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-- 249 pena per la singolare ragione che il delitto dell' altro pi grave.

(1) La vecchia Rota iiiorenlina us talvolta la Toi-muta della pltnibilil dell' eccesso quando trov a fronte due in. niuirie recriproche che le apparvero disuguali di gravit; vale a dire esent da pena la ingiuria minore; esent la ingiuria niaggiore da una parte di pena fino a quella che reput estinta per la concorrenza compensatrice; e - pun i l di pi conie eccesso ed in ragione soltanto della differenziale. Questa foimu1a in un caso in cui deducevasi compensazioiie fra uno schiaffo ed ingiurie verbali la trovo nettamente s~abilitada una sentenza della Rota Fiorentina del 13 agosto 1 8 2 9 i11 affare di Campiglia contro Giuseppe Santi, riferita do Cal e l l a c c i nel suo r'epe~*tovioalla parola ingiuria. Dove la legislazione penale dichitira le ingiurie perseguitabili soltanto a querela di parte, e mantiene I' azione pubblica indislinlainente contro tutte le percossc quantunque leggiere, diviene i[nporlantissin~a la questione s e lo schz'rtffo debba considerarsi come una contumelia e cos come dclitlo quietanzabile, o piuttosto come una lesione o colpo inesorabilmeule perseguitabile ad azione pubblica. La Corte di Cassazione di Torino con giudicato del 1s gennaio 1SGG ha mollo saviamente deciso che l' art,. 5 5 3 del codice Sardo che punisce la contrimelia e la ingiuria reale, sia applicabile anche al fatto di uno schiaffo quando le circostanze di causa e di persona mostrino che fu ammenato nnn con intenzione cli recare un male fisico ma a fine di vilipendio. Anche in Francia si agil con divergenza di opinioni sipatta questionv. La giurisprudenza anteriore al 1830 aveva col seguitato 13 massima pi severa con diversi giudicati dichiarando indeclinabile dallo schiaffo la indole di percossa e le sue conseguenze giuridiche cos in ordine all? azione come in ordine alla penalil: Cassazione 2 7 nevoso an. S ; 2 6 brumajo an. S I I ; 1 9 ottob r e 1809 ; 2 6 gennajo 1510 ; 1 6 agosto 1810. I1 gretto ri-

guardo ad ogni piccola differenziale fra le ingiurie recipro cate, pel fine di escluderne la compensazione, fu portato da alouoe pratiche al rnassimo rigorismo. Cos il B e r g e r o f p a r s 4, resp. 194) neg la coinpensaziooe fra le ingiurio atroci e le leggiere : vedi anche C a r p z o V i O quaesl. 97, n. 41. Cosi 1' H a r p p r e C h t f dec. 106, n. 58 ) insegna nori doversi auimeltere compensazione s e uno tacci 1' altro di ladro e questi rispose, sei un omicida e un adultero: lo stesso aveva insegnato G i o v a n n i H a r p p r e C h t nel comrnenlario alle Inslituta tit. de injur. S. 1, n. 87. Cosi l' E n g a u fpavs 3, dec. 81, n. 2 ) nega la compensazione fra la ingiuria verbale e la reale. Ivta pi filosofo sempre di tutti gli altri criminalisti dei suoi tempi il L e y s e r fspec. 573, medit. 1,3) riprov coteste di5colt nello ammettere ia compeiisazione delle ingiurie, dicendo che le medesime non erano buone ad altro che ad aumentare le sportule dei giudicanti; " e sostenne non doversi avere rigoroso riguardo ad una ineguaglianzu, la quale se si fosse strettamente obbedita avrebbe renduto quasi sempre impossibile la compensazione che rimedio ulilissimo e favorevole: ed assod la propria opinione sul\' argomento desunto dalla 1. 47, fl: soluto ~~zatrimonio, dove si ordina la compensazione fra il lenocinio e 1' adulterio quantunque siano delitti tanto disuguali, 11 codice di Bolivia dell' anno 1831 (art. 6 7 0 ) a'rnmettb la compensazione indistintamente per' le ingiurie reciproche qualunque sia la loro respettiva natura; ma prevede la ipotesi che la contesa abbia cagionato scandalo, ed iu ragione di questo d facoll al giudice di putiire ambedue con un arresto non maggiore di quindici giorni. hla B necessario che io torni su quanto lio detto di sopra in ordine alla questione s e lo schiafo sia t6 p ~ n i l ' ~ come percossa. anche quando staio amnienato 6' col SOIO animo di arrecare ingiuria. In questi termini la Cassazione di Torino nel 1 8 G G ha detto costituirsi la ingz'uria e aon la percossa: io elogiai questa giurisprudenza. Ora il Prof. T u r b i g l i o in apposito discorso inserto nel17Eco dei Tribunali n. 2354 ha vivamenb censurato il giudizio cli quel-

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Ia Corte Suprema e la mia adesione. I1 giudizio della Corle Suprema egli censura per argomenti tratti dalla lettera e dalle sanzioni del codice Sardo : ma ormai ho detto pi volte che le questioni scientifiche non si debbono sciogliere col testo di uno o di un altro codice mentre quel testo non d alla scienza una ragione d i decidere, ma vale soltanto come opinione di un Dottore. Io non scendo dunque su questo terreno, il quale niente mi r$guarda. Che s e con argomenti tratti dal giure positivo io volessi discutere la questione mi sarebbe agevole ritorcere a d uno ad uno i principali argomenti del T il r b igl i o richiamando la mia opinione al codice Toscano. infatti il ' T u r b i g l i o fa gran forza sullo inconveniente della lroppo Eeggie~a pena che incontrerebbe lo schiano s e si considerasse come ingiuria, e ne tragge una ragione determinante per doverlo punire come percossa, giacche egli dice che se la Ynyittricc oCfcnde soltanto I' onore, lo schirtfi offencle 1' ono7.e e pi offende il corpo. E bene: tutto questo ragionamento si ritorce dal codice Toscano contro il T u r b i g l i o. Appo noi per l'articolo 331 s e lo schiaffo uua percossa si persegue a sola azione privtita, e non incontra altra pena che il carcere da sei a trenta giorni. Al contrario s e lo schialI'o appo noi si punisce non come percossa ma come in$giuria esso per I' art. 368,'s. 2, let. b incontra li1 pena del carccre d a quindici giorni a sci nzesi quando sia ammenato iz~ pubblico o il persona meritevole di rispetto : vedasi P u C C i o n i Cornnwntnrio al codice pentrle vol. 4, pag. 652. Siccli le considerazioni stesse del T u r b i g I i o della duplice offesa dell' onore e del corpo derivante dallo schiaffo sarebbero per noi concludentissime per dire che lo schiaffo una ingiuria e non una percossa, s e la questione io v o l ~ s s idiscutere sulla noi.ma del nostro diritto costituito. E ci mostra agli studiosi quanto sia vizioso modo di argomentare quello di chi pretende combattere la opinione di un cattedratilco col testo del codice penale sotto il quale vive il censore. I\Ia la questione scientifica vuole essere esaminata secondo i principii fondamentali di ragione, astrazione fatta sornpre dai dettati del giuro

positivo. Ora il T il r b i g l i o scendendo su questo campa critica 1:) mia adesione al giudicalo della Corte Suprema, confutanclorni con ci che io stesso aveva scritto alla nota al S. 1752; e se le mie parole a quei luogo servirono a condurre in errore il T u r b i g l i o io devo ringraziarlo della troppa deferenza che ha mostralo verso di rne, e chiamiirmi solo in colpa dello errore 'nel quale egli S 'caduto; giacche veramente in quella prima nota del S. 1752 f coma lo di?)tostvo con l' (rggiunlr~ fittavi d i sopru) io era veramente caduto in errore dando troppa generalit ad un;i ossc.rvazione la quale in certe applicazioni diviene viziosa e sofistica. Leggendo la mia correzione alla nota del S. l752 si comprende agevolrnenle che anche nella questione dello schiaffo la condizione dell'n9l.inlo dello agolta deve essere prevalenle per la determiiiazione dcl titolo. Sia pure che colui il quale amrnen lo schialSo per solo une d' ingiuriare abbia ancora voluto percuotere. NE io, n la Corte Suprenia impugnammo clie lo schielSo ?nrtCeriulmente fosse una pevcossa. Inutile clunque tutta 1;) erudizione con la quale Su r h i g l i o si affatica a mostriire clie nella voce percossa rientra lo schirtffu. Ci non s' iuipugua da noi, perchb non ncghiamo che lo schiaffo o r r a lo elentento .~rbcrtcrinledella percossa. RIa un delitto nou si costruisce col solo elemenlo natrtcrinle. ESSOsi differenzia da tiadlo a titolo niercb lo clef~aentointenaion(r1e; e ad ogni pie sospinto nello studio ilelle specialit criminose si trovano esempi di iina identica malerialil che sebbene iclentica sempre pu presentare molti titoli diversi di reato sostanzialmente difformi secondo la vctrietti del fine. Cos chi taglib il mio albero responsabile di danno dato s e lo tagli a fine di vendelta; responsabile di ~nga'on fattasi s e lo tagli per riconquistare il possesso ;responsabile di f i l ~ t o e lo tagli per asportarlo s e farlo suo. Col ragionamento dell' avversario nostro dovrebho dirsi al ladro dell' albero; sia pure che tu lo tagliassi a fine di furto, ma pure volesti tagliarlo, e volontariamente danneggiare 1' altrui propriet: dunque ti applico la pena del danno da60 e non quella del furto o della ragion fattasi:

lo che sarebbe un errore non ainmesso mai da nessuna pratica. Non vero che per noi si pretenda che la criminosiiii del fine escluda In criivzinositc del nlezzo. Tale rimprovero ingiusto. Noi sosteniamo che la crinlinositci del prae di.Iermi~aa In criminosit del nzeaao, cio attribuisce al reaio la sua pi vera nozione. Cos la criminosit del fine di lucro i~iodifica la cririiinocit della uccisione servita di mezzo, convertendo i l titolo di o~rricidioi n qriello di lirbroci~rio,percliP si suppone che siasi ucciso c o n volo~rtri d i togliere la vita. hla s e la volont e la previsione della morte spafisscro, si avrebbe uri furto qualificato dalle violenze; e non un latrocinio, percli quella azione s' informerebbe dal fine di rubare e non dalla intenzione di uccidere come inezzo a rubare. Cos 8c con lo schiaffo si fosso cagionata grave conlusione alla faccia a fiaccato un denle, sarebbe audace protendere che colui avessc) agito con sola intenzione di l c d e ~ v otaore e noti cori la inteii1' zione di 1cdel1e il corpo. IIa quando le circostanze dirnostr:irio che lo scliiaEo si amrncn a solo fine di ledere 1' onore; e queste diniostrazione si conforta dal nessun d n n ~ z ovecirto al corpo ; iiientc giova lo opporre che la percossa percosso aiicorcliP 1~01~ rechi danno al c o l p o , mentre cou cib s i falsa la qriestionc perch quello clie da noi si nega nello scliialfo non la matcvinlild d~lliipcrcossa ma b In inle?azione dirett'i :i recare dolorc fisico. La questione di puro frrtlo, e uori i11 divilto: tutto dipende dallo accertiire clie n o n si volle rccore dolore fisico, rna soltanto oltraggiore l' onove. Accertalo ci sparisce i1 titolo di lesione personale e non rimane che il titolo d' ingiuvia. Nel modo s t e s s o elementare nelle scuole e concordato da lutle le odierne legislazioni che il 1ndt.o sncl.ilrylo non B responsabile di sacrilegio, rnii di f i l ~ t oqunliflcctto. E percli ci? Per la gik addotta ragione, iion coiilpresa bast;~iitcrnenlc dagli avversari nostri, vale cr dire clie i l Jine d i lacz~plebursi esclude la inlrntione d i vilipentlcre la religioue, iolerizione esscnzic~le sacrilegio coal iiie a lutti i delilti clie si determinano per l'oggettivo dcllii religione. ~incliequi potrebbe ripetersi il sofisina clie d n iioi

si pretenda escludere lo criminosit del nzezzo mercd la criminosit del fine: ma anche qui tutti rispondono con noi che il fine non esclzcde ma modifica la criminositd del mezzo, inquantoch quel fine speciale togliendo al delitto mezzo il particolare elemento intenziontrle che ne farebbe una figura principale e di per s stante, lo toglie da quel titolo al quale parrebbe riferirlo la sua materialit, e ne riduce la criminosil. alla forma di appendice al delitto fine che rimane principale determinatore del titolo. Se la donzella rapila pah per parte deJsiioi rapitori qualche offesa nel corpo il fine speciale isf$h&a.-tul~a 1' azione; e dove la rapita dia la quietanza pv'*ll: bjko'saiebbe assurdo sperimentare Il azion per le ~ ,i I6 j e i .. e,&jrite"'a~ c k p o , ~ t t o il pretesto che ~ . quelle violen?! )si ~olli?ro. . .rebare. k v e r o che si arrecarono volonlariamen ,', colpe mezzo a rapire, e *al titolo di lee:a ,m. sione manc ~&.iit;~~i@e-.diretta ledere il;corpo. Quando a il Sovrano ha cop.crrtbcan un'! amnktia 'tutte le resistenze alla forza pubblica, pot;8'&li'permetiersi ii carabiniere insista percli S' infligga la @er gli urti percosse arrecate a Iiii per resisterei' Si era percosso il carabiniere, e volontariamente percosso: il mezzo era criminoso; ma la criminosit del fine lo assorbiva, e determinava una volta per sempre il titolo del reato. Non una specialit della teorica dello schiuffo quella che noi sosleniamo : un cardine universale regolatore della classazione e della nozione dei singoli delitti: cardine pacificamente accettato da tutte le odierne scuole, ed applicato in mille diverse ipotesi in tutle le pratiche.

Quello che vi ha di certo nella materia della compensazione delle ingiurie si B che questo modo di perenzione deve decretarsi. dal giudice di uffizio anco a dispetto della parte che ricusi di compensare : la compensazione si oper ministerio legis.

A questa massima ottenni sanzione da un giudicato della Corte di Cassazione (4) di Firenze. Una donna ostinata e vendicativa quanto B di natura il suo sesso, si opponeva col mezzo del suo abilissimo difensore alla compensazione delle ingiurie che si erano fra lei ed altra donna reciprocate. Non m' importa, diceva essa, di andare in carcere purchb vi vada anche la mia avversaria. La Corte parve esitare un momento, ma poi gettandosi sulla massima, nerno ione.
(1) Si veda
teorlta

in pratica. e che form se$fP rispettosi dubbi, si fu quella che per ammettere la compensazione fosse necessaria la querela di ambe le parti. Chi m' impedisce di proporre in eexceptione quei diritti che potrei proporre i% actione? Sia pure che se io querelato per ingiuria non ho dato alla mia volta querela per le ingiurie inferiterni dal mio avversario, la giurisdizione del giudice a conoscere di queste ingiurie non possa dirsi da me eccitata. Ci sar vero ad finenz pu?zitionis, ma non lo credo vero ad fifiern defensionis. Del fatto delle ingiurie recatemi dall' avversario non potr il giudice conoscere per dichiararlo delitto punibile, e sottoporlo a condanna, stante la mancanza di querela per parte mia; ma della esistenza del fatto, e di ogni altro suo effetto giuridico il giudice competente a cono-

- 256 scerne in quanto se ne modifichi il delitto mio, perche B competente a conoscere tntti quei fatti pei quali il delitto mio si modifica. La giurisdizione su questo induce per giuridica necessita la giurisdizione su tntti quelli, ed anzi a lui corre il preciso dovere di prenderne cognizione (1).
(1) Falsano lo spirito di questa dottrina 'quei siudici che
ci mostraiio schifiltosi ad ammettere la compensazione fra

le ingiurie reciproche, creando diffico2k in una materia che invece dovrebbe aversi come favorevole perch i n fin dei conti sempre una pena ai garrilli competitori il vedere assoluti i loro avversari. I pi accorti fra i pralici appianarono sempre invece di crearli gli ostacoli alla compensazione: r: non nnovo che per ammelterla a favore. di un ingiuriante si valuti ancora una offesa a lui recata non nell' onore ma nella propriet. Cos l' H e r t i u s f decisiones vol. 2, decis. 760 ) ricorda un giudicato ctie valut a tal uopo un giiaslo di oliiusura ed un ingresso violento nel domicilio, a cili si era risposto con ingiurie. I1 materialismo di chi cerca la parili delle offese avrebbe deblo che quel primo fako non era una i~zgiuricc nel seuso d i offesa all' onore, e perci avrebbe condannalo. hIa o si usi la formula della contpensaaiotze., o si usi quella della ritorsione, o si dica che la provocazioiae i? in questi reati una di~imciate,certo 6 clie il giudice filosofo al quale si denunzino due delitli reciprocatisi che sono entrambo di azione privala dovr usare ogni studio per sopprimere uii processo emulalorio.

Accettasi pure senza coiltrasto dai pratici la regola della non cessibilit del]' azione penale. La facoltd di muovere od arrestare a piaciniento nostro

il corso della giustizia punitiva per le ingiurie a noi recate, non pu estendersi fino al punto di darci balia di speculare sulla vendetta, e negoziare 1' azione ed i danni come farebbesi di ogni altro nostro diritto. Ci si ricongiunge al principio generale della 'non trasmissibilitik delle azioni penali di cui la I. 15. S. 14, f . de injzcr. et fum. libell. (1). Altra regola non controversa in proposito della compensazione delle ingiurie si quella che le offese di cui s' invoca la compensazione sieno u?zteriorialla data querela. Se per una ingiuria inferitami io invocai la giustizia dei tribunali, io nzi chiusi 1' adito ad ogni privata soddisfazione: e se dopo la mossa querela io trascendo alla mia volta ad ingiurie cbntro 1' avversario mio, non potr ricorrere alla compensazione per evitare la pena di queste. Tale regola s' insegna in termini dallo S t r y k i o (de jure sensuzcm, 9, 4, 8) n& trovo che abbia incontrato opposizioni; e ini sembra ragionevole.

(1) Questa regola risale ai pi antichi pralici: De G r a s s i s de cessione jzlris S. 3, n. 1 , uers. nutnquid actio injuviarum cedi possit 3 a c o b u s D e A r e n a de cessione actionum n. 94, uem. ilem et alia ralione - B e l v i s o prasis crirnin. lib. 1 , cap. 3 , n. 7 0 R a r C o dec. dclphin. i pars2,quaest.72,n.l S c h n e i d e w i n o in$.l,inati/. de public. judic. n. G L a u t e r b a C h dissert. disput. 111, thes. 39 S a n d e decisi. frisicne 'tonl. 8 , lib. ti, dec. 4: e pienamente L e n z i o fdc nonzini6us cessis cap. 20, ~nelnb. , 9 png. 2 2 7 ) il quale conforta la ~.egolacon la 1. 1, S. hncredcnt ff. de privatis delictis. E la regola fu estesa B ~ al Q punto di negare la trasmissibili~ non solo dell' azione nrl poenam ma anche dell' azione ad pnlinodinnz: R e v i o l VOL.1 1 1. 17

pars 2, dee. 136 (T. clc injzq'. n. 3.

-Br unn

e m a n o contmcnlnr. in l. 13,

La 2-enzissionepu essere o espressa, o tacita. Niente B da osservare circa la remissione espressa. O abbia la forma unilaterale, o la forma di contratto bilaterale, o sia gratuita o correspettiva, o per atto pubblico o per atto privato, od anche semplicemente a parola, ci niente influisce purchb si trovi seriamente accordato il perdono. La disputa pu nascere soltanto in proposito della persona alla quale debba darsi o negarsi la facolt di quietanzare. In genere rispondesi che spetta all' offeso, e questo senza difficolt s' intende nel caso semplice. M quando a siamo in un caso misto, perchb 1' offeso sia sottoposto all' altrui potest o patria o maritale, nasce allora una questione delicatissima. Il marito potr egli dare all'offensore deUa moglie utilmente quietanza a dispetto della donna oltraggiata che vorrebhe insistere nella querela; Io potr il padre a dispetto della figlia? Io ebbi il caso in questi ulfimi termini nel 1560. Una giovane di diciotto anni era stata ingiuriata sul conto della sua pudicizia: rendutasi querelante si vide opporre alla udienza una quietanza accordata dal padre di lei, Io diceva inattendibile quella quietanza, perch nella patria potest non ricoi~osccva balia di disporre dell' onore della fila glia. Si obiettava la regala pratica indubitata che il padre puQ dare querela per le ingiurie recate alla figiia, come il marito ( 2 ) per le ingiurie recate alla moglie, ed anche contro la volont respettivamente

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del figlio e della moglie: e per 1' ordine dei contrari se ne desumeva che dalla potest di dar querela emergeva la potest di dar quietanza. Io rispondeva che codesta regola aveva sua ragione nella teorica delle ingiurie indirette. Laonde al padre o al marito doveva bene darsi facolt di querelare, in quanto la ingiuria riverberava sopra di lui; ma che diversa ragione procedeva in proposito dell' onore direttamente oltraggiato nella moglie o nel figlio. La causa fu portata da altro avvocato alla Corte di Cassazione di Firenze, la quale giudic per la efficacia della quietanza muovendo dal principio clella patria potest. Ho trovato poscia che la questione sembra risolversi nel medesimo senso dal L a ut e r b a c h dissert. 1, thes, 1 6 ; vedasi per0 anche la disse?$; 89, thes. 13, n. 2, e L u d v e l l e x e ~ c i tationes pag. 272, Iit. C.
(1) Comunemente s'insegna che il marito pub dare querela per le ingiurie recate alla moglie, ma la moglie non pu dare querela per la ingiuria recata al marito: P u c c i O n i commento vol. 4 , pag. 655 u n d i u s dc diffamationihus cap. 4, n. 12 S o r g e etzucloationes tom. 9, cap. O, IL. 9 F a r i n a c c i o de vcir. ct extrnord. crim. qircresl. 105, n 169. Fondamento di codesta dottrina il responso di P a o l o alla leg. 2, ff. de i n j u r i i s qziod s i v i r o injt~rirc facla sit uxor n o n agit, quicc defeitdi uxores a viris, non oiros a6 u x o r e aequihm est. 3 perb evidente per la stessa ragione allegata in questo frammento che il medesimo non ~~otrebbe obiettarsi quando la moglie querelante si facesse a sostoneroe che nella ingiuria si contiene una offesa e'?zdircillri contro 1, onore di lei. f3 grave tlicputa per se possa 1: azione concedersi al fratello e cognato per la ingiuriil recata i11 loro congiunto. La negativa fu recisaments sosteniita da L a u t e'r.
'

b a c h dirp. 19, thes. 76, e dall' A n l o n M a t t h e o lib. 47, tit. 4, cap. 1, n. 11; i quali esaminando la questione sotto il punto di vista del giuro romano addussero come ragione sicuramente gagliarda della dottrina loro 1' argomento desunto dal S. palilur Instit. de injlcr. che per contrario senso dimostra non darsi al padre 1' uctio injitrinrum per gli oltraggi recati al figlio emancipato. Laonde s e ne concluse chtt i romani non dessero la querela di ingiurie in ragione del solo aretlo verso l'ingiuriato, ma in ragione sol~antodella polesld o patria o maritale o dominicale: e qui cade I'esanie della I . 15, S. 24, ff. !:e injitriis e della t. 1, S. 3, f i eodeln titulo. Generalmente per si ammetle che quando la ingiuria offende tulla la famiglia, i membri della medesima possono promuoverne la persecuzione anche a dispetto di colui che sarebbe slalo ingiurialo: G r e g o r i o syratctgnaa p u r s 3, lib. 3S, cap. 3, n. 12. Cos il B r u n n e m a n n f responsit consil. 22, n. 11 ) insegn clie la ingiuria recala alla famiglia poteva ~~erseguitarsi aocorch il c:ipo di famiglia fosse venuto a morte senza muoverne querela. Sulla lrasrnissibilith agli eredi e cessibilil ai terzi dell' azione di ingiuria disserlb P o r l i conclusioni png. 279 BI e l C h i o r r i Misccllatzee volgari cop. 22, n. 10 Bo e li m e r o exercilalio 96, cnp 3, S. 7. I l responso di P a o l o e le analoghe regole vogliono essere intese sempre subo~~dinalamente ;illa teorica della ingiuria mediala.

Pu ella ammettersi una remissione condizionata, per esempio rinunzio alla querela purchb tu noil torni ad ingiuriarmi? E se la condizioiie manca per rinnovata ingiuria riviver essa la prima querela? In faccia alla giurisprridenza coniune io crederei clie no, per il grande favore in che si tengono le paci, e perch i pratici ( i ) trovano una certa dif-

flcolt a far rivivere l'azione penale, sempre odiosa, dopo estinta una volta. Ci nonostante il codice Sardo ha ammesso anche la condizione implicita, quando all' art. 130 ha stabilito per regola che in caso di recidiva risorgano le azioni penali pei delitti precedenti quantunque utilmente quietanzati.
(1) Vecli Bl a s t r i l l o decis. 38. E comunemente si insegna che 1.inlessa una volla la ingiuria non pu pii1 tornarsi alla querela contro quella neppure per nuove quanlunque gravissime irigiurie ripetute dopo la pace: F a b r o in codieen~ li6. 9, tit. 20, def. 12.

La remissione tucitu vuole essere studiata nel suo principio fondamentale subordinatamente alla regola che la remissione incontra il favore della legge. I principio fondamentale si B che ogni qual1 volta uno ingiuriato abbia posto in essere posteriormente alla ingiuria patita tali atti che siano incompatibili con la perseveranza dello sdegno, del risentimento per la ingiuria, e della intenzione di ottenerne riparazione, questo suo contegno induce per necessit logica la volont di rimettere la offesa: ed il perdono una volta fermato nell' animo non pu pi revocarsi. Coerentemente a tali principii i pratici sono scesi in esemplificazioni svariatissime che troppo lungo sarebbe lo enumerare. Cos il saluto che lo ingiuriato dopo la ingiuria abbia allo ingiuriante restituito anche col semplice torsi il cappello; gli atti di benevolenza, i discorsi conficlenziali (2) ~d altri simili, sono generalmente riconosciuti come irretrattabili manifestazioni del-

- 262 l'animo di condonare la ingiuria. Non occorre notare che la reqissione tacita risulta dall'avere promosso 1' azione civile per chiedere la refezione dei danni cagionati con la ingiuria. Vale il broccardo electa una uia .non clatur altera: e fra le forme di remissione tacita questa pu dirsi la pi recisa ed csplicita. Vi incompatibilit fra il cliiedere i danni dal tribunale civile per causa di un dato fatto, e mantenere la volont di eccitare la giurisdizione punitiva per ottenere cotesta riparazione insieme alla pena. Nel moilo stesso che chi fece s medesimo giudice della riparazione ritorcendo la ingiuria, con avere eletto la via della riparazione privata si presume avere rinunziato alla riparazione pubblica; cos colui che invoc la giurisdizione limitata del giudice civile mostr contentarsi della riparazione che questi era competente a dargli e cli rinunziare alle ulteriori riparazioni che eccedevano la competenza di lui. questo un principio generale in tutti i delitti di azione privata, come vedremo in proposito della truffa, ed altrove. Questa presunzione della legge forse non sar sempre clel tutto conforme alla volonti vera dell' offeso, percli potrA benissimo accadere che egli elegga la via civile con animo di ricorrere alla via penale dipoi, non avvertendo al pregiudizio che quella gli reca. Ma eid nonostante cotesta presunzione si considera come juris et de jw-e, e non si ammette prova in contrario. Ci non B disputabile in faccia aila dottrina universale che si occupa non solo di studiare 1' effetto che l'azione civile promossa dall' offeso pu esercitare sul giudizio criminale (21, ma pregiuclizio che nei determina ancora l' irrep~~rabile

delitti privati essa fa sorgere contro la querela. penale. Pu peraltro, nascere questione su due emergenti - 1.0 snll' ampliazione della regola per causa di analogia - 2.0 sulla specialit della protesta da cui sia stata accompagnata 1' azione civile.
(1) Cosi i pratici valutarono come causa di reniissione tacita il semplice saluto ( C a r p z o v i o jurisprudentiu p a r s 4,conztit. 46, n. 5 D a m li o u d e r p r a x i s r e r . crina. cup. 138, n. 21 C h r i s t i n e o in leges -municipules iifechlinienses lit.'2, art. 4, n. 5 P u r p u r a t o consil. 366, n. 10) anche consistente nel solo cavarsi il berretto: B a l d O, I m O l ; ~ e C a s t r e n s e in l. olio qiccnz lf. de liber. et posth. Il B e rg e r o perb f electu jurisprud. 06s. 65, S. 2 ) riporta un giudicato del 1698 nel quale fu mantenuto il corso alla querela di ingiuria quantunque si fosse giustificato che l'off'e~o dopo l'arrecato oltraggio aveva continuato a salutare urbtinamente il proprio offensore: Cos la blanda conversotio: li1 e n o k e n i o systema jwris civilis lib. 47, tit. 10, S. 1 8 , pay. 810 S t r y k i o vol. 2, dissert, 7, cicp. 6 , n. l 6 W e r n h e r observation. forens. tom. 1, pars .l, obserruut. 137, pag. 119; i quali perb lirnitano la regola quando la conversazione siasi fatta per una qualche propria necessit: e ci ? beti ragionevole, poicli la remissione desunta dalla familiarith successiva alla ingiuria non ha una base di ,diritto assolula ma una semplice pi*esunzione, la quale perde ogni vigore in faccia a cause urgenti di dissimulare la ingiuria. Cos il porgere la mano: S t r y k i o vol. 4, dissert. 7, cap. 3, n. 2 6 M a t t e o W e s e m b e c i o in parntit. in 1. 31, $. 1 , ff, de injuriis, ?t. 13 D e C i a n o truct. crinz. lib. 5, cap. 25, n. 8 7 R u i n o vol. 5, cons. 12, n. 12 M as c a r d o de probat. concl. 902, n. 23 V i v i o liD. 2, dec. 350, n. 2. Cosi lo scherzare o giocare con si offensore od invilrlrlo a mensa: D i e m e r b r o e C k dc i n j u r i i s et fam. tibell. S. 20 G h y s e n de i n j u r . e fam. libell. cap. 5, C

- 264 S. 5. Cos lo scrivere


amichevolinente all1 ingiuriante: F a rin a c c i o de diuers. cqsim. gi~nest.105, n. 355. Cos il bacio: R a t t h e u s d e A f f l i C t o de pnc. jztrunt. firna. S. i n j u r i a , l n. 118. & osservabile ancora che i Dottori trovarono una analogia fra la teorica della remissione della ingiuria ai fini penali e la teorica della remissione della ingrnliludine e delle cause d i diserednzione ai fini civili : O t t o n e Resp. 190, col. 1502, e gli autori ivi citati. (2) RI e j e r de civilis et criminaliu causae praejudicio bf u l l e r de civilis et c r i m i n n l i , ~cnusae praejtl.dicio. La questione s e la remissione della querela criminale induca anche rinunzia alla ripelizi'oae dei danni trattasi da N o v a t. i o decisiones Litcnnae, decis. 10.

La prima questione si risolve generalmente per la negativa cosicchb la regola si restringe nei puri termini assoluti di vera e propria petigione di dc(7z%i inoltrata avanti d tribunale civile. Un atto anche giudiciale di mera protesta non indurrebbe rinunzia; come non la induce un ricorso che siasi inoltrato alla potest economica (1).
(1) Questo dubbio si present in un caso singolare in Rama a proposito di una ingiuria fatta cqntro un frate, per la qui~le questi aveva ricorso a Rlonsignor Vicario, che aveva ordinalo procedersi ad un monito contro I' ingiuriante. Portato poscin I' affare innanzi ai tribunali criminali di Roma L' accusalo dedusse la eccezione dellii remissione e del non bis in idem. La disputa sali fino alla sacra Consulta, ma questa con stia decisione del d 23 marzo 1 8 4 7 giudic che il Vicario non aveva fatto uso che di una podesth economica, e che perci I' azione penale non era pregiudicata. Questa decisione si

- 265 trova riportata per intero nel 13 e l l i giornule del foro Ronlano, anno 1847-48, vol. 1, pag. 160. Divers:imente per dovrebbe decidersi quando nel caso di pW ingiurie patite si fosse proposta formale querela per unu sola delle medesime. Tanto falso lo assunto di ohi vorrebbe trovare una ingiuria conlinuata (anzichb un delitto unico) nel fiitlo di chi in uno stesso contesto di azione avesse proferito pi e diverse ingiurie a danno altrui, quanto certo che i Dottori pi7evedendo 11 caso c h ~ offeso avesse mosso querela per una l' sola di tali ingiurie ( p e r esempio per la violazione di domicilio, e non per le contumelie, o per le ingiurie reali) inscgnarono pi non essergli lecito cli muovere una secouda querela per le altre ingiurie taciute. E qucsto insegnarono sul fondamento della leg. 7, S. si milbi p l u r e s ff. de injuriis, puroh lo ingiuriante fosse la stessa persona, e la stessa persona fosse lo ingiurialo. Vedi T n b o r Racenmtionss crniil&aLcsptrg. 284, Aryentorati 1651.

La seconda questione pnb essere pi controversa e dipende dal valutare I' applicazione della regola protestati0 contra factum non valet. Deve avvertirsi che vi sono certi reati nei quali per loro specialit la consumazione criminosa ha bisogno appunto per completarsi della instaurazione cli una domanda civile. Tali sono (a modo di esempio) la frodata ammirrzistraxiolze e la truffa; non potendo mai dirsi consumato il primo delitto finchi! 1' amministratore non Q citato al resoconto, ni! potendo dirsi (almeno in parecchi casi) consumato il secondo finchb il preteso truffatore non B stato inutilmente intimato alla restituzione della cosa fidatagli. Certamente in coteste e simili ipotesi non potrb sostenersi che la

intimazione civile fatta per fine di preparare 1' esercizio dell' azione penale, all' azione penale pregiudichi con manifesta coritradizione. Ma diversa conclusione crederei doversi adottare nel delitto di ingiaria: e perci quando l' offeso avesse chiestu riparazione pecuniaria ai tribunali civili, per quanto avesse energicamente protestato di voler poscia ricorrere alla giustizia criminale per ottenere la pena, opinerei che non dovesse ascoltarsi e che la protesta fosse atto vano ad impedire la tacita remissione.

Anzi anche senza atti positivi di benevolenza si


riconosciuta come valevole ad indurre remissione

tacita della querela d'ingiuria non anche data, la semplice dissiniulazione delle ingiurie ; la teorica della quale si desume dalla I. 11, f. 1, f. de ifijwi Cos fu detto ( l ) clie colui che avendo ricevuto una contumelia ad un pranzo continui a sedere a desco col suo offensore, non pu poi per una recradescenza di sdegno muovere querela di quella ingiuria. Dissi per la querela non anche data, perchb sarebbe soverchio pretendere che il querelante dovesse sempre continuare a guardare in cagnesco il suo ciffen-' sore o fare atti ostili contro di lui, a risico altrimenti di veder morta la sua querela. La coscienza del suo buon diritto lo rende tranquillo ed ha calmato il suo sdegno. Ma perchb siasi calmato lo sdegno non venuto meno il diritto n& cessata la volontii di esercitarlo, quando questa volont siasi manifestata con un atto solenne. L' offeso che ha posto i suoi diritti in inano della giustizia attende che questa faccia il

suo debito corso; pu6 non serbare odio per cristiana virt; pud tornare nella obbedienza dei precetti di civilt; ma non per questo rinunzia al diritto che ha legittimamente esercitato, n& a quelle riparazioni che ha dimaildato. L' espresso ha sempre maggior valore del tacito. per queste considerazioni che io crederei doversi andare con molta cautela nello ammettere la dissimulazione come remissione tacita della ingiuria per atti che sopravvengano dopo la presentata doglianza.
(1) Come argoniento di remissione tacita per la dissimulazione della ingiuria valutarono i pratici il rimanere al convito dopo I' oltraggio ricevuto: tI e r t i u s decisiones vol. 2, decis. 868.Lo S t r y lc i o (vol. 5 , disp. 7 , cup. 3, n. 1 6 ) espri-

uie peraltro dei dubbi su colesta regola, osservando che il non avere l' oLf'eso espresso immediato risentimento pu essere derivato da riguardo ai commensali e dal timore di far nascere grossa lite; per lo che ( sebbene concluda tutius tume?, forte crgit i n j u r n t u s s i dolorem suum aperte in praesenliu reliqziorum significet, coque ~ i g n i f i c a f o discedntj aminetle la disputabilit di sif'atta remissione. Cotesto dubbio vuoi essere guarduto sotto un punto di vista pi generale e ridursi alla formula che quando vi fu ragione sufficiente di dissimulare senza intenzione cl disprezzare la ingiuria, cotesta rinunzia ql proprio diritto potrh benissimo eliminarsi dalla prudenza del giudice. Cos tutti ad una voce i dottori enumerano come indizio potente di remissione il bacio dato all' ingiuriante: e bene a ragione: ma il T u s c h i o foncl. 146, n. 24, lit. I) avverte che s e il bacio fu dato in chiesa (naturalinente i n occasione di certi riti cricliani ) non si induce dal medesinio la rinunzia all' azione della iiigiiiria. In quanto al silenzio e perseveranza al convito il Ca r p z o v i o iiel suo commentario alla C~sliLuzione sassonica (costit. 46, def. 8 , n 8 ) volle si

distiagiiesse s e 1' ingiuriato .era a mensa in casa terza O no. Se l' ingiuriante e l'ingiurialo erano ambedue convitati, la dissimulazione si spiega per un riguardo di civill8: altrimenti sarebbe s e si trovassero a mensa in una taberna od in casa dello stesso ingiuriante; e riporla un giudicato in questo senso dell' anno 1630. Lo slesso ripete B e C h m a n n trcrotat u s jtcridicus de u~norecap. 9, pag. 44.

C A P I T O L O IX.

Penalit delle ingiurie.

L'argomento della penalit nei delitti contro l'onore richiama ad una ispezione preambala, ed i. quella se nel calcolo della quantitu della pena da infliggersi contro chi commetta ingiuria debbano entrare considerazioni estri"1~sec7ze fatto personale del delinal quante. I1 M o r i sostenne apertamente la dottrina che la penalitk contro le offese all' onore dovesse elevarsi ad un graclo di severith maggiore di cluello che sarebbe sembrato conveniente alla quantit del reato, per la veduta puramente politica di dare mediante la pi grave pena una soddisfazione sufficiente all'amor proprio dell' offeso, onde evitare che egli proceda a private vendette. Modernamente codesto pensiero ha incontrato plauso appo rispettabili criminalisti. Pih specialmente h a i moltissimi che oggi si vennero occupando dell' argomento in voga ( voglio dire della repressione del duello) ne incontro parecchi (i) che suggeriscono come mezzo di prevenire le battaglie private una rigorosa elevazione di

pena contro la ingiuria. La carisa per cui si corre spesso al duello a riparazione dell' onore oltraggiato, B ( dicono essi ) la meschinit delle pene che l' offeso otterrebbe, ove in luogo di farsi giustizia da sP, invocasse la mano del magistrato. L'oltraggiato in codeste punizioni, troppo sovente mitissime, non vede una soddisfazione che appaghi i1 suo risentimento, e perci corre alle armi: promettetegli una penalit pi rigorosa, ed egli si asterr dalla privata vendetta. La ragione che si addusse per elevare la pena contro le ingiurie nel codice Toscano fu unicamente codesta. 1n quanto a me, salvo il debito rispetto verso chi la professa, non saprei trovarmi tranquillo in tale opinione.
(1) La idea che la elevazione della pena contro la ingiuria e certe forme nei suoi procedimenti, sia da accogliersi per un fine tutlo politico come mezzo di evitare i duelli, si i? presa recentemente in esame in tre dissertazioni successivamente pubblicate in Italia sull' argomento del duello: 1' una dal sig. A l b e r t o N u n e s F r a n c o , l'altra dal dott. E m i l i o B r u s a , e l'altra dal prof. P i e t r o E l l e r o , decorala questa ultirna del promio conferitole dall' Acoademia scienlifica di Modena. Di questi tre lavori ha dato conto con acute osservazioni l' illustre P i l i p p o A m b r o s o l i nel Monilorc! dei Tribt~nali i iillano, n. 15 del 1566. P ancora a cond sultarsi il pregevole scritto dello stesso A m h r o s o l i inlilolato osservnzioni sul codice penale del 1559, pag. 334-540.

Non b questo il luogo in cui io debba esprimere i miei pensieri intorno alle dolorose cagioni del duello, ed ai modi di prevenirlo: ma intanto mi

- 270 piace osservare clie io non credo gran fatto alla influenza che vuolsi trovare nella maggiore o minore penalit minacciata contro la offesa all' onore. Chi corre alla spada piuttosto che alla querela non gia procede a tale scelta perchh sia ito ad infurmarsi al suo legale, ed abbia saputo che querelandosi espone il suo avversario a cinque giorni anzich%a due mesi cli prigionia. Simile supposizione ctie pu balenare nella mente di un filosofo, il quale contempla il mondo della 'crirninalitl dalla propria cella, non pu accettarsi come una verit pratica ila chi nelle carceri e nei frequenti contatti coi rei ab- . bia studiato la dinamica delle passioni che pi spingono 1' uomo alla violazione del diritto. La querela si sprezza e si corre alle armi, non per il calcolo della penalit minacciata al proprio offensore, poich in codesto calcolo dovrebbe pure entrare la penaIitB che s' incontra col proprio fatto. La querela si sprezza perchb paiono lunghi all' ira i ritardi della giustizia (2) e se per la veduta di prevenire i duelli mi si dicesse non gi di minacciare pene esorbitanti contro la ingiuria, ma di ordinare una procedura veloce e quasi istantanea che da un' ora all' altra fiicesse susseguire la repressione alla offesa, io loderei con tutto il convincimento della esperienza il consiglio. Ma pil particolarmente al duello si corre perch%il pregiudizio della opinione rappresenta come una viltd querelarsi ecl aspettare dal giudice quella soddisfazione che l'onore di un cavaliere irnpone si procacci da sb, medesimo. Ecco la vera cagiolie per cui nella scelta fra la querela e la venrilefta prepondera spesso il mezzo colpevole al mezzo legittimo cli riparazione. Col rispondere a1Ia querela

mediante la condanna di sei mesi anzichB di sei giorni di carcere voi non diradicate dagli animi il pregiudizio che sia atto di vilth querelarsi. SicchB i1 criterio che si vorrebbe aggiungere alla misura della quantit della pena non ha neppure una realt sotto il punto di vista politico.
(1) singolare in proposito di cotesto pensiero il fenomeno che viene ricordato dagli slorici del diritto penale portoghese. Negli antichi tempi non si conoscevano in quel regno querele d' ingiurie, avvegnacli prevalesse la opinione che quando un uomo era offeso nel17 onor proprio non doveva chiedere riparazione dal giudice, ma procacciarsela da s medesimo. La ruoltitudine dei duelli e private vendette che conseguiva da tale stato di cose indusse i legislatori di quel regno, profittando del risorgente culto del diritto Romano, a dettare opportune provvisioni onde si desistesse dai s~ddisfacinsentiprivati e si prendesse in amore la riparazione giudiciale. Sembra davvero che cotesti provvedimeriti fossero efficaci, ma pare allres che il rimedio soverchiasse il desiderio di chi lo aveva adoperato. Infatti troviamo che nel secolo decimoquarlo la consuetudine di dar querela per le ingiurie erasi cos caldamente abbracciata nel Porlogallo da condurre i tribunali alla disperazione per la crescente moltitudine di tali querele. A tal segno che Alfonso IV s e ne coniniosse e con I' edilto del 13 rnarza 1393, che B riprodotto nelle Ordinnnze Alfonsine lib. 5 , tit. 59, S. 1, sent i l bisogno di frenarcele querele d'ingiuria, disponendo che ogni querelante dovesse dare un mallevadore e restare egli rnedesimo sottoposto ad una pena s e non fosse riuscifo nella prova. Cos mostra la storia avvenire tutte le volle che il giure penale si adopera. come una terapeutica senza stretta aderenza ai sornmi cardini scientifici. Si vuol rimediare ad uii male e s e ne cagiona un altro al quale preslo bisogna apporre riparo': e cos le legislazioni ondeggiano sempre*incerte per-

- 272 ch manca loro la bussola, la quale non gi il riguardo a wnve;ienze passeggiere, ma B unicamente la somiiia verit giuridica che fondamento del dirilto penale e guida sicura di cgni suo svolgimento.

Ma prescindendo da siffatte elastiche (1) considerazioni, i principii che noi professammo (. 694 e segg. ) intorno al giusto criterio della quantith della pena, non ci permettono di riconoscere come giusto qualunque calcolo clie proceda da vedute estrinseche alla quantith del delitto. Le stesse ragioni per le quali noi riprovammo col C a r m i g n a n i come viziosa la dottrina che consiglia un aumento cli pena o per la difficolt della prova o per la frequenza di un delitto o per altre empiriche considerazioni, ci portano a rigettare come ingiusta la dottrina che vorrebbe si autnentasse la pena contro di nze per motivo delle delinquenze che altri potr commettere. Ci 'si faccia pure rimprovero di essere logici ; noi accettiamo con fronte sorena il rimprovero. I segnaci delIa scuola materialista ecl utilitaria debbono bene per essere logici mettere in calcolo ogni speculazioiie di futuro vantaggio in quella che essi chiamano terapeutica penale. Noi. nell' aula legislativa e nel foro vediamo il tempio della giustizia e non una farmacia; seguaci della scuola antologica che nella suprema legge giuridica e nel bisogno di tutelare ravvisa la ragione di punire, non possiamo accettare come misura di quella ragione niente che sia procedente da altre considerazioni fuori di quella della giusta proporzione tra il fatto reo e la pena

- 273 da minacciarsi. I diritto leso da al fatto malvagio 1 le condizioni per le quali in lui si ravvisa 1' ente giaridico che dicesi malefizio; e questo ente giuridico anmenta o decresce nel suo valore secondo che anmenta o decresce la importanza del diritto leso, sia immediatamente per la forza fisica oggettiva, sia mediatamente per la forza morale oggettiva del delitto. I1 violatore del diritto deve punirsi perchB viol il diritto, e secondo quel tanto che alla difesa del diritto risponde: la sua imputabilith e la sua punizione devono adeguarsi a ci6 che ha fatto egli, non a ci che si sup,pone potersi fare da altri. La esperienza mostra che i contadini si pongono spesso a guardia delle loro raccolte armati di fucili, e spesso feriscono ed uccidono i danneggiatori. Si dir dunque che ad impedire tali stragi bisogna minacciare la galera contro chi entra nel campo altrui a cogliere un frutto? Con strano travolgimento d' idee si punirebbe allora il colpevole, non per punirla, ma per difendere 13 sua persona. Quando il danneggiatore domandasse al suo giudice, gerchb mandi me in galera mentre mandasti in carcere chi rub nella casa vicina? il giudice seriamente gli risponderebbe, ti mando in galera per proteggere la vita tua e quella dei simili tuoi; chii se altrimenti facessi saresti tutti ammazzati nei campi. La possibile vendetta altrui B un nuovo delitto che si teme per parte di altri: ed io devo corrispondere delle altrui malvagie inclinazioni? Ci non B Buona giustizia.
(I) Ogniqualvolta si viene a ragionare iiel dirilto penale non Sui cardini della giustizia, ma sui calcoli del tornaconto, la dottrina (non cesser mai di ripelerlo) diviene elastica.

VOL.1 1 1.

1S

Cos nel presente argomento non mancano eminenti scrittori ( p e r esempio lo S t r y k i o vol. 14, dissert. 15, S. 17, pug. 180) i quali si sono dilungati a mostrare conla sia cagione feconda di gravissimi mali alla republica la troppa facilit di ammettere le querele d' ingiuria.

Per punire severamente i delitti che offendono 1' ouore qual bisogno vi B egli di ricorrere a coteste false argomentazioni, e mettere sulla bilancia della giustizia condizioni e fatti che non sono attribuibili a1 giudicabile? Basta tenere il diritto al]' onore a qnell'altezza che merita; ed in ci ci pu essere guida sicura la coscienza universale degli onesti, i quali valutano come pi grave danno la perdita dell'onore che non la perdita di qualche centinaio di lire. Chi dunque offese 1' onore offese un diritto assai importante ed assai caro per trovare nella delinquenza un danno, cos immediato come mediato, che nei congrui casi offra giusta ragione di elevare la quantit della pena senza conculcare il principio fondamentale della proporzione fra la quantit della pena e la cluantit del delitto. Basta ci per riprovare la soverchia rilassatezza usata da certi codici nella punizione dei delitti contro 1' onore, senza bisogno di andare calcoiando i pericoli delle vendette che possono essere un argomento accomodabile a molte delinquenze, e che divaga la giustizia dal suo retto cammino. Nella obiettivitj giuridica della ingiuria (quando specialmente accompagnasi da certe condizioni aggravanti) trovasi quanto basta a mostrar giusta una penalita di qualche rigore.

Il pregio in cui si tenne il patrimonio dell' onore bastd, anche in quei luoghi in cui non eravi il timore dei duelli, ad elevare ad altissima misura ( e spesso soverchiante ed atroce) la punizione. Elevatissime furono le pene contro la ingiuria presso @i Egizi ed i Greci. Presso i Romani la pena della ingiuria per la legge decemvirale era pecuniaria; poscia i Pretori accordarono l' azione estimatoria onde chiedere la condanna dell'ingiuriante ad una indennit (I). Dal S. 10 ~nstit.'de injur. sembra per che oltre la pena pecuniaria si infliggesse una pena straordinaria ad arbitrio del giudice: non si conosce per autorit di qual legge ci si facesse; a meno che non si voglia ritenere con C r e m a n i (dejure crimin. Zi6. 2, cap. 7, art. 7, S. 11) e con gli altri da esso citati, che lo fosse per la legge Cornelia. Ma quella mitezza verso le mere ingiurie era ben compensata da eccessiva severith contro il libello famoso. La pena comminata dalla legge decemvirale. contro questo reato (2) era di morte qualora il fatto imputato costituisse delitto capitale : posteriormente essa fa ridotta da un senatusconsulto alla deporlazione ; e finalmente dagli imperatori Valentiniano e Valente ( I . un. C. de fum. Zibell.) fu ristabilita la pena d capitale estendendola anche al caso meno grave di imputazione di un fatto soltanto infamante.
celehre quanto notissima la storia di Lueio Nerazio (1) della quale ha fallo una erudita illuslrozione G l a n d o r p o~zurnasticoa historicce Romnnae col. 624. Disputano gli eru-

- 276 diti se in Roma la cognizione delle ingiurie atroci e la loro punizione si deferisse al Protorc ovvero al Pt+eside della provincia. Yedasi su ci W a e C l t l e r opusczcla juriclica i pug. 207,'e L a c o i n ta le Pre'teur romain pag. 79. (2) In quanto alla punizione dettata contro il curmcn fa~noszcnadalle Dodici Tavole da vedersi S c i p i o n e G e nt i l e fparergn, 2, 50, nel tesoro deCt' O t t o n e uol. 4, col. 1348) il quale fa tutta la storia di quesia penalit; e R a e v a r d u s duodecint tabtrlarem cap. 25. Quanto alla penalit greca vedasi 31 e u r s i o Thcrnis attica Eib. 2, cap. 7. La opinione del G e n t i l e in quanto ali' antica pena rornqna conforme a qriell:~ del P i t L li e u s collnctio legzcin ilfosaica? s u ~ eC Rornanniu~npag. 739. h'e discord G o t h o f r e d o n pr'obnlioizes in leges XII tabz~laru~~z Tllcsnuro O t t o n i s fin vol. 5, col. 118 ) e I' E s lo r nella sua erudita dissertazione cle jzcrisprzldenbia Q. I i o ~ a l i iPLacci fj. G .

Nei tempi di mezzo la penalith delle ingiurie oscill dall' uno all' aItro estremo; ora limitandosi ad una semplice ammenda o ad una ritrattazione; ora estendei~dosiai pi severi castighi : fluttcianza che pi specialmente si verific dove la penalit rilasciavasi all' arbitrio dei magistrati
(1) Eoo bisogna ccairibiare con le penalit minacciale alla ingiuria quei castighi che nei vari tempi furono inflitti conlro i delatori mendaci. Le varie leggi degl' Imperatori in proposito, 1' editto di Teodorico ( riferito nel codex legum nirtiquarltm vol. 1, pag. 219) ed altri siniili, mele a proposito da alcuni scriLk~risi richiamano alla materia della diffamaziona. Quando la imputazione Iia sotlo qualsisia forma assunto la figura di denuncia giudiciaria scomparisce la o&sa all'onore privalo assorbita in una obiettiviti di maggiocc

iniportanza. Alla lesione del diritto particolare si congiunge la lesione del diritto universale, ed il reato esce dalla presenle classe per fare passaggio nei delilti contro la pubblica giustizia. Le leggi barbariche generalmente si limitarono a minircciare la sola pena pecuniaria cos contro la ingiuria come contro il libello famoso: la legge s$ica de conuiciis tit. 32, e le leggi lotegobardiche, legge di Rotario n. 188 e 384, ed altre, mostrano quanto fosse erronea 1' asserzione del D u m a z e a u quando (Reuue de legislatio?z 1845 ) annunzi che nessuna delle leggi barbariche si occupava delle ingiurie. vero che nella maggior parte dei monumenli che ce ne restano non si trovano disposizioni speciali contro questo delitto: ma.forse le sanzioni di minore importanza di quelle leggi poterono andare smarrite, come ci danno ragione di congellurare i succitati testi che direttamente si occuparouo di questo reato, e che mostrano non essere nei costumi germaoici I' assoluta tolleranza ed impunit della maldicenza. Alla multa o veregildo andava congiunto l' obbligo della ritrattazione. Quando il giure canonico venne a dominare le l e g ~ icivili il principio religioso che non tollera in modo alcuno la maldicenza rese indifferenle nella imputazione della ingiuria la prova della verit del convicio, della quale generalrriente si riconosceva la utilil nei costumi germauici. E venne altres ad introdurre penalit pi severe, come quella della fustigazione, congiunta sempre alla ricantazione, rilraltazione o palinodia, la quale formava parte delle pene canoniche. Gli statuti di Alfredq, di Edgar e di Canuto Re di lnghillerra minacciarono conlro le offese al17onore severissime punizioni. Secondo le consuetudini di Francia e la ordinanza del l539 nella punizione della ingiuria si .aveva il iiiuggiore riguardo alle varie condizioni delle persone, lo che portb a rendere la pena arbitraria; ed i giudici ed i parlamenti oscillarono tra la pena della multa e,quella del carcere: vedasi J o u s s e jtutice criflzkelle tom, 3, ltu. 24; dove largamente fesse la storia della influenza clie ebbe nell' antica Prancia la verit. del convicio sulla sua puuizione.
I

Nella Germania tent ricondurre il libello farnoso sotto una penalit fissa la costituzione criminale di Carlo V; la' quale al17art. 1.10 decroto la peiia clel taglione, vale a dire clie a colui che aveva ad altri rinfacciato un delitto col mezzo di un libello clovesse irrogarsi quella pena stessa che era niinacciata al delitto obiettato: sul che B per da ricordare che per la costituzione Carolina come anche per la costituzione elettorale Sassonica ( art. 44 ) al delitto di libello famoso richiedevasi come estremo la falsith della imputazione. Ma queste costituzioni non furono neppure esse bastanti a condurre ad un ordine fisso la penalit delle offese a117onore ; la quale malgrado le loro precise sanzioni divenne presto ecl riniversalrnente in Germania arbitraria (1).In quanto alle ingiurie ed alla diffamazione sembra che in Germania prima dei moderni codici si lasciassero affatto impunite, Onde la pratica vi suppl con quattro azioni clistinte; ci08 la rrvcantatoqhia, la deprecatoriu, la decluratoriu, e la estivzatoria (2) ( K o c l~ g. 377 ) le quali per non mi sembrano veramente azioni penali, tentlenclo unicamente alla riparazione clel clanno'

(1) L' art. 110 della Costituzione Carolina clie prescriveva contro il libello famoso la pena del taglione, fu elogiato da 1, c y s e r f spec. 532, mcdit. 3 ); ma nn fatto che coteslo criterio di penalit8 non fu mantenuto dalla pratica alemanna, In, quale generalmente venne soslitueado una punizione ai.bitraria. Ci si rileva dal RI u l l e r promplt~arium,ve~sbo libcllus fanzosru, 14. 6 , e del P u l t a n ri n cleuenta S. 416, i

il quale insegna doversi applicare o la mulla O la carcere o 1' ergastolo secondo la condizione delle persone; dal Bo h e m e r o meditntioncs i n C. C. C. ad art. 110, S. 8, dal I C r e s s cornmentntio i n C. C. C. notne a d a r t . 110, S. 3, nota 3, dall' H e r t i u s decisio 153, e dal K o c h institutiones $. 391. Quanto alla pena del libello famoso nella pralica Sassonica pu vedersi C o l e r o decisio 154. (2) Sulle differenze fra la palinoliin, deprecntio, recantntio e dcclaratio vedasi B o e Ii m e r o excrcit. 96, cap. 3, S. 51 H e i n e; C C i o opera omnia i n supplemento png. 1 7 4 e ii e t t l e r decisionunz osljrisicarum decis. 66 et 69. Xei moderni ordinamenti giudiciari dopo la divisione del giudizio del fatto dal giudizio del diritto si diepulalo s e quanclo il giudicabile per diramazione condotto in Corte di Assiseva cagione delle qualit personali dell' offeso abbia ottenuto un verodetto negativo della propria colpevolezzn, la Ccrle obbligata ad assolverlo possa contemporaneamente condaiinarlo alle riparazioni ed ai danni. Vedasi su questo problema (gi% sciolto in senso afferrnalivo in tema cli duello) RIorin nrt. 9322.

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Fu generalmente arbitraria la punizione delle offese all' onore negli anticlli statuti delle varie citt d' Italia : lo che dette ai giudici una balia pericolosissima sempre, ma assai pi pericolosa in una materia variabile siccome questa. E veramente bisogna dire che se avvi delinquenza che subisca 1' influsso delle circostanze di modo, di lnogo, di persona e simili, tale per fermo la offesa all' onore, ed ognuno lo comprende. Fra una coltellata vibrata ad un uomo in un dato lnogo e in un dato tempo, ed una coltellata vibrata ad un altro uomo in altro luogo ed i n altro tempo, non vi sar differenza meritevole di

essere apprezzata sotto il rapporto del danno immediato, se non influi sulla durata della malattia, che B di por s facilmente calcolabile. &/la non cos B nelle offese all'onore. La variabilit del loro danno immediato B massima, e difficilmente determinabile con previsioni cc priori. Ma questa non B ragione perchk in siffatti reati debba allargarsi la mano al1' arbitrio del giudice; anzi B ragione di restringerla perclie appunto quella grande incostanza del danno materiale lo pu rendere maggiormente pericoloso. Ci che pu osservarsi su tale proposito in ordine alla prinizione delle ingiurie negli statuti e pratiche italiane dei tempi passati (2) si che sali ad un supremo grado di valore il riguardo alla condizione delle persone. Dove per un rispetto alla dominazione del principio aristocratico; dove per tenacit di tutelare il potere, si videro anche contro lievi ingiurie fulminate pene gravissime se 1' offeso sedeva alto in dignit od in potere, e si videro clisprezzati gli oltraggi fatti a gente plebea. Questo che era lo spirito prevalente di tali legislazioni non poteva non influire nella presente materia e divenirne quasi 1' unico criterio regolatore.
(1) Fenn pecuniaria minacciava lo statuto di Faeiixa f l i 6 . 4, rzi6r. 24) contro la ingiuria non meno che contro il libello fan~oso, in somma maggiore o minore secondo b condizione doll' oQr?so: ed B notabile che per una disposizioue speciale iufliggeva come pena suppleloria a1 rion pagainento della multa cinque anni di esilio e il taglio di un orecchio nel caso di rottura clel bando contro chi avesso appeso le corna all' altrui domicilio. Questa specialilh dello appiccare le corna aveva gih forniato argomento di apposite sanzioni nello stat<uto della citt di Doma al f cnp. 68, 1i6, 2 ) e nei

bandi generali dello stalo ecclesiastico fcap. 28) dove contro simile fatto si comminava la galera perpetua ed anco la morte ad arbitrio di sua eccellenza; coordinandosi questa severit a quella usata contro il libello famoso, che al cap. 27 piiaivano con la pena di morte e confisca dei beni o almeno con la galera a d arbilrio di sua eccellenza. Entro la sfera delle pene pecuniarie restringeva I' arbilrio del giudice in quanto alla ingiuria lo statuto penale di Bologna (lib. 5, 1-ubr.2 5 ) come pure lo statuto di Firenze (lib. 5, rzcb. 116, 117, 168) dove faceva una rniiiutissima descrizione dei diiferenti modi d' ingiuriare, tassando la respettiva misura della multa secondo tali variet; ma non trovaci che nelle aiiticlie leggi fiorentine esistesse alcuno speciale provvedimenio coutro i libelli famosi, come noia il Sa b e l l i nella sua prcrliccc ciniversale g. libelli, n. 14, e per coiiseguenza si punivano ad arbitrio del giudice sirlle norrne del gius comiine.

La penalit dettata dal codice Toscano contro cluesto reato Q la n~ultanella co.latzcmelia semplice; la carcere fino a sei mesi contro la contumelia atroce; la carcere fino ad un anno nella diffamaaione: articolo 366, e 368. Riproduce inoltre all' art. 368, S. 3 il concetto dell' antico conuocithm parificandolo nella pena alla cliffamazione; sul che ho gi detto di sopra (S. 1775 nota) la opinione mia. Contro il libello famoso commina all' art. 367 la carcere da due mesi a due anni, Alle suddette pene respettivamente si aggiunge per 1' art. 369 un iiicremento di carcera da quindici giorni a sei mesi se la ingiuria fu commessa contro un pubblico ufficiale nel1' esercizio o per relazione all%sercizio di sue funzioni. Il codice Sardo all' art, 572 punisce la ingiu-

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ria semplice con gli arresti se B verbale, e con la carcere fino ad un mese se B scritta o stampata. Contro la diffamazione all' art. 570 minaccia la carcere estensibile a sei mesi, e contro il libello famoso all' art. 572 il carcere da sei mesi ed un anno; aggiungendo sempre in tutti i casi alle respettive pene afAittive la pena pecuniaria, come B generale sistema di questo codice ad imitazione di quello di Francia. S. i838. A chiudere 1' argomento della penalit delle ingiurie, e cos la presente materia, rimane ad esaminare la questione relativa ad una lettera diffamatoria scritta in un luogo e divulgata in un altro luogo. Simile questione ha una sua prima importanza sotto il punto di vista della competenza, ed in questo aspetto gib ne diedi cenno al suo luogo. Ma tina seconda importanza pu6 avere nel caso di differenza fra le penalit minacciate dalla legge del luogo dove fu scritta la lettera e le penalit minacciate dalla legge del luogo dove fa diretta e divulgata. Quale sar la pena applicabile? 11 dubbio lo esamin L a u t e r b a c h (disc.68, thes. 25, 12. 4 ) e M o r i n , che ho citato al S. 1730 : recentemente B o n f i l s ( nel suo trattato della competence pag. 282) sostenne con l' appoggio di diversi giudicati di Francia non solo essere competente il giudice del luogo dove fu scritta la lettera, ma doversi eziandio applicare la penalit ivi minacciata quantunque la ingiuria fosse diretta contro tino straniero dimorante al!' estero, e cos la lettera fosse destinata ad essere divulgata all'estero. Ho giB

- 553 detto (S. 1780) che siffatta soluzione mi sembra incriticabile in quanto al titolo di falsit, che si consuma con la fabbricazione dello scritto. La diffamazione pero non si consuma con lo scrivere, ma col divulgare; e cos nella ipotesi di B o n f i l s non si sarebbe commesso in Francia che un teratativo d i delitto da consumarsi all'estero. Ammetterei la competenza per il fatto criminoso avvenuto nel territorio, ma la penalita del delitto consumato esiterei acl applicarla in quel luogo dove non avvenne che un tentativo. Avverto per che simile distinzione non era possibile si valutasse in Francia dove i misfatti consumati e tentati sono puniti alla pari. Questa osservazione renderebbe eccezionabile la giurisprudenza francese quando volesse applicarsi in tutto il suo rigore fra noi. k perd un fatto che la giur~sProdennaitaliana P andata in un senso del tutto opposto, fermando in diversi casi che della ingiuria per lettera B competente a conoscere il giudice del luogo dove la lettera era stata diretta e non il giudice del luogo dove era stata vergata e da dove era spedita. E questa regola ha avuto nuova conferma in un giudicato della suprema Corte di Cassazione di Torino del 28 luglio 28665 in affare Ba~*loletti (I).
(l) In Fi-ancia si pure sollevata la queslione di cornpetenzn in proposito d' ingiuria nei siornali, ed , slato deciso (DIOr i ti urt. 8407 ) che pu darsi querela in Francia per una ingiuria pubblicata in un giornale estero quatido una copia del medesimo fu distribuita I! Francia, qoaatuiique il gioraalist:i non vi avesse speciale ulfizio di distribtizionr. Anche questa miassima pu riuscire assai esorbitante nello

pratiche applicazioni; n.. saprei come coordinarla ai buoni principii. Lo scritto ingiurioso pubblicato in Italia non si viiole punire in Francia con il principio della estraterritorialit8. No: si pretende punire il fatto avvenuto in Francia della divulgazione di un esemplare di quello scrillo. &la questo f ~ t t odi divulgazione in chi 1o.puiiiteP Se nel divulgatore nializioso, non vi bisogno a questo Gne di sforzic esiste il realo coiomesso in Francia nel suo elemento materiale e nel suo elemento intenzionale. l a s e volete punire anche lo scrillore italiano per quella divulgazione accaduta senza sua scienza e volonth in Frsnci;), e terierlo come autore di un delitto conimesso' in Prnncit~, questo mi pare un eccesso.

(SEGUE)

SEZIONE PRIMA

CLASSE QUINTA
13Ed TI C O i Y T R O I DIRI'PTI

DT FA&lIGhIh

C A P I T O L O I. Idea e contenuto della clusss.

La famiglia b la prima estrinsecazione di quel1' istinto umanitario che ci spinge a vivere nel consorzio dei nostri simili anche innanzi che nessuna legge umana ce lo abbia imposto, e innanzi. che la ragione o la esperienza ce ne abbia fatte manifeste le necessit ed i vantaggi; perchb codesta legge suprema dell' ordine nella razza umana non poteva commettersi dalla sapienza creatrice alle eventualitk dei nostri capricci, o alla lentezza dei nostri sperimenti. Assai innanzi che le societ chili si costituissero, e che lo sfato e l'i?npesao si identificassero con la vita della umanit, gli uomini si foriuarono in piccoli gruppi nei quali apparve l'embrione dei futuri stati conle nei capi loro 1' embrione

dei futuri governanti. Questa 8 verit positiva che la ragione dimostra come fatto necessario, e le tradizioni confermano come evoluzione storica della umanit. Tutto dunque pu seriamente affermarsi dai vaneggiamenti di qualche filosofo, tranne che Ia fai~ziglia sia una istituzione sociale.

Nata la famiglia per impulso spontaneo della natura nostra in lei veniva a rappresentarsi un soggetto sul quale doveva svolgersi con una forma speciale la suprema legge giuridica; ed era bene necessit che oltre ai diritti conferiti all' uomo nel sao modo di essere individuale, sorgesse pure una serie ulteriore di diritti derivati dagli speciali rapporti che fra lui ed altri suoi simili generava il vincolo di famiglia, al quale i membri della medesima si trovavano respettivamente legati. Una speciale serie di diritti d naturalmente occasione ad una speciale serie di lesioni che possono venire arrecate ai medesimi per lo influsso delle malvagie passioni. E di qui una classe speciale di malefizi necessaria a riconoscersi in tutte quelle offese che ledono 1' uomo, non in quanto si considera soltanto nel suo essere d' individuo isolato, ma in quanto di pi si considera come legato ad un determinato numero di suoi simili per i vincoli di famiglia. ~ c c o ' l a idea della presente classe, la quale evidentemente pertiene all' ordine dei delitti naturali; si perche i diritti, la lesione dei quali richiama certi fatti a questa classe, provengono dalla primitiva legge di natura e non da istituzioni sociali; si perch le lesioni

- 287 di tali diritti nel loro danno immediato (che % il solo tipo ed il criterio determinante secondo cui devono classarsi i malefizi) sono sempre diritti spettanti ad un determinato individuo, o ad un limitato numero d'individui; ne mai puO considerarsi 1' effetto loro come immediatamente lesivo di tutti i cittadini. Certamente anche per cotesti fatti in certe loro condizioni nasce in tutti i cittadini (benche non offesi direttamente dall' azione criminosa) qael danno universale della minorata opinione della propria sicurezza che costituisce il danno mediato, ed in questo 1' elemento politico che d ragione di erigere i fatti medesimi in delitti civili. Ma gi sappiamo che il danno mediato non puO fornire alla scuola il criterio della classazione dei reati, per la ragione che il medesimo sebbene possa essere nei varii fatti di diversissima qnantitS, per sempre d' identica natura; e questa identita di natura lo rende assolutamente disaclatto a dare un criterio significante di una classazione di specie. I1 danno mediato & sempre 1' allarme dei buoni, e il mal' eseiupio dei cattivi, maggiore o minore a seconda dei casi ma sempre lo stesso nei caratteri suoi: impossibile dunque desumere da questo un criterio differenziale che serva di base ad una classazione. Il danno mediato B il criterio che distingue i peccati, i delitti canonici, i vizi, ed ogni prava azione dal delitto civile, perchb qnesto desume da quello i suoi caratteri politici : ma qui cessano le funzioni del danno mediato nell' ordinamento della materia nostra. La radicale partizione dei reati non pu pi desumersi dal danno mediato, che comune a tutti e d' indole sempre uniforme, Bisogna desumerla dal danno im-

mediato; e qaaada questa B uniue~sale,la offesa immediata a tutta l socjetA rende il delitto soeiaa ie ;quando & parttcolare, la offesa immediata ristretta solo ad alcuni individui lo lascia nella classe dei natwali. PaO sembrare a& alcnno meno propria, o meno esatta la nostra nomenelatura: ma la verit del concetto B incontrastabile, e sia che i nelitti di danno uuiversaZe si vogliano chiamare poJiticZ, sia cbe si vo$iano con. noi denominare social$ la sealtsl della distinzio~eB positivamente mra, e s asside non sulla accidentalith di un nome, i ma sulla sostanziale diBerenza fra dartno inz.mediato uuliuersccie, e danrzo inzmedtatu yafoticolave.Se pertanto i malefixi che offendono P uomo nei suoi diritti d famiglia non danno ragione agli altri cittadini di dirai direttam~nte offesi da tali T&t/i.(perchb nessuno pu asserire di aver diritto che la moglie altrui sia foclele, di aver diritto clze la prole altrai si battezzi a nome dei genitori, di aver diritto che l' altrui figlia nan sia sottratta dalla casa paterna) B intuitivo che qaesla classe non puQ trovar sede altrove tranne fra i delitti uatarali.

La esistenza di questa classe speciale di malefizi come posta faori dell' ordine dei r8aii neramente sociali fn riconosciita dai nostri istitntisti, e segnata dal granile riordinadore della scienza G i o v a n n i C a r m i g n a n i . Ma questi e eoloro che lo seguirono si lasciarono dominare dalla idea cile i1 matrimonio tr la base della famiglia, proposiziona in un senso veri~sima,Ma non asso-

Iuta; e da ci nacque la logica conseguenz8 che assamendo tale proposizione come unica norma per circoscrivere la presente classe si allargarono troppo da un lato e troppo dall' altro lato si restrinsero i confini della classe medesima. Si allarg la clqsse in questione includendovi i titoli di stupro e di violenza carnale, la oggettivith, dei quali esiste tutta completa nello individuo indipendentemente da ogni suo rapporto di famiglia: si restrinse la classe perch non vi trovarono sede che quei soli reati coi qaali si offendeva nei rapporti di famiglia il diritto del conjuge, ma si dimentic cluella serie di azioni pa9-enche offenclono i diritti nascenti dalla societ~ tale, che pure una evolazione della societ di famiglia. Cos questa classe venne clelineata con idee confuse, e quasi restb un surrogato alla vecchia classe dei cos detti delitti di carne; perchb fu abbaridonato inavvedutamente il criterio della oggettivit.4 che doveva esserne il solo regolatore, e fu seguito invece il criterio della passione movente ; il quale se pn essere buona guida nella sudclivisione di qualche classe particolare, non pu essere mai la norma radicale bella delimitazione delle classi.

Noi dunque mentre caloando le orme del nostro maec;tro riconoscianzo nella lesione dei diritti di fatniglia la linea clie ci segna una classe speciale di maleilzi, crediamo seguitare con pi completa esattezza siffatta linea richiamando alla pi'oseilte classe tutti quei reati che vi sono portati dalla respettiva loro oggettivith. Distinguendo nella societi VOL. 111. 10

- 290 di famiglia due inferiori rapporti che costitaiscono il consorzio conjzcgale, e il consorzio parentale, veniamo a trovarvi tre categorie distinte di diritti; voglio dire i diritti del coquge sul corzjuge, i diritti della prole sui genitori, e i diritti dei genitori sulla pi"le: e seconclochb questi possano da certe azioni malvagie venire feriti, procediamo alla distribuzione delle diverse specie criminose che ci sorgono innanzi. Cos adottiamo la suddivisione della presente classe dei reati in tre serie (1) diverse; abbandonando per sempre la falsa idea che i reati contro i diritti di famiglia debbano avere come carattere essenziale comune quello di proceilere da appetito carnale.
( 3 ) Accetto questa triplice divjsione per dare un ordine alle materie contenute nella presente classe. &la la divisione stessa non riesce costanternenle esatka nelle sue praliche applicazioni, perch le respettive oggeltivit giuridiche talvolta si congiungono e talvolta si avvicendano. Cos nel1' adulterio pu valutarsi a d aumento del danno immediato la offesa recata ai diritti dei figli legittimi; cos nella sopprwsione di sialo al diritto leso nella prole pu aggiungersi I;\ off~saal diritto dei genitori quando quella commettnsi non per conto di questi, ma contro loro volonL; cos nella sotrrazione di donna, sehhene pi di frequente commettasi in onta dei genitori e tutori, pure pu talora avverarsi la lesione dei diritti conjugali anzichh dei diritti parentali quando Lr;itlisi di femmina fuggila al marito. Ma nella partizione bisogni) lener dietro a ci che pi di ordinario delle n);~terie ;ivvierir, e formare i gruppi su questa norma senza riguardo a q~ialchep:ocola anamafii. h l t r i m e ~ t iprocedendo hisogiierebbe moltipliciire senza fine e senza utile dello insegnamento la trattazione cli pareccliie specialitti: quando osservata la

esattezza nella principale divisiooe delle classi, che pu essere di grandissimo e vilale interesse per la giuslizia pratica, le particolari suddivisioni non sono che queslioni di melodo e di facilitazione ad esporle.

Alla prima sei-ie, nella cluale contempliamo i malefizi che ledono i diritti del conjuge sul conjuge, fanno capo naturalmente l'adzclterio e la Bigar~zia, e vi richiamiamo ancora per nozione storica il concubihato. Alla seconda serie poniamo i reati che ledono i diritti della prole verso i genitori; e vi fanno capo la soppressione di stato e tutti gli altri analoghi fatti coi quali si spoglia un fanciullo cli quei diritti che la legge naturale gli accorda e la legge civile in lui riconosce come conseguenza del fatto della procreazione; come pure vi si potrebbe richiamare il delitto di cor~nzlxionedi oti?zozoriquando avviene per parte dei.genitori, se non assumesse piuttosto il carattere di lenocinio qualificato. Alla leraa serie, quella ciob dei reati che offendono nei genitori 1s potest pertinente loro entro certi limiti sui flgli, fa capo la sottrazione di minori, ed i fatti analoghi. Per ultimo, poich8 comunemente gl' istitutisti tennero a questo luogo parola dello inceslo, chiuderemo la trattazione della presente classe con un capitolo nel quale a modo di appenclice raccoglieremo ci che su tale argomento pu riferirsi al giure penale (I).
(1) Ai delitti contro I: ordine delle famiglie dovrebbe referirsi il fallo del Fijlio che negasse di alimentare la madre

vedova, quando questo fatto fosse elevato a delitlo come gi Io fu in -4tene. In Atene questa o6sa perseguilavasi ad azione pubblica e qualunque cittadino poteva farsene accusatore, ed incontrava pene pecaniarie e perdite di diritti civili importaniissimi per le condizioni dei tempi: Ca i l l e n1 e r E ' u c sulm lcs onfiquilis jiiridiqucs cl' Allrrzes pag. 19. iids A questa classe parimente si riferirebbe il fatto di non aver daio istruzione ai figli, che pure esso fu nella Grccia elevato a delitto: ma i moderni cosbumi per queste colpevoli violazioni dei doveri naturali si appagano di quella tutela giuridica che porge i l magistero civile, il inogictero di buon governo a il sindacato della pubblica opinione.

Data cosi ragione dell' ordine, osserver clie se nella societ di famiglia si compenetrano in un comune principio di ordine la societ ~ ~ w j z ~ g e lla u e societd pw+eqztaZe, non per a credersi alla esseuxa di cluella societa sia necessario estremo il concorso co~~z~lc~tivo di ambedue: questo sarebbe un er~uivoco.Societci di fctnzigfia, intesa nel suo vero e proprio senso come causatrice di diritti permanenti e uniformi nella persona, noli pu veramente esistere se ella non si appoggia o all' una od al1" altra cli quelle due societ, ciascuna delle quali ha hnse in un fatto materiale che dB vita ai relativi diritti; voglio dire o alla societd conjzcgule, o alla societ pnl-elatale. Nel liiiguagbio volgare si pu clarc il nome di famiglia ad rinn consociazione che tragga origine cla un' accidentale convenzione di uoii~iiiiscampagnata da un fatto elle irretrattabilinenie uniilclii e congiunga le loro personalit;

- 293 come la consociazione di pii1 nomini che si stringano ad una speculazione comune o ad un sodalizio e si dicano in linguaggio figurato fratelli, o si leghino con un rapporto respettivo di superiorith e di sabiezione, onde 1 uno si chiami padrone degli ' altri, e questi servi di quello. Quei piccoli gruppi che soltanto in siffatte guise per virti meramente contrattuale si formano non costituiscono la fctnztgZia nel senso nel qnale contemplasi al presente luogo. Simili situazioni e simili ).apporti saranno generativi pnr essi di diritti patrimoniali; ma non di diritti che modifichino la personalit, e che quando siano violati possano presentare oltre lo infrangimento ordinario del patto, una offesa tale alla persona che ne Sorga un vero e proprio delitto sui generis. Questo vincolo speciale che unisce tra loro le personalit di diverse creature non pu6 ilascere che da un fatto materiale iniimo alle persone stesse, che non soltanto alle cose loro ma allo stesso individuo imprima una permanente modificazione, qnale appunto B il fatto o clel matrimonio nella societ conjugale o della procreazione nella societ parentale (1). Ma non per clze a costituire la famiglia ed a far nascere i diritti che andiamo a l esaminare occorra sempre il concorso di entrambo quelle due societA; una di loro bisogna che vi sia; ma pu bastare una sola a costituire la famiglia con effetti giuridici. Infatti comprende ognuno che quando un uomo si b maritato ha costituito con la sua donna una vera e propria famiglia anche pri~ n a dalla loro unione venga in luce la prole: che non si avr in quella una societh parentale, ma vi sar una societh conjugale, ed i relativi diritti sa-

- 294 ranno irrecusabili quantunque da cotesta societ non siano sorti nb diritti parentali n& diritti filiali : la cosa intuitiva. Viceversa pu esistere una societ di famiglia con pienezza cli effetto in quanto allo svolgimento dei diritti parentali, senza che in quella si,trovi societ conjugale. Pongasi che una femmina ottenga cla commerci venturieri una figliuolanza; e questa allevi ed edachi e la tenga per sua in un costante convitto; cotesta societ presenterb al certo una famiglia cos in faccia alla legge naturale come in faccia alla legge civile; la quale (vogliasi o no) riconosce fra quella madre e quei figli un rapporto obbligatorio per ris-etto al quale essa detta precetti speciali, come un particolare rapporto riconosce fra quei figli per cui detta tipposite sanzioni come la inibizione delle nozze, e simili. I diritti e doveri di maternit sono nati; lo sono i diritti e doveri cleIla filiazione quantunque non preceduti da diritti e doveri conjugali. Negare clie questa sia una famiglia impossibile, come B impossibile nel contemplare certe offese che violino tali diritti non trovare la oggettivit loro nei diritti di famiglia. Negare che da cotesta consociazione derivata da causa naturale procedano dei diritti reciproci e dei reciproci doveri giuridici, non si potrebbe senza cancellare le disposizioni che si leggono in lutti i codici in proposito della figliazione naturale e sue conseguenze. Xon 6 dunque vero che il matriinonio sia la base assoluta ed indispensabile della famiglia, ammenochb con quella parola non si voglia esprimere il mero congiungimento brutale. Esso ne sar la causa efficiente nella pluralit dei casi; ne sar la causa la piii legittima,

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la piU regolare, la pi salda; ma non ne b 13 causa esclusiva ed inclispensabile, poich pn9 esistere famiglia in vero senso giuridico anche dose non f u mai societh conjagale. In tale consorzio sara impossibile una serie dei delitti che qui prendiamo a considerare, ma saranno possibili le altre serie clie traggono origine dalla violazione dei diritti nascenti dalla societa parentale, come vorr& meglio chiarito a suo luogo.
(1) Non pub considerarsi come argomento di un diritto speciale il rapporto di domesticitri, perch tra padrone e servo non vi associazione propriamente detta, rila solo una locazione di opere. 11 cervo pub dirsi che faccia parte materiale della funiigliu nia non della zociet familiare. Esso intende ad un fine tutto suo priuuto, intende alla ~llercc~de: nou partecipa s e non di ririibalzo e in modo contingente delle vicende della famiglia, e pu egli slesso esser capo e membro di una famiglia sua propria, di una famiglia divcrsa da quella a cui presta i suoi servigi, ina alla qiiale non fin associalo la sua persoualit ed i suoi dirilli. Che s e la posizione respettiva di servo e padrone fa nascere dei particolari doveri etici, quesli doveri sono conseguenze del contc~tto degli individui, ma non di un rapporto sociale clie possa inimaginarsi trii servo e padrone. Le relazioni dominicali e servili sono accidentalith che possono influire nella quaslitci di cerle delinquenze, come avviene ( a modo di esempio) nel furto e nello stupro; o dare alle medesime una clualclie forma meritevole di essere notata; ma non possono fornire un tipo speciale su cui si costruisca una classe distinta di malefizi.

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