei
tempi e lavvenimento escatologico del ritorno del Signore nel giudizio e nella trasfigurazione.
Tra questi due pilastri oscilla il ponte del tempo intermedio, nella dialettica inestinguibile tra
il gia` e il non ancora dellesistenza ecclesiale, portata a sintesi nella speranza. E` anche il
tempo dei mea culpa del Popolo di Dio, della critica condotta con il dono del discernimento,
che non e` pero` da paragonare alla presente critica patologica rivolta alla sostanza della chiesa e
avente come scopo la creazione di unaltra chiesa futura (p. 182). Lapertura alla chiesa del
compimento permette (invece) non solo una visione realistica delle ferite sorte dalla debolezza e
dai peccati degli uomini: essa permette di comprendere anche le prove, i danni e le sofferenze
apostoliche (ib.) che prendono forma del martirio. Esso non si adatta al concetto di una
chiesa che dice agli uomini solo cio` che essi vogliono sentire (che in fondo gia` sanno da tutti i
media) e si e` adattata in tutto e per tutto allo spirito del tempo (p. 183). Eppure e` lintimo
legame tra la creazione naturale e la redenzione soprannaturale a obbligare i cristiani e la chiesa
pellegrina a rivolgersi al mondo . Ecco lultima pennellata: Per la chiesa pellegrina esiste un
compito politico, ma questo compito ha un carattere proprio, non compatibile con la politica
profana. Questo compito non puo` essere eseguito solo in vista di un futuro immanente, ma
devessere motivato dal fine ultimo del compimento. Cio` da` al compito terreno anche unaltra
determinazione di contenuto: accanto alle promozioni delle cose temporali deve comparire il
sovrannaturale, che la chiesa nel suo essere permanente deve rappresentare e documentare
(p. 183). Utile, a tale proposito, puo` essere la mia presentazione critica, apparsa su LOsservatore Romano del 10 Giugno 1998, p. 10, del vol. Vatikanum II und Modernisierung.
Historiche, theologische und soziologische Perspektiven (hrsg, F.X. Kaufmann, A. Zingerle),
Paderborn 1996, p. 423; v., in questo volume, pp. 233-237.
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cattolica e dei suoi Concili. Di fatto quel gruppo (di studiosi) di Bologna ,
guidato dal Prof. G. Alberigo, e` riuscito quasi a monopolizzare ed imporre una
interpretazione scentrata , grazie specialmente alla pubblicazione di una
Storia del Concilio Vaticano II , edita da Peeters/Il Mulino, prevista in cinque volumi, di cui, in lingua italiana, ne sono usciti gia` quattro. Basti dire, per
rilevarne la portata di influsso e le possibilita` finanziarie della societa` in
parola nonche le sue alte protezioni , che sono in cantiere le traduzioni
in francese, inglese, spagnolo, tedesco e portoghese. Anzi alcuni tomi in dette
lingue sono gia` apparsi.
La gravita` della conseguente situazione, nellermeneutica conciliare, dal
nostro punto di vista potra` essere rilevata dalla lettura delle mie presentazioni dei quattro volumi finora apparsi in Italia.11 Non posso qui evidentemente
riprendere tutto il mio forte discorso critico. Mi limito, quindi, ad illustrazione
esemplificativa, a riprendere qualche paragrafo della presentazione del IV volume dellopera, indicativo peraltro del tutto apparso finora. Ivi scrivo: Come
gia` misi in evidenza per i precedenti tomi, anche questo, ponderoso e dalla
consueta bella pagina e attenta presentazione, costituisce un notevole sforzo
enciclopedico sottolineo enciclopedico , per quanto riguarda il magno
Sinodo Vaticano ...
Continua (comunque) ad aleggiare sulla presente Storia un elemento che
definimmo ideologico, fin da principio, e che traspare anche da varie animosita` ingiustificate e non scientifiche contro personaggi della minoranza conciliare in questo pure il presente volume e` monocorde elemento che arriva in
fondo a considerare come vero Concilio Vaticano II quello di Papa Giovanni,
ritenuto innovatore e progressista (e tale assemblea sinodale e` spinta
fino a raggiungere la soglia del settembre 1964), piuttosto che laltro Concilio,
di Paolo VI. Invece, il magno Sinodo fu, e`, uno ed indivisibile: il Vaticano II.
Nella stessa linea di soggettiva e non fondata interpretazione appare lidea,
sottostante allermeneutica sinodale di cui il volume e` un esempio chiarissimo,
che detto Concilio emerge s` come evento, ma in una visione storica di novita`,
di rottura con il passato, e non di continuita` e di rispetto alla Tradizione, pur nel
giusto suo aggiornamento. Infine segnalo che, come in precedenza, ... (appaiono) interpretazioni assai dure e di parte circa il ruolo di Mons. Felici
(Segretario generale del Concilio), per non parlare di altri, ... senza tener conto
della mens papale, la stessa che si rivelera` ancor piu` durante (quel)la (che tuttora, purtroppo, e` chiamata) settimana nera (del novembre 1964) .12 Tale
espressione in effetti, pur erronea e giornalistica, continua ad essere usata, anche
se per lo piu` tra virgolette, sebbene ormai e` riconosciuto che durante quel
settimanale svolgersi conciliare il Sommo Pontefice prese giuste decisioni, altamente positive nelleconomia sinodale. Cos` egli fece a partire dai suoi giudizi,
quali appaiono nelle Adnotationes (manu scriptae Summi Pontificis Pauli VI)
gia` del 24/ IX/64, e cioe`: Lo schema De libertate religiosa non pare sia
11
V. Apollinaris LXIX (1996), pp. 305-317 e LXX (1997), pp. 331-351 ed inoltre
LOsservatore Romano del 28 Agosto 1998, p. 6, e del 31 Gennaio - 1o Febbraio 2000, p. 10.
12
LOss. Rom. del 31 Gennaio - 1o Febbraio 2000, p. 10.
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Noi tuttavia non riteniamo che si possa arrivare al pensiero conciliare qua
talis, prescindendo dalla preoccupazione di quel consensus che fu proprio caratteristica sinodale e che fu cercato non solo per se stesso, ma perche vi si
esprimevano la fedelta` alla Tradizione e il desiderio di incarnazione, di aggiornamento. Inoltre soltanto i testi definitivi approvati dal Concilio e promulgati
dal Supremo Pastore fanno testo , altrimenti ciascuno li ricevera`, come spesso
si fa, alla sua maniera, a pretesto per il proprio cammino personale o per la
propria preferenza teologica o di scuola . Il Concilio fu invece ripetiamo
esperienza di comunione, dove antico e nuovo, alla fine, si baciarono e fecondarono. Vi si incontra leterna e sempre nuova peculiarita` della Chiesa cattolica
che dal suo deposito sa trarre nova et vetera. Qui vediamo pure noi con
sguardo teologico oltre che storico e lesegesi conciliare anche di cio` deve tener
conto, se non vuol essere partigiana o ideologica. Ci fermiamo qui, pure se
consideriamo importante quanto osservammo a suo tempo sulla Lumen Gentium, lattuazione delle disposizioni conciliari e le prime reazioni come son viste
dallAubert.
Il citato storico affronta il medesimo argomento in unopera a tre mani (R.
Aubert G. Fedalto D. Quaglioni) dal titolo Storia dei Concili , Ed. San
Paolo, Cinesello Balsamo 1995. Nella nostra presentazione 21 attestavamo che,
rispetto al precedente lavoro, la ricerca era migliorata: e` meno gornalistica, piu`
stringata ancora e decantata, in fondo anche piu` obiettiva, pur notando che
qualche cliche e` difficile da vincere anche per Aa. ben provveduti . Puo` bastare.
Pure lAlberigo si cimento` in unimpresa di sintesi, in questultimo decennio, con ledizione di una Storia dei Concili ecumenici (Aa. Vv.), Brescia
1990, a piu` mani, riservandosi la trattazione di quelli Vaticani. Al II sono
dedicate una cinquantina di pagine. Ne facemmo una Nota 22 e non vi e` niente
da aggiungere a quanto sopra abbiamo osservato sul metodo e sul contenuto
della ricerca storica dellAlberigo, perche anche qui appaiono i noti filtri , le
sensibilita` a senso unico e i giudizi preconcetti dellA.
Lo scorso anno, poi, si pubblico` in Italia una Storia dei concili. La Chiesa
nei suoi punti focali (EDB, Bologna 1999) di Klaus Schatz. In attesa della
pubblicazione della mia relativa presentazione su Apollinaris , mi limitero` ad
accennare alla perplessita` e alle riserve su molte delle cose scritte dallA., per
ambiguita`, slittamenti, pregiudizi e confusioni. Penso per es. all ultramontanismo e a Noi siamo Chiesa , come son visti da Schatz, e allasserto che la
minoranza del Vaticano II corrispondeva piuttosto alla tendenza della maggioranza del Vaticano I e viceversa. Anche i giudizi sulla N.E.P. non sono
calibrati e in ogni caso manca proprio a questo riguardo, da parte dellA., luso
(non sono nemmeno citati nella bibliografia) degli ultimi tomi di Acta et
Documenta (quattro) e Acta Synodalia (sei) del Concilio Vaticano II, curati dal Prof. Carbone. Gli Atti , proprio di tale N.E.P. oltre che di altre
questioni, danno alcune obiettive chiavi di lettura.
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Non posso mancare inoltre qui di ricordare Vatikanum II und Modernisierung. Historische, theologische und soziologische Perspektiven (hrsg. F.-X.
Kauffmann, Arnold Zingerle) F. Schoening, Paderborn 1996.23 Non sono sociologo e quindi non approfondisco il giudizio critico in tale materia, ma molte
cose anche in questo caso si dovrebbero dire, almeno quando si sconfina in
interpretazioni unidimensionali e per noi arbitrarie sul Concilio stesso. E` il caso
del prof. Klinger e, meno, del Pottmeyer, in altro contesto pero`.
A questo proposito (della sociologia) rifiutiamo che essa sia signora
della teologia e prendiamo cos` assai le distanze dal cosiddetto suo giro
sociologico. Ci pare giusto e cosa assodata. Daltra parte montanismo o
neomontanismo (da cui puo` derivare ivi si dice un ghetto ) sono
concetti storico-teologici, su cui cioe` lo storico e il teologo devono pure dire
qualcosa, come nel caso di ierocrazia , per es. Con cio` non vogliamo sottovalutare un progetto interdisciplinare , come lo fu lopera in parola, pur
riconoscendone i rischi soggiacenti.
Infine non dimentichiamo, per terminare il ventaglio delle posizioni, che da
oltre 25 anni si pubblica a Roma un modestissimo quindicinale dal titolo S` s`
no no , chiaramente tradizionalista . Per farsene unidea basta prendere in
mano il numero del 15 Marzo 2000, lultimo in nostro possesso. Esso si apre con
Concilio o conciliabolo? (Riflessioni sulla possibile invalidita` del Vaticano II)
Il prologo della rivoluzione: A. La costituzione sulla liturgia .
Per una corretta interpretazione
Di fronte a un cos` vasto ventaglio ermeneutico, pur fondamentalmente
unidimensionale, nella linea interpretativa che va per la maggiore, ci si potrebbe
sentire forse piuttosto soli, anche se un po consolati da quanto accadde anche
per il Concilio di Trento, e pensiamo allesegesi del Sarpi, poi superata, finalmente. Siamo comunque convinti che la storia, i documenti, i futuri giudizi ex
actis et probatis, faranno giustizia ermeneutica, con il tempo. Ci vuole pazienza,
intanto, ma anche lavoro, impegno, mezzi.
La nuova fase tuttavia e` spuntata ci pare in questo ultimo decennio, e
ricordiamo qui, dinizio, il volume del noto Prof. L. Scheffczyk dal titolo La
Chiesa. Aspetti della crisi postconciliare e corretta interpretazione del Vaticano II , Jaca Book, Como 1998, in cui si auspica un ricupero del senso cattolico della realta` della Chiesa, dopo la crisi postconciliare a tale riguardo.
Rimando alla mia presentazione dellopera,24 per non dilungarmi troppo,
non senza attestare che lA. ha messo il dito sulla piaga della odierna ermeneutica, con queste precise parole: Ogni interprete od ogni gruppo coglie
solo cio` che corrisponde ai suoi preconcetti , anche a quelli della maggioranza (conciliare).
A cio` sfugge comunque proprio colui che e` stato custode ed editore degli
Acta , raccolti nellArchivio del Concilio Vaticano II, voluto con straordina23
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Magno fu il Concilio. Solo gli Atti ufficiali sono raccolti in 62 grossi tomi,
che formano la base sicura per la recezione ed una corretta interpretazione.
Molti pero` hanno iniziato a tessere la loro tela dinsieme ancor prima della
pubblicazione degli Atti riferitisi agli Organi direttivi conciliari, basandosi cioe`
su scritti privati (diari personali), su giornali contemporanei e cronache, pur a
volte egregie. Penso a quella del P. Caprile, per esempio.
Qui nasce la questione gia` del loro vaglio, della critica incrociata, poiche da
una pur semplice lettura appaiono discrepanze e varieta` di attribuzioni e meriti (per certe posizioni al fine vincenti ), conoscenze parziali rispetto a
complessita` di cose sinodali (tela di regolamenti, pressioni, movimenti, battaglie contro il conservativismo , o la Curia, o a difesa della tradizione o
dellavanguardia, magistero del Magistero, o interpretazioni di indirizzo pastorale-ecumenico di Giovanni XXIII).
Con questo non si rifiuta naturalmente lapporto dei diari,* (esempio del
Mahieu, per quelli conciliari del Congar); essi danno, fra laltro, sapore e ingredienti, ma vanno sottomessi agli Atti ufficiali senza scivolare verso una storia
di frammenti, una cronaca o un enciclopedismo, con dispersione, dissezione,
vivisezione o scorticatura del Concilio stesso. Ricordiamo qui i diari di Chenu,
Edelby, Charue, (gli inventari delle carte Suenens e De Smedt) e Congar, in
attesa, vicina, di quelli di Prignon e, speriamo, di Philips (del suo archivio vi e`
gia` linventario, ora, opera di L. Declerck e W. Verschooten) e di Felici. Menzioniamo inoltre i volumi di S. Schmidt, su Bea, B. Lai per Siri e J. Ratzinger con 2 ricordi sulla finalita` del Concilio e sulle fonti della Rivelazione , nonche ancora di ricordi si tratta del Card. Suenens.
La problematica soggiacente allutilizzo dei diari e`, per molti, legata allimpegno a diminuire limportanza dei Documenti finali conciliari (lo spirito del
Concilio! Ma e` invece spirito di questo corpus), sintesi di Tradizione e rinnovamento (= aggiornamento), per fare prevalere una ricerca mirata (in precedenza), che ci e` apparsa ideologica fin dagli inizi. Essa punta solo sugli
aspetti innovativi, sulla discontinuita` rispetto alla Tradizione. La testimonianza
piu` lampante la troviamo nel volume Levento e le decisioni. Studi delle dinamiche del Concilio Vaticano II , a cura di Maria Teresa Fattori e Alberto
Melloni.
Il puntare sulla discontinuita` e` anche frutto dellattuale tendenza storiografica generale che (dopo e contro Braudel e gli Annales ) privilegia, nellinterpretazione storica, levento , inteso come discontinuita` e mutamento traumatico. Orbene nella Chiesa, se evento non e` tanto un fatto importante, ma una
rottura, una novita` assoluta, il nascere quasi di una nuova Chiesa, una rivoluzione copernicana, il passaggio, insomma, ad un altro Cattolicesimo perdendone le caratteristiche inconfondibili , detta prospettiva non potra` e dovra`
essere accettata proprio per la specificita` cattolica. Nel citato volume, per conseguenza, si criticano le ermeneutiche conciliari di uomini non certamente
* Per le opere, citate nel presente contributo alla ricerca, si veda la critica, singolarmente
espressa, in questo stesso volume.
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ecclesiale sulle istituzioni secolari quando continuamente egli propone una democratizzazione della Chiesa?
Poteva il Concilio fare di piu`? si chiede infine. La domanda e` imbarazzante e la risposta precaria , ma Alberigo la da`, rivelando due delusioni. Eppure il Vaticano II non ecumenico strictu (sic!) sensu . Perche? ha
lasciato una chiesa cattolica ben diversa da quella in seno alla quale si era
aperto. A questo punto lA. chiama a consulto Jedin, Rahner, Chenu, Pesch,
Vilanova e Dossetti per introdurci alla terza epoca della storia della Chiesa
(Pesch), e definire levento Concilio Vaticano II mutamento epocale , transizione epocale . Da un lato (infatti) esso e` punto di arrivo e di conclusione
del periodo posttridentino e controversista, e forse dei lunghi secoli costantiniani; da un altro lato e` anticipazione e punto di partenza di un nuovo
ciclo storico .
E noi che diremo al riguardo? Ripeteremo, anzitutto, che non accettiamo la
prospettiva di staccare evento e decisioni conciliari, e poi precisaremo ancora
una volta che esso, per noi, e` un grande avvenimento, non una rottura, una
rivoluzione, la creazione quasi di una nuova Chiesa, in casu, labiura del grande
Sinodo tridentino e del Vaticano I, o di ogni altro Concilio ecumenico precedente. Svolta certo vi fu, ma, rimanendo con limmagine stradale, essa non e`
ad U . Ce` stato insomma un aggiornamento , e il termine spiega bene
levento, la coprensenza di nova et vetera, di fedelta` ed apertura, come dimostrano, del resto, i testi approvati in concilio, tutti i testi.
Levento, dunque, e` un sinodo ecumenico (v., di M. Deneken, Lengagement
cumenique de Jean XXIII, in Rev. des sc. Rel., 2001, pp. 82-86), per cui non e`
da considerarsi pre-giudizio analizzarlo come tale, a partire da quello che esso e`
per la fede cattolica, pur con una sua caratteristica propria, che non puo` contraddire quanto altri Concili ecumenici hanno definito. E` evento di unita`, di
consenso. La Chiesa, poi, fu sempre amica dellumanita`, anche se cio` non
significo` naturalmente amicizia con la modernita` tout court, e in che senso,
poi? Alberigo si inclina a pensare che gli elementi di continuita` con la tradizione conciliare sono considerevoli, ma anche quelli di novita` sono rilevanti e
forse di piu` . Noi non facciamo questione di quantita`, ma di qualita`, di evoluzione fedele, non di rivoluzione sovvertitrice. E sara` la storia a dirci se il
Vaticano II verra` considerato una transizione epocale , una svolta epocale . Non ci resta che attendere e operare, intanto, tutti, per una giusta, vera,
autentica ricezione di questo Concilio, non solo nelle sue novita`, ma anche
nella sua continuita` con la grande Tradizione cristiana, ecclesiale, cattolica.
Per continuita` di trattazione varra` qui ricordare pure il volume Il Concilio
inedito. Fonti del Vaticano II (a cura di M. Faggioli e G. Turbanti). Prossimamente dovrebbe apparire altres` una mia presentazione al riguardo, ma anticipiamo due citazioni dellopera, assai indicative. La prima concerne la sistemazione dellArchivio e la pubblicazione ufficiale degli atti (che) sembrano voler
porre anche pregiudiziali significative sullautenticita` delle possibili interpretazioni del concilio stesso. In effetti Paolo VI ha sempre mostrato una preoccupazione e una viva inquietudine per le conseguenze che le interpretazioni parziali (sic!) dei documenti avrebbero potuto portare nella disciplina ecclesiastica,
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387
cronache conciliari e dei contemporanei servizi giornalistici (che tuttora esercitano un grande e nefasto influsso), alla luce degli Atti Conciliari , completati solo nel 1999.
Rimanendo in Italia vi troviamo anzitutto il volume XXV/1 e 2 della Storia della Chiesa iniziata da Fliche-Martin, a cura di Guasco, Guerriero e
Traniello. Ivi la trattazione del Concilio Vaticano II fu affidata a R. Aubert,
ben conosciuto storico belga. Nella relativa recensione osservavo, anzitutto,
qualche pecca simile a quelle riscontrate nel gruppo bolognese , ma con indirizzo piu` equilibrato.
Comunque la considerazione finale di Aubert, che colloca Paolo VI pienamente sulla linea tracciata da Giovanni XXIII , dice molto della sua posizione contraria rispetto alla convinzione dellAlberigo e di quanti a lui si rifanno, anche nel gruppo dei belgi. Il capitolo VII illustra poi i testi sinodali il cui
merito teologico, per noi, dovrebbe essere piu` rilevato, anche per quella
ricezione da tutti auspicata, oltre ogni parzialita`. Infatti, a forza di sottolineare
aspetti carenti dei documenti, ci domandiamo se si lasci sufficiente spazio alla
accettazione di quel magistero dottrinale in unottica pastorale che fu caratteristica del Vaticano II. E` una questione generale ed e` difficolta` dei giorni
nostri, anche se, beninteso, forza ed autorita` dei documenti vanno valutate
secondo il genere letterario, i criteri di impegno e i temi trattati . Sempre in
argomento di quellermeneutica conciliare, che ci interessa qui maggiormente, ci
domandiamo pure se sia giusto asserire come fa lAubert il permanere di
numerose ambiguita` nei testi, nei quali affermazioni tradizionali e proposte
innovatrici si trovano frequentemente sovrapposte piu` che realmente integrate .
E ancora: Tale mancanza di coerenza produsse spesso divergenze di interpretazione, a seconda che si insistesse in modo unilaterale piu` su certi passi che su
altri. Sotto questo aspetto uno studio storico serenamente condotto puo` consentire di comprendere meglio quali furono le intenzioni profonde della grande
maggioranza dellassemblea, aldila` della preoccupazione di quel consensus piu`
largo . Noi tuttavia non riteniamo che si possa arrivare al pensiero conciliare
qua talis, prescindendo dalla preoccupazione di quel consensus che fu proprio
caratteristica sinodale e che fu cercato non solo per se stesso, ma perche vi si
esprimevano la fedelta` alla Tradizione e il desiderio di incarnazione, di aggiornamento. Inoltre soltanto i testi definitivi approvati dal Concilio, e promulgati
dal Supremo Pastore, fanno testo , altrimenti ciascuno li ricevera`, come spesso si fa, alla sua maniera, a pretesto per il proprio cammino personale o per la
propria preferenza teologica o di scuola .
Il citato storico affronta il medesimo argomento in unopera a tre mani
(R. Aubert - G. Fedalto - D. Quaglioni) dal titolo Storia dei Concili , Ed. San
Paolo, Cinisello Balsamo 1995, e, piu` recentemente, a due mani, con Cl. Soetens,
nel XIII vol. dell Histoire du Christianisme (dal titolo Crise et Renouveau de 1958 a` nos jours ) pubblicato nel 2000, sotto la direzione di Jean-Marie
Mayeur (vi sara` presto la traduzione in italiano naturalmente, come per gli altri
volumi di tale storia). In comparazione con lo sforzo precedente, in gran parte
ripreso, la collaborazione con Soetens non sembra abbia giovato allAubert.
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Rimando comunque alla sua presentazione, prossima, da parte mia anche per il
giudizio sulle proposte di cambiamenti strutturali che lA. offre.
Non voglio terminare il mio dire senza informarvi circa due avvenimenti
positivi abbastanza recenti, che fanno bene sperare in un cambiamento di tono,
in generale, nella ermeneutica conciliare futura. Concludo in tal modo non
perche voglia rispettare a tutti i costi il detto dulcis in fundo, ma poiche ve ne`
in verita` ragione.
E` nato, cioe`, or non e` molto, un nuovo Centro di Ricerche sul Concilio
Vaticano II, presso la Pontificia Universita` Lateranense. Esso ha organizzato,
nel 2000, un interessante Convegno internazionale di studio su LUniversita`
del Laterano e la preparazione del Concilio Vaticano II , e nei giorni scorsi ha
ripetuto lo sforzo scientifico con un altro Congresso, dal 9 allundici corrente,
sul tema: Giovanni XXIII e Paolo VI, i due Papi del Concilio . Il titolo dice
gia` dellimpegno di non mettere in alternativa quei due grandi pontefici. E`
significativo, indipendentemente dallo svolgersi degli interventi.
Ma ancor piu` dolce e` stato per noi il Convegno internazionale sull Attuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II , svoltosi in Vaticano a fine febbraio del 2000, e indetto per quel grande Giubileo. Vi abbiamo trovato finalmente attenzione a tante nostre preoccupazioni ermeneutiche. Bastera` leggere,
per comprendermi, il discorso pontificio pubblicato da LOss. Rom. del 28-29
Febbraio, pp. 6-7. Ne citero` soltanto un passo, il seguente: La Chiesa da
sempre conosce le regole per una retta ermeneutica dei contenuti del dogma.
Sono regole che si pongono allinterno del tessuto di fede e non al di fuori di
esso. Leggere il Concilio supponendo che esso comporti una rottura col passato,
mentre in realta` esso si pone nella linea della fede di sempre, e` decisamente
fuorviante .
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Dreyfus, 205
Dupont P., 228; 315
Duprey P., 111
Dupuis J., 327
Dupuy B., 320
Duquoc Ch., 153; 355; 356
Durn Estrag D., 83
Duval L.-E., 78
Ebertz M.N., 237
Edelby N., 5; 12; 104; 111; 228; 301; 302;
303; 304; 331; 371; 374; 375; 381
Edessa, 301
Efeso, 20; 21; 44
Egitto, 18; 21
Elchinger L.A., 324
Eraclio, 21
Erasmo, 46
Est, 101; 117; 191
Estremo Oriente, 86
Etchegaray R., 317; 324
Eugenio IV, 37; 38
Europa, 10; 37; 73; 82; 134; 146; 150; 190;
191; 193; 233; 236; 296
Europa centro-orientale, 236
Eusebio (di Dorileo), 20
Eusebio (di Nicomedia), 19
Eutiche, 20
Evry, 281
Fabro C., 252
Faggioli M., 5; 12; 336; 386
Fagiolo V., 125
Famere J., 82; 126; 127; 128; 133; 167;
228
Farias D., 59; 65
Fattori M.T., 12; 223; 255; 360; 371; 373;
381
Fedalto G., 12; 35; 377; 388
Federico II, 25; 37
Felici P., 33; 40; 69; 86; 87; 88; 96; 99; 100;
105; 108; 114; 116; 117; 120; 122; 124;
125; 127; 128; 130; 131; 132; 136; 137;
138; 139; 141; 142; 143; 145; 146; 147;
149; 152; 163; 181; 185; 203; 211; 212;
218; 229; 238; 239; 244; 253; 258; 261;
262; 298; 300; 313; 325; 328; 340; 342;
343; 344; 345; 346; 347; 374; 381; 385;
389
Feliciani G., 187
Fenton J.-C., 123; 327
Fret H.-M., 327; 334
Fernandez A., 325
396
Giulio II, 31
Giulio III, 31
Giussani L., 283
Giustiniani G., 31
Giustiniano (imperatore), 21, 266
Glorieux A., 203
Gmez de Arteche S., 108; 127
Gonnet D., 129
Gori A., 325
Gorresio V., 205
Gran Bretagna (v. anche Inghilterra), 82
Graziano, 24; 36
Grecia, 212
Gregoriana (Univ.), 79
Gregorio Asbesta, 23
Gregorio VII, 24; 233
Gregorio VIII, 24
Gregorio X, 25; 37; 273
Gregorio XVI, 273
Grieco G., 346
Grillmeier A., 172
Gronchi G., 294
Grootaers J., 12; 42; 105; 112; 113; 114;
115; 116; 117; 118; 130; 138; 179; 183;
185; 193; 194; 195; 229; 239; 253; 254;
278; 314; 315; 316
Guano E., 293; 324
Guardini R., 335
Guasco M., 12; 70; 177; 187; 376; 388
Guerriero E., 12; 35; 177; 187; 376; 388
Guidi (Card.), 274
Guitton J., 152
Gutierrez G., 73
Habermas J., 169
Hakim G., 257
Hallinan P., 107
Hamer J., 138; 326
Haquin A., 12; 316; 318
Hring B., 190; 326; 327; 329
Harmaniuk M., 324
Hasler J., 39
Haubtmann P., 324; 328
Hebblethwaite P., 205
Heenan (Card.), 325
Hegge Ch., 12; 281; 282; 284; 286; 288;
289
Heidegger M., 169
Helmrath J., 28
Helsinki, 179; 204; 220
Herbulot G., 277; 281
Herranz J., 327
Heuschen J., 316
397
Hieria, 22
Hildebrand (von) D., 190
Hfer J., 85
Hoffman P., 355
Holsten H., 254
Hong Kong, 193
Hornsby-Smith M.P., 236
Horton D., 153
Houston, 73; 83
Huenermann P., 156; 157; 159; 255; 256;
358; 360; 373
Huntington S., 268
Hurley D. E., 324
Hrten H., 234
Hus, 46
Ignazio (patriarca ger.), 23
Illirico, 272
Indelicato A., 66; 67
India, 193
Indonesia, 193
Inghilterra, 116; 212; 234; 236
Inn, 308
Innocenzo II, 24
Innocenzo III, 25; 37; 47
Innocenzo IV, 25
Irlanda, 116; 212; 236
Isaac J., 101; 306
Islanda, 212
Isolotto, 318
Israele, 69; 82; 129; 144; 306; 307; 332;
341; 345; 354; 361
Italia, 8; 18; 19; 30; 43; 44; 59; 60; 64; 65;
68; 76; 82; 115; 116; 118; 122; 147; 181;
187; 190; 194; 199; 205; 211; 212; 213;
214; 217; 218; 220; 221; 224; 233; 234;
236; 238; 251; 253; 294; 295; 296; 303;
309; 314; 319; 328; 329; 330; 331; 344;
346; 374; 388
Jacobs J.Y.H.A., 77
Jaeger L., 85; 257; 325
Jedin H., 28; 31; 36; 37; 53; 86; 143; 164;
214; 223; 230; 236; 256; 326; 333; 359;
372; 382; 386
Jenny H., 107
Journet Ch., 328
Jousten A., 318
Jugoslavia, 191
Jungmann J.A., 299; 328
Kaczynski R., 128
Kampala, 89
398
399
400
Paleologo (imperatore), 30
Paolo (San), 220; 355
Paolo III, 31
Paolo VI, 5; 33; 34; 40; 41; 42; 52; 59; 61;
62; 64; 88; 95; 115; 119; 120; 122; 123;
125; 129; 130; 132; 133; 134; 135; 136;
138; 139; 141; 142; 143; 144; 145; 147;
148; 149; 150; 151; 152; 155; 156; 157;
159; 160; 162; 165; 168; 172; 177; 179;
180; 181; 182; 183; 184; 185; 187; 188;
189; 190; 192; 193; 194; 196; 197; 198;
201; 202; 203; 204; 210; 214; 215; 216;
217; 218; 219; 220; 221; 222; 224; 227;
229; 230; 238; 240; 241; 243; 244; 253;
254; 256; 259; 260; 262; 263; 274; 288;
294; 296; 297; 298; 300; 307; 309; 313;
317; 322; 331; 336; 337; 339; 340; 341;
342; 343; 344; 345; 347; 348; 360; 362;
363; 364; 365; 366; 367; 368; 369; 372;
373; 374; 376; 379; 382; 384; 385; 388;
390; 391
Papen (von), 208
Paraguay, 83
Parente P., 185; 186; 325; 328; 333; 344
Parigi, 122; 178; 202; 210; 243; 394
Passicos J., 279
Pavan P., 139; 190; 307
Pavia, 37; 46
Pellegrino (Card.), 59; 61
Peri V., 2; 265
Perrin L., 127; 128; 150; 226; 227
Perrone L., 18; 19; 20; 21; 22; 23; 35
Per, 83
Peruzzo G.B., 325
Pesce M., 188
Pesch O.H., 164; 386
Philips G., 5; 12; 42; 49; 53; 106; 110; 111;
118; 124; 125; 137; 142; 147; 155; 163;
169; 183; 186; 197; 198; 215; 226; 241;
253; 254; 258; 259; 262; 274; 277; 278;
280; 313; 314; 315; 316; 317; 319; 322;
326; 328; 363; 366; 381
Piana G., 189; 190
Pietro (San), 24; 29; 32; 44; 182; 194; 202;
218; 219; 220; 251; 264; 266; 269; 270;
271; 272; 275; 276; 303; 322; 354; 355;
358; 379; 390
Pignedoli (Card.), 62
Pio II, 46
Pio IV, 31
Pio IX, 32; 39; 51; 216; 267; 273; 322
Pio X, 97; 215; 310
Pio XI, 51; 204; 348; 361
Pio XII, 51; 55; 59; 61; 69; 80; 81; 95; 104;
109; 134; 156; 159; 178; 196; 200; 203;
204; 208; 213; 214; 234; 293; 294; 305;
310; 322; 323; 343; 348; 361
Piolanti A., 327
Piroird G., 280
Pirro, 46; 274
Pisa, 18; 31; 45
Pizzardo (Card.), 106; 320; 325
Plutarco, 185
Polonia, 193; 228; 300; 323; 342
Pombeni P., 224; 225
Portogallo, 82
Potest G.L., 59; 61; 62
Pottmeyer H.J., 12; 172; 233; 234; 254;
267; 270; 271; 272; 273; 274; 378; 389;
390
Poulat E., 143; 223; 256; 359; 372; 382
Praga, 228
Prignon A., 5; 12; 122; 149; 154; 155; 156;
228; 315; 316; 317; 318; 326; 381
Primeau E., 225
Proch U., 29; 30
Pruegel Th., 266
Pseftongas B., 265
Pseudo-Isidoro, 272; 329
Puebla, 192; 248
Quaglioni D., 35; 36; 37; 38; 377; 388
Qubec, 172
Querini V.P., 31
Radini-Tedeschi G.M., 213
Raguer H., 108
Rahner K., 106; 111; 140; 149; 155; 164;
311; 315; 328; 356; 386
Raimondi L., 84
Ramirez J., 327
Ratzinger J., 5; 12; 134; 143; 168; 169; 171;
223; 247; 256; 259; 269; 308; 311; 327;
353; 359; 371; 372; 375; 381; 382
Reims, 25
Rmond R., 280
Reuss J.M., 89; 128; 324
Rhodesia Meridionale, 183
Rhodesia Settentrionale, 183
Ricard J.P., 281
Ricca P., 361
Riccardi A., 59; 61; 78; 79; 103; 104; 105;
106; 190; 199; 204; 301; 302
Rimini, 283
Roberti (Card.), 158; 325
Roberts E., 88; 89; 181; 304
401
402
403
INDICE GENERALE
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sigle e abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ordine cronologico delle precedenti pubblicazioni . . . . . . . . .
Elenco delle precedenti pubblicazioni . . . . . . . . . . . . . .
Lista degli Autori delle opere e degli studi considerati e numeri corrispondenti nella trattazione critica . . . . . . . . . . . . . . . .
7
9
10
12
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.
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.
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.
.
17
35
43
50
.
.
.
II
.
59
66
73
82
84
93
102
120
135
147
165
177
196
198
405
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
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.
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205
210
213
216
223
233
238
243
251
253
254
261
263
270
277
281
283
293
297
301
304
308
312
314
316
318
320
336
339
346
406
353
358
370
380
393
405
TIPOGRAFIA VATICANA