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di Troia
di H e i n r i c h S c hl i e m a n n
Postila 15
Lo scavo di Troia 21
La scoperta di Troia
Infanzia, anni di studio e di viaggi 23
Grande commerciante a Pietroburgo 40
La patria di Odisseo 51
Attraverso l’Argolide 82
Alla ricerca di Troia 94
Errori del primo anno 116
Un mondo nuovo 134
La soluzione dell’enigma 156
Le tombe dei re di Micene 183
Di nuovo a Troia 216
La terza città? 219
Il sesto anno a Hissarlik 226
Nelle rovine di Tirinto 246
L’ultima campagna 256
Appendice
La scoperta di Troia
1881.
1881.
Note 1881.
P a ri g i , 3 1 d i c e m b r e 1 8 6 8 .
C ef a l on i a .
ora fra queste rovine inf estate dalle vipere. La città, che
nel 189 a. C. sostenne per quattro mesi l’assedio dei
romani, era già del tutto rovinata al tempo di Strabone.
Itaca.
È ignorante e immorale,
Fannullone e ingordo;
Non gli resta altro
Che fare il prete.
d’uva e, altra prova del suo orgoglio e del suo amor pro-
prio, rifiutò decisamente di accettare qualsiasi compen-
so. Con queste frutta voleva certamente risarcirmi per
la paura che mi avevano fatto i suoi cani.
Volendo ricompensarlo ad ogni costo per la sua ospi-
talità, gli lessi in greco antico e gli tradussi nel suo
dia-letto i primi 113 versi del canto XIV dell’ Od i ssea.
Egli ascoltò con grande attenzione e quando io,
terminata la lettura, volli andarmene, insisté perché gli
raccontassi qualche cosa anche dell’ Il iad e, che
conosceva solo confusamente. Ma io pensavo di avere
liquidato largamente il mio debito e non mi lasciai
trattenere.
La curiosità del vecchio si era però troppo risvegliata
perché egli si lasciasse sfuggire l’occasione di ascolta-re
i fatti della guerra di Troia: cosí mi accompagnò a piedi
per tutto il resto della giornata e non mi dette pace un
momento finché non ebbe sentito il contenuto prin-
cipale dei ventiquattro canti dell’ I l i a d e .
Percorremmo la parte sud e sud-est dell’isola e su
due piccoli spiazzi presso la riva scoscesa del mare tro-
vammo le rovine di vari edifici di mattoni, pietre e
cemento che, a giudicare dal tipo di costruzione,
posso-no risalire alla fine della repubblica romana o agli
inizi dell’impero. Ma nonostante tutte le ricerche non
trovai neppure una pietra di tipo ciclopico.
Essendomi molto allontanato, nelle mie ricerche, dal
campo dove avevo lasciato il cavallo, mandai la guida a
prenderlo per condurlo in città mentre io facevo ritor -
no col padrone dei cani selvaggi, che dimostrava un
desiderio d’imparare quale si trova di rado anche nei gio-
vani. La sera egli restò a Vathy con me e mi lasciò solo
quando io mi coricai e feci finta di dormire. Finalmente
se ne andò, ma fece capire mormorando che il giorno
della mia partenza non avrebbe mancato di tornare per
darmi un ultimo saluto.
La notte fu una delle piú calde che io abbia mai sen-
Attraverso l’Argolide
Micene.
A rg o.
Ti ri n to.
Nauplia.
cima, che s’innalza di 240 metri sul livello del mare, c’è
una grossa fortezza costruita dai Veneziani. Essa è inac-
cessibile da tutti i lati, eccetto che da un punto, ad est,
dove la rupe si congiunge a una catena di colli. Per la
sua posizione apparentemente inespugnabile essa è chia-
mata la Gibilterra greca. Dopo un lungo assedio fu strap-
pata ai Turchi dai Greci, e si arrese solo quando quasi
tutta la guarnigione era morta di fame. Le fortificazioni
sono solide, ma in cattivo stato. Ora la guarnigione
comprende soltanto una trentina di soldati.
Grazie a un lasciapassare del comando di Nauplia mi
fu mostrata la cittadella in tutte le sue parti. Mi con -
dussero anche nel cortile della prigione, dove sono stati
eretti muri di divisione in modo che i prigionieri
possa-no prendervi aria a turno una volta al giorno.
Erano appunto le cinque del pomeriggio e i prigio-
nieri avevano già fatto la loro passeggiata, ad eccezione
di cinque che vidi camminare in uno dei settori. Si muo-
vevano a fatica perché erano appesantiti da grosse cate-
ne ai piedi. Il loro aspetto selvaggio suscitò la mia curio-
sità, e mi avvicinai al settore per vederli da vicino. I cin-
que mi si avvicinarono subito e dopo un profondo inchi-
no mi chiesero se non potessi dare loro un libro greco o
almeno un giornale. Avevo per caso con me un volume
di poesie di Alex Sutsos. Glielo regalai, col buon consi-
glio di impararlo tutto a memoria. Lo presero con l’e-
spressione della piú viva gioia; ma rimasi stupito nel
vedere che tenevano il libro a rovescio. Non mi feci una
grande idea della loro cultura e chiesi se sapessero leg -
gere. Risposero: Neppure una parola!
Ma allora che volete fare del libro?
Vogliamo imparare a leggere, risposero.
Benché non riuscissi a capire come volessero impa-
rate a leggere su un libro stampato di cui non capivano
una parola, non volli fare altre domande per timore che
credessero che mi volessi riprendere il libro. Portai quin-
A la ric er ca di T r oia
1868.
14 agosto.
do sulla cima, dalla parte est, egli portò alla luce una
parte di una grossa costruzione, palazzo o tempio, fatta
di grandi pietre quadrate sovrapposte a secco. I resti
della costruzione, per quanto siano scarsi, indicano che
essa era molto estesa ed eseguita con arte perfetta.
Dopo avere esaminato attentamente per due volte
tutta la pianura di Troia condivisi pienamente la con-
vinzione di Frank Calvert, che la piattaforma di His-
sarlik indica il sito dell’antica Troia e che sul medesimo
colle sorgeva la rocca di Pergamo.
Per arrivare alle rovine dei palazzi di Priamo e dei
suoi figli e a quelle dei templi di Minerva e di Apollo
bisognerà asportare tutta la parte artificiale del colle.
Allora si vedrà con certezza che la cittadella di Troia si
estendeva per un buon tratto sulla piattaforma attigua.
Le rovine del palazzo di Odisseo, di Tirinto e della cit-
tadella di Micene, come pure i grandi tesori ancora
intatti di Agamennone dimostrano infatti chiaramente
che le costruzioni dell’età eroica erano molto estese.
Se Troia fosse stata sul luogo di Bunarbaschi, cioè a
quaranta chilometri dal campo greco, Ettore avrebbe
potuto allontanarsi per un buon tratto senza correre
peri-colo d’incontrare Achille; e le donne troiane
avrebbero potuto continuare a lavare indisturbate i loro
panni nelle due sorgenti ai piedi delle mura della città,
senza pericolo di essere sorprese dai Greci, che esse
avrebbero potuto vedere da lontano. Ma siccome Troia
era vicinissima al campo greco, Ettore temeva di essere
sorpreso da Achille e le donne non potevano piú lavare i
panni senza espor-si al pericolo di cadere nelle mani delle
truppe greche.
Le due sorgenti, quella calda e quella fredda, si tro-
vavano senza dubbio nella palude che è immediatamen-
te sotto Ilio dal lato nord nella stessa palude in cui Odis-
seo e Menelao si disposero all’agguato. Alla scomparsa
di queste due sorgenti non si può attribuire alcuna
importanza, perché le sorgenti, calde e fredde, sono
N o ta p r el i mi n a re a l ’ e d i z i o n e d e l 1 8 7 3 .
21 novembre.
Un mondo nuovo
A t e n e , 28 s e t t e m b r e 18 72.
P e r g a m o d i T ro i a , 5 a p r i l e 1 8 7 3 .
Fine 1873.
M i c e n e , 9 s e t t e m b r e 18 76.
M i c e n e , 3 0 s e t t e m b r e 18 76.
T r oi a , s e t t e m b r e - n o v e m b r e 1 8 7 8 .
La terza città?
attrezzi e gli arnesi per gli scavi. Cosí trovai tutto in per -
fetto ordine e dovetti soltanto far ricoprire le case con
feltro impermeabile. Esse erano state costruite tutte su
una linea continua e c’era molto pericolo d’incendio.
Quindi le separai e le ricostruii in punti diversi in modo
che, se una delle baracche s’incendiava, anche col vento
impetuoso nessuna delle altre potesse essere raggiunta
dal fuoco. Solo la baracca in cui abitavo io con i dome-
stici aveva cinque stanze, due delle quali per me; un’al-
tra aveva due camere, una terza tre, una quarta quattro.
Cosí avevamo spazio a sufficienza e potevamo trovare
posto bastante per sette ospiti. Una baracca di una sola
stanza serviva da sala da pranzo e portava anche questo
nome superbo, benché fosse fatta di rozze tavole, attra -
verso le quali il vento soffiava incessantemente, cosí
che spesso era impossibile tenervi una lampada o accen-
dervi una candela. Un’altra ampia baracca serviva da
magazzino per le antichità che dovevano essere divise
fra il Museo imperiale di Costantinopoli e me.
Il Dörpfeld a «Schliemannopoli».
Micene.
Tirinto.