Sei sulla pagina 1di 53

Sotto questo punto di vista si aggrava il delitto di 9-esistefzzn.

I In ragione clella inaggiore ifiqorta~zslc del' atto ; come pure per la dil;l?~il maggiore dello (1) ufficiale a cui si resistito. Questo criterio con?prendesi agevolmente; e bene si scorge quanta sia la cliffeienza che passa fra 1' opporsi ad un atto rli alta giustizia o acl una operazione cli semplice polizia: fra lo in~pedire esecuzione cli una sentenza la e lo impedire una verificazione preliminare: fra il volere esimere un condannato o un cittadino semplicenlente sospetto; un condannato notoriamente facinoroso e temuto o un condannato a mininia pena: fra 1' opporsi arl ordini cli autorita sul~eriore o ad ordini di autoritii municipale od aniministrativ:i, o di ufficiali subalterni, Infinita la lincn clie si pu6 percorrere in questa cont.etiiplaziot~c. seiliMa ])re sari ~7ernclie quanto pii interessa alla societn clic un ufficio tengasi in reverenza, come pure cjuanl o pii1 interessa alla societi~vlic 1' atto di giristizin si coriipin, tnrito pii1 grave rcntn coiiii~?etter:i chi voglia con privata violenza iiii~1cilii.10 opporsi. ocl
.O

(1) Trov;isi ncgli anliclii prniici clsia ~ r a n d e iriiporIaiiz;i aila distinzione fra rcsislciizn n ni;igistrnli superiori e rcsislenza n ningistrali inferiori. Pocliissimi (clic rni io snpliia j

VOL.V.

29

450

fra i moderni codici riproducono tale distinzione, riIasciandone lo apprezzamento alla prudenza del giudice. Quando la resistenza sia titta direttaniente al Sfagistrato nasce la questione traltata dal V a l e n z u e l a V e l a s q u e z (Coliailia lib. 2, png. 5, n. 56) e in termini analoglii dal C a r p z O v i O f responsa Electorulia lib. 6 , tit. 10, respons. 97) relativa a conoscere s e sia competente a giudicarla e punirla lo stesso [liagistrato a cui fu resislilo. Pi frequente per & la resislenza che si fa ai cosi detti esecutori d i giustizia, dei quali il nome speciale mut nei vari luoghi e nei varii tempi. I Romani ebbero i littori derivati loro dagli ELrurclii ( F a b r o 'l'lteraurus crltdilionis, verbo liclor, pug, 1217) i quali facevano 1' ufficio di carnefice. Ebbero $1' Irciiu~clrie gli Starionavii dei quali dissi ad altro luogo ($. 2108 nota) appositamente ordiuati contro i ladroni delle publliclie vie. Ebbero i vigili specialmente istituiti da Augusto per provvedere agl' incendii nelle citt ( P i t i s c o Lexicon antiquitatu~rl R o u ~ a a r r r u n ~ , p ~ g . tramutati poscia nei serenos 1085) della Spagua. Ebbero gli apparituvi, miuistri dei iilagistrali, equivalenti presso a poco iii moderni uscieri o donzelli: (:a l v i u o Le.~icrinjuridicilw, verbo nppuritores, vol. 1, pug. 125. Ebbero i praecones, che alternnmerite facevano I' uffizio dei ~nodernibitndilori e dei moderni cursori: Ca lv i n o loc. cit. vol. 2, pag. 279. Nei tenipi di mezzo dalle parola Irirricnrii iiiicquero i Irirvi; e dalla fiilniliarilc cai hlagistriiti nacquero i funiigli., e la cosi della fitmiglin. 1 Fraticesi ebbero il guet incaricato di vigilare alla sicurezza nelle cili; B r i l l o n Dictioniiaive des u r r i t s vol. 5 , png. 551. Ebbero gli exenlpis, gli urcheys, e la graride islituzione della ?~zurecli~usse'e descritta per largo da B r i l l o n vol. 4, pag. 211: poscia i gmddames, i quali dalli1 vipilariza della disciplina inililare, ctic era il primitivo oggrtlo della loro istiluzione, passarono a pi larghe funzioni di polizia generale, e noi ne facemmo la nostra gendarmeria, Lungo sarebbe enurilerare i diversi nomi dali successivamente agli esecutori di giustizia ed agli agenti di polizia, poiclib spesso B stata ne-

cessiti di buon governo di mutare liorne e divisa a codesti corpi per rialzarne la forza morale. Ma il nome non fa la cosa, ed dalle attrihuzioni e non dal nome che si desumono i caratteri della resistenza in ordine al suo soggetto piissivo.

Si aggrava pure. 2.O In ragione dello effetto ottenuto. Quando la forza privata risult vincitrice, non solo ne avvenne lo impedimento dell' atto richiesto dal pubblico interesse, ma inoltre il prestigio dell'autorita ne ricevette una grave ferita. Quando invece forza restb alla legge, non si ha a deplorare lo impedimento del12atto, e il danno pubblico o privato che pu derivarne; ma di pi l'autorit mantiene eretta la fronte; e la sconfitta riportata gi una pena ed una mortificazione per gli audaci che tentarono aggredirla.

Si aggrava pure. 3."'in ragione dei danszi recati alle pevsosze degli esecutori. I1 delitto per questa contingenza si cow-

plette, e si cliialifica per la lesione accessoria del diritto particolare dello individuo che nel servizio pubblico incontr percosse o ferite dai resistenti: e tale aumento indefinitainelite si fa pi~ grande seconclo la maggiore entitii dei danni patiti. I1 titolo del malefizio non cainbierri attesa la sua indole di reato sociale, ma clualificato dalla accessione delle oflese di altri diritti incontrerit imputazione e pena iricorapnrnbilmente pi~ grave di quella ordinaria

sotto la formula generale cli effetti piu gravi prodotti dal malefizio (1).
(1) Qui disputarono i pratici s e nella resistenza con ferite agli esecutori si avessero due delitti od uno solo : C a p J. c el a t r o decisiones vol. 1, decis 78. La odierna teorica della prevalenza ha eliminato siratti dubbi. Vedi pcr In nota l e S. 2807; e avverti che nelle precedenti edizioni per uno sbaglio del Tipografo erasi qui malarnente collocata la nota del tj. 2806.

Avviene frequentemente (e quasi poteva dire sempre, per la natura umana che nelle azioni passionate spinge lo agente ad eroinpere in consentanee parole) che i resistenti congiungano alle violenze della mano le contumelie contro gli ufficiali ai quali resistono; e spesso piace agli accusatori di richiamare i giudicabili a render conto del duplice titolo di resistenza e (1' ingiuria qualificata. lk questo confirme ai buoni principii della imputazione? Tre assunti possono sostencrsi in tale contingenza 1.0 Che veramente si abl~ia duplice titolo e debba un iO applicarsi la imputazione e 1u pena di C C ? ' ~ Z ~ ~~ e a ti - 2.0 Che la ingiuria come pedisseclua alla resistenza alla quale non che un mezzo venga, assorbita in questo titolo; e soltanto lo aggravi - 3." Che non operi n& l'uno nb lo altro eff'ctto,e non debba tenersene conto. Io non creilo vero ili, il prin10 n il secondo assunto, e preferisco l' ultimo.

regola generale che quando in un contesto di azione diretta ad un zc~zicofine incontrisi la violazione di pi~diritti non si debba mai scindere il titolo del reato; ma costituirne uno solo che viene determinato da ci che risulta prevalente nel confronto tra la lesione del diritto che era fine all'agente e la lesione clie oper come rraeazo. Chi resiste alla pubblica forza ha un fine unico ; quello cio cli resistere ecl iinpedire con ogni sua attivita l' atto di giustizia inviso a lui. Tutta 1' attivita fisica del resistente muove da questo unico impulso verso questo solo fino; e la mano e la voce ed il piede ed ogni elcinento di attivitb non offre che un coacervato di mezzi per ottenere la offesa alla giustizia. Niente volge il pensiero all' onore dello indivicluo al quale resiste, e che forse non conosce neppure di persona: tutto per Irii si dirige all'aggressione del diritto universale; e i diritti dello individuo si offendono a questo solo intcnto. i\/lentrela mano tenta vincere la forza fisica dello ufficiale, la voce procura deprimerne l'animo: non per menomarne la riputazione, ina per meglio indurlo a cederc, si grida e s7insujta. Le parole o minacciose o ingiuriose proceclono cla una sola proeresi criininosa, e non sono che momcnti di rina sola azione ( 2 ) . Come sarebbe ingiusto punire alcuno per furto violento e dargli poi debito dclle minacce ed offese recate al proprietario come di titolo separato, cos ingiusta applicare la pena della resistenza ad alcuno c c l : ~ gli poi debito delle ingiurie proferite contro 1 uffi'

ciale. Tali ingiurie divengono panibili per loro stesse allora soltanto quando non rimanga obiettabile il titolo assorbente di resistenza.
(1) Sapientemenle a mio credere decise in questo senso la Corle di Cassazione di Firenze col decreto cbe Lrovasi inseiiio negli Annali di yiurisprude~~za Toscnnu, unno 1858, p a ~ t e1, colo?&nn 379.

Neppure io credo che possa nei casi ordinari tenersi conto delle ingiurie come di uny aggravante. Certi mezzi aggravano il reato principale per 1' una o per 1' altra di queste due ragioni - 1 . O o perch rendono piti difficile la repnlsa del reato principale - 2." o perchb ledono un ulteriore obia!ttivo. Ora sembra a me che quanto alla ingiuria incidente nella resistenza non possa dirsi n& 1' uno n9 1' altro.

Non pu dirsi il primo, perch certamente assurdo


il credere che un ufficiale bersagliato dai pugni dei

resistenti, o dai sassi lanciati da loro, abbia ceduto alle violenze perchb a queste andarono congiunte le parole di Irirbante e assussi~zo;e non avrebbe ceduto se quelle parole non si fossero udite da lui. Sente ognuno che quattro pugni o quattro sassi cli pi hanno energia maggiore ad ottenere il pravo ' flne, clie non 1 abbiano venti sconcie parole, 12epugna che quando un reato ha la essenza sua in un mezzo pi grave e pi riprovevole, il mezzo pii1 iiisignificante ne aumenti In odiositd (i).

(1) ~ l i idirebbe aggravato il furlo violento perchb alle offese corporee andarono congiunte parole rniiiacciose od insultanli?

Non pu dirsi neppure il secondo, perchb 1' obiettivo dell' onore dello ufficiale, a ben guardare, b gi implicitamente aggredito nella stessa resistenza. Non vorr certo affermarsi che resistere ad un ufficiale sia un atto di reverenza verso di lui; desso di per s un gravissimo oltraggio, implica la opinione di vilt, esprime il disprezzo, include il rimprovero d' ingiustizia: non si va per figure rettoriche quando si dice cile qualunque opposizione si faccia agli atti (li un' autorit una ingiuria contro l' autorit stessa. Non si punisce come ingiuria quando la violenza od altre condizioni da cui si accompagna fanno sorgere un pi grave titolo: ma se il pi grave titolo scomparisce bisogna bcne ravvisare almeno una ingiuria nel fatto di chi nega la legittimit del comando. Dunq~iese nella resistenza vi semprt? implicita, oltre la offeso, alla giustizia, l'aggressione all'onore dello individuo che rimane assorl'ita nell'obiettivo pi importante, non vero che per una parola di pi sorga la offesa ad un diritto nlteriore. Lo stesso senso morale non si allatta a questo risultamento, che di due resistenti clebba punirsi meno colui che ammen dieci pugni, e punirsi di pii colui che ammen un solo pugno perchb aggiunse ancora la parola conturncliosa.

Io penso dunque clie nei casi ordiiiarii il concorso di parole contarneliose nella resistenza non debba valutarsi n& come titolo ulteriore di reato nb come criterio d i aumento nella quantith clella medesima, la quale vuol essere misurata unicanictite sulla ragione delle circostanze che costituiscono la sua essenzia1itii:Evvi per6 una ipotesi iiella quale si deve congiungere al rimprovero cli resistenza anclie quello (l' ingiuria clualificata: ci9 si deve per le ingiurie clie sopraggiungono a resistenza esaurita. Spesso il popolo dopo clie ha ottenuto con modi violenti la liberazione del carcerato insegue con fischi e grida ~Itraggiose esecutori aIle case loro. Qui gli lo scopo di resistere iJ cessato ; e comincia una nuova fase delittuosa distinta nell' obietto, clistinta nella proeresi, e che vuol essere distintamente imputata (l).
(l) Secondo la falsa dottrina di alcuni aniiclii Dotlori,
i q n d i illusi da un frainniento di U l p i a n o volevano esien-

rlere ai fini penali li1 riiassirna di giurc civile rrtiil~crbiiio ueqrc.rparnfu~ a ~ l d n f o questi i n ~ u l t ~ ~ tsuccessivi snrebn , ori ber0 corrcspoiisabili della rcsisteiiza antecedente sebberie non v i avessero preso parte. M3 quella opinione ormai rcjella a buona ragione di1 tutte Ic scuole: R e n a z z i L'leutctltrz juria crim. lib. 1 , cap. 9, S. 4 , png. 155. E la regola opliost:~,clie la ratifica in qualsivogliii modo espressa non inai costituissn complicili, cos certa clie non vale la pena di occul)iirsi ;l dimostrarla: n potrebbe dirsi che la iiisecuziono dileggiatricc degli esecutori fosso una co~llinutlzione della resislroza, perclib anche qucsto sarebbe un assurdo. La resistenza ha il suo obiettivo nello i~ripedireI' atto

di giustizia. Quando questo fine raggiunto, quando la esimizione consumata, quando non vi pi nulla dn impedire, e gli esecutori tornano rassegnati verso le loro caserme come i Cavalieri Cristiani descritti dal T a s s o dopo la fuga di Erminia, la idea di resistere non cape pi in mente di chi sfoga il suo sdegno contro gli esecutori, e quello sfogo di sdegno pu estrinsecarsi in tutt' altro tiiolo di reato tranne quello di resistenza. E s e piacque talvolta tradurre come complici della resistenza coloro che avevano preso parte all' inno della vittoria senza avere preso piirfe alla battaglia, fu questo un errore.

1. 1

Cilite?*iiclesz~nti&l danno mediato.

Nella resistenza, come in ogni altro malefizio, s'incontra il fenomeno che se ne aumenti la quantiti sotto il punto di vista puramente politico anche astrazione fatta dalla contemplazione di un maggiore detrimento direttamente inferito dall' azione criuinosa o al diritto universale o al diritto particolare. Cib avviene per ia contingenza di certe circostanze accessorie che indipendentemente dalla gravita intrinseca del fatto ne fanno prevedere pii[ facile, p i ~efficace, e pii1 probabile 12 ripetizione, ed in un maggior numero di cittadini ne diffondono il timore.

Sotto questo punto di vista si aggrava la resistenza.

1P In ragione del preordinamento o complotto dei resistenti. Le osservazioni che ad altre occasioni facemmo sullo influsso morale, e conseguentemente politico, della premeditazione, si riproducono al presente luogo. L'aggravante s' informa sempre al pensiero che pifi difficilmente si repelle il malvagio quando aggredisce con studiato preordinamento, e pi agevolmente si repelle chi inconsultamente, e senza calcolo preordinato muove all' attacco.

Si aggrava pure. 2." Pel fiurnero dei resistenti : ed anche qui b intuitivo come sorga nel pubblico maggior cagione di sgomento nel prevedere la rinnovazione possibile di una resistenza alla quale i1 numero dei concorsi d speranza di soverchiare gli agenti della pubblica forza; anzichb la ripetizione di una resistenza impotente e meschina che mai non arriver a frangere il coraggio e la fermezza degli esecutori. Sul che per B da avvertirsi che il numero dei resistenti dovr valutarsi sotto un punto di vista relativo piuttostoch2: assoluto. Vi sar ( a modo di esempio) aggravante nel numero dei resistenti qnando sei cittadini abbiano aggredito due csecutori: non vi sar qnando quei sei abbiano con impotente delirio preteso vincere una squadra compatta di quindici o venti agenti della forza (1).
(1) Questa aggravante ha il suo modo e Ia sua ragione di essere indipendentemente affatto dalla precedenle: laonde essa ricorre anche quando i niolti si riunirono a resislere

per istantanea delerminazione. N vi Iia luogo a distinguere fra i primi che cominciarono a resistere in pochi ed i successivi che formarono i molti: cos quelli come quesli subiscono la responsatilit5 dell'aggravante derivata dal numero. La subiscono i primi, perchk con lo incominciare a resistere furono causa del sopravvenire degli altri. La subiscono gli ullimi, perch quando si deltero a partecipare nel delitto vedevano che la lotta si sosteneva da molli.

Qui i vecchi pratici risalendo ai frammenti del diritto romano (.l) portarono innanzi il concetto giuridico della tzcl*ba, variando per nella definizione del n?dmero necessario a comporla, e variando nel requisito della precedente congregazione degli uomini (richiesta da alcuni sotto nome di conventicola e da altri no) a costituire la turba. Ma veramente il concetto che noi vogliamo esprimere mercb la indicazione del Izumero fra i criterii aggravanti della resistenza non B quello della turba; perch8 vedremo a suo luogo che il concorso della vera e propria turba nel suo senso esatto puO far degenerare la resistenza in violenza pubblicn. I codici contemporanei hanno abbandonato queste nozioni troppo perplesse, ed hanno a talento loro definito con cifra positiva il numero dei resistenti richiesto ad aggravare il reato. In tale stato di legislazione pu in generale dirsi che (tranne quando la speciale locuzione di qualche codice costringe a ritenere il contrario ) all' aggravante desunta dal nnmero non necessario requisito la precedente apposita congregazione. Soltanto & da riflettere se il

- 460 numero (2) qualificante possa costituirsi dalle stesse persone degli arrestati, i quali se sono in molti a resistere si trovano in rnolti non per un atto della volont loro, ma perch piacque ai pubblici ufficiali d' intimare a molti conteraporaneatnente 1' arresto.
(1) La distinzione fra ttirbu e rissa risale alla l . 4, S. 5. vi boni~rca11 rnplortaw, ove U I p l a n o decide tres cccit qllUlftOr tiirbu non eri&,decenz uut q~iindecinrhoniines tiirbct dicelur. l l n i codici moderni hanno abbandonato il concetto della turba nella resistenza, ed haiino definito variamente il nuniero di persone che ne costituisce aggravante; partono da tre il codice Francese, art. 211; il Parinerise, art. 220; 1' Estense, art. 107: partono da dile il codice Jonio, art. 300 e il Belga, art. 272. I1 codice Portoghese (arl. 186, Cj. 2 ) porta il numero qualificatore a pi di tre individui ed eleva la pena dalla prigione alla relegazione ternporaria. (2) Si fa ancora questjone s e ad aumentare il numero dei Per resislenli debbano calcolarsi gli Y~~*esponsaDili. esempio: il padre al quale venne intirnato I' arresto aveva scco dile figli della et di nove o dieci anni che per il codice Toscano sorio dichiarali assoluiarnente irresponsabili. Egli si diede a loltai.e contro gli apparitori, e i rlue figli lo ajutarono nella lotta. Sar una resistenza di 1t.e individui, oppure di tua solo?

Si aggrava pure.
3.')In ragione del luogo puOblico, dovendo certa-

niente considerarsi in tali localit come politicarriento pii1 grnvc In lotta del privato contro lo agente della forza pubblica, per il maggiore oltraggio non solo ma anche per la previsione che rinnovandosi in tali condizioni simili fatti possano aumentarsi i

facinorosi c1i altri male intenzionati i quali profittino della occasione a suscitare seri tuniulti. Il danno mediato si diffonde e s' ingrandisce quando a1 pensiero di ci4 che 6 arcenuto si congiunse piu rninaccioso il pensiero di ci c l ~ c poteua uccelzirc: non si calcola come elemento di gravitA politica un pericolo c1311ires0,ma un pericolo corso. Cna resistenza clie sia esaurita nella lotta dei memhri di una famiglia, pugnata senza clamori nelle pareti doniestiche, senza nocuii~entoalle persone degli esecutori, e coi1 resultato favorevole a loro, i3 uri delitto cos passeggiero ed inconcludente cla doversi portare allo infiino gradino della scala penale.

Si aggrava pure. 4." In ragione del vi0110 o wezzi adoperati, e pii1 specialineiits delle t c f l i ~ i: intorno rdlc cjii:\li vuolsi i distinguere se fui~oilo~accoltcaccidcnl:iln~ente s u l luogo, o appositarnentc pi.cpasate (1). 13 q r i i ripeter0 che niente iiii pcrsriade la crluiparnzione dettata cln molti codici delle arrili cgg~a)-cizli :ii.irii nascosliz allc pel fine di aggravare In resistei-izn. Arrestato un resistente nella flrigranzn del dclilto, se jicrrlriisitolo si rinviene ilelln sua tasca rinn pistola od rin coltello, si vuol clirc ri. lui che colpcvole di resistenza ciualificata percilii~ aveva armi in dosso. Io crecio invece clie eost,iii aljlii:~ diritto cli replicare : dando opera alla resistcnzn con og,.si iiiin fi>i.z:i. fisica seriza por tnniio all' arino clie io avcva in 1:\scn io ti mostrai cliinro clic non aveva volonlil [li rcsistcro a. niano armata: 12 tua contraria presunzione i il?

- 462 logica perchb smentita dal mio fatto; e il fatto positivo pi eloquente di tutte le tue presunzioni. Io sono meno reo di quel mio compagno che resistendo con me andava cercando e chiedendo armi perch non le aveva: costai mostri, almeno la intenzione di iniziare una resistenza a mano armata: io mostrai la intenzione contraria. Se la mia delazione di per s un delitto od una trasgressione potrai bene punirmi per questo titolo: nla non puoi senza offesa alla verit convertire in una aggravante del delitto principale una circostanza che io non destinava a servirle di mezzo, che di fatto non le servi di mezzo, e che non eserciti, sul medesimo verano influsso n morale n6 fisico ( ) Del resto i 2. mezzi che qualificano la resistenza clebbono essere relativi a violenze materiali, e non pu darsi siffatto valore alle semplici ingiurie (3).
[ l ) Cib in fiiccia alla scienza i: incontrastabile. Ma poich la iiiaggior parte dei codici non danno seguito a questa distinzione essa negletta necessarianiente in pratica. Cos la Corte Suprema di giustizia in Napoli con giudicalo del 17 Iiiglio lb22 ( A r m e I I i ti i repcrlorio uol. 6 , pag. 81 ) stabili ricorrere IA qualifica dcll' Jirrne nella resistenza anclie per l'arnie acquistata ncl moniento stesso da quiilunque altrii persona quoniunquc non correa della resistenza. per0 Iiieno severa e pi riigioncvole quesla riinssim~ clie non I' i~llra In quale adegua le armi occulte nllc armi Dranrlile a danno dei piihblici ufficiali. hia s e pcr le ragioni che qui sopra addiico B una vcrn iniquili ;idrguare nella resislenza 10 i1ggr;IViiNleniO desunlo ddlle rmi nascoste al10 iiggriv;imento delle i~i.irii rrpprrrcrali e miriacciosamente braiiditr, peggiore :tbuso e pii stolido assurdo quello di ritei~ere 1' arltie n(rscosta come pii1 aggravante delt" arnie uppu-

renle. Eppure questo singolare assurdo lrovasi aneh' ewo nel codice Sardo ove si combinino gli articoli 250 s 2 . W La resistenza che nel caso semplice i' articolo 249 puoicol carcere incontra la pena della reclusione s e fu commessa in una riunione a r m a t a di persone che non siano in numero maggiore di dieci n minore di tre. Pin qui nuila osservabile. Ma il successivo art. 250 definisce la riunione armata in questi precisi termini quurrdo pizi di due perdone portavano urmi upparenli. Dunque s c in una riunione due soli furono dclaiori di a m i appurents' non vi B riunione armala e non pub aver luogo la pena della reclusione. Lucio e Caio delatori di armi apparenti devono punirsi col solo carcere. illa l ' a r t . 252 prosegue con una speciale disposizione ad ordinare clie quantunque la riunione non possa dirsi aririata percli non vi era pizi di due persone muuite di arl?zi appcirenti, e cos per i sette o otto resistenti non $i oltrepassi la pena del carcere, pure se vi sarh u n indiuidw delatore di urmi nuscoste costui sarh individualmente punito come s e la riunione fosse stela armata, ci08 con la reclusione. Che ne pare egli di questa distribuzione di pene? Lucio e Cajo brandivano una sciabola: sotio puniti col carcere: Lucio e Cajo avevano invece un piccolo coltello in tasca ;sono puniti con la reclusione: Lucio brandiva una sciabola contro gli esecutori, e Cnjo tenne in tasca il suo piccolo collello da iagliar pane del yuiile non pens mai ad usare contro gli apparitori, e d ecco il primo condannato alla carcere ed il secondo alla recliisione. Questa b la logica del Codice Sardo. E quando non vi C logica nella legge non meraviglia s e talora perdono la logica anco i giudici. Cos avvenne al Tribunale di Legnago che con pronunzia del 29 aprile 1872 dichiarando la propria incompetenza giudic meribvoie di reclusione un certo Ilnssoito percliB nel resistere insieme ad altri cinqiic aveva egli solo brandito un ronchetto, e ne addusse la singolare ragione che se qiiell' arme era stata a p parente doveva precedentemente essere s t a t a naaoosta. E proprio di aver mancato alla buona logioa appunt quella

- 464 sentenza lo illnstre Procuratore Generale Miraglia denunciandola alla Corte di Cassazione di Firenze con reqilisitoria dt.1 d 2 8 maggio 1872. h& tard la Corte Suprcrna a cassare qut-lln ' pronunzia con il suo decreto del 27 agosto 1872: e fii Lilici benissimo. fila s e il povero llussoito invece di brtindire i1 ronclietto contro i Carabinieri s e lo era tenuto nascosfo riell#c sua tasca, n la Regia Procura, n& la Corte Suprcriia avrclibero potuio salvarlo dalla reclusione. Bicogiin per csser sinceri. Di questo assurdo non Iianno colpa i legi~l~itori del 1839. Essi ne sono innocenti come agiielli, giacclik non fecero clie copiare letteralmente fili articoli 214, 215, c 217 del veccliio codice Sardo del 2 6 ottobre 1889. Alci neppure a quei legislntori della Monarchia assoluta puii riiiiproverarsi siffnlta colpa perch nnch' essi non fecero clic tradurrc gli nriicoli 210 a 2 1 5 del codice penale frnncrse del 18111, tratine clie dove il codicc di Francia al17 ari. 210 per inatidare alla galera diinandava una riunione d i pii4 d i venli f)cr,ro?ae, il veccliio codice Sardo all' nrl. 2 1 5 e i l codicrl liberale dcl 1859 nll' art. 248, onde niostrarr un rincaro tii sevcrit coprii Napoleone I. si contcritano di pi di dicci persone per infliggere la galera, cos! (2) Un' iiggr:ivanle dellii resistenza piib sorgere ancoi.;i d;ille qiialii della personn, qriando un pubblico iil1ici:ile si uiiisca al popolo rllc viiolr imprdire :id :iliri piibblici t i f i ci:tli I;] escciizione di iin ordiiic. (Jiiesto noil caso di abuso ( l i : ;iiitoi~iiii,nC il c:iso previsto dsil codicc Francese all' art. 188: percliC il ~~iiliblico iilficiiilr non si giova dircitarii~ntcdella *oa aiitorit per Lire coi;:i ingiusta c contro 1'1 Irggr. Egli agisce coriie iiidividiio. &Iii piirc I,i persona clic egli rivr.*ir pub tl.irc incorag~i:iniciito;ii privati: e qii;intuiiqiic non posa.1 :i lui a trilla esatlezza riinprovernrsi iiii nhiiso (li pu1)l~lic.n uficio, prirc il suo intcrvciito nrl dclitto conirirc'sso d:ii privali lo drvc solloporrc :id un' aggr:ivaiitr. Ma di qiicslo rion :i lenersi parola conic di iina speciaiiiii, poiclib sili dicrrnriio (S. 2553) clic per rrgola gericrale tutti i drlilti cornrnessi ddi publ)lici ulliciiili ariclic scnza abiiso dello ullicio meritano

..

a g ~ r ~ i v iper il rnnggior diluna iriediato, derivarlie rlelln o forza maggiore del niiil esempio di un delitlo parlilo da loro. (3) F e r r a o fflreo~oia dir'eilo pe~kul,e d . 5 , pug. 45, do coninientando l' art. 186 do1 codice Portogliese, c por :irr,.oulenti s[)cci~lia quel codice, insegna che anche le iiiciurie, benchk non accoiiipognate da rrlio;rccia, costitriiscano resisiarina; perchb anche le ingiurie possouo deternilnare gli ageriti della pubblica forza n desistere dnlln esecuzione dell' atto di giustizi:^: IIOI non eccetleremmo couie regola scietilifica cjucsli, pensiero. A torto poi pretendo P e r r l i o avvulorare la sua tesi cou 1' art. 117 del ooclice Brcisiliario il qutilc contciiipli~ le sole wiinitcce, e vuole di piii che siano ~~ziaitcce i cGod leizau capaci dz' rttterrire qual~rt~qice uontu d i fiiu~rt~e;;n urdiniiriu; e col S. 70 del codice Austriaco clie curiil:rxiyl:c I-, ~lliltficce gravi. Ricordo perlantu. questa clottrioa a l sniu iioc di mostrare oho s e un giiirccnnsulto pul! iriseyr~at.~ clii* le irkgiulvie siano yize~itZicn~llcnte t)~ezzo alla resisteriz:~,e niii a fine odioso, pot con buona r;*gione la Cassnziune Torcalia ritejlerc che un cittadino consideri le ingiurie ilarilogicnwetlte conle alla resistenza qurindo una rcsistcii~:~ con violenze rpalmcrito avvenne, pel fine (li evitare 1' nssurrirb di cumulare per lo istesso contesto di azione 1;i perin dclli~ ingiuria alta [lena clclln resi.jtcKiza.

h~icaenel prescntt? n-ialefizio la dottrina del grnda grrnnlata iielle sue specialith applicative, ci rdichinmn ad esaminarlo nel rapporto della fora[[ fisic'il e nel rapporto della forra sj~or.ab.

Yoz. V.

;?o

I)eg~-uclc~~zti .i.esisle?zscb gicl ~*cqj1Joi*to clellcc dellcc forza fisica.

Per ci6 che attiene alla cornplicitj lo aspetto speciale che presenta il reato di resistenza deriva da cluesto, che il momento consumativo del malefizio non si esaurisce in uno svolgimento rapido e concentrato, come nel furto, nell' omicidio, od in altri simili reati; ma spesso si "prolunga e si protrnc. per parecchi intervalli cli luogo e di tempo. Laonde potri nascere difficolt nel distribuire la qualiti di scriilici ci ausiliatori o cluella di cocczttori o co~lrei diai versi partccipanti. Questo problema si scioglie peraltro assai agevolmente prendendo a norma il principio che il delitto di resistenza si consuma col prirno momento in cui si resiste. Ogni atto violento contro la forza consuma in s solo un reato di resistenza: laonde tanto coautore cli resistenza chi lott contro gli esecutori nel primo momento della lotta, come colui che sopraggiunse a pugna gi mossa; tanto colui che vi prese parte nella via dove si cominciava a resistere, quanto colui che vi prese parte hrse, a cinquecento passi distante dove si continuri n resistere. La figura dell' ausiliatorc nella resisteiiza si restringeri agli istigatori o ai porgitori di armc: nzn tutti coloro che avranno eseguito atti materiali contro gli agenti della forza non potranno definirsi clic come coautori; salvo lo attribuire a chi

si deve Ie circostanze aggravanti speciali o le minoranti che non siano comnnical~ili.

Infatti guardata la dottrina del conirto in questo nialeiizio e concorde lo insegnamento che desso si consumi col solo cominciare a resistere, senza cercare ocl attendere nessun raggiungimento di fine, e nessun resultamento ulteriore. 11 diritto clie ha la pubblica giustizia :tlla inviolal~ilit8dei suoi esecutori costituisce 1' oggettivo del reato : ilriesto oggcttivo b ormai ferito, ed il delitto B perfetto tostochi. la forza fisica del privato si i-? estrinsecata contro i publ~lici agenti al fine cl' impedirne 1' uffizio. I1 pii1 ocl il rficno che siasi fatto sard iluestione di quantit; nlfc il reato dovrh scrnlre imputarsi come perf~tto.

A tale proposito io vidi spesso un errore intruclersi nella mente di alcuno : alludo a qucllo di conhnclere il titolo di re.siste~zzacol titolo di teiztnln esi~zizione. fosse possibile la coesistenza giuriSo dica di clucsti due titoli, quello di resistenza sarcblie ben di rado ol)iettabile, perchb quanclo si resiste alla f0rza ci6 quasi scnirire si fh col fine ili sottrarre una cosa ocl una persona dalla sua iiiano. La resistenza k semprc delitto perfetto in s stesso. L a re: sistenza un delitto pii1 grave che non sia la csimizioiie guardala indipendentemente da quel rriexzo pil odioso: tanto ci6 & vero che la esimizione scornpagnata Ja mezzi violenti in molti casi neppure si

punisce ( come a suo luogo vedremo ) o si punisce mitissimamente. Dunque se pi nel r)?zewso che nel fine, e se il mezzo presenta un reato gicil, sperfetto, O un gravissimo abbaglio sostitui~.e nella definizione del fatto al completo e piu grave ente giuridico un ente giuridico inferiore ed incompleto (1).

Degradanti della resistenza nel rupporto della forza morale.

Anche qui s'incontrano inesattezze in coloro clie lianno riferito alla quantit del reato circostanze che non sono valutabili sotto altro punto di vista che come degradanti. Io non alludo all'et, alla ubriachezza, sordomutismo, debolezza mentale, ed altre simili condizioni soggettive, le quali (poco piit poco meno) tornano sempre eguali i11 ogni malefizio come degradanti o dirimenti della sua forza morale aoggettiva. Alludo alla pressione psicologica che certe situazioni possono esercitare sull' animo di chi resiste al pubblico n ~ c i a l e ,e che lasciando sempre le forze oggettive del reato nel loro stato normale, a torto s'indicherebbero come cause di detrazione alla sua quantit cos naturale come politica, mentre esse non funzionano che come degradanti della forza morale soggettiva del maleflzio.

La prima degradante speciale che vuolsi notare nella resistenza sotto questo punto di vista i lo i aver commesso il delitto nel proprio personale interesse. Singolare sembra davvero che mentre in generale tutti i crimini si commettono per un movente di proprio creduto bene siavi un delitto in cui avere agito per conto proprio offra una minorante. Ma pure t3 cos. Tanto gli antichi quanto i moderni (1) criminalisti hanno insegnato doversi usare speciale mitezza verso chi resiste alla forza per sottrarre sb stesso da un arresto imminente. Ci6 deriva dal rispetto che bisogna pnr sempre prestare alla legge dell' umana natura, allo istinto della propria conservazione del quale & un contenuto l'amore della individuale libert, a cu spesso si obheclisce anche dai piu onesti a dispetto dei severi comandi della legge. E ci che vi ha di pii singolare in questo si S che mentre la gravitj del delitto o della pena che dava causa all'arresto di colui che resistette aumenta (per ci che si mostrato) la quantit del reato di resistenza, tale gravita controagisce nel gt*ado rispetto a colui che vuol liberare sB stesso, ed aumenta a dismisura la degradante. Poco si valuter la scusa di avere agito per liberare s stesso n pro di colui che lott con gli esecutori per sottrarsi alla coercizionc! di pochi giorni di carcere: ma ponete che a costui sovrastasse una pena capitale, e quando ei riesca ad andarne assoluto diterrii se avrete il cuore di ,soggettarlo ad una pena severa per avere resistito a chi minacciava (li conse-

gnarlo a1 carnefice. Ho $8 (letto che in simili circostanze era unanime la dottrina dei pratici nello esimere da ogni castigo i conati fatti ~~c1iziOu.s 7:ucuis; e questa dottrina io tengo per buona quantunque talvolta incontri degli oppositori :ma quando anche 13 resistenza rli chi lottava per salvare s& stesso sinsi estrinsecata in atti cli qualche graviti+ ~luestiatti dovranno imputarsi' in ragione di loro stessi, ma poco giustificato sar il mantenere come argomento di rigore il titolo di vesislenuu.
(l] Esplicito in questa senso l'art. 267 del codice Sardo che dirninuiscc di un grado la pen:i della resistcnza ivi se?tlptaech6 il colpeoolc l" ubbia conzrrrcs,su pcr sottrarsi all' ctrresto o per ilrzpedire l' arresto o prot:ic-

~ v o . eI n liberrczio)le del conjzlge, dell' nscemiente, (lisceurlerrtc, fratello, sorellir, o ct/fine negli stessi gradi, o v v e r r ~ dello z i o o ~tepote.L3 Corte di Cass;izione di Palermo cori ,~iudicatodel 20 noveriihre 18fj5 disse che la mitigante dell'art. 267 procede unicamente per i fatti coiitemplati nei titoli relativi alla rihcllione, e non procede altrimenti ricl caso di oiriicidio coninlesso per resistere alla pubblica forza; cosiccli per l'art. 555, S;. 4 sia a questo fatto impreierihiliiiente iipplical~ilcla pciia di morte. Questa n~assinia detti1 ~ierfuritoriainentc in quel giudicalo, che trovasi nel la. 50 rlcl ~ i o r n a l c a Legge ( I T L I ~ I I 1866, ha bisogno di essere meditata. l I< vcro che l ' a r t . 635, 5. 4 non distingue; ma esso perii contcrril~lail caso or'tlina~.iodclla rihelliono clie gifi suppone iocritcvolc della pena ordinaria: rna poiclib 1' art. 267 1i:i riconosciuto nella rihcllione a salvezza propria o dei coogiuuli un c;iso straordinario; cos riigion viiole clic 1' art. 655, S. 4 * rioii si estenda oltre i l caso ordinario previsto, speci;ilriicnto :i1 duro fine di portiire alla niorte. La riiitigarite una voli;^ ricoriosciul;~ dall;i legge per ragioni soggettive non pub c;in('(~lliirsiper 1' acciclentalit di un risultaiiicnto pii1 qravcl.

Lo stesso certamente non puO dirsi clei terzi. X questi corre l'obbligo di lasciar libero campo alle opere di giustizia, e nei termini ordinari non dar scusa ,a loro la simpatia che alleghino verso I'ari'estato, ed accrescer invece la odiositj loro l' anti11atia che deducano contro i pnbl~liciuEciali. RIa vi sono dei casi nei quali siffatta simpatia e siffattn antipatia hanno un fondamento incrollabile nella legge di natura, e nei moti congeniti al cuore umano; ed allora bisogna valutarli come degradauti anclie a favore dei terzi.

Bisogna valutare 1' affetto verso 1' arrestato ;t lalrore del padre, del figlio (1) della moglie o fratello del rnedesimo che mmsi da istantaneo dolore (sin pure ingiusto) non seppero frenare i propri moti e si lanciarono per pietS di lui alla riscossa di clriel loro carissimo che chicdeva aiuto e soccorso. Certamente l' ordine politico vuole che si cornpriiil;ino cotesti iwti in faccia alla autGrit della legge: prinirli 6 necessith; ma nel punirli si (levo scendere nel nostro cuoro, e, sommessnmeiltc ripetenclo In sentenza clel Reclentore, climandare a noi stessi, snremrno noi scnzn macchia in sinlile caso?

Bisogn% valutare l'antipatia verso gli esecutori quaado questi le hanno dato cagione usando sevizie inumane verso l'arrestato. Non B piU allora la tenerezza dell'affezione quella che fa ruinare agli atti violenti :Q un santo fremito d' indignazione che commuove il cuore e rapido sale a perturbare la inente, e tanto pi commuove e perturba quanto pi quel cuore B generoso ed umano. La malvagit criminosa dell' obbedire a codesti moti B al10 infimo grado, perch si perde nella coscienza di far cosa qirista ed impedire una scelleraggine: ed anche il concetto giuridico della resistenza in certa guisa impallidisce a rigore di principii, perchb coloro non agirono pel fine d 29'1apedirel atto di giustizia (che ' i! lo essenziale di questo reato) ma pel Ane d' impedire lo strazio (1) di una umana creatura. In faccia a questi argomenti anche la politica stessa conviene curvi la fronte, perchb gli B forza confessare a sB medesima che i suoi ministri furono i primi a fallire, e furono la vera causa dell'avvenuto disordine. Ecco perchb io vidi tante volte le sentenze miti in cause di resistenza salutate dalle acclamazioni del popolo, malgrado i bruschi pigli dei barhassori che credono si guidi il mondo civile col bastone e col terrore. per questo ordine d' idee che ogni qualvolta non si possa o non si voglia ammettere come diriiente la ingiustizia (2) dell'atto al quale si B resistito, questa si valuta comunemente come degradante della imputazione perchb opera una minorazione della malvagit soggettiva.

(I? Coloro che o per opinione propria, o per ossequennn ad uno statuto localc e~plicitoin colitrario, iion arnnilseru ioai come d i r i ~ ~ l e nIu i ~ ~ g i z z s f i ~ i u cltto a cui si era te cJt16' rcsislifo, riconobbero senza esitazione iii tale circostanza uua ditiri,lireritc: P o 3 g i elementn juriaprird. crina. lib. 2, cup. 17 S. 9 i C r c 111 a n i de j u r e criminali lib. 2, cap. 4, art. 4 , 9. 5. >la qui si lutruse un eqttivl)co, e nello insegnamento si coulcniplarono come unico caso due casi distinti. L' antica ~ m t i c afranceso gunrdtiudo la ipotesi che us arrrstato fosse sitifo sottratto d'llle mani della forza, determinava (quasi con iiria forma speciale di taglione) In pena dei soltrattori sulla Pcnn che avrebl~cincontralo colui che crasi 1iherato.Di qui pratica che si dovesse aspettare l' esito del giuclizio contro il reo priiicip;ilr pcr niisiirare sirllri pena di lui 1i-i pena di coloro che lo avevnuo liber:ito, o teoknto di Hberai~lo: C a r r a r d de la j t l ~ ~ i s l ~ r t r r l ~ ~ i c e cririn~,llerrect. 2, crrp. 5 , $. 3, 14. 5, poy, 2 6 f . Con tale sistertl:~ se nel giiidizio contro i l I ' ~ O prliicip;ile coslui veniva dichiarato innocente non si trovarti perla da infliggere ai suoi liberatori. Al ctie ripari> la pratica francese infliggendo i11 questo c;iso pena niilissims. (:osi iavnisti la regola che alle violenze usate per liberare un arrestato giovasse come rniiioranle la pena la innocenza dello arrestato niedcsimo psstcriormrntc riconosciuta. hla vi vuol poco n capire clic questa ipotesi S ben diversa da quella della resistenza nd atto ingiusto, perchi: anche lo arresto di 1 1 0 innocente quando i! voiiito da circostanze fatali clio cu11 mularoao indizi sulla sua testa, ed ordinalo dal giudice compctentc, S un ntfn g i ~ ~ t o . Nessuno soghb mai di sosteriere che impuneme~tc uri cittadino resista alla forza pcrclil. Sii di essere inuoceutc, quarituntlue Icgslmente gI: intimi lo arI.c~(D; un terxa, il quale sappfn per avvenlura che qucllo iirrestato P, irinoccntc, possa senza reato neeredire gli esecutori a lihcrnrlo. Porre la iluestione in siffalti termini sarcbbc iissurd~.Stn hcrit: peth che la colpevolezzn o non ~olpevolczzndel rea liberato o tcntato di libornre $1 calcoli nei criterii misiiratori dcll:~ rcsistrnza dcsunti dal clanno

immediato, sehbeoe anche nella liberazione dello innocente rimanga il danno irnmedialo del mancalo rispetto alla autorit;~. (2) Che si possa impunemente resistere ali' ordine notoriamente ingiusto quantuuque il danno sia reparahilcl, lo irisegna anche S t r y k i o disputotio de fitcto J'zhdicis vol. J, dispilt. 25, cali. (i, 11. 65 C r a v e t t a coasilia 085, U. B K l o c k de aerario cap. 1 8 , rr. 1 0 9 IIondedeo consil. 82, 11. 24, vol. 1 - JI e v i o decisio~ies pnrs 5, decis. 069, et decis. 5 0 8 A m a j a i n codice i n 1.5, Cod. dc j e v e fisci, n. 10 C a t a l a n o tractatus c ~ b l i n u l i s n. 81, pag. 351. Vedasi anche C a v a l C a n o de Draclbio ?Tpio, pars 2, n. 95.

Penalitti della resislenuc6.

Gli antichi legislatori in mezzo alla fierezza delle loro penaliti non avevano grande mestiere di studio per atteggiarsi a rigore contro i colpevoli per resistenza alla forza. I loro apparitori, o Lirri, o famigli, o con quale altro nome piacesse chiamarli, sapevano bene risparmiar loro lo imbarazzo di queste procedure. I bandi inesorabili che taglieggiavano i contumaci dando balia di prenderli o morti o vivi, imprimevano alle squadre degli esecutori un' attitudine guerresca alla quale i banditi dal canto loro rispondevano con erluivalenti apparecclii; e un tentativo d' arresto convertivasi spesso in una battaglia (1). Contro. i resistenti si dettavano bene anche allora repressioni penali, ma nell' abituale spettacolo di resistenze sanguinose assumevano importanza

- 47.7 minore le resistenze in guanti gialli, alle quali ci ha assuefatto la civilth inoclerna, ed alle quali noi cliarno oggid una importanza forse maggiore che non si desse loro in antico. Di qui nacque che a\-verso questo reato le srcccliie pcnalith si mostrarono meno di*aconiane chi? 1101 fossero avverso altri malefizi; sebbene anche qui tratto tratto sbucasse fuori la inclefettil~ileferocia dei tempi.
i l ) Nei pi.occssi di resis[enza i vecclii pratici furori0 seiiiprc diffidenti verso le deposiziorii dei birri: G u a z z i n o tlc d e f e a s i o ~ ~reortu12 defens. 5 , n. 9 - C a b a l l o resolut. e criitzi7t. cns. 127 P a n i m o I I e decis. 46, 14. 31; che pone coiiie regola costante 1,1 inattendibilit~ dellc loro tcstiinoniarizt.. E veramente nella mia pratica io vidi che tali deposiziorii erano troppo spesso esagerdte ed animose, non solo per effetto di naturalo antipatia, nia anclie per interesse person;ilr. Se i resistenti furono vittoriosi gli esecutori hanno interesse i l magnilcare I' asgressione patita, per non aver rtimprovero di vilt : s e In rcsislenza fu repressa hanno uguale iiitercsse per csaltarc la propria bravura. (Jualclic niocleriio osservando che in qi~csLi rn;ilefizi la oEesa al diritto irniucrsale determina li1 clnssc, e coslituisce la speci;ilc ecscnza del m;ilefizio, opin clir 1' iifliciale ferito non poiesse inlcrvenirc in caum come [)arte civile, qiiasic!lb la prevalenza del 31r1tlioiiniucrsrtlc ciiiicellassr o distruggesse il d/itztro pcirticolare. Oiiesta nuovissiina Lesi fii bene coiifutsta da F a r a ti il a (nclla Tclrti Znnclcrt nauo 2 , 16. 15) con la rcplica altrettanto giusta cluanio st~niplicc, clic i. Salso cpcl presupposto. Se o la teoria od un codice per dcteriniriare il titolo di uii ~i~tilcfizio pigliiiiio norma d:illa 01lksii ;li diritto ~ciliversctle, e lo colloc;itio frii i reati sociiili, noli per questo che cessi di csislcrc la Icsionc al dirillo prir! ticoln7.e dello uflici;ilc, ri lui conipeteritc come individuo, etl cvcntii;ilnicnt~coiiccjii~it;intc al19altro. Lo essere o f i s o l' 2111 ficio nella pcrsonli dclcrmina il titolo, o la gerli11ill.i mag-

giore, ma non fa cessare la ogesa minore patita dalla persona come individuo. La dottrina di F a r a n d a per presuppone una ogesa allo individuo. Quando jI carabiniere, niente offeso nella sua persona, volesse costituirsi parte civile contro una ?.esistenza semplice, mi permetterei dubitarne.

Nasce da questo che in molti degli antichi statuti penali non trovasi neppure il titolo della resistenza, e parecchi istitutisti appena ne dettero cenno. Si contempl seriamente questo reato quando era conimesso con turba armata, con tumulto, con sedizione, e trovatovi facilmente il sentore della lesa maest (i) si and velocemente alle pene supreme. Ma finchb trattossi di piccole lotte contro gli esecutori non susseguite da pubblica perturbazione, si ritenne da un lato il buscare qualche coIpo come un incerto del mestiere di birro, e dall'altro lato come un istinto mal frenabile di natura lo usare della propria forza al fine di mantenersi in libert. Gi B questa una osservazione generale che gli antichi legislatori non fondando il giare penale n sul principio della emenda n su quello della tutela giuridica, ma per una parte di reati sul principio ascetico e per 1' altra sulla intimidazione, miravano a grandi spettacoli ; ed esaurita la ferocia loro sopra i maggiori delitti trascuravano i piccoli delinquenti, cluasi preparando in loro la futura messe per menar poi grandi colpi a servigio della esemplarit come essi la intendevano. Non mancarono per statoti penali che anche sulla resistenza facessero le prove della loro severit (2).

(1) I1 concetto che chi resisteva alla forza incorresse nel titolo di lesa maest ebbe sanzione anche dalla celebre bolla di Sisto V: gi h1 e n o C h i o f d e a9,bitrariis cas. 583, 21. 1 ) lo aveva insegnato come principio generale. Ma il G u a z z i n o f de confiscalione Donorum conclus. 13, ampliat. 4 8 ) strenuamente sostenne che il rigore della bolle non fosse applicabile quando si era resistito contro una escczczione civile. Errato peraltro nel punto di vista scientifico era il concetto clella lesa tiiaesf, perch manca lo essenziale elemento della intenzione direlta ad attaccare il governo in chi ha soltanto il fine di libcrare s od un amico da un male iminiuenle. E questo fu gi osservato fino dai suoi tempi dal B a j a r d o ( a d C I a r uni S. luesae majestatis n. 2 ) dal F a r i n a c c i o fcuiasil. 205, lib. 5 ) e dal C o n C i o l o f ~esolutioiieacrimii~ules, verbo ofciulis, resul. 5 ) qiiaotuiiqiie per argomento dalla l. cujusque dolo I]. ad leg. .liti. mccjcst. l' assiinilazione della resistenza alla riiriesfli trovisi pecorilmente ripetuta dai pratici; e forse iinn pallida reminiscenza di questa idea quella che Iia fatto dare in alciiiii codici il noirie di ribclliorie a questo delillo. Ma in generale piib dirsi che gli antichi guardiivano pi all'avvenuto esiniizione clie alle lotle senza i~isultnrneiilo,Ic quali si perdonavano iiIIa rozzezza dci costun~iquando non a s s u m e I1;ino caratleri di perturbazione sociale. Forse Iii civiltk i~loderna pi rigida appurilo perclik dai popoli civili esipce che meglio si coinl)rcnda il dovere di obbedire alla legge, e che alla ;iutorit;i dello Stalo s' immolino anche i moti isiintivi della natura. Pii anciie dirsi che negli antichi tenipi si ebbe In persona del birro iii maggiore disprezzo dalla stessa signoria a cili serviva: laddove oggi la idea progressiva di nobilitare In persoiia del t>trrgi.strato uri~ialoha condotto a volerlo circondare. (li niaggiore rispetto, e proteggerlo pii1 eiicrgicainciite cia ogni qualsiasi oiiraggio: e questo i? iridubit:itarncnte un progresso. (2) 111 Portogallo un dccreto del 24 ottobre 1764 disponeva clic ogni resistenm a mano armata dovesse cousidernrsi

come delitto di maesli di secondo capo, e come tale piinirsi di morte. Iu Spagna la iStleua Recopilacion l i b . 12, t i t . 10, ley 6, rniriacci3va coiitro Irl resistenza 0110 anni di gdlcra con facolt di aggravare In pena secondo i casi: ma la le3 5 ininacciava la morte quando si fosse liberalo un condannato a morte. Questa specie di taglione fu cstesiasima nelle vecchie pratiche, come si Iia dal C l a r o proetica crini~lalis lib. 5, $. fin. qiinest. 68, i>crfio exiriteus; ove al iiers. qttnetw ricorda come sorgessero in Milano procelle immense fra I doltori 3d occasioiie di urla donna la quale avendo s;ilvatci il proprio marito cond;innato a inortc volevasi ad ogni cosfo condannare alla forca; ed a lode di quel Senato ricorcl:~ come il niedesinio ne uscisse cori la sentcnz;~i1ell'Areop;igo rimandando la povera feniniina n futuro giudizio quaildr~ fosse meglio chiarita la cosa. G u i d o P a p a fdeeis. 557) Iie accerta clie neil' antica Francia chi resisteva alla forz;~ era punilo di riiorle o per lo iiierio col taglio della maiio. Nell'antica Repubblica Veneta un decreto del Consiglio dci Dieci del 16 setiernbre 1468 (Zcyyi Ori~ni~znli Verreie, r;iccolte e p~Lbliciilenel 17ii1, a pfrg. 1 4 ) Iiiriicrit;rrido C ~ J riin fi)ssero divenute fiiorn;rliere le resistenze iriiriiiccii~ uirtt iiiulla da cento a niillo lire gradii:iliilc secrido Ic armi, iI iiuriiero, e g!i cfitti. 31;~ n1 tempo stesso ordini) che se r i i i i.esistenlc fossc SlittO ferito od iicciso non s r ric filc~sscprocesso; lo che mostra la veril dclln osservazione da riic L i t t ; t di SOprii. rdenticiie disposizioni si ril~rodii.;scrn in iiltro dccrcto f o p . cit. P I I ! / . 3.r) t ( ~ r ! j odei Consiglio dei Dieci CICI j .;ettenihre 1658.

I codici contemporanei hanno cjriasi tutti, chi piii chi meno, dato buon orcline al titolo di rcsisle.izzc~, distinguen(lo10 pcr diversi criterii dalla violenza pr1l.jI~lica: in generale hanno graduato le penalitsl sulle ed norme del nurnero, delle armi, e degli effetti ; pro-

- 479 cedendo da pene infime a pene elevatissime, secondo le circostanze. Laonde la comparazione delle penalitk in questo reato non pub farsi che per confronto dei u i z z e dei masshiai. Qui il codice Franznki cese uno dei pii1 miti nei n i i a : l' art. 222 a!)znni bassa la pena clella ribellione semplice fino a sei giorni di prigionia, i quali. per l' art. 463 possono convertirsi in una multa cluanclo vi siano circostanze attenuanti. Poi a norma delle aggravanti aumenta la carcere, o passa alla reclusione od alla galera a ternpo ; e nel caso cl' intervenuto omicidio minaccia (art. 216) la galera a vita. I1 codice Sarclo all'art. 251 ammette per la ril~ellionesemplice un minimo cli sei giorni cli carcere, che aumenta anch' esso per le solite aggravanti e passa alla reclusione ed alla galera a tempo: ma con esorbitante severit spinge la pena (art. 533, n. 4 ) alla morte iluando vi sia intervenuto omicidio, tanto se il meclesimo f[i mezzo alla ribcllione quanto se ne fu conseguenza. I1 codice Toscano F: uno dei pii1 severi nei minimi, poich non 0ffi.e mezzo di al)l~assarela carcere (art. 143) sotto i sei mesi, per quanto la ribellione sia semplice, spoglia di Ogni aggravante, ed anche scusata da attenuanti. Tale rigore fu figlio dei tcmpi nei quali venne dettato quel codice, come altro voltc osservai. I1 primitivo progetto del prof. G i u s e p p e P u C c i o n i avcva proposto un minimo di tre mesi. Ma le vicende pubbliche sopraggiunte sostituirono alle verita giurirliclle considerazioni politicl~e e fecero prevalere ; il pensiero che la resistenza in Toscana merit,asse ])cric ma;ggiori che in Francia e in tutto il resto 11' Italia. Aliche il codice Toscano eleva poi per ragione cli aggravanti la pena della resistenza a car-

cere di durata maggiore, ed anche alla casa di forza: la quale determina nella misura da dodici a venti anni nel caso d' intervenuto omicidio non premeditato. Anche contro lo eccitamento a resistere volle il legislatore toscano mostrarsi piii austero del legislatore francese; poiche dove questi alla provocazione non susseguita da effetto minacciava la carcere in un minimo (art. 217) di sei giorni, riducibile ancora ,per attennanze, il Toscano inflisse un minimo (art. 145) di un mese non mai riducibile (l).
(1) Il minimo della pena contro la resistenza semplice era pel codice Napoletano (art. 178) un niese di prigionia; pcl codice Parmense (art. 222) sedici giorni di prigionia; di Xlalta (art. 84) quattro mesi di prigionia; di Neufchatel (art. 59) otto giorni di carcere; di Vaud (art. 117) un giorno di carcere; di Friburgo (art. 111) un mese di carcere; di Svezia (cap. 10, S. G j l' ammenda; pel codice Francese (art. 212) sei giorni di prigionia. Per' I' austriaco (art. 915, 511) riir tiiese. 11 codice Toscano si qui ravvicinato alle leggi Estensi. Il Decreto di Blaria Beatrice d' Este del 7 decembre 1815, Ej. I l , limilava il minimo della pena ad un aono di carccrc.

Esimizione, evasione, effrazione di carcere.

Dal verbo esimere, clie vuol dire sottrarre, clerivarono i giuristi il titolo di csfi)ziuione ( 2 ) che ;-? il delitto nel quale incorre, chi sottrae alla gizcst;iz.ic(, una cosa od zcna persona sulla quale essa avevcc posto la ntano; ma In esirni,nione cosj definita un

genere dal rjuale si staccano due altre specie in ragione di certe materialiti, e sono la evasione e In efi*aziutzedel carcere (2). Finch un arrestato gia ridotto in mano della pubblica forza in via per essere condotto alle prigioni, ed anche precariamente trattenuto nella caserma o in un albergo o nel pretori~, non B ancora ristretto in carcere, chi lo ri?a liberi incontra il titolo di esffizizione.Quando pero egli fugga o sia sottratto dal carcere il fatto assume il nome di evasione. Ma questa esattezza del linguaggio non d resultamenti, perch le regole clella esivniziolze e quelle della evasio~ze suno presso a poco le identiche.
(1) BIBLIOGRAFIA Om e z u n r i n r u m resolutionum tonl. G 3, cap. 9 , n. 11 C a r p z o v i o pructiccc criminalis quaest. 35- H e i I s de proc. inquis.cap.6, S. 61 Renazzi elen~cntajzcris crizinalis ziol. 3, p g . 100 - P o g g i eleilentu jzirisprud. crinz. vol. 2, ~ 1 1 94 . - h1 a t t 11 a e i de ~

carcerilljz e f f r n e t i o ~ i c B o s s i o tractatiis tit. de effruE n g a u elemenlu jiiris criviinalis ctoribtis curcerum lih. 1, 5. 6.55 et seqq. K o c k inslitrrlio?aes S. 614, pug. 310 R e l l i o i~istifulionesjzil'. crin?. Lusitani l tit. 4, S. 8, prrg. 55 R e i s n e r de crincine uioluli crirl ceris F r i L Zs c h i o con~~lientcrtioncs v n r i i s jtcris de capitihus, cotlunent. 6 B o e h m e r t~tedilurbnrsin Carolinat~la d ~ 1 . t 180, . 4 et 5 - B r i ga n t i della fritltura del . carcere: dopo l a pratica crii?iinnlr, png. 256 - V a n E y ck De carceriirta effrtctorii)as, l e p d e n 1765 C o C C ej o Exercilnliones vol. 2, disp. 39, dc firgrr, cap. 3; V o ug l a n s trcrilc? d c s diffcretltes espces d e crimes tit. 2, chup. 2, S. 2, n. 3 C a r n1 i g n a n i elementcs S. 86'5 G i u l i ;i n i isiiltizioni d i dirilto c r i ~ n i ~ i nlib. 2, pag. 175le P U C C i o n i srgyio prcg. 366 F o r t i conclusioni pag. 5!) P e s s i n a traltrtto d i pcntilitri speciule S. 114, ~ " 9 191. . YOL.V. 31

noto che il carcere fu introdotto a d ciistodiendos (2) non ad puniendoa holnines. Appo molli popoli si conservato fino ai ternpi rcccnti questo niodo di vedere, che in onlico fu universale, per cui noci si concepiva una punizioiie consistente nella sola privazione della liberti. Ci in parte erd conseguenza delle condizioni uomadi di certi popoli; e pi kpecialmente poi della idea della vendetta, la quale non si prestava a questo modo di punizione. I rei si uccidevano, s i deportavano, si esiliavano, s i mulilavano, si flagellavano, si spogliavano degli averi; e quando si condanuavnno o alI' cipus pullieuui od uI17 oyzts nzetnllictitri. o in n ~ e l a l k n l la , 1ier1,i si ravvisava nel costringimrnlo ii duri Iiivori piutio+lo clie nella privazione della libert. 3jolti ascrivono al gitire caiiouico la introduzione del17uso del carceie corrie pena, cad i naturale che al medesimo s e non pub attribuirsi la : originalitA, si attribuisca almeno lo allargamento di c~uesto conccito; perciii? E conscquenziale al pensiero della einendit del reo introdotto nel giure punitivo. Laonde era ben natiirale clie il progresso civile avendo reso ogni di pi gapIi;irrlo i l fine correltivo della pena, il carcere che non i'u pena iii qiiiliconcr~~iist:isse poco a poco 1ii supieni;izia e quasi ld esclua sivitli fr<i tutte le pene. k grave disputa fra SI' intcrpciri s e I ruriidni usdssero iiioi il czircere conie pcnrt. La rieg,ilivii seriibrn i~perlissini~i la L. 8, S. 9 , /I". dde poenis e per la per 1. 6 C. tlc prie~iis.Si obiettarono il fr. 3, cle citstod. el e r i b , ri.ontt,r: C In leg. 1 e[ 2 C . de ctistod. reorlurr; iiia il nodo *i s r i o l s ~ osserbando clie qui la parola pozn non si usi1 nel ~ ~ 1 1 4 0 punizione aia di prrlin~c~rlo. ol~icltarorioancora di Si lo [P!/. 48,S. 1 4 , f i de poeizis, e 38 tic irijttriis; rna il nodo *i sciolse o ~ ~ ~ r ~ , clie ii uinciilr~prrblico ,si rilcriviino ;illii ii~ do ~oiid~iiiiiii optts piibliciirn: 1 c r g c r o resoliitiones Lrrnrrtl 1 tlv iiucltia~iciepng. 722. Sullii stni.i,i dcl c;ircci.r coino perici, c siille curccri (lei Roninni, siil loro iiuiiicro, e sullc Inru lor n l i l b , d i . < ~ ~ I n v e r r i i z z i de pit1,licis jiitlic8ris ;oci!j. XX. IU Iioina 1787. Su tal proposito picnii di erudi~ioncI' opera del R C 1 t r a ni i S c a l I ,i sii1 Covcrnu e sulla rilit~.rrindelle

carceri in Italia, Torino 1867, dove al cop. l,e 4, nienie lascia a desiderare dal lato storico. C)iii pcralbro dove parlaci del realo di esimizione, evasione, ed efTrazione del carcere, si guarda indistintamente ogni luogo di detenzione per ordine di ~;iiistizia; e quanto qui si dice si applica :il carcere (li custodia, t:~iitocivile quanlo criminale, come :il ciircere di prnn.

Importante stabilire il momento in cui pu0 nascere il reato di esirlaizio?zc. Il reo clie avvisato dello avviciriarsi della forza s' involn, o chi avvertito della imniinenza di un scrluestro vriota la casa non fanno esiu?i$ioize. Pcrcl-ii: clucsta sorga non stiri necessario clie gli esecutori al~biano preso possesso a nome gii dclla giustizia dell' uonio o clella cosa, in%bisogrierA almeno clie siasi fatta la intimazione o che all'riolno o alla cosa sovrasti iinmc~liatamenteIn ilinno ilello esecritore. E qnanilo non vi b csimizioue per il principale i: chiaro elio non puO csscrvi ni!ppure pei tcrzi che lo abbiano aiutato; i quali, dove trattisi cli fhtto criminale, potranno reclargriirsi di favo~cggiamcnto(1) u n niente Si piii.
(1) (;cssnrio pure i liloli (li ~simizioneed rv;isione ptlr t r lungo ;i1 di\rerso rciito (li rihr~so di rrtito-t8itii innomiri;i!ii cp;intlo In liberazione inrlelritri del carcerato sinsi ortlinnta da chi ;ivclvii nci suoi potrri di cniritrra il ril:iscio, sebbene lo :ibliin f;itto per f,ivoi.r e coiiii.o Iii lepgc. Fii in qiiesto senso clic 11 C;i I,;, l ;i n o (Tt-(rrt(lt/is c r i ~ t ~ i ) a ~ ~ l i s331, 11. 75) png. prnporic In qiiestionr sr iin Ciirdiii:ile possa rendersi colpa~ p ~d i~ ~ sc ~ n i z i o r ~ er ~ i . l i di

Quanclo per6 1' uomo ristretto nella prigione se ne libera mediante rottura (1) di muri, porte, tetti, cancelli od altri ripari destinati ad impedire la fuga, si muta il titolo cli euccsione in rlriello di efi-c~zio~zcr cii cccf7ces*e, che prende il suo nome dal qkzezzo. E bene a ragione prende il nome dal mezzo perchi;. cli troppo il mezzo supera il fine nella politica gravit, non fosse altro per la considerazione che chi esime, o chi evade, toglie alla giustizia soltanto quel deterriiinato colpevole ; mentre chi romps il carcere pu agevolare la fuga a tutti i reclusi e porre in costernazione la citti; iriostra audacia maggiore e maggiore fermezza di deliberazione; ed poi d pessimo esempio e di grande sfiducia negli onesti la prova della insufncienza di quelle grandi opere chc, 1' autorith prepara a tutela dei buoni per custodire i hcinorosi.
(1) Una elegante questione pub sollevarsi circa la ipotest di uno rcultcncnta che abbia servito di mezzo alla fuga del delenulo senza che sia stato accompagnato da nessun guasta o rotturu. Nel furto In insalizioiie si equipara allo scasso: ma nel presente titolo io non crederei clie pott'sse farsi altrettanto sotto il punto di vista scientifico, pcrchk la ipotesi di uno scalnrnento senza rolturn presuppone setripre una qualclie negligenza nei custodi della quale abbia profittato il fuggitivo. E certamente non si potrebbe equiparare in faccia ad una legge posilivii che parli tassativamente di rOtdUt'<i. Il Ca b ;I l l o f resolulioncs criminiiles, resol. 8 ) equipari1 lo scalarnerito alla effrazione dei inuri, ni;i suppone che il detenuto buttatosi dalla finestra avesse rotto le catene cori

- 485 le quali era assicurato; sicch non siamo pi nei termini di scalamento semplice, nia si dubita solo s e la rollura delle catene equivalga alla rottura clei muri. Il F a r i n a c c i o fpraxis, quaest. 50, n. 83) esamina la questione tic1 caso semplice, e si pronuncia per la equiparazione, allegando anclie il B e r t a z z o l o consil. 55, n. 31, li[/. 1. Ne adducono a ragione che anche chi salta un muro viola il carcere: nin l'ai-gomealo specioso, perchS il titolo non di violnaa'one ma di e f i a z i o n e di carcere.

La esifnizio.lze di persona e la evasione (1) quando si obiettano allo stesso arrestato o detenuto non sono generalmente considerate come delitto se lo elemento criminoso non si trova nei mezzi ndoperuti. I1 reo che per pigliare il largo usa artifizi o profitta della negligenza dei suoi custodi obbedisce ad una legge di natura, ed C'! scusato: la legge serha il suo rigore contro i custodi o negligenti o corrotti. Regola ugualiilente benigna deve accogliersi a riguardo degli stretti congiunti (L). Rapporto agli estranei per, quantunrlue non siavi crirninositj nci mezzi adoperati, sono punibili : ed iilcorrono ne1 lit010 di fuvo~~eggiurnenlo lo arrestato o il detese nuto sottratto od evaso per opera od aiuto loro era un delinqricntc o tenuto come tale; e nel titolo puro di csitiziuione o di procurata evusio?ze se era un debitore civile (3) o un individuo catturato per misura di polizia.
(1) Aricbc la uioderna scuola gernianica non ammette 1:i puiiibilith della evasione semplice in quanto al carcerato che

profittb di circostanze innocenti per ricuperare la liberti: B I i t t e r m a i e r not. al I p e u e r b a c h S. 197, fiola l. irediisi anche B o e h m e r o cid C a r p z o v i u n i qttnest. 5, obser. 1 0 S t r y k i o displ~tntiozes uol. 1, disput. f , cnp. 5, n. (i.Appo noi era esplicito il testo del codice Leopoldino all' art. 103 ivi Chi fuggirti dalle carceri per qilu-

- - solsa aver lullqlie c:cusn siavi ritetiitto,

ftilto nlcuna sortu d i violertzn, sarti: iuululne per tale fuga d n o g n i perzu.

In questo stato di pratica O di legislazione fu bene osservato clic il titolo di complicit~ non poteva adattarsi ai terzi (congiunti o no) clie avessero consigliato istigato o istruito il detenuto a fuggire per quella guisa. E questa tesi si dimostr per largo da Ba r d e l l o n i Cons. 27, pcrg. 166, Vewetiu 1612. 6 a veilersi ancora V i l o s a de fiigilivis cap. 3 , e i franiiiienli Romani che ivi comrnenta. Altrove si volle punita nel delcnuto anche la evasione semplice ( C a r r a r d j u r i s p r u tlence c?'i??lOtelle sect. 2, dcrp. 5 , S. 5 , n. 2 ) e sono note pur troppo certe regole insensate clie in alcuni paesi si videro convertite in leggi, e per le quali la f u g a d i un inyuisito dicliiarcivasi confessione finta bastevole a coiiipletare i l processo; laonde il fiiggitivo dove fosse ripreso si consegnava senza ulteriori giustificazioni al carnefice: B e s o l d O Il~esauricsvol. 1, pcig. 555. RIa invece di ricordare gli autori e le ordinanze clie sanzionarono questa stolida presunzione riteglio valga indicare la confutazione che ne fece il N a n i con la sua consueta esattezza tiell' aureo libro D e ijadiciis pag. I7 et scqq. nella edizione del 1823 ultinia edizione fiorentima: e dico ultima, quantunque altri eseniplari ne corrano con la data di Firenze del 1859 e con la insegna di nlinerva; perchb questa non B che una rinnovazione di frontcspizio per frode del tipocriifo, probabilnienle diretta iid riccreclitare un libro clie egli avev~i nella sua edizione imnieritamente vituperato con infiniti errori lipogriifci. 12) I pratici ;inimisero la indulgenza dovutd agli atklli d r l sdngue anche per gli stretli congiunti clie per liherare il congiunto avessero usato violcuza non contro le ptbrsone

iiia contro le cose rompendo il carcere n r g 1. 4, de e n a et. - G o n1 e z uariarzrm resnliitionu~nlosi. 5, cnp. 9, i n fin. B o eli m e r o in constitttlionenl Carolinani pag. 876, S. 4, verso fucili~ts Bl ;i t i li a c i (le criminibits lib. 47, tit. uft. cap. 4, 11. 2. E in tema rlegli stessi deienuti che senza lcsionc personale ai custodi si fossero procacciata In fuga con rottiira di carcere incrgnarono nccesse non est o0 ecun rent poetznn costitztere: C r e m a n i ile jiire criminnli lil). 4, cap. 5, nrt. 4, S. 7 W a n L e u w e n ccnstirn forensig p a r s 2, liil. 2, ccrp. 5, n. 18 K o cli insiitutio~zes 618, S;. I C r e s s in constitictione)n Caroli~zanicrrt. 180, S. 3 P u t t rri ti n n cleslenta Q. 185. BIa S e r v i n flegislalio?~ crbiinelle lib, 1, cnp. 4, a r t . 5, Ej. 6 ) concilii, le discordanti opinioni con una distinzione: se il detenuto che fugg con eifrazione di carcerc era minaccialo di grave pena, non si deve punire; s e invece era minacciato di pena lcggiera si deve punire. Questa distinzione non : cerehrina; essa si connette con la dottrina della coazione clie dirime la imputazione. BIolti peri, furono i sostenitori della contraria opinione insegnando doversi punire per la operata violazione del carcere anche il detenuto che si fosse poi chiarito innocente dell' accusa che pendeva sopra di lui ( L e y s e r rneditationes in pandeclas spec. 544, ined. 1 S C h i l t e r o praxis, esercitafio 49, S. 43) per la ragione che lo efraltore non si punisce perclib fosse colpevole, ma perch fu eifrattore. Deve per distinguersi fra il caso in cui alcuno sebbene innocente sia stato carcerato per ordine di giiistizia, al quale : suo debito di sottoporsi; ed il caso in cili taluno rompa il carcere dove fu chiuso senza ordine legittimo per prepotenza di un pubblico ufficiale; in questo secondo caso non troverei conveniente punire: R o i t z decisiones Litltawine, decis.3, n. 275 S t r y li i o dispistationes disput. 4, cap. 5, n. 5 frt~i. cnim wlagis fr(tetdeiiz et damnzcna injzrriosrrm. rrvertcre czst, qttam crinien conzrnittcre: i d qicod non dnlo sed prudc~iiitre adscribitur.

(3) Nel17antica pratica era in pieno vigore In regola che coloro che resistendo alla forz:r prociiravano la ecimizione di un debitore divenissei.~essi medecirni aolid;ilmente responsabili per il debito anche senza escussione del primo debitore: e questa pratica si appoggiava sull' autoriti dei I I e n c ~ c l i i odc ccrbitrriis cas. 583 C a c c i a l u p o de clebitoriljus fiigitirlis quaest. 10 P e C k i u s de j u r e sistendi ccrp. 26; e traeva argomento dalla 1. 3, C. de exnct. tribtttoruni; e si fornicilava con questo Lroccardo che ciii esime il debitore civile dal carcere od anche e manibzu f j miliae hribetur a c s i p r o eo fidcjussisset. Eravi peraltro divergenza sul punto di applicare oltre In pena civile della fidejussiorie presunta nnctie una pena criminale quando lo f*simitore non fosse stato un carceriere: C a l a l a n o frrrctatu8 crimin~rlis y . 354, n. 1.22 et 126. (lui singolare la p questione sol1ev;ita dai pratici intorno allo ammettere come nctrscc allo csiniitore la circostanza che si fosse arrestato il debitore per una somnia szipeviore a quella che aeranlenlc era dovuta. Sembra si pronunziassero per la negazione di Hippolito d e nlarsiogni scusa C a e p o l l a eons. 14 l i i s praclicn criuzinnlis S. opporlune n. 20; et S. crllinyum n. 46 ct 47. Dovrebbe peraltro limitarsi questa regola rigorosa quando il debitore avesse pronto il denaro per saldare il vero suo debito e ne facesse olferta; perclib allora IO arresto si rnanterrehhe sopra un debito insussister~te; e il caso rientrerebbe nella teorica generale dello arresto e carcerazione assolutamente ingiusta; del quale P e r s i o cons. 47; e N o v a r i o decis. Lucttnae, decis 4, e di nuovo alla decis. 78.

I pubblici ufficiali e carcerieri (1) incorrono in una ntancafzzn di uffizio se furono negligenti, eil in un abuso di autoriti se collusero per favorire la esiniizione o la evasione. Modernamente il fenomeno

- 489 che la malizia umana coltiva sempre le elaborazioni dei criminalisti si avverato anche in questa materia. In alcuiie carceri d' Italia si B recentemente conosciuto una mala usanza assai singolare: i carcerieri corrotti da denaro aprivano il carcere precariamente ai detenuti e condannati anche per gravi delitti perchk andassero a procurarsi il piacer loro con promessa di restituirsi alla carcere; promessa che per lo pii1 si manteneva, ma spesso anche no: i pi cauti li accompagnavano essi medesiini ai loro bagordi, come un prefetto farebbe dei suoi collegiali. Sirnile fatto & evidentemente un abuso di autorita; rna questo titolo non offre repressione proporzion;tta alla gravezza del caso, e la perdita del1' impiego non i?pena efficace rinipetto al possibile di un ricco detenuto. I1 titolo di esimizione od e v a ~ shne a rigore di termini non applicabile, perchb lo individuo non 13 sottratto alla mano della giustizia. l? stato dunrlue rnestiere che le aule legislative si occupino di questa figura criminosa per adattarvi una disposizione speciale.
(1) L' art. 180 della Carolina pronunziava in qiicsti termicustos ccrrceris nliquern qui criminaliter drliquit, ni poennniquc pronzeritus est, liberat, is quidein ennzdem porn~,n loco ficinorosi, quem ito libcravit, promet.ittrs est. LO stesso disponeva lo speculuna Suevicunt cap. 120. E questo non fu clie uno riprodiizione dello leggi rornnne: l. 4, C. cuslod. reoruni, l . 1, C. de bis qtrilotrones, e 1. 1 , C. de falsn ntonetu R o s e ii h a r d de eo quod justutn est circa claues et clauslrn, dltorf 1726, S. 28 B o e li m e r O elententil $. 359. hla i~ilrsla pena del taglione non si nianlenne nella pratica gernianica ( S t r y k i o Usus modernus lil. de
- Si .

effracori6us 03. 5 Ca r p z o v i p prncticrr quaest. 111, n. 107 Be r g e r o supplemetiia ad electn jiiris crirnin'llis pag. 5 ) e v i sostitu la pena arbitraria. A qneslo fine il C a r p z o v i o si condusse col sosknere clie I' art. 1 8 0 doveva intendersi del solo caso in cui la fuga con connivenza del carceriere si fosse consumata mediante effrazione. Ma L e y S e r (meditationes i n prindectas spec. 544, m e d i l . 4 ) assunse Ia confurazione della lesi carpzoviana, confessando per che i pratici ohhedivano pib ali' autorit di C a r p z o v i o clie alla legge; ma compiacendosi nel ricordare che due volte aveva veduto applicare la pena di niorte. Gli argomenti del L e y s e r versano tutti sul testo della Carolina, e soltanto egli s o g ~ i u n g e essere ridicola la ipotesi di C a r p z o v i o perch s e i1 custode connivente basta che dorma, e non vi b bisogno di rompere i niuri. Ridicola invece mi pere questa obiezione, perctil: pub essere connirenlc la ~ u a r d i ndi vigilanza e non connivento il custode che tiene le chiavi, cosicchb siavi bisogno di effrazione malgrado la connivenza ed aiuto del carceriere subalterno. Il caso ovvio. Piuttosto poteva dirsi che il supposto di Ca r p z o v i o era assurdo, perchb niinacciando al aarcerierc conniventz alla e h a z i o n e la pena che avrebbe incorso il detenuto evaso poteva accadere che questa pena fosse lievissima, e cos inferiore alla pena ordinaria che avrebbe meritato la sola effrazione commessa da quaiiinque estraneo senza violazione di fiducia. Checchb sia di ci la pratica germanica caucell quell' articolo della Carolina, e fece benissimo. Anzi il K o c h finstitutiories S. 6 1 6 ) si studi di purgare la pratica dai due peccati dei quali le aveva dato gloria il L e y s e r, mostrsndo che uno di quei due casi fu un qiudicato militare e Iy altro un caso di perduellione. Quanto alla responsabilit dei carcerieri negligenti vedasl B e r t o n i de negligentiis parx 2, art. 11, pag. 169, ove al n. 8 avverte che quantunque per regola non sia criminalmente punibile la colpa lievissima, pure si fa eccezione contro i custodi che furono causa della evasione dei prigionieri anche per lievissima incuria: e cib per la ragione dello assunto ufficio.

La esimizione non si definisce corrie il furto una Cotttr~etlauiune, ma una .solt~*cczione. chiaro da cib I? che il iaoruento consuniativo di rluesto malefizio si raggiunge allora soltanto quando lo arrestato o detenuto abbia guadagnato la sua libertu. Finche, lo arrestato si 15 momentaneamente svincolato dalle mani degli apparitori, e f'ugge, ma I: tuttora inseguito e raggiunto; finche lo evaso dalle mura del carcere trovasi tuttora nei recinti esteriori o nei peristilii ed inseguito clai carcericri 2? ripreso (1) generalmente s' insegna doversi applicare, quando vi siano ausiliatori prinil~ili, titolo di tenlata evail sio~ze.Quando perb siasi usata violenza contro le persone sorge il titolo di ?*esistenza, la quale (corne sopra ho detto ) si consuma col primo atto di lotta, ed i? titolo assorbente.
(1) La regola per cui nella generalit dei casi non siSrninorii la imputazione di un delilto consumato per ci;) che possa essere avvenuto dipoi si applica ai reati di esiniizione, e di violato carcere. Risale a G i ;i s o n e f i l i l. adrnonend. n. l(i&, dc jicrcjrrrc~izdoj la dottrina che lo essere stato poseia ripreso il fuggitivo nou miriora la pena che sinsi incor-sa dii lui o dai terzi: C a t a l a n o tractnt~cscrin?i?zalis pug. 554, n. ,125. i)uando perb si avessero i termini della punihilitii del fuggitivo, e cl\iesti invece di essere ripreso si fosse spoiitaneai~iento ricostituito prigione, tale circostanza dovrebhc bene valutarsi a sua scrucc: come nelle altuali priili~lie Italiano si valuta scusa nel carcericre negligente lo aver procurato 1' arresto dcl fuggitivo.

n:

La esimizione delle cose ( i n ordine alla quale va!gono identiche regole riguarclo tllla distinzione f'ra consumazione e tentativo) avvieni-. tutte le volti? che si sottragga un oggetto dei quale la giuqtizia erasi per i suoi fini assicurata. Cade ordinariamente sai corpi di delitto che mnliziosamcnte s' involino per difficultare un processo criminale. I1 criterio costitntivo di questo titolo il fine d'impedire In giustizia: se i1 corpo di delitto fu sottratto per f i ~ e di lucro sorge il titolo di furto. ?da la esimi;ioile (li cosa, pub anche caclere sopra carte, documenti od oggetti che la giustizia abbia assicurato per fini inerainente civili (l): e sempre il momento consurnativo sarA nella sottrazione. Quando per siasi sottratto un documento chc era in inano della giustizia, per distruggere la prova di nn rapporto obhligatorio nascente dal medesimo, sorger; il titolo piu grave di falso pe?* soppressione. Gi s' intende che il titolo di pnottztra di sequestro, designato come titolo speciale, fluttua secondo il diverso fine dello agente tra le frodi o truffe, e la esirriizione di cosa.
(l) Non potrebbe :immcli~rsiil titolo di esinliziont~nella ~r~ltrnzionc cose delle quali I t i girislizia si di inipossessola ;i soli fiiii civili, s e vero fosse il pensiero di W i n s s i n g e r I. di altri, i quali pretesero clie la prociirala evasione di un rrrrccrc~lo per debiti non tlovesse elevarsi a delitto basi;iiido i11 riparo le indennit pecuniarie dnte al credilorc. Costoro addussero come razione di cib clis lo stato noli 110 ilrlcre.~sc cilcuno a tenere i n c a r c e r e quel dcbilorc. l e tale ossor21

vazione un errore 1." Perchil la m;t;gior parte dei delitti si puniscono senza olfesa allo Stato : quando il privato ruba a1 p r i s ~ l o ,od ha commercio con la donna altrui, non lede oicuno interesse dello Stato. 2.0 Percti lo Stato ha sernprt. un interesse nella Sicurezzit delle carceri e dei luoghi di 3.0Perch tutle Ic offese alla giustizia si punicustodia scano per la offesa alld giustizia, e non soltanto per uno interesse speciale del governo. Tale osservazione pertanto non ha valore alcuno salvo che voglia tenersene conio conie criterio niisuratore. E peri, vero che a quel pensiero sembro ispirarsi 1' art. 258 dei codice penale Francese, che non detta sanzione contro la evasione dei debitori civili quantunque procurata dagli stessi corcerieri : ma pi saviamente a nostro credere mantenne la punibilit anche in queslo caso 1; ar. 161 del codice Toscano con le debite moderazioni.

--

-193 -

TuI17olta la csimizione di cosa degenera nel titolo % speciale di rutletrn 4 sigilli (che lia sempre per obiettivo la publ~lica giustizia ) quando pcr maggiore cautela 1' oggetto si fosse assicurato con quel mezzo : titolo speciale cl~c contemplato nella maggior parte dei codici coiltemporanei (1). Una aggravante di questo reato prib essere la falsa chiave, la effrazione, o lo scalamento di cui siasi valso il colpevole per eseguire la sottrazione: ma tale aggravante non si crecirita rneritevole di speciale contemplazione dalla maggior parte dei legislatori, e rimane a valutarsi cial giuclice nclla clistribuzione della pena relativarrientc deterniinata contro il reato principale. Se poi per esimere la cosa si us violenza contro le persone, siamo nei tcrmini della 7-esistenza.

- 491 '1) Il litolo di rotllirn (li siyilli nei codici cnrit~mpornnri clie io contemplano noli lia ni: una oggeltivitlc riririclica tii' una penalitii uniforme e costante. Il codice Francese ( art. 249, -250, 251 ) coniernpla la roLtura di sigilli appc~cti per orciinr* del governo o per dccreto di giudice, c Iti punisce nel crrstodr anche per negligenza con la carcere da sei giorni a cinq~it* anni, ed in ogni altro con la stessa pena da uno fino ti t r r ,inni. Il codice Austriaco (S. 516) non disiinsue fra il cusUxlr e I' estraneo e punisce con I' ar-resto semplicc di un mese, dn esicndersi nei casi pi gravi fino a sei di arrcsto ripctroso, 1:) rnLii~rii di qua!sivoglia sigillo di pubhlico iifiicro, coml-ircnticnrlovi ancor:i quelli dei cornuni, dcllc pnrrocchie, c dei pubblici notai. 11 codice Prussi;ino (13. 108) coniriiina senza mesi coiitro distinzione alcuna la carcere d d selle giorni a S F ~ il doloso infrangitore del sigillo officialc apposto da una nutoritj O da i1n publ~licofunzionario. 11 P o r t o g l ~ ~ s c 510) (art. prevede la dolosa rottura del sigillo apposto pcr ordine delI'autoril~i,e la punisco con la prigione maggiore da tre a qiiindici anni nel custode, e nel privato con la prigione cnrrezionale da uno a tre anni. 11 codice Svedese (ciip. 10, S. 21) irrogir la carcere fino a sci mesi, senza distinguere s e la rotlrira del sigillo apposlo per ordine dclla pubblica autorilii f u opera del custode O di un privato. Il codice di Malta (art. 151) prcvcde questo delitto, equiparando nella pcnn di lino a tre mcsi di prigionin anche la rottura avvenut;~ per neqligeriza del custode. Cosi oscillano presso a poco tutti i cndici contcmporiinci: e cib mi c o n f o r l ~ nel pensioro clie inopporluii;inieriIr del giiaslo rli sigilli siasi voluto fare iin iitoln di rcato principale. (Jiicsta non i chn una circosf:inza ngyl-rr: onnlc, la quale pu accon1pagn;irc iin numero infinito di rciiti: il fiirto, la frorlc, In lrurii, il Lilso, i l favorcggiamcnlo, la esiiiiizionc, l' allo tradinicnto, Iii violazione di Ictlrrc, crl nllri. l< dliflcilo i ~ r ~ n ~ a g i n IIII c gu;isto d i sigilli clie si:) f i t i ~ s+ ar sicsso, e clic non riccatti I < i ciiininosiiii p r r v a l c n t ~dn un altro reato principale. Clic s c si siiliporir Inle rollura falla pcr il SOIO gusto di farla, dunvlo d a l o pcrr ingiurici, e nienle di pi.

La evasione degenera nel titolo di cfilazione di carceiv quando si consum con rottura di una qrialche parte o interna od esterna del fabbricato destinato a chiudere i detenuti. Siasi rotto il solaio, il tetto, gli usci, i can~clli,i recinti, torna all' istesso : seixpre si sono distrntti quei ripari nei quali era posta la difesa dci cittadini nvvcrso i facinorosi, e che sono oggetto cli un diritto universale esistente in tutti i consociati e meritevole di protezione particolare. Qui i pii1 rigidi ( C;. 25 13, nota 2 in fine ) non valutano come diriinentc lo ainore della naturale libert6 nel detenuto, perchl! la effrazione dcl recinto una nuova aggressione contro il diritto: e solo accordano a favore di chi agi per liberare s stesso una degradante clie non si accorda allo eslrztneo, correo (1) od ausiliatore della cffrazioiic.
(1) Intorrio nllc \?iiiie iputesi di pnrtecipniizn alla ttv,isioiie altrui iiicrita c.;;iiuo I;i dissc?rt:izioiic di h1 u r i n jorrrtini tic tlroit w i ~ ~ ~ iart. c l ~ l SICi7. Vedasi :rnclie 1' e l l c i. i n p l t g . 14.7; i. B I J ii c tr e ~ / i i r r t riA11c c:lldc 1111y. '209.

S. 28 l!).
L i ~ ~per in ragione che qui il iiiczzo supera il zi Iinc bisogna ilirc clic rlriaiitlo lii effrazione sin cseg i t a (coiillotta ciai! n 1,riiito che potesse offrire il 1 libero 1)asc:tggio al dctcnrito) si dovrii obictfare l;\ effiuazii>nc:cli carceri: consuninta e non In tentata, rlr~aritrti~qilc c\~nsionesin stata tempestivamente In

impedita.3Ia se la rottura di un muro, cli un cancello, od altro simile, fu soltanto incominciata; od anco se fu compita la rottura di un recinto interno ma per raggiungere 13 evasione era necessaria la rottura di altro recinto o serrarne, e cjuestn non erasi ancora eseguita, non potr (almeno per opinione mia) parlarsi che di sola effrazione tentata. Potrebt~ebene dedursi che l'obiettivo del diritto universale aggredito con questo malefizio B in tutti e singoli quei recinti ed in ogni parte di loro, sicchk ogni frazione che se ne tolga consuma la lesione del diritto costituente la oggettivita di questo reato : ma pi veramente l'oggetto del diritto universale si deve ravvisare nello insieme di quei mezzi (li custodia, e piuttosto in uii ideale (1) ctie in una ocl in altra materialita; e cosi nalln somma dei ripari e delle difese che si kappongono fra lo individuo recluso e la libera carripapa.
(1) Il concetto clic 1' obiettivo del reato di effrazione di carcere si concentri ncil;i liiiela dei rccinli non deve pcr;illrit pigliarsi in un senso esclusivo. hli spiego. La erirazione di un recinto non sarebhc in SE stessa che un danno dato, d:i considerarsi come pi o rneno grave secondo la maggiore (1 minore importanza dclln cosii guastala, lo che rictrtra n t s i criterii generali del tlaniro dato. Cib che spccializza quest,~ figura e ne crea il tilolo di effrnzioue 'di carcere, t i l f i ~ t ~ Il fine cio di sottrarsi ad una detenzione Ier;ittininrnente ordio:ita O come custodia o conie pcna. Dn questa osservazioue deriva In conseguenza che i l titolo di effrazione di cfrrrere non possa irini applicarsi quando la carceriizione era nianifestarnenlc nrbitruria. Qiirsta tesi si sostiene dai pratici pi specialinerite nella ipotesi di un coridannato che lrattenuto prigione (dopo avere espiato In pena) per arbitrio di un sii-

periore, si procscci la debita libert. fuggendo con effrazione: Y i l o s a de fiigiliuis cap. 13. E la tesi stessa si avvalora per argornento a contrario senso dalla leg. 14 Q. Fnnle e dalla leg. cion h a e ~ e s4 , Q. tillimo f. de statu liberis. Dalle quali si induce che non fuggilivo il servo al quale il padrone aveva legata la libert purch? servisse il suo erede per altri sette anni, e che dopo avere compito il servizio dei sette anni siasi sottratto alle maui dell'erede che voleva ritenerlo ulleriormente. In generale pu dirsi che ogni qual volta la carcerazione era manifesteniente illegittima, la procurata fuga del detenuto non un reato: e che mancando il reato principale di procurata fuga questa non pu divenire tale per il mea=o. Laonde nel m e z z o resta la possibilit. di un titolo isolato di per s stante, e da giudicarsi utiprincipalis. Come nelle v i o l e ~ ~ zin tali condizioni non sorge il titolo di resistenza, c ma il reato ordinario di lesione personale; cos i guasti dei recinti noa fanno sorgere il titolo di effrazione di carcere; ma quello soltanto di danno dato: ed anche questo cari meritevole di scusa, perch (reso necessario a ricuperare la libert ingiustamerile violata) vi si iiicontrano gli estreai! del moderai:ie.

I romani furono severissimi contro gli effrattori del carcere. La l. 1, in princ. ff. de efit-act.; l. 313, S. 11,ff". de poenis; 1. 13, ff. de custodia reoruwa; minacciano pena capitale. La 1. 8, g. 7, ff. de poenis duplicb la pcna rimanente a chi anche senza effrazione fosse fuggito dai pubblici lavori; e se la pena da espiarsi superava i 10 anni In convert nell' opus wlelccllivlci~a;c In l. 5, in fin. de elr;trao~*dinnriz's cog?~itio?&ihus;In l. 8, S. 6, de poenis a chi fuggiva e dall' opzrs ~ractnllicncm sostituiva la pena in ililctnllz6n1, ed n clii fuggiva da questa ultima pena corn~uinbIn VOL.V. 32

- 498 morte. In tale rigore niente si valutarono i riguardi allo amore naturale della libert; onde alcuni Dottori credettero dare ragione d i questo rigore affermando che i romani consideravano come sanctae anclie le mura delle prigioni. Disputano per8 gl' interpetri se la pena capitale minacciata contro questo delitto fosse la morte o la deportazione: O r os C i o Comnze?ztai.ii ad yesponsa prudentum Zib. i, coloiz. 693, Zin. 39 - V o e t ad pandectas tit. de custodia reorum, 5. 9 - S c 11 i l t e r o prasis Ronzano Germanicu exercitatio 49, thes. 43. Nelle pratiche ( 2 ) dei varii paesi incontrasi variet immensa nella punizione di questo reato,
(1) C o r t i a d a (decisiones Cuihaloniae, decir. 83, vol. I) ne insegna che per le praliche Catalane la pena della evnsionc dal ciirccrc con effrazione era la iusligazione piibblica. 1 11 t a fdecisionea siculne decis. 39 ) ne accerta ciie per le 1 itoslitrizioni di Siciliii e prnliche di quella curia la pena non era di morte neppure s e ernsi evaso con cospirazione e rotturii di niuri: ma arbilraria secondo le circostanze. S 8 n f r! l i C e (dicisio~ies~lcnpolilanne,decis. 4 7 ) ricorda ctie per le pratiche napoletane si puniva di niorie la ecfrazione del carcere aricorclii! non fosse riuscita la fuga, e lo cotiferrna alla decis. 44. Bin C ii p y C e l a t r o f ilccis. 76 ) dirnostra eccezionale questa severit, e pi frcqiiente/ricnio applicala la pena dello esilio tempornrio. Ilt~ll:i pena di morie nelle praliclie romane ne allesta Pa n i m o l l e fdecis. 75) e non fa ~neraviglin,poichb F a r i n a C C i o ricordi) essersi sotto i l p o n ~ tlficalo (li Sisto V punito della forca un giovine che aveva ripreso un asino a lui scqiiestrato dai birrf: B vero perb clie qt~estorigore si ahbandonb in seguito por la esiniizionc dei debitori civili: Fa r i n FI C C i o q , ~ a e s t .39, n. O d e carceribtis. Xon vi e forse un purlto cos conlrovcrso e flulluanle nei

pratici quanto queslo della penalit da applicarsi agli effratiori del carcere. 1L'b fluttuanza minore s' incontra nello praklca germ;inica. Alcuni sostennero la pena di morte per lo specioso argomento che la facolt rli liberare i colpevoli dal csrcere spettando al Re, il privato che si arrogava di farlo invadeva i diritti sovrani ed era reo di lesa maesi&: L e u C h t rc.~ponsrrAlldorFnn vol. 1, respons. 100, pag. 253, n. 10. Ma B o e h m e r o nel cornmeutario alla Nemesi Carolina (png. 876 ) inve contro questa opinione rimproverando il C a r p z o v i o, clie I' ilveva sostenuta, come zemper auo more pr01izti11 ad eunyinaniium gladiitnl. h per singolare che s e Ca r p z o v i o s i mostrb feroce in tema di evasione con roiliira di carcere, fu aritesignano della scuola benigna in tema di evasione senza rottura procurata dai carccrieri, come avverto a 'j. 2814 uola. La costituzione Teresiana (art. 71, S. 8 ) puniva la eiirazione del carcere comniessa dal detenuto con la duplicazione della pena clie a lui restava a subire purclik noli fosse di durala superiore ai dieci anni: Ba nn i z z a dclinerttio j u r i s criminali8 lih. 2, cap. 1 4 , $. 444 trota; il quale per propugna come regola generale cbe il carcerato debba essere esente dii pena per la fuga anche CoIiirncssii con ciTraziono di ciirccre: qztia ranguinem suuni rediuere vlicit. Quanto agli estranci minacciava pena arbitraria da esiendersi anclie alla riiorte: nrt. 71, S. 5.

I1 codice Toscano, che a buona ragione (S. 562) nientc punisce In csimizioi~edi st! iileclcsimo procacciata senza violenza iiE rottura di carcere, rni~incciaIn prigionia coritro lo stcsso rletcnuto che sia fiiggito inedilinte ? * O ~ ~ Z I I * C C ccnrceve (art. 260) fino (?i a diciotto mesi se era detenrito a cagione d i rin reato; c fino a sei mesi (art. 162) se era detenuto per ilcliiti. In quanto ai terzi la procrirata fuga senza

- 500 effrazione punisce (art. 159) con la prigionia fno a due anni se lo evaso era detenuto per delitto; t! Ano a sei mesi (art. 161) se lo evaso era detenuto per debiti; e spinge la pena quando siavi concorsa effrazione fino a trenta mesi (art. 159) nel primo caso; e fino ad un anno (art. 161 ) nel secondo caso. La esimizione od evasione commessa con violenza personale equipara alla resistenza. I1 codice Sardo contiene allo art. 272 e seguenti minuziose clisposizioni contro la connivenza dei custodi. Ai detenuti evasi con effrazione di carcere irroga (art. 284) la prigionia da sei mesi ad un anno. In quanto agli estranei che abbiano procurato la evasione questo codice ripete il criterio (1) che ha assunto pei custodi conniventi; vale a dire la proporzione con la pena che sovrastava al fuggitivo; e su tale criterio gradua il castigo dal carcere alla reclusione (art. 278 e 279) aumentandolo di un grado se vi concorse effrazione ; e spingendolo fino alla galera a vita (art. 282) se vi fu violenza armata contro i custodi.
(l) Questo criterio misuralore della quanlit del delitto di esimizione si connette col principio cardinale clie desurne dal danno immediato la prima norina 'della quanti\& crirninos:~. Pure non manc chi lo censurasse, insegnando che dove interviene effraziorie di carcere indifferenle la rnag,.r ~ i o r eo rriinora colpevolezza dello evaso: vediisi C a r p z o v i o praclca crirninalis quaesl. 35, n. 4 4 . La uriica ragione di diibitari. iniorno a ci pub trovarsi nella considerazione della potenziiilitU. Illa s e un riguardo alla graviti della pena a cui fu s o t ~ r ~ t llo evaso non pu0 preierirsi nei casiigo da infligo gersi alio estraneo che gli procacci0 la fuga; I? perb esorbitante (checch piacesse a C r e m a n i de jurc criminflli

- 501 M. 2, cap. 4, ort. 4 . S. 6 ) surrogare questo a quello, e chiedere testa per lesta. Una quesiione elegante qui si solleva. Quando la legge punisce la effrazione del carcere commessa da un condannato, pu egli tenersi conio del suo siato di recidivo per aggravargli la pena P La Cassazione di Francia ( 1 4 aprile 1864) ha per buone ragioni sanzionalo la negativa. Ci chiaro quando lo sttito di recidiva si voglia desumere dti quella stessa condanna alla quale il condannalo si sottratto con la fuga. i1Ia un dubbio pu nascere quando la recidivanza si desuma da una condanna anteriore gi espiata dallo evaso. Peraliro anche in questa ipotesi RI o r i n f a r t . 7872) sostiene non potersi applicare la a g ~ r a v a n t e della recidiva. La consitlerazione morale che domina tale questione si quella che : chi fugge dalla pena non mosira perzwrsit di animo. Non pu converlirsi in abitudine crirninosa il desiderio della IibertIi. In quanto alla non punibiliti rlella evasione meritano fra i moderni di essere veduti Va l d e s O n thioric di6 codc pinul Espag)~ol, pccy. 252, e P a C e C li o cl codigo peno1 corrrcntndo urt. 124, t ~ o l 1, pag. 506. h poi singolare la osservazioiie . che foce C r i s p o l i t o decisiotles ~nilitares, cns. 11; e posciii E n g c l li a r d / d e jure nlilitunz nnturali S. 1000, pug. 414) dove insegna clie un soldato ristretto in carcere qualora s e ne sottragga con la fuga non pu punirsi come dcscrtorc; perclib non fugge per animo di abbandonare la milizia, 111a 11e1 lioe di sottrarsi alla pena.

La iigura c In gcilcsi (li questo malcfizio gik si deliilc0 a1 fi. 477 ad occ.3sione della complicitii. Rlnstrb il R o r i nella sua Ic~o?*icn eoilicc l~ciirile I del

Potrebbero piacerti anche